Storia della Meccanizzazione Agricola prof. ing. Andrea Formato Dipartimento Di Agraria Università Degli Studi Di Napoli Federico II. Premessa L’uomo preistorico, per sopravvivere, diventò agricoltore dagli albori: infatti negli scavi archeologici si ritrovano attrezzi acuminati o affilati usati per incidere il terreno o raccogliere le erbe da mangiare, cioè nutrirsi con quello che «spontaneamente» offriva la Natura. È noto che circa 10 mila anni fa l’uomo scoprì il modo di coltivare la terra e allevare gli animali, dando vita a quella che gli storici chiamano la «prima rivoluzione agricola». L’uomo non si nutriva più di quello che forniva “naturalmente” la Natura, ma di quello che coltivava ed allevava. L’uomo comprese che le “condizioni operative naturali” cioè che offriva “spontaneamente” la Natura, non erano quelle ottimali per ottenere una migliore produzione agricola. Un esempio tipico è costituito dal terreno. Esso “naturalmente” si trova in condizioni fisiche caratterizzati da determinati valori dei parametri densità, porosità, granulometria, umidità ecc. Ebbene, l’uomo comprese che variando i valori di tali parametri, cioè portando il terreno in un altro stato fisico, la produzione agricola aumentava, per cui si munì di particolari attrezzi per poter effettuare questo necessario passaggio di stato fisico del suolo. A tal scopo, gli antichi Egizi “inventarono” l’aratro chiodo, aratro rudimentale con il quale rendevano «più soffice» il terreno da coltivare, per cui il terreno produceva di più rispetto alle “condizioni naturali”. Infatti, l’uomo ha sempre ricercato tecniche e attrezzature per la migliore coltivazione e produzione agricola da un punto di vista qualitativo e quantitativo. Ciò consentì e favorì anche l’incremento demografico della popolazione. Fino a un paio di secoli fa – e per tutta la sua lunga storia – l’uomo è stato legato alla terra da un rapporto di fatica e di necessità. Nel senso che, per millenni, l’uomo è stato “condannato” a lavorare la terra per potersi «mantenere». Fino al Settecento, in quasi tutta l’Europa (e nel resto del mondo) gli addetti all’agricoltura oscillavano intorno all’80 (o anche al 90) per cento delle forze di lavoro. Nel corso dell'Ottocento l’aratura veniva effettuata con un lungo treno di bovini longhorn: l'osservatore non riesce a credere che una scena tanto arcaica possa essere stata fissata nella patria degli aratri industriali e delle razze bovine selezionate (da A. Saltini, Storia delle scienze agrarie, vol IV). Onorato, per l’accorta trasposizione agronomica delle scoperte di De Saussure, come nume della nuova agronomia, Justus Liebig non conduce, sul terreno agronomico, alcuna esperienza significativa: quando scienziati diversi procedono sulla strada che ha additato, e superano le conoscenze che ha enucleato, la sua reazione è il focoso proclama della fatuità delle nuove scoperte. La polemica contro i successori, in particolare gli agronomi inglesi, conduce il chimico tedesco a proclamare che, depauperando le risorse del suolo, la nuova agronomia dirigerebbe la civiltà moderna sulla strada percorsa da Roma nel proprio declino, che sarebbe stato determinato, sentenzia, dall’esaurimento della fertilità della terra. La conversione di una teoria chimica in dottrina storiografica trova l’humus più fecondo nella cultura tedesca, nell’Ottocento impegnata nella ricerca delle cause del tramonto di Roma, un problema che moltiplica i viaggi e le relazioni sulle condizioni del Peloponneso e dell’Italia meridionale, regioni di palese degrado ambientale e arretratezza economica. La meccanizzazione Nel corso dei secoli l’agricoltura ha subito profondi cambiamenti, ma la vera svolta nel mondo occidentale avviene, con l’introduzione della meccanizzazione. L’utilizzo di potenza meccanica derivante dal vapore segna infatti un primo passaggio decisivo in molti settori produttivi: la forza uomo e la forza animale sono sostituite da quella meccanica generata per combustione da una macchina motore. La possibilità di poter utilizzare potenze mai pensate prima stimola perciò la progettazione e la costruzione di attrezzature e macchine per tutte le esigenze