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Provincia Autonoma
di Trento
PIANO OPERATIVO
GIOVANI
DELLA BASSA VAL DI SOLE
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COMMEZZADU
Quando avete buttato
nel mondo d’oggi un ragazzo
senza istruzione, avete buttato
in cielo un passerotto senza ali
(da: “La parola fa eguali” - Don Milani)
BARBIANA
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Associazione culturale
“Il Mulino” Croviana
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Progettiamo insieme il viaggio che ci porterà alla scoperta di don Milani
Progetto
Presentato al Piano Giovani di zona della Bassa Val di Sole - anno 2011
“BARBIANA UNA SCUOLA VIVA CHE CONTINUA AD INSEGNARE”
Ideatore e regista
Claudia Cirina
Aiuto regista
Valentina Malanotti, Claudia Paoli
Protagonisti e attori
I ragazzi della Bassa Val di Sole (Presson, Croviana,
Malé, Pracorno, Caldes) Angeli Beatrice, Angeli
Fabio, Berti Veronica, Bortolameolli Michele, Costanzi
Mickael, Daprà Mauro, Endrizzi Eleonora, Franch
Marco, Gironimi Carlotta, Leonardi Francesca,
Malanotti Valentina, Meneghini Massimiliano, Palmieri
Gabriele, Planthaber Jan, Ravelli Luca, Sartori
Marianna, Stablum Giada, Taddei Serena, Taddei
Simone, Giulia Demozzi, Iachelini Francesca
Ci documentiamo sulla storia e il metodo educativo di
don Milani in attesa di incontrare Michele Gesualdi
OperatoriLorenzo Costanzi, Giulio Taddei,
Maria Pia Malanotti, Laura Ricci
Venerdì 20 maggio 2011 ore 20,30
Documentazione progetto
Claudia Cirina
Narratore
Michele Gesualdi
Responsabile struttura
“Casa Ferie la Fonte”
Michele Gesualdi incontra i giovani presso la sala
C. Busetti a Croviana.
Daniele
Autista Pullman (ditta Valentinelli)
Diego Magnoni
Michele Gesualdi fu uno dei primi sei allievi di don Lorenzo
Milani e fu egli stesso assistente della scuola di Barbiana
dal 1966 al 1967. Gesualdi è stato testimone in prima
persona del rivoluzionario metodo educativo, rimanendo
custode di quest’eccezionale esperienza anche dopo la
morte del priore nel 1967. È tutt’oggi presidente della
Fondazione Don Lorenzo Milani.
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Sabato 28 maggio 2011
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C’è un clandestino a bordo!!!
Ma no. Mickael ha realizzato questo bellissimo fantoccio.
Siamo pronti per:
vivere insieme un’esperienza diversa...
fare nuove amicizie ...
confrontarci ...
collaborare insieme
ed essere protagonisti attivi del progetto
Ore 4,30 - Prima fermata del Pullman a Croviana
È ancora buio, l’autista ha già aperto i portelloni per darci
la possibilità di caricare le provviste che ci serviranno per
i due giorni che passeremo a Barbiana.
Ore 4,40 - Seconda tappa. Nel piazzale vicino alla scuola
elementare di Croviana ci sono già i ragazzi ad aspettarci.
Appena saliti ognuno cerca il posto dove poter trascorrere il viaggio in compagnia degli amici.
Ore 4,50 - Salgono a Malé i ragazzi di Malé e Rabbi.
Ore 5,00 - Fermata a Caldes salgono i ragazzi, con loro
c’è Maria Pia, la nostra collaboratrice. Qui carichiamo i
sacchi di pane fresco e i contenitori delle brioche appena
sfornate...
In questo viaggio non manca proprio niente. Abbiamo
anche due favolose guardie del corpo !!!
Continuiamo il viaggio sull’autostrada
che ci porterà a Firenze
Prima fermata - autogrill
e finalmente si fa… COLAZIONE!!! Con brioche e succo di frutta.
Ci sgranchiamo un po’ le gambe
Si riparte. Finalmente si ha un po’ di tempo per riprendere il sonno interrotto.
Prossima tappa Trento - Ecco Veronica
e Giulia che sono salite a Trento
e si sono unite alla nostra allegra
compagnia. In attesa di fermarci
all’autogrill ognuno passa il tempo…
...chiaccherando ...dormendo
...divertendosi ad ascoltare i discorsi
dei ragazzi
…mettersi in posa
e trasformarsi
in Diva Rap!
SI RIPRENDE IL VIAGGIO
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Ore 10,30 - Finalmente siamo arrivati alle porte di Firenze. L’autista è
andato a pagare il tiket per entrare in
città e noi ne approfittiamo per fare
una bella foto
Con il pullman raggiungiamo il posto
più panoramico della città, Piazza
Michelangelo, con uno splendido panorama su Firenze, Ponte Vecchio e
l’Arno, Palazzo Vecchio, il campanile
di Giotto e la cupola del Brunelleschi
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Il pullman non può più proseguire e l’autista ci fa scendere
all’entrata di Firenze. I parcheggi sono situati in vari punti
periferici della città e così ci avventuriamo per le vie della
città che ci porteranno verso il centro storico.
Santa Maria del Fiore è il duomo della città di Firenze
e si affaccia su Piazza del Duomo. È la quarta chiesa
d’Europa per grandezza, dopo San Pietro, Saint Paul
a Londra e il Duomo di Milano, come già si prevedeva
che fosse anticamente: una chiesa che avrebbe dovuto
superare le cattedrali delle rivali toscane Pisa e Siena,
sia in grandezza sia nella ricchezza dei decori in marmi e
sculture. Il duomo, infatti, è lungo 153 metri, con una
Ascoltiamo tutti la nostra guida personale Claudia
pianta a tre navate che finiscono nell’enorme rotonda
che sorregge la Cupola del Brunelleschi. Al suo interno
si può ammirare uno dei più grandi cicli affrescati del
mondo: 3600 metri quadri di dipinti, eseguiti tra il 15721579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari.
