IN COLLABORAZIONE CON
CATALOGO
COMUNICATO STAMPA
Apre a Milano la prima grande retrospettiva realizzata in Italia e dedicata al neoimpressionismo, sotto l’Alto Patronato del
Presidente della Repubblica Italiana e promossa dal Comune di Milano – Cultura. Con il patrocinio del Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, del Ministero degli Affari Esteri, dell’Ambasciata di Francia in Italia, della Regione Lombardia, della Provincia di
Milano, del Centre culturel français de Milan, e con la partecipazione del Musée d'Orsay, la mostra è prodotta da Palazzo Reale
e da Arthemisia.
A cura della studiosa francese Marina Ferretti Bocquillon, "Chargée de Mission" al Musée d'Orsay di Parigi e con importanti
incarichi museali in Francia, la mostra s’incentra sulle figure di Georges Seurat e Paul Signac, presentando una scelta di loro
straordinari dipinti provenienti dai più importanti musei del mondo (tra cui il Musée d'Orsay di Parigi, il Metropolitan e il
Guggenheim Museum di New York) ed è pensata per far scoprire al pubblico le due personalità artistiche nel rispettivo ruolo e
nel fondamentale contributo che diedero alla nascita e allo sviluppo del neoimpressionismo, diffusosi rapidamente soprattutto in
Francia ed in Belgio.
La storia del neoimpressionismo inizia nel 1884, quando i due artisti si incontrano per la prima volta, e la mostra evidenzia la
loro evoluzione fino alla nascita del movimento, durante l’inverno 1885-86.
La Seine à Courbevoie è l’opera dipinta da Seurat nel momento in cui le sue ricerche segnano un vero e proprio
traguardo artistico, dopo i numerosi studi eseguiti nell’isola della Grande Jatte. Ed è proprio in quel momento che il pittore
mette in pratica il principio fondamentale della divisione del colore, secondo il quale, ponendo sulla tela piccoli tocchi di
colori puri, viene lasciato alla retina dello spettatore il compito di operare, in una visione a distanza, la mescolanza dei
toni cromatici.
Il neoimpressionismo è nato e la nuova tecnica, applicata con più o meno rigore, conosce un’ampia diffusione fino alla morte di
Seurat nel 1891. Durante gli ultimi venti anni del movimento, dal 1891 al 1910, è soprattutto sotto l’impulso di Signac che la
tecnica neoimpressionista si libera maggiormente ed evolve verso un’espressione sempre più intensa del colore.
Il percorso della mostra è organizzato secondo uno sviluppo tematico in sette sezioni che colloca le opere nel loro contesto
storico, e offre altresì una coerenza cronologica che consente di seguire l’evoluzione stilistica del neoimpressionismo. Inoltre,
un’opera italiana, divisionista o prefuturista (tra cui dipinti di Balla, Previati, Russolo, Longoni), completa ogni sezione in cui è
diviso il percorso, per sottolineare la confluenza degli interessi artistici europei durante quel periodo, particolarmente ricco
d’innovazioni estetiche.
Sezioni della mostra:
1 - Seurat e Signac prima del neoimpressionismo
Di formazione e temperamento opposti, Seurat e Signac si conoscono nel 1884 durante la prima mostra del gruppo degli
“Artistes Indépendants” a Parigi. Georges Seurat (1859-1891) ha ventiquattro anni e cerca leggi sicure che regolino il concetto
di bellezza in quanto ai suoi occhi “l’arte è armonia”.
È l’anno in cui Seurat, formatosi all’Ecole des Beaux-Arts, espone la sua prima grande composizione Une baignade. Asnières
(1884, Londra, National Gallery), nella quale conferisce ad una scena di vita moderna le dimensioni di un quadro storico. Le
opere del giovane Seurat si distinguono subito per una geometria insistente, e negli studi si può notare, sin dal 1882-83, una
“mise en place” dai tocchi regolari come in Paysan à la houe (1882) e Paysannes au travail (1882-83) (entrambi dal Solomon R.
Guggenheim Museum di New York), che rendono uniforme e unitaria l’insieme della superficie.
Paul Signac (1863-1935) ha vent’anni e dipinge da autodidatta, dopo essere rimasto affascinato da una mostra di Monet, per
cui molto presto assimila la tecnica impressionista. La libertà offerta dal lavoro “en plein air”, l’amore per una luce ed un colore
scintillanti, corrispondono alla sua sensibilità. Tutto ciò però non gli impedisce di privilegiare, come Seurat, le composizioni
frontali e ben orchestrate che limitano gli effetti prospettici ed affermano la superficie della tela. Tanto Seurat è riservato, quanto
Signac è estroverso e preso dalla passione per il colore. Sicché toccherà a lui, chiamato ben presto il San Paolo del
neoimpressionismo, diffondere e divulgare la teoria della divisione dei toni.
Nonostante le differenze, i due artisti, divenuti amici, condividono il gusto del rigore, della modernità e soprattutto l’ambizione di
essere innovativi. Vogliono essere obiettivi scegliendo di descrivere il mondo moderno, secondo il linguaggio che gli è proprio
ovvero nuovo e scientificamente all’avanguardia. Si interessano quindi ai trattati di ottica ed allo studio della percezione dei
colori.
2 - Periferie
Nel corso della seconda metà del XIX secolo, Parigi, come la maggiore parte delle grandi città europee, si espande e nella
periferia i neonati quartieri residenziali confinano con le zone industriali. Questo nuovo paesaggio fa sì che i parigini ricerchino
nuovi svaghi sulle rive della Senna.
Appassionato di vela, Signac, scopre ad Asnières, dove vive la madre, contemporaneamente le gioie della navigazione e quelle
della pittura “en plein air”. Sempre ad Asnières, Seurat inizia nel 1883 la sua prima composizione: Une baignade. Poco lontano
si trova l’isola della Grande Jatte, dove i parigini si recano a passeggiare, ed è questo il luogo che l’artista sceglie per dipingere
il quadro considerato l’icona del neoimpressionismo, Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte (1884-86, Art
Institute of Chicago). Iniziato nel 1884, il quadro viene ripreso e modificato da Seurat, nel corso dell’inverno 1885-1886,
raggiungendo una divisione sistematica dei toni.
Signac non perde tempo e subito dopo, nel marzo-aprile 1886, dipinge Les Gazomètres. Clichy, (Melbourne, National Gallery
of Victoria) il suo primo paesaggio rigidamente neoimpressionista. Nel maggio 1886, espongono quindi entrambi, con Camille e
Lucien Pissarro all’ottava ed ultima esposizione impressionista, presentando le loro prime opere “neoimpressioniste” intorno a
Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte. Rapidamente il neoimpressionismo si diffonde in Francia e in Belgio, con
sempre più numerosi emuli, sedotti, se non dalla portata scientifica, sicuramente dalla novità del procedimento.
3 - Le stagioni e i lavori
I giovani pittori neoimpressionisti hanno ereditato dai fratelli maggiori impressionisti un gusto spiccato per l’analisi e la
traduzione della luce dell’Ile de France. Spesso privi di presenze umane, i paesaggi di Camille Pissarro, di Albert DuboisPillet e di Henri Edmond Cross, dei belgi Henry van de Velde o Théo van Rysselberghe e dell’olandese Jan Toorop, si
organizzano secondo una geometria semplice in cui lo studio della luce diventa il vero e proprio soggetto del quadro. Queste
tele esprimono una poesia distaccata, quasi astratta, e possono riassumersi in un’armonia cromatica più o meno sfumata
secondo il temperamento dell’artista. Significativi in tal senso Briqueterie Delafolie à Eragny (1886-88) di C. Pissarro e Paysage
avec marronnier (1889, Dordrechts Museum) di Toorop.
Tuttavia, nelle opere di alcuni pittori appare una preoccupazione d’ordine sociale: il belga Constantin Meunier è un precursore
in questo campo, seguito da Georges Morren, e in Francia, da Maximilien Luce che diventa il poeta del mondo operaio.
4 – Seurat, Signac: marine
Grazie allo sviluppo della ferrovia, i parigini scoprono il fascino delle spiagge normanne e bretoni. Come Monet, anche Seurat e
Signac trascorrono di solito l’estate in riva al mare e se nei mesi invernali, Seurat nel suo atelier si dedica alle grandi
composizioni che chiama “Immagini di lotta”, in estate lavora alle Marine.
Marine che sono spesso un puro studio di linee e di colore e che costituiscono un punto fra i più alti dell’arte di Seurat
e Signac. Entrambi danno libero corso alla passione per l’analisi della luce e allo sviluppo degli accordi cromatici
particolarmente raffinati, in cui la piccola pennellata fa vibrare la superficie della tela come in Port-en-Bessin, avant port, marée
haute del 1888 (Parigi, Musée d’Orsay) e in Le chenal de Gravelines: un soir (1890, New York, The Museum of Modern Art) di
Seurat. La purezza formale di queste immagini conferisce loro una poesia quasi musicale e, infatti, non contento di attribuire ai
suoi quadri un numero “d’opus”, Signac li ha spesso sottotitolati evocando il ritmo di una partitura, come “l’allegro maestoso” di
Concarneau: Calme du soir (New York, The Metropolitan Museum of Art, Lehman Collection).
5 - La città
La Parigi di fine Ottocento è un immenso cantiere. Dopo aver visto il tessuto urbano rimodellato dal prefetto Haussmann, i
parigini assistono al completamento della ristrutturazione delle Halles e alla costruzione della Tour Eiffel.
Ma, per gli artisti, Parigi evoca principalmente l’atelier, quello in cui le modelle posano e dove sono elaborate le composizioni
più ambiziose perché i pittori neoimpressionisti hanno un approccio del tutto diverso da quello impressionista. Tramite disegni,
studi dipinti e schizzi procedono con un lavoro progressivo, riannodando così con le tradizioni della pittura classica.
Parigi è comunque un luogo di svaghi e di ritrovi e gli artisti s’incontrano nei caffè, frequentano locali notturni ed assistono a
spettacoli alla moda: il circo, il cabaret e soprattutto il “Can-can”, come testimoniano i due più importanti studi di Seurat,
eccezionalmente in mostra, Chahut (ètude), 1889-90 (London, Courtauld Institute of Art) e Chahut (ètude), 1889-90
(Buffalo, Albright-Knox Art Gallery) mentre Louis Hayet dipinge per esempio, e sono anch’essi in mostra, Au café e La Halle
au blé.
Di notte poi, l’illuminazione a gas dà un nuovo viso alla capitale e il pittore Angrand è il primo a studiarne gli effetti, mentre la
poesia notturna delle grandi città con i lampioni accesi seduce particolarmente Maximilien Luce, di cui vediamo Quai de
l'Ecole, Paris. Le soir del 1889. La città è infine il luogo delle mostre, tuttavia i giovani pittori rifiutano di sottoporre le loro opere
alla Commissione del “Salon Officiel” (esposizione annuale che si teneva nella Parigi ottocentesca i cui organizzatori
controllavano l’intero settore artistico) ed espongono in alternativa sia al “Salon des Artistes Indépendants” di Parigi sia al
“Cercle des XX” di Bruxelles.
6 - Ritratti
La figura umana è il soggetto più rappresentato nella storia della pittura occidentale. I pittori neoimpressionisti affrontano questo
tema sia nelle loro grandi composizioni sia nei numerosi ritratti, per lo più dei loro familiari: Héloïse Signac, madre dell’artista, è
ritratta in La Salle à manger (1886-87), di cui è esposto un mirabile studio, e vediamo la sua compagna, Berthe Roblès, in
Femme sous la lampe (Parigi, Musée d'Orsay) e in Femme se coiffant. Lucien Pissaro dipinge il giovane fratello Georges al
lavoro, come si vede ne L'Atelier de l'artiste. Portrait de son frère (1887, Indianapolis Museum of Art). Anche Théo van
Rysselberghe ci ha lasciato numerosi ritratti, tra cui, splendidi, quelli della figlia Elisabeth e dell’amico Emile Verhaeren (1892,
Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique), poeta e difensore della causa neoimpressionista. Georges Lemmen ci ha
consegnato invece, da ammirare ora in mostra, il meraviglioso dipinto delle piccole Serruys, Les Soeurs Serruys (1894,
Indianapolis Museum of Art) sorelle della sua allieva, la pittrice Yvonne Serruys.
7 - Dopo Seurat: marine
Dopo la morte di Seurat nel 1891, Signac è a capo del neoimpressionismo. Lo stesso anno, Cross si stabilisce nel Sud della
Francia dove vive come un eremita a Cabasson. Nel 1892 Signac scopre intanto Saint-Tropez e decide di trascorrervi parte
dell’anno e viene qui raggiunto da numerosi amici.
La sua tecnica evolve nel giro di qualche anno verso una maggiore libertà: nel 1895 il tocco si espande ed il colore viene
rafforzato. Le sue opere assumono la forma di mosaici e guadagnano in forza e in semplicità; Saint-Tropez. L'orage (1895,
Saint-Tropez, Musée de Saint-Tropez, L’Annonciade), qui esposto, ne è un chiaro esempio. D’altro canto, sia Clocher de SaintTropez (1896, Tolosa, Fondation Bemberg), sia la furia colorata del bellissimo Voiles et pins (1896) sono testimoni di questa
evoluzione: lo studio del colore puro primeggia sull’analisi della luce ed annuncia oramai il Fauvismo. Nel 1899, Signac
pubblica il volume D’Eugène Delacroix au néo-impressionnisme che spiega gli elementi propulsivi della tecnica divisionista e li
integra in una prospettiva storica. Questo trattato (presente in mostra), tradotto in tedesco e spesso ripubblicato, sarà letto ed
avrà un grande impatto su un’intera generazione di pittori con la passione per i colori e per le teorie estetiche, tra cui in
particolare Wassily Kandinsky. Matisse soggiorna a Saint-Tropez nel 1904 e pratica, seppur per poco tempo, la divisione dei
toni e lo stesso anno Mondrian lavora presso Toorop a Domburg nei Paesi Bassi.
A Parigi, Balla (in mostra Agave sul mare del 1908) e Severini s’interessano anch’essi, affascinati, alla teoria e alla tecnica
della divisione e del colore puro. Alla morte di Cross nel 1910, Signac rimane l’ultimo rappresentante del primo
neoimpressionismo. Dipinge d’ora in poi sempre meno ad olio e pratica sempre più la tecnica dell’acquarello. Una nuova storia
inizia, quella delle avanguardie del XX secolo.
La fotografia del colore e la teoria del colore
Nel percorso della mostra, due sezioni specifiche sono dedicate rispettivamente alla fotografia a colori, a cura di Silvana Turzio,
e all’approfondimento delle teorie del colore, a cura di Francesca Valan.
Fin dal 1860 alcuni fotografi sperimentatori si ispirano alla “miscela ottica” e alla teoria del “contrasto simultaneo”, studiati da
Eugène Chevreul, individuando soluzioni interessanti, ma occorre aspettare l’inizio del Novecento perché si concretizzi il sogno
della “fotografia del colore”: l’autocromia, messa a punto dai fratelli Lumière. Le straordinarie autocromie esposte in questa
sezione, provenienti dalla collezione della Société française de photographie, sono state scelte tra quelle prodotte nei primissimi
anni della loro diffusione e tra quelle che più si avvicinano ai quadri neoimpressionisti sia per i soggetti che per la ricerca
estetica.
Nella sezione dedicata alle teorie del colore è possibile invece realizzare veri e propri esperimenti visivi ideati e documentati
dallo stesso Chevreul; esercizi che aiutano a "vedere" le vibrazioni luminose e a capire la ricerca dei neoimpressionisti. Alcuni
esperimenti visivi si possono altresì effettuare lungo il percorso della mostra, di fronte ai quadri, in modo da comprendere a
fondo la tecnica dei pigmenti puri composti direttamente sulla tela e i diversi stili di pennellata. Al termine del percorso, ogni
visitatore potrà altresì partecipare alla divertente interpretazione collettiva del grande capolavoro di Seurat Un dimanche aprèsmidi à l’île de la Grande Jatte, posando sulla traccia grafica del dipinto un pallino adesivo colorato ovvero il proprio "puntino"
cromatico.