di lavorazioni al terreno e cure colturali. Di grande utilità erano gli animali da tiro, ma essi dovevano essere mantenuti e ciò comportava un costo, sicché i proprietari di almeno un paio di buoi – i cosiddetti “bifolchi” – erano considerati contadini agiati. In condizioni ancora migliori erano i contadini che potevano permettersi dei cavalli da tiro, in quanto quell’animale sviluppa una forza lavorativa maggiore dei buoi, ma il suo mantenimento è più costoso. L’Ottocento fu anche il secolo delle prime applicazioni del motore meccanico in agricoltura, che seguirono, naturalmente, l’evoluzione della macchina a vapore. Fin dall’ultimo quarto del Settecento furono brevettati in Inghilterra alcuni apparecchi per l’aratura a vapore, che non ebbero pratica applicazione soprattutto per l’enorme peso delle locomobili che avrebbero dovuto tirare l’aratro, con trazione diretta. Perciò, negli anni Trenta dell’Ottocento si pensò, sempre in Inghilterra, alla trazione funicolare, mediante un cavo legato all’aratro e tirato da una locomobile fissa ai bordi del campo. Ancora una volta, l’eccezionale peso della locomobile (25 tonnellate) non consentì la diffusione di queste macchine. Ma l’idea fece progressi e l’ingegnere John Fowler di Leeds riuscì, dopo molti esperimenti e perfezionamenti tecnici, a mettere a punto il sistema che porta il suo nome, consistente nella trazione dell’aratro mediante un cavo da parte di due locomobili disposte ai bordi del campo, che azionavano gli argani addetti al tiro. Il sistema Fowler ebbe una certa diffusione specialmente per l’aratura di grandi distese di terra. Ogni tentativo di applicare l’energia del vapore alla trazione diretta dell’aratro o, comunque, al funzionamento di macchine agricole semoventi, risultò vano, perché le locomobili, troppo pesanti, affondavano nel terreno, erano di difficile manovrabilità e risultavano troppo costose. In questo campo, gli Italiani diedero un notevole contributo. L’ing. Pietro Ceresa Costa di Piacenza, osservando la manovra di alcune locomotive stradali del Genio Militare, pensò di utilizzarle per la trazione dell’aratro, attaccato lateralmente alla locomobile, che poteva marciare su terreno sodo. Con alcune perfezionamenti alle ruote suggerite dall’ing. Morosini e servendosi di una locomobile Marshall e Sons di 12 tonnellate con un motore di 8 CV, Ceresa Costa eseguì alcune prove a Roma e a Torino negli anni 1883 e 1884. Nel 1887 si trovavano in esercizio, in Italia, 37 macchine per la motoaratura di questo tipo a fronte di circa 12 macchine a trazione funicolare. 2. Il periodo della diffusione della meccanizzazione Con la introduzione del motore a scoppio inizia un lungo periodo durante il quale il lavoro delle macchine sostituisce sempre più quello dell’uomo. Questa è stata infatti la vera «rivoluzione industriale» per l’agricoltura. Infatti la macchina con motore «a scoppio» risultava molto più leggera e maneggevole rispetto a quella a vapore. Tale tipo di macchina si diffonde soprattutto in quelle zone, come gli Stati Uniti e le pianure dell’Europa fino alla Russia, in cui ricorrono le due condizioni essenziali per la diffusione della meccanizzazione: la presenza della grande conduzione agraria e la pratica della monocoltura cerealicola, con vaste estensioni di terra pianeggianti. Meccanizzazione e paesaggio agrario – Emilio Sereni affermava che il paesaggio agrario è «la forma che l’uomo, ai fini della sua attività produttiva agricola, coscientemente e sistematicamente ha sempre dato al paesaggio naturale». Ovviamente, gli effetti sono stati diversi a seconda della tipologia dei terreni, delle condizioni orografiche, delle sistemazioni idrauliche e degli ordinamenti produttivi. Bisogna, però osservare che molte delle modifiche del paesaggio agrario indotte dalla meccanizzazione sono la conseguenza anche di altri fattori, che a volte prevalgono sulla stessa meccanizzazione. Per esempio, uno degli effetti più significativi della meccanizzazione è la specializzazione delle colture e la fine della policoltura, che caratterizzava l’agricoltura prima della rivoluzione industriale. Ora è certamente vero che l’introduzione delle