DCN n. 4 - 2007
2-10-2007
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UTILIZZO DELLA TERAPIA FOTODINAMICA NEL TRATTAMENTO DELL’ACNE INFIAMMATORIA MEDIO-SEVERA: UTILIZZO
DI IPL E LUCE BLU IN COMBINAZIONE
Matteo Tretti Clementoni
Istituto Dermatologico Europeo - Milano
ABSTRACT
La terapia fotodinamica per il trattamento dell’acne infiammatoria medio-severa deve essere
considerato il trattamento non convenzionale dell’acne più promettente. Dal febbario 2006 al
Marzo 2007 104 pazienti sono stati sottoposti a 3
sedute di trattamento ognuno. L’intervallo di
tempo tra una seduta e la successiva è stato di 3
settimane, il tempo di applicazione dell’ALA
variabile tra i 60’ e i 75’ e l’attivazione dello stesso è stata ottenuta mediante IPL e luce blu. Ad 1
mese dal termine del ciclo di trattamento il
55,76% dei pazienti presentava una riduzione
degli elementi acneici attivi compresa tra il 75%
e il 100%, A 3 mesi tale percentuale era salita al
72,12% ed è rimasta pressoché stabile dopo ulteriori 3 mesi. Non sono state osservate complicanze
a lungo termine mentre un eritema post-trattamento persistente oltre le 48 ore è stato osservato
nel 32,69% dei casi. Gli Autori concludono come
questo tipo di terapia possa essere considerata una
ulteriore efficace arma per il trattamento dell’acne renitente a tutte le altre terapie.
INTRODUZIONE
ste nella somministrazione topica o sistemica di un fotosensibilizzante che,
opportunamente attivato mediante lasers
o luci con specifiche lunghezze d’onda,
determina morte delle cellule per apoptosi (o “cell suicide” come viene defini-
L
a terapia fotodinamica è una metodica non invasiva che solo recentemente in Dermatologia ha cominciato ad
assumere un ruolo degno di nota. Consi-
Iscrizione al ROC
n° 9838
Iscrizione Tribunale
di Milano n° 87
del 15/02/2003
ABBONAMENTI
ANNUALI
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(Italia)
€ 150
(Estero)
SOMMARIO
Utilizzo della terapia fotodinamica
nel trattamento dell’acne infiammatoria
medio-severa: utilizzo di IPL e luce blu
in combinazione
Pag.
Razionale d’uso del nanosilicio
ultracolloidale in dermatologia
1
di Matteo Tretti Clementoni
Ancora il glicerolo?
di Valentina Trevisan e Stefano Veraldi
8
di Mauro Barbareschi
7
Ultrashape®
Ultrasuoni Focalizzati per la correzione
del tessuto adiposo localizzato
di Gabriele Muti
10
2
Volume 5 • Numero 4 • Settembre-Ottobre 2007
to questo processo nella letteratura
anglosassone).
È del 1400 BC la prima descrizione dell’uso di sostanze botaniche e
della seguente esposizione alla luce per il trattamento di alcune affezioni quali la vitiligine e la psoriasi ma è solo nel 1900 che
Raubb(1) dimostra come cellule di
Paramecium Caudatum muoiano
più velocemente se esposte alla luce in presenza di acridine orange.
Il nome “fotodinamica” si deve a
H. Von Tappeiner che nel 1904(2)
scoprì una reazione fotochimica
consumante ossigeno ed emittente
una caratteristica fluorescenza nei
protozoi esposti alla luce in presenza di coloranti all’anilina.
Durante l’anno successivo lo stesso Autore(3) dimostrò come l’irradiazione di luce artificiale dopo
applicazione di una soluzione al
5% di eosina potesse essere utile
nel trattamento dei NMSC (Non
Melanoma Skin Cancer) ma bisogna aspettare ancora più di 40
anni per avere i primi dati scientifici sulla famiglia di fotosensibilizzanti oggi più usata. È solo infatti
nel 1948 che Figge et al.(4) dimostrano come l’ematoporfirina possa
concentrarsi selettivamente in
alcuni tessuti tra i quali quelli
neoplastici, i traumatizzati e quelli embrionali. Bisogna aspettare
ulteriori 30 anni prima che Dougherty et al.(5) diano notizia dell’efficacia dell’irraggiamento con luce
artificiale in presenza di derivati
dell’ematoporfirina nel trattamento
delle lesioni maligne cutanee. Nel
1990 Kennedy(6) ed il suo gruppo
introducono un nuovo precursore
di fotosensibilizzante: l’acido 5웃aminolevulinico. A partire dai primi anni novanta si sono quindi
succeduti una lunga serie di lavori
scientifici atti a dimostrare l’efficacia di questo fotosensibilizzante
soprattutto nel trattamento delle
cheratosi attiniche e dei NMSC(7-10).
