Epoca grigiona
Dal XVI secolo le vie di comunicazione minori continuavano ad essere tranquillamente percorse
per esercitare i piccoli traffici locali e per raggiungere i luoghi dove si tenevano mercati e fiere che,
come la fiera istituita nel 1514 a Tirano, attiravano gli abitanti delle valli.
Al contrario, le strade più battute e di maggior importanza si trovarono a subire i mutamenti politici
del turbolento periodo storico; le conseguenti trasformazioni territoriali furono spesso causa di
cambiamenti negli itinerari. La politica di governo dei Grigioni, che dal 1512 erano signori anche di
Valtellina e Valchiavenna, gli stretti rapporti diplomatici ed economici con la Repubblica di
Venezia che aveva conquistato il territorio di Bergamo quasi fino al Lario, i contrasti con il Ducato
di M ilano e con gli Spagnoli, costituirono i più importanti motivi di modifica per alcuni dei percorsi
fino ad allora molto utilizzati.
31
Quelle storico-politiche non furono però le uniche cause, infatti nel corso del XVI secolo si
verificarono alcune catastrofi naturali, quale la terribile alluvione del 1520 che fece deviare il corso
dell'Adda, frane imponenti e addirittura l'avanzamento dei ghiacci nel quadro climatico sfavorevole
della piccola età glaciale che durerà fino alla metà del XIX secolo; tutto ciò comportò gravi
conseguenze per i trasporti.
45
In questo scenario particolare rilievo assumono i rapporti economici tra Grigioni e Venezia .
Nei secoli XV, X VI e XVII i rapporti tra lo Stato delle Tre Leghe e la Repubblica di Venezia si
mantennero, sia pure con alterne vicende, molto stretti. Uno dei fenomeni più interessanti che
comprovano i legami tra i due stati è quello dell'emigrazione verso la città veneta.
La presenza engadinese a Venezia, come numerosi documenti riportano, è attestata dal 1458: si
trattava soprattutto di uomini che svolgevano l'attività di fornai, pasticceri, arrotini e vetrai; emigrati
da soli, senza la propria famiglia, essi mandavano tutti i guadagni nelle loro valli, contribuendo a
migliorare la situazione economica dei familiari rimasti a casa.
Numerosa era anche la presenza valtellinese; le attività privilegiate in questo caso erano quella del
falegname, del muratore, del fabbro, del calderaio e del salsicciaio.
M omento di grande rilievo per l'economia delle valli centro-alpine, ma anche delle zone a sud delle
Orobie e quindi anche per i mercanti veneti, era la fiera di Tirano, istituzionalizzata a partire dal
1514. Essa, posta nel giorno 29 settembre, data in cui solitamente il bestiame scendeva dagli
alpeggi, in realtà durava da nove giorni prima a quattro giorni dopo il giorno prefissato e faceva di
Tirano il centro di smistamento di una enorme quantità di merci.
M ercanti e mercanzie giungevano dalla Francia, dalla Germania e da tutta l'Italia settentrionale
attraverso mulattiere e sentieri per vendere o scambiare i loro prodotti.
Nella seconda metà del X VI secolo molto
vivace e redditizio divenne il commercio di
bestiame e di prodotti agricoli, tanto che i
mercanti di bestiame ottennero nel 1579 il
privilegio che le loro borse non potessero
essere ispezionate o perquisite. Pochi anni
dopo, nel 1582, una ordinanza del Senato
veneziano consentiva addirittura di portare
armi per la difesa personale. Forse fu
proprio grazie a queste immunità che anche
i testi dei seguaci della Riforma, stampati a
Poschiavo presso la tipografia Landolfi,
passarono le barriere doganali e le ispezioni
degli inquisitori e, attraverso le vie e i passi
La via verso il passo del Muretto
delle Orobie, raggiunsero la pianura.
L'importante trattato tra Venezia e le Tre Leghe che venne stipulato nel 1603 prevedeva
facilitazioni nelle relazioni economiche tra i due Stati. Nuovo e forte impulso ebbe allora l'attività
mineraria, svolta nelle valli bresciane e in diverse località del versante settentrionale delle Orobie;
per il materiale estratto era prevista la commercializzazione nei paesi del nord.
