IN COLLABORAZIONE CON CATALOGO COMUNICATO STAMPA Apre a Milano la prima grande retrospettiva realizzata in Italia e dedicata al neoimpressionismo, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e promossa dal Comune di Milano – Cultura. Con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero degli Affari Esteri, dell’Ambasciata di Francia in Italia, della Regione Lombardia, della Provincia di Milano, del Centre culturel français de Milan, e con la partecipazione del Musée d'Orsay, la mostra è prodotta da Palazzo Reale e da Arthemisia. A cura della studiosa francese Marina Ferretti Bocquillon, "Chargée de Mission" al Musée d'Orsay di Parigi e con importanti incarichi museali in Francia, la mostra s’incentra sulle figure di Georges Seurat e Paul Signac, presentando una scelta di loro straordinari dipinti provenienti dai più importanti musei del mondo (tra cui il Musée d'Orsay di Parigi, il Metropolitan e il Guggenheim Museum di New York) ed è pensata per far scoprire al pubblico le due personalità artistiche nel rispettivo ruolo e nel fondamentale contributo che diedero alla nascita e allo sviluppo del neoimpressionismo, diffusosi rapidamente soprattutto in Francia ed in Belgio. La storia del neoimpressionismo inizia nel 1884, quando i due artisti si incontrano per la prima volta, e la mostra evidenzia la loro evoluzione fino alla nascita del movimento, durante l’inverno 1885-86. La Seine à Courbevoie è l’opera dipinta da Seurat nel momento in cui le sue ricerche segnano un vero e proprio traguardo artistico, dopo i numerosi studi eseguiti nell’isola della Grande Jatte. Ed è proprio in quel momento che il pittore mette in pratica il principio fondamentale della divisione del colore, secondo il quale, ponendo sulla tela piccoli tocchi di colori puri, viene lasciato alla retina dello spettatore il compito di operare, in una visione a distanza, la mescolanza dei toni cromatici. Il neoimpressionismo è nato e la nuova tecnica, applicata con più o meno rigore, conosce un’ampia diffusione fino alla morte di Seurat nel 1891. Durante gli ultimi venti anni del movimento, dal 1891 al 1910, è soprattutto sotto l’impulso di Signac che la tecnica neoimpressionista si libera maggiormente ed evolve verso un’espressione sempre più intensa del colore. Il percorso della mostra è organizzato secondo uno sviluppo tematico in sette sezioni che colloca le opere nel loro contesto storico, e offre altresì una coerenza cronologica che consente di seguire l’evoluzione stilistica del neoimpressionismo. Inoltre, un’opera italiana, divisionista o prefuturista (tra cui dipinti di Balla, Previati, Russolo, Longoni), completa ogni sezione in cui è diviso il percorso, per sottolineare la confluenza degli interessi artistici europei durante quel periodo, particolarmente ricco d’innovazioni estetiche. Sezioni della mostra: 1 - Seurat e Signac prima del neoimpressionismo Di formazione e temperamento opposti, Seurat e Signac si conoscono nel 1884 durante la prima mostra del gruppo degli “Artistes Indépendants” a Parigi. Georges Seurat (1859-1891) ha ventiquattro anni e cerca leggi sicure che regolino il concetto di bellezza in quanto ai suoi occhi “l’arte è armonia”. È l’anno in cui Seurat, formatosi all’Ecole des Beaux-Arts, espone la sua prima grande composizione Une baignade. Asnières (1884, Londra, National Gallery), nella quale conferisce ad una scena di vita moderna le dimensioni di un quadro storico. Le opere del giovane Seurat si distinguono subito per una geometria insistente, e negli studi si può notare, sin dal 1882-83, una “mise en place” dai tocchi regolari come in Paysan à la houe (1882) e Paysannes au travail (1882-83) (entrambi dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York), che rendono uniforme e unitaria l’insieme della superficie. Paul Signac (1863-1935) ha vent’anni e dipinge da autodidatta, dopo essere rimasto affascinato da una mostra di Monet, per cui molto presto assimila la tecnica impressionista. La libertà offerta dal lavoro “en plein air”, l’amore per una luce ed un colore scintillanti, corrispondono alla sua sensibilità. Tutto ciò però non gli impedisce di privilegiare, come Seurat, le composizioni frontali e ben orchestrate che limitano gli effetti prospettici ed affermano la superficie della tela. Tanto Seurat è riservato, quanto Signac è estroverso e preso dalla passione per il colore. Sicché toccherà a lui, chiamato ben presto il San Paolo del neoimpressionismo, diffondere e divulgare la teoria della divisione dei toni. Nonostante le differenze, i due artisti, divenuti amici, condividono il gusto del rigore, della modernità e soprattutto l’ambizione di essere innovativi. Vogliono essere obiettivi scegliendo di descrivere il mondo moderno, secondo il linguaggio che gli è proprio ovvero nuovo e scientificamente all’avanguardia. Si interessano quindi ai trattati di ottica ed allo studio della percezione dei colori. 2 - Periferie Nel corso della seconda metà del XIX secolo, Parigi, come la maggiore parte delle grandi città europee, si espande e nella periferia i neonati quartieri residenziali confinano con le zone industriali. Questo nuovo paesaggio fa sì che i parigini ricerchino nuovi svaghi sulle rive della Senna. Appassionato di vela, Signac, scopre ad Asnières, dove vive la madre, contemporaneamente le gioie della navigazione e quelle della pittura “en plein air”. Sempre ad Asnières, Seurat inizia nel 1883 la sua prima composizione: Une baignade. Poco lontano si trova l’isola della Grande Jatte, dove i parigini si recano a passeggiare, ed è questo il luogo che l’artista sceglie per dipingere il quadro considerato l’icona del neoimpressionismo, Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte (1884-86, Art Institute of Chicago). Iniziato nel 1884, il quadro viene ripreso e modificato da Seurat, nel corso dell’inverno 1885-1886, raggiungendo una divisione sistematica dei toni. Signac non perde tempo e subito dopo, nel marzo-aprile 1886, dipinge Les Gazomètres. Clichy, (Melbourne, National Gallery of Victoria) il suo primo paesaggio rigidamente neoimpressionista. Nel maggio 1886, espongono quindi entrambi, con Camille e Lucien Pissarro all’ottava ed ultima esposizione impressionista, presentando le loro prime opere “neoimpressioniste” intorno a Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte. Rapidamente il neoimpressionismo si diffonde in Francia e in Belgio, con sempre più numerosi emuli, sedotti, se non dalla portata scientifica, sicuramente dalla novità del procedimento. 3 - Le stagioni e i lavori I giovani pittori neoimpressionisti hanno ereditato dai fratelli maggiori impressionisti un gusto spiccato per l’analisi e la traduzione della luce dell’Ile de France. Spesso privi di presenze umane, i paesaggi di Camille Pissarro, di Albert DuboisPillet e di Henri Edmond Cross, dei belgi Henry van de Velde o Théo van Rysselberghe e dell’olandese Jan Toorop, si organizzano secondo una geometria semplice in cui lo studio della luce diventa il vero e proprio soggetto del quadro. Queste tele esprimono una poesia distaccata, quasi astratta, e possono riassumersi in un’armonia cromatica più o meno sfumata secondo il temperamento dell’artista. Significativi in tal senso Briqueterie Delafolie à Eragny (1886-88) di C. Pissarro e Paysage avec marronnier (1889, Dordrechts Museum) di Toorop. Tuttavia, nelle opere di alcuni pittori appare una preoccupazione d’ordine sociale: il belga Constantin Meunier è un precursore in questo campo, seguito da Georges Morren, e in Francia, da Maximilien Luce che diventa il poeta del mondo operaio. 4 – Seurat, Signac: marine Grazie allo sviluppo della ferrovia, i parigini scoprono il fascino delle spiagge normanne e bretoni. Come Monet, anche Seurat e Signac trascorrono di solito l’estate in riva al mare e se nei mesi invernali, Seurat nel suo atelier si dedica alle grandi composizioni che chiama “Immagini di lotta”, in estate lavora alle Marine. Marine che sono spesso un puro studio di linee e di colore e che costituiscono un punto fra i più alti dell’arte di Seurat e Signac. Entrambi danno libero corso alla passione per l’analisi della luce e allo sviluppo degli accordi cromatici particolarmente raffinati, in cui la piccola pennellata fa vibrare la superficie della tela come in Port-en-Bessin, avant port, marée haute del 1888 (Parigi, Musée d’Orsay) e in Le chenal de Gravelines: un soir (1890, New York, The Museum of Modern Art) di Seurat. La purezza formale di queste immagini conferisce loro una poesia quasi musicale e, infatti, non contento di attribuire ai suoi quadri un numero “d’opus”, Signac li ha spesso sottotitolati evocando il ritmo di una partitura, come “l’allegro maestoso” di Concarneau: Calme du soir (New York, The Metropolitan Museum of Art, Lehman Collection). 5 - La città La Parigi di fine Ottocento è un immenso cantiere. Dopo aver visto il tessuto urbano rimodellato dal prefetto Haussmann, i parigini assistono al completamento della ristrutturazione delle Halles e alla costruzione della Tour Eiffel. Ma, per gli artisti, Parigi evoca principalmente l’atelier, quello in cui le modelle posano e dove sono elaborate le composizioni più ambiziose perché i pittori neoimpressionisti hanno un approccio del tutto diverso da quello impressionista. Tramite disegni, studi dipinti e schizzi procedono con un lavoro progressivo, riannodando così con le tradizioni della pittura classica. Parigi è comunque un luogo di svaghi e di ritrovi e gli artisti s’incontrano nei caffè, frequentano locali notturni ed assistono a spettacoli alla moda: il circo, il cabaret e soprattutto il “Can-can”, come testimoniano i due più importanti studi di Seurat, eccezionalmente in mostra, Chahut (ètude), 1889-90 (London, Courtauld Institute of Art) e Chahut (ètude), 1889-90 (Buffalo, Albright-Knox Art Gallery) mentre Louis Hayet dipinge per esempio, e sono anch’essi in mostra, Au café e La Halle au blé. Di notte poi, l’illuminazione a gas dà un nuovo viso alla capitale e il pittore Angrand è il primo a studiarne gli effetti, mentre la poesia notturna delle grandi città con i lampioni accesi seduce particolarmente Maximilien Luce, di cui vediamo Quai de l'Ecole, Paris. Le soir del 1889. La città è infine il luogo delle mostre, tuttavia i giovani pittori rifiutano di sottoporre le loro opere alla Commissione del “Salon Officiel” (esposizione annuale che si teneva nella Parigi ottocentesca i cui organizzatori controllavano l’intero settore artistico) ed espongono in alternativa sia al “Salon des Artistes Indépendants” di Parigi sia al “Cercle des XX” di Bruxelles. 6 - Ritratti La figura umana è il soggetto più rappresentato nella storia della pittura occidentale. I pittori neoimpressionisti affrontano questo tema sia nelle loro grandi composizioni sia nei numerosi ritratti, per lo più dei loro familiari: Héloïse Signac, madre dell’artista, è ritratta in La Salle à manger (1886-87), di cui è esposto un mirabile studio, e vediamo la sua compagna, Berthe Roblès, in Femme sous la lampe (Parigi, Musée d'Orsay) e in Femme se coiffant. Lucien Pissaro dipinge il giovane fratello Georges al lavoro, come si vede ne L'Atelier de l'artiste. Portrait de son frère (1887, Indianapolis Museum of Art). Anche Théo van Rysselberghe ci ha lasciato numerosi ritratti, tra cui, splendidi, quelli della figlia Elisabeth e dell’amico Emile Verhaeren (1892, Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique), poeta e difensore della causa neoimpressionista. Georges Lemmen ci ha consegnato invece, da ammirare ora in mostra, il meraviglioso dipinto delle piccole Serruys, Les Soeurs Serruys (1894, Indianapolis Museum of Art) sorelle della sua allieva, la pittrice Yvonne Serruys. 7 - Dopo Seurat: marine Dopo la morte di Seurat nel 1891, Signac è a capo del neoimpressionismo. Lo stesso anno, Cross si stabilisce nel Sud della Francia dove vive come un eremita a Cabasson. Nel 1892 Signac scopre intanto Saint-Tropez e decide di trascorrervi parte dell’anno e viene qui raggiunto da numerosi amici. La sua tecnica evolve nel giro di qualche anno verso una maggiore libertà: nel 1895 il tocco si espande ed il colore viene rafforzato. Le sue opere assumono la forma di mosaici e guadagnano in forza e in semplicità; Saint-Tropez. L'orage (1895, Saint-Tropez, Musée de Saint-Tropez, L’Annonciade), qui esposto, ne è un chiaro esempio. D’altro canto, sia Clocher de SaintTropez (1896, Tolosa, Fondation Bemberg), sia la furia colorata del bellissimo Voiles et pins (1896) sono testimoni di questa evoluzione: lo studio del colore puro primeggia sull’analisi della luce ed annuncia oramai il Fauvismo. Nel 1899, Signac pubblica il volume D’Eugène Delacroix au néo-impressionnisme che spiega gli elementi propulsivi della tecnica divisionista e li integra in una prospettiva storica. Questo trattato (presente in mostra), tradotto in tedesco e spesso ripubblicato, sarà letto ed avrà un grande impatto su un’intera generazione di pittori con la passione per i colori e per le teorie estetiche, tra cui in particolare Wassily Kandinsky. Matisse soggiorna a Saint-Tropez nel 1904 e pratica, seppur per poco tempo, la divisione dei toni e lo stesso anno Mondrian lavora presso Toorop a Domburg nei Paesi Bassi. A Parigi, Balla (in mostra Agave sul mare del 1908) e Severini s’interessano anch’essi, affascinati, alla teoria e alla tecnica della divisione e del colore puro. Alla morte di Cross nel 1910, Signac rimane l’ultimo rappresentante del primo neoimpressionismo. Dipinge d’ora in poi sempre meno ad olio e pratica sempre più la tecnica dell’acquarello. Una nuova storia inizia, quella delle avanguardie del XX secolo. La fotografia del colore e la teoria del colore Nel percorso della mostra, due sezioni specifiche sono dedicate rispettivamente alla fotografia a colori, a cura di Silvana Turzio, e all’approfondimento delle teorie del colore, a cura di Francesca Valan. Fin dal 1860 alcuni fotografi sperimentatori si ispirano alla “miscela ottica” e alla teoria del “contrasto simultaneo”, studiati da Eugène Chevreul, individuando soluzioni interessanti, ma occorre aspettare l’inizio del Novecento perché si concretizzi il sogno della “fotografia del colore”: l’autocromia, messa a punto dai fratelli Lumière. Le straordinarie autocromie esposte in questa sezione, provenienti dalla collezione della Société française de photographie, sono state scelte tra quelle prodotte nei primissimi anni della loro diffusione e tra quelle che più si avvicinano ai