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PROGETTI
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Il Campanile del Duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze
fu progettato nel 1334 da Giotto, per questo motivo è
conosciuto anche con il nome di Campanile di Giotto.
La costruzione del Campanile di Santa Maria del Fiore è
durata molti anni, vi hanno lavorato artisti come: Giotto,
Andrea Pisano e Francesco Talenti per concludersi nel
1359. Per la realizzazione del Campanile di Giotto del
Duomo di Santa Maria del Fiore furono utilizzati dei marmi
bianchi di Carrara, rossi di Siena e verdi di Prato, su ogni
lato si possono ammirare i cicli pittorici delle formelle
ottagonali a rilievo dipinte da Andrea Pisano.
Il Battistero di Santa Maria del Fiore è costruito sulle fondamenta di una antica chiesa paleocristiana dedicata
al patrono di Firenze: San Giovanni Battista e risalente
al IV secolo. La chiesa di San Giovanni Battista venne
consacrata a Battistero nel 1128, negli stessi anni inizia
l’opera di rivestimento esterno con del marmo bianco di
Carrara e marmo verde di Prato. Di particolare bellezza è
la volta del Battistero di Santa Maria del Fiore, questa è
rivestita di magnifici mosaici rappresentanti le Storie della
Genesi, la vita di Maria e Gesù, del Battista e il Giudizio
Universale eseguiti nel XIII secolo dai maestri cosmateschi famosi in tutto il mondo per le loro opere create con
mosaici policromi.
Il Battistero è uno degli edifici più importanti al mondo
perché grazie a lui è nato il Rinascimento, ovvero, nel
1401 fu indetto un concorso dall’Arte della Lana per la
costruzione della seconda porta bronzea del Battistero
di Santa Maria del Fiore a Firenze; il concorso prevedeva
la costruzione di una formella in bronzo che rappresentasse il Sacrificio di Isacco, il vincitore avrebbe costruito
l’intera porta.
Tranquilli… tutto sotto controllo!
E voilà! Questa è Firenze!
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I negozi...
Che fatica con tutti questi turisti! Mi nascondo dietro questi pantaloni e mi faccio una bella dormita.
I Vips nostrani… e le guardie del corpo. Momenti di fantasia fotografica
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Palazzo vecchio o Palazzo della Signoria fu progettato da
Arnolfo di Cambio attorno al 1299 come residenza dei
Priori delle Arti, e fu completato nel 1314. La torre di
Palazzo Vecchio, alta 94 metri, chiamata torre di Arnolfo,
fu costruita nel 1310, assieme con il palazzo. Essa era
probabilmente supportata da una antica torre chiamata
torre de’ Foraboschi. La torre fu terminata nel 1453 con
l’erezione di una cuspide, una sfera di bronzo, e il Marzocco (il leone simbolo di Firenze). Il palazzo si affaccia
su Piazza della Signoria. Palazzo Vecchio fu residenza
della Signoria di Firenze durante il xv secolo e in seguito
fu ristrutturato dal Vasari quando nel 1540 Cosimo I
de’Medici si trasferì nel palazzo con la sua famiglia. Nel
1865, quando Firenze divenne capitale del Regno d’Italia,
Palazzo Vecchio fu sede del governo (1865-’71), e ospitò
la Camera dei Deputati.
S. Lorenzo, basilica preferita dai de’Medici, è stata la chiesa
più importante di Firenze, fino a quando non venne sostituita dalla Chiesa di Santa Reparata, poi diventata Duomo
di Santa Maria del Fiore.
San Lorenzo è una delle chiese più vecchie di Firenze,
perché venne consacrata da S. Ambrogio nel 393 e ricostruita in forme romaniche nel secolo XI ed è stata cattedrale per 300 anni. Nel 1059 ci fu il primo ampliamento
anche se la svolta sarebbe venuta nel 1419 quando i
de’Medici, che usavano San Lorenzo come parrocchia
di famiglia, decisero di allargarla dando l’incarico a
Filippo Brunelleschi. Il risultato è la prima chiesa capolavoro del Rinascimento che sarebbe diventata poi un
punto di riferimento per tutta l’architettura religiosa successiva.
Il David è una celeberrima scultura, fatta in marmo (h 410
cm, 517 con la base) da Michelangelo, databile tra il
1501 e l’inizio del 1504 e oggi conservata nella Galleria
dell’Accademia a Firenze. Largamente considerato un
capolavoro della scultura mondiale, è uno degli emblemi
del Rinascimento. Fu originariamente collocata in piazza
della Signoria a Firenze (ora c’è una copia) come simbolo della Repubblica fiorentina stessa, vigile e vittoriosa contro i nemici. L’Ercole e Caco è una scultura in
marmo di Baccio Bandinelli, inizialmente commissionata
a Michelangelo.
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Eccoci al ristorante “Vecchia Firenza” che si trova nel centro storico della città.
Ci rifocilliamo prima di riprendere la visita della città.
Il Palazzo degli Uffizi fu ideato a partire dal 1559 e costruito
in soli cinque anni (1560-65) dall’architetto Giorgio Vasari
nel periodo in cui Cosimo de’Medici, primo granduca di
Toscana, andava consolidando anche burocraticamente il
suo recente dominio.
