N. 03051/2014REG.PROV.COLL. N. 00647/2014 REG.RIC. N. 00654/2014 REG.RIC. N. 00658/2014 REG.RIC. N. 00660/2014 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 647 del 2014, proposto da: Autorità per l’energia elettrica e il gas in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; contro Idroenergia s.c.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Caia, Nicola Aicardi, Mario Sanino, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli, 180; nei confronti di Terna-Rete Elettrica Nazione Spa; sul ricorso numero di registro generale 654 del 2014, proposto da: Autorità per l’energia elettrica e il gas in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; contro Iren Mercato s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Luca Zampa, Tommaso Salonico, Isidoro Niola, con domicilio eletto presso Tommaso Salonico in Roma, piazza del Popolo, 18; nei confronti di Terna - Rete Elettrica Nazionale Spa; sul ricorso numero di registro generale 658 del 2014, proposto da: Autorità per l’energia elettrica e il gas in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; contro Enipower s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Durante, Giovanni Corbyons, Fabio Todarello, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44; nei confronti di Terna - Rete Elettrica Nazionale Spa; sul ricorso numero di registro generale 660 del 2014, proposto da: Autorità per l’energia elettrica e il gas in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; contro A2a Trading s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Isidoro Niola, Gian Luca Zampa, Tommaso Salonico, con domicilio eletto presso Tommaso Salonico in Roma, piazza del Popolo, 18; nei confronti di Terna-Rete Elettrica Nazionale -S.P.A.; per la riforma quanto al ricorso n. 647 del 2014: della sentenza del T.a.r. Lombardia - Milano: Sezione III n. 2311/2013, resa tra le parti, concernente modifica metodo di calcolo del corrispettivo riconosciuto ai produttori di energia elettrica che rendono adeguato alla domanda il livello della capacità produttiva dei loro impianti; quanto al ricorso n. 654 del 2014: della sentenza del T.a.r. Lombardia - Milano: Sezione III n. 2313/2013, resa tra le parti, concernente modifica metodo di calcolo del corrispettivo riconosciuto ai produttori di energia elettrica che rendono adeguato alla domanda il livello della capacità produttiva dei loro impianti; quanto al ricorso n. 658 del 2014: della sentenza del T.a.r. Lombardia - Milano: Sezione III n. 2310/2013, resa tra le parti, concernente modifica metodo di calcolo del corrispettivo riconosciuto ai produttori di energia elettrica che rendono adeguato alla domanda il livello della capacità produttiva dei loro impianti; quanto al ricorso n. 660 del 2014: della sentenza del T.a.r. Lombardia - Milano: Sezione III n. 2312/2013, resa tra le parti, concernente modifica metodo di calcolo del corrispettivo riconosciuto ai produttori di energia elettrica che rendono adeguato alla domanda il livello della capacità produttiva dei loro impianti. Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate, sopra specificate; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2014 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Marrone e gli avvocati Sanino, Niola, Salonico, Corbyons e Giuseppe Fuda per delega dell’avvocato Todarello, Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO L’Autorità per l’energia elettrica e il gas (d’ora in avanti: Autorità) chiede la riforma delle sentenze, in epigrafe indicate, con le quali il Tribunale amministrativo della Lombardia ha accolto quattro ricorsi presentati dalle odierne resistenti avverso la delibera dell’Autorità 6 ottobre 2010, n. 166 recante modifica per gli anni dal 2010 al 2012 al metodo di calcolo della remunerazione integrativa riconosciuta ai produttori di energia che rendono disponibile la capacità produttiva dei loro impianti, per assicurare l’adeguatezza dell’offerta di energia anche nei “giorni di alta e media criticità”, cioè quelli in cui vi è il rischio che la domanda di energia superi l’offerta. I) La vicenda in esame si inserisce nel sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica, volto ad assicurare il raggiungimento ed il mantenimento dell’adeguatezza della capacità produttiva al fine di garantire la copertura della domanda nazionale, con i necessari margini di riserva. A tal fine, la legge 27 ottobre 2003, n. 290 ha delegato il Governo ad assumere misure per garantire il raggiungimento e il mantenimento di un adeguato livello di capacità di produzione di energia elettrica; è stato così introdotto, con il d.lgs. 19 dicembre 2003, n. 379, un sistema di remunerazione incentivante a carico del gestore della rete di trasmissione nazionale (oggi Terna), alimentata da una voce tariffaria, a favore dei produttori di energia elettrica che assumono l’impegno di mettere a disposizione del sistema elettrico nazionale una data quota di capacità produttiva e a mantenerla in esercizio efficiente. In attuazione di questo decreto legislativo l’Autorità ha