attualità IL PM e l’ICD: preparazione psicologica della persona assistita Martin Hoffmann, Consigliere N ell’ultimo decennio i centri impiantatori e il numero di procedure eseguite in Italia sono notevolmente cresciute: nel 1999 sono stati impiantati 21.693 pacemaker e 1.319 defibrillatori in 484 centri(1). Come segnalato da L.J. Carpenito(2), nel 75-100% dei pazienti sottoposti ad impianto di pacemaker è possibile riscontrare la diagnosi infermieristica di ansia, paura, correlata all’imminente inserzione del pacemaker e alla prognosi. Per affrontare questo aspetto ritengo sia opportuno contestualizzarlo nell’ambito della più ampia problematica dell’ansia, paura, ed io aggiungerei anche della depressione, nel paziente cardiopatico. Questi aspetti non devono essere trascurati né sottovalutati, non solo per le ripercussioni sulla qualità della vita dell’assistito ma anche per le influenze sull’aspettativa di vita: numerosi studi hanno infatti evidenziato correlazioni tra il vissuto psicologico, l’aspettativa di vita e l’insorgenza di episodi ischemici cardiaci, aritmici e di morte improvvisa(3). Durante eventi acuti stressanti è stato ad esempio notato un aumento dell’incidenza di morte improvvisa e di eventi infartuali, come ad esempio durante terremoti(4)(5)(6)(7) 1) Registro Italiano Pacemaker e Defibrillatori, Bollettino Periodico 1999, Fondazione I.R.C.A.B., Udine 2) Carpenito, L. J., Piani di assistenza infermieristica e documen tazione. Diagnosi infermieristiche e problemi collaborativi, Milano, CEA, 2000 (III Ed. USA 1999), 784-793. 3) James, P.R., et Al., Acute psychological stress and the propensity to ventricular arrhythmias; evidences for a linking mechanism, Eur. Heart J., 2000, 21, 158-64. 4) Leor, J., et Al., Sudden cardiac death triggered by an earthquake, N. Engl. J. Med., 1996, 334, 413-9. 5) Kloner, R.A., et Al., Population-based analysis of the effects of the Northridge Earthquake on cardiac death in Los Angeles Country, California, J. Am. Coll. Cardiol., 1997, 30, 1174-80. 6) Trichopoulos, D., et Al., Psychological stress and fatal heart attak : the Athens (1981) earthquake natural experiment, Lancet, 1983, 1, 441-4. 7) Brown, D.L., et Al., Disparate effects of the 1989 Loma Prietra and 1994 Northridge earthquake on hospital admissions for acute myocardial infarction: importace of superimposition of triggers, Am. Heart J., 1999, 137, 830-6. 14 15000 5000 0 1985 1990 1995 Distribuzione degli impianti di PM in Italia dal 1981 al 1999. Fonte: registro italiano pacemaker e defibrillatori, Bollettino 1999 80 60 40 20 0 <5 5-15 15-30 >30 Distribuzione degli impianti di PM per centro in Italia (1999). Fonte: registro italiano pacemaker e defibrillatori, Bollettino 1999 100 80 60 40 20 0 <50 50-100 100-200 >200 Distribuzione degli impianti di ICD per centro in Italia (1999). Fonte: registro italiano pacemaker e defibrillatori, Bollettino 1999 IO INFERMIERE - N.2 /2003 o situazioni belliche(8). Da anni infatti è stato identificato lo stress psicologico quale fattore di rischio sia nella preparazione del substrato fisiopatologico che nel momento dell’induzione dell’aritmia mortale(9). Affinché un’aritmia si possa innescare, è necessaria una perturbazione transitoria che agisca su un substrato miocardico alterato. La perturbazione può essere rappresentata da un’ischemia miocardica transitoria, una disfunzione del sistema autonomico, un’attivazione piastrinica, una presenza anomala di fattori metabolici sistemici, alterazioni della propagazione dell’onda elettrica o disturbi dei canali ionici. Lo stress psicologico agisce cronicamente contribuendo a determinare le alterazioni del substrato anatomico ed acutamente a livello di tutti gli elementi scatenanti l’evento. Ziegelstein et Al. hanno dimostrato