Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Tecnologie avanzate per la conservazione del patrimonio IX Salone dei Beni e delle Attività Culturali Restaura - Venezia, 2-4 dicembre 2005 GANGEMI EDITORE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Tecnologie avanzate per la conservazione del patrimonio IX Salone dei Beni e delle Attività Culturali Restaura - Venezia, 2-4 dicembre 2005 GANGEMI EDITORE IX Salone dei B e Capo Dipartimento GIUSEPPE PROIETTI Segreteria Amministrativa CRISTINA BRUGIOTTI, ANNA RITA DE GREGORIO, ROBERTA PILOTTI, ROSARIA POLLINA, SILVIA SCHIFINI, SANDRA TERRANOVA, FABIANA VINELLA Il programma di partecipazione al IX Salone dei Beni e delle Attività Culturali - Restaura 2005 è stato organizzato dalla: DIREZIONE GENERALE PER L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA E LA PROMOZIONE Direttore Generale ANTONIA PASQUA RECCHIA Supporto operativo DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DEL VENETO Direttore Regionale PASQUALE MALARA Coordinatori LUIGI MARANGON, VALTER ESPOSITO DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE Servizio II - Comunicazione, Promozione e Marketing Dirigente PAOLA FRANCESCA ZUFFO Coordinamento generale, progettazione e realizzazione opuscolo, materiali grafici e stand ANTONELLA MOSCA con FRANCESCO PAPAROZZI, MARIA SICILIANO, NADIA TAMASI e con MONICA BARTOCCI, LIDIA LENTINI, ALESSANDRA ROSA Comunicazione multimediale ALBERTO BRUNI con RENZO DE SIMONE e FRANCESCA LO FORTE Organizzazione incontri tecnici a cura dell’Ufficio di Direzione Responsabile ROSANNA BINACCHI con STEFANIA CELENTINO, MARIATERESA DI DEDDA, VALENTINA DI LONARDO e FRANCESCA ROSSI Ufficio per la Comunicazione Responsabile ANNA CONTICELLO con ALESSIA DE SIMONE Supporto logistico EDOARDO CICCIOTTO e MAURIZIO SCROCCA con il contributo di: Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Capo Dipartimento GIUSEPPE PROIETTI CFLR Centro di Fotoriproduzione Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato Direttore GIGLIOLA FIORAVANTI ICPL Istituto Centrale per la Patologia del Libro Direttore ARMIDA BATORI ICR Istituto Centrale per il Restauro Direttore CATERINA BON VALSASSINA OPD Opificio delle Pietre Dure Direttore CRISTINA ACIDINI LUCHINAT Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari Capo Dipartimento SALVATORE ITALIA Archivio di Stato della Spezia Direttore GRAZIANO TONELLI Archivio di Stato di Torino Direttore ISABELLA MASSABÒ RICCI Archivio di Stato di Trento Direttore GIOVANNI MARCADELLA Archivio di Stato di Belluno Comunicazione e rapporto con i media FERNANDA BRUNO Direttore EURIGIO TONETTI © Soprintendenza Archivistica per l’Umbria Soprintendente MARIO SQUADRONI Proprietà letteraria riservata Gangemi Editore spa Piazza San Pantaleo 4, Roma w w w. g a n g e m i e d i t o r e . i t Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni. Finito di stampare nel mese di novembre 2005 GANGEMI EDITORE SPA – ROMA ISBN 88-492-0916-9 Archivio di Stato di Venezia Direttore RAFFAELE SANTORO Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III Direttore MAURO GIANCASPRO Biblioteca Palatina di Parma Direttore LEONARDO FARINELLI Biblioteca Angelica Direttore MARINA PANETTA Biblioteca Universitaria Alessandrina Direttore MARIA CONCETTA PETROLLO Biblioteca Nazionale Universitaria Direttore AURELIO AGHEMO B eni e delle Attività Culturali Restaura Dipartimento Per i Beni Culturali e Paesaggistici Capo Dipartimento FRANCESCO SICILIA Soprintendenza per i beni archeologici della Basilicata Soprintendente MARCELLO TAGLIENTE Soprintendenza per i beni archeologici per le province di Napoli e Caserta Soprintendente MARIA LUISA NAVA Soprintendenza per i beni archeologici di Roma Soprintendente ANGELO BOTTINI Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria Soprintendente GIUSEPPINA SPADEA (reggente) V2 - e4 nd i cee zm bi rae Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le province di Verona, Rovigo e Vicenza Soprintendente MAURO COVA (reggente) Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per Napoli e Provincia Soprintendente ENRICO GUGLIELMO Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le province di Cagliari e Oristano Soprintendente GABRIELE TOLA Soprintendenza per i beni archeologici per la Lombardia Direttore ELISABETTA ROFFIA (reggente) Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico dell’Umbria Soprintendente VITTORIA GARIBALDI Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Soprintendente MARINA SAPELLI RAGNI Soprintendenza per i beni architettonici per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Venezia e Laguna Soprintendente RENATA CODELLO (reggente) Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Basilicata Soprintendente ATTILIO MAURANO Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” Presidente CARLO CALLIERI Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Calabria Soprintendente FRANCESCO PAOLO ADRIANO CECATI Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia Soprintendente SABINA FERRARI Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, Pavia, Sondrio, Lecco, Lodi e Varese Soprintendente ALBERTO ARTIOLI Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso Soprintendente GUGLIELMO MONTI Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza Soprintendente GIANNA GAUDINI (reggente) Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico dell’Abruzzo Soprintendente ANNA IMPONENTE Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico del Lazio Soprintendente ROSSELLA VODRET (reggente) Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico della Liguria Soprintendente MARZIA CATALDI GALLO (reggente) Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Comandante GEN. UGO ZOTTIN Arcus S.p.A. - Arte, Cultura e Spettacolo Direttore Generale ETTORE PIETRABISSA Ales S.p.A. - Arte, Lavoro e Servizi Amministratore Delegato BRUNO ESPOSITO Presidente LUIGI COVATTA Venezia IX Salone dei Beni 2 0 0 5 e delle Attività Culturali 2-4 dicembre La salvaguardia dei beni culturali attraverso le nuove tecnologie di restauro Affrontare il tempo e i segni che questo lascia sulle opere d’arte e sconfiggerlo, restituendo in tutto il suo splendore capolavori che altrimenti andrebbero dispersi. Questo il compito difficile e strategico che i nostri restauratori affrontano quotidianamente con competenza e professionalità ormai riconosciute universalmente. La salvaguardia dei nostri beni culturali attraverso applicazioni di metodologie analitiche e di intervento è un settore di vera eccellenza degli Istituti centrali, che sono preposti per legge allo sviluppo delle nuove linee di ricerca, ma anche di istituzioni quali Cnr, Enea, Facoltà universitarie. I problemi collegati alla conservazione e al restauro sono oggi affrontati dai nostri tecnici altamente specializzati con l’uso sempre più pervasivo delle nuove tecnologie, che consentono la valutazione dei parametri climatici e microclimatici, il rilievo di superfici attraverso tecniche di scansione laser, lo sviluppo di sistemi di supporto DSS (Decision support system) nel campo della pianificazione territoriale e protezione dai disastri naturali (Risk preparness). Non a caso questa grandissima capacità e di professionalità nell’intervento è ormai additata ad esempio in tutto il mondo e le nostre linee di ricerca hanno incontrato il più vivo interesse da parte delle più importanti istituzioni internazionali. Il 22 ottobre 2004 è stata perfezionata a Parigi la convenzione tra Italia e UNESCO che affida all’Italia il compito di coordinare gli interventi di prima necessità in caso di calamità naturali o eventi bellici che arrechino gravi danni al patrimonio artistico mondiale. Ciò è indicativo del valore dei nostri tecnici e restauratori ma anche delle tecniche d’avanguardia utilizzate nel campo della conservazione. La presenza di esperti italiani in siti internazionali quali la cittadella di Bam in Iran, la Città Proibita e la Grande Muraglia in Cina, le grotte di Ajanta ed Ellora in India, il Museo Nazionale di Baghdad, Leptis Magna e Sabratha in Libia e molti altri siti anche sul territorio nazionale sono la concreta dimostrazione del livello di eccellenza raggiunto dal nostro Paese in un settore cruciale per la conservazione ed il recupero delle vestigia dell’umanità.. Ma non solo del nostro intervento diretto possiamo essere fieri. Stiamo lavorando a tutte le latitudini per la formazione permanente di restauratori – conservatori di altissimo livello, 4 esportando in tutto il mondo un vero e proprio made in Italy in materia di conservazione e restauro dei beni culturali. In questo modo l’Italia, che ha l’onore e l’onere della salvaguardia diretta della maggioranza dei siti artistici del mondo, è oggi in prima linea nella difesa anche di gran parte del patrimonio artistico che si trova al di fuori dei nostri confini. E’ questo un motivo di orgoglio e di soddisfazione che vogliamo sottolineare, che va a merito di chi sta dedicando con passione la sua vita a garantire all’umanità la conservazione dei suoi tesori. On. Antonio Martusciello Vice Ministro per i Beni e le Attività Culturali 5 DIREZIONE GENERALE PER PER L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA E LA PROMOZIONE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione “La materia dell’arte”: potrebbe essere questo lo slogan che “Restaura”: la materia dell’arte connota la partecipazione del MiBAC al IX Salone dei Beni e delle attività culturali di Venezia, da cui è derivata la prima edizione di “Restaura”, incontro-evento con la collaborazione tra il MiBAC e il Distretto Veneto dei Beni Culturali. Lo slogan ben rappresenta la specificità del lavoro che, quotidianamente, sul territorio e centralmente, viene svolto, in condizioni non sempre ottimali, dalle centinaia di tecnici di cui l’amministrazione dispone e che costituiscono un impareggiabile patrimonio di sapere e saper fare, di conoscenze e professionalità universalmente riconosciuto e apprezzato. L’aderenza, formale e sostanziale, alla “materia” del patrimonio, quindi alla sua stessa essenza costitutiva, rende l’esperienza operativa degli Istituti del Ministero del tutto originale. Solo attraverso l’intervento diretto sul patrimonio si coglie veramente lo spirito e il valore della missione istituzionale della conservazione. “Restaura” nasce dunque dalla volontà di favorire l’incontro e lo scambio culturale sui temi della conservazione e del restauro tra i tecnici degli istituti del Ministero, centrali e territoriali, i professionisti del settore e le imprese del restauro dei beni culturali. Il valore dello scambio è particolarmente elevato se si considera che la prassi dell’agire quotidiano, caratterizzata quasi sempre da ritmi incalzanti, impedisce un normale e continuo scambio di esperienze e confronto interno all’amministrazione, che invece rappresenta un importantissimo fattore di crescita in ogni organizzazione. Il rallentamento anche dei semplici flussi informativi sulle buone pratiche impoverisce il potenziale innovativo delle realizzazioni e si trasforma in un costo per l’amministrazione. Certamente non mancano i convegni e i seminari in cui si dibattono gli argomenti del restauro, quasi sempre di altissimo livello, quasi sempre organizzati dalle Università e dagli Enti di ricerca, a cui il MiBAC partecipa con rappresentanze spesso folte di tecnici ed esperti. Questa manifestazione ha un taglio diverso: sono le “strutture” operative a presentare i risultati ritenuti più interessanti e lo si fa in un contesto di confronto molto operativo, con una presumibile ampia partecipazione di giovani, con ampia possibilità di interazione diretta con un pubblico vasto. 6 Inoltre, come ormai d’abitudine per tutte le manifestazioni, il Ministero partecipa a “Restaura” con una identità univoca e riconoscibile, espressione eloquente dell’impegno assunto nell’ambito della promozione dell’immagine istituzionale e della organicità dei rapporti raggiunta con le realtà presenti sull’intero territorio nazionale. Il Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione, attraverso la Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica, ha coordinato non solo la partecipazione degli Istituti centrali ma anche la folta presenza degli Istituti territoriali: Archivi, Biblioteche, Soprintendenze archivistiche, Soprintendenze per i beni archeologici, per i beni architettonici e il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico; i trenta istituti che hanno aderito presentano progetti innovativi (trentasei) legati al tema della conservazione e del restauro. I rapporti tra scienza e tecnologia, tra scienza e conservazione e fra tecnologia e conservazione sono strettissimi, complessi, da sempre indagati e sempre ancora tali da suscitare dibattiti. Dalla gestione della conoscenza, alla diagnostica, al controllo ambientale, all’impiantistica, alla ricerca sui materiali, alla simulazione di stress e degrado, alla prevenzione e protezione antisismica, sono numerosi gli ambiti in cui la ricerca applicata, sviluppata per altri settori, quasi sempre a maggior “peso specifico” di impatto economico, viene trasferita in tecnologie sviluppate per la conservazione del patrimonio culturale. Tra le aree tematiche presenti a “Restaura” vi è quella dedicata ai metodi diagnostici e alle procedure tecniche più avanzate per il recupero del materiale archivistico e librario: sia l’Istituto per la Patologia del Libro che il Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro presentano procedimenti innovativi che utilizzano tecnologie di ultima generazione come la diagnosi ottica tramite spettroscopia di immagini. L’Istituto Centrale per il Restauro propone l’originale progetto sperimentale di restauro di manufatti archeologici sommersi, tema di notevole attualità, se si considera quanto si sia ampliata la conoscenza del patrimonio sommerso a seguito delle ricerche in corso di completamento (ci si riferisce in particolare al progetto Archèomar). L’Opificio delle Pietre Dure presenta il restauro della Porta del Paradiso del Ghiberti, realizzato con l’utilizzo del laser per la pulitura dei metalli. Di particolare interesse sono anche l’intervento di restauro virtuale effettuato dall’Archivio della Spezia sul documento 7 DIREZIONE GENERALE PER PER L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA E LA PROMOZIONE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione “Pace di Calcandola” stipulato alla presenza di Dante Alighieri e quello della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli sull’innovativo sistema di monitoraggio ambientale via onde radio. Particolare è il progetto della Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte, che applica la termografia all’infrarosso per la conoscenza delle ceramiche antiche; mentre la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle province di Verona, Rovigo e Vicenza, nel restauro di Villa Caldogno, ha fatto uso di fibre di carbonio per ricostruire la stratificazione funzionale alla ricostruzione del livello originario della pavimentazione. Infine, negli affreschi della cripta di San Zeno a Verona, la Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Verona, Rovigo e Vicenza ha sperimentato un nuovo approccio sulle operazioni di consolidamento utilizzando la nanocalce dispersa in alcol iso-propilico. Non meno importanti e innovativi sono gli altri esempi non citati. Nello stand del MiBAC tutti i progetti vengono illustrati esaustivamente. Un esempio di straordinario interesse, anche metodologico, è rappresentato dal progetto di restauro della cattedrale di Noto, di cui allo stand si può visionare la complessità attraverso varie modalità di documentazione. Il cortocircuito virtuoso tra scienza–tecnologia– conservazione, di cui a “Restaura” viene presentato uno spaccato significativo, si rafforza anche con la partecipazione unitaria a manifestazioni come questa di Venezia. Si rafforza anche l’immagine complessiva di un’amministrazione capace ed efficiente, punto di riferimento a livello internazionale per tutto il mondo che ruota attorno alla conoscenza e al restauro del patrimonio culturale. Antonia Pasqua Recchia Direttore Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione 8 Direzione Regionale peri Beni e le Attività Culturali del Veneto Il “Salone dei beni e delle attività culturali”, felice intuizione, Valter Esposito portata avanti con “orgoglio” da Luigi Marangon Venezia Fiere con la stretta Ufficio Stampa collaborazione di Villaggio Globale International e affiancata dal Distretto Veneto dei Beni Culturali, giunta alla nona edizione, rappresenta sicuramente un momento d’incontro e soprattutto di confronto per tutti gli “operatori” del mondo della cultura, in particolare quelli del Veneto. Un’occasione dove soprintendenze, musei, biblioteche, archivi, ville, ma anche aziende private di qualsiasi genere(turismo, editoria, commercio ecc. . ), avranno la possibilità di “portare” la propria esperienza e le proprie idee in queste tre giornate, dove nelle passate stagioni sono stati registrate migliaia di visitatori. Il “valore aggiunto” a questa manifestazione lo fornisce “Restaura”, una sorta di gigantesca piazza aperta a tutte le aziende del restauro dei beni culturali. L’occasione viene data qui a Venezia, città che per certi aspetti rappresenta il vero e proprio simbolo del restauro. La nostra Direzione Regionale per i Beni e le Attività Culturali del Veneto, è ben presente a questo salone, dando respiro ad alcuni restauri e progetti di assoluto valore, proposti dalle varie Soprintendenze di settore. Auspicando in questo senso ad una sempre maggiore offerta di servizi, possibile esclusivamente con la collaborazione da parte di tutte le strutture operanti nel mondo della cultura, diamo il “benvenuto” al Salone dei beni culturali, il quale sicuramente ricopre un ruolo fondamentale affinchè si continui a parlare di cultura ed a produrre cultura. Fatti e non parole. . . Fatti e non parole 9 DRIO Dipartimento per l CFLR - Centro di Fotoriproduzione Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato · Progetto di restauro: “Liber Sancti Vigilii” Codex Vangianus, 22 marzo 1185 – 19 aprile 1214 Istituto di conservazione: Archivio di Stato di Trento · Progetto MI. SY. A. (parte I): azione delle microonde su insetti dannosi per i supporti di carta p. 12 13 Laboratorio di Biologia – Laboratorio di Chimica e Tecnologia di Roma ICPL - Istituto Centrale per la Patologia del Libro · Recupero di un manoscritto di tipo archivistico del 1293-1294, scritto su carta di origine araba · Tecniche di pulitura superficiale e lavaggio di supporti cartacei sottoposti a diagnosi ottica tramite spettroscopia di immagini 16 21 ICR - Istituto Centrale per il Restauro · Il Progetto sperimentale “Restaurare sott’acqua: materiali, metodologie e tecniche”: le ultime esperienze condotte a Baia (Na) · Teconologia GIS per la gestione di dati tecnici degli interventi di restauro: Il caso della Cripta di San Magno nel Duomo di Anagni 24 29 Alessandro Bianchi, Carlo Cacace OPD - Opificio delle Pietre Dure · La Porta del Paradiso del Ghiberti: una metodologia d’avanguardia per la pulitura della doratura ad amalgama 31 Stefania Agnoletti, Annalena Brini, Ludovica Nicolai · Tecniche innovative di indagine per il restauro della Croce di Bernardo Daddi del Museo Poldi Pezzoli Marco Ciatti 33 r la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione CFLR - CENTRO DI FOTORIPRODUZIONE LEGATORIA E RESTAURO DEGLI ARCHIVI DI STATO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione CFLR Centro di Fotoriproduzione Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato Direttore: Gigliola Fioravanti Via Costanza Baudana Vaccolini,14 00153 Roma tel. 06.5800890 fax 06.5894502 Progetto di restauro: “Liber Sancti Vigilii” Codex Vangianus, 22 marzo 1185 – 19 aprile 1214- Istituto di conservazione: Archivio di Stato di Trento Su richiesta dell’Archivio di conservazione, il laboratorio di restauro del Centro ha affrontato il recupero del Codice Vanghiano allo scopo di restituirlo alla fruizione e di riportarlo, per quanto possibile, alla sua forma originale dopo un intervento di restauro operato negli anni ’80. Per il recupero del codice membranaceo, il laboratorio si è valso delle più avanzate tecnologie di intervento che si integrano con le tecniche tradizionali acquisite in anni di esperienza e di sperimentazione nell’articolato e ampio settore della conservazione e del restauro del patrimonio archivistico nazionale. Nel dettaglio il recupero conservativo del Codice Vanghiano ha visto l’utilizzo di recenti attrezzature quali la cella di umidificazione ad ultrasuoni per restituire ai fogli membranacei flessibilità e idratazione. L’operazione di tensionamento o distensione della pergamena, operazione volta a fornire planarità al supporto attraverso l’eliminazione o l’attenuazione di ondulazioni, grinze e contrazioni, è stata eseguita mediante un telaio metallico forato di recente realizzazione munito di calamite protette da feltri. Per la legatura il progetto ha previsto il recupero integrale di tutti gli elementi originali presenti e per le parti disperse il rifacimento, desumendole dalle tracce originali. Tutti gli elementi di finitura, di protezione della coperta o di chiusura sono stati lavorati a mano. Del progetto di recupero del Vanghiano, fa parte anche la ripresa su supporto digitale di tutti i fogli membranacei prima del rifacimento della legatura, ma anche dopo, al fine di una possibile fruizione a distanza delle informazioni nel codice contenute. Più in generale il recupero del Codice è il frutto dell’esperienza della tradizione del restauro, arricchita dalla ricerca sperimentale applicata. Curatore del progetto: Cecilia Prosperi Responsabile del servizio per la Conservazione e il Restauro Realizzatori del progetto: Anna Di Pietro, Lucilla Nuccetelli Riprese in digitale: Daniele Corciulo, Carlo Fiorentini Realizzazione grafica-informatica: Lara Pizzirani 12 CFLR - CENTRO DI FOTORIPRODUZIONE LEGATORIA E RESTAURO DEGLI ARCHIVI DI STATO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione I beni archivistici e librari, conservati negli archivi e nelle biblioteche, nel tempo subiscono un processo naturale di invecchiamento e sono soggetti, inoltre, Laboratorio di Biologia – all’azione di fattori esterni di Laboratorio di Chimica e Tecnologia di Roma origine biologica, chimica e fisica. Gli insetti e i microrganismi sono i principali agenti di bio-deterioramento che possono provocare danni importanti e irreversibili quali macchie, lacune, gallerie e fori. Per eliminare gli insetti pericolosi sono stati utilizzati fino ad oggi sistemi che impiegano sostanze chimiche, tra cui bromuro di metile e ossido di etilene, che nel prossimo futuro non saranno però più impiegati a causa della loro pericolosità e tossicità nei confronti del corpo umano e dell’ambiente. Negli anni recenti sono state condotte ricerche sui metodi alternativi di disinfestazione che potrebbero essere efficaci, non dannosi per i supporti e meno pericolosi per gli operatori e per l’ambiente. Il progetto Mi.Sy.A prevede di sperimentare l’uso delle microonde per la disinfestazione della carta, la disinfezione e l’asciugatura, usando un prototipo di camera riverberante a microonde della società Emitech, installato nel Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro degli Archivi di Stato (CFLR). Sono illustrati alcuni dei primi risultati ottenuti. Progetto MI. SY. A. (parte I): azione delle microonde su insetti dannosi per i supporti di carta Profili di temperatura Uno stadio preliminare è stato quello di osservare i profili di temperatura durante il trattamento con microonde in libri simulati di spessori differenti preparati utilizzando carta “Copy 2 Performance” prodotta dalle Cartiere Miliani Fabriano. È stata rilevata in tempo reale la temperatura usando un sistema di sonde a fibre ottiche. Si è notato che, nella maggior parte dei casi, alla fine del trattamento la temperatura è più alta nelle pagine centrali e più bassa nelle pagine appena al di sotto della superficie superiore. Questo comportamento irregolare è accettabile in quanto i profili di temperatura dipendono dalle variabili del manufatto quali massa, densità, forma, contenuto d’acqua e caratteristiche termiche e dielettriche del materiale. I risultati provano la difficoltà di poter stabilire una norma generale (relazione tra tempo di esposizione-spessore-temperatura) nonostante che il numero dei parametri che influenzano il riscaldamento (contenuto d’acqua, temperatura di partenza, tipo di carta) sia 13 CFLR - CENTRO DI FOTORIPRODUZIONE LEGATORIA E RESTAURO DEGLI ARCHIVI DI STATO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione stato minimizzato (campioni mantenuti per almeno 48 ore in una camera tenuta a 23°C, 50% U.R.) prima dell’irraggiamento con microonde. Saggi sulla mortalità degli insetti I campioni entomologici impiegati nelle prove appartengono alla specie Stegobium paniceum L., Coleoptera Anobiidae che si trova di solito negli archivi dove produce danni irreversibili, praticando fori e gallerie nei supporti infestati. Per verificare l’efficacia di disinfestazione sono state condotte prove preliminari per verificare la mortalità dello Stegobium paniceum al di fuori della carta, irradiando microonde a 1 kW e in periodi di 60, 120, 180 e 240 secondi. Sono state irradiate alcune specie (1 adulto e 2 larve per saggio) inserite in provette di vetro (7 cm di lunghezza e 1 cm di diametro) chiuse da garza. Nelle prove successive, sono stati utilizzati libri fatti con carta del tipo Copy. Questi libri, che hanno dimensioni 15 x 21 cm e spessori variabili, sono stati realizzati cucendo fogli di carta con fettucce di puro cotone. Ogni campione entomologico è posto in un foro realizzato nel libro collocando 3 larve e 3 adulti nella posizione mediana e 3 larve e 3 adulti nella posizione superficiale superiore. Durante il trattamento è stata controllata la temperatura in tempo reale da due sensori termici posti nei libri nelle pagine interne e in quelle superiori. Valutazione dell’effetto delle microonde sulla carta Per valutare gli effetti delle microonde sulla carta due pile di fogli di carta (23 x 14 cm, altezza 8 cm) sono stati irradiati ad 1 kW, fino a raggiungere i 55°C nell’area più fredda: 1) carta per cromatografia Whatman n. 1, per 164 s; 2) carta Fabria 100 delle Cartiere Miliani Fabriano, per 220 s. Per lo studio degli effetti a lungo termine, alcuni fogli trattati sono stati invecchiati artificialmente in una camera climatica a 80°C, 65% U.R. (ISO 5630/3) per 24 giorni. Risultati e conclusioni Inizialmente sono stati trattati esemplari di Stegobium paniceum in provette di vetro. Dopo irraggiamento un solo esemplare dei 12 trattati è morto il giorno dopo il trattamento. Quando la temperatura è superiore a 51°C tutti gli insetti periscono. È interessante notare che in due prove le larve che sembravano essere morte appena dopo il trattamento, dopo 24 ore si sono riprese completamente. La prova in bianco 14 non mostra mortalità dei campioni entomologici. Si è notato che gli insetti al di fuori del supporto di carta non muoiono a causa dell’irraggiamento con microonde, mentre ciò accade all’interno dei libri irraggiati. Questo perché, nelle condizioni sperimentali applicate, gli insetti possono raggiungere la temperatura letale soltanto quando assorbono calore dalla carta. Ciò si può attribuire alle piccole dimensioni dell’insetto (2-3 mm e 0.8-1.3 mg). Il processo di disinfestazione ha luogo in pochi minuti; è evidente il vantaggio dei tempi di trattamento più rapidi rispetto ad altri metodi di disinfestazione. Un altro vantaggio è che è possibile collocare il sistema direttamente nell’edificio di conservazione dei libri o dei documenti. Un riscaldamento disomogeneo dovuto alle caratteristiche dei libri trattati può compromettere l’efficacia della disinfestazione: perciò si deve controllare la temperatura durante il trattamento con microonde per assicurare che la temperatura letale sia raggiunta anche nelle aree più fredde, senza raggiungere valori dannosi per la carta nelle zone più calde. Saggi fisici e chimici sulla carta Whatman e sulla Fabria mostrano che, nelle condizioni sperimentali, l’uso delle microonde per la disinfestazione della carta non produce evidenze di deterioramento sulla carta stessa, anche dopo invecchiamento accelerato (Tabella I). Pertanto, la disinfestazione della carta con sistemi a microonde sembra potenzialmente essere un metodo efficace contro insetti dannosi e un trattamento sicuro per le carte utilizzate in questa sperimentazione. Tabella I. Saggi fisici e chimici sulla carta (pagine centrali) WHATMAN Non trattata Grado di bianco, IRB (%) Doppie pieghe DM (n°) pH Grado di polimerizzazione Riserva alcalina (%CaCO3) Grado di bianco, IRB (%) Doppie pieghe DM (n°) pH Grado di polimerizzazione Riserva alcalina (%CaCO3) Gruppo di lavoro: G. Arruzzolo, G. Marinucci, E. Ruschioni, E. Veca, U. Cesareo,L. Botti, G. Impagliazzo, O. Mantovani, L. Residori, D. Ruggiero, B. Orioni Invecchiata Irradiata 92.9 12 6.50 1400 FABRIA Non trattata 89.9 11 6.67 1184 - 94.2 12 6.45 1379 - Invecchiata Irradiata 92.0 455±161 9.33 852 1.61 80.1 231±74 9.33 711 1.55 91.8 433 ± 142 9.39 841 1.73 15 Irradiata e invecchiata 90.5 11 6.30 1287 Irradiata e invecchiata 80.5 288 ± 62 9.33 724 1.54 ICPL - ISTITUTO CENTRALE PER LA PATOLOGIA DEL LIBRO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione ICPL Istituto Centrale per la Patologia del Libro Direttore: Armida Batori Via Milano, 76 00186 Roma tel. 06.482911 fax 06.4814968 Il volume di tipo archivistico, appartenente all’Archivio notarile di La Spezia e redatto dal notaio sarzanese Ser Giovanni di Parente Stupio fra il 1293 e il 1294, è stato scritto su carta araba, proveniente molto probabilmente dalla Spagna. La presenza di un particolare segno tracciato sulle carte 174 e 175, denominato zig zag, ha permesso di attribuirne l’origine geografica, ulteriormente comprovata dalle verifiche condotte dai Laboratori scientifici dell’Istituto per identificare la materia prima di fabbricazione e l’adesivo usato per la collatura della carta. Per avvalorare la tesi dell’origine araba occidentale della carta sono state, inoltre, eseguite le misure dei bifogli e delle distanze di filoni e vergelle, confrontate con misure di esemplari similari. Con il restauro del volume si sono volute coniugare due differenti esigenze, spesso difficili da accordare e tuttavia imprescindibili: da un lato, la possibilità di consultare il manoscritto senza perderne ulteriori frammenti, recuperando anche la lettura delle ultime righe piegate e arrotolate su se stesse, dall’altro la conservazione delle caratteristiche materiche e tecniche dell’oggetto e del suo suggestivo aspetto assunto nel corso del tempo. Il volume, infatti, aveva subìto una forte alterazione nella zona inferiore delle carte che ne aveva causato un’evidente fragilità e vulnerabilità. L’aspetto assunto dalla carta, trasformata dalla degradazione, ricordava quello della materia prima nel momento precedente alla raffinazione, quando le fibre hanno l’apparenza di “fiocchi di cotone”. Il consolidamento delle carte è iniziato con una delicata spolveratura a pennello di tutte le pagine, quindi, per ridurre l’acidità degli inchiostri e ottenere una protezione preventiva contro gli eventuali sviluppi è stata effettuata la deacidificazione del recto e del verso delle pagine con il propionato di calcio, sciolto in alcool etilico. Si è poi provveduto al consolidamento delle sole parti fragili delle carte, spennellandole con Klucel G allo 0,5% in alcool etilico, scelto dopo aver effettuato test di rinforzo con altri consolidanti preparati a percentuali differenti e averne saggiato gli effetti sulle carte di prova. Il risarcimento delle lacune è avvenuto tramite l’unione di carte giapponesi adeguate a quelle originali nel colore e nello spessore, mediante adesivo Tylose MH 300 p al 4% in soluzione Recupero di un manoscritto di tipo archivistico del 1293-1294, scritto su carta di origine araba 16 acquosa. Tale intervento è stato condotto evitando volutamente di ricostruire del tutto il rettangolo dei bifogli che, infatti, è stato chiuso solo parzialmente, quel tanto che bastava a evitare la perdita di frammenti e sciogliere il groviglio delle fibre. D’altronde, la decisione di non ricomporre con precisione i bifogli non avrebbe aggiunto nulla all’immagine e alla comprensione generale del volume, ma viceversa avrebbe eliminato molte informazioni sui suoi trascorsi, che, invece, sono ancora rintracciabili anche dopo l’intervento di restauro. Analisi di caratterizzazione del supporto scrittorio Lucia Mita (Laboratorio di tecnologia ICPL) Identificazione della composizione fibrosa La caratterizzazione delle fibre vegetali è stata effettuata mediante l’analisi microscopica. Attraverso questa analisi si riconoscono le fibre vegetali che presentano tra loro delle differenze morfologiche, che consentono di individuare la provenienza delle specie vegetali di origine. Tale analisi è “semidistruttiva”, perché per effettuarla necessitano solo piccoli frammenti di materiale. Nel caso in questione le analisi sono state eseguite su frammenti forniti dal laboratorio di restauro. Dopo aver separato le fibre le une dalle altre, tramite spappolamento manuale, si è effettuata la loro colorazione con il reattivo di Herzberg (iodio-ioduro di zinco), che permette di separare nettamente fra loro la pasta meccanica o pasta legno (che si colora in giallo), la pasta chimica (colorazione blu) e la pasta straccio (colorazione rosa o rosso vinoso). Nel campione in questione, coloratosi in rosso, è stata rilevata la presenza di lino. Il lino ha la caratteristica morfologica di presentare striature trasversali e nodosità pronunciate che ricordano quelle delle canne di bambù. Identificazione della collatura La determinazione della sua presenza è avvenuta mettendo il campione cartaceo a contatto con poche gocce di una soluzione di iodio (0,01 N). In presenza di amido si ha la comparsa di una colorazione azzurro-bluastra, tanto più intensa quanto maggiore è la quantità di amido. Nel campione si è evidenziata una colorazione bluastra, che denota la presenza di colla d’amido. Misurazione del pH La misurazione è stata ottenuta dopo lo spappolamento di 2 gr di carta in 100 cc di acqua distillata. In questo caso avendo a 17 sopra: Il volume prima del restauro sotto: I primi fascicoli dopo il restauro ICPL - ISTITUTO CENTRALE PER LA PATOLOGIA DEL LIBRO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione disposizione pochissimo materiale originale, la misurazione è stata effettuata nella soluzione acquosa dove erano i frammenti di carta, che sono serviti per la preparazione dei vetrini per l’analisi microscopica delle fibre. Il valore di pH è pari a 6.2. Diagnostica innovativa del consolidamento tramite microscopio e sistema di acquisizione di immagini Multifocus Mauro Missori (Laboratorio di biologia ICPL) Allo scopo di verificare l’efficacia del processo di consolidamento sono state acquisite immagini della stessa zona del documento prima e dopo il trattamento con Klucel G allo 0.5% in alcol etilico. A tale scopo è stato utilizzato un microscopio stereoscopico Leica MZ16 accoppiato ad una telecamera Leica DC 500 con una risoluzione di 13 Mpixel. La difficoltà presente in questo tipo di diagnostica consiste nelle elevate variazioni di livello del campione in studio che rendono impossibile una corretta messa a fuoco dell’immagine al microscopio su tutta la regione di interesse. Tramite il sistema Multifocus della Leica è stato possibile ottenere una immagine di ottima qualità su tutta la regione del campione inquadrata. A sinistra: Immagine dal campione prima del consolidamento. Si notino le elevate variazioni di profondità e la perfetta messa a fuoco delle stesse. A destra: Il campione ripreso dopo del consolidamento. Sviluppo di diagnostica non-distruttiva per la determinazione della collatura della carta mediante spettroscopia ottica Mauro Missori (Laboratorio di biologia ICPL) e Marcofabio Righini (CNR) La spettroscopia ottica è una tecnica diagnostica nondistruttiva già utilizzato per la caratterizzazione di altri tipi di beni culturali, come ad esempio dipinti o affreschi. D’altra parte il suo utilizzo nel settore dei supporti scrittori è poco 18 sviluppato e solo recentemente l’Istituto centrale per la patologia del libro in collaborazione con l’Istituto dei Sistemi Complessi del CNR hanno avviato un progetto di ricerca su questo tema. Il motivo della mancanza di studi risiede principalmente nel fatto che la risposta ottica di questa classe di beni culturali è priva di caratteristiche ben definite e facilmente interpretabili. L’approccio che è stato invece applicato per la prima volta in questo settore è quello statistico, in cui una grande quantità di campioni disponibili vengono misurati e i dati sono analizzati allo scopo di estrarre informazioni ad essi correlate, come la composizione della carta e il suo stato di degradazione. Mediante questa metodologia, uno studio pilota sulla carta del manoscritto notarile di La Spezia ha permesso di evidenziare la presenza di collatura a base di amido. Con un opportuno sistema di variabili statistiche è possibile discriminare i campioni con collatura di amido da quelli con collatura di gelatina. Indagini microbiologiche Mariasanta Montanari e Flavia Pinzari (Laboratorio di biologia ICPL) Il volume manoscritto proveniente da La Spezia è stato esaminato dal Laboratorio di Biologia dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro. L’esame è consistito nell’analisi della presenza di microrganismi attivi e vitali in corrispondenza delle zone alterate soprattutto in corrispondenza del taglio e delle pagine iniziali e finali del volume. Ad una prima valutazione la carta è apparsa fragile e di consistenza feltrosa, suggerendo l’azione di organismi con attività cellulosolitica. I prelievi di materiale effettuati (con ago e con tampone) sono stati utilizzati parte per l’inoculo su mezzi di coltura al fine di evidenziare la vitalità dei biodeteriogeni responsabili delle alterazioni e parte sono stati montati su vetrino per l’osservazione diretta al microscopio ottico. Alcuni microframmenti sono stati osservati con un Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) presso il Dipartimento di Chimica dell’Università La Sapienza di Roma e quindi inviati all’”Institute Für Mikrobiologie und Genetik” 19 ICPL - ISTITUTO CENTRALE PER LA PATOLOGIA DEL LIBRO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione dell’Università di Vienna con cui è in corso una collaborazione per l’utilizzo di tecniche di biologia molecolare nello studio delle alterazioni biologiche su materiali storici in carta e pergamena. Dai risultati dell’analisi le alterazioni ben visibili sul volume non hanno evidenziato la presenza di materiale biologico vitale ed attivo. La consistenza fortemente feltrosa della carta, sulla base di quanto osservato al SEM, non è apparsa imputabile ad un attacco di tipo biologico, sebbene sul manoscritto sia stato rinvenuto materiale di origine fungina come confermato dall’analisi molecolare dei frammenti, ascrivibile comunque a contaminazioni pregresse. Analisi chimiche Marina Bicchieri (Laboratorio di chimica ICPL) La carta e l’inchiostro sono stati analizzati tramite spettroscopia Raman, con eccitazione laser nel vicino infrarosso, l =785 nm e tramite fluorescenza di raggi X, sorgente di eccitazione Mo. Le fibre di carta non mostrano, in spettroscopia Raman, picchi attribuibili a processi degradativi di tipo ossidativo. L’analisi sull’inchiostro conferma quanto ricavato dai dati di fluorescenza X e cioè la presenza di un composto ferro-gallo tannico. Oltre al ferro è presente del rame, i cui composti venivano addizionati al solfato ferroso per conferire all’inchiostro un colore più piacevolmente tendente al blu. Gli altri elementi trovati, presenti anche nelle misure effettuate su carta non inchiostrata, sono attribuibili a impurezze depositatesi durante la lavorazione e la collatura del foglio. Osservazione al SEM di un frammento di carta. Il campione è stato osservato in vivo, senza preparazione per metallizzazione. Sono ben visibili le fibre lasse e “strappate”. Intervento di restauro: Maria Luisa Riccardi, Paola Villani e Sandra Zangari (Laboratorio per la conservazione e il restauro ICPL) 20 ICPL - ISTITUTO CENTRALE PER LA PATOLOGIA DEL LIBRO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Durante l’intervento di restauro eseguito sulla Chinea di papa Clemente VIII del 1598, opera realizzata ad acquaforte da Antonio Tempesta, sono state applicate una tecnica di pulitura superficiale e una metodologia di lavaggio per capillarità dei supporti cartacei, volte a limitare l’invasività dei trattamenti (cfr. Simonetta Iannuccelli, Silvia Sotgiu, Mauro Missori, La Chinea di papa Clemente VIII del 1598: pulitura del supporto cartaceo, tecniche di lavaggio e diagnosi ottica dei risultati, in: Atti del II Congresso Nazionale IGIIC Lo stato dell’Arte 2, Genova 27-29 settembre 2004, pp.124-135). L’opera, conservata presso la Biblioteca Angelica di Roma, è costituita da otto incisioni foderate su tela di lino (si ringraziano Luciana Mita e Anna Di Maio del Laboratorio di Tecnologia ICPL per l’identificazione della componente fibrosa relativa al materiale cartaceo e alla tela di foderatura) e raccolte all’interno di una legatura in pergamena floscia. L’operazione di pulitura, pur essendo di cruciale importanza soprattutto nel caso di opere d’arte su carta, è una delle fasi più critiche dell’intervento conservativo per la sua sostanziale irreversibilità. Trattandosi di sistemi a base acquosa, è stato indispensabile limitare il contatto dei supporti con il solvente, per preservare il rilievo dell’impressione calcografica e controllare le inevitabili variazioni dimensionali indotte dall’isteresi igrometrica (cfr. J. Bogaard – P. M. Whitmore, Explorations of the role of humidity fluctuations in the deterioration of paper, in «Works of Art on Paper, Books, Documents and Photographs, Techniques and Conservation», Contributions to the Baltimore Congress, 2-6 sept. (2002); W. K. Wilson, Effect of relative humidity on storage and use of record, «The Abbey Newsletter» 17 (1993). L’efficacia dei trattamenti è stata testata mediante analisi della riflettanza nel visibile per mezzo del sistema di spettroscopia di immagini Spectral Scanner, eseguita sulle opere dopo ogni fase di pulitura. Tecniche di pulitura superficiale e lavaggio di supporti cartacei sottoposti a diagnosi ottica tramite spettroscopia di immagini Pulitura superficiale con Phytagel La pulitura superficiale viene generalmente eseguita tramite spolveratura. Tuttavia, la rimozione dei particolati depositatisi più a fondo nella fibre di carta si rende possibile solo ad umido, con metilcellulosa e la concomitante azione meccanica esercitata con 21 ICPL - ISTITUTO CENTRALE PER LA PATOLOGIA DEL LIBRO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione un pennello. L’alternativa sperimentata in questa sede è costituita da un gel (cfr. R.C. Wolbers, Recent Developments in the Use of Gel Formulations for the Cleaning of Paintings, in «Preprints del convegno Restoration 92» Amsterdam, 20-22 Ottobre 1992; T. Tanaka, I gel, in «Le Scienze» del 1981): il PhytagelTM, polisaccaride di sintesi costituito da acido glucuronico, glucosio e ramnosio normalmente impiegato come terreno di coltura. Il prodotto gelificante è caratterizzato da proprietà filmogene, flessibilità, completa trasparenza, inerzia biologica e stabilità chimica (pH 6,5-7 a 1,5- 2% in H2O). La preparazione del gel si effettua riscaldando la soluzione acquosa sotto costante agitazione ad una temperatura superiore a quella di gelazione del Phytagel TM (27-31°C). Si lascia quindi raffreddare a T ambiente ottenendo la formazione di una pellicola spessa circa 4-5 mm, dalla superficie omogenea, manipolabile e totalmente trasparente. Il film agisce per contatto diretto con il supporto e presenta il vantaggio di una applicazione agevole e sicura poiché l’azione meccanica esercitata sulla carta si limita all’umidificazione e all’assorbimento del particolato più tenace. La totale trasparenza del gel consente il continuo monitoraggio della superficie di contatto e, dopo la sua rimozione, la presenza di residui di prodotto sul supporto è assai limitata poiché il film non è adesivo. Lavaggio su piano inclinato con tessuto non tessuto Igortex OL 60 La fase di pulitura successiva ha previsto il lavaggio con acqua demineralizzata. A tale scopo è stata adottata una metodologia che minimizza il contatto con il solvente acquoso (la tecnica di lavaggio su piano inclinato è stata illustrata da G. Banik e I. Brückle in occasione del Pilot Course ‘Paper and Water’ del programma Leonardo da Vinci, svoltosi presso l’ICCROM dal 24 al 26 marzo 2004. Cfr. S. Kirchner, Kapillarreinigung, «Papier-Restaurierung» 2 del 2001). La tecnica prevede l’allestimento di un piano inclinato in Plexiglas su cui si adagia un foglio di Igortex OL 60 costituito da fibre di viscosa al 100% normalmente impiegato per il drenaggio di liquidi. Dopo aver umidificato l’Igortex OL60, lo si adagia sul Plexiglass in modo che un’estremità sia immersa nella vasca superiore (serbatoio) e possa gradualmente e costantemente raccogliere acqua di lavaggio sempre pulita. Quest’ultima arriva fino alla vasca di raccolta scorrendo lungo le fibre del tessuto orientate in senso longitudinale rispetto al piano inclinato. Prima di posizionare le opere sullo scivolo è necessario umidificarle in cella con vapore ad ultrasuoni (85% U.R. per 15 minuti ca.). Il 22 trattamento sfrutta il principio dell’imbibizione per capillarità e la forza di gravità, determinata dall’inclinazione del piano su cui poggia l’opera durante il lavaggio. L’efficacia è garantita dal continuo passaggio di acqua sempre pulita, dal contenimento delle sollecitazioni meccaniche del supporto, dalla possibilità di un costante monitoraggio della superficie e dei media grafici, e dalla scarsa invasività del solvente che scorre con un flusso costantemente controllato grazie al supporto drenante. Valutazione dei trattamenti mediante spettroscopia di immagini È stata effettuata una valutazione delle modifiche ottiche indotte durante le fasi del procedimento di pulitura della Chinea, ottenuta mediante un innovativo sistema di spettroscopia di immagini con un sistema dispersivo continuo a prisma, in grado di fornire misure del fattore di riflettanza nel visibile (da 400 a 700 nm). Il sistema è uno spettrometro di immagini iperspettrale denominato Spectral Scanner, in dotazione all’Istituto centrale per la patologia del libro, in grado di analizzare contemporaneamente tutto il campione in studio, senza dover ricorrere a misure a contatto, oppure a prelievi o asportazioni per misure su strumenti di laboratorio (cfr. Missori, M. Righini, S. Selci, Optical reflectance spectroscopy of ancient papers with discoloration or foxing, Opt. Commun. 231, pp. 99-106 (2004); M. Missori, M. Righini, M.S. Storace, A. Congiu Castellano, S. Selci, The effect of artificial aging and sizing on discoloration of paper studied by UV.Vis-NIR spectroscopy in comparison to ancient paper, in Proceedings of the International Conference ‘Durability of Paper and Writing’, Lubiana, November 16-19 (2004), pp. 47-49). La possibilità di avere come risultato della misura un’immagine (iperspettrale) ha facilitato il lavoro di diagnostica e ha consentito di intervenire attivamente nell’interpretazione e nella valutazione dei risultati. Le acquisizioni sono state calibrate mediante standard di riflettanza ottenendo una precisione del 5% ed un’area di misura minima di circa 0.1 mm. L’analisi diagnostica del procedimento di pulizia ha evidenziato che tutti i trattamenti effettuati hanno avuto un impatto positivo sulle proprietà ottiche della Chinea. Si sono potute, inoltre, riscontrare piccole differenze nell’intensità delle modifiche ottiche osservate al variare della posizione sul manufatto che hanno fornito preziose informazioni per l’ottimizzazione dei trattamenti conservativi eseguiti sull’opera. 