adottato la delibera 27 marzo 2004, n. 48, in cui ha previsto un sistema di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica articolato in due componenti, la prima relativa all’impegno a rendere disponibile la capacità produttiva (corrispettivo CAP1), che prevede un corrispettivo costante su base mensile; la seconda (corrispettivo Si), definita come remunerazione integrativa dei ricavi conseguiti dal singolo produttore nei mercati borsistici, erogato quando i ricavi effettivi del produttore (RICE) risultano inferiori, su base annua, a quelli che lo stesso avrebbe conseguito a parità di produzione se fossero applicati i prezzi dell’energia elettrica in regime amministrato (RICR). Il corrispettivo Si è riconosciuto a ciascun operatore se la differenza tra i ricavi di riferimento determinati convenzionalmente dall’Autorità (RICR) e i ricavi effettivi (RICE) è positiva. Il RICR è determinato in base a vari fattori, in modo da rappresentare i ricavi standard idonei a coprire i costi di un impianto ammesso al regime di cui si tratta. Il corrispettivo totale risulta quindi articolato in una remunerazione costante e in una remunerazione integrativa, che viene erogata solo a condizione che il ricavo annuo effettivo sia inferiore al ricavo annuo di riferimento. Con documento di consultazione DCO 3 agosto 2010, n. 28/10, l’Autorità ha esposto una metodologia alternativa per la determinazione della remunerazione integrativa, considerando che il calcolo dei ricavi deve tenere in debita considerazione l’esatta localizzazione della capacità produttiva nella disponibilità di ciascun produttore. Con la delibera impugnata ha quindi modificato il criterio di calcolo del corrispettivo Si, al fine di dare rilievo alla differenza dei prezzi tra le diverse zone dei mercati dell’energia, fornendo un sostegno transitorio ai produttori che, a causa di prezzi zonali bassi, possano evidenziare problemi di equilibrio economico-finanziario, con conseguenti ripercussioni di inadeguatezza della capacità produttiva nel lungo periodo. Provvedendo alla correzione dei criteri per la determinazione del ricavo effettivo relativo all’operatore di mercato (RICEm), l’Autorità ha ritenuto opportuno “integrare la valorizzazione dell’energia elettrica con una componente che rappresenti il vantaggio di costo di cui, ceteris paribus, gode l’energia elettrica del medesimo operatore che è esentata dall’obbligo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79; in questo modo, secondo quanto emerso nel corso della consultazione avviata con il documento 3 agosto 2010, si introduce nella metodologia di calcolo dell’ulteriore corrispettivo un elemento che tiene conto della marginalità degli operatori, marginalità che, nel caso di operatori con un’incidenza elevata di energia elettrica esentata dal suddetto obbligo, è tale da attenuare drasticamente l’utilità dell’ulteriore corrispettivo rispetto alle finalità per cui lo stesso è stato istituito”. Ha, quindi, introdotto nella determinazione del ricavo effettivo relativo all’operatore di mercato (RICEm) un parametro diretto ad escludere il “costo evitato” del mancato acquisto dei certificati verdi, costo indicato con il codice Pcv nella formula di cui al punto 36.4.3 della delibera gravata. II) Le società Idroenergia, Iren Mercato, Enipower e A2A Trading, produttrici di energia da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione, hanno proposto davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia autonomi ricorsi avverso tale determinazione, con la quale, in sostanza, l’Autorità, ritenendo che i produttori esentati dall’obbligo di acquisire i certificati verdi avrebbero una maggiore capacità di produrre reddito, tale “da attenuare drasticamente l’utilità dell’ulteriore corrispettivo rispetto alle finalità per cui lo stesso è stato istituito”, ha modificato il metodo di calcolo in senso per loro deteriore. Le ricorrenti in primo grado hanno, in particolare, lamentato che tale modifica, che considera alla stregua di un ricavo il mancato costo derivante dall’esenzione dall’obbligo di acquisto dei certificati verdi, penalizza i produttori di energia da cogenerazione e da fonti rinnovabili e neutralizza gli incentivi riconosciuti dalla normativa di settore, con l’effetto di una maggiore remunerazione dei produttori da fonti fossili. Le sentenze in esame hanno accolto i ricorsi, rilevando che la deliberazione impugnata in primo grado ha introdotto una differenziazione ingiustificata tra le tipologie dei produttori a seconda delle fonti dell’energia, pur in assenza di una espressa previsione normativa, e ha creato un regime remunerativo discriminatorio in danno dei produttori di energia da fonti rinnovabili. Questi sarebbero disincentivati dall’entrare nel sistema introdotto con il d.lgs. 19 dicembre 2003, n. 379, in contrasto con le disposizioni che, a diverso livello, cercano invece di favorire lo sfruttamento di fonti rinnovabili, tra cui la Direttiva 2001/77/CE e l’art 11 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 in materia di certificati