Gli Angeli, la Pittura
e il Novecento Italiano
2
Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia
06.04.2013 – 20.07.2013
Gli Angeli, la Pittura
e il Novecento Italiano
Mostra e catalogo a cura di
Exhibition and catalog curated by
Dominique Stella
Roberto Agnellini
Ringraziamenti / Thanks to
Direzione / Director
Roberto Agnellini
Avv. Andrea Arcai
Assessore alla Cultura e al Turismo
della Città di Brescia
Direzione artistica / Art direction
Dominique Stella
Ettore Marchina
Organizzazione e coordinamento
Organisation and coordination
Giancarlo Patuzzi
Angelo Medici
Direzione commerciale / Commercial direction
Ugo Ruggeri
Segreteria / Secretary
Maura Armani
On. Avv. Adriano Paroli
Sindaco della Città di Brescia
Alessandro Medici
Cesare Medici
Assessorato alla Cultura
e al turismo
Roberto Morigi
Roberto Pellizzari
Nicola Sebastiani
Marco Setti
Progetto grafico / Graphic layout
Laura De Biasio
Redazione / Editing
Domenico Pertocoli
Traduzioni / Translations
Dal francese all’italiano
From French to English
Silvia Denicolai
Dal francese e dall’italiano all’inglese
From French and Italian to English
Timothy Stroud
Fotografie delle opere / Artworks photos
© Fabio Cattabiani
Crediti / Copyright
© Testo Dominique Stella,
Galleria Agnellini Arte Moderna
© Testo Giovanni Lista
Copertina / Cover
Osvaldo Licini, Angelo con la coda (part.), 1946
Si ringraziano particolarmente la famiglia
Donati, la signora Marinella Spagnoli ed il signor
Lanfranco Cirillo. Senza il loro fondamentale
contributo questa mostra non sarebbe stata
possibile.
Thanks are especially due to the Donati family,
Mrs Marinella Spagnoli and Mr Lanfranco Cirillo,
without those substantial support this exhibition
could not have taken place.
La mostra è stata realizzata con il sostegno di
The exhibition is realized with the support of
Sommario / Contents
9
Gli Angeli, la Pittura e il Novecento Italiano
Angels, and painting in 20th century Italy
Dominique Stella
43
Il primato della pittura nell’arte moderna italiana
The primacy of painting in modern Italian art
Giovanni Lista
73
Opere / Works
149
Biografie / Biographies
p. 2, Osvaldo Licini, Angelo con la coda (part.), 1946
p. 6-7, Lucio Fontana, Concetto spaziale (part.), 1954
8
Dominique Stella
Gli angeli, la pittura
e il Novecento
italiano
Angels, and painting
in 20th century Italy
La pittura in Italia appartiene alla tradizione più antica.
Ogni epoca è stata segnata da artisti fecondi, testimoni e
attori dell’evoluzione dei tempi, delle tecniche e delle mentalità. L’arte spesso prefigura i grandi sconvolgimenti, e in
Italia il XX secolo si apre sulle esperienze divisioniste che
nulla hanno da invidiare all’impressionismo francese. La
tecnica di scomposizione dei colori e della luce innova una
forma di rappresentazione accademica apportando effetti
di luce e costruzione puntinisti che rivestono un carattere
meno scientifico di quello richiesto dall’attitudine francese.
Infatti, meno attenti agli aspetti scientifici della tecnica, gli
artisti italiani prediligono nelle loro opere il carattere simbolico e l’impegno sociale.
Si ammetterà dunque che una forte corrente rinnovatrice
anima la scena artistica italiana all’inizio del XX secolo, che
cambierà il mondo. La Francia, dall’impressionismo in poi,
aveva occupato il primo posto sulla scena mondiale dell’arte moderna per l’enorme successo di grandi artisti come
Monet, Renoir, Cézanne e molti altri, la cui notorietà era
fortemente legata alla vivacità di un mercato che i collezionisti americani alimentavano a Parigi, acquistando a piene
mani da mercanti come Vollard o Durand-Ruel. L’ascendente delle avanguardie non si smentì fino al 1914, attirando
artisti di ogni paese nella capitale francese che consacrò
In Italy painting is part of a very long tradition. Every epoch has been marked by inventive artists who have both
recorded and been actively involved in the evolution of the
times, techniques and modes of thought. Art often precedes
major upheavals and in Italy the start of the 20th century
was marked by Divisionist experiences that were quite the
equal of what was happening in France. The technique of
the decomposition of colours and light broke new ground;
the invention of a form of scientific representation based on
a Pointillist construction made possible a depiction of the
effects of the light that was less technical in character in
Italy than that demanded by French artists. This less rigorous approach encouraged the Italians to place emphasis on
symbolism and social commitment in their works.
At the start of the century a powerful and reforming wind
blew through the Italian art scene, particularly in Milan, that
was to change the world. Since the Impressionists, France
had been at the forefront of modern art worldwide with the
international success of major artists like Monet, Renoir,
Cézanne and many others. Their fame was closely linked to
the buoyancy of the Parisian art market fuelled by American buyers, who bought huge quantities of paintings from
such dealers as Vollard and Durand-Ruel. The ascendancy
of the avant-gardes hardly lost momentum until 1914 and
9
pittori di ogni origine, spagnoli, italiani, giapponesi, russi;
tutti venivano a cercare la gloria in questo Eldorado, la cui
reputazione non fu smentita per alcuni di loro, ma che in
realtà offrì a molti solo una vita di amare disillusioni.
Pochi pittori italiani sfuggirono a questa attrazione, considerando Parigi una sorta di passaggio obbligato per lo
sviluppo di una carriera promettente. È sul “Figaro” che
Marinetti pubblica, il 20 febbraio 1909 il Manifesto del futurismo. Nell’introduzione possiamo leggere: “M. Marinetti,
il giovane poeta italiano e francese, dal talento notevole e
impetuoso, che clamorose manifestazioni hanno reso noto
in tutti i paesi latini, seguito da una pleiade di entusiasti
discepoli, ha appena fondato la scuola del ‘Futurismo’ le
cui teorie superano in audacia tutte quelle delle scuole anteriori o contemporanee. ‘Le Figaro’, che è già servito da
tribuna per molte di esse, e non delle minori, offre oggi ai
suoi lettori il manifesto dei ‘futuristi’. Vi è bisogno di dire
che lasciamo al firmatario tutta la responsabilità delle sue
idee particolarmente audaci e di un astio sovente ingiusto
per cose sommamente rispettabili, e, fortunatamente, rispettate da tutti? Ma è interessante lasciare ai nostri lettori
la primizia di questa manifestazione, qualunque sia il giudizio che si porta su di essa.”
Audace ma non temerario, il giornale prende le distanze
dai propositi dell’artista, ma è nondimeno in Francia che
Marinetti sceglie di pubblicare il suo manifesto. Tuttavia è
in Italia che Marinetti parla, e agli italiani si rivolge scrivendo: “È dall’Italia, che noi lanciamo questo nostro manifesto
di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo
10
attracted artists in search of glory to the artistic Eldorado
from around the world – Spain, Italy, Japan, Russia… – some
of whom achieved fame but most of whom were to be disappointed.
Many Italian painters too were attracted to Paris, which was
considered an obligatory step on the way to a promising
career. It was in Le Figaro that one of them, Filippo Tommaso
Marinetti, published the Futurist Manifesto on 20 February
1909. The newspaper introduced the manifesto as follows:
“M. Marinetti, the young Italian and French poet, whose remarkable and fiery talent has been made known throughout the Latin countries by his notorious demonstrations and
who has a galaxy of enthusiastic disciples, has just founded
the school of ‘Futurism’, whose theories surpass in daring
all previous and contemporary schools. Le Figaro, which has
already provided a rostrum for a number of these schools,
and by no means minor ones, today offers its readers the
manifesto of the ‘Futurists’. Is it necessary to say that we
assign to the author himself full responsibility for his singularly audacious ideas and his frequently unwarranted extravagance in the face of things that are eminently respectable and, happily, everywhere respected? But we thought it
interesting to reserve for our readers the first publication of
this manifesto, whatever the judgement of it will be.”
Bold but not foolhardy, the newspaper maintained its distance from Marinetti’s ideas but it was nevertheless in
France that its author chose to publish his manifesto, even
though he referred to Italy and addressed his words to Italians. He wrote: “It is in Italy that we are issuing this mani-
oggi il ‘Futurismo’, perché vogliamo liberare questo paese
dalla sua fetida cancrena di professori, di archeologi, di ciceroni e di antiquari.”
In effetti la ribellione cova nella penisola, e l’Italia in questi
primi anni del secolo vede nascere una generazione di artisti che si afferma sulla scena internazionale. Il futurismo
propone un’estetica dell’azione che si oppone all’estetica
della ragione cubista; il furore e l’energia di questi giovani
artisti generano un pensiero fulgente che l’intellettualismo
francese non ha saputo accogliere. Infatti in Francia, principalmente tramite Duchamp, s’impone a partire da questo momento un’arte di comportamento che rinnega l’oggetto artistico conferendo la preminenza all’uomo. “Credo
nell’artista, l’arte è un miraggio”, diceva Duchamp. Si capisce allora perché gli artisti francesi abbandoneranno la
pittura, oggetto feticista al quale ormai è negato il diritto di
appartenere al dominio artistico; solo alcuni, come Braque,
Matisse, Léger, Delaunay, sfuggiranno a questo diktat, e
più tardi i surrealisti, ma tra loro pochi artisti francesi riusciranno a imporsi di fronte a Max Ernst, Dalí, Brauner,
Miró...
Gli italiani conservano questa sensibilità che lega la pittura al mondo della poesia e dell’immaginario, privilegiando
l’arte piuttosto che enunciando teorie; essi sanno conservare un legame indefettibile con la tradizione integrando
le proteste e le rabbie di generazioni in cerca di rinnovamento. È in questo spirito che operano Mario Sironi (18851961), Giorgio de Chirico (1888-1978), Alberto Savinio
(1891-1952), Osvaldo Licini (1894-1958), Giorgio Morandi
festo of ruinous and incendiary violence, by which we today are founding ‘Futurism’, because we want to deliver
Italy from its gangrene of professors, archaeologists, tourist
guides and antiquaries.”
And indeed, the rebellion roared in Italy and during the early
years of the 20th century the country saw a generation of
artists establish themselves on the international art scene.