Una mostra eco-sostenibile
Allineandosi agli obiettivi del Comune di Milano per una città sempre più ecologica, in previsione dell’Expo 2015, questo evento
espositivo è stato realizzato ad “alta attenzione” ambientale. Grazie alla collaborazione con ClimatePartner, azienda leader che
mira a ridurre le emissioni di anidride carbonica in modo sostenibile e duraturo, l’impatto ambientale della stampa del catalogo
e, laddove possibile, del materiale cartaceo è stato azzerato grazie al progetto Climaneutral. Inoltre, nel contesto della mostra
vengono proposti alcuni messaggi per sensibilizzare il visitatore a comportamenti più corretti nel rapporto con l’ambiente.
Una mostra, dunque, in nome della salvaguardia del clima e dell’ambiente, per contribuire ad una sinergia sempre più stretta tra
arte, cultura e natura.
Catalogo Skira
Giovedì 9 ottobre 2008
Vernice stampa
- conferenza stampa presso la Sala delle Otto Colonne
ore 11.30
Inaugurazione ore 18.30
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12
Milano
Per accrediti / Uffici Stampa:
Arthemisia
Alessandra Zanchi
T 0721 370956 M 349 5691710
[email protected]
Comune di Milano
Martina Liut
T 02 88450150/56796
www.comune.milano.it
Skira
Lucia Crespi
T 02 89415532 M 338 8090545
[email protected]
SCHEDA TECNICA
Titolo
GEORGES SEURAT - PAUL SIGNAC
E I NEOIMPRESSIONISTI
Sede
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12 - Milano
Con il fondamentale contributo di
Assicurazioni Generali
Con il supporto di
Fnac
con la partecipazione di Pioneer
Sotto l’Alto Patronato del Presidente
della Repubblica Italiana
Sponsor tecnici
The Family Events
Anni Luce by Light Studio
Trimtec Sistemi
Domodinamica
Viscardi Hotels
Promossa da
Comune di Milano – Cultura
Evento eco-compatibile a cura di
ClimatePartner
Con il patrocinio di
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Ministero degli Affari Esteri
Ambasciata di Francia in Italia
Regione Lombardia
Provincia di Milano
Le Centre culturel français de Milan
Catalogo
Skira
Periodo
10 ottobre 2008 - 25 gennaio 2009
Con la partecipazione di
Museé d’Orsay
Una produzione
Palazzo Reale
ARTHEMISIA
Mostra a cura di
Marina Ferretti Bocquillon
Comitato scientifico
Marina Ferretti Bocquillon
Susan Alyson Stein
Ellen Wardwell Lee
John Leighton
Françoise Cachin
Coordinamento scientifico di
Katy Spurrell
Sezione sul colore a cura di
Francesca Valan
Sezione fotografica a cura di
Silvana Turzio
Realizzata in collaborazione con
Société Française de Photographie
Art Director
Angela Scatigna
Progetto espositivo
e direzione dei lavori
Cesare Mari, PANSTUDIO Architetti
Associati, Bologna
Allestimento
Tosetto, Jesolo - Venezia
Lighting designer
Giuseppe Mestrangelo
Light Studio, Milano
Orari
Tutti i giorni 9.30 - 19.30
lunedì 14.30 - 19.30
giovedì 9.30 - 22.30
La biglietteria chiude un’ora prima
Biglietti
Intero 9,00
Ridotto 7,00
Ridotto gruppi 7,00
Ridotto scuole 4,50
Diritto di prenotazione
Scuole 1,00
Gruppi e Singoli 1,50
Informazioni e prevendita biglietti
T 02 54919
www.ineoimpressionisti.it
www.ticket.it
Elenco dei punti vendita
http://www.ticket.it/puntivendita.php?sezi
one=5
Prenotazioni gruppi e scuole – visite
guidate
Ad Artem, Milano T 02 6597728
Audioguide
ANTENNA AUDIO
5.00 euro a persona, disponibili in
italiano e in inglese
Visite riservate ed eventi in mostra
Per associazioni, gruppi e aziende è
possibile prenotare visite riservate alla
mostra e attività di Corporate
Hospitality nelle sale di Palazzo Reale
Per informazioni:
ARTHEMISIA, Milano, C.so di Porta
Nuova, 16 – T 02 6596888
Simona Serini, [email protected]
Uffici Stampa:
Arthemisia
Alessandra Zanchi
T 0721 370956
M 349 5691710
[email protected]
Comune di Milano
Martina Liut
T 02 88450150/56796
www.comune.milano.it
Skira
Lucia Crespi
T 02 89415532
M 338 8090545
[email protected]
LA FOTOGRAFIA DEL COLORE
Silvana Turzio
Nella seconda metà dell’Ottocento la ricerca fotografica e quella scientifica percorrono sovente le stesse strade. La fotografia
conosce un impulso senza pari grazie all’apporto di nuovi strumenti tecnici che si comportano come efficacissime protesi dello
sguardo e che sono il frutto del grande impegno dispiegato dal mondo scientifico, soprattutto da neurologi e fisiologi. Le loro
sperimentazioni fotografiche contribuiscono non poco alla conoscenza dei meccanismi del corpo umano. Tra le innovazioni è
importante ricordare qui il perfezionamento della fotometria, la misurazione meccanica della luce incidente e rifratta, strumento
che indagando l’infinita modulazione luminosa si rivela essere molto più ampio e veloce dell’occhio umano. Conoscenza che
inciderà anche sulla pittura impressionista e neoimpressionista. La fotografia si avvale a sua volta delle scoperte scientifiche:
come abbiamo visto le ricerche di Eugène Chevreul sul cerchio cromatico e le scoperte sul funzionamento dei ricettori
dell’occhio umano portano a una progressiva elaborazione delle leggi che presiedono alla percezione del colore; da qui nasce
un nuovo, affascinante territorio del sapere del quale si appropriano, oltre alla fotografia, la pittura, la tessitura, l’arte delle
vetrate e la riproduzione a stampa. E’ in questo crogiuolo di applicazioni che va quindi collocata la ricerca della fotografia del
colore. Fin dal 1860 alcuni fotografi sperimentatori si ispirano infatti alla “miscela ottica” e alla teoria del “contrasto simultaneo”,
tanto studiati da Eugène Chevreul, individuando soluzioni interessanti, ma lo stato della tecnica fotografica, ancora alle prime
armi, costituisce un ostacolo insormontabile per la realizzazione di una fotografia del colore leggibile e stabile.
Occorre aspettare l’inizio del Novecento perché si concretizzi il sogno della fotografia del colore: saranno i fratelli Lumière ad
apportare via via le tessere mancanti fino a ottenere l’autocromia, la prima fotografia a colori, risultato dell’elaborazione
ingegnosa della famosa “miscela ottica” individuata da Eugène Chevreul. Una lastra di vetro composta da due strati è il
supporto migliore per la trasparenza necessaria alla visione. Il primo strato, cosparso di 6000/7000 di granuli di fecola di patate
per millimetro, colorati secondo proporzioni attentamente calibrate - 7 parti di blu-viola, 8 di verde e 5 di rosso/arancio - funge
da filtro analitico del colore, mentre un secondo strato, composto da una sottilissima pellicola di gelatina ai sali d’argento,
realizza l’impressione fotografica della lastra. Quest’ultima, sviluppata e sottoposta alla visione per trasparenza e a una certa
distanza, permette la percezione unitaria dei vari colori, come avviene per la pittura neoimpressionista. Il brevetto depositato dai
fratelli Lumière per la prima volta nel 1903 e poi nel 1907 certifica la diffusione commerciale del nuovo procedimento che
conoscerà una fortuna planetaria fino alla metà degli anni Trenta.
Le autocromie qui esposte sono dei primissimi anni della loro diffusione e sono state scelte tra quelle che più si avvicinano ai
quadri dei neoimpressionisti sia per i soggetti che per la ricerca coloristica.
“Pare sicuro che ogni immagine destinata ad essere vista per trasparenza richieda il colore (…) nessun’altro tipo di visione ci
darà la stessa sensazione d’intensità cromatica – le stupende vetrate della Cattedrale di Chartres, dove tutto è sottomesso alla
luminosa armonia dei colori – ce ne danno ampia prova.”
“Paragonando I risultati dell’autocromia con le teoria del puntinismo ci si stupisce di dover riconoscere che molte di queste
teorie sono confermate dall’autocromia.” E. Steichen, Les harmonies des couleurs et la plaque autochrome in “La revue de
Photographie”, 6e annèe, 1908
“Un pittore (foss’anche divisionista!) non potrà mai ottenere ciò che l’autocromia ha reso possibile per questa scena: i sessanta
milioni di granuli di fecola colorata che ricoprono la mia lastra di nove centimetri per dodici hanno ottenuto un effetto
straordinario, soprattutto in trasparenza!” L. Gimpel, agosto, 1907 in Léon Gimpel (1873-1948), les audaces d'un photographe,
Catalogo della mostra Musée d'Orsay, 12 febbraio - 27 aprile, 5continents editions, Milan-Paris, 2008
“I signori Lumière ci hanno offerto un procedimento meraviglioso che ci permette di fare opera pittorica in modo automatico:
copiamo allora la natura secondo tutte le fasi delle sue manifestazioni, fissiamola nei suoi momenti più sfuggenti, registriamo i
verdi attenuati dalle brume mattutine, gli alberi dorati dal sole invernale che tramonta dolcemente. L’autocromia è la lastra per
ogni momento, per ogni stagione; e come guida prendiamo il divino Corot.” A. Personnaz, L'autochrome, conferenza dicembre
1907, pubblicato in “Bulletin de la Société française de Photographie”, n.1, gennaio 1908
IL COLORE
Francesca Valan
“l’impressionista ha scoperto e sfruttato quella che noi oggi definiamo la sintesi partitiva, cioè il terzo modo conosciuto di
sintetizzare il colore, modalità che sta all’incirca tra la sintesi additiva e la sintesi sottrattiva. Si tratta di una grande innovazione
nel campo della figurazione, caratterizzato dall’uso delle textures di punti di colore giustapposti, una sorta di pixel partitivi, che il
nostro processo di visione non riesce a discernere in termini cromatici, ma fonde in un continuum vibratile che conferisce loro
una nuova e diversa luminosità.” C.T. Castelli, La teoria del pallore, 1993
Il dibattito su colore-materia e colore-luce era già aperto da secoli; ma è nel XVII secolo che si assiste ad un entusiastico
fervore di ricerca sulla luce e i fenomeni cromatici, ottenendo importanti risultati nel campo dell’ottica e del colore. I posteri
rielaborarono le leggi, svilupparono un metodo didattico, e colorarono il mondo.
In generale gli studiosi anglosassoni da Newton a Rood impostarono le loro ricerche partendo dai colori spettrali ottenuti dalla
scomposizione della luce bianca (sintesi addittiva) mentre la scuola tedesca e francese da Goethe a Chevreul aveva come
riferimento i colori ottenuti con la mescolanza dei pigmenti (sintesi sottrattiva).
I neoimpressionisti, con il loro “cromoluminismo” compiono un’operazione intermedia, mirando ad ottenere effetti luminosi con i
pigmenti. Utilizzarono i nuovi pigmenti sintetici, molto più “puri, brillanti e luminosi” stesi a piccoli punti sulla tela. “Il fine ultimo
della tecnica del neoimpressionismo è di ottenere il massimo di colore e di luce. [...] Per giungere a questa esplosione di luce e
di colore i neoimpressionisti usano esclusivamente i colori puri, i più prossimi, nei limiti in cui la materia può avvicinarsi alla luce,
ai colori del prisma. P. Signac, Da Delacroix al neoimpresionismo, 1898
Esercizi in mostra: “Si ritiene comunemente che la capacità di servirsi del colore sia un dono del cielo e che vi sia in essa
qualche cosa di misterioso, di ineffabile. Tutto ciò è errato [...] queste leggi, contenute in due pagine dei trattati di Chevreul e di
Rood si possono imparare in poche ore.” P. Signac, ibidem
Owen Rood, ne La scienza moderna dei colori che fu subito nominata la Bibbia degli impressionisti, introduce infatti le prime
tavole con la corrispondenza tra lunghezze d’onda e pigmenti, mentre Eugene Chevreul, nel suo trattato The Principle of
Harmony and contrasts of colors, espone le leggi che governano i contrasti del colore e fornisce indicazioni per progettare il
colore ad artisti e artigiani.
In una stanza dedicata, è possibile sperimentare i principi dei contrasti su cui si fonda la teoria del movimento
neoimpressionista. Gli esperimenti visivi, sia per adulti che per bambini, sono pensati appositamente per far “vedere” il
contrasto simultaneo, il contrasto successivo e quello misto teorizzati da Chevreul.
Rood e Chevreul utilizzavano dischi rotanti per verificare l’equilibrio di un accostamento cromatico: un’armonia si raggiunge
quando i colori in gioco sono perfettamente bilanciati e il risultato è un grigio medio; allo stesso modo, anche in mostra è
possibile verificare come un’armonia di complementari dia come risultante visiva il grigio medio ovvero l’armonia perfetta e,
sorprendentemente, lo stesso risultato si raggiunge facendo “ruotare” l’immagine di uno dei quadri esposti!
“La pittura non si annusa” diceva Rembrandt. Per ascoltare una sinfonia non ci si siede in mezzo all’orchestra, ma nella
posizione in cui i suoni dei diversi strumenti si mescolano tra loro formando l’accordo voluto dal compositore.
Analogamente davanti ad un dipinto diviso converrà in un primo tempo porsi a distanza sufficiente per dare uno sguardo
d’insieme, avvicinandosi poi per studiare da vicino gli effetti cromatici nel caso si abbia qualche interesse per questi dettagli
tecnici.” P. Signac, ibidem
Dopo aver osservato i quadri alla distanza ottimale, lungo il percorso della mostra è possibile verificare la tecnica pittorica
impiegata e confrontare i diversi stili della pennellata grazie ad ingrandimenti e cartelle cromatiche (con i “nuovi pigmenti
sintetici”) il visitatore potrà identificare i colori puri impiegati.
Gli esercizi interattivi sono esperimenti divertenti eppure educativi per grandi e piccoli che possono in tal modo "vedere" meglio
le vibrazioni luminose e comprendere a fondo l’intuizione e la pratica della pittura di Seurat e dei suoi seguaci neoimpressionisti.
Ulteriore occasione di interazione e divertimento per il visitatore è infine partecipare all’interpretazione collettiva del capolavoro
di Seurat Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte: posando sulla traccia grafica del dipinto, riprodotto all’uscita della
mostra, un pallino adesivo colorato ovvero il proprio "puntino", si otterrà un inedito risultato cromatico della grande operaemblema del neoimpressionismo.
BIOGRAFIE GEORGES SEURAT E PAUL SIGNAC
Georges Pierre Seurat
Parigi, 1859 / 1891
Malgrado la brevità della sua vita, Georges Seurat lascia
un’opera fondamentale per la storia dell’arte e vi si colloca
come fondatore del neoimpressionismo. Allievo di Henri
Lehmann alla Scuola di Belle Arti, a diciotto anni, al ritorno dal
servizio militare, nel novembre 1880, ha già acquisito le basi
fondamentali delle sua formazione artistica.
I disegni del 1881 dimostrano già una padronanza del
trattamento della luce che inscrive Seurat nella tradizione di
Rembrandt, Goya, Millet e Daumier. Le sue prime opere
dipinte devono ancora molto a Corot e alla scuola di Barbizon,
ma lo studio di Delacroix e delle opere scientifiche di
Chevreul, Blanc e Rood lo conducono rapidamente a
prendere in considerazione un metodo che chiama «pittura
ottica». Nel 1884 partecipa alla creazione del Salon des
Salon des Indépendants esponendo Baignade à Asnières
[Bagno ad Asnières] (Londra, The National Gallery) e incontra
Signac, Dubois-Pillet, Angrand e Cross.
Da questo momento l’influenza degli impressionisti si traduce,
nella sua opera, in un abbandono delle tonalità della terra a
vantaggio di una pittura chiara, dai colori puri. Ha ormai da
tempo rinunciato ai soggetti rurali e si interessa alle rive della
Senna, alle vedute urbane e periferiche.