A forma di ferro di cavallo, estesi da Piazza Signoria al
fiume Arno, collegati con Palazzo Vecchio tramite il cavalcavia su via della Ninna e con Palazzo Pitti attraverso il
Corridoio Vasariano (1565), gli Uffizi erano destinati a contenere gli “uffici” (da qui il nome) delle tredici magistrature
da cui dipendeva l’amministrazione statale.
Negli ambienti del piano terreno trovarono invece posto i
laboratori e le officine degli artisti e degli artigiani di corte,
specializzati nelle lavorazione dei metalli, delle pietre
dure, dei vetri, delle ceramiche e degli arazzi.
Sul lato di ponente c’erano l’antica Zecca dove si coniavano i fiorini (incorporata nel Palazzo) e la Fonderia (o
Farmacia) dove si distillavano profumi, medicine ritenute
portentose e anche veleni. (Molte di queste attività sono
state dipinte dagli allievi del Vasari sulle pareti dello Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio).
Cupido ha colpito ancora!!
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C’è una suggestiva leggenda a Firenze che ha incoraggiato negli anni la comparsa di un numero sempre maggiore di lucchetti. La leggenda vuole che, se una coppia
incatena un lucchetto su qualsiasi superficie di Ponte Vecchio e poi getta la chiave nell’Arno, il suo amore durerà in
eterno. La pratica di incatenare lucchetti a Ponte Vecchio
fu probabilmente iniziata da un fabbro che pubblicizzava
così la sua bottega ai piedi del ponte.
Quanto pesano questi amori !!!
Una delle tante preziose Botteghe orafe come nella
migliore tradizione fiorentina sul Ponte Vecchio.
Uno dei simboli di Firenze è sicuramente Ponte Vecchio, il
ponte più antico della città. La struttura attuale risale al
Trecento, ma il primo ponte - quello romano - fu costruito
nel I secolo a.C. nel punto in cui l’Arno era più stretto. Nel
corso dei secolo Ponte Vecchio ospitò dapprima le botteghe dei conciatori, poi quelle dei macellai e verdurai.
Intorno al 1495 - per volere dei Medici - le botteghe
furono occupate da orafi e gioiellieri e così è ancor oggi.
Al centro del ponte si aprono suggestive panoramiche
sull’Arno, su entrambi i lati delle arcate. Sopra il ponte
corre il Corridoio Vasariano che collega Palazzo Pitti alla
Galleria degli Uffizi. Forse per pura fortuna, Ponte Vecchio
è l’unico ponte di Firenze che sia stato risparmiato dai
tedeschi nella loro ritirata del 1944.
Nel centro di Piazza della Signoria, eretta a ridosso del
Palazzo Vecchio troviamo la bellissima Fonte di piazza o
Fontana di Nettuno realizzata da Bartolomeo Ammannati
e dal Giambologna tra gli anni 1563-1565 in occasione
dell’inaugurazione di un nuovo acquedotto.
La figura colossale del Dio del mare su un carro trainato
da quattro cavalli è contornata da tre giovani tritoni e da
quattro figure che rappresentano Doride Oceania con la
figlia Nereide Teti e due divinità marine. Queste figure
sono solo un rafforzamento della figura centrale, Nettuno
appunto, che si erige in modo predominante sulle altre
statue. C’è una particolare somiglianza tra la faccia di
Nettuno e quella di Cosimo I, noto esponente di queste
realizzazioni di fontane che considerava espressione di
prestigio e fama del Granducato.
Davanti alla vasca troviamo un epigrafe di bronzo con
inciso il luogo in cui nel maggio del 1498 fu impiccato
e bruciato fra’ Girolamo Savonarola con Domenico
Buonvicini e Silvestro Maruffi. Proprio qui ogni anno, nel
giorno dell’anniversario della morte del predicatore, viene
celebrata la fiorita a fra’ Girolamo Savonarola.
Il Monumento equestre del Granduca Cosimo I de’Medici, eretto
per volontà del figlio di questi Francesco I, è stata realizzata dal Giambologna celebre scultore fiammingo naturalizzato fiorentino nel 1595 e celebra l’uomo che unificò
la Toscana sotto il suo dominio militare.
Sulla base marmorea, tre bassorilievi in bronzo raffigurano
altrettanti episodi che esaltano la vita del primo granduca
di Toscana: il conferimento del titolo nobiliare, Papa Pio
V che gli affida le insegne, e l’entrata trionfale in Siena.
Si racconta che il Giambologna, quando venne scoperta
l’opera, fosse nascosto dietro la palizzata che ancora
avvolgeva la base, per ascoltare le critiche del pubblico.
Nel cuore della Firenze medioevale, tra la chiesa di S. Martino e la Piazza dei Donati, sorgevano nel duecento le case
degli Alighieri, le cui tracce rimangono in alcuni documenti
del tempo. Agli inizi del novecento dopo studi e ricerche,
il Comune di Firenze fece costruire la casa sul luogo dove
la tradizione vuole sia nato Dante. Qui ha sede il Museo
Casa di Dante.
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Per le vie di Firenze
Ciao Firenze!!!
Il netturbino: la bravura di stare immobili
Ore 16,00
Piccolo souvenir, i famosi cappelli di paglia
risaliamo sul pullman che ci porterà a...
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Siamo giunti al lago della Baldracca. Lì scendiamo e
proseguiamo a piedi.
La casa Ferie “La Fonte”, l’ostello dove alloggeremo,
dista circa 3 chilometri.