23 Sopra: applicazione del gel di Phytagel Sotto: lavaggio su piano inclinato con Igortex OL 60 Simonetta Iannuccelli, Silvia Sotgiu (Laboratorio per la conservazione e il restauro ICPL) Mauro Missori (Laboratorio di biologia ICPL) ICR - ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione ICR Istituto Centrale per il Restauro Direttore: Caterina Bon Valsassina Piazza S. Francesco di Paola, 9 00184 Roma tel. 06.488961 fax 06.4815704 Il Nucleo per gli Interventi di Archeologia Subacquea dell’Istituto Centrale per il Restauro, diretto da Roberto Petriaggi, è impegnato da alcuni anni nella sperimentazione di materiali, strumenti, metodologie e tecniche per la protezione, la conservazione ed il restauro in situ dei manufatti archeologici sommersi. I primi esperimenti effettuati dall’ICR risalgono al 2001, quando fu intrapreso il restauro di tre vasche della peschiera della villa romana di Torre Astura (Roma), grazie all’ospitalità e alla collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici per il Lazio e dell’Ufficio Tecnico Territoriale Armi e Missilistica di Nettuno. Il progetto si ispira ai principi ribaditi dall’UNESCO con la Convention on the Protection of the Underwater Cultural Heritage formulata a Parigi il 2-11-2001, dove è sottolineata la necessità di valorizzare, proteggere e conservare in situ, il Patrimonio storicoarcheologico subacqueo, tutte le volte che ciò sia possibile. Gli strumenti più efficaci per la protezione del patrimonio archeologico sommerso sono, senza dubbio, i Parchi e le Riserve Naturali Marine che comprendono anche aree di interesse archeologico, e i Parchi archeologici sommersi. Il primo fra quelli italiani è il Parco Sommerso di Baia, istituito con D.L. del 7 agosto 2002 (G.U. della Repubblica Italiana n. 288 del 9 dicembre 2002), equiparato ad area marina protetta, che si estende da Bacoli a Pozzuoli, su diversi ettari di fondale marino suddiviso in zona A, riserva integrale, B, riserva generale, C, riserva parziale. Dal settembre 2003, dunque, in accordo ed in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per le province di Napoli e Caserta, la sperimentazione dell’ICR si è spostata nel Parco Archeologico Sommerso di Baia (http://www.baia sommersa.it), dove gli interventi hanno interessato le strutture di un ambiente con mosaico pavimentale facente parte dell’edificio denominato “Domus con ingresso a Protiro”. Il mosaico pavimentale, a tessere bianche, denotava gravi lacune, lesioni estese ed era in procinto di collassare per la presenza di una vasta cavità nel massetto di fondazione. Dopo la pulitura, realizzata con l’impiego di scalpelli, bisturi, spazzole, per la rimozione di organismi bentonici, e l’integrazione delle lacune e il risarcimento delle lesioni, è stato necessario restituire consistenza alla fondazione con Il Progetto sperimentale “Restaurare sott’acqua: materiali, metodologie e tecniche”: le ultime esperienze condotte a Baia (Na) 24 l’impiego di mattoni e sacchi di sabbia costipati a costituire uno strato di sostruzione, non potendo intervenire con opere in malta cementizia per la mancanza di un sottofondo stabile. Nel mese di settembre 2004 si è svolto, poi, il terzo cantiere sperimentale, nel corso del quale è stato compiuto il restauro di un ambiente pavimentato a mosaico e di una porzione del muro con semicolonne in laterizio che circonda il giardino della villa dei Pisoni (http://www.baiasommersa.it/ villa_pisoni.htm). Il mosaico pavimentale, anche in questo caso di tessere bianche, era ormai ridotto ad una serie di lacerti di varie dimensioni, separati da estese lacune, e fluttuanti sul fondo sabbioso per la disintegrazione degli strati preparatori. In questa occasione, insieme agli strumenti usuali impiegati per la pulitura è stato sperimentato un trapano di acciaio inox del tipo usato per gli interventi di chirurgia ortopedica, al quale sono stati applicati diversi tipi di frese e di spazzole ruotanti, con lo scopo di rimuovere con maggiore efficacia le incrostazioni calcaree dalle superfici. Dopo la pulitura è stato ricostituito, tramite iniezioni di malta, il massetto di fondazione e, con la colmatura delle lacune, è stata restituita unità strutturale al manufatto. Il profilo esterno 25 Organismi rinvenuti sui provini di travertino dopo 12 mesi di immersione: impronte di Serpulidi Semicolonna dopo il restauro ICR - ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione del pavimento è stato, quindi, consolidato con un cordolo di malta contenuta, verso l’esterno, da un lamierino di alluminio inserito nella sabbia per alcune decine di centimetri, per limitare l’azione di scavo delle correnti marine lungo il perimetro libero del manufatto. Il muro in laterizio, invece, presentava una cortina lacunosa che denunciava, oltre a cedimenti strutturali, l’impoverimento delle malte e la caduta di materiali lapidei (mattoni di laterizio, cubilia di tufo). Preoccupava, soprattutto, nella porzione oggetto dell’intervento, il forte fuori piombo della semicolonna, dovuto al quasi totale degradamento della fondazione per l’azione combinata dell’impoverimento delle malte, dell’azione degli organismi marini e del moto ondoso, particolarmente sensibile a quella profondità, –5 metri a livello di fondazione e circa –3 al colmo della struttura conservata. Anche qui, dopo la pulitura e l’individuazione puntuale dei danni, si è proceduto ricostituendo il massetto di fondazione e colmando le lacune e i giunti tra gli elementi lapidei con nuova malta. Per il restauro ed il consolidamento delle strutture antiche sono state utilizzate malte appositamente formulate con la collaborazione dei tecnici della MAC S.p.a. di Treviso e applicate mediante l’uso di sacche troncoconiche di tela impermeabile, simili a quelle usate in pasticceria, e con un prototipo di erogatore subacqueo di malta a pressione. Le malte utilizzate sono state le seguenti: • Malta per iniezione Albaria®, costituita da un premiscelato in polvere a base di calce, con cariche pozzolaniche fillerizzate e carbonati micronizzati, additivato con superfluidificanti, antidilavante, prodotto tixotropizzante. • Malta per allettamento strutturale Albaria®, costituita da un premiscelato in polvere a base di calce e metacaolino pozzolanico, misto ad aggregati silicei di fiume di granulometria selezionata, additivato con antidilavante. In alcune zone sono state sperimentate malte realizzate con l’impiego di pozzolana locale, per testare l’efficacia dei sistemi antichi e confrontarne la resa e la lavorabilità rispetto ai materiali disponibili oggi. Nel 2003 alla malta fu additivato, in via sperimentale e sotto il controllo del laboratorio di biologia dell’ICR, un blando biocida ad azione locale per limitare lo sviluppo algale. Tuttavia, in considerazione della valenza naturalistica del parco e della limitatezza dei possibili risultati rispetto al valore etico della conservazione delle specie viventi, nel 2004 si è deciso di 26 interrompere la sperimentazione di qualsiasi prodotto di sintesi chimica e si è affidato il contenimento della flora e della fauna bentonica esclusivamente a sistemi di protezione attiva, quali le coperture poste direttamente sopra le strutture archeologiche, in attesa che lo studio dei cicli biologici di quel particolare ecosistema suggerisca metodi naturali per il “controllo delle nascite”. Nel frattempo, per le coperture, sono stati utilizzati i geotessuti Terram® 2000 e Terram® 4000, offerti gratuitamente dalla ditta Officine MaccaferriI S.p.A.. Nell’anno in corso, grazie al nuovo finanziamento del progetto e alla disponibilità della Soprintendenza, la sperimentazione, ormai ad un livello un po’ più avanzato, procederà sia nella zona A che nella zona B. Indagini sulla dinamica della colonizzazione biologica dei materiali lapidei sommersi in mare. Nell’ambito di questo progetto sperimentale il Laboratorio di Indagini biologiche dell’ICR ha iniziato uno studio per la caratterizzazione delle tipologie di degrado biologico dei manufatti sommersi e per definire la dinamica della colonizzazione dei substrati da parte dei biodeteriogeni. Sono state previste indagini diagnostiche per lo studio e la caratterizzazione dei popolamenti biologici presenti sui reperti finalizzate a: • definire lo stato di conservazione dei manufatti • individuare i prodotti e le procedure di restauro • individuare i metodi di prevenzione nei confronti della colonizzazione biologica. La ricerca ha previsto, inoltre, l’elaborazione di una scheda per la raccolta delle informazioni di carattere biologico che possono essere messe in evidenza nel corso dei rilevamenti subacquei. Tale scheda prevede voci relative al tipo di manufatto, alle sue condizioni di giacitura, al substrato costitutivo e all’ambiente circostante, elementi che possiedono un importante valore nel condizionare lo sviluppo biologico. In essa sono riportate indicazioni relative ai diversi gruppi sistematici, sia animali che vegetali, ed una immediata valutazione della frequenza dei singoli organismi. Per quanto riguarda lo studio della dinamica di colonizzazione sono state condotte sperimentazioni sia su elementi architettonici sommersi sia su provini di materiale lapideo immersi nelle stesse condizioni di giacitura dei manufatti. Su tali provini, realizzati con diversi litotipi, sono stati effettuati controlli periodici per rilevare l’entità ed il tipo di colonizzazione, valutando la qualità e la quantità degli organismi colonizzatori. 27 Pitting su mosaico Mosaico in situ con evidenti colonizzazioni di spugne perforanti ICR - ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Progettista: Roberto Petriaggi Gruppo di lavoro: collaboratore alla progettazione: Barbara Davidde; operatore subacqueo, documentazione video: Stefano Lombardi. Indagini Biologiche: responsabile, Sandra Ricci; collaboratore scientifico: Gianfranco Priori I risultati della ricerca sui provini hanno mostrato la presenza di una colonizzazione biologica delle superfici lapidee operata da forme sia animali che vegetali già dopo 2 mesi di immersione in mare. È stata rilevata la formazione di un biofilm, di aspetto gelatinoso e spessore variabile, nel quale sono riconoscibili talli algali, incrostanti e non, e organismi animali bentonici per lo più molluschi bivalvi, briozoi e serpulidi. I controlli condotti dopo 12 mesi hanno evidenziato una massiccia proliferazione di forme incrostanti che ricoprono la quasi totalità delle superfici dei provini. Le osservazioni effettuate sui materiali in opera hanno previsto il controllo dell’efficacia dei sistemi sperimentali (teli di tessuto- non tessuto), collocati a protezione di strutture sommerse, i cui risultati sono stati posti a confronto con quelli relativi ad altre zone non protette. I dati ottenuti dalla lettura dei provini e dei sistemi di protezione possono essere di ausilio nella definizione della programmazione degli auspicabili interventi di manutenzione periodica. L’esperienza maturata nell’ambito dei cantieri di restauro condotti dall’ICR nel Parco Archeologico Sommerso di Baia (Napoli) consente di rilevare la necessità di una attenta e sistematica strategia di manutenzione delle superfici al fine di non vanificare i risultati degli interventi di restauro e pulitura attuati. Teli di protezione e sacchetti di sabbia collocati sul mosaico della Villa con ingresso a Protiro 28 ICR - ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Il restauro di una grande opera d’arte comporta sempre la creazione di notevoli quantità di dati tecnici e di immagini. Il percorso dell’intervento e le scelte tecniche che lo hanno contraddistinto sono basate Alessandro Bianchi, Carlo Cacace su dati. L’organizzazione e la conservazione di questi dati è un problema importante, visto che alla efficienza di questo processo è legata, letteralmente, la salvaguardia della memoria dell’intervento. Normalmente si procede attraverso pubblicazioni tecniche, dove le singole operazioni vengono esposte in sequenza e in modo distinto. Ma così riesce difficile, per il lettore o l’utente, poter disporre in modo organico di tutte le informazioni (quelle storiche, quelle relative ai problemi di degrado, quelle riguardanti l’intervento di restauro) sul singolo elemento dell’opera. La possibilità di rappresentare in modo sintetico queste informazioni di capitale importanza per la vita del patrimonio culturale è un valido mezzo per pianificare le attività ad esso connesse La tecnologia dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) sembra oggi la più adatta a raggiungere tale scopo, proprio perché rende possibile la visualizzazione e l’analisi dei fenomeni in tematismi e, nello specifico, permette di produrre una mappa sempre aggiornabile delle informazioni reperite nell’attività di restauro. Attraverso l’uso dei GIS è possibile organizzare in modo del tutto innovativo i dati relativi alle opere e agli interventi, determinando nuovi modi di uso degli stessi dati. Questa metodologia è stata concepita e realizzata a titolo sperimentale per il ciclo di affreschi della Cripta di Anagni. Si tratta di una vasta decorazione murale (circa 520 mq), risalente al XII-XIII secolo, composta da un alto numero di soggetti biblici e agiografici. L’Istituto Centrale per il Restauro ne sta curando la conservazione sin dal 1987. A quella data risale infatti l’installazione del primo sistema di controllo dei fenomeni microclimatici, tuttora in corso. A conclusione di un quinquennio di studi tecnici, venne realizzato l’intervento di restauro nel biennio 1992-1994 e curata la manutenzione delle superfici con interventi a cadenza biennale. Tutta questa attività ha dato vita ovviamente a una massa enorme di dati tecnici, la cui organizzazione costituisce ovviamente un Tecnologia GIS per la gestione di dati tecnici degli interventi di restauro: Il caso della Cripta di San Magno nel Duomo di Anagni 29 ICR - ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione problema di non facile soluzione. Accanto alle tradizionali metodologie (archivio cartaceo, banche dati) la sezione Controlli Ambientali del Laboratorio di Fisica ICR ha concepito e realizzato un database su tecnologia ORACLE degli stessi dati relazionandolo sulla base grafica del monumento e attraverso l’uso di un GIS (Archinfo, Arcview) accedere a tutti i dati relativi al singolo punto del monumento partendo direttamente dalla planimetria, oppure interrogare la banca dati per questioni particolari, attraverso queries. Posizionamento dei sensori per il rilevamento della temperatura e dell’umidità relativa nella cripta di San Magno – Anagni Rappresentazione grafica prodotta dall’interpolazione selezionata per intervalli di tempo predefiniti - dei valori registrati dai singoli sensori d’umidità relativa. Nell’esempio è riportata l’estrazione delle medie mensili relative al marzo 1991 . Il diverso cromatismo caratterizza le zone con umidità relativa differente, con riferimento ad una legenda - rappresentata a sinistra dell’immagine - che associa gli intervalli di valore con colori specifici. 30 OPD - OPIFICIO DELLE PIETRE DURE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione L’imponente Porta del Paradiso, proveniente dal Battistero di San Giovanni a Firenze, venne eseguita da Lorenzo Ghiberti fra il 1425 e il 1452. L’opera è costituita da due battenti in bronzo, Stefania Agnoletti, Annalena Brini, Ludovica Nicolai ognuno dei quali reca nella parte centrale 5 formelle con storie del vecchio testamento e nella fascia perimetrale 24 formelle con profeti e profetesse. Le formelle sono interamente dorate ad amalgama di mercurio e inserite negli alvei con ribattitura perimetrale. Il primo pannello venne smontato nel 1979 (scelto tra quelli caduti con l’alluvione del 1966 e rimontato con un sistema meccanico) per iniziare gli studi che portarono alla messa a punto di un procedimento chimico di pulitura che non interagisse con gli ossidi di rame che garantiscono l’adesione della doratura al bronzo sottostante. In quella occasione venne studiato lo stato di conservazione, la composizione dei composti chimici presenti nell’interfaccia bronzo-oro e i prodotti di alterazione presenti sulla doratura che risultarono soprattutto sali di rame (solfati, nitrati, cloruri) oltre a depositi atmosferici e sostanze organiche derivate da trattamenti precedenti. I due battenti sono stati portati all’Opificio nel 1990 quando la porta originale del Battistero è stata sostituita con una copia. Negli anni seguenti si è concluso lo smontaggio delle 10 formelle grandi, la pulitura delle parti non dorate, ed è iniziato lo smontaggio, molto complesso, delle formelle perimetrali. Lo smontaggio prevede la pulitura, l’osservazione, lo studio e la documentazione delle parti non a vista, ma risulta sicuramente invasivo nei confronti della costruzione dell’opera. La pulitura laser offre il grande vantaggio di essere effettuata in loco e sembra garantire nel tempo maggiore stabilità rispetto a quella chimica. Gli studi, le indagini preliminari e le prove laser, effettuate sulla formella con le storie di Noè, sono iniziate nel 2000 seguite dalla campagna di analisi tesa a valutare a fondo le due metodologie di pulitura (sali di Rochelle, ablazione laser). Le conclusioni, espresse e presentate in lavori precedenti, OPD Opificio delle Pietre Dure Direttore: hanno portato alla decisione di procedere con la pulitura Cristina Acidini Luchinat chimica per le formelle grandi e di quelle perimetrali già smontate (4 lunghe e 4 tonde) e con l’ablazione laser per Via degli Alfani,78 50121 Firenze quelle ancora in opera. Il lavoro è stato possibile grazie alla tel. 055.26511 collaborazione con l’IFAC del CNR di Firenze. fax 055.287123 La porta del Paradiso del Ghiberti: una metodologia d’avanguardia per la pulitura della doratura ad amalgama 31 OPD - OPIFICIO DELLE PIETRE DURE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Direzione del progetto: Annamaria Giusti, direttrice del settore “Bronzi e armi antiche” Restauro: Stefania Agnoletti, Annalena Brini e Ludovica Nicolai conducono la pulitura di ablazione col laser. Fabio Burrini ha eseguito e coordinato le fasi di smontaggio e le operazioni riguardanti la pulitura chimica, ancora in corso, delle formelle smontate. Con la fine del 2001 è iniziata la pulitura per ablazione laser delle formelle della cornice perimetrale del battente sinistro. La macchina in uso presenta caratteristiche mirate alla pulitura dei metalli: è un laser QS Neodimio Yag con durata d’impulso di 70 ns ottimizzata cercando il miglior compromesso tra efficienza di rimozione e sollecitazione termica del film. La fluenza generalmente impiegata è intorno ai 500 mJ/cm2 può essere leggermente incrementata qualora la durezza o la posizione dell’incrostazione lo richiedano. Per la fase operativa della pulitura laser le cornici in bronzo non dorato sono schermate con due strati successivi di nastro adesivo di carta in modo che non vengano casualmente colpite dall’ablazione laser e che la parte su cui si effettua la pulitura risulti delimitata. È applicato anche un telo di nylon per evitare che lo scorrimento dell’acqua deionizzata, necessaria durante la pulitura, bagni la superficie sottostante. L’acqua impiegata va opportunamente dosata: poiché in quantità insufficiente non abbatterebbe il picco termico e vaporizzerebbe troppo in fretta, in quantità eccessiva renderebbe inefficace l’ablazione e potrebbe richiedere una sua eccessiva ripetizione. La pulitura viene preferibilmente effettuata in modo da “scansionare” la superficie in maniera continua, ed è particolarmente efficace quando il fascio colpisce la superficie in modo perpendicolare. Trattandosi in questo caso di un modellato molto articolato quando il piano di incidenza risulta obliquo è necessario variare i parametri operativi. Nelle parti dove risulta necessario vengono effettuati impacchi localizzati con i sali di Rochelle a cui seguono le fasi di risciacquo e disidratazione. Il protocollo d’intervento messo a punto per la conservazione delle formelle non prevede l’applicazione di un protettivo superficiale, visto il precario stato di conservazione della doratura, ma l’esposizione in ambiente con microclima controllato. Dopo il restauro, i pannelli vengono inseriti in teche apposite al cui interno viene immesso azoto in sostituzione dell’ossigeno e gel di Silice come deumidificatore. Nel caso della pulitura in situ con ablazione laser, il controllo climatico viene effettuato applicando direttamente sul battente, nella cornice non dorata, una camera in materiale trasparente anossico fatta aderire mediante un nastro adesivo speciale, appositamente testato dal laboratorio chimico dell’Opificio delle Pietre Dure. L’apporto del gas inerte è garantito a flusso continuo da un produttore di azoto. 32 OPD - OPIFICIO DELLE PIETRE DURE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Direzione del progetto: Marco Ciatti e Cecilia Frosinini, direttore e vicedirettore del settore di restauro “Dipinti su tela e tavola” Restauro: Caterina Toso con la collaborazione per il supporto ligneo di Ciro Castelli Indagini di tipo fisico (coordinamento di Alfredo Aldrovandi): Alfredo Aldrovandi e Ottavio Ciappi per la Radiografia Rx; Alfredo Aldrovandi e Natalia Cavalca per le indagini spettrofotometriche e colorimetriche, con la collaborazione di Marcello Picollo (IFAC-CNR di Firenze); Pietro Moioli e Claudio Seccaroni dell’ENEA di Roma per la Fluorescenza X; Roberto Bellucci per la Riflettografia Digitale con Scanner (in collaborazione con l’INOA di Firenze); Fabrizio Cinotti e Annette Keller per le riprese in Fluorescenza UV, Infrarosso Falso Colore e Infrarosso Bianco e Nero Tomografia Assiale Computerizzata: Fabrizio Seracini della Siemens Medical Solution Indagini chimiche (coordinamento Daniela Pinna e Giancarlo Lanterna): Maria Rizzi per la Spettrofotometria in infrarosso (FTIR) Nel corso del 2005 l’Opificio delle Pietre Dure ha realizzato un intervento di restauro sulla piccola, ma affascinante Croce dipinta di Bernardo Daddi, uno dei Marco Ciatti principali seguaci di Giotto, appartenente al Museo Poldi Pezzoli di Milano. L’operazione si inseriva nel solco di una collaborazione ormai consolidata che ha visto, recentemente, un nuovo episodio costituito dal restauro del Ritratto di cavaliere in nero di Giovanni Battista Moroni, attualmente al centro di una interessante esposizione. La lettura e la valutazione della realtà materiale dell’opera e dei suoi significati storico-artistici, ponevano in evidenza due elementi: la natura preziosa, in rapporto con l’oreficeria coeva, del manufatto e la sua particolare funzione di croce destinata all’assistenza spirituale del condannati a morte nella Firenze medievale, che giustifica sul verso la presenza di tre Santi che hanno patito il martirio per mezzo della decapitazione: San Giovanni Battista, San Paolo e San Giacomo Maggiore, e sul recto l’immagine della morte abbigliata proprio come il reo nel giorno dell’esecuzione. Il primo ordine di considerazioni ha dunque condotto ad un intervento di restauro mirato a mantenere l’integrità estetica di fruizione dell’opera, conservando alcuni limitati vecchi rifacimenti, evitando dunque un approccio generale ed una pulitura improntati ad una interpretazione strettamente filologica. La seconda chiave di lettura ha inaspettatamente trovato una ulteriore conferma grazie alle indagini diagnostiche preliminari che hanno consentito di individuare una cavità segreta, anticamente destinata ad ospitare una reliquia che doveva servire ad aumentare il potere consolatorio dell’oggetto verso chi ad essa si affidava per la salvezza, almeno, della sua anima. L’intervento di restauro è divenuto, secondo la metodologia ormai consolidata dell’Opificio, un momento di approfondimento delle nostre conoscenza sull’opera, attraverso tutti i possibili livelli di lettura che si riferiscono alla sua realtà materica ed ai suoi valori immateriali. Una profonda frattura nella parte inferiore del braccio verticale, alcune ridipinture e varie alterazioni di materiali superficiali costituivano, in grande sintesi, i principali problemi conservativi. L’intervento di restauro è stato realizzato con grande accuratezza, applicando in ogni momento tecniche innovative. Due sono i punti che in questa sede desideriamo sottolineare: l’impiego di tecniche di Tecniche innovative di indagine per il restauro della Croce di Bernardo Daddi del Museo Poldi Pezzoli 33 OPD - OPIFICIO DELLE PIETRE DURE Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione indagine sperimentali e tra queste la novità assoluta dell’applicazione di una indagine in Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), grazie alla collaborazione offertaci generosamente dalla ditta Siemens s.p.a.; l’impiego di materiali solventi di recente messa a punto impiegati per mezzo dell’Emulsione Grassa e dell’Emulsione Stearica, nonché di un Chelante formulato appositamente per la rimozione di alcune ridipinture. In sintesi possiamo ricordare che l’impiego della TAC ha consentito di localizzare nello spazio alcuni elementi metallici inseriti in vari momenti a rinforzo della citata frattura, consentendoci di decidere a favore di una loro differenziata rimozione, e soprattutto ha individuato chiaramente la cavità segreta della reliquia non immediatamente percepibile con la normale Radiografia Rx. Questo restauro ha visto anche l’applicazione dell’indagine spettrometrica, per una individuazione dei pigmenti in maniera non invasiva (insieme al falso colore in IR e alla Fluorescenza X applicata grazie alla disponibilità dei colleghi dell’ENEA di Roma), e delle misure colorimetriche che cercano di Il recto della Croce e, a destra, l’immagine ottenuta con tomografia computerizzata che ha reso visibile il vano reliquiario segreto 34 misurare in maniera oggettiva il cambiamento dei colori prima e dopo la pulitura, metodica quest’ultima che auspichiamo possa divenire sempre più diffusa nell’operatività quotidiana del restauro. La pulitura poi, compiuta secondo i consueti principi della scuola fiorentina che la intendono come un recupero di leggibilità all’interno del ristabilimento di corretti rapporti fra i vari colori, ha consentito di evidenziare la finissima qualità della tecnica di esecuzione e di mantenere un valido equilibrio nella visione dell’insieme al di là dei vari problemi conservativi localizzati. I nuovi strumenti della pulitura, dai materiali acquosi (Resin Soaps) ai vari tipi di Solvent Gels, fino ai Chelanti, possono oggi consentire di operare in maniera molto più mirata in relazione ai materiali che le indagini ci connotano quali quelli da rimuovere più o meno parzialmente, evitando la generica aggressività dei solventi tradizionali. Non si può non cogliere anche questa occasione per auspicare che i problemi di maggiore complessità nella formulazione, e quindi di maggior tempo e costo, non continuino a costituire un ostacolo ad una loro maggiore diffusione nel mondo italiano del restauro. I risultati di questo progetto sono stati pubblicati nel volume La Croce di Bernardo Daddi del Museo Poldi Pezzoli. Ricerche e conservazione, a cura di Marco Ciatti, Edifir, Firenze 2005. La croce dopo il restauro 35 DBAL Dipartimento per i b Archivi Liguria – Archivio di Stato della Spezia · Il restauro virtuale della “Pace di Calcandola”: un documento stipulato in Lunigiana alla presenza di Dante Alighieri 38 Graziano Tonelli Piemonte – Archivio di Stato di Torino · Progetto IDAP - Rilevazione di danni su pergamene dell’Archivio di Stato di Torinoi 41 Cecilia Laurora, Marzia Rizzo, Rosetta Granziero, Battista Pittari Trentino Alto Adige – Archivio di Stato di Trento · Valorizzazione di un Archivio di Famiglia 43 Soprintendenza Archivistica per l’Umbria · Il Servizio di conservazione 46 Rosella Martinelli Veneto – Archivio di Stato di Belluno · Il restauro degli atti notarili dell’Archivio di Stato di Belluno 53 Veneto – Archivio di Stato di Venezia · Il restauro degli atti notarili alluvionati dell’Archivio di Stato di Venezia 56 Biblioteche Campania – Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III · Conservazione e restauro virtuale nell’Officina dei Papiri Ercolanesi 58 Agnese Travaglione · Onde radio alla Biblioteca Nazionale di Napoli: il monitoraggio ambientale 61 Angela Pinto Emilia Romagna – Biblioteca Palatina di Parma · Progetti di restauro in una Biblioteca. Un esempio: la Biblioteca Palatina di Parma 63 Silvana Gorreri Lazio – Biblioteca Angelica · Progetto SAL.VA.RE. 67 Lazio – Biblioteca Universitaria Alessandrina · I Discorsi del Mattioli ed il sito del libro 71 Mirtella Taloni Piemonte – Biblioteca Nazionale Universitaria · Il restauro dei codici danneggiati della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino Aurelio Aghemo 73 i beni archivistici e librari Archivi e biblioteche LIGURIA – ARCHIVIO DI STATO DELLA SPEZIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Archivio di Stato di La Spezia Direttore: Graziano Tonelli Via Galvani, 21 19124 La Spezia Tel. 0187.506360 –564730 fax 0187.563592 [email protected] www.archiviostatospezia.org Il progetto di restauro virtuale è stato presentato nel corso di due conferenze tenutesi a: · Ekaterinburg, Hotel Atrium, 6 ottobre 2005; · Mosca, Palazzo Orlov, 12 Graziano Tonelli ottobre 2005. Le conferenze sono state inserite nell’ambito di due manifestazioni promozionali del “Made in Italy” proposte dalla Regione Liguria in collaborazione con la Provincia della Spezia e la Camera di Commercio della Spezia. Il contributo scientifico è stato presentato nelle due giornate dedicate a rilevanti aspetti, tematiche e progetti culturali proposti da Istituzioni attive sul territorio. A Ekaterinburg, nel salone dell’Hotel Atrium, che ha visto la presenza di circa duecento partecipanti, sono intervenuti anche il Console Onorario italiano ed il Ministro della Cultura russa per il territorio. A Mosca l’evento culturale è stato organizzato in collaborazione con l’Associazione Italia-Russia, che ha fornito spazi attrezzati all’interno del prestigioso Palazzo Orlov. La manifestazione ha visto la partecipazione, tra gli altri, di numerosi iscritti alla sezione russa della “Dante Alighieri”, che hanno proposto la pubblicazione dell’intervento sul loro bollettino periodico. Il restauro virtuale della “Pace di Calcandola”: un documento stipulato in Lunigiana alla presenza di Dante Alighieri Il documento Nel 1302 Dante Alighieri, accusato in contumacia di baratteria, concussione, estorsione ed opposizione sediziosa alla politica papale è condannato ad una multa di 5000 fiorini ed all’esilio dai domini fiorentini per la durata di due anni.. Alla scadenza del termine, visto che il “Sommo Poeta” rifiutava di riconoscere l’autorità giudicante e non provvedeva al pagamento della sanzione, gli verranno confiscati i beni e sarà condannato al rogo. Comincia, perciò, l’esilio del “Ghibellin Errante” che lo fa diventare un uomo sopra le parti, spogliandolo del suo municipalismo per renderlo cittadino d’Italia. La necessità di sopravvivere trasforma Dante in uomo di corte; lo troviamo come poeta, segretario, ambasciatore, delegato dei maggiori signori dell’Italia settentrionale che gli offrono ospitalità, accettata con buona grazia, ma vissuta come una durissima umiliazione. 38 Sono anni molto tristi per il poeta che si sposta dalla corte dei Signori di Treviso alla casa degli Scrovegni, ricchi mercanti padovani, dove raggiunge prima Bologna poi la Lunigiana, alla corte del Marchese Moroello Malaspina. In quegli anni egli inizierà a scrivere la DIVINA COMMEDIA, con uno stile umile, non aulico, che potesse essere apprezzato da chiunque. Sul finire del 1306, Dante Alighieri si trova ancora in Lunigiana, ospite dei Malaspina. È in viaggio per Sarzana e qui, in piazza Calcandola nell’area dove adesso sorge il Palazzo municipale (il 6 ottobre 1306, alle prime ore del mattino) riceverà da Franceschino Malaspina, per atto del notaio sarzanese Ser Giovanni di Parente di Stupio, una procura in bianco che lo autorizzava formalmente a trattare in nome e per conto di tutto il casato dello Spino Secco la cessazione delle ostilità con Antonio Nuvolone da Camilla, il potente Vescovo-Conte di Luni. Si trattava di una vera e propria procura generale nella quale il Poeta aveva totale facoltà di decisione nella trattativa di pace. Quella stessa mattina in compagnia dei testimoni, Dante salirà al Palazzo dei Vescovi di Castelnuovo Magra dove verrà siglata la storica intesa, che segnerà la fine di un lungo periodo di guerre tra il potente casato malaspiano e l’altrettanto influente Vescovo di Luni. L’avvenuta stipulazione della cosiddetta “Pace di Calcandola” è testimoniata dalle sette tavole a noi pervenute, contenenti la procura data a Dante dai Malaspina, documento che è conservato all’Archivio di Stato della Spezia. Saranno infinite le vicissitudini che l’imbreviatura notarile dovrà sopportare, nel corso dei secoli, rischi di dispersione, di distruzione o di oblio, prima di raggiungere la sua naturale collocazione nella sede dell’Istituto di conservazione che ha predisposto l’intervento di restauro virtuale, a cui farà seguito anche il successivo restauro tradizionale del supporto cartaceo. Il restauro virtuale Allo stato attuale il documento presenta, oltre a danni dovuti ad umidità ed all’azione di agenti patogeni, una vasta macchia bruna e coprente dovuta a versamento di olio di sego, che ne impedisce, in parte, la lettura della grafia. Inoltre, un vecchio restauro per consolidarne la struttura di supporto avvenuto all’inizio del Novecento ha introdotto ulteriori elementi di disturbo della leggibilità dello straordinario documento. 39 Mulazzo (MS) Statua dedicata al “Sommo Poeta” LIGURIA – ARCHIVIO DI STATO DELLA SPEZIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi L’intervento di restauro virtuale a cui è stato sottoposto, condotto sull’immagine e non sull’originale, non ne ha danneggiato la già fragile struttura, consentendo, attraverso l’elaborazione dell’immagine, il recupero delle informazioni non più leggibili a occhio nudo e la lettura di originali in condizione di forte alterazione fisica. Dal punto di vista tecnico l’applicazione, elaborata dalla Ditta Fotoscientifica re.co.rd di Parma, utilizza la tecnologia digitale applicata a tutte le frequenze della banda luminosa, sia nel range del visibile (riprese RGB), sia dell’invisibile (riprese ultravioletto e infrarosso). I tre momenti distinti che hanno permesso il raggiungimento dell’eclatante risultato sono state: • Acquisizione dell’immagine; • Collazione dei dati informativi registrati; • Elaborazione per l’ottimizzazione del testo al fine di identificare i segni non più visibili. Notevoli risultati ottenuti dall’innovativo procedimento qui utilizzato su altra documentazione di varia provenienza, con problematiche differenti a seconda dei danni subiti dalla carta, dallo sbiadimento dell’inchiostro o da altre patologie, sono stati illustrati nell’ambito delle conferenze, utilizzando un supporto digitale. 40 PIEMONTE - ARCHIVIO DI STATO DI TORINO Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Archivio di Stato di Torino Direttore: Isabella Massabò Ricci Piazza Castello, 209 10124 Torino tel. 011.540382 Il progetto IDAP (Improved damage assessment of parchment), cui ha partecipato l’Archivio di Stato di Torino, è un progetto europeo che si Cecilia Laurora, Marzia Rizzo, propone di censire i danni delle pergamene conservate in vari Rosetta Granziero, Battista Pittari istituti in Italia, Danimarca, Grecia, Inghilterra, Scozia, Cechia e Svezia, per poterli prevenire in futuro mediante una corretta conservazione o per eliminarli nel modo più opportuno, attraverso la conoscenza più approfondita delle struttura chimico-fisica dei materiali. Il laboratorio dell’Archivio di Stato di Torino ha avviato nel corso dell’anno 2004 una collaborazione con l’Università di Torino, Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, con l’Archivio storico del comune di Torino e con gli altri Istituti europei nell’ambito del progetto, coordinato dalla School of conservation in Denmark. I risultati del lavoro di ricerca svolto presso il laboratorio sono stati presentati per la prima volta a Torino nel meeting del 2526 marzo 2004 e in seguito nel meeting che si è svolto a Copenhagen nell’agosto del 2005. L’analisi effettuata presso il laboratorio consisteva nell’individuare ed analizzare una serie di pergamene di diversa provenienza, tipo ed età, rilevandone i danni e nell’inserire i dati raccolti in schede progettate e fornite dall’IDAP e in seguito riversate sul sito del progetto. La ricerca, limitata per ragioni di tempo e mole di lavoro, è stata svolta dai tecnici del laboratorio di restauro e seguita dalla responsabile su un campione di 33 pergamene risalenti a periodi diversi, le più antiche sono del XIII secolo e le più recenti del XVIII, tutte comunque provenienti dai fondi documentari conservati nelle due sedi dell’ente. Al fine di ottenere un quadro il più possibile completo di tutti gli eventuali usi della pergamena nei documenti d’archivio, pur nella limitatezza del numero dei campioni, sono stati scelti: fogli singoli, che contenevano però un documento completo, rotoli e coperte di registri cartacei, provenienti per la maggior parte dall’Archivio delle Camere dei conti di Savoia e di Piemonte e dagli Uffici finanziari sabaudi. E’ facile intuire che il lavoro si è svolto principalmente su fogli singoli, o su legature già staccate dai registri, o su rotoli i cui fogli erano stati scuciti in precedenza, per la loro maggiore maneggevolezza, ma comunque è stato possibile osservare Progetto IDAP Rilevazione di danni su pergamene dell’Archivio di Stato di Torino 41 PIEMONTE - ARCHIVIO DI STATO DI TORINO Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi due coperte ancora montate e due fogli singoli collegati da due sigilli. L’analisi è stata compiuta utilizzando le apparecchiature presenti presso il laboratorio di restauro: microscopio, micrometro, esposimetro, ed è stata costruita, insieme ai colleghi dell’Archivio storico del comune, una piccola struttura per misurare, in ambiente neutro, il colore delle pergamene, la trasmissione della luce, la flessibilità, nonché la trasparenza e l’aspetto della superficie. Le condizioni di conservazione di tutti i documenti sono state individuate ed indicate nelle schede IDAP e si è rilevato che negli ultimi 10 anni, dopo il restauro delle due sedi dell’Archivio di Stato di Torino, sono state ottimali. Su alcuni degli esempi proposti si è riscontrata la presenza di restauri pregressi, o si è intervenuti con una pulizia a umido. Sono state indicate le pelli di quali animali erano state usate per le pergamene, riscontrando la presenza preponderante di pelli di vitello e di pecora ed è stato possibile prelevare alcuni piccoli campioni per permettere ulteriori analisi chimiche e fisiche da svolgere presso il laboratorio di Copenhagen. Sono stati notati danni dovuti principalmente al maneggiamento dei documenti o al loro contatto con liquidi, inoltre sono stati notati anche danni biologici. I tecnici del laboratorio: Rosetta Granziero Battista Pittari Marzia Rizzo Il responsabile del laboratorio: Dott. Cecilia Laurora 42 TRENTINO ALTO ADIGE – ARCHIVIO DI STATO DI TRENTO Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Archivio di Stato di Trento Direttore: Giovanni Marcadella Ambito del progetto Il Progetto “Il Trentino e Valorizzazione di un l’Europa. Culture allo Archivio di Famiglia specchio tra passato e presente” promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Trento, ha inteso mettere in evidenza protagonisti, avvenimenti e fenomeni culturali del Settecento trentino. Come base del progetto è stata condotta un’indagine approfondita sulle fonti archivistiche relative a quel periodo storico. Si è così “riscoperta” la schedatura del fondo musicale dell’Archivio della famiglia Buffa di Telve Valsugana conservato nell’Archivio di Stato di Trento. Negli anni settanta se ne era occupato il noto musicologo Clemente Lunelli, il cui lavoro è depositato presso l’Ufficio Ricerche Fonti Musicali di Milano, a disposizione del mondo scientifico. La ricerca documentaria ha avuto come fine la pubblicazione del catalogo “SULLE RIVE DEL BRENTA, musica e cultura attorno alla famiglia Buffa di Castellalto (sec. XVI-XVIII) ” a cura di Antonio Carlini e Mirko Saltori, uscito nell’ambito della prestigiosa collana Patrimonio storico artistico della Provincia Autonoma di Trento – Soprintendenza per i beni librari e archivistici. Con la collaborazione del Museo degli usi e costumi della gente trentina di San Michele all’Adige e del Comune di Borgo Valsugana è stato realizzato anche un CD con musiche per fortepiano su partiture originali rintracciate nell’Archivio Buffa. Infine in occasione della VII Settimana dei Beni Culturali del 2005 è stata organizzata a cura del Sistema Culturale Valsugana Orientale e dell’Archivio di Stato di Trento una mostra documentaria che è stata ospitata presso lo spazio Klien di Borgo Valsugana. Queste realizzazioni ed eventi sono stati il frutto una preziosa collaborazione tra l’Archivio di Stato, possessore dei documenti, Via Maccani, 161 38100 Trento tel. 0461.829008-828683 fax 0461.828981 [email protected] archivi.beniculturali.it/ASTN/in dex.html Coordinatore e responsabile del progetto: Paola Panaccio Parisi, Responsabile Servizio Conservazione e Restauro Progettazione e realizzazione tecnica: Luciana Chini Realizzazione grafica multimediale: Crisitiana Pivari Riprese fotografiche: Michele Saracino 43 TRENTINO ALTO ADIGE – ARCHIVIO DI STATO DI TRENTO Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trento, la Fondazione Tartarotti, la Famiglia Buffa, la Provincia Autonoma di Trento – Soprintendenza per i beni librari e archivistici, il Museo degli usi e costumi della gente trentina di San Michele all’Adige, il Comune di Borgo Valsugana e il Sistema Culturale Valsugana Orientale. Grazie a questa collaborazione si è giunti a vedere finalmente valorizzato questo piccola ma inestimabile raccolta musicale, frammento di Fondo archivistico che per anni era rimasto pressochè silenzioso. Il progetto di Restauro e Condizionamento L’Archivio di Stato di Trento, con il suo Laboratorio interno di Restauro, in previsione di un periodo di intensa consultazione del fondo e in vista dell’esposizione dei documenti, ha elaborato ed attuato un intervento di restauro e ricondizionamento degli spartiti musicali dell’Archivio Buffa. Si è operata una scelta conservativa che prevedesse il posizionamento dei documenti in orizzontale e si è studiato un prototipo di scatola da conservazione, senza parti incollate e quindi completamente apribile, tale da permettere la consultazione dei documenti senza doverli estrarre dalla scatola stessa. La serie spartiti musicali dell’Archivio Buffa Si tratta di una raccolta di 5 mazzi di 297 di spartiti musicali, composti di 2823 carte, divisi in due sezioni: due buste di 814 carte a stampa e tre buste di 2009 carte manoscritte. Queste cinque buste fanno parte dell’Archivio di Castellalto e dei Baroni Buffa che “è stato recuperato dopo la prima guerra mondiale (durante la quale Telve venne a trovarsi sulla linea di fuoco) … il materiale cartaceo si trovava in condizioni pietose: guasto dall’umidità e talmente coperto e impregnato di sudiciume, che ci sono voluti molti mesi di paziente pulizia per poterlo rendere almeno parzialmente consultabile”. Stato di conservazione Lo stato di conservazione risultava al momento dell’intervento di restauro e condizionamento alquanto compromesso, i danni principali erano dovuti a sudiciume, polvere e attacchi di muffe. Operazioni di restauro Si è provveduto alla cartulazione di tutte le carte e contemporanea approfondita pulizia a secco. Durante queste operazioni si è valutato che soprattutto le carte a stampa hanno subito danni da infiltrazioni di umidità e sono per buona 44 parte danneggiate infragilite, e presentano lacune. Si è deciso di procedere cominciando a intervenire con la busta n. 3, cioè con gli spartiti manoscritti meno danneggiati, al fine di poter togliere dalla consultazione i documenti per il minor tempo possibile. Si è provveduto quindi a condizionare spartito per spartito in camicie piegate su misura in carta Ingres avorio, (carta non acida con una riserva alcalina adatta alla conservazione, che inoltre ha una composizione a fibra di cellulosa lunga e perciò è resistente alle piegature) su cui si sono applicati la segnatura e il titolo.Le singole camicie poi si sono collocate in scatole appositamente preparate su misura in cartone Museum da conservazione, nelle quali le camicie contenenti gli spartiti saranno conservate in posizione orizzontale. Per le carte danneggiate e bisognevoli di intervento di restauro, si è proceduto al lavaggio, al ricollaggio, allo spianamento e al risarcimento delle lacune con la carta giapponese adatta, carta velina e metilcellulosa. Si sono poste su tutte le camicie degli spartiti le etichette in carta adesiva con le segnature e i titoli tratti dall’indice redatto dal dott. Clemente Lunelli copiato al computer su file. Risultati conseguiti Tutte queste operazioni hanno permesso di conseguire diversi risultati: • Scoperta dell’importanza storica della Famiglia Buffa e della sua influenza sulla cultura contemporanea • Pubblicazione del catalogo analitico delle musiche con facile reperibilità dei singoli spartiti • Conservazione ottimale data sia dal sistema di posizionamento in orizzontale dei documenti che dalla loro collocazione in scatole su misura in cartone acid free studiate per evitare anche il minimo danno nella consultazione. • Creazione di un modello di scatola che per le sue caratteristiche peculiari potrà essere utilizzata per tutti quei fondi archivistici di carattere miscellaneo la cui documentazione deve essere trattata, anche in fase di consultazione con il massimo delle precauzioni onde evitarne il deterioramento. Note: A. Casetti, Guida storico – archivistica del Trentino p. 763, rilevazione a. 1955 45 SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L’UMBRIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Il Servizio di conservazione, che nell’ambito delle Soprintendenze archivistiche opera in questo Rosella Martinelli specifico settore, fu istituito per l’affidamento di “tutte le mansioni inerenti la verifica dello stato di conservazione del materiale archivistico, l’attivazione delle necessarie misure di prevenzione, la predisposizione dei progetti finalizzati al restauro del materiale deteriorato e la realizzazione della fotoriproduzione relativa …”1. Il servizio cura, quindi, le pratiche relative alla conservazione archivistica intesa come recupero, restauro e custodia del bene dai deterioramenti naturali e dai danneggiamenti straordinari, rapportandosi e collaborando con gli altri servizi, in particolare con i settori del Servizio di vigilanza archivistica, che controllano la conservazione degli archivi sotto l’aspetto del riordinamento delle carte, della dotazione dei mezzi di corredo e degli strumenti per la ricerca, la gestione e la fruizione dei documenti. La vigilanza sulla conservazione, per gli istituti periferici, non si configura soltanto come un mero problema di pronto intervento, ma più propriamente come salvaguardia del patrimonio vigilato non solo nelle emergenze, ma anche in via ordinaria, esplicandosi in un’adeguata gestione degli interventi di restauro, sia di quelli finanziati dall’Amministrazione, sia degli altri, a carico degli enti, a cui comunque va fornita la consulenza tecnica di precisa competenza. Da tempo il Ministero, non solo mediante stanziamenti sugli ordinari capitoli di bilancio ma anche in attuazione di leggi speciali, ha potenziato l’opera di salvaguardia del patrimonio archivistico non di Stato, estendendola anche agli archivi degli enti di culto. Si sono evidenziate, in una più ampia politica di valorizzazione, le prioritarie istanze conservative e, grazie a contributi statali, sono stati realizzati molti restauri di documenti, programmi di restauro, singoli progetti, pareri a carico degli organi di vigilanza, visti di congruità sui preventivi, verifiche in corso d’opera e, per finire, collaudi; questi sono stati e sono i vari aspetti di un’attività propriamente volta alla conservazione, termine in questo caso Soprintendenza Archivistica per l’Umbria utilizzato nell’accezione più completa, da parte delle Soprintendente: Soprintendenze, che si pongono quale polo di riferimento Mario Squadroni tecnico nei confronti degli enti pubblici e degli enti privati2. Via Martiri dei Lager, 65 I tre progetti di restauro qui di seguito descritti sono una 06128 Perugia piccola, non significativa, testimonianza dell’ampia attività tel. 075.5052198 – 5055715 fax 075.5052198 – 5055715 conservativa realizzata dalla Soprintendenza archivistica per [email protected] l’Umbria a partire dal 1990. www.archivi.beniculturali.it/SAPG Il Servizio di conservazione 46 Archivio dello Studio-laboratorio Moretti Caselli di Perugia. Restauro dei disegni-progetto delle vetrate del cimitero di Glendale (California), della Basilica di Loreto, del Duomo di Perugia. L’attività del laboratorio di vetrate dipinte a fuoco fu iniziata da Francesco Moretti (1833-1917) artista e restauratore di vetrate, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia e direttore della Pinacoteca di Perugia. Presso lo studio è conservato un patrimonio archivistico di notevole interesse costituito da materiale documentario, da bozzetti, da disegni e cartoni anche di grande formato. Tale documentazione si rivela preziosa per la ricostruzione delle vicende storiche e conservative di manufatti realizzati in tempi passati o di opere restaurate. I disegni, realizzati da Francesco Moretti, Ludovico Caselli, Rosa e Cecilia Moretti Caselli, su cartoncini di diverse dimensioni, tesi su telai in legno, sono conservati in parte esposti nel salone principale del laboratorio3; molti disegni-progetto su telaio insieme ad un’infinità di rotoli lucidi e cartacei, di sezioni dei progetti, erano purtroppo segnati da gravi lacerazioni che ne minacciavano una probabile fine non troppo lontana. Fu predisposto un progetto preliminare comprendente i cartoni dell’ultima cena, di m. 8,84x4,59 e due grandi tondi, di diametro di m. 3,75, delle vetrate realizzate per la Basilica di Loreto; i disegni, di formati vari e comunque molto grandi, erano realizzati su un supporto sicuramente di mediocre qualità; i cartoncini di minimo spessore risultavano gorati dalla polvere, ingialliti, con qualche attacco di foxing e molto fragili, con strappi e lacerazioni di non facile sutura, soprattutto nelle tempere delle vetrate di Loreto. Si optò quindi nel richiedere a ditte altamente qualificate di presentare un proprio progetto da sottoporre alla valutazione del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro degli Archivi di Stato per uno studio delle proposte, sulla base delle diverse tecniche di intervento, dei prodotti e dei costi. Furono restaurati n. 13 disegni, della vetrata realizzata al cimitero di Glendale in California nel 1902 raffigurante l’Ultima cena 4, eseguiti a matita e carboncino, 18 disegni riproducenti le vetrate realizzate per la Basilica di Loreto, eseguiti a tempera con fissativo con imprimitura a colla, il tondo del martirio di S. Lorenzo, le vetrate del Duomo di Orvieto e l’incoronazione della Vergine, tutti a grandezza naturale, realizzati a carboncino. Si richiese alla ditta la disinfezione totale, la deacidificazione e il restauro di tutti i pannelli, oltre ad una congrua documentazione 47 Progetto n. 5/2000 Responsabile del procedimento, progetto preliminare: Rosella Martinelli Progetto esecutivo: ditta Pandimiglio di Roma 1 Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Divisione tecnologia archivistica, Circolare n. 114/94 (12) del 13 luglio 1994. 2 Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Divisione vigilanza, Proposta della div. Vigilanza circa l’opportunità di istituire presso le Soprintendenze archivistiche centri di pronto intervento e servizi tecnici di conservazione, 1 aprile 1994. 3 Altri bozzetti di lavori relativi alle vetrate del Duomo di Orvieto, vetrate della chiesa di S. Domenico, della Cattedrale di S. Lorenzo, del palazzo Gallenga Stuart, castello Telfener Oscano di Perugia, Assisi: basilica di S. Maria degli Angeli, Todi vetrata circolare del Duomo, vetrate per Glendale in California, Pieve di Arezzo, Cortona, Cattedrale di Capua, cimitero di Rieti, di Napoli, Duomo di Arezzo ecc. sono conservati presso il laboratorio. 4 La vetrata dell’Ultima cena fu commissionata da Hubert Eaton per la Fondazione Forest Lawn per il cimitero di Glendale a Los Angeles. Eaton voleva che il cimitero non inviasse solamente un’ immagine del dolore, ma esprimesse serenità e volendo trasmettere tali sensazioni si avvalse dell’aiuto della natura e dell’arte. La vetrata è posta nel mausoleo del grande parco cimitero che si estende su più colline e che la ospita, incastonata nella cappella realizzata ad imitazione della basilica superiore di Assisi fra numerose copie di grandi capolavori del passato. 5 C. PROSPERI, L’attività di vigilanza nelle varie fasi del restauro, in La carta, il fuoco, il vetro, a cura di G. Giubbini e R. Santolamazza, catalogo della mostra, Perugia, Centro Espositivo Rocca Paolina 19 maggio – 24 giugno 2001, Città di Castello, Edimond, 2001, pp. 39-44. SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L’UMBRIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Progetto di restauro n. 7/2003 Progettista, direttore dei lavori: Rosella Martinelli fotografica. Le particolari difficoltà emergenti nel corso dei lavori sono state tutte affrontate sotto la costante guida della dr.ssa Cecilia Prosperi, direttore del servizio conservazione e restauro del C.F.L.R. che così ha descritto l’opera: “I disegni, vere e proprie opere d’arte su carta, presentavano essenzialmente danni di origine meccanica oltre ad un comune stato di degrado dovuto a sporco diffuso e talvolta da gore da infiltrazione da umidità. La carta, molto calandrata, anche se con varianti relative alla grammatura, è di quella comunemente detta da spolvero e presentava su tutti i disegni un progressivo ingiallimento sia per i processi di acidificazione che per accentuata sensibilità alle fonti luminose. Danni da foxing, macchie di colore bruno sono presenti sia sul verso sia sul recto dei pannelli, come anche quelle di ruggine. I pannelli, anche se forniti di opportuna protezione, data la loro intrinseca fragilità, hanno subito ugualmente alcune lacerazioni. Spesso i tagli che erano stati imprudentemente fissati nel passato con strisce di carte di varia natura, molto visibili anche sul recto, fatte aderire con colla di origine animale, si sono rivelati, nel corso degli interventi di restauro tra i danni più complessi da sanare perché non combacianti, dilatati e spesso delaminati. Altro problema di non facile soluzione è stato quello di evitare, nella rimozione delle pregresse colle, la formazione di aloni e sbavature; tutte le strisce poste sul verso, nel tentativo di chiudere i tagli e risarcire le lacune, sono state rimosse a secco o ricorrendo all’utilizzo del vapore o nei casi di maggiore resistenza al distacco, al tamponamento con acqua tiepida. In generale si può affermare che sono concorsi nel restauro dei disegni dell’archivio Moretti Caselli diversi fattori di difficoltà: grandi dimensioni, fragilità dei supporti, difficoltà di conservazione, ma soprattutto materiali poveri come carta da spolvero, cartoncino, graffite. L’intervento è stato improntato allo scopo di bloccare il degrado in atto, di porre rimedio ai danni presenti e di ricondurre i disegni alla loro integrità, predisponendo inoltre idonee misure conservative”5. Università degli Studi di Perugia – Recupero di importanti documenti musicali del Trecento Su invito dell’Università degli Studi di Perugia, la Soprintendenza archivistica per l’Umbria (Perugia) compiva nell’estate del 2003 un sopralluogo presso la Biblioteca del Dottorato dell’Ateneo per esaminare lo stato di conservazione dell’incunabolo Inv. 15755 48 N. F. e predisporre un intervento di restauro. Si trattava di un volume cartaceo con coperta dal dorso in pelle e assi in legno, la quale, da un esame visivo, era da ritenersi coeva al libro, anche se alcune particolarità potevano far pensare ad un successivo intervento di consolidamento delle legature6. L’incunabolo risultava cucito su quattro nervi spaccati in pelle; i capitelli, in testa e al piede, erano inseriti alle assi lignee; le chiusure sul taglio anteriore avevano due bindelle e graffe metalliche. Le carte di guardia si trovavano anteriormente e posteriormente. Nel caso specifico presentavano una particolarità: la guardia e controguardia anteriore erano in carta, mentre la guardia e controguardia posteriore erano rispettivamente in carta e in pergamena, quest’ultima tratta da un antico manoscritto italiano del Trecento, di notevole pregio musicale. Altri frammenti in pergamena risultavano presenti, adesi sulla piegatura dei bifogli esterni o come vele all’interno di alcuni fascicoli. Gli elementi evidenziati nell’analisi del volume riguardavano: l’anomalia delle guardie e controguardie che, come sopra descritto, risultavano difformi; le brachette in pergamena di riutilizzo incollate sulla piegatura di alcuni fascicoli; le annotazioni manoscritte sull’angolo superiore delle carte. I frammenti in pergamena non erano stati inseriti a seguito di un intervento di restauro, come spesso poteva accadere, in quanto la piegatura del foglio dell’incunabolo, esaminata all’interno, presentava una carta integra. La pergamena, quindi, aveva l’esclusivo ruolo di rinforzo delle cuciture. Altro elemento che poteva indurre a pensare ad un eventuale intervento di ricomposizione della legatura, era dato dalle annotazioni manoscritte presenti nell’angolo superiore destro di alcune carte, talvolta tagliate per effetto di una rifilatura. L’incunabolo si presentava in buono stato di conservazione, ma risultavano danneggiati il dorso in pelle (consumato e lacerato), i capitelli (spezzati), le chiusure sul taglio anteriore della coperta, la cucitura (allentata nell’ultimo fascicolo) e i supporti cartacei (di buona qualità, ma leggermente scuriti e gorati, con qualche strappo). Nel rispetto dei principi del restauro conservativo, era opportuno intervenire bloccando i processi di degrado in atto, per restituire le funzioni d’uso e garantire quanto più a lungo possibile la trasmissibilità. Con l’occasione si doveva provvedere al recupero della leggibilità dell’importante documento pergamenaceo posto a controguardia. Si è così deciso di operare un attento restauro evitando la scucitura del volume, in considerazione della buona condizione in cui si trovava. 