quadri neoimpressionisti sia per i soggetti che per la ricerca estetica. Nella sezione dedicata alle teorie del colore è possibile invece realizzare veri e propri esperimenti visivi ideati e documentati dallo stesso Chevreul; esercizi che aiutano a "vedere" le vibrazioni luminose e a capire la ricerca dei neoimpressionisti. Alcuni esperimenti visivi si possono altresì effettuare lungo il percorso della mostra, di fronte ai quadri, in modo da comprendere a fondo la tecnica dei pigmenti puri composti direttamente sulla tela e i diversi stili di pennellata. Al termine del percorso, ogni visitatore potrà altresì partecipare alla divertente interpretazione collettiva del grande capolavoro di Seurat Un dimanche aprèsmidi à l’île de la Grande Jatte, posando sulla traccia grafica del dipinto un pallino adesivo colorato ovvero il proprio "puntino" cromatico. Una mostra eco-sostenibile Allineandosi agli obiettivi del Comune di Milano per una città sempre più ecologica, in previsione dell’Expo 2015, questo evento espositivo è stato realizzato ad “alta attenzione” ambientale. Grazie alla collaborazione con ClimatePartner, azienda leader che mira a ridurre le emissioni di anidride carbonica in modo sostenibile e duraturo, l’impatto ambientale della stampa del catalogo e, laddove possibile, del materiale cartaceo è stato azzerato grazie al progetto Climaneutral. Inoltre, nel contesto della mostra vengono proposti alcuni messaggi per sensibilizzare il visitatore a comportamenti più corretti nel rapporto con l’ambiente. Una mostra, dunque, in nome della salvaguardia del clima e dell’ambiente, per contribuire ad una sinergia sempre più stretta tra arte, cultura e natura. Catalogo Skira Giovedì 9 ottobre 2008 Vernice stampa - conferenza stampa presso la Sala delle Otto Colonne ore 11.30 Inaugurazione ore 18.30 Palazzo Reale Piazza Duomo 12 Milano Per accrediti / Uffici Stampa: Arthemisia Alessandra Zanchi T 0721 370956 M 349 5691710 [email protected] Comune di Milano Martina Liut T 02 88450150/56796 www.comune.milano.it Skira Lucia Crespi T 02 89415532 M 338 8090545 [email protected] SCHEDA TECNICA Titolo GEORGES SEURAT - PAUL SIGNAC E I NEOIMPRESSIONISTI Sede Palazzo Reale Piazza Duomo 12 - Milano Con il fondamentale contributo di Assicurazioni Generali Con il supporto di Fnac con la partecipazione di Pioneer Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana Sponsor tecnici The Family Events Anni Luce by Light Studio Trimtec Sistemi Domodinamica Viscardi Hotels Promossa da Comune di Milano – Cultura Evento eco-compatibile a cura di ClimatePartner Con il patrocinio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali Ministero degli Affari Esteri Ambasciata di Francia in Italia Regione Lombardia Provincia di Milano Le Centre culturel français de Milan Catalogo Skira Periodo 10 ottobre 2008 - 25 gennaio 2009 Con la partecipazione di Museé d’Orsay Una produzione Palazzo Reale ARTHEMISIA Mostra a cura di Marina Ferretti Bocquillon Comitato scientifico Marina Ferretti Bocquillon Susan Alyson Stein Ellen Wardwell Lee John Leighton Françoise Cachin Coordinamento scientifico di Katy Spurrell Sezione sul colore a cura di Francesca Valan Sezione fotografica a cura di Silvana Turzio Realizzata in collaborazione con Société Française de Photographie Art Director Angela Scatigna Progetto espositivo e direzione dei lavori Cesare Mari, PANSTUDIO Architetti Associati, Bologna Allestimento Tosetto, Jesolo - Venezia Lighting designer Giuseppe Mestrangelo Light Studio, Milano Orari Tutti i giorni 9.30 - 19.30 lunedì 14.30 - 19.30 giovedì 9.30 - 22.30 La biglietteria chiude un’ora prima Biglietti Intero 9,00 Ridotto 7,00 Ridotto gruppi 7,00 Ridotto scuole 4,50 Diritto di prenotazione Scuole 1,00 Gruppi e Singoli 1,50 Informazioni e prevendita biglietti T 02 54919 www.ineoimpressionisti.it www.ticket.it Elenco dei punti vendita http://www.ticket.it/puntivendita.php?sezi one=5 Prenotazioni gruppi e scuole – visite guidate Ad Artem, Milano T 02 6597728 Audioguide ANTENNA AUDIO 5.00 euro a persona, disponibili in italiano e in inglese Visite riservate ed eventi in mostra Per associazioni, gruppi e aziende è possibile prenotare visite riservate alla mostra e attività di Corporate Hospitality nelle sale di Palazzo Reale Per informazioni: ARTHEMISIA, Milano, C.so di Porta Nuova, 16 – T 02 6596888 Simona Serini, [email protected] Uffici Stampa: Arthemisia Alessandra Zanchi T 0721 370956 M 349 5691710 [email protected] Comune di Milano Martina Liut T 02 88450150/56796 www.comune.milano.it Skira Lucia Crespi T 02 89415532 M 338 8090545 [email protected] LA FOTOGRAFIA DEL COLORE Silvana Turzio Nella seconda metà dell’Ottocento la ricerca fotografica e quella scientifica percorrono sovente le stesse strade. La fotografia conosce un impulso senza pari grazie all’apporto di nuovi strumenti tecnici che si comportano come efficacissime protesi dello sguardo e che sono il frutto del grande impegno dispiegato dal mondo scientifico, soprattutto da neurologi e fisiologi. Le loro sperimentazioni fotografiche contribuiscono non poco alla conoscenza dei meccanismi del corpo umano. Tra le innovazioni è importante ricordare qui il perfezionamento della fotometria, la misurazione meccanica della luce incidente e rifratta, strumento che indagando l’infinita modulazione luminosa si rivela essere molto più ampio e veloce dell’occhio umano. Conoscenza che inciderà anche sulla pittura impressionista e neoimpressionista. La fotografia si avvale a sua volta delle scoperte scientifiche: come abbiamo visto le ricerche di Eugène Chevreul sul cerchio cromatico e le scoperte sul funzionamento dei ricettori dell’occhio umano portano a una progressiva elaborazione delle leggi che presiedono alla percezione del colore; da qui nasce un nuovo, affascinante territorio del sapere del quale si appropriano, oltre alla fotografia, la pittura, la tessitura, l’arte delle vetrate e la riproduzione a stampa. E’ in questo crogiuolo di applicazioni che va quindi collocata la ricerca della fotografia del colore. Fin dal 1860 alcuni fotografi sperimentatori si ispirano infatti alla “miscela ottica” e alla teoria del “contrasto simultaneo”, tanto studiati da Eugène Chevreul, individuando soluzioni interessanti, ma lo stato della tecnica fotografica, ancora alle prime armi, costituisce un ostacolo insormontabile per la realizzazione di una fotografia del colore leggibile e stabile. Occorre aspettare l’inizio del Novecento perché si concretizzi il sogno della fotografia del colore: saranno i fratelli Lumière ad apportare via via le tessere mancanti fino a ottenere l’autocromia, la prima fotografia a colori, risultato dell’elaborazione ingegnosa della famosa “miscela ottica” individuata da Eugène Chevreul. Una lastra di vetro composta da due strati è il supporto migliore per la trasparenza necessaria alla visione. Il primo strato, cosparso di 6000/7000 di granuli di fecola di patate per millimetro, colorati secondo proporzioni attentamente calibrate - 7 parti di blu-viola, 8 di verde e 5 di rosso/arancio - funge da filtro analitico del colore, mentre un secondo strato, composto da una sottilissima pellicola di gelatina ai sali d’argento, realizza l’impressione fotografica della lastra. Quest’ultima, sviluppata e sottoposta alla visione per trasparenza e a una certa distanza, permette la percezione unitaria dei vari colori, come avviene per la pittura neoimpressionista. Il brevetto depositato dai fratelli Lumière per la prima volta nel 1903 e poi nel 1907 certifica la diffusione commerciale del nuovo procedimento che conoscerà una fortuna planetaria fino alla metà degli anni Trenta. Le autocromie qui esposte sono dei primissimi anni della loro diffusione e sono state scelte tra quelle che più si avvicinano ai quadri dei neoimpressionisti sia per i soggetti che per la ricerca coloristica. “Pare sicuro che ogni immagine destinata ad essere vista per trasparenza richieda il colore (…) nessun’altro tipo di visione ci darà la stessa sensazione d’intensità cromatica – le stupende vetrate della Cattedrale di Chartres, dove tutto è sottomesso alla luminosa armonia dei colori – ce ne danno ampia prova.” “Paragonando I risultati dell’autocromia con le teoria del puntinismo ci si stupisce di dover riconoscere che molte di queste teorie sono confermate dall’autocromia.” E. Steichen, Les harmonies des couleurs et la plaque autochrome in “La revue de Photographie”, 6e annèe, 1908 “Un pittore (foss’anche divisionista!) non potrà mai ottenere ciò che l’autocromia ha reso possibile per questa scena: i sessanta milioni di granuli di fecola colorata che ricoprono la mia lastra di nove centimetri per dodici hanno ottenuto un effetto straordinario, soprattutto in trasparenza!” L. Gimpel, agosto, 1907 in Léon Gimpel (1873-1948), les audaces d'un photographe, Catalogo della mostra Musée d'Orsay, 12 febbraio - 27 aprile, 5continents editions, Milan-Paris, 2008 “I signori Lumière ci hanno offerto un procedimento meraviglioso che ci permette di fare opera pittorica in modo automatico: copiamo allora la natura secondo tutte le fasi delle sue manifestazioni, fissiamola nei suoi momenti più sfuggenti, registriamo i verdi attenuati dalle brume mattutine, gli alberi dorati dal sole invernale che tramonta dolcemente. L’autocromia è la lastra per ogni momento, per ogni stagione; e come guida prendiamo il divino Corot.” A. Personnaz, L'autochrome, conferenza dicembre 1907, pubblicato in “Bulletin de la Société française de Photographie”, n.1, gennaio 1908 IL COLORE Francesca Valan “l’impressionista ha scoperto e sfruttato quella che noi oggi definiamo la sintesi partitiva, cioè il terzo modo conosciuto di sintetizzare il colore, modalità che sta all’incirca tra la sintesi additiva e la sintesi sottrattiva. Si tratta di una grande innovazione nel campo della figurazione, caratterizzato dall’uso delle textures di punti di colore giustapposti, una sorta di pixel partitivi, che il nostro processo di visione non riesce a discernere in termini cromatici, ma fonde in un continuum vibratile che conferisce loro una nuova e diversa luminosità.” C.T. Castelli, La teoria del pallore, 1993 Il dibattito su colore-materia e colore-luce era già aperto da secoli; ma è nel XVII secolo che si assiste ad un entusiastico fervore di ricerca sulla luce e i fenomeni cromatici, ottenendo importanti risultati nel campo dell’ottica e del colore. I posteri rielaborarono le leggi, svilupparono un metodo didattico, e colorarono il mondo. In generale gli studiosi anglosassoni da Newton a Rood impostarono le loro ricerche partendo dai colori spettrali ottenuti dalla scomposizione della luce bianca (sintesi addittiva) mentre la scuola tedesca e francese da Goethe a Chevreul aveva come riferimento i colori ottenuti con la mescolanza dei pigmenti (sintesi sottrattiva). I neoimpressionisti, con il loro “cromoluminismo” compiono un’operazione intermedia, mirando ad ottenere effetti luminosi con i pigmenti. Utilizzarono i nuovi pigmenti sintetici, molto più “puri, brillanti e luminosi” stesi a piccoli punti sulla tela. “Il fine ultimo della tecnica del neoimpressionismo è di ottenere il massimo di colore e di luce. [...] Per giungere a questa esplosione di luce e di colore i neoimpressionisti usano esclusivamente i colori puri, i più prossimi, nei limiti in cui la materia può avvicinarsi alla luce, ai colori del prisma. P. Signac, Da Delacroix al neoimpresionismo, 1898 Esercizi in mostra: “Si ritiene comunemente che la capacità di servirsi del colore sia un dono del cielo e che vi sia in essa qualche cosa di misterioso, di ineffabile. Tutto ciò è errato [...] queste leggi, contenute in due pagine dei trattati di Chevreul e di Rood si possono imparare in poche ore.” P. Signac, ibidem Owen Rood, ne La scienza moderna dei colori che fu subito nominata la Bibbia degli impressionisti, introduce infatti le prime tavole con la corrispondenza tra lunghezze d’onda e pigmenti, mentre Eugene Chevreul, nel suo trattato The Principle of Harmony and contrasts of colors, espone le leggi che governano i contrasti del colore e fornisce indicazioni per progettare il colore ad artisti e artigiani. In una stanza dedicata, è possibile sperimentare i principi dei contrasti su cui si fonda la teoria del movimento neoimpressionista. Gli esperimenti visivi, sia per adulti che per bambini, sono pensati appositamente per far “vedere” il contrasto simultaneo, il contrasto successivo e quello misto teorizzati da Chevreul. Rood e Chevreul utilizzavano dischi rotanti per verificare l’equilibrio di un accostamento cromatico: un’armonia si raggiunge quando i colori in gioco sono perfettamente bilanciati e il risultato è un grigio medio; allo stesso modo, anche in mostra è possibile verificare come un’armonia di complementari dia come risultante visiva il grigio medio ovvero l’armonia perfetta e, sorprendentemente, lo stesso risultato si raggiunge facendo “ruotare” l’immagine di uno dei quadri esposti! “La pittura non si annusa” diceva Rembrandt. Per ascoltare una sinfonia non ci si siede in mezzo all’orchestra, ma nella posizione in cui i suoni dei diversi strumenti si mescolano tra loro formando l’accordo voluto dal compositore. Analogamente davanti ad un dipinto diviso converrà in un primo tempo porsi a distanza sufficiente per dare uno sguardo d’insieme, avvicinandosi poi per studiare da vicino gli effetti cromatici nel caso si abbia qualche interesse per questi dettagli tecnici.” P. Signac, ibidem Dopo aver osservato i quadri alla distanza ottimale, lungo il percorso della mostra è possibile verificare la tecnica pittorica impiegata e confrontare i diversi stili della pennellata grazie ad ingrandimenti e cartelle cromatiche (con i “nuovi pigmenti sintetici”) il visitatore potrà identificare i colori puri impiegati. Gli esercizi interattivi sono esperimenti divertenti eppure educativi per grandi e piccoli che possono in tal modo "vedere" meglio le vibrazioni luminose e comprendere a fondo l’intuizione e la pratica della pittura di Seurat e dei suoi seguaci neoimpressionisti. Ulteriore occasione di interazione e divertimento per il visitatore è infine partecipare all’interpretazione collettiva del capolavoro di Seurat Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte: posando sulla traccia grafica del dipinto, riprodotto all’uscita della mostra, un pallino adesivo colorato ovvero il proprio "puntino", si otterrà un inedito risultato cromatico della grande operaemblema del neoimpressionismo. BIOGRAFIE