Gli studi di fase 2 e fase 3 nell’utilizzo di questo farmaco somministrato per via topica nel trattamento delle cheratosi attiniche non
ipercheratosiche sono infatti del
2001(11) e del 2003(12). I buoni risultati ottenuti nel trattamento delle
cheratosi attiniche e nei NMSC
hanno spinto i ricercatori a cercare differenti utilizzi. La letteratura
è infatti ricca di lavori nei quali la
PDT è utilizzata con successo
alterno anche nella psoriasi(13, 14),
nella sarcoidosi(15), nei condilomi
acuminati(16), nelle verruche volgari(17-19) e nel trattamento del photoaging(20). Uno dei campi nei quali la
PDT sembra aver fornito i risultati
più promettenti è la terapia dell’acne volgare. L’acido 5웃-aminolevulinico viene captato dalle cellule
(accumulandosi nei mitocondri) e a
tale livello è metabolizzato nella
via delle porfirine a protoporfirina
IX, precursore dell’eme(21, 22). Nei
tessuti bersaglio la protoporfirina
si accumula per difetto dell’enzima ferrochelatasi(23). Se illuminata
da appropriate lunghezze d’onda la
molecola, accettando un fotone,
passa prima allo stato singoletto
(con emivita di 10-6 - 10-9 secondi) e poi o torna allo stadio iniziale o passa allo stato tripletto (con
emivita più lunga e pari a 10-3
secondi) emettendo una caratteristica fluorescenza arancione. Lo
stato tripletto determina danno
alle cellule per mezzo di due reazioni fotoossidative. Nella prima il
trasferimento di elettroni o atomi
di idrogeno producono forme triplette sia del fotosensibilizzante
che di molecole circostanti. Queste immediatamente reagiscono
con l’ossigeno formando perossidi,
anioni superossido e radicali ossidrilici che sono all’inizio della
catena della formazione dei radicali liberi. La seconda reazione fotoossidativa è dovuta alla formazione di ossigeno singoletto quando il fotosensibilizzante torna allo
stadio basale. L’ossigeno singoletto
e i radicali liberi determinano
lesioni alle membrane di diversi
organelli (mitocondri, apparato del
Golgi, lisosomi, reticolo endoplasmatico, etc.) ed in definitiva il
“suicidio” cellulare (morte per
apopotosi)(23-25).
Nei pazienti affetti da acne volgare
resistente alle terapie convenzionali è proprio questo fotosensibilizzante (protoporfirina IX o PpIX)
che si accumula sia nelle cellule
epiteliali che nei sebociti. Benché
molte cellule umane possano trasformare l’ALA in porfirine, esistono significative differenze nell’accumulo di porfirina tra i vari
tessuti in quanto, in seguito all’ap-
3
Volume 5 • Numero 4 • Settembre-Ottobre 2007
plicazione di ALA sulla cute umana, le porfirine si accumulano prevalentemente nelle ghiandole sebacee e nell’epidermide garantendo così un’ottima selettività d’azione È stato ipotizzato che la selettività della PpIX per le ghiandole
sebacee(26, 27) sia da attribuirsi alla
elevata lipofilicità della Pp IX che
ne favorirebbe un accumulo nell’ambiente ricco di lipidi delle
strutture ghiandolari sebacee e
dati sperimentali sia su modelli
umani che murini confermano
questa ipotesi(26). Kosaka et al.(27)
hanno studiato i meccanismi di
accumulo della PpIX e la sua distribuzione intracellulare nei sebociti utilizzando la linea cellulare
immortalizzata SZ95. Questi Autori hanno dimostrato che i sebociti
SZ95 vanno incontro ad un accumulo ALA-indotto di PpIX e ad
una conseguente fototossicità dose- dipendente. Indagini istologiche hanno poi dimostrato come
l’effetto fotodinamico si manifesti
con una marcata atrofia e parziale
distruzione dei lobuli ghiandolari
suggerendo come questa terapia
possa potenzialmente indurre un
miglioramento a lungo termine
della patologia acneica(28-29). A conferma di ciò uno studio anche istologico condotto da Hongcharu e
coll.(30) ha evidenziato come il trattamento con ALA associato a irradiazione con luce rossa (550-700
nm) determini imponenti alterazioni dell’unità pilosebacea: trattamenti ripetuti hanno determinato
soppressione della secrezione sebacea e le ghiandole si presentavano estremamente piccole ed ipoattive 20 settimane dopo ilo termine del trattamento.
Lo stesso lavoro evidenzia poi
come l’ALA-PDT determini una
netta riduzione delle lesioni anche
infiammatorie e, istologicamente,
una netta riduzione dell’ostruzione
cornea dell’unità pilo-sebacea(30).
Riguardo agli effetti della terapia
fotodinamica sul P.acnes il caposaldo è certamente il lavoro di
Ashkenazi et al.(31) nel quale si dimostra come una singola esposizione a luce blu di una coltura di
P.Acnes possa determinarne una
riduzione di due ordini di grandezza mentre una triplice esposizione
alla luce possa, addirittura, deter-
minarne una riduzione di 5 ordini
di grandezza. Il P.acnes, infatti, sintetizza ed accumula soprattutto
coproporfirina e protoporfirina IX,
(minore è la quantità di uroporfirina)(32). Benché questi studi confermino che la lisi del P.Acnes indotta
dalla terapia fotodinamica possa in
parte spiegare l’utilità di tale
approccio terapeutico nel trattamento dell’acne volgare, in uno studio condotto da Pollock et al.(33) su
10 pazienti con acne lieve-moderata del dorso trattati con terapia fotodinamica-ALA utilizzando luce
rossa (635 nm) si è visto come ci sia
stata una riduzione statisticamente
significativa del numero delle lesioni acneiche infiammatorie, senza
che questa sia stata associata ad
alcuna riduzione significativa del
numero di P.Acnes o a variazioni
nella secrezione sebacea a dimostrazione del fatto che la 5-ALAPDT è capace di generare un miglioramento clinico anche con un
meccanismo diverso dal danno
diretto alle ghiandole sebacee e
dall’uccisione fotodinamica del
P.Acnes. L’effetto antiinfiammatorio della luce blu per mezzo della
riduzione della sintesi di IL-1 e
ICAM-1 dimostrato nel 2006 potrebbe forse essere il primo passo
per spiegare quest’effetto non correlato con la distruzione di P.acnes
e/o delle ghiandole sebacee(34).