Intorno a Un dimanche à la Grande Jatte [Una domenica alla
Grande Jatte] (Chicago, The Art Institute) del 1884-1886, si
cristallizza quindi il movimento neoimpressionista, che
adotterà, sulla scia di Seurat, il principio della divisione dei
toni e del contrasto simultaneo dei colori.
Félix Fénéon, Gustave Kahn, Paul Adam e altri scrittori
simbolisti diventeranno ardenti difensori di Seurat, vilipeso dal
resto della critica. Nel 1887 avviene la presentazione della
Grande Jatte al Cercle des XX a Bruxelles, evento che fa
nascere e diffondere il movimento neoimpressionista in
Belgio.
Parallelamente alla lenta elaborazione di alcune tele di
grande formato accompagnate da numerosi disegni, Seurat
riporta, dalle estati trascorse sulle coste della Manica,
paesaggi con luce sottile e composizioni rigorosamente
ordinate.
Le sue ultime opere importanti, Chahut (Otterlo, Rijkmuseum
Kröller-Müller) o Cirque [Circo] (Parigi, Musée d’Orsay), ne
attestano l’interesse per la traduzione delle emozioni e del
movimento attraverso le linee.
Paul Signac
Parigi, 1863 / 1935
Restio a qualsiasi insegnamento artistico, Paul Signac, figlio di
una famiglia di commercianti parigini, ai suoi esordi dipinge
quasi solo di getto, all’aperto, nelle periferie parigine, in
Normandia o in Bretagna.
La visita ad una mostra di opere di Monet nel giugno del 1880
decide della vocazione del giovane che dal 1882 al 1885
considera se stesso un pittore impressionista. Presto si impone
in lui il gusto per i colori puri e per le composizioni molto
strutturate. Nel maggio del 1884, in un capannone del cortile
delle Tuileries a Parigi, avviene l’incontro con Seurat, durante le
riunioni che daranno vita alla Société des Artistes
indépendants.
Nonostante le profonde differenze di formazione e di
temperamento, i due artisti hanno alcuni punti in comune che
favoriscono la loro amicizia: il gusto della modernità, il desiderio
di innovazione e un rigore intellettuale che li conduce a
considerare un approccio scientifico per la loro arte.
In un primo tempo la pittura di Signac non viene influenzata da
quella del collega, ma quando Seurat, nell’inverno 1885-1886,
adotta la tecnica della divisione ottica per riprendere a lavorare
alla Grande Jatte, anche Signac adotta la nuova tecnica e
riprende Les Modistes (1885-1886, Zurigo, Bührle Foundation).
Si trova a collaborare con lo studioso Charles Henry per due
opere dedicate al cercle chromatique e al rapporteur
esthétique.
Dopo la scomparsa di Seurat nel 1891, spetterà a Signac
raccogliere il testimone del nuovo movimento neoimpressionta.
Instancabile continua a fare nuovi adepti che diffondono i
benefici del principio della divisione dei toni.
Pubblica, nel 1899, un opuscolo frutto delle sue riflessioni
teoriche intitolato D’Eugène Delacroix au néo-impressionnisme,
che spiega la teoria neoimpressionista e la inserisce in una
prospettiva storica.
A partire da questa data le sue pennellate diventano più larghe
e meno sistematiche, a evocare le tessere di un mosaico, e
lasciano talvolta posto al bianco per ottenere maggior
luminosità e intensità cromatica (Voiles et pins [Vele e pini],
1896, collezione privata).
Fedele fino alla fine al Salon des Indépendants, di cui diventa
presidente nel 1909, e alla divisione del colore, dal 1910
dipinge sempre meno ad olio e sempre più ad acquerello.
BIOGRAFIE NEOIMPRESSIONISTI
Charles Angrand
Criquetot-sur-Ouville, Senna Marittima, 1854 / Rouen, 1926
Inizialmente istitutore e poi insegnante privato di matematica,
Charles Angrand entra nel 1870 all’Accademia di Belle Arti di
Rouen, dove segue i corsi di Gustave Morin e Philippe
Zacharie; qui incontra Charles Fréchon. Dopo le prime opere
impregnate dell’influenza di Manet e di Bastien-Lepage, si
orienta verso l’impressionismo e la pittura en plein-air. A
Parigi, dove vive dal 1882 al 1896, incontra Seurat e Signac.
Nel 1884, è uno dei soci fondatori della Société des Artistes
indépendants. Sviluppa allora uno stile originale,
caratterizzato inizialmente da una pennellata energica che
suscita l’interesse di Van Gogh. Le tele degli anni 1886-1887
si inseriscono tra i capolavori del neoimpressionismo difesi da
Fénéon, Gustave Kahn o Verhaeren allo stesso titolo di quelli
di Seurat o Signac. Partecipa regolarmente al Salon des
Indépendants e alle mostre nella Galerie Le Barc di
Boutteville. La morte di Seurat nel 1891 provoca una lunga
rimessa in discussione in Angrand, che abbandona allora
colore e olio, ed elabora durante lunghi mesi disegni
autonomi, prima a matita, poi a carboncino a partire dal 1905.
Vi si ritrova la condensazione formale di Seurat, con
variazioni di luce vaporosa. I soggetti intimisti sono
particolarmente ben rappresentati dal 1896 al 1898; la madre
che cuce, le maternità della sorella, i nipoti addormentati.
L’artista lascia Parigi nel 1896 per condurre accanto alla
madre rimasta vedova una vita reclusa, isolata dal mondo
artistico, nella nativa Normandia. Le amichevoli esortazioni di
Cross, Luce e Signac lo incoraggiano a tornare alla pittura,
cosa che fa tra il 1900 e il 1908, adottando allora una
pennellata a mosaico. Gli ultimi anni della sua produzione
sono dedicati esclusivamente al pastello. Tratta soggetti
rurali, sottolineando la solennità dei ritmi e dei gesti,
evocando così i lavori agresti dipinti da Millet. Ma le forme
concentrate e ordinate delle sue figure di contadini si
inscrivono in una ricerca dell’essenziale più vicina al
simbolismo.
Giacomo Balla
Torino, 1871 / Roma, 1958
Rimasto orfano di padre, abbandona gli studi musicali e
lavora presso un litografo. Tra il 1885 e il 1890 frequenta la
scuola serale di disegno all’Accademia Albertina e lo studio
fotografico di Oreste Bertieri, dove incontra Pellizza da
Volpedo. Nel 1895 si stabilisce a Roma con la madre;
conosce Cambellotti, e più tardi Prini e Macchiati, con cui
partecipa al dibattito culturale che anima l’ambiente artistico
romano. Stilisticamente si avvicina alla tecnica divisionista.
Nel 1900 visita l’Esposizione Universale di Parigi, e conosce
dal vero le opere dei maestri dell’impressionismo, del
postimpressionismo e della Secessione viennese. Nel 1901
stringe amicizia con Boccioni e Severini che, divenuti suoi
allievi, avvia al divisionismo. Si dedica soprattutto al ritratto e
al paesaggio, temi che espone alle mostre della Società
Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma ma anche alla
Biennale veneziana del 1903 e a Monaco di Baviera nel
1904. Comincia da quella data a sperimentare la
scomposizione delle sorgenti di luce artificiale, che avrà il suo
esito in Lampada ad arcodel 1909, preludio alla sua adesione
al futurismo che avviene nel 1910 quando firma il Manifesto
tecnico della pittura futurista. Dal 1912 al 1914,
approfondisce gli studi sulla rappresentazione del
movimento, applicando le teorie del colore diviso ai concetti
futuristi, nascono allora dipinti quali Bambina che corre sul
balconeo Ritmi di un violinista, quest’ultimo ideato a
Düsseldorf nel 1912, dove elabora anche le prime
Compenetrazioni iridescenti, volgendo la sua ricerca verso
l’astrazione della forma.
Nel 1915 firma, insieme a Fortunato Depero, il manifesto
della Ricostruzione futurista dell’universo; i suoi interessi
sono adesso rivolti anche alle arti applicate e al teatro. Nel
1929 firma il manifesto dell’Aeropittura futurista, ma da allora
comincia a recuperare la figurazione e nel 1937 si dissocia
dal futurismo, rivalutando il realismo in arte; non abbandona
tuttavia le sperimentazioni luministiche che ora coniuga alle
ritrovate espressioni naturaliste, fra cui abbondano gli
“Autoritratti”.
Hendricus Petrus Bremmer
Leida, 1871 / L’Aia, 1956
I primi dipinti di Hendricus Petrus Bremmer, risalenti alla fine
degli anni ‘80 dell’Ottocento, sono riconducibili alla tradizione
olandese della natura morta ereditata dal Seicento: raccolta
di oggetti sontuosi in un’atmosfera cupa ravvivata da
illuminazioni puntuali, accompagnata anche da qualche
paesaggio di fattura accademica. Tutto cambia con i dipinti
dei primi anni ’90 dell’Ottocento, in cui si riscontra una
semplificazione delle forme e dei piani colorati giustapposti,
nonché il ricorso a oggetti meno ostentati e più comuni,
trattati a punti di colori chiari nettamente individualizzati e
appoggiati su uno sfondo pallido, a creare un effetto di alone
che si irradia intorno a ogni punto (Natura morta con libri e
vaso di zenzero, 1894, Amsterdam, Van Gogh Museum).
Questa maniera di applicare il colore si ritrova anche nella
raffigurazione dei paesaggi dei dintorni dell’Aia, regione che
percorre allora insieme a Johan Joseph Aarts o Jan Vijlbrief.
Questi paesaggi sono caratterizzati da una luminosità intensa
o da strani effetti crepuscolari, come negli Alberi in riva al
fiume (Amsterdam, vendita Christie’s, 5 giugno 2007, n. 30),
dove si avvertono gli influssi congiunti del Monet delle
«Serie» e di inflessioni simboliste. A partire dal 1890,
Bremmer diventa anche un critico influente e si dedica a far
riscoprire l’opera di Vincent Van Gogh; nello stesso periodo,
aggiunge presto all’attività di pittore, quella di mercante e
consulente d’arte. In particolare, aiuta Hélène Kröller-Müller a
scegliere i pezzi della sua collezione a partire dal 1907. È
peraltro da questa collezione che provengono numerosi
quadri che partecipano alla mostra “De Divisionisten van
Georges Seurat tot Jan Toorop”, prima evocazione del
neoimpressionismo in Olanda, che si tiene dal dicembre 1936
al gennaio 1937 presso il museo Boymans di Rotterdam.
Henri Edmond Joseph Cross /
Douai, Nord, 1856 / Le Lavandou,Var, 1910
Henri Edmond Delacroix detto Henri Edmond Joseph Cross,
nato da padre francese e damadre britannica, riceve i primi
insegnamenti dai pittori Carolus-Duran e Alphonse Colas,
all’Ecole des Beaux-arts di Lille. Nel 1876, arriva a Parigi,
segue i corsi di François Bonvin e sogna di esporre al Salon.
Dopo che vi ha partecipato con il suo vero nome nel 1881, il
suo professore gli suggerisce, per distinguersi da tutti i
Delacroix presenti nel catalogo della manifestazione, di
tradurre il suo cognome nella lingua della madre; apparirà da
allora soltanto con il cognome Cross. Le sue prime opere, di
stampo naturalista, dominate da soggetti intimisti e da
tonalità scure, lasciano posto, a partire dal1884, data
dell’incontro con Seurat e dei ripetuti soggiorni nel sud della
Francia, a tonalità più chiare e più luminose, così per
esempio in Angolo di giardino a Montecarlo (Coin de jardin à
München) (Douai, Musée de la Chartreuse) presentato alla
mostra della Société des Artistes indépendants del maggio
1884. Fino alla sua scomparsa precoce nel 1910, all’età di
cinquantaquattro anni, Cross sarà fedele a questa
manifestazione a cui destinerà ogni anno le sue creazioni più
recenti. A partire dal 1891, adotterà i principi
neoimpressionisti, modificandoli leggermente per applicarli
sia ai ritratti (La moglie di Hector France / Madame Hector
France, 1891, Parigi, Musée d’Orsay)
sia ai paesaggi (Spiaggia della Vignasse / Plage de la
Vignasse, 1891-1892, Le Havre, Musée des Beaux-arts).
Nel 1892, Cross si stabilisce nel Midi, prima a Cabasson,
vicino a Le Lavandou, poi, non lontano, a Saint-Clair,
inviando regolarmente le sue opere alle molteplici mostre
neoimpressioniste, da Le Barc a Boutteville o Durand-Ruel a
Parigi, ai Salons des Indépendants o ai Salons de l’Art
Nouveau. Le sue opere, armoniose e pure, con echi idealisti
e lirici – soprattutto dopo i viaggi in Italia del 1903 e del 1908
–, riscuotono un grande successo, così come gli acquerelli
rivelati da due mostre, nel 1905 da Druet, e nel 1907 da
Bernheim-Jeune.
Jules Henri Delavallée
Reims, Marne, 1862 / Pont-Aven, Finistère, 1943
Dopo brillanti studi nella città natale e l’ottenimento di un
primo premio al Concorso generale di filosofia, Delavallée
viene a Parigi dove si iscrive contemporaneamente alla
Facoltà di lettere della Sorbona e all’Ecole des Beaux-arts,
dove frequenta gli atelier di Carolus-Duran e di Luc-Olivier
Merson. Ma, ben presto, si interessa solo alla pittura, e si
reca nei luoghi dove si crea l’arte più innovatrice.
Così, a partire dal 1881, approfittando dell’ospitalità che può
offrirgli un cugino in Bretagna, si trova a Pont-Aven dove
dipinge nella tradizione naturalista fino a incontrare, nel 1886,
Paul Gauguin ed Emile Bernard, che fanno evolvere la sua
creazione verso il cloisonnisme, sviluppando il suo senso
innato della linea e dell’arabesco. Nel 1887, raccomandato
dal pittore e incisore Félix Bracquemond, conosce, a
Marlotte, Camille Pissarro e Seurat, che lo iniziano alla
tecnica divisionista che applica con rigore (Le Puits in inverno
/ Le Puits en hiver, 1887, Stati Uniti, collezione W.F. Brown).
Fino al 1890, la sua produzione porterà l’impronta del
neoimpressionismo (La strada vicino al maniero / La Route
près du manoir, 1890, Londra, vendita Christie’s, 4 febbraio
2003, n. 234). Invitato alla mostra della Société des Artistes
indépendants del 1888, vi invia due paesaggi, ma rompe in
seguito con questa associazione, preferendo entrare a far
parte di organismi più tradizionali, e, in particolare, del Salon
de la Société nationale des Beaux-arts. Trascurando un po’
la pittura, vi presenta numerose incisioni, che compaiono
anche nelle Expositions des Peintres graveurs français da
Durand-Ruel, in cui fonde le reminescenze bretoni ereditate
da Bernard e Gauguin con l’esotismo derivato da un lungo
soggiorno a Constantinopoli (1896-1901). Delavallée
trascorre gli ultimi anni della vita a Pont-Aven dove si è
stabilito definitivamente dopo il ritorno dalla Turchia,
rompendo con la vita artistica parigina.
Albert Dubois-Pillet
Parigi, 1846 / Le Puy-en-Velay, Alta-Loira, 1890
Louis Auguste Albert Dubois detto Albert Dubois-Pillet,
entrato alla Scuola militare nel 1865, da cui esce in poco
tempo ufficiale, partecipa alla Guerra del 1870, poi compie
una brillante carriera militare, che culmina nel 1879 quando
viene nominato capitano di fanteria della legione della
Guardia repubblicana. Dopo la guerra francoprussiana,
Dubois-Pillet, pittore autodidatta, riesce a farsi accogliere al
Salon nel 1877, poi nel 1879 con dipinti di ispirazione
naturalista. L’anno dopo, e in tutti i successivi, i quadri da lui
presentati vengono respinti; questo lo sprona, nel maggio
1884, a unirsi al gruppo dissidente degli Artistes
indépendants. In seguito allo scioglimento del gruppo,
nell’estate 1884, diventa il principale redattore dello Statuto
della Société des Artistes indépendants i cui principi liberali
rompono con la tradizionale e ufficiale Société des Artistes
français. Vittima di denunce anonime che lo accusano di
diffamazioni, deve lasciare le sue responsabilità alla
direzione della manifestazione; sospettato di simpatie
comunarde, pur senza essere radiato dall’esercito, nel 1887
viene tuttavia rinviato alla vita civile. All’epoca vicino a
Seurat, fa evolvere l a
sua tecnica verso il
neoimpressionismo, scegliendo come soggetti scorci di
Parigi, aventi punti di vista che devono molto alla fotografia,
per esempio Quai de Montebello (New York, vendita
Sotheby’s, 13 novembre 1996, n. 154). Il 21 novembre 1889,
malgrado le denunce che ancora lo perseguitano, questa
volta con il pretesto del sostegno al generale Boulanger,
viene reintegrato nella vita militare e nominato comandante
della gendarmeria a Puy-en-Velay dove dispone di uno
studio. È qui che termina varie vedute abbozzate a Parigi e
dipinge alcuni paesaggi locali. Nell’estate 1890, durante un
giro di ispezione in un villaggio colpito da un’epidemia di
vaiolo, contrae la malattia e muore qualche giorno dopo
all’ospedale di Puy. Gli organizzatori della Exposition des
Indépendants del 1891, per rendergli omaggio, raccolgono ed
espongono sessantaquattro sue opere.