come sia l’ansia che la depressione che l’isolamento sociale si associno spesso al fumo, all’obesità, all’alcoolismo e ad un’inefficace gestione del regime terapeutico per ridotta compliance, accelerando i processi degenerativi responsabili delle principali cardiopatie potenziando così i fattori di rischio(10). Lo stress agisce favorendo significativamente la comparsa di aterosclerosi sia con un’azione diretta sull’endotelio che incrementando a livello serico sia il colesterolo che le catecolamine che il cortisolo(11)(12). Nelle donne lo stress può determinare un’insufficienza ovarica con conseguente perdita dell’azione protettiva estrogenica e rapido sviluppo dell’aterosclerosi, ipercortisolemia, ed esaltata risposta cardiaca allo stress(13)(14)(15). Lo stress determina aumento della 8) Kark, J.D., et Al., Iraqui missile attacks on Israele. The association of mortality with a life-threatening stressor, JAMA, 1995, 273, 1208-10. 9) Pignalberi, C., et Al., Stress psicologico e morte improvvisa, Ital. Heart J., 2002, Oct. Suppl. Vol 3, 1011-21. 10) Ziegelstein, R.C., et Al., Depression, adherence behavior and coronary disease outcomes, Arch. Itern. Med., 1998, 158, 808-9. 11) Fuchs, L.C., et Al., Behavioral stress alters coronary vascular reactivity in borderline hypertensive rats, J.Hipertens, 1997, 15, 301-7. 12) Veith, R.C., et Al., Sympathetic nervous system activity in major depression: basal and desipram0ine-induced alterations in plasma norepinephrie kinetic, Arch. Gen. Psychiatry, 1994, 51, 411-22. 13) Kaplan, J.R., et Al., Psychosocial influences on female “protection” among cynomolgus macaques, Atherosclerosis, 1984, 53, 283-95. 14) Kaplan, J.R., et Al., Psychosocial factors,sex differences and atherosclerosis: lessons from animal models, Psycosom. Med., 1996, 58, 598-611. 15) Williams, J.K., et Al., Determinants of coronary artery reactivity in premenopausal female cynomolgus monkey with diet-induced atherosclerosis, Circul, 1994, 90, 983-7. IO INFERMIERE - N.2 /2003 frequenza cardiaca ed incremento dei valori pressori provocando un rapido aumento delle richieste metaboliche cardiache e quindi di O2(16); inoltre è stata segnalata una significativa riduzione della funzione di pompa ventricolare nei pazienti postinfartuati(17). Pazienti affetti da cardiopatia ischemica sottoposti a test con stress mentali (ricordo di momenti di collera, dialogo davanti ad un pubblico) sono stati colti da ischemia elettrocardiograficamente silente e clinicamente muta. Si ritiene inoltre che sotto stress si verifichi una stimolazione neuroumorale che determina vasospasmo coronarico emodinamicamente significativo(18)(19) accompagnato da incapacità del microcircolo a dilatarsi(20)(21)(22). Lo stress concorre anche alla diretta induzione di aritmie come dimostrato da Lown et Al.(23) e Tavazzi et Al.(24), riducendo la soglia di induzione della fibrillazione ventricolare(25) e nei pazienti coronaropatici favorendo la dispersione del QT(26). Infine lo stress acuto determina alterazioni piastriniche, come dimostrato dagli esperimenti di stress mentali condotti da Grignani(27) o da Kario et Al(28). riscontrati durante eventi naturali quali terremoti, oltre che alterazioni della 16) Gottdiener, J.S., et Al., Induction of silentmyocardial ischemia with mental stress testing: relation to the trigger of ischemia during daily life activities and to ischemic functional severity. J. Am. Coll. Cardiol., 1994, 24, 1645-51. 17) Mazzuero, G., et Al., Influence of mental stress on ventricular pump function in postinfarctual patients: an invasive hemodynamic investigation, Circul., 1991, 83 (Suppl) II145-54. 18) Shervood, a, et Al., Endothelial function and hemodynamic responses during mental stress, Psycosom. Med., 1999, 61, 365-70. 