Anche la combinazione di luci rosse e blu o l’impiego di sorgenti laser sono state recentemente dimostrate come efficaci nel trattamento dell’acne infiammatoria mediosevera(35-37).
La bassa incidenza di effetti collaterali riportati. i buoni risultati clinici ottenuti, il buon effetto cosmetico spesso descritto, la volontà di
superare la scarsa compliance dei
pazienti verso le terapie convenzionali e la convinzione di poter
agire in modo selettivo sia sulle
strutture interessate (cellule epiteliali e sebociti) sia sul batterio responsabile, almeno in parte, della
malattia acneica oltre che l’evidenza clinica di un effetto diverso
da quelli appena descritti ci hanno
indotto a utilizzare la ALA-PDT su
pazienti renitenti alle altre terapie
note. Scopo di questo lavoro è
valutare efficacia e possibili effetti
collaterali di questa terapia.
MATERIALI E METODI
Dal Febbraio 2006 al Marzo 2007
104 pazienti con acne medio-severa del volto sono stati sottoposti a
Terapia Fotodinamica. L’età media
dei pazienti era di 19,7 anni (range
13 - 32 aa) mentre la distribuzione
di genere vedeva una netta prevalenza del sesso femminile (79
donne - 75,96% – e 25 uomini 24,04%). Tutti i pazienti erano di
fototipo II o III. I criteri di esclusione dallo studio erano: 1) assunzione orale di farmaci per il trattamento dell’acne da meno di 3
mesi, 2) applicazione topica di farmaci con lo stesso scopo da meno
di 2 mesi. Anche l’assunzione di
contraccettivi orali è stato considerato elemento di esclusione
dallo studio. Tutti i pazienti inclusi nello studio presentavano una
anamnesi positiva per trattamenti
topici e/o sistemici con antibiotici
e 26 di loro (25,00%) si erano già
sottoposti ad almeno un ciclo di
trattamento con isotretinoina orale
(in questi casi il paziente era
incluso nello studio solo se l’assunzione del farmaco era stata
sospesa da almeno 6 mesi).
Durante la prima visita il paziente
viene istruito affinché applichi
sulla cute, per almeno 10 giorni,
nelle ore diurne un fotoprotettore e
applichi alla sera una lozione contenente bassi dosaggi di Ac. gli
colico e Ac. salicilico (Glicosal
lozione® - MOST). Scopo di questa
applicazione è preparare la cute al
trattamento successivo rimuovendo lo strato cheratinocitico più superficiale per permettere una maggiore e più rapida penetrazione del
fotosensibilizzante. Il giorno del
trattamento dopo una accurata detersione del volto eseguita con etanolo viene applicato l’acido 5웃 amino-levulinico (Levulan Kerastick® Dusa Pharmaceuticals). L’applicazione è sempre eseguita a paziente
supino onde evitare che il farmaco
possa colare e concentrarsi in
regioni indesiderate. Il farmaco
utilizzato è costituito da una sale
di acido cloridrico al 20% di ALA
che viene diluito immediatamente
prima dell’applicazione con una
soluzione alcolica di etanolo. Il
farmaco è quindi lasciato in sede
per un tempo variabile dai 60’ ai
75’ ed il paziente fatto attendere in
una stanza con sola illuminazione
artificiale o comunque lontano
dall’irraggiamento solare.
Dopo essersi sciacquato il volto il
paziente è quindi sottoposto all’irraggiamento luminoso che avviene
con 2 fonti energetiche differenti.
La prima è una Luce Pulsata
(Quantum SR® - Lumenis Ltd Cut-off: 560 nm, impulso doppio
della durata rispettivamente di 2,4
e 5,0 msec, delay di 20 msec ed
una fluence di 26 J/cm2) mentre la
seconda è una luce blu a 405 nm
di lunghezza d’onda (S 630 - Alpha Strumenti) che posizionata a 5
cm dal volto del paziente viene
lasciata accesa per 10 minuti in
modo da ottenere un irraggiamento
superiore ai 75 J/cm2.
A tutti i pazienti è stato chiesto,
durante il trattamento, di esprimere una valutazione quantitativa del
dolore in una scala da 0 (assenza di
dolore) a 10 (dolore insostenibile).
A termine del trattamento sulla
cute del paziente è prima applicato un lenitivo e quindi una fotoprotezione con SPF 50+. Al paziente
viene vietata l’esposizione alla luce diurna per 48 ore dopo il trattamento e allo stesso viene prescritta una applicazione giornaliera
ripetuta della fotoprotezione con
SPF 50+ per almeno 10 giorni dopo il trattamento.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti
a 3 sedute di trattamento separate
da un intervallo di 3 settimane. Gli
stessi sono quindi stati valutati a
1, 3 e 6 mesi e l’efficacia è stata
valutata da 2 medici ed una infermiera separatamente mediante il
conteggio delle lesioni acneiche
presenti prima e dopo il trattamento. Tutti i pazienti sono stati fotografati prima e 6 mesi dopo il termine del trattamento.
