Spettacoli 49 IL GIORNALE DI VICENZA Martedì 13 Marzo 2012 STAGIONI. PerlaXVI edizionediVicenzaDanza, questa serail teatroComunaleospitaun notevole progettoculturale NYA, ilnuovo Maghreb arriva a passo didanza Due brani speculari, assai dissimili, animati da diverse anime musicali. Introduce la Guatterini VICENZA Per la Stagione di Danza del teatro comunale Città di Vicenza, XVI edizione di VicenzaDanza, questa sera alle 20.45 il cartellone propone in prima regionale "NYA" Progetto ponte culturale Mediterraneo por- tato in scena dalla compagnia francese La Baraka e dal Balletto Contemporaneo d'Algeri, in cui il coreografo e direttore artistico Abou Lagraa, francese di origine algerina, con i nove danzatori hip hop coinvolti nel progetto, presenterà un dittico, emblematico, del nuovo Maghreb che cambia: anche a passo di danza. Prima del balletto ci sarà l'Incontro con la Danza in programma alle 20 nel Foyer, curato da Marinella Guatterini, critico ed esperta di danza, do- cente di Estetica della danza alla Scuola d'arte drammatica "Paolo Grassi" di Milano e di Metodologia della critica di danza al Dams di Bologna. Prima dello spettacolo il pubblico potrà assistere all'esibizione degli interpreti del Progetto Supporter Danza, una breve performance di giovani promesse della danza segnalate da critici ed esperti, pochi minuti di intense emozioni, duetti o a solo, per vedere rappresentate le nuove tendenze e per permettere ai nuovi inter- preti di farsi conoscere al pubblico. Oggi sarà la volta di Giovanni Gava Leonarduzzi, Elia Del Nin e Raffaello Titon con "Nè di più nè di meno", una performance sospesa tra la break-dance, la danza contemporanea e il teatro, della durata di 8 minuti, per rappresentare le diverse opportunità del destino, esemplificate dalle diversità dei generi danzati. La composizione coreografica protagonista della serata "NYA" rappresenta una creazione di grande originalità per i suoi contrasti; portata in scena per la prima volta nel 2010 (ad Algeri in prima assoluta, alla Biennale Danza di Lione in prima europea) ha ottenuto al suo esordio il Grand Prix de la Critique in Francia come migliore coreografia dell'anno. Si compone di due brani speculari, fortemente dissimili, animati da due diverse anime musicali: la prima europea si sviluppa sulle note del "Bolero" di Maurice Ravel, la seconda nordafricana scandita dalle musiche etniche e dai canti Unframmentodellacoreografia NYA, oggi alComunale diVicenza di Houria Aichi e Hossam Ramzy. "Nya" è una parola araba che indica una sorta di iniziazione alla vita. Biglietti in vendita al Teatro Comunale (viale Mazzini 39 - tel. 0444.324442 biglietteria@ tcvi.it), sul sito www.tcvi.it, nelle filiali della Banca Popolare di Vicenza. • TEATRO/1. Perla24ªMaschera d’oroalSan Marco diVicenzadi scenail Teatrotergoladei bravipadovani di Vigonza RASSEGNE. I “MartedìdelConservatorio” Lacompagniaha omaggiato, commossa,ilregista Fantida pocoscomparso epoiha datovita aun Ruzantedigrande presa Protagonisti saranno gli ex allievi e ora docenti Antonio Rigobello e Giuseppe Zuccon Ghiotto Betìa,cosìil“pavano”sifa dolce Lorenzo Parolin VICENZA Per raccontare la "Betìa" dei padovani Teatrotergola, sabato sera al San Marco in concorso per la Maschera d'oro in edizione 2012, è bene partire dal fuoriprogramma. Vale a dire un omaggio, prima del calo del sipario, al regista Gabriele Fanti da poco scomparso. La compagnia, schierata sul palco, ha voluto proiettare un breve video, nel quale Fanti si raccontava, raccontando la modernità di Ruzante e il suo "mondo roverso". Il tutto quasi a segnare l'eredità che la compagnia con base a Vigonza ha voluto raccogliere. L'abbraccio con la figlia del regista, Valentina, e qualche lacrima asciugata con l'orlo del costume hanno poi dato concretezza all'umanità di un gruppo di attori messosi alla prova su un testo complesso. Complesso perché il "pavano" di Ruzante (nell'occasione peraltro addolcito e reso più comprensibile) e la comicità da goliardia patavina occupano oggi una nicchia più da studi accademici che da messa in scena su un palco. Complesso anche perché la sequenza di equivoci chiede agli attori di tenere alto il ritmo: nelle due ore di spettacolo non ci sono stati cali di tensione e,a conti fatti, per una compagnia di amatori è già una vittoria. La vicenda si apre con il personaggio di Nale (Angelo Renier) che convince il bracciante Zilio (Fausto Dengo) a farsi avanti con la giovane Betìa (Valentina Zoccarato) della quale è innamorato. L'obiettivo di Nale è favorire il matrimonio, proponendosi contemporaneamente come amante di Betìa che accetta immediatamente i "due mariti". A nozze avvenute, Zilio capisce le intenzioni dell'amico e lo colpisce di striscio con una coltellata. Nale, che ha previsto anche questo sviluppo, si finge morto, presentandosi sulla scena travestito da fantasma. Scopre così che la moglie Tamia (Fausta Naso), che credeva fedele, ha intrecciato da tempo una relazione con tale Meneghelo (Lucio Pasqualetti). Nale "resuscita" così in tutta fretta proponendo a Zilio, Betìa e Tamia di condurre un ménage a quattro che dovrebbe soddisfare tutti da più punti di vi- BartokeRachmaninov grazieaunaffiatatoduo VICENZA Il collaudato duo pianistico composto da Antonio Rigobello e Giuseppe Zuccon Ghiotto nel tradizionale appuntamento dei martedì del Conservatorio di Vicenza. Oggi, con inizio alle 18, i due noti pianisti vicentini, en- trambi formatisi nelle aule dell'"Arrigo Pedrollo", dove entrambi sono anche da anni docenti di spicco, presenteranno un programma di musiche di Bela Bartok e Sergej Rachmaninov. Il concerto di Rigobello e Zuccon Ghiotto, che si esibiscono in due ormai da tempo e formano una coppia pianistica molto affiatata e apprezzata dalla critica e dal pubblico, si terrà nell'auditorium del Conservatorio di contrà San Domenico. L'ingresso è libero. • Unmomento di“Betìa” con ipadovani di Teatrotergolaal SanMarco diVicenza. COLORFOTO ARTIGIANA sta. Al quartetto si aggiunge anche Meneghelo e si finisce tra le risate del pubblico sullo sfondo sonoro di maiali grufolanti. Il tema, volendo, si presterebbe anche ad attualizzazioni ma gli attori si sono attenuti rigorosamente all'originale non allontanandosi dal XVI secolo. E con una mimica che pareva modellata sul Dario Fo di qualche anno fa, ha riscosso applausi in particolare Angelo Renier. Il suo Nale, con cadenza chioggiotta filologicamente molto vicina al pavano di Ruzante, è apparso malizioso al punto giusto e in linea con una mimica da commedia dell'arte. Discorso analogo per Angela Musetti, nella parte di Ménega, la madre di Betìa, e per Armando Marcolongo, l'oste Taçio, incaricato di celebrare il matrimonio. Caratteristi, sì, ma nel ruolo giusto e capaci molto probabilmente di tenere il palco anche tra i professionisti. Valentina Zoccarato, che ha debuttato con Ruzante e ha dalla sua la giovinezza, dovrà invece lavorare per arricchire di sfumature la propria Betìa. Sfumature alle quali per ora manca la malizia che il pubblico si attende da una donna legata, contem- poraneamente e consapevolmente, a due diversi compagni a loro modo complementari: lo scaltro Nale e il sempliciotto Zilio. Quest'ultimo, nell' interpretazione di Fausto Dengo è apparso più naturale e incisivo nel secondo atto, probabilmente seguendo il "termometro" di un pubblico che non si è risparmiato quando c'era da ridere. Oppure, seguendo la traccia dell'umanità, l'emozione crescente a ridosso dell'omaggio al regista ha sciolto alcune rigidità iniziali consentendo un finale premiato dal pubblico. • © RIPRODUZIONERISERVATA TEATRO/2. Applaudito debuttoalSan Marco perl’ultimo,complesso masostanzialmente assaibenriuscito lavorode La Trappola Fededi Beckete coronasulla bilanciadegli ideali PinoFucito