“Umanizzazione e riabilitazione integrata“ Curiosamente, è dal suo contrario “inumano” che sembra rivelarsi il termine “umanizzazione”: un gesto, un comportamento, un atteggiamento, un atto inumano. In questo modo, avremo bisogno di agire contro questa tendenza, al punto di promuovere dei programmi di “umanizzazione” all’interno degli istituti sanitari ed educativi. Ma allora, quale sarebbe la “misura umana” da prendere a riferimento ? Secondo il filosofo Jean Nabert, “l’humanitas dell’uomo, [...] consiste nel rigettare qualsiasi umanismo che si vanti di adottare la misura dell’uomo1“ Umanizzazione delle pratiche per i professionisti della relazione potrebbe anche farci pensare ad un atteggiamento “carino”, una forma di socievolezza piena di buoni sentimenti che considererebbe l’altro e che lo rispetterebbe: comportarsi in modo “umano”, “il buonismo“ come dicono in Italia. Questi due influssi hanno poco a che vedere con quello che verrà sviluppato durante questi tre giorni ! No, l'atteggiamento umanizzante non si limita alla comune cortesia tra esseri umani; nasce da un gesto cosciente che può applicarsi su un modo non aleatorio. Chiede un'attenzione rigorosa per non cadere nel senso comune delle cose e degli eventi; un'attenzione esercitata e il più possibile padroneggiata, un'attenzione ferma per liberare l'umano che siamo da ciò che potremmo chiamare il suo involucro sensibile e grossolano. Il filosofo delle scienze Gaston Bachelard ci dà una prima regola per questo atteggiamento: “Già l'osservazione ha bisogno di un insieme di precauzioni che conducano a riflettere prima di guardare, che migliorino almeno la prima visione, in modo che non sia mai la prima osservazione ad essere quella buona2”. Interrogò costantemente il pensiero di Husserl. I suoi posizionamenti critici dinanzi ai dati immediati della 1 Jean Nabert, [1881-1960] Essai sur le mal. Éd. Aubier Montaigne, 1970, p.22 2 Gaston Bachelard LE NOUVEL ESPRIT SCIENTIFIQUE. coscienza hanno dei numerosi punti di risonanza con le modalità di applicazione pratica del nostro metodo. « Nel gradino più basso, la fenomenologia primaria3, di base, immediata4, la cattiva fenomenologia della percezione naturale, fenomenologia abbondante, sovraccarica5, che, credendo di accedere al fenomeno immediato6, alla fine non fa altro che consegnare un’immensa varietà e un disordine di immagini7. È una fenomenologia ipertrofica, senza regole, che genera una compensazione a sua volta squilibrata e malsana, lasciando ai concetti tutto il posto nella filosofia delle scienze, unilateralmente richiamandoli a dominare la fenomenologia8: in qualche modo “concept” contro “percept”. Solamente una fenomenologia forte, di seconda posizione, può imporre dei limiti al concettualismo… » Peraltro, è questa cattiva fenomenologia che spalanca la porta ad un'etica “molle”9, un’etica non impegnata e senza rischio. È per mezzo di questa fenomenologia di seconda posizione, vera coscienza rettificante10, che il Bachelard poeta abita il mondo ed aderisce attivamente al voler vivere che l'anima: niente di vago o scostante nel suo atteggiamento, ma un stato di essere vivo, sveglio e senza compiacenza di sé. Allo stesso modo, l'atteggiamento nella relazione di prossimità ubbidisce a delle regole precise e, così facendo, dà l’accesso ad una fenomenalità di secondo grado: silenziosa, semplice ed purificata. I rumori di superficie si fermano ed eccoci in presa diretta con l'altro. Dall’incontro svanisce l'ego e lascia posto alla curiosità: il voler vivere si rianima. La vita adesso si svolge “a partire da sé” ed in un 3 Gaston Bachelard (PN-62), cité par: Barsotti Bernard « Bachelard critique de Husserl - Aux racines de la fracture épistémologie / phénoménologie » - éd. L’Harmattan, 2002, 4 Ibid. (NES-94-158) 5 Ibid. (ARPC-31-101) 6 Ibid. (NES-19) 7 Ibid. (RA-38-204) 8 Ibid. (ARPC-188) 9 Lipovetsky, Gilles, 1992. Le crépuscule du devoir. Paris: Gallimard. P.90 10 Gaston Bachelard LE MATÉRIALISME RATIONNEL mondo accessibile. Il conforto di base