Willy Finch
Saint Josse-ten-Noode, Bruxelles, 1854 / Helsinki 1930
Alfred William, detto Willy Finch, trascorre la giovinezza a
Ostenda. Nel 1878, entra nella classe di Joseph Van Sever
donck all’Accademia di Bruxelles e, due anni dopo, esordisce
al Salon triennal di Gand prima di inserirsi con risolutezza
nell’avanguardia. Membro della Chrysalide poi dell‘Essor,
espone con loro dal 1881 prima di partecipare, nel 1883, alla
fondazione del gruppo Les XX a cui farà invitare Whistler. Nel
1886, la scoperta di Monet lo fa evolvere, proprio come il
collega James Ensor, verso un impressionismo molto
personale segnato dal realismo. L’anno seguente,
entusiasmato dall’invio di Seurat al Salon des XX, si immerge
subito nello studio dei principi divisionisti e diventa il primo
esponente belga di questa corrente a cui regalerà vari
capolavori. Convinto anche dalle tesi di Ruskin e Morris – che
farà conoscere a Henri van de Velde e a colui che rimarrà il
suo amico più fedele, Georges Lemmen – segue da vicino
l’evoluzione del movimento Arts and Crafts in occasione dei
frequenti soggiorni in Inghilterra. Nel 1890, decide di
orientarsi verso le arti del fuoco che pratica a La Louvière da
Boch Keramis, poi a Virginal e a Forges-lez-Chimay.
Qualche anno dopo, su richiesta di Louis Sparre, espatria in
Finlandia per dirigere il dipartimento di ceramica dell’azienda
Iris a Porvoo-Borgå (1897-1901), e si stabilisce poi
definitivamente a Helsinki. La creatività, il rigore, il senso
della forma pura e della modernità, l’insegnamento che
impartisce all’Ecole des Arts décoratifs a partire dal 1902,
fanno di lui uno dei pionieri del design europeo. E ogni anno
si ricongiunge con la famiglia vicino a Londra, dove dipinge le
rive del Tamigi in un’atmosfera fatta di verdi umidi e di
sfumature brumose, ma apprezza anche i colori vividi e caldi
del sud della Francia e dell’Italia. Fedele alla divisione del
tono, dopo il 1897 Finch adotterà uno stile meno vincolato,
una pennellata abbastanza corta, larga e morbida, in una
gamma contraddistinta dalla luce nordica in cui i viola, i blu e
i rosa accesi si affiancano a verdi e a tonalità dell’arancio
talvolta aggressive “per un occhio non allenato”. Promotore
dell‘impressionismo e del neoimpressionismo in Scandinavia,
sarà uno dei più ardenti difensori dell’opera di Paul Signac. È
considerato ancora oggi, con Frosterus e Enckell, uno dei
grandi rinnovatori della pittura finlandese, rinnovamento
concretizzatosi nel 1912 nella fondazione del gruppo Septem.
Léo Gausson
Lagny, Seine et Marne, 1860 / 1944
Léon Marie detto Léo Gausson studia molto presto la scultura
su legno e l’incisione nello studio di Eugène Froment dove
incontra Maximilien Luce ed Emile Cavallo-Peduzzi. Per tutta
la vita rimarrà un eccellente incisore di opere inventate e
riproduzioni. Il suo talento di pittore si forgia ai margini
dell’insegnamento ufficiale; iniziato all’Ecole de Barbizon,
ammiratore di Millet, diventa adepto della pittura en plein-air
e schiarisce la sua tavolozza guardando Manet. Con Luce e
Cavallo-Peduzzi, Gausson è all’origine del gruppo dei pittori
di Lagny. Un medaglione in gesso è la sua prima opera
accettata al Salon del 1886, poi espone regolarmente al
Salon des Indépendants dal 1887 al 1895.
È presente da Le Barc de Boutteville e al primo Salon des
Rose-Croix nel 1891, nonché al Cercle des XX a Bruxelles
nel 1892 e all’Association pour l’Art di Anversa nel 1893.
Dopo due mostre monografiche, una alla Galerie Laffitte nel
1896 e l’altra al Théâtre Antoine nel 1899, la sua attività
artistica diminuisce notevolmente sul finire del secolo; parte
allora per l’Africa e lavora per il Ministero delle Colonie. Il
meglio della sua opera si colloca tra il 1886 e il 1890; adotta
nei suoi paesaggi dipinti in tonalità chiare e pure: lo stile
neoimpressionista. Dal 1885, studia la teoria dei colori di
Chevreul come attesta la lunga lettera a Emile Zola (Parigi,
Bibliothèque Nationale, fondo Zola) e applica la divisione del
tono in modo molto scientifico. Dal 1888, Signac rende
omaggio alla sua tecnica, e i suoi schizzi dal vero suscitano
l’ammirazione di Félix Fénéon; stringe un legame di amicizia
con Camille Pissarro e con suo figlio Lucien. Dal 1890 al
1893, sotto l’influenza del poeta Adolphe Retté di cui illustra i
libri, si orienta verso uno stile sintetico e simbolista ispirato ai
nabis, senza tuttavia abbandonare il neoimpressionismo. Si
associa agli altri artisti del movimento per rendere omaggio a
Seurat esponendo nei saloni dell’Hôtel Brébant nel 18921893.
Louis Hayet
Pontoise, Val-d’Oise, 1864 / Cormeilles-en-Parisis, Val-d’Oise, 1940
Proveniente da una famiglia poco disposta ad accettare le
sue doti di disegnatore e la sua volontà di diventare pittore,
manifestatasi nel 1876, quando aveva solo dodici anni,
riesce, grazie al trasferimento della famiglia a Parigi, a
seguire i corsi della Ecole des Arts décoratifs,
appassionandosi per le pubblicazioni scientifiche che trattano
il colore e la luce e, in particolare, per quelle di Eugène
Chevreul. Dopo il ritorno a Pontoise nel 1883, il suo interesse
per la pittura è confortato dall’incontro con Camille e Lucien
Pissarro con i quali il giovane dipingerà talvolta dal vero. La
sua vocazione si rafforza ulteriormente quando conosce Paul
Signac nel 1885 e Georges Seurat nel 1886. Per vivere, deve
tuttavia abbandonare la sua passione a beneficio di lavori più
redditizi; all’epoca, è alle dipendenze di un’azienda che gli fa
dipingere scenografie teatrali. Per questo il suo nome
compare solo molto tardi, nel 1889, nel catalogo delle mostre
degli Artistes indépendants, a cui invia tre quadri di paesaggi
non individuati. L’esperienza non si rinnoverà, Hayet lascerà
con clamore la Société già nel 1890. Adirato con la maggior
parte dei colleghi, il suo nome scompare dopo la seconda
edizione dell’opera di Signac: D’Eugène Delacroix au
néoimpressionnisme. Il suo patronimico si ritrova tuttavia a
volte, per esempio a Bruxelles, al Cercle des XX nel 1890, o
all’Exposition des Peintres impressionnistes et symbolistes
della Galerie Le Barc di Boutteville nel 1894. Ricercatore, e
tendenzialmente teorico, si allontana rapidamente dal gruppo
neoimpressionista per proporre nuove soluzione plastiche e
nuovi procedimenti destinati a donare ai dipinti una luminosità
più sottile. Nel 1896, per esempio, ricorrerà alla pittura a
encausto che tuttavia non riuscirà a imporre, terminando la
vita in un relativo isolamento e in una reale indigenza.
Georges Lacombe
Versailles, Yvelines, 1868 / Alençon, Orne, 1916
Iniziato alla pittura dalla madre, formato alla scultura dal
padre, artista ebanista, Georges Lacombe si dedicherà
alternativamente a queste due attività, in un primo tempo con
maggior interesse per la scultura. Quando incontra Paul
Sérusier nel 1892, questi lo introduce nella cerchia dei nabis
dove è soprannominato “il nabis scultore”. L’anno seguente,
conosce Paul Gauguin che orienta la sua creazione verso
qualcosa di più selvaggio e più primitivo (L’esistenza /
L ’ E x i s t e n c e , 1894-1896, Parigi, M u s é e d’Orsay),
incoraggiandolo a tagliare direttamente figure che può in
seguito decorare o dipingere. Regolarmente, durante i
numerosi soggiorni in Bretagna, si posiziona anche davanti al
suo cavalletto in compagnia di Charles Cottet, di Maxime
Maufra o di Henri Rivière, senza che questi pittori influenzino
però una creazione molto personale e originale con forti echi
simbolisti (L’onda viola / La Vague violette, 1895-1896,
Parigi, Musée d’Orsay). Abbastanza ricco per non essere
costretto a vendere le sue creazioni, è tuttavia spesso
presente nelle manifestazioni artistiche, ed espone a più
riprese da Le Barc a Boutteville o nelle mostre della Société
des Artistes indépendants, per esempio, nel 1895, 1901,
1905 e 1906, e infine nel 1911. Nel 1899, eccezionalmente,
viene ricevuto all’ufficiale Société nationale des Beaux-arts.
Un terzo incontro avrà grande influenza sulla sua tecnica,
quello nel 1904 con Théo van Rysselberg, che che lo inizierà
alla sua visione del neoimpressionismo, già lontana dai
principi fondatori del 1896. Se le sue creazioni
neoimpressioniste riguardano per la maggior parte il
paesaggio, tratta anche il ritratto secondo questa tecnica,
dipingendo, per esempio nel 1904-1905, un ritratto delle figlie
Sylvie e Nigèle (Londra, vendita Sotheby’s, 8 dicembre 1998,
n. 308).
Achille Laugé
Arzens, Aude, 1861 / Cailhau, Aude, 1944
Nato da una famiglia di coltivatori che vive nella regione di
Carcassonne, Achille Laugé viene mandato a Tolosa per
studiare farmacia. In realtà effettua un apprendistato nel
campo delle Belle Arti e conosce Antoine Bourdelle. Iscritto
all’Ecole des Beaux-arts di Parigi dal 1881 al 1888, ritrova
Henri Martin e incontra Aristide Maillol. L’amicizia che si
allaccia allora tra Maillol, Laugé e Bourdelle affonda le radici
in quegli anni di miseria e solidarietà. L’insegnamento
accademico professato da Gérôme e Cabanel non lo
soddisfa; con Maillol divide l’atelier dove la scoperta delle tele
di Seurat al Salon des Indépendants del 1884 e 1886 suscita
dibattiti appassionati. Ritorna a Carcassonne nel 1888, e i rari
viaggi a Parigi negli anni successivi non basteranno a
integrarlo negli ambienti artistici della capitale. Questo
isolamento voluto spiega il relativo oblio di cui sarà vittima. È
a partire dal 1890 che Laugé adotta la tecnica della divisione
dei toni. Sembra essere il contatto con la luce meridionale a
scatenare un cambiamento radicale nel suo modo di
dipingere. Laugé arriva al divisionismo da solo, come
costretto di fronte al sole, di fronte ai paesaggi di Cailhau.
Applica la stessa tecnica ai ritratti e alle nature morte
dell’epoca. Ricreando questo stile invece di accoglierlo, lo
traduce in un’opera di profonda originalità. Verso il 18921893, dipinge a piccoli punti fitti che testimoniano un rigoroso
adattamento alle teorie di Seurat e di Signac, e il suo rispetto
della legge del contrasto simultaneo si ritrova nell’impiego di
una pennellata a tratteggio incrociato caratteristica degli anni
1895-1899. A partire dal 1905-1910, l’avvicinamento del suo
stile all’impressionismo gli permette di raccogliere una più
ampia adesione, ma l’artista non rinuncerà mai alla divisione
dei colori. Lavorando sempre negli stessi luoghi, registrando
instancabilmente le variazioni della luce, privilegia le
costruzioni geometriche, sintetizza le forme, rifiuta il
pittoresco e l’aneddotico. La sua arte, che coniuga
freschezza naïf e rigore esigente, “ha al tempo stesso una
sensibilità commossa e una ragione controllata”, scrive
l’amico Bourdelle.
Georges Lemmen
Schaerbeek, Bruxelles, 1865 / Uccle, Bruxelles, 1916
Georges Lemmen segue una formazione presso la Ecole de
Dessin di Saint-Josse-ten-Noode (1879-1885) e partecipa
giovanissimo, ancor prima di aver seguito un insegnamento,
ai Saloni triennali (1877-1884). A partire dal 1883, espone
con il circolo di Bruxelles, l’Essor, di cui è membro e dove
incontra certamente, poco prima della loro partenza, i futuri
vingtiste Van Rysselberghe, Khnopff, Ensor, Finch e
Schlobach. Si legherà anche con Jan Toorop. Esplorando
allora nuovi orizzonti, tra cui l’impressionismo e il
naturalismo, Lemmen sarà più lento dei colleghi nell’unirsi a
Seurat.
Nel 1889 dipinge un notevole ritratto della sorella Julie,
intitolato La visitatrice o La signora in visita (La Visiteuse o La
Dame en visite) (collezione privata), con cappello e cappotto
bordati di pelliccia in un interno borghese, che evoca Khnopff,
Ensor, Degas, e addirittura Whistler, che Lemmen ammira.
Nel 1891-1892, una versione puntinista altrettanto notevole,
presenta la stessa Julie vestita con un abito, seduta,
angolosa e rigida, su uno sfondo minimalista (The Art
Institute, Chicago). Tra questi due trattamenti di uno stesso
soggetto, una totale rimessa in discussione. L’artista
praticherà la tecnica puntinista dalla metà del 1890 alla fine
dell’estate 1894 con fervore e talento ma l’abbandonerà
senza rimpianto trovando la disciplina interessante per lo
spirito, ma troppo chiusa all’emozione. Realizzerà in questo
periodo ritratti, superbe vedute del Tamigi e del mare del
Nord, scene di strada e di interni, opere su tela e su carta,
essendo un abile disegnatore e incisore. Lo dimostrerà
peraltro nella sua seconda vita, quella di “operaio artistico”,
che lo vede dedicarsi alle arti decorative. Influenzato
dall’amico Finch, si interessa infatti dall’inverno del 1890, agli
Arts and Crafts – all’illustratore Walter Crane soprattutto – e
diventerà uno dei grandi rinnovatori dell’arte del libro in
Belgio per la delizia degli amici poeti. Amplierà presto i suoi
poli di interesse – ornamenti, tappeti, tessuti, carte varie,
affiche… – collaborando con Van de Velde o con il ceramista
francese Delaherche. Octave Maus, difensore del
neoimpressionismo, gli chiederà di creare copertina e pagina
del titolo del periodico d’avanguardia “L’Art Moderne”, e
copertine di cataloghi o intestazioni di documenti per i circoli
che anima. Eletto membro del Cercle des XX nel novembre
1888, Lemmen vi esporrà assiduamente oltre che alla Libre
Esthétique, senza dimenticare i Salons des Indépendants
parigini a partire dal 1889. Nel 1900 tornerà alla pittura:
nature morte, nudi, scene intimiste, in uno stile preso in
prestito dai nabis a cui si aggiunge una pennellata personale,
a volte carica, in una gamma cromatica che può essere
sorprendente. Mentre è in vita, gli saranno dedicate varie
personali a Parigi da Druet (1906 e 1908) e a Bruxelles alla
Galerie Giroux (1913).