19) Kop, W.J., Effects of mental stresso coronary epicardial vasomotion and flow velocity in coronary artery disease: relationship with hemodinamic stress responses, J. Am. Coll. Cardiol., 2001, 37, 1359-66. 20) Bosimini, E., et Al., Electrocardiographic markers of ischemia during mental stress testing in postinfarctual patients.Role of body surface mapping, Circul., 1991, 83 (Suppl) II115-27. 21) Boltwood, M.D., et Al., Anger report predicts coronary stress in atherosclerotic segments, Am. J. Cardiol., 1993, 72, 1361-5. 22) Giubbini, R., Consequences for myocardial perfusion of mental stress in patients with ischemic heart disease, Circul., 1991, 83, 100-7. 23) Lown, B., et Al.., Neural and psychologic machanisms and the problem of sudden cardiac death, Am. J. Cardiol., 1977, 39, 892-902. 24) Tavazzi, L., et Al., The role of psychologic stress in the genesis of lethal arrhythmias in patients with coronary artery disease, Eur. Heart J., 1986, 7 (Suppl), 99-106. 25) Verrier, R.L., et Al., Delayed myocardial ischemia induced by anger, Circul., 198,7 75, 249-54. 26) James, P.R., op. cit. 27) Grignani, G., et Al., Platelet activation by emotional stress in patients with coronary disease, Circul., 1991, 83 (Suppl 4), II128-36. 28) Kario, K., et Al., Earthquake-induced potentiation of acute risk factors in hypertensive elderly patients: possible triggering of cardiovascular events after a major earthquake, J. Am- Coll. Cardiol., 1997, 29, 926-33. 15 viscosità ematica per emoconcentrazione(29)(30)(31)(32), che è stata correlata con l’insorgenza di eventi cardiaci(33). Le ipotesi scientifiche atte a suffragare la correlazione tra depressione e cardiopatia ischemica sono analoghe alle precedenti(34) (associazione dei fattori di rischio coronarici classici e depressione; incremento delle catecolamine circolanti; ipertono simpatico; ridotti livelli di attività parasimpatica; maggior aggregabilità piastrinica secondaria all’incremento delle catecolamine; ridotta fibrinolisi spontanea; vasocostrizione coronarica; incremento lipidemico; alterato sistema serotoninergico; ridotta compliance alla terapia farmacologica; predisposizione genetica). A partire dalla fine degli anni ’50 venne identificata da Friedman e Rosenman(35) un tipo di personalità che predispone alle patologie cardiovascolari (personalità tipo A). In seguito ad autorevoli studi(36)(37)(38), nel 1981 il National Heart Lung and Blood Institute incluse la personalità quale fattore di rischio significativo per la cardiopatia ischemica e la morte improvvisa. Una successiva meta-analisi però portò a risultati differenti(39) facendo quindi focalizzare l’attenzione attualmente solo su alcuni aspetti della personalità di tipo A, quali la rabbia, l’ostilità ed il cinismo(40)(41); lo studio di J.C. Barefoot invece dimostra una differente sopravvivenza tra il gruppo di pazienti con personalità di tipo A rispetto a quelli di tipo B(42); inoltre, sempre secondo J.C. Barefoot, nei pazienti depressi esiste un rischio di sviluppo di cardiopatia ischemica aumentato del 71%, con una correlazione lineare tra depressione e rischio. Mentre dai dati epidemiologici risulta che la depressione coinvolge il 5-17% della popolazione globale, nei pazienti infartuati l’incidenza è superiore (14-30%)(43). Lo studio condotto da R. Anda(44), nel quale sono stati seguiti 2.832 pazienti per una media di 12,4 anni, ha documentato come nel paziente con depressione severa il rischio di eventi cardiaci è aumentato rispetto alla restante popolazione (>60% eventi non fatali; >50% eventi fatali). La correlazione lineare tra intensità della depressione e l’incidenza futura di episodi cardiaci è stata evidenziata anche dallo studio di O’Connor(45) e di Shiotani(46); inoltre è stata evidenziata anche una corrispondenza tra livelli di ansia e incidenza di morte improvvisa da parte di Kawachi(47)(48). I lavori di N. FrasureSmith(49)(50)(51)(52) dimostrano, nel follow-up a 6 29) Matsuo, T., et Al., Haemostatic activation and cardiac events after the 1995 Hansin-Awaji earthquake, Int. J. Hematol., 1998 67, 123-9. 