GEORGES SEURAT E PAUL SIGNAC Georges Pierre Seurat Parigi, 1859 / 1891 Malgrado la brevità della sua vita, Georges Seurat lascia un’opera fondamentale per la storia dell’arte e vi si colloca come fondatore del neoimpressionismo. Allievo di Henri Lehmann alla Scuola di Belle Arti, a diciotto anni, al ritorno dal servizio militare, nel novembre 1880, ha già acquisito le basi fondamentali delle sua formazione artistica. I disegni del 1881 dimostrano già una padronanza del trattamento della luce che inscrive Seurat nella tradizione di Rembrandt, Goya, Millet e Daumier. Le sue prime opere dipinte devono ancora molto a Corot e alla scuola di Barbizon, ma lo studio di Delacroix e delle opere scientifiche di Chevreul, Blanc e Rood lo conducono rapidamente a prendere in considerazione un metodo che chiama «pittura ottica». Nel 1884 partecipa alla creazione del Salon des Salon des Indépendants esponendo Baignade à Asnières [Bagno ad Asnières] (Londra, The National Gallery) e incontra Signac, Dubois-Pillet, Angrand e Cross. Da questo momento l’influenza degli impressionisti si traduce, nella sua opera, in un abbandono delle tonalità della terra a vantaggio di una pittura chiara, dai colori puri. Ha ormai da tempo rinunciato ai soggetti rurali e si interessa alle rive della Senna, alle vedute urbane e periferiche. Intorno a Un dimanche à la Grande Jatte [Una domenica alla Grande Jatte] (Chicago, The Art Institute) del 1884-1886, si cristallizza quindi il movimento neoimpressionista, che adotterà, sulla scia di Seurat, il principio della divisione dei toni e del contrasto simultaneo dei colori. Félix Fénéon, Gustave Kahn, Paul Adam e altri scrittori simbolisti diventeranno ardenti difensori di Seurat, vilipeso dal resto della critica. Nel 1887 avviene la presentazione della Grande Jatte al Cercle des XX a Bruxelles, evento che fa nascere e diffondere il movimento neoimpressionista in Belgio. Parallelamente alla lenta elaborazione di alcune tele di grande formato accompagnate da numerosi disegni, Seurat riporta, dalle estati trascorse sulle coste della Manica, paesaggi con luce sottile e composizioni rigorosamente ordinate. Le sue ultime opere importanti, Chahut (Otterlo, Rijkmuseum Kröller-Müller) o Cirque [Circo] (Parigi, Musée d’Orsay), ne attestano l’interesse per la traduzione delle emozioni e del movimento attraverso le linee. Paul Signac Parigi, 1863 / 1935 Restio a qualsiasi insegnamento artistico, Paul Signac, figlio di una famiglia di commercianti parigini, ai suoi esordi dipinge quasi solo di getto, all’aperto, nelle periferie parigine, in Normandia o in Bretagna. La visita ad una mostra di opere di Monet nel giugno del 1880 decide della vocazione del giovane che dal 1882 al 1885 considera se stesso un pittore impressionista. Presto si impone in lui il gusto per i colori puri e per le composizioni molto strutturate. Nel maggio del 1884, in un capannone del cortile delle Tuileries a Parigi, avviene l’incontro con Seurat, durante le riunioni che daranno vita alla Société des Artistes indépendants. Nonostante le profonde differenze di formazione e di temperamento, i due artisti hanno alcuni punti in comune che favoriscono la loro amicizia: il gusto della modernità, il desiderio di innovazione e un rigore intellettuale che li conduce a considerare un approccio scientifico per la loro arte. In un primo tempo la pittura di Signac non viene influenzata da quella del collega, ma quando Seurat, nell’inverno 1885-1886, adotta la tecnica della divisione ottica per riprendere a lavorare alla Grande Jatte, anche Signac adotta la nuova tecnica e riprende Les Modistes (1885-1886, Zurigo, Bührle Foundation). Si trova a collaborare con lo studioso Charles Henry per due opere dedicate al cercle chromatique e al rapporteur esthétique. Dopo la scomparsa di Seurat nel 1891, spetterà a Signac raccogliere il testimone del nuovo movimento neoimpressionta. Instancabile continua a fare nuovi adepti che diffondono i benefici del principio della divisione dei toni. Pubblica, nel 1899, un opuscolo frutto delle sue riflessioni teoriche intitolato D’Eugène Delacroix au néo-impressionnisme, che spiega la teoria neoimpressionista e la inserisce in una prospettiva storica. A partire da questa data le sue pennellate diventano più larghe e meno sistematiche, a evocare le tessere di un mosaico, e lasciano talvolta posto al bianco per ottenere maggior luminosità e intensità cromatica (Voiles et pins [Vele e pini], 1896, collezione privata). Fedele fino alla fine al Salon des Indépendants, di cui diventa presidente nel 1909, e alla divisione del colore, dal 1910 dipinge sempre meno ad olio e sempre più ad acquerello. BIOGRAFIE NEOIMPRESSIONISTI Charles Angrand Criquetot-sur-Ouville, Senna Marittima, 1854 / Rouen, 1926 Inizialmente istitutore e poi insegnante privato di matematica, Charles Angrand entra nel 1870 all’Accademia di Belle Arti di Rouen, dove segue i corsi di Gustave Morin e Philippe Zacharie; qui incontra Charles Fréchon. Dopo le prime opere impregnate dell’influenza di Manet e di Bastien-Lepage, si orienta verso l’impressionismo e la pittura en plein-air. A Parigi, dove vive dal 1882 al 1896, incontra Seurat e Signac. Nel 1884, è uno dei soci fondatori della Société des Artistes indépendants. Sviluppa allora uno stile originale, caratterizzato inizialmente da una pennellata energica che suscita l’interesse di Van Gogh. Le tele degli anni 1886-1887 si inseriscono tra i capolavori del neoimpressionismo difesi da Fénéon, Gustave Kahn o Verhaeren allo stesso titolo di quelli di Seurat o Signac. Partecipa regolarmente al Salon des Indépendants e alle mostre nella Galerie Le Barc di Boutteville. La morte di Seurat nel 1891 provoca una lunga rimessa in discussione in Angrand, che abbandona allora colore e olio, ed elabora durante lunghi mesi disegni autonomi, prima a matita, poi a carboncino a partire dal 1905. Vi si ritrova la condensazione formale di Seurat, con variazioni di luce vaporosa. I soggetti intimisti sono particolarmente ben rappresentati dal 1896 al 1898; la madre che cuce, le maternità della sorella, i nipoti addormentati. L’artista lascia Parigi nel 1896 per condurre accanto alla madre rimasta vedova una vita reclusa, isolata dal mondo artistico, nella nativa Normandia. Le amichevoli esortazioni di Cross, Luce e Signac lo incoraggiano a tornare alla pittura, cosa che fa tra il 1900 e il 1908, adottando allora una pennellata a mosaico. Gli ultimi anni della sua produzione sono dedicati esclusivamente al pastello. Tratta soggetti rurali, sottolineando la solennità dei ritmi e dei gesti, evocando così i lavori agresti dipinti da Millet. Ma le forme concentrate e ordinate delle sue figure di contadini si inscrivono in una ricerca dell’essenziale più vicina al simbolismo. Giacomo Balla Torino, 1871 / Roma, 1958 Rimasto orfano di padre, abbandona gli studi musicali e lavora presso un litografo. Tra il 1885 e il 1890 frequenta la scuola serale di disegno all’Accademia Albertina e lo studio fotografico di Oreste Bertieri, dove incontra Pellizza da Volpedo. Nel 1895 si stabilisce a Roma con la madre; conosce Cambellotti, e più tardi Prini e Macchiati, con cui partecipa al dibattito culturale che anima l’ambiente artistico romano. Stilisticamente si avvicina alla tecnica divisionista. Nel 1900 visita l’Esposizione Universale di Parigi, e conosce dal vero le opere dei maestri dell’impressionismo, del postimpressionismo e della Secessione viennese. Nel 1901 stringe amicizia con Boccioni e Severini che, divenuti suoi allievi, avvia al divisionismo. Si dedica soprattutto al ritratto e al paesaggio, temi che espone alle mostre della Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma ma anche alla Biennale veneziana del 1903 e a Monaco di Baviera nel 1904. Comincia da quella data a sperimentare la scomposizione delle sorgenti di luce artificiale, che avrà il suo esito in Lampada ad arcodel 1909, preludio alla sua adesione al futurismo che avviene nel 1910 quando firma il Manifesto tecnico della pittura futurista. Dal 1912 al 1914, approfondisce gli studi sulla rappresentazione del movimento, applicando le teorie del colore diviso ai concetti futuristi, nascono allora dipinti quali Bambina che corre sul balconeo Ritmi di un violinista, quest’ultimo ideato a Düsseldorf nel 1912, dove elabora anche le prime Compenetrazioni iridescenti, volgendo la sua ricerca verso l’astrazione della forma. Nel 1915 firma, insieme a Fortunato Depero, il manifesto della Ricostruzione futurista dell’universo; i suoi interessi sono adesso rivolti anche alle arti applicate e al teatro. Nel 1929 firma il manifesto dell’Aeropittura futurista, ma da allora comincia a recuperare la figurazione e nel 1937 si dissocia dal futurismo, rivalutando il realismo in arte; non abbandona tuttavia le sperimentazioni luministiche che ora coniuga alle ritrovate espressioni naturaliste, fra cui abbondano gli “Autoritratti”. Hendricus Petrus Bremmer Leida, 1871 / L’Aia, 1956 I primi dipinti di Hendricus Petrus Bremmer, risalenti alla fine degli anni ‘80 dell’Ottocento, sono riconducibili alla tradizione olandese della natura morta ereditata dal Seicento: raccolta di oggetti sontuosi in un’atmosfera cupa ravvivata da illuminazioni puntuali, accompagnata anche da qualche paesaggio di fattura accademica. Tutto cambia con i dipinti dei primi anni ’90 dell’Ottocento, in cui si riscontra una semplificazione delle forme e dei piani colorati giustapposti, nonché il ricorso a oggetti meno ostentati e più comuni, trattati a punti di colori chiari nettamente individualizzati e appoggiati su uno sfondo pallido, a creare un effetto di alone che si irradia intorno a ogni punto (Natura morta con libri e vaso di zenzero, 1894, Amsterdam, Van Gogh Museum). Questa maniera di applicare il colore si ritrova anche nella raffigurazione dei paesaggi dei dintorni dell’Aia, regione che percorre allora insieme a Johan Joseph Aarts o Jan Vijlbrief. Questi paesaggi sono caratterizzati da una luminosità intensa o da strani effetti crepuscolari, come negli Alberi in riva al fiume (Amsterdam, vendita Christie’s, 5 giugno 2007, n. 30), dove si avvertono gli influssi congiunti del Monet delle «Serie» e di inflessioni simboliste. A partire dal 1890, Bremmer diventa anche un critico influente e si dedica a far riscoprire l’opera di Vincent Van Gogh; nello stesso periodo, aggiunge presto all’attività di pittore, quella di mercante e consulente d’arte. In particolare, aiuta Hélène Kröller-Müller a scegliere i pezzi della sua collezione a partire dal 1907. È peraltro da questa collezione che provengono numerosi quadri che partecipano alla mostra “De Divisionisten van Georges Seurat tot Jan Toorop”, prima evocazione del neoimpressionismo in Olanda, che si tiene dal dicembre 1936 al gennaio 1937 presso il museo Boymans di Rotterdam. Henri Edmond Joseph Cross / Douai, Nord, 1856 / Le Lavandou,Var, 1910 Henri Edmond Delacroix detto Henri Edmond Joseph Cross, nato da padre francese e damadre britannica, riceve i primi insegnamenti dai pittori Carolus-Duran e Alphonse Colas, all’Ecole des Beaux-arts di Lille. Nel 1876, arriva a Parigi, segue i corsi di François Bonvin e sogna di esporre al Salon. Dopo che vi ha partecipato con il suo vero nome nel 1881, il suo professore gli suggerisce, per distinguersi da tutti i Delacroix presenti nel catalogo della manifestazione, di tradurre il suo cognome nella lingua della madre; apparirà da allora soltanto con il cognome Cross. Le sue prime opere, di stampo naturalista, dominate da soggetti intimisti e da tonalità scure, lasciano posto, a partire dal1884, data dell’incontro con Seurat e dei ripetuti soggiorni nel sud della Francia, a tonalità più chiare e più luminose, così per esempio in Angolo di giardino a Montecarlo (Coin de jardin à München) (Douai, Musée de la Chartreuse) presentato alla mostra della Société des Artistes indépendants del maggio 1884. Fino alla sua scomparsa precoce nel 1910, all’età di cinquantaquattro anni, Cross sarà fedele a questa manifestazione a cui destinerà ogni anno le sue creazioni più recenti. A partire dal 1891, adotterà i principi neoimpressionisti, modificandoli leggermente per applicarli sia ai ritratti (La moglie di Hector France / Madame Hector France, 1891, Parigi, Musée d’Orsay) sia ai paesaggi (Spiaggia della Vignasse / Plage de la Vignasse, 1891-1892, Le Havre, Musée des Beaux-arts). Nel 1892, Cross si stabilisce nel Midi, prima a Cabasson, vicino a Le Lavandou, poi, non lontano, a Saint-Clair, inviando regolarmente le sue opere alle molteplici mostre neoimpressioniste, da Le Barc a Boutteville o Durand-Ruel a Parigi, ai Salons des Indépendants o ai Salons de l’Art Nouveau. Le sue opere, armoniose e pure, con echi idealisti e lirici – soprattutto dopo i viaggi in Italia del 1903 e del 1908 –, riscuotono un grande successo, così come gli acquerelli rivelati da due mostre, nel 1905 da Druet, e nel 1907 da Bernheim-Jeune. Jules Henri Delavallée Reims, Marne, 1862 / Pont-Aven, Finistère, 1943 Dopo brillanti studi nella città natale e l’ottenimento di un primo premio al Concorso generale di filosofia, Delavallée viene a Parigi dove si iscrive contemporaneamente alla Facoltà di lettere della Sorbona e all’Ecole des Beaux-arts, dove frequenta gli atelier di Carolus-Duran e di Luc-Olivier Merson. Ma, ben presto, si interessa solo alla pittura, e si reca nei luoghi dove si crea l’arte più innovatrice. Così, a partire dal 1881, approfittando dell’ospitalità che può offrirgli un cugino in Bretagna, si trova a Pont-Aven dove dipinge nella tradizione naturalista fino a incontrare, nel 1886, Paul Gauguin ed Emile Bernard, che fanno evolvere la sua creazione verso il cloisonnisme, sviluppando il suo senso innato della linea e dell’arabesco. Nel 1887, raccomandato dal pittore e incisore Félix Bracquemond, conosce, a Marlotte, Camille Pissarro e Seurat, che lo iniziano alla tecnica divisionista che applica con rigore (Le Puits in inverno / Le Puits en hiver, 1887, Stati Uniti, collezione W.F. Brown). Fino al 1890, la sua produzione porterà l’impronta del neoimpressionismo (La strada vicino al maniero / La Route près du manoir, 1890, Londra, vendita Christie’s, 4 febbraio 2003, n. 234). Invitato alla mostra della Société des Artistes indépendants del 1888, vi invia due paesaggi, ma rompe in seguito con questa associazione, preferendo entrare a far parte di organismi più tradizionali, e, in particolare, del Salon de la Société nationale des