Anche per questa attività, dunque, erano necessarie vie che consentissero trasporti rapidi e sicuri. A
fronte della costruzione di nuovi percorsi o di un rinnovamento di qualcuno di quelli antichi, si
verificò, come già detto, un abbandono di parecchi itinerari molto battuti nel M edioevo. Per
esempio, anche il passo del M uretto in Valmalenco, come del resto accadde per tutti i passi più
elevati, progressivamente ricoperto da neve e ghiaccio per lunghi periodi, perse l'importanza che lo
aveva reso celebre nel periodo precedente. Il passo del Septimer venne quasi abbandonato in
45
M. Bundi, I primi rapporti tra Grigioni e Venezia nel secolo XV e XVI, Chiavenna 1996.
32
seguito alla ricostruzione del tratto di via M ala tra Splugen e Thusis, in questo modo per i commerci
ritornava più agevole il passo dello Spluga.
Per motivi diversi dunque si verificarono modifiche nella viabilità e ciò comportò radicali
cambiamenti nell'economia delle zone interessate.
Il dissesto idrogeologico con la disastrosa alluvione che nel 1520 fece mutare l'alveo al fiume Adda
46
obbligandolo a sfociare nel lago di M ezzola invece che nel lago di Como , costrinse i Grigioni alla
47
costruzione della Strada dei cavalli o del Sasso Corbé .
Questa via tracciata ed aperta nei primi decenni del 1500 come strada mulattiera, rimase l'unica
impervia via terrestre di comunicazione tra la Valtellina e la Val Chiavenna fino al 1834, anno in
cui l'ingegner Carlo Donegani costruì il collegamento tra Colico e Riva di Chiavenna.
Paolo Giovio, studioso comasco, vissuto tra il 1483 e il 1552, nella Descriptio Larii lacus ricorda:
"Da Novato li Grisoni giù per li lati deli aspri sassi de la entrata d' Adda, han fatto una via per forza
di intaglio, per poter venire a piedi nella valle Turena". Già da tempo per i danni del fiume era
48
sparito l'importantissimo e rinomato centro di Olonio col suo mercato istituito durante il
M edioevo fin dall'840, quando ne fu concessa l'apertura dall'imperatore Lotario all'abate di Saint
Denis allora possessore di parte della Valtellina. Col paese era scomparso anche il porto della
M olata era, quindi, sfumata la possibilità per i commercianti di imbarcare merci da trasportare via
acqua.
Nel XVI secolo i Grigioni, sempre molto interessati agli scambi commerciali, diplomatici e militari
con Venezia, volendo evitare il passaggio in località dipendenti dal Ducato di M ilano, videro la
soluzione nel tragitto via terra che da Chiavenna, attraverso l'arduo passaggio sopra il sasso di
Verceia raggiungeva M onastero di Dubino per poi proseguire per M orbegno e per la Bergamasca,
che appunto era diventata dominio della Serenissima dal 1428, attraverso la via Priula che verrà
aperta nel 1593, o attraverso altri passi allora utilizzati.
Tra questi itinerari diretti verso la parte meridionale delle Orobie c'era la strada del Passo di
Dordona (2.080 metri) che da Fusine porta in Val M adre e dopo il giogo conduce nella Bergamasca.
Questa via che era divenuta un sentiero di poca importanza, fu ricostruita dai Grigioni nel 1582. La
Commissione che ne volle la costruzione parlò di necessità strategiche e commerciali, ma pare
accertato che il vero motivo fosse la precisa volontà di Battista Salis Soglio, un ricchissimo
possidente grigione, proprietario di pregiate miniere di ferro e di fucine in alta Val M adre, di
rendere il trasporto del minerale ferroso in bassa valle più agevole, veloce e dunque più
remunerativo. Così la mulattiera fu costruita rapidamente e a regola d'arte.
Un'altra via che visse un periodo di notevoli e redditizi traffici nel periodo del governo grigione fu
49
la strada del passo Forcola di Val Chiavenna . Frequentata anche prima, probabilmente già
dall'epoca preistorica e poi nel M edioevo soprattutto come strada militare, essa assunse grande
importanza per il commercio transalpino a partire dall'ultimo decennio del X VI secolo.
