Valore di un sorriso Un sorriso non costa nulla ma vale tanto Arricchisce chi lo riceve e chi lo dona. Non dura che un istante, ma il suo ricordo è talora eterno. Nessuno è così ricco da poterne far a meno. Nessuno è così povero da non poterlo dare. In casa porta felicità, nella fatica infonde coraggio. Un sorriso è un segno di amicizia. Un bene che non si può comperare, ma soltanto donare. Se voi incontrerete chi un sorriso non vi sa dare, donatelo voi. Perché nessuno ha tanto bisogno di sorriso, come colui che ad altri darlo non sa. (P. Faber) A cura di: Gabriele Luppi e Gianluca Grazioli 2 Indice - Premessa pag. 4 - La riabilitazione del paziente oncologico: aspetti generali pag. 9 - I principali sintomi che condizionano la qualità della vita pag. 13 - Esiti delle terapie chirurgiche pag. 17 - La fase post chemioterapica pag. 19 - Complicanze tardive da Radioterapia pag. 21 - La riabilitazione medica in Oncologica pag. 23 - La riabilitazione postoperatoria del paziente con neoplasie del distretto testa-collo. pag. 26 - Riabilitazione respiratoria in pazienti operati per neoplasie del distretto pag. 29 testa e collo e del polmone - Il counselling nutrizionale pag. 32 - Il ritorno alla vita: il sostegno psicologico nel trattamento riabilitativo nelle patologie oncologiche pag. 34 - ABSTRACT: interventi terapeutici presso Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II pag. 40 - Un valore aggiunto: non solo cura pag. 43 - Appendice Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II: il perchè del nome La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Contributi e ringraziamenti Bibliografia pag. 44 pag. 46 pag. 47 pag. 48 3 Premessa Negli ormai cinquant’anni di storia ed evoluzione l’oncologia ha compiuto un progressivo, costante ampliamento dei propri orizzonti e dei piani di intervento. L’affermarsi dell’etica e dell’opera del volontariato, nei vari ambiti assistenziali, ha favorito l’emersione di necessità e criticità dettate dalla cernita dei bisogni reali del malato e della famiglia e che hanno influenzato, prospetticamente, l’evoluzione dei servizi sanitari. La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) di Modena, da sempre in prima linea accanto ai pazienti e ai famigliari, ha seguito e influenzato il progresso assistenziale in ambito oncologico: dalla prevenzione di secondo livello e cura in acuzie, alla valutazione di fattibilità e strutturazione di interventi di assistenza prima medica poi psicooncologica, dall’estensione domiciliare dell’assistenza fino alla nascita embrionale di interventi di riabilitazione complessiva. In questo contesto la LILT di Modena ha strutturato servizi di assistenza domiciliare medica, psicooncologica e sociale per i pazienti oncologici, partecipando attivamente alla creazione di servizi innovativi dedicati al malato e alla famiglia. Oggi si pone la necessità assoluta, per l’Associazione, di aggiungere un preziosissimo tassello al mosaico che disegna una composizione terapeutica, che includa anche la fase della convalescenza del paziente con esiti terapeutici fausti, che necessiti di un pieno recupero dei normali ritmi di vita. Ecco allora affiorare, sporgendosi dalla realtà palmare vissuta dagli operatori, volontari e professionisti dell’associazione che ogni giorno agiscono sul campo, la necessità di rendere fruibili servizi necessari alla completa riacquisizione del pieno benessere fisico e psicologico, semplicemente definibile come qualità di vita. Sulla scorta degli input più recenti, tra tutti le sollecitazioni espresse dall’Unione Europea con l’”European Cancer Research Iniziative”, nell’ambito della composizione di un modello di intervento oncologico in grado di risolvere i problemi a livello individuale con 4 ricadute ed impatto sulla salute pubblica, si è cercato di elaborare un progetto per un centro mirato al soggiorno e alla riabilitazione del paziente oncologico aperto anche ai famigliari. Il centro di soggiorno e riabilitazione dovrà porsi come presidio finalizzato al passaggio tra il momento della malattia e il recupero della qualità di vita individuale e famigliare precedenti, filtrato attraverso l’esperienza della malattia. La “mission” Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II si configura come un presidio per la convalescenza e la riabilitazione di pazienti oncologici che, con il coinvolgimento attivo dei famigliari, sia funzionale al raggiungimento del pieno recupero dell’efficienza: fisica (come ripristino di un sufficiente stato di benessere organico), psicologica (come riassetto affettivo e relazionale) e sociale (come re-ammissione nell’ambito sociale e, laddove possibile, lavorativo). Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II è un intervento che nasce dagli attuali limiti dei presidi disponibili a tutela della convalescenza del paziente e dei famigliari e, proprio per tale difetto di intervento, non corre il rischio di creare duplicazioni o frammentazione di competenze. Si definisce come un percorso sanitario di affiancamento al paziente ed ai famigliari con intervento sanitario pienamente organico agli obiettivi di “benessere della comunità”, oggetto dei più recenti piani di progetto e prospettiva in ambito sanitario. Il metodo Il Progetto Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II nasce dalla generosità di un socio benemerito di Lega It. Lotta Tumori che ha provveduto ad un lascito testamentario a favore dell’Associazione di una porzione dei beni interessati dal progetto Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II. Il Progetto complessivo prevede la realizza zione di strutture abitativo - residenziali e ambulatoriali affiancate, una struttura con fini poli-riabilitativi, all’interno di un contesto ambientale presidiato con un percorso salute e una vasta area polifunzionale per l’aggregazione sociale ed interventi sanitari d’urgenza. 5 L’intero complesso è sito a Casola di Montefiorino in un ambito ambientale che assicura pace e tranquillità. La posizione altimetrica di 800mt. slm permette l’ottenimento dei benefici sanitari del clima di montagna bassa come riconosciuto dai fondamenti delle cure climatologiche. Le strutture residenziali Saranno tre, realizzate con materiali naturali quali pietra e legno, con criteri di bioedilizia e nel rispetto della tipologia delle costruzioni dell’Appennino modenese. Una prima struttura assicura già tre unità abitative famigliari. Una seconda struttura, in fase avanzata di realizzazione (aprile 2007), potrà assicurare altre quattro unità abitative famigliari. Ogni unità abitativa consentirà un soggiorno di convalescenza del paziente e di famigliari, importante presupposto agli obiettivi di ricomposizione affettiva e sociale. La terza, ulteriore, struttura abitativa sarà ricavata negli attigui locali della ex scuola comunale, prevedendo la realizzazione di monolocali e contestualizzando anche spazi comuni di cucina, refezione e aggregazione. Il periodo medio di soggiorno sarà di quindici giorni eventualmente prolungabili a seconda dei casi e delle necessità. Il soggiorno nelle strutture residenziali di convalescenza avverrà in piena autonomia di gestione dei ritmi di vita per assecondare il recupero di questi e favorire il ristabilimento degli stessi anche al domicilio prevedendo un unico monitoraggio e disponibilità di aiuto. La struttura di riabilitazione Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II si doterà di una struttura per l’applicazione di un protocollo di riabilitazione basilare. La struttura polifunzionale sorgerà a pochi metri dalle strutture residenziali e si comporrà di una piscina per l’esecuzione di terapie di riabilitazione in acqua ed idro-balneo terapia, una palestra attrezzata per vari tipi di rieducazione fisica e per incontri di terapie quali musicoterapia, yoga, danzaterapia, tecniche di rilassamento, alcune salette adibite alla effettuazione di sedute fisioterapiche mirate, di linfodrenaggio e manipolazione, una sala 6 riservata agli incontri di counselling psicologico e lezioni di riabilitazione alla fonesi per pazienti laringectomizzati. La struttura di riabilitazione sarà compendiata da spazi ambulatoriali ricavati dalla ristrutturazione dell’attigua Casa San Martino. Il contesto ambientale Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II sarà accolta all’interno di un ampio contesto ambientale disegnato secondo precise esigenze. In particolare sarà predisposto un percorso salute nelle adiacenze delle case residenza, progettato e realizzato secondo le più moderne acquisizioni dell’architettura paesaggistica e del verde per consentire agli ospiti una passeggiata in un contesto presidiato che sia momento di relax, esercizio fisico (sono previste tappe intermedie per l’esecuzione di semplici movimenti) e socializza zione. E’ prevista la piantumazione di un’ampia area a disposizione degli ospiti ed aperta alla comunità locale. Il progetto prevede la realizza zione di uno spazio pubblico per l’incontro e l’aggregazione con la comunità, un campo per giochi sportivi, una sito di atterraggio per elicotteri in servizio sanitario di emergenza e di protezione civile. Questi ultimi interventi sono funzionali alla piena integrazione di Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II nel tessuto della comunità ospitante a compendio del progetto e nel pieno adempimento dell’assunto “terapeutico” di favorire la rinnovata vita sociale degli ospiti. L’etica La centralità dell’uomo, l’etica della cura, i diritti del malato, il bisogno di servizi di cura, assistenza e riabilitazione sono cardini importanti per una società che affonda le proprie radici nel principio di sussidiarietà. Sono altresì elementi irrinunciabili per un’Associazione come LILT di Modena, che ha fatto del “curare e prendersi cura” l’obiettivo principale di ogni intervento in ambito assistenziale. 