Beaux-arts. Trascurando un po’ la pittura, vi presenta numerose incisioni, che compaiono anche nelle Expositions des Peintres graveurs français da Durand-Ruel, in cui fonde le reminescenze bretoni ereditate da Bernard e Gauguin con l’esotismo derivato da un lungo soggiorno a Constantinopoli (1896-1901). Delavallée trascorre gli ultimi anni della vita a Pont-Aven dove si è stabilito definitivamente dopo il ritorno dalla Turchia, rompendo con la vita artistica parigina. Albert Dubois-Pillet Parigi, 1846 / Le Puy-en-Velay, Alta-Loira, 1890 Louis Auguste Albert Dubois detto Albert Dubois-Pillet, entrato alla Scuola militare nel 1865, da cui esce in poco tempo ufficiale, partecipa alla Guerra del 1870, poi compie una brillante carriera militare, che culmina nel 1879 quando viene nominato capitano di fanteria della legione della Guardia repubblicana. Dopo la guerra francoprussiana, Dubois-Pillet, pittore autodidatta, riesce a farsi accogliere al Salon nel 1877, poi nel 1879 con dipinti di ispirazione naturalista. L’anno dopo, e in tutti i successivi, i quadri da lui presentati vengono respinti; questo lo sprona, nel maggio 1884, a unirsi al gruppo dissidente degli Artistes indépendants. In seguito allo scioglimento del gruppo, nell’estate 1884, diventa il principale redattore dello Statuto della Société des Artistes indépendants i cui principi liberali rompono con la tradizionale e ufficiale Société des Artistes français. Vittima di denunce anonime che lo accusano di diffamazioni, deve lasciare le sue responsabilità alla direzione della manifestazione; sospettato di simpatie comunarde, pur senza essere radiato dall’esercito, nel 1887 viene tuttavia rinviato alla vita civile. All’epoca vicino a Seurat, fa evolvere l a sua tecnica verso il neoimpressionismo, scegliendo come soggetti scorci di Parigi, aventi punti di vista che devono molto alla fotografia, per esempio Quai de Montebello (New York, vendita Sotheby’s, 13 novembre 1996, n. 154). Il 21 novembre 1889, malgrado le denunce che ancora lo perseguitano, questa volta con il pretesto del sostegno al generale Boulanger, viene reintegrato nella vita militare e nominato comandante della gendarmeria a Puy-en-Velay dove dispone di uno studio. È qui che termina varie vedute abbozzate a Parigi e dipinge alcuni paesaggi locali. Nell’estate 1890, durante un giro di ispezione in un villaggio colpito da un’epidemia di vaiolo, contrae la malattia e muore qualche giorno dopo all’ospedale di Puy. Gli organizzatori della Exposition des Indépendants del 1891, per rendergli omaggio, raccolgono ed espongono sessantaquattro sue opere. Willy Finch Saint Josse-ten-Noode, Bruxelles, 1854 / Helsinki 1930 Alfred William, detto Willy Finch, trascorre la giovinezza a Ostenda. Nel 1878, entra nella classe di Joseph Van Sever donck all’Accademia di Bruxelles e, due anni dopo, esordisce al Salon triennal di Gand prima di inserirsi con risolutezza nell’avanguardia. Membro della Chrysalide poi dell‘Essor, espone con loro dal 1881 prima di partecipare, nel 1883, alla fondazione del gruppo Les XX a cui farà invitare Whistler. Nel 1886, la scoperta di Monet lo fa evolvere, proprio come il collega James Ensor, verso un impressionismo molto personale segnato dal realismo. L’anno seguente, entusiasmato dall’invio di Seurat al Salon des XX, si immerge subito nello studio dei principi divisionisti e diventa il primo esponente belga di questa corrente a cui regalerà vari capolavori. Convinto anche dalle tesi di Ruskin e Morris – che farà conoscere a Henri van de Velde e a colui che rimarrà il suo amico più fedele, Georges Lemmen – segue da vicino l’evoluzione del movimento Arts and Crafts in occasione dei frequenti soggiorni in Inghilterra. Nel 1890, decide di orientarsi verso le arti del fuoco che pratica a La Louvière da Boch Keramis, poi a Virginal e a Forges-lez-Chimay. Qualche anno dopo, su richiesta di Louis Sparre, espatria in Finlandia per dirigere il dipartimento di ceramica dell’azienda Iris a Porvoo-Borgå (1897-1901), e si stabilisce poi definitivamente a Helsinki. La creatività, il rigore, il senso della forma pura e della modernità, l’insegnamento che impartisce all’Ecole des Arts décoratifs a partire dal 1902, fanno di lui uno dei pionieri del design europeo. E ogni anno si ricongiunge con la famiglia vicino a Londra, dove dipinge le rive del Tamigi in un’atmosfera fatta di verdi umidi e di sfumature brumose, ma apprezza anche i colori vividi e caldi del sud della Francia e dell’Italia. Fedele alla divisione del tono, dopo il 1897 Finch adotterà uno stile meno vincolato, una pennellata abbastanza corta, larga e morbida, in una gamma contraddistinta dalla luce nordica in cui i viola, i blu e i rosa accesi si affiancano a verdi e a tonalità dell’arancio talvolta aggressive “per un occhio non allenato”. Promotore dell‘impressionismo e del neoimpressionismo in Scandinavia, sarà uno dei più ardenti difensori dell’opera di Paul Signac. È considerato ancora oggi, con Frosterus e Enckell, uno dei grandi rinnovatori della pittura finlandese, rinnovamento concretizzatosi nel 1912 nella fondazione del gruppo Septem. Léo Gausson Lagny, Seine et Marne, 1860 / 1944 Léon Marie detto Léo Gausson studia molto presto la scultura su legno e l’incisione nello studio di Eugène Froment dove incontra Maximilien Luce ed Emile Cavallo-Peduzzi. Per tutta la vita rimarrà un eccellente incisore di opere inventate e riproduzioni. Il suo talento di pittore si forgia ai margini dell’insegnamento ufficiale; iniziato all’Ecole de Barbizon, ammiratore di Millet, diventa adepto della pittura en plein-air e schiarisce la sua tavolozza guardando Manet. Con Luce e Cavallo-Peduzzi, Gausson è all’origine del gruppo dei pittori di Lagny. Un medaglione in gesso è la sua prima opera accettata al Salon del 1886, poi espone regolarmente al Salon des Indépendants dal 1887 al 1895. È presente da Le Barc de Boutteville e al primo Salon des Rose-Croix nel 1891, nonché al Cercle des XX a Bruxelles nel 1892 e all’Association pour l’Art di Anversa nel 1893. Dopo due mostre monografiche, una alla Galerie Laffitte nel 1896 e l’altra al Théâtre Antoine nel 1899, la sua attività artistica diminuisce notevolmente sul finire del secolo; parte allora per l’Africa e lavora per il Ministero delle Colonie. Il meglio della sua opera si colloca tra il 1886 e il 1890; adotta nei suoi paesaggi dipinti in tonalità chiare e pure: lo stile neoimpressionista. Dal 1885, studia la teoria dei colori di Chevreul come attesta la lunga lettera a Emile Zola (Parigi, Bibliothèque Nationale, fondo Zola) e applica la divisione del tono in modo molto scientifico. Dal 1888, Signac rende omaggio alla sua tecnica, e i suoi schizzi dal vero suscitano l’ammirazione di Félix Fénéon; stringe un legame di amicizia con Camille Pissarro e con suo figlio Lucien. Dal 1890 al 1893, sotto l’influenza del poeta Adolphe Retté di cui illustra i libri, si orienta verso uno stile sintetico e simbolista ispirato ai nabis, senza tuttavia abbandonare il neoimpressionismo. Si associa agli altri artisti del movimento per rendere omaggio a Seurat esponendo nei saloni dell’Hôtel Brébant nel 18921893. Louis Hayet Pontoise, Val-d’Oise, 1864 / Cormeilles-en-Parisis, Val-d’Oise, 1940 Proveniente da una famiglia poco disposta ad accettare le sue doti di disegnatore e la sua volontà di diventare pittore, manifestatasi nel 1876, quando aveva solo dodici anni, riesce, grazie al trasferimento della famiglia a Parigi, a seguire i corsi della Ecole des Arts décoratifs, appassionandosi per le pubblicazioni scientifiche che trattano il colore e la luce e, in particolare, per quelle di Eugène Chevreul. Dopo il ritorno a Pontoise nel 1883, il suo interesse per la pittura è confortato dall’incontro con Camille e Lucien Pissarro con i quali il giovane dipingerà talvolta dal vero. La sua vocazione si rafforza ulteriormente quando conosce Paul Signac nel 1885 e Georges Seurat nel 1886. Per vivere, deve tuttavia abbandonare la sua passione a beneficio di lavori più redditizi; all’epoca, è alle dipendenze di un’azienda che gli fa dipingere scenografie teatrali. Per questo il suo nome compare solo molto tardi, nel 1889, nel catalogo delle mostre degli Artistes indépendants, a cui invia tre quadri di paesaggi non individuati. L’esperienza non si rinnoverà, Hayet lascerà con clamore la Société già nel 1890. Adirato con la maggior parte dei colleghi, il suo nome scompare dopo la seconda edizione dell’opera di Signac: D’Eugène Delacroix au néoimpressionnisme. Il suo patronimico si ritrova tuttavia a volte, per esempio a Bruxelles, al Cercle des XX nel 1890, o all’Exposition des Peintres impressionnistes et symbolistes della Galerie Le Barc di Boutteville nel 1894. Ricercatore, e tendenzialmente teorico, si allontana rapidamente dal gruppo neoimpressionista per proporre nuove soluzione plastiche e nuovi procedimenti destinati a donare ai dipinti una luminosità più sottile. Nel 1896, per esempio, ricorrerà alla pittura a encausto che tuttavia non riuscirà a imporre, terminando la vita in un relativo isolamento e in una reale indigenza. Georges Lacombe Versailles, Yvelines, 1868 / Alençon, Orne, 1916 Iniziato alla pittura dalla madre, formato alla scultura dal padre, artista ebanista, Georges Lacombe si dedicherà alternativamente a queste due attività, in un primo tempo con maggior interesse per la scultura. Quando incontra Paul Sérusier nel 1892, questi lo introduce nella cerchia dei nabis dove è soprannominato “il nabis scultore”. L’anno seguente, conosce Paul Gauguin che orienta la sua creazione verso qualcosa di più selvaggio e più primitivo (L’esistenza / L ’ E x i s t e n c e , 1894-1896, Parigi, M u s é e d’Orsay), incoraggiandolo a tagliare direttamente figure che può in seguito decorare o dipingere. Regolarmente, durante i numerosi soggiorni in Bretagna, si posiziona anche davanti al suo cavalletto in compagnia di Charles Cottet, di Maxime Maufra o di Henri Rivière, senza che questi pittori influenzino però una creazione molto personale e originale con forti echi simbolisti (L’onda viola / La Vague violette, 1895-1896, Parigi, Musée d’Orsay). Abbastanza ricco per non essere costretto a vendere le sue creazioni, è tuttavia spesso presente nelle manifestazioni artistiche, ed espone a più riprese da Le Barc a Boutteville o nelle mostre della Société des Artistes indépendants, per esempio, nel 1895, 1901, 1905 e 1906, e infine nel 1911. Nel 1899, eccezionalmente, viene ricevuto all’ufficiale Société nationale des Beaux-arts. Un terzo incontro avrà grande influenza sulla sua tecnica, quello nel 1904 con Théo van Rysselberg, che che lo inizierà alla sua visione del neoimpressionismo, già lontana dai principi fondatori del 1896. Se le sue creazioni neoimpressioniste riguardano per la maggior parte il paesaggio, tratta anche il ritratto secondo questa tecnica, dipingendo, per esempio nel 1904-1905, un ritratto delle figlie Sylvie e Nigèle (Londra, vendita Sotheby’s, 8 dicembre 1998, n. 308). Achille Laugé Arzens, Aude, 1861 / Cailhau, Aude, 1944 Nato da una famiglia di coltivatori che vive nella regione di Carcassonne, Achille Laugé viene mandato a Tolosa per studiare farmacia. In realtà effettua un apprendistato nel campo delle Belle Arti e conosce Antoine Bourdelle. Iscritto all’Ecole des Beaux-arts di Parigi dal 1881 al 1888, ritrova Henri Martin e incontra Aristide Maillol. L’amicizia che si allaccia allora tra Maillol, Laugé e Bourdelle affonda le radici in quegli anni di miseria e solidarietà. L’insegnamento accademico professato da Gérôme e Cabanel non lo soddisfa; con Maillol divide l’atelier dove la scoperta delle tele di Seurat al Salon des Indépendants del 1884 e 1886 suscita dibattiti appassionati. Ritorna a Carcassonne nel 1888, e i rari viaggi a Parigi negli anni successivi non basteranno a integrarlo negli ambienti artistici della capitale. Questo isolamento voluto spiega il relativo oblio di cui sarà vittima. È a partire dal 1890 che Laugé adotta la tecnica della divisione dei toni. Sembra essere il contatto con la luce meridionale a scatenare un cambiamento radicale nel suo modo di dipingere. Laugé arriva al divisionismo da solo, come costretto di fronte al sole, di fronte ai paesaggi di Cailhau. Applica la stessa tecnica ai ritratti e alle nature morte dell’epoca. Ricreando questo stile invece di accoglierlo, lo traduce in un’opera di profonda originalità. Verso il 18921893, dipinge a piccoli punti fitti che testimoniano un rigoroso adattamento alle teorie di Seurat e di Signac, e il suo rispetto della legge del contrasto simultaneo si ritrova nell’impiego di una pennellata a tratteggio incrociato caratteristica degli anni 1895-1899. A partire dal 1905-1910, l’avvicinamento del suo stile all’impressionismo gli permette di raccogliere una più ampia adesione, ma l’artista non rinuncerà mai alla divisione dei colori. Lavorando sempre negli stessi luoghi, registrando instancabilmente le variazioni della luce, privilegia le costruzioni geometriche, sintetizza le forme, rifiuta il pittoresco e l’aneddotico. La sua arte, che coniuga freschezza naïf e rigore esigente, “ha al tempo stesso una sensibilità commossa e una ragione controllata”, scrive l’amico Bourdelle. Georges Lemmen Schaerbeek, Bruxelles, 1865 / Uccle, Bruxelles, 1916 Georges Lemmen segue una formazione presso la Ecole de Dessin di Saint-Josse-ten-Noode (1879-1885) e partecipa giovanissimo, ancor prima di aver seguito un insegnamento, ai Saloni triennali (1877-1884). A partire dal 1883, espone con il circolo di Bruxelles, l’Essor, di cui è membro e dove incontra certamente, poco prima della loro partenza, i futuri vingtiste Van Rysselberghe, Khnopff, Ensor, Finch e Schlobach. Si legherà anche con Jan Toorop. Esplorando allora nuovi orizzonti, tra cui l’impressionismo e il naturalismo, Lemmen sarà più lento dei colleghi nell’unirsi a Seurat. Nel 1889 dipinge un notevole ritratto della sorella Julie, intitolato La visitatrice o La signora in visita (La Visiteuse o La Dame en visite) (collezione privata), con cappello e cappotto bordati di pelliccia in un interno borghese, che evoca Khnopff, Ensor, Degas, e addirittura Whistler, che Lemmen ammira. Nel 1891-1892, una versione puntinista altrettanto notevole, presenta la stessa Julie vestita con un abito, seduta, angolosa e rigida, su uno sfondo minimalista (The Art Institute, Chicago). Tra questi due trattamenti di uno stesso soggetto, una totale rimessa in discussione. L’artista praticherà la tecnica