macchine agricole ha contribuito alla specializzazione, in quanto la loro conveniente utilizzazione – come si è precedentemente ricordato – richiede monocoltura e grande proprietà. Ma è anche vero che il fattore principale che, in ogni paese, ha comportato la destinazione del terreno alle produzioni alle quali esso è maggiormente vocato, è stato la rivoluzione dei trasporti. Solo così il mercato si è allargato e ha consentito a una determinata zona di abbandonare le colture promiscue, alle quali era costretta quando risultava eccessivamente costoso importare le derrate non prodotte in loco. Un altro effetto della meccanizzazione sul paesaggio agrario è stato certamente l’ampliamento delle unità poderali, in modo da consentire la conveniente utilizzazione di macchine con crescente capacità di lavoro. L’ampliamento della superficie media unitaria dei campi, a sua volta, comporta una conseguente riduzione dei tempi accessori di lavoro delle macchine. In aree fortemente declivi, invece, il processo di adeguamento alla meccanizzazione è stato assai inferiore e si sono conservate piccole unità di coltivazione, a volte anche fortemente angolate, a causa del gioco delle pendenze e dell’orografia del terreno, che perciò richiedono l’uso di macchine di più piccole dimensioni e di facile manovrabilità. La meccanizzazione delle operazioni di mungitura e di alimentazione e di governo dei bovini ha influito pure sulle strutture edilizie di servizio, come le stalle. Evoluzione della specie INTERAZIONE AGRICOLTURA e AMBIENTE Si può oggi affermare che la biodiversità nelle campagne è in declino in quanto le pratiche agricole con modello di agricoltura intensiva non sono ecologicamente sostenibili. Ciò si può verificare tramite una valutazione della biodiversità in relazione alle diverse pratiche agricole, ossia determinare la varietà delle forme viventi, animali e vegetali, e degli habitat presenti negli ambienti dove tali attività hanno luogo. LA POLARIZZAZIONE CULTURALE: Per polarizzazione colturale si intende quel processo per cui un’azienda tende a specializzarsi nella produzione di poche derrate alimentari e, nei casi estremi, arriva a praticare la monocultura. Gli effetti di questo processo sulla varietà dell’eco-mosaico sono assai deleteri e si ripercuotono sulla ricchezza dell’avifauna. Non mancano tuttavia le specie che in forza della loro plasticità ecologica traggono profitto da questa situazione, trovando il modo di proliferare sino a diventare infestanti. LA MECCANIZZAZIONE AGRICOLA: A partire dagli anni sessanta la crescita del patrimonio di mezzi meccanici a supporto del lavoro agricolo è stata imponente e ha contribuito ad automatizzare tutte le fasi colturali. Gli effetti di questo processo sulla fauna selvatica sono stati in taluni casi distruttivi. Sulle specie che nidificano sul terreno in prati stabili ha avuto una notevole incidenza la diffusione della falciatura con macchine che procedono a notevole velocità. EFFETTI NOCIVI DELL’AGRICOLTURA INTENSIVA SULL’AVIFAUNA, SULL’ACQUA E SUL SUOLO. AVIFAUNA: - L’aumento delle superfici coltivate determina la scomparsa degli habitat vitali come le zone umide, i prati stabili e le siepi; - L’uso dei pesticidi, concimi chimici e diserbanti avvelena direttamente gli uccelli o li priva delle risorse alimentari quali gli insetti e gli altri invertebrati; - L’abbandono della rotazione agraria causa la scomparsa di ambienti idonei all’alimentazione e alla riproduzione di numerose specie; - L’intensificazione delle pratiche agricole e la modifica dei tempi agronomici determina la riduzione del successo riproduttivo di molte specie. ACQUA: Il 60% dell’acqua di falda estratta nel Sud Europa viene utilizzata per l’irrigazione, con un ritmo di estrazione insostenibile, in quanto superiore alle capacità di ricarica delle falde. Le falde stesse presentano seri problemi di inquinamento causato dall’uso eccessivo di prodotti chimici quali diserbanti e antiparassitari. Il drenaggio spinto e l’assenza di stoppie (residui vegetali della mietitura) nel periodo invernale determinano un aumento della velocità di scorrimento dell’acqua piovana che, sommato ad una minore