7 Tuttavia, se da un lato molte risposte sono ormai acquisite, dall’altro si aprono nuovi importanti interrogativi: quali interventi, sia a livello istituzionale, che sanitario, per i pazienti e le famiglie sono di reale bisogno e necessità? Quali possibilità offre l’attuale contesto economico per interventi in campo riabilitativo? Da queste domande sono nati tutti gli assunti riportati a motore logico del presente progetto di Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II. Nella progettazione di Casa Luce e Sorriso emerge con vigore un concetto: la necessità, per una organizzazione di volontariato con piena conoscenza dei bisogni reali e cosciente assunzione di responsabilità sociale come la LILT, di formulare risposte ai bisogni, talvolta inespressi, altre volte inevasi, di pazienti e famigliari. E questa azione di catalizzazione e di necessaria concretizzazione di risposte trova compimento solamente nel complesso di una vera e propria “comunità etica” come luogo privilegiato di ascolto, impegno e solidarietà. 8 La Riabilitazione del Paziente Oncologico: aspetti generali La percentuale di guarigione delle persone affette da tumore risulta oggi migliorata grazie alla diagnosi precoce e a terapie sempre più qualificate e innovative. Gli interventi terapeutici rimangono tuttavia ad alto impatto traumatico, provocando possibili disabilità che necessitano di un adeguato trattamento riabilitativo. Riabilitare significa, d’altra parte, non soltanto intervenire in senso fisico, ma anche dare ad un ex ammalato un valido aiuto psicologico perchè possa tornare a guardare con fiducia al futuro, farsene carico ed accompagnarlo a riprendere il proprio posto nella famiglia e nelle società. I notevoli progressi ottenuti negli ultimi decenni nel trattamento dei pazienti affetti da tumore hanno determinato un aumento progressivo della percentuale di quelli guariti o con stabilizza zione della loro malattia: è compito della riabilitazione garantire a questi pazienti la migliore qualità di vita possibile, fare loro riacquistare, nel limite del possibile, lo stato fisico, psicologico e sociale che preesistevano alla insorgenza della malattia. La riabilitazione globale del paziente oncologico pertanto non può e non deve essere considerata una appendice socio-sanitaria ai trattamenti principali (chirurgico, medico, radioterapico) ma una disciplina vera propria, con fondamenti concreti, con obbiettivi scientifici precisi, con metodologie specifiche, parte inscindibile del programma terapeutico globale, finalizzato al miglioramento della qualità oltre che della quantità della vita di questi pazienti. Lo sviluppo di un tumore in un determinato organo o in uno specifico compartimento anatomico e, soprattutto, il suo trattamento, comportano molto spesso danni anatomofunzionali più o meno importanti, nonostante i progressi nella terapia conservativa e ricostruttiva e nella prevenzione dei danni da chemioterapia e da radioterapia: E’ compito della terapia riabilitativa fa vorire il recupero dei deficit funzionali, la correzione dei danni insorti nel decorso della malattia e del suo trattamento. La conoscenza della natura della malattia da cui un paziente è stato colpito e degli effetti collaterali della terapia consigliata creano nell’ammalato e nella sua famiglia uno stress psicologico, uno stato di ansia, depressione , angoscia ben comprensibili, se teniamo conto che ancora oggi il termine “cancro” evoca uno scenario di dolore, di sofferenza, di morte. Questo danno psicologico, che incide in modo importante sulla 9 qualità della vita di questi ammalati, esige un trattamento riabilitativo specifico, che deve coinvolgere il paziente e la sua famiglia e che deve continuare a lungo, anche dopo la eventuale guarigione, durante tutto il follow-up e anche successivamente. La riabilitazione psicologica deve inoltre insegnare al paziente a convivere con la propria malattia “cronicizzata”, con il rischio di ricaduta in caso di apparente guarigione, con le paure in attesa dell’esito dei periodici controlli. Lo stato di malattia e gli eventuali disturbi che comporta, la necessità di trattamenti più o meno prolungati, i possibili effetti collaterali acuti e cronici della terapia, la necessità di allettamento o di riposo forzato, la opportunità di evitare l’esposizione ad agenti patogeni sono tutte situazioni che comportano una interruzione più o meno prolungata dei rapporti sociali, della attività lavorativa, una modifica dei rapporti nell’ambito famigliare in generale e con il proprio partner in particolare. Il trattamento riabilitativo deve aiutare il paziente o l’ex paziente a riprendere il proprio ruolo, il proprio posto nell’ambito della famiglia, dell’ambiente di lavoro, della società. Se il trattamento riabilitativo globale ha tutte queste funzioni, deve rispondere a tutte queste necessità, ne consegue che deve essere un trattamento multidisciplinare, che deve coinvolgere competenze diverse: in parte comuni per tutti i pazienti, in parte specifiche per ogni tipo di ammalato, per ogni tipo di malattia, per ogni fase della malattia: il programma riabilitativo deve essere personalizzato e flessibile in funzione dell’evolvere della malattia, dei risultati ottenuti. Il team responsabile della riabilitazione oncologica deve prevedere la presenza di varie professionalità ed inoltre la possibilità di fare intervenire di volta in volta a seconda delle necessità altri specialisti. Nel team è prevista la presenza costante o solo al bisogno di un: - Fisiatra, con funzione di coordinatore; - Oncologo (medico e/o chirurgico e/o radioterapico); - Fisioterapista; - Terapista Occupazionale; - Logopedista; - Fisioterapista con competenze in ambito di riabilitazione delle entero-uro-stomie; - Dietologo; 10 - Psichiatra; - Psicologo; - Assistente per yoga, meditazione, musicoterapia, arteterapia, ecc.; - Infermiere professionale; - Assistente sociale; - Volontari, gruppi di autoaiuto; - Medico di medicina generale; L’assunzione in carico di un paziente per un trattamento riabilitativo deve sempre prevedere una indagine anamnestica ed un esame obbiettivo completi, l’acquisizione di tutta la documentazione relativa alla patologia neoplastica, al trattamento eseguito e al programma di follow-up predisposto. Prima di stabilire il programma riabilitativo, il team dovrà aver acquisito anche informazioni sulla personalità del paziente, sulla sua filosofia di vita, sulle sue aspettative, sulla sua situazione familiare, professionale, sociale. Il programma terapeutico dovrà essere discusso con paziente e famigliari (il cui coinvolgimento e la cui collaborazione sono molto importanti per il raggiungimento degli obbiettivi prefissati), dovrà essere periodicamente adattato all’evoluzione del quadro clinico, ai risultati ottenuti, alle preferenze dell’ammalato. La valutazione critica dei risultati ottenuti, la constatazione del raggiungimento degli obbiettivi prefissati sono le metodiche migliori per dimostrare la reale efficacia del trattamento. La riabilitazione oncologica avrà finalità diverse a seconda del quadro clinico, dello stadio della malattia. Essa può essere prevalentemente: - preventiva (quando il suo fine è quello di prevenire il danno, prima che si instauri) - funzionale (quando il suo fine è quello di recuperare – per quanto possibile- i deficit comparsi in seguito alla malattia e/o al suo trattamento) - supportiva (quando il suo fine è quello di limitare i danni conseguenti alla perdita definitiva di una funzione, di un organo, di un distretto anatomico) - palliativa (quando il suo fine è quello di alleviare i vari sintomi legati alla fase avanzata della malattia) Se compito del medico è quello di curare e di aver cura dei propri pazienti, egli non potrà preoccuparsi solo di eliminare lo stato di malattia, di aumentare la durata della sopravvi venza. Il medico dovrà anche valutare attentamente le possibili conseguenze 11 della malattia e del suo trattamento sulla qualità della vita del paziente, la cui salvaguardia deve costituire un obiettivo primario della sua attività e il cui ripristino, alle condizioni preesistenti alla malattia neoplastica, si può cercare di ottenere con un trattamento riabilitativo, inteso nella sua globalità come sopra specificato. La riabilitazione nel paziente oncologico acquisisce pertanto un ruolo non meno importante della prevenzione e della terapia nella salvaguardia della salute, intesa come stato di benessere fisico, psichico e sociale. . 12 I principali sintomi che condizionano la qualità della vita : dolore cronico, sindrome da inattività/astenia, ansia, depressione, disturbi del sonno In questo capitolo verranno esaminati, in maniera molto sommaria, alcuni sintomi cronici, conseguenti alla malattia o ai suoi trattamenti, che spesso condizionano la qualità di vita dei pazienti al punto da impedire un completo recupero della “normalità” e il “distacco”, fisico e psicologico, anche dopo la cura definitiva, dalla esperienza della malattia tumorale. Il trattamento dei sintomi verrà completato nei successivi capitoli, trattando di specifiche terapie o patologie oncologiche. Dolore Il dolore è il sintomo che più comunemente viene associato alla diagnosi di tumore non solo per la sofferenza che genera nelle persone, ma anche perché rappresenta comunque il sintomo più comune della patologia tumorale essendo presente in circa il 50% dei casi all’esordio della malattia e nell’80% dei casi con malattia avanzata. Nel paziente oncologico poi, il sintomo dolore assume connotazioni e significati diversi rispetto al dolore cosiddetto “benigno” delle patologie non neoplastiche. Nel paziente oncologico si parla di “dolore totale” come di uno stato di sofferenza che, oltre al dolore fisico, assume importanti implicazione di ordine emotivo. Il dolore viene spesso percepito dal paziente come diretta conseguenza del tumore e come tale genera un notevole stato di ansia e preoccupazione. Diventa così fondamentale fare una diagnosi corretta del dolore del paziente e in particolare stabilire se è direttamente correlato alla malattia o invece ad esiti del trattamento; in quest’ultimo caso infatti la terapia può essere diversa e soprattutto si può rassicurare un paziente spesso in preda all’ansia per il timore della malattia. "Il dolore è una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata ad un danno attuale o potenziale dei tessuti" (Assoc. Internazionale per lo Studio del Dolore) Il dolore cronico che residua dopo cure di tipo medico, radiante o chirurgico è generalmente diverso, per patogenesi, caratteristiche ed intensità, dal dolore causato direttamente dal tumore. Si parla di dolore “neuropatico” in quanto conseguente ad un danno di strutture nervose. 