puntinista dalla metà del 1890 alla fine dell’estate 1894 con fervore e talento ma l’abbandonerà senza rimpianto trovando la disciplina interessante per lo spirito, ma troppo chiusa all’emozione. Realizzerà in questo periodo ritratti, superbe vedute del Tamigi e del mare del Nord, scene di strada e di interni, opere su tela e su carta, essendo un abile disegnatore e incisore. Lo dimostrerà peraltro nella sua seconda vita, quella di “operaio artistico”, che lo vede dedicarsi alle arti decorative. Influenzato dall’amico Finch, si interessa infatti dall’inverno del 1890, agli Arts and Crafts – all’illustratore Walter Crane soprattutto – e diventerà uno dei grandi rinnovatori dell’arte del libro in Belgio per la delizia degli amici poeti. Amplierà presto i suoi poli di interesse – ornamenti, tappeti, tessuti, carte varie, affiche… – collaborando con Van de Velde o con il ceramista francese Delaherche. Octave Maus, difensore del neoimpressionismo, gli chiederà di creare copertina e pagina del titolo del periodico d’avanguardia “L’Art Moderne”, e copertine di cataloghi o intestazioni di documenti per i circoli che anima. Eletto membro del Cercle des XX nel novembre 1888, Lemmen vi esporrà assiduamente oltre che alla Libre Esthétique, senza dimenticare i Salons des Indépendants parigini a partire dal 1889. Nel 1900 tornerà alla pittura: nature morte, nudi, scene intimiste, in uno stile preso in prestito dai nabis a cui si aggiunge una pennellata personale, a volte carica, in una gamma cromatica che può essere sorprendente. Mentre è in vita, gli saranno dedicate varie personali a Parigi da Druet (1906 e 1908) e a Bruxelles alla Galerie Giroux (1913). Emilio Longoni Barlassina, Milano, 1859 / Milano, 1932 Figlio di povera gente, comincia a lavorare fin da ragazzo; a Milano, fra i tanti mestieri, fra cui anche quello di decoratore di cartelli da piazza e di giocattoli di cartapesta, riesce comunque a studiare all’Accademia di Brera dal 1876 al 1880, dove è allievo di Raffaele Casnedi e di Giuseppe Bertini; fra i suoi compagni vi sono Giovanni Segantini e Giovanni Sottocornola, da allora suoi intimi amici. Nel 1880 esordisce a Brera con due dipinti apprezzati da Vittore Grubicy che nel 1882 stipulerà con lui un contratto di collaborazione grazie al quale l’artista fino al 1884 lavora in Brianza insieme a Segantini in un proficuo scambio di temi e di pensieri. Interrotto bruscamente il rapporto con Grubicy, nel 1885 è a Ghiffa, dove resta per un anno dipingendo ritratti e nature morte. Là conosce i fratelli Troubetzkoy e Daniele Ranzoni. Al ritorno prende in affitto uno studio dove resterà per sempre, e comincia a frequentare la Famiglia Artistica. L’incontro con Gustavo Macchi nel 1890, gli permette di accostarsi alle espressioni più avanzate della cultura europea, anche in ambito sociale. Nascono allora le prime opere di tematica sociale del pittore: L’oratore dello sciopero e La piscinina, presentati alla prima Triennale braidense nel 1891; opere in cui Longoni sperimenta la tecnica divisionista. Il divisionismo sarà poi sperimentato anche in temi di paesaggio come l’isola di San Giulio, temi che con il nuovo secolo avranno il sopravvento su quelli intonati a cadenze decadenti o simboliste, di cui un esempio di altissima qualità è il pastello Sola! presentato a Brera nel 1900 e acquistato dalla regina Margherita. La pittura di paesaggi montani induce l’artista a lunghi soggiorni in montagna, durante i quali egli declina secondo maniere personalissime e sempre più intessute di luce la tecnica dei colori divisi, fino allo svaporare dell’immagine in preziose evanescenze cromatiche. La sua attività rimane intensa e creativa fino all’ultimo, come testimonia il Lago di Garda, completato l’anno della morte. Maximilien Luce Parigi, 1858 / Rolleboise, Yvelines, 1941 Formatosi fin da giovanissimo presso un litografo, Maximilien Luce vive inizialmente delle sue incisioni su legno prima di seguire, a partire dai primi anni ’80 dell’Ottocento, una formazione pittorica più accademica presso Carolus-Duran all’Accademia svizzera di Parigi (1885) e di ricevere i consigli di Camille Pissarro. Quest’ultimo lo introduce nella Société des Artistes indépendants dove espone regolarmente a partire dal 1887, poco tempo prima di unirsi ai suoi membri nelle mostre del Cercle des XX e della Libre Esthétique a Bruxelles. Militante anarchico, svolge al tempo stesso una vasta attività politica, fornendo a varie riviste (“Le Père Peinard”, “La Voix du peuple”, “La Guerre sociale”…) disegni e caricature che mettono in discussione il sistema repubblicano in vigore. Questa attività si ripercuote sulla sua pittura dove si moltiplicano le allusioni al mondo del lavoro moderno e ai danni provocati dall’urbanizzazione (I piantatori di pali, riva della Senna a Billancourt / Les batteurs de pieux, quai de la Seine à Billancourt, 1902- 1903, Parigi, Musée d’Orsay). Questo impegno gli vale un’inchiesta all’inizio degli anni ’90 dell’Ottocento, e lo condurrà per qualche tempo in prigione nel 1894. Influenzato dai seguaci di Seurat, aderisce al neoimpressionismo che applica nei suoi dipinti fino alla fine del 1900. Fortemente segnato dal primo conflitto mondiale ma troppo vecchio per andare al fronte, realizza numerosi dipinti che hanno per tema la vita militare a Parigi (La Gare de l’Est, 1917, Parigi, Musée de l’Armée) in cui si esprime il suo ritorno a una tecnica di ispirazione impressionista. Dopo la guerra, applica questa tecnica a una serie di nudi, a scene di genere e a paesaggi della regione di Rolleboise, in Île-de-France, dove si è stabilito. Pittore stimato e ammirato, nel 1935 accetta la direzione della Société des Artistes indépendants e ne assume le responsabilità fino al 1940, data in cui rassegna le dimissioni per protestare contro il divieto di accesso alla manifestazione per gli artisti ebrei. Constantin Meunier Etterbeek, Bruxelles, 1831 / Ixelles, Bruxelles, 1905 “Ogni sera, fino all’età di quindici anni, ha pianto” scrive Verhaeren nell’“Art Moderne” del 21 agosto 1892. Suo padre muore quando ha soltanto quattro anni, la sua salute è precaria e la sua famiglia che conta sei figli non è né agiata né colta. Solo il caso porta la scultura sulla sua strada. Molte cose sono state ripetute sulla sua formazione. Seguiremo J. Van Lennep (Derrey-Capon 1987) secondo il quale trascorse quasi nove anni all’Accademia di Bruxelles dove fu formato al disegno (1845-1848), poi alla scultura da Louis Jéhotte (1849-1854); non sarebbe stato allievo di Charles Auguste Fraikin prima del 1852 e ha potuto esserlo solo al di fuori dell’Accademia; avrebbe avuto Navez per insegnante solo nel 1853-1854. Meunier avrebbe anche frequentato di sera l’atelier Saint-Luc, come l’amico Charles Degroux, importante figura della corrente realista belga. Nel 1851, esordisce al Salon di Bruxelles, dove Courbet presenta i suoi Spaccatori di pietre (Casseurs de pierres), con una scultura La ghirlanda (La Ghirlande). Sorprendentemente, dopo questa lunga formazione, dedicherà una trentina d’anni alla pittura con una predilezione per i soggetti religiosi e storici, e si sottoporrà a svariati compiti e commesse di interesse variabile per mantenere la famiglia. Nel 1878, trova finalmente il tema della sua arte. Ha quarantasette anni. Al centro delle sue preoccupazione ci saranno d’ora in poi la vita degli operai degli altiforni, delle vetrerie della valle della Mosa, il lavoro sfiancante del popolo del Paese Nero. Dopo un soggiorno di sei mesi a Siviglia (1882-1883), riprende la scultura senza abbandonare la pittura. Operai siderurgici, minatori, pudellatori, vagoniste delle miniere – nell’attesa del notevole Vecchio cavallo di miniera (Vieux cheval de mine) (Musée Meunier, MRBAB, Bruxelles) che suscita un’emozione degna del cane di Giacometti – invadono il suo studio. Al Salon des XX del 1885, al Salon di Parigi del 1886, le sue sculture sono accolte positivamente. Il realismo sociale è nell’aria, scioperi e violente rivolte si susseguono. Il Partito Operaio Belga è appena nato. Nel 1887, viene nominato docente di pittura all’Accademia di Louvain, e l’incarico gli permette di vivere. E quando nel 1896, Bing organizza una retrospettiva della sua opera nella giovanissima Galerie dell’Art Nouveau, lo scultore conosce il successo definitivo, vero e proprio trionfo sostenuto dal maestro Rodin. Uomo d’eccezione a cui la vita non risparmia nulla, lavorerà fino al giorno della morte nello studio della sua casa in Rue de l’Abbaye a Ixelles, diventata oggi un museo a lui dedicato. George Morren Ekeren, Anversa, 1868 – Bruxelles, 1941 Appartenente alla borghesia facoltosa e colta di Anversa, sposato in prime nozze con una donna abbiente, George Morren ha sempre avuto i mezzi per scegliere l’arte che voleva praticare. Sfruttò abbondantemente questo privilegio e, curioso per natura, provò tutto quello che poteva interessarlo. Su consiglio del pittore Emile Claus, amico di famiglia, si iscrisse all’Accademia di Anversa (1888-1890) all’epoca molto conservatrice, che frequentò con scarsa assiduità. Nel 1892-1893 avrebbe frequentato, a Parigi, gli studi di Puvis de Chavannes e di Carrière. Nel corso del 1889, si lega a Henri van de Velde, più vecchio di cinque anni e già convertito alle teorie di Seurat. Il potere di persuasione del nuovo amico lo spinge a lanciarsi in un approccio breve e personale del puntinismo (1889-1892), nello stesso stile che gli farà sfiorare un giorno le sinuosità di Vincent Van Gogh prima di cimentarsi nel dedalo delle arti decorative. Parteciperà con lui all’avventura effimera dell‘Association pour l’Art (1892- 1893). Tra il 1892 e il 1900, anno della partenza di Van de Velde per la Germania, Morren creerà numerosi oggetti e gioielli che riscuoteranno un certo successo e avranno un posto di spicco in saloni come quello della Libre Esthétique di Bruxelles. L’artista, che un giorno rinnegherà con una certa energia questa digressione decorativa, tornerà presto ai suoi primi amori impressionisti e finirà postnabis in uno stile piuttosto pesante, lontano da quello di cui ci occupiamo. È conosciuto oggi per l’impegno al fianco di due maestri del luminismo belga, Emile Claus e Adrien-Joseph Heymans, per fondare, nel 1904, e animare il circolo Vie et lumière, e per le sue scene intimiste dove si muovono, si pettinano e si agghindano giovani donne alla Renoir che indossano abiti chiari. Questo evidente riferimento che inizialmente lo lusingò, finì per infastidirlo poi profondamente, perché vi vedeva, probabilmente a giusto titolo, un non riconoscimento del suo stile personale. Si pensa evidentemente alla Toeletta (La Toilette), 1903, del Musée de Bruxelles e al Mese delle rose (Mois des roses), 1904 (collezione privata , Belgio). Notiamo inoltre che alcuni suoi disegni tra cui Sotto l’abat-jour (Sous l’abat-jour) (1892, collezione privata, Belgio) meriterebbero di figurare in cima all’elenco in un ipotetico inventario delle migliori opere neoimpressioniste su carta. Hippolyte Petitjean Mâcon, Saône-et-Loire, 1854 / Parigi, 1929 Allievo della Scuola municipale di disegno di Mâcon dove sviluppa il gusto per la linea che sottenderà tutta la sua opera, Petitjean si guadagna la stima dei professori, che gli permettono di ottenere una borsa municipale per proseguire gli studi a Parigi. Arrivato nella capitale nel 1872, si iscrive all’Ecole des Beaux-art e lavora nello studio di Alexandre Cabanel prima di entrare in quello di Pierre Puvis de Chavannes. Vincoli molto stretti legheranno il nostro artista a questo illustre mentore, che lo coinvolgerà talvolta nei suoi progetti decorativi e la cui influenza su Petitjean persisterà anche molto dopo la scomparsa. Nel 1880, per la prima volta, è ammesso al Salon dove espone episodicamente, per esempio nel 1882 e nel 1886. Nel 1884, conosce Seurat ma le sue prime esperienze neoimpressioniste risalgono solo al 1886. A partire dal 1891, e poi con grande regolarità, partecipa alle mostre della Société des Artistes indépendants a cui invia numerosi paesaggi, talvolta animati da personaggi, in cui si scorgono le sue tentazioni simboliste (Visione / Vision, Londra, vendita Christie’s, 1 aprile 2004, n. 8, studio preparatorio per un’opera non individuata), e numerose variazioni mitologiche sul tema del nudo. Partecipa anche a varie manifestazioni all’estero in compagnia dei colleghi neoimpressionisti e, per esempio, è presente a Berlino nel 1898, a Bruxelles nel 1893 e nel 1898, e a Weimar nel 1903. La sua devozione alla composizione e alla linea accademiche suscita aspre critiche negli ambienti neoimpressionisti che manifesteranno sempre più riserve nei suoi confronti. Insegnante di disegno in una scuola di Parigi, conduce una vita modesta ma, a partire dal 1901, ha una casa sua nelle vicinanze del Parc Montsouris sul frontone della quale fa iscrivere i nomi dei suoi tre principali modelli: Puvis de Chavannes, Millet e Ingres. Camille Pissarro Saint-Thomas, Isole Vergine, Antille danesi, 1830 – Parigi,1903 Jacob Abraham Camille Pissarro, nato nelle Antille danesi, dove il padre, negoziante ebreo originario di Bordeaux si era stabilito nel 1824, Pissarro viene mandato in Francia per proseguire gli studi nel 1842. Nel 1847, di ritorno in famiglia, si scontra violentemente con il padre quando afferma di voler diventare pittore invece di continuare l’attività paterna. Abbandona Saint-Thomas e parte per il Venezuela dove rimane due anni in compagnia del pittore di origine danese Fritz Melbye. Nel 1855, ritorna a Parigi, dove dipinge sotto l’influenza di Camille Corot e dei pittori en plein-air. Un suo paesaggio viene accettato al Salon del 1859, anno in cui conosce Paul Cézanne e Claude Monet. Respinto nel 1863, è tuttavia presente sul catalogo ufficiale dal 1864 al 1870. Rifugiatosi a Londra nel 1870-1871, dove incontra spesso Monet, ritorna a Parigi dove le porte del Salon gli sono ora vietate. Nel 1874, partecipa alla I Esposizione impressionista (Gelata bianca / Gelée blanche, 1873, Parigi, Musée d’Orsay) e rimarrà fedele alla manifestazione fino all’VIII e ultima edizione del 1886. Durante le ultime esposizioni, sostiene volentieri giovani artisti, come Seurat o Signac, che impone nel 1886 e che lo iniziano alla tecnica neoimpressionista, tecnica che pratica a partire dal 1886 (L’Île Lacroix. Rouen. Effetto di nebbia / L’Île Lacroix. Rouen. Effet de brouillard, 1888, Filadelfia, Philadelphia Museum of Art). Il suo interesse per il puntinismo, denigrato