Dopo la costruzione della strada Priula, di cui si parlerà tra breve, che dalla Val Brembana,
attraverso il passo di San M arco, giungeva a M orbegno , e da lì, oltrepassato il ponte di Ganda e il
Sasso Corbé scendeva a Verceia, la via normalmente utilizzata per il transito era quella del passo
dello Spluga. A causa dei dazi piuttosto onerosi, però, si pensò al passo della Forcola come
alternativa verso il Ticino che allora era baliaggio degli Svizzeri.
46
D. Bertoglio, Relazione sulle variazioni del delta dell'Adda presso Colico negli ultimi secoli, Milano 1935.
G. Scaramellini, La strada dei cavalli: storico tracciato stradale della bassa Valchiavenna, Verceia 2002.
48
M. Belloni Zecchinelli, La torre di Olonio, in Il sistema fortificato dei laghi lombardi, atti delle giornate di studio,
Varenna, Villa Monastero 13-16 giugno 1974, Como 1977, pp. 57-78.
49
M. Balatti, La strada traversa della Forcola, in “ Rassegna economica della Provincia di Sondrio”, n. 5 (1995), pp.
33-40.
47
33
La strada conduceva nella Val M esolcina fino a Soazza. Le merci che più frequentemente venivano
trasportate e che quindi costituivano l'oggetto di importanti commerci erano pelli, laveggi,
formaggi, vini, granaglie, spezie, sale, pizzi e sete.
La via perse di importanza con la costruzione della carrozzabili dello Spluga e del San Bernardino
nei primi decenni del XIX secolo.
Per i commerci tra Valtellina e Venezia, la via fino alla seconda metà del X VI secolo più utilizzata
era quella del passo dell'Aprica che, però, in seguito al ripristino dello Spluga, risultava un po'
troppo ad est e quindi fuori mano. L'alternativa, la cosiddetta via dell'Adda che da Brivio conduceva
a Riva di Chiavenna o a Traona, soggetta ai forti dazi degli Spagnoli, risultava economicamente
poco conveniente. Si pensò dunque ad una nuova via che transitasse tutta nel territorio della
Serenissima e venne costruita nel 1593 la via del passo di San M arco o via Priula, che vide un
50
periodo di splendore nel X VII secolo. La strada Priula , costruita nel 1592-1593, collegava
Bergamo con M orbegno - Val Chiavenna - Spluga - Coira. Tra i due versanti delle Orobie
esistevano numerosi percorsi anche nelle epoche precedenti utilizzati come mulattiere, tra di essi il
più importante era quella che transitava da Averara. Lo stato di semiabbandono e di degrado di
queste vie, tuttavia, era tale che spesso neppure gli abitanti della valle se ne servivano preferendo il
lungo giro della via dell'Adda.
Agli inizi del 1590 il governo di M ilano intraprese la sistemazione della navigazione sull'Adda, ciò
destò viva preoccupazione tra i Bergamaschi che vedevano in pericolo lo sviluppo dei loro traffici.
Alvise Priuli, podestà di Bergamo dal 1591 al 1593, si fece carico del problema e il 29 agosto 1592
riuscì ad ottenere l'autorizzazione per l'inizio dei lavori per la nuova strada verso la Valtellina e i
Grigioni.
Sul versante bergamasco le tappe più importanti erano Zogno, San Giovanni Bianco, Olmo,
M ezzoldo (il percorso precedente passava invece per Averara), il passo di San M arco alto metri
1992, e, sul versante valtellinese, Albaredo e M orbegno. Da M ezzoldo il transito poteva avvenire
solo con bestie da soma fino ad Albaredo.
Quali furono i principali motivi che spinsero alla costruzione della strada di San M arco ?