13 Sindromi dolorose croniche dovute ai trattamenti Post-chirurgiche, dopo interventi di: - mastectomia - linfoadenectomia (collo, ascellare, inguinale) - toracotomia - nefrectomia - amputazione di un arto (dolore da arto fantasma) - amputazione del retto Post-radioterapiche: - enteriti, proctiti - dermiti e necrosi cutanee - osteoradionecrosi - fibrosi muscolari - fibrosi dei plessi nervosi brachiale e lombosacrale - mielopatia da raggi Post-chemioterapiche - necrosi asettica dell’osso - osteonecrosi mandibolare da bifosfonati - pseudoreumatismo da steroidi e chemioterapia - polineuropatia periferica Dello stesso tipo è il dolore conseguente al cosiddetto “fuoco sacro” o herpes zoster (nevralgia post-erpetica). In questo tipo di dolore spesso gli analgesici “classici” hanno un’efficacia limitata ed è opportuno il ricorso a farmaci cosiddetti “adiuvanti” o a tecniche di analgesia di tipo loco-regionale. Nel dolore cronico oncologico, sia esso conseguente alla malattia o ai suoi trattamenti, è di fondamentale importanza l’approccio farmacologico attuato da medici con competenza specifica e, in particolari casi, dal ricorso a tecniche di analgesia loco-regionale (es. intraspinale) o neuroablative (es. cordotomia). 14 In situazione di dolore neuropatico cronico, inoltre, assume particolare importanza anche il supporto di tipo psicologico esercitato, oltre che dalla corretta spiegazione dei meccanismi che stanno alla base del tumore, dalla rassicurazione che il dolore non è propriamente indicativo della presenza di un tumore e da terapie fisiche antalgiche, tecniche di ipnosi, rilassamento o “distrazione” atte a rafforzare i meccanismi di difesa e tolleranza a questo tipo di dolore cronico. Le terapie fisiche antalgiche (ultrasuoni, laser, magnetoterapia) rappresentano un utile complemento riabilitativo potendo favorire, anche nel paziente oncologico, il controllo di una sindrome dolorosa cronica e il recupero di un segmento o una funzione lesa. Sindrome da inattività/astenia L’inattività prolungata induce modificazioni anatomo-funzionali a carico di vari organi od apparati. I muscoli che non vengono utilizzati per un lungo periodo subiscono prima una riduzione di volume quindi una trasformazione fibrosa con conseguente compromissione della funzione motoria contrattile che, dal punto di vista funzionale, può manifestarsi come ipostenia muscolare e facile affaticabilità. Dal punto di vista articolare l’inattività può indurre rigidità e deficit funzionali da ridotta escursione articolare. A livello osseo una inattività prolungata può favorire l’osteoporosi con conseguente rischio di fratture patologiche. Gli altri apparati che possono subire danni da inattività sono l’apparato digerente (stipsi), quello urinario (calcolosi, infezioni), quello cardiovascolare (ridotta capacità di adattamento, ipotensione ortostatica) e quello respiratorio (infezioni, embolie). L’astenia cronica (“fatigue”) è un sintomo di difficile definizione, spesso sottovalutato, se non ignorato, dai medici. Può essere definita come una sensazione soggettiva di debolezza , mancanza di energia e facile affaticabilità. E’ spesso difficile distinguere in una sintomatologia astenica le cause organiche da quelle psicologiche. Di particolare interesse, per le finalità di questo lavoro, è la valutazione e il trattamento dell’astenia cronica, spesso di lunga durata, conseguente ai trattamenti chemioterapici e radianti senza che si possano individuare specifiche cause organiche. Certamente, qualunque sia la causa, un’astenia cronica ha un notevole impatto sul performance status 15 del paziente e sulla sua qualità di vita. L’astenia è inoltre spesso associata ad altri sintomi, quali depressione, apatia, diminuita capacità di concentrazione e attenzione, turbe del sonno (insonnia o ipersonnia), abnorme reattività emozionale al sintomo astenia (tristezza, frustrazione,irritabilità). I presidi terapeutici di tipo farmacologico spesso hanno un ruolo limitato, se non in specifiche sindromi organiche. Soprattutto nelle forme di astenia cronica su possibile base psicologica assumono una certa rilevanza gli interventi non farmacologici, quali moderato esercizio fisico guidato dal fisioterapista, riposo, interventi di tipo psicologico e comportamentale. Ansia, depressione, disturbi del sonno In oncologia, ansia e depressione rappresentano una questione difficile sia dal punto di vista valutativo che da quello terapeutico. La diagnosi di un tumore sicuramente interrompe in maniera repentina una traiettoria di vita proiettata al futuro e sconvolge la progettualità dell’individuo e della sua famiglia, soprattutto allorché aumenta la consapevolezza della natura irreversibile della malattia. In primo luogo spesso non è facile distinguere tra livelli fisiologici di ansia e depressione conseguenti alla diagnosi di tumore, da quelli disadattativi e patologici. In secondo luogo ansia e depressione spesso si sovrappongono a un quadro sintomatologico (dolore, nausea, anoressia, astenia, insonnia, dispnea) in cui non è facile discernere tra segni e sintomi della malattia o dei suoi trattamenti ed espressione somatica del disagio ansiosodepressivo. La complessità, nel paziente oncologico, del rapporto mente-corpo e la necessità di un approccio globale alle problematiche del paziente impongono programmi di valutazione, supporto e riabilitazione appositamente strutturati. La terapia farmacologica della sindrome ansia-depressione e dell’insonnia, pur importante, spesso ha un impatto piuttosto limitato sulla qualità di vita dei pazienti, per cui va affiancata ed integrata con un approccio non farmacologico attraverso modalità e competenze specifiche che vengono trattate nel capitolo dedicato. 16 Esiti delle terapie chirurgiche Un intervento chirurgico “radicale” rappresenta spesso il trattamento fondamentale di diversi tipi di neoplasie e il presupposto per ottenere la guarigione della malattia. In altri casi la terapia chirurgica ha finalità solo palliative, per risolvere complicazioni acute legate alla presenza di una neoplasia (es. occlusioni intestinali o emorragie) o per migliorare la qualità di vita (es. nefrectomia per neoplasia renale anche in presenza di metastasi) o prolungare la sopravvi venza. Ogni tipo di intervento chirurgico presenza rischi di complicazioni acute (si parla di mortalità e morbilità, cioè di rischio di morte o di complicanze che possono ritardare la guarigione dopo un intervento), e può comportare conseguenze permanenti che impattano pesantemente la qualità di vita. Proprio questo tipo di sequele o menomazioni causate da un intervento chirurgico, effettuato per rimuovere il tumore, richiedono spesso interventi riabilitativi specifici finalizzati al recupero o almeno alla migliore gestione di tali esiti. Va comunque sottolineato che negli ultimi anni l’integrazione della chemioterapia e della radioterapia con la chirurgia, i miglioramenti delle tecniche chirurgiche e una maggiore attenzione per la qualità di vita dei pazienti hanno portato ad una netta riduzione degli interventi “demolitivi” (es. decisamente diminuite le amputazioni degli arti per i sarcomi dell’osso e dei tessuti molli e le colostomie permanenti per i tumori del retto). La riabilitazione dei pazienti sottoposti ad interventi per neoplasie del distretto testa e collo e del polmone viene trattata a parte. Di seguito vengono passate in rassegna i principali esiti degli altri più comuni interventi di chirurgia oncologica. - Tumori del sistema nervoso. I trattamenti combinati (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) consentono spesso sopravvi venze discretamente lunghe e pertanto bisogna garantire ai pazienti la migliore qualità di vita possibile. I deficit secondari al tumore o ai trattamenti possono essere anche gravi. Con adatte terapie riabilitative, molti deficit possono essere resi parzialmente o totalmente reversibili ed è possibile assistere a recuperi importanti sul piano motorio ed intellettivo. - Tumori della mammella. La mastectomia radicale con linfoadenectomia ascellare, una tempo intervento “standard” per la cura delle neoplasie del seno, 17 oggi è sempre più riservata a casi con malattia localmente avanzata, essendosi affermate tecniche chirurgiche più conservative quali la quadrantectomia mammaria (seguita da radioterapia) e l’asportazione del linfonodo “sentinella”. Le principali sequele di un intervento di mastectomia radicale sono rappresentate da rigidità articolare della spalla, conseguente a lesione chirurgica dei muscoli pettorali, linfedema dell’arto e sindrome dolorosa cronica di tipo neuropatico, da lesione dei nervi toracico lungo, o intercostobrachiale o del plesso brachiale, di entità variabile. - Tumori dell’apparato digerente. La chirurgia dei tumori dell’apparato gastroenterico deve essere spesso adeguatamente demolitiva per ottenere la necessaria radicalità oncologica. L’asportazione parziale o completa dello stomaco e del pancreas è spesso causa di problematiche di ordine nutrizionale e digestivo cronico (difficoltà nell’alimentazione e nella digestione, dispepsia, alterazioni dell’alvo, ecc) che richiedono un approccio riabilitativo interdisciplinare e multimodale, considerata anche la limitata efficacia dei presidi farmacologici. Nella chirurgia dei tumori del retto, e talvolta anche del colon, può rendersi necessaria, meno frequentemente che in passato, una colostomia permanente (ano preternaturale) che inevitabilmente condiziona pesantemente la qualità di vita dei pazienti sia dal punto di vista psicologico-soggettivo, che da quello relazionale e lavorativo. In questi casi si ritiene importante fornire ai pazienti un adeguato supporto psicologico e informativo, oltre al sostegno tecnico ed educativo finalizzato al corretto uso e alla gestione autonoma della stomia. Un altro tipo di sequela postchirurgica, soprattutto nella chirurgia del retto, è rappresentato dalla sindrome dolorosa cronica conseguente ad interventi di amputazione del retto. - Neoplasie dell’apparato uro-genitale. Le sequele post-chirurgiche che possono condizionare in modo anche grave la qualità di vita dei pazienti, sono essenzialmente rappresentate da: urostomie (emissione dell’urina attraverso uno stoma artificiale creato a livello dell’addome in seguito ad interventi per neoplasie della vescica o di altri organi pelvici), incontinenza urinaria (es. dopo interventi di prostatectomia), problemi della sfera sessuale, sindromi dolorose croniche, linfedemi agli arti inferiori. 