dagli ex amici impressionisti, non lo sprona però a unirsi agli Indépendants. Affetto da problemi agli occhi e scoraggiato dalla lentezza dell’esecuzione delle tele neoimpressioniste, abbandona il divisionismo verso il 1890, e torna al suo antico stile che riscuote successo in occasione di una mostra a Parigi presso Durand-Ruel, nel 1892. In seguito, il successo non lo abbandona più, e le numerose serie che dedica a scorci di Parigi, di Rouen o di Dieppe seducono pubblico e critica. Lucien Pissarro Parigi, 1863 – Hewood, Gran Bretagna, 1944 Maggiore dei cinque figli di Camille Pissarro, Lucien viene addestrato dal padre di cui adotta inizialmente la tecnica neoimpressionista (La chiesa di Gisors / L’Eglise de Gisors, 1888, Parigi, Musée d’Orsay). Espone a Parigi con gli Impressionisti nel 1886, e con gli Indépendants dal 1886 al 1894; partecipa alle manifestazioni del Cercle des XX a Bruxelles nel 1886 e 1888, prima di stabilirsi definitivamente in Inghilterra nel 1890. Questa separazione è all’origine di un fitto scambio di corrispondenza tra padre e figlio, che è una preziosa fonte di informazioni sulle trasformazioni artistiche franco-inglesi degli anni 1890, e sull’evoluzione estetica e intellettuale dei pittori a loro vicini; queste lettere permettono una lettura della difficile accoglienza critica del neoimpressionismo presso i fondatori dell’impressionismo. L’attività di Lucien Pissarro si diversifica nell’ultimo decennio del XIX secolo poiché abbandonando la pittura e la tecnica neoimpressionista, d i v e n t a incisore, ricordando l’insegnamento ricevuto presso l’incisore Auguste Lepère; nello stesso periodo perfeziona un sistema di cromolitografia influenzato dall’arte giapponese. Fonda in seguito, nel 1894, la casa editrice Eragny Press, che rivestirà un ruolo importante nello sviluppo dell’editoria d’arte europea di fine secolo. Si fa anche promotore in Gran Bretagna della pittura impressionista, grazie alla rete di relazioni dell’amico pittore Walter Richard Sickert e ai rapporti di favore che intrattiene, nonché attraverso mostre che organizza nell’ambito del New English Art Club. Alla morte del padre, nel 1903, Lucien Pissarro ritorna alla pittura e partecipa attivamente alla vita artistica inglese. Nel 1916, sceglie di adottare la nazionalità britannica. Gaetano Previati Ferrara, 31 agosto 1852 – Lavagna, Genova, 21 giugno 1920 Avviato a studi tecnici, dal 1870 frequenta la Scuola di Belle Arti di Ferrara sotto la guida di Gerolamo Domenichini e di Giovanni Pagliarini. Dal 1873 al 1876 è a Livorno come militare. In seguito si reca a Firenze dove frequenta lo studio di Amos Cassioli. Nel 1877 si trasferisce a Milano, dove fino al 1880 è allievo di Giuseppe Bertini all’Accademia di Brera, per poi aprire nel 1881 un proprio studio. Dopo un inizio come pittore di temi storico-letterari di straordinaria valenza emotiva – Gli ostaggi di Crema (1878) che gli valgono il Premio Canonica, Valentino a Capua, esposto a Torino nel 1880, Paolo e Francesca (1887) – stilisticamente indicativi dei suoi interessi per la scapigliatura e per Domenico Morelli di cui rimedita i temi religiosi, dalla fine del decennio, anche per influenza di Luigi Conconi, si volge a soggetti più conturbanti e illustra alcuni racconti di Edgar Allan Poe, rifiutati però dagli editori. Nel 1889 conosce Vittore Grubicy che lo introduce nell’ambiente dei divisionisti, contribuendo a consolidare la sua amicizia con Giovanni Segantini. Nel 1891 alla Triennale di Brera presenta Maternità eseguita con la tecnica divisionista; l’opera, accolta polemicamente a Milano, viene presentata a Parigi nel Salon de la Rose-Croix, circolo ispirato da idee misticosimboliste che conferma le inclinazioni spiritualiste del pittore. Dopo un periodo fervido di inventiva, ma di difficoltà economiche, nel 1898 firma un contratto che lo legherà a Vittore Grubicy fino al 1908 permettendogli di dedicarsi con più tranquillità alla pittura e di compiere proficui viaggi di studio in Liguria. Nel 1901 partecipa con più opere alla Mostra dell’Arte Sacra di Lodi, e tramite la Galleria di Alberto Grubicy espone nel 1902 alla Secessione di Berlino e al Palazzo delle Belle Arti di Milano e, nel 1905, alla Quadriennale di Monaco di Baviera. Nel 1907 partecipa al Salon des peintres divisionnistes organizzato a Parigi da Alberto Grubicy, e collabora alla realizzazione della Sala del Sogno alla Biennale di Venezia. I suoi interessi si orientano maggiormente verso temi religiosi e motivi allegorici: l’Assunzione (1903), Il Giorno sveglia la Notte (1905), L’Eroica (1907). Nel frattempo si dedica con impegno alla didattica delle teorie artistiche, iniziata nel 1896 con il saggio Memoria sulla tecnica dei dipinti; nel 1905 pubblica La tecnica della pittura, nel 1906 Principi scientifici del divisionismo, e nel 1913 Della pittura. Tecnica e arte. Nel 1911, grazie a un nuovo contratto con i fratelli Grubicy le sue opere vengono presentate in una mostra itinerante in Italia e all’estero. Nel 1917, il dolore per la morte della moglie e di un figlio, determina la fine dell’attività di Previati che si ritira a Lavagna dove morirà. Luigi Russolo Portogruaro, 1885 – Cerro di Laveno, Varese, 1947 Figlio dell’organista del duomo di Portogruaro, direttore della Schola Cantorum di Latisana, Luigi è avviato agli studi musicali. Nel 1901 si trasferisce a Milano dove frequenta l’ambiente culturale del tempo e in particolare il gruppo “Poesia”, avendo l’opportunità di incontrare Gaetano Previati e Romolo Romani. Nel frattempo segue i corsi di anatomia e di paesaggio all’Accademia di Brera; i suoi interessi si concentrano sulla tecnica dell’incisione, e nel 1909 esordisce con un gruppo di acqueforti alla mostra annuale di Bianco-Nero della Famiglia Artistica di Milano. All’esposizione conosce Boccioni di cui subisce l’influenza stilistica e tematica, come testimoniano soprattutto le serie di incisioni sul tema della madre, e i paesaggi di periferie industriali, dove tuttavia, i rimandi all’opera di Boccioni si coniugano a echi simbolisti memori della pittura di Previati che gli è di modello anche per la tecnica di divisione del colore. Nel 1910 incontra Marinetti e Carrà, con cui firma il Manifesto dei pittori futuristi; l’11 aprile dello stesso anno sottoscrive anche il Manifesto tecnico della pittura futurista. Da allora partecipa a gran parte delle esposizioni e delle serate futuriste; nel 1912, con Severini, è presente all’Esposizione dei futuristi italiani allestita a Parigi nella Galerie Bernheim-Jeune. Il suo interesse per la musica rimane vivo e nel 1913 scrive L’arte dei rumori, ed elabora la sua prima serie di Intonarumori, strumenti musicali idonei a materializzare l ’ i d e a della simultaneità tramite l’organizzazione dei rumori. Partecipa alla Prima guerra mondiale arruolandosi nel battaglione Volontari Ciclisti Lombardi. Ferito nel 1917, viene congedato e torna a Milano. Nel 1920 firma, con Fini, Sironi e Dudreville, il manifesto Contro tutti i ritorni in pittura, e partecipa alla mostra allestita nella Nuova Galleria di Mario Buggelli. La sua pittura acquisisce il tenore pacato e la semplificazione novecentiste. Nel 1921 con gli Intonarumori divenuti ben ventisette da undici che erano, tiene un concerto a Parigi al Teatro degli Champs-Elisées. Dopo un ultimo concerto parigino nel 1929, il fascino per le scienze occulte lo induce a ritirarsi in solitudine meditativa in provincia di Varese dove si dedica a studi metapsichici che sfoceranno nei saggi Al di là della materia e Dialoghi tra l’io e l’anima. Johannes Theodorus Toorop Perworredjo, Giava, 1858 – L’Aia 1928 Nel 1872, Toorop si stabilisce in Olanda e comincia il suo apprendistato al Politecnico di Delft, prima di entrare all’Accademia di Belle Arti di Amsterdam nel 1880, poi alla Ecole des Arts décoratifs di Bruxelles. Il suo interesse per la modernità si traduce nel 1884 nell’adesione al Cercle des XX e nell’adozione di una pittura impressionista. La scoperta dell’opera di Seurat genera in lui una conversione alla tecnica puntinista, a partire dal 1888-89, anche se il suo divisionismo è più intuitivo che scientifico. A partire dal 1905, la sua pennellata diventa più ampia e a mosaico. Impregnato di spiritualità dalla sua infanzia a Giava, Toorop partecipa nel 1892 al Salon de la Rose-Croix a Parigi. Rimane durevolmente influenzato dagli scritti del rosacruciano Sâr Péladan. Il temperamento passionale lo porta a lunghi dibattiti filosofici, ma lo rende incapace di esprimere il pensiero che guida la sua pittura; davanti all’espressione perplessa dei visitatori, dopo le spiegazioni confuse sul simbolismo delle sue opere, si mette al pianoforte e lascia che la musica parli al suo posto. Sensibile fin dagli inizi all’impegno sociale, curioso di tutte le avanguardie, molto legato a Ensor e Whistler, è un membro eminente del Cercle d’Art dell’Aia e incoraggia tutte le manifestazioni volte a promuovere e ad avvicinare le arti. Si interessa dal 1900 al movimento inglese Arts and Crafts di William Morris e lavora all’ideazione di affiche, vignette, illustrazioni e rilegature. Octave Maus lo invita a più riprese al Salon de la Libre Esthétique a Bruxelles. Fortemente caratterizzati dal simbolismo, da un’ispirazione talvolta esoterica o mistica che lascia libero corso alle volute decorative caratteristiche dell’Art Nouveau, i suoi disegni illustrano spesso soggetti religiosi, dopo la conversione al cattolicesimo romano nel 1905. Se Toorop è considerato un importante artista olandese, è soprattutto in qualità di esponente del simbolismo e dell’Art Nouveau ma, attraverso lo stile “luminista” e la semplificazione estrema delle sue marine dipinte in Zelanda, che preannuncia Gestel, Sluijters e Mondrian, artisti che vedranno in lui un maestro. Henry van de Velde Anversa, 1863 – Zurigo, 1957 Questo artista che deve la sua reputazione principalmente al contributo dato al design e all’architettura fu inizialmente un pittore di grande talento, fino ai primi anni ’90 dell’Ottocento. Quando nel 1892 Finch gli fa scoprire William Morris, decide di intraprendere la via delle arti decorative e, come gli amici, rifiuterà categoricamente qualsiasi divisione tra arti maggiori e arti minori considerando che arte e vita non possono essere dissociate. Sensibile al fatto che la bellezza deve essere accessibile a tutti senza per questo essere compromessa, sarà, attraverso le sue conferenze, i suoi scritti e le sue realizzazioni, uno dei principali promotori e difensori di una nuova estetica. Figlio di un farmacista molto stimato di Anversa, Henri van de Velde si iscrive nel 1880 all’Accademia di Belle Arti della città natale dove dimostra le sue brillanti doti. Frequenta lo studio di Charles Verlat (1883) e, a Parigi, quello di Carolus Duran (1884). Sempre ad Anversa, sarà cofondatore dei gruppi Als ik kan (1883), L’Art Indépendant (1886-1887) con l’amico di gioventù Max Elskamp, e L’Association pour l’Art (1891) soprattutto con George Morren. Stabilitosi nel 1886-1890 a Wechelderzande, incontra il pittore A.J. Heymans tramite Emile Claus e dipinge in stile “luminista”. A partire dal giugno 1887, vivrà al ritmo della malattia della madre che non lascerà mai fino alla morte, il 22 luglio 1888. Questo anno doloroso è quello in cui scopre la divisione del tono associata alla tecnica del puntinismo avendo notato ai Salons des XX – di cui diventerà membro nel novembre 1888 – le splendide opere inviate da Seurat nel 1887, come la Grande Jatte, e, nel febbraio 1888, quelle di Signac. Impressionato dallo loro arte e molto aperto alle idee innovatrici, si sforzerà di assimilare progressivamente i loro principi e li svilupperà fino al 1891 in opere rare ma pregnanti. Un’infatuazione per Van Gogh e per le sue curve precederà l’orientamento all’Art Nouveau di cui sarà tra i pionieri. Dal 1900 al 1917 lavorerà in Germania (Essen, Weimar), poi nel 1920 in Olanda. Tornerà a Bruxelles per dirigere l’Ecole d’Art de La Cambre – la cui fama è ancora attuale – prima di stabilirsi in Svizzera, nel 1947, per redigere le sue memorie. Théo van Rysselberghe Gand, 23 novembre 1862 – Saint Clair, 13 dicembre 1926 Theophile (detto Théo) van Rysselberghe segue studi accademici a Gand e poi a Bruxelles dove è allievo di Portaels ed Herbo. Debutta al Salon Triennal del 1880. Le sue prime opere, paesaggi della costa belga, nature morte e ritratti, sono caratterizzate dal realismo e poi influenzate dai soggiorni in Spagna e in Marocco. Per tutta la vita sarà un grande viaggiatore. Nel 1883 incontra Emile Verhaeren con il quale asseconderà Octave Maus nell’avventura del gruppo Les XX e della Libre Esthétique, facendo da intermediari e partecipando all’allestimento dei Saloni. Alla fine del 1885, il ritratto assume un posto più importante nella sua opera, e sotto l’influenza di Whistler, dei luministi belgi e degli impressionisti francesi, la sua tavolozza si schiarisce. Trascinato da Verhaeren, scopre dal 1886, a Parigi, la Grande Jatte di Seurat. Si lancerà tuttavia nel puntinismo solo nel 1888 con l’imponente e fastoso Ritratto di Alice Sèthe (Portrait d’Alice Sèthe) (Saint-Germain en Laye, Musée départemental du Prieuré). Signac capisce immediatamente l’importante ruolo che il pittore belga rivestirà nella diffusione della teoria di Seurat mediante l’applicazione magistrale – indubbiamente un po’ fredda – della tecnica puntinista alla figura umana. A partire dal 1895 si libererà progressivamente dal giogo ampliando la pennellata ma rimarrà fedele al divisionismo. A partire dal 1900-1905 e fino alla fine della vita, praticherà un impressionismo luminoso e morbido in cui il nudo, accanto a paesaggi, fiori e ritratti, si esprimerà in modo più carnale. Pittore, disegnatore, ma anche – soprattutto negli anni 1890 – incisore e affichiste, sarà, come Lemmen, un artigiano del libro, e collaborerà con l’amico Verhaeren e l’editore Edmond Deman. A lui si devono inoltre, ritratti scolpiti, alcuni mobili e gioielli, senza dimenticare i grandi pannelli decorativi. Stabilitosi a Parigi nel 1898, soggiornerà spesso nel Lavandou, come l’amico Cross, e vi si trasferirà definitivamente nel 1910. In occasione della mostra dedicatagli dalla Galerie Giroux a Parigi nel 1927, l’artista Maurice Denis gli renderà un bellissimo omaggio: “Ho apprezzato il pittore, mi è piaciuto l’uomo. Era il più affidabile degli amici; era retto, modesto e buono”. A B C D Paul Signac Saint-Briac. Le Béchet 1885, olio su tela 