Emilio Longoni
Barlassina, Milano, 1859 / Milano, 1932
Figlio di povera gente, comincia a lavorare fin da ragazzo; a
Milano, fra i tanti mestieri, fra cui anche quello di decoratore
di cartelli da piazza e di giocattoli di cartapesta, riesce
comunque a studiare all’Accademia di Brera dal 1876 al
1880, dove è allievo di Raffaele Casnedi e di Giuseppe
Bertini; fra i suoi compagni vi sono Giovanni Segantini e
Giovanni Sottocornola, da allora suoi intimi amici. Nel 1880
esordisce a Brera con due dipinti apprezzati da Vittore
Grubicy che nel 1882 stipulerà con lui un contratto di
collaborazione grazie al quale l’artista fino al 1884 lavora in
Brianza insieme a Segantini in un proficuo scambio di temi e
di pensieri. Interrotto bruscamente il rapporto con Grubicy,
nel 1885 è a Ghiffa, dove resta per un anno dipingendo ritratti
e nature morte. Là conosce i fratelli Troubetzkoy e Daniele
Ranzoni. Al ritorno prende in affitto uno studio dove resterà
per sempre, e comincia a frequentare la Famiglia Artistica.
L’incontro con Gustavo Macchi nel 1890, gli permette di
accostarsi alle espressioni più avanzate della cultura
europea, anche in ambito sociale. Nascono allora le prime
opere di tematica sociale del pittore: L’oratore dello sciopero
e La piscinina, presentati alla prima Triennale braidense nel
1891; opere in cui Longoni sperimenta la tecnica divisionista.
Il divisionismo sarà poi sperimentato anche in temi di
paesaggio come l’isola di San Giulio, temi che con il nuovo
secolo avranno il sopravvento su quelli intonati a cadenze
decadenti o simboliste, di cui un esempio di altissima qualità
è il pastello Sola! presentato a Brera nel 1900 e acquistato
dalla regina Margherita. La pittura di paesaggi montani
induce l’artista a lunghi soggiorni in montagna, durante i quali
egli declina secondo maniere personalissime e sempre più
intessute di luce la tecnica dei colori divisi, fino allo svaporare
dell’immagine in preziose evanescenze cromatiche. La sua
attività rimane intensa e creativa fino all’ultimo, come
testimonia il Lago di Garda, completato l’anno della morte.
Maximilien Luce
Parigi, 1858 / Rolleboise, Yvelines, 1941
Formatosi fin da giovanissimo presso un litografo, Maximilien
Luce vive inizialmente delle sue incisioni su legno prima di
seguire, a partire dai primi anni ’80 dell’Ottocento, una
formazione pittorica più accademica presso Carolus-Duran
all’Accademia svizzera di Parigi (1885) e di ricevere i consigli
di Camille Pissarro. Quest’ultimo lo introduce nella Société
des Artistes indépendants dove espone regolarmente a
partire dal 1887, poco tempo prima di unirsi ai suoi membri
nelle mostre del Cercle des XX e della Libre Esthétique a
Bruxelles. Militante anarchico, svolge al tempo stesso una
vasta attività politica, fornendo a varie riviste (“Le Père
Peinard”, “La Voix du peuple”, “La Guerre sociale”…) disegni
e caricature che mettono in discussione il
sistema repubblicano in vigore. Questa attività si ripercuote
sulla sua pittura dove si moltiplicano le allusioni al mondo del
lavoro moderno e ai danni provocati dall’urbanizzazione (I
piantatori di pali, riva della Senna a Billancourt / Les batteurs
de pieux, quai de la Seine à Billancourt, 1902- 1903, Parigi,
Musée d’Orsay). Questo impegno gli vale un’inchiesta
all’inizio degli anni ’90 dell’Ottocento, e lo condurrà per
qualche tempo in prigione nel 1894. Influenzato dai seguaci
di Seurat, aderisce al neoimpressionismo che applica nei
suoi dipinti fino alla fine del 1900. Fortemente segnato dal
primo conflitto mondiale ma troppo vecchio per andare al
fronte, realizza numerosi dipinti che hanno per tema la vita
militare a Parigi (La Gare de l’Est, 1917, Parigi, Musée de
l’Armée) in cui si esprime il suo ritorno a una tecnica di
ispirazione impressionista. Dopo la guerra, applica questa
tecnica a una serie di nudi, a scene di genere e a paesaggi
della regione di Rolleboise, in Île-de-France, dove si è
stabilito. Pittore stimato e ammirato, nel 1935 accetta la
direzione della Société des Artistes indépendants e ne
assume le responsabilità fino al 1940, data in cui rassegna le
dimissioni per protestare contro il divieto di accesso alla
manifestazione per gli artisti ebrei.
Constantin Meunier
Etterbeek, Bruxelles, 1831 / Ixelles, Bruxelles, 1905
“Ogni sera, fino all’età di quindici anni, ha pianto” scrive
Verhaeren nell’“Art Moderne” del 21 agosto 1892. Suo padre
muore quando ha soltanto quattro anni, la sua salute è
precaria e la sua famiglia che conta sei figli non è né agiata
né colta. Solo il caso porta la scultura sulla sua strada. Molte
cose sono state ripetute sulla sua formazione. Seguiremo J.
Van Lennep (Derrey-Capon 1987) secondo il quale trascorse
quasi nove anni all’Accademia di Bruxelles dove fu formato al
disegno (1845-1848), poi alla scultura da Louis Jéhotte
(1849-1854); non sarebbe stato allievo di Charles Auguste
Fraikin prima del 1852 e ha potuto esserlo solo al di fuori
dell’Accademia; avrebbe avuto Navez per insegnante solo
nel 1853-1854. Meunier avrebbe anche frequentato di sera
l’atelier Saint-Luc, come l’amico Charles Degroux, importante
figura della corrente realista belga. Nel 1851, esordisce al
Salon di Bruxelles, dove Courbet presenta i suoi Spaccatori
di pietre (Casseurs de pierres), con una scultura La ghirlanda
(La Ghirlande). Sorprendentemente, dopo questa lunga
formazione, dedicherà una trentina d’anni alla pittura con una
predilezione per i soggetti religiosi e storici, e si sottoporrà a
svariati compiti e commesse di interesse variabile per
mantenere la famiglia. Nel 1878, trova finalmente il tema
della sua arte. Ha quarantasette anni. Al centro delle sue
preoccupazione ci saranno d’ora in poi la vita degli operai
degli altiforni, delle vetrerie della valle della Mosa, il lavoro
sfiancante del popolo del Paese Nero. Dopo un soggiorno di
sei mesi a Siviglia (1882-1883), riprende la scultura senza
abbandonare la pittura. Operai siderurgici, minatori,
pudellatori, vagoniste delle miniere – nell’attesa del notevole
Vecchio cavallo di miniera (Vieux cheval de mine) (Musée
Meunier, MRBAB, Bruxelles) che suscita un’emozione degna
del cane di Giacometti – invadono il suo studio. Al Salon des
XX del 1885, al Salon di Parigi del 1886, le sue sculture sono
accolte positivamente. Il realismo sociale è nell’aria, scioperi
e violente rivolte si susseguono. Il Partito Operaio Belga è
appena nato.
Nel 1887, viene nominato docente di pittura all’Accademia di
Louvain, e l’incarico gli permette di vivere. E quando nel
1896, Bing organizza una retrospettiva della sua opera nella
giovanissima Galerie dell’Art Nouveau, lo scultore conosce il
successo definitivo, vero e proprio trionfo sostenuto dal
maestro Rodin. Uomo d’eccezione a cui la vita non risparmia
nulla, lavorerà fino al giorno della morte nello studio della sua
casa in Rue de l’Abbaye a Ixelles, diventata oggi un museo a
lui dedicato.
George Morren
Ekeren, Anversa, 1868 – Bruxelles, 1941
Appartenente alla borghesia facoltosa e colta di Anversa,
sposato in prime nozze con una donna abbiente, George
Morren ha sempre avuto i mezzi per scegliere l’arte che
voleva praticare. Sfruttò abbondantemente questo privilegio
e, curioso per natura, provò tutto quello che poteva
interessarlo. Su consiglio del pittore Emile Claus, amico di
famiglia, si iscrisse all’Accademia di Anversa (1888-1890)
all’epoca molto conservatrice, che frequentò con scarsa
assiduità. Nel 1892-1893 avrebbe frequentato, a Parigi, gli
studi di Puvis de Chavannes e di Carrière. Nel corso del
1889, si lega a Henri van de Velde, più vecchio di cinque anni
e già convertito alle teorie di Seurat. Il potere di persuasione
del nuovo amico lo spinge a lanciarsi in un approccio breve e
personale del puntinismo (1889-1892), nello stesso stile che
gli farà sfiorare un giorno le sinuosità di Vincent Van Gogh
prima di cimentarsi nel dedalo delle arti decorative.
Parteciperà con lui all’avventura effimera dell‘Association
pour l’Art (1892- 1893). Tra il 1892 e il 1900, anno della
partenza di Van de Velde per la Germania, Morren creerà
numerosi oggetti e gioielli che riscuoteranno un certo
successo e avranno un posto di spicco in saloni come quello
della Libre Esthétique di Bruxelles. L’artista, che un giorno
rinnegherà con una certa energia questa digressione
decorativa, tornerà presto ai suoi primi amori impressionisti e
finirà postnabis in uno stile piuttosto pesante, lontano da
quello di cui ci occupiamo. È conosciuto oggi per l’impegno al
fianco di due maestri del luminismo belga, Emile Claus e
Adrien-Joseph Heymans, per fondare, nel 1904, e animare il
circolo Vie et lumière, e per le sue scene intimiste dove si
muovono, si pettinano e si agghindano giovani donne alla
Renoir che indossano abiti chiari. Questo evidente riferimento
che inizialmente lo lusingò, finì per infastidirlo poi
profondamente, perché vi vedeva, probabilmente a giusto
titolo, un non riconoscimento del suo stile personale. Si
pensa evidentemente alla Toeletta (La Toilette), 1903, del
Musée de Bruxelles e al Mese delle rose (Mois des roses),
1904 (collezione privata , Belgio). Notiamo inoltre che alcuni
suoi disegni tra cui Sotto l’abat-jour (Sous l’abat-jour) (1892,
collezione privata, Belgio) meriterebbero di figurare in cima
all’elenco in un ipotetico inventario delle migliori opere
neoimpressioniste su carta.
Hippolyte Petitjean
Mâcon, Saône-et-Loire, 1854 / Parigi, 1929
Allievo della Scuola municipale di disegno di Mâcon dove
sviluppa il gusto per la linea che sottenderà tutta la sua
opera, Petitjean si guadagna la stima dei professori, che gli
permettono di ottenere una borsa municipale per proseguire
gli studi a Parigi. Arrivato nella capitale nel 1872, si iscrive
all’Ecole des Beaux-art e lavora nello studio di Alexandre
Cabanel prima di entrare in quello di Pierre Puvis de
Chavannes. Vincoli molto stretti legheranno il nostro artista a
questo illustre mentore, che lo coinvolgerà talvolta nei suoi
progetti decorativi e la cui influenza su Petitjean persisterà
anche molto dopo la scomparsa. Nel 1880, per la prima volta,
è ammesso al Salon dove espone episodicamente, per
esempio nel 1882 e nel 1886. Nel 1884, conosce Seurat ma
le sue prime esperienze neoimpressioniste risalgono solo al
1886. A partire dal 1891, e poi con grande regolarità,
partecipa alle mostre della Société des Artistes indépendants
a cui invia numerosi paesaggi, talvolta animati da personaggi,
in cui si scorgono le sue tentazioni simboliste (Visione /
Vision, Londra, vendita Christie’s, 1 aprile 2004, n. 8, studio
preparatorio per un’opera non individuata), e numerose
variazioni mitologiche sul tema del nudo. Partecipa anche a
varie manifestazioni all’estero in compagnia dei colleghi
neoimpressionisti e, per esempio, è presente a Berlino nel
1898, a Bruxelles nel 1893 e nel 1898, e a Weimar nel 1903.
La sua devozione alla composizione e alla linea accademiche
suscita aspre critiche negli ambienti neoimpressionisti che
manifesteranno sempre più riserve nei suoi confronti.
Insegnante di disegno in una scuola di Parigi, conduce una
vita modesta ma, a partire dal 1901, ha una casa sua nelle
vicinanze del Parc Montsouris sul frontone della quale fa
iscrivere i nomi dei suoi tre principali modelli: Puvis de
Chavannes, Millet e Ingres.
Camille Pissarro
Saint-Thomas, Isole Vergine, Antille danesi, 1830 – Parigi,1903
Jacob Abraham Camille Pissarro, nato nelle Antille danesi,
dove il padre, negoziante ebreo originario di Bordeaux si era
stabilito nel 1824, Pissarro viene mandato in Francia per
proseguire gli studi nel 1842. Nel 1847, di ritorno in famiglia,
si scontra violentemente con il padre quando afferma di voler
diventare pittore invece di continuare l’attività paterna.
Abbandona Saint-Thomas e parte per il Venezuela dove
rimane due anni in compagnia del pittore di origine danese
Fritz Melbye. Nel 1855, ritorna a Parigi, dove dipinge sotto
l’influenza di Camille Corot e dei pittori en plein-air. Un suo
paesaggio viene accettato al Salon del 1859, anno in cui
conosce Paul Cézanne e Claude Monet. Respinto nel 1863,
è tuttavia presente sul catalogo ufficiale dal 1864 al 1870.
Rifugiatosi a Londra nel 1870-1871, dove incontra spesso
Monet, ritorna a Parigi dove le porte del Salon gli sono ora
vietate. Nel 1874, partecipa alla I Esposizione impressionista
(Gelata bianca / Gelée blanche, 1873, Parigi, Musée d’Orsay)
e rimarrà fedele alla manifestazione fino all’VIII e ultima
edizione del 1886. Durante le ultime esposizioni, sostiene
volentieri giovani artisti, come Seurat o Signac, che impone
nel 1886 e che lo iniziano alla tecnica neoimpressionista,
tecnica che pratica a partire dal 1886 (L’Île Lacroix. Rouen.
Effetto di nebbia / L’Île Lacroix. Rouen. Effet de brouillard,
1888, Filadelfia, Philadelphia Museum of Art). Il suo interesse
per il puntinismo, denigrato dagli ex amici impressionisti, non
lo sprona però a unirsi agli Indépendants. Affetto da problemi
agli occhi e scoraggiato dalla lentezza dell’esecuzione delle
tele neoimpressioniste, abbandona il divisionismo verso il
1890, e torna al suo antico stile che riscuote successo in
occasione di una mostra a Parigi presso Durand-Ruel, nel
1892. In seguito, il successo non lo abbandona più, e le
numerose serie che dedica a scorci di Parigi, di Rouen o di
Dieppe seducono pubblico e critica.
Lucien Pissarro
Parigi, 1863 – Hewood, Gran Bretagna, 1944
Maggiore dei cinque figli di Camille Pissarro, Lucien viene
addestrato dal padre di cui adotta inizialmente la tecnica
neoimpressionista (La chiesa di Gisors / L’Eglise de Gisors,
1888, Parigi, Musée d’Orsay). Espone a Parigi con gli
Impressionisti nel 1886, e con gli Indépendants dal 1886 al
1894; partecipa alle manifestazioni del Cercle des XX a
Bruxelles nel 1886 e 1888, prima di stabilirsi definitivamente
in Inghilterra nel 1890. Questa separazione è all’origine di un
fitto scambio di corrispondenza tra padre e figlio, che è una
preziosa fonte di informazioni sulle trasformazioni artistiche
franco-inglesi degli anni 1890, e sull’evoluzione estetica e
intellettuale dei pittori a loro vicini; queste lettere permettono
una lettura della difficile accoglienza critica del
neoimpressionismo presso i fondatori dell’impressionismo.