18 La fase post-chemioterapia La chemioterapia viene spesso percepita dai pazienti come un trattamento gravato da eccessivi effetti collaterali ritenuti insopportabili soprattutto in una situazione psicologica resa molto fragile da una recente diagnosi di tumore. In questo capitolo tratteremo della necessità degli interventi di riabilitazione dai sintomi cagionati dal trattamento chiemioterapico. La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci che hanno lo scopo di distruggere le cellule tumorali. Gli obiettivi della chemioterapia possono essere la guarigione della malattia, la riduzione del rischio di recidiva del tumore dopo asportazione chirurgica, la riduzione della massa tumorale per facilitare l’asportazione chirurgica o prolungare la sopravvi venza o migliorare il controllo dei sintomi della malattia. In realtà molti degli effetti collaterali della chemioterapia sono transitori e si risolvono dopo il completamento del trattamento. Vi sono a disposizione farmaci efficaci per prevenire alcuni effetti collaterali come nausea, vomito, anemia e calo dei globuli bianchi. Prima di sottoporsi ad un trattamento chemioterapico è opportuno che il paziente riceva dall’oncologo una dettagliata illustrazione sia delle finalità della terapia che dei possibili effetti collaterali e delle misure (farmacologiche e non) in grado di contrastarli; ciò permetterà al paziente di affrontare il difficile periodo della chemioterapia con maggiore convinzione e con la necessaria disponibilità alla collaborazione con medici ed infermieri per la migliore gestione degli effetti collaterali della chemioterapia. Alcuni effetti collaterali della chemioterapia possono perdurare a lungo o addirittura comparire dopo il termine del trattamento (effetti collaterali tardivi o tossicità cronica. Si tratta di una problematica molto importante per il paziente che spesso si ritrova ad affrontare in solitudine, avendo finito il ciclo di cura e quindi diradato i contatti con l’oncologo, e non potendo così ricevere risposte esaurienti. Questo senso di solitudine e di abbandono che può subentrare in una persona che ha finito il ciclo di cura può diventare il periodo più difficile in cui maggiore è il bisogno di essere aiutati. Il ritorno alla “normalità” della propria vita è spesso difficoltoso, dopo la chemioterapia, sia per la persistenza di 19 specifici sintomi conseguenti alla stessa terapia che per il riemergere di preoccupazioni, dubbi, ansie e interrogativi riguardanti la propria vita presente e futura. Proprio nella fase successiva al completamento del ciclo di chemioterapia può rendersi utile ed appropriato un programma di riabilitazione fondato sia sul recupero fisico che di quello psicologico della persona per offrire un concreto aiuto al recupero della “normalità” della vita lavorativa, sociale e familiare e di una positiva percezione della propria esistenza. Diverse sono le manifestazioni che possono persistere o comparire dopo il termine della chemioterapia: - neuropatie periferiche (alterazioni della sensibilità di mani e piedi, dolore cronico, riduzione della forza agli arti inferiori, crampi muscolari); - problemi cardiaci e respiratori; - disturbi gastroenterici (nausea, modificazioni dell’appetito, diarrea/stipsi); - modificazioni del proprio fisico, aumento di peso, alterazione cutanee disturbi dell’alimentazione; - astenia cronica, ridotta tolleranza all’esercizio fisico; - disturbi della sfera sessuale; - sintomi di ordine psicologico (ansia, depressione, difficoltà di concentrazione o di memoria); - disturbi del sonno. Un approccio globale mirato al recupero di una buona qualità di vita richiede interventi riabilitativi multimodali di ordine fisioterapico, nutrizionale e psicologico oltre ad una specifica azione di informazione ed “educazione” dei pazienti sulle specifiche problematiche da parte di personale competente. 20 Complicanze tardive da Radioterapia Quando si effettua la Radioterapia nella cura dei Tumori si possono presentare complicanze immediate o, come si dice, reazioni acute che possono talvolta costringere ad interrompere il trattamento ma che possono regredire del tutto o, in rapporto all’entità della dose, possono lasciare delle complicanze tardive meglio dette sequele. Le sequele da Radioterapia si presentano solo quando si supera la dose di tolleranza, soprattutto quando il tumore è in stadio avanzato ed è necessaria una dose sostitutiva della chirurgia, oppure quando si effettua su esiti post-chirurgici rilevanti (cicatrici estese). In tal caso, dopo aver eseguito la Radioterapia, possono comparire scleroatrofia, atrofia tissutale, fibrosclerosi, teleangectasie. A seconda delle zone che abbiano ricevuto tale insulto si manifestano i sintomi determinati dalla non perfetta funzionalità dei componenti coinvolti. Per quanto riguarda gli occhi e i seni paranasali al di là della congiuntivite e/o cheratite si può verificare la trombosi dell’arteria centrale della retina, con conseguente perdita della vista, glaucoma e cataratta. Per il coinvolgimento delle ghiandole salivari si può verificare riduzione della secrezione di saliva che, in rapporto all’entità della dose, può essere modesta e transitoria oppure definitiva. Un’altra complicanza a livello facciale è il trisma dovuto a sclerosi dei tessuti muscolari e della articolazione temporo-mandibolare, con conseguente difficoltà ad aprire la bocca. Nelle neoplasie mammarie, solo nei casi di limitata indicazione alla Radioterapia delle regioni sovraclaveare e ascellare, si può verificare sclerosi dei vasi linfatici e conseguente accentuazione del linfedema dell’arto superiore omolaterale. Raramente in questi casi, dopo irradiazione della regione sovraclaveare, si può verificare una modesta fibrosi del parenchima dell’apice polmonare corrispondente. 21 L’irradiazione di campi anatomici ampi può causare fibrosi dei tessuti irradiati, esito della flogosi acuta radio-indotta (es. pericardite, polmonite). Quando è indicato irradiare la parte inferiore dell’addome (pelvi) gli effetti collaterali più significativi si manifestano se nel campo di irradiazione è compreso l’intestino tenue con insorgenza, a distanza di tempo, di crisi diarroiche alternate a fenomeni subocclusivi, espressione di stenosi multiple da conglutinamento delle anse nello scavo pelvico e conseguente difficoltà di transito. Se molto accentuato questo disturbo può causare perforazione e anche peritoniti che possono essere fatali. Anche l’apparato urinario può subire un danno a causa della fibrosi retroperitoneale che si può manifestare come idroureteronefrosi. Nella vescica si può verificare scleroatrofia che determina incontinenza urinaria, pollachiuria, cistiti recidivanti, ematuria. Poiché al giorno d’oggi si dispone di apparecchiature sofisticate di energie varie ed elevate, della possibilità di definire con esattezza il volume bersaglio, di utilizzare le tecnologie più opportune per schermare i tessuti critici, si riesce a ridurre l’incidenza di reazioni acute e delle conseguenti sequele tardive. 22 La riabilitazione medica in Oncologia La Riabilitazione Medica in ambito Oncologico si pone alla fine di un percorso che inizia con la diagnosi di malattia e si conclude con il massimo recupero consentito e la migliore qualità di vita possibile. Ogni trattamento riabilitativo attuato deve avere questo obiettivo ultimo. Il paziente oncologico va nella maggioranza dei casi incontro a danni iatrogeni ed evolutivi del tumore, danni che per quanto concerne la sede possono essere locali e/o sistemici. Per la diversità dei quadri patologici, la varietà della storia naturale della malattia e la molteplicità degli esiti che si possono presentare è fondamentale che la presa in carico avvenga attraverso un approccio integrato multidisciplinare, che elabori un progetto riabilitativo personalizzato. Detto progetto sarà modulato dal fisiatra, in base alla tipologia e alla concomitanza delle complicanze insorte per ogni singolo paziente; gli obiettivi saranno diversi in relazione al tipo di disabilità, alla fase e all’evoluzione della malattia, oltre che alle aspettative ed alla motivazione del paziente. Al fisiatra, in particolare, competerà la valutazione del quadro clinico-patologico, la valutazione funzionale, la diagnosi, la prognosi riabilitativa e l’attivazione del programma terapeutico, i cui obiettivi andranno verificati e modulati nel corso del trattamento. In particolare per il raggiungimento degli obiettivi si attiveranno: - valutazioni e trattamenti dei deficit funzionali ancora presenti, - valutazioni e trattamenti dei deficit funzionali tardivi delle terapie oncologiche, chirurgiche, chemioterapiche e radioterapiche (linfedema, polineuropatie, crolli vertebrali….), - prevenzione della loro cronicizzazione, - prevenzione della comparsa di nuove e diverse disabilità (neurologiche, ortopediche, reumatologiche), - terapia antalgica, - reinserimento ad una normale vita relazionale e sociale, con il coinvolgimento, considerato indispensabile, della famiglia . Nei linfedemi, secondari alla svuotamento dei linfonodi cavo ascellare o regione inguinale si programmerà: 23 - Kinesiterapia, attiva, assistita per recuperare e mantenere una buona articolarità (spalla, anca ); - Sedute di drenaggio linfatico manuale, associato a bendaggio elasto-compressivo; - Sedute di presso-depressoterapia, con l’utilizzo di camere ad aria disposte lungo l’arto parallelamente, gonfiate in senso disto-prossimale, per