L'esigenza di costruire questa via nacque nel quadro dei traffici commerciali e diplomatici tra
Venezia e i Grigioni, soprattutto dopo che Venezia nel 1428 aveva esteso i suoi possedimenti con
l'accorpamento di Bergamo fino quasi alle rive del Lario. Bergamo era diventata, dunque, un
notevole centro commerciale, molte delle merci, dirette verso i Grigioni, utilizzavano il vecchio
valico di Averara, ormai in degrado, oppure transitavano da Brivio e da qui sul lago di Como fino a
Riva di Chiavenna. Quest'ultimo percorso, già spesso reso difficile da imprevisti nella navigazione,
era inoltre sottoposto ai pesanti dazi del governo spagnolo-milanese e non consentiva il trasporto di
eventuali truppe e materiale bellico.
Per questi motivi e per venire incontro alle richieste di miglioramento delle condizioni economiche
delle popolazioni della Val Brembana, Venezia acconsentì alla costruzione della nuova via e affidò
l'impresa al senatore della Repubblica Alvise Priuli, allora podestà di Bergamo. Alvise Priuli, dopo
aver preparato con molta accuratezza il nuovo tracciato che, sia pur con notevoli miglioramenti,
sostanzialmente rispettava il vecchio percorso, fece eseguire i lavori con competenza e rigore,
dimostrandosi un ottimo tecnico. La strada larga tre metri, era percorribile con animali da soma a
pieno carico per tutto il percorso, ma anche con birozzi ovvero carri a due ruote. L'accuratezza
dell'impianto stradale era evidenziata dalla presenza di muri di sostegno, canali di scolo, parapetti,
piazzole di sosta, fontane e siti di sosta per il riposo. A M ezzoldo e ad Albaredo furono costruite
una dogana e una stazione di posta. Poco sotto il valico, che venne dedicato al protettore di Venezia,
San M arco, fu eretto un rifugio a due piani, con stalle e locali di ristoro; ai gestori del rifugio
toccava anche il compito di tenere aperta e pulita la strada durante l'inverno.
50
G. Scaramellini, La strada Priula, Morbegno 1992; A. Allegri, La strada di san Marco tra la Bergamasca e la
Valtellina: storia di un'importante via di comunicazione economica e militare, tesi di laurea, Università Cattolica del
Sacro Cuore di Milano, a.a. 1967-1968.
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Su richiesta delle autorità dei grigioni lo stesso Priuli assunse la direzione dei lavori anche sul
versante valtellinese che, a differenza di quelli sul versante meridionale, procedevano a rilento.
Dal punto di vista militare e strategico la via era sicura, infatti bastavano in taluni punti un centinaio
di soldati per bloccare eventuali invasioni di eserciti nemici, inoltre sul torrente erano stati costruiti
otto ponti che, in caso di necessità potevano essere distrutti e impedire così ogni passaggio.
La spesa per l'opera fu di circa 7.000 ducati, tutti reperiti dal Priuli tramite multe, tassazioni e
versamenti volontari. Nel giro di pochi mesi i lavori vennero conclusi e i vantaggi economici
derivati dai traffici cominciarono ad essere avvertiti. La strada venne utilizzata da moltissimi
mercanti anche perché Venezia, sulla base dell'alleanza con le Tre Leghe del settembre 1603, per
favorirvi i traffici concesse
esenzione daziaria per tutte le
merci prodotte in Italia ed
esportate attraverso il passo di
San M arco e viceversa per le
merci valtellinesi e grigionesi
importate a Venezia.
Qualche
opposizione
alla
costruzione della strada si verificò
in Valtellina soprattutto per
timore di rappresaglie da parte
degli Spagnoli; contrarietà si
ebbero anche da parte delle
autorità
ecclesiastiche
che
temevano il passaggio e il
commercio di libri e opuscoli
Resti della strada Priula
scritti a favore dell'eresia protestante.