54x73 cm Collezione privata Georges Seurat La Seine à Courbevoie La Senna a Courbevoie 1885, olio su tela 81,4x65,2 cm Collezione privata Louis Hayet Bords de l'Oise, Pontoise Rive dell’Oise, Pontoise 1888 ca., olio su tela 55x63 cm Collezione privata Paul Signac Les Gazomètres. Clichy I Gasometri. Clichy 1886, olio su tela 65x81 cm Melbourne, National Gallery of Victoria. Australia, Felton Bequest,1948 Willy Finch Le Faubourg sous la neige Il Faubourg sotto la neve 1886 ca., olio su tela 91,5x151 cm Collezione privata ELENCO OPERE 1 - Seurat e Signac prima del neoimpressionismo Georges Seurat Sous-bois à Pontaubert Sottobosco a Pontaubert 1881-1882, olio su tela 79,1x62,5 cm New York, The Metropolitan Museum of Art, donazione di Raymonde Paul, in ricordo del fratello, C.Michael Paul, 1985 (1985.237) Georges Seurat Paysannes au travail Contadine al lavoro 1882-1883, olio su tela 38,5x46,2 cm New York, Solomon R. Guggenheim Museum Solomon R. Guggenheim Founding Collection, Donazione, Solomon R. Guggenheim (41.713) Georges Seurat Paysan à la houe Contadino con la zappa 1882, olio su tela 46,3x56,1 cm New York, Solomon R. Guggenheim Museum Solomon R. Guggenheim Founding Collection, Donazione, Solomon R. Guggenheim (41.716) Paul Signac Port-en-Bessin. La halle aux poissons Port-en-Bessin. Il mercato del pesce 1884, olio su tela 60x92 cm Collezione privata 2 - Periferie Georges Seurat Banlieue Periferia 1882 ca., olio su tela 32,4x40,5 cm Troyes, Musée d'Art Moderne de Troyes, donazione Pierre e Denise Lèvy Georges Seurat Paysage d'Ile-de-France Paesaggio nell’Ile-de-France 1881-1882, olio su tela 32,5x40,5 cm Bordeaux, Musée des BeauxArts (deposito del Musée d'Orsay). Lascito Albert Marquet 1948, con riserva di usufrutto da parte di Mme Albert Marquet; entrato nelle collezioni nazionali nel 1960 A C Paul Signac Avant du Tub. Opus 176 Veduta dalla prua del Tub. Opus 176 1888, olio su tela 45x65 cm Collezione privata Albert Dubois-Pillet Les Bords de Seine à Neuilly Le rive della Senna a Neuilly 1887 ca., olio su tela 65,1x81,3 cm Walter F. Brown Collection Léo Gausson Rivière et pont à Lagny-sur-Marne Fiume e ponte a Lagny-sur-Marne 1886, olio su tela 61x82 cm Collezione privata 3 - Le stagioni e i lavori B Camille Pissarro Briqueterie Delafolie à Eragny La fabbrica di mattoni Delafolie a Eragny 1886-1888, olio su tela 57,8x71,8 cm Collezione privata Camille Pissarro Troupeau de moutons, Eragny-sur-Epte Gregge di pecore, Eragny-sur-Epte 1888, olio su tela 46,2x55,2 cm Collezione privata D Henri Delavallée Le Puits en hiver Il pozzo in inverno 1887, olio su tela 38,1x45,7 cm Walter F. Brown Collectio E Albert Dubois-Pillet Saint-Michel d'Aiguilhe sous la neige Saint-Michel d’Aiguilhe sotto la neve 1889-1890, olio su tela 61x38 cm Le Puy-en-Velay, Musée Crozatier Henry van de Velde Paysage puéril Paesaggio infantile 1891, olio su tela 43,8x59 cm Mrs. Arthur G. Altschul F G H George Morren Le pré des lavandières (ou Jour de lessive) Il prato delle lavandaie (o Giorno di bucato) 1890, pastello su carta 41x53,5 cm Collezione privata 4 - Seurat, Signac: marine Georges Seurat La Grève du Bas-Butin, Honfleur La spiaggia di Bas-Butin, Honfleur 1886, olio su tela 67x78 cm George Morren Déclin du jour (ou Soir au bassin) Tramonto del giorno (o Sera al bacino) 1891, olio su tela 55x67 cm Collezione privata Paul Signac Saint-Briac. Les balises. Opus 210 Saint-Briac. Le boe. Opus 210 1890, olio su tela 63,8x80 cm Collezione privata Willy Finch Verger à La Louvière Frutteto a La Louvière 1890, olio su tela 54x67 cm Helsinki, Ateneum Art Museum, Finnish National Gallery Maximilien Luce Le Café Il caffè 1892, olio su tela 81x65,2 cm Collezione privata Johannes Theodorus Toorop Paysage avec marronnier Paesaggio con castagno 1889, olio su tela su tavola 66,7x77 cm Dordrecht, Dordrechts Museum Constantin Meunier Au Pays Noir Nel Paese Nero 1893 ca., olio su tela 81x94,5 cm Paris, Musée d'Orsay Théo van Rysselberghe Le Moulin du Kalf à Knokke o Moulin en Flandre Il Mulino del Kalf a Knokke o Mulino nelle Fiandre 1894, olio su tela 80x68,5 cm Collezione privata Henri Edmond Cross Vendanges (Var) Vendemmia (Var) 1892, olio su tela 95x140 cm Collection of Bruce & Robbi Toll F Paul Signac Portrieux. Le port (étude n. 3) Portrieux. Il porto (studio n°3) 1888, olio su tavola 16x24 cm Collezione privata H Paul Signac Concarneau. Calme du soir Opus 220 (allegro maestoso) Concarneau. Calma della sera. Opus 220 (allegro maestoso) 1891, olio su tela 64,8x81 cm New York, The Metropolitan Museum of Art, Robert Lehman Collection, 1975 (1975.1.209) Georges Seurat Gravelines: un soir, étude Gravelines: una sera, studio 1890, olio su tavola 16x25 cm in deposito al Musée de Saint-Tropez, l'Annonciade, lascito Georges Grammont 1959 Paris, Centre Pompidou, Musée national d'art moderne - Centre de création industrielle Georges Seurat Port-en-Bessin, avant-port, marée haute Port-en-Bessin, avamporto, alta marea 1888, olio su tela 67x82 cm Paris, musée d'Orsay, acquisito con parte di una donazione anonima canadese, 1952 Georges Seurat Le Chenal de Gravelines: un soir Il canale di Gravelines: di sera 1890, olio su tela 65,4x81,9 cm New York, The Museum of Modern Art. Dono di Mr. e Mrs. William A. M. Burden, 1963 Georges Lemmen Heyst. Midi. Marée haute Heyst. Mezzogiorno. Alta 1891, olio su tavola 12,5x21,7 cm Paris, Galerie Berès Emilio Longoni L'isola di San Giulio 1894-1895, olio su tela 110x90 cm Barlassina, Banca di Credito Cooperativo 5 - La città E Georges Seurat La Tour Eiffel 1889, olio su tavola 24x15,2 cm San Francisco, Fine Arts Museums of San Francisco, acquisto del museo, lascito fondo William H. Noble 1979.48 I Georges Seurat Chahut (étude) Chahut (studio) 1889-1890, olio su tavola 21,5x16,5 cm London, The Samuel Courtauld Trust, The Courtauld Gallery M Georges Seurat Chahut, étude Chahut, studio 1889-1890, olio su tela 55,7x46,2 cm Buffalo, The Albright-Knox Art Gallery Louis Hayet La Halle au blé Il mercato del grano 1887, tecnica mista su calicot 18,5x22 cm Collezione privata Louis Hayet Étal d'un marchand de volailles Bancarella di un venditore di pollame 1887-1888, tecnica mista su calicot 19x22 cm Collezione privata Louis Hayet Au café Al caffè 1887-1888, tecnica mista su calicot 23x18,5 cm Collezione privata Louis Hayet Fête foraine la nuit Festa notturna di saltimbanchi 1888, olio su tela 73x92 cm Genève, Musée du Petit Palais L Charles Théophile Angrand G L'Accident L’incidente 1886-87, olio su tela 51x65 cm Collezione privata L Maximilien Luce Quai de l'Ecole. Paris. Le soir Quai de l’Ecole. Parigi. La sera 1889, olio su tela 50,9x70 cm Collezione privata Maximilien Luce Le Louvre et le pont du Carrousel. Effet de nuit Il Louvre e il ponte del Carrousel. Effetto notte 1890, olio su tela 65x81 cm Walter F. Brown Collectio I Maximilien Luce Vue de Londres (Cannon Street) Veduta di Londra (Cannon Street) 1893, olio su tela, 65x81 cm Collezione privata Albert Dubois-Pillet Les Tours, Saint-Sulpice Le Torri, Saint-Sulpice 1887 ca., olio su tela 81x65 cm Walter F. Brown Collection Albert Dubois-Pillet La Seine à Paris La Senna a Parigi 1888, olio su tela 79,9x99,5 cm Collection of Bruce & Robbi Toll M N Hendricus Petrus Bremmer Paysage avec maisons Paesaggio con case 1898, olio su tela 42x56,5 cm Walter F. Brown Collection Luigi Russolo Periferia-Lavoro (o Periferia) 1909, olio su tela 77x61 cm Collezione privata 6 - Ritratti Paul Signac Etude pour "La Salle à manger" Studio per la “Salle à manger” 1886-1887, olio su tavola 14,5x25 cm Collezione privata Paul Signac Femme sous la lampe Donna sotto la lampada 1890, olio su tavola 24,5x15 cm Paris, Musée d'Orsay, donazione di Mme Ginette Signac, 1976 O Paul Signac Femme se coiffant. Opus 227 (arabesques pour une salle de toilette) Donna che si pettina. Opus 227 (arabeschi per una stanza da toeletta) 1892, encausto su tela applicata 59x70 cm Collezione privata N Henry van de Velde Portrait présumé de Laurent van de Velde à Blankenberghe Presunto ritratto di Laurent van de Velde a Blankenberghe 1888 ca., olio su tela 44x34 cm Bruges, Musée Groeninge Lucien Pissarro L'Atelier de l'artiste. Portrait de son frère L’Atelier dell’artista. Ritratto del fratello 1887, olio su tela 64,13x80,01 cm Indianapolis, Indianapolis Museum of Art, Donazione della famiglia e degli amici in memoria di Robert S. Ashby, 1995.100 Théo van Rysselberghe Emile Verhaeren dans son cabinet, rue du Moulin Emile Verhaeren nel suo studio in rue du Moulin 1892, olio su tela 86x75,6 cm Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, Archives & Musée de la Littérature P Théo van Rysselberghe Jeune fille au chapeau de paille (portrait d'Elisabeth van Rysselberghe) La ragazza col cappello di paglia (ritratto di Elisabeth van Rysselberghe) 1901, olio su tela 81x70 cm Collezione privata O Hippolyte Petitjean Jeune femme assise Giovane donna seduta 1892, olio su tela 73x60,5 cm Nancy, Musée des BeauxArts (deposito del Musée d'Orsay) Achille Laugé Portrait de Madame Astre Ritratto di Madame Astre 1892, olio su tela 198x133 cm Carcassonne, Musée des Beaux-Arts de Carcassonne Georges Lemmen Les deux sœurs o Les sœurs Serruys Le due sorelle o Le sorelle Serruys 1894, olio su tela 60x70 cm Indianapolis, Indianapolis Museum of Art, The Holliday Collection, 79.317 Henri Edmond Cross Nocturne aux cyprès Notturno con cipressi 1896, olio su tela 65x92 cm Genève, Musée du Petit Palais Gaetano Previati Nel prato (o Mattino) 1889, olio su tela 62x56 cm Firenze, Galleria d'Arte Moderna, Palazzo Pitti Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale della città di Firenze P 7 – Dopo Seurat: marine Willy Finch Estacade à Heyst; temps gris Frangiflutti a Heyst; tempo grigio 1891, olio su tela 67x90,5 cm Helsinki, Amos Anderson Art Museum, Sigurd Frosterus Foundation Théo van Rysselberghe Voiliers sur l'Escaut Vele sulla Schelda 1892, olio su tela 67x90 cm Collection of Bruce & Robbi Toll Q Théo van Rysselberghe Le Port de Cette. Les tartanes Il porto di Cette. Le tartane 1892, olio su tela 60x70 cm Collezione privata Henri Edmond Cross La Plage de la Vignasse La spiaggia della Vignasse 1891-1892, olio su tela 65,5x92,2 cm Le Havre, Musée Malraux, Collection SENN Henri Edmond Cross La mer clapotante, Il mare che sciaborda 1903 circa, olio su tela, 59x81,2 cm Collezione privata R Paul Signac Saint-Tropez. Après l'orage Saint-Tropez. Dopo il temporale 1895, olio su tela 65x81 cm Collezione privata Q Paul Signac Saint-Tropez. L'orage Saint-Tropez. Temporale 1895, olio su tela 46,5x55 cm Saint-Tropez, Musée de Saint-Tropez, L’Annonciade Paul Signac Clocher de Saint-Tropez Campanile di Saint-Tropez 1896, olio su tela 81x65 cm Toulouse, Fondation Bemberg Paul Signac Voiles et pins Vele e pini 1896, olio su tela 81x52 cm Collezione privata Paul Signac L’arc-en-ciel (Venise) L’arcobaleno (Venezia) 1905, olio su tela 73,7x92,3 cm Collezione privata Georges Lacombe La baie de Saint-Jean de Luz (côte de Sainte-Barbe) La baia di Saint-Jean de Luz (costa di Sainte-Barbe) 1904, olio su tela 50x61 cm Collezione privata Johannes Theodorus Toorop Mer brumeuse, plage de Katwijk Mare brumoso, spiaggia di Katwijk 1899, olio su tela montata su cartone dall’artista 39,5x43,5 cm Paesi Bassi, Triton Foundation R Giacomo Balla Agave sul mare, il mare di Anzio 1908, olio su tela 90x143 cm Collezione privata A B C D ELENCO AUTOCROMIE Louis Ducos du Hauron Agen eliocromia su legno (?) ottenuta con il procedimento a tricromia dell’autore, 1877 dimensione originale 13,5x18,9 cm Collezione Société française de photographie Louis Ducos du Hauron Tricromia retrospettiva, prime ricerche. Foglie e petali di fiori ottenuti per contatto nel 1869, s.d. fotocollografia, dimensione originale 9,7x11,5 cm Collezione Société française de photographie Louis Ducos du Hauron Riproduzione di tre negativi su carta a contatto selezionati per la fotografia dei colori con il metodo tricromo realizzati da Louis Ducos du Hauron nel 1869, s.d. tre stampe alla gelatina d’argento, dimensione originale 10,2x12,5 cm/10,1x12,3 cm/10x12,3 cm; il tutto 43,1x19,1 cm Collezione Société française de photographie Gabriel Lippmann Stampa giapponese Posa: 1 minuto 30 secondi, 1899 circa, Positivo a colori su vetro ottenuto con il metodo interferenziale dell’autore (emulsione Lippmann) dimensione originale, 8,1x8,2x1,3 cm Collezione Société française de photographie Gabriel Lippmann Farfalla 1899 circa, positivo a colori su vetro, ottenuto con il metodo interferenziale dell’autore (emulsione Lippmann) dimensione originale 8,1x8,1x1,1 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz La pittrice 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie A Antonin Personnaz Signora con l’ombrello rosso 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie D Antonin Personnaz Campo nella nebbia 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie B C Antonin Personnaz Bambini sulla spiaggia 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz La riva al tramonto 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Cani davanti al mare 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Fabbriche dei dintorni di Parigi 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Porto di Biarritz 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Nuvole sul mare 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Spiaggia mediterranea 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Léon Gimpel 17 agosto 1913, salvataggio di due bimbi accerchiati dall’acqua 1913, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Roccia (Bec du Hoc) 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Antonin Personnaz Chiatte 1910 circa, lastra autocroma dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie Fernand Monpillard Il pappagallo di John Joly marzo 1908, riproduzione su lastra autocroma di una fotografia ottenuta con il metodo Joly dimensione originale 9x12 cm Collezione Société française de photographie DAI PENNELLI AI PIXEL UNA SERIE DI CONFERENZE PER LA MOSTRA SEURAT SIGNAC E I NEOIMPRESSIONISTI Dalle pennellate di Seurat e Signac alle opere d’arte dei nostri giorni fatte dai videoartisti con i pixel, passando attraverso la storia della pittura, della fotografia, della letteratura e cercando di capire meglio i meccanismi della percezione visiva. La mostra “Georges Seurat – Paul Signac e i neoimpressionisti” a Palazzo Reale di Milano dal 10 ottobre al 25 gennaio accompagnerà i suoi visitatori con