RISULTATI
3 (2,88%) pazienti non hanno concluso lo studio (si sono sottoposti
all’intero ciclo di trattamento ma
non si sono sottoposti a tutti i follow-up previsti). Ad 1 mese dal
termine del ciclo di trattamento 58
pazienti (55,76%) presentavano
una riduzione degli elementi
acneici attivi compresa tra il 75%
e il 100%, 41 (39,43%) una ridu-
4
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PRE E POST 3 SEDUTE DI ALA-PDT 14 MESI DOPO L’ULTIMA SEDUTA
Fig. 1 - Al centro la fluorescenza evidenziabile con luce di Wood dopo 1 ora dall’applicazione
di ALA.
PRE E POST 3 SEDUTE DI ALA-PDT 6 MESI DOPO IL TERMINE DEL TRATTAMENTO
Fig. 2
5
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zione compresa tra il 50% ed il
75% e 2 (1,92%) una riduzione
compresa tra il 25% ed il 50%. A
3 mesi dal termine del ciclo di
trattamenti 75 (72,12%) pazienti
presentavano una riduzione del
numero delle lesioni attive compreso tra il 75% e il 100%, 25
(24,04%) una riduzione variabile
dal 50% al 75% ed 1 (0,96%) una
riduzione compresa tra il 25% ed
il 50%. A 6 mesi dal termine del
ciclo di trattamenti 76 (73,08%)
pazienti presentavano una riduzione del numero delle lesioni attive
compreso tra il 75% e il 100%
(Fig. 1 e Fig. 2), 24 (23,08%) pazienti hanno presentato una riduzione compresa tra il 50% e il 75%
mentre 1 solo paziente (0,96%) ha
presentato una riduzione compresa
tra il 25% e il 50%. La media dell’intensità del dolore durante il
trattamento è stata 3,07 e nessun
paziente ha riferito un dolore maggiore di 4. Tutti hanno inoltre riferito come la sensazione dolorosa
aumentasse rapidamente nei primi
2 minuti di trattamento per poi scemare lentamente fino a raggiungere
lo 0 dopo 6-7 minuti. Tutti i
pazienti presentavano eritema del
volto a termine dei trattamenti e
riferivano come l’edema fosse
massimo 36 ore dopo il termine
dello stesso. 42 pazienti (40,38%)
hanno presentato una importante
desquamazione a larghe falde
della cute tra le 72 e le 96 ore
dopo il termine di ogni trattamento
mentre 34 (32,69%) hanno riferito
un eritema persistente oltre le 48
ore (risoltosi al massimo in 6 giorni). Non sono state osservate complicanze a lungo termine (es. cica-
trici) ne pigmentazioni post-infiammatorie. Nessun paziente ha
fatto ricorso ad antidolorifici sistemici nel post-trattamento mentre la
quasi totalità (92,16% - 47 pazienti) ha riferito una sensazione di
estrema secchezza della cute della
durata variabile da 3 a 6 giorni.
DISCUSSIONE
E CONCLUSIONI
Lo studio evidenzia come la terapia fotodinamica eseguita con
ALA al 20% applicato per via
topica e con tempi di applicazione
non inferiori ai 60 minuti possa
essere una ulteriore arma a disposizione del dermatologo per trattare tutti quei casi di acne renitenti
alle usuali terapie topiche o sistemiche. È da quando Hongcharu et
al.(30) nel 2000 pubblicarono la loro
esperienza su 22 soggetti dimostrando come l’ALA-PDT potesse
determinare una riduzione del
SER (sebum excretion rate), una
riduzione della fluorescenza del
P.Acnes, un danno alle ghiandole
sebacee ed infine un netto miglio-
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ramento dell’acne infiammatoria
che numerosi lavori(33, 38, 40-44) sono
apparsi in letteratura allo scopo di
evidenziare efficacia ed effetti collaterali di questo tipo di trattamento. Se l’ALA-PDT è ormai da considerarsi un trattamento consolidato per cheratosi attiniche non ipercheratosiche e NMSC (non-melanoma skin cancer) il suo utilizzo
nel trattamento dell’acne è ancora
molto dibattuto. È soprattutto la
Scuola Americana che considera
ormai l’ALA-PDT come una delle
armi a disposizione del dermatologo nel trattamento dell’acne mentre la Scuola Europea permane su
valutazioni più tiepide.
Il trattamento proposto nello studio segue alcune indicazioni apparse nella letteratura mondiale(39)
ma soprattutto il razionale scientifico secondo il quale P.Acnes(31) e
ghiandola sebacea(27) costituiscono
il target ottimale (oltre a quelli
neoplastici) per l’acido 5웃 aminolevulinico. L’utilizzo della doppia
sorgente di illuminazione non è
poi dovuto a mero esercizio accademico ma si basa sulla riflessione
che la singola luce blu pur determinando una rapidissima attivazione del fotosensibilizzante non
possegga (per sua natura) una
importante penetrazione nei tessuti. L’aggiunta quindi della luce
pulsata eseguita sulle singole
lesioni ha quindi lo scopo di attivare il fotosensibilizzante anche
dove questi si sia localizzato ad
una profondità non raggiungibile
dalla luce blu. La variabilità dei
tempi di esposizione (da 15’ a 3
ore), del tipo e della concentrazione del farmaco (MAL o ALA, al
2,5%, 5%, 10%, 20%) delle sorgenti luminose attivanti (luce rossa, luce blu, IPL, PDL) e soprattutto la diversità nei campioni di
pazienti analizzati non permette di
considerare l’ALA-PDT come uno
strumento validabile nel trattamento dell’acne medio-severa ma
consente di ritenerla come il trattamento non tradizionale più promettente oggi presente nel vasto
panorama della malattia acneica.