30) Suzuki, S., et Al., Hansin-Awaji earthquake as a trigger for acute myocardial infarction, Am. Heart J., 1997, 134 (I), 974-7. 31) Kario, K., et Al., op. cit. 32) Allen, M.T., et Al., Hemoconcentration and stress: a review of physiological mechanisms and relevance for cardiovascular disease risk, Biol. Psychol., 1995, 41, 1-27. 33) Lowe, G.D., et Al., Blood viscosity and risk of cardiovascular events: the Edinburgh Artery Study, Br. J. Haematol., 1997, 96, 168-73. 34) Manfrin, A., È la depressione un fattore di rischio nell’infarto miocardio acuto?, intervento al convegno Depressione e cardiopatia ischemica: correlazioni e strategie d’intervento. Milano, Ospedale Maggiore Riguarda, 23 gennaio 1998. 35) Friedman, M., et Al., Association of specific overt behavior pattern with blood and cardiovascular findings: blood cholesterol level, blood clotting time, incidence of arcus senilis, and clinical coronary artery disease, JAMA, 1959, 169, 1286-96. 36) Rosenman, R.H., et Al., Coronary heart disease in Western Collaborative Group Study. Final follow-up experience of 8,5 years, JAMA, 1975, 233, 872-7 37) Haynes, S.G., et Al., Type A behavior pattern and the incidence of coronary heart disease in the Framingham Heart Study, Adv. Cardiol., 1982, 29, 85-94. 38) French-Belgiam Collaborative Group, Ischemic heart disease and psychological patterns. Prevalence and incidence studies in Belgium and France, Adv. Cardiol., 1982, 29, 25-31. 39) Ragland, D.R., et Al., Type A behavior and mortality from coronary heart disease, N. Engl. J. Med., 1988, 318, 64-9. 40) Dembroski, T.M., et Al., Beyond global Type A : relationship of paralinguistic attributes, hostility and anger to coronary heart disease, in Field, T., et Al., Stress and coping, Lawrence Erlbaum, 1985, 223-52. 41) Julius, M., et Al., Anger-coping types, blood pressure and all-cause mortality : a follow-up in Tecumseh, Michigan (1971-1983), Am. J. Epidemiol., 1986, 124, 220-33.42) Barefoot, J.C., et Al., Type A Behavior and Survival: a follow-up study o f 1467 patients with coronary artery disease, Am. J. Cardiol., 1989, Sep. 64 (8), p. 427-32. 43) Granelli, A., Rabboni, M., Inquadramento generale della depressione, intervento al convegno Depressione e cardiopatia ischemica: correlazioni e strategie d’intervento. Milano, Ospedale Maggiore Riguarda, 23 gennaio 1998. 44) Anda, R. et al., Depressed Affect, Hopelessness, and the Risk of ischemic heart desease in a cohort of U. S. Adults, Epidemiology, 1993, Jul. 4 (4), p. 285-94. 45) O’Connor, C.M., et Al., Depression and ischemic heart disease, Am. Heart J., 2000, 140 (Suppl), 63-9. 46) Shiotani, I., et Al., Depressive symptoms predict 12-month prognosis in ederly patients with acute myocardial infarction, J. Cardiovasc. Risk, 2002, 9 (3), 153-60. 47) Kawachi, I., et Al., Symptoms of anxiety and risk of coronary heart disease. The Normative Aging Study, Circul., 1994, 90, 2225-9. 48) Kawachi, I., et Al., Prospective study of phobic anxiety and risk of coronary heart disease. The Normative Aging Study, Circul., 1994, 89, 1992-7. 49) Frasure-Smith, N., et al., The impact of Negative Emotions on prognosis followig myocardial infarction: is it more than depression?, Healt Psycol., 1995, Sep. 14 (5), p. 388-98. 50) Frasure-Smith, N., et al., Differential Long-term impact of inHospital Symptoms of psychological stress after non-Q-wawe and Q-wawe acute myocardial infarction, Am. J. Cardiol., 1992, May 69 (14), p. 1128-34. 