Di qui passò l'itinerario del servizio postale più famoso dell'epoca che, organizzato dalla famiglia
51
dei Tasso, collegava Bergamo con il nord Europa . Nel XVI secolo, infatti, la famiglia dei Tasso,
originaria di Cornello, paese della Val Brembana, diede avvio al primo vero e proprio servizio
postale e gestì, attraverso i membri della famiglia, le comunicazioni tra i vari stati europei per
almeno quattro secoli. Secondo la tradizione di famiglia, l'attività ebbe inizio con Omodeo Tasso,
che nella seconda metà del XIII secolo formò il primo gruppo di corrieri. Chi, però, organizzò il
servizio in modo impeccabile, tanto da essere nominato capitano e maestro generale delle poste da
Filippo il Bello, fu Francesco Tasso. La famiglia ottenne da M assimiliano I il monopolio per
prestare servizio anche per i privati. Verso la metà del 1500 i Taxis (così fuori d'Italia si era
trasformato il cognome) avevano in Europa dodici uffici postali; in Italia uno dei più importanti
aveva la sede a M ilano, gli altri erano a Trento, Venezia, Roma.
Per il servizio, alle origini effettuato con pedoni e uomini a cavallo, grazie ai miglioramenti delle
strade dal XVII secolo in poi, furono utilizzate carrozze che potevano trasportare anche passeggeri.
Per quanto riguarda Valtellina e Valchiavenna, i corrieri postali percorrevano i tragitti a cavallo.
Punto di partenza era la località Torretta presso Piantedo sul confine col Ducato di M ilano, da lì si
dirigevano rispettivamente a Bormio e oltre, attraverso i passi di Fraele e dell'Umbrail, e a
Chiavenna, per poi assicurare i trasporti internazionali attraverso il passo dello Spluga o del
52
M aloia .
51
B. Leoni, Notizie sul servizio postale in Valtellina e Valchiavenna dal XV secolo sino alla fine del XVIII, in
“Rassegna economica della Provincia di Sondrio”, 10 (1958), pp. 5-12; V. Mora, I Tasso e le poste. Cornello dei Tasso.
Con i Tasso da Cornello all'Europa, Bergamo 1982.
52
G. Scaramellini, Il territorio e la società nella provincia di Sondrio, in Sondrio e il suo territorio, a cura di O. Lurati R. Meazza - A. Stella, Milano 1995, pp. 11-40.
35
Anche il convoglio del corriere di Lindau che da M ilano raggiungeva Fussach sul lago di Costanza,
transitando via acqua sul lago di Como, e poi per Chiavenna e il Passo dello Spluga, fu per secoli il
filo che mantenne vivi i rapporti commerciali e culturali tra le popolazioni.
Grande rilevanza ebbero i passi tra la Val Camonica e la media Valtellina. La strada dell'Aprica fu
utilizzata tra l'altro, per un secondo servizio postale che, con un itinerario attraverso i passi
dell'Aprica, del Bernina e dell' Albula, arrivava fino a Coira. Infatti nel 1522 il re francese
Francesco I aveva iniziato ad installare stazioni di posta permanenti tra Lione e Solothurn; il legato
francese Jean Jacques de Castion, milanese di nascita, riuscì a convincere il Consiglio della Corona
francese a istituire dal 1 marzo 1548 un servizio di posta tra Coira e Aprica.
Le stazioni erano: Coira, Lenz, Bergun, La Punt, Chamuesch, Pontresina, Poschiavo, Tirano,
Aprica, da lì si proseguiva lungo la Val Camonica. I passi attraversati erano dunque l'Albula, il
Bernina e l'Aprica. Ottavio Cottogno autore del testo "Compendio delle Poste", stampato a M ilano
nel 1623, ci fornisce alcune interessanti indicazioni sugli itinerari più importanti.
A garantire i passaggi e la sicurezza sulle strade c'erano ancora, come nei secoli precedenti, i Porti.
Si trattava di una sorta di corporazione di trasportatori raccolti su base territoriale e organizzati in
una istituzione di diritto pubblico diffusa su tutte le Alpi, che, quindi, assumeva connotati diversi a
seconda della localizzazione.
In sostanza era una associazione volontaria di abitanti di un comune che, pur svolgendo un proprio
lavoro e indipendentemente da questo, ricoprivano il ruolo di vetturini o conduttori, a turno (a roda)
dietro il pagamento di una piccola somma, per trasportare merci sul territorio del proprio comune.
Obbligo riconosciuto era quello di vigilare e operare sul tratto di strada a loro affidato. Compito
loro era anche quello di provvedere al funzionamento dei ricoveri, alla conservazione delle merci,
allo s gombero delle nevi.