Purtroppo non c’è un piazzale grande abbastanza per far
fare le manovre al pullman e quindi… gambe in spalla:
per fortuna ad aspettarci c’è Daniele, il responsabile della
struttura, che ci trasporterà i viveri con il suo fuoristrada.
Oltre alle gambe bisogna mettere anche gli zaini in spalla.
Caspita se pesa, cosa c’è dentro!?
Ciao siamo pronti per affrontare i 3 Km di camminata
prima di arrivare al nostro alloggio.
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Per arrivare alla Casa Ferie “La Fonte” percorriamo una
parte del sentiero della Costituzione. La struttura che
abbiamo raggiunto a piedi è una bellissima ex-casa contadina immersa nella natura.
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Prendiamo possesso della struttura per preparare i tavoli
e i viveri per la cena…
La cura del sugo è affidata al Grande chef Simone e al suo
aiutante Massimiliano
L’allegria delle ragazze…
…la concentrazione del cuoco
Cosa prevede l’organizzazione?
Un po’ di musica e poi…
... accomodatevi si mangiaaa!!!
Dopo le pulizie...
...ma non ci arrendiamo.
… la stanchezza si fa sentire...
Vediamo di fare il piano della situazione.
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BUONA NOTTE
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Domenica 29 maggio - Visita alla scuola di don Lorenzo Milani
A Barbiana tutto era scuola, vi era sempre corrispondenza tra lo studio teorico
e la pratica.
“Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Né cattedra, né lavagna,
né banchi. Solo grandi tavoli intorno a
cui si faceva scuola e si mangiava.
D’ogni libro c’era una copia sola. I ragazzi
gli si stringevano sopra. Si faceva fatica
ad accorgersi che uno era un po’ più
grande e insegnava.
Il più vecchio di quei maestri aveva sedici
anni. Il più piccolo dodici e mi riempiva di
ammirazione. Decisi fin dal primo giorno
che avrei insegnato anch’io”.
(da lettere a una professoressa)
La camera più grande della canonica diventò aula scolastica, con i banchi in legno. Le tante ore di scuola consentivano di andare a fondo di ogni materia. Spesso il
risultato finale dello studio era visualizzato con grafici che
poi venivano appesi alle pareti della scuola (grafici della
composizione del Parlamento).
Ore 10,00 ci avviamo verso il lungo sentiero...
... molto faticoso per arrivare
...alla scuola di don Milani
Preghiera del Padre Nostro in cinese
Sotto il pergolato dove don Milani faceva scuola ai suoi
piccoli scolari siamo in attesa di Michele Gesualdi.
L’ex alunno di don Milani fa partecipi i ragazzi dei suoi
ricordi sul metodo educativo del prete.
Astrolabio costruito dagli scolari
L’astrolabio è un antico strumento astronomico tramite
il quale è possibile localizzare o predire la posizione di
corpi celesti come il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle. Può
anche determinare l’ora locale conoscendo la longitudine,
o viceversa. Globo celeste costruito dai ragazzi con le
principali costellazioni e le orbite dei principali pianeti.
Disegno per l’uso del verbo potere e dovere in tedesco
L’apprendimento dell’italiano e delle lingue, strumento
indispensabile per entrare in rapporto con uomini di altre
nazioni, era centrale a Barbiana e quando si giungeva a
una conoscenza discreta di esse Don Milani li mandava,
per quanto molto giovani, all’estero.
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Era apprendimento la lavorazione del legno. Per questo
furono attrezzate due stanze sotto la canonica: la falegnameria e la fucina.
Il sentiero della costituzione è una specie di libro di strada
composto da 50 grandi cartelli con il testo degli articoli
della Costituzione illustrati con disegni di alunni di varie
scuole che hanno aderito all’iniziativa, posizionati lungo il
sentiero del bosco che dalla fine della strada transitabile,
sale fino alla scuola di Barbiana.
La Chiesa e la canonica dove dal 1954 al 1967 è stato
parroco e maestro don Milani.
Quando i ragazzi impararono a comporre i mosaici si
passò a decorare le vetrate.
Fu realizzato un monachello scolaro che don Milani battezzò “Santo Scolaro” in onore dei ragazzi che chiamava
scherzosamente i miei sei piccoli monaci.
Don Milani fece costruire ai ragazzi una piccola piscina
perché voleva aiutare i montanari ad affrontare la paura
dell’acqua.
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Il Ponte di Luciano
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Prima....
Sulla via del ritorno...
Si riparte e ci fermiamo all’autogrill per... l’ultimo spuntino insieme
...e dopo la ricostruzione
In evidenza
H
o un bambino se voi lo vedeste, piangereste tutti, perché è piccino,
uno scricciolino di 11 anni.
Fa un’ora e mezza di strada, solo, per
venire a scuola. Viene da lontanissimo,
col suo lanternino a petrolio per la notte.
Avreste tutti paura a fare la strada che fa
lui di notte con la neve». Così don Lorenzo
Milani parla di Luciano durante un convegno dove fu invitato a parlare della sua
scuola. Luciano non era della parrocchia
di Barbiana. Non era neppure di una parrocchia confinante. Abitava di là dal poggio in una casa isolata nel bosco. Arrivò a
Barbiana un pomeriggio di fine giugno. Era
con la mamma, una donna ancora giovane,
ma invecchiata prima del tempo dal lavoro
dei campi. La donna teneva il bambino per
mano ed esitava a varcare il cancello della
corte ove don Lorenzo stava facendo scuola sotto la pergola. Quando il priore la vide
la incoraggiò sorridendo, e lei: «Sor Priore
noi non siamo del suo popolo. Stiamo di là
dal poggio, sono venuta a chiederle se mi
prende Luciano a scuola, perché non voglio
che venga su come noi, poveri ‘meschini’,
che si sa fare a malapena l’O con il culo
del bicchiere». Fu così che il giorno dopo
Luciano cominciò a venire a scuola a Barbiana. Il primo giorno arrivò prima di tutti.