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ANCORA IL GLICEROLO?
Valentina Trevisan e Stefano Veraldi
Istituto di Scienze Dermatologiche, Università di Milano, Fondazione I.R.C.C.S.,
Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano
I
l recente lancio sul mercato italiano di tre prodotti a base di
triesteri ozonizzati di glicerolo, a
percentuali variabili tra il 3 e il
15%, ci ha spinti a ristudiare
“come si deve” questa molecola.
Il glicerolo, popolarmente noto con
il nome di glicerina, ma anche di
triidrossipropano, è un alcol trivalente (o triolico), ossia un composto nella cui struttura sono presenti tre gruppi ossidrilici (Fig. 1),
che lo rendono miscibile con l’acqua, l’alcol e il metanolo. È invece
meno solubile in etere e insolubile
in benzene, cloroformio, idrocarburi alogenati e aromatici e olii
minerali.
La formula bruta è C3H8O3; il peso
molecolare è di 92.
A temperatura ambiente il glicerolo si presenta come un liquido
incolore, piuttosto denso e viscoso,
inodore, ma dal sapore dolciastro.
Caratteristica peculiare è quella di
essere una sostanza fortemente
igroscopica, cioè capace di attrarre molecole d’acqua dall’ambiente
circostante.
Il glicerolo è un precursore della
sintesi dei trigliceridi e dei fosfolipidi, processo che avviene a livello
epatico e del tessuto adiposo.
Quando l’organismo utilizza le riserve di grasso per soddisfare il
fabbisogno energetico, i trigliceridi sono scissi in acidi grassi e glicerolo: quest’ultimo è trasformato
nel fegato in glucosio, attraverso
processi di glicolisi o di neoglucogenesi. Inoltre, il glicerolo può
essere ottenuto dai trigliceridi, di
cui compone lo “scheletro”, mediante processi di idrolisi o di
esterificazione.
GLI IMPIEGHI DEL GLICEROLO SONO MOLTEPLICI
È utilizzato nella fabbricazione di
esplosivi, plastica, cellophane, lu-
brificanti, sostanze antigelo e inchiostri.
È un abituale componente di prodotti per l’igiene personale, come
saponi, detergenti, dentifrici, schiume da barba, nonché di cosmetici,
detersivi e ammorbidenti.
Nell’industria alimentare è usato
come additivo (E422) e dolcificante.
In ambito sportivo il glicerolo è
assunto da atleti che praticano
sport di resistenza per prevenire o
attenuare la disidratazione, o da
chi pratica body-building per au-
H
H
C OH
H
C OH
H
C OH
H
Fig. 1
mentare la massa muscolare.
Il glicerolo è anche un sottoprodotto della produzione del biodiesel.
Tuttavia, il più noto effetto del glicerolo in ambito medico è quello
lassativo.
Il glicerolo riveste un ruolo molto
importante anche in campo dermatologico, in quanto componente
di topici idratanti volti a ridurre la
xerosi cutanea e, indirettamente,
anche il prurito. In questo caso, si
utilizza a concentrazioni variabili
dal 3 al 30%.
L’azione idratante del glicerolo è
stata inizialmente ricondotta alle
sue proprietà igroscopiche: da un
modello animale successivamente
applicato all’uomo, è stato dedotto
che ritenendo acqua a livello
dello strato corneo, il glicerolo sia
in grado di indurre una migliore
idratazione e una maggior resistenza ai danni fisici indotti dall’ambiente esterno(1). Più recentemente è stato dimostrato che in
ambiente secco il glicerolo è in
grado di inibire il passaggio dalla
forma liquida cristallina a quella
solida cristallina dei lipidi dello
strato corneo. In questo caso il glicerolo agirebbe con meccanismo
diverso rispetto all’azione umettante sopra descritta: anziché
sfruttare le proprietà igroscopiche, il glicerolo modulerebbe i
lipidi dello strato corneo prevenendo la perdita di acqua(2). Il glicerolo sarebbe inoltre in grado di
modulare l’attività degli enzimi
idrolitici che degradano i desmosomi, promuovendo la desquamazione e determinando una riduzione clinica della xerosi(3). Utilizzato
come emulsione olio in acqua, il
glicerolo ha un effetto protettivo
nei confronti di tensioattivi e
sostanze irritanti(4); applicato in
aree in cui lo strato corneo è danneggiato, induce un flusso d’acqua dalla base dell’epidermide
verso la superficie, accelerando il
ripristino della barriera cutanea(5).
Analogamente all’urea, il glicerolo aumenta la penetrazione cutanea di numerose sostanze(4).
L’applicazione a lungo termine di
glicerolo può inoltre indurre una
modificazione delle proprietà
meccaniche della cute, rendendola più “elastica”(6).