51) Frasure-Smith, N., et al., Social and Economic Factors in Patients with coronary disease, Jama, 1992, Jul. 8 268 (2), p. 195. 52) Frasure-Smith, N., et al., Depression Following Myocardial Infarction: Impact on 6-month survival, Jama, 1993, Oct. 20 270 (15), p. 1819-25. 16 IO INFERMIERE - N.2 /2003 mesi dall’evento infartuale, come si diversifichi la mortalità tra pazienti depressi e non (depressi 17%; non depressi 6%); nel 1995 sono stati resi pubblici i dati a 18 mesi (mortalità nei pazienti con depressione maggiore 20%; con depressione lieve/moderata 17%). Attraverso gli studi di R.M. Carney(53)(54)(55) si può costatare una correlazione tra depressione e cardiopatia e osservare che il 39% dei pazienti riferisce insonnia e depressione nel corso delle 2 settimane precedenti l’evento infartuale; nel lavoro di F. Lesperance(56)(57) si dimostra un aumento della mortalità nei pazienti depressi con infarto miocardico acuto rispetto ai non depressi; nella ricerca di F. Bonaguidi(58) su 654 pazienti colpiti da infarto miocardico acuto circa 400 presentavano ansia, instabilità emotiva, depressione e rigidità mentale; il GISSI 2(59) ha dimostrato che i pazienti che presentavano depressione prima dell’evento infartuale hanno un decorso peggiore. Se si analizzano i numerosi studi condotti su pazienti coronaropatici, emerge una concordanza di risultati su progressione della malattia coronarica e fattori di rischio psicosociali: in altri termini è stata dimostrata una correlazione tra rischio cardiovascolare da una parte e depressione e manifestazioni di stress psicosociali dall’altra [ansia, insonnia, ira, ostilità, personalità di tipo A e D 53) Carney, R.M., et al., Major Depression, Panic Disorder and Mitral valve prolapse in patients who complain of chest pain, Am. J. Cardiol., 1990, Dec. 89 (6), p. 757-60. 54) Carney, R.M., et al., Isomnia and Depression, Prior to Myocardial infarction,. Psycosom. Med., 1990, Nov-Dec. 52 (6), p. 603-9. 55) Carney, R.M., et al., Panic Disorder and Depression in patients with chest pain not due to coronary artery disease, Am. J. Cardiol., 1990, Apr. 65 (15), p. 1048. 56) Lesperance, F., et al., Major Depression before and minter Myocardial infarction: it’s nature and coseguences, Psycosom. Med., 1996, Mar.-Apr. 58 (2), p. 99-101. 57) Lesperance, F., et al., Negative Emotions and Coronary Heart Disease: getting to the heart for the matter, Lancet, 1996, Feb. 17 347, p. 414-5. 58) Bonaguidi, F., et al., Personalità ed infarto miocardio acuto: tratti discriminanti,G. Ital. Cardiol., 1994, Giu. 24 (6), p. 745-53. 59) Labbrozzi, D., et al., Le caratteristiche psicologiche del paziente infartuato: risultati del GISSI-2.Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’Infarto miocardio (GISSI),G. Ital. Cardiol., 1996, Gen. 26 (1), p. 85-106. IO INFERMIERE - N.2 /2003 (ridotta espressione dell’affettività), hopeleness, vital exhaustion, isolamento sociale, superlavoro]. Tra questi studi si ricorda il GISSI 2 – sottoprogetto GIPSY, nel quale emerge che il 20-70% dei pazienti reagisce all’infarto miocardico con ansia e negazione, mentre l’1145% presentava depressione (l’incidenza nella popolazione degli altri pazienti internistici è del 20%); nello studio di S.J. Schleifer(60) è stato invece valutato che a 3 mesi dall’infarto miocardico solo il 38% dei pazienti con depressione maggiore è tornato al lavoro contro il 63% dei non depressi. Numerosi studi(61)(62)(63)(64)(65)(66) hanno dimostrato come esista una relazione lineare tra isolamento sociale e incidenza di eventi cardiaci aumentando l’incidenza di cardiopatia ischemica in questo gruppo di pazienti fino a 3 volte. Sono state infine evidenziate correlazioni tra la perdita di speranza, la morte improvvisa(67)(68)(69) e una diatesi aterosclerotica carotidea(70). Nel lavoro di McLean(71) è emersa la correlazione tra infarto miocardico, morte 60) Schleifer, S.I., et al., The nature and Course of Depression following myocardial infarction, Arch. Intern. Med., 1989, Aug. 149 (8), p. 1785-9. 