Era un po’ accaldato per la salita e reggeva
sulla spalla un bastone con appeso un fagottino con dentro il desinare che la mamma
gli aveva preparato, e che lui mangiava sui
tavoli di scuola. Aveva camminato solo solo
per un’ora e mezza nel bosco per essere lì
puntuale alle 8. Luciano conosceva bene il
bosco, la sua vita, i suoi segreti, i suoi rumori, le sue figure, i suoi pericoli. Sapeva
che se incontrava una vipera doveva evitarla, se si imbatteva in una famiglia di cinghiali
si doveva fermare e aspettare che si allontanassero, perché i cinghiali quando hanno
i piccoli diventano aggressivi. Se c’era un
temporale non doveva fermarsi sotto gli alberi, ma allungare il passo per uscire prima
possibile dal bosco. Però, per un bambino
di 11 anni, il bosco nasconde sempre qualche pericolo inaspettato. Per questo, i primi
giorni, la mamma dal punto più alto vicino a
casa lo accompagnava con lo sguardo fino
a quando non spariva nel folto.
Lo stesso la sera scrutava l’uscita del bosco fino a quando non appariva il bambino.
Luciano, per venire a scuola, doveva
scendere giù fino al fosso dove c’era
un ruscello da attraversare per poi risalire dall’altra parte verso Barbiana.
Era un ruscelletto di montagna, di quelli
che scorrono raso terra lasciando scoperti i
sassi più grossi. Lui l’attraversava saltando
di sasso in sasso. Durante i mesi invernali
però l’acqua cresceva un po’ e ricopriva i
sassi. Allora i ragazzi della scuola misero
attraverso il ruscello un tronco di castagno
fermato a valle e a monte con dei pioli perché la corrente non lo portasse via.
Luciano passava dall’altra parte cammi-
nandoci sopra. Un anno di febbraio la pioggia fu più abbondante del solito, l’acqua si
alzò facendo galleggiare il tronco e, mentre
Luciano lo stava attraversando, girò su se
stesso; il ragazzo perse l’equilibrio e cascò
nell’acqua.
Si rialzò tutto inzuppato e di corsa salì a Barbiana dove arrivò tremando dal freddo, con
le labbra quasi viola e i vestiti ghiacciati addosso. I ragazzi della scuola gli si strinsero
intorno e rinforzarono il fuoco della stufa per
asciugarlo. L’Eda (la perpetua) trovò un po’
di roba asciutta di casa, poi fu avvolto nel
mantello di don Lorenzo mentre i suoi vestiti si asciugavano stesi davanti alla stufa.
Quando il ragazzo si fu completamente
ripreso e raccontò cosa era successo, don
Lorenzo rifletté un po’ e disse: «Non è mica
giusto che i ragazzi di Vicchio abbiano il pulmino sotto casa per andare a scuola, le aule
riscaldate e la refezione, mentre il mio bambino nemmeno un ponticello per venire a
scuola senza rischiare di cadere nell’acqua.
Ragazzi prepariamoci, andremo a Vicchio a
manifestare di fronte al Comune per chiedere
al sindaco di costruire il ponte per Luciano».
I ragazzi rimasero sorpresi dalla reazione di
don Lorenzo, perché i barbianesi come tutti
i montanari del mondo erano abituati ad arrangiarsi da soli; l’Istituzione pubblica, da
sempre, era assente dalla loro vita e dai loro
bisogni. Figuriamoci se il Comune sarebbe
intervenuto per un ponticello per consentire
a un montanarotto di attraversare un ruscello
per venire a scuola. Don Lorenzo colse invece quell’occasione per insegnare come
si imposta una lotta sociale per una causa
giusta. Da quel momento la scuola di Barbiana fu impegnata per alcuni mesi a studiare il
diritto sindacale, furono chiamati sindacalisti
per insegnare le tecniche delle manifestazioni, come si scriveva un cartello, come comportarsi per evitare di essere denunciati per
una manifestazione non autorizzata, come
comportarsi se i carabinieri avessero ordinato di non sostare di fronte al Comune.
Quando i ragazzi ritennero di essere pronti,
un giovedì, coi loro cartelli arrotolati sotto
il braccio, scesero a Vicchio a piedi. Era la
prima loro esperienza di lotta sindacale e
scendevano verso Vicchio carichi di timori di
essere ricacciati sui loro monti senza risultati, ma anche con la determinatezza di non
arrendersi di fronte a una battaglia giusta.
Don Lorenzo non scese con loro, dovevano
vedersela da soli. Per questo scelsero il portavoce e si prepararono il discorso da fare al
sindaco. Gli 8 ragazzi passarono inosservati
fino a quando di fronte al Comune aprirono
i loro cartelli al grido ritmato: «Ponte…ponte…ponte». La gente incuriosita cominciò a
fermarsi e a commentare: «Cosa vogliono i
ragazzi di quel prete?». «Vogliono un ponte
su quei poggi, chissà per fare cosa!». Di lì
a poco uscì dal Comune il sindaco: «Cos’è
questo chiasso? Sembrate un branco di
anatre rincorse dalla volpe!», disse dall’alto
della sua autorità. Agli occhi dei ragazzi
il sindaco appariva un omone grande e
grosso. Loro gli andarono incontro: «Siamo
di Barbiana» cominciarono. «L’ho visto – interruppe lui – ma cos’è questo chiasso?».