Che il glicerolo sia una sostanza
“interessante” è dimostrato dalla
ricchissima letteratura che lo supporta: nel giugno 2007, su
www.pubmed.gov, alla voce “glycerol”, risultavano indexati 47.421
8
Volume 5 • Numero 4 • Settembre-Ottobre 2007
studi sperimentali e clinici, di cui
19 solo nel 2007; alla voce “glycerin”, gli studi pubblicati erano
30.656, di cui 21 nel 2007. Viene
spontaneo chiedersi quante moleco-
Bibliografia
1. Bissett DL, McBride JF: Skin conditioning
with glycerol. J Soc Cosmet Chem 1984;
35: 345-350.
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LD, Mattai J, Cagan RH, Friberg SE: Prevention of stratum corneum lipid phase
transition in vitro by glycerol- an alternative mechanism for skin moisturization. J
le possono vantare questo pedigree.
Le proprietà sopra descritte rendono quindi ragione del largo impiego del glicerolo nella composizione degli idratanti che tanta impor-
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of glycerol and humidity on desmosome
degradation in stratum corneum. Arch
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Fluhr J, Gehring W: Opposing effects of
glycerol on the protective function of the
horny layer against irritants and on the
tanza rivestono in dermatologia
per il trattamento della xerosi.
penetration of hexyl nicotinate. Dermatology 1998; 197: 18-24.
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Acta Derm Venereol 1999; 79: 418-421.
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RAZIONALE D’USO DEL NANOSILICIO
ULTRACOLLOIDALE IN DERMATOLOGIA
Mauro Barbareschi
Istituto Scienze Dermatologiche - Università di Milano
Fondazione Policlinico - Mangiagalli - Regina Elena
I
l silicio è dopo l’ossigeno l’elemento più diffuso in natura.
Nella cute è presente sia a livello
dell’epidermide sia a livello del
derma.
Il silicio è in grado di legarsi
all’ossigeno con cui forma legami
atti a stabilizzare la struttura tridimensionale delle molecole proteiche. A livello epidermico questo
ruolo strutturale contribuisce alla
stabilizzazione della cheratina. In
senso più generale il silicio partecipa alla costituzione della cosiddetta “ funzione barriera cutanea”
a livello dello strato corneo.
A livello dermico il silicio stabilizza proteoglicani e collagene favorendo altresì la sintesi di prolina e
idrossiprolina. La conseguenza di
9
Volume 5 • Numero 4 • Settembre-Ottobre 2007
ciò è il mantenimento dell’integrità del tessuto connettivo di sostegno e l’attivazione dei processi
biologici legati alla rigenerazione
tissutale. La carenza di silicio influisce negativamente sulla formazione e sulla deposizione del collagene nella maggior parte dei tessuti.
Essendo inoltre in grado di legare
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acqua il silicio è “funzionale” per
l’idratazione cutanea ripristinando
i valori di Trans Epidermal Water
Loss (TEWL).
Il silicio possiede attività anti radicalica tale da renderlo utile come scavenger sia nello stress ossidativo fisiologico sia in quello legato a processi infiammatori.
I livelli di silicio a livello cutaneo
diminuiscono con l’età.
Sebbene molti alimenti contengano silicio, il suo assorbimento
dalle principali fonti dietetiche è
scarso rendendo così utile l’integrazione per via topica e sistemica. La trasformazione del silicio
mediante nanotecnologie in silicio
ultracolloidale (delle dimensioni
di milionesimi di millimetro) ne
aumenta la superficie attiva e unitamente, bio-disponibilità e assorbimento.
Dai dati della letteratura emerge
l’utilità del silicio in clinica dermatologica.
In un lavoro di Lassus (Finlandia
1993) la somministrazione di 10
ml di silicio per via sistemica 2
volte /die a 50 donne affette da fragilità del fusto del pelo e delle
lamine ungueali per un periodo di
90 giorni ha prodotto un miglioramento dei sintomi clinici in modo
statisticamente significativo. Nelle
47 pazienti valutabili alla fine del
trattamento i benefici si sono estesi a tutto il derma con aumento del
suo spessore (ecografia cutanea) e
miglioramento clinico del turgore
e della rugosità cutanea.
In uno studio di gruppo (Acne
Support Group - UK) la sommini-
strazione di silicio per via topica
per 6 settimane in 51 pazienti affetti da acne moderata e severa ha
prodotto miglioramenti clinici statisticamente significativi nell’86%
dei casi trattati.
In un lavoro di Lassus (Finlandia
1996) il silicio è stato utilizzato
per pazienti affetti da acne papulo-pustolosa. Un gruppo di 30
pazienti affetti è stato suddiviso in
due sottogruppi uno dei quali trattato con silicio per via topica per 6
settimane e l’altro con placebo.
Nel gruppo dei pazienti trattati
con silicio si è ottenuto un miglioramento clinico statisticamente
significativo delle manifestazioni
acneiche. Nel gruppo trattato con
placebo non si sono osservati
effetti terapeutici. Dopo la cura
nei pazienti trattati è stata documentata una riduzione della secrezione sebacea misurata mediante
sebometria.
In un lavoro di Lassus (Finlandia
1997) randomizzato, in doppio
cieco versus placebo sono stati
sottoposti a trattamento con silicio
per via topica e sistemica pazienti
affetti da psoriasi in placche. Nei
pazienti trattati vi è stato miglioramento della desquamazione, dell’infiltrazione e dell’eritema. Sono
stati altresì riconosciuti benefici
sia a livello della eventuale componente artropatica sia a livello
della onicopatia psoriasica.