una serie di conferenze e lezioni alla portata di tutti che si svolgeranno lungo i tre mesi di apertura della mostra, con appuntamenti a cadenza bisettimanale. Gli incontri, della durata di un’ora, fanno largo uso di materiale iconografico e si terranno nella sala conferenze di Palazzo Reale. A tenere le conferenze specialisti in diversi ambiti culturali che affronteranno gli argomenti della mostra – soprattutto il colore e la sua percezione, la vicenda biografica e il contesto nel quale operarono i neoimpressionisti – dal loro punto di osservazione, in modo da completare il quadro degli argomenti nel modo più esaustivo e stimolante possibile soprattutto per un pubblico non specializzato. La prima conferenza sarà proprio sulla grande stagione del neoimpressionismo e sarà tenuta dalla curatrice della mostra, Marina Ferretti Bocquillon. A seguire una lezione della designer del colore Francesca Valan su come il colore viene oggi attentamente curato anche nel marketing e nella comunicazione aziendale, e il tema della fotografia del colore, svolto dalla storica della fotografia Silvana Turzio. Con Marco Belpoliti, autore e saggista che si è occupato a lungo di questi temi, ci si sposta sul terreno della percezione e della storia sociale della visione, mentre Marina Pugliese, storica dell’arte e conservatore delle opere del XX secolo delle collezioni d’arte del comune di Milano, si occupa della tecnica pittorica dei neoimpressionisti. Sarà prismatica la tavolozza di Seurat, secondo l’illustrazione che ne farà Giuseppe Di Napoli, docente a Brera e autore del fortunato saggio Il colore dipinto, mentre Roberto Casati, esperto di scienze cognitive, spiegherà perché i pittori fanno così fatica a dipingere un’ombra. La francesista Eleonora Sparvoli ci fa compiere un salto indietro, recuperando il legame filosofico che legò Georges Seurat a Marcel Proust, che sembrò prendere ispirazione dalle tecniche del pittore per alcune sue novelle; le letture teatrali di Massimiliano Finazzer Flory, che pescherà da un vasto repertorio di poeti francesi (da Mallarmé a Baudelaire) ci riporteranno alle raffinate atmosfere culturali coeve dei grandi pittori in mostra; infine, un salto nella nostra realtà contemporanea con la giornalista ed esperta di web-art Chiara Somajni che racconterà come i pixel, i piccoli punti che vediamo nei nostri schermi del pc, sono entrati nella vita quotidiana e nell’arte del nostro tempo. In compagnia di Quirino Principe, illustre musicologo, ascolteremo da vicino le stesse musiche che sentivano i pittori neoimpressionisti e capiremo come ne furono influenzati e le influenzarono. Programma Conferenze GIOVEDÌ 16 OTTOBRE ore 18 MARINA FERRETTI BOCQUILLON conversazione con Stefano Salis La rivoluzione dei neoimpressionisti Marina Ferretti Bocquillon è responsabile degli archivi Signac con Françoise Cachin, cura i progetti speciali al Museo d’Orsay e, dal 2003, è responsabile presso il comune di Le Cannet per la creazione di un museo Bonnard, oltre ad essere curatrice delle mostre ivi organizzate su Bonnard e Vuillard. Studiosa specializzata sul periodo impressionista e neoimpressionista, ha curato e collaborato alla realizzazione di numerose mostre sull'argomento soprattutto in Francia, in Europa e negli Stati Uniti, tra cui la grande esposizione itinerante dedicata nel 2001 a Signac, a Parigi, Amsterdam e New York, e la mostra Le Néo-impressionnisme. De Seurat à Paul Klee, con Serge Lemoine, al musée d’Orsay di Parigi nel 2005. Oltre ai cataloghi delle mostre è autrice (con Françoise Cachin) del catalogo ragionato: Signac. Catalogue raisonné de l’oeuvre peint (Parigi, Gallimard, 2000) e di numerosi saggi con approfondimenti specifici per esempio sulla produzione di disegni e di acquarelli da parte di Seurat e Signac e sulle loro collezioni. GIOVEDÌ 23 OTTOBRE ore 18 FRANCESCA VALAN Contrasti e Armonie: dalle teorie di Chevreul al design del colore Francesca Valan, designer, ha collaborato con Jorrit Tornquist e con Clino Castelli. E' specializzata nella progettazione dell'Identità di Prodotto tramite la definizione dei colori, dei materiali e delle finiture. Pianifica il colore di prodotti per importanti aziende italiane e internazionali. Insegna progettazione del colore all'Istituto Europeo di Design di Milano e in altre scuole di design e architettura. GIOVEDÌ 30 OTTOBRE ore 18 SILVANA TURZIO La fotografia del colore tra opacità e trasparenza Silvana Turzio, docente universitaria e pubblicista, opera da molti anni in campo fotografico con mostre e curatela di cataloghi internazionali su materiali inediti (tra gli altri: Archivi della Scala di Milano, Archivi di polizia per la fotografia criminale, I fondi di André Kertèsz e di Jacques Henri Lartigue) ha lavorato per molti anni in Francia presso Istituzioni pubbliche specializzate in fotografia e costituito alcune collezioni private, pubblicato saggi e articoli sulla storia e l’estetica della fotografia. GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE ore 18 MARCO BELPOLITI Diario dell’occhio. Percezione, realtà, società Marco Belpoliti saggista e scrittore, ha pubblicato molti libri, tra i quali L'occhio di Calvino (1996 e in nuova edizione 2006), Settanta (2001), Doppio zero (2003), Crolli (2005), La prova (2007) e curato l'edizione delle Opere (1997) di Primo Levi, tutte per Einaudi. Collabora a molti giornali tra i quali La Stampa e il manifesto. Ha curato la parte letteraria della mostra Anni Settanta alla Triennale di Milano. Il suo ultimo libro si intitola Diario dell’occhio (Le Lettere) e raccoglie il meglio della sua rubrica di recensioni di copertine di libri pubblicata dal supplemento Alias de il manifesto. GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ore 18 MARINA PUGLIESE Dalla Tache al Pointillisme. La tecnica pittorica dei neoimpressionisti Marina Pugliese, storica dell'arte, è conservatore responsabile delle collezioni di arte del XX secolo per il Comune di Milano e coordinatore per l'Italia di Incca (International Network for the Conservation of Contemporary Art). Si interessa degli aspetti materici, tecnici e conservativi dell'arte contemporanea nonché della relazione tra opera d'arte e contesto espositivo. Tra le sue pubblicazioni più recenti Tecnica Mista. materiali e procedimenti nell'arte del XX secolo (Bruno Mondadori 2006); con Carlo Birrozzi, L'arte Pubblica nello spazio urbano. Committenti, artisti, fruitori (Bruno Mondadori, 2007). Attualmente sta lavorando con Barbara Ferriani ad un libro per Electa sulla storia e la conservazione delle installazioni. GIOVEDÌ 20 NOVEMBRE ore 18 GIUSEPPE DI NAPOLI La tavolozza prismatica Diplomato in Pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, Giuseppe di Napoli ha esposto in numerose mostre personali e collettive in gallerie nazionali ed europee. E’ titolare della cattedra di Educazione Visiva e Discipline Pittoriche al Liceo Artistico Brera di Milano; insegna Metodologia progettuale della comunicazione visiva; Teoria e pratica del disegno prospettico all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano; Disegno e Colore all’Istituto Europeo del Design di Milano. Tra i suo libri: Il colore dipinto (Einaudi), Disegnare e conoscere (Einaudi); Segno Forma Spazio Colore (Zanichelli). E’ stato invitato a parlare del colore in numerose conferenze ed è intervenuto in tre puntate della trasmissione televisiva Dodicesimo round di RAI Due. GIOVEDÌ 27 NOVEMBRE ore 18 MASSIMILIANO FINAZZER FLORY In cammino, con poesie e parole: da Apollinaire a Baudelaire. Passando per Rimbaud Massimiliano Finazzer Flory, saggista, autore di teatro e attore. Ha messo in scena le figure di Virgilio, Rilke, Borges e ora Beethoven. È curatore di rassegne culturali su tutto il territorio nazionale ed ideatore di nuovi format in cui si intrecciano filosofia e letteratura. Dirige due collane editoriali per San Paolo Edizioni (A passo d'uomo) e Skira Editore (Pezzi di città). Tra le sue ultime pubblicazioni: Il gioco serio dell’Arte (BUR, Milano 2008) e Cittàteatro (Moretti&Vitali editori, Bergamo 2008). Nel 2007 gli è stata conferita dal Comune di Milano la Medaglia d’Oro di Benemerenza Civica, Ambrogino d'Oro. GIOVEDÌ 4 DICEMBRE ore 18 ROBERTO CASATI Perché i pittori fanno così fatica a disegnare un’ombra? Roberto Casati è direttore di ricerca del CNRS all'Institut Nicod (Ecole Normale Supérieure) di Parigi. Filosofo delle scienze cognitive, ha studiato la rappresentazione dello spazio e degli oggetti nello spazio, tra cui oggetti poco ortodossi come i buchi (Holes, con A. Varzi, MIT Press), i suoni (La philosophie du Son, con J.Dokic), e le ombre (La scoperta dell'ombra, Laterza). Autore di un vasto numero di pubblicazioni scientifiche su importanti riviste internazionali, sta lavorando con lo psicologo cognitivo Vittorio Girotto a un libro sulle Soluzioni creative. GIOVEDÌ 11 DICEMBRE ore 18 ELEONORA SPARVOLI Sulla strada di Seurat: Proust e la creazione melanconica Eleonora Sparvoli insegna Letteratura Francese Contemporanea all’Università degli Studi di Milano. E’ specialista dell’opera di Marcel Proust, cui ha dedicato diversi articoli e due monografie: Contro il corpo. Proust e il romanzo immateriale (Franco Angeli); L’avventura mancata. Stile in Marcel Proust (Cisalpino). E’ uno dei curatori del volume Proust et la philosophie aujourd’hui (Ets). Dopo la conferenza saranno videoproiettati bozzetti e proposte di messa in scena di una drammaturgia ispirata alla novella proustiana Melanconica villeggiatura di M.me de Bryves, attraverso la materia pulviscolare grafica e pittorica di Seurat. GIOVEDÌ 8 GENNAIO ore18 QUIRINO PRINCIPE "Il suono giallo"... E il suono azzurro? E il suono rosso? Tra tonalità e sfumatura, la musica ai tempi dei neoimpressionisti Quirino Principe è nato a Gorizia nel 1935. Insegna filosofia della musica, nella facoltà di lettere dell'università di roma III. Fra i suoi libri di argomento musicale: Mahler (1983), Strauss (1989), I quartetti di Beethoven (1993), La musica a Milano nel Novecento (1996), Il teatro d'opera tedesco (2004). Traduttore da varie lingue, è il curatore dell'edizione italiana del Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien. E' croce d'onore della Repubblica d'Austria e Accademico di Santa Cecilia. GIOVEDÌ 15 GENNAIO ore 18 CHIARA SOMAJNI Il puntinismo digitale. Come fare un'opera d'arte con i pixel Chiara Somajni è giornalista del Sole 24 Ore. Si occupa di cultura digitale e arti visive. Ha insegnato nel corso Arte e tecnologia del CLEACC – Corso di laurea in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione - dell'Università Bocconi di Milano Fuori programma: Conferenza presso sede Fnac, c.so Torino (via della Palla 2), Milano LUNEDI’ 20 OTTOBRE ore 18 SILVANA TURZIO Seurat e Signac: come i neoimpressionisti hanno scoperto la fotografia Assieme a Silvana Turzio, docente universitaria e pubblicista che da anni opera in campo fotografico in Italia e all’estero, andiamo ad approfondire, uno dei temi più interessanti dell’arte contemporanea: il rapporto tra arte e fotografia. E nello specifico tra neoimpressionisti e pellicola. L’incontro avrà luogo proprio all’interno della Galleria Fotografica Fnac. Per i soci Fnac ingresso ridotto in mostra presentando alla cassa la carta soci. MARINA FERRETTI BOCQUILLON - responsabile degli archivi Signac con Françoise Cachin dal 1985 - curatrice per progetti speciali al Museo d’Orsay dal 1998 - curatrice e responsabile presso il comune di Le Cannet per la creazione di un museo Bonnard dal 2003 - curatrice della mostra Seurat, Signac et le néo-impressionnisme, Milano, Palazzo Reale, ottobre 2008 anni precedenti - curatrice della mostra Bonnard photographe/Bonnard photographié, Le Cannet, dicembre 2007 - curatrice della mostra Vuillard. Peintures, Le Cannet, giugno - settembre 2006 - curatrice della mostra Bonnard illustrateur, Le Cannet, maggio – settembre 2005 - curatrice della mostra Le Néo-impressionnisme. De Seurat à Paul Klee, con Serge Lemoine, musée d’Orsay, Parigi, marzo –luglio 2005 - curatrice della mostra Paul Signac, avec Françoise Cachin, Fondation Pierre Gianadda, Martigny, Svizzera, 18 giugno - 23 novembre 2003 - collaborazione per la mostra Degas e gli Italiani a Parigi, settembre 2003, Ferrara, Palazzo dei Diamanti ; Ann Dumas curatrice - curatrice della mostra Signac, 2001, Parigi, Grand Palais, Amsterdam, Vincent van Gogh Museum e New York, Metropolitan Museum of Art - collaborazione per la mostra Beyond the easel : decorative painting by Bonnard, Vuillard, Denis and Roussel 1890-1930 (2001, Chicago, The Art Institute; Gloria Groom curatrice) - collaborazione per la mostra Mary Cassatt, modern woman (1998-1999, Chicago, The Art Institute ; Judith Barter curatrice - collaborazione per la mostra Monet and the Mediterranean (1997, Fort Worth, Kimbell Art Museum ; Joachim Pissarro curatore) - collaborazione per la mostra Renoir ; les portraits (1997-1998, Ottawa, National Gallery, Chicago, The Art Institute et Fort Worth, Kimbell Art Museum ; Colin Bailey curatore) - collaborazione per la mostra Impressionnisme; les origines 1859-1869 (1994, Parigi, Grand Palais e New York, Metropolitan Museum of Art ; Henri Loyrette e Gary Tinterow curatore) - curatrice della mostra Signac et Saint-Tropez 1892-1913 (1992, Saint-Tropez, musée de l’Annonciade et Reims, musée des Beaux-Arts) - collaborazione per la mostra Seurat (1991, Parigi, Grand Palais, e New York, Metropolitan Museum of Art ; Françoise Cachin e Robert Herbert curatore) pubblicazioni - Seurat et le dessin néo-impressionniste, Parigi, Musée d’Orsay – 5 Continents, 2005 - Le Néo-impressionnisme. De Seurat à Paul Klee, catalogo della mostra, Paris, RMN/musée d’Orsay, 2005 - L’Impressionnisme, collection “Que sais-je ?”, Parigi, Presses Universitaires de France, 2004 - Signac, catalogo della mostra, Martigny, Fondation Pierre Gianadda, 2003 - Signac, catalogo della mostra, Parigi, Grand Palais, Amsterdam, Van Gogh Museum e New York, The Metropolitan Museum of Art, 2001 - Signac aquarelliste, Parigi, Adam Biro, 2001 (traduzione inglese, Signac Watercolors, Vilo) - Signac. Catalogue raisonné de l’oeuvre peint (co-autore, con Françoise Cachin), Parigi, Gallimard, 2000 - Paul Signac, dessins et aquarelles. Collection inédite (“La Collection James Dyke: l’oeuvre graphique de Paul Signac”), 2000, New York, Abrams e Parigi, La Martinière - Signac & Saint-Tropez 1892-1913, catalogo della mostra, musée de l’Annonciade, Saint-Tropez, 1992