The Futurist aesthetic of action ran counter to the Cubist
aesthetic of thought, and the raging energy of the young
Italian artists generated a blazing doctrine that French intellectualism was unable to embrace. Principally through the
intervention of Marcel Duchamp, a philosophical approach
to art was taking hold in France at this time, one that rejected the art object and placed superiority on its creator. “I
believe in the artist, art is a mirage”, stated Duchamp. This
approach makes it clear why French artists turned away
from painting and the creation of fetishistic objects that had
by then been denied the right to belong to art. Only a few
painters, like Braque, Matisse, Léger and Delaunay, escaped
this diktat, and later the Surrealists, but amongst this latter
movement there were few French artists able to maintain a
stand faced by the genius of Max Ernst, Dalí, Brauner, Miró
and the other foreigners.
The Italian artists, however, endorsed the sensibility in which
painting was linked inextricably with the world of poetry, imagination and beauty. By preferring art to promulgating theories, they maintained an unshakeable link with tradition while
also integrating the protests and ardour of the new generation looking for renewal. This was the spirit upheld by Mario
11
(1890-1964) e più tardi Lucio Fontana (1899-1968). Tutti
appartengono a quest’epoca che scopre la modernità, caratterizzando lo spirito di un tempo segnato da guerre, vittorie e sconfitte che sconvolgono per sempre il nostro universo. La consapevolezza degli artisti italiani di quest’epoca di appartenere a un mondo esaltante ma anche effimero
e instabile conferisce una nostalgia indefinibile a un’arte
che rimane in disparte dalle polemiche estetiche, ma sposa la causa di un sentire profondo, in favore di un’arte eterna che rende anche conto della complessità dello spirito
umano. Parigi rappresenta un polo di attrazione nella vita
di questi artisti; quattro di loro (Sironi, de Chirico, Savinio e
Licini) vi soggiornano a lungo, mentre Morandi, agli esordi
della sua attività, non era sfuggito all’influenza di Matisse
e Derain.
Questa mostra propone una lettura della pittura italiana
a partire da importanti opere di Sironi, Licini, Morandi, de
Chirico, Savinio e Fontana. Il pretesto sono gli Angeli di Licini, che vengono a visitarci in questa riflessione sul Novecento italiano, la cui complessità e ricchezza consente di
affermarne l’importanza, spesso minimizzata, nel confronto con i movimenti che si svilupparono allora in Francia e
anche in Germania. Non meno trascurabili furono correnti
di pensiero come il futurismo (1909) o la metafisica inventata da de Chirico e da suo fratello Alberto Savinio, o la forza individuale di artisti come Licini e Morandi che seppero
imporsi di fronte alla preponderanza dei movimenti d’avanguardia. Il loro lavoro costituisce il segno di una costanza
pittorica che prosegue in Italia di fronte alla dilagante arte
12
Sironi (1885-1961), Giorgio de Chirico (1888-1978), Alberto
Savinio (1891-1952), Osvaldo Licini (1894-1958), Giorgio
Morandi (1890-1964) and, later, Lucio Fontana (1899-1968).
They all belonged to the era in which modernity burst on
the stage, and the zeitgeist was marked by war with all
the horrors that were to alter the European world for ever.
The awareness of the Italian artists that they were part of
a thrilling but also ephemeral and unstable world endowed
their art with an undefinable nostalgia. It was an art that
lagged in the debate on aesthetics but argued for an art
that took account of the complexity of the human spirit. A
stay in Paris played a role in the life of each of Sironi, de
Chirico, Savinio and Licini, and though Morandi did not visit
the city until very late, the influence of Matisse and Derain
can be seen in his early production.
The exhibition presents Italian painting with works by Sironi,
Licini, Morandi, de Chirico, Savinio and Fontana. The pretext
is Licini’s Angels, which are present in this reflection on 20th
century Italian art, the importance of which is apparent in
its diversity and depth but often minimised when compared
with the movements that developed during the same period in France and Germany. The intellectual currents in Italy
were no less important, in particular Futurism (1909) and
the Metaphysics developed by de Chirico and his brother
Alberto Savinio, in which the individual power of painters
like Morandi and Licini was able to make itself felt against
the force and range of the avant-garde movements. Their
work represented the continuation of the Italian tradition
in the face of the flood of conceptual art that submerged
concettuale impostasi inizialmente in Francia fino agli anni
Cinquanta, e poi negli Stati Uniti nel dopoguerra.
France up until the 1950s, and after the war moved to the
United States.
Tre opere di Mario Sironi presenti in questa rassegna illustrano la ricchezza espressiva di un pittore che ha fiancheggiato la maggior parte dei movimenti maggiori della prima metà del XX secolo, a cominciare dal futurismo,
proponendo una pittura contrassegnata da una sigificativa
ricerca personale. Formatosi a Roma, alla Libera Scuola di
Nudo, poi nell’atelier di Giacomo Balla, Sironi iniziò la sua
attività artistica nel clima divisionista di inizio secolo, tendenza che in seguito rinnegherà. Dopo essersi stabilito a
Milano nel 1914 e aver effettuato diversi viaggi in Europa,
che lo conducono a Parigi e in Germania, Sironi aderisce al
futurismo concentrando il proprio interesse sulla rappresentazione della città e della società industriale. Egli condivide l’esperienza dei “volontari ciclisti” a fianco di Filippo
Tommaso Marinetti e Antonio Sant’Elia durante la prima
guerra mondiale. Il futurismo esorta all’amore per la velocità e per la macchina, esaltando la bellezza delle automobili e la necessità della forza per liberare l’Italia dal culto
archeologico del passato. Per Sironi la pittura rientra allora
in un impegno di vita, integrando l’idea di dinamismo e
di energia propria del movimento; camion, motociclette e
biciclette illustrano nella sua opera questa adesione, che
tuttavia è di breve durata nello sviluppo della sua carriera.
All’inizio degli anni Venti l’artista partecipa alla creazione
del gruppo dei “Sette pittori del Novecento” e nel 1923
la Galleria Pesaro di Milano espone le loro opere: si tratta
During his career, Mario Sironi was involved with most of
the leading movements in the first half of the 20th century,
starting with Futurism. The three paintings by this artist presented in the exhibition are illustrative of his remarkable
individual research. Trained in Rome at the Libera Scuola di
Nudo, then at the studio of Giacomo Balla, Sironi began his
activity in the Divisionist climate at the start of the century,
a technique that he later rejected. In 1914 he moved to
Milan, which he followed by several trips in Europe, including visits to Paris and Germany. He then became a member of the Futurist group and concentrated on depicting the
themes of cities and industrial society. Like Filippo Tommaso
Marinetti and Antonio Sant’Elia, he was a “volunteer cyclist”
during World War I. Futurism glorified speed and machines
and extolled the beauty of cars while simultaneously arguing vociferously that Italy should abandon its worship of its
archaeological past. For Sironi, painting was one aspect of
his engagement with life and integrated the notion of movement and energy. In his work this dynamism is demonstrated by the motion of lorries, motorcycles and bicycles but his
preoccupation with movement was of short duration.
At the start of the 1920s he became a founder-member of
the group “Sette pittori del Novecento”. In 1923 the Milanese Galleria Pesaro exhibited works by seven artists: Sironi,
Achille Funi, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio
Malerba, Piero Marussig and Ubaldo Oppi. These artists of
13
Mario Sironi, 2 figure (part.), 1928
di Sironi, Achille Funi, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci,
Emilio Malerba, Piero Marussig e Ubaldo Oppi. Questi artisti, di orizzonti diversi, si somigliano per un’arte che rivendica il ritorno ai valori tradizionali dello spirito latino; contro
la cancellazione della storia auspicata dalle avanguardie,
essi vogliono ritrovare il supremo riferimento dell’antichità classica, la purezza delle forme e l’armonia della composizione. Coordinatrice del movimento è la critica d’arte
Margherita Sarfatti, collaboratrice di Benito Mussolini. Il legame con il regime spinge dunque i critici a definirla arte
di Stato o arte fascista, anche se è davvero difficile confondere la straordinaria vitalità e la diversità del movimento
con una semplice arte di propaganda. La Biennale di Venezia del 1924 consacra il gruppo attraverso l’esposizione
che gli è dedicata. Sironi vi partecipa con un’opera della
14
different outlook had come together to argue for a return to
the traditional values of the Latin spirit to counter the obliteration of art history by the avant-gardes. They laid claim
to the supreme reference of classical antiquity with its characteristics of purity of form and harmony of composition.
Coordinating this shift of direction was the art critic Margherita Sarfatti, one of those who worked with Benito Mussolini.
This link with the Fascist regime laid the new Novecento
group bare to criticisms that it was a political art form even
though it is difficult to find a link between the extraordinary
vitality and diversity of the movement’s work with simple
propaganda art. The 1924 Venice Biennale devoted an exhibition to the group, with Sironi represented by a painting
from his series Urban Landscapes. It was characteristic of
his bare and uncluttered style and provided confirmation of
serie dei Paesaggi urbani, caratteristica della sua ricerca
che impone uno stile sobrio ed essenziale e l’affermazione
progressiva di una pittura monumentale. In un cromatismo
cupo Sironi rappresenta periferie urbane deserte e silenziose, strade costeggiate da muri ciechi, severi isolati di
edifici, ciminiere delle fabbriche da cui ogni forma di vita
pare assente. L’Albero (1930) presente in mostra testimonia questa solitudine in un mondo arido, quasi desertico.
L’angosciante oppressione dell’uomo in una città o in un
paesaggio pronti a sottometterlo a un principio di volontà
e di ordine illustra i fondamenti del Novecento e difende
il ritorno ai valori tradizionali, ai “valori plastici” atti a risolvere l’angoscia esistenziale dell’uomo. A questo periodo
risale il quadro 2 figure (1928); la forza imponente dei due
personaggi, il contrasto tra la staticità e l’abbozzo di un
movimento che ricorda ancora il futurismo, conferiscono a
quest’opera un valore emblematico del momento. L’artista
si volge già a quella monumentalità che caratterizzerà la
sua opera negli affreschi del periodo successivo. Infatti Sironi, che attribuisce alla pittura una funzione etica e civile,
a partire dagli anni Trenta auspica un ritorno alle tecniche
tradizionali della pittura murale (in quanto arte sociale),
del mosaico, del bassorilievo monumentale, che si accordano al suo gusto per l’estetica nazionalista. E dopo la seconda guerra mondiale egli si orienta verso la scenografia.
