POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46) ART.1, COMMA 1, DCB ROMA MERCOLEDÌ 22 SETTEMBRE 2010 seven OGGI LA CAMERA VOTA ANNO VIII • N°187 • € 1,00 D.L. S TA M P A BLOG TV Il Corriere della Sera a caccia di scoop: chi erano quei democristiani... Un videogame incassa più di Avatar in un solo giorno. L’enorme successo di Halo: Reach Addio a Sandra Mondaini, signora del varietà sul piccolo schermo Unicredit, i di di dimissionato i i ll’amministratore i i ddelegato l ddell bboom. Guerra suii capitali i li libici libi i Conta su Profumo, le mani della politica sulle banche Battaglia fra soci nel consiglio. La Lega già esulta e chiede la sua parte Q Berlusconi ha paura della mina Cosentino FRANCESCO LO SARDO A PAGINA 2 uello di ieri è stato davvero il giorno più lungo per l’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo. Nel momento in cui Europa va in stampa è ancora in corso il cda straordinario che deve decidere sulle sorti del top manager. E l’esito è tutt’altro che scontato: l’ad avrebbe deciso di andare allo scontro, costringendo i consiglieri a votare sulle proprie dimissioni. Un colpo di scena arrivato in serata, dopo che per tutta la giornata l’affaire Profumo sembrava chiuso, con la lettera consegnata al cda in cui il manager annunciava il proprio abbandono alla banca che guida da tredici anni. In ogni caso e comunque vada, l’affaire Profumo segna una svolta epocale: il rientro a gamba tesa della politica nella gestione delle banche. Con le Fondazioni bancarie, sobillate dalla Lega Nord, a invocare la cacciata del manager e con Tremonti a fare il doppio gioco, da una parte spingendo Profumo a resistere e dall’altra facendo l’occhiolino agli amici leghisti. Mentre lo Ior di Ettore Gotti Tedeschi, legatissimo a Tremonti, entra nella bufera: indagato per riciclaggio. A PAGINA 4 UNICREDIT «Così la cattiva politica rientra nelle banche». Parla Tabacci GIANNI DEL VECCHIO A PAGINA C’è del Blair in Bersani? Walter, conta anche il metodo Le cose da fare I limiti degli “ex” STEFANO MENICHINI PIERO FASSINO ENZO BIANCO ADOLFO BATTAGLIA ANTONELLO SORO C on la proposta del salario minimo per disoccupati, sottocupati e precari, Bersani ha mosso il primo passo nella giusta direzione di definire un cartello di proposte concrete, facili da comprendere. Daremo una mano, anche qui da Europa, a calcolare quanto potrebbe costare al paese un’innovazione radicale come questa, prima che in qualche puntata di Ballarò il ministro Tremonti possa inchiodare Bersani come pericoloso attentatore al debito pubblico italiano. Nel frattempo, sperando di non incrinare troppo le certezze dei cosiddetti giovani turchi vicini al segretario del Pd, ricordiamo con piacere qual è stato l’ultimo leader progressista di un grande paese occidentale a introdurre il minimum wage nel proprio sistema economico: Tony Blair, nel 1999. Sì, proprio l’uomo simbolo della deriva liberista della sinistra mondiale, il cattivo maestro che indusse gente come D’Alema, Prodi e Rutelli a deviare sulla ingannatrice Terza via, quando ancora era così ben lastricata la prima, anticapitalista e classista. Nel definirne l’eredità politica, neanche i più duri critici negano l’impatto poderoso che la dottrina New Labour ebbe sul sistema inglese devastato dalla Thatcher. Solo che la sostenibilità del salario minimo – sociale ed etica, ancor prima che economica – si basava su una rivoluzione concettuale che neanche Blair è riuscito a imporre del tutto (in un paese che rispetta le leggi), e che vediamo lontana dalle elaborazioni del Pd: l’introduzione di una rigorosa responsabilità individuale da parte dei percettori di qualsiasi diritto e servizio di welfare. SEGUE A PAGINA 2 C aro Walter, in uno dei molti tuoi interventi di questi ultimissimi giorni hai scritto: «Discutere non è dividersi, mai. Noi dobbiamo essere una grande macchina democratica». Giusto. SEGUE A PAGINA 3 F orse Pier Luigi Bersani potrebbe utilmente ricordare, nel suo discorso di domani alla direzione del Pd, il titolo di un famoso opuscolo di Jonathan Swift. Non è in effetti l’invito all’unità ma solo qualche «modesta