L’attività di Lucien Pissarro si diversifica nell’ultimo decennio
del XIX secolo poiché abbandonando la pittura e la tecnica
neoimpressionista, d i v e n t a
incisore,
ricordando
l’insegnamento ricevuto presso l’incisore Auguste Lepère;
nello stesso periodo perfeziona un sistema di cromolitografia
influenzato dall’arte giapponese. Fonda in seguito, nel 1894,
la casa editrice Eragny Press, che rivestirà un ruolo
importante nello sviluppo dell’editoria d’arte europea di fine
secolo. Si fa anche promotore in Gran Bretagna della pittura
impressionista, grazie alla rete di relazioni dell’amico pittore
Walter Richard Sickert e ai rapporti di favore che intrattiene,
nonché attraverso mostre che organizza nell’ambito del New
English Art Club. Alla morte del padre, nel 1903, Lucien
Pissarro ritorna alla pittura e partecipa attivamente alla vita
artistica inglese. Nel 1916, sceglie di adottare la nazionalità
britannica.
Gaetano Previati
Ferrara, 31 agosto 1852 – Lavagna, Genova, 21 giugno 1920
Avviato a studi tecnici, dal 1870 frequenta la Scuola di Belle
Arti di Ferrara sotto la guida di Gerolamo Domenichini e di
Giovanni Pagliarini. Dal 1873 al 1876 è a Livorno come
militare. In seguito si reca a Firenze dove frequenta lo studio
di Amos Cassioli. Nel 1877 si trasferisce a Milano, dove fino
al 1880 è allievo di Giuseppe Bertini all’Accademia di Brera,
per poi aprire nel 1881 un proprio studio. Dopo un inizio
come pittore di temi storico-letterari di straordinaria valenza
emotiva – Gli ostaggi di Crema (1878) che gli valgono il
Premio Canonica, Valentino a Capua, esposto a Torino nel
1880, Paolo e Francesca (1887) – stilisticamente indicativi
dei suoi interessi per la scapigliatura e per Domenico Morelli
di cui rimedita i temi religiosi, dalla fine del decennio, anche
per influenza di Luigi Conconi, si volge a soggetti più
conturbanti e illustra alcuni racconti di Edgar Allan Poe,
rifiutati però dagli editori. Nel 1889 conosce Vittore Grubicy
che lo introduce nell’ambiente dei divisionisti, contribuendo a
consolidare la sua amicizia con Giovanni Segantini. Nel 1891
alla Triennale di Brera presenta Maternità eseguita con la
tecnica divisionista; l’opera, accolta polemicamente a Milano,
viene presentata a Parigi nel Salon de la Rose-Croix, circolo
ispirato da idee misticosimboliste che conferma le inclinazioni
spiritualiste del pittore. Dopo un periodo fervido di inventiva,
ma di difficoltà economiche, nel 1898 firma un contratto che
lo legherà a Vittore Grubicy fino al 1908 permettendogli di
dedicarsi con più tranquillità alla pittura e di compiere proficui
viaggi di studio in Liguria. Nel 1901 partecipa con più opere
alla Mostra dell’Arte Sacra di Lodi, e tramite la Galleria di
Alberto Grubicy espone nel 1902 alla Secessione di Berlino e
al Palazzo delle Belle Arti di Milano e, nel 1905, alla
Quadriennale di Monaco di Baviera. Nel 1907 partecipa al
Salon des peintres divisionnistes organizzato a Parigi da
Alberto Grubicy, e collabora alla realizzazione della Sala del
Sogno alla Biennale di Venezia. I suoi interessi si orientano
maggiormente verso temi religiosi e motivi allegorici:
l’Assunzione (1903), Il Giorno sveglia la Notte (1905),
L’Eroica (1907). Nel frattempo si dedica con impegno alla
didattica delle teorie artistiche, iniziata nel 1896 con il saggio
Memoria sulla tecnica dei dipinti; nel 1905 pubblica La
tecnica della pittura, nel 1906 Principi scientifici del
divisionismo, e nel 1913 Della pittura. Tecnica e arte. Nel
1911, grazie a un nuovo contratto con i fratelli Grubicy le sue
opere vengono presentate in una mostra itinerante in Italia e
all’estero. Nel 1917, il dolore per la morte della moglie e di un
figlio, determina la fine dell’attività di Previati che si ritira a
Lavagna dove morirà.
Luigi Russolo
Portogruaro, 1885 – Cerro di Laveno, Varese, 1947
Figlio dell’organista del duomo di Portogruaro, direttore della
Schola Cantorum di Latisana, Luigi è avviato agli studi
musicali. Nel 1901 si trasferisce a Milano dove frequenta
l’ambiente culturale del tempo e in particolare il gruppo
“Poesia”, avendo l’opportunità di incontrare Gaetano Previati
e Romolo Romani.
Nel frattempo segue i corsi di anatomia e di paesaggio
all’Accademia di Brera; i suoi interessi si concentrano sulla
tecnica dell’incisione, e nel 1909 esordisce con un gruppo di
acqueforti alla mostra annuale di Bianco-Nero della Famiglia
Artistica di Milano. All’esposizione conosce Boccioni di cui
subisce l’influenza stilistica e tematica, come testimoniano
soprattutto le serie di incisioni sul tema della madre, e i
paesaggi di periferie industriali, dove tuttavia, i rimandi
all’opera di Boccioni si coniugano a echi simbolisti memori
della pittura di Previati che gli è di modello anche per la
tecnica di divisione del colore. Nel 1910 incontra Marinetti e
Carrà, con cui firma il Manifesto dei pittori futuristi; l’11 aprile
dello stesso anno sottoscrive anche il Manifesto tecnico della
pittura futurista. Da allora partecipa a gran parte delle
esposizioni e delle serate futuriste; nel 1912, con Severini, è
presente all’Esposizione dei futuristi italiani allestita a Parigi
nella Galerie Bernheim-Jeune. Il suo interesse per la musica
rimane vivo e nel 1913 scrive L’arte dei rumori, ed elabora la
sua prima serie di Intonarumori, strumenti musicali idonei a
materializzare l ’ i d e a
della simultaneità tramite
l’organizzazione dei rumori. Partecipa alla Prima guerra
mondiale arruolandosi nel battaglione Volontari Ciclisti
Lombardi. Ferito nel 1917, viene congedato e torna a Milano.
Nel 1920 firma, con Fini, Sironi e Dudreville, il manifesto
Contro tutti i ritorni in pittura, e partecipa alla mostra allestita
nella Nuova Galleria di Mario Buggelli. La sua pittura
acquisisce il tenore pacato e la semplificazione novecentiste.
Nel 1921 con gli Intonarumori divenuti ben ventisette da
undici che erano, tiene un concerto a Parigi al Teatro degli
Champs-Elisées. Dopo un ultimo concerto parigino nel 1929,
il fascino per le scienze occulte lo induce a ritirarsi in
solitudine meditativa in provincia di Varese dove si dedica a
studi metapsichici che sfoceranno nei saggi Al di là della
materia e Dialoghi tra l’io e l’anima.
Johannes Theodorus Toorop
Perworredjo, Giava, 1858 – L’Aia 1928
Nel 1872, Toorop si stabilisce in Olanda e comincia il suo
apprendistato al Politecnico di Delft, prima di entrare
all’Accademia di Belle Arti di Amsterdam nel 1880, poi alla
Ecole des Arts décoratifs di Bruxelles. Il suo interesse per la
modernità si traduce nel 1884 nell’adesione al Cercle des XX
e nell’adozione di una pittura impressionista. La scoperta
dell’opera di Seurat genera in lui una conversione alla tecnica
puntinista, a partire dal 1888-89, anche se il suo divisionismo
è più intuitivo che scientifico. A partire dal 1905, la sua
pennellata diventa più ampia e a mosaico. Impregnato di
spiritualità dalla sua infanzia a Giava, Toorop partecipa nel
1892 al Salon de la Rose-Croix a Parigi. Rimane
durevolmente influenzato dagli scritti del rosacruciano Sâr
Péladan.
Il temperamento passionale lo porta a lunghi dibattiti filosofici,
ma lo rende incapace di esprimere il pensiero che guida la
sua pittura; davanti all’espressione perplessa dei visitatori,
dopo le spiegazioni confuse sul simbolismo delle sue opere,
si mette al pianoforte e lascia che la musica parli al suo
posto. Sensibile fin dagli inizi all’impegno sociale, curioso di
tutte le avanguardie, molto legato a
Ensor e Whistler, è un membro eminente del Cercle d’Art
dell’Aia e incoraggia tutte le manifestazioni volte a
promuovere e ad avvicinare le arti. Si interessa dal 1900 al
movimento inglese Arts and Crafts di William Morris e lavora
all’ideazione di affiche, vignette, illustrazioni e rilegature.
Octave Maus lo invita a più riprese al Salon de la Libre
Esthétique a Bruxelles. Fortemente caratterizzati dal
simbolismo, da un’ispirazione talvolta esoterica o mistica che
lascia libero corso alle volute decorative caratteristiche
dell’Art Nouveau, i suoi disegni illustrano spesso soggetti
religiosi, dopo la conversione al cattolicesimo romano nel
1905.
Se Toorop è considerato un importante artista olandese, è
soprattutto in qualità di esponente del simbolismo e dell’Art
Nouveau ma, attraverso lo stile “luminista” e la
semplificazione estrema delle sue marine dipinte in Zelanda,
che preannuncia Gestel, Sluijters e Mondrian, artisti che
vedranno in lui un maestro.
Henry van de Velde
Anversa, 1863 – Zurigo, 1957
Questo artista che deve la sua reputazione principalmente al
contributo dato al design e all’architettura fu inizialmente un
pittore di grande talento, fino ai primi anni ’90 dell’Ottocento.
Quando nel 1892 Finch gli fa scoprire William Morris, decide
di intraprendere la via delle arti decorative e, come gli amici,
rifiuterà categoricamente qualsiasi divisione tra arti maggiori
e arti minori considerando che arte e vita non possono
essere dissociate. Sensibile al fatto che la bellezza deve
essere accessibile a tutti senza per questo essere
compromessa, sarà, attraverso le sue conferenze, i suoi
scritti e le sue realizzazioni, uno dei principali promotori e
difensori di una nuova estetica. Figlio di un farmacista molto
stimato di Anversa, Henri van de Velde si iscrive nel 1880
all’Accademia di Belle Arti della città natale dove dimostra le
sue brillanti doti. Frequenta lo studio di Charles Verlat (1883)
e, a Parigi, quello di Carolus Duran (1884). Sempre ad
Anversa, sarà cofondatore dei gruppi Als ik kan (1883), L’Art
Indépendant (1886-1887) con l’amico di gioventù Max
Elskamp, e L’Association pour l’Art (1891) soprattutto con
George Morren. Stabilitosi nel 1886-1890 a Wechelderzande,
incontra il pittore A.J. Heymans tramite Emile Claus e dipinge
in stile “luminista”. A partire dal giugno 1887, vivrà al ritmo
della malattia della madre che non lascerà mai fino alla
morte, il 22 luglio 1888. Questo anno doloroso è quello in cui
scopre la divisione del tono associata alla tecnica del
puntinismo avendo notato ai Salons des XX – di cui diventerà
membro nel novembre 1888 – le splendide opere inviate da
Seurat nel 1887, come la Grande Jatte, e, nel febbraio 1888,
quelle di Signac. Impressionato dallo loro arte e molto aperto
alle idee innovatrici, si sforzerà di assimilare
progressivamente i loro principi e li svilupperà fino al 1891 in
opere rare ma pregnanti. Un’infatuazione per Van Gogh e per
le sue curve precederà l’orientamento all’Art Nouveau di cui
sarà tra i pionieri. Dal 1900 al 1917 lavorerà in Germania
(Essen, Weimar), poi nel 1920 in Olanda. Tornerà a Bruxelles
per dirigere l’Ecole d’Art de La Cambre – la cui fama è
ancora attuale – prima di stabilirsi in Svizzera, nel 1947, per
redigere le sue memorie.
Théo van Rysselberghe
Gand, 23 novembre 1862 – Saint Clair, 13 dicembre 1926
Theophile (detto Théo) van Rysselberghe segue studi
accademici a Gand e poi a Bruxelles dove è allievo di
Portaels ed Herbo. Debutta al Salon Triennal del 1880. Le
sue prime opere, paesaggi della costa belga, nature morte e
ritratti, sono caratterizzate dal realismo e poi influenzate dai
soggiorni in Spagna e in Marocco. Per tutta la vita sarà un
grande viaggiatore. Nel 1883 incontra Emile Verhaeren con il
quale asseconderà Octave Maus nell’avventura del gruppo
Les XX e della Libre Esthétique, facendo da intermediari e
partecipando all’allestimento dei Saloni. Alla fine del 1885, il
ritratto assume un posto più importante nella sua opera, e
sotto l’influenza di Whistler, dei luministi belgi e degli
impressionisti francesi, la sua tavolozza si schiarisce.
Trascinato da Verhaeren, scopre dal 1886, a Parigi, la
Grande Jatte di Seurat. Si lancerà tuttavia nel puntinismo
solo nel 1888 con l’imponente e fastoso Ritratto di Alice
Sèthe (Portrait d’Alice Sèthe) (Saint-Germain en Laye,
Musée départemental du Prieuré). Signac capisce
immediatamente l’importante ruolo che il pittore belga
rivestirà nella diffusione della teoria di Seurat mediante
l’applicazione magistrale – indubbiamente un po’ fredda –
della tecnica puntinista alla figura umana. A partire dal 1895
si libererà progressivamente dal giogo ampliando la
pennellata ma rimarrà fedele al divisionismo. A partire dal
1900-1905 e fino alla fine della vita, praticherà un
impressionismo luminoso e morbido in cui il nudo, accanto a
paesaggi, fiori e ritratti, si esprimerà in modo più carnale.
Pittore, disegnatore, ma anche – soprattutto negli anni 1890
– incisore e affichiste, sarà, come Lemmen, un artigiano del
libro, e collaborerà con l’amico Verhaeren e l’editore Edmond
Deman. A lui si devono inoltre, ritratti scolpiti, alcuni mobili e
gioielli, senza dimenticare i grandi pannelli decorativi.
Stabilitosi a Parigi nel 1898, soggiornerà spesso nel
Lavandou, come l’amico Cross, e vi si trasferirà
definitivamente nel 1910. In occasione della mostra
dedicatagli dalla Galerie Giroux a Parigi nel 1927, l’artista
Maurice Denis gli renderà un bellissimo omaggio: “Ho
apprezzato il pittore, mi è piaciuto l’uomo. Era il più affidabile
degli amici; era retto, modesto e buono”.
A
B
C
D
Paul Signac
Saint-Briac. Le Béchet
1885, olio su tela
54x73 cm
Collezione privata
Georges Seurat
La Seine à Courbevoie
La Senna a Courbevoie
1885, olio su tela
81,4x65,2 cm
Collezione privata
Louis Hayet
Bords de l'Oise, Pontoise
Rive dell’Oise, Pontoise
1888 ca., olio su tela
55x63 cm
Collezione privata
Paul Signac
Les Gazomètres. Clichy
I Gasometri. Clichy
1886, olio su tela
65x81 cm
Melbourne, National Gallery of
Victoria. Australia, Felton
Bequest,1948
Willy Finch
Le Faubourg sous la neige
Il Faubourg sotto la neve
1886 ca., olio su tela
91,5x151 cm
Collezione privata
ELENCO OPERE
1 - Seurat e Signac prima
del neoimpressionismo
Georges Seurat
Sous-bois à Pontaubert
Sottobosco a Pontaubert
1881-1882, olio su tela
79,1x62,5 cm
New York, The Metropolitan
Museum of Art, donazione di
Raymonde Paul, in ricordo del
fratello, C.Michael Paul, 1985
(1985.237)
Georges Seurat
Paysannes au travail
Contadine al lavoro
1882-1883, olio su tela
38,5x46,2 cm
New York, Solomon R.
Guggenheim Museum
Solomon R. Guggenheim
Founding Collection,
Donazione, Solomon R.
Guggenheim (41.713)
Georges Seurat
Paysan à la houe
Contadino con la zappa
1882, olio su tela
46,3x56,1 cm
New York, Solomon R.
Guggenheim Museum
Solomon R. Guggenheim
Founding Collection,
Donazione, Solomon R.