verdi. Il primo giudice ha pertanto riscontrato la violazione del suddetto decreto legislativo, che demanda all’Autorità il compito di stabilire il corrispettivo per la remunerazione della disponibilità di capacità basato su meccanismi non discriminatori e non distorsivi del mercato, e la contraddittorietà del sistema complessivo, che da un lato incentiva la produzione di energia da fonti rinnovabili, dall’altro riconosce un regime di incentivazione meno favorevole, proprio per il fatto di produrre energia da fonti rinnovabili. Infine, secondo il Tribunale amministrativo il procedimento sfociato nel provvedimento impugnato non ha soddisfatto le garanzie partecipative, essendo stato preceduto dalla diffusione del documento di consultazione n. 28/10 del 3 agosto 2010 che dà unicamente conto dell’intenzione dell’Autorità di mutare il criterio di determinazione della remunerazione integrativa in relazione alla esigenza di differenziare per zone il criterio di calcolo del ricavo effettivo, ma che nulla dice circa la modifica del corrispettivo Si, nei termini poi applicati. Con gli appelli in esame l’Autorità contesta le sentenze, di identico tenore, sotto tutti i profili evidenziati. La società Enipower ripropone, con ricorso incidentale, i motivi di ricorso assorbiti dal Tribunale amministrativo. III) Gli appelli, dei quali è opportuna la riunione, avendo per oggetto sentenze relative al medesimo provvedimento impugnato, sono infondati. Le sentenze stesse sono, infatti, condivisibili sia nella parte in cui rilevano la contraddittorietà del sistema di calcolo del corrispettivo Si, sopra illustrato, sia nella parte in cui evidenziano la carenza procedimentale dell’iter seguito dall’Autorità. Quanto al primo aspetto, giova ricordare che con il d.lgs 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) e con il successivo d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità) il legislatore ha inteso incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili, il risparmio energetico, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l'uso delle risorse energetiche nazionali. A tal fine, a decorrere dall'anno 2001 gli importatori ed i soggetti responsabili degli impianti che, in ciascun anno, importano o producono energia elettrica da fonti non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere nel sistema elettrico nazionale, nell'anno successivo, una quota prodotta da impianti da fonti rinnovabili entrati in esercizio o ripotenziati, limitatamente alla producibilità aggiuntiva, in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto stesso. In base alla direttiva 2003/87/CE, cui è stata data attuazione con il d.lgs. 4 aprile 2006 n.216 (poi abrogato dall’articolo 43, comma 1, del d.lgs. 13 marzo 2013, n. 30, ma vigente all’epoca dei fatti) inoltre, ciascun titolare di impianti di produzioni di energia elettrica è autorizzato a rilasciare in atmosfera una certa quantità di gas serra; se la quantità di gas serra rilasciata è superiore a quella autorizzata, l’art. 2 comma 144 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede l’obbligo di acquistare sull'apposito mercato quote equivalenti dai produttori che hanno invece rilasciato quantità di gas serra inferiori alle quote loro assegnate (i cosiddetti certificati verdi). Come è agevole desumere sia dalla lettera, sia dalla ratio della normativa comunitaria e nazionale, preciso intento del legislatore è l’incentivazione della produzione di energia da fonte rinnovabile, alla quale è dedicato un complessivo sistema di favore. Conseguenza diretta del suddetto sistema è la considerazione che la monetizzazione dello sforamento della consentita quota di inquinamento, attraverso l’acquisto dei certificati verdi, se rappresenta una legittima alternativa all’obbligo primario di utilizzo di fonti rinnovabili, non può peraltro costituire un comportamento virtuoso. Come ha già avvertito questo Consiglio di Stato (sez. VI, 6 luglio 2006, n. 4290), infatti, il comportamento degli operatori che si sono limitati ad acquistare quei certificati non può essere premiato, dato che questa scelta, oltre ad essere meno virtuosa, non produce alcun incremento della capacità produttiva da fonti alternative, incremento che rappresenta il vero obiettivo perseguito dal legislatore (comunitario e nazionale). Il discorso, sopra sviluppato con specifica attinenza alle fonti rinnovabili, vale per tutte le metodologie di produzione di energia considerate con favore dalla normativa europea e nazionale, e cioè anche per l’energia derivante da impianti di cogenerazione, definita dall’art. 2 del d.lgs. 8 febbraio 2007, n. 20 (Attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/CEEE) come “la generazione simultanea in un unico processo di energia termica ed elettrica o di energia termica e meccanica o di energia termica, elettrica e meccanica. Anche la cogenerazione, in quanto metodo idoneo alla tutela dell’ambiente e al risparmio energetico è, infatti, destinataria dei benefici di cui al d.lgs. n. 79 del 1999, come specificato