evacuare i liquidi in senso caudocraniale ; - Terapia antalgica con l’utilizzo di attrezzature fisioterapiche e tecniche decontratturanti (manipolazioni mio-fasciali, allungamenti muscolo-tendinei...); - Idrokinesiterapia; - Sedute finalizzate all’istruzione di posture e comportamenti corretti; - Atti vità di gruppo, anche volte a vincere il senso di solitudine e ansia del paziente affetto da patologia neoplastica. Nelle neuropatie periferiche che possono persistere o comparire al termine della chemioterapia il quadro clinico è dominato dalle alterazioni della sensibilità, dolore cronico, riduzione della forza agli arti. L’approccio riabilitativo si avvarrà di: - Elettrostimolazioni con corrente esponenziale per la stimolazione della muscolatura paretica - Facilitazioni neuro-muscolari per la ricerca e il potenziamento del movimento volontario; - Tecniche per migliorare il ritorno venoso dagli arti, - Terapia antalgica (Tens, correnti diadinamiche, ecc.), - Tecniche di desensibilizza zione per normalizzare o controllare i disturbi della sensibilità superficiale, - Mobilizzazione articolare, - Rieducazione del passo, - Allenamento all’utilizzo di ortesi (molla di Codivilla nella paresi dello SPE, ecc.) Negli esiti di crolli vertebrali in pazienti, con quadro considerato già stabilizzato (esiti di interventi chirurgici di stabilizzazione o vertebroplastica) e dotati di corsetto il programma si avvarrà di: 24 - Terapie fisiche a scopo antalgico (TENS ,correnti diadinamiche..), - Mobilizza zione assistita cauta, meglio se in acqua con l’obiettivo di sviluppare nuovi schemi di postura e movimento - Recupero della forza muscolare in posizioni senza carico assiale della colonna, applicando resistenze con estrema cautela e ricercando contrazioni brevi, - Terapia occupazionale per migliorare le abilità nelle ADL, - Riattivazione cauta e graduale al cammino, - Sedute finalizzati all’istruzione di posture e comportamenti corretti, - Atti vità di gruppo, anche volte a vincere il senso di solitudine e ansia del paziente affetto da patologia neoplastica 25 La riabilitazione postoperatoria del paziente con neoplasie del distretto testa-collo. La terapia chirurgica dei pazienti con neoplasie del distretto testa-collo è da un lato molto spesso risolutiva in termini di “cura “, ma inevitabilmente è responsabile di un danno in termine di disfunzioni a carico di distretti di primaria importanza come quello respiratorio, deglutitorio, masticatorio, fonatorio. L’esito estetico sfavorevole che si riscontra quasi sempre in questi pazienti è spesso responsabile della insorgenza di psicopatologie secondarie con conseguente isolamento sociale, depressione, fallimenti affettivi e abbandono del lavoro. La riabilitazione trova quindi un ruolo fondamentale sin dall’immediato post operatorio per il recupero della qualità della vita e del benessere psicofisico. L’aspetto riabilitativo più importante dei pazienti oncologici testa-collo è la disfagia. Questa problematica è sempre presente, in misura variabile per entità e tempo, in tutti i casi di exeresi di neoplasie del tratto aereo-digestivo, per la compromissione degli organi deputati alla funzione deglutitoria. La gravità del deficit funzionale post chirurgico è legata alla sede e alla estensione della escissione, ma soprattutto alle strutture coinvolte nella exeresi: 1- le scissioni a carico del palato e dell’arcata superiore sono di solito ben compensate con l’uso di dispositivi protesici; 2- le guance e le pareti laterali della cavità orale possono essere ricostruite e le interferenze sulle fasi orali della deglutizione non sono solitamente gravi; 3- il coinvolgimento della lingua, della faringe e della laringe può invece creare gravi problemi. L’evoluzione della chirurgia delle vie aereo-digestive superiori, legata soprattutto al perfezionamento delle tecniche ricostruttive, ha consentito negli ultimi decenni di aggredire lesioni neoplastiche sempre più estese. Le migliorate capacità riparative hanno di fatto ristretto i limiti di inoperabilità una volta imposti dall’eccessiva estensione tumorale. All’atto chirurgico demolitivo viene oggigiorno fatto seguire un atto ricostruttivo quasi sempre immediato, per consentire la “restitutio ad integrum” anatomica. Non sempre però può conseguire a quest’ultima un valido recupero funzionale: le amputazioni chirurgiche, pur in 26 grado di assicurare un’adeguata guarigione clinica, possono compromettere in modo significativo le funzioni vitali di tali distretti, particolarmente l’alimentazione. Exeresi parziali della laringe possono provocare disfagia per alterazioni a carico dei meccanismi di propulsione, della via di transito del bolo, della sensibilità faringo-laringea e dei meccanismi di protezione. I vari tipi di laringectomie parziali che possono essere responsabili di disfagia sono: laringectomia orizzontale sovraglottica, laringectomia orizzontale sovraglottica allargata alla base della lingua e laringectomie subtotali. Queste ultime, nell’ambito della chirurgia funzionale della laringe, sono gli interventi più demolitivi; sono codificati due tipi di intervento: la laringectomia subtotale con crico-ioidoepiglotto-pessia (Mayer-Piquet), e la laringectomia subtotale con crico-ioido-pessia (Labayle). La deglutizione è consentita dall’attività della cosiddetta unità crico-aritenoidea, che è la struttura laringea residua in questi tipi di laringectomie, a condizione che siano conservate la retropulsione linguale e l’elevazione laringea. Il recupero è quindi condizionato dalla ripresa funzionale di tale unità, legato sia alla riabilitazione funzionale post-operatoria, che, soprattutto, alla correttezza dell’atto chirurgico. L’iter riabilitativo di questi pazienti deve essere precoce (inizio in 5°-6° giornata), quotidia no, prolungato (3-4 settimane di media) e richiede l’impegno costante da parte del paziente, dei familiari, e del logopedista che risulta impegnata ogni giorno per seguire il paziente stesso durante i pasti. L’ospedalizza zione di questi pazienti risulta pertanto quasi sempre molto lunga non tanto a causa degli esiti post-chirurgici, quanto per la necessità di acquisire meccanismi deglutitori che consentano loro una vita sociale adeguata. La presa in carico da parte di un centro riabilitativo specializzato permetterebbe una note vole riduzione dei tempi di ospedalizzazione e un percorso riabilitativo finalizzato al recupero globale del paziente con l’obiettivo di recuperare non solo una determinata funzione ma soprattutto la migliore qualità di vita. Un altro aspetto sicuramente non meno rilevante è quello che riguarda la riabilitazione logopedica . I pa zienti sottoposti a chirurgia oncologica maggiore del distretto testa-collo vanno sempre incontro a mutilazioni che possono interessare in misura variabile 27 l’articolazione della parola. Infatti possiamo andare da un semplice disturbo di articolazione nel caso di interventi per neoplasie della lingua, a disfonie importanti come nel caso di interventi di laringectomia parziale , ad afonie nel caso di laringectomie totali. Tutti questi pazienti devono quindi intraprendere adeguati, precoci e prolungati cicli di riabilitazione nella fase postoperatoria al fine di riprendere una capacità comunicativa efficace per poter quindi essere efficacemente reintegrati in un contesto sociale soddisfacente. Normalmente i cicli di rieducazione logopedica vengono iniziati durante il ricovero e proseguiti per un tempo a volte lungo (si varia dalle 15 sedute logopediche tradizionali a periodi anche di alcuni mesi) con notevoli ricadute econonomiche. Il logopedista istruisce inoltre i familiari o il care-giver sulle modalità deglutitorie e nutrizionali dei pazienti nell’immediato post-operatorio. E’ fondamentale la presenza dei familiari o del care-giver durante la terapia perché in questo modo il paziente può essere seguito durante i pasti ed acquisire più rapidamente le strategie proposte. La possibilità di un centro riabilitativo multifunzionale e polispecialistico permetterebbe di eliminare questo iter ambulatoriale con la presa in carico del paziente da parte della struttura stessa all’atto della dimissione. In questo modo tutti gli aspetti derivanti dalla mutilazione postchirurgica potrebbero essere trattati e risolti contemporaneamente con un sinergismo multispecialistico che avrebbe un impatto sul paziente sicuramente più efficace , non solo dal punto di vista del risultato finale ma anche da quello psicologico. 28 Riabilitazione respiratoria in pazienti operati per neoplasie del distretto testa e collo e del polmone La riab ilitazione respiratori da esiti di trattamento chirurgico a carico del distretto testa – collo e del polmone è una strategia di trattamento glob ale indirizzata al miglioramento funzionale di tutte le componenti compromesse dal trattamento, avendo come ob iettivo la riduzione di una parte, o di tutta la disabilità acquisita. Testa e collo Con l’asportazione della laringe e la conseguente confezione del tracheostoma si registrano importanti ripercussioni a carico dell’apparato fonatorio e dell’apparato respiratorio. Ma se la perdita della voce risulta facilmente comprensibile ad ogni laringectomizzato non si può dire lo stesso per quanto riguarda l’affanno, la tosse e l’intensa secrezione mucosa. Ricerche condotte nell’ambito della fisiologia respiratoria hanno dimostrato che l’affanno è intimamente connesso con l’asportazione della laringe; infatti inizio e fine della inspirazione e della espirazione sono determinati dall’attività dei muscoli ventilatori (diaframma, parete toracica e addominale) e dall’attività di “valvola” della bocca e del naso, ma soprattutto della laringe. Risulta altrettanto chiaro come il ruolo di valvola sia determinante per l’efficacia della tosse o degli starnuti. Durante l’inspirazione i muscoli dilatano la gabbia toracica provocando una diminuzione della pressione nelle vie aeree fintantoché le “valvole” sono serrate; alla loro apertura l’aria atmosferica va ad infilarsi nei bronchi dove regna una pressione gassosa più bassa. Per quanto riguarda la tosse e le mucosità abbondanti che esitano frequentemente nell’incrostamento del tracheostoma essi derivano dal mancato condizionamento dell’aria atmosferica che passa in trachea. Normalmente questo condizionamento spetta alla mucosa nasale che dal momento della laringectomia è fuori uso. Pertanto si comprende come il vapore acqueo e il suo riscaldamento siano importanti nella prevenzione e nella cura di questi sintomi. 