La presenza particolarmente duratura di Sironi sulla scena artistica italiana ha attraversato la maggior parte dei
grandi movimenti che l’hanno animata. Se la sua adesione all’estetica fascista lo ha in parte marginalizzato, egli
his progressively monumental painting.
Using a range of dark colours, Sironi shows the deserted
and silent outskirts of a town, with plain buildings, factory
chimneys and the streets lined with blank walls, where life
seems absent. The Tree (1930), included in the exhibition,
represents the solitude of an arid, almost desertic world.
The harrowing oppression of man in a town (or landscape),
which endeavours to subject him to a principle of obedience and order, illustrates the principles of the Novecento
movement, which defended a return to the tradional “plastic values” suited to resolving man’s existential suffering.
The painting Two Figures (1928) dates from this period. The
massive power of the figures and the contrast between staticness and the hint of movement that harks back to Futurism are emblematic of the art of that time. The monumentality that would typify his production in the wall frescoes of
the following period was already present. In his attribution
of an ethical and civic function to painting from the 1930s
on, Sironi advocated the return to the traditional techniques
of wall painting (as a social art), mosaic and monumental
low relief, all of which harmonised with his fondness for the
Italian aesthetic. After World War II, he turned his attention
to set design.
His long presence on the Italian art scene meant he was
involved in most of its important movements. Although
his adoption of the Fascist aesthetic set him on the artistic
fringe, he is recognised today as having been one of the
great 20th century artists in Italy. The suggestive force of
his dark landscapes, his synthesis of form and the power of
15
è oggi riconosciuto come uno dei grandi artisti di questo
periodo. La forza di evocazione dei suoi paesaggi cupi, la
sua sintesi formale e la potenza della sua materia gli hanno permesso di evitare i tranelli dell’accademismo e del
realismo militante. Nel dopoguerra, facendosi più rare le
commissioni pubbliche, egli torna sui temi delle periferie
urbane, arricchite tuttavia di un cromatismo più contrastato. Le tematiche della città priva di vita che caratterizzano
la sua pittura nel corso dei diversi periodi ci ricordano che
Sironi, immediatamente dopo la sua incursione nel futurismo, già verso il 1919 interpretò in modo personale e più
concreto, rispetto all’intellettualismo e alla visionarietà di
de Chirico, una metafisica che s’ispira a tematiche futuriste, come La ballerina (Civiche Raccolte d’Arte, Milano),
soggetto di tradizione futurista tramutatosi in manichino,
elemento metafisico per eccellenza.
La pittura italiana si volge, all’inizio del XX secolo, a una
visione rimaneggiata di un’umanità messa a confronto con
gli sconvolgimenti di un’epoca le cui innovazioni tecnologiche costituiscono un dato essenziale. Nel loro impegno inizialmente gli artisti manifestano un entusiasmo che molto
presto lascia posto allo scetticismo di fronte ai movimenti
violenti di un mondo che abbandona la poesia a vantaggio
della competitività. Di fronte al futurismo progressista, la
metafisica di Giorgio de Chirico e di Alberto Savinio propone una lettura nostalgica di un universo abbandonato dalla
vita e si rivolge al classicismo, a un “ritorno all’ordine”,
senza per questo rifugiarsi in una rappresentazione del tut-
16
the matter allowed him to avoid the traps of academicism
and militant realism. After the war, the public commissions
he received became rarer and he returned to the theme of
the suburbs but with heavier colour contrasts. The lifeless
cityscapes he painted throughout his career are reminders
that, immediately after his adhesion to Futurism around
1919, Sironi produced a personal and more tangible form of
Metaphysics than the intellectual, visionary approach of de
Chirico, one that took its inspiration from Futurist themes
like The Dancer (Civiche Raccolte d’Arte, Milan), in which
the Futurist figure is transmuted into that of a mannekin, a
quintessential metaphysical motif.
At the start of the 20th century, one of the themes of Italian painting was the reworked vision of humanity faced by
a rapidly changing world, of which technological developments were a major aspect. Artists were at first enthusiastic
but very quickly became sceptical when they saw the excesses of a world that replaced poetry with profits. In contrast with the progressive nature of Futurism, the Metaphysics elaborated by Giorgio de Chirico and Alberto Savinio offered a nostalgic interpretation of a lifeless world that had
turned back to Classicism and a “return to order”, though
without resorting to a completely academic or realist representation.
Metaphysics formally came into existence in Italy in 1917,
while de Chirico was stationed at the military hospital in
Ferrara, the town where Savinio, Filippo de Pisis and Carlo
Carrà were at that time all resident. The foundations of Met-
to accademica o realista.
La metafisica s’impone in Italia a partire dal 1917, data
ufficiale della sua nascita all’ospedale militare di Ferrara
dove si ritrovano de Chirico, suo fratello Savinio, Filippo de
Pisis e Carlo Carrà. Tuttavia le prime basi erano state poste
a Parigi, dove i fratelli de Chirico erano entrati in contatto
con esponenti delle avanguardie artistiche d’inizio secolo,
mentre le loro opere del 1912-14 avevano contribuito ad
alimentare il dibattito sfociato nei cambiamenti intellettuali ed estetici affermatisi durante la prima guerra mondiale.
Le prime opere di Giorgio avevano già suscitato l’entusiasmo di Guillaume Apollinaire che sull’”Intransigeant” del
9 ottobre 1914 aveva scritto: “Il signor de Chirico espone
nel suo atelier al 115 di Rue Notre-Dame-des-Champs una
trentina di dipinti la cui arte interiore non deve lasciarci
indifferenti. L’arte di questo giovane pittore è un’arte interiore e cerebrale che non ha niente a che vedere con
quella dei pittori che si sono rivelati in questi ultimi anni.
Non proviene né da Matisse, né da Picasso, e non deriva
dagli impressionisti. Questa originalità è talmente nuova
che merita di essere segnalata. Sensazioni assai intense
e moderne asssumono nel suo lavoro una forma architettonica”. Secondo de Chirico la pittura deve allontanarsi
dalla realtà nella sua pura apparenza e deve mettere in
relazione le interazioni complesse esistenti tra le cose. La
sua pittura elimina così ogni rappresentazione razionalista:
spazi atemporali e cosmici, oggetti straniati dal loro contesto naturale s’impongono come elementi di rottura con il
principio di causalità. L’opera, priva di punti di riferimento
aphysical painting had been laid in Paris when the de Chirico
brothers came into contact with the avant-garde artists from
the start of the century; their works from the years 1912-14
nourished the debate which led to the intellectual and aesthetic developments that took place during the war. Giorgio
de Chirico’s early works aroused the enthusiasm of Guillaume Apollinaire, who wrote in L’Intransigeant on 9 October 1914: “M. de Chirico is exhibiting some thirty paintings
in his studio at 115 Rue Notre-Dame-des-Champs, the inner
art of which is consistently interesting. The art of this young
painter is an inner, cerebral art that has no connection with
that of the painters who have been discovered during the
last few years. It does not stem from Matisse or from Picasso; it does not come from the Impressionists. This originality is new enough to warrant our attention. Ordinarily the
acute and very modern sensations of M. de Chirico assume
an architectural form.” According to de Chirico, painting has
to distance itself from the appearance of reality and bring
out the complex interactions that exist between things. His
approach therefore eliminated all rationalist representation:
his timeless, cosmic settings and objects removed from
their natural context become elements that break with the
principle of causality. Deprived of any space-time context,
his works lose their descriptive actuality and are invested
by a mysterious and intriguing atmosphere of “disquieting
strangeness”. De Chirico’s painting is “metaphysical” in the
sense that it transposes reality out of the reach of our customary logic. It plays on the contrast between the realistic
presentation of the objects and spaces depicted and the
17
spazio-temporali, perde ogni attualità descrittiva e assume un carattere misterioso e intrigante di una “inquietante
stranezza”. La pittura di de Chirico è “metafisica” perché
traspone la realtà al di là della logica abituale; essa gioca
sul contrasto tra la precisione realista degli oggetti e degli
spazi rappresentati, e la dimensione onirica che il pittore
conferisce loro. Egli lavora sulla capacità del sogno di generare mondi a partire da un elemento noto. Come egli
stesso ama dire, il pittore compone “immagini rivelate”.1
Nel 1914, a sua volta, Ardengo Soffici scrive: “La pittura di
de Chirico non è pittura nel senso che oggi si attribuisce
a questa parola. Si potrebbe definirla una scrittura di sogno. Mediante le fughe quasi infinite di portici e facciate, di
grandi linee diritte, di masse immanenti di colori semplici
e chiaroscuri quasi funerari, egli arriva infatti a esprimere questo senso di vastità, di solitudine, di immobilità, di
estasi che producono a volte certi spettacoli della memoria
nella nostra anima quando essa si addormenta.”2 Da questi
paesaggi di città deserte emana un’atmosfera di mistero,
un sentimento di attesa. Poeta tanto quanto pittore, de
Chirico spiega lui stesso la propria opera:
Vita, vita, grande sogno misterioso!
Tutti gli enigmi che mostri; gioie e lampi…
Portici al sole. Statue addormentate.
Ciminiere rosse; nostalgie di orizzonti sconosciuti.
– Belle giornate orribilmente tristi, imposte chiuse.
– E l’enigma della scuola, e della prigione e della caserma;
e la locomotiva che soffia di notte sotto la volta ghiacciata
18
Giorgio de Chirico, Trovatore (part.), 1968
dreamlike dimension that they inhabit. The artist works on
the ability of dream to generate worlds taking a known element as its origin. As de Chirico liked to say, he composed
“revealed images”.1 Ardengo Soffici wrote in 1914: “De Chirico’s painting is not painting in the sense that the word has
today. It could be defined as the writing down of dreams.
By means of almost infinite rows of arches and facades, of
extended straight lines, of gigantic masses of simple colours, of almost funereal darks and lights, he truly succeeds
e le stelle.
– Sempre l’ignoto: il risveglio la mattina e il sogno
che abbiamo fatto,
oscuro presagio, oracolo misterioso…
La metafisica si contrappone al futurismo per la sua ricerca
di un significato profondo della forma attraverso un richiamo ai sogni e ai miti. Essa si conclude, in linea di massima,
nel 1921 quando si sviluppa il gruppo di “Valori Plastici”.
Ma in realtà la pittura metafisica continuerà a nutrire, nel
corso del tempo, l’opera di de Chirico (in particolare dal
1920 al 1930 per le serie delle Archeologie, dei Gladiatori
e dei Mobili nella valle) e l’ispirazione dei pittori di “Valori
Plastici” e del gruppo di Novecento. Sul piano internazionale essa influenza certamente la nuova oggettività, ossia
il realismo magico tedesco, e partecipa in particolare alla
nascita del surrealismo, di cui de Chirico può essere considerato un precursore.