proposta per prevenire». SEGUE A PAGINA 8 4 IL DIBATTITO NEL PD L’esempio del Labour, il documento dei 75, la necessità di posizioni chiare I eri sera non ho partecipato alla riunione degli ex popolari. Penso che le categorie della politica declinate al passato non dovrebbero avere cittadinanza in un partito nato con la vocazione di offrire risposte persuasive alle domande del 21°secolo. SEGUE A PAGINA 8 ALESSANDRO MARAN, DONATA LENZI, ALESSANDRO BIANCHI A PAGINA 6 PARTITO DEMOCRATICO Bersani non vuole affondare il colpo Gli scenari possibili in direzione RUDY FRANCESCO CALVO AreaDem, oggi l’ultima riunione? La minoranza alla prova MARIANTONIETTA COLIMBERTI Via al Lombardo-quater, l’intesa con i dem irrita Fli GIUSEPPE ALBERTO FALCI A PAGINA ❱❱ IL FILM DI CHRISTOPHER NOLAN ❰❰ Ladri di sogni virtuali PAOLA CASELLA «M i chiamo Christopher Nolan e faccio blockbuster d’azione». Esordisce così il regista di Batman begins e de Il cavaliere oscuro, che però, sull’onda (e il potere contrattuale) di quei due successi commerciali ha diretto e coprodotto un copione su cui lavorava da dieci anni, quello di Inception, dove di certo le sparatorie e gli effetti speciali non man- cano, ma dove non manca nemmeno una trama iperconcettuale e metafisica. Ciò nonostante anche con Inception, che arriva in Italia venerdì prossimo, il quarantenne inglese ha sbancato il botteghino, guadagnando nei soli Stati Uniti oltre 750 milioni di dollari (e il film è ancora nelle sale…). Tra l’altro Inception anima da mesi le discussioni dei blogger, il che fa pensare a una campagna di marketing virale molto ben organizzata. SEGUE A PAGINA 9 ROBIN Gay Vendola: non sarei il primo presidente del consiglio gay. Ma come, era l’unico motivo per votarlo. 3 LE PAGINE DI EUROPA Cultura UN SAGGIO SULLE POLITICHE FAMILIARI Se la famiglia sta bene anche il paese cresce. E non bastano briciole di Finanziaria ANTONIO SCIORTINO A PAGINA 10 Cattivo odore nelle banche I l gioco di parole viene fin troppo facile: senza Profumo l’aria è cambiata completamente. Non manca, nella vicenda già complicata di suo, un tocco di giallo sulle dimissioni. Ma resta la sostanza, ed è inutile fare le anime belle: nel mondo della finanza valgono, anche di più, le leggi della politica, se sei forte ed hai un progetto che va contro i miei interessi, mi organizzo e cerco in tutti i modi di buttarti giù. In questo senso – è stata descritta benissimo ieri nell’editoriale del Sole 24 Ore – la vicenda che ha portato alle difficoltà dell’amministratore delegato di Unicredit, nei suoi termini essenziali, è chiara. Interessi forti, legati a filo doppio con la politica, hanno manovrato con successo per disarcioLe dimissioni nare dal vertice di Profumo della più cambierebbero g r a n d e banca itail quadro: liana l’uovince l’appetito mo che della politica l ’ a v e v a portata all’incontro con l’Europa e il mondo allo scopo di rimetterla sui binari degli interessi del Nord. È la Lega che sgomita per arraffare. La conclusione è dunque amara: la politica, invece di fornire idee, strumenti e pungoli per il rafforzamento del sistema bancario allunga di nuovo le mani sull’osso. Una certa politica, intendiamoci, quella affamata di soldi con la scusa dei popoli padani, che si salda alla rozza iconoclastia dei dipietristi: eccoli, novelli estremisti di destra e di sinistra, formare una inedita miscela regressiva. La puzza di bruciato da piazza Cordusio è arrivata presto in piazza San Pietro, dato che nelle stesse ore dell’attacco a Profumo è piombata la tegola sullo Ior di Ettore Gotti-Tedeschi. Nulla sappiamo delle indagini giudiziarie, se non una cosa: che gli accertamenti disposti dalla Banca d’Italia, sulla base di norme più stringenti di un tempo, alla base dell’azione giudiziaria meritano rispetto in primo luogo da parte degli interessati e della Città del Vaticano, che fanno male a spargere insinuazioni sulle procure. Questo è un pessimo copione di un film in bianco e nero dei tempi di Marcinkus e dintorni, un’epoca che speriamo tramontata per sempre. Come quella dello statobanchiere. (m. lav.) Chiuso in redazione alle 20,30