I.I.S. “Leonardo da Vinci” Civitanova Marche Anno Scolastico 2010-2011 Prof.ssa Silvia Gaetani Il Settecento e l’Ottocento Seconda lezione "La sera" di Friedrich Caspar David La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva (David Hume) Indice • Introduzione • La nascita dell’estetica: una filosofia dell’arte e del bello • Le questioni fondamentali • Il Settecento inglese: Hume • Kant • L’Idealismo: un’estetica sistematica 4 Introduzione Il Settecento è l’epoca della formazione dell’estetica come disciplina filosofica autonoma. Essa nasce per dare legittimità universale a un’esperienza, quella del bello e dell’arte, che, per il suo necessario rapporto con la sensibilità individuale, sembra confinata nella sfera di ciò che è più soggettivo e irrazionale. Affrontati con specifico interesse da Kant nella Critica del Giudizio (1790), i temi estetici sono al centro di una grande attenzione anche nei primi decenni dell’Ottocento: il Romanticismo filosofico, a partire dall’esperienza del Circolo di Jena [1](1796), si sviluppa innanzitutto come riflessione sull’arte e sulla possibilità di conciliare spirito e natura. Questi spunti, talvolta anche in forma poetica, trovano successivamente un’elaborazione sistematica nell’opera di Schelling (1775 – 1854) e di Hegel (1770 – 5 1831). La nascita dell’estetica: una filosofia dell’arte e del bello Tema centrale della riflessione settecentesca intorno al bello e all’arte è il problema della specificità del giudizio estetico rispetto ai giudizi di conoscenza e ai giudizi morali. Generalmente, si individua nel sentimento di piacere un criterio decisivo per il riconoscimento del bello: le diverse proposte filosofiche si dividono relativamente alla definizione del rapporto tra sensibilità e razionalità, che può essere di esclusione o di accordo. La capacità di pronunciare giudizi estetici sia intorno a oggetti della natura sia intorno a prodotti del fare umano è individuata nel gusto. Ad esso contribuiscono sia la disposizione naturale sia il contesto storico in cui si viene educati. 6 Questo secondo aspetto permette di spiegare la variabilità del gusto nelle epoche e nei diversi contesti culturali. La capacità di produrre opere artistiche dipende non dall’applicazione di regole formali, ma dal talento individuale: sulla base di questa convinzione, si introduce il concetto di «genio», colui che, per dono della natura o per ispirazione divina, produce opere d’arte riconosciute come universalmente belle. 7 Anche nell’Ottocento perdurano gli interrogativi sulla riflessione estetica: il rapporto tra arte moderna e quella della Grecia classica; l’opera d’arte come superamento della scissione tra spirito e natura; la relazione tra arte e verità. Mentre per l’estetica classicista le opere degli antichi, in quanto modello intramontabile da imitare, hanno quasi il carattere astorico della natura, per l’estetica romantica non ha senso rifugiarsi nel recupero del passato: l’arte e la poesia moderna devono tendere infinitamente al futuro, cercando di produrre forme estetiche nuove. 8 Mentre per Schelling, l’opera d’arte è la dimostrazione dell’identità tra spirito e natura, per Hegel l’opera d’arte, in quanto manifestazione sensibile dell’idea, è anzitutto espressione della libertà dello spirito. 9 Le questioni fondamentali La riflessione settecentesca sul bello e sull’arte risulta percorsa dalle seguenti questioni: In base a che cosa giudichiamo il bello? In base al sentimento o alla ragione? Posto che il bello sia una questione di sentimento, le nostre valutazioni estetiche sono oggettive oppure soggettive? Ė possibile una scienza dell’arte e del bello? Quali sono le diverse modalità espressive che contraddistinguono le singole arti, in particolare la poesia e la pittura? 10 In ambito tedesco, a partire dall’elaborazione di Winckelmann e di Lessing, si fa strada un’ulteriore questione: Quale rapporto è possibile tra l’armonia dell’arte antica e la lacerazione caratteristica dell’arte moderna? Ad essa si affianca, nel contesto del Romanticismo e dell’Idealismo, anche la domanda: In che modo l’opera d’arte può superare la scissione tra spirito e natura? 