29 Polmone Essendo l’apparato respiratorio (inteso come gabbia toracica e parenchima polmonare) un sistema fondamentale per la performance fisica del paziente, l’intervento chirurgico sia sulla parete che al polmone stesso è un gesto medico non scevro da complicanze. In particolare l’intervento per asportazione di neoplasia polmonare che comporta l’asportazione di una parte o di tutto il polmone ha dei risvolti importanti sul paziente sia di tipo fisiopatologico che psicologico. La riabilitazione post-intervento chirurgico per neoplasia polmonare si propone pertanto di: - ridurre l’incidenza di complicanze post-operatorie - ristabilire il più elevato livello funzionale post-operatorio Gli inconvenienti cui può andare incontro un paziente operato di neoplasia polmonare possono essere : Prolungata immobilità Alterazione della fisiologia del respiro Assenza di respiri profondi Riduzione della frequenza e della forza della tosse Aumento delle secrezioni (bronchiectasie) Disidratazione La riabilitazione di tali pazienti si pone diversi obiettivi - Migliorare la postura e la forza della muscolatura respiratoria e scheletrica; - Ripristinare la tolleranza all’esercizio fisico e all’endurance; - Ripristinare un adeguato stato nutrizionale. Per questo si avvale di diversi interventi specifici - Fisioterapia generale e respiratoria; - Riabilitazione respiratoria; - Intervento Nutrizionale; - Intervento Psicologico. La fisioterapia respiratoria su questi pazienti è composta da: Disostruzione b ronchiale dalle secrezioni: 30 - Migliorare la ventilazione alveolare ; - Migliorare la pervietà delle vie aeree; - Ridurre il lavoro respiratorio. Allenamento specifico dei muscoli respiratori: - Migliorare la forza dei muscoli inspiratori (Pdimax); - Migliorare l’endurance e quindi la ventilazione ; - Migliorare la coordinazione respiratoria. Allenamento all’esercizio fisico generale su treadmill o cyclette Allenamento dei muscoli scheletrici di arti superiori ed inferiori: - Migliorare la mobilità articolare e del tronco; - Migliorare la ventilazione alveolare. Allenamento dei muscoli addominali: migliorare l’efficienza della tosse. L’intervento nutrizionale invece consiste nel prescrivere il corretto apporto nutrizionale per evitare l’eccessiva perdita di peso o l’eccessivo aumento che potrebbero causare ulteriori problemi sulla dinamica respiratoria. Anche per questi pazienti è importante il consuelling psicologico in quanto l’incertezza della malattia e la mutilazione dovuta all’intervento chirurgico possono portare a stati patologici di ansia e depressione. 31 Il Counselling nutrizionale Le difficoltà nutrizionali costituiscono uno dei problemi più critici e frequenti nel vissuto del paziente oncologico, condizionandone, in modo significativo, la strategia terapeutica e la qualità della vita. Corretta informazione sulle esigenze dietetico-nutrizionali, strutturazione di un piano alimentare personalizzato, conduzione di incontri educativi di preparazione dei pasti sono gli strumenti di riabilitazione mirata pensati per Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II Nel corso della storia naturale della malattia oncologica, frequente è il riscontro di problematiche nutrizionali e dietetiche. Le cause più frequenti di problemi dietetici e nutrizionali nel paziente neoplastico sono rappresentate da: 1. complicanze della chemio e radioterapia e, in particolare, stomatite, dispepsia, nausea, vomito, diarrea, alterazione del gusto e dell’olfatto; 2. complicanze o effetti collaterali della chirurgia (alterazione dell’assorbimento, alterazione anatomo-funzionale di organi dell’apparato digerente). Spesso sono presenti anche implicazioni di ordine psicopatologico e soprattutto stato d’ansia e depressione, che possono condizionare la comparsa di anoressia, avversione a cibi particolari, con progressiva riduzione dell’ingestione caloricoproteica. Un ulteriore problema è rappresentato dalla perdita involontaria di peso. Non di rado questo sintomo si osserva nelle fasi iniziali della malattia e globalmente si è calcolato che la perdita involontaria di peso interviene nell’80% dei pazienti con malattia avanzata e che ben il 20% giungono al decesso in condizioni di grave deperimento organico (cosiddetta cachessia). Ancor oggi, pur in presenza di gravi deficit nutrizionali e di severe problematiche alimentari, il paziente oncologico non viene supportato correttamente e di rado viene informato sulle modalità per superare i problemi, sia in ospedale che a domicilio. Le cause più frequenti di cachessia sono rappresentate da alterazioni metaboliche indotte dal tumore, oltre alla anoressia, alla disfagia, e alla subocclusione, e agli effetti collaterali della chemio e radioterapia e della terapia chirurgica. 32 Infine deve essere segnalata la necessità di affrontare il domani del paziente oncologico guarito dalla malattia. Spesso questo risultato si accompagna a conseguenze di carattere cronico come ad esempio disturbi del transito gastrointestinale, della digestione e dell’assorbimento, alterazioni d’organo o alterazioni dell’alvo. In altri casi è semplicemente lo stato d’ansia e la paura che spingono il paziente a disturbi del comportamento alimentare. In altri ancora (e questi rappresentano la maggior parte) vi è la necessità di avviare programmi alimentari di tipo preventivo per ridurre il rischio di ripresa di malattia o di comparsa di nuova malattia oncologica. Stante la necessità di rispondere in modo adeguato alle necessità dietetico-nutrizionali del paziente oncologico, presso Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II saranno strutturati servizi, resi da specialisti in scienza della nutrizione per: - monitoraggio dietetico nutrizionale iniziale; - composizione di un prospetto dietetico-nutrizinale personalizzato; - informazione al paziente e ai famigliari, tramite incontri individuali e di gruppo, sulle corrette norme alimentari; - incontri di gruppo mirati alla preparazione dei cibi. 33 Il ritorno alla vita : i sostegno psicologico nel trattamento riabilitativo nelle patologie oncologiche. Le implicazioni psicologiche nel caso della malattia oncologica sono notevoli e riguardano tutto il ciclo della malattia, dalla comparsa dei primi sintomi, alla diagnosi, alle cure mediche, alla fase di ripresa delle normali attività e della vita quotidiana. La patologia tumorale, infatti, per il suo carattere di gravità e di cronicità può avere un effetto sconvolgente sulla vita del paziente e sulla sua famiglia. La sofferenza psicologica che consegue alla scoperta della patologia e ai trattamenti terapeutici si configura come un’esperienza che produce conseguenze, spesso a lungo termine, che richiedono trattamenti riab ilitativi specifici sul piano psicoterapeutico. Per questo motivo è previsto che presso la costruenda “Casa Luce e Sorriso” le attività riab ilitative siano impostate sui principi della presa in carico glob ale del paziente, che tengano conto cioè anche delle necessità psicologiche e relazionali del paziente e della sua famiglia. Lo psicologo nella riabilitazione oncologica Il ruolo dello psiconcologo si esplica all’interno di un team curante di cui fanno parte i medici, i fisioterapisti, gli infermieri, gli assistenti sociali, i volontari. Egli non interviene solo sul paziente ma anche sul “sistema famiglia” nonché sul “sistema personale curante”. Chiaramente l’intervento per ciascuna area è ben differenziato ed è volto al raggiungimento di obiettivi specifici: gli ambiti in cui interviene lo psiconcologo sono, per ciò che concerne il paziente, la prevenzione, la cura e la riabilitazione; per quanto riguarda la famiglia, la prevenzione degli atteggiamenti autodistruttivi del nucleo familiare, il sostegno dei membri della famiglia o delle figure di riferimento del paziente durante tutte le fasi della malattia, gli incontri formativi per i familiari (onde evitare episodi di distorsione dell’informazione), l’elaborazione del lutto e la terapia del lutto complicato. Lo psiconcologo svolge anche attività di formazione del personale sanitario e dei volontari con l’organizzazione di corsi di formazione e attività clinica volta alla prevenzione e al trattamento dello stress lavorativo. 34 Attività dello psicologo presso la “Casa Luce e Sorriso” All’interno del Centro è previsto che lo psicologo eserciti varie funzioni miranti al miglioramento della qualità della vita dei pazienti e al miglioramento della qualità dell’assistenza mediante la realizzazione di diversi generi di attività: 1) attività di formazione del personale; 2) attività clinica per il sostegno diretto dei pazienti ed eventualmente dei familiari; 3) attività ricerca su temi di interesse della psiconcologia e della riabilitazione. 1) Formazione del personale Una delle prime attività che si realizzeranno sarà un vero e proprio programma di formazione dedicato all’équipe multiprofessionale (medici, infermieri, tecnici, volontari, psicologi) impegnata del progetto di avvio del Centro di Riabilitazione. Il programma avrà lo scopo di costruire un vero e proprio “team di lavoro” e di contribuire a creare una visione comune, un comune linguaggio, un metodo condiviso di presa in carico del paziente. La formazione, pratica indispensabile al lavoro delle èquipe multiprofessionali, dovrà essere “continua” e realizzarsi ad esempio attraverso le riunioni di équipe di tipo organizzati vo ma anche attraverso la costante discussione di casi nonché approfondimenti clinici e teorici. 2) Attività clinica La psiconcologia, a tutt’oggi, ha sistematizzato tecniche di intervento psicologico e psicoterapeutico specialistiche e la formazione in questo campo presuppone precise conoscenze delle teorie eziopatogenetiche nonché la conoscenza approfondita dei modelli di intervento psicoterapeutici, individuali e di gruppo. Lo scopo degli interventi è quello di affrontare con competenza il settore multidisciplinare della terapia oncologica, che non può più essere gestita da professionisti singoli poiché è oramai assodato che, in questa patologia, è necessario ‘prendere in cura’ tutte le parti del paziente, quella organica e quella psicologica, che, spesso, si ammala in maniera molto grave. Ob iettivi dell’attività clinica Il paziente oncologico ha bisogno di elaborare il trauma psicologico della diagnosi di tumore, di acquisire elementi che gli consentano di rompere, dentro il suo schema 35 cognitivo, l’equazione cancro = morte e di trovare un progressivo adattamento alla malattia che gli consenta di adottare un comportamento di compliance, cioè di auto-aiuto, a tutti gli stadi della patologia. Secondo la letteratura di settore il 50% dei problemi psicologici conseguenti alla malattia può essere alleviato da interventi non medici e coloro i quali reagiscono passivamente alla malattia (Locus of Control esterno) e non conservano relazioni affettive soddisfacenti, non disponendo di altre risorse, spesso si arrendono (“giving up syndrome”). Riabilitazione psicologica Un aspetto estremamente interessante degli interventi psicoterapeutici è costituito dal trattamento per la vera e propria riabilitazione psicologica del paziente oncologico. Le problematiche psicologiche ed emotive del malato oncologico richiedono degli interventi specifici per: elaborare il trauma psicologico conseguente al cancro; ricostituire il senso di continuità della propria esistenza; circoscrivere nel tempo l’evento malattia; mantenere relazioni affettive di supporto; reinsersi progressivamente nei suoi standard di attività sociale; migliorare il più possibile la propria Qualità di Vita. Nel caso del tumore al seno, ad esempio, si assiste, in tutti i paesi occidentali, ad un abbassamento dei tassi di mortalità (nonostante un aumento dell’incidenza). Grazie alla prevenzione secondaria e agli screening oncologici di diagnosi precoce ed intervento clinicamente tempestivo, è possibile affrontare il tumore ad uno stadio iniziale consentendo a moltissime donne di superare la malattia, guarendone con un danno ed una mutilazione fisica spesso lieve (quadrantectomia, anziché mastectomia). La sola remissione dalla malattia, considerabile guarigione dopo 5 anni trascorsi senza recidive, tuttavia, non è sufficiente a consentire ad una persona di ritornare ad uno stadio di guarigione psicologica clinica. In moltissimi soggetti, infatti, il trauma della malattia rimane inelaborato, rendendo impossibile la ripresa della “progettualità esistenziale”, l’immaginario del Sè e della propria dimensione proiettati nel futuro. Nonostante la guarigione dalla malattia fisica, essi non riescono a guarirne psicologicamente e vivono il resto del tempo in uno stato di incertezza. Questi soggetti necessitano, successivamente a tutto l’iter oncologico, di interventi psicoterapeutici specifici riabilitativi “alla vita”, alla ripresa e alla ridefinizione di tutti i processi cognitivi e dei dinamismi psicologici profondi. Esiste infatti in questa patologia una convalescenza fisica 36 ed una convalescenza psichica e la guarigione (remissione) fisica, spesso, è più veloce (e facile) di quella psicologica. Supporto psicologico e psicoterapico L’entità delle problematiche psicologiche individuali è determinata da un insieme di fattori che dipendono: 1) dalla struttura di personalità del soggetto; 2) dalle caratteristiche specifiche della malattia oncologica e dal tipo di prognosi; 3) dalle caratteristiche dell’ambiente sociale, affettivo e sanitario con cui il paziente si relaziona. La configurazione strettamente individuale che scaturisce dall’intreccio di queste tre componenti suggerisce piani di lavoro diversi per l’elaborazione delle varie problematiche a livelli diversi per ciascuna persona. In particolare sarà importante in un primo momento offrire un supporto che consenta prioritariamente di contenere l’ansia e le emozioni che scaturiscono dalla situazione oncologica, per consentire il mantenimento dell’equilibrio psicologico; mobilitare meccanismi di difesa adeguati; rafforzare l’assertività comunicativa. Naturalmente si offrirà ai pazienti la possibilità di usufruire di veri e propri “interventi psicoterapeutici”. Questo genere di intervento con malati oncologici, come con ogni altro tipo di pazienti, ha come scopo il promuovere lo sviluppo e la crescita positivi della personalità. L’intervento psicoterapeutico può svolgersi con riferimento a modelli teorici diversi, ed è attuabile solo dopo una valutazione di opportunità e fattibilità eseguita dal terapeuta ed una esplicita richiesta del paziente in tal senso. 3) Terapie modali e arte-terapie Per quel che concerne la riabilitazione oncologica oltre al già citato apporto della psicologia è importante ricordare e sottolineare il ricorso a quelle che vengono definite nuove terapie. Tra queste spicca la musicoterapia, che da diversi anni sta riscontrando un notevole sviluppo sia sul versante della metodologia d’uso che nei sistemi di valutazione dei risultati, che, infine, nella ricerca. La musicoterapia è applicata ora anche in ambito ospedaliero, in centri di riabilitazione, in centri diurni, case di riposo e negli hospice. Questo sistema prevede di utilizzare la musica per stimolare le emozioni positive utilizzando queste al fine di superare situazioni di disarmonia dovute alla malattia. La 37 musicoterapia utilizza il suono per costruire delle relazioni terapeutiche al fine di stimolare l’armonizza zione della persona in tutte le sue componenti: emozionali, cognitive, sensoriali. Non solo musicoterapia però: anche attraverso l’arteterapia è possibile avvicinarsi al paziente e al suo mondo. La natura multidisciplinare (artistica, psicologica e pedagogica) dell’arteterapia inserisce l’arteterapeuta tra le diverse figure professionali coinvolte nei programmi di prevenzione e cura. L’arteterapia contribuisce alla diagnosi, alla presa in carico e al trattamento del disagio psicologico e sociale. Gli interventi possono avere finalità preventive, riabilitative, terapeutiche o psicoterapeutiche. È una disciplina che, utilizzando le tecniche e la decodifica dell’arte grafico-plastica, ha l’obiettivo di ottenere dall’utente manufatti che racchiudono pensieri ed emozioni che, messi a fuoco nel percorso di Atelier, diventano simboli. Il prodotto artistico funge, così, da mediatore di relazione tra l’utente e lo specialista, dà protezione e contenimento, e, pur rispettando i meccanismi di difesa, attiva risorse creative, emozioni da elaborare e capacità residue individuali. Compito dell’arteterapeuta è accompagnare l’utente nella scoperta del “fare” artistico e nel sostenere con la verbalizzazione, in un setting adeguato, la consapevolezza di quanto espresso nella forma artistica La messa in forma visiva e concreta rende condivisibili le immagini e, grazie alla strategia di base della terapia artistica, permette agli utenti di rendere riconoscibili desideri, traumi, aspirazioni, inquietudini e problemi che altrimenti rimarrebbero sopiti e non compresi. All’interno di una protetta e concordata relazione d’aiuto, grazie a un percorso di cura individualizzato e tutelato, tramite segni, forme e materia, nasce il rinforzo, la possibilità si esprimere e quindi la gestibilità del malessere. Queste sono solo due delle possibili figure che possono costruttivamente affiancare lo psicologo nel continuo lavoro di sostegno e disvelamento intimo del Sè del paziente, costituendo un processo vitale e necessario per una corretta re-integrazione nel mondo. Altre discipline possono portare importanti benefici e suggerimenti in questo senso e sarà compito dello psicologo insieme all’equipe valutare la fattibilità e l’efficacia di ogni possibile contributo. 38 Attività di ricerca I temi delle reazioni psicologiche a lungo termine alla malattia e alla terapia, del recupero di una certa qualità della vita, della riprogettazione dell’esistenza da parte di quanti sono sopravissuti alla malattia sono temi ancora poco conosciuti, perché risultati nuovi delle più recenti conquiste mediche. A livello internazionale ci si inizia a confrontare solo oggi con i temi psicologici riguardanti la cosiddetta “survivorship”, in Italia questo argomento è praticamente inesplorato: il Centro potrà fornire un suo importante contributo nell’avviare un nuovo filone di ricerca psiconcologica nel nostro Paese. 39 ABSTRACT interventi terapeutici presso Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II Obiettivo del programma di riabilitazione attuato presso Casa Luce e Sorriso sarà l’affermazione della vita e della salute malgrado la malattia oncologica, l’aiuto nella costruzione di approcci terapeutici e strategie di promozione e recupero fisico, di lenimento del dolore oncologico, nella ripresa funzionale compromessa dalla malattia. Oltre alle terapie, agli ospiti verranno date indicazioni per la modificazione e l’assunzione di comportamenti virtuosi (in campo alimentare, riguardo al fumo, l’alcool e il movimento). Grande attenzione sarà prestata al ristabilimento dell’equilibrio psicologico e mentale attraverso l’aiuto mirato (sedute individuali di psicoterpia, terapie di supporto quali musico terapia, creazione artistica...) che portino ad argomentare sui problemi essenziali della vita di ogni ospite e contribuiscano a rinforzare l’autostima e l’autoconfidenzialità. Supporto nella gestione degli esiti di patologia in caso di stoma, protesi del seno, ecc... Ecco un elenco degli approcci terapeutici potenziali: - Incontri di informazione di gruppo; - Stomaterapia; - Trattamento dell’incontinenza; - Logopedia; - Approccio psicologico individuale; - Linfodrenaggio manuale; - Terapia mirata del movimento: p.es. ginnastica mammaria, ginnastica del bacino, ginnastica del collo e delle braccia, ginnastica d’acqua, ginnastica medicale; - Terapia di Marnitz; - Ginnastica attitudinale MTT; - Massaggi; - Fango terapia; - Idroterapia e balneo terapia; - Terapia Kniepp; - Elettroterapia; - Pratica di attività motoria per la ripresa muscolare progressiva; - Danza terapia, musico terapia, canto, yoga, meditazione; 40 - Continuazione di trattamenti chemio o radioterapici od ormonali già intrapresi; - Terapie di gruppo: espressioni immaginative e terapia della creatività (tramite le arti visive), terapia di Jacobson, training autogeno. Per ogni tipo di patologia esisterà un programma interdisciplinare standard eventualmente implementato e/o modificato qualora coesistessero altri problemi. Ad es. per i tumori ORL: - Ginnastica respiratoria; - Logopedia; - Inalazioni; - Ginnastica per la riabilitazione del distretto testa-collo: - Linfodrenaggio manuale; - Manipolazione dolce; - Terapia Marnitz; - Approccio psicologico individuale; - Bagni rilassanti; - Yoga; - Pittura immaginativa e terapie della creatività; - Training autogeno; - Terapia di Jacobson; - Musico terapia; - Danza terapia; - Canto terapia. Esempio di implementazione per donne operate al seno - Ginnastica per ridurre il linfoedema; - Manipolazioni per ridurre il dolore della colonna vertebrale; - Terapia d’acqua; - Terapia posturale; - Consulenza protesica. 41 Oltre a queste terapia, grande importanza verrà affidata alla trasmissione di informazioni utili alla gestione della patologia tramite lo svolgimento, a cura degli specialisti, di incontri di gruppo per singola patologia. Es. di gruppo di informazione per colonstomizzati: enfasi informativa su alimentazione e conoscenza dei prodotti per la gestione dello stoma. 42 UN VALORE AGGIUNTO Non solo cura Non solo terapie di riabilitazione che si limitano a curare gli esiti di una malattia, ma che si spingono a comprendere e condividere le ragioni e i bisogni del malato. Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II riunirà in sé la cultura medica e assistenziale, i tratti di profonda umanità dei luoghi e degli operatori, il sorriso dell’accoglienza. In Casa Luce e Sorriso nessuno di questi tratti vi vrà senza gli altri, tutti alimentati dalla profonda vicinanza al malato, da una competenza ampia, corretta, precisa, puntuale ed empatica a testimoniare l’impegno per creare un percorso “umano”, non solamente sanitario. 43 APPENDICE Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II: il perchè del nome Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II è un progetto importante, per molti versi innovativo, che abbiamo intitolato ad una figura importante, ricca di carisma, che lungo tutta la sua vita ha testimoniato in prima persona il valore della vicinanza ai deboli e ai sofferenti. Intitolare il centro a Giovanni Paolo II scaturisce spontaneamente non dall’urgenza storica, ma dalla necessità di dar corpo alle innumerevoli testimonianze che il Santo Padre ha dato lunga tutta la sua vita. Vista sul suo volto, l’esperienza della malattia e della sofferenza fanno a tutti meno paura, e la vita si riempie di senso. Un uomo inabile ha trasmesso attraverso i mezzi di comunicazione un messaggio: la vita non ha momenti privi di senso, se è tesa a dare senso alla vita degli altri”. Un grande messaggio per tutti sofferenti, gli ammalati e per tutti i giovani che si sono riuniti negli anni attorno al suo carisma. Moltissime volte nei suoi discorsi , nei suoi documenti e negli incontri diretti, il Santo Padre ha parlato ai malati e con i malati. Come non ricordare l’enciclica “Laborem exercens”, dove ha con forza affermato la dignità delle persone con disabilità e malattia, non come oggetto passivo di assistenza, ma come soggetti attivi. L’attenzione mostrata verso gli operatori sanitari, ribadita più volte ed elemento cardine della pastorale sanitaria ha trovato una ulteriore affermazione nell’intervento, importante per tutti gli operatori impegnati nell’assistenza oncologica, durante la Conferenza sulle "Cure palliative" promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Su tutto l’affermazione incarnata dell’importanza della forza dello Spirito per combattere la malattia. Dal messaggio stilato in occasione della I Giornata Mondiale del Malato: 44 “ La Comunità cristiana ha sempre rivolto una particolare attenzione agli ammalati e al mondo della sofferenza nelle sue molteplici manifestazioni. (...) Atteggiamento di ascolto, di r iflessione e di impegno fattivo di fronte al grande mistero del dolore e della malattia E come dimenticare tutti coloro che nei luoghi di ricovero e di cura - ospedali, cliniche, lebbrosari, centri per disabili, case per anziani o nelle proprie abitazioni - conoscono il calvario di patimenti spesso ignorati, non sempre idoneamente alleviati, e talora persino aggravati per la carenza di un adeguato sostegno? La malattia, che nell'esperienza quotidiana è percepita come una frustrazione della naturale forza vitale, diventa per i credenti un appello a «leggere» la nuova difficile situazione nell'ottica che è propria della fede. Al di fuori di essa, del resto, come scoprire nel momento della prova l'apporto costruttivo del dolore? Come dare significato e valore all'angoscia, all'inquietudine, ai mali fisici e psichici che accompagnano la nostra condizione mortale? “ L’impegno che metteremo nella costruzione del centro per il soggiorno e la riabilitazione dei pazienti oncologici ci permetterà di ridestare un sorriso, la gioia di una emozione condivisa in chi ha provato l’esperienza della malattia. 45 La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Sezione Provinciale di Modena - Onlus “Le associazioni rendono l’uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone e danno la gioia, che raramente s’ha restando per proprio conto, di vedere quanta gente c’è onesta, b rava e capace e per cui vale la pena di volere cose buone” (Italo Calvino ) La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori ha superato gli 80 anni di vita. Un lungo cammino che ha avuto ed ha per noi un importantissimo ed irrinunciabile traguardo: essere sempre al servizio di pazienti e famigliari componendo parole di aiuto con il formidabile alfabeto della Solidarietà e della Gratuità. Una grammatica comune ai tanti volontari che ogni giorno animano le attività dell’Associazione nei campi dell’Assistenza Domiciliare ed Ospedaliera, dell’educazione sanitaria, della prevenzione, del supporto alla ricerca e alla riabilitazione prefigurando un impegno oncologico a tutto campo. Il nostro obiettivo finale è e resta quello di riuscire a sconfiggere il tumore, garantendo sub ito la migliore qualità di vita possibile. Questo è l’impegno forte che la LILT porta avanti da oltre 80 anni con tenacia e passione. Conosciamo il valore della sofferenza, sappiamo come questa rappresenti l’anello debole della persona. Ma abbiamo anche la certezza, e non più la sola speranza, che, con l’impegno di tanti, questa malattia si possa vincere. Casa Luce e Sorriso Giovanni Paolo II costituirà un passo verso questo traguardo. Questa è la nostra scommessa per il futuro: la luce di un sorriso ci guiderà su questo cammino. 46 Contributi e Ringraziamenti Barbieri Paolo Bartoli Mariangela Casari Susanna Dugoni Claudio Falchi Anna Maria Garuti Giancarlo Ghidini Angelo Ghinelli Catia Grazioli Gianluca Losi Elisabetta Luppi Gabriele Roncadi Sara Silingardi Vittorio 47 Bibliografia CANCER Principles & Practice of Oncology 5th Edition -1997 Vincent T. De Vita, Jr. Samuel Hellman Steven A. Rosemberg Edited by: Lippincott - Raven publishers Capitolo 56, Rehabilitation of the Cancer Patient Comprehensive Geriatric Oncology Edited by: Ludovico Balducci Gary H. Lyman William B. Ershler Harwood Academic Publishers Parte 8 : Rehabilitation And Supportive Care Cap. 57: Oncological Rehabilitation D.Dini, A. Go zza Interventi riabilitativi in Oncologia Ad vances in Occupational Medicine & Rehabilitation PI-ME PRESS A cura di M.R. Strada e G. Bernardo Fondazione Salvatore Maugeri Edizioni Disponibile presso la biblioteca della Fondazione Salvatore Maugeri - Pavia [email protected] Riabilitazione Oncologica Compendio pratico di clinica e riabilitazione dei tumori Pirola V. Libreria Cortina F.O.N.C.A.M. Forza Operativa Nazionale sul Carcinoma Mammario I tumori della mammella Protocollo di Diagnosi Trattamento - Riabilitazione anno 2001 Per ulteriori aggiornamenti rivolgersi al sito www.senologia.it 48 Senologia Oncologica Umberto Veronesi Ed. Masson Anno 1999 La Riabilitazione nel paziente con Neoplasie del distretto cervico-facciale: importanza del trattamento riabilitativo multidisciplinare Atti del II° Convegno Nazionale GIS Roma 8-9 giugno 2001 Scienza Riabilitativa Volume 5 N°2 Settembre 2001 Manuale operativo di fisiopatologia della deglutizione O. Schindler Ed. Omega, Torino 1990 La qualità di vita in oncologia cervico-cefalica Alberto Sartoris Gruppo Alta Italia di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale XL V Raduno 1999 Malattie del sangue e degli organi ematopoietici G. Castoldi V. Liso Ed. McGraw-Hill Anno 1992 Bone marrow transplantation S. Forman R. Blume D. Thomas Churcill & Livingstone Anno 1994 Malattie del sangue e assistenza infermieristica S. Capalbo A. Guarini V. Pavone G. Specchia MacGraw - Hill 1995 Physical Therapy for patients after Bone Marrow Translpantation PHYS THER vol.6 : 946-952 Anno 1987 M.C. James 49 Psiconcologia A cura di: Marco L. Bellani Gabriella Morasso Dino Amadori Walter Orrù Luigi Grassi Paolo G. Casali Paolo Bruzzi Ed. MASSON 2002 Il malato terminale oncologico, esperienze dall'Hospice E. Riva Il Pensiero Scientifico Editore 2001 ISBN 88-490-0026-X La riabilitazione nelle cure palliative Quaderni di cure palliative, 4/96; 4: 305-307 N. Buchal The contribution of physiotherapy to palliative care. European Journal of Palliative Care, 2000; 7(3): 95-98 D. Robinson Letture consigliate Il perturbante S.Freud La sindrome del burn-out C.Cherniss Medico, paziente e malattia M Balint Il tempo tra le braccia Barbara M. Sourkes Raffaello Cortina Editore Anno 1999 La morte e il morire E. Kubler-Ross Ed. Cittadella 1990 50 Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Sezione Provinciale di Modena – Onlus Via del Pozzo, 71 c/o Policlinico Universitario- Centro Oncologico Modenese 059.374217 e.mail: [email protected] 51