Guggenheim (41.716)
Paul Signac
Port-en-Bessin. La halle aux
poissons
Port-en-Bessin. Il mercato del
pesce
1884, olio su tela
60x92 cm
Collezione privata
2 - Periferie
Georges Seurat
Banlieue
Periferia
1882 ca., olio su tela
32,4x40,5 cm
Troyes, Musée d'Art Moderne
de Troyes, donazione Pierre e
Denise Lèvy
Georges Seurat
Paysage d'Ile-de-France
Paesaggio nell’Ile-de-France
1881-1882, olio su tela
32,5x40,5 cm
Bordeaux, Musée des BeauxArts (deposito del Musée
d'Orsay). Lascito Albert
Marquet 1948, con riserva di
usufrutto da parte di Mme
Albert Marquet; entrato nelle
collezioni nazionali nel 1960
A
C
Paul Signac
Avant du Tub. Opus 176
Veduta dalla prua del Tub. Opus
176
1888, olio su tela
45x65 cm
Collezione privata
Albert Dubois-Pillet
Les Bords de Seine à Neuilly
Le rive della Senna a Neuilly
1887 ca., olio su tela
65,1x81,3 cm
Walter F. Brown Collection
Léo Gausson
Rivière et pont à Lagny-sur-Marne
Fiume e ponte a Lagny-sur-Marne
1886, olio su tela 61x82 cm
Collezione privata
3 - Le stagioni e i lavori
B
Camille Pissarro
Briqueterie Delafolie à Eragny
La fabbrica di mattoni Delafolie a Eragny
1886-1888, olio su tela
57,8x71,8 cm
Collezione privata
Camille Pissarro
Troupeau de moutons, Eragny-sur-Epte
Gregge di pecore, Eragny-sur-Epte
1888, olio su tela
46,2x55,2 cm
Collezione privata
D
Henri Delavallée
Le Puits en hiver
Il pozzo in inverno
1887, olio su tela
38,1x45,7 cm
Walter F. Brown Collectio
E
Albert Dubois-Pillet
Saint-Michel d'Aiguilhe sous la
neige
Saint-Michel d’Aiguilhe sotto la
neve
1889-1890, olio su tela
61x38 cm
Le Puy-en-Velay, Musée
Crozatier
Henry van de Velde
Paysage puéril
Paesaggio infantile
1891, olio su tela
43,8x59 cm
Mrs. Arthur G. Altschul
F
G
H
George Morren
Le pré des lavandières (ou
Jour de lessive)
Il prato delle lavandaie (o
Giorno di bucato)
1890, pastello su carta
41x53,5 cm
Collezione privata
4 - Seurat, Signac: marine
Georges Seurat
La Grève du Bas-Butin, Honfleur
La spiaggia di Bas-Butin, Honfleur
1886, olio su tela
67x78 cm
George Morren
Déclin du jour (ou Soir au
bassin)
Tramonto del giorno (o Sera
al bacino)
1891, olio su tela
55x67 cm
Collezione privata
Paul Signac
Saint-Briac. Les balises. Opus 210
Saint-Briac. Le boe. Opus 210
1890, olio su tela
63,8x80 cm
Collezione privata
Willy Finch
Verger à La Louvière
Frutteto a La Louvière
1890, olio su tela
54x67 cm
Helsinki, Ateneum Art Museum,
Finnish National Gallery
Maximilien Luce
Le Café
Il caffè
1892, olio su tela
81x65,2 cm
Collezione privata
Johannes Theodorus Toorop
Paysage avec marronnier
Paesaggio con castagno
1889, olio su tela su tavola
66,7x77 cm
Dordrecht, Dordrechts Museum
Constantin Meunier
Au Pays Noir
Nel Paese Nero
1893 ca., olio su tela
81x94,5 cm
Paris, Musée d'Orsay
Théo van Rysselberghe
Le Moulin du Kalf à Knokke o
Moulin en Flandre
Il Mulino del Kalf a Knokke o
Mulino nelle Fiandre
1894, olio su tela
80x68,5 cm
Collezione privata
Henri Edmond Cross
Vendanges (Var)
Vendemmia (Var)
1892, olio su tela
95x140 cm
Collection of Bruce & Robbi
Toll
F
Paul Signac
Portrieux. Le port (étude n. 3)
Portrieux. Il porto (studio n°3)
1888, olio su tavola
16x24 cm
Collezione privata
H
Paul Signac
Concarneau. Calme du soir Opus
220 (allegro maestoso)
Concarneau. Calma della sera.
Opus 220 (allegro maestoso)
1891, olio su tela
64,8x81 cm
New York, The Metropolitan
Museum of Art, Robert Lehman
Collection, 1975 (1975.1.209)
Georges Seurat
Gravelines: un soir, étude
Gravelines: una sera, studio
1890, olio su tavola
16x25 cm
in deposito al Musée de
Saint-Tropez, l'Annonciade, lascito
Georges Grammont 1959
Paris, Centre Pompidou, Musée
national d'art moderne - Centre de
création industrielle
Georges Seurat
Port-en-Bessin, avant-port, marée haute
Port-en-Bessin, avamporto, alta marea
1888, olio su tela
67x82 cm
Paris, musée d'Orsay, acquisito con parte di
una donazione anonima canadese, 1952
Georges Seurat
Le Chenal de Gravelines: un soir
Il canale di Gravelines: di sera
1890, olio su tela
65,4x81,9 cm
New York, The Museum of Modern Art. Dono
di Mr. e Mrs. William A. M. Burden, 1963
Georges Lemmen
Heyst. Midi. Marée haute
Heyst. Mezzogiorno. Alta
1891, olio su tavola
12,5x21,7 cm
Paris, Galerie Berès
Emilio Longoni
L'isola di San Giulio
1894-1895, olio su tela
110x90 cm
Barlassina, Banca di Credito Cooperativo
5 - La città
E
Georges Seurat
La Tour Eiffel
1889, olio su tavola
24x15,2 cm
San Francisco, Fine Arts Museums of San
Francisco, acquisto del museo, lascito fondo
William H. Noble 1979.48
I
Georges Seurat
Chahut (étude)
Chahut (studio)
1889-1890, olio su tavola
21,5x16,5 cm
London, The Samuel Courtauld
Trust, The Courtauld Gallery
M
Georges Seurat
Chahut, étude
Chahut, studio
1889-1890, olio su tela
55,7x46,2 cm
Buffalo, The Albright-Knox Art
Gallery
Louis Hayet
La Halle au blé
Il mercato del grano
1887, tecnica mista su calicot
18,5x22 cm
Collezione privata
Louis Hayet
Étal d'un marchand de volailles
Bancarella di un venditore di
pollame
1887-1888, tecnica mista su
calicot
19x22 cm
Collezione privata
Louis Hayet
Au café
Al caffè
1887-1888, tecnica mista su
calicot
23x18,5 cm
Collezione privata
Louis Hayet
Fête foraine la nuit
Festa notturna di saltimbanchi
1888, olio su tela
73x92 cm
Genève, Musée du Petit Palais
L
Charles Théophile Angrand
G
L'Accident
L’incidente
1886-87, olio su tela
51x65 cm
Collezione privata
L
Maximilien Luce
Quai de l'Ecole. Paris. Le soir
Quai de l’Ecole. Parigi. La sera
1889, olio su tela
50,9x70 cm
Collezione privata
Maximilien Luce
Le Louvre et le pont du
Carrousel. Effet de nuit
Il Louvre e il ponte del
Carrousel. Effetto notte
1890, olio su tela
65x81 cm
Walter F. Brown Collectio
I
Maximilien Luce
Vue de Londres (Cannon
Street)
Veduta di Londra (Cannon
Street)
1893, olio su tela, 65x81 cm
Collezione privata
Albert Dubois-Pillet
Les Tours, Saint-Sulpice
Le Torri, Saint-Sulpice
1887 ca., olio su tela
81x65 cm
Walter F. Brown Collection
Albert Dubois-Pillet
La Seine à Paris
La Senna a Parigi
1888, olio su tela
79,9x99,5 cm
Collection of Bruce & Robbi
Toll
M
N
Hendricus Petrus Bremmer
Paysage avec maisons
Paesaggio con case
1898, olio su tela
42x56,5 cm
Walter F. Brown Collection
Luigi Russolo
Periferia-Lavoro (o Periferia)
1909, olio su tela
77x61 cm
Collezione privata
6 - Ritratti
Paul Signac
Etude pour "La Salle à manger"
Studio per la “Salle à manger”
1886-1887, olio su tavola
14,5x25 cm
Collezione privata
Paul Signac
Femme sous la lampe
Donna sotto la lampada
1890, olio su tavola
24,5x15 cm
Paris, Musée d'Orsay, donazione
di Mme Ginette Signac, 1976
O
Paul Signac
Femme se coiffant. Opus 227
(arabesques pour une salle de
toilette)
Donna che si pettina. Opus 227
(arabeschi per una stanza da
toeletta)
1892, encausto su tela applicata
59x70 cm
Collezione privata
N
Henry van de Velde
Portrait présumé de Laurent van de Velde à
Blankenberghe
Presunto ritratto di Laurent van de Velde a
Blankenberghe
1888 ca., olio su tela
44x34 cm
Bruges, Musée Groeninge
Lucien Pissarro
L'Atelier de l'artiste. Portrait de son frère
L’Atelier dell’artista. Ritratto del fratello
1887, olio su tela
64,13x80,01 cm
Indianapolis, Indianapolis Museum of Art,
Donazione della famiglia e degli amici in
memoria di Robert S. Ashby, 1995.100
Théo van Rysselberghe
Emile Verhaeren dans son cabinet, rue du
Moulin
Emile Verhaeren nel suo studio in rue du
Moulin
1892, olio su tela
86x75,6 cm
Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique,
Archives & Musée de la Littérature
P
Théo van Rysselberghe
Jeune fille au chapeau de paille (portrait
d'Elisabeth van Rysselberghe)
La ragazza col cappello di paglia (ritratto di
Elisabeth van Rysselberghe)
1901, olio su tela
81x70 cm
Collezione privata
O
Hippolyte Petitjean
Jeune femme assise
Giovane donna seduta
1892, olio su tela
73x60,5 cm
Nancy, Musée des BeauxArts (deposito del Musée
d'Orsay)
Achille Laugé
Portrait de Madame Astre
Ritratto di Madame Astre
1892, olio su tela
198x133 cm
Carcassonne, Musée des
Beaux-Arts de
Carcassonne
Georges Lemmen
Les deux sœurs o Les
sœurs Serruys
Le due sorelle o Le sorelle
Serruys
1894, olio su tela
60x70 cm
Indianapolis, Indianapolis
Museum of Art, The
Holliday Collection, 79.317
Henri Edmond Cross
Nocturne aux cyprès
Notturno con cipressi
1896, olio su tela
65x92 cm
Genève, Musée du Petit
Palais
Gaetano Previati
Nel prato (o Mattino)
1889, olio su tela
62x56 cm
Firenze, Galleria d'Arte
Moderna, Palazzo Pitti Soprintendenza Speciale
PSAE e Polo Museale
della città di Firenze
P
7 – Dopo Seurat: marine
Willy Finch
Estacade à Heyst; temps gris
Frangiflutti a Heyst; tempo grigio
1891, olio su tela
67x90,5 cm
Helsinki, Amos Anderson Art
Museum, Sigurd Frosterus
Foundation
Théo van Rysselberghe
Voiliers sur l'Escaut
Vele sulla Schelda
1892, olio su tela
67x90 cm
Collection of Bruce & Robbi Toll
Q
Théo van Rysselberghe
Le Port de Cette. Les tartanes
Il porto di Cette. Le tartane
1892, olio su tela
60x70 cm
Collezione privata
Henri Edmond Cross
La Plage de la Vignasse
La spiaggia della Vignasse
1891-1892, olio su tela
65,5x92,2 cm
Le Havre, Musée Malraux,
Collection SENN
Henri Edmond Cross
La mer clapotante,
Il mare che sciaborda
1903 circa, olio su tela,
59x81,2 cm
Collezione privata
R
Paul Signac
Saint-Tropez. Après l'orage
Saint-Tropez. Dopo il temporale
1895, olio su tela
65x81 cm
Collezione privata
Q
Paul Signac
Saint-Tropez. L'orage
Saint-Tropez. Temporale
1895, olio su tela
46,5x55 cm
Saint-Tropez, Musée de
Saint-Tropez, L’Annonciade
Paul Signac
Clocher de Saint-Tropez
Campanile di Saint-Tropez
1896, olio su tela
81x65 cm
Toulouse, Fondation Bemberg
Paul Signac
Voiles et pins
Vele e pini
1896, olio su tela
81x52 cm
Collezione privata
Paul Signac
L’arc-en-ciel (Venise)
L’arcobaleno (Venezia)
1905, olio su tela
73,7x92,3 cm
Collezione privata
Georges Lacombe
La baie de Saint-Jean de Luz
(côte de Sainte-Barbe)
La baia di Saint-Jean de Luz
(costa di Sainte-Barbe)
1904, olio su tela
50x61 cm
Collezione privata
Johannes Theodorus Toorop
Mer brumeuse, plage de Katwijk
Mare brumoso, spiaggia di
Katwijk
1899, olio su tela montata su
cartone dall’artista
39,5x43,5 cm
Paesi Bassi, Triton Foundation
R
Giacomo Balla
Agave sul mare, il mare di Anzio
1908, olio su tela
90x143 cm
Collezione privata
A
B
C
D
ELENCO AUTOCROMIE
Louis Ducos du Hauron
Agen
eliocromia su legno (?) ottenuta
con il procedimento a tricromia
dell’autore, 1877
dimensione originale
13,5x18,9 cm
Collezione Société
française de photographie
Louis Ducos du Hauron
Tricromia retrospettiva,
prime ricerche. Foglie e
petali di fiori ottenuti per
contatto nel 1869, s.d.
fotocollografia,
dimensione originale
9,7x11,5 cm
Collezione Société
française de
photographie
Louis Ducos du Hauron
Riproduzione di tre
negativi su carta a
contatto selezionati per la
fotografia dei colori con il
metodo tricromo
realizzati da Louis Ducos
du Hauron nel 1869, s.d.
tre stampe alla gelatina
d’argento, dimensione
originale 10,2x12,5
cm/10,1x12,3
cm/10x12,3 cm;
il tutto 43,1x19,1 cm
Collezione Société
française de
photographie
Gabriel Lippmann
Stampa giapponese
Posa: 1 minuto 30 secondi,
1899 circa, Positivo a colori su
vetro ottenuto con il metodo
interferenziale dell’autore
(emulsione Lippmann)
dimensione originale,
8,1x8,2x1,3 cm
Collezione Société française
de photographie
Gabriel Lippmann
Farfalla
1899 circa, positivo a colori su
vetro, ottenuto con il metodo
interferenziale dell’autore
(emulsione Lippmann)
dimensione originale
8,1x8,1x1,1 cm
Collezione Société française
de photographie
Antonin Personnaz
La pittrice
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française
de photographie
A
Antonin Personnaz
Signora con l’ombrello rosso
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française
de photographie
D
Antonin Personnaz
Campo nella nebbia
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française
de photographie
B
C
Antonin Personnaz
Bambini sulla spiaggia
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
La riva al tramonto
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Cani davanti al mare
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Fabbriche dei dintorni di Parigi
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Porto di Biarritz
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Nuvole sul mare
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Spiaggia mediterranea
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Léon Gimpel
17 agosto 1913, salvataggio di due bimbi
accerchiati dall’acqua
1913, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Roccia (Bec du Hoc)
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Antonin Personnaz
Chiatte
1910 circa, lastra autocroma
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
Fernand Monpillard
Il pappagallo di John Joly
marzo 1908, riproduzione su lastra
autocroma di una fotografia ottenuta con il
metodo Joly
dimensione originale 9x12 cm
Collezione Société française de
photographie
DAI PENNELLI AI PIXEL
UNA SERIE DI CONFERENZE PER LA MOSTRA SEURAT SIGNAC E I NEOIMPRESSIONISTI
Dalle pennellate di Seurat e Signac alle opere d’arte dei nostri giorni fatte dai videoartisti con i pixel, passando attraverso la
storia della pittura, della fotografia, della letteratura e cercando di capire meglio i meccanismi della percezione visiva.