si installa, comincia l'accompagnamento. “È solamente mediante una de-realizzazione dell'esperienza comune che si può raggiungere un realismo della tecnica scientifica “11. Tra fenomenologia ed atteggiamenti scientifici c'è come una tensione costitutiva: il rigore scientifico interrogherà senza tregua la fenomenologia, e senza tregua questa dovrà approfondirsi, non fermarsi ai dati primari ed adattare le sue pratiche secondo delle regole precise. È un atteggiamento esigente perché non è primaria; non si dona d’acchito, bisogna andare a cercarla, prenderla e mantenervisi. Il movimento di rottura con l'esperienza comune è umanizzante in se stesso: liquida il passato e fa emergere l'umano, ponendolo di fronte alla novità. Gesto radicale ed esigente, è la base di ciò che chiamiamo nel nostro gergo la “postura di accompagnamento”. Per parafrasare Michel Foucault, uno dei filosofi contemporanei della stirpe di Bachelard, si potrebbe dire che ci sono, in un gesto e due movimenti, un “dis-prendersi” ed un contro-potere nascenti, una rottura con l'esperienza comune e l'instaurazione di un stato di essere antidoto, tanto per l’accompagnante quanto per l'accompagnato. Tutti questi gesti sono orchestrati consapevolmente da parte dell’accompagnante. La sua capacità di generare il legame empatico in modo riproducibile non è nel senso di un “dono” che certi avrebbero ricevuto ed altri no: è il frutto di un lavoro rigoroso ed applicato. Da alcuni anni, nell’ambito della nostra pratica, le modalità della postura vengono poco a poco codificate e sono riportate in un linguaggio accessibile. Tutto ciò rende questa postura riproducibile ed insegnabile, condizione essenziale per la sua applicazione pratica. Questo insieme di “precauzioni” care a Bachelard e base della nostra pratica, ha permesso da alcuni anni di promuovere delle ricerche sull'applicazione del nostro metodo nei diversi campi della salute e dell'educazione. Alcune di esse verranno presentate durante questi tre giorni. La caratteristica comune a tutti questi studi sono i quesiti che nascono fin dal momento della scelta e dell'elaborazione del protocollo: quale metodologia per queste ricerche? Il professore Alain Froment, cardiologo, parla di incontro che cura. “…abituando i medici (ed in particolare i giovani medici in corso di formazione) allo spettacolo del paziente usato per scopi diversi dai suoi, la moltiplicazione degli studi nuoce in maniera generale all'immagine che si fanno di una medicina che cura degna di questo nome12”. questo incontro? L’assistito è sempre un fine di per sé, o è un mezzo per raggiungere altri scopi ? Il medico, ci dice, ha il dovere di privilegiare la finalità di cura di fronte al prestigio della conoscenza. Ci sono due posizionamenti differenti nella relazione. Posizionarsi come accompagnante, escludendo a priori e nettamente qualsiasi altra finalità: non rispettare questo distruggerebbe irrimediabilmente la fiducia che l’assistito poteva avere nel curante.13. Michel Foucault lo dichiara a gran voce e questo rappresenta uno dei suoi temi più importanti: “…ma osservare per sapere, mostrare per insegnare, tutto questo non è una muta violenza, tanto più abusiva in quanto si tace, davanti a un corpo sofferente che chiede ad essere alleviato, non manifestato?14" “… … un'autentica attività che cura […] è umile, discreta, anche pudica, e non saprebbe esporsi senza snaturarsi15”. Tutto nella cura si gioca a livello « micro » : la guarigione stessa è una somma di micro-vittorie. Il curante è innanzitutto un testimone; un testimone del micro dettaglio, un testimone del banale. È in questo modo che il testimone si trova « in situazione » : tutto viene vissuto e niente viene esposto o perfino commentato. Lo stesso si potrebbe affermare nell’attività educatrice. Questa ultima sembra più aperta a tutti gli sguardi e conviviale, ma non bisogna dimenticare anche l'apprendistato passa attraverso le vie del “ressenti” e del banale mediante l'instaurazione di una fiducia reciproca. È solamente