Il gruppo di Valori Plastici è legato alla rivista omonima, pubblicata dal 1918 al 1922 e inizialmente destinata a diffondere
l’estetica della pittura metafisica nelle correnti d’avanguardia. Fino ad allora interessata ai rapporti fra la tradizione
italiana e la modernità europea, la rivista si oppone, a partire dal 1920, agli eccessi di certe tendenze d’avanguardia.
Preconizza allora un rinnovamento del formalismo del XIV
e XV secolo italiano. Il suo interesse per i “valori nazionali”
e per la “tradizione italiana” le vale il sostegno politico del
regime fascista. De Chirico, insieme a Carrà, Morandi e Soffici, è uno dei principali sostenitori di questa tendenza che
in expressing that sensation of vastness, solitude, immobility and stasis that certain sights reflected by the state of
memory sometimes produce in our mind, just as we are on
the edge of sleep.”2 These views of deserted towns impart
an atmosphere of mystery and a sense of waiting. A poet as
well as painter, de Chirico commented on his work:
Life, life, vast mysterious dream, how many are the enigmas
you propound: joys and sudden gleams!
Porticos in sunlight. Slumbering statues.
Red factory chimneys, nostalgias of unknown horizons.
– And the enigmas of the school, the prison and the
barracks;
and the locomotive whistling by night under a frozen vault,
and the stars.
– Forever the unknown: the waking in the morning
and the dream
one’s had: dark presage, cryptic oracle…
Metaphysical painting contrasts with Futurism in its search
for a deeper meaning of form and its recourse to dreams
and myth. In principle it came to an end in 1921 when the
group Valori Plastici was formed, but in fact it continued to
nourish de Chirico’s work (notably from 1920 to 1930 with
his series of Archaeologists, Gladiators and Furniture in the
Valley) as well as to inspire the artists of the Valori Plastici and Novecento groups. On an international scale, Metaphysical painting influenced Neue Sachlichkeit, which was
the magical realism group of Germany, but it mostly helped
19
Giorgio de Chirico, Costruttori di trofei (part.), 1929
si profila ovunque in Europa. Infatti, al termine della prima
guerra mondiale, dalla quale tutti i paesi escono straziati, in
parallelo al dadaismo, al surrealismo e allo sviluppo dell’astrazione, si assiste, nell’ambito culturale, a una volontà di
“ritorno all’ordine”, attorno a cui si raccoglie una folla eterogenea di artisti che si confrontano con il difficile periodo tra
le due guerre. È questo in particolare il caso dell’Italia, dove
le problematiche economiche, sociali e politiche segnano un
momento particolarmente difficile. Nel prolungamento della
pittura metafisica “Valori Plastici” e Novecento s’inscrivono
in questo desiderio di ritorno al reale. De Chirico, tuttavia,
persegue in modo personale il suo percorso.
20
to define Surrealism, of which de Chirico was considered a
forerunner.
Valori Plastici was linked to the art review of the same name
published between 1918 and 1922. This had the initial objective of spreading the aesthetic of Metaphysical painting
in the avant-garde art world. Interested by the relations
between the Italian tradition and European modernity, in
1920 it began to take a stand against the excesses of some
avant-garde currents. It advocated a renewal of the formalism of the fourteenth and fifteenth centuries in Italy and
its lauding of “national values” and the “Italian tradition”
earned it the political support of the Fascist party. Together
de Chirico, Carrà, Morandi and Soffici championed the return to tradition, a trend that gradually spread across the
whole of Europe. With the end of World War I, out of which
all the countries involved emerged ravaged, the hopelessness of the post-war period generated different reactions
among artists. Some responses were Dada, Surrealism and
the development of abstraction; another was a measured
desire for a “return to order” in cultural circles, around
which an assorted group of artists collected. The war had
affected Italy particularly badly economically, socially and
politically, and the country’s prospect was grim. Prolonging
Metaphysical painting, Valori Plastici and Novecento both
called for a return to the painting of reality, but de Chirico
continued his activity in his own manner.
The “pictor optimus”, or “best painter” as he now termed
himself, focused his attention on pictorial technique, the
alchemy of the masters of the past and the “bella mate-
Il “pictor optimus” (il miglior pittore, come egli definisce se
stesso) è ormai occupato dalla tecnica pittorica, l’alchimia
dei maestri del passato e la “bella materia”. De Chirico si
fa “depaesaggista” (secondo l’espressione di Jean Cocteau), con mobili sproporzionati o frutti straniati in paesaggi di
rovine. Ibride archeologie metafisiche completano la composizione del mondo del pittore. Costruttori di trofei (1929)
appartiene a questa realtà parallela di un mondo teatralizzato, volontariamente sconcertante, popolato da centurioni
romani, gladiatori da “peplum” e cavalli ben criniti. Nei suoi
Gladiatori non bisogna leggere la “romanità” trionfante del
Novecento, ma al contrario ammassi umani irriverenti e palpitanti che preannunciano la disgregazione della rappresentazione umana, che anticipano la disfatta e la caduta.
Poi vengono gli anni Quaranta, periodo delle ripetizioni seriali, delle “repliche” a partire da opere precedenti. Max Ernst
vedeva de Chirico “distruggere fino a renderle commerciali
le sue opere più antiche” e, “come Rimbaud, Lautréamont,
Duchamp, incamminarsi verso un paziente lavoro di autodistruzione”. Al contrario, quella fu per de Chirico un’opera di
riconquista della propria storia di fronte alle leggi di un mercato castrante. Egli anticipa in questo un atteggiamento artistico provocatore che sarà sviluppato dagli esponenti della
pop art negli Stati Uniti. A questa “riedizione” delle Piazze
d’Italia risale il quadro Piazza d’Italia con Arianna (1948).
Alberto Savinio, nonostante l’affinità con il fratello Giorgio,
segue una strada autonoma e mescola le influenze parigine del periodo prebellico in un registro pittorico ma anche
ria”, or the physical matter that he applied to the canvas. In
the term coined by Jean Cocteau, de Chirico became a “dépaysagiste”, literally a “de-landscape painter”. He painted
oversized pieces of furniture and fruit among ruins, and included elements from the archaeological world and metaphysical hybrids. Constructors of Trophies (1929) is an example of this parallel reality, this deliberately disconcerting
theatricalised world featuring Roman centurions, gladiators
straight out of Italian “sword and sandal” films, and horses.
His Gladiators series is not representative of the triumphant
Rome-centred Novecento but pathetic, gasping masses of
humans that announce the decomposition of human representation that heralds defeat and disaster.
During the 1940s, he produced serial repetitions, his “replays”, starting with his earlier works. Max Ernst felt that de
Chirico was destroying the commercial value of his earliest
works and, “like Rimbaud, Lautréamont, Duchamp, involved
in a gradual process of self-destruction”. For de Chirico, of
course, it was quite the contrary: he felt he was winning back
his own history from the castrating nature of the art market.
In so doing he presaged the provocative attitude towards
the art object taken by Pop artists in the United States in
the 1960s. The painting Piazza d’Italia with Ariadne (1948)
is one of his “re-editions” of his 1914 painting Piazza d’Italia.
In spite of his closeness to his brother, Alberto Savinio followed his own path, one that blended pre-war Parisian influences in the pictorial, literary and musical fields. He was a
friend of Guillaume Apollinaire and in 1914 published the
21
letterario e musicale. Egli è allora amico di Guillaume Apollinaire e nel 1914 pubblica il poema drammatico I canti della
mezza morte. Agli anni parigini (1910-15) e ai primi quadri
metafisici di de Chirico corrisponde in Savinio una produzione musicale e letteraria che continuerà per tutta la vita. Nel
1915 si arruola volontario insieme al fratello, ma entrambi risultano non idonei e vengono trasferiti a Ferrara, dove
incontrano Filippo de Pisis e Carlo Carrà. Nel 1918 Savinio
pubblica Hermaphrodito.
Savinio è un artista e un intellettuale puro: per lui le due
nozioni sono del resto indissolubilmente legate. È maestro
nell’arte di osservare ciò che accade attorno a sé, elaborando e trasformando il prodotto della sua riflessione in idee; è
un “uomo orchestra” di grande erudizione, un autentico genio dal cervello in costante fermentazione e dall’umorismo
graffiante. È anche uno dei principali teorici di “Valori Plastici”, cui aderisce nel 1921. E, oltre a pubblicare i suoi testi teorici e narrativi, contribuisce nel 1924 alla fondazione della
Compagnia del Teatro dell’Arte diretta da Luigi Pirandello.
Una prima segnalazione del suo lavoro di pittore compare
nel 1925 nell’Index di Anton Giulio Bragaglia. Poco dopo,
nel 1926, Savinio parte per Parigi, iniziando un rapporto di
amore-odio con gli amici surrealisti. Dei due fratelli de Chirico, Breton scriverà nell’Anthologie de l’humour noir: “Tutto il
mito moderno ancora in formazione si appoggia alla sua origine sulle opere, dallo spirito quasi indiscernibile, di Alberto
Savinio e di suo fratello Giorgio de Chirico, opere che raggiungono il loro punto culminante alla vigilia della guerra del
1914. Le risorse del visivo e dell’uditivo si trovano da loro af-
22
dramatic poem Les Chants de la mi-mort. During his years
in Paris (1910-15) and the period in which his brother Giorgio
de Chirico produced his first Metaphysical paintings, Savinio
was heavily involved in the writing of music and literature,
something he was to continue throughout his life. In 1915
he enlisted as a volunteer with his brother but both were
considered unfit for fighting and were stationed in Ferrara,
where they met Filippo de Pisis and Carlo Carrà. In 1918 he
published his first novel, Hermaphrodito.
Alberto Savinio was a pure intellectual and artist, though to
him the two labels were indissolubly linked. He was a master in the art of observing what was happening around him
and of developing and transforming the product of his contemplation into ideas. He was a multi-talented individual of
great scholarship and a genius with an incandescent mind
and scathing sense of humour. He was one of the leading
theoreticians of Valori Plastici, which he joined in 1921. In
addition to publishing theoretical essays and novels, in 1924
Savinio helped found the Compagnia del Teatro dell’Arte directed by Luigi Pirandello.