La mostra “Georges Seurat – Paul Signac e i neoimpressionisti” a Palazzo Reale di Milano dal 10 ottobre al 25 gennaio
accompagnerà i suoi visitatori con una serie di conferenze e lezioni alla portata di tutti che si svolgeranno lungo i tre mesi di
apertura della mostra, con appuntamenti a cadenza bisettimanale.
Gli incontri, della durata di un’ora, fanno largo uso di materiale iconografico e si terranno nella sala conferenze di Palazzo
Reale.
A tenere le conferenze specialisti in diversi ambiti culturali che affronteranno gli argomenti della mostra – soprattutto il colore e
la sua percezione, la vicenda biografica e il contesto nel quale operarono i neoimpressionisti – dal loro punto di osservazione, in
modo da completare il quadro degli argomenti nel modo più esaustivo e stimolante possibile soprattutto per un pubblico non
specializzato.
La prima conferenza sarà proprio sulla grande stagione del neoimpressionismo e sarà tenuta dalla curatrice della mostra,
Marina Ferretti Bocquillon. A seguire una lezione della designer del colore Francesca Valan su come il colore viene oggi
attentamente curato anche nel marketing e nella comunicazione aziendale, e il tema della fotografia del colore, svolto dalla
storica della fotografia Silvana Turzio.
Con Marco Belpoliti, autore e saggista che si è occupato a lungo di questi temi, ci si sposta sul terreno della percezione e della
storia sociale della visione, mentre Marina Pugliese, storica dell’arte e conservatore delle opere del XX secolo delle collezioni
d’arte del comune di Milano, si occupa della tecnica pittorica dei neoimpressionisti. Sarà prismatica la tavolozza di Seurat,
secondo l’illustrazione che ne farà Giuseppe Di Napoli, docente a Brera e autore del fortunato saggio Il colore dipinto, mentre
Roberto Casati, esperto di scienze cognitive, spiegherà perché i pittori fanno così fatica a dipingere un’ombra.
La francesista Eleonora Sparvoli ci fa compiere un salto indietro, recuperando il legame filosofico che legò Georges Seurat a
Marcel Proust, che sembrò prendere ispirazione dalle tecniche del pittore per alcune sue novelle; le letture teatrali di
Massimiliano Finazzer Flory, che pescherà da un vasto repertorio di poeti francesi (da Mallarmé a Baudelaire) ci riporteranno
alle raffinate atmosfere culturali coeve dei grandi pittori in mostra; infine, un salto nella nostra realtà contemporanea con la
giornalista ed esperta di web-art Chiara Somajni che racconterà come i pixel, i piccoli punti che vediamo nei nostri schermi del
pc, sono entrati nella vita quotidiana e nell’arte del nostro tempo. In compagnia di Quirino Principe, illustre musicologo,
ascolteremo da vicino le stesse musiche che sentivano i pittori neoimpressionisti e capiremo come ne furono influenzati e le
influenzarono.
Programma Conferenze
GIOVEDÌ 16 OTTOBRE
ore 18
MARINA FERRETTI BOCQUILLON
conversazione con Stefano Salis
La rivoluzione dei neoimpressionisti
Marina Ferretti Bocquillon è responsabile degli archivi Signac con Françoise Cachin, cura i progetti speciali al Museo d’Orsay e, dal 2003, è
responsabile presso il comune di Le Cannet per la creazione di un museo Bonnard, oltre ad essere curatrice delle mostre ivi organizzate su
Bonnard e Vuillard. Studiosa specializzata sul periodo impressionista e neoimpressionista, ha curato e collaborato alla realizzazione di numerose
mostre sull'argomento soprattutto in Francia, in Europa e negli Stati Uniti, tra cui la grande esposizione itinerante dedicata nel 2001 a Signac, a
Parigi, Amsterdam e New York, e la mostra Le Néo-impressionnisme. De Seurat à Paul Klee, con Serge Lemoine, al musée d’Orsay di Parigi nel
2005. Oltre ai cataloghi delle mostre è autrice (con Françoise Cachin) del catalogo ragionato: Signac. Catalogue raisonné de l’oeuvre peint
(Parigi, Gallimard, 2000) e di numerosi saggi con approfondimenti specifici per esempio sulla produzione di disegni e di acquarelli da parte di
Seurat e Signac e sulle loro collezioni.
GIOVEDÌ 23 OTTOBRE
ore 18
FRANCESCA VALAN
Contrasti e Armonie: dalle teorie di Chevreul al design del colore
Francesca Valan, designer, ha collaborato con Jorrit Tornquist e con Clino Castelli. E' specializzata nella progettazione dell'Identità di Prodotto
tramite la definizione dei colori, dei materiali e delle finiture. Pianifica il colore di prodotti per importanti aziende italiane e internazionali. Insegna
progettazione del colore all'Istituto Europeo di Design di Milano e in altre scuole di design e architettura.
GIOVEDÌ 30 OTTOBRE
ore 18
SILVANA TURZIO
La fotografia del colore tra opacità e trasparenza
Silvana Turzio, docente universitaria e pubblicista, opera da molti anni in campo fotografico con mostre e curatela di cataloghi internazionali su
materiali inediti (tra gli altri: Archivi della Scala di Milano, Archivi di polizia per la fotografia criminale, I fondi di André Kertèsz e di Jacques Henri
Lartigue) ha lavorato per molti anni in Francia presso Istituzioni pubbliche specializzate in fotografia e costituito alcune collezioni private,
pubblicato saggi e articoli sulla storia e l’estetica della fotografia.
GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE
ore 18
MARCO BELPOLITI
Diario dell’occhio. Percezione, realtà, società
Marco Belpoliti saggista e scrittore, ha pubblicato molti libri, tra i quali L'occhio di Calvino (1996 e in nuova edizione 2006), Settanta (2001),
Doppio zero (2003), Crolli (2005), La prova (2007) e curato l'edizione delle Opere (1997) di Primo Levi, tutte per Einaudi. Collabora a molti
giornali tra i quali La Stampa e il manifesto. Ha curato la parte letteraria della mostra Anni Settanta alla Triennale di Milano. Il suo ultimo libro si
intitola Diario dell’occhio (Le Lettere) e raccoglie il meglio della sua rubrica di recensioni di copertine di libri pubblicata dal supplemento Alias de il
manifesto.
GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE
ore 18
MARINA PUGLIESE
Dalla Tache al Pointillisme.
La tecnica pittorica dei neoimpressionisti
Marina Pugliese, storica dell'arte, è conservatore responsabile delle collezioni di arte del XX secolo per il Comune di Milano e coordinatore per
l'Italia di Incca (International Network for the Conservation of Contemporary Art). Si interessa degli aspetti materici, tecnici e conservativi dell'arte
contemporanea nonché della relazione tra opera d'arte e contesto espositivo. Tra le sue pubblicazioni più recenti Tecnica Mista. materiali e
procedimenti nell'arte del XX secolo (Bruno Mondadori 2006); con Carlo Birrozzi, L'arte Pubblica nello spazio urbano. Committenti, artisti, fruitori
(Bruno Mondadori, 2007). Attualmente sta lavorando con Barbara Ferriani ad un libro per Electa sulla storia e la conservazione delle installazioni.
GIOVEDÌ 20 NOVEMBRE
ore 18
GIUSEPPE DI NAPOLI
La tavolozza prismatica
Diplomato in Pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, Giuseppe di Napoli ha esposto in numerose mostre personali e collettive in
gallerie nazionali ed europee. E’ titolare della cattedra di Educazione Visiva e Discipline Pittoriche al Liceo Artistico Brera di Milano; insegna
Metodologia progettuale della comunicazione visiva; Teoria e pratica del disegno prospettico all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano; Disegno
e Colore all’Istituto Europeo del Design di Milano. Tra i suo libri: Il colore dipinto (Einaudi), Disegnare e conoscere (Einaudi); Segno Forma
Spazio Colore (Zanichelli). E’ stato invitato a parlare del colore in numerose conferenze ed è intervenuto in tre puntate della trasmissione
televisiva Dodicesimo round di RAI Due.
GIOVEDÌ 27 NOVEMBRE
ore 18
MASSIMILIANO FINAZZER FLORY
In cammino, con poesie e parole: da Apollinaire a Baudelaire. Passando per Rimbaud
Massimiliano Finazzer Flory, saggista, autore di teatro e attore. Ha messo in scena le figure di Virgilio, Rilke, Borges e ora Beethoven. È curatore
di rassegne culturali su tutto il territorio nazionale ed ideatore di nuovi format in cui si intrecciano filosofia e letteratura. Dirige due collane
editoriali per San Paolo Edizioni (A passo d'uomo) e Skira Editore (Pezzi di città). Tra le sue ultime pubblicazioni: Il gioco serio dell’Arte (BUR,
Milano 2008) e Cittàteatro (Moretti&Vitali editori, Bergamo 2008). Nel 2007 gli è stata conferita dal Comune di Milano la Medaglia d’Oro di
Benemerenza Civica, Ambrogino d'Oro.
GIOVEDÌ 4 DICEMBRE
ore 18
ROBERTO CASATI
Perché i pittori fanno così fatica a disegnare un’ombra?
Roberto Casati è direttore di ricerca del CNRS all'Institut Nicod (Ecole Normale Supérieure) di Parigi. Filosofo delle scienze cognitive, ha studiato
la rappresentazione dello spazio e degli oggetti nello spazio, tra cui oggetti poco ortodossi come i buchi (Holes, con A. Varzi, MIT Press), i suoni
(La philosophie du Son, con J.Dokic), e le ombre (La scoperta dell'ombra, Laterza). Autore di un vasto numero di pubblicazioni scientifiche su
importanti riviste internazionali, sta lavorando con lo psicologo cognitivo Vittorio Girotto a un libro sulle Soluzioni creative.
GIOVEDÌ 11 DICEMBRE
ore 18
ELEONORA SPARVOLI
Sulla strada di Seurat: Proust e la creazione melanconica
Eleonora Sparvoli insegna Letteratura Francese Contemporanea all’Università degli Studi di Milano. E’ specialista dell’opera di Marcel Proust, cui
ha dedicato diversi articoli e due monografie: Contro il corpo. Proust e il romanzo immateriale (Franco Angeli); L’avventura mancata. Stile in
Marcel Proust (Cisalpino). E’ uno dei curatori del volume Proust et la philosophie aujourd’hui (Ets).
Dopo la conferenza saranno videoproiettati bozzetti e proposte di messa in scena di una drammaturgia ispirata alla novella proustiana
Melanconica villeggiatura di M.me de Bryves, attraverso la materia pulviscolare grafica e pittorica di Seurat.
GIOVEDÌ 8 GENNAIO
ore18
QUIRINO PRINCIPE
"Il suono giallo"... E il suono azzurro? E il suono rosso? Tra tonalità e sfumatura, la musica ai tempi dei neoimpressionisti
Quirino Principe è nato a Gorizia nel 1935. Insegna filosofia della musica, nella facoltà di lettere dell'università di roma III. Fra i suoi libri di
argomento musicale: Mahler (1983), Strauss (1989), I quartetti di Beethoven (1993), La musica a Milano nel Novecento (1996), Il teatro d'opera
tedesco (2004). Traduttore da varie lingue, è il curatore dell'edizione italiana del Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien. E' croce d'onore della
Repubblica d'Austria e Accademico di Santa Cecilia.
GIOVEDÌ 15 GENNAIO
ore 18
CHIARA SOMAJNI
Il puntinismo digitale. Come fare un'opera d'arte con i pixel
Chiara Somajni è giornalista del Sole 24 Ore. Si occupa di cultura digitale e arti visive. Ha insegnato nel corso Arte e tecnologia del CLEACC –
Corso di laurea in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione - dell'Università Bocconi di Milano
Fuori programma:
Conferenza presso
sede Fnac, c.so Torino
(via della Palla 2), Milano
LUNEDI’ 20 OTTOBRE
ore 18
SILVANA TURZIO
Seurat e Signac: come i neoimpressionisti hanno scoperto la fotografia
Assieme a Silvana Turzio, docente universitaria e pubblicista che da anni opera in campo fotografico in Italia e all’estero, andiamo ad
approfondire, uno dei temi più interessanti dell’arte contemporanea: il rapporto tra arte e fotografia. E nello specifico tra neoimpressionisti e
pellicola. L’incontro avrà luogo proprio all’interno della Galleria Fotografica Fnac.
Per i soci Fnac ingresso ridotto in mostra presentando alla cassa la carta soci.
MARINA FERRETTI BOCQUILLON
- responsabile degli archivi Signac con Françoise Cachin dal 1985
- curatrice per progetti speciali al Museo d’Orsay dal 1998
- curatrice e responsabile presso il comune di Le Cannet per la creazione di un museo Bonnard dal 2003
- curatrice della mostra Seurat, Signac et le néo-impressionnisme, Milano, Palazzo Reale, ottobre 2008
anni precedenti
- curatrice della mostra Bonnard photographe/Bonnard photographié, Le Cannet, dicembre 2007
- curatrice della mostra Vuillard. Peintures, Le Cannet, giugno - settembre 2006
- curatrice della mostra Bonnard illustrateur, Le Cannet, maggio – settembre 2005
- curatrice della mostra Le Néo-impressionnisme. De Seurat à Paul Klee, con Serge Lemoine, musée d’Orsay, Parigi, marzo
–luglio 2005
- curatrice della mostra Paul Signac, avec Françoise Cachin, Fondation Pierre Gianadda, Martigny, Svizzera, 18 giugno - 23
novembre 2003
- collaborazione per la mostra Degas e gli Italiani a Parigi, settembre 2003, Ferrara, Palazzo dei Diamanti ; Ann Dumas
curatrice
- curatrice della mostra Signac, 2001, Parigi, Grand Palais, Amsterdam, Vincent van Gogh Museum e New York, Metropolitan
Museum of Art
- collaborazione per la mostra Beyond the easel : decorative painting by Bonnard, Vuillard, Denis and Roussel 1890-1930
(2001, Chicago, The Art Institute; Gloria Groom curatrice)
- collaborazione per la mostra Mary Cassatt, modern woman (1998-1999, Chicago, The Art Institute ; Judith Barter curatrice
- collaborazione per la mostra Monet and the Mediterranean (1997, Fort Worth, Kimbell Art Museum ; Joachim Pissarro
curatore)
- collaborazione per la mostra Renoir ; les portraits (1997-1998, Ottawa, National Gallery, Chicago, The Art Institute et Fort
Worth, Kimbell Art Museum ; Colin Bailey curatore)
- collaborazione per la mostra Impressionnisme; les origines 1859-1869 (1994, Parigi, Grand Palais e New York, Metropolitan
Museum of Art ; Henri Loyrette e Gary Tinterow curatore)
- curatrice della mostra Signac et Saint-Tropez 1892-1913 (1992, Saint-Tropez, musée de l’Annonciade et Reims, musée des
Beaux-Arts)
- collaborazione per la mostra Seurat (1991, Parigi, Grand Palais, e New York, Metropolitan Museum of Art ; Françoise Cachin
e Robert Herbert curatore)
pubblicazioni
- Seurat et le dessin néo-impressionniste, Parigi, Musée d’Orsay – 5 Continents, 2005
- Le Néo-impressionnisme. De Seurat à Paul Klee, catalogo della mostra, Paris, RMN/musée d’Orsay, 2005
- L’Impressionnisme, collection “Que sais-je ?”, Parigi, Presses Universitaires de France, 2004
- Signac, catalogo della mostra, Martigny, Fondation Pierre Gianadda, 2003
- Signac, catalogo della mostra, Parigi, Grand Palais, Amsterdam, Van Gogh Museum e New York, The Metropolitan Museum
of Art, 2001
- Signac aquarelliste, Parigi, Adam Biro, 2001 (traduzione inglese, Signac Watercolors, Vilo)
- Signac. Catalogue raisonné de l’oeuvre peint (co-autore, con Françoise Cachin), Parigi, Gallimard, 2000
- Paul Signac, dessins et aquarelles. Collection inédite (“La Collection James Dyke: l’oeuvre graphique de Paul Signac”), 2000,
New York, Abrams e Parigi, La Martinière
- Signac & Saint-Tropez 1892-1913, catalogo della mostra, musée de l’Annonciade, Saint-Tropez, 1992
Scarica

Cartella Stampa_Seurat Signac e