«Vogliamo il ponte per Luciano, perché non
è giusto che i ragazzi di Vicchio abbiano il
pulmino, la mensa, il riscaldamento, mentre
Luciano per venire a scuola cammina per più
di un’ora solo nel bosco e non ha neppure
un ponte per attraversare il fosso del Fatino.
Anche noi paghiamo le tasse come quelli di
Vicchio». Di fronte al sindaco il discorsetto
preparato era saltato. A voce tutto era più
difficile. Inizialmente il sindaco non capì.
Quando poi afferrò la richiesta disse: «E
per una passerella tutto questo chiasso?».
Fece chiamare il capo stradino e gli ordinò
di andare a vedere di cosa si trattasse e di
accertarsi della fattibilità della passerella. I
barbianesi rimasero stupiti e delusi.
Innanzitutto perché il sindaco minimizzò,
chiamò il loro ponte «passerella» e poi
perché si aspettavano una lotta molto più
difficile, più lunga, con arresti, ordini di
sgombro, intervento dei carabinieri, invece
il sindaco aveva subito risposto positivamente. Il giorno dopo piovve e a Barbiana
non si vide nessuno. Ma quando il tempo
si rimise salirono su il capo stradino e un
muratore, per vedere di cosa si trattasse.
I ragazzi chiassosi e anche un po’ eccitati li accompagnarono fino al fosso. Loro
guardarono, misurarono e poi dissero: «Si
può fare. Torneremo nei prossimi giorni. Ma
come si fa a portare il materiale fin quaggiù
in questa buca? Con l’ape non ci si arriva e
a spalla non ce la facciamo perché il materiale è troppo pesante». «Ci penso io – disse
Giancarlo – veniamo io e il babbo con la
treggia, tirata dai nostri buoi e vi portiamo la
roba fin dove volete». L’Ape fece due viaggi.
Portò su due longarine di ferro lunghe
6 metri, su una era già saldato il parapetto, poi tabelloni, cemento e rena. Con
la treggia fu portato tutto fino al fosso.
ci vollero 4 viaggi. La sera dopo, la passerella, come dicevano loro, era già finita.
Lunga, stretta, sicura. Luciano era raggiante. Per la prima volta aveva una cosa
tutta sua: allora se la dedicò, scrivendo
con il dito sul cemento fresco «a me». Il
ponte è stato recuperato nell’agosto 2007
con un campo di lavoro e studio di due
gruppi scout di Arezzo e Salsomaggiore.
Hanno lavorato tre giorni per liberarlo dai
rovi, vitalbe e boscaglia che lo avevano
seppellito durante gli anni.
Ora è tornato a parlare e raccontare del pastorello che tutti i giorni
lo attraversava per andare a scuola.
L’ultima sera, gli scout lo vollero vegliare:
accesero le lanterne e con i canti ruppero
il silenzio che da anni dominava quel fosso
isolato e buio. Il gruppo scout di Salsomaggiore quella sera decise di cambiare nome:
si chiamerà clan «Il Ponte di Luciano».
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“Il fine giusto è dedicarci al prossimo.
E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato
o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma
delle scelte. Contro i classisti che siete voi, contro la fame, l’analfabetismo,
il razzismo, le guerre coloniali.
Ma questo è solo il fine ultimo da ricordare ogni tanto. Quello immediato
da ricordare minuto per minuto è d’intendere gli altri e farsi intendere”.
(da “Lettere a una professoressa”)
Per saperne di più...
Durante la serata alcuni ragazzi leggono
dei brevi pensieri sulla loro esperienza
L’esperienza è stata divertente, abbiamo
fatto nuove amicizie e siamo stati insieme,
ma anche istruttiva perchè abbiamo conosciuto la storia di un uomo che ha dedicato la propria vita agli altri, soprattutto ai
suoi “bambini” di Barbiana. La gita di Barbiana è stata una bellissima esperienza
che ci ha arricchito come persone.
Carlotta, Francesca I, Francesca L
Altri hanno letto brevi pensieri tratti dal
libro “Lettere a una professoressa” di don
Milani.
“Delle bambine del paese non ne venne
neanche una. Forse era la difficoltà della
strada. Forse la mentalità dei genitori. Credono che una donna possa vivere anche
con un cervello di gallina. I maschi non le
chiedono d’essere intelligente. È razzismo
anche questo. Ma su questo punto non
abbiamo nulla da rimproverarvi. Le bambine le stimate più voi che i loro genitori”.
Grazie
a tutti quelli che hanno creduto in questo progetto
dando una grandissima mano
per la sua realizzazione
Ciao alla prossima!!!
Sulle pendici del Monte Giovi, a pochi chilometri da Vicchio (FI) patria di due grandi pittori Giotto e Beato Angelico, si trova Barbiana.
Barbiana non è un paese, non è nemmeno un villaggio.
Barbiana è una chiesa con la canonica. Le case, una
ventina in tutto, sono sparse nel bosco e nei campi circostanti, isolate tra di loro.
Quando il 7 dicembre 1954 arrivò a Barbiana il parroco
don Lorenzo Milani, non c’erano strade, acqua, luce e
scuola. All’epoca la popolazione ammontava a 40 persone. Per don Milani il periodo trascorso a Barbiana fu un
vero e proprio esilio ecclesiastico: un sacerdote di 31 anni
mandato lassù per farlo tacere dato che nel suo apostolato applicava il Vangelo senza alibi e compromessi.