A first indication of his work as a painter appeared in 1925 in
Anton Giulio Bragaglia’s satirical pamphlet Index Rerum… A
year later Savinio left for Paris where he struck up a lovehate relationship with his Surrealist friends. In his Anthology
of Black Humour, André Breton wrote the following about
the two de Chirico brothers: “The whole of the modern myth
still in process of formation is founded on two bodies of work
– Alberto Savinio’s and his brother Giorgio de Chirico’s – that
are almost indistinguishable in spirit and that reached their
fiancate per la creazione di un linguaggio simbolico, concreto, universalmente intelligibile per il fatto che esso ambisce
riferirsi al più alto grado della realtà specifica dell’epoca.”3
Nel 1927 Savinio espone le sue prime opere da Bernheim a
Parigi, e Cocteau redige la prefazione del catalogo. A questo
periodo risale il quadro Il sogno di Achille (1926), opera magistrale dal contenuto epico e onirico che distingue l’opera
di Savinio fra tutti gli artisti del “ritorno all’ordine”. Infatti
la sua ispirazione è unica e sfugge ai criteri descrittivi di
un classicismo a volte pomposo. In Savinio domina l’alito
della poesia. L’artista rappresenta qui l’eroe greco Achille,
protagonista dell’Iliade ma anche personaggio di un’opera
dello stesso Savinio intitolata Achille innamorato. Il personaggio si offre in un languore romantico, disteso supino su
zenith on the eve of the war of 1914. They have employed
the resources of the visual and auditive simultaneously in
the creation of a symbolic and tangible language that is
universally intelligible due to the fact that it claims to take
into account the specific reality of the period to the utmost
degree.”3
In 1927 Savinio exhibited his first works at the galerie Bernheim in Paris. The preface of the catalogue was written by
Jean Cocteau. The painting The Dream of Achilles (1926)
dates from this period. This masterly work of epic and
oneiric content sets Savinio’s art apart from all the artists in
the “return to order”. His unique inspiration evades the descriptive criteria of the sometimes pompous classicism. The
dominant characteristic of Savinio’s work is poetry. Here he
Alberto Savinio, Il sogno di Achille (part.), 1926
23
una spiaggia, in un momento di fantasticheria in cui l’immaginario trionfa sulla realtà. Evidentemente la scena allude
all’apparizione di Patroclo raccontata nel poema omerico.
Achille contempla il mare agitato da un vento che reca su
una nuvola blu l’immagine fuggevole di figure fantastiche.
Questo capolavoro illustra la perfetta maestria dell’artista
in un genere che gli appartiene totalmente, testimone della
libertà di uno spirito fecondo che si avvicina più al surrealismo che alla metafisica. Savinio, in effetti, eccelleva nella
mescolanza di un classicismo mediterraneo con un certo
gusto per il fantastico, non omettendo spesso una punta di
ironia-parodia che svela i paradossi borghesi.
Dopo il soggiorno parigino è arduo distinguere nella multiforme attività di Savinio il lavoro letterario, poetico e
musicale dalla pittura. E quando, nel 1934, ritorna definitivamente in Italia, egli privilegia l’attività letteraria e giornalistica, fondando la rivista “Colonna”, senza però trascurare le altre sue molteplici passioni. Nel 1934 gli è dedicata
un’importante mostra personale alla Galleria Sabatello (39
dipinti e 20 disegni). Da questo momento fino al 1943 il
“grande dilettante” (come l’artista stesso amava definirsi) è impegnato soprattutto in campo letterario e teatrale. Pubblica, tra l’altro, L’infanzia di Nivasio Dolcemare e
Ascolto il tuo cuore, città (1941); Narrate uomini la vostra
storia (1942), Casa “La Vita” (1943). Continua tuttavia a
dipingere ed esporre: nel 1943, alla Galleria dello Zodiaco,
ha luogo una mostra personale di disegni. Espone ancora
a Roma nel 1945 alla Margherita e nel 1950 allo Zodiaco.
E nel 1954 la Biennale di Venezia gli dedica una retrospet-
24
shows the Greek hero Achilles, the hero of the Iliad but also
a central figure in a story written by Savinio himself called
Achilles in Love. The hero lies on his side on a beach, gazing
out to sea in a reverie. The scene evidently alludes to the
appearance of Patroclus to Achilles described in Homer’s
epic. Achilles observes the sea ruffled by a wind that bears,
in a barrage of bluish clouds, the fleeting image of fantastic
figures. This masterpiece by Alberto Savinio is an illustration of his perfect mastery of a genre that was totally personal, and displays the freedom of a spirit that was closer to
Surrealism than Metaphysical painting. Savinio excelled in
this combination of Mediterranean classicism and a touch of
fantasy, usually including a pointed dose of irony or parody
that exposed bourgeois paradoxes.
After his period in Paris, it is difficult to distinguish his literary, poetic and musical work from his painting. And when,
around 1934, he returned permanently to Italy, he focused
on literature and journalism. He founded the review Colonna while continuing to work in multiple other activities. The
Galleria Sabatello held an important solo exhibition of his
works (39 paintings and 20 drawings) in 1934. From that
time until 1943 the “great dilettante”, as he liked to refer
to himself, was prevalently engaged in work in the literary
and theatrical fields. He published, among many other novels, The Childhood of Nivasio Dolcemare and Listen to Your
Heart, City (1941); Narrate uomini la vostra storia (1942),
and Casa “La Vita” (1943). He continued to paint and in
1943 held a personal exhibition of drawings in the Galleria
dello Zodiaco. He exhibited again in Rome in 1945 at the
Alberto Savinio, Souvenir d’un monde disparu (part.), 1926
tiva, postuma.
In effetti l’ispirazione contraddittoria e polimorfa di Savinio ha alimentato un’opera proteiforme, coronata da un
riconoscimento tardivo, in quanto lo spirito del tempo non
invitava alla fantasticheria, esercizio prediletto di questo
artista che si voleva dilettante. “Ciò che appariva evidente,
a seguire anche velocemente i passi di Savinio, è questo
segno multiplo che caratterizza il suo bighellonare nelle
arti, e che accompagna quell’altro girovagare tra le lingue
che Savinio eserciterà nel corso della sua opera poliglotta.
È questo un atteggiamento che egli ha potuto designare
come una sorta di dilettantismo o di nomadismo intellettuale che collega naturalmente una ricerca del multiplo a
un’andatura decentrata, sempre volontariamente a lato.
[...] A questo si associa un’ambivalenza essenziale dell’o-
Margherita and in 1950 at the Zodiaco. The Venice Biennale
gave him a retrospective in 1954.
Savinio’s protean artistic output only garnered recognition
late as the spirit of the time in which he lived did not encourage dreaming and reverie, the favourite activity of this artist
who only considered himself a dabbler. “What is strikingly
clear is the multiple nature of his saunter among the arts,
and which equally characterised his other saunter through
languages, something that Savinio indulged in throughout
the production of his polyglot oeuvre. That is an attitude
that he could have qualified as a sort of dilettantism or intellectual nomadism and which quite naturally links research
of a multiple nature with eccentric reasoning, one he always
deliberately kept unconventional. […] Associated with this
is an essential ambivalence in his production, residing in the
25
pera, nel diritto che il suo autore si concede di una contraddizione perpetua, di cui egli fa un utilizzo felice e abbondante, e che egli designa come motore del proprio pensiero
e di tutti i pensieri.”4 Questo atteggiamento, fondamentalmente irriverente nei confronti di un mondo dell’arte monomaniaco, fonda un pensiero la cui espressione pittorica
consacra l’indipendenza e il talento.
Altrettanto personali sono le esperienze di Osvaldo Licini
e Giorgio Morandi, che inizialmente captano il flusso futurista per poi orientarsi verso direzioni del tutto autonome.
Complici nella vita, i due studenti condividono la formazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dal 1907 al 1913
per Morandi, dal 1911 al 1917 per Licini. Espongono per la
prima volta nel 1914 all’Hotel Baglioni di Bologna, in una
manifestazione che raggruppa essenzialmente artisti futuristi. Morandi si appassiona al movimento: incontra Balilla
Pratella, poi Marinetti, Boccioni e Russolo, assiste a serate
futuriste a Modena nella primavera del 1913 e a Bologna
nel gennaio 1914. Partecipa anche alla prima “esposizione
libera futurista” a Roma nell’aprile 1914. Subisce il fascino
di Cézanne e Matisse.
Tra il 1917 e il 1925 Licini soggiorna a Parigi, mentre Morandi, rimasto in Italia, conduce una riflessione sulla propria
arte e scopre il lavoro di Carlo Carrà e Giorgio de Chirico,
i quali apportano una dimensione nuova alla pittura, quella di una riflessione al tempo stesso poetica e metafisica.
In seguito a quell’incontro Morandi realizza un insieme di
nature morte fortemente segnate da una pratica introspet-
26
right, which its author awarded himself, of a perpetual contradiction, of which he made happy and abundant use and
that he referred to as the motor of his thought, and even
of all thought.”4 This fundamentally irreverent attitude in
the face of a monomaniacal art world underlies an attitude
whose pictorial expression exalts independence and talent.
The experiences of Osvaldo Licini and Giorgio Morandi are
just as individual. Having initially ridden the Futurist wave,
they both later headed off in totally independent directions.
The studies of the pair overlapped at the Accademia di Belle
Arti in Bologna (1907-13 for Morandi and 1911-17 for Licini)
and they exhibited together for the first time in 1914 at the
Hotel Baglioni in Bologna in an exhibition that essentially
brought together the Futurist artists. Morandi was a passionate supporter of the movement: he met Balilla Pratella,
then Marinetti, Boccioni and Russolo, and was present at
Futurist soirées in Modena in spring 1913 and then in Bologna in January 1914. His work was also shown at the first
“free Futurist exhibition” in Rome in April 1914. Artists he
admired were Cézanne and Matisse.
Licini lived in Paris between 1917 and 1925 but Morandi remained in Italy where he discovered the works of Carlo Carrà
and Giorgio de Chirico. Their oeuvre brought a new dimension of poetry and metaphysics to painting which stimulated
Morandi to produce a set of poetic and conceptual still-lifes
strongly marked by introspection. He was active in the group
of Metaphysical painters and, at the Primaverile fiorentina
exhibition in Florence with de Chirico, Carrà and Arturo Mar-
tiva, poetica e allo stesso tempo concettuale. Partecipa
all’attività del gruppo dei pittori metafisici. La sua presenza
alla Primaverile fiorentina, alla quale prende parte con de
Chirico, Carrà e Arturo Martini, conferma il suo impegno.