11 David Hume 12 Il Settecento inglese Hume La riflessione sul bello di David Hume (1711 – 76) si inscrive in una posizione radicalmente empiristica: la bellezza non è una qualità intrinseca delle cose bensì, risiedendo unicamente nel sentimento del piacere provato dal soggetto, «esiste soltanto nella mente che la contempla e ogni mente percepisce una diversa bellezza», come sottolinea nella sua opera, La regola del gusto (1757), in Storia dell’estetica. Antologia di testi. 13 Le valutazioni estetiche hanno, quindi, un carattere soggettivo e puramente psicologico: dipendono interamente dai sentimenti di piacere o dispiacere suscitati da determinate percezioni, che variano in rapporto alle mutevoli condizioni dei nostri organi di senso. Ne consegue che le nostre valutazioni estetiche non possono aspirare a un valore universale. 14 I giudizi di gusto, nella loro estrema variabilità, sembrano non poter rispondere a nessuna regola determinata: de gustibus non est disputandum. 15 Però, l’esperienza ci dimostra che vi sono opere capaci di suscitare un’ammirazione costante, per cui, la natura umana può costituire il fondamento per affermare, se non con un’assoluta e incondizionata universalità del giudizio di gusto, almeno una empirica generalità. 16 Ci sono condizioni che consentono di formulare giudizi di gusto più competenti: • buon funzionamento degli organi di senso • delicatezza, è necessario che gli organi di senso siano affinati • adeguata educazione al bello • assenza di pregiudizi 17 Kant 18 Kant • La Critica del giudizio (1790) di Immanuel Kant rappresenta una svolta nel modo di affrontare il problema estetico. 19 Kant In quest’opera, l’autore, si propone di conciliare il mondo fenomenico: dominato dalla necessità causale e meccanica ed il mondo noumenico: dominato dalla libertà, moralità, finalità. Si chiede se non vi sia un’attività conoscitiva, intermedia tra attività teoretica e attività pratica, che sappia operare tale conciliazione. Tale attività è il giudizio 20 Il giudizio (attività giudicatrice), non inteso come giudizio determinante (o giudizio dell’intelletto, in quanto riporta il materiale raccolto dalle sensazioni alle categorie dell’intelletto e così determina concettualmente gli oggetti secondo le caratteristiche della qualità, quantità, ecc.), ma come giudizio riflettente o sentimento di una finalità immanente nella natura (non entra nel merito della conoscenza degli oggetti, ma riflette sul loro rapporto con la soggettività del sentire, domandandosi se le cose esprimano una qualche finalità, ovvero se, pur rette dalle leggi della natura, siano conciliabili con le finalità che l’uomo si pone). 21 Quindi, il giudizio riflettente, non determina conoscitivamente l’oggetto (in base a concetti dell’intelletto), ma riflette su di esso e, in particolare, sul suo possibile rapporto con le esigenze del soggetto, con le sue aspettative nei confronti del mondo e con il suo bisogno di orientarsi tra i fenomeni specifici della natura. 22 Giudizio Riflettente Giudizio estetico Giudizio teleologico Il sublime Matematico Dinamico Chi produce l’arte bella? Il genio, che Kant definisce come colui che dispone di quel talento naturale in cui «la natura dà la regola all’arte». L’artista, oltre alle facoltà che concorrono alla formazione del gusto, possiede una facoltà particolare, lo spirito. Egli è capace di rappresentare nelle proprie opere le idee estetiche, prodotti dell’immaginazione cui non corrisponde nessuna rappresentazione concettuale e che, per la loro vaghezza, sono capaci di suscitare una molteplicità di pensieri. 25 Il genio è l’individualità che crea in modo assolutamente originale e la sua opera diventa un punto di riferimento (essere «esemplare») per gli altri, anche se di per sé è inimitabile perché frutto di una personale ispirazione creativa 26 Hegel 27 L’Idealismo: un’estetica sistematica “Viandante sul mare di nebbia" di Friedrich Caspar David, Amburgo, 1818 Il dipinto, può essere inteso come il manifesto di tutto il primo Romanticismo: sembra rappresentare l'uomo solo, con i suoi errori, i suoi dubbi e le sue certezze, posto di fronte alla natura, al mondo, all'infinito. 