61) Seeman, T.E., et Al., Intercommunity variations in the association between social ties and mortality in the elderly. A comparative analysis of three communities, Ann. Epidemiol., 1993, 3, 325-35. 62) Pennix, B.W., et Al., Effects of social support and personal coping resources on mortality in older age. The longitudinal Aging Study Amsterdam, Am. J. 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Per comprendere meglio il motivo dell’alta incidenza di ansia, paura e depressione nel paziente che deve essere sottoposto ad impianto è necessario, oltre che considerare il timore dell’intervento stesso, contestualizzare la cardiopatia e il suo significato simbolico nel background socioculturale del paziente, dal quale non può essere disgiunto. Il cuore non è solo un’associazione di miocellule, di fibre, di protoplasma, citoplasma, mitocondri, ecc: è un organo che nell’immaginario sociale è stato, forse, il più caricato tra tutti di valori simbolici attinenti la sfera psichica. Già 15.000 anni fa, nelle caverne di El Pindal (Spagna), apparvero delle pitture rupestri rappresentanti un pachiderma con una chiazza 72) Karasek, R.A., et Al.., Job characteristics in relation to the prevalence of myocardial infarction in the US Health Examiation Survay (HES) and the Health and Nutrition Examination Survay (HANES),Am. J.Public Health, 1998, 78, 910-5. 73) Theorell, T., et Al., Decision latitude, job strain and myocardial infarction: a study of working men Stookholm, Am. J. Public Health, 1998, 88, 382-8. 74) Bosma, H., et Al., Two alternative job stress models and the risk of coronary heart disease, Am. J. Public Health, 1998, 88, 68-74. 75) Mackenbach, J.P., et Al., Socioeconomic inequalities in cardiovascular disease mortality: an international study, Eur. Heart J., 2000, 21, 1141-51. 18 rossa situata in prossimità del cuore, quasi ad indicare ai cacciatori il punto giusto da colpire nel grosso animale, anche se ai tempi non esisteva ancora il concetto di organo vitale. Nelle popolazioni precolombiane il cuore era considerato la chiave della vita, mentre tra i babilonesi il “libbu” era considerato la sede dell’intelligenza e della memoria. Gli antichi egizi erano convinti che oltre al corpo anche il cuore era la sede dell’anima, attribuendogli valore di sacralità. I greci erano anch’essi convinti che questo organo fosse la sede dell’anima, oltre che della vita intellettuale e delle emozioni. Anche gli indù, in oriente, ritenevano che il cuore fosse la sede dell’anima: secondo loro il respiro arriva al cuore e poi si diffonde in tutto il corpo (da qui l’importanza della respirazione nella pratica yoga). Nella medicina tradizionale cinese il cuore non è di interesse diretto, ma riveste importanza per i meridiani che lo attraversano: infatti per tale disciplina i disturbi della sfera psichica sono conseguenti a squilibri energetici di questi meridiani. Nella cultura occidentale troviamo ancora oggi il cuore investito di simbolismo nel linguaggio quotidiano: “il cuore del problema”, “è morto di crepacuore”, “il cuore infranto”, “è stato portato un attacco al cuore dello stato”, la rappresentazione grafica di due innamorati che tracciano un cuore trafitto da una freccia. Il leitmotiv di questo simbolismo è il connubio tra organo, attività psichica, affettiva, vita stessa, e posizione anatomica (il cuore è sito nella porzione più protetta, centrale, inaccessibile e quindi intima dell’individuo). L’evento cardiologico non rappresenta quindi solo la comparsa di una patologia