49 6A seguito del terremoto la sala del Dottorato sede del fondo antico della biblioteca universitaria, subì gravi danni. Per provvedere al consolidamento della struttura il patrimonio librario fu tutto trasferito. Terminati i lavori di restauro prima di ricollocare il materiale librario nella sua sede naturale, è stata fatta una accurata depolverizzazione e ricognizione fotografica di tutti i volumi. È nel corso di questo lavoro che il dr. Gianfranco Cialini, responsabile della biblioteca, ha scoperto un bifoglio in pergamena proveniente da un manoscritto italiano della fine del ‘300 utilizzato come carta di guardia di un volume cartaceo: un incunabolo del 1473. La scoperta ha suscitato particolare attenzione perché il foglio in questione permette: “a) di conoscere l’esistenza di un nuovo codice arsnovistico, b) fornisce il nome di un musicista finora sconosciuto e due sue composizioni; c) contiene un Credo mensurale in lingua volgare, la parte superiore di un Sanctus polifonico e un Agnus Dei a due voci completo. Altri piccoli frammenti, provenienti dallo stesso manoscritto, si trovano al centro di vari quinterni del volume. Essi sono molto importanti per capire la struttura del codice che conteneva anche composizioni profane dei più noti musicisti dell’epoca, come il madrigale Non al suo amante più Diana piacque di Jacopo da Bologna su testo di Francesco Petrarca”. Considerata l’importanza del frammento era assolutamente necessario il distacco per lo studio. Cfr. Frammenti musicali del Trecento nell’incunabolo Inv. 15755 N. F. della Biblioteca del Dottorato dell’Università degli Studi di Perugia, a cura di B. Brumana e G. Ciliberti, Firenze, Leo S. Olschki, 2004. 7Tra le altre serie è da segnalare il ricco fondo (131 registri) di opere manoscritte di storici ed eruditi locali settecenteschi, che raccoglie scritti del Certini, (gli Annali istorici, le storie di quasi cento famiglie di Città di Castello, gli elenchi dei governatori), del Pazzi, SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L’UMBRIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Il progetto di restauro predisposto, volendo mantenere l’integrità materiale ed assicurare la conservazione e la protezione dei valori culturali del bene, come da disposizioni in materia, ha previsto il recupero e la reintegrazione delle sole parti mancanti o gravemente danneggiate (dorso, chiusure), escludendo interventi invasivi che alterassero la struttura caratteristica del volume. Il distacco e il restauro della pergamena di controguardia, erano possibili sfilando l’ultimo fascicolo che già aveva una cucitura allentata. Il progetto prevedeva quindi: la pulizia a secco di tutte le carte con pennello morbido e ad umido, per tamponamemto, nelle parti gorate; il distacco, la pulizia e il restauro della coperta, con integrazione delle parti mancanti o danneggiate (dorso, chiusure, capitelli); il distacco della controguardia e la scucitura dell’ultimo fascicolo per permettere il recupero della pergamena che era accavallata. Il bifoglio membranaceo andava pulito, ammorbidito e restaurato. Per la futura conservazione del documento, in considerazione della sua particolare importanza, sono state esaminate diverse soluzioni: il frammento poteva essere asportato dal volume per un futuro condizionamento autonomo; poteva essere reinserito nell’incunabolo nella stessa posizione in cui era stato adeso, completandolo con una brachetta in carta; poteva essere fissato alla cucitura attraverso gli antiche fori del bifoglio. Si è optato per questa ultima soluzione. Il documento è stato reinserito alla fine del volume, protetto tra due fogli di carta a ph neutro da conservazione, nella posizione che permettesse una migliore lettura, mantenendo la collocazione unitaria degli elementi dell’incunabolo e rispettandone la sua storia. Il libro è stato ricomposto realizzando nuove guardie in carta da conservazione e reinserendo l’antica coperta restaurata. Per lo studio dei frammenti di pergamena, presenti come rinforzo o vele, è stato suggerito di avvalersi della elaborazione digitale per il restauro virtuale, che, attraverso diverse tecniche fotografiche, dagli infrarossi all’ultravioletto, alla fluorescenza, permettesse di ricostruire le preziose annotazioni conservate, escludendo così la completa scucitura delle carte e salvaguardando, per quanto possibile il LIP dell’incunabolo, cioè il livello delle informazioni potenzialmente deducibili dal documento. Si è ritenuto insomma necessario effettuare un intervento che fosse rispettoso dei valori originari dell’antico volume, ottenendo al tempo stesso il massimo recupero del documento pergamenaceo presente nella controguardia e nei frammenti. Il controllo finale ha accertato che le carte sono state pulite, i capitelli consolidati, le antiche carte di guardia reintegrate con 50 materiale di adeguato spessore e tono cromatico, la coperta ripulita e reintegrata nelle parti danneggiate o mancanti, sia nella chiusura che nel dorso in pelle. Il documento pergamenaceo è stato distaccato, adeguatamente ammorbidito e reinserito nell’incunabolo, ancorato al nervo, tra due fogli di carta neutra da conservazione. Il lavoro è stato realizzato con perizia e precisione dalla ditta Coo.Be.C. di Spoleto. Archivio storico diocesano di Città di Castello – Archivio vescovile, serie: Registri della Cancelleria vescovile, 10 registri, secc. XII-XIII Progetto di restauro n. 4/2004 lotto 1/2 Responsabile del procedimento, progettista: Rosella Martinelli La diocesi di Città di Castello ha origini antiche, poiché il primo vescovo testimoniato, Eubodio, è della seconda metà del V secolo; alla fine del VI fu invece vescovo S. Florido, attuale patrono della città e titolare della Cattedrale. I documenti originali più antichi dell’archivio vescovile risalgono ai primi anni del XIII secolo e provengono dalla Cancelleria: sono rintracciabili nel primo dei 20 registri pergamenacei degli “Atti della Curia vescovile” che testimoniano l’attività dei vescovi tifernati fino all’inizio del XVIII secolo; nei codici più antichi sono inoltre presenti copie autentiche di documenti dell’XI secolo. Questi registri, già segnalati da Giuseppe Mazzatinti, hanno rappresentato una preziosa miniera di notizie per storici locali come il Muzi, il Magherini Graziani, l’Ascani. Oltre ai codici ora detti sono presenti altri atti della Cancelleria vescovile e dell’amministrazione della Curia, che giungono fino agli anni Cinquanta di questo secolo7. La Curia vescovile sta ponendo particolare attenzione ai propri archivi e al fondo bibliografico garantendo una sede idonea per una buona conservazione ed atta a rispondere alle numerose richieste di consultazione presentate da studiosi locali e internazionali, in particolare per la serie “Atti della Curia Vescovile”, una serie particolarmente richiesta dagli studiosi, che si compone di registri pergamenacei di grande formato. La precarietà delle legature e dei supporti rendeva rischiosa la consultazione. Per questo motivo la Soprintendenza archivistica, nel rispetto delle norme, ha curato un intervento di restauro, mentre i responsabili dell’archivio hanno provveduto ad una fotoriproduzione di sicurezza di questo e di tutto il materiale antico, di assoluto pregio, in loro possesso. La serie Cancelleria vescovile si compone di nove registri, tutti versavano in precarie condizioni conservative, le pergamene erano scurite, indurite, ondulate e piene di strappi; le cuciture, dell’Andreucci i manoscritti di genealogia ed araldica, le trascrizioni di bolle pontificie e privilegi imperiali esistenti nell’Archivio capitolare, le utili copie di protocolli di vari notai che rogarono nel territorio tra il XIV e il XV sec. e tutta una serie di miscellanee e di appunti di storia locale. 8 Cfr. nota manoscritta di Don Alberto Ferri, archivista responsabile: Il sacerdote Angelo Ascani nato a Città di Castello nel 1909 e deceduto sempre a Città di Castello nel 1981, oltrechè ottimo parroco, è stato professore, musicista, storico. Come storico dedicò gran parte del suo tempo libero alle ricerche di storia locale visitando archivi e leggendo pazientemente vecchie pergamene. In particolar modo ha consultato i registri in pergamena dell’archivio vescovile e dell’archivio capitolare. Molti dei segni indelebili a margine delle suddette carte pergamenacee purtroppo sono di sua mano. Come frutto dei suoi studi ha pubblicato una nutrita serie di monografie sui paesi, le parrocchie, le istituzioni più importanti della diocesi di Città di Castello. 51 SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L’UMBRIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi allentate e in parte spezzate, stavano rischiando la dispersione dei documenti e le coperte, consumate e strappate sul dorso, non potevano più garantirne la giusta protezione. Un particolare studio è stato rivolto alle coperte che in alcuni pezzi erano in cartone foderato con carta ornata e dorso in pelle, probabilmente da non potersi ritenere di un’epoca antecedente il XVIII-XIX secolo, cosa che con ogni probabilità è per le coperte dei registri 6 e 9, in pelle con assi in legno. Non era dato sapere che tipo di coperta fosse quella coeva, non essendo stata individuata documentazione al riguardo, ma la presenza delle coperte in pelle con assi in legno nei due registri, di uguale fattura, ha indotto ad orientarsi verso questo tipo di legatura per il restauro dei restanti registri. Le coperte in cartone ornato, molto danneggiate, che costituivano un elemento del percorso storico dei documenti, sono state tutte raccolte, pulite e conservate in un apposito contenitore, posto nello stesso armadio, affiancate alla serie dei registri. Dall’esame effettuato a campione gli inchiostri non sono risultati solubili, ma i registri erano ricchi di annotazioni con inchiostro blu, rosso e matita, solubili, apposte a margine da un importante storico locale, don Angelo Ascani 8. Nella fase operativa si è potuto poi riscontrare che il test di solubilità è risultato negativo senza alcun strofinamento, ma positivo per il nero fumo se strofinato con insistenza, positivo l’inchiostro moderno se trattato in acqua per immersione (supporti cartacei), negativo se trattato in cella (supporti pergamenacei). Le nuove guardie e controguardie sono state realizzate con carta barriera a ph 9, controguardia incollata e la cucitura a fascicolo per tutti i registri, ad eccezione del 9 che, nel rispetto dell’originale, ha le carte accavallate al fascicolo. Le antiche guardie con annotazioni e, dove possibile, gli antichi nervi, sono stati recuperati e reinseriti, come pure sono state reinserite le antiche coperte in pelle dei due registri citati. Di questa esperienza lavorativa ne ha fatto tesoro, quale oggetto di una interessante tesi di laurea, il responsabile della ditta “Memorie di carta” di Città di Castello che ha curato il restauro. 52 VENETO – ARCHIVIO DI STATO DI BELLUNO Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Archivio di Stato di Belluno Direttore: Eurigio Tonetti Via S. Maria dei Battuti, 3 32100 Belluno tel. 0437.940061 fax 0437.942234 [email protected] archivi.beniculturali.it/ASBL La documentazione dei notai bellunesi L’archivio Notarile, serie Atti e testamenti dei notai di Belluno, Feltre e Cadore comprende gli atti prodotti dai notai roganti nel territorio della antiche podesterie venete di Belluno (con l’Agordino fino a Caprile e Rocca Pietore e lo Zoldano) e di Feltre, nonché del Cadore. In serie a parte, in quanto appartengono ad altra realtà istituzionale, sono conservati gli atti rogati dai notai di Ampezzo e Livinallongo. I documenti più antichi risalgono ai primissimi anni del XV secolo; i più recenti al 1859. Sono attesi ulteriori incrementi. Il numero complessivo dei pezzi archivistici sfiora le 8.000 unità. La documentazione – fondamentale rispetto al patrimonio dell’Archivio di Stato di Belluno – è di primaria importanza per la ricostruzione delle vicende patrimoniali private nel territorio bellunese, sia dei proprietari fondiari, che dei ceti mercantili, ma anche per lo studio delle istituzioni pubbliche, giacché frequentemente i notai rogavano anche atti di comunità, confraternite, regole, ecc., quando tali enti non fossero dotati di una propria struttura burocratica. Caratteristica più evidente del notariato bellunese nell’età moderna è, a differenza di oggi, la polverizzazione delle piazze notarili nel territorio, in conseguenza anche della peculiarità dell’ambiente, prevalentemente montano, che rendeva difficili le comunicazioni. Così fra gli oltre cinquanta centri in cui risulta esercitare un notaio, ci possiamo imbattere anche in località d’un pugno di case e poche decine d’abitanti, com’erano, ad esempio, Casamazzagno, Costalissoio, Dosoledo, o Puos d’Alpago. Non poteva che trattarsi, allora, di un’attività notarile quantitativamente circoscritta e povera di mezzi economici: queste peculiarità si ripercuotono, in maniera evidente, nei tratti esteriori della documentazione: estrema varietà delle legature, del formato e della confezione dei volumi, spesso con differenze rilevanti anche nell’ambito degli atti e dei protocolli dello stesso notaio. Si tratta, in genere, di legature in tono minore, tipiche d’un ambiente rurale e alpino, quasi mai affidate ad artigiani specializzati, ma realizzate invece – con tutta evidenza – all’interno del cancello, forse personalmente dallo stesso notaio, anche Il restauro degli atti notarili dell’Archivio di Stato di Belluno 53 VENETO – ARCHIVIO DI STATO DI BELLUNO Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi per ‘sedimentazione’, aggiungendo a compagini chiuse nuovi documenti o ulteriori fascicoli. Per l’esecuzione s’impiegavano materiali poveri e facilmente a portata di mano: pergamene di riuso, cuoio e filo di mediocre qualità. Si è addirittura rinvenuta un’anima di cucitura realizzata con un rametto d’albero in luogo della consueta striscia di pelle o dello spago. Non manca, tuttavia, un certo numero di legature ‘professionali’, eseguite con l’impiego di tecniche evolute e materiali di un certo pregio. Esse appartengono, ovviamente, ai notai ‘cittadini’. La progettazione del restauro Tale ricchezza e varietà di legature è, dunque, uno degli elementi caratterizzanti e qualificanti dell’intero fondo archivistico, di cui ogni elemento costituisce un unicum irripetibile. La progettazione degli interventi di restauro – iniziati nel 1997 e che tuttora continuano – ne ha dovuto perciò tener conto, affinché non andasse disperso, ma venisse anzi riconosciuto e valorizzato, il notevole patrimonio di cultura materiale sotteso a questi ‘prodotti’. Ogni progetto ha voluto costituire, anzitutto, un momento conoscitivo della materialità del bene oggetto di restauro, ottenuto attraverso un esame e una descrizione scrupolosi – anche supportati da rilievi grafici – di tutti gli elementi esteriori: materiali impiegati, assemblamento delle carte e struttura fascicolare, modalità della cucitura e dell’ancoraggio alle coperte, danni riscontrati. Di ogni protocollo, di ogni minutario, resta così una completa descrizione circa lo stato precedente al restauro. Il progetto d’intervento prevede, in aggiunta alle tradizionali operazioni di restauro cartaceo o membranaceo, il ripristino della materialità originaria del volume mediante un rifacimento della legatura da realizzarsi secondo una fedele e attenta ripetizione delle caratteristiche originali, sia per quanto riguarda le modalità esecutive, sia nei materiali impiegati. Tale operazione, ovviamente, va relazionata al pieno riacquisto di funzionalità del bene e alla durata del restauro nel tempo. Queste esigenze richiedono, sia in sede di progetto che di direzione lavori, lo studio di particolari accorgimenti e la valutazione dei necessari scostamenti dalle caratteristiche originarie, quando queste si rivelino pregiudizievoli per la conservazione e per la fruizione. 54 Infine, nel solco della migliore tradizione artigianale italiana, ogni intervento prevede il rispetto di alti canoni estetici. I disegni qui pubblicati si riferiscono a un intervento del 2004-2005 e sono stati eseguiti dal laboratorio “Biblion” di Dino Franco Pantarotto di Tortona. La progettazione, eseguita a più mani, dal 2001 è coordinata dal dott. Eurigio Tonetti, direttore dell’Istituto. Archivio di Stato di Belluno, Notarile, rilievo disegnato di beni da restaurare. Eseguito nel 2004-2005 dal laboratorio di restauro “Biblion” di Dino Franco Pantarotto di Tortona. 55 VENETO – ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Archivi Archivio di Stato di Venezia Direttore: Raffaele Santoro Campo dei Frari, 3002 30125 Venezia Tel. 041.5222281 fax: 041.5229220 [email protected] archivi.beniculturali.it/ASVE/ Dal 1997 l’Archivio di Stato di Venezia è impegnato nel restauro conservativo del più antico materiale archivistico alluvionato nel 1966, quello appartenente al fondo Notarile. L’intervento è potuto iniziare grazie a un cospicuo finanziamento pubblico straordinario (previsto dalla cosiddetta legge sui ‘giacimenti culturali’) e continua a cadenze regolari, sostenuto adesso con fondi dell’8 per mille dell’IRPEF devoluta dai contribuenti allo Stato e con le ordinarie dotazioni del Ministero per i Beni e le attività culturali. Al momento circa il 60% dei documenti notarili danneggiati in quell’evento sono restaurati. Il 4 novembre 1966 segna una data tragica per il patrimonio culturale italiano, non solo per i danni provocati in Toscana e a Firenze dalle acque dell’Arno, ma anche per quelli che si registrarono in tutto il Veneto. Venezia venne colpita da una terribile mareggiata, durante la quale il livello di ‘acqua alta’ raggiunse metri 1.94 sul medio mare, mai prima d’allora e, fortunatamente, mai più in seguito toccato. Conservatori di opere d’arte, bibliotecari e archivisti si trovarono del tutto impreparati di fronte a un evento di proporzioni eccezionali. Tuttavia la sensibilità del mondo culturale e la passione degli operatori di fronte alla devastazione fu tale che, si può dire, da quell’episodio nacque in Italia la cultura del restauro cartaceo. L’Archivio di Stato di Venezia fu quasi interamente allagato e in due settori dell’edificio vennero raggiunti gli scaffali più bassi, sopra i quali poggiavano i documenti. Risultarono così compromessi oltre ottocento protocolli e minutari della serie Notarile, Atti dei notai di Venezia e della provincia, alcuni del sec. XVI, e alcune migliaia di registri e buste appartenenti ad archivi ottocenteschi. Al lento ritirarsi delle acque fu necessario prendere in poche ore decisioni per le quali nessuno possedeva punti di riferimento utili. L’asciugatura delle carte cominciò subito e fu condotta in maniera impeccabile: alcuni corridoi dell’Archivio vennero isolati e vi venne introdotta aria calda, con attenta gradualità, per evitare bruschi sbalzi termici e conseguenti shock alle carte e alle legature. Quotidianamente le pagine venivano mosse, per favorire l’operazione. Nel volgere di quattro mesi tutto il materiale risultò asciutto e non si svilupparono muffe, né si verificarono casi di ‘compattamento’ delle carte, assai frequenti in situazioni del genere. L’unica imperfezione, in un intervento che poneva tanti dubbi e tanti interrogativi, fu Il restauro degli atti notarili alluvionati dell’Archivio di Stato di Venezia 56 l’impiego, seguendo un uso allora generalizzato, di una grande quantità di talco, con il quale vennero cosparse le carte, nella convinzione di ridurre il tasso di salinità presente. Il risultato non si ottenne, e vi è ora anche la difficoltà di rimuovere quella polvere finissima, che è penetrata nelle fibre della carta. L’intervento di restauro in corso, articolato su più appalti e affidato a Ditte esterne, prevede soprattutto un’accurata pulizia delle carte, da ottenersi mediante pulizia a secco e lavaggi in soluzioni idroalcoliche, oltre a una attenta ricostruzione delle legature antiche, peculiari dell’ambiente notarile della Serenissima, ottenuta mediante l’impiego di tecniche e materiali simili a quelli originari. La progettazione e la direzione dei lavori sono affidate al dott. Eurigio Tonetti. 57 CAMPANIA – BIBLIOTECA NAZIONALE VITTORIO EMANUELE III Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III Direttore: Mauro Giancaspro Piazza del Plebiscito 80132 Napoli tel. 081.7819211 fax 081.403820 [email protected] www.bnnonline.it I papiri ercolanesi La Biblioteca Nazionale di Napoli custodisce tra i suoi fondi più preziosi la raccolta dei papiri rinvenuti ad Ercolano tra il 1752 Agnese Travaglione e il 1754. Costituita da oltre 1800 papiri o pezzi di papiro, databili tra il III-II sec. a.C. e il I d.C., la collezione ercolanese conserva testi greci e latini sconosciuti alla tradizione medievale e trasmette un rilevante patrimonio di informazioni sul mondo antico, in particolare di epoca ellenistica. A causa dello stato di carbonizzazione dei rotoli che rimasero, nel 79 d.C., sepolti sotto una coltre di materiali lavici ad una profondità di circa 25 m, la conservazione dei papiri ercolanesi costituisce da sempre, nell’ambito della papirologia, un settore specifico di applicazione e di indagine. I materiali presentano una superficie non piana, bensì corrugata e increspata, a causa delle pieghe dovute al peso dei depositi piroclastici e spesso spezzatesi in lunghi solchi. I fogli dei papiri svolti, rinforzati con una sottile pellicola di battiloro, sono pertanto fissati su cartoncino e poi riposti su supporti rigidi – in genere tavolette di legno – di modo che la loro superficie resti libera da ogni contatto che possa determinare danno e perdita di informazioni. Le operazioni di svolgimento e gli interventi di conservazione di tipo passivo, così come le riprese per la creazione di archivi digitali, sono fortemente condizionati dallo stato del supporto carbonizzato. Conservazione e restauro virtuale nell’Officina dei Papiri Ercolanesi Interventi di conservazione Diversi sono stati gli interventi di conservazione eseguiti in Officina negli anni recenti, al fine di migliorare le condizioni dei supporti su cui sono riposti i papiri svolti. Segnaliamo tra i più recenti la sistemazione delle scorze, ovvero delle porzioni residue della parte più esterna del rotolo, e quella dei papiri privi di supporto. Le scorze, che si presentano generalmente come piccole porzioni di papiro di misura variabile, nel secolo XIX erano state incollate a gruppi di alcune decine su un unico cartoncino, o riposte, con la sola protezione della pellicola di battiloro utilizzata, durante le operazioni di apertura, a rinforzo del foglio carbonizzato. Questa sistemazione si era rivelata nel tempo molto problematica, per le sollecitazioni cui i pezzi erano sottoposti al momento della consultazione. In particolare nel primo caso la situazione era aggravata dal fatto 58 che molte scorze si erano scollate dal proprio supporto. Si è provveduto pertanto a fissare le scorze su cartoncini di lunga conservazione indipendenti l’uno dall’altro, di modo che potessero essere collocate nelle cornici, cioè nei cassetti metallici, ognuna nel proprio spazio delimitato da piccoli listelli di cartone per annullare il rischio di dannosi spostamenti. Analogamente è stato utilizzato cartone di conservazione del tipo Canson spessore 30/10 per il fissaggio di quei fogli di papiro che erano fin dai secoli scorsi conservati ammassati l’uno sull’altro e risultavano, pertanto, sforniti di un supporto rigido che ne consentisse la movimentazione senza rischio di perdite. In entrambi i casi per il fissaggio è stata adoperata una soluzione di acido acetico e gelatina secondo le proporzioni utilizzate per lo svolgimento dei rotoli ercolanesi con il metodo adottato nell’ultimo ventennio. Restauro virtuale La ricerca dei procedimenti di riproduzione più idonei ai materiali ercolanesi muove dalla duplice esigenza di assicurare la conservazione dei testi, sottoposti ad un lento ma inevitabile processo di depauperamento, documentato fin dai secoli scorsi, e di favorire la valorizzazione della raccolta attraverso l’ottimizzazione qualitativa e quantitativa dei segni. Con l’applicazione della tecnologia multispettrale, 59 Fotografia: Steven W. Booras. © Biblioteca Nazionale, Napoli – Brigham Young University, Provo (USA) Demetrio Lacone, Opus incertum, col. XIV, fine sec. II a.C. (PHerc. 1055) Immagine multispettrale CAMPANIA – BIBLIOTECA NAZIONALE VITTORIO EMANUELE III Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Multispectral Imaging (MSI), si sono ottenuti risultati considerati dal mondo accademico oltremodo soddisfacenti e integrativi di quelli che si conseguono con la lettura degli originali. Un limite alla piena cattura delle informazioni è, infatti, posto dalla grinzosità della superficie, nelle cui pieghe si incuneano lettere o porzioni di lettere visibili solo con l’indagine autoptica. La digitalizzazione dei papiri svolti è stata eseguita, negli anni 2000-2004, dal team dell’Institute for the Study and Preservation of Ancient Religious Texts (ISPART) della Brigham Young University in Provo (Utah), sulla base della convenzione stipulata con la Biblioteca Nazionale di Napoli, alla quale dal 1910 è affidata la cura della raccolta. Il copyright sulle immagini è comune ad entrambi gli istituti. Oggi la Biblioteca dispone di un archivio digitale che consta di 344 CD, contenenti i file-immagini di 969 papiri svolti in formato TIFF, per un ammontare stimato di oltre 30.000 acquisizioni. Per le riprese è stata utilizzata una camera digitale Kodak 6.2e 2K x 3k modificata e corredata di otto filtri, con sensibilità spettrale da 950-1000 nm. a 400 nm. Circa il 90% delle riprese è stato eseguito nella banda del vicino infrarosso. L’adozione della tecnica a mosaico ha consentito di ottenere immagini di alta risoluzione spaziale. Con la tecnica dello stitching sono state realizzate dall’ISPART alcune dimostrazioni, che propongono la ricostruzione virtuale del foglio di papiro nella sua estensione. 60 CAMPANIA – BIBLIOTECA NAZIONALE VITTORIO EMANUELE III Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Fin dallo scorso anno è in funzione presso la Biblioteca Nazionale di Napoli un innovativo sistema di monitoraggio ambientale via onde radio. Angela Pinto Si tratta di un sistema di rilevazione ed elaborazione dei valori di temperatura e umidità relativa composto di sensori dotati di un trasmettitore radio. Essi, in base alla rata di acquisizione programmata, convertono i dati registrati in forma digitale e li trasmettono via radio ad una unità remota di ricezione. Tale sistema ha sostituito in biblioteca i tradizionali termoigrografi a capello e rappresenta un’innovazione tecnologicamente più avanzata rispetto al già collaudato sistema computerizzato di registrazione dei valori microambientali per mezzo di data loggers, ritenuto non sufficientemente idoneo – numero elevato degli ambienti, necessità dell’operatore di scaricare periodicamente i dati su computer – per monitorare un edificio storico come quello che ospita la Biblioteca Nazionale di Napoli. La rete di monitoraggio via onde radio è stata progettata da una ditta specializzata nel settore, previa un’indagine volta ad individuare gli ambienti dove posizionare i sensori termoigrometrici e verificare, mediante strumentazione specifica sul campo, l’effettiva copertura radio. Questo sistema di monitoraggio senza fili si avvale di un software di gestione su PC. Il programma, grazie ad una interfaccia chiara e semplice da utilizzare, permette di visualizzare la disposizione dei sensori all’interno degli ambienti in fase di monitoraggio, importando un’immagine della pianta dell’edificio. Con il semplice utilizzo del mouse è possibile leggere i dati trasmessi dai sensori che, in base al campo di misura ritenuto ottimale per l’ambiente controllato, segnala sul monitor eventuali situazioni di allarme o anche semplici anomalie, dando agli addetti al monitoraggio la possibilità di intervenire. Lo scarico dei dati su PC consente inoltre il definitivo salvataggio degli stessi e la possibilità di archiviarli ed elaborarli nei modi più appropriati. La leggibilità è assicurata dalla possibilità di visualizzazione sul video e di stampa anche di tabulati, grafici e istogrammi. La tecnologia wireless applicata al controllo dei parametri ambientali è stata adottata negli ultimi anni nei principali musei e biblioteche internazionali, europei e statunitensi. Onde radio alla Biblioteca Nazionale di Napoli: il monitoraggio ambientale 61 CAMPANIA – BIBLIOTECA NAZIONALE VITTORIO EMANUELE III Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche ll British Museum (Londra), il Museo Arqueológico Nacional (Madrid), il Musée du Louvre (Parigi), in ambito museale, la Biblioteca Nacional (Madrid), la Bibliothèque National de France (Parigi), la British Library (Londra), per quel che concerne il settore biblioteche, sono solo alcuni dei più prestigiosi istituti europei in cui è in funzione il sistema di monitoraggio ambientale via radio. Oltre che nei Musei Vaticani nello Stato Vaticano, in Italia questa rete è stata installata finora in alcuni musei, edifici storici e nella Biblioteca Trivulziana di Milano. La Biblioteca Nazionale di Napoli, quindi, si pone all’avanguardia tra le biblioteche nazionali pubbliche statali nell’aver adottato questo nuovo sistema di controllo ambientale senza fili. Sistema di monitoraggio via radio Responsabile del Laboratorio di Restauro “Alberto Guarino” Esempio di disposizione dei sensori e visualizzazione dei valori acquisiti 62 EMILIA ROMAGNA – BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Biblioteca Palatina Direttore: Leonardo Farinelli Strada della Pilotta 3 43100 Parma (PR) tel. 0521.220411 - 282217 fax 0521.235662 [email protected] www.palatina.librari.beniculturali.it Se da qualche decennio l’attenzione primaria nella politica gestionale della Biblioteca Palatina, relativamente alla conservazione del suo vasto Silvana Gorreri ed eterogeneo patrimonio bibliografico e artistico, è rivolta soprattutto alla prevenzione, l’Istituto ha comunque portato avanti importanti progetti di restauro per quel materiale danneggiato dalle vicissitudini storiche e dalle ingiurie del tempo, per il quale l’unico rimedio per un ritorno alla sua piena fruizione appariva il restauro. Progetti di restauro in una Biblioteca. Un esempio: la Biblioteca Palatina di Parma Progetto PACIAUDI: restauro di libri antichi a stampa rari “Due secoli di sapienza e di pazienza…alle 13 del 13 maggio 1944 divenivano polvere sotto il martellare del violentissimo bombardamento a tappeto. Dell’ala sud della Pilotta non rimaneva che un immane cumulo di macerie sotto le quali decine di migliaia di volumi preziosi si erano sfasciati nel crollo, precipitando insieme alle arcate, alle altissime e adorne pareti, alle antiche scaffalature” (“Giornale dell’Emilia”, 22.11.1948). Così si esprimeva un’anonima voce della stampa, che continuava elogiando i volontari che ancora a quattro anni di distanza prestavano aiuto nell’opera di recupero del materiale bibliografico travolto; qui citata per dar conto dell’eziologia dei danni riscontrabili nei volumi presi in considerazione dal presente progetto di restauro, la cui denominazione si giustifica con il fatto che i volumi coinvolti furono in buona parte raccolti dal bibliotecario Paolo Maria Paciaudi nella seconda metà del Settecento e da lui collocati nella Galleria Petitot, andata distrutta sotto le bombe nemiche e oggi ricostruita. Esposti per lungo tempo alle intemperie, sotto cumuli di pietre e calcinacci, i volumi nella quasi totalità presentano danni meccanici nelle strutture delle legature e nei corpi del libro, schiacciamenti, lacerazioni, perforazioni, strappi, rotture di capitelli, cuciture, nervi; ancora conservano tra le pagine le polveri corrosive del cemento e i granelli abrasivi della sabbia; spesso il materiale appare ridotto ad ammassi poltacei, rappresi e macerati dall’umidità e dallo sviluppo di vegetazioni microbiche. Allo stesso modo le coperte in cuoio o pergamena si sono gravemente deformate; quelle rimaste, perché molte, intrise d’acqua, sporche e mal ridotte sono state letteralmente 63 EMILIA ROMAGNA – BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche strappate durante le operazioni di recupero e mal sostituite con carpettoni in cartone acido ad alto contenuto di lignina. Con un finanziamento derivato dai proventi del gioco del Lotto si è riusciti a dar avvio alla loro bonifica, progettandone internamente il restauro. Oltre settecento volumi sono attualmente in fase di esecuzione da parte delle ditte esterne vincitrici delle due gare indette mediante pubblico incanto: per il Gruppo A un’ATI (Restauro San Giorgio di Pandimiglio Adriano, Restauro Angelo Pandimiglio, Il Laboratorio s.r.l. e Studio P. Crisostomi); per il Gruppo B la ditta COO.BE.C. Soc. Coop. Tali lavori costituiscono solo l’inizio degli interventi programmati per gli anni a venire, con cui restituire al pubblico degli studiosi la parte degli antichi e rari libri a stampa che la Biblioteca Palatina ancora conserva. Progetto RE.DI.GIO: restauro e digitalizzazzione giornali Il fondo delle Miscellanee giornali, prescelto per questo importante intervento di restauro, consiste in un insieme di 331 testate uscite con pochi numeri o delle quali si conservano alcune testimonianze, quasi tutte risalenti ad un arco temporale compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del secolo scorso, e contraddistinto da testate per lo più edite a Parma. La raccolta, per un totale di n. 13.603 carte rilegate in 290 volumi, è a sua volta suddivisa per formato in due ordini: uno per i giornali di dimensioni più ridotte ed uno per quelli, e rappresentano il maggior numero, più grandi. La loro importanza storica è indubbia per ricostruire gli avvenimenti di oltre un centinaio d’anni, ancora a noi vicini, ma teatro di movimenti ed eventi tuttora da indagare, comprendendo il periodo postunitario e le due guerre mondiali; in questi fogli, spesso clandestini e riferiti ad una realtà locale, si raccoglie, oltre la cronaca, l’opinione pubblica, la critica, la satira a loro correlata, facendone preziosi beni culturali da salvaguardare. Si decise quindi la bonifica dell’intera collezione per recuperare alla fruizione un così importante patrimonio di informazioni. Messa insieme precedentemente, ma organizzata nei primi anni Sessanta del secolo scorso, la raccolta in quegli anni era stata oggetto di una vasta e pressoché totale campagna di rilegatura. Ogni testata, per la maggioranza costituita da una cinquantina di carte, era stata separata dalle altre; solo in alcuni casi, se costituita da poche pagine, era stata unita ad altre testate; i vari numeri erano stati cuciti insieme a macchina o a infilzetta; a volte 64 fissati con graffe metalliche e ogni assemblaggio venne dotato di un rivestimento in cartone. Una rilegatura siffatta, se tutelò i giornali dalla polvere e dalla dispersione, fu tuttavia causa di una serie di danni, per cui solo pochi elementi della raccolta si presentavano in buone condizioni. Il cartone ad alto contenuto di lignina, fortemente acido, senza neppure la barriera di carte di guardia, aveva trasmesso la sua acidità alle carte viciniori dei giornali, che si erano imbrunite ed anche frammentate, aggravando spesso il quadro generale di acidità presentato dalle carte. La cucitura a infilzetta e ancor più quella a macchina, eseguite sulla carta fragile e sottile tipica dei giornali, sono state causa di indebolimento ulteriore nei punti di foratura, portando in alcuni casi alla lacerazione lungo l’asse di cucitura e al conseguente distacco della carta, danni sollecitati anche dal movimento determinato dalla consultazione da parte dell’utente e a causa della frequenza di lettura; inoltre, numerosi margini si presentavano frastagliati; alcuni strappi o frammentazioni risultavano rattoppati con velina o con scotch. Sopra: libri recuperati e accatastati in attesa di restauro Libri sospesi nelle scaffalature e sepolti dalle macerie per le bombe cadute nel 1944 sulla Biblioteca Palatina di Parma 65 EMILIA ROMAGNA – BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche I lavori di restauro, resisi necessari per le ragioni addotte e che comportarono preliminarmente un’identificazione e rapida schedatura delle varie testate della raccolta, furono progettati dall’Ufficio tutela e conservazione della Palatina ed eseguiti con collaudo positivo dalla ditta esterna Restauro San Giorgio di Pandimiglio Adriano. Poiché si intendeva conservare questo materiale storicamente così importante e raro preservandolo dai danni meccanici che solitamente derivano da una frequente consultazione, si ritenne opportuno far procedere, parallelamente alle operazioni di restauro, un intervento di digitalizzazione con l’elaborazione informatica dei dati, per fornire un ancor più utile servizio agli utenti. Progetto DI.SCA.RE: restauro disegni Ritrovati in un dimenticato scantinato della Biblioteca, coperti di polvere e ragnatele, con i margini lacerati da strappi, ma solo in parte lacunosi, tornavano alla luce alcuni cartoni preparatori per dipinti e affreschi del pittore parmense Francesco Scaramuzza (1803-1886); tra questi due relativi alle scene dipinte ad encausto (metodo a cera) che ornano due pareti della Sala del bibliotecario, oggi Sala Dante della Biblioteca Palatina: Dante e Virgilio al Limbo incontrano Omero, Orazio, Ovidio e Lucano: l’incontro con i sommi poeti (1842) e Aristotele seduto in mezzo agli antichi filosofi (1843); e uno preparatorio dell’olio su tela della Collegiata di Cortemaggiore (PC), Assunta, realizzato tra il 1846 e il 1850. Le loro dimensioni erano notevoli: di oltre cinque metri per circa tre i primi due e di misure di poco inferiori il terzo. I disegni, tracciati a carboncino, sanguigna e tempera brunonerastra su carta giuntata, sul verso abbondavano in terra d’ocra e mostravano ancora ben visibili a luce radente i segni della punta utilizzata per il ricalco sul muro; il cartone veniva infatti appeso alla parete mediante corde attaccate ad un bastone cilindrico, a sua volta diviso in due sezioni emicicliche a contenere il suo margine superiore, utile supporto intorno al quale, come attorno ad un umbilicus, avvolgere, svolgere e conservare il disegno. I lavori di restauro progettati, la cui esecuzione è stata affidata al laboratorio Sant’Agostino di Paolo e Marco Sassetti, esperti nel restauro di materiale di grande formato, attualmente in fase di ultimazione, saranno oggetto di una congiunta prossima pubblicazione per l’originalità del caso trattato e per le interessanti procedure adottate. 66 LAZIO – BIBLIOTECA ANGELICA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche A conclusione degli importanti Progetto SAL.VA.RE. lavori di ampliamento e ristrutturazione, intrapresi nell’anno 2000, grazie ai quali la Biblioteca Angelica ha guadagnato nuovi spazi da dedicare a depositi, uffici e servizi al pubblico, è emersa la necessità di una riqualificazione della zona monumentale, mirata ad ottimizzare sia la conservazione che la fruibilità restituendo, nei limiti del possibile, all’immagine del Salone Vanvitelliano la patina originaria. Nell’ambito di questo piano di riqualificazione si inserisce il progetto SAL.VA.RE. (SALone, VAnvitelliano, REstauro): con l’inclusione della Biblioteca Angelica fra gli istituti beneficiari dei finanziamenti dell’ 8 per mille (ex lege nr. 222/85 art. 47 secondo la variazione di bilancio per a.f. 2002) si sono infatti create le condizioni per promuovere uno studio di fattibilità assolutamente nuovo che postula il contributo di bibliotecari conservatori e di restauratori specializzati. Alle diverse fasi di impostazione del progetto hanno partecipato le bibliotecarie conservatrici, Daniela Scialanga e Mirella Fidomanzo. Com’è noto, una delle peculiarità che rendono ammirevole il “vaso” disegnato da Luigi Vanvitelli per accogliere il fondo antico a stampa della Biblioteca è l’essersi conservato intatto dal 1746 a oggi: il valore di ogni singolo libro è esaltato dal contesto che a sua volta trae valore dalle legature che, affiancandosi l’una all’altra, vanno a conferire un cromatismo del tutto peculiare al Salone: l’originario colore crisoelefantino, attualmente inficiato dallo stato in cui versa parte dei volumi. L’intento sotteso al progetto è quello di restituire l’effetto d’insieme prodotto dall’armonioso accostamento dei dorsi ornati: l’innovazione consiste nel trattare i volumi non singolarmente ma inseriti nel contesto. A tal fine le sezioni della scaffalatura lignea vengono fotografate in digitale per poi essere elaborate in schemi grafici all’interno dei quali vengono completate da una serie di colori rappresentanti le tipologie di danno riscontrate. Lo scopo è quello di creare una mappatura cromatica che consente di visualizzare l’insieme dei danni e poter così procedere ad un’organica programmazione degli interventi da eseguire: il restauratore intervenendo sull’intera sezione e non sul singolo pezzo sarà costantemente indotto a ricondurre il particolare alla visione d’insieme. Iter di lavoro Le categorie La prima fase esecutiva del progetto ha previsto l’elaborazione di una serie di categorie (associate a un numero progressivo) relative allo stato di conservazione dei volumi, operando una prima dicotomia tra quelli interessati da interventi moderni di restauro (a partire dal XIX 67 LAZIO – BIBLIOTECA ANGELICA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche secolo) ed i restanti. In entrambi i casi si sono distinti tre stadi di conservazione del volume (buone condizioni; danni lievi; danni gravi). Schemi grafici Sono poi stati realizzati degli schemi grafici, elaborati a partire dalle fotografie digitali in cui ogni volume viene identificato con un colore che corrisponde alla categoria alla quale il suo stato di conservazione appartiene. Il database La fase successiva del lavoro è stata imperniata su un approfondimento dell’analisi delle opere sottoposte a censimento attraverso una scheda cartacea in base alla quale si è elaborato, in collaborazione con Giancarlo Lucidi (GAP srl), un database articolato in più livelli. La prima schermata rappresenta la scheda di rilevamento dati: ha il fine di identificare l’opera attraverso descrizioni sintetiche veicolate dall’architettura stessa del database che propone al compilatore menù a tendina, integrabili con eventuali approfondimenti. La scelta di descrizioni sintetiche è stata dettata dall’esigenza di ricondurre ad omogeneità le variabili derivanti dalla presenza di più operatori preposti alla compilazione delle schede. La seconda schermata che il database propone è la scheda dello stato di conservazione. È suddivisa in più campi, ognuno dei quali identifica una parte del volume da descrivere. La modalità di descrizione risulta meno sintetica rispetto alla prima schermata; per ovviare, tuttavia anche in questo caso, al manifestarsi di margini di discrezionalità troppo ampi è stato previsto un periodo di formazione per i compilatori, durante il quale si è ottemperato alla necessità di uniformazione del linguaggio tecnico. La schermata successiva è la scheda delle operazioni di restauro. La novità introdotta da questa scheda consiste nell’elaborazione automatica delle ore necessarie per l’esecuzione dell’intervento: selezionando infatti la tipologia di restauro e passando alla schermata successiva, incentrata sui tempi di esecuzione degli interventi di restauro, è possibile, azionando il filtro delle voci, ottenere una scheda in cui a tutti gli interventi (all’interno della tipologia prescelta) è affiancato un range di tempi da selezionare. Sarà il compilatore, in base allo stato di conservazione del libro, a stabilire il tempo più opportuno tra quelli possibili contenuti nei menù a tendina; per determinate tipologie di intervento, difficilmente predeterminabili a priori in modo univoco, sarà il compilatore ad inserire il tempo idoneo. Anche in questa fase, dunque, si è tentato di arginare l’eccessiva discrezionalità. La scheda di formulazione dei tempi è stata desunta da una tabella cartacea, elaborata in via sperimentale, per ottemperare alle esigenze dettate dal progetto che 68 impone una visione del restauro fedele all’assunto di base secondo il quale ogni libro deve essere rapportato alla sezione di appartenenza e alla visione estetico-cromatica dell’intero salone. La scheda delle variazioni in corso d’opera occupa l’ultima schermata del database. Il restauro Volendo individuare a grandi linee le diverse tipologie di danno riscontrate durante il censimento, ci si può rifare alla dicotomia già presentata nell’attribuzione dei colori: volumi restaurati / volumi non restaurati. I volumi non restaurati presentano diverse tipologie di danno causate dall’ambiente, da difetti endemici alle strutture dei manufatti e dai materiali costituenti. I volumi restaurati presentano in alcuni casi strutture non efficaci dal punto di vista funzionale (problematica a volte aggravata da una mancata considerazione dell’aspetto storico del manufatto da parte di chi eseguì il restauro). Pur con le attenuanti derivanti dal tempo trascorso dal momento in cui furono operati gli interventi (che ha come ovvio portato il mutamento della teoria del restauro), è inevitabile considerare determinati difetti estetico-strutturali a cui è necessario porre rimedio. Il restauro di alcuni volumi delle due prime sezioni (quelle che affiancano la porta d’ingresso) è stato affidato a due laboratori di restauro di Roma: lo studio di Paolo Crisostomi e lo studio di Leandro Gottscher. Le immagini illustrano un intervento di restauro eseguito dallo studio Paolo Crisostomi in ottemperanza al fine del progetto SAL.VA.RE: restituire ai volumi la valenza estetica originaria. Stato dei lavori Allo stato attuale è stata realizzata la mappatura cromatica e le schede relative allo stato di conservazione di alcune sezioni comprese ai lati dell’ingresso del Salone Vanvitelliano. Si è proceduto simmetricamente, operando a partire dall’ingresso e procedendo verso i lati del Salone Monumentale. Non sono stati presi in considerazione, coerentemente allo spirito del progetto, i volumi disposti in seconda fila o trasferiti presso altri fondi. In contemporanea al censimento conservativo, è stata realizzata la documentazione fotografica delle sezioni, quindi dei singoli palchetti; da essa è stato desunto, come già detto, un grafico computerizzato in bianco e nero rappresentante il profilo individuale dei volumi. Sulla base del grafico è stata redatta la mappatura colorimetrica, applicata direttamente allo schema delle singole sezioni, di importante impatto visivo. Di due sezioni si è provveduto a redigere i progetti di restauro, con l’intento, a lungo termine, di proseguire l’opera di valorizzazione e recupero conservativo del maggior numero possibile di volumi dell’intero 69 Percentuali A seguito dei dati emersi dalla questa prima fase di censimento sono state elaborate delle percentuali per avere un primo spaccato dello stato in cui versano i volumi. · volumi censiti: 2235 · volumi restaurati: 14,09% · volumi non restaurati: 85,91% · non restaurato in buone condizioni: 14,77% · non restaurato con danni lievi: 59,33% · non restaurato in cattive condizioni: 11,81% · restaurato correttamente: 1,30% · restaurato con danni lievi: 2,33% · restaurato con particolari non intonati: 1,25% · restaurato non correttamente: 5,14% · nuova legatura intonata: 2,11% · nuova legatura non intonata: 1,96% LAZIO – BIBLIOTECA ANGELICA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Dott.ssa Marina Panetta (Direttore della Biblioteca Angelica) Dott.ssa Maria Grazia Ceccarelli, Dott.ssa Micella Fidomanzo, Dott.ssa Claudia Giobbio, Dott.ssa Daniela Scialonga (Biblioteca Angelica) Paolo Piccolini (Biblioteca Angelica) Dott.ssa Maria Clara Lilli Di Franco (Fondazione per la Conservazione ed il Restauro dei beni librari, Spoleto) Dott.ssa Armida Batori (Direttore dell’ Istituto Centrale per la Patologia del Libro) Dott.ssa Carla Casetti Brach (Istituto Centrale per la Patologia del Libro) Giampiero Bozzacchi (Responsabile del Laboratorio di restauro del libro, Università di Tor Vergata, Roma) Humberto Nicoletti Serra (Fotografie) Studio Serra (Elaborazione grafica e digitale) Dott.ssa Rosalinda Barbato, Davide Lipari, Dott.ssa Silvia Mignatti, Dott.ssa Marianna Montesano (Collaboratori esterni) fondo. Fino ad oggi sono stati consegnati al restauro alcuni volumi appartenenti alle due sezioni adiacenti l’ingresso del Salone, ovvero quelli maggiormente interessati, nell’ultimo secolo, da interventi invasivi, talora non coerenti con l’estetica generale del fondo. Conclusioni Il progetto SAL.VA.RE. nato, come già più volte sottolineato, quale progetto sperimentale volto alla realizzazione di una mappatura colorimetrica relativa allo stato di conservazione dei volumi contenuti nel Salone Vanvitelliano della Biblioteca Angelica, ha rivelato, fin dal suo esordio, difficoltà intrinseche, derivanti dal suo essere innovativo e allo stato attuale ancora in fieri. Una prima difficoltà è stata il ricondurre ad unità differenti visioni di problematiche ed aspetti relativi allo stato di conservazione. In concomitanza con tale aspetto si è dovuto affrontare il problema di categorizzare in maniera univoca i suddetti stati: per ogni volume lo stato di conservazione deriva infatti da una vasta serie di elementi che, intersecandosi, delineano il profilo dello stato in cui versano i libri; non è stato agevole racchiudere tale serie di elementi in un simbolo univoco, rappresentato, in ultima analisi, dal colore. Per ovviare a semplicistiche conclusioni, si è proceduto a delineare una scheda conservativa che andasse a enucleare tutti quegli aspetti difficilmente racchiudibili e spiegabili con dei parametri così poco espandibili quali le categorie. L’analisi è stata condotta su ogni singolo volume, individualmente considerato, tenendo parallelamente in considerazione il contesto generale di cui fa parte. Nell’affrontare le problematiche relative al restauro sono state postulate tipologie di intervento tese a valorizzare l’estetica del manufatto librario in virtù del suo inserimento nel Salone Vanvitelliano e quindi della sua appartenenza ad un fondo storico, ottemperando inoltre costantemente alle esigenze di salvaguardia conservativa dei beni. La tipologia di interventi prescritta è reversibile e conservativa dal punto di vista dei materiali e delle tecniche di restauro. La particolare attenzione alla reversibilità delle operazioni è stata motivata, oltre che dall’etica del corretto restauro, dall’essere gli interventi di tipo estetico pienamente sperimentali e passibili di modifiche in corso d’opera. L’intersecarsi di tutte queste variabili ha reso il progetto complesso ma nel contempo stimolante e foriero di possibili aperture a future applicazioni. 