in un incontro autentico che questa fiducia può nascere. Adesso, poniamo la domanda su ciò che sarà filo rosso delle nostre riflessioni durante questi giorni: in queste condizioni, come concepire una ricerca in una situazione di insegnamento o di cura? La domanda resta aperta. Come risposta, posso solamente ribadire l'incompatibilità del posizionamento del curante o dell'educatore durante l'incontro con il posizionamento del ricercatore. Certo, gli studi sono estremamente utili, ma bisogna muoversi verso delle modalità che privilegino innanzitutto l’attività curante o educativa, e, in ogni caso, forniscano delle garanzie per la persona accompagnata. L'incontro che cura o educa è fatto di un'attenzione acuta e senza difetto verso l'altro. Questo “altro” si trova in un'attesa essenziale, intensa e legittima : quella di un'assistenza orientata verso i propri scopi16. È la piena disponibilità dell'educatore o del curante nell'incontro che colma l’essenza di questa attesa. L'indisponibilità all'attenzione lo umilia profondamente, soprattutto se è già ferito. Distrugge anche la stima di sé17. 13 Il quesito che si genera mette in luce un'ambiguità fondamentale per l’accompagnante: quale fine perseguire in 11 Gaston Bachelard LE RATIONALISME APPLIQUÉ Alain Froment, Médecine scientifique, médecine Soignante, Paris, éd. des archives contemporaines, 2001, p.192 12 14 Ibid AF, p.189 Michel Foucault. (1963) Naissance de la clinique. éd. PUF Coll. Quadrige. 2003, p.84 15 Ibid AF, p.189 16 Ibid, P.185 17 Alexandre Lhôtelier, Accompagner et tenir conseil: démarche fondamentale ou anesthésie sociale. In: Penser l'accompagnement adulte, éd. PUF, 2007, p.114 Il legame che si stabilisce tra accompagnante e accompagnato nella relazione di prossimità non può essere approssimativo. Stabilito nettamente e senza alcuna ombra di dubbio per ciascuno dei protagonisti, questo legame empatico può essere mantenuto stabile. Allora, il silenzio si realizza, come una densità che si impone, la fiducia si instaura e gli atteggiamenti reattivi si attenuano. Si tratta di un vero ritorno a sé, e ciascuno si riprende dopo questo legame benefico. Il conforto di base si installa, ed eccoci nel cuore della relazione umanizzante, non quella che tende verso una misura ipotetica dell’Uomo, bensì quella che incarna la sua vera misura. E qui ci troviamo a citare Dante Alighieri, che nella “Divina Comedia” ci porta nell’intimo dell'animo umano. Dall'inizio fino al termine del viaggio, Dante viene accompagnato nel suo cammino. Anche Gaston Bachelard era costantemente alla ricerca del suo Virgilio, ed è questo uno degli aspetti profondamente toccanti della sua natura : « Nelle nostre caverne, chi ci aiuterà a discendere? Chi ci aiuterà a ritrovare, a riconoscere, a conoscere il nostro essere doppio che, da una notte all'altra, ci custodisce nell'esistenza. Questo sonnambulo che non cammina sulle strade della vita, ma che scende, scende sempre alla ricerca di ripari immemorabili18 » Copyright © IMR Europe: all rights reserved 18 G. Bachelard, La poétique de la rêverie. p. 128. EUD, 1987 Bibliografia : Foucault M. (1963) Naissance de la clinique. éd. PUF Coll. Quadrige. 2003 Lhôtelier A, Accompagner et tenir conseil: démarche fondamentale ou anesthésie sociale. In: Penser l'accompagnement adulte, éd. PUF, 2007 Barsotti B. « Bachelard critique de Husserl - Aux racines de la fracture épistémologie / phénoménologie » - éd. L’Harmattan, 2002 Bachelard G., (1960) La poétique de la rêverie, éd. PUF, Quadrige, Paris, 2005 Bachelard G., (1949) Le Rationalisme appliqué, éd. PUF, Quadrige Grands textes, Poche, 2004 Bachelard G., (1934) Le nouvel esprit scientifique, éd. PUF, Quadrige Grands textes, 2007 Bachelard G., (1953) Le matérialisme rationnel, éd PUF, Quadrige Grands textes, 2007 Alain Froment, Médecine scientifique, médecine Soignante, Paris, éd. des archives contemporaines, 2001 Lipovetsky G, 1992. Le crépuscule du devoir. Paris: Gallimard Nabert J. [1881-1960] Essai sur le mal. Éd. Aubier Montaigne, 1970