De Chirico presenta l’opera di Morandi in catalogo affermando che “egli cerca di creare e ritrovare tutto l’universo
grazie alla sua solitudine”. Nei dipinti di questo periodo gli
oggetti, definiti dallo sguardo freddo del pittore, sono le
uniche presenze che invadono uno spazio spoglio e geometrico. L’accento posto sui valori spaziali e l’interesse particolare accordato alla prospettiva denotano la sua volontà
di abbandonare provvisoriamente la dislocazione dei piani
e dei volumi. Ma questa parte della sua opera, che appare
oggi come una parentesi, si conclude nel 1920.
Quanto a Licini, tornato dalla guerra con una grave ferita
alla gamba, conclude la sua convalescenza a Parigi accanto alla madre, che raggiunge nel 1917. Stringe un legame
di amicizia con Amedeo Modigliani, con il quale condivide
un carattere ribelle e anarchico, e fa la conoscenza di Picasso. L’influenza maggiore che riceve in questo periodo
proviene però dall’incontro con i poeti romantici e simbolisti. La lettura di Leopardi, Novalis, Apollinaire, Mallarmé,
Rimbaud, Valéry alimenta il suo immaginario e costituisce
la sua fonte d’ispirazione lirica. A Parigi apre uno studio
al 28 di Faubourg Poissonnière e inizia un’intensa attività
espositiva con mostre nei caffè; frequenta inoltre l’amico
Mario Tozzi, e poi Severini, Campigli, Severo Pozzati, de
Chirico, de Pisis. Con loro condivide l’avvio dell’avventura
degli “italiens de Paris”: insieme espongono nel prestigioso
tini, he confirmed his adhesion to the group. In the catalogue, de Chirico wrote that Morandi’s work “tried to create and rediscover the entire universe through its solitude”.
His canvases of this period show a bare, geometric space
invaded solely by objects depicted coldly in the painter’s remote gaze. The emphasis on spatial values and Morandi’s
particular interest in perspective demonstrate his desire to
move away temporarily from the destructuring of planes and
volumes. However, this phase of his development, which today is considered to have been a digression, came to an end
in 1920.
Licini returned from the war with a serious leg injury in 1917
and went to convalesce at his mother’s house in Paris. He
struck up a friendship with Amedeo Modigliani on the basis
of their shared anarchic and rebellious nature and was introduced to Picasso. During this period the major influence
he received derived from his meeting with Romantic and
Symbolist poets. The writings of Leopardi, Novalis, Apollinaire, Mallarmé, Rimbaud and Valéry stimulated his imagination and became a source of lyrical inspiration. He set up
a studio in Paris at 28 Faubourg Poissonière, exhibited his
works in a series of displays in cafés and spent time with his
friend Mario Tozzi and fellow-Italians Gino Severini, Massimo
Campigli, Severo Pozzati, Giorgio de Chirico and Filippo de
Pisis. This group became known as the “Italiens de Paris”
and together exhibited at the prestigious Salon d’Automne,
the cradle of the most avant-garde research, and the Salon des Indépendants. Licini’s painting during these years
is described by the artist himself in a letter written in 1935
27
Salon d’Automne, culla delle più audaci ricerche d’avanguardia, e al Salon des Indépendants. La pittura di questi
anni ci viene descritta dall’artista stesso in una lettera del
1935 al critico Giuseppe Marchiori: “La mia pittura preastratta è pittura fauve che viene da Cézanne, Van Gogh
e Matisse, tra i maestri di prim’ordine, e i miei disegni lo
possono provare.”
Gli anni Venti segnano l’opera dei due giovani pittori con
una “tensione verso il reale” che s’impone in questa fase
di sperimentazione e di intensa ricerca, caratterizzata in
ognuno di loro da un attaccamento al linguaggio figurativo,
Licini privilegiando lo stile e la tematica, Morandi favorendo la materia e il colore.
Le loro strade divergono negli anni Trenta, quando ognuno
afferma la propria personalità in scelte che a volte li contrappongono. Questo periodo è segnato in Morandi da una
fase di estrema tensione interiore che si riflette in opere depurate, quasi ascetiche. Già da alcuni anni l’artista esplora
esclusivamente un campo di esperienze estremamente ridotto, fino ai suoi limiti estremi. La sua pittura tende a contraddire l’approccio storico e a denunciarne l’inefficacia. Al
di là dei segni che marcano il reale e lo contestano, esiste
una volontà di rimettere in questione le forme che nessuna
analisi tradizionale può spiegare.
Nel 1939, alla Quadriennale di Roma, Morandi riceve il secondo premio per la pittura, mentre Licini espone nel padiglione futurista insieme a Radice e Soldati. Un forte dissidio
scoppia in questa occasione tra i due amici, e le loro rispettive ricerche si orientano verso posizioni incompatibili.
28
to the critic Giuseppe Marchiori: “My pre-abstract painting
is Fauve painting derived from Cézanne, Van Gogh and Matisse, some of the very best artists, and my drawings are
evidence of this.”
During the 1920s, the works of the young Licini and Morandi
were characterised by the “tensione verso il reale” (the pull
of reality). This period of experimentation and intense research was marked for both artists by an attachment to figurative language, Licini focusing on style and themes while
Morandi concentrated on colour and the matter.
During the following decade their routes diverged, their
choices – sometimes conflicting – reflecting their individual
personalities. Morandi’s uncluttered works reflected an extreme inner, almost ascetic state. For several years he had
been exploring a sphere of experience reduced to its most
extreme limits. His painting tended to contradict the historic
approach and to expose its inadequacies. In addition to both
defining and contesting reality, his painting aspires to call
into question the forms that no traditional analysis can elucidate. At the 1939 Quadriennale in Rome he received second
prize for painting while Licini exhibited in the Futurist pavilion with Mario Radice and Atanasio Soldati. The occasion
gave rise to strong dissent between the two friends, Licini
and Morandi, as their respective research was founded on incompatible positions. Over the years, Licini had adopted an
abstract form of representation characterised by extreme
spareness and tension. He was one of the first artists in Italy
to move towards abstraction and joined the Italian group
of abstractionists, which included such names as Fontana,
Nel corso di questi anni, infatti, Licini si è accostato a una
forma astratta di rappresentazione, con una pittura estremamente spoglia e di grande tensione. È uno dei primi in
Italia a evolvere verso l’astrazione e partecipa al gruppo
degli astrattisti italiani che nel 1934 espone alla Galleria
del Milione a Milano e che tra i suoi membri annovera Fontana, Soldati, Veronesi, Melotti ecc. Nel 1935, a Parigi, aderisce al movimento internazionale Abstraction-Création,
associazione che ha per vocazione di raggruppare i pittori
astratti di tutte le tendenze: durante la sua breve esistenza
vi aderiscono infatti tutti gli artisti internazionali di questo
ambito. Nella capitale francese Licini non perde l’occasione
di visitare l’atelier di Kandinsky e la mostra di Man Ray alla
Galerie des Cahiers d’Art.
La pittura astratta di Licini si distingue per un senso poetico intensamente lirico: egli è allora uno dei pochi a liberarsi dei limiti del razionalismo geometrico attraverso il
colore, l’immaginazione e un clima espressionista quasi
informale. Di quel periodo è proposta in mostra un’opera
quasi minimalista: Composizione su fondo rosso, del 1935,
nella quale la forza del colore s’impone, intensa e luminosa. Questa forma di astrazione geometrica che caratterizza
la sua opera negli anni Trenta dimostra la predominanza
della sensibilità e della vibrazione della materia sul segno,
privilegiando l’immaginazione piuttosto che la regola rigida di una geometria rigorosa. La poesia dell’arte di Licini
rende la sua opera enigmatica: segni sottili, linee irregolari definiscono spesso uno spazio nel quale l’immaginario
trionfa sulla costruzione, più vicino a Klee che a Mondrian,
Osvaldo Licini, Composizione su fondo rosso (part.), 1935
Soldati, Veronesi and Melotti. Together they exhibited at the
Galleria del Milione in Milan in 1934. A year later in Paris,
Licini became a member of the short-lived international
movement Abstraction-Création, which brought together
abstract painters of all tendencies. While in Paris, Licini visited Kandinsky’s studio and the Man Ray exhibition at the
Galerie des Cahiers d’Art.
Osvaldo Licini’s abstract painting is denoted by a powerfully
lyrical poetics. He was one of the only artists to free himself
29
in un orientamento spirituale, lirico e intuitivo.
Questo periodo fa da preludio di una nuova produzione che
privilegia il ritorno alla figura sotto una forma totalmente
libera che l’artista svilupperà tra il 1940 e il ‘45, anni di
guerra durante i quali Licini rinuncia a esporre. In quegli
anni di solitudine il pittore mette a punto un’iconografia
fantastica in continua metamorfosi, integrando segni e lettere, alberi stilizzati, figure di lune o mezzelune, disegnando una C che raffigurerebbe il volto di un Olandese volante
(di cui l’esposizione propone una versione del 1940-44).
Questo personaggio caratterizza le opere degli anni della guerra e costituisce la figura dominante di quadri dalla
composizione sobria, in cui spesso alcune lettere vagano
solitarie in uno spazio definito da uno sfondo colorato di
giallo, blu o rosso. Attraverso il titolo stesso dell’opera l’artista suggerisce un rapporto con un mondo di presagi, maledizioni ed esilio. Una forte connotazione romantica abita
questa storia, nota a tutti i marinai del mondo che credono nell’esistenza di una nave olandese il cui equipaggio è
condannato dalla giustizia divina a errare per i mari sino
alla fine dei tempi. Wagner vi si ispirò per la sua opera Il
vascello fantasma.
Oltre a quest’ombra, che contrariamente alla leggenda in
Licini non riveste alcun carattere inquietante poiché l’artista ne sottolinea solamente il lato misterioso, altri temi
ricorrenti nascono allora, come la figura di Amalassunta e,
nella seconda metà degli anni Quaranta, gli Angeli ribelli.
La sua arte è allora segnata dall’abbandono di ogni dogma
e inaugura una fantasia surrealista molto personale nella
30
Osvaldo Licini, Olandese volante (part.), 1940
of the limitations of geometric rationalism through colour,
imagination and an almost informal expressionism. This
phase of his oeuvre is represented in the exhibition by Composition on a Red Ground (1935), dominated by the power of
intense and luminous colour. This form of geometric abstraction typical of his production in the 1930s reveals the predominance of the sensibility and vibration inherent in the
use of matter over the sign, demonstrating that the artist
preferred to concentrate on imagination than geometric
rigour. The poetic nature of his art renders his oeuvre enigmatic: he employed delicate signs, with irregular lines
often defining a space in which imagination prevails over
construction. The result is closer to Klee than Mondrian
and denotes a spiritual, lyrical and intuitive orientation.