La strada per arrivare dal comune di Vicchio alla chiesa di
S. Andrea è ripida e sassosa come un tempo, 4 chilometri
tra boschi e pascoli fino al piccolo cimitero e poi ancora
su per raggiungere la canonica e la casa colonica che
insieme alla piccola chiesa costituiscono il nucleo abitativo più popoloso di Barbiana.
Non ci sono negozi, non una piazza, non ci sono strade
e case, lampioni, rumori di motori. Per arrivarci con la
macchina si percorre la stessa strada ripida che fece don
Milani quando fu nominato parroco di Barbiana.
“Barbiana è tutta qui: una chiesa, una casa colonica, la
canonica, il cimitero e poi a distanza e isolate le 23 case
delle famiglie contadine. Non più di cento allora, tanto che
la Curia fiorentina aveva deciso da tempo di inviarci un
prete saltuariamente, solo per la messa della domenica.”
Per non dimenticare...
La mattina del 10 luglio 1944 alla fattoria del dott. Aldo
Galardi, situata in località Padulivo nel comune di Vicchio in
provincia di Firenze,diventata come una frazione, visto che
ospitava circa 150 persone sfollate da Vicchio si presenta
un reparto di circa 60 soldati delle SS con l’intenzione di
saccheggiare bestiame e viveri. La fattoria veniva tenuta
d’occhio dai nazifascisti perché vi era il sospetto fondato
che il proprietario Aldo Galardi aiutasse e saltuariamente
ospitasse i partigiani che erano acquartierati sulla cima
di Monte Giovi. I comandanti chiedono di sfamare loro
e i propri soldati e mentre stanno mangiando, gli ufficiali
vengono raggiunti da uno dei soldati che dovevano
controllare il territorio, il quale li avvisa che nella stalla c’
erano degli escrementi di cavallo ma non c’era presente
l’animale. Dopo un interrogatorio vengono a sapere che il
cavallo era stato preso dai partigiani. Viene ordinato alla
donna che aveva riferito il fatto che, se non voleva far
scatenare una rappresaglia, doveva andare a recuperare
l’animale. Questa parte immediatamente e nel giro di un’
ora torna con la bestia. I tedeschi ripartono portandosi via
tutta la roba che avevano sequestrato ma, poco dopo,
finiscono in un imboscata tesa loro dagli stessi partigiani
che avevano preso il cavallo. Un tedesco muore e un
altro rimane ferito e i partigiani si dileguano. I tedeschi
ritornano immediatamente alla fattoria di Padulivo dove
il dottor Galardi li aiuta a curare il soldato ferito. Appena
finito di curare il soldato le SS arrestano tutte le persone
che riescono a trovare nella fattoria e li fanno assistere
mentre incendiano tutte le abitazioni, poi li obbligano a
marciare in direzione di Vicchio. Giunti nel luogo dove era
avvenuta l’imboscata da parte dei partigiani, fucilano 10
uomini e la donna che era andata a recuperare il cavallo.
Una delle vittime è il dottor Galardi. I superstiti vengono
rinchiusi in una stalla che si trovava nelle vicinanze e
avvisati che all’alba sarebbero stati tutti uccisi mentre,
durante la notte, le donne subiscono abusi sessuali.
Invece, il giorno dopo, i prigionieri subiscono un interrogatorio e vengono rilasciati, tranne quattro uomini e tre
donne che, dicevano, sarebbero servite per cucinare. Si
fanno aiutare dai quattro prigionieri a caricare sui camion
il bestiame che avevano razziato e dopo li uccidono.
Don Lorenzo Milani
L’esperienza più significativa degli anni sessanta, è quella
di don Lorenzo Milani. Ordinato sacerdote nel ‘47, don
Lorenzo viene mandato cappellano a San Donato di
Calenzano e ci resta per sette anni. Appena arrivato, apre
in canonica una scuola serale aperta a tutti giovani senza
discriminazioni politiche o partitiche, come dovrebbe
essere la scuola pubblica. Quella esperienza , documentata nel libro “Esperienze pastorali”, gli procura l’ostilità
di una parte della Curia e il trasferimento a Barbiana, un
vero e proprio esilio. E lì, dove non c’è nemmeno la strada
e non è ancora arrivata la luce elettrica, organizza subito
una nuova scuola a misura dei bisogni dei suoi nuovi
parrocchiani e dei loro bambini. Non ha soldi, chiede per
loro agli amici di donare medicine, vitamine, ricostituenti
per la salute dei suoi ragazzi, spesso minata dalla miseria
secolare e dalla denutrizione della gente della montagna.
Gli servono libri, enciclopedie, carte geografiche, macchine per scrivere, quaderni, cancelleria. Con quel che
riesce a ottenere inizia quella scuola esemplare che si
può considerare la realizzazione concreta della scuola di
cui ora si sta discutendo. Lui, don Lorenzo, a Barbiana
l’ha fatta e ha funzionato. Nella sua scuola, aperta tutto
l’anno, c’erano bambini di tutte le età: dai sei ai 14 anni,
vale a dire di tutte le classi dei cicli. Insieme convivevano
i ragazzi della scuola media con quelli della elementare,
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come una grande famiglia che viveva l’esperienza
dell’apprendimento culturale nello scambio continuo di
conoscenze. Il segreto di quella scuola era la collaborazione e il dono: quelli che avevano capito e sapevano,
diventavano i “maestri” dei più piccoli. La piccola scuola
isolata sulla montagna era collegata con il mondo con il
più semplice dei mezzi: la lettura quotidiana dei giornali
e la interpretazione dei fatti nella discussione, con il frequente esercizio linguistico di trascrivere, sintetizzando,
gli articoli confusi dei giornalisti.