28 L’Idealismo: un’estetica sistematica Nella riflessione di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 – 1831) l’arte, insieme alla religione e alla filosofia, costituisce uno dei momenti dello spirito assoluto, nei quali è superata la scissione tra ragione e realtà, fra l’interiorità dello spirito soggettivo e l’esteriorità di quello oggettivo. 29 L’arte è una delle forme in cui l’Assoluto conosce se stesso; la sua peculiarità è che tale conoscenza si realizza nella forma della rappresentazione sensibile. 30 L’arte è appunto manifestazione sensibile dell’idea: la conciliazione tra Spirito e materia, tra universale e particolare, tra pensiero e sensibilità è più intuita che pensata, più sentita che compresa. 31 Se l’arte è la prima forma in cui l’Assoluto assume consapevolezza di sé come Spirito, essa presenta il carattere processuale, lo sviluppo temporale proprio dello spirito. L’arte stessa, dunque, ha una sua storia, che si sviluppa in tre fasi: 32 L’arte simbolica, si identifica nelle manifestazioni artistiche dell’Oriente antico, si tratta di un’arte imperfetta, in quanto l’idea non è in grado di esprimersi in una forma sensibile a sé adeguata e, ancora incapace di padroneggiare la materia dalla quale emerge, si limita a utilizzare gli oggetti naturali come simboli, cioè come rappresentanti del contenuto spirituale che vuole esprimere 33 L’arte classica, che corrisponde storicamente allo sviluppo della civiltà greca, si realizza la piena adeguazione della forma al contenuto, la più perfetta forma d’arte 34 L’arte romantica, ossia l’arte postclassica, ovvero tutta l’arte cristiana. In essa viene meno la perfetta unità di Spirito e materia e lo Spirito prende coscienza di essere in se stesso unità del divino e dell’umano, del finito e dell’infinito. Il suo contenuto è l’interiorità cosciente di sé come Spirito assoluto: lo Spirito tende a ritirarsi dalla sensibilità della rappresentazione verso l’interiorità, avvertendo che nessuna espressione sensibile gli è adeguata. Si torna allo squilibri tra sensibile e spirituale che aveva incontrato nell’arte simbolica. 35 Per Hegel l’arte non è più, nell’epoca a lui contemporanea, il modo adeguato per esprimere l’Assoluto: si è ormai compiuta la morte dell’arte. Hegel non intende affermare che nella sua epoca non si producono più opere d’arte, ma che la cultura della sua epoca si orienta verso un mondo intellettuale che ha raggiunto una comprensione filosofica dell’Assoluto. Nella religione cristiana la filosofia può penetrare speculativamente il divino: lo Spirito può essere finalmente afferrato nel puro pensiero e non ha più bisogno della mediazione delle immagini 36 La nottola di Minerva Nella mitologia greca, la civetta simboleggia la Filosofia, la Sapienza, l’Intelligenza razionale che discende laddove gli altri scorgono solo ombre e tenebre Gli occhi e il becco seguono la linea della lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia e in seguito della sezione aurea. Lettera che quindi accomuna armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato Minerva, dettaglio del Trionfo della Virtù di Andrea Mantegna(14991502) 38 Nel XIX sec. Hegel osservò che “la civetta di Minerva spiega le sue ali solo al crepuscolo”, nel senso che la filosofia riesce a comprendere una condizione storica solo dopo che questa è già trascorsa. 39 Per i pittori romantici il paesaggio deve esprimere i sentimenti dell'artista. In questo dipinto del pittore tedesco Friedrich Caspar David, Le bianche scogliere di Rügen (1818), come attraverso una finestra inquadrata dalle rocce, il nostro sguardo oltrepassa le bizzare forme degli spuntoni per approdare al lontano mare sottostante. Infatti, oltre alle tre figure, il vero protagonista del dipinto è il paesaggio e la spettacolare grandiosità della natura. 40