This period was a prelude to a return to figuration using a
quale le influenze del Nord (sua moglie è svedese), la poesia simbolista e postsimbolista, i suoi pensieri e le motiva-
zioni poetiche si fondono in una serie di una straordinaria
intensità che approderà negli anni Cinquanta a un’immersione totale in un mondo onirico e fantastico con la sua
riflessione sull’arte e sulla propria pittura.
Scrive Elena Pontiggia: “Sullo sfondo inquieto della ricerca
pittorica dell’artista, a partire dal 1945-46, compaiono le
straordinarie invenzioni iconografiche, prima le Amalassunte e poi gli Angeli ribelli. È come se il crogiolo dei segni
e dei personaggi senza nome si fosse versato e rappreso in
Osvaldo Licini, Amalassunta su fondo blu (part.), 1949-1950
fully free form during the war years, 1940-45, during which
he refused to exhibit. He used the time to concentrate on
developing an imaginative iconography in constant metamorphosis that employed signs and letters, stylised trees,
figures in the form of a moon or a giant C-shaped crescent
bearing the face of the Flying Dutchman. The exhibition offers a version of this iconography from the period 1940-44.
The figure of the Flying Dutchman was the dominant feature of his paintings during the war years, in which sparing
composition was marked by a few letters travelling alone
through a space defined by a yellow, blue or red ground. The
titles of his works alone create a rapport with this strongly
romantic world of omens, curses and wandering based on
the story of the Flying Dutchman, a ship condemned by divine justice to roam the seas of the world till the end of time
and believed by mariners to be a portent of doom. Wagner
based an opera on the theme with the same name.
In addition to this figure, which to Licini was purely of mysterious rather than ominous character, the artist conceived
others, like the Amalassunta and, in the second half of the
1940s, the Rebel Angels. His art abandoned all dogma and
initiated a very personal surrealist fantasy in which nordic
influences (his wife was Swedish) and Symbolist and postSymbolist poetry merged with elegiac inspiration to give rise
to a series of extraordinary intensity during the 1950s. This
series was characterised by total immersion in a world of
dream and fantasy, in addition to a reflection on art and his
own painting.
Elena Pontiggia wrote: “Against the unquiet background of
31
una figuratività cosmica, dando luogo a una Eva e a un Adamo luciferini, personificazioni dell’eroe-uomo nietzschiano
e insieme emblemi eretici della luna e del sole, chiamati a
presiedere all’enigma dei cieli. Amalassunta, come ha voluto spiegare Licini stesso nel 1950, indica ‘la Luna nostra
bella, garantita d’argento per l’eternità, personificata in
poche parole, amica di ogni cuore un poco stanco’.”5
Questo riferimento a un segno celeste potrebbe forse suggerire qualche attinenza al dogma dell’Assunzione, conoscendo l’interesse dell’artista, per quanto agnostico, per
le manifestazioni irrazionali, miracolose, misteriose. Ma
esso è più probabilmente legato alla leggenda della figlia
di Teodorico. Come ricorda Elena Pontiggia: “AmalassuntaLuna, regina degli Ostrogoti e insieme dea mitologica, venerata in tutte le religioni come signora dell’oltretomba,
ma anche come colei che governa i parti e le maree, le
nascite e le rinascite; Amalassunta, dunque, è la personificazione dell’eros e della vita ultraterrena, l’immagine
del loro mistero. Dea, fata e giovane donna, la Luna si presenta in molte vesti e in molti ornamenti.”6 Tuttavia Licini,
per la sua rappresentazione, non adotta i canoni figurativi
consueti, ma mescola ironia, ispirazione ludica e illusione
dell’immagine della donna sotto forma lunare, animata a
volte da elementi grotteschi e percorsa da numeri e lettere
appartenenti a un’alchimia tutta personale. L’arte di Licini
porta l’impronta della libertà, della scoperta, dell’illuminazione interiore, e di credenze in mondi occulti. Negli spazi
liciniani vagano anime inquiete come gli Angeli ribelli che
fondono in se stessi la sintesi dell’essere al contempo ce-
32
the artist’s pictorial research, the extraordinary iconographic inventions of the Amalassunta appeared around 1945-46,
followed by the Rebel Angels. It is as though the melting pot
of his signs and nameless figures had been overturned and
caught up in a cosmic symbolism, giving rise to a diabolic
Adam and Eve, personifications of Nietszche’s Overman and
heretical symbols of the moon and sun, called to preside
over the enigma of the heavens. Amalassunta, as Licini explained in 1950, refers to ‘our beautiful Moon, guaranteed
[to shine in] silver for eternity, personified in few words, the
friend of every weary heart’.”5
Knowing the artist to be someone attracted to all irrational,
miraculous and mysterious manifestations, despite his agnosticism, this reference to a celestial sign may suggest an
attachment to the dogma of the Assumption, but it is more
likely linked to the legend of the daughter of Theodoricus.
As Elena Pontiggia recounts: “Amalassunta-Moon, queen
of the Ostrogoths and mythological goddess, worshiped in
all religions as the Lady of the Afterworld, but also as she
who governs childbirth and the tides, births and rebirths;
Amalassunta is therefore the personification of the eros and
life in the afterworld, the image of their mystery. Goddess,
supernatural being and young woman, the Moon appears in
many guises and ornaments.”6 For his representation, however, Licini did not adopt figurative canons but created a
melange of humour, playfulness and illusion in the image
of a woman in lunar form, at times incorporating grotesque
features and characterised by numbers and letters, demonstrating a very personal alchemy. His art bears the stamp
lesti ed eretici, divini e malefici, immagine dell’uomo che
in questi tempi di guerra porta distruzione e disgrazia. “Il
demone già adombrato nell’Olandese volante rappresenta
per Licini l’uomo stesso, o meglio una sorta di superuomo
nietzschiano: l’uomo che è giunto a trascendersi, a rovesciare tutti i valori, e trova l’unico valore nel dubbio.”7 In
mostra sono proposte varie versioni di questi Angeli che
appaiono nella storia della pittura del dopoguerra come
un’eccezione culturale, affermandosi in un linguaggio indefinibile tra astrazione e figurazione, al tempo stesso lirica
e profondamente epica. Essi offrono una visione dell’uomo
nella sua grandezza e nella sua decadenza, sotto forma di
un’espressione sommamente commovente e poetica.
Nel corso degli anni Cinquanta Licini, privilegiando sempre
tematiche fantastiche, reintroduce la geometria soprattut-
Osvaldo Licini, Angelo con coda (il Miracolo di San Marco), part., 1948
of freedom, discovery, spiritual enlightenment, beliefs and
occult worlds. Drifting through his world are troubled spirits
like rebellious angels, an amalgamation of the celestial and
heretical, divine and evil, and an image of man in those
destructive times of war. “To Licini, the concealed demon in
the Flying Dutchman represents man himself, or better, a
sort of Nietzschean Overman: the man who has succeeded
in transcending himself, overturning all his values, and finds
the only value in doubt.”7 The exhibition presents different
versions of these lyrical and deeply epic Angels, rendered in
an undefinable language, somewhere between abstraction
and figuration, and whose presence is a cultural exception
in post-war painting. They offer an eminently moving and
poetic vision of man in his grandeur and decadence.
In the themes of unreality that he practised throughout the
1950s, Licini reintroduced a geometric approach, above all
through his use of triangles, which he used to build his compositions. In the post-war period up till his death in 1958,
he perfected his personal language with the incorporation
of distinctive expressive and linguistic techniques, a continuous development won him recognition and prestige. He
reconnected with Morandi, the friend of his youth, once they
were both able to appreciate the genuine aesthetic value
and solid formation of the other’s art.
In those same years Morandi painted some of his greatest works, producing landscapes and still-lifes in which the
balance of the objects and the rarefaction of their representation projects them into a timeless space. Morandi’s
art cannot truly be categorised or linked to any specific
33
to attraverso l’utilizzo del triangolo di cui si serve per la
costruzione dei suoi dipinti. Nel periodo del dopoguerra e
fino al 1958, anno della sua scomparsa, l’artista perfeziona
il suo linguaggio mediante tecniche espressive e linguistiche che lo contraddistinguono nettamente. Questa affermazione costante di una forza creativa che lo differenzia
da tutti gli vale riconoscimenti e prestigio. Ritrova Morandi,
l’amico della giovinezza che le dispute estetiche avevano
un tempo allontanato, riconoscendosi reciprocamente valori di ricerca autentici e un cammino pienamente maturo.
Quanto a Morandi, egli dipinge alcuni dei suoi più grandi
Osvaldo Licini, Angelo ribelle su fondo rosa (part), 1950
34
school. The influence of Cézanne is of course apparent,
from whom he borrows density of colour and form, but his
style is strongly personal, marked by subtlety and refinement of form as much in his landscapes as his still-lifes.
The latter are intensely worked in both their design and innumerable shades of colour, leading the viewer to conduct
an introspective observation in the manner of works from
the Italian Renaissance. His still-lifes were the most important of his works. They generally depict a series of objects
– pots, vases, bottles – laid out in a very precise arrangement, sometimes mixed with a piece of fruit or shell. They
capolavori realizzando paesaggi e nature morte in cui l’equilibrio delle cose partecipa a una rarefazione dell’aria che
sospende il tempo e lo spazio. La sua arte non può essere
realmente identificata o legata a una scuola pittorica definita. Certamente vi è l’influenza di Cézanne, dal quale mutua
la densità dei colori e delle forme, ma egli s’impegna anche
in un approccio personale molto forte, segnato da una sensibilità formale sottile e raffinata, tanto nei paesaggi quanto
nelle nature morte cesellate dalle innumerevoli sfumature
dei suoi colori e dal disegno che inducono lo spettatore a
una contemplazione introspettiva, sulla scia delle opere degli artisti del Rinascimento italiano. In effetti le nature morte
costituiscono la parte più importante del lavoro di Morandi.