I proventi del trasporto erano suddivisi tra tutti coloro
che avevano partecipato all'impresa e questo costituiva
una notevole fonte di guadagno, soprattutto per le zone
più povere come quella della valle di San Giacomo in
Val Chiavenna.
Il sistema, tuttavia, comportava disagi e rallentamenti
in quanto le merci alla fine di ogni tratto dovevano
essere trasbordate su altre vetture con altri cavallanti.
Pagando una tassa si poteva usufruire di un servizio,
chiamato adrittura, con un unico vetturale, ma tale
possibilità era fortemente avversata dai Porti che
vedevano sminuita la loro possibilità di guadagno.
L'istituzione dei Porti nelle nostre zone risale al 1390
quando quattro Porti si trovano ad operare sul passo
del Settimo.
Già si è detto dell'importanza dei passaggi attraverso le
Orobie. I versanti della catena orobica sono sempre
stati percorsi fin dalle epoche più antiche dalle
popolazioni locali che mantenevano tra loro rapporti
molto più stretti e continui di quanto non si verifichi
oggi, come testimoniano anche alcune affinità
linguistiche tra i dialetti della Bergamasca e quelli
della sponda sinistra dell'Adda.
I transiti non cessarono neanche quando lo spartiacque
lungo la catena divenne confine politico, dapprima nel
Resti dell’antico tracciato verso il passo del Bernina
36
1428 con l'affermarsi del dominio di Venezia su Bergamo e Brescia e poi dal 1512 con il dominio
grigione sulla Valtellina.
Soprattutto in questo ultimo periodo i traffici sulle direttrici nord-sud delle vallate orobiche si
intensificarono perché il transito attraverso la Valtellina consentiva a Venezia di evitare il passaggio
nelle terre dominate dagli Asburgo.
Nella prima metà del secolo XVI l'asse principale del traffico che da Venezia si dirigeva verso la
Germania passava per Brescia - passo dell'Aprica - Tirano - passo Bernina - passo Albula – Coira.
Nella seconda metà del XVI secolo la maggior parte del traffico si spostò sul passo del Gavia e sul
passo di San M arco, grazie alla costruzione della nuova strada.
Il motivo di questo cambiamento nelle preferenze di itinerario va cercato nel fatto che il percorso
degli Zappelli di Aprica, in aggiunta alle alte quote dei passi del Bernina e dell' Albula, era piuttosto
disagevole. Oltre a ciò, la Valcamonica, a causa della politica repressiva di Venezia nei confronti
dell'attività mineraria e di lavorazione del ferro che in quegli anni cominciò ad incidere sulle attività
estrattive, si trovava in una situazione di recessione economica.
Anche la viabilità ne soffrì le conseguenze. Attraverso le testimonianze dirette di alcuni esponenti
53
politici o militari del X VII secolo si sono potuti ricostruire gli itinerari allora più percorsi . Giovan
Battista Padavino, segretario della Repubblica di Venezia, nel 1603 scrisse una nota delle strade per
raggiungere la terra dei Grigioni e della Valtellina partendo da Zurigo: la più importante era quella
del Septimer; tra le altre ne ricorda una che da Glarona attraverso il Segnespass porta a Thusis e allo
Spluga e quindi a Chiavenna, una che dal Landquart porta a Kloster, Susch, Fluela pass, Zernetz,
passo del Forno, Umbrail, Bormio. Un'altra possibilità segnalata era quella che da Coira attraverso
lo Julier, Silvaplana, Pontresina, il passo del Bernina, conduceva a Tirano; da lì, attraverso il passo
dell'Aprica si raggiungeva la terra dei Veneziani. Ancora da Coira e Tiefencastel, attraverso l'Albula
si raggiungeva l'Engadina nei pressi di Zuoz.
Qualche anno dopo, nel 1620, Gian Battista Apolloni, bandito dalla Val Camonica, fu ingaggiato
dai capi della congiura contro i Grigioni come esperto di cose militari e buon conoscitore della
zona. In appendice alla sua "Narrativa breve delle cose occorse in Valtellina fino alli 5 di giugno
1621" si trova, oltre a quella che illustra i passaggi verso Trento e il Tirolo, una descrizione delle
vie allora percorse sui versanti dello spartiacque dal Gavia fino al Lago di Como:
"Strada del Gavia da Ponte di Legno a Bormio: strada cattiva di 16 miglia si usa due o tre mesi
all'anno, vi passano difficilmente solo le bestie.