70 LAZIO – BIBLIOTECA UNIVERSITARIA ALESSANDRINA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Biblioteca Universitaria Alessandrina Direttore: Maria Concetta Petrollo Piazzale Aldo Moro, 5 00185 Roma (RM) tel. 06.491209 - 4474021 fax 06.44740222 alessandrina@librari. beniculturali.it www.alessandrina.librari. beniculturali.it La Biblioteca Universitaria Alessandrina conserva tra i cimeli pervenuti dalla Biblioteca dei duchi di Urbino lo splendido Mirtella Taloni volume dei Discorsi di Pietro Andrea Mattioli, nell’edizione del 1568 per i tipi del veneziano Vincenzo Valgrisi. Tutte le incisioni di questo esemplare, donato al Duca Della Rovere, furono dipinte dal pittore e botanico Gherardo Cibo, con colori che ancora oggi conservano le loro tonalità originali. La particolarità del volume è poi costituita dalle splendide scenografie paesaggistiche che fanno da cornice alle incisioni dedicate nel secondo libro dell’opera al mondo animale. Le scenette, eseguite dal Cibo a penna e riempite di colore, ritraggono splendide miniature, paesaggi marini per lo più, ma anche idilliache vedute campestri, in alcune delle quali i pochi elementi architettonici sembrano suggerire l’identificazione topografica. Il volume, conservato nella sezione Rari della biblioteca, presentava già dal 1998 alcuni danni dovuti all’azione corrosiva degli inchiostri che riquadravano le scenette. Il rischio di perdere questi piccoli quadri era alto e la preziosità del volume richiedeva l’intervento di esperti nel settore. Fu richiesta la collaborazione dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro di Roma, presso il quale il volume fu trasportato nel 1999. Furono quindi stabilite le operazioni da effettuare: il volume fu totalmente scucito e liberato da una cartella non originale, probabilmente eseguita già nell’800, in seguito ad un restauro che portò anche alla rubricazione del taglio. Venne rimosso lo strato di colla che si trovava sul dorso, le carte furono sottoposte ad una attenta spolveratura, alla deacidificazione delle parti ossidate, al risarcimento degli strappi, i fascicoli furono quindi ricomposti e furono eseguite una nuova cucitura ed una coperta di piena pelle verde, con titolo e collocazione incisi in oro. Il volume fu quindi posto in un contenitore in tela verde, foderato con carta dipinta a mano. Contemporaneamente nacque nella biblioteca la decisione di garantirsi una copia fotografica di tutto il volume. Fu quindi approntato un progetto per ottenerne la riproduzione fotografica tradizionale, con l’acquisizione di diapositive a colori, e la riproduzione digitale, attraverso l’acquisizione di immagini tiff, riversate su CD. L’attivazione del sito web della biblioteca ed il convegno dedicato alla presentazione del primo catalogo delle edizioni I Discorsi del Mattioli ed il sito del libro 71 del ‘500 della biblioteca, in occasione della Prima settimana per la cultura, costituirono l’avvio di un’attenta riflessione che la nascente redazione digitale dell’Alessandrina venne sviluppando intorno all’enorme opportunità offerta dalla rete. ...non può, la semplice replica fotografica o digitale, sostituire il fascino della consultazione manuale di un esemplare; né si possono nascondere nei depositi tutti i nostri tesori, pena il pericolo, davvero reale, di un oblio nella conoscenza. C’è invece bisogno di creare attorno all’esemplare un movimento di interesse, che consenta di mantenerne viva la materialità... Queste furono le considerazioni che portarono alla nascita, nel 2001, del “sito del libro”, http://www.alessandrina.librari. beniculturali.it/sdl/index.html, concepito come “luogo di conoscenza” e “luogo di scambio”. “Luogo di conoscenza” perché permette di sfogliare tutta l’edizione conservata nell’Alessandrina, di assistere ai convegni svolti intorno al libro, sia a Roma che a Siena, di seguire le fasi del restauro, di confrontare il volume con altri esemplari conservati in altre biblioteche. “Luogo di scambio”, perché la sua struttura è basata su un database che consente all’eventuale studioso, partner della biblioteca, attraverso l’uso di una password e dalla sua postazione remota, di completare le schede tecnico descrittive relative alle piante, così come consente al web master di riversare in tempo reale i contributi raccolti ed inviati alla redazione digitale sul volume, sulla sua storia, sull’autore, sulla biologia, sulla storia tipografica, sulla storia dell’arte, su tutto ciò di cui l’esemplare conservato nella biblioteca è testimonianza. 72 PIEMONTE – BIBLIOTECA NAZIONALE UNIVERSITARIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Nella notte fra il 25 e il 26 gennaio 1904, un furioso incendio devastò la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino che allora aveva sede nel palazzo del Rettorato dell’Università di Aurelio Aghemo via Po. L’incendio arrecò danni gravissimi ai fondi manoscritti. Il fuoco, sviluppatosi per cause imprecisate nonostante le varie congetture, si estese con rapidità grazie anche alle strutture lignee della Biblioteca. I pompieri, accorsi su segnalazione di un passante, che aveva notato il bagliore delle fiamme, trovarono l’unica porta d’accesso già bloccata dal fuoco. Quando nelle prime ore del mattino si raggiunse la Sala manoscritti, questa era stata ormai invasa dal fuoco e sugli scaffali e sulle vetrine, dove erano conservati i manoscritti in esposizione permanente, erano precipitati il tetto e il pavimento delle soffitte in fiamme. Le sezioni più danneggiate risultarono quelle dei codici orientali, dei francesi e degli italiani, mentre i danni per i manoscritti greci e latini furono in proporzione meno gravi. Alcuni dei cimeli più preziosi, come i palinsesti di Cicerone e del Codice Teodosiano o il Libro d’ore del Duca di Berry, andarono completamente distrutti. Nei manoscritti cartacei l’azione devastatrice del fuoco fu arrestata dall’acqua; in quelli che rimasero a lungo bagnati, però, proliferarono le muffe, che provocarono un ulteriore degrado del supporto cartaceo stesso. Nei codici membranacei le modificazioni strutturali delle pergamene, provocate dal calore, si aggravarono a causa dei getti di acqua fredda; per drastiche riduzioni delle dimensioni e agglutinamenti delle pergamene fra di loro alcuni codici si trasformarono in blocchi compatti. Immediatamente dopo l’evento iniziarono le operazioni di recupero dei manoscritti, che vennero sistemati alla rinfusa nelle sale superstiti della Biblioteca, in alcune aule dell’Università, nei locali dell’ex fabbrica Tabacchi in Via Po e, successivamente, in locali dell’Accademia Albertina. Il fatto suscitò enorme emozione e da tutto il mondo giunsero attestazioni concrete di Biblioteca Nazionale Universitaria solidarietà con l’invio di materiale bibliografico per rimpiazzare Direttore: Aurelio Aghemo almeno in parte quello distrutto o danneggiato. Le operazioni di Piazza Carlo Alberto, 3 recupero iniziarono immediatamente grazie al lavoro di 10123 Torino un’apposita commissione – composta dal rettore tel. 011.8101111- 8101102 dell’Università, Giampietro Chironi, da Carlo Cipolla, Rodolfo 8178778 fax 011.812021 Renier, Ettore Stampini, Gaetano de Sanctis, Ermanno Ferrero, [email protected] Italo Pizzi, Icilio Guareschi, Michele Fileti, Piero Giacosa, www.bnto.librari.beniculturali.it Il restauro dei codici danneggiati della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino 73 PIEMONTE – BIBLIOTECA NAZIONALE UNIVERSITARIA Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari- Biblioteche Francesco Carta e Carlo Frati, affiancati da Alessandro Baudi di Vesme e da Vincenzo Armando – incaricata dal Ministero della Pubblica Istruzione di attivare misure per il restauro del materiale danneggiato. In particolare al Guareschi venne affidato l’incarico di studiare presso l’Istituto di chimica farmaceutica il modo di distaccare e distendere le pergamene che costituivano i blocchi compatti. Un secolo dopo, la Biblioteca Nazionale Universitaria, ora appartenente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, situata nell’attuale sede di piazza Carlo Alberto 3, ha condotto un complesso progetto, finanziato dall’Amministrazione, di recupero definitivo di tutto il materiale manoscritto danneggiato nell’incendio. Nell’ambito del progetto la Biblioteca si è posta come obiettivi sia il recupero e il restauro dei fogli sia cartacei sia membranacei ancora non restaurati sia l’identificazione del materiale in parte ancora non identificato, oltre alla catalogazione dell’intero fondo. La progettazione è stata eseguita dalla dott.ssa Maria Letizia Sebastiani, già responsabile dell’Ufficio manoscritti e rari della Biblioteca e ora direttrice della Biblioteca Universitaria di Pavia; il dott. Angelo Giaccaria, responsabile dell’Ufficio tutela conservazione e restauro, è stato il responsabilità del procedimento.Per l’attuazione del progetto (che ha concluso le attività di ricerca nel corso del 2004, centenario dell’incendio mentre sono in parte conclusi e in parte in corso i restauri), il personale della Biblioteca è stato coadiuvato, grazie a un’apposita convenzione, da un’equipe dell’Università degli Studi di Torino (coordinata da Bruno Chiesa per i manoscritti orientali e da Alessandro Vitale Brovarone per i manoscritti in alfabeto latino) e dell’Università degli Studi di Venezia (coordinata da Paolo Eleuteri per i manoscritti in alfabeto greco) che si è occupata dell’identificazione e della catalogazione del materiale 74 bibliografico. Un altro gruppo di studio e di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Nucleare del Politecnico di Milano, con cui è stata stipulata un’altra convenzione, e dell’Istituto centrale per la patologia del libro di Roma ha assistito la Biblioteca nelle attività di analisi del materiale danneggiato e nell’individuazione di tecniche di intervento per il restauro dei supporti pergamenacei la cui struttura fisica è stata modificata dai traumi subiti.Il gruppo di lavoro della Biblioteca, da una parte, si è occupato della sperimentazione delle metodologie e delle tecniche di restauro da applicare sia al materiale cartaceo sia al materiale membranaceo e dei problemi legati alla conservazione di tale materiale dopo gli interventi di restauro, dall’altra, ha affiancato il lavoro di riordino, identificazione e catalogazione dei manoscritti e ha promosso ricerche in merito nell’ambito degli archivi e dei fondi bibliografici della Biblioteca ed esterni. Le attività svolte hanno permesso di individuare tecniche innovative di restauro per la carta e per la pergamena e stanno riportando alla luce documenti che la comunità degli studiosi riteneva perduti per sempre. In particolare, per la pergamena, è stato individuato un protocollo di restauro con l’utilizzazione di una speciale “camera a guanti” in cui è utilizzata una particolare atmosfera in ambiente confinato (fase vapore) che permette il recupero del materiale danneggiato. È stata altresì individuata una procedura che consente di evitare danni a inchiostri e colori durante il trattamento a umido. Inoltre con avanzate tecniche di analisi multispettrale ritornano anche alla luce testi manoscritti palinsesti finora indecifrabili. particolari di manoscritti prima e dopo le operazioni di restauro 75 DBCP Dipartimento per i B Soprintendenza per i beni archeologici della Basilicata · Museo Archeologico Nazionale di Policoro 78 Salvatore Bianco Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso · Il progetto pilota del restauro della facciata affrescata di San Floriano: principi e metodi operativi Soprintendenza per i beni archeologici per le province di Napoli e Caserta · Completamento dell’esposizione della Collezione Egizia 82 del MANN e revisione critica dell’allestimento e dell’apparato didascalico comunicativo Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza Soprintendenza per i beni archeologici di Roma · I Quaderni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo · Scheda tecnica per il piano dell’arena dell’anfiteatro Flavio 85 Piero Meogrossi · Roma-Foro Romano: l’oratorio dei XL martiri 124 Gianna Gaudini 88 Claudio Del Monti · Il Patrimonio della Prima Guerra Mondiale 126 Rosa Distefano Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria · Studio preliminare al progetto di restauro e conservazione 92 delle strutture del laconicum del complesso termale della villa romana di Albisola Superiore (Sv): ricostruzione tridimensionale dell’edificio e dello schema di funzionamento Francesca Bulgarelli, Danilo Abate · Restauro e conservazione degli stucchi preromanici da San Fruttuoso di Capodimonte (GE) 121 95 · Esempi di tutela dei luoghi della Grande Guerra: Il restauro di Forte Interrotto e il vincolo paesaggistico da Laghi a Posina 128 Felice G. Romano · Il Restauro di Villa Caldogno 131 Rosa Distefano · Villa Del Bene a Volargne (Dolcè –VR) Il progetto di restauro degli affreschi 136 Maria Grazia Martelletto e Arturo Sandrini Alessandra Frondoni Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico dell’Abruzzo Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia · Restauro di statua virile in nudo eroico da Cividate Camuno (BS) 98 Filli Rossi · Dipinto su tavola raffigurante La Madonna col Bambino – Moscufo (PE) – Chiesa di S. Maria del Lago 139 Sergio Caranfa Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo antichità egizie · Un intervento di restauro nel Museo di Antichità di Torino 100 Applicazioni della termografia all’infrarosso per la conoscenza delle ceramiche antiche Luisa Brecciaroli Taborelli · Scultura in terracotta raffigurante La Madonna col Bambino – Citta’ S. Angelo (Pe) – Collegiata di S. Michele Arcangelo 141 Sergio Caranfa · Il restauro delle Selle dei Marchesi D’Avalos del Vasto 143 Giovanna Di Matteo e Maria Giuseppa Di Persia Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Basilicata · Matera: ex Ospedale di S. Rocco 102 · Palazzo di Montecitorio Il fregio di Giulio Aristide Sartorio per l’Aula parlamentare della Camera dei Deputati Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Calabria · Cittadella vescovile – Gerace (RC) 107 Michele Lanzillotti e Adele Bonofiglio · Il Castello Svevo-aragonese – Rocca Imperiale (CS) 109 Michele Lanzillotti e Adele Bonofiglio Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le provincie di Bologna, Modena e Reggio Emilia 151 156 Gea Storace e Stefano Provinciali Leonardo Marinelli e Elisabetta Pepe Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, Pavia, Sondrio, Lecco, Lodi e Varese Marina Rosa e Bruno Lattuada 147 Claudia Tempesta · Roma, chiesa di Santa Caterina dei Funari. Restauro del Presbiterio o Cappella Cesi (secc. XVI – XVIII) · Restauro conservativo degli affreschi della Cappella dei SS. Cosma e Damiano - Chiesa di S. Pietro, Anticoli Corrado (RM ) · Diagnostica applicata alla conservazione dell’opera d’arte · Interventi di consolidamento e programmi 112 di valorizzazione del castello di Canossa. Un esempio di fruttuosa collaborazione tra Stato ed Enti locali · Il cantiere della Villa Reale di Monza Interventi su strutture ed apparati decorativi lignei Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Lazio 116 160 Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico della Liguria · Il restauro dei beni storico artistici in Liguria negli anni 2003 – 2005: una scelta degli interventi più interessanti 161 i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le province di Verona, Rovigo e Vicenza · Gli affreschi del XIII e XIV secolo nella cripta di San Zeno 166 a Verona: la sperimentazione della nanocalce dispersa in alcol iso-propilico durante l’intervento conservativo Fabrizio Pietropoli e Chiara Scardellato Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per la provincia di Napoli · Napoli, il Parco e il Colombario virgiliano Architettura e restauro · Napoli, il Complesso di San Gregorio Armeno. I restauri 168 169 Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Cagliari e Oristano · Il restauro della Basilica Mauriziana di S.Croce a Cagliari 170 Gabriele Tola e Lucia Siddi Soprintendenza per i beni ambientali architettonici, per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico dell’Umbria · Galleria Nazionale dell’Umbria - Palazzo dei Priori - Perugia · Progetto di consolidamento e restauro della vetrata monumentale di Bartolomeo di Pietro Graziani e Mariotto di Nardo di Cione, Sec.XV, anno 1411, nella Chiesa di San Domenico di Perugia 172 174 Francesca Abbozzo Soprintendenza per i beni architettonici per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Venezia e Laguna · I nuovi sistemi di riscaldamento ad irraggiamento e il patrimonio storico artistico ed architettonico. L’esperienza di Gambarare di Mira · Il restauro del Palazzo Soranzo Cappello, Venezia – S.Croce Tiziana Foraro 177 181 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA BASILICATA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Nell’ambito dei progetti realizzati dal MiBAC nel periodo 2001-2004 la Soprintendenza Salvatore Bianco per i Beni Archeologici della Basilicata ha quasi ultimato un importante intervento di restauro di beni mobili conservati presso il Museo Nazionale della Siritide di Policoro. L’intervento di restauro, realizzato con risorse finanziarie rinvenienti dall’otto per mille dell’Irpef dell’a. f. 2003, per un importo di E 258.228,45, è mirato al restauro conservativo di una serie di ricchissimi corredi funerari italici del X-VI secolo a. C. provenienti dalle grandi necropoli enotrie delle vallate dell’Agri e del Sinni. Le necropoli enotrie delle due vallate presentano il rituale funerario dell’inumazione supina entro fosse semplici, talora delimitate da ciottoli. Ad Alianello un settore monumentale della necropoli presenta sepolture deposte all’interno di recinti quadrangolari delimitati da lastre verticali infisse nel terreno. Tra le diverse centinaia di sepolture recuperate da Chiaromonte, Latronico, Alianello, Guardia Perticara ecc. sono delle sepolture appartenenti a personaggi di altissimo livello sociale, in genere femminili, il cui recupero è stato possibile solo grazie all’elaborazione di appropriate modalità e tecniche di scavo. Tali sepolture sono state recuperate con la tecnica dell’asportazione del pane di terra inglobante tutta o parte della deposizione funebre. La tecnica, definita “strappo” del pane di terra, è stata messa a punto e perfezionata dal Personale del Museo Nazionale della Siritide di Policoro a partire dagli inizi degli anni ottanta, nel corso dell’intervento di scavo sistematico effettuato all’indomani del sisma del 1980 nella necropoli enotria di Alianello nell’ambito delle operazioni di installazione dei containers destinati ad ospitare i senzatetto. Con la tecnica dello “strappo” il piano di deposizione funebre, comprensivo degli oggetti di accompagno, viene isolato con un abbassamento della quota del terreno circostante di circa 15-20 cm. Il pane di terra così delineato viene svuotato lungo il perimetro per una profondità di circa 10 cm. Un’armatura Soprintendenza per i Beni lignea perimetrale rinforzata all’interno da filo metallico Archeologici della Basilicata Soprintendente: accoglie successivamente una colata di gesso a presa rapida, Marcello Tagliente che consente dopo l’indurimento della stessa di sollevare il pane di terra come un unico blocco trasportabile. Via San Remo, 152 85100 Potenza L’elaborazione di tale tecnica si è resa indispensabile nel corso tel. 0971.323111 dello scavo delle necropoli enotrie di fronte alla impossibilità fax 0971.653282 Museo Archeologico Nazionale di Policoro 78 di recuperare con le tecniche tradizionali di scavo le sepolture femminili distinte da ricchissimi complessi di ornamenti personali e da apparati decorativi dei vestiti cerimoniali funebri, talora in ottimale stato di conservazione. Questi possono essere costituiti da vasti insiemi di oggetti, a loro volta realizzati con diverse centinaia di elementi in bronzo, ambra, pasta vitrea, osso o avorio, talora con presenza di oggetti preziosi di alto livello artistico di importazione in ambra o argento. La tecnica tradizionale di scavo non avrebbe potuto consentire il recupero corretto e tantomeno la successiva lettura e ricostruzione integrale degli apparati ornamentali formati da tantissimi elementi e ormai privi dei supporti connettivi in materiale organico. La ricostruzione di tali apparati diviene invece possibile attraverso operazioni di microscavo sui pani di terra in laboratorio, precedute dalla realizzazione di appropriate indagini diagnostiche e di lettura preliminari (fotografia e rilievo in scala 1:1; eventuali radiografie, fotografie in fluorescenza ultravioletta e in infrarosso, colore o in bianco-nero ecc.), indispensabili per evidenziare 79 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA BASILICATA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici particolari classi di materiali come l’ambra inglobata negli stessi pani. Attraverso le operazioni di microscavo in laboratorio è possibile individuare e ricostruire i singoli oggetti d’ornamento personale o dei vestiti con una puntuale ricostruzione degli elementi costitutivi fino alla ricostruzione degli interi complessi. Spiccano così le parures di ornamenti costituite dalle acconciature in bronzo della testa (copricapo o diademi a tubuli spiraliformi, cuffie formate da cuppelle bronzeee, diademi in pasta vitrea), da orecchini in bronzo e ambra, collane a più giri in ambra con vaghi di varia forma e dimensioni, fibule di bronzo e ferro di vario tipo, armille o cavigliere bronzee, pendenti in ambra o avorio di diversa tipologia, stole e cinture costituite da elementi intessuti in ambra, cinture in maglia di bronzo o realizzate con file di cuppelle bronzee alternate a file di vaghi di ambra o pasta vitrea. Di particolare rilievo sono le decorazioni in bronzo e pasta vitrea applicate sui vestiti a formare quasi dei “grembiuli” applicati sugli stessi. I complessi ornamentali così recuperati costituiscono un unicum nel panorama archeologico dell’Italia meridionale, come si evince dai complessi esposti presso il Museo Nazionale di Policoro. La vastità dei dati recuperati con la tecnica del microscavo ha consentito di individuare precise forme, tipologie o funzioni degli oggetti ornamentali, tanto da poter essere oggi in grado di delineare il fasto e l’evoluzione dell’abbigliamento femminile enotrio tra X e VI secolo a. C., nonché di poter individuare la matrice tipologica di gran parte di tali oggetti di ornamento in ambito balcanico, dalle regioni della Grecia settentrionale all’area illirica, con possibilità di poter istituire numerosi confronti con le culture coeve della fascia adriatica peninsulare italiana, in particolare con l’area picena. L’elevato numero di sepolture enotrie recuperate interamente o in parte con la tecnica dello strappo ha determinato un accumulo di numerosi pani di terra nei depositi del Museo Nazionale di Policoro. Il lungo lasso di tempo intercorso tra lo scavo e l’intervento di restauro come microscavo ha determinato delle situazioni prossime ad un limite critico in termini di conservazione per l’intrinseca fragilità strutturale dei materiali (bronzo, ambra, pasta vitrea, avorio ecc.). Il degrado degli oggetti, in particolare metallici, dopo lo scavo è infatti piuttosto rapido e richiederebbe interventi conservativi tempestivi. 80 Il restauro degli apparati ornamentali contenuti nei pani di terra presenta un duplice ordine di problemi. Il primo è legato alla tempestività dell’intervento e all’accuratezza del microscavo e dello smontaggio degli elementi costitutivi, che devono poi essere ricostruiti. In secondo ordine l’intervento deve essere preceduto da indagini non distruttive (foto in scala, foto all’infrarosso o in fluorescenza ultravioletta), che consentono di evidenziare i materiali come l’ambra o l’osso rispetto al terreno che li ingloba per le diverse tonalità che assumono in falso colore. Il risultato così ottenuto consente una lettura di alta precisione di tutti gli elementi, indispensabile per la ricostruzione degli stessi apparati ornamentali. I materiali recuperati dai pani di terra presentano ovviamente stati di degrado differenti a seconda delle diverse classi di materiali, che richiedono trattamenti diversi di pulizia, di lavaggio o di tipo chimico funzionali al loro recupero. L’intervento in corso di restauro conservativo consente altresì di sperimentare nuove metodologie di microscavo e di applicare nuove tecniche diagnostiche preliminari. La ricostruzione integrale degli apparati ornamentali femminili enotri consente altresì di esporre gli stessi con grandi risultati museografici sul piano didattico e su quello della fruizione pubblica, come dimostra l’interesse del pubblico in visita presso il Museo Nazionale di Policoro. 81 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI PER LE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Napoli e Caserta Soprintendente: Maria Luisa Nava Piazza Museo, 19 80135 Napoli tel. 081.440166 fax 081.44013 Ciro Piccioli, Maria Rosaria Borriello, Carolina Scavon, Amodio Marzocchella Progetto “Prosieguo delle ricerche scientifiche sulla collezione egizia del MANN, realizzazione di vetrine sperimentali a microclima controllato per l’esposizione di un sarcofago con mummia egizia. Riallestimento della Collezione Egizia”. Completamento dell’esposizione della Collezione Egizia del MANN e revisione critica dell’allestimento e dell’apparato didascalico comunicativo Luogo dell’azione Museo Archeologico Nazionale, Istituto di Genetica e Biochimica dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, Centro Interdipartimentale di Conservazione per i Beni Culturali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Centro di Metodologie Chimico-fisiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Soc. A –Technology. Responsabile tecnico scientifico: Ciro Piccioli Programma tecnico-scientifico Fase 1 Ampliamento del quadro delle conoscenze necessario alla realizzazione di un contenitore idoneo alla conservazione ed esposizione al pubblico di una mummia egiziana con relativo sarcofago, ultima a non essere ancora esposta al pubblico. • Indagini chimico-fisiche e biologiche sul reperto oggetto dell’intervento. • Affinamento delle soluzioni atte ad implementare le conoscenze del settore sulla base delle esperienze fin qui acquisite ed ancora in corso. • Sistema di monitoraggio ambientale, climatico e del flusso di visitatori delle sale della Collezione Egizia al fine di controllarlo e decidere, in futuro, se sia utile condizionare gli ambienti di esposizione. • Ulteriore verifica e ridefinizione atte al miglioramento degli standard museotecnici degli apparati espositivi da progettare. Fase 2 • Progettazione esecutiva dell’apparato. • Realizzazione tecnica dell’apparato per conservare la mummia. 82 Fase 3 • Restauro della mummia non ancora esposta con un’indagine anatomo-patologica al fine di individuare il numero originario delle mummie con le cui parti é stata ricomposta la mummia in oggetto. • Inserimento della mummia nella sala di esposizione al pubblico e riallestimento della Collezione Egizia. Fase 4 • Revisione delle vetrine attuali rendendole più resistenti alle polveri e agli inquinanti atmosferici, consistenti per la particolare collocazione topografica della collezione stessa sostituendo i ripiani in materiali compositi con materiali inerti sotto il profilo del rilascio delle sostanze volatili. • Realizzazione di un apparato per i resti mummificati ed organici di un coccodrillo. • Realizzazione di piccole vetrine sigillate per i reperti costituiti da parti di mummie. • Collegamento in rete senza cavo dei sistemi di controllo e misura microclimatici. Fase 5 • Sistema multimediale di documentazione della collezione con un riferimento culturale all’Egittologia ed al suo ruolo nello sviluppo del pensiero scientifico moderno. • Utilizzo degli attuali spazi di deposito per realizzare una saletta multimediale ed un piccolo laboratorio per la manutenzione continua della sale di allestimento e dei reperti in essa conservati. Obiettivi e risultati attesi • Definizione di un articolato “Quadro delle conoscenze” necessario alla progettazione ed alla realizzazione di due contenitori idonei alla conservazione ed esposizione al pubblico di due mummie egiziane con relativo sarcofago; • Restauro di due sarcofagi con mummie. • Avanzamento delle conoscenze nella conservazione ed esposizione al pubblico dei reperti mummificati e realizzazione di due prototipi di vetrina condizionabile e monitorata, rispondenti a standard prestazionali derivanti dall’attuazione dei punti procedenti, idonei ad assicurare la conservazione di mummie con sarcofagi. • Trasferimento di tecnologie aerospaziali mature alle progettazioni di interesse. 83 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI PER LE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici • Miglioramento nella valorizzazione e fruizione della Collezione Egizia, anche attraverso un sostanziale riallestimento delle sale espositive del MANN. Modalità e tempi di attuazione Un anno solare dalla data del finanziamento. Finanziamento ad avanzamento dei lavori in tre fasi: Fase 1, Fase 2 e Fase 3: un anno di attività. Numero e profilo delle professionalità impiegate Esperto scientifico nella conservazione dei Beni Culturali. Esperto conservatore dei Beni Culturali ed Ambientali. Esperto anatomo- patologo nella mummificazione di resti umani. Progettista di strutture aerospaziali. Architetto esperto in Museotecnica. Esperto in lavorazione di lastre piane. Esperto elettronico in assemblaggio di sistemi di controllo ambientale. Tecnologo esperto nell’assemblaggio di sistemi modulari aerospaziali. 84 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI ROMA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni Archeologici di Roma Soprintendente: Angelo Bottini Piazza S. Maria Nova, 53 00186 Roma Tel. 06.6990110 fax 06.6787689 [email protected] www.archeorm.arti.beniculturali.it Caratteri dell’intervento e delle componenti per l’arena L’intervento ha comportato la realizzazione di un piano Piero Meogrossi montato su travi di legno lamellare rinforzate da fibre di carbonio e aramidiche al fine di poter ridurre le sezioni e garantire la copertura estesa di poco più di un settimo dell’intero piano dell’arena. Il solaio ligneo posto in continuità con quello del corridoio centrale al di sopra della galleria verso il ludus magnus rimarca sostanzialmente la quota di età flavia. Per il corretto inserimento archeologico sono stati realizzati sul piano dell’arena dieci blocchi in cemento granulare servite come appoggio ai pilastri lignei mentre altri dieci appoggi, in similitudine ai precedenti, sono stati semplicemente “addossati” ai blocchi di travertino originali nel corridoio dovendo necessariamente sostenere le travi di contenimento lungo il nuovo impalcato. Scheda tecnica per il piano dell’arena dell’anfiteatro Flavio Costruzione del piano dell’Arena dell’Anfiteatro Flavio in numeri • mc. 145 di legno lamellare conifera europea • mq. 150 di compensato marino di mogano da cm. 2 di spessore • ml. 2.600 di piatto in fibra di carbonio da mm. 20 x mm. 3 di spessore • mq. 310 di tessuto multiassiale in fibra aramidica da 230 gr/mq. • kg. 15.500 di piastrame in acciaio inox Aisi 304 sabbiato spessore mm. 3, 6, 10 • 7.414 barre filettate in acciaio inox Aisi 304 diametri mm. 10, 14, 16, 20 con lunghezze comprese da cm. 25 a mt. 1 • 14.828 dadi e rondelle in acciaio inox Aisi 304 • 34.000 viti in acciaio inox Aisi 304 per fissaggio terzere • 10.000 viti in acciaio inox Aisi 304 per fissaggio tavolato Tre sono sostanzialmente le situazioni archeologiche interessate dai lavori per la nuova copertura dell’arena che ha visto così: • sui blocchi di tufo parzialmente rovinati tra gli spazi di risulta lungo gli ipogei un trattamento di pre-consolidamento effettuato mediante perni in fibre aramidiche inseriti a rinforzo dei nuclei degradati predisponendo una futuribile e potenziale azione di mimetismo del materiale. Una volta verificata la bontà degli appoggi e dunque delle fondazioni originarie, si è dato ruolo strutturale alle dieci basi di sostegno su cui sono state modellate 85 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI ROMA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Riferimenti bibliografici •R. Migliari - Il rilievo dell’Anfiteatro Flavio in rivista Disegnare n. 18-19, Roma 2000; •M. Crespi - A. D’Antonio, Il rilievo GPS della nuova rete di inquadramento S.A.R. Laurea in Topografia della valle del Colosseo, A.A. 2001- 2002; •P. Meogrossi - Allineamenti topografici tra Palatino e valle del Colosseo, ragioni e regole in Atti Convegno Internazionale Archeologia Classica La ciudad en el mundo romano vol.2, Tarragona 1994, pagg.277-280; •P. Meogrossi - Topografia antica e restauro archeologico in Atti I Convegno ARCo, Manutenzione e recupero nella città storica, Roma 1993, pagg. 81-89; •M. Wilson Jones - La misura degli anfiteatri, Boll. Ist. Germanico, Roma 1993; •G. Birardi - Progetto topografico per il rilievo del Colosseo: diagramma dell’insolazione alla latitudine di Roma, Università Ingegneria Roma 1989. sagome in cemento granulare (tipo Mapei) rese compatibili con le forme ruderali degli attuali estradossi dei muri antichi; • dieci baggioli realizzati col medesimo cemento granulare, dovendo dare sostegno alle travature del corridoio lungo, sono stati in pratica accostati ai grandi blocchi squadrati di travertino del restauro di età severiana seguito all’incendio del 217 d.C. I nuovi blocchi sono stati distribuiti opportunamente ed in modi alterni al piede del corridoio di accesso-arena operando il semplice accostamento di materiale in completa reversibilità (pellicola di sacrificio in carta giapponese trattata con resina); • il cordolo d’appoggio, sempre in cemento granulare ed avente funzione di futura canala per lo scolo delle acque meteoriche, è stato realizzato in fianco alla trave curva realizzata fuori opera e montata lungo il bordo perimetrale della curva dell’arena. La parziale demolizione dei tratti moderni costruiti in curva, oltre a liberare la superficie resistente e dare ospitalità ai nuovi manufatti, ha permesso di denunciare gli evidenti errori filologici compiuti durante i restauri degli anni ’20 eseguiti dal Cozzo e quindi di individuare la corretta geometria del nuovo piano ligneo riproponendo di fatto “in sottosquadro” il livello archeologico del piano Flavio dell’arena. Il legno lamellare trattato come composito con fibre aramidiche al fine di aumentare i momenti di inerzia di alcune travi costruite fuori opera dalla ditta esecutrice Sacen di Napoli ha permesso di coprire le enormi luci dello spazio ipogeo (oltre i 12 metri in alcuni punti) consentendo ovviamente di articolare le varie campate mediante travi primarie, secondarie, terzere ed impalcato finale. L’articolato sistema strutturale di travi e pilastri è stato eseguito in legno e connessioni di piastre e bulloni in acciaio, derivando i sofisticati calcoli dal progetto dei tecnici dell’Università La Sapienza guidati dal prof.ing. M. Cerone, dovendo sfruttare meglio i dieci appoggi selezionati a terra (solo in una parte è usata la muratura antica come appoggio). Sui plinti in cemento granulare specificatamente individuati sono state ancorate opportune piastre di acciaio che hanno assicurato ed agevolato il rapido montaggio dei pilastri in legno composti a gruppi di quattro elementi verticali collegati tra loro. I rapporti di misura adottati nella cantieristica usata per la realizzazione del suddetto piano ligneo hanno permesso di confermare la bontà della regola, “a rombo” in base a cui è strutturata la stessa forma ovale dell’anfiteatro Flavio. La forma configurata del piano arena deriva dunque direttamente da uno dei quattro fuochi della losanga servita di 86 riferimento per impostare l’opera provvisionale (torre-gru) fatto questo che ha permesso alle maestranze di eseguire in rapidità ed in sicurezza l’impalcato del nuovo piano ligneo. Le principali attività di cantiere infine sono state derivate dal particolare studio svolto dalla Direzione Lavori che ha posto direttamente in cantiere, dopo averne verificato la praticità esecutiva, il confronto con le misure ritrovate per un disegno unitario che interessa l’antica topografia di Roma. In altri termini una specifica direttrice urbana di misura primaria assegna valori unitari alla valle circostante ed allo stesso Colosseo (raccordabile perfettamente coi caposaldi monumentali distribuiti fra Palatino, valle Colosseo e colle Oppio) dando così ragione e supporto allo stesso cantiere del nuovo piano ligneo dell’arena. Importo realizzazione piano Arena (comprensivo dei saggi preventivi e le opere per i saggi della fondazione antica): lire 1 miliardo e 477 milioni lordi periodo di svolgimento lavori: marzo-giugno 2000 responsabile procedimento: G. Martines (Soprintendenza Archeologica) direzione lavori: P. Meogrossi (Soprintendenza Archeologica) assistenza al cantiere: F. Alberi (Soprintendenza Archeologica) supervisione al progetto: P. Meogrossi (Soprintendenza Archeologica) rilievo ipogei: H. Beste (Istituto Germanico di Roma) progetto strutturale: M. Cerone (Università la Sapienza Roma) responsabile della sicurezza: N. Calistroni collaboratori: A. Viskovic e F. Fumagalli impresa esecutrice: ditta SACEN di Napoli 87 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI ROMA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Storia di restauro che coniuga il recupero di tecniche tradizionali per la creazione di un ecosistema conservativo e l’impiego di nuove tecnologie per ricostruire l’immagine dell’architettura antica. Progetto e Direzione dei lavori: Claudia Del Monti Realizzazione: Impresa E.A.L. Edil Appalti Licordari Restauro dei marmi: Carlo Usai Restauro degli affreschi: Bruno Marocchini La scoperta dell’aula dell’Oratorio risale all’epoca degli scavi operati da Boni nei primi anni del ‘900: fu Claudia Del Monti ritrovato un ambiente a fianco della Basilica di S. Maria Antiqua, di cui non si aveva notizia, che fu identificato come oratorio. Sebbene fosse parte integrante del più grande impianto di epoca domizianea, riutilizzato nella fase cristiana per le funzioni del nuovo culto, tuttavia venne escluso dal restauro, che si incentrò quasi esclusivamente sulla basilica, perché giudicato architettura minore. A distanza di circa un secolo, l’intervento di restauro moderno ha ripristinato lo spazio originale dell’aula e restituito agli affreschi, che decorano le pareti, visibilità e fruizione. Per la conservazione degli affreschi restaurati si è reso necessario il ripristino della copertura dell’aula, crollata in tempi antichi, che è stata realizzata sulla base dell’architettura originaria, rintracciata attraverso i dati emersi dagli scavi e dagli studi recenti. Nel restauro si è tenuto conto della necessità di creare all’interno dell’aula il clima adatto alla conservazione dei dipinti senza ricorrere a impianti di difficile manutenzione, spesso invasivi, come deumidificatori o sistemi di aerazione forzata e si è preferito utilizzare tecniche di aerazione naturale. Sfruttando le correnti d’aria indotte da aperture, create nella parte alta dell’aula nei lati nord e sud, è stato assicurato un continuo ricambio dell’aria interna; sfruttando poi la parte ricostruita delle murature, è stata creata al loro interno una intercapedine in cui è convogliata l’aria proveniente dalle aperture, che mantiene costante la temperatura delle pareti e permette l’evaporazione dell’umidità. L’impiego di questi accorgimenti costruttivi ha dato luogo ad un microclima interno costante che garantisce la buona conservazione degli affreschi. Roma-Foro Romano: l’oratorio dei XL martiri La copertura Parallelamente al tema della conservazione il restauro ha affrontato anche quello delicato della ricostruzione, anche se parziale, di uno spazio antico e del suo inserimento nel contesto; pertanto ci si è mossi seguendo un doppio binario: all’esterno la ricomposizione di un’immagine dell’aula adeguata nella forma e nei materiali alle antiche strutture di S. Maria Antiqua (anch’essa in parte ricostruita da Boni per 88 analoghi problemi di conservazione dei preziosi affreschi); all’interno l’impiego di tecnologie moderne, che hanno permesso di ricostruire lo spazio originario attraverso le sue linee essenziali. L’analogia con l’antico è affidata soprattutto ai rapporti dimensionali, che sono fondamentali nell’architettura per l’equilibrio e il controllo dello spazio. Per suggerire l’originale volta a crociera, che concludeva il volume interno dell’aula, e ‘comunicare’ l’immagine di questo 89 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI ROMA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici spazio, non si è ritenuta necessaria la ricostruzione della volta nella sua totalità, si è scelto piuttosto l’utilizzo del linguaggio universale della geometria. Il progetto ricostruttivo si basa essenzialmente sulla suggestione trasmessa dalla struttura utilizzata, che richiama alla memoria l’immagine della volta a crociera antica. È realizzata in legno lamellare, un materiale che permette di coniugare tre requisiti fondamentali individuati dal progetto: 1) la possibilità di ottenere una curvatura pronunciata delle travature, 2) un rapporto equilibrato tra il peso della struttura e le dimensioni della sezione delle travi, 3) l’impatto visivo con l’ambiente, che si armonizza con l’immagine tradizionale delle architetture antiche. Il progetto si è avvalso delle tecniche della prefabbricazione, vale a dire che tutti i pezzi sono stati realizzati in officina, secondo modalità predefinite, ed in cantiere sono stati semplicemente ‘accorpati’ gli uni agli altri. Si potrebbe dire che il criterio con cui si è realizzata la volta e la copertura dell’aula è in tutto simile a quello utilizzato per i kit di montaggio in tanti altri settori delle costruzioni. La struttura portante della copertura – delle travi curve della crociera simulata e della travatura tutta del tetto – consiste in quattro montanti in ferro, uno in ogni angolo dell’aula, saldamente ancorati con robuste piastre in ferro al cordolo di calcestruzzo armato inserito nella parte muraria ricostruita, per assicurare la ripartizione dei carichi. Su ogni montante sono predisposte mensole in cui si innestano le travi; la spinta indotta dal carico è poi contenuta e bilanciata da quattro catene, una per lato, ancorate ai montanti. Montanti e catene rimangono nascosti nell’intercapedine della muratura ricostruita, ad esclusione della parete dove la muratura originaria si è conservata quasi per tutta l’altezza. Alla sommità dei montanti si innestano le quattro capriate della copertura vera e propria, collegate alla crociera sottostante solo nel punto di colmo; la struttura della copertura si articola in otto falde che seguono l’andamento degli archi della crociera. La copertura è completata dal manto di tegole e coppi, che si armonizza con il colore del laterizio dominante nel Foro. L’architrave Nel corso dei lavori, un fortunato ritrovamento ha messo in luce la grande architrave in marmo appartenente al portale d’ingresso all’aula, che è stata restaurata e ricollocata nella posizione originaria. 90 L’architrave era troppo frammentata per poterne ipotizzare la ricomposizione e affidarle nuovamente una funzione portante, neanche del solo peso proprio; inoltre ogni intervento atto a restituirle solidità si presentava troppo invasivo. L’alternativa scelta è stata una struttura portante di supporto su cui poggiarla, svincolata dalle murature antiche, per impedire la trasmissione di carichi o sollecitazioni, che ne avrebbero potuto compromettere l’equilibrio. Questa struttura trilitica di supporto è composta di una trave in ferro e due piedritti in c.a. – sagomati secondo il disegno originale- realizzati in officina e montati in cantiere. I pezzi dell’architrave sono stati ricomposti con perni di acciaio e ‘poggiati’ sulla struttura. Il portale La chiusura del portale dell’aula ha comportato dei problemi a causa delle dimensioni gigantesche del varco e delle difficoltà di ancoraggio alla fragile soglia antica, che non poteva certo sopportare il carico di ante commisurate al grande varco; tuttavia non si è voluto rinunciare all’immagine grandiosa suggerita dalle dimensioni imponenti e ridurre questo ingresso ad un semplice passaggio, svilendo lo spirito dell’antica architettura. La soluzione adottata è consistita nell’arretrare le ante all’interno, al limite della soglia, e creando un’apposita struttura di sostegno, svincolata da quella del portale, ancorata a terra con fondazioni realizzate all’uopo ed in alto al cordolo armato che collega le murature. È una struttura in ferro scatolare in cui sono inserite le enormi ante realizzate in ferro e vetro e i marchingegni idraulici che ne regolano l’apertura, facendole scorrere ai lati del portale e poi ruotandole in sincronia di 90°. Terminata la manovra dell’automatismo, le ante aperte risultano così esattamente nella posizione in cui erano quelle antiche. La struttura metallica all’interno dell’aula è completamente in vista e la sagoma e l’altezza sono state studiate in modo che non nasconda l’architrave. 91 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il complesso della cosiddetta villa romana di Alba Docilia è inserito entro l’area urbana di Albisola Superiore, nella centrale Piazza Giulio II. Scavi e ricerche si sono succeduti nel sito a partire dalla seconda metà del XIX secolo, quanto fu portato in luce e parzialmente esplorato il grande edificio a pianta circolare (diam. m 9,50); Francesca Bulgarelli inizialmente ritenuto un e Danilo Abate castellum aquae o una piscina, è stato recentemente identificato con un laconicum, utilizzato in fasi successive come piscina calida, appartenente al quartiere termale del vasto complesso insediativo, databile tra il I e il V-VI sec.d.C., la cui estensione nota raggiunge i 9000 mq. Mentre il settore relativo alla pars rustica, oggetto di indagini preventive alla costruzione della nuova stazione ferroviaria intorno alla metà del secolo scorso, è ormai occultato al di sotto del piazzale e del rilevato della ferrovia, il settore residenziale e quello termale costituiscono un’area archeologica che, delimitata da recinzione ma lasciata senza Studio preliminare al progetto di restauro e conservazione delle strutture del laconicum del complesso termale della villa romana di Albisola Superiore (Sv): ricostruzione tridimensionale dell’edificio e dello schema di funzionamento Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria Soprintendente: Giuseppina Spadea (reggente) Via Balbi, 10 16126 Genova Tel. 010.27181 fax: 010.2465925 [email protected] www.archeoge.arti.beniculturali.it 92 copertura, è stata mantenuta entro uno spazio urbano aperto che ospita edifici e servizi assai diversi, tra loro privi di rapporti organici e storici: la chiesa romanica di San Pietro, la stazione ferroviaria, un parcheggio, giardini, edifici risalenti alla metà del XX secolo, una viabilità ad alto traffico di collegamento autostradale. La scelta, priva di un vero progetto di musealizzazione all’aperto, di non realizzare sui resti archeologici coperture di protezione, comporta oggi l’applicazione costante di una manutenzione sistematica dei resti murari – oltre che dell’area a verde nella quale le strutture sono state inserite, forse con l’intento di restituire alla villa romana il rapporto originale con l’intorno – con interventi conservativi minimamente invasivi e al massimo reversibili, nel tentativo di rallentare quei processi di degrado dei materiali e dissesto delle strutture derivanti dalla prolungata esposizione agli agenti atmosferici, all’azione degli inquinanti e dell’areosol marino, e all’attacco di tipo organico, favorito dall’umidità di risalita e dal frequente ristagno delle acque meteoriche. Particolarmente esposto all’azione di degradazione dei fattori evidenziati è il manufatto relativo al laconicum – oggetto in questi ultimi anni di uno studio diagnostico e ricostruttivo che sta rivelando interessanti elementi conoscitivi – anche a causa della presenza di diversi componenti nell’esecuzione delle strutture 93 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici e nell’ interazione tra le specifiche caratteristiche fisicochimiche: miscele plastiche con malta e caementa nelle fondazioni e nelle murature perimetrali in elevato, laterizi nella parte centrale, rivestimenti in malta idraulica (cocciopesto) di varia granulometria e intonaco non idraulico nel canale anulare interno. Per una migliore comprensione dell’edificio e della sua funzionalità, e al fine di ottenere uno strumento efficace e innovativo nella progettazione degli interventi di manutenzione e restauro del manufatto, oltre ad una ricostruzione tridimensionale dell’ edificio nel suo insieme, con particolare riferimento alla tecnica costruttiva e ai differenti materiali riscontrabili nell’esistente, è stato creato un modello digitale con tecnica CAD in cui vengono evidenziati le diverse componenti con tecniche digitali di rendering. L’applicazione di tecniche di rappresentazione di tipo digitale ha consentito una lettura complessiva ottimale del manufatto antico e delle diverse tecniche di costruzione, non attuabile in maniera soddisfaciente con tecniche grafiche tradizionali, preliminare allo studio del degrado della struttura e dei diversi tipi di materiali presenti e quindi al programma di manutenzione ordinaria e ai progetti di restauro e manutenzione straordinaria in corso da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria. 94 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Nell’abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte, donata al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) nel 1983 dalla famiglia Doria Pamphilj, sono stati condotti negli ultimi quindici anni Alessandra Frondoni notevoli lavori di restauro e indagini archeologiche, con il completo recupero dell’antico complesso religioso, che comprende la chiesa originaria – databile tra X e XI secolo – il piccolo chiostro sviluppato su due ordini e il posteriore corpo abbaziale di età gotica, connesso a vari ambienti monastici. Gli scavi della chiesa, ancora in parte inediti, hanno accertato che l’impianto primitivo risale a non oltre gli inizi del Mille, quando sono documentate importanti donazioni al monastero (citato a partire dal 984) da parte dell’imperatrice Adelaide di Borgogna, moglie di Ottone I. Nel Cinquecento, con la ristrutturazione del complesso ad opera dei Doria, la chiesa antica venne interrata; in occasione dei recenti lavori di scavo, sono stati recuperati, nel riempimento, numerosissimi frammenti di rilievi in stucco (circa un centinaio), che costituiscono una ricca e articolata decorazione, relativa ad almeno due grandi lastre, probabilmente pertinenti a una recinzione presbiteriale. Restauro e conservazione degli stucchi preromanici da San Fruttuoso di Capodimonte (GE) 95 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La lastra A (cm. 201 x 88) presenta un complesso motivo ad intreccio di nastri, a tre vimini, che racchiudono morbide palmette, con grappoli d’uva. All’interno del fregio vegetale sono campíti due leoni; quello di sinistra, meglio riconoscibile dopo il restauro, è raffigurato in posizione accovacciata e ha il corpo attraversato dalla coda che si biforca all’estremità, ripartendosi in due ciuffi di tipo vegetale. La cornice superiore della lastra reca tracce di una decorazione dipinta in ocra gialla e rossa, ancora ben visibile sul retro a formare lo stesso motivo di intreccio vegetale. La lastra B (cm. 194x 105), molto frammentaria e di maggiori dimensioni in altezza, presenta un riquadro centrale decorato con lo stesso motivo ad intreccio racchiudente palmette e grappoli d’uva, delimitato in alto e in basso da una fascia di cerchi intrecciati e annodati. La decorazione, è conclusa superiormente da una bordura con motivo a greca, analoga a quella del fregio in stucco ancora conservato sulla testata del muro divisorio tra la navata centrale e la navata meridionale della chiesa. La presenza di altri frammenti, anche cospicui, di cui non è stato possibile trovare un attacco, tra i quali i resti di almeno tre colonnine a torciglione decorate con intrecci geometrici, lascia aperto il problema dell’esistenza di ulteriori manufatti e probabilmente di una terza lastra. Il ritrovamento degli stucchi di San Fruttuoso ha sollevato problematiche di notevolissima rilevanza che qui si possono solo accennare e che, in considerazione del recente completamento dei restauri, sono ancora in corso di studio. L’esame dei motivi iconografici, unito ai dati storici e documentari in nostro possesso, conferma per i materiali una matrice di ambito bizantino con interessanti confronti con i capitelli a stampella del monastero di San Tommaso di Genova. Gli stucchi erano in parte coperti da scialbature eseguite all’epoca della demolizione dei Doria; nella lastra B la decorazione è inoltre assai consunta per le infiltrazioni d’acqua subite già a partire dall’età antica. L’intervento di restauro ha seguito le tradizionali metodologie di pulitura, assemblaggio, consolidamento e integrazione delle principali lacune, queste ultime riempite con uno stucco (polifylla interior) colorato con terre naturali, di buona reversibilità. Tuttavia la fase di assemblaggio dei reperti è stata particolarmente delicata e ha richiesto lungo tempo per la complessità del riconoscimento e della ricomposizione dei motivi decorativi del rilievo. Va 96 inoltre rilevata la rarità del ritrovamento, che si inserisce tra gli scarsi esemplari noti in Italia settentrionale, con specifico riguardo all’età preromanica e al periodo ottoniano. Si è infatti confermata per i nostri reperti una cronologia attorno agli inizi dell’XI secolo per i modi della plastica morbida e arrotondata evidente nella decorazione fitomorfa, che – specie nelle palmette – rimanda ad analoghi motivi presenti nei codici miniati e nelle stoffe, attraverso una circolazione di modelli che confluiscono in un linguaggio comune all’area del Mediterraneo orientale e occidentale. Una conferma dell’importante valenza culturale che rivestono i nostri stucchi è venuta dai primi risultati delle analisi mineralogiche-petrografiche condotte dal Laboratorio di Mineralogia applicata all’Archeologia dell’Università di Genova. Sono state eseguite analisi su sezione sottile al microscopio ottico in luce polarizzata e analisi diffrattometriche ai raggi X che hanno dimostrato che il legante fine, a base di calce aerea e gesso, degli stucchi di San Fruttuoso, è assente dalla Liguria e sembra riferibile a una provenienza dall’area greco-orientale. Essendo la stessa associazione mineralogica presente nei rilievi in stucco ancora in situ, si è proposto che i manufatti siano stati prodotti da maestranze specializzate che hanno portato, da fuori della Liguria, gli stessi materiali impiegati. Sono inoltre in corso le analisi dei pigmenti della decorazione dipinta della lastra A, mediante spettrometria RAMAN, in collaborazione con ricercatori chimici del Louvre di Parigi, che hanno eseguito analoghi interventi sugli stucchi francesi in occasione della mostra “Le stuc. Visage oublié de la sculpture médiévale”, tenutasi al Museo Sainte Croix di Poitiers dal settembre 2004 al gennaio 2005, mostra alla quale è stata esposta anche la lastra di San Fruttuoso. Particolari problemi presenta infine la conservazione dei reperti, in rapporto alle condizioni termo-igrometriche dei locali più antichi dell’abbazia di San Fruttuoso. A tale riguardo, in accordo e collaborazione con il FAI e con l’Istituto Centrale del Restauro, è stato avviato un monitoraggio nella navata centrale della chiesa primitiva (luogo di rinvenimento degli stucchi), per rilevare temperatura e umidità dell’ambiente lungo il corso di un anno – ad intervalli di trenta minuti – mediante una sonda del tipo HOBO H/3. Tale monitoraggio è finalizzato a meglio indirizzare le procedure conservative, preventive al progetto definitivo dell’allestimento museale degli stucchi. 