dall’art. 6 del predetto decreto legislativo n. 20 del 2007, ed in particolare è esonerata dall’obbligo di acquisto dei certificati verdi. Perciò non ha pregio la pretesa dell’appellante circa la “confusione” nella quale sarebbe incorso il primo giudice nel non distinguere i metodi di produzione adottati dalle diverse ricorrenti, dato che, come si è detto, ai fini che ne occupano quel che rileva è l’esistenza di un regime di incentivazione basato sull’esonero dall’acquisto dei certificati verdi, di metodi produttivi comunque considerati virtuosi. E’ allora del tutto evidente che, come ha rilevato il Tribunale amministrativo, la decurtazione del corrispettivo variabile in correlazione all’esborso necessario per l’acquisto dei certificati verdi da parte dei produttori non virtuosi, oltre a rendere meno conveniente la produzione di energia da fonti e metodi alternativi (e quindi a sminuire il regime di incentivazioni previsto dalle direttive europee), si pone in contrasto con il sistema complessivo e con le stesse finalità presidiate dal sistema normativo cui sopra si è fatto riferimento, dato che rende meno appetibile, per la parte più virtuosa dei produttori, la cessione di energia, andando ad incidere sul sistema premiale assegnato in base al diverso, e preminente, ordine di interessi. IV) Le sentenze meritano conferma anche laddove rilevano la mancata partecipazione degli interessati al procedimento. Come ha ricordato questo Consiglio di Stato (per tutte, sez. VI, 2 marzo 2010, n. 1215 e 1° ottobre 2001, n. 5105) la l. 7 agosto 1990, n. 241 è legge generale sul procedimento amministrativo, in quanto individua i principi fondamentali cui la successiva normazione, di rango primario e secondario deve uniformarsi. Pertanto, i principi generali, in tema di partecipazione procedimentale, i quali hanno lo scopo di assicurare, secondo le norme previste dagli speciali ordinamenti di settore, l'acquisizione corretta ed imparziale degli interessi privati coinvolti nell'esercizio del pubblico potere, si pongono come canoni interpretativi della disciplina di settore, come ricerca del significato che meglio soddisfi le esigenze conoscitive e partecipative tutelate in via generale dal legislatore . E’ stato anche avvertito (Consiglio di Stato, sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2521) che la dequotazione del principio di legalità sostanziale - giustificata dalla valorizzazione degli scopi pubblici da perseguire in particolari settori e concretizzata nell'attribuzione alle Autorità di settore di ampi poteri regolamentari - impone il rinvigorimento del principio di legalità procedimentale che si sostanzia, tra l'altro, nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori del settore al procedimento di formazione degli atti regolamentari. Nella fattispecie in esame, la dovuta consultazione preventiva dei soggetti interessati alla modifica introdotta dalla deliberazione in esame non si è sviluppata correttamente, poiché, come ha rilevato il primo giudice, il documento di consultazione n. 28/10 del 3 agosto 2010 avverte solo dell’intenzione dell’Autorità di mutare il criterio di determinazione della remunerazione integrativa in relazione alla esigenza di differenziare per zone il criterio di calcolo del ricavo effettivo, ma nulla dice in ordine al diverso metodo di calcolo relativo alla fonte dell’energia, poi regolato con la deliberazione impugnata in primo grado. La circostanza, di cui è dato atto nel preambolo della deliberazione impugnata in primo grado, che l’ampliamento derivi dai risultati della consultazione e che costituisca specificazione della diversa marginalità (cioè del ricavo marginale ottenuto da ogni operatore) alla quale si intendeva mettere rimedio, come annunciato nel documento di consultazione, non vale a cancellare il vizio rilevato dal primo giudice, dato che (non la collocazione territoriale, ma) solo la differenza per fonti produttive costituisce il danno lamentato dalle ricorrenti in primo grado, e che alla compiuta meditazione da parte dei soggetti interessati è necessaria la previa comunicazione dell’argomento da trattare, non sostituibile con il semplice svolgimento del confronto. V) In conclusione, gli appelli proposti dall’Autorità sono infondati e devono essere respinti, con conseguente improcedibilità del ricorso incidentale proposto da Enipower s.p.a., ma la particolarità della fattispecie e la qualità delle parti determina l’opportunità della compensazione delle spese di lite anche per questo secondo grado del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, li riunisce e respinge gli appelli principali; dichiara improcedibile l’appello incidentale; conferma, per l’effetto, le sentenze impugnate. Spese del giudizio compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Severini, Presidente Maurizio Meschino, Consigliere Vito Carella, Consigliere Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore Carlo Mosca, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 17/06/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)