In uno studio condotto da De
Felice e Chimenti (Italia) il silicio
ultracolloidale è stato utilizzato
per via topica e sistemica per 6
settimane in 30 pazienti affetti da
psoriasi volgare da lieve a moderata. Alla fine dello studio nei 28
pazienti valutabili l’indice PASI si
è ridotto in 23.
In uno studio di Rigoni, Cantù e
Gelmetti (Italia) il silicio ultracolloidale è stato utilizzato per via topica in pazienti affetti da dermatite atopica. Dopo 12 settimane di
trattamento l’indice SCORAD si è
ridotto nell’85% dei pazienti trattati.
In uno studio di Carrera e Berardesca (Italia) gli effetti della somministrazione topica e sistemica di
silicio ultracolloidale è stata valutata mediante osservazione clinica
e indagini strumentali (idratazione, evaporimetria, elastometria,
rugosità). Sono state trattate 30
pazienti per 40 giorni suddivise in
due gruppi: attivo contro placebo.
Alla fine della sperimentazione
nelle pazienti trattate con nanosilicio è stata registrato un miglioramento dell’idratazione, della funzione barriera (diminuzione della
TEWL) della elasticità cutanea e
della rugosità cutanea.
Per le sue caratteristiche chimiche
il silicio trova indicazione:
a) nel ripristino della funzione
barriera;
b) nel consolidamento strutturale
della cute (epidermide, derma,
annessi);
c) come anti-infiammatorio naturale nelle dermatiti.
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10
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della Società italiana di Dermatologia,
Castellaneto (TA) Maggio 2004.
ULTRASHAPE: IL TRATTAMENTO VIENE ESEGUITO SOTTO IL CONTROLLO
DI UNA TELECAMERA CHE COLLEGATA AD UN COMPUTER ED UN MONITOR
GUIDA L’OPERATORE NELLA CONDUZIONE DEL MANIPOLO
Fig. 1
®
ULTRASHAPE
ULTRASUONI FOCALIZZATI PER LA CORREZIONE
DEL TESSUTO ADIPOSO LOCALIZZATO
L’ULTRASHAPE AGISCE MEDIANTE L’EMISSIONE DI ULTRASUONI CHE SONO
FOCALIZZATI NEL TESSUTO ADIPOSO SOTTOCUTANEO
Gabriele Muti
Specialista in Chirurgia Plastica - Milano
L’
evoluzione della chirurgia
estetica segue le necessità ed
i desideri dei pazienti, ovvero migliorare la propria figura con tecniche non invasive. Fino ad ora
l’unico modo per modificare la
propria silhuette è stato quello di
sottoporsi ad interventi chirurgici
quali la liposuzione-liposcultura o
alle dermolipectomie, ovvero trattamenti chirurgici che prevedono
una ospedalizzazione, poichè sono
eseguiti in anestesia, delle medicazioni, l’applicazione di guaine
ed un tempo di recupero tra i 5 ed
i 20 giorni a secondo della procedura eseguita e della grandezza
della lipodistrofia.
Nell’ottica di essere sempre meno
invasivi ed ottenere buoni risultati
la ricerca ha puntato sugli ultrasuoni, già utilizzati in medicina
diagnostica ed in medicina estetica per ridurre le ritenzioni idriche
della cellulite ed in chirurgia estetica con la liposuzione ultrasonica.
La novità consiste nella emissione
LINEA DERMOCOSMETICA PER PELLE A TENDENZA ACNEICA
ACNE
FACTOR 4
Fig. 2
SPRAY
nanosan
Azione
Azione
Azione
Azione
CREMA
seboregolatrice undecilenoil glicina
antibatterica undecilenoil glicina
lenitiva acido glicirretinico
esfoliante e cheratolitica salicilato d’isodecile e vitamina A palmitato
4 azioni complementari per una forza delicata ed efficace
Una formula multiattiva per contrastare i 4 fattori che favoriscono lo sviluppo dell’acne, appositamente studiata
per i ragazzi in età prepuberale, gli adolescenti con acne lieve/moderata e le donne con acne tardiva.
LUTSINE: formulato dalla scienza, apprezzato dalla pelle.
Nanosan spray
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® con nanosilisomi® e CM Glucano:
Idratante ed emolliente con azione lenitiva-ristrutturante
Il trattamento dermocosmetico multiattivo
per pelle grassa e a tendenza acneica
1
2
3
4
di ultrasuoni focalizzati in grado di
distruggere le cellule adipose attraverso l’energia meccanica delle
onde senza danneggiare le strutture circostanti come la cute, gli epiteli vascolari e linfatici ed il loro
contenuto, i muscoli ed i nervi,
tutte strutture cha hanno una
diversa suscettibilità agli ultrasuoni. La distruzione degli adipociti libera trigliceridi che vengono
riassorbiti nei 4-5 giorni successivi al trattamento ed eliminati dal
fegato, senza che vi sia alcun picco ematico proprio per il lento riassorbimento degli stessi.