ma un terremoto che ha come epicentro il centro stesso del corpo (non solo per sito anatomico), la sfera più intima, più difesa ed inaccessibile, minando le strutture e le certezze dell’individuo, risvegliando le ancestrali paure inerenti alla morte che nel mondo occidentale si tende a rimuovere. Nella nostra società non viene più accettata la morte come momento ineluttabile del ciclo vitale, ma viene vista come un aspetto da dominare. La cultura occidentale si IO INFERMIERE - N.2 /2003 è sempre concretizzata con fenomeni di dominio: sul popolo, su altri popoli, su altre culture e sulla natura stessa. In questo senso la morte afferma il fallimento della lotta dell’uomo contro la natura, a differenza di ciò che avviene in altri contesti culturali, nei quali invece non prevale il pensiero meccanicistico e il determinismo biologico. Anzi, soprattutto per le malattie gravi, è prevalente il coinvolgimento del proprio psichismo e la disfunzione del proprio Io culturale rispetto alla comunità e l’ambiente, in un’ottica d’ecocultura(76). Oltre a ciò nel paziente sottoposto ad impianto di pacemaker o defibrillatore si sommano anche noxae ansiogene quali la dipendenza da una protesi meccanica(77) con la conseguente idea di essere tenuti in vita artificialmente, il timore dell’intervento ed a volte della sedazione profonda o anestesia, l’idea che durante l’intervento venga “toccato” il cuore e, nel caso in cui venga posizionato un defibrillatore, che venga indotta un’aritmia che diventa mortale se non viene interrotta, le limitazioni imposte nei portatori di protesi (guida, lavoro,…)(78), la paura di malfunzionamenti o degli shock(79)(80)(81). L’assenza di un’adeguata preparazione psicologica del paziente all’impianto in questo contesto si può ripercuotere con fenomeni di ansia sia in forma acuta (durante la fase pre- ed intraoperatoria), determinando ridotta compliance dell’utente aumentando anche le difficoltà tecniche durante l’inserzione del presidio, che cronica. Esistono in letteratura evidenze che dimostrano che un’adeguata preparazione psicologica dell’utente determina non solo una migliore compliance durante la fase postoperatoria e di follow-up, ma anche una migliore qualità di vita del paziente stesso con minori complicanze postoperatorie(82)(83)(84). Inoltre è largamente dimostrato che l’intervento infermieristico riduce l’ansia preoperato76) Terranova-Cecchini, R., Tognetti-Bordogna, M., La popolazione straniera proveniente dai paesi in via di sviluppo di fronte al disturbo cardiologico, in Foffmann, M., et Aa., Il cuore, assistenza al paziente cardiopatico, Napoli, Idesol-GnocchiSorbona, 2001, 347-362. 77) White, M.M., Psychosocial impact of the implantable cardioverter defibrillator: nursing implications, J. Cardiovasc. Nurs, 2002, 16, 3, 53-61. 78) Pelletier, D., et Al., Australian implantable cardiac defibrillator recipients: quality-of- life isues, Int. J. Nurs. Pract., 2002, 8, 2, 68-74. IO INFERMIERE - N.2 /2003 ria(85)(86)(87)(88)(89)(90) e la depressione postoperatoria. Alla luce di quanto detto la preparazione psicologica del paziente dovrà porsi l’obiettivo di ottenere la massima compliance possibile da parte del paziente e dei suoi cari alla scelta terapeutica adottata, al fine di facilitare la seduta operatoria e di migliorare il più possibile la qualità di vita del nucleo familiare dopo l’impianto. Valutando i livelli culturali e le capacità di comprensione del paziente e dei suoi parenti, si dovranno fornire informazioni chiare e precise sulle funzioni di un pacemaker o defibrillatore, delle motivazioni che hanno portato alla decisione di eseguire l’impianto, sulle modalità di esecuzione dello stesso, sulle restrizioni che un paziente portatore di stimolatore cardiaco o defibrillatore deve osservare, 79) Pelletier, et Al., op. cit. 80) Sears, S.F., et Al., Examining the psychosocial impact of implantable cardioverter-defibrillators: a literature review, Clin. Cardiol., 1999, 22, 7, 481-9. 