èl’EnricoIIdirudezza ecinismo;Becket diGiampieroPozzaèun groviglio diforza eumiltà Antonio Stefani VICENZA È tipico della Trappola, nella sua trentennale vicenda, alternare la produzione di commedie scanzonate al repertorio drammatico, sicché dopo "Tango, monsieur?" (e passando per l'occasione fogazzariana del "Garofolo rosso") stavolta tocca all'impegnativo, complesso "Becket e il suo re" di Jean Anouilh. Posteriore al celeberrimo "Assassinio nella cattedrale" di T.S. Eliot, il testo dell'autore francese (1959) tratta il medesimo argomento, ma ne ricapitola pure gli antefatti. Ovvero, il tracciato della lunga amici- zia che legò Enrico II d'Inghilterra al suo cancelliere Thomas Becket, il loro condividere governo e svaghi, banchetti e cacce, amorazzi e scorribande, testimonianza d'un legame apparentemente inattaccabile. E in virtù del quale, nel 1162, il sovrano pensò fosse una mossa politicamente vincente nominare proprio Becket arcivescovo di Canterbury, confidando in tal modo di tenere a freno la riottosa Chiesa albionica. Calcolo sbagliato. Perché, non appena assurto a quel rango, il primate diverrà un tenacissimo "uomo di Dio", deciso soprattutto ad affermare l'indipendenza ecclesiastica dal braccio secolare e dando così avvio a un epico scontro con l'antico sodale fino a quando, nel 1170, non verrà trucidato sull'altare, cadendo sotto i colpi di quattro baroni del regno. Nell'elaborazione di Anouilh, il caso storico diventa non soltanto la parabola del pubblico conflitto tra due poteri, ma anche un serratissimo confronto che scava nell'intimo dei due contendenti e della loro passata confidenza lacerata dagli eventi, dando voce sia all' integerrima professione di fede di Becket e sia alla visione del mondo del monarca, orientata ovviamente agli interessi della ragion di stato. Orbene, uno dei meriti dell' edizione della Trappola, giunta domenica scorsa all'applaudito debutto sul palco del San Marco, sta proprio nel bilanciare attentamente tale duello di concezioni e azioni conseguenti, conferendo a entrambe la necessaria sussistenza ideale, ben al di là del cruento epilogo. Da un lato, dunque, ecco l'Enrico II di Pino Fucito che, oltre la patina della regale magniloquenza, lascia intravvedere un misto di rudezza, cinismo e ostinazione che la rottura del rapporto accentua, spingendo quella che prima era una frivola inclinazione al capriccio e al possesso verso la risentita china della determinazione feroce. Dall'altro lato, il Thomas Becket incarnato da Giampiero Pozza è un groviglio pressoché inestricabile di agrodolci sottigliezze e di pretesa umil- Fucitonei pannidi re EnricoII e Pozzain quellidi Thomas Becket tà, di generosità e di forza, tant'è che a sostenerlo nel cammino (probabilmente consapevole) verso il martirio sta non soltanto una cristiana predisposizione al sacrificio, ma anche il necessario orgoglio per affrontarlo. L'allestimento che li circonda è un ingegnoso esercizio scenotecnico, spartito fra gli ambienti delineati dalla com- posizione variabile di neutri praticabili, con pochi emblematici oggetti, e le suggestive videoproiezioni d'immagini dal richiamo medievale, così come le essenziali fogge dei costumi. L'effetto complessivo è convincente, e lo sforzo che ora dovrà compiere Fucito in veste di regista sarà quello di serrare i bulloni dei ritmi, degli stacchi, dei (tantissimi) cambi di quadro. Accorgimenti che miglioreranno ulteriormente un episodio di segno comunque alto, già espressivamente redditizio, dove tra "onore del regno" e "onore di Dio" trova posto anche l'onore della Trappola vicentina. Una folta truppa in cui vanno almeno citati, assieme ai due efficaci protagonisti, il solido vescovo di Londra impersonato da Ermanno Caneva, il machiavellico re Luigi di Francia tratteggiato da Stefano Farina e il frate Giovanni sorretto dal giovane slancio di Federico Boaria. • © RIPRODUZIONERISERVATA