La tecnica ad ultrasuoni focalizzati
era già stata usata in medicina per
il litotritore per i calcoli della colecisti e renali ed in ortopedia per le
calcificazioni tendinee ed ossee,
determinando un effetto duraturo
nel tempo. Diversamente da ciò gli
ultrasuoni non focalizzati, usati da
tempo in medicina estetica, hanno
un effetto termico che induce una
vasodilatazione periferica temporanea per cui sono utilizzati per
ridurre la ritenzione idrica periferica. In chirurgia estetica in associazione alla liposuzione in tumescenza gli ultrasuoni non focalizzati sono stati applicati per facilitare
la diffusione della anestesia locale.
L’Ultrashape® utilizza la tecnologia
ad ultrasuoni focalizzati in grado di
distruggere le cellule adipose
dando effetti duraturi nel tempo,
emettendo onde alla frequenza di
circa 200 kHz con una intensità di
17,5 W/cm2; la seduta viene eseguita in ambulatorio, non prevede
una ospedalizzazione ed alcun tipo
di anestesia, ma soprattutto appena
terminato il trattamento il paziente
Nanosan crema
Flacone 75 ml
Impiego:
In tutti i casi di cute secca e/o atopica
Riparazione danni da raggi ultravioletti
Riparazione del danno di barriera cutanea
Lenitivo nelle situazioni di alterata reattività cutanea
Come coadiuvante nel trattamento con cortisonici
Nanosilisomi®:
Liposomi di dimensioni nanometriche (50 nm), all’interno dei quali viene “caricato” il
nanosilicio. Il loro involucro è costituito da Lecitina pura (FosfatidilColina), componente essenziale della membrana cellulare. La loro funzione è quella di favorire la penetrazione del nanosilicio nell’epidermide e fornire i lipidi cutanei utili a mantenere
integra la barriera cutanea.
Nanosilicio®:
Silicio ultracolloidale, le cui particelle sono talmente piccole da essere facilmente
assorbite a livello cutaneo.
Le sue azioni sono:
favorire il ripristino della barriera cutanea, incrementare e/o ripristinare l’idratazione
cutanea, ridurre prurito ed arrossamento.
CM Glucano:
Polisaccaride reso solubile mediante un processo di carbossimetilazione per essere
utilizzato topicamente. Svolge un’importante attività anti-radicali liberi, prodotti da
radiazioni UV o da uno stato di infiammazione cutaneo.
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2-10-2007
10:49
Pagina 12
Volume 5 • Numero 4 • Settembre-Ottobre 2007
IL TRATTAMENTO
Fig. 3
può riprendere tutte le sue attività
senza alcuna limitazione.
Presso l’IDE (Istituto Dermatologico Europeo di Milano) si selezionano una serie i pazienti. Con una
visita preliminare si ricercano accumuli di tessuto adiposo con almeno 2 cm di spessore, si informano circa il trattamento e si esegue
uno screening medico con il quale
si escludono i pazienti con problemi dislipidemici, con malattie epatiche, con malattie autoimmuni e
tumorali, e patologie cutanee nelle
aree da trattare. Tutti i pazienti
vengono fotografati in piedi, misurati con il plicometro e le loro circonferenze con un metro autotensore nella sede di massima proiezione indicando l’altezza da terra a
cui la misura è stata presa.
Il giorno della seduta il paziente
viene posizionato comodamente su
di un lettino, previo disegno della
regione con accumulo di tessuto
adiposo, evitando di ridurre lo
spessore del tessuto adiposo a
seguito di eccessive tensioni cutanee per eventuali eminenze ossee
sottostanti; si isola con dei telini la
zona da trattare e si cosparge con
dell’olio che facilita la diffusione
delle onde dell’ultrasuono.
Il trattamento viene eseguito sotto
la guida di una telecamera che,
collegata ad un computer, monitora la zona demarcata ed assicura
che il trattamento avvenga uniformemente una sola volta su tutta
l’area guidando il manipolo azionato dall’operatore.
Le zone interessate dall’accumulo
adiposo vengono sottoposte a 2-3
trattamenti eseguiti a distanza di
un mese l’uno dall’altro per l’ottenimento del risultato desiderato
con una riduzione di 4-5 cm per
paziente.
I pazienti vengono valutati ogni volta che viene eseguito il trattamento in piedi, e sempre nella stessa
posizione, demarcando la regione
da trattare in modo che corrisponda alla dimensione ed alla forma
della lipodistrofia.
Il trattamento, che non è doloroso,
può lasciare solo un lieve eritema
che si risolve entro l’ora dal termine della sessione, ed essendo un
trattamento non cruento non ci sono sieromi o ematomi conseguenti
alla distruzione degli adipociti, e
soprattutto i valori di colesterolo e
trigliceridi permangono nei limiti
di norma.
I migliori risultati si ottengono in
pazienti che necessitano un rimodellamento di modeste lipodistrofia
dei fianchi, dei trocanteri e dell’addome e che abbiano una cute tonica ed elastica e con tessuto adiposo
consistente e compatto anche se
ulteriori zone come l’interno cosce,
e la regione pettorale per l’uomo
affetto da pseudo-ginecomastia.
L’Ultrashape®, che utilizza gli ultrasuoni focalizzati, ha dimostrato di
essere una buon trattamento non invasivo in grado di essere una valida
alternativa alla liposuzione o liposcultura per tutti quei soggetti affetti da accumuli localizzati di tessuto adiposo che non vogliono o non
possono sottoporsi alla chirurgia.
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N.4 - Settembre/Ottobre 2007