I docenti erano: don Lorenzo Milani e gli ospiti che salivano a Barbiana per essere intervistati dai ragazzi: sindacalisti, operai, giornalisti, maestri, studiosi ecc. i quali
fornivano informazioni sui problemi sociali, culturali, educativi e di qualsiasi altro genere.
Un’unica stanza con la stufa al centro, un mappamondo
del cielo, alle pareti cartelloni con gli articoli della Costituzione e i tavoli spostabili per lavorare a gruppi, era lo
spazio interno della scuola. Fuori la piscina costruita dai
ragazzi e usata d’estate nelle pause del lavoro.
È evidente che la scuola di Barbiana non può essere presentata come il modello della scuola di base della nostra
Repubblica, ma il suo spirito e i suoi obiettivi educativi.
Era una comunità dove i ragazzi erano protagonisti nella
collaborazione e si sentivano quindi amati e protetti, dove
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non c’era la selezione dei più deboli, ma l’aiuto per sviluppare tutte le capacità.
Don Lorenzo Milani venne stroncato da leucemia a soli
44 anni.
Agli esami di ginnastica il professore ci buttò un pallone
e ci disse: “Giocate a pallacanestro”. Noi non si sapeva.
Il professore ci guardò con disprezzo: “Ragazzi infelici”.
Anche lui come voi. L’abilità in un rito convenzionale gli
pareva importante. Disse al preside che non avevamo
“educazione fisica” e voleva rimandarci a settembre.
Ognuno di noi era capace di arrampicarsi su un quercia.
Lassù lasciare andare le mani e a colpi d’accetta buttar giù
un ramo d’un quintale. Poi trascinarlo sulla neve fin sulla
soglia di casa ai piedi della mamma.
(da “Lettere a una professoressa”)
Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande:
“I care”
È il motto intraducibile dei giovani americani migliori.
“Me ne importa, mi sta a cuore”.
È il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”.
(Lettera ai giudici, 1965)
Barbiana una scuola viva che continua a insegnare
Il Progetto di Barbiana, proposto dall’Associazione Culturale Il Mulino di Croviana e in parte finanziato dal Piano
Giovani di Zona - Bassa Val di Sole, sarà così strutturato:
• Prima di avventurarci in questo interessante viaggio ci
sarà un incontro serale con Michele Gesualdi, ex allievo
di Don Milani e presidente della Fondazione don Lorenzo
Milani, presso la Sala Busetti, via delle Scuole a Croviana
venerdì 20 maggio alle ore 20.30. Ci racconterà la sua
meravigliosa esperienza educativa e fornirà preziose
informazioni riguardanti la nostra visita a Barbiana.
• Viaggio per visitare la scuola di Barbiana e vivere in
prima persona un’esperienza educativa rivoluzionaria vissuta dagli ex allievi di don Milani, visitando i locali utilizzati per far scuola e l’ambiente circostante.
• Visita alla città di Firenze.
Programma dettagliato del viaggio
Sabato 28 maggio 2011
Ore 4.30
Il pullman partirà da Croviana e farà tappa in tutti i paesi
per far salire i ragazzi.
Ore 10 - 10,30 circa
Arrivo a Firenze. Visita del centro storico
Ore 16,00
Partenza per Barbiana
Ore 17,00
Arrivo a Vicchio al bivio per Barbiana. Essendo la strada
stretta il pullman non può passare ed il percorso, per gli
ultimi 3 Km, sarà fatto a piedi. Percorreremo un pezzo del
Sentiero della Costituzione.
Sistemazione nella Casa ferie “la Fonte”.
Ore 19,30
Preparazione della cena
Domenica 29 maggio
Ore 9,30
Dopo la colazione preparata dai ragazzi partenza a piedi
per raggiungere la scuola di don Milani
Arrivo alla scuola dove ci sarà ad accoglierci Michele
Gesualdi per iniziare il percorso didattico e visitare i locali
dove insegnava don Milani.
Ore 13,00
Ritorno alla Casa La Fonte per consumare il pranzo.
Riordino e pulizia locali
Ore 14,30
Incontro con Michele Gesualdi per proseguire il percorso
didattico e fare il pezzo mancante del sentiero della Costituzione. Partenza a piedi per ritornare al punto dove si era
lasciato il pullman.
Nel tardo pomeriggio partenza per la Val di Sole
Per la colazione, i pasti da consumare, panini e tutto
quello che serve saranno forniti dall’Associazione)
Si consiglia di:
indossare scarpe comode, portare un sacco a pelo, ma
chi lo desidera può portare le lenzuola, per gli indumenti
e gli effetti personali sarebbe comodo uno zaino, visto
che c’è un bel pezzo di strada da fare a piedi, un k-way e
la macchina fotografica e chi l’avesse sarebbe utile anche
una videocamera.
Così equipaggiati non ci fa paura più nulla e allora…
Partiamo
per la grande avventura!!!
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Claudia
Giada
Gabriele
Giulia
Fabio
Maria Pia
Luca
Giulio
Veronica
Valentina
Francesca
Marianna
Lorenzo
Eleonora
Claudia P.
Carlotta
Mickael
Jan
Marco
Laura
Francesca L.
Michele
Simone
Serena
Mauro
Massimiliano
Diego il nostro
autista
Comunità
della Valle di Sole
INFORMAZIONI
SPORTELLO PIANO GIOVANI
BASSA VAL DI SOLE
Progetto Giovani Val di Sole - C7/APPM Onlus
Piazza Madonna della Pace, 4 - Dimaro, tel. 0463 973412, e-mail: [email protected]
Referente: Michele Bezzi
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