97 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Ritrovata casualmente nel 2004, nel corso di lavori per la realizzazione di un parcheggio, la statua era Filli Rossi inglobata nello spesso strato di macerie che sigillava i ruderi di un edificio monumentale relativo all’area forense dell’antico centro di Civitas Camunnorum, l’attuale Cividate Camuno, in Valle Camonica (Brescia) Alta in totale 215 cm, è lavorata in un unico grande blocco di marmo bianco con venature grigiastre, proveniente dalle cave di Vezza d’Oglio, nell’alta Valle Camonica. Frammentata in tre parti, manca del braccio e della gamba destra, della mano sinistra, della parte anteriore della testa. Rappresenta un personaggio virile stante, di grandezza superiore al naturale; la gamba sinistra è portante, la destra leggermente flessa e scartata indietro. La figura è nuda, tranne che per un mantello che avvolge i fianchi (Huftmäntel-typus), lasciando scoperti i solchi inguinali, coprendo le gambe fino alle ginocchia, e ricade sul braccio sinistro, piegato e leggermente discosto dal corpo. Il braccio destro doveva essere leggermente discosto dal fianco e proteso in avanti, come dimostra un puntello all’altezza del torace, forse a reggere un’asta. Il mantello gira intorno ai fianchi formando un voluminoso rotolo e scende dall’avambraccio con un lungo gruppo di pieghe profonde, che arriva fino al ginocchio. Un elemento a forma di tronco nodoso sostiene la figura sulla sinistra. Il modellato è assai curato, con una resa attenta delle masse muscolari, il panneggio plastico e mosso, con forti contrasti di chiaroscuro sulle lisce superfici del nudo. La statua di Cividate, importante nuovo esempio di arte colta nell’Italia settentrionale, si inserisce in una serie di sculture analoghe caratterizzate dalla posa “eroica” del personaggio. Le forme idealizzanti richiamano le proporzioni e la maniera di Policleto, filtrate attraverso il classicismo eclettico del mondo romano. Databile tra l’età tiberiana e la prima età claudia, la statua è il prodotto di un atélier di elevata cultura artistica e rappresenta Soprintendenza per i beni una nuova testimonianza delle scelte di qualità attraverso le quali Archeologici della Lombardia le committenze locali “colte” manifestavano la loro adesione al Direttore: Elisabetta Roffia (reggente) programma celebrativo augusteo oltre che della grande attenzione che la corte imperiale rivolse a questa città al confine Via E. De Amicis, 11 con i valichi alpini. 20123 Milano tel. 02.89400555 Il restauro, eseguito nel 2005 con fondi ministeriali, in collaborazione fax 02.89404430 con il Comune di Cividate Camuno che ha messo a disposizione per [email protected] Restauro di statua virile in nudo eroico da Cividate Camuno (BS) 98 l’intervento un ampio locale nel centro storico, ha consentito di effettuare puntuali osservazioni sulla tecnica di lavorazione del manufatto e sulla sua storia. Le varie fasi di esecuzione sono state seguite “in diretta” nel periodo tra agosto e ottobre 2005 da circa 2000 persone, attraverso visite guidate da archeologi e dagli stessi restauratori. Il laboratorio è stato fornito di attrezzatura informatica che ha permesso di registrare rapidamente i vari momenti del lavoro; è stato predisposto inoltre un sito web che ha fornito a scuole e studiosi l’opportunità di seguire costantemente l’intervento. Dopo la prima rimozione di terriccio e incrostazioni dalla superficie della statua, eseguito attraverso un microscavo, si è passati alla pulitura vera e propria, meccanica e chimica. Questa operazione ha consentito di individuare tracce di colore, i segni di usura motivati dal tipo particolare di collocazione, gli strumenti utilizzati per la lavorazione delle diverse parti, i restauri effettuati in antico, le tracce del modello e perfino i ripensamenti dello scultore. L’esame del tipo di marmo, con le sue caratteristiche, e dello stato di conservazione della statua, la verifica della sua assialità hanno permesso di procedere alle ipotesi di rimontaggio in verticale del pezzo. L’operazione, conclusa nel novembre 2005, sarà presentata nella mostra Principe ed eroe. L’immagine ideale del potere (catalogo edizioni Et) che si terrà a Brescia, in Palazzo Martinengo Cesaresco dal 4 dicembre 2005 al 29 gennaio 2006, promossa dalla Provincia di Brescia in collaborazione con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia e con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia. La statua di Cividate Camuno (BS) al momento del ritrovamento e dopo il restauro 99 Progetto a cura di: Filli Rossi. Il restauro e le indagini connesse sono stati eseguiti dalla: Società DART, di Alessandro Danesi e Silvia Gambardella, Roma SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL PIEMONTE E DEL MUSEO ANTICHITÀ EGIZIE Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo antichità egizie Soprintendente: Marina Sapelli Ragni Piazza San Giovanni, 2 10122 Torino tel. 011.5213323 fax 011.5213145 [email protected] Nel 2000 è stato avviato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte un Progetto di analisi e revisione di ceramiche dipinte figurate appartenenti alle Collezioni del Museo di Antichità di Torino. Sin dall’inizio tale Luisa Brecciaroli Taborelli Progetto ha comportato il coinvolgimento di diverse competenze tecnico-scientifiche e si è sviluppato sino a questo momento in due Fasi. I Fase (febbraio – aprile 2000). Il Progetto ha preso spunto dall’iniziativa di sottoporre a restauro, in vista dell’esposizione nel Museo, tre pregevoli vasi a figure rosse con sopradipinture, conservati nei Depositi museali e appartenenti alla Collezione Moschini, un’importante raccolta di ceramiche della Magna Grecia formata a Napoli tra il 1802 e il 1824, acquistata per il Museo di Antichità nel 1828. I tre vasi oggetto d’intervento, databili tra il 330 e il 300 a.C. circa, sono tra i più rappresentativi della Collezione: un cratere di fabbrica lucana attribuito al Pittore del Primato; due pelikai di fabbrica apula attribuite rispettivamente al Pittore di Dario e al Pittore del Copenhagen Dancer. Al solo esame visivo si potevano osservare pesanti manomissioni operate nell’Ottocento sulla superficie dei tre vasi, con l’intento di restituire una continuità omogenea tanto alla rappresentazione figurata quanto alle decorazioni accessorie, secondo criteri di ripristino completo delle superfici e della pellicola pittorica propri dei restauri dell’epoca. A un intervento più recente e meno accurato si potevano, inoltre, far risalire numerose integrazioni di stucco ridipinto (usate per colmare le linee di frattura) e, soprattutto, l’inserimento di materiali estranei miranti a rinforzare la stabilità dei vasi. La progettazione e la realizzazione dell’intervento di restauro sono state precedute da una serie di indagini conoscitive non distruttive, che hanno consentito di verificare nel dettaglio la consistenza del materiale sui tre oggetti e che sono consistite in: • Osservazione dell’oggetto con luce radente, documentata fotograficamente • Osservazione dell’oggetto mediante esposizione della superficie a luce ultravioletta per fluorescenza (lampada di Wood), documentata fotograficamente Un intervento di restauro nel Museo di Antichità di Torino Applicazioni della termografia all’infrarosso per la conoscenza delle ceramiche antiche 100 • Indagine radiografica • Esame della superficie interna con sonda endoscopica • Termografia all’infrarosso • Rilievo grafico in scala 1: 1 della decorazione, con mappatura dello stato di conservazione. Questa I Fase si è conclusa con la realizzazione del restauro dei tre vasi e l’allestimento della Mostra “Il carro di Afrodite” (Museo di Antichità di Torino, aprile – giugno 2000), accompagnata da un filmato appositamente realizzato per documentare e illustrare le fasi di studio e di restauro. II Fase (2001-2005) La tecnica di indagine più avanzata e più promettente si è dimostrata la Termografia all’infrarosso, applicata alle ceramiche antiche per la conoscenza, la valutazione e la conservazione delle stesse. Tale tecnica innovativa, che trova applicazione in genere nel settore dei beni culturali in ambito storico-monumentale, ha avuto in questo intervento un’occasione di sperimentazione, per l’assoluta novità che rivestiva nel campo del restauro di ceramiche antiche. La nuova fase della ricerca si è sviluppata sul medio periodo con l’applicazione della Termografia all’infrarosso su campioni di varie epoche e stili, autentici e non, con il supporto di indagini fisiche, con l’obiettivo di perfezionare una tecnica non distruttiva, relativamente rapida, per discriminare tra vasi autentici, vasi che nel tempo hanno subito alterazioni del materiale e “falsi d’autore”. Questa ricerca ha consentito di raggiungere notevoli risultati, che sono stati anticipati in diverse sedi con il progredire degli studi e delle sperimentazioni, che vengono documentati sino allo stato attuale nel Cdrom preparato in questa occasione. Al Progetto di Ricerca hanno partecipato: I Fase: Soprintendenza per i beni Archeologici del Piemonte – Museo di Antichità di Torino (L. Brecciaroli, L. La Rocca, L. Tomay, A. Carlone); DICAS – Politecnico di Torino (M. Volinia); Docilia s.n.c. (G. Bertolotto, G. Elegir). II Fase: DICAS – Politecnico di Torino (M. Volinia, M. Girotto); CNR, Istituto per le Tecnologie della Costruzione – Padova (E. Grinzato, S. Marinetti, P.G. Bison, C. Bressan); Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie – Museo di Antichità di Torino (M. C. Preacco, E. Bertazzoli); Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto – Museo Archeologico Nazionale di Adria (S. Bonomi). Si ringraziano: Fondazione CRT, Compagnia di San Paolo, Associazione “Amici del Museo di Antichità di Torino” ONLUS Bibliografia: AA.VV. in Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 17, 2000, pp. 11-44; M.Volinia – M.Girotto, in Conferenza Nazionale sulle prove non distruttive, monitoraggio, diagnostica, 11° Congresso Nazionale dell’AIPnD, Milano 13-15 ottobre 2005 101 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA BASILICATA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il complesso monumentale dell’ex Ospedale di S. Rocco, Matera: ex Ospedale è in uso governativo alla di S. Rocco Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Basilicata per essere destinato a sede di attività culturali degli Uffici Periferici di Matera del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Esso costituirà un ulteriore polo culturale del centro storico della città di Matera, insieme all’ex complesso conventuale di S. Rocco, sede della Università degli Studi di Basilicata, al Palazzo dell’Annunziata, sede della Biblioteca Provinciale, al Museo Nazionale Archeologico D. Ridola, al Palazzo Lanfranchi, sede del Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna. Premessa Ricontestualizzare un bene architettonico significa individuare l’ambito culturale in cui l’edificio è sorto, rapportarlo a quello in cui è vissuto, ma soprattutto definire e creare un nuovo rapporto con i futuri fruitori e con il contesto sociale in cui dovrà tornare o continuare ad espletare un proprio ruolo finalizzato a produrre cultura. La Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Basilicata ha in corso i lavori dì restauro del complesso dell’ex Ospedale di S. Rocco di Matera. I processi di trasformazione cui il monumento è stato sottoposto nel tempo Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Basilicata Soprintendente: Attilio Maurano Via dell’elettronica, 7 85100 Potenza tel. 0971.489411 fax 0971.489418 [email protected] 102 pongono tematiche progettuali particolari in considerazione della stretta interrelazione con l’adiacente chiesa di S. Giovanni Battista. Attraverso lo studio dell’evoluzione storica dei due edifici si sono individuate due proposte progettuali: una tesa a rispettare la stratificazione storica dell’ex Ospedale, l’altra volta a valorizzare uno dei monumenti più significativi e originali della città quale è la duecentesca chiesa di S. Giovanni Battista. Cenni Storici Le vicende storiche dell’ex Ospedale di S. Rocco sono strettamente connesse con quelle della chiesa di S. Giovanni Battista. Nel 1348, a seguito di una pestilenza che affligge la città, di fronte alla chiesa di S. Giovanni Battista, che trae origine da una cappella intitolata a S. Maria le Nova, esistente nel 1204, appartenuta ai Benedettini sino al 1212 e riedificata dalle monache di Accon nel 1233, l’Universitas di Matera erige l’Ospedale di S. Rocco, per accogliere i pellegrini e gli infermi indigenti. La struttura alla fine del XVI secolo versa in cattive condizioni e nel 1604 è ceduto alla comunità francescana dei Riformati i quali provvedono a costruire un nuovo convento. La pagina a fianco: Matera, ex Ospedale di S. Rocco, chiesa di Cristo Flagellato, pitture murali, 1708-1710 Matera, ex Ospedale di S. Rocco, chiesa di Cristo Flagellato, pitture murali, particolare, prima metà XVIII secolo 103 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA BASILICATA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici cittadinanza, privata della struttura assistenziale, decide, nel 1610, di erigere un nuovo edificio scegliendo come sito l’area antistante la facciata principale della chiesa di S. Giovanni Battista, abbandonata dalle monache nel 1480. Nel 1615, all’interno della struttura ospedaliera, si edifica la chiesa di Cristo Flagellato, affidata alle cure della Congregazione degli Artisti, riedificata nel 1708 e affrescata, nel 1710, a spese di vari committenti. Successivamente l’edificio religioso è ampliato verso l’esterno del cortile con l’apertura di un nuovo ingresso, a cura dei Padri Ospedalieri di S. Giovanni di Dio a cui, nel 1726, la struttura sanitaria è affidata. Tale ampliamento rientra in un programma di ristrutturazione dell’intero complesso che vede anche la ridefinizione dell’ingresso con un portale più decoroso sul quale si appone lo stemma dell’Ordine religioso raffigurante un melograno sormontato da una croce. La presenza dei padri Ospedalieri è di breve durata: nel 1749 abbandonano improvvisamente la città non potendo accettare che la Regia Udienza trasferisca nell’Ospedale un gran numero di detenuti. Da questo momento l’edificio subirà grosse trasformazioni. Nel 1825 avviene il trasferimento ufficiale dei detenuti e negli ultimi decenni del secolo l’ex struttura ospedaliera è completamente manomessa con la costruzione di una nuova ala a ridosso della facciata della chiesa di S. Giovanni, e la ridefinizione degli spazi originari in singole celle. Nel cortile è costruita una cappella semicircolare e si conclude volumetricamente il primo piano le cui stanze sono disimpegnate da una balconata. L’epilogo delle trasformazioni avviene nella prima metà del XX secolo con la edificazione, nel 1937, della attuale facciata che comporta la definitiva chiusura dell’accesso esterno della chiesa di Cristo Flagellato, la trasformazione, nel 1942, della stessa chiesa in rifugio antiaereo e, qualche anno dopo, la realizzazione nel cortile di un nuovo volume a ridosso dell’ingresso. Stato dei luoghi L’ex complesso ospedaliero sviluppa gli ambienti, disposti su due livelli, attorno ad un ampio cortile quadrangolare. Gli interventi costruttivi sette-ottocenteschi hanno provocato pesanti alterazioni all’apparato decorativo della facciata della chiesa di S. Giovanni Battista: mentre sono state sapientemente conservate le ghiere decorate con motivo a canestro e intrecci floreali del portale, sono state completamente tagliati gli elementi architettonici aggettanti, dagli archetti pensili che movimentavano i salienti, alle 104 colonnine che delimitavano le monofore delle navate laterali e che fiancheggiavano il portale, e, infine, alla cornice cuspidata che definiva questo in altezza; di tutti questi elementi rimane ancora unicamente la traccia sulla muratura. L’utilizzazione a carcere mandamentale del complesso ospedaliero, poi, ha prodotto notevoli trasformazioni che ne hanno alterato l’articolazione planimetrica e distributiva celando completamente i volumi e le spazialità interne. Anche lo skyline del prospetto ha subito modifiche: ad una facciata con terminazione non regolare, in cui si aprivano gli originari accessi all’Ospedale e alla Chiesa di Cristo Flagellato, si è sostituita una superficie lineare delimitata in altezza da un ampio cornicione, e scandita da finestre disposte simmetricamente rispetto al nuovo portone del carcere, occultando, all’esterno, in modo irreversibile il portale della Chiesa. Le murature delle celle inserite all’interno hanno danneggiato, nel presbiterio in maniera irreversibile, nell’aula in modo meno pregiudizievole, le pitture murali e distrutto quasi completamente i peducci delle unghie della volta dell’aula, dell’arco trionfale e degli arconi del presbiterio; di tutti questi elementi risultavano leggibili le tracce sulla muratura. Il progetto II progetto originario prevedeva la riqualificazione dell’impianto dell’ex Ospedale e la ridefìnizione della spazialità della Chiesa degli Artisti, con la demolizione di tutte le sovrastrutture presenti all’interno. La presenza di tracce e di frammenti degli elementi decorativi che arricchivano le pareti della stessa hanno permesso la loro ricostruzione nell’ottica di una completa ricostituzione della facies architettonica del tempio. La descialbatura delle pareti ha messo in luce gran parte delle pitture murali settecentesche dell’aula che si presentano nella loro integrità anche se con qualche lacuna. La scoperta della facciata della chiesa duecentesca ha indotto, successivamente, alla revisione del progetto iniziale. Partendo dalla demolizione degli ambienti e della copertura del vano scala costruiti a ridosso della facciata che ha permesso la lettura integrale della stessa, anche se in uno spazio ristretto, si sono avanzate due ipotesi progettuali, di differente incidenza rispetto alla conservazione dell’impianto planimetrico del cortile dell’ex Ospedale: la prima che, mantenendo inalterata la quinta muraria di questa ala del cortile, facesse leggere la facciata attraverso la realizzazione di una ampia breccia ricavata nella muratura della cappella semicircolare; la seconda che prevedesse la 105 Matera: ex ospedale di S. Rocco, simulazione virtuale prima ipotesi Matera: ex ospedale di S. Rocco, simulazione virtuale seconda ipotesi SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA BASILICATA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici demolizione completa della quinta muraria. Quest’ultima ipotesi, certamente più suggestiva e qualificante per la facciata, in quanto avrebbe permesso una visione globale della stessa e quindi la percezione dell’architettura della facciata della chiesa in tutta la sua espressione artistica riproponendo la fase costruttiva originaria del Seicento del complesso ospedaliero che aveva rispettato la struttura duecentesca, avrebbe compromesso inevitabilmente la lettura dell’articolazione del cortile, così come è stata definita nel XVIII secolo. Per una valutazione scientifica delle due ipotesi si è proceduto a realizzare una simulazione virtuale delle due soluzioni in grado di consentire una analisi oggettiva di queste e giungere alla scelta di quella più idonea e corretta, anche con l’apporto degli addetti ai lavori e della collettività, che sarà poi il principale fruitore del complesso. La soluzione attuata è stata la prima, quella cioè che salvaguarda la stratificazione storica del cortile dell’ex Ospedale e permette la lettura della facciata della chiesa di S. Giovanni Battista attraverso un ampio arco aperto nella muratura di fondo della cappella semicircolare. Progettista e Direttore dei Lavori: Biagio Lafratta Realizzazione video: ideazione, testi e ricerche Biagio Lafratta coordinatore scientifico ing. Attilio Maurano 106 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA CALABRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Calabria Soprintendente: Francesco Paolo Adriano Cecati P.zza Valdesi, 13 87100 Cosenza tel. 0984.75905 fax 0984.74987 [email protected] Con il trasferimento dei centri abitati dalle fasce costiere verso l’interno, si scelgono, nell’alto Michele Lanzillotti medioevo, luoghi già frequentati e Adele Bonofiglio per il loro isolamento e la loro sicurezza da insediamenti monastici. Dell’organizzazione militare per castra, nella prima età bizantina si sa ben poco, ma certamente dovevano essere luoghi fortificati con la chiesa. L’arrivo dei Normanni trova nella regione una organizzazione del territorio ben radicata ed una cultura religiosa restìa al processo di latinizzazione da loro avviato e perseguito dalle dominazioni successive. Cittadella vescovile – Gerace (RC) Formazione cronologica del complesso monumentale della Cattedrale di Gerace • Fra il IX-XI secolo i Normanni danno inizio ai lavori di costruzione della cattedrale scegliendo l’area centrale della rocca dove già esistevano laure bizantine. • Fine XI sec. costruzione della cripta. • XII sec. viene definito il corpo superiore della basilica collegato alla cripta mediante due scale laterali. • 1219/1291 dopo i danni del terremoto il santuario viene riedificato da Federico II. • XIII-XV sec. trasformazione del vano centrale delle grotte lauritiche in sacello dedicato alla Vergine Deitria. • 1431 sfondamento abside sud e costruzione ad opera dei Caracciolo. • XVI sec. abbattimento della scala nord e trasformazione dei due vani collaterali in cappelle. • 1509-1517 viene completata la copertura delle navate laterali ad opera del Vescovo Bendinello de Saulis, poi restaurata dal Vescovo Mattei. • 1538 la cappella superiore viene assegnata alla confraternita del Sacramento. • XVII-XVIII sec. la cattedrale subisce una serie di terremoti disastrosi. L’episcopio, già esistente nel 1478, fu più volte rimaneggiato e infine usato come carcere minorile. Situazione attuale Il complesso edilizio ha struttura portante in muratura, posata probabilmente sulla roccia, alle varie quote che il pendio naturale ha offerto all’impostazione delle fabbriche. La 107 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA CALABRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici muratura è costituita da pietrame in elementi di forma e dimensioni irregolari con legante in malta di calce. Le strutture orizzontali sono realizzate, ai piani inferiori, ove verosimilmente sono più antiche, con archi e volte in muratura di pietrame. Ai piani superiori ricorrono solai in legno generalmente crollati o in avanzato stato di degrado. Le coperture sono solo in parte conservate. Sono evidenti diversi interventi di ristrutturazione, riparazione, aggiunte, sostituzioni che hanno trasformato, in alcuni casi profondamente, la struttura. Descrizione dell’intervento La Cattedrale, oggetto anche di ricerca archeologica costituisce uno degli interventi di restauro, insieme a tutta la cittadella, di questa Soprintendenza. Le zone interessate dal restauro sono il Seminario e l’Episcopio in cui si pensa di collocare funzioni atte ad accogliere un maggiore flusso di pubblico, quali centri di accoglienza, museo, pinacoteca, sala convegni, biblioteca, uffici direzionali e amministrativi, documentazione informativa, auditorium all’aperto, sale espositive, abitazione del custode. Il collegamento ai vari livelli avviene attraverso scale originarie e una di progetto con l’inserimento di ascensori e pedane mobili per i disabili. Nell’Episcopio viene allocata la Scuola di restauro permanente mentre il piano superiore viene restituito per metà alla destinazione originaria di Episcopio con stanze destinate al Seminario. Per gli esterni sono previste sistemazioni a giardino. Progettista e Direttore dei Lavori: Ing. Francesco Paolo Cecati Arch. Sergio De Paola 108 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA CALABRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La fortezza inserita nell’area tematica prioritaria degli “Itinerari dei Castelli e delle Fortezze”, cui l’Ente Regione ha dato priorità nel Michele Lanzillotti triennio 2002/2004, in attuazione e Adele Bonofiglio al POR Calabria 2000-2006, Asse II – Risorse Culturali, si presenta come intervento di indiscutibile valore in riferimento alla valenza storico-artistica del manufatto ed in riferimento al suo avanzato stato di degrado che richiede interventi di somma urgenza per la tutela del monumento stesso e per la salvaguardia del centro storico e degli abitanti. Nel progetto si precisa l’intento di effettuare una ricostruzione ideale del manufatto solo come strumento di studio, di conoscenza, senza alterare la lettura del palinsesto monumentale. La costruzione del castello, che rientra nel programma delle fortificazioni militari predisposto da Federico II di Svevia ed esposto nelle Diete dei Principi a Capua nel 1220 e a Messina nel 1221, ebbe inizio tra il 1220 e il 1225. La scelta del sito e la necessità di fortificare la rocca rispondono a ragioni di controllo delle percorrenze viarie tra la Puglia e la Calabria. La fortezza sveva riproduceva e conteneva gli elementi caratterizzanti le opere fortificate cosiddette a “difesa piombante”. Un primo ampliamento è da attribuire alla famiglia Sanseverino, che ricevuto da Carlo d’Angiò sul finire del sec.XIII, il feudo di Rocca lo mantenne per circa due secoli. A Carlo d’Angiò si deve l’innalzamento delle torri, ma i lavori più significativi, destinati a trasformare il castello in un presidio inespugnabile di straordinaria importanza strategica, sono ascrivibili al periodo aragonese. La trasformazione del castello proseguì nei secoli successivi fino a cambiare, nel sec.XVIII l’aspetto originario in una residenza fortificata. Dopo una lunga serie di passaggi feudali (XV-XVIII) nel 1717 il castello è acquistato dall’importante famiglia milanese dei Crivelli, ultimi feudatari di Rocca. Ad essi si deve la realizzazione degli alloggi e delle sale di rappresentanza dei piani più alti, la creazione della loggia scoperta sovrastante la piazza d’armi e la mirabile soluzione di chiusura della scala a ventaglio che conduce, dall’androne d’ingresso ai livelli in cui si articola la fortezza. Dai Duchi Crivelli l’immobile passò ai de Pirro di Nocara quindi al vescovo di Tursi e nel 1913 alla famiglia Cappa che lo abitò fino al 1953. Agli inizi del XX sec. risale il ponte di accesso al castello, costituito da due arcate, ad opera di maestri tarantini. Il Castello Svevoaragonese – Rocca Imperiale (CS) 109 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA CALABRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Nel corso degli anni ’60 l’Amministrazione comunale collocava nella piazza d’armi il serbatoio di approvvigionamento idrico, con conseguente sopraelevazione del livello d’imposta delle zone contigue e l’alterazione dei locali e delle murature interessati dal passaggio delle condotte. Di più recente realizzazione sono invece alcuni corpi edilizi ubicati ai fianchi del terrapieno di collegamento al ponte fisso. Queste diverse utilizzazioni e conseguenti adeguamenti, hanno accelerato il degrado della fortezza in condizioni di precarietà soprattutto nelle strutture murarie settecentesche interessate da gravi Problemi di stabilità dovuti a crolli, cedimenti e lesioni in più punti. Finalità progettuali I lavori hanno i seguenti scopi: • eliminare le superfetazioni, gli interventi e i materiali in contrasto con l’emergenza architettonica • consolidare le quinte murarie che si presentano spesso disarticolate • ricreare, per quanto possibile, le condizioni di fruizione originarie del castello, il ripristino delle antiche quote e degli orizzontamenti nonché delle soluzioni tipologiche dei tetti. • proteggere dagli agenti atmosferici la fortezza realizzando nuove coperture. • ripristinare le antiche aperture (porte, balconi, finestre) 110 • realizzare il sistema di raccolta delle acque meteoriche atto a convogliare l’acqua piovana dal tetto nell’antica cisterna. • ripristinare le antiche pavimentazioni in acciottolato e laterizio. • ripristinare la scala di collegamento. • ripristinare l’aspetto materico ed estetico delle antiche finiture murarie attraverso l’analisi, la progettazione, la pulizia, il restauro di intonaci e pitture parietali. Indagini preliminari agli interventi di restauro Le indagini preliminari riguardano le murature verticali e dovranno essere effettuate sui materiali lapidei, intonaci, malte, dipinti murali ed affreschi. Tali indagini consistono nella: analisi mineralogico-petrografica, analisi delle caratteristiche chimicofisiche-mineralogiche, analisi biologiche, prospezioni elettromagnetiche da eseguire con georadar. Raccolta documentale L’intervento costituisce una nuova fase documentale del Sistema Informatizzato Interattivo (SII) predisposto nel precedente intervento e finalizzato a trasformare l’attività di restauro del castello in un’ esperienza didattica e divulgativa. L’attività documentale (grafica e fotografica) riguarda tutte le indagini e le principali fasi delle lavorazioni predisposte in progetto. 111 Responsabile del progetto di restauro: Francesco Paolo Cecati SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCIE DI BOLOGNA, MODENA E REGGIO EMILIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il Castello di Canossa, i cui ruderi con l’attiguo museo “Naborre Campanini” sorgono sulla cima di una possente formazione rocciosa nota come Rupe di Canossa, deve la sua grande notorietà allo storico incontro tra Leonardo Marinelli e Elisabetta Pepe l’Imperatore Enrico IV ed il Papa Gregorio VII avvenuto nel gennaio dell’anno 1077, auspice la Contessa Matilde di Canossa, signora di quelle terre. Oggi Castello e Rupe sono di proprietà del Demanio dello Stato in consegna alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio per le provincie di Bologna, Modena e Reggio Emilia. È dagli anni Settanta che il Ministero, tramite la Soprintendenza di Bologna impegna ingenti energie con lavori di restauro sui resti del Castello, nonché di consolidamento delle rocce per arginare i fenomeni disgregativi della rupe che tuttavia, a causa della sua particolare conformazione geologica, non si è mai stati in grado di bloccare in via definitiva, ma unicamente di mantenere entro limiti accettabili per la sicurezza delle persone e per garantire la conservazione del monumento. Dal punto di vista geo-litologico, la rupe del castello è costituita da banconi calcarenitici compatti con rare intercalazioni di livelli a più elevato contenuto marnoso, mentre le rocce che costituiscono il rilievo collinare sottostante sono costituite da argilliti marnose grigie, molto degradabili. La morfologia e le differenti proprietà esistenti tra l’arenaria e le sottostanti argilliti favoriscono inoltre l’insorgere di fenomeni di frana a sviluppo molto lento, che determinano la formazione di fratture anche in profondità nell’ammasso roccioso. La parte corticale di detto ammasso roccioso risulta essere particolarmente lesionata, con frequenti fratture aventi apertura anche decimetrica, prive di riempimento. Vi sono quindi diffuse situazioni d’instabilità Soprintendenza per i beni con pericolo di crollo di volumi rocciosi aventi dimensioni a volte architettonici e per il assai considerevoli, fenomeni ai quali non è estranea l’azione paesaggio per le provincie di Bologna, Modena, e Reggio disgregatrice delle radici degli alberi. L’instabilità che caratterizza la Emilia rupe con ogni probabilità è anche una delle concause dei diffusi Soprintendente: Sabina Ferrari fenomeni fessurativi che interessano i ruderi del castello soprastante. Nel corso dell’ultimo quinquennio gli interventi al Via IV Novembre, 5 complesso monumentale, ad oggi conclusi, hanno interessato il 40123 Bologna tel. 051.6451311 restauro dei ruderi, l’adeguamento del museo, il consolidamento fax 051.264248 delle rocce, per un importo di circa € 750.000,00. [email protected] Interventi di consolidamento e programmi di valorizzazione del castello di Canossa. Un esempio di fruttuosa collaborazione tra Stato ed Enti locali 112 I lavori di consolidamento della rupe sono stati eseguiti, prima, su parte del versante nord-est e più recentemente su una porzione del fronte sud. A seguito del verificarsi di numerosi crolli, in particolare in prossimità dell’abitato sottostante, è stato avviato,nel corso del 2002, un primo, limitato intervento di consolidamento sul fronte meridionale. Nel corso di questa primo lotto di lavori si è constata tuttavia una situazione di maggior pericolo e gravità rispetto a quanto preventivato. Ciò ha imposto la necessità di elaborare un progetto complessivo di consolidamento dell’intero versante meridionale: tale progetto, elaborato a cura della Soprintendenza, è stato sottoposto e condiviso dagli Enti istituzionalmente coinvolti (Provincia, Comune e Servizi Regionali competenti) ed è stato concretamente eseguito sia con finanziamento ed esecuzione diretta da parte della Soprintendenza, che con stanziamenti della Protezione Civile della Regione assegnati al Comune di Canossa che ha appaltato e condotto i relativi interventi, che, infine, con ulteriori somme messe a disposizione dalla Provincia di Reggio Emilia, destinate alla realizzazione di opere di protezione della Strada Provinciale che in quel tratto corre in fregio alla rupe, opere quest’ultime di prossima esecuzione. Il progetto è stato preceduto da una accurata rilevazione geo-strutturale del fronte roccioso, curata dal Servizio Tecnico Regionale, con l’individuazione e la caratterizzazione di ogni singolo prisma lapideo instabile. 113 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCIE DI BOLOGNA, MODENA E REGGIO EMILIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Preso atto comunque dell’aggravarsi e del progredire dei fenomeni di dissesto si è ritenuto opportuno approntare un sistema di controllo e monitoraggio complessivo della rupe volto alla prevenzione di possibili future situazioni di emergenza in riferimento al pericolo di crolli: tale programma sarà oggetto di apposita Convenzione da sottoscrivere tra Soprintendenza, Servizio Tecnico di Bacino e Club Alpino Italiano. Per l’approntamento di tale sistema di monitoraggio la Soprintendenza ha accantonato, nell’ambito di una propria perizia di spesa, la somma necessaria per l’acquisto e l’installazione delle apparecchiature di monitoraggio della rupe che, ad oggi già installate con l’ausilio del C.A.I. regionale, ha visto la 1° lettura (lettura zero) in tempi recenti. Come semplice curiosità si informa che nelle prime perlustrazioni compiute dal CAI nell’ambito dello svolgimento di questo programma, è stata rintracciata una specie botanica che si credeva scomparsa nella zona, e che invece è ancora presente solo nelle pendici della rupe di Canossa. Nel corso del 2003 si sono verificati inoltre una serie di smottamenti sul fianco ovest della rupe che hanno comportato la chiusura parziale del percorso pedonale e della strada vicinale posta alla base della rupe: con le somme già stanziate nell’esercizio finanziario 2004 è stato possibile programmare un intervento, pur limitato, anche su tale fronte, da realizzare con le metodologie già sperimentate per gli analoghi lavori di consolidamento compiuti sugli altri versanti. L’ultimo e più grave evento di crollo è avvenuto il 28 gennaio 2004 quando un macigno di circa 50 mc si è staccato dalla parte sommitale del fronte est precipitando al piede della rupe sul sentiero pedonale a pochi metri dalla strada provinciale. In coordinamento con il Comune di Canossa, la Provincia di Reggio Emilia, il Servizio Tecnico di Bacino di Reggio Emilia e la Protezione Civile della Regione sono state immediatamente attivati i necessari interventi di messa in sicurezza dei luoghi (chiusura al traffico della strada, interdizione all’accesso delle persone dalle aree poste al piede della rupe, intervento di somma urgenza per il disgaggio del materiale pericolante ancora presente in parete). Contemporaneamente, per la concomitanza di un fenomeno franoso (non correlabile a quello del Castello di Canossa) avvenuto alla fine di febbraio dello stesso anno alle pendici del Castello di Rossena (nello stesso Comune di Canossa e nell’ambito del medesimo contesto storico ambientale) si sono attivati gli Organi regionali ed in particolare la Commissione Grandi Rischi della Regione. 114 Constata la gravità degli eventi calamitosi in atto a quel periodo la Commissione Grandi Rischi ha interessato del caso il Dipartimento della Protezione Civile che, nella persona del Capo Dipartimento Dott. Guido Bertolaso, ha effettuato un sopralluogo prendendo visione di entrambi gli eventi. Gli impegni tecnico e finanziari assunti in quella data trovano oggi concreta attuazione da parte di tutti i Soggetti istituzionalmente coinvolti: i finanziamenti della Protezione Civile già assegnati a Comune e Provincia consentiranno alla Provincia di Reggio Emilia la conclusione dei lavori di messa in sicurezza della Strada e di consolidamento del versante est, al Comune di Canossa di proseguire, sul versante ovest, l’opera di protezione della stradello pedonale, mentre la Soprintendenza opererà, nell’ambito delle somme già accantonate per l’esercizio finanziario 2004, sempre sul lato occidentale, in prossimità dell’ingresso al Castello. Contestualmente alle problematiche connesse alla instabilità dei fronti rocciosi della rupe di Canossa si è andato aggravando con una notevole evidenza il degrado delle murature dei ruderi del castello; per questo motivo è stato predisposto dall’Ufficio un progetto di consolidamento di dette murature oltre che della massa rocciosa sottostante e di completamento di tutte le necessarie misure di sicurezza per i visitatori: i lavori sono ad oggi in fase di esecuzione. 115 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI MILANO, BERGAMO, COMO, PAVIA, SONDRIO, LECCO, LODI E VARESE Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Nel corso dei lavori di restauro ed adeguamento museale dell’ala sud della Villa Reale di Monza1 sono stati affrontati una serie di Marina Rosa, Bruno Lattuada interventi riguardanti strutture ed apparati decorativi lignei. Mentre le prime hanno presentato problematiche di una certa difficoltà, risolte ed affrontate unitamente ai tecnici del Comune di Monza1 con l’ausilio di innovativi sistemi di monitoraggio, i secondi, di estremo interesse storico-artistico, sono stati oggetto di studi ed indagini particolari, nonché occasione di interessanti esperienze didattiche. Nel caso delle strutture si è verificata la necessità di affrontare, in fase di risanamento delle coperture, il consolidamento statico di una delle travi di grande luce (m 17,80 cadauna) costituenti le due capriate del cosiddetto Belvedere; la trave, che mostrava evidenti dissesti in corrispondenza degli appoggi, era affiancata da quasi un trentennio da una coppia di strutture reticolari in acciaio, per la realizzazione delle quali erano stati smantellati tutti gli ambienti del corpo centrale rialzato. Gli interventi di consolidamento della capriata sono stati preceduti da opportuni rilievi ed indagini conoscitive finalizzate a definirne geometria e stato di conservazione. Considerata la necessità di eseguire tali accertamenti direttamente in sito e tenuto conto dell’orientamento progettuale di conservare ove possibile la struttura originale, sono state utilizzate tecniche di indagine non distruttive, in grado di evitare alterazioni del materiale originario. Peraltro, l’incertezza dei risultati di tali indagini, legata anche alla mancanza di una ben precisa codificazione a livello normativo, ha fatto ritenere necessaria l’esecuzione di prove di differente tipologia sugli stessi elementi, in modo da poter procedere ad un confronto incrociato sui dati ottenuti con le diverse tecniche. In particolare sono state effettuale indagini visive, endoscopiche, misure di umidità, prove ultrasoniche e prove penetrometriche Soprintendenza per i Beni con apparecchio Resistograf. Architettonici e per il La campagna diagnostica eseguita ha permesso di comporre un Paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, quadro sufficientemente completo dello stato di conservazione Pavia, Sondrio, Lecco, Lodi e della capriata in generale e della trave in particolare: le principali Varese Soprintendente: Alberto Artioli patologie di degrado riscontrate erano dovute alla perdita di consistenza del tessuto legnoso in prossimità delle testate degli Piazza Duomo, 14 elementi, causata da attacchi di funghi e muffe, ragionevolmente 20122 Milano tel. 02.86313211 favoriti dalla notevole umidità rilevata all’interno della massa fax 02.72023269 legnosa, con valori prossimi ai livelli limite di accettazione per il [email protected] Il cantiere della Villa Reale di Monza Interventi su strutture ed apparati decorativi lignei 116 legname strutturale in esercizio. Il tenore igroscopico rilevato era da attribuire principalmente ai dissesti nel manto di copertura, soprattutto nelle zone di compluvio, che hanno favorito negli anni la percolazione dell’acqua piovana. Considerato che l’obiettivo principale dell’intervento era di restituire alla struttura in legno la funzione statica originaria e di eliminare la capriata in ferro, consentendo l’eventuale ripristino degli ambienti smantellati negli anni Settanta, il recupero è stato realizzato con protesi lignee a sostituzione delle parti terminali sopra: la capriata del Belvedere con la trave reticolare in ferro posizionata nel corso degli interventi di consolidamento degli anni settanta (disegno Adami) Sotto: la capriata del Belvedere dopo l’intervento di restauro(Foto Pozzi) 117 1 La Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano ha avviato, sin dal 1998, il progetto di adeguamento dell’ala sud delle Villa Reale a” Museo della Villa”. Il progetto si deve, per l’aspetto architettonico a Marina Rosa in collaborazione con Sandro Rossi, Bruna Vielmi, Studio Associato Sacchi & Chiodini, per l’aspetto strutturale ad Andrea Del Grosso della D’Apollonia S.p.A., e per l’aspetto impiantistico alla Manens Intertecnica S.r.l.. Il finanziamento di € 7.746.000 è stato stanziato dal Ministero per i Beni Culturali sui Fondi Lotto. Attualmente è in fase di esecuzione un primo lotto funzionale per un importo pari ad € 4.420.000 circa. 2 Il progetto di restauro delle coperture della Villa Reale a cura del Comune di Monza è stato redatto da Bruno Giordano Lattuada Coordinatore ai Lavori pubblici e Dirigente del Settore Progettazioni del Comune di Monza, con la collaborazione dell’ufficio progetti Speciali, da Simone Di Trapani, funzionario Tecnico del Comune di Milano e da Marina Rosa Ispettore della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici di Milano. La progettazione statica è stata a cura di Andrea Del Grosso della Società D’Apollonia di Genova. 3 Il sistema è stato fornito e messo in opera dalla Ditta Tecniter S.r.l. di Cassina de’ Pecchi 4 I pavimenti lignei del Primo Piano Nobile della Villa Reale di Monza sono stati restaurati nel corso di un decennio da Antonio Asnaghi di Meda e dal Laboratorio di Renato Girardi. Progetto e direzione lavori: Marina Rosa 5 Per lo studio sull’evoluzione delle pavimentazioni in Villa Reale vedi l’articolo della scrivente, “Alcune considerazioni sui pavimenti della Villa Reale di Monza”, in fase di pubblicazione su “ I Quaderni di Villa Reale di Monza”, N° 2, Betagamma Editore. 6 Lo studio sulla tavola intarsiata con testa di Medusa e sul disegno preparatorio del Traballesi è stato condotto da Giulia Fusconi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Dipartimento per la Grafica. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI MILANO, BERGAMO, COMO, PAVIA, SONDRIO, LECCO, LODI E VARESE Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici 7 Il restauro della tavola intarsiata con testa di Medusa è stato condotto da Luca Quartana sotto la direzione della scrivente. Il testo completo dell’intervento sarà pubblicato su “ I Quaderni di Villa Reale di Monza”, N° 2, Betagamma Editore 8 I Rilievi, le indagini e l’intervento di messa in sicurezza dei pavimenti lignei degli Appartamenti Imperiali è stato condotto da Luca Quartana su incarico del Comune di Monza. Progettazione e Direzione lavori: Bruno Lattuada, Direzione Artistica. Marina Rosa inferiori dei puntoni e delle teste della catena. L’esecuzione delle protesi ha comportato l’asportazione della parte ammalorata con realizzazione di un intaglio su cui unire la protesi, realizzate con legname di essenza eguale o compatibile. La protesi e l’elemento originario sono poi stati solidarizzati mediante l’inserzione di barre di acciaio in fori successivamente iniettati con resina epossidica. Nella fase di taglio delle estremità della catena per la realizzazione delle protesi lignee, si è constatata una vistosa deformazione torsionale della catena stessa, la cui osservazione, precedentemente agli interventi di recupero, era impedita dalla struttura metallica ad essa affiancata. Dato che lo stato deformativo riscontrato lasciava qualche perplessità sull’effettivo comportamento della capriata restituita alla sua funzione statica, si è ritenuto indispensabile installare un sistema di monitoraggio della capriata, in grado di seguire l’evoluzione dei suoi stati deformativi durante la fase di messa in carico e nella fase di esercizio. Il sistema è formato essenzialmente da inclinometri monoassiali e biassiali fissati agli elementi principali della capriata3. L’esito del monitoraggio ha portato a valutare necessario l’inserimento di un presidio all’assorbimento della spinta orizzontale dei puntoni. Durante le fasi di messa in forza della struttura in legno, la strumentazione è stata integrata con due trasduttori lineari di spostamento in corrispondenza degli appoggi, successivamente rimossi. Una volta completati i lavori di rimozione della struttura provvisionale del tetto, il sistema è stato integrato con un sensore di umidità e un sensore di temperatura, aventi lo scopo di verificare che nell’ambiente del Belvedere non si ricreino condizioni sfavorevoli alla conservazione delle strutture lignee. Considerato il carattere non comune degli interventi eseguiti ed essendo presente nell’edificio principale una rete permanente di sensori di deformazione a fibra ottica per il monitoraggio strutturale delle parti più significative della Villa, si è giudicato opportuno integrare il sistema studiato per la capriata nella rete generale. È stata pertanto predisposta una centralina di acquisizione compatibile con il sistema di monitoraggio a fibre ottiche già presente. Questo intervento squisitamente tecnico effettuato nel corso dei lavori di rifacimento delle coperture, condotti a cura del Comune di Monza, è stato affiancato da tutta una serie di studi, rilievi, operazioni di messa in sicurezza e restauro di alcuni dei preziosi impalcati lignei che caratterizzano gli ambienti nobili della Villa, tra cui quelli degli Appartamenti Privati della Sovrana e degli Appartamenti Imperiali. 118 La campagna di ripristino dei pavimenti intarsiati della reggia monzese, iniziata da alcuni anni ed interessante gran parte delle stanze del primo piano nobile, ha portato ad affrontare anche il restauro degli impalcati più antichi del complesso4: assiti in tavole di noce, posati direttamente sui travetti del solaio ed intarsiati, risultati quantomeno di bottega maggioliniana, come risultato dello studio scaturito dalla necessità di capire se e quali ”parquetè” tra quelli attualmente esistenti in Villa Reale fossero da annoverare tra la ricca ed importantissima produzione dell’intarsiatore di Parabiago e della sua bottega per le committenze reali d’Austria e di Francia.5 Nel corso delle ricerche, grazie al ritrovamento del disegno preparatorio, è stato anche possibile datare con esattezza una tavola con testa di Medusa intarsiata da Giuseppe Maggiolini6, il cui restauro ha comportato una serie di indagini, verifiche ed approfondimenti tesi a definirne la natura di elemento pavimentale.7 Di particolare interesse è stata anche l’indagine preparatoria al restauro e la conseguente messa in sicurezza dei pavimenti di tre delle più rappresentative stanze degli Appartamenti Imperiali, che avevano risentito sia dell’utilizzo improprio del complesso sia, successivamente, dello stato di abbandono che ha interessato l’edificio nel corso di tutto il Novecento. I fenomeni alterativi conseguenti a tali condizioni ambientali, perdurate per diversi decenni, avevano poi subito ulteriori peggioramenti a causa delle infiltrazioni d’acqua dalla copertura, anch’essa degradata. 119 9La serie dei tavolini da gioco intarsiati dalla bottega del Maggiolini è stata restaurata parte da Luca Quartana e parte dal Laboratorio di Renato Girardi con fondi del Ministero per i Beni Culturali e condotto dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano. Progetto e Direzione lavori: Marina Rosa. Collaborazione: Lorenza Dall’Aglio. Supervisione storicoartistica: Sandrina Bandiera, Soprintendenza per i Beni Artistici della Lombardia. 