Esse rappresentano in genere un insieme di oggetti disposti in maniera precisa: brocche, vasi, bottiglie, alle quali si
mescolano talvolta un frutto o una conchiglia, posti con meticolosità su uno scaffale o una tavola per essere osservati
nei minimi dettagli e dipinti in colori monocromi, con una
precisione geometrica, ma forse anche come un impegno a
una riflessione filosofica sul silenzio, la semplicità, l’estetica
o la distanza da tenere nei confronti del mondo. L’opera di
Licini e Morandi costituisce un’intensa testimonianza di una
pittura che afferma la propria differenza e contribuisce ad
alimentare il dibattito su un’arte italiana che si confronta
allora con il resto dell’Europa.
Nonostante la volontà di apertura alle influenze moderniste
europee, in particolar modo nel primo dopoguerra, il paesaggio artistico in Italia resta isolato in una cultura seque-
Giorgio Morandi, Natura morta (part.), 1942
are set out with absolute precision on a shelf or table so
that they can be studied in their every detail, then painted
in monochrome colours with geometric precision. They may
perhaps be considered as a philosophic reflection on silence, simplicity, aesthetics or maintaining a distance from
the world. The oeuvres of Licini and Morandi are intense and
distinct forms of painting that contributed to the debate on
Italian art compared with that of the rest of Europe.
Despite openness to modern European influences, especially immediately after the Great War, the artistic landscape in Italy remained marginalised in a culture repressed
by the political desire for a renewal of classicism. However,
it should be understood that this was not purely an Italian
phenomenon. Whereas most Italian artists “took refuge”
in realist figuration, having become disenchanted with the
extremes of modernism and the war, they were not alone
in doing so in Europe. In France, in particular, Picasso had
35
strata da una volontà politica che auspica un rinnovamento
del classicismo. Bisogna tuttavia riconoscere che questo fe-
nomeno non è esclusivamente italiano. Se la maggior parte degli artisti si sono “rifugiati” in una figurazione molto
realista, disincantati dagli eccessi della modernità e dalla
guerra, non sono certo stati gli unici in Europa. In Francia,
specialmente, Picasso, ancora prima della fine della guerra, La Fresnaye, Derain si sono rivolti verso la figurazione. Il
periodo italiano tra le due guerre, misconosciuto al di fuori
delle frontiere, ha anche visto esprimersi un buon numero di
grandissimi pittori che per la maggior parte hanno superato
i limiti di questa figurazione imposta, per esplorare territori
sperimentali. La sola volontà di artisti isolati non sempre è
bastata a imporre una pittura che spesso è stata considerata inadeguata all’espressione delle nuove tendenze; la spe-
rimentazione, l’arte del comportamento, il rifiuto della tela
come supporto della creazione imponevano nuovi dogmi di
un pensiero artistico in completa mutazione, che la guerra
aveva spostato verso il continente americano.
Lucio Fontana opera questa transizione mentre soggiorna in
Argentina e percepisce il fremito di queste nuove tendenze
già alla fine degli anni Quaranta. Da un’adolescenza trascorsa in Argentina, poi in Italia accanto al padre scultore, Fon-
tana ricava le basi di un apprendistato classico. Acquisisce
un’autonomia artistica a partire dagli anni Trenta, quando
il suo lavoro di scultore diventa più libero e personale e si
sviluppa tra il figurativo e l’astratto. È riconosciuto dai maggiori critici del tempo, partecipa alla Triennale di Milano, alla
36
done so even before the end of World War I, shortly followed
by La Fresnaye, Derain there were a number of very great
painters in Italy between the wars, though they went largely
unnoticed in the rest of Europe. Most of them exceeded the
limits of the figuration and explored experimental territory.
The wishes of marginalised artists were not enough to impose the type of painting that was quickly considered as
unsuited to the expression of the new tendencies; experimentation, the art of ideas, and the rejection of canvas as
a support encouraged a new approach to art. With the shift
of the epicentre of the art world to the United States after
World War II, the entire scene was undergoing total change.
Lucio Fontana made this transition while he was living in
Argentina, and saw the signs of the new trends in the late
1940s. Having spent his adolescence in Argentina working
with his sculptor father, he returned to Italy where he received a classic art education at the Accademia di Brera.
His work took on a personal direction in the 1930s when
his sculpture became freer and more personal, evolving between figuration and abstraction. His work was appreciated
by leading critics and he participated in the Milan Triennale,
Venice Biennale and Rome Quadriennale. In 1930 he was
co-founder of the group of Italian Abstract artists and was
given his first solo exhibition. From 1930 to 1940 Fontana
was one of the most innovative sculptors and specialised in
ceramics. He worked in close relationship with avant-garde
architects and explored the potential of new forms using
porcelain, ceramics, terracotta, bronze, reinforced concrete,
Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma. Nel 1930 è
tra i fondatori del gruppo degli “astrattisti italiani” e tiene
la sua prima mostra personale. Nel corso del decennio diventa uno degli scultori più innovativi, specializzandosi in
particolare nella ceramica, collaborando strettamente con
architetti d’avanguardia, ricercando nuove forme plastiche
e utilizzando materiali quali porcellana, ceramica, terracotta, bronzo, cemento armato, vetro, materie plastiche e
fosforescenti. Aspira già a superare i limiti della superficie
piana del quadro per sperimentare la materia e investire lo
spazio. Tra il 1939 e il 1945, tornato a Buenos Aires, lancia
una “protesta artistica” contro la guerra e nel 1946 pubblica
il Manifiesto blanco e fonda il movimento spaziale. Fontana
sviluppa così le sue teorie sullo “spazialismo” integrando i
principi di unità universale in un’arte totale che riprende in
ogni cosa l’idea di mutazione.
Nel 1949 dipinge le sue prime superfici monocrome, le
buca, le incide e le intitola Concetti spaziali. In questo modo
intende porre l’accento sui principi della dinamica, rispettando gli equilibri e l’armonia, stabilendo una continuità
dell’opera con l’ambiente. Mantenendo l’unità classica del
quadro egli ne fa esplodere i confini; distruggendo l’unicità piana della superficie, introduce una rottura importante
nella percezione dell’opera. Tagliare la tela significa respingere definitivamente il principio di imitazione e di rappresentazione dello spazio; all’illusione egli sostituisce la
materializzazione concreta dello spazio nell’opera. Non per
questo Fontana rinnega il concetto di quadro. Il risultato è
un “oggetto artistico” che sfugge al piano per i suoi “buchi”
glass, and plastic or phosphorescent materials. He was already wondering about going beyond the two-dimensional
limitations imposed by painting to incorporate space. Back
in Buenos Aires from 1939 to 1945, he made an “artistic
protest” against the war and in 1946 published his Manifiesto blanco and created the Spatial movement. He developed
a theory of Spatialism which he represented in artworks
that integrated the principles of universal unity in a total art
in which every element was in a state of constant change.
He painted his first monochrome surfaces in 1949 and either cut holes or slashes in them, for which he devised the
name Concetto spaziale (Spatial Concept). The purpose of
acting on the canvases was to emphasise the principle of
dynamism while respecting balance and harmony and establishing a continuity between the work and its environment. While maintaining the classic unity of the traditional
painting, he broke through its limitations: in destroying the
surface plane, he introduced a major innovation in the perception of the work. By slashing the canvas, he was ridding
it permanently of the principle of imitation and the representation of space: he thus substituted the illusion of space
with its material reality. He did not, however, reject the concept of the painting. The result was an “artistic object” that
avoided planarity through the addition of buchi (holes) and,
from 1958, tagli (slashes). The canvas is a monochrome
space on which the only possible actions were no longer the
addition of colours or forms but subtraction, perforation or
laceration of the surface. This achievement of a universal
aesthetic vision included a certain classic vision of art. The
37
e, a partire dal 1958, per i suoi “tagli”. La tela è uno spazio
monocromo sul quale i soli gesti possibili non sono più l’addizione di colori e forme, ma la sottrazione, la perforazione o la lacerazione della superficie. In questa conquista di
una visione estetica universale l’artista non rinuncia a una
certa visione classica dell’arte. L’opera si rivolge a un universo formale caricato di senso e di una volontà di armonia
che non esclude l’utilizzo del colore. Le grandi tinte monocrome comunicano una vibrazione sensuale, “un lusso
leggero della forma”8 che, malgrado il valore utopico di un
pensiero per vari aspetti molto radicale, difende anche una
visione romantica e spirituale dell’arte, indotta dall’utilizzo
di tonalità di base ben precise, anche se l’artista esprime
un certo distacco di fronte all’utilizzo dei colori: “Prendo il
bianco perché è il colore più puro e meno complicato, ma
Lucio Fontana, Concetto spaziale (part.), 1960-1961
38
work itself was a formal universe, with a sense and desire
for harmony that did not exclude the use of colour. His large
flat monochrome tints give off a sensual vibration, “un luxe
léger de la forme”,8 which despite the utopian value of a
thought, in certain aspects very radical, also endorsed a
romantic and spiritual vision of art induced by the use of
precise basic tonalities, even though the artist expressed
a certain detachment from the use of colours: “I use white
because it is the purest and least complicated colour but it
is of no importance in relation to […] my thinking – white or
red or yellow.”9
His fondness for white is thus an outcome of pictorial simplification but he also underlines its purity, a concept that is
both abstract and spiritual, which in turn are unconnected
with informal rationalism. On this subject Lóránd Hegyi remarks: “Even if the forms and general visual appearance
of Fontana’s aesthetic vision display links with informal art,
his universalist art, its apparent decorative nature subordinated to a hierarchical spiritual system, the provocative
sensibility and enigmatic poetry of his formal universe
fall much more within baroque pathos and romantic and
avant-gardist universalism than the triumphant Informel.
His pedagogical emphasis and concentration of the grasping
of the dramatic moment or the raising of awareness of the
new spiritual energy in art becomes an elementary experience, in other words, the focus on the moment of transition
and transformation left its mark on the young artists of this
new sensibility, with the amplification of sensual stimuli
and radical intensification of visual physical effects emerg-
non ha alcuna importanza, in rapporto agli effetti del mio
pensiero, il bianco o il rosso o il giallo.”9
La predilezione per il bianco, quindi, rientra in una semplificazione del gesto pittorico, ma ne sottolinea anche
la purezza, concetto al tempo stesso astratto e spirituale
molto lontano dal razionalismo informale. A questo proposito annota Lóránd Hegyi: “Anche se le forme, l’aspetto
visivo generale della visione estetica di Fontana rivelano
certi legami con l’arte informale, la sua idea artistica universalistica, l’apparente decorativismo subordinato a un
sistema gerarchico spirituale, la sensibilità provocatoria e
la poesia enigmatica del suo universo formale dipendono
ben più dal pathos