Strada della valle di Rezzalo da Vezza d'Oglio a Sondalo percorribile a piedi solo per due mesi
all'anno.
Strada dal Gavia a Peio attraverso la valle Ombrina o il passo della Sforzellina.
Strada da Monno al Mortirolo e quindi dal passo al luogo detto "alla fontana" a destra verso
Grosio e Bormio, oppure a sinistra verso Mazzo, Tovo, Lovero.
La via è percorribile tutto l'anno con cavalli carichi e anche con carrette a due ruote dette brozzi
o privale.
Strada da Edolo - Cortenedolo attraverso il passo di Guspessa a T irano lunga 11 miglia.
53
Tra i testi più importanti degli studiosi che si sono occupati dell'argomento: S. Massera, Antiche strade orobiche tra
la Repubblica di san Marco e la Valtellina in “Rassegna economica della Provincia di Sondrio”, n. 3 (1988), pp. 87-92;
S. Massera, Le principali vie di comunicazione tra la Repubblica di Venezia e i cantoni svizzeri attraverso la Valtellina
e i Grigioni nel secolo XVII, in “Rassegna economica della Provincia di Sondrio”, n. 4 (1983), pp. 15-26; S. Calvi,
Zapei di Abriga: riflessioni su alcune annotazioni d'archivio, s. l., 1996 ; L. Leonardo, Edolo e i passi dell'alta
Valcamonica in una relazione del 1627, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia” 1988, pp. 111-133; E. Tagliabue,
Strade militari della Rezia e del Ticino, in “Bollettino storico della Svizzera italiana”,1901 (studio su un manoscritto di
A. Vignati); P. Pensa, Le comunicazioni nel bacino dell'Adda, in “ Archivi di Lecco”, a.11, n. 2 (1988), pp. 326-351; B.
Leoni - L. Livieri, Una r elazione sulla Valtellina di quattrocento anni fa, in “ Rassegna economica della Provincia di
Sondrio”, n. 5 (1958), pp. 12-16.
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Dal passo si può scendere a Sernio attraverso il sentiero detto Spigon , molto difficile ed erto, in
tre ore.
Strada di Piatolta che comincia sopra Corteno a Galeno sale al pianoro di Pian Gembro e quindi
si divide: a destra verso il castello di T irano si può percorrere in estate con cavalli carichi. A
sinistra invece scende a Stazzona.
Strada degli Zappelli di Aprica: da Edolo in 16 miglia passando da Corteno, il piano di
Camuzzone, la chiesa di San Pietro, il gruppo di case di Aprica e i pericolosi Zappelli, sorta di
gradoni che oltrepassano un tratto particolarmente erto, scende a Motta da dove si può andare a
Stazzona oppure, a sinistra, verso T eglio attraversando il ponte di Tresenda o ancora più a
sinistra recarsi al ponte di San Giacomo e proseguire per Chiuro, Ponte, Sondrio
Strada della valle di Belviso che porta alle fucine e quindi attraverso il monte Muracolo (passo
del Venerocolo), verso la valle di Paisco e verso la valle di Scalve".
In modo molto succinto vengono citate anche le vie più a occidente.
Passi della Valle di Arigna: passo di Coca, passo del Diavolo, passo del Salto, passo di Cigola,
passo Venina ( ai cui piedi si trovavano ricche miniere), passo di Publino da Caiolo a Carona, passo
di Val Cervia da Cedrasco a Carona, passo di Dordona con una mulattiera da Fusine a Foppolo,
passo di Tartano, di San M arco, passo di Verrobbio tra la valle del Bitto di Gerla e Averara, la
Bocchetta di Trona tra la Valsassina e M orbegno e il passo del Legnone (2.223 m.) tra Delebio e
Piagnona usato soprattutto per il trasporto del carbone di legna.
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