10I primi e fondamentali studi sulle segnature inventariali si devono ad Ivana Novani, che ha curato anche il riordino dell’Archivio Storico delle Residenze Reali. Particolari del tavolino da gioco con cammei realizzato da Giuseppe Maggiolini su committenza napoleonica(Foto Ranzani) SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI MILANO, BERGAMO, COMO, PAVIA, SONDRIO, LECCO, LODI E VARESE Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Si è reso pertanto necessario affrontare interventi mirati a fermare i sollevamenti, evitando così la perdita di importanti porzioni pavimentali. A tale scopo sono stati predisposti accurati rilievi e indagini conoscitive finalizzati ad approfondire le conoscenze sullo stato conservativo; questa prima campagna è stata poi affiancata da una serie di campionature finalizzate alla messa a punto delle metodologie d’intervento.8 Questa serie di interventi e di indagini si è anche tradotta in un’interessante esperienza didattica che ha visto coinvolti alcuni studenti del primo corso di studi dell’Istituto Terragni di Meda. Gli studenti, guidati dai professori in stretta collaborazione con la Soprintendenza, hanno eseguito una campagna di rilevo dei pavimenti della Villa Reale finalizzandola all’acquisizione di tutte quelle informazioni utili alla caratterizzazione dei manufatti, quali ad esempio infestazioni, fessure, fratture, essenze utilizzate, il tutto secondo la tecnica del “rilevamento in sito”; tecnica rigorosa che consente di ottenere dei rilievi estremamente precisi e affidabili poiché rilevamento e restituzione grafica sono garantiti da un continuo e costante confronto con il manufatto. Ha caratterizzato anche i lavori in corso la campagna di restauro della preziosissima serie di tavolini da gioco intarsiati dalla bottega del Maggiolini, che arredavano gli ambienti di rappresentanza delle regge milanesi durante il periodo napoleonico 9. I delicati interventi, che si sono resi necessari per ovviare allo stato di estremo degrado in cui versavano questi preziosi arredi, sono stati accompagnati da una campagna di indagini archivistiche e documentali che hanno consentito, attraverso l’analisi delle sigle inventariali, una lettura abbastanza precisa della storia di ogni singolo pezzo nell’inscindibile suo rapporto con le sedi di appartenenza.10 Un insieme di interventi quelli affrontati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici di Milano nel complesso cantiere della Villa Reale e mostrati in questa sede che, oltre ad avere come denominatore comune il legno in alcune delle sue varie declinazioni, sono accomunati dall’aver scaturito indagini, studi e ricerche di notevole interesse. Un’ennesima dimostrazione di come il restauro sia sempre e comunque occasione unica di conoscenza di un oggetto in tutti i suoi molteplici aspetti. 120 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VENEZIA, BELLUNO, PADOVA E TREVISO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso Soprintendente: Guglielmo Monti Santa Croce, 770 (Palazzo Soranzo Cappello) 30135 Venezia tel. 041.2574011 fax 041.2750288 La Chiesa Arcipretale di San Floriano in Pieve di Zoldo (BL), edificata attorno al X secolo sulla sommità di una collina e caratterizzata da una facciata dipinta, costituisce un episodio unico nel territorio bellunese. Lo stretto percorso che conduce alla piazza della chiesa si dilata improvvisamente nel sagrato sul quale la superficie dipinta costituisce una quinta di fondo. La tipologia è fortemente condizionata dalla tradizione locale e dalla persistenza di elementi da questa derivanti, come l’impianto “a sala” e la “copertura a capanna” i cui ripidi spioventi incorniciano l’innovativa facciata di inequivocabile gusto rinascimentale. La superficie del fronte principale, presenta una sapiente ripartizione dello spazio attraverso finte architetture che fungono al tempo stesso da trama e ordito al tessuto decorativo. In una triplice partitura architettonica di colonne e paraste, sviluppate su tre ordini sovrapposti, sono racchiusi episodi figurativi di cui oggi, per il precario stato di conservazione della superficie, rimangono solo fievoli tracce. In asse con il l’apertura d’ingresso è rappresentata La Vergine col Bambino e, ai lati, sullo stesso ordine, l’Arcangelo Gabriele e l’Annunciata. Sulla parte intermedia, ai lati del rosone, da un lato è il riquadro di Sant’Antonio Abate e San Floriano, dall’altro la rappresentazione di San Martino di Tours. Nella fascia sottostante sulla sinistra della facciata, al lato del portale d’ingresso incorniciato a sua volta da una finta trabeazione, è raffigurata la monumentale immagine di San Cristoforo patrono dei viandanti, e sopra il portale il Leone di San Marco. Il progetto di restauro della facciata affrescata di San Floriano in Pieve di Zoldo (BL), redatto e diretto dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio delle province di Venezia – Belluno – Padova e Treviso, si configura come un intervento pilota circoscritto ad una campitura, in quanto mira da un lato ad analizzare, i fenomeni di alterazione e di comprendere le cause generali del degrado, oltre che la compatibilità fisica dei materiali di precedenti restauri, e dall’altro lato di preventivare e testare una serie di operazioni, al fine di verificare e valutare correttamente prodotti e metodi applicativi, per poter estenderle successivamente a tutta la superficie. Lo stato di conservazione della facciata è inficiato da due importanti fenomeni strettamente connessi e consequenziali: il dilavamento meteorico, che ha causato la perdita dello strato Il progetto pilota del restauro della facciata affrescata di San Floriano: principi e metodi operativi 121 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VENEZIA, BELLUNO, PADOVA E TREVISO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici di intonaco, elemento di supporto della superficie pittorica; l’attacco di natura biologica che trova condizioni ottimali nella porosità della materia di un intonaco fortemente eroso. A questa situazione si aggiungono circoscritti fenomeni di tipo fisico-meccanico, quali il distacco del supporto pittorico dalla struttura muraria e danni riconducibili a interventi precedenti, quali stuccature con intonaco cementizio, iniezioni a base di riempitivi incongrui, incompatibili con l’originale per elasticità, capacità di assorbimento, traspirabilità e coesione. L’intervento attuale è di carattere essenzialmente conservativo. L’obiettivo principale che il progetto si prefigge è il recupero e la conservazione delle frammentarie tracce di decorazione originarie, mediante operazioni volte al controllo e alla stabilizzazione dei fenomeni di degrado. Nei precedenti interventi di restauro la superficie è stata oggetto di un’esteso intervento secondo l’istanza estetica con una ridefinizione degli elementi decorativi e architettonici direttamente sull’intonaco impoverito. Dopo gli studi preliminari e la fase del pre-consolidamento, si è cercato di recuperare le parti superstiti dell’affresco originario tramite la pulitura e il trattamento biocida che, se da un lato hanno comportato la inevitabile perdita dei ritocchi pittorici degli anni Settanta a base acquosa, dall’altro hanno riportato in luce alcuni frammenti di decorazione originale, precedentemente occultati. Si è proceduto alla riadesione delle parti di intonaco staccate dal substrato murario, al consolidamento e alla ricostruzione parziale della struttura superficiale fortemente impoverita, conferendo finitura e/o continuità materica al supporto, in vista di un’eventuale integrazione dell’immagine. Successivamente, ha avuto luogo la rimozione delle stuccature e delle integrazioni riconducibili agli interventi precedenti, incompatibili per composizione chimica e caratteristiche fisiche con gli strati originari. La metodologia d’intervento, complessa ed articolata, estesa a tutta la superficie muraria, è stata tarata sui risultati di una prima fase diagnostica mediante: • l’analisi del rilievo, riguardante lo scostamento della verticalità di facciata; • la restituzione ortofotografica della struttura; • la mappatura del degrado; • il rilievo “in situ” su scala reale della campitura oggetto dell’intervento, finalizzato ad una restituzione grafica dell’estensione dello stato conservativo della policromia 122 originale e degli interventi di restauro; • a differenziate analisi di laboratorio sui prelievi, finalizzate alla definizione della natura dei materiali costitutivi (strati preparatori e pellicola pittorica; alla composizione mineralogico-petrografica degli intonaci (originali e di rifacimento); verifica dello stato di conservazione mediante l’identificazione dei prodotti di degrado chimico-fisico (efflorerscenze saline, croste nere, patine ecc.) e degli agenti biologici (alghe, licheni, ecc..). Alla fase diagnostica, indispensabile per la definizione metodologica e per l’identificazione dei prodotti da utilizzare, fa seguito la fase strettamente operativa. Da una lettura ravvicinata del manufatto si è potuto notare che inizialmente la superficie ad intonaco era stata trattata con un’incisione a finto bugnato. Soluzione ancor oggi leggibile sulle superfici verticali laterali e in modo più chiaro nei punti più protetti dal dilavamento meteorico, sotto gli sporti del tetto, mentre sul fronte principale è stata sovrapposta una rappresentazione grafica e pittorica di maggior pregio e complessità. Il progetto di restauro degli intonaci dipinti ha interessato una porzione della facciata, a sinistra in basso, comprendente la figura di San Cristoforo ed il contrafforte con la raffigurazione della Croce. Tecnicamente la facciata si presenta dipinta con colori in polvere emulsionati ad un legante inorganico (la calce) su uno strato di intonaco ancora fresco in grado di carbonatare il pigmento una volta asciutto. Questa tecnica doveva necessariamente essere eseguita a giornate e/o pontate (aree circoscritte di lavoro), per tale ragione oggi possiamo osservare a luce radente un numero importante di riquadri dipinti su tutta l’estensione della parete. Per quanto concerne l’esecuzione di San Cristoforo, invece, il riquadro pittorico è doppio, questo significa che è stato eseguito in due giornate. I dipinti e le quadrature architettoniche sono state trasferite sull’intonaco attraverso l’incisione diretta eseguita con un punteruolo in grado di incidere la superficie lasciando una traccia grafica per la successiva stesura del colore. Il progetto pilota di restauro di un settore degli intonaci dipinti della facciata della Chiesa di San Floriano in Pieve di Zoldo (BL), avviato con una disponibilità economica esigua, si riterrà concluso solo quando, verrà completata anche la restante parte della facciata, con posssilbilità di “ricalibrare” quanto già realizzato secondo l’unitarietà e la coerenza dell’insieme. 123 Responsabile del Procedimento: Gugliemo Monti Progettista e Direttore Lavori: Silvana Rotondo Assistente al Progetto e D.L.: Restauratrice Maria Grazia Martin Restauratori Natascia Girardi e Francesco Basso SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza Soprintendente: Gianna Gaudini (reggente) Piazza S. Fermo, 3/a 37100 Verona tel. 045.8050111 fax 045.597504 I Quaderni della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo costituiscono il bollettino Gianna Gaudini delle attività che l’Istituto conduce nello svolgimento dei propri compiti istituzionali. Essi rappresentano l’occasione per rendere note agli utenti, agli specialisti ed anche al più vasto pubblico, le iniziative e gli interventi più significativi che la Soprintendenza mette in atto, anche in collaborazione con altri Enti pubblici o privati, nel campo della conservazione e della valorizzazione dei Beni Culturali. È il caso di ricordare, al riguardo, come le più aggiornate norme per la conduzione degli Istituti del Ministero prevedano l’essenziale rapporto di fattiva e proficua collaborazione con gli Enti locali pubblici, ecclesiastici, ed anche privati, presenti nell’ambito geografico di pertinenza e concorrenti nella comune politica di tutela e di diffusione della cultura della conservazione, affinché la reciproca collaborazione ed il costante confronto possano giovare all’operatività, all’affinamento della coscienza critica per una corretta gestione dei Beni Culturali ed alla sua più efficace diffusione. I Quaderni intendono anche costituire, pertanto, il mezzo per fornire le informazioni su alcuni aspetti particolari del complesso lavoro di tutela e di salvaguardia dei monumenti e del paesaggio che l’Istituto stesso conduce nel proprio territorio di competenza, nell’ambito delle vigenti leggi che regolano l’esercizio di tale materia ed in conformità con lo spirito e con il dettato del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio emanato dal Ministero medesimo nell’anno 2004. In questo primo numero, edito nel marzo 2005, è descritto il complesso dell’ex convento di San Fermo in cui hanno sede gli Uffici della Soprintendenza, sono sinteticamente esposte le funzioni che l’Istituto stesso ricopre nel territorio ed è presentato il personale in servizio presso la Soprintendenza. Una parte cospicua del Quaderno n. 1 è riservata al catalogo della mostra Il futuro delle ville venete. La restituzione del patrimonio delle ville nell’ambito della tutela dei monumenti e del paesaggio che, presentando una documentazione di prevalente consistenza grafico-fotografica, intende raccontare e riassumere la puntiforme ed estesa azione di restituzione del patrimonio delle Ville venete condotta a partire dal secondo dopoguerra fino ai nostri giorni, nell’ambito del quadro generale della vigente I Quaderni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo 124 normativa di tutela e degli accordi che gli organismi statali, regionali e locali hanno stabilito riguardo a queste insigni testimonianze. Un argomento la cui scelta è oltremodo significativa, dato che il patrimonio delle ville costituisce un aspetto specifico e qualificante del territorio veneto e un riferimento spaziale e visivo ben caratterizzato in cui ritrovare le ragioni della bellezza e del prestigio di questo nostro paesaggio. La mostra, facente parte delle iniziative di Vicenza Serenissima promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è stata organizzata e allestita – dal 5 marzo al 3 luglio scorsi – nella barchessa della villa Caldogno a Caldogno (VI) ad opera di questa Soprintendenza, dell’Istituto Regionale per le Ville Venete, del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza e dell’Amministrazione Comunale di Caldogno, che ha tra l’altro gentilmente messo a disposizione la villa di cui è proprietaria. La manifestazione si è svolta in accordo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, con la partecipazione delle altre Soprintendenze per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Veneto. Il primo numero dei Quaderni della Soprintendenza per i BAP comprende, dunque, in questa sua parte dedicata alle Ville venete, a cura di Maurizio Gasparin e Gianna Gaudini, un intervento dell’arch. Gianna Gaudini di introduzione al “fenomeno villa” e al percorso della mostra; le schede sull’azione vincolistica, la tutela ambientale e gli interventi di restauro riguardanti le ville, curate da Rosa Distefano, Sergio Pratali Maffei, Giuseppe Rallo, Marco Pretelli, Francesco Doglioni, Giovanna Osti, Guglielmo Monti, Emanuela Zucchetta; i contributi sulla tutela delle ville venete rispettivamente nel territorio di Venezia e Laguna (autrice Renata Codello), nel territorio del Veneto Orientale (autore Guglielmo Monti), nelle province di Verona, Vicenza e Rovigo (autrice Gianna Gaudini), insieme con i saggi “Dall’Ente all’Istituto Regionale per le Ville Venete (1958-2004)” di Luciano Zerbinati e Maurizio Gasparin, e “Conoscere per conservare: l’attività di catalogazione dell’Istituto Regionale per le Ville Venete” di Sergio Pratali Maffei. E si conclude con le Interviste a cura di Antonio Franzina all’arch. Ruggero Boschi (già Soprintendente ai BAP di Vr, Vi e Ro), arch. Gianna Gaudini (Soprintendente reggente per i BAP di Vr, Vi e Ro) e prof. Renato Cevese (Università di Padova) e prof. Lionello Puppi (Università di Venezia) sui temi del restauro e della salvaguardia delle ville e sul problema del loro riuso. 125 Copertina del primo numero dei Quaderni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Verona, Rovigo e Vicenza Copertina del catalogo della mostra “Il futuro delle Ville Venete”: particolare del portico della Barchessa di Villa Caldogno SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Gli eventi della Prima Guerra Mondiale, conflitto lungo e particolare per la Rosa Distefano specificità di una lunga serie di combattimenti e azioni difensive svoltesi in territori montani, hanno determinato modifiche indelebili sul paesaggio e nel cuore fisico di ogni singolo rilievo montuoso per gli effetti delle nuove tecniche militari di difesa e di attacco uniti a quelli legati alla lunga permanenza degli uomini di entrambi gli schieramenti. Gli ambiti territoriali della Provincia di Vicenza che sono stati interessati dagli eventi della Prima Guerra Mondiale vanno considerati con particolare attenzione per la conservazione delle vestigia recentemente tutelati con la Legge n. 78/2001, appositamente emanata per l’intero territorio nazionale, anche se inizialmente dedicata agli altipiani vicentini attraverso la prima stesura del progetto di conservazione e valorizzazione del sito di Monte Ortigara. Il lungo iter della legge ha consentito la partecipazione più ampia, attraverso il coinvolgimento degli Uffici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo, i sopralluoghi sul teatro degli eventi bellici effettuati dalla delegazione della Commissione Cultura del Parlamento, le audizioni necessarie per la definizione delle tipologie delle vestigia, delle modalità di catalogazione e l’erogazione delle risorse economiche per la realizzazione dei progetti di valorizzazione. Va evidenziato in ogni Il Patrimonio della Prima Guerra Mondiale 126 caso in ogni caso che la catologazione preliminare di tale repertorio di beni, prevista e finanziata dalla legge della Regione Veneto n. 43/97 e curata dalle Comunità Montane, ha consentito la redazione di una cartografia tematica che a tutt’oggi deve avere giusta evidenza nella revisione paesaggistica. È prossimo l’aggiornamento del P.T.R.C. in vigore dal 1992 e le norme generali di riferimento, che con diverse eccezioni sono state approfondite nella redazione dei due piani di Area dedicati all’Altopiano di Tonezza Fiorentini e all’Altipiano di Asiago e in parte a quello del Monte Grappa, mentre valgono solo le norme di salvaguardia dell’ambito delle Piccole Dolomiti e del Pasubio e solo norme generali per il Monte Novegno. Alla luce della nuova normativa introdotta dal Codice per la revisione della pianificazione paesaggistica, occorre proseguire nella operazione di inserimento delle aree e degli ambiti sensibili nel quadro generale della pianificazione. Saranno di utile supporto in tale operazione anche i criteri di attuazione della legge emessi dal Comitato Tecnico Scientifico costituito presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali con le linee guida di conservazione e gestione di primaria valenza territoriale su cui devono confrontarsi le altre attività antropiche. L’accordo di programma viene supportato anche dall’attività di revisione delle azioni di tutela monumentale e paesaggistica attualmente in corso che potranno consentire l’acquisizione di ulteriori tematiche per la sua estensione sul territorio e l’inserimento di altre Amministrazioni. 127 Pagina a fianco: Monte Cengio, ingresso alle gallerie Forte Campolongo (Fotografie: Paolo Emilio Pizzul) SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La legge n. 78/2001 fornisce un ulteriore spunto per la tutela monumentale e paesaggistica dei luoghi interessati dagli eventi bellici della prima guerra Felice G. Romano mondiale. Nel nuovo codice dei beni culturali infatti è fatto reciproco riferimento alla tipologia dei beni culturali individuati dalla legge 78/2001. In quest’ottica il progetto generale di valorizzazione del patrimonio storico della prima guerra mondiale prevede interventi di conservazione, recupero e restauro, finalizzati a rendere leggibili i connotati riconoscibili della vicenda storica del territorio durante la Grande Guerra, assicurandone la sua salvaguardia e portando a compimento, in tal modo, la tutela paesaggistica e monumentale di tale patrimonio. Il restauro del Forte Interrotto, rappresenta un esempio di tutela monumentale di tale patrimonio nonché un momento di verifica importante per la realizzazione dell’intero progetto territoriale. La struttura, costituisce uno degli ultimi esempi di architettura militare tipica delle prime fortificazioni di fine 800 e insieme ai forti Campolongo, Verena, Lisser, e Corbin, sviluppatosi sino ai primi del 900, divenne parte integrante della linea difensiva Esempi di tutela dei luoghi della Grande Guerra: Il restauro di Forte Interrotto e il vincolo paesaggistico da Laghi a Posina 128 fortificata che si sarebbe dovuta contrapporre a quella che andavano realizzando gli Imperi centrali oltre confine. Il progetto di restauro del complesso fortificato, è stato promosso dal comune di Asiago per insediarvi il Centro di Documentazione della Grande Guerra e per le più articolate attività culturali di supporto alla visita del territorio e a spettacoli a tema storico come quelli già organizzati a cantiere aperto a partire dal 2003. I primi interventi urgenti di consolidamento e restauro per il restauro dell’intero forte hanno dato priorità alla torre circolare sud-est per le particolari condizioni di precarietà delle murature. Gli stralci successivi per il completamento dei lavori, saranno finanziati dalla Comunità Montana di Asiago, nell’ambito del progetto generale finanziato con i fondi speciali previsti dalla legge n. 78 del 2001. La sperimentazione e l’esperienza acquisita dagli interventi di consolidamento e restauro durante i lavori del primo stralcio, infatti, sta fornendo un valido apporto non solo per il completamento degli stessi, ma anche per i nuovi interventi programmati sugli altri siti interessati dal progetto generale per la tutela del patrimonio storico della prima guerra mondiale sugli Altipiani Vicentini. Un esempio di tutela paesaggistica del territorio vicentino, conforme ai dettami del nuovo Codice per i Beni Culturali e del Paesaggio, invece, si è recentemente concretizzato con la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’ambito paesaggistico dei Comuni di Pagina a fianco: la corte interna del forte durante i lavori Le opere provvisionali di sicurezza alla torre circolare di nord/est propedeutiche agli interventi di consolidamento e restauro (Fotografie: Felice G. Romano) 129 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Laghi e Posina comprendente il Cimone dei Laghi, Monte Gusella, Monte Maggio, Coston dei Laghi, Monte Maio e Monte Gamonda. A tale ambito, è stato infatti riconosciuto un interesse paesaggistico che concorre alla formazione del particolare aspetto di quest’area, soprattutto in considerazione della valenza che la zona riveste, sia in ordine alla identità ambientale, che al rapporto con il contesto territoriale in cui si colloca. Al grande valore paesaggistico-ambientale, inoltre, si aggiunge anche l’interesse storico riferito in modo particolare al primo anno della Grande Guerra fino alla Strafexpedition che iniziò proprio in questi luoghi. I segni delle trincee scavate in roccia, dei ricoveri in caverna, degli osservatori, ancora oggi visibili che costituiscono le tipologie di beni tutelati dalla specifica legge n. 78/2001, sono stati inseriti nelle NTA del nuovo vincolo, al fine di conservare e rendere leggibili i connotati riconoscibili della vicenda storica del territorio durante la Grande Guerra nonchè assicurare la salvaguardia del territorio oggetto dell’intervento. All’interno dell’ambito vincolato, inoltre, sono previste azioni tese all’individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle contrade, testimonianza di una cultura contadina-montana ormai quasi scomparsa, e le misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico. Monte Majo – quota neutra (Fotografia: Paolo Emilio Pizzul) 130 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici L’accordo di programma siglato dalla Soprintendenza con il Comune di Caldogno e la Rosa Distefano Regione Veneto nel 1994 ha consentito l’inizio di una fase importante e decisiva per il restauro del complesso palladiano, dopo decenni di lento declino. La storia della villa, a partire dalla prima guerra mondiale, è segnata da episodi che hanno contribuito alla scomparsa progressiva del legame con sito e che hanno oltretutto causato il lento, ma sistematico impoverimento delle strutture e il deperimento degli apparati decorativi. Nella documentazione d’archivio sin dagli anni 30’ si trovano le ragioni di tale decadimento, difficile da risolvere per le priorità che la proprietà Nordera diede alle funzioni di Istituto per accoglienza, prevalenti sulla conservazione del complesso. Gli anni 60’ vedono il primo restauro dell’importante ciclo di affreschi, auspicato dalle note della Soprintendenza ai Monumenti e rinviato o contrastato dalla proprietà. Con la fondazione dell’Ente Regionale per le Ville Venete, grazie alle possibilità di gestione congiunta dei fondi introdotta dalla sua legge istitutiva, fu avviato l’intervento, difficile per delicatezza dei lavori e per la criticità delle condizioni di degrado affrontate dal restauratore Cagliari. La documentazione fotografica dei lavori degli anni 60’ ha fornito riscontri utili per l’approfondimento del progetto di restauro delle facciate e della terrazza nord, per l’individuazione delle operazioni di restauro del progetto elaborato dall’Amministrazione Comunale in sede di redazione dell’accordo di programma ad integrazione del rilievo, dando le conferme delle alterazioni strutturali e delle modifiche realizzate negli anni del dopoguerra. Il Restauro di Villa Caldogno Il Cantiere della villa Il precario stato delle coperture ed il rischio di danneggiamenti dell’importante ciclo di affreschi presenti nella villa ha indotto una necessaria accelerazione dei tempi per l’inizio del cantiere nel 1994. Le operazioni di risanamento delle strutture lignee sono state avviate per settori omogenei nelle quattro falde principali e nei due timpani, dopo le ispezioni sugli appoggi, nei nodi strutturali per le verifiche statiche sulla capacità portante ed estese contemporaneamente sulle murature di coronamento. Le modanature della cornice di gronda sono state oggetto di un 131 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici accurato lavoro di pulitura e di consolidamento per tutti gli elementi lapidei, completato dal restauro delle parti sagomate con la particolare lavorazione dell’intonaco, che nel timpano sud simulava una lavorazione a finti ovoli ed è stata completata dal consolidamento delle zone di muratura disgregata. Il ripristino della funzione della cornice di gronda per lo smaltimento delle acque piovane con il canale interno in lamiera di rame, con i relativi doccioni di scarico ha liberato l’intero sporto della cornice. Lo stato della muratura del timpano era preoccupante per la presenza di lesioni passanti, derivanti da un’anomala distribuzione dei carichi della copertura. I risanamenti delle strutture sono stati studiati per evitare interferenze con gli affreschi sottostanti, per non attivare danni delle superfici pittoriche, escludendo metodiche che avrebbero compromesso gli intonaci di supporto degli affreschi. Il degrado che interessava le facciate della villa era diversamente manifestato dalle superfici degli intonaci e dagli elementi architettonici che le contraddistinguono, per il prevalere di alcuni fattori di alterazione rispetto ad altri, poiché venivano a sommarsi gli effetti del tipo di interventi attuati nel tempo con i danni del dilavamento e dell’erosione derivanti dalla diversa esposizione naturale e, in ultimo, per l’influenza 132 dell’inquinamento atmosferico e le conferme sono emerse dopo le analisi chimiche sui campioni d’intonaco prelevati dalle varie zone. Nella facciata nord era prevalente l’alterazione delle superfici di finitura causata dalla proliferazione di muschi e licheni e la lettura dell’insieme delle superfici si presentava disturbata anche per la prevalenza del reticolo delle stuccature eseguite negli anni sessanta, impiegando malte improprie a base cementizia, estese al settore centrale e allo stemma. Pur seguendo criteri generali d’intervento omogenei, per il restauro degli intonaci sono stati differenziati i procedimenti per l’asportazione delle parti improprie, per il consolidamento delle superfici distaccate, per le integrazioni delle lacune, curando la composizione dell’impasto per le malte, sia nel il tipo di calce sia nella selezione degli inerti, in funzione del colore e della granulometria più compatibile con la composizione dell’intonaco originale. Tutti gli interventi nel piano seminterrato sono stati predisposti e attuati per consentire contestualmente la stesura e la successiva esecuzione del progetto di adeguamento funzionale di tutti gli impianti curato dall’Amministrazione Comunale per l’allestimento della sede della biblioteca. 133 Pagina precedente: La Villa Caldogno prima degli interventi di restauro Veduta della villa dal colonnato della Barchessa (Fotografie: Paolo Emilio Pizzul) SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La terrazza nord era stata modificata e la sua attuale connotazione, frutto delle opere di modifica settecentesche era stata peggiorata da demolizioni di tratti della volta e dalla pavimentazione di cemento; i lavori hanno evidenziato la precarietà statica della struttura, causata dall’incauta riduzione dello spessore della muratura nella chiave di volta. Per il consolidamento, oltre al rifacimento della porzione di volta mancante, si è dovuto scegliere un rinforzo della struttura che consentisse di non compromettere la ricostituzione delle pendenze del piano di posa del pavimento. La scalinata sud, per l’originalità della composizione e per le proporzioni con cui si integra al centro della facciata sud, connota l’immagine dell’intera villa, per gli elementi che la caratterizzano; il degrado degli stessi, per fortuna localizzato ad alcuni punti facilmente risanabili, che aveva alterato la lettura dell’unità dell’insieme, era limitato alla rottura delle griglie di pietra per l’aerazione delle voltine, alla sostituzione dei tre gradini della rampa centrale con lucernari in vetrocemento, alla rottura dei vertici dei triangoli delle rampe laterali e al degrado delle superfici in mattoni per alterazione delle malte e degli elementi lapidei. Il disegno del profilo esterno è stato ricucito nelle parti danneggiate delle gradinate laterali, mentre nella gradinata centrale è stato eliminato il lucernario in vetrocemento per ricollocare i due gradini in pietra con la fessura per l’aerazione del sottoscala. La struttura portante delle due scale settecentesche, con i gradini in pietra assemblati attorno al perno centrale della chiocciola, è stata controllata e risanata ed il restauro delle pareti interne ha messo il luce alcuni apparati decorativi, celati dall’intonaco, come una finta finestra con vetrate a rullo e delle riquadrature sotto le finestra a livello dei due pianerottoli di arrivo, oltre che le due nicchie affrescate sulle pareti rivolte a nord. Il tratto di cornice di gronda della costruzione cinquecentesca, integra per le finiture degli intonaci e delle scialbature delle parti in pietra, è stata pulita dai depositi di polvere. Lo stato delle murature delle volte delle tre sale sul lato est ha richiesto verifiche strutturali approfondite per controllare lo stato di conservazione e lo spessore delle murature delle tre strutture in relazione con la forma geometrica che le contraddistingue, considerando sia la natura dei materiali presenti per i rinfianchi sia lo spessore variabile delle pavimentazioni in battuto alla veneziana. Sono state scelte tecniche tradizionali nelle due sale 134 che hanno consentito, dopo le verifiche dell’estradosso, di intervenire inserendo una solettina armata e ancorata alle murature perimetrali che sono state rinforzate con la posa di un piccolo cordolo armato. Nella sala sud-est, per l’esiguità dello spazio disponibile per ricostituire il livello originario della pavimentazione, è stata sperimentata una nuova tecnologia che, grazie all’impiego delle fibre di carbonio, ha consentito di raggiungere l’obiettivo iniziale. I restauri dell’apparato pittorico I lavori eseguiti sono stati importanti per la restituzione delle sale del piano nobile e della loggia per il valore complessivo degli affreschi nella storia del complesso monumentale, anche se condizionati dalle operazioni di restauro degli anni ’60 per le difficoltà tecniche e scelte operative1. Le restituzioni della Barchessa e della colombara Il progetto di ripristino degli annessi della villa ha avuto il suo punto più importante nella operazione di rimozione delle sopraelevazioni del colonnato e nella ricostituzione delle forme dell’architettura seicentesca della barchessa. Le scelte progettuali operate hanno trovato giusto equilibrio con l’opportunità derivante dal vuoto lasciato dai crolli interni di riqualificare gli ambienti inserendo con discrezione soluzioni di dettaglio attuali nelle forme e nei materiali. Gli spazi esterni Senza il riassetto generale degli spazi esterni delimitati con gerarchie ben definite dai muri di cinta i lavori di restauro degli edifici non potevano essere fruiti nelle dovute sequenze di percorsi e di punti di sosta.Il restauro dei giardini ha avuto inizio sulla base del progetto elaborato grazie anche alle letture delle ricerche archivistiche e un arricchimento inaspettato grazie alla campagna di scavi del 2003; Il ritrovamento della peschiera interrata, del ponticello e dei resti d’altre due arcate stanno consentendo la restituzione dell’immagine dell’assetto originario con il solo restauro degli elementi originali di straordinario valore per la sintesi che si potrà cogliere fra la storia dell’architettura e la tecnica dell’ingegneria idraulica cinquecentesca, rappresentata dal sistema delle rogge, dalla peschiera e dalle canalizzazioni di drenaggio all’interno della villa. 135 Note: 1 Per la descrizione dell’argomento si richiama il capitolo “Gli affreschi:: le vicende del restauro attraverso i documenti d’archivio” di Chiara Rigoni nella monografia su VILLA CALDOGNO,curata dal Comune di Caldogno,La Serenissima Editrice, Vicenza 2002. SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Collocata sulle rive dell’Adige lungo l’antica via che collegava Verona a Trento,sorta su preesistenze medioevali e Maria Grazia Martelletto aggiornata intorno alla metà e Arturo Sandrini del Cinquecento,villa Del Bene fu acquisita al patrimonio dello Stato in seguito a un evento traumatico che ha fortemente inciso sull’assetto edilizio del complesso e condizionato le ricerche fin qui condotte sulle origini e l’evoluzione di questa notevole testimonianza dell’architettura veronese. Nel novembre del ’44 l’esplosione di un convoglio ferroviario carico di tritolo causò il crollo della copertura,della muratura perimetrale nord nonché dissesti al sistema portico-loggia e agli affreschi parietali. L’azione tempestiva della Soprintendenza, che avviò già nel 1946 i primi interventi di restauro,garantì la salvaguardia dell’edificio,seppur con i limiti dovuti alle particolari condizioni operative che caratterizzarono il periodo postbellico. La villa è nota perchè conserva un interessante ciclo pittorico,singolarmente imperniato su temi religiosi in chiave antiluterana (va detto che la villa ebbe anche funzione di foresteria per gli alti prelati che si recavano al Concilio di Trento e che il ciclo risale, per l’appunto, agli anni Quaranta del Cinquecento), attribuito al Brusasorci e al Caroto, oltre che al Crollalanza, l’unico peraltro documentato. Descritti in pessimo stato di conservazione già nel XVIII secolo, gli affreschi di villa Del Bene ebbero a subire gravissimi danni nel 1944 e furono oggetto di due diverse campagne di restauro: nel 1970-71 e nel 1977-78, quest’ultima affidata a Pinin Brambilla. Il riaprirsi di lesioni già accuratamente stuccate, i consistenti distacchi dell’intonaco dal supporto, i numerosi sollevamenti e le conseguenti cadute della pellicola pittorica, hanno indotto la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Verona a predisporre un nuovo intervento, per il cui progetto è stato costituito un’apposito staff con professionalità e specializzazioni diverse, che ha dato avvio ad un insieme organico di studi e alla successiva messa a punto delle procedure di intervento. L’accurata ricognizione storica sulle fonti documentarie Villa Del Bene a Volargne (Dolcè –VR) Il progetto di restauro degli affreschi 136 (estesa naturalmente anche alle metodologie degli interventi pregressi) e la campagna di indagini strumentali e chimicofisiche hanno consentito di far luce su vari aspetti precedentemente trascurati. A cominciare dall’analisi delle tecniche pittoriche impiegate (per lo più a fresco per il disegno preparatorio, a secco con legante a calce per lo strato pittorico), per passare poi all’analisi mineralogicopetrografica dei vari strati di intonaco e al tipo di pigmenti utilizzati. Particolare attenzione è stata dedicata all’individuazione delle pratiche manutentive antiche (denunciate dalla presenza di ossalati compenetrati negli strati pittorici, derivata dall’alterazione di oli e di colle usati nei secoli passati per consolidare e ridare intensità alle stesure pittoriche), nonché agli effetti indotti dalle resine viniliche e acriliche impiegate nei restauri più recenti. Anche gli interventi degli anni Settanta e Ottanta (diretti da Gazzola e Cuppini) sono un episodio che va a comporre il quadro della storia del restauro, e più in generale della cultura del tempo, di cui non è il caso di nascondere i limiti o di dimenticare il contesto storico, e che non può nemmeno Sopra: Sala dell’Apocalisse. Particolare del viso di un angelo con evidenti cadute della pellicola pittorica. In alto una ripresa a neutro eseguita nel corso dei restauri precedenti. Altro particolare a luce radente della sala dell’Apocalisse con evidenti lesioni in fase di riapertura. Gruppo di studio e progettazione Mauro Cova (Soprintendente Regg. P.S.A.E. di Verona Vicenza e Rovigo) Maria Grazia Martelletto (R.d.P. Soprintendenza B.A.P. di Verona,Vicenza e Rovigo) C.T.Giorgio Camuffo (S.B.A.P. di Verona,Vicenza e Rovigo) r.t.costituito da Arturo Sandrini (capogruppo,Politecnico di Milano), Giovanni Castiglioni, Filippo Legnaghi, Luciano Formica (Restauratore,Accademia di Brera), Mirella Baldan (R&C. Scientifica, Altavilla Vicentina) 137 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici essere rimossa senza individuarne gli esiti e l’estensione. Il complesso quadro di informazioni ricavatone – cioè la storia del manufatto, dello stratificarsi di interventi e dello stesso degrado, la conoscenza della durata e del comportamento delle operazioni pregresse e dei materiali impiegati – sono stati la chiave essenziale dell’anamnesi, nonché il parametro rispetto al quale disporre e indirizzare le prove per definire gli interventi da attuare. Ma la fase progettuale è stata anche occasione per sperimentare nuovi metodi e modi di mappatura del degrado, per approfondire alcune metodiche in campo diagnostico, per valutare gli aspetti relativi all’interazione tra supporto-decorazione-ambiente, e, non da ultimo, per verificare quanto le indicazioni progettuali riescano effettivamente a incidere sulla qualità operativa di restauratori non scelti ad hoc, ma imposti dalla logica del maggior ribasso d’una gara d’appalto, condizione, questa, che richiede la stesura di rigorosi capitolati e dettagliate analisi delle operazioni da eseguire. Sala dell’Apocalisse. Particolare con lesione già ripresa nel corso dei restauri eseguiti negli anni ’70 del Novecento 138 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’ABRUZZO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico dell’Abruzzo Soprintendente: Anna Imponente Via O. Colecchi (Castello Cinquecentesco) 67100 – L’Aquila tel. 0862.6331 fax 0862.413096 [email protected] www.psaelaquila.it Il dipinto a tempera su tavola raffigurante La Madonna col Bambino proviene dalla Chiesa di S. Maria del Lago di Moscufo, piccolo centro dell’entroterra pescarese la cui storia millenaria affonda le radici Sergio Caranfa nell’alto Medioevo. Una curtis de moscufo è infatti già menzionata nel cosiddetto Memoratorium dell’Abate Bertario, un documento cassinese della seconda metà del IX secolo che registra i possedimenti abruzzesi dell’abbazia di S. Liberatore a Maiella, a sua volta soggetta a Montecassino. La curtis, cioè l’insediamento agricolo, di Moscufo aveva come centro di culto una ecclesia S. Mariae sicuramente da identificare con l’attuale Chiesa romanica di S. Maria del Lago, edificio di grande interesse non solo per gli intrinseci valori architettonici, ma anche per le pregevoli opere d’arte che si conservano all’interno, tra cui lo splendido ambone in stucco eseguito nel 1159 da quel maestro Nicodemo che due anni prima aveva scolpito, in collaborazione con Roberto, l’ambone gemello della Chiesa di S. Maria in Valle Porclaneta presso Rosciolo, nella Marsica. La grande tavola cuspidata, alta cm. 200 e larga cm. 80, è costituita da due assi di legno di pioppo collegate ad incastro “a mezzo battente” e tenute insieme sul retro da tre traverse orizzontali fissate con chiodi battuti dal davanti e ribattuti sul retro. Anteriormente, su quasi tutto il perimetro ad eccezione della parte inferiore, corre una sponda che conserva tracce di colore originario e su cui sono presenti chiodi antichi e buchi di chiodi, di cui rimane difficile indovinare la funzione. Nel recto, sopra il consueto strato di preparazione a gesso e colla, è dipinta a tempera l’immagine della Madonna col Bambino. Sull’aureola della Vergine è applicata una piccola corona metallica che reca incisa su un nastro d’argento la seguente iscrizione: O ALMA MATER ONNIUM ORA PRO NOBIS DEUM 1490. Questa data costituisce un prezioso terminus ante quem per la cronologia dell’opera. Prima dell’intervento di restauro, promosso dal parroco di Moscufo Don Fulvio Di Fulvio col contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Pescara e Loreto Aprutino ed eseguito dalla restauratrice Cornelia Dittmar di Chieti sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza PSAE dell’Abruzzo, il dipinto si trovava nelle condizioni illustrate dalla figura. Già ad un primo esame risultava evidente come l’aspetto attuale Dipinto su tavola raffigurante La Madonna col Bambino – Moscufo (PE) – Chiesa di S. Maria del Lago 139 fosse frutto di una grossolana ridipintura, probabilmente ottocentesca, al di sotto della quale poteva celarsi, seppur lacunosa, la pittura originaria. Con l’ausilio di sofisticate tecniche diagnostiche (radiografia, esame a raggi infrarossi) e operando una serie di saggi di pulitura si è cercato di esplorare l’estensione e lo stato di conservazione degli strati pittorici sottostanti alla ridipintura. È stato così possibile accertare che la pittura originaria era in larga parte conservata, ad eccezione del manto della Vergine, che presentava i segni di un’incisione netta lungo i bordi, come se il colore fosse stato volutamente asportato. Ciò ha fatto supporre che il manto fosse costituito di lapislazzuli, il prezioso pigmento blu di cui nei contratti stipulati tra committenti e pittori veniva esattamente fissata la quantità da utilizzare, al pari dell’oro. L’estensione e l’elevata qualità degli strati sottostanti, che s’intuiva dai particolari emergenti al di sotto del rifacimento ottocentesco, hanno orientato decisamente il restauro in direzione del recupero dell’originaria stesura attraverso la rimozione delle sovrammissioni, che si è rivelata particolarmente impegnativa ed è stata condotta meccanicamente a bisturi, con risultati che hanno dissipato tutti i dubbi e le incertezze degli operatori in sede di impostazione metodologica dell’intervento. È infatti emersa in tutto il suo splendore l’originaria pittura quattrocentesca, con connotati stilistici che hanno indotto a riferirla al grande pittore abruzzese Andrea Delitio. L’attribuzione al Delitio, e ‘al Delitio migliore’, è stata poi decisamente ed autorevolmente sostenuta da Ferdinando Bologna, con una proposta di datazione al 1465 o agli anni immediatamente posteriori, in stretta contiguità con le pitture della volta del Duomo di Atri (Te) e con il recuperato affresco della chiesa di S. Agostino, sempre ad Atri (cfr. F. Bologna, Madonna con il Bambino di Andrea Delitio – Chiesa di Santa Maria del Lago – Moscufo, in AA.VV., Documenti dell’Abruzzo Teramano, VI, 1-2: Dalla valle del Fino alla valle del medio e alto Pescara, 1, pp. 346-47). Sopra: Moscufo (PE), Chiesa di S.Maria del Lago, dipinto a tempera su tavola raffigurante La Madonna con il Bambino, seconda metà del sec. XV (ante 1490) dopo il restauro Sotto: la tavola prima del restauro 140 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’ABRUZZO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La statua in terracotta raffigurante La Madonna col Bambino è conservata nella Collegiata di S. Michele, la più antica ed importante chiesa di Città S. Angelo, interessante cittadina di Sergio Caranfa aspetto medievale adagiata su una collina a breve distanza dal mare, al confine tra le province di Teramo e Pescara. La Vergine, seduta a mani giunte su un trono di fattura assai semplice e avvolta da un manto che le ricade con ampie pieghe sulle gambe, volge amorevolmente lo sguardo al Bambino che, disteso sulle sue ginocchia, ha il gomito appoggiato su un cuscino e stringe nella mano sinistra un uccellino. Come è noto, la terracotta è un impasto d’argilla modellato a freddo e cotto al forno a temperature piuttosto basse, generalmente al di sotto dei 1000°C. La tipica colorazione rossastra che il materiale assume dopo la cottura è dovuta alla presenza di minerali ferrosi nell’impasto. La terracotta è stata utilizzata fin dall’età neolitica per la produzione di vasellame e le sue fortune nell’antichità sono ampiamente documentate e descritte da Plinio, che passa in rassegna tutte le applicazioni dell’arte di modellare l’argilla, un’arte, egli dice, giunta a perfezione proprio in Italia, prima in Etruria e poi a Roma. La terracotta era impiegata per le decorazioni di templi ed edifici, per la statuaria, per ritratti ricavati da calchi in gesso, per modelli di sculture e ceselli da tradurre in bronzo o altro materiale ed infine per il vasellame. Nell’alto Medioevo, in un quadro generale di crisi, soprattutto artistica, la scultura in terracotta praticamente scompare e bisognerà attendere il primo Quattrocento fiorentino per assistere alla sua rinascita, collegata alla riscoperta di Plinio. Vi si dedicarono, tra gli altri, Donatello, il Verrocchio, il Pollaiolo, Nanni di Bartolo, Benedetto da Maiano, tanto per limitarsi ai nomi più importanti, mentre Luca della Robbia perfezionò la tecnica della terracotta invetriata, destinata ad avere uno straordinario successo. In Abruzzo la scultura in terracotta fiorì nella seconda metà del Quattrocento e nella prima metà del Cinquecento. Quasi tutti gli scultori di questo periodo a noi noti si cimentarono con quest’arte, a cominciare dal più grande, Silvestro dell’Aquila, e poi Saturnino Gatti, Giovan Francesco Gagliardelli, nativo proprio di Città S. Angelo, Paolo Aquilano, Berardino di Penne, Giovanni Antonio da Lucoli e Scultura in terracotta raffigurante La Madonna col Bambino – Citta’ S. Angelo (Pe) – Collegiata di S. Michele Arcangelo 141 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’ABRUZZO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici altri di cui non sopravvivono le opere, ma la cui attività ci è nota attraverso i documenti. Prima dell’intervento di restauro, promosso dal parroco della Collegiata di S. Michele Don Paolo Curioni ed eseguito dalla restauratrice Cornelia Dittmar di Chieti sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza P.S.A.E. dell’Abruzzo, la Madonna in terracotta di Città S. Angelo si presentava coperta da una vistosa ridipintura con squillanti colori a smalto, di epoca piuttosto recente, che ne aveva sfigurato i lineamenti ed appesantito la purezza del modellato. Il restauro effettuato ha permesso il recupero di un pregevole esemplare di scultura abruzzese databile tra la fine del sec. XV e gli inizi del successivo, che attende ancora un preciso inquadramento storico-critico. Nonostante che gli studi in proposito non abbiano ancora raggiunto risultati definitivi, è tuttavia possibile già allo stato attuale stabilire alcuni punti fermi. Innanzitutto, l’ipotesi un po’ ingenua e campanilistica che possa essere di mano dello scultore Giovan Francesco Gagliardelli, in quanto nativo proprio di Città S. Angelo, va decisamente accantonata sulla base del raffronto con l’unica opera documentata del Gagliardelli, la Madonna in terracotta di Ripatransone (Ap), commissionata nel 1524: troppe le differenze, non solo stilistiche ma anche qualitative, fra le due opere, a tutto vantaggio della scultura di Città S. Angelo. Altro punto fermo è che l’elevata qualità formale di quest’ultima la impone come opera fondamentale per lo studio della scultura abruzzese fra Quattro e Cinquecento. E sebbene rientri in pieno nella tipologia tipicamente abruzzese delle Madonne in adorazione, essa presenta, più di altre, evidenti influssi della scultura fiorentina tardo-quattrocentesca, specie verrocchiesca, tanto da farla ritenere di primo acchito un prodotto d’importazione. Se però si riflette sulla circostanza che influssi toscani sono ampiamente riscontrabili nella scultura aquilana del periodo, segnatamente in Silvestro dell’Aquila e Saturnino Gatti, ci si accorge che è proprio in questa direzione che bisogna guardare per un’eventuale ipotesi attributiva. La scultura di Città S. Angelo può essere, infatti, accostata ad una Madonna in terracotta attualmente conservata nel Museo Nazionale d’Abruzzo all’Aquila, ma proveniente da Spoltore (Pe), in cui è stata riconosciuta l’impronta dell’arte di Saturnino Gatti. Sopra: Città S. Angelo (PE), Collegiata di S. Michele Arcangelo, scultura in terracotta raffigurante La Madonna col Bambino, fine sec. XV - inizi sec. XVI, prima del restauro Sotto: la scultura dopo il restauro 142 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’ABRUZZO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La presenza dei d’Avalos in Abruzzo rappresenta un brano di storia che lega saldamente la regione alle vicende del Regno Giovanna Di Matteo Napoletano ed alle grandi lotte Maria Giuseppa Di Persia sostenute dalla dinastia imperiale spagnola per la supremazia in Europa. Ci riferiamo al primo periodo di guerra, che vede protagonisti il re francese Luigi XII di Valois–Orleans e, in campo avverso, il re di Spagna Ferdinando il Cattolico d’Aragona (prima metà del sec. XVI). Il restauro delle Selle dei Marchesi D’Avalos del Vasto I territori contesi sono il Ducato di Milano e il Regno di Napoli, il quale in un primo accordo di spartizione (trattato di Granada del 1499) veniva diviso tra Spagna (Puglia e Calabria) e Francia (Campania e Abruzzo). La famiglia d’Avalos, giunta in Italia alla fine del sec. XV al seguito di Alfonso I d’Aragona, ottenne per la fedeltà dimostrata i feudi di Pescara e del Vasto. Ad una oculata politica di matrimoni importanti essi affidarono la funzione di rafforzamento dei possedimenti e del ruolo politico della famiglia: tra le casate illustri con le quali strinsero legami di parentela vanno ricordate la famiglia reale d’Aragona, i d’Aquino, i Cardona, i Sanseverino, i Colonna, i Gonzaga ecc. La fedeltà alla corona di Spagna li condusse, agli inizi del Cinquecento, a capo degli eserciti imperiali nelle grandi battaglie contro i Francesi: Mirabello, Pavia, Marignano ed altre. Il loro successo militare aveva meritato il governatorato di Milano prima ad Alfonso II (1538–1546) e successivamente a suo figlio Ferrante Francesco (1559–1563).Dopo l’azione contro i Turchi (1532) l’imperatore aveva insignito i del Vasto del Toson d’oro, emblema della casa di Spagna. Attraverso pochi oggetti legati alla loro immagine pubblica e militare illustriamo uno degli aspetti della famiglia, ricca di letterati (Vittoria Colonna) e amanti della letteratura; si rammenti che sotto la loro ala si erano espressi Pietro l’Aretino e Ludovico Ariosto. Grande amore ebbero anche per l’arte, infatti al loro