capacità di assorbimento dei terreni agricoli, provoca il conferimento di ingenti quantità di acqua nei corsi d’acqua in un tempo ristretto, e comporta in alcuni casi rovinose alluvioni. SUOLO: La meccanizzazione, la lavorazione di terreni in forte pendenza, l’aratura precoce delle stoppie ed il pascolo eccessivo aumentano l’erosione del suolo. La sostituzione dei concimi organici (letame) con quelli chimici causa la mineralizzazione e la salinizzazione del suolo che risulta molto più duro, compatto e poco permeabile con gravi danni di fertilità nel futuro dei terreni stessi. Gli agricoltori ed i consumatori possono influenzare la biodiversità delle nostre campagne con i loro comportamenti e l’Unione Europea prevede degli incentivi che incoraggiano le pratiche agricole sostenibili e le azioni che migliorano l’ambiente. COSA POSSONO FARE GLI AGRICOLTORI : -Ritiro ventennale dei seminativi dalla produzione a scopi ambientali : vengono ricreate zone umide, aree prative alternate ad arbusti etc., cioè quegli ambienti che sono quasi scomparsi in seguito all’intensificazione dell’agricoltura. - Mantenimento o ripristino di siepi, filari, stagni, muretti a secco etc. - Ritardo del periodo degli sfalci: permette alle specie di uccelli che si riproducono al suolo di terminare con successo la riproduzione. - Mantenimento o recupero di prati: i prati ospitano specie importanti come l’Allodola e la Quaglia. Mantenimento dei pascoli e degli allevamenti estensivi: l’intensificazione della zootecnia ha portato alla quasi scomparsa dei pascoli e alla concentrazione dei bovini in grandi stalle industriali. I pascoli, la presenza di bestiame all’aperto e la permanenza di stalle di dimensione modesta, favoriscono la conservazione di molte piante selvatiche, insetti, mammiferi e uccelli come l’Ortolano, il Calandro, la Totavilla e la Rondine. - Aratura tardiva delle stoppie: il residuo della mietitura nei campi durante il periodo invernale fornisce un’importante fonte di semi e riparo, preziosi a molti uccelli nel periodo più difficile. Inoltre la vegetazione che prima dell’aratura cresce fra le stoppie ospita una ricca fauna di insetti. L’agricoltura biologica: è un metodo di produzione agricola che non fa uso di pesticidi e diserbanti di sintesi e utilizza come unico concime quello di tipo organico. Questo difende la coltivazione da malattie. A tal fine le aziende biologiche impiantano siepi e filari, effettuano la rotazione delle colture e diversificano la produzione. - Set-aside: gli agricoltori che coltivano seminativi devono obbligatoriamente mettere a riposo il 10% della superficie coltivata. Tale pratica comporta notevoli benefici all’avifauna sia svernante che nidificante. A tal fine è consigliabile che sui terreni ritirati dalla produzione venga mantenuta la copertura vegetale (sia spontanea che seminata) del suolo, da controllare solamente tramite sfalci o trinciature, da effettuarsi nel periodo compreso tra il 1° agosto ed il 20 febbraio dell’anno successivo. Sono da evitare sempre l’aratura, il diserbo o la bruciatura e, durante il periodo riproduttivo dell’avifauna, gli sfalci e le trinciature. - Pulizia dei fossi: nei fossi crescono specie erbacee, arboree e arbustive di vario tipo che sono state cacciate dai campi coltivati e sulle quali si concentra una ricca comunità di animali. Le operazioni di pulizia di fossi che non dovrebbero mai essere cementificati o sostituiti con drenaggi sotterranei, andrebbero realizzate solo con mezzi meccanici nel periodo compreso fra agosto e dicembre quando anfibi, uccelli, rettili e invertebrati non sono impegnati in attività riproduttive. COSA POSSONO FARE CITTADINI E CONSUMATORI: Prima di comprare un prodotto alimentare occorrerebbe sempre chiedersi se la sua produzione ha procurato dei danni all’ambiente e cercare di scegliere: - Frutta e verdura di stagione - Prodotti locali: si risparmia il costo del trasporto e si favoriscono le piccole aziende agricole familiari. - Prodotti biologici: l’impatto ambientale è minore e le aziende biologiche apportano miglioramenti all’ambiente agricolo. - Carne da allevamenti estensivi all’aperto. GRAZIE PER L’ATTENZIONE