81) Duru, F., et Al., How different from pacemaker patients are recipients of implantable cardioverter-defibrillators with respect to psychosocial adaption, affective disorders, and quality of life?, Heart, 2001, 85, 4, 375-9. 82) Pereira, R.P., et Al., Is psycoprophylaxis a valid approach for heart surgery in children?, Arq. Bras. Cardiol., 1995, 65 (4), 317-20. 83) Hesse, K.A., Meeting the psycosocial needs of pacemaker patients, Int. J. Psychiatry Med., 1975, 6 (3), 359-72. 84) Stewart, J.V., Permanent pacemakers: the nurse’s role in patient education and follow-up care, J. Cardiovasc. Nurs., 1991, 5 (3), 32-43. 85) James, J., Living on the edge-patients with an automatic internal cardioverter defibrillator (AICD): implications for nursing practice, Nurs. Crit. Care, 1997, 2, 4, 163-8. 86) Reid, S.S., et Al., Outcomes, problems and quality of life with the implantable cardioverter defibrillator, Aust. J. Adv. Nurs., 1999. 87) Dunbar, S.B., et Al., Factors associated with outcomes 3 months after implantable cardioverter defibrillator insertion, Heart Lung, 1999, 28, 5, 303-15. 88) Fridlung, et Al, J. Clin. Nurs., 2000. 89) White, M.M., Psychosocial impact of the implantable cardioverter-defibrillator: nursing implications, J. Cardiovasc. Nurs., 2000, 16 (3), 53-61. 90) Dickerson, S.S., et Al., Affective distress and implantable cardioverter defibrillators: cases for psychological and behavioral interventions, Heart Lung, 2000, 22, 12, 1831-4. 19 esperienze condotte dai gruppi di autoaiuto, alcuni autori suggeriscono incontri dell’utente con altri pazienti precedentemente sottoposti ad impianto(93). Come dimostrato in letteratura(94)(95)(96) anche l’istituzione di un gruppo multidisciplinare tende a migliorare i risultati, oltre che a ridurre la durata della degenza ospedaliera ed i costi per paziente(97). Infine è consigliato proporre all’utente un sottofondo musicale durante la seduta d’impianto per la capacità della musicoterapia nella riduzione dell’ansia(98)(99)(100)(101)(102)(103)(104). dell’importanza del follow-up successivo all’impianto, presentando inoltre l’equipe che eseguirà l’impianto. Si è notata l’importanza di mostrare al paziente ed ai suoi familiari un generatore con relativo/i elettrocatetere/i (facilmente ottenibile dalle ditte costruttrici, che li distribuiscono a scopo propagandistico), di permettere loro di tenerlo in mano, di toccarlo (acquistano così familiarità con la protesi, diradando spesso molti dubbi legati ad immagini fantasiose di un pacemaker). Secondo Stewart et Al(91), infatti le informazioni tattili e visive favoriscono la comprensione dello strumento e la sua accettazione. Gli incontri andrebbero pianificati durante l’orario di visita dei parenti (o subito dopo trattenendoli), in modo da coinvolgere il nucleo familiare del paziente nella sua globalità. Di buon ausilio risulta anche essere la distribuzione di un opuscolo informativo realizzato a tale scopo(92), che il paziente potrà consultare a più riprese e nei momenti che ritiene più opportuno. Partendo dalle 20 91) 92) 93) 94) 95) 96) 97) 98) 99) 100) 101) 102) 103) 104) 104) Stewart, et Al., op cit., 1991. Guzzetta, et Al., Cardiovascular nursing: Holistic practice, Mosby Year Book, 1992. Guzzetta, et Al, op. cit. Bonansea, A., La gestione della persona con defibrillatore impiantabile: strategie di intervento psicologico infermieristico, in AA.VV., Nursing cuore, Atti del II Congresso Nazionale, Milano, 23-24 ottobre 1998, 75-9. Rich, et Al., N. Engl. J. Med., 1995. 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