seguito furono anche il fiammingo Paulus Brill e Tiziano. Le selle d’Avalos Le selle sono state scoperte nelle cantine di Palazzo d’Avalos a Vasto, ove erano state adagiate in preda alla polvere ed all’umidità da tempo immemorabile. Sono state affidate al laboratorio di restauro Bartoli di Roma, 143 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’ABRUZZO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici che ha eseguito un intervento conservativo ben riuscito, soddisfacendo in pieno le esigenze previste dalle norme di restauro codificate dalla Carta del 1972 e valide anche per i tessuti. La restauratrice, che si è trovata di fronte a tutte le difficoltà tipiche dei tessili derivanti dallo stato di degrado dei manufatti e dalle caratteristiche fisico-chimiche delle fibre di diversa provenienza (mondo vegetale, animale e minerale), ha eseguito blande puliture con prodotti diversificati secondo la struttura appunto dei filati di lino, di seta, d’argento, di rame e d’oro. Le parti della seduta, più deteriorate, sono state protette da crepeline, ossia da tulle opportunamente tinteggiato nella stessa tonalità della stoffa originale, così da non interferire con la visione d’insieme. La struttura interna delle selle è in legno rinforzata da lamine di ferro come era in uso tra la fine del Cinquecento e la metà del Vasto (CH) Musei Civici: Collezioni d’Avalos, sella in velluto cremisi e cuoio ricamati (generale e particolare) 144 Seicento, periodo di fabbricazione delle stesse. La foggia presenta una tipologia orientale in memoria della sua antica origine. I materiali impiegati, in parte preziosi come la seta, l’oro, l’argento, in parte meno costosi come il rame e il lino, erano ampiamente utilizzati nel periodo considerato poiché i proprietari, divenuti meno esigenti sia per le continue guerre da sostenere che per rispondere all’austerità dei costumi imposti dagli Spagnoli e dalla Chiesa, non richiedevano più agli oggetti esclusivamente il valore di status simbol, ma soprattutto la loro funzionalità. Le selle sono rivestite da tessuto di seta e cuoio ricamati; i ricami, realizzati con la tecnica ad applicazione a motivi fitomorfi, di facile esecuzione ma di grande effetto, erano prodotti in tutta Europa e pertanto risulta difficile stabilirne la provenienza, ma l’eleganza e l’espressività dei motivi decorativi fanno propendere per una fattura italiana, Vasto (CH) Musei Civici: Collezioni d’Avalos, sella in seta ricamata con fiori accartocciati (generale e particolare) 145 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’ABRUZZO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici mentre l’appartenenza alla famiglia d’Avalos ne circoscrive un ambito milanese. Infatti è documentata ampiamente l’importanza della famiglia in tutta Italia e soprattutto a Milano dove è comunque testimoniata la presenza di numerosi laboratori di ricami, di tessuti, di filati metallici, di armi, di armature e di selle. La colorazione così varia è determinata dalla diversa percentuale d’oro, d’argento o di rame in lega: rossiccia se prevale il rame, verdognola se invece prevale l’argento. L’oro e l’argento nella tessitura hanno trovato impiego nell’Estremo Oriente sin dal IV sec. a.C., come testimoniano i reperti sopraggiunti dall’Egitto e dalla Crimea. In Italia nel sec. XI i filati d’oro vengono sostituiti da quelli d’oro membranaceo, mentre nel sec. XV si ritorna all’oro puro; nei secoli successivi predominano invece i filati derivati da leghe meno preziose, il cui uso fu vietato da un bando del 1597. Vasto (CH) Musei Civici: Collezioni d’Avalos, sella in seta avorio ricamata (generale e particolare) 146 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Restauro del fregio di Giulio Aristide Sartorio Un nastro lungo 105 metri, alto poco meno di 4, composto da 50 pannelli costituisce il fregio dipinto da Giulio Aristide Sartorio (1860 – 1932) per l’aula del Parlamento del Claudia Tempesta neonato Stato italiano. L’artista fu chiamato a comporre questa opera mirabile e ciclopica su indicazione dell’architetto Ernesto Basile, di Camillo Boito, che aveva ammirato l’opera di sartorio nel Fregio del Lazio per l’Esposizione di Milano del 1906, e Vincenzo Fradeletto, che aveva visto l’artista all’opera sul tema La luce, le tenebre, l’amore, la Morte nei pannelli per la sala centrale dell’Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia del 1903. Sartorio entra con il grande dipinto per il Parlamento nel dibattito contemporaneo sull’arte decorativa, che impegnava il fronte artistico a livello europeo, con una proposta che rivendica la tradizione classica dell’arte italiana, riconoscendo i valori intrinseci all’architettura, che la decorazione ha il compito di sottolineare. Secondo le intenzioni dell’artista il fregio doveva comunicare per immagini “l’energia dell’Italia tramite dell’Idea classica al mondo moderno”. Sartorio si preparò puntigliosamente alla realizzazione dell’opera: studiò a Londra i marmi del Partenone al British Museum e i Trionfi di Andrea Mantenga a Hampton Court. Sperimentò soluzioni nuove sia nella tecnica pittorica, sia nella composizione: allo studio sui modelli dal vero era solito alternare l’uso pionieristico della fotografia. Per l’abbozzo dell’opera sulle grandi tele proiettava diapositive dei bozzetti e disegni già elaborati, arrivando a comporre una coreografia complessa di 200 figure. La preparazione e l’esecuzione dellp’opera impegnarono l’artista dal 1908 al 1912. Lo stesso sartorio spiegò ne “La Tribuna” del 23 settembre del 1913 il complesso significato simbolico del fregio. Nel lato rettilineo dell’aula sono illustrate le vicende epiche del popolo Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico e italiano e il risorgimento. Sartorio elude, infatti, la pittura di etnoantropologico del Lazio storia e “rappresenta non l’avvenimento, ma il momento Soprintendente: psicologico che lo produsse e le forze ideali che lo Rossella Vodret (reggente) alimentarono”. Il sole della libertà occupa il centro della Piazza San Marco, 49 figurazione, ai suoi lati immagini forti, scorci arditi e 00186 ROMA Palazzo di Montecitorio Il fregio di Giulio Aristide Sartorio per l’Aula parlamentare della Camera dei Deputati 147 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici complicati nodi plastici delle figure danno forma alle lotte contro i barbari, alle Furie che li ispirano, alle quali si contrappone il giovane popolo italiano con i suoi valori positivi. Nell’emiciclo dell’aula la complessa iconografia del fregio celebra i valori costitutivi della tradizione del popolo italiano. L’Italia, giovane donna “dall’espressione serena” su una quadriga retta dai Dioscuri, è al centro, alle sue spalle un disco di luce simboleggia il futuro luminoso. La superficie di fondo della figurazione finge un’alta zoccolatura marmorea e contiene, in uno spazio ristretto in profondità, le immagini che si animano e si staccano dal fondo assumendo i volumi della figura a tutto tondo. Il colore, tenuto nei toni bassi delle terre, dà il senso della vita che si anima: la civiltà del popolo italiano dopo l’unità del paese risorge e vive, celebrando i suoi valori. Il fregio pittorico costituisce per la totale corrispondenza dei ritmi delle figurazioni alla complessa e originale simbologia una realizzazione esemplare, capace di comunicare attraverso l’energia del fare pittorico la storia di un popolo in una intonazione epica di grande potenza e per mezzo di una cultura ricercata che ricorre al mito antico attualizzato nella proposta positiva e vitale per la giovane nazione italiana. Il restauro Il fregio corre lungo la sommità delle pareti dell’aula parlamentare ed è incorniciato da una boiserie disegnata da Ernesto Basile. Un bassorilievo ligneo a motivi vegetali accompagna il bordo inferiore del fregio. Tra la fine del 2003 e i primi mesi del 2004 la Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio e Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Roma (dal gennaio 2005 divisa per differenti competenze nella Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio del Comune di Roma e nella Soprintendenza Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico del Lazio) ha realizzato il restauro di uno dei pannelli del fregio per acquisire da vicino e operativamente le conoscenze tecniche sul manufatto e sperimentare le metodologie più idonee per il restauro dell’intero fregio, composto da 50 pannelli ed esteso su un a superficie di più di 400 mq. Il restauro “campione” è stato condotto con il supporto di indagini scientifiche, quali sezioni stratigrafiche, analisi del medium, analisi dei pigmenti, analisi delle sostanze estranee, analisi della preparazione, analisi delle fibre della tela, analisi del legno dei telai. Nel progetto generale si ritiene 148 opportuno incrementare con ulteriori esami il bagaglio già acquisito di nozioni sui materiali costitutivi dell’opera. Particolare attenzione è stata posta nello spostamento del pannello“campione”, considerate le precarie condizioni di adesione della pellicola pittorica alla tela. Su tutta la superficie sono stati applicati, con plexisol in soluzione, fogli di carta giapponese per fermare la pellicola pittorica. La configurazione architettonica dell’Aula parlamentare ha reso necessario installare un ponteggio a sbalzo per abbassare la tela fino a terra. Per questa operazione la tela è stata chiusa in una cassa di legno con struttura di rinforzo in metallo, in modo da escludere oscillazioni per la tela e tensioni improprie per il telaio. Il pannello campione è stato restaurato in un Laboratorio appositamente allestito in un ambiente della Camera dei Deputati. Stato di conservazione: pellicola pittorica Lo stato di conservazione che si è osservato sul pannello campione e, con qualche variante, estendibile a tutti i pannelli – come illustrano anche le numerose foto scattate sfruttando il ponteggio innalzato per prelevare il pannello campione – è particolarmente preoccupante per quel che riguarda la mancanza di adesione della pellicola pittorica alla tela. Il fenomeno ha un carattere di particolare gravità per la diffusione vastissima su una grande parte della superficie dipinta. Una delle cause può essere attribuita all’uso da parte dell’artista di una tela industriale, priva, quindi dell’opportuna preparazione per rendere tale supporto più elastico. La materia pittorica, inoltre, consistente in una miscela di colori ad olio con aggiunta di cera ed altre sostanze, secondo una formula originale messa a punto dall’artista, nel tempo ha assunto una consistenza vetrosa ed una estrema fragilità, come si riscontra nelle frequenti cadute del colore o nelle screpolature delle pennellate dense di materia pittorica. La forte irregolarità dello spessore delle pennellate, caratteristica peculiare dell’artista in questa opera, favorisce, inoltre, il fissaggio di particolato incoerente che ottunde il valore cromatico dei dipinti. Supporto: tela industriale La tela è fissata sui bordi esterni dei telai del tipo non estensibile con chiodi a spillo ripiegati, con viti e puntini da disegno sulle assi della crociera, al fine di evitare le vibrazioni della tela e garantire l’adesione al telaio anche in presenza di 149 Restauro di un pannello campione (2003-2004) Responsabile unico del procedimento: Roberto Di Paola, Soprintendente Progetto e direzione lavori: Claudia Tempesta, Direttore storico dell’arte Direttore: Paola Santilli Collaboratore tecnico: Massimo Pluchino Restauratori: Gianluigi Colalucci e Daniela Bartoletti s.n.c. Con la collaborazione di: Rossano Pizzinelli Collaboratore tecnico: Massimo Plachino SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici una leggera concavità. L’esame delle fibre ha segnalato la secchezza e la scarsa elasticità della tela, così da provocare incompatibilità con la pellicola pittorica. La tela, sensibile alle variazione termoigrometriche e alle deformazioni per forza di gravità, nonché alle correnti d’aria forzata che si generano nell’aula, non presenta segni di cedimento allarmanti. Tali fattori di stress, tuttavia, costituiscono un reale pericolo per lo stato di fragilità della pittorica. Telai I telai non estensibili hanno una crociera interna con asse verticale e più assi orizzontali. Sono in legno verniciato e si presentano in buone condizioni. Intervento Le operazioni di restauro dell’intero fregio saranno precedute dal rilievo fotografico con programma di restituzione, che sarà utilizzato sia per le basi grafiche sullo stato di conservazione che per la registrazione del tipo di intervento. I dipinti, all’atto dello smontaggio, dopo la rimozione del listello ligneo che blocca in basso i pannelli, saranno numerati. Per il trasferimento nel Laboratorio di restauro è prevista la chiusura dei dipinti in casse di legno costruite appositamente. Il restauro del pannello campione Dopo la rimozione della carta giapponese, si è proceduto al fissaggio locale della pellicola pittorica mediante termocauterio, quindi si è proceduto al fissaggio totale della pellicola pittorica sotto vuoto mediante resina termoplastica (bewa) con tavola calda a bassa pressione – con tale operazione si è ottenuto anche un buon recupero della elasticità della tela –, sono state applicate fasce di tela di rinforzo sul bordo del dipinto (strip lining). Per la pulitura della superficie pittorica sono stati asportati i residui di collante e le polveri utilizzando solventi selettivi. Sono state effettuate piccole stuccature delle lacune. Il buono stato di conservazione della pellicola pittorica ha portato a limitare ad alcune piccole zone circoscritte l’integrazione pittorica, nella ricerca di una buona equilibratura della superficie dipinta. Per preservare la delicata materia pittorica è stato steso un leggero strato di protettivo. 150 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il restauro, che ha interessato gli affreschi sulle pareti laterali che raffigurano quattro Santi ed angioletti e le decorazioni marmoree del sec. XVI, i tre dipinti su tela sulla parete dell’altar maggiore e gli affreschi a monocromo con angioletti del sec. XVIII, è stato realizzato su progetto della Dott.ssa Isabella Del Frate funzionario della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico del Lazio, nell’anno 2005 ed eseguito dalla Ditta Cecilia Bernardini La chiesa di Santa Caterina dei Funari riveste un particolare interesse nella storia dell’architettura e della pittura romana della seconda metà del 1500. Essa venne edificata tra il 1559 ed il 1664, al posto di una chiesa preesistente, per iniziativa del Cardinal Federico Cesi, che affidò l’incarico all’architetto Giudetto Guidetti, attivo in molte importanti fabbriche romane ed aiuto di Michelangelo. La decorazione interna della chiesa costituisce un raro esempio di pittura tardo manierista romana: tutte le cappelle, di proprietà di nobili famiglie, furono infatti decorate nell’arco di pochi anni dai più illustri artisti operanti a Roma nella seconda metà del ‘500. E probabile che lo stesso Cardinal Cesi abbia commissionato la decorazione del presbiterio (Cappella Cesi), anche se questa fu iniziata dopo la sua morte, avvenuta nel 1565. Livio Agresti realizzò la pala dell’altare maggiore con il Martirio di Santa Caterina, i due dipinti laterali raffiguranti i SS.Pietro e Paolo, e l’Annunciazione nella parte superiore. A Federico Zuccari invece fu affidato l’incarico di realizzare i due grandi affreschi sulle pareti laterali con Storie della Santa, mentre il suo giovane allievo Raffaellino da Reggio, dipinse al di sotto i Santi Romano, Agostino, Saturnino e Sisinnio affiancati da angioletti che portano i loro simboli (1572). Nella seconda metà del ‘700 furono apportate notevoli modifiche all’apparato decorativo della zona presbiteriale: i dipinti di Livio Agresti, in pessime condizioni, giudicati irrecuperabili, vennero sostituiti con nuove tele: il Martirio di Santa Caterina di Giovanni Sorbi (1760), i Santi Monica e Agostino di Alessio d’Elia (1771), che realizzò anche i due affreschi a monocromo sull’altar maggiore ed il soprastante lunettone raffigurante il Trasporto sul monte Sinai di S.Caterina. Furono inoltre inseriti finti elementi architettonici e floreali alla base delle finestre che si aprono al centro delle pareti laterali, che vennero a sovrapporsi all’affresco di Raffaellino. Roma, chiesa di Santa Caterina dei Funari. Restauro del Presbiterio o Cappella Cesi (secc. XVI – XVIII) 151 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici L’intervento di restauro su questi affreschi si è presentato particolarmente delicato e problematico per le pessime condizioni di conservazione: i dipinti presentavano infatti estesi distacchi degli strati preparatori ed un pesante sbiancamento da deposito di sali che, unitamente allo strato di polvere accumulatasi, copriva quasi completamente la pellicola pittorica tanto da rendere totalmente illeggibili notevoli porzioni dell’affresco. Inoltre la presenza delle sovrapposizioni delle ridipinture settecentesche poneva un problema di scelta conservativa: la decorazione floreale del sec. XVIII, identica su entrambi i lati, si presentava frammentaria ed irrecuperabile sulla parete sinistra, lasciando intuire al di sotto le tracce della originaria decorazione cinquecentesca. Si è quindi scelto di asportare i frammenti rimasti in situ, facendo così riemergere la fascia originaria con l’iscrizione che riporta in numeri romani la data del 1572, anno di esecuzione degli affreschi, che costituisce una importante conferma alle ipotesi degli studiosi 152 L’accurata pulitura e l’estrazione dei sali ha inoltre riportato alla luce la presenza integrale degli angioletti nella loro vivacità cromatica Sulla parete destra, dopo la pulitura della pellicola pittorica, sono emersi con evidenza gli interventi di ripristino settecenteschi,molto più estesi che sull’affresco di fronte. Tutta la fascia inferiore del dipinto è risultata ridipinta a tempera: l’intervento probabilmente è stato eseguito in due diverse fasi, in quanto sulla parte destra (i due angioletti e la metà inferiore di San Saturnino) si nota la parziale distruzione dell’intonaco originario e la sua sostituzione con un sottile strato di preparazione su cui poi si è dipinto a tempera. La decorazione floreale, i due angioletti e la metà inferiore di San Sisinnio, sono invece stati eseguiti su uno strato di intonaco steso sopra l’originale. Data la vastità dell’intervento settecentesco che interessa tutta la parte inferiore della fascia dipinta da Raffaellino sulla parete destra, lasciando quindi supporre una perdita quasi completa del dipinto cinquecentesco, e verificato il buono stato di adesione della pellicola pittorica all’intonaco, si è deciso di mantenere le 153 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici ridipinture quali testimonianza di questo antico intervento di “restauro”. È probabile che alla stessa epoca sia da riferire la ridipintura a finto marmo verde che rivestiva la cinquecentesca cornice della finestra che si apre al centro dell’affresco: l’intervento di rimozione ha messo in luce la presenza di due strati sovrapposti di colore, il primo rosso, comperto successivamente da un finto marmo verde, tolti i quali è riemerso l’originaria cornice in travertino e marmo trattato a marmorino che si intona perfettamente con la decorazione architettonica cinquecentesca del presbiterio. L’intervento di restauro sugli affreschi è stato eseguito con le seguenti modalità: Gli strati preparatori sono stati riconsolidati alla muratura mediante infiltrazioni con malta idraulica a basso contenuto di sali, mentre l’intonachino distaccato è stato trattato con infiltrazioni di resina acrilica in emulsione al 10% di acqua e gli intonaci con resina acrilica in emulsione al 5% di acqua. Dopo aver fatto riaderire la pellicola pittorica all’intonachino mediante infiltrazioni con resina acrilica in emulsione al 3% in acqua, sono stati rimossi gli strati di sporco e le tracce di precedenti interventi con impacchi di solvente a pH leggermente basico in polpa di cellulosa. Le vecchie stuccature sono state rimosse meccanicamente e le lacune stuccate con malta di grassello di calce e polvere di 154 marmo, infine reintegrate a tono a velatura con colori ad acquerello. La grande tela sull’altar maggiore il Martirio di Santa Caterina del Sorbi, si trovava in mediocre stato di conservazione, mentre in cattive condizioni si trovavano i due dipinti ai lati,del pittore napoletano Alessio D’Elia, che hanno sofferto di una continuata esposizione a fonti di calore: in particolare il Sant’Agostino presenta una grande lacuna sul lato destro dovuta all’attacco del fuoco, probabilmente di candela. Rimosse le vernici ossidate e gli strati di sporcizia che opacizzavano la pellicola pittorica, il restauro ha restituito leggibilità ai dipinti evidenziando tracce di un ripensamento dell’artista nella posizione della mano di Sant’Agostino, che regge secondo una diversa inclinazione il libro sacro, creando un involontario effetto di svolazzamento delle pagine. L’intervento di restauro ha comportato la doppia foderatura con tela canapa patta, la sostituzione dei vecchi telai con telai lignei estensibili, la rimozione degli strati di sporco e dei precedenti interventi con solventi e la rimozione meccanica delle vecchie stuccature. Le lacune sono state stuccate con gesso di Bologna e colla di coniglio e la reintegrazione è stata eseguita a tono a velatura con colori ad acqurello ed a vernice. La vernicitura finale è stata data a spruzzo con vernice à rètoucher. Progettista e Direttore di Lavori: Isabella Del Frate 155 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Tecnica di esecuzione: materiali costitutivi La Cappella è decorata con affreschi situati nella volta a crociera suddivisa in quattro vele, nell’intradosso dell’arcone e sulle pareti sottostanti la volta. Costoloni Gea Storace e Stefano Provinciali in mattoni suddividono le vele. La volta è costituita da una struttura in muratura sulla quale sono stati applicati due strati di intonaco ed uno strato di intonachino Dalle lacune dell’intonaco è stato possibile rilevare la successione degli strati di malta che può essere così schematizzata: un primo strato di malta di calce a diretto contatto con la muratura, con cariche pozzolaniche di grossa granulometria, serviva a livellare la superficie; un secondo strato che costituisce l’arriccio, sempre eseguito con malta pozzolanica; un terzo strato “l’intonachino” eseguito con malta di colore grigio a granulometria sottile; su questo strato molto levigato sono stati eseguiti i dipinti. Lo strato di malta su cui sono state eseguite le decorazioni dei costoloni è di colore bianco, si tratta infatti di un sottile strato di calce applicato sull’intonaco. Disegno preparatorio Delle decorazioni dei costoloni dipinti con motivi fitomorfi appare ormai solamente il disegno preparatorio eseguito con terra rossa. Incisioni Sono visibili incisioni dirette eseguite con compasso sulle aureole; Sono visibili inoltre sugli affreschi delle pareti e sono stati utilizzati per definire la composizione architettonica. Battute di fili Sono visibili a luce radente negli affreschi della parete dell’altare e sono stati eseguiti sull’intonaco fresco. Giornate L’osservazione a luce radente ha evidenziato un procedimento nell’esecuzione della stesura degli intonaci “a pontata”, in alcuni casi (parete di destra) sono state rilevate giornate con finiture “a secco”. Tecnica Pittorica La stesura dei colori è stata effettuata con tecnica “a fresco”. Zone dipinte a tempera Restauro conservativo degli affreschi della Cappella dei SS. Cosma e Damiano Chiesa di S. Pietro, Anticoli Corrado (RM) 156 I cieli sono stati dipinti a tempera su una base grigia costituita da nero carbone, il pigmento utilizzato è azzurrite. Dorature Non sono stati riscontrate tracce di doratura. Stato di conservazione: dipinti murali Lo stato di conservazione degli affreschi che decorano la Cappella era piuttosto precario. Le infiltrazioni di acqua piovana avvenute in passato e l’umidità di risalita hanno determinato la quasi totale perdita dei dipinti nella zona bassa delle pareti e una presenza massiccia di efflorescenze saline sulle superfici dipinte. Sui dipinti infatti era visibile un diffuso sbiancamento, dovuto alla presenza di sali solubili, che attenuava le tonalità dei colori. La presenza di depositi superficiali, costituiti principalmente da polveri grasse, scurivano le superfici dipinte. Diffuse le lesioni degli strati di intonaco che presentavano gravi difetti di adesione al supporto localizzati principalmente sulle vele e sulla parete destra. I diffusi difetti di coesione ed adesione delle malte di preparazione degli affreschi hanno determinato cadute di intonaco e di intonachino. Localmente la pellicola pittorica appariva in cattivo stato di conservazione poichè erano presenti difetti di adesione localizzati principalmente sugli azzurri, dipinti a tempera. 157 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici È stata riscontrata in alcune zone l’alterazione dell’azzurrite in malachite. Interventi precedenti Un intervento di restauro non documentato, comunque databile intorno agli anni settanta, è stato purtroppo una delle cause determinanti del cattivo stato di conservazione dei dipinti. Infatti l’uso di abbondanti quantitativi di gesso, utilizzato sia per il consolidamento degli intonaci in profondità che per la stuccatura delle lacune, ha creato le condizioni ottimali per la formazione nel tempo di sbiancamenti nonché perdita di parti della pellicola pittorica per cristallizzazione di sali. La reintegrazione pittorica era stata eseguita con colori a tempera con modalità differenti a secondo del tipo di lacuna: lacune di vasta estensione integrate con malta di colore neutro contornate da un bordino di colore nero eseguito a tempera posto tra il dipinto originale e la reintegrazione; lacune di media estensioni (parete destra) integrate con colori a tempera con tratteggio di fattura grossolana; lacune di piccole dimensioni integrate a tono. È stata riscontrata inoltre sulla pellicola pittorica la presenza di un fissativo che ingloba depositi superficiali. Intervento di restauro: pulitura Sono stati effettuati saggi volti all’individuazione del mezzo solvente più idoneo alla rimozione degli strati sovrammessi. Le operazioni di pulitura, volte al recupero delle superfici originali, sono state eseguite utilizzando gomme Wishab e solvente MEC; La rimozione delle efflorescenze saline consistenti è stata eseguita localmente ad impacco utilizzando acqua deionizzata, contestualmente al consolidamento della pellicola pittorica, ove presente, e degli strati preparatori; la pulitura dei dipinti delle pareti ha consentito di recuperare il testo pittorico, seppur degradato Rimozione delle stuccature inidonee Utilizzando bisturi e piccoli scalpelli è stata eseguita la rimozione di stuccature inidonee in gesso. Consolidamento dei difetti di adesione tra intonachino e arriccio È stato eseguito localmente mediante infiltrazioni di resina acrilica PHASE WS 24 in soluzione acquosa e malta idraulica Mapei Antique. In alcune zone della volta si è resa necessaria la velinatura di parti di intonaco, gravemente distaccate. 158 Consolidamento dei difetti di decoesione Le zone di intonaco che presentavano fenomeni di decoesione consolidate con resina acrilica. Stuccatura Le stuccature delle lacune di intonaco sono state eseguite con malta di calce utilizzando come carica inerte sabbia.. Documentazione: Documentazione fotografica Sono state eseguite riprese fotografiche a colori ed in diapositiva al fine di documentare lo stato di conservazione e l’intervento di restauro durante le sue fasi. Documentazione grafica Sono stati riportati su base grafica i dati relativi allo stato di conservazione ed all’intervento di restauro effettuato. Operazioni da effettuare: Reintegrazione pittorica Al fine di eliminare o attenuare le discontinuità cromatiche verranno eseguite velature ad acquarello restituendo equilibrio tonale alle superfici delle decorazioni pittoriche e delle superfici in cotto. Questa operazione sarà eseguita utilizzando colori ad acquerello Windsor & Newton. Verrà eseguita la reintegrazione pittorica delle lacune in corrispondenza delle nuove stuccature. Protezione superficiale Questa operazione sarà eseguita nebulizzando sulle superfici resina acrilica Paraloid B 72 al 3% in soluzione. 159 Direzione dei lavori: Benvenuto Pietrucci – Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio Collaboratori alla DD. LL.: Alessandra Montedoro Relazione tecnica, documentazione fotografica: Gea Storace e Stefano Provinciali. SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO DEL LAZIO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Nell’ambito delle attività della Soprintendenza da diversi anni viene riservatauna particolare attenzione alla ricerca e alla documentazione delle problematiche relative agli aspetti materiali degli oggetti artistici, indagati attraverso le moderne metodiche della diagnostica. In particolare, in occasione di importanti cantieri di restauro e di progetti internazionali, il contributo delle indagini si è dimostrato essenziale sia in merito alla programmazione ed alle scelte operative degli interventi di restauro, sia alla conoscenza dei materiali e delle tecniche di esecuzione delle opere. Fondamentale è stato il contributo scaturito dallo scambio dialettico tra le diverse professionalità coinvolte in queste ricerche, storici dell’arte, restauratori, scienziati. Le tecniche di indagine diagnostica utilizzate hanno privilegiato le metodiche non distruttive quali la riflettografia infrarossa, la radiografia, l’analisi della fluorescenza dei raggi X (XRF), cui è stata affiancata l’indispensabile documentazione più tradizionale – fotografia della fluorescenza indotta da radiazioni ultraviolette, fotografia in luce radente, macrofotografia e microfotografia. Ciò ha significato mettere l’accento sull’imprescindibilità dell’osservazione visiva, primo vero momento di conoscenza dell’opera, necessario anche per indirizzare le successive ricerche. A questo genere di metodiche si affiancano naturalmente le indagini microdistruttive, che vengono effettuate su minimi prelievi di materia e da cui è possibile ricavare informazioni circa la successione stratigrafica del dipinto, i pigmenti e i leganti utilizzati, ad esempio attraverso le stratigrafie su sezione lucida, la microanalisi al microscopio elettronico a scansione (SEMEDS) o l’analisi in spettrometria infrarossa (FT-IR). Entrando nel merito delle ricerche più significative promosse dalla Soprintendenza, vanno certamente segnalate alcune campagne diagnostiche effettuate in occasione di cantieri di restauro all’interno delle chiese romane, quali quelle sulle sculture di Gian Lorenzo Bernini nella Cappella Fonseca in San Lorenzo in Lucina, sulle grandi pale di Rubens nella chiesa della Vallicella, sui dipinti murali di Pinturicchio nell’abside di Santa Maria del Popolo e su quelli di Niccolò Circignani alla Chiesa del Gesù. Diagnostica applicata alla conservazione dell’opera d’arte 160 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Arca delle Ceneri del Battista – Museo del Tesoro di San Lorenzo, Genova Argentieri liguri, lombardi e borgognoni (secolo XV) (argento, rame dorato, smalti, tessuto, legno) L’arca processionale delle ceneri di san Giovanni Battista costituisce uno dei massimi elementi di richiamo della Cattedrale, e della stessa città di Genova. Una straordinaria opera d’oreficeria quattrocentesca, la cui esecuzione si deve a una serie di artisti di altissimo livello, diversi per formazione ed esperienze e attivi a partire dal quarto decennio del secolo XV. Teramo Danieli, nativo di Porto Maurizio ma a lungo documentato a Genova, il quale nel 1438 apponeva sull’arca la propria firma, si occupò forse prevalentemente dell’ “architettura” del manufatto, concepito come un edificio gotico sollevato da quattro leoni in rame dorato e animato da guglie, pinnacoli e contrafforti. Simone Caldera, ligure a sua volta, che a Teramo subentrò in un secondo momento, dovette invece realizzare numerose parti “di figura”, nelle scene che scandiscono i due fianchi e i due fronti minori. Un attento esame stilistico, ancora, lascia cogliere il coinvolgimento nell’impresa di altri artefici, ambientabili a loro volta in area lombarda e borgognona. Oltre alle statuine a tutto tondo di formato maggiore dei santi protettori della città Giorgio e Lorenzo, e degli evangelisti Giovanni e Matteo, la narrazione degli episodi salienti della vita del Battista si svolge nei dieci scomparti principali, scandita dalla presenza di angeli musicanti, santi vescovi e profeti e arricchita da straordinari dettagli naturalistici e da micro-elementi d’arredo, con tracce degli originari decori a smalti policromi. Il restauro dei beni storico artistici in Liguria negli anni 2003 – 2005: una scelta degli interventi più interessanti Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico della Liguria Soprintendente: Marzia Cataldi Gallo (reggente) Via Balbi, 10 – 16126 – Genova tel. 010.27051 fax 010.2465388 [email protected] Restauro realizzato da: Tiziana Igliozzi, Arezzo, Finanziamento statale 161 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Il Presepe del Santuario della Madonnetta – Santuario della Madonnetta, Genova Manifattura genovese (seconda metà del secolo XVIII – prima metà del secolo XIX) (sculture-manichino in legno scolpito, intagliato e dipinto, vestite degli abiti originali) Circa un centinaio di statuine in legno policromo, alcune delle quali vestite degli abiti originali e di alto livello qualitativo, compongono l’ammirabile Presepe del sontuoso Santuario della Madonnetta a Genova, organizzate in una grande grotta in funzione di proscenio, dove le statuine, benché distribuite tra altri elementi scenografici, vivono di vita propria, per l’eccellenza o la particolarità della fattura. A partire dal XVII secolo ma, più diffusamente, dal XVIII secolo, Genova diventa, in Italia, uno dei centri più attivi nella realizzazione di figurine da presepe, raggiungendo esiti di particolare pregio, anche, ma non solo, grazie alla spinta della fiorentissima bottega di Anton Maria Maragliano, il più noto scultore genovese di legno. Il restauro di tale complesso figurativo, finanziato dalla Fondazione Carige, ha comportato il recupero tanto delle sculture a tutto tondo e delle statue-manichino quanto delle vesti originali, oltre che una revisione dell’allestimento complessivo, soprattutto in rapporto agli impianti e all’illuminazione. Madonna col Bambino; Madonna (Le Madonne vestite) – Albergo dei Poveri, ora Azienda pubblica di Servizi alla Persona “Emanuele Brignole”, Genova Manifattura genovese (metà del secolo XVIII) (sculture in legno scolpito, intagliato e dipinto, in cartapesta policroma, vestite degli abiti originali) Espressione del più genuino linguaggio popolaresco, le Madonne vestite s’inseriscono nell’ambito ricco e variegato delle sacre rappresentazioni e delle macchine processionali. Al fine di ridurre il peso di tali simulacri, era frequente il ricorso a manufatti lignei leggeri, statue-manichino vestite oppure sculture in cartapesta dipinta. Il restauro delle Madonne vestite dell’Albergo dei Poveri, entrambe destinate alla devozione privata, si è rivelato occasione particolarmente interessante per il fatto di prevedere e comprendere interventi differenziati e specialistici, condotti sui diversi supporti. 162 Corredo della tomba di Giuseppe Mazzini (bandiere, stendardo, cravatte, coccarde, aste) – Cimitero di Staglieno, Genova Manifattura della fine del secolo XIX – prima metà del secolo XX (Tela di lana e tela di cotone stampate, raso, velluto di seta, gros di seta, ricami, frange in metallo dorato, borchie) Il restauro del corredo tessile della Tomba di Giuseppe Mazzini al Cimitero di Staglieno, promosso dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico della Liguria e dal Comune di Genova, è stato in parte sponsorizzato dalla Camera di Commercio di Genova che, in occasione delle Celebrazioni del Bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, ha realizzato una mostra a lui dedicata.L’intervento di restauro delle bandiere, in particolare, ha rappresentato, oltre che un’iniziativa culturale importante e significativa per la città, un momento di grande attenzione per manufatti che, nonostante il pregnante valore storico e commemorativo, sono sottoposti ad alto rischio di perdita, in quanto facilmente deperibili sia per la natura stessa dei materiali sia per la lunga esposizione alla luce, alle intemperie, agli agenti inquinanti e alle sollecitazioni meccaniche dell’appensione. Polittico “della Rovere” – Oratorio di Nostra Signora del Castello, Savona Ludovico Brea, Vincenzo Foppa (1490) (tecnica mista su tavola, sculture in legno policromo, cornici in legno intagliato, dorature e argento meccato) Il grande dipinto si trova dal 1570 circa nell’oratorio di Nostra Signora del Castello, dove pervenne dal vecchio duomo di Santa Maria sul Priamàr, chiuso al culto nel 1543 e demolito per ordine della Repubblica di Genova che ne comprese l’area entro una grande fortezza. L’opera, compiuta nel 1490, figurava sull’altar maggiore dell’edificio; commissionò il cardinale Giuliano Della Rovere (futuro Giulio II) che è ritratto ai pieride trono su cio siede la Vergine, nello scomparto centrale. L’esecuzione fu affidata al pittore bresciano Vincenzo Foppa che si avvalse della collaborazione del nizzardo Ludovico Brea, autore dell’intero settore destro dell’ancona. Con loro agirono alcuni intagliatori, ai quali si deve la cornice, ricca di elementi figurativi, modificata da un restauro nel 1755. La struttura, nel complesso e nel dettaglio, non presentava segni di particolare dissesto: occorreva però disinfestare i singoli elementi. Si doveva affrontare un complesso lavoro di 163 Il Presepe del Santuario della Madonnetta – Santuario della Madonnetta, Genova Restauro realizzato da: Laboratorio Nino Silvestri, Genova (sculture) e dal Laboratorio Stella Arnulfo, Genova (abiti) Impiantistica a cura della ditta Sirio s.a.s Finanziamento Fondazione CARIGE Madonna col Bambino; Madonna (Le Madonne vestite) – Albergo dei Poveri, ora Azienda pubblica di Servizi alla Persona “Emanuele Brignole”, Genova Restauro realizzato da: Antonello Pandolfo (sculture) e da Mariolina Rella (abiti) del Laboratorio S.P.S.A.E. della Liguria Contributo finanziario del Rotary, Genova Corredo della tomba di Giuseppe Mazzini - Cimitero di Staglieno, Genova Restauro realizzato da: Mariolina Rella del Laboratorio S.P.S.A.E. della Liguria e dal Laboratorio Cinzia Oliva, Torino Contributo finanziario della Camera di Commercio di Genova Polittico “della Rovere” – Oratorio di Nostra Signora del Castello, Savona Restauro realizzato da: Gianfranca Carboni, Genova Finanziamento statale SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELLA LIGURIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici pulitura: sotto le integrazioni dell’ultimo restauro (1946-1953) si trovavano ancora sensibili tracce di vernici alterate con relativo particella sovrapposto. Le statue lignee mantenevano ridipinture. Si è proceduto alla rimozione recuperando una superficie in alcuni brani pressoché integra (Come nel San Giovanni evangelista di Ludovico Brea), in altre, quelle di Foppa, dipinte a velature, sonori emersi i danni della pulitura settecentesca. In fase di ritocco, in corso di completamento, si sono compensati questi danni (aggravati da un incendio occorso nel 1909). L’opera verrà ricollocata su di un traliccio, appositamente realizzato, che consentirà a ciascun pannello di essere autoportante. Polittico di San Michele e Santi – Chiesa parrocchiale di San Michele arcangelo di Celle Ligure (Savona) Pietro Buonaccorsi detto “Perin del Vaga” (1535) (olio su tavola, sculture in legno policromo, cornici in legno intagliato, dorature e argento meccato) Il polittico data al 1535 e si tratta di una commissione da parte dei marinai e dei pescatori di Celle Ligure. La tavola, che si trova tuttora nell’abside maggiore della parrocchiale, perdette l’originaria cornice allorché venne riambientata entro un nuovo contesto decorativo neoclassico. Presente a Genova per due volte, dal 1528 al 1533 e di nuovo dal 1534 al 1537, Perino lavorò prevalentemente per conto dell’ammiraglio Andrea Doria nella sua fastosa dimora di Fassolo, trovando comunque il tempo per dedicarsi, soprattutto durante il secondo soggiorno, alla realizzazione di dipinti su tavola, per conto sia di cittadini facoltosi genovesi, sia di confraternite e di compagnie di mestiere anche nelle Riviere, come nel caso di Celle. Nonostante i danni subiti il passato, il polittico risulta di notevole qualità, tutto sommato non meno elegante e inventivo dei cicli ad affresco realizzati da Perino contemporaneamente e tutto sommato poco incline a cedere agli arcaismi che la committenza poteva esigere da lui, vista la modernità del suo linguaggio che si esprime nella elaborazione di idee del maestro, Raffaello, nel disegno vibrante e flessuoso (rivelato dalle riflettografie), nei cangiantismi con cui è modulata la tavolozza cromatica. L’intervento di restauro ha dovuto ovviare alla precaria stabilità del supporto, sul retro del quale agiva una parchettatura che non secondava adeguatamente i movimenti del legno. Per ciò che riguarda la pellicola pittorica, oltre agli 164 indispensabili interventi di fissaggio, si è proceduto a una pulitura graduale ed equilibrata finalizzata a rimuovere residui piuttosto consistenti di sporco e di vernici, presenti soprattutto nelle parti in ombra, mantenuti da precedenti interventi conservativi. Il ritocco ha mirato a compensare, con molta discrezione, le zone abrase in rapporto alle parti originale recuperate e rese meglio leggibili. Restauro realizzato da: Laboratorio Nino Silvestri, Genova Finanziamento statale 165 SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO PER LE PROVINCE DI VERONA, ROVIGO E VICENZA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le province di Verona, Rovigo e Vicenza Soprintendente: Mauro Cova (Reggente) Corte Dogana 2/4 37121 Verona tel. 045.8678311 fax 045.8678333 verona@soprintendenzapsadve neto.it soprintendenzapsadveneto.it Gli affreschi del XIII e XIV secolo nella cripta di San Zeno a Verona: la sperimentazione della nanocalce dispersa in alcol iso–propilico durante l’intervento conservativo Fabrizio Pietropoli e Chiara Scardellato La progettazione di restauro di alcune delle più incisive e determinanti testimonianze della pittura e della plastica veronesi del primo Trecento attuata negli anni 2002-2003, con finanziamento ministeriale, ha interessato nel 2004 anche il problematico intervento conservativo delle pitture murali medievali eseguite a fresco, a calce e a secco nella cripta della basilica di San Zeno. Un’appendice figurativa certamente non sottovalutabile consistente in vari riquadri votivi dei secoli XIII e XIV ubicati sulle pareti e sui pilastri, che esige una corretta lettura critica, purtroppo drasticamente ridimensionata negli esigui brani superstiti di quella copiosa decorazione, largamente scomparsa da tempo. I dipinti murali compromessi da uno stato di degrado storicamente imputabile a problemi connessi a presenza di umidità e condensa, mostravano innanzitutto una cospicua perdita di coesione degli strati pittorici, caratterizzati da pigmenti variamente incoerenti. La primaria necessità, affrontata e discussa in sede progettuale, di utilizzare metodi e materiali consolidanti conformi alla natura chimico-fisica dei manufatti, compatibili rispetto alle severe condizioni ambientali e idonei a garantire la necessaria stabilizzazione del colore, ha perciò contraddistinto l’intervento. La collaborazione con il Dipartimento di chimica dell’Università di Firenze ha indirizzato ad un innovativo approccio sperimentale sulle operazioni di consolidamento che, a seguito di prime prove in sito, ha subito escluso l’impiego di materiali organici, silicatici e resine di sintesi. I test con dispersioni di idrossido di calcio si sono significativamente differenziati per la positiva risposta ai ripetuti impacchi della pellicola pittorica sensibile all’acqua e per l’efficacia dell’azione consolidante rilevata sulle aree campione, pur nella diversità degli esiti rispetto ai vari pigmenti. Tali risultati hanno implicato un’approfondimento della fase sperimentale per la scelta delle concentrazioni, la messa a punto dei sistemi di applicazione e di controllo del raggiunto 166 grado di coesione del colore e la successiva estensione del preconsolidamento alle superfici degradate per procedere poi in sicurezza alle operazioni di pulitura. Un ultimo trattamento a base di idrossido di calcio, disposto a seguito dell’integrazione pittorica, ha sostituito la prassi applicativa del “fissativo finale” a garanzia del consolidamento conseguito e per la stabilizzazione dei nuovi abbassamenti di tono operati su intonaci e lacune con sistemi reversibili. È opportuno sottolineare come la metodologia definita nel corso del cantiere non abbia trascurato di programmare la periodica verifica e l’eventuale manutenzione delle superfici consolidate, prevedendone il monitoraggio protratto nel tempo, essenziale in un contesto le cui complesse problematiche ambientali sono tuttora irrisolte. L’intervento di restauro è stato condotto con fondi ministeriali della ex Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico del Veneto. Durata cantiere: marzo-ottobre 2004 Soprintendente: Anna Maria Spiazzi Direzione lavori: Fabrizio Pietropoli Direzione Operativa: Chiara Scardellato Intervento di Restauro: AR&C di Egidio Arlango Sperimentazione nano e micro dispersioni: Università degliStudi di Firenze, Dipartimento di Chimica, CSGI, Luigi Dei, Barbara Salvatori Documentazione fotografica: Egidio Arlango, Giorgio Bianconi 167 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO PER LA PROVINCIA DI NAPOLI Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per la provincia di Napoli Soprintendente: Enrico Guglielmo Questa Soprintendenza diretta dall’Arch. Enrico Guglielmo fornisce il progetto di restauro del Colombario virgiliano a Piedigrotta e il progetto del Parco di Virgilio “per la letteratura e la poesia”. Il lavoro, coordinato dall’Arch. Tommaso Russo con la collaborazione tecnico e amministrativa della Dott.ssa Carmen Ambrosino e p.t.i. Pietro Raffone e la cooperazione storicoarchitettonica della dott.ssa Annamaria Porro e l’arch. Almerinda Padricelli, sottolinea il restauro, la conservazione e la valorizzazione di un sito antichissimo storico-letterarioarchitettonico legato al territorio partenopeo fin dal I sec. a.C. Il progetto mira allo sviluppo e alla ricognizione del luogo, collocato all’ estremità della collina di Posillipo, che nella tradizione storico-letteraria, è identificata come luogo mitico e di indiscussa bellezza paesaggistica. Il lavoro approfondisce principalmente la magnificenza del contenuto del Parco, che conserva, in pochi metri quadrati, i mausolei di due scrittori, Virgilio e Leopardi, riconosciuti da intellettuali di tutti i tempi; e inoltre approfondisce il restauro filologico del Colombario virgiliano realizzato nel I secolo d. C., che la tradizione riconosce come sepoltura del poeta Virgilio. Al momento del restauro, il colombario si presentava con una serie di problematiche strutturali e di notevole preoccupazione, per cui si è intervenuti con tecniche conoscitive e non distruttive, senza mai eliminare gli strati più antichi, rispettando i materiali e le tecniche costruttive “tradizionali”. Un altro progetto in corso interessa la valorizzazione del Parco di Virgilio “per la letteratura e la poesia” dedicato a Virgilio e Leopardi. Il lavoro si concentra sulla tipologia dell’essenze vegetali tratte dallo studio delle testimonianze letterarie dei due poeti e sulla collocazione all’interno del Parco. Un intervento finalizzato a trasformare il problema del restauro ad un esperienza didattico – informativa. Questa manifestazione da la possibilità di far conoscere i criteri metodologici degli interventi di restauro e le fasi che un monumento attraversa per essere conservato e letto dalle generazioni future. Napoli, il Parco e il Colombario virgiliano Architettura e restauro Palazzo Reale Piazza del Plebiscito,1 80132 Napoli tel. 081.5808334 fax 081.403561 168 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO PER LA PROVINCIA DI NAPOLI Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici In occasione di “Restaura” si presentano gli interventi sul Complesso di San Gregorio Armeno. L’attenzione è rivolta in particolare ai restauri della Chiesa e del Chiostro. Il Monastero di S. Gregorio Armeno, situato nella parte più antica e nobile di Napoli, sorge nell'antico foro della città greco-romana, fondato intorno al ‘726 da un gruppo di suore dell'ordine di San Basilio. La chiesa ad unica navata preceduta da un atrio coperto, presenta un ricchissimo soffitto ligneo. Le pareti della navata, la cupola e la controfacciata,sono interamente decorate da Luca Giordano, opere eseguite tra il 1678 ed il 1679,e descrivono l'arrivo delle monache armene nella città e la vita di San Gregorio. Il monastero inoltre conserva una reliquia straordinaria, il sangue di Santa Patrizia, custodita in un ampolla che periodicamente si liquefa,da qui il nome di Chiesa di Santa Patrizia. La chiesa fu ricostruita tra il 1574 e il 1580 ad opera dell’architetto Giovan Battista Cavagna, rispettando in pieno i dettami della controriforma, ed è oggi una testimonianza straordinaria di architettura Barocca Napoletana. La chiesa è oggetto di un notevole restauro che mira alla valorizzazione e alla conservazione nel rispetto dei materiali e delle tecniche costruttive. Il complesso mantiene tuttora con le sue altissime mura le inferriate che chiudono ogni apertura il carattere antico di strettissima clausura. Al monastero si accede per mezzo di una bassa rampa di scala interamente affrescata da Giacomo del Po nel 1704 e si svolge attraverso due simmetrici finti colonnati con vetrate illusionistiche e prospettive di volte. Da diversi anni questa Soprintendenza diretta dall'arch. Enrico Guglielmo, ed in particolare il direttore coordinatore dei lavori di restauro l’arch. Tommaso Russo e del suo gruppo di collaboratori il Prof. Candela, la Dott. Annamaria Porro e l’arch. Almerinda Padricelli si sono occupati principalmente di interventi statici nel Chiostro con l’inserimento di catene in acciaio inox complete di filettature e bulloni alle estremità attraverso un’ intervento di consolidamento e conservazione nel rispetto delle tecniche costruttive a carattere reversibile. Attualmente l'impegno di questa Soprintendenza è nel ricercare nuovi finanziamenti che permettano di continuare e concludere il lavoro iniziato nella volontà di leggere e rispettare le antiche testimonianze. Napoli, il Complesso di San Gregorio Armeno I restauri 169 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO PER LE PROVINCE DI CAGLIARI E ORISTANO Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La chiesa, insieme all’annesso convento oggi in parte sede dell’Università, sorge nell’antico quartiere di Gabriele Tola e Lucia Siddi Castello e costituiva il Collegio gesuitico di S.Croce, fondato nella metà del XVI secolo sui resti dell’antica sinagoga. Nel 1809 Vittorio Emanuele I di Savoia concesse la chiesa all’Ordine Mauriziano, attuale proprietario, dichiarandola Basilica Magistrale. Una iscrizione del 1661, posta sul portone della facciata, ricorda la benefattrice donna Anna Brondo e la fine dei lavori di ricostruzione. L’edificio ha un’ unica navata con cappelle laterali, tre per parte, e presbiterio originariamente rettangolare, oggi semicircolare in seguito alle trasformazioni ottocentesche. Le coperture a botte sono decorate con finti cassettoni poligonali eseguiti nel 1850 da Ludovico Crespi, mentre nell’abside troviamo le figure dei due patroni, i Santi Maurizio e Lazzaro, dipinte in monocromo nel 1824 da Antonio Caboni. Le sei cappelle sono ornate da grandi altari realizzati da marmorari lombardo-liguri con pregiati marmi policromi tra la prima metà del Settecento e la seconda metà del secolo successivo; in particolare si segnalano l’altare di S.Ignazio di Loyola, opera del genovese Pietro Pozzo e datato 1745, e quello dedicato a S.Francesco Borgia del lombardo Michele Spazzi che lo eseguì nel 1763. All’interno della Basilica si conservano altri numerosi arredi di grande pregio: tra i più significativi il possente Crocifisso ligneo posto sull’altar maggiore, opera secentesca di importazione iberica, il pregevole dipinto dedicato alla Madonna e ai Santi martiri Turritani, anch’esso risalente alla prima metà del XVII secolo, e la grande bussola lignea del primo Ottocento. Prima di iniziare qualsiasi intervento di restauro si è ritenuto necessario far eseguire da una ditta specializzata nel settore un Soprintendenza per i beni rilievo con laser scanner che ha consentito la definizione dei architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio caratteri superficiali degli oggetti tramite un numero di punti storico artistico ed pari all’accuratezza richiesta dallo stesso rilievo. La costruzione etnoantropologico per le province di Cagliari e Oristano di modelli digitali 3D in forma semantica, costituisce uno Soprintendente: strumento indispensabile per la conoscenza e corretta Gabriele Tola conservazione dei beni storico-artistici e architettonici. Via Cesare Battisti, 2 I rilievi e l’intervento di restauro della Basilica, chiusa al 09123 Cagliari pubblico da oltre dieci anni a causa dello stato di estremo tel. 070.20101 fax 070.252277 degrado nel quale si trovava, si sono potuti in parte realizzare appsadcagliari.sopr@arti. grazie ai finanziamenti dell’utilizzo della quota dell’otto per mille beniculturali.it Il restauro della Basilica Mauriziana di S.Croce a Cagliari 170 dell’IRPEF a diretta gestione statale e ai proventi del gioco del Lotto. L’intervento, la cui conclusione è prevista per la fine del 2006, ha visto coinvolta anche la competente Soprintendenza Archeologica in quanto, durante i lavori di rifacimento della pavimentazione, sono emerse alcune strutture murarie più antiche e numerosissimi scheletri umani di epoca storica che hanno portato ad un ritardo di alcuni mesi sul cronoprogramma iniziale. Conclusi i rilevamenti e gli scavi archeologici, si è proceduto con il rifacimento del vespaio e del massetto, allo smontaggio della bussola lignea, degli altari marmorei e al montaggio di un adeguato ponteggio per provvedere al restauro delle tempere della copertura della navata centrale, quest’ultimo intervento attualmente giunto alla fase conclusiva. Contemporaneamente si è proceduto alla demolizione degli intonaci esterni dell’edificio, alla pulitura del paramento murario, al rifacimento degli intonaci e alla loro tinteggiatura. Attualmente sono in corso i lavori di riposizionamento di due altari marmorei restaurati e stanno per iniziare gli interventi sui dipinti ad olio su tela e sui numerosi arredi lignei presenti nella Basilica e nelle annesse sacrestie. Per riuscire a completare il recupero dell’intero complesso (casa rettorale, chiostro e sacrestie), di grande interesse storico per la città di Cagliari, questa Soprintendenza sta predisponendo il relativo progetto necessario alla richiesta di un ulteriore finanziamento. 171 SOPRINTENDENZA PER I BENI AMBIENTALI ARCHITETTONICI, PER IL PAESAGGIO, PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’UMBRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La Galleria Nazionale dell’Umbria, la più completa ed organica collezione delle attività artistiche della Vittoria Garibaldi regione, documentata da opere dal XIII al XIX secolo, trova la sua origine nelle demaniazioni, effettuate durante il periodo di occupazione francese (1797-1810), del patrimonio di chiese e corporazioni cittadine; la raccolta trovò prima sede nel convento degli Olivetani di Monte Morcino Nuovo. Ulteriore incremento alla collezione fu apportato dalla demaniazione disposta dal governo postunitario (Decreto Pepoli 11 dicembre 1860) ed effettuata dalla Commissione artistica per la Provincia dell’Umbria. Il materiale proveniente dalle soppresse Corporazioni religiose fu riunito alla precedente collezione, permettendo la costituzione della Pinacoteca Comunale, la quale, intitolata a Pietro Vannucci, fu aperta al pubblico nel Galleria Nazionale dell’Umbria - Palazzo dei Priori - Perugia Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico dell’Umbria Soprintendente: Vittoria Garibaldi Via Ulisse Rocchi, 71 06100 Perugia tel. 075.574111 fax 075.5728221 [email protected] 172 1863. Nel 1879 la raccolta fu trasferita e sistemata al piano superiore del palazzo dei Priori. Nel 1918, dopo i nuovi incrementi dovuti ad acquisti e donazioni, ma soprattutto all’unione della sezione Medievale dei Musei Civici, la collezione venne riconosciuta di ampio interesse storico artistico e, mediante una convenzione fra lo Stato e il Comune di Perugia, venne dichiarata Galleria Nazionale. Di conseguenza negli anni 1921-22 venne rinnovata la disposizione delle opere e adeguata alle più rigorose esigenze storico artistiche. La Galleria riflette ancora oggi le pluralità culturali del territorio umbro, accogliendone testimonianze artistiche rimarchevoli, particolari, parcellizzate, prodotte da una regione tradizionalmente policentrica. A partire dall’anno 1987 la Galleria è stata oggetto di interventi radicali sia a livello architettonico che di adeguamento funzionale; la stessa, costituita da una superficie di circa 2000 mq., è stata dotata di impianto di climatizzazione con il controllo del microclima a gestione computerizzata e adeguata alle vigenti norme di sicurezza. Attualmente la Galleria Nazionale dell’Umbria è oggetto di ampliamento, per l’acquisizione di ulteriori 1500 mq di spazio espositivo al terzo livello, messi a disposizione dal Comune di Perugia. A conclusione dei lavori la Galleria diventerà, pertanto, uno dei poli museali di maggiore attrazione del centro Italia, con la possibilità di incrementare l’attività di valorizzazione del proprio patrimonio utilizzando ampi spazi per esposizioni temporanee, le quali, come avvenuto in occasioni delle recenti esperienze dedicate al Perugino e ad Arnolfo Di Cambio largamente apprezzate dal pubblico e dalla critica, consentiranno al museo di raggiungere una visibilità e un’affermazione a livello internazionale. 173 SOPRINTENDENZA PER I BENI AMBIENTALI ARCHITETTONICI, PER IL PAESAGGIO, PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’UMBRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici La grande vetrata absidale con la struttura lapidea di sostegno copre una superficie di duecentotrentacinque metri quadri e riassume un particolare ciclo decorativo di concezione tomistica a glorificazione dell’ordine Domenicano. La modulazione gerarchica, asFrancesca Abbozzo sieme agli stemmi della nobile famiglia Graziani perugina, si diparte in basso dalle ‘Storiette’ o Quattro Storie di San Jacopo da Compostela: Martirio; Miracolo del Santo che conduce a Compostella il pellegrino morto e il compagno; San Jacopo nutre il pellegrino impiccato; Il Santo salva il giovane trascinato a cavallo ed arso a furor di popolo. Nei quattro registri superiori pannelli rettangolari cuspidati e trilobati, racchiudono le figure delle Sante Vergini e Martiri, dei Dottori della Chiesa, dei Beati e Teologi dell’Ordine Domenicano, di Martiri e Santi come Santo Stefano, San Pietro e San Domenico. Fra loro sono inseriti i Santi Costanzo, Ercolano e Lorenzo, Patroni della Città di Perugia. Ancora salendo sono posti in progressione gli Apostoli, i Profeti, i quattro Evangelisti con al centro l’Annunciazione, fino ai minuti pannelli trilobati della cuspide che, in un crescendo di angeli musicanti, accentra il Redentore Benedicente tra i serafini. Tutte le figure campiscono su fondo azzurro, eccettuati gli stemmi in campo rosso. Un bordo fitiforme stilizzato corre lungo il perimetro di ciascun pannello. Sull’orlo della veste di Santa Caterina si legge: “hoc opus mariottus nardius de florentia christi spe fidens pinsit deo gratia,amen, “. segue poi una lunga iscrizione per il Graziani: “frater bartolomeus petri de perusia almi ordinis praedicatorum, minimus frater ad sui perpetuam memoriam fecit hanc vitream finestram 1411”. Mariotto di Nardo, importante esponente della cultura gotica fiorentina, operante tra il 1394 e il 1424, concepì infatti il diisegno compositivo e la realizzazione pittorica della “finestram vitream”, secondo le volontà di Frà Bartolomeo di Pietro Graziani, committente con la sua potente famiglia per il gran cantiere di San Domenico Nuovo. Studiata e pubblicata da G. Marchini nel 1955, la magnifica opera era già stata oggetto attributivo di Mario Salmi che vi individuava soltanto la mano di Mariotto di Nardo e di Pietro Toesca che la Progetto di consolidamento e restauro della vetrata monumentale di Bartolomeo di Pietro Graziani e Mariotto di Nardo di Cione, Sec.XV, anno 1411, nella Chiesa di San Domenico di Perugia 174 ritenne originale soltanto nelle “Storiette. La cronologia conservativa narra di primi interventi risalenti già al 1459, data della consacrazione della chiesa ad opera di Papa Pio II e, successivamente al Sec.XVIII e al Sec.XIX; rimane quasi una fantasia, velata di forte anticlericalismo, la tesi del Gigliarelli, 1908, secondo cui Papa Pio IX avrebbe trasferito a Roma tutta la vetrata, poi tornata in cattivo stato conservativo, dopo un ipotetico restauro. In realtà con l’Unità d’Italia, il 14 marzo 1862 tramite il Municipio Perugino, la commissione di controllo dell’arte cittadina incaricò Francesco Moretti di redarre un inventario dello stato conservativo del “Finestrone di San Domenico”. Il restauro iniziò nel 1867 per concludersi nel 1879. Il Moretti, studioso perugino, creatore e restauratore di vetri artistici, dopo un attenta mappatura ed analisi dello stato conservativo, attese allo smontaggio e a tutto il lungo iter di restauro del manufatto, sostituendo le parti danneggiate o mancanti, operando la ricottura di quelle reintegrate, secondo le metodologie dell’epoca. Durante l’ultimo conflitto mondiale la vetrata fu sottoposta ad un sistema ‘protettivo’, tramite applicazione di fasce e tele imbevute di colla che poi al momento della rimozione procurò traumi irreversibili a gran parte delle velature originali e del modellato. Nel XX secolo la documentazione dell’Archivio Storico della Soprintendenza cita di 175 SOPRINTENDENZA PER I BENI AMBIENTALI ARCHITETTONICI, PER IL PAESAGGIO, PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DELL’UMBRIA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici frequente il non buono stato conservativo del manufatto e la necessità di manutenzione. Tra il 1950 e il 1956 l’Ingegner Sisto Mastrodicasa progetta ed esegue i lavori di intervento statico di “rafforzamento a catenaria del finestrone del tempio…”, riuscendo a tutelare il gravissimo degrado della struttura lapidea contenente la vetrata. Tra il 1994 e il 1995 si era notato un nuovo preoccupante aggavio, accentuatosi con il sisma del 1997, sia nella decoesione lapidea interna ed sterna, sia nella forte evidente flessione del pilastro centrale, le cui sollecitazioni negative si ripercuotevano in modo diretto sulla superfice vetrosa con distorsioni, sollevamenti, fratture e microfratture, nonchè sulle barre in ferro dei singoli pannelli. Pertanto il progetto di restauro della vetrata o ‘finestrone’ si compie secondo una metodologia applicata a momenti tecnici distinti per componenti, ma necessariamente intersecantesi: quello puramente statico strutturale, quello del materiale lapideo, quello del materiale vitreo. Nelle cinque fasi di restauro antecedenti, iniziate nel 1998 e proseguite sino al 2004, il supporto scientifico di risultanza delle riprese fotogrammetriche, delle indagini preliminari preventive non distruttive mediante Fluorescenza a Raggi X (XRF) e della ricerca archivistico documentaria, sono state la base dello studio progettuale. Nella fase operativa la struttura è stata alleggerita della sua funzione di sostegno con inserimento di un sistema portante in acciaio a tirantatura calibrata; il degrado del materiale lapideo è stato tutelato con operazioni chimico – meccaniche ed integrative della stessa, nell’equilibrio della sua funzionalità statica e di contenimento dei pannelli vitrei. Per questi ultimi si è operato il completo smontaggio ed il restauro di ciascun pannello con metodologie innovative tra cui ad esempio, circa le tipologie dei telai di contenimento e delle guarnizioni nel sistema di ricollocamento in situ ancora da eseguire, con una finalità di autoportanza. Con simile concezione si è operato pur ai fini della conservazione climatica dell’opera, con studi specifici per la progettazione e la realizzazione di una controvetrata atta a tutelare la vetrata storica dai danni naturali, da quelli volontari o accidentali. Il ciclo di restauro fino qui atteso e che necessita solo dell’ultimo lotto conclusivo ha permesso una evoluzione conoscitiva dello splendido manufatto vitreo e lapideo, attraverso la lettura della sua concezione realizzativa originale, del sovrapporsi di momenti conservativi ignoti, del la cui cognizione sarebbe rimasta altrimenti non riscontrabile, dell’effettiva risultanza di parti autografe di notevolissima qualità pittorica ed esecutiva. 176 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DI VENEZIA E LAGUNA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Premessa: impiantistica e patrimonio architettonico storico. Un confronto inevitabile La Sovrintendenza B.A.P.P .S.A.E. di Venezia e Laguna ha sempre mostrato una particolare attenzione ai problemi dell’inserimento della nuova impiantistica nell’architettura storica. Cosciente che l’unica via per assicurarne una efficace conservazione è garantirne l’uso, sia secondo la destinazione originaria sia secondo le nuove esigenze sviluppatesi nella società contemporanea; e del fatto che proprio la dotazione di nuovi impianti è l’aspetto che più si è evoluto negli ultimi due secoli (e che più fortemente ha afflitto la materialità degli antichi edifici: forature, demolizioni parziali, scassi… che si ripetono a distanza temporale sempre più ridotta a causa dell’evoluzione tecnologica e normativa che contraddistingue il settore), ha costantemente e con interesse seguito l’evoluzione sempre più rapida verificatasi nello specifico settore. I nuovi sistemi di riscaldamento ad irraggiamento e il patrimonio storico artistico ed architettonico. L’esperienza di Gambarare di Mira Soprintendenza per i beni architettonici per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Venezia e Laguna Soprintendente: Renata Codello (reggente) L’esperienza di Gambarare di Mira In tale filone si inserisce la promozione della sperimentazione ed il monitoraggio degli effetti di sistemi di riscaldamento a IR in immobili spesso delicati e di complicata (e costosa) gestione quali gli edifici ecclesiastici che ha avuto luogo nello scorso biennio nella chiesa Cattedrale di Gambarare, in Comune di Mira. Protagonisti di tale esperienza sono stati, oltre alla Soprintendenza, la Fraccaro Officine Termotecniche S.R.L. di Castelfranco, Società produttrice degli elementi radianti che ha parzialmente finanziato la sperimentazione; l’Istituto di Chimica Inorganica e delle Superfici del C.N.R.di Padova, a cui sono state affidate le indagini chimico-fisiche ed il Dipartimento di Costruzioni dell’Università IUAV, a cui è stato affidato il monitoraggio dei parametri ambientali. Piazza San Marco, 1 (Palazzo Ducale) 30124 Venezia tel. 041.2710111 fax: 041.5204526 ambiartive.segret@arti. beniculturali.it www.soprintendenzave. beniculturali.it Il problema Il riscaldamento di volumi di notevoli dimensioni, con altezze interne medie superiori ai 10 m, quali quelli che solitamente contraddistinguono le chiese ha rappresentato, dal momento in cui vi sono stati introdotti sistemi di riscaldamento, un significativo problema sotto un duplice aspetto: il quantitativo 177 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DI VENEZIA E LAGUNA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici di energia richiesto dai tradizionali sistemi di riscaldamento “a fluido”, in cui il calore è trasmesso appunto dal generatore al punto di erogazione da liquidi o da masse di aria calda con l’obiettivo di vincere l’inerzia termica dell’edificio; gli esiti per le spesso fragili decorazioni lì presenti derivanti dalla concentrazione nei punti “sbagliati” di quei quantitativi di energia, con l’effetto di indurre notevoli stress termici e igrometrici ai materiali e alle strutture (soffittature decorate; travature di copertura, etc.). La difficoltà di controllare la distribuzione delle masse d’aria calda all’interno dei volumi, la loro naturale tendenza a concentrarsi là dove meno servono (cioè nella parte più alta del vano) e la lunga durata rispetto alle effettive necessità del riscaldamento (l’impianto funziona per un periodo molto superiore a quello di effettivo uso, richiedendo un periodo lungo di “avviamento”, precedente lo svolgimento della funzione, ed uno altrettanto lungo di raffreddamento) paiono essere problematiche difficilmente risolvibili se si rimane all’interno delle logiche di funzionamento proprie dei sistemi tradizionali di distribuzione del calore. Una possibile soluzione: i sistemi ad irraggiamento IR Una soluzione a tali problematiche pare essere rappresentata dai sistemi cosiddetti ad irradiamento IR, tra i quali un posto significativo è occupato dai sistemi a generatori IR elettrici o a gas quali quelli prodotti appunto dalla società di Castelfranco. La sperimentazione Mancavano però sperimentazioni sugli effetti che l’irraggiamento a infrarossi può provocare sui delicatissimi tesori contenuti all’interno degli edifici chiesastici. Non vi erano dati, infatti, sugli effetti di tale irraggiamento su superfici decorate, sulle tele, sugli arredi e su tutti gli oggetti che in genere caratterizzano l’interno di una chiesa. La sperimentazione condotta è servita proprio a verificare gli effetti che possono derivare dall’irraggiamento a tali oggetti. Qualsiasi esperimento si basa sull’imposizione di condizioni costanti e di altre variabili e sull’osservazione dell’interazione tra le prime e le seconde e gli effetti indotti. In questo caso gli effetti per così dire fissi erano rappresentati dai periodi di accensione dell’impianto, periodi decisi sulla base delle esigenze del culto (frequenza e durata delle funzioni) e sulle necessità proprie dell’edificio. I fattori oggetto di indagine 178 erano raggruppabili in due insiemi: effetti microclimatici interni al vano della chiesa; effetti di degrado sui materiali costitutivi l’oggettistica presenti. Parallelamente al monitoraggio delle condizioni microclimatiche interne in corrispondenza dei riscaldatori e in prossimità di oggetti di pregio, le indagini chimico-fisiche hanno permesso di valutare gli eventuali effetti del sistema di riscaldamento su due manufatti, che pur non essendo direttamente sottoposti al cono d’azione dei riscaldatori, ne subiscono indirettamente l’effetto. Gli effetti di tali variazioni sono stati studiati su due tipologie di materiali diversi: il substrato lapideo dell’altare di San Giuseppe, già fortemente deteriorato a causa della formazione di efflorescenze e subefflorescenze saline, e la superficie pittorica del dipinto soprastante l’altare della Madonna della Salute. L’indagine ha previsto una campagna di prelievi e misure in situ in corrispondenza del periodo di accensione dei riscaldatori, ovvero da novembre 2002 a aprile 2003, che si è poi prolungato fino a giugno 2003 per confrontare i risultati ottenuti durante il periodo in cui il riscaldamento era in funzione con quelli ottenuti in un periodo in cui era spento. Per quanto riguarda il materiale lapideo degradato, si evidenzia che le variazioni di umidità e temperatura non influenzano la cristallizzazione di sali solubili estremamente deleteri, quali l’epsomite e il gesso, che rimangono stabili durante tutto il periodo indagato, inoltre si osserva che la cristallizzazione periodica dei nitrati e dei cloruri, è indipendente dal riscaldamento e avviene generalmente quando l’umidità relativa scende sotto il 60% ovvero nei periodi meno umidi dovuti all’ambiente esterno. I risultati ottenuti risultano congruenti con studi simili effettuati in ambienti sottoposti a riscaldamento intermittente (acceso poche ore nei fine settimana). In questi ambienti cristallizzano sali solubili relativamente poco igroscopici, la cui cristallizzazione è controllata dalla diminuzione di temperatura che ne riduce la solubilità in funzione delle variazioni di temperatura, mentre sali maggiormente igroscopici risentono maggiormente delle variazioni di umidità relativa indotte dall’ambiente esterno. Relativamente all’influenza delle variazioni microclimatiche sulla superficie del dipinto, i risultati ottenuti indicano che nel periodo del monitoraggio non ci sono variazioni cromatiche significative, infatti il grado di uniformità del colore varia da elevatissimo a buono, con poche eccezioni, molto 179 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DI VENEZIA E LAGUNA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici probabilmente legate all’imprecisione nel posizionamento del colorimetro. Va sottolineato che i risultati ottenuti sono relativi a manufatti non direttamente sottoposti al cono d’azione dei riscaldatori e non possono venire estesi a manufatti che risentano direttamente delle emissioni del sistema riscaldante. Gli esiti della sperimentazione svolta nella Chiesa di Gambarare sono stati assolutamente incoraggianti: allo stato, non sono stati rilevati fenomeni degenerativi di alcun genere sui materiali sottoposti ad esame mentre il controllo degli effetti sul microclima interno del funzionamento dell’impianto ha fornito dati positivi, mostrando come lo stress termico ed igrometrico risulti molto ridotto rispetto a quello tipico dei riscaldamenti tradizionali. Un appunto deve essere fatto invece dal lato dell’estetica: i dispositivi per l’irraggiamento IR, di chiara derivazione industriale, denunciano ancora una scarsissima attenzione a questo aspetto che merita un deciso e significativo investimento in termini sia di ricerca “scientifica” –miniaturizzazione delle superfici radianti, incremento della loro efficienza – sia di ricerca formale; chi scrive ha la convinzione che tali oggetti possano essere migliorati sotto questo punto di vista fino a farli divenire “belli”. Marco Pretelli – Soprintendenza BAPPSAE di Venezia e Laguna Monica Favaro – Istituto di Chimica Inorganica e delle Superfici, CNR di Padova 180 SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI PER IL PAESAGGIO E PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO DI VENEZIA E LAGUNA Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici Con Decreto Ministeriale in data 17.3.1989 veniva acquisito al Demanio dello Stato, mediante esercizio del diritto di prelazione, il complesso monumentale denoTiziana Foraro minato palazzo Soranzo-Cappello, costituito dal palazzo vero e proprio, importante architettura tardocinquecentesca, dall’attiguo palazzetto, sorto in parte come residenza di servizio, e dal vasto giardino di pertinenza che si sviluppa sull’area retrostante, perfettamente in asse con l’impianto planimetrico principale. È stata in seguito perfezionata l’acquisizione a titolo oneroso dello scoperto a fianco del palazzo, in parte destinato in origine a brolo e frutteto, comunque storicamente parte integrante del complesso.Il complesso non presenta un apparato decorativo eclatante, ma si impone suggestivamente per le proporzioni e per il raffinato disegno degli elementi architettonici in corrispondenza degli spazi e delle superfici più rappresentative: prospetti principali, androne al piano terra, salone passante al primo piano nobile. Non mancano tuttavia decorazioni di pregio artistico come gli intonaci decorati a tempera del salone del primo piano nobile, un piccolo soffitto dipinto a tempera su foglia d’oro e le travature lignee decorate presenti in alcune stanze del secondo piano nobile. A causa del decennale abbandono, dell’assenza di opere di manutenzione e di impropri interventi legati a precedenti destinazioni d’uso, il complesso si trovava, all’atto di prelazione, in una condizione di generale degrado con alcuni dissesti statici in corrispondenza di zone soggette al crollo di porzioni del tetto. Il recupero, finalizzato al restauro e adeguamento funzionale a sede di istituti periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (le Soprintendenze per i Beni Architettonici e il Paesaggio e per i Beni Artistici e Storici del Veneto), è stato finanziato dal Ministero e in parte dal Comune di Venezia con fondi Legge Speciale. In seguito al ricorso al Tar della Società acquirente contro la prelazione ministeriale, il Ministero Beni Culturali finanziava un primo lotto di interventi urgenti al tetto, per fermare la prima e più importante causa di degrado, e quindi sospendeva in pratica i finanziamenti in attesa della sentenza definitiva. I lavori riprendevano quindi intorno al 1996, dopo la sentenza del Tar a favore dell’operato del Ministero, e ricevevano una accelerazione importante con l’ Accordo di Programma Comune di Venezia – Ministero Beni Culturali, siglato nel 1998, in base al quale, a fronte di un cospicuo finanziamento di fondi comunali della Legge Speciale per i restauri del complesso, gli spazi lasciati liberi dalle Il restauro del Palazzo Soranzo Cappello, Venezia – S.Croce 181 Il complesso di Palazzo Soranzo Cappello è stato acquisito al Demanio dello Stato mediante esercizio del diritto di prelazione nel 1989 con la proposta di destinazione d’uso a sedi di uffici periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il restauro è stato curato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Venezia con fondi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Comune di Venezia (Legge Speciale) sulla base di un Accordo di Programma Ministero-Comune. Soprintendenti: Margherita Asso, Mario Piana (reggente), Livio Ricciardi, Roberto Cecchi, Stefano Filippi (reggente), Giorgio Rossini. Progetto e Direzione Lavori: Tiziana Favaro con la collaborazione di: Edoardo Radolovich; Silvia Magnani (A.T.R.) ha seguito il progetto e il restauro degli apparati decorativi Luigi Marangon ha predisposto schede informatiche in fase di progetto esecutivo. Hanno inoltre collaborato: Dino Chinellato (elaborazioni grafiche e video), Severino Rugger (riprese video), Meri Gallo (foto), Antonio Amoroso, Margherita Rossi. I rilievi e gli elaborati grafici sono stati eseguiti da Roberto Pessato, cui si deve anche la creazione dell’archivio informatico del materiale grafico e documentale relativo al progetto e al restauro. Anna Toniolo ha svolto la ricerca documentaria d’archivio nell’ambito della redazione della scheda PG di catalogo per il giardino e gli scoperti di pertinenza. Il progetto di sistemazione delle aree verdi è stato redatto in collaborazione con Giuseppe Rallo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Veneto Orientale. Elaborati grafici di Costanza Zocchi. Il progetto impiantistico è dello Studio Tecnico Dal Prà con la collaborazione del perito Cenedese. Le indagini preliminari sono state eseguite da: Arcadia Ricerche, R & S Tecnologie, Geotecnica Veneta S..r.l., C.S.G. Palladio. Giulio Testori ha schedato gli elementi scultorei e architettonici di corte e giardino nell’ambito di uno stage per il corso di laurea in Architettura Soprintendenze a palazzo Reale saranno dati in concessione al Comune per un ampliamento del Museo Correr. Se con finanziamenti ministeriali erano già stati sistemati i tetti, i prospetti ed era stato avviato il risanamento delle murature del piano terreno, con i 6 miliardi della Legge Speciale vennero affrontati la maggior parte degli interventi alle parti sovrastrutturali (intonaci, pavimenti, infissi ecc.) e realizzato il complesso adeguamento impiantistico, che comprende gli impianti di climatizzazione, elettrico, idrico, antintrusione, antincendio, di supervisione con TV a circuito chiuso. Un successivo lotto di lavori, finanziato dal Ministero, ha permesso di completare il restauro degli elementi decorativi (travature, decorazioni a tempera del salone al primo piano nobile, stucchi ecc.), ed è stato di recente ultimato il restauro delle aree verdi di pertinenza: la corte monumentale, il vasto giardino retrostante e lo scoperto a nord. Ha trovato così compimento il recupero di un affascinante complesso di architetture monumentali ed aree verdi, sfondo e ambientazione di una Venezia “appartata e decrepita” nel Carteggio Aspern di Henry James (1888) o di passionali incontri amorosi tra Stelio e Foscarina nel Fuoco di D’Annunzio (1927): “..scintillavano gli astri, ondeggiavano gli alberi dietro il capo di Perdita, si profondava un giardino. Dai balconi aperti entravano nel cenacolo i soffi del cielo, agitavano le fiammelle dei candelabri e i calici dei fiori, passavano per le porte, facevano palpitare le tende, animavano tutta la vecchia casa dei Capello..”. 182 Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” Situato nel grandioso complesso della Reggia di Venaria Reale, nell’immediata periferia nord di Torino, il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” è stato istituito come fondazione nel marzo 2005, per iniziativa congiunta di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Piemonte, Università di Torino, Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo e Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. A questi cinque fondatori si è aggiunto recentemente il Politecnico di Torino, apportando così un ulteriore e prestigioso contributo di capacità e di esperienze. Il Centro occupa oltre 8.000 mq delle strutture settecentesche originali, restaurate e allestite con l’inserimento di elementi di architettura contemporanea. Si avvale di 15 aule per la didattica, 7 per lo studio, 8 per i laboratori di restauro, 5 per i laboratori scientifici, oltre all’aula magna con circa 200 posti, la biblioteca, gli uffici, archivi e strutture di servizio, ricerca e diagnostica sulla conservazione dei beni culturali. È stata attivata anche la Scuola di Alta formazione, i cui corsi si terranno a partire dall’anno accademico 2006/2007. La Scuola permetterà agli studenti – prima nel nostro Paese – di conseguire direttamente un diploma di laurea nelle materie della conservazione e del restauro dei beni culturali. Il Centro ha lo scopo di realizzare restauri complessi, formazione dei restauratori e promozione di imprese del rastauro. Inoltre realizza e promuove sudi e ricerche e partecipa a programmi internazionali di ricerca e conservazione. Con la realizzazione del convegno internazionale “L’alta formazione dei conservatori – restauratori. Istituzioni pubbliche e private in Europa”, tenutosi mercoledì 23 e giovedì 24 novembre 2005, il Centro si è presentato sulla scena europea con un’iniziativa destinata a segnare un solido punto di riferimento per la definizione della figura professionale del restauratore. La forma giuridica di fondazione garantisce al Centro una gestione privatistica e manageriale, elastica e dinamica, atta a proporsi quale moderno riferimento di primaria importanza nel campo del restauro a livello nazionale e internazionale. Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” Presidente: Carlo Callieri Il Centro intende rappresentare non solo un punto di riferimento significativo per la conservazione e il restauro, ma anche un’occasione per produrre occupazione a livelli di eccellenza nel settore dei beni culturali. Piazza della Repubblica, 4 10078 Venaria Reale, Torino tel. +39 011.4993011 www.centrorestaurovenaria.it 183 CCTPC - Comando Carabinieri Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Comandante: Gen. Ugo Zottin Piazza Sant’Ignazio, 152 00186 Roma tel. 06.6920301 fax 06.69203069 www.carabinieri.it [email protected] Tutela Patrimonio Culturale Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale opera dal 1969, da quando fu istituito come Nucleo dipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione. La sua costituzione anticipò così di un anno la raccomandazione espressa della Conferenza Generale UNESCO, riunitasi a Parigi dal 12 ottobre al 14 novembre 1970, con la quale si invitavano gli Stati membri ad adottare le opportune misure per impedire l'acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafugati, nonché di predisporre uno specifico servizio a ciò finalizzato. Oggi il Comando vanta ormai un elevato grado di specializzazione ed opera alle dipendenze funzionali del Ministro per i Beni e le Attività Culturali; agisce d'intesa con i reparti dell'organizzazione territoriale e speciale dell'Arma sull'intero territorio nazionale ed in ambito internazionale attraverso la collaborazione dell'Interpol. Esso è articolato su un Ufficio Comando che ha alle dipendenze la Sezione Operazioni e la Sezione Elaborazione Dati (S.E.D.) anche per l'analisi del fenomeno criminale e la pianificazione delle strategie di contrasto, oltre che per un migliore coordinamento dell'attività operativa dei reparti dipendenti. Per le indagini di polizia giudiziaria nello specifico settore si avvale del Reparto Operativo articolato in tre sezioni (Antiquariato, Archeologia, Falsi e Arte Contemporanea) nonché di 11 nuclei coordinati dal Vice comandante, distribuiti sull'intero territorio nazionale (Torino, Monza, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Sassari, Napoli, Cosenza, Bari e Palermo). È imminente la costituzione di un nuovo Nucleo a Ancona e di un Sottonucleo a Siracusa. In particolare il Comando promuove l'attività informativa e di intelligence nella specifica materia e pone in essere tutte quelle azioni di polizia giudiziaria ed extra-giudiziale per favorire il recupero delle opere d'arte illecitamente sottratte. Esercita controlli e verifiche sugli esercizi antiquariali, sulle aste, fiere e mercati specializzati, nonché il monitoraggio sui siti archeologici terrestri e marini avvalendosi dei mezzi aerei e navali dell'Arma. I militari del Comando T.P.C. sono stati inoltre impegnati nell'ambito delle missioni internazionali a sostegno della pace 184 sia in Kosovo che in Iraq, durante le quali, spesso in difficili contesti ambientali, hanno collaborato con le Autorità di quelle Nazioni per il censimento e la tutela del patrimonio culturale minacciato dagli eventi bellici. Dal 1970 al 2003 sono stati recuperati oltre 251 mila opere d'arte e 527 mila reperti archeologici nonché sono state sequestrate circa 226 mila opere falsificate. Nello stesso periodo inoltre quest'attività ha permesso di deferire alla Magistratura circa 16mila persone indagate in stato di libertà o d'arresto per reati attinenti alla materia. Per sottolineare l'importanza e la necessità di una stretta collaborazione tra le forze di Polizia a livello internazionale, basti pensare che oltre 7.700 opere trafugate in Italia sono state recuperate all'estero e circa 1300 opere sottratte in territorio straniero sono state rinvenute nella nostra Nazione. Uno dei punti di forza per il successo delle attività di indagine e di recupero compiute dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è la "Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti": il più grande archivio informatico di beni da ricercare esistente al mondo. Aggiornata quotidianamente dal personale della Sezione Elaborazione Dati, contiene oltre 2milioni e 400mila schede con le informazioni relative alle opere sottratte sia in Italia che in altri Paesi; di queste opere, circa 263mila sono corredate di immagini che forniscono informazioni più dettagliate e un immediato riscontro visivo dell'oggetto da ricercare. È in sostanza un archivio di informazioni testuali di eventi delittuosi e immagini digitalizzate relative ai beni d'arte oggetto d'indagine. Alimentata dalle informazioni che pervengono sia dall'Arma, che dalle altre Forze di Polizia e dall'Interpol o dalle Soprintendenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, può essere vantaggiosamente consultata nell'ambito delle indagini condotte nello specifico settore da parte di ogni Forza di Polizia. Una sua consistente porzione è peraltro a disposizione degli stessi cittadini che possono consultarla on line attraverso un versatile motore di ricerca nelle pagine web del Comando all'interno del sito dell'Arma www.carabinieri.it. 185 CCTPC - Comando Carabinieri I militari della Sezione possono peraltro consultare con un accesso privilegiato la Banca Dati BEWEB dei beni culturali censiti delle Diocesi e presenti nel sito internet della Conferenza Episcopale Italiana. La completa descrizione di un'opera d'arte da ricercare è fondamentale per un suo successivo riconoscimento nell'ambito delle indagini di polizia giudiziaria, ma purtroppo spesso manca un'idonea documentazione fotografica o descrittiva per la maggior parte dei furti di beni d'arte di proprietà privata. Una simile carenza può spesso pregiudicare il buon esito investigativo. Il Comando ha pertanto approntato sin dal 1994, in collaborazione con l'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (I.C.C.D.), il "Documento dell'opera d'arte Object ID" anche in adesione agli standard internazionali stabiliti dall'UNESCO. Tale modulo può essere richiesto presso qualsiasi comando dell'Arma o "scaricato" dalle pagine internet del sito istituzionale summenzionato. Compilando questa scheda preventiva, ciascuno può costituirsi un archivio fotografico e descrittivo dei propri beni d'arte, molto utile e determinante in caso di furto, allorquando la catalogazione dei singoli proprietari o non esista o non sia stata ancora predisposta dagli Enti incaricati a realizzarla. 186 ALES S.p.A. - Arte Lavoro e Servizi Presidente: Luigi Covatta Amministratore delegato: Bruno Esposito Via dei Valeri, 1 00184 Roma tel.06.70450922 fax. 06.77591514 Via S. Brigida, 51 80133 Napoli tel.081.7810701 fax.081.5511518 www.ales-spa.it ALES – Arte Lavoro e Servizi S.p.A, nata nel 1998, è una società a capitale pubblico partecipata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e da Italia Lavoro. Svolge, con un team composto da varie competenze settoriali, servizi qualificati per la conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali, per Soprintendenze e Istituti del MiBAC nel Lazio e in Campania. Svolge, inoltre, attività di progettazione e di monitoraggio. Ha collaborato con università ed enti di formazione per la realizzazione di percorsi formativi in materia di conservazione, promozione e gestione del patrimonio culturale. Ha realizzato una ricerca finalizzata alla pubblicazione di un Repertorio delle Professioni e dei Mestieri nel settore dei Beni Culturali. Ha attualmente 426 dipendenti di cui 158 nel Lazio e 268 in Campania. Nel dicembre 2003 ha ottenuto l’attestazione SOA per le categorie di lavorazioni OG1, OG2, OS24, ed ha ottenuto e recentemente confermato la certificazione di qualità VISION 2000. Le esperienze significative: • Servizi di manutenzione ordinaria e movimentazione degli arredi in siti di interesse culturale, storico ed architettonico quali Palazzo Reale, Castel Sant’Elmo, Villa Floridiana, Villa Pignatelli, Certosa di San Martino, Reggia di Capodimonte e Archivio di Stato a Napoli; • Servizi di manutenzione ordinaria di strutture archeologiche e di manutenzione del verde in molte aree archeologiche in Campania e nel Lazio (Ostia Antica, Tempio di Ercole Vincitore a Tivoli, Cuma, Avella, Atripalda, Mirabella Eclano, Paestum ed altre ancora) dove ha realizzato la bonifica e diserbo della vegetazione infestante, la manutenzione ordinaria delle strutture murarie e delle pavimentazioni, la pulizia dei percorsi di visita dei comprensori archeologici; • Servizi di ripristino del verde, con messa a dimora di specie vegetali analoghe a quelle antiche, manutenzione dei giardini realizzati e cura dei pergolati nelle aree archeologiche di Pompei ed Ercolano; • Movimentazione dei beni mobili, del materiale cartaceo, dei volumi della biblioteca e lo sportello informativo alla Reggia di Caserta; • Sportello Informa di Palazzo Reale a Napoli; 187 ALES S.p.A. - Arte Lavoro e Servizi • Servizi di supporto alla Biblioteca di archeologia e storia dell’arte di Palazzo Venezia a Roma, alla Biblioteca Nazionale di Napoli, all’Archivio di Stato di Napoli e a quello di Caserta; • Servizi di sorveglianza ed accoglienza del Museo didattico del Sele, delle aree archeologiche di Cuma e di Villa dei Quintili, della Villa Rustica di S. Antonio Abate e del Museo Ardersen • Servizi di accoglienza e biglietteria della Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma; Attività di monitoraggio relative a: • Accordo di programma Quadro tra MiBAC e Regione Lazio • Il Call center per il MiBAC • La Sicurezza e tutela del patrimonio artistico • Il Supporto alla comunicazione del patrimonio nazionale • L’Informatizzazione degli archivi degli istituti periferici del MiBAC • La Manutenzione delle aree archeologiche dei comuni del Nord ovest della Sardegna Tra i clienti Ales segnaliamo anche l’Istituto Centrale per il Restauro e il MAXXI. 188 ARCUS S.p.A. - Arte, Cultura e Spettacolo Direttore generale: Ettore Pietrabissa Via Agostino De Pretis, 86 00184 Roma Tel. 06.4740372 06.47882423 06.47823919 fax [email protected] www.arcusonline.org ARCUS e gli interventi in materia di restauro Maurizio Pizzuto La notevole competenza acquisita dagli italiani nel settore della ricerca archeologica e del recupero è stata riconosciuta a livello internazionale ed ha permesso di ampliare nel tempo gli interventi di restauro all'estero. Un riconoscimento importante che vede assegnare ai restauratori italiani un ruolo di primo piano. È proprio in Italia che il settore del restauro vede affondare le proprie radici culturali fin dal Rinascimento per poi giungere, dopo secoli di “querelle”, all’acuta azione chiarificatrice della ricerca di unità metodologica nell’intervento di restauro con Cesare Brandi e la sua Teoria del Restauro. Teoria quella del Brandi che permise la redazione della “carta del restauro” del 1931 e la nascita dell’Istituto Centrale per il Restauro nel 1939. L’importanza dell’apporto italiano è inoltre riconosciuta nel panorama internazionale anche dall'Unesco per i principi applicativi seguiti nei restauri realizzati, spesso, anche grazie al contributo e ai finanziamenti della Cooperazione Italiana del Ministero degli Affari Esteri. L'arte del restauro, parte integrante della ricchezza culturale italiana, ha saputo sviluppare tecniche d'avanguardia, diventando oggi la migliore ambasciatrice dell'Italia. Un ruolo fondamentale riconosciuto ai nostri restauratori dall'Unesco attraverso un protocollo che assegna all'Italia la responsabilita' di coordinare gli interventi di protezione del patrimonio culturale mondiale in seguito ad eventi bellici o calamita', un ruolo per il quale gli italiani sono stati definiti i ''caschi blu della cultura'' Dal 2004, anno di costituzione di Arcus SpA, la “Società per lo Sviluppo dell’arte, della cultura e dello Spettacolo, in attuazione dell’Art. 2 della Legge 16 ottobre 2003, n. 291, che ha sostituito l’Art.10 della Legge 8 ottobre 1997, n. 352, tra le attività aziendali troviamo la promozione e il sostegno finanziario, tecnico-economico e organizzativo di progetti e di altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro. Tra i restauri attivati da ARCUS: Progetto “Teatro Donizetti di Bergamo” Il progetto prevede il restauro delle facciate monumentali dell’edificio settecentesco. Il Teatro Donizetti, primo teatro in muratura della città di Bergamo, 189 ARCUS S.p.A. - Arte, Cultura e Spettacolo è stato edificato nella seconda metà del 1700. L’intervento consiste nel recupero e ricostruzione delle sagome originali dei cornicioni, delle balaustra, delle colonne, e dei modellati esistenti ivi compresa la ricostruzione delle parti mancanti dei gruppi scultorei. Arcus si propone di cogliere l’occasione del restauro delle facciate del Teatro, che riqualificherà il pregevole edificio e di conseguenza lo spazio urbano in cui ha sede, per rinnovare l’interesse di tutti gli enti territoriali e di tutte le entità pubbliche e private che abbiano una qualche attinenza col mondo della musica lirico-sinfonica e con l’indotto che essa può procurare. Progetto Cattedrale di Terni L’obiettivo del progetto è quello di valorizzare l’antica Cattedrale di Terni, bombardata nell’ultima guerra, sia dal punto di vista pastorale e liturgico, sia dal punto di vista storico-artistico, costituendo un Museo Diocesano ove poter esporre opere importanti attualmente non visibili al pubblico. Il progetto generale prevede interventi, da ripartirsi in due fasi di lavoro, volti al restauro ed alla rifunzionalizzazione della Cattedrale di Santa Maria Assunta in Terni ed alla ristrutturazione dell’immobile ad essa adiacente da destinare a Museo Diocesano. ARCUS, realizzando quanto sopra descritto, concluderà una parte importante, e in sé definita, del progetto e potrebbe favorire la coalizione di altre forze, istituzionali e non, affinché attorno alle nuove realizzazioni si risvegli un insieme di progettualità positive non solo in campo culturale e religioso, ma anche turistico ed economico. Progetto “Siracusa arena del sud” Il Progetto riguarda la ristrutturazione del locale Teatro Greco, in vista del suo utilizzo quale contenitore per la produzione lirico sinfonica, e costituisce la prima operazione necessaria ai fini della realizzazione di una progettualità più ampia prevista nel “Progetto Speciale Siracusa Arena del Sud”, che riguarda la realizzazione del primo festival “Siracusa Arena del Sud” e la realizzazione delle produzioni “Edipo” e Medea” nei siti archeologici del Mediterraneo. Progetto “Villa romana del Tellaro”- recupero villa, lavori archeologici e studio percorsi Noto-Pachino” Il Progetto presentato, nella sua interezza, mira a realizzare il “Parco archeologico e ambientale dell’area relativa al complesso della Villa romana del Tellaro”, nei pressi della città di Noto, in provincia di Siracusa, attraverso il completo recupero di un’opera di grande 190 importanza nel quadro delle antichità romane. Gli interventi previsti da Arcus sono relativi al completamento degli scavi archeologici e al restauro dei reperti e riguarderanno anche la sistemazione complessiva del parco. Progetto Area Archeologica di Sibari (CS) Il progetto proposto si inserisce nel quadro programmatico di studio della città antica di Sybaris, nel suo rapporto con il territorio circostante, ed è finalizzato alla valorizzazione di un’area di straordinaria importanza, con un parco archeologico di circa 10 ettari ed un grande Museo, situata a circa 20 km dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria, in particolare nel punto di maggiore avvicinamento di tale autostrada alla costa jonica della Calabria, in una zona nodale di collegamento tra la Salerno -Reggio Calabria e la S.S.106 (da Taranto a Reggio Calabria). Il progetto nella sua globalità mira all’ esplorazione completa dell’area monumentale (circa 6000 mq) attraverso lo scavo archeologico realizzato scientificamente con lo studio e la sistemazione dei dati emersi nel corso delle indagini, e successivo restauro dei materiali archeologici e al restauro conservativo delle strutture murarie più prossime, sia delle superfici orizzontali che di quelle verticali. Progetto scavi di Colombarone (Pesaro) Il progetto generale prevede: • Musealizzazione - Completamento degli scavi, restauro delle strutture messe in luce, restauro dei materiali rinvenuti, documentazione grafica e fotografica, studio ed edizione dello scavo • Copertura scavi - Copertura e protezione degli scavi con una tettoia, realizzazione di passerelle e percorsi di visita attrezzati • Antiquarium – Sistemazione dei locali dell’ex chiesa parrocchiale e della canonica per l’allestimento dell’Antiquarium e strutture di servizio a supporto dell’area archeologica Progetto “area archeologica di Luni – La Spezia” Il progetto in esame prevede l’ultimazione del recupero funzionale di tutti i casali rustici di proprietà demaniale situati all’interno del perimetro della città romana. Ciò consentirà alla Soprintendenza di diversificare le destinazioni d’uso del sistema museale. In particolare, il casale Benedettini-Gropallo sarà destinato ad esposizione, uffici, laboratori e sale per conferenze, riunioni e proiezioni; il Casale Menchelli sarà destinato alla conservazione e studio dei reperti di scavo. 191 IX Salone dei Beni e delle Attività Culturali Restaura V2 - e4 nd i cee zm bi rae Tecnologie Avanzate per la Conservazione del Patrimonio Apertura del convegno Antonia P. Recchia Direttore Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione – MiBAC Le professioni per la comunicazione del Patrimonio Luigi Covatta Ales - Arte Lavoro e Servizi S.p.A. Restaurare sott’acqua - Strumenti e tecniche Roberto Petriaggi e Barbara Davidde Istituto Centrale per il Restauro - Nucleo per gli Interventi di Archeologia Subacquea Teconologia GIS per la gestione di dati tecnici degli interventi di restauro: Il caso della Cripta di San Magno nel Duomo di Anagni Carlo Cacace Istituto Centrale per il Restauro La Porta del Paradiso del Ghiberti: una metodologia d’avanguardia per la pulitura della doratura ad amalgama Stefania Agnoletti e Annalena Brini Opificio delle Pietre Dure di Firenze Recupero di un manoscritto di tipo archivistico del 1293-1294, scritto su carta di origine araba Maria Luisa Riccardi e Marina Bicchieri Istituto Centrale per la Patologia del Libro Tecniche di pulitura superficiale e lavaggio di supporti cartacei sottoposti a diagnosi ottica tramite spettroscopia di immagini Silvia Sotgiu e Mauro Missori Istituto Centrale per la Patologia del Libro Il restauro presso il Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro: innovazioni, metodi e ricerca. Il progetto di restauro “Liber Sancti Vigilii” Codex vangianus Cecilia Prosperi Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro L’azione delle microonde sugli insetti nocivi per i supporti cartacei Luciano Residori Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro Via del Collegio Romano, 27 00186 ROMA Tel. +39 06 67232441-2927 Fax +39 06 67232917 [email protected] www.beniculturali.it ISBN 884920916-9 9 788849 numero verde 800 99 11 99 Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e Promozione 209167 t 18,00 Al MiBAC è affidato il compito di amministrare un patrimonio unico al mondo, costituito da beni storico – artistici, architettonici, archeologici e paesaggistici, archivistici, librari, frutto di una millenaria interazione tra civiltà e natura nonché di promuovere le nuove attività culturali nel campo dello spettacolo, del cinema e dello sport. Con la riforma organizzativa attuata, il MiBAC, attraverso la costituzione del Dipartimento per la Ricerca, l’Innovazione e l’Organizzazione e della Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione, vuole dare un forte impulso alla modernizzazione e all’innovazione della sua struttura operativa, rendendo più funzionali le competenze e le risorse professionali. Al Dipartimento afferiscono anche gli Istituti di ricerca: ICR Istituto Centrale per il Restauro, ICCD Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, ICPL Istituto Centrale per la Patologia del Libro, OPD Opificio delle Pietre Dure e il CFLR Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato. DIPARTIMENTO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE Capo Dipartimento: Giuseppe Proietti Dirigenti Generali: Anna Maria Buzzi, Elio Garzillo Servizio I Servizio II Servizio III Servizio IV • Affari generali, tematiche trasversali, coordinamento, gestione delle risorse umane Dirigente: Raffaele Sassaro Intese istituzionali e rapporti con il Comitato Interministeriale per la programmazione economica Dirigente: Maria Grazia Bellisario Ufficio Studi Dirigente: Velia Rizza Ispettorato Dirigente: Rosa Aronica Direzione generale per gli affari generali, il Bilancio, le Risorse Umane e la Formazione Direttore generale: Alfredo Giacomazzi Servizio I Servizio II Servizio III Servizio IV • Affari Generali, bilancio e programmazione Dirigente: Maria Assunta Lorrai Risorse umane: concorsi, assunzioni, movimenti, mobilità, formazione e aggiornamento professionale del personale; relazioni sindacali e contrattazione collettiva Dirigente: Mauro Cotone Stato giuridico ed economico del personale, cessazioni e trattamento pensionistico Dirigente: Carlo Luzzi Ufficio del contenzioso e dei procedimenti disciplinari Dirigente: Maria Roberti Direzione generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione Direttore generale: Antonia Pasqua Recchia Servizio I Affari generali - Qualità dei servizi e statistica Servizio II Comunicazione, promozione e marketing Dirigente: Paola Francesca Zuffo Servizio III Gestione e sviluppo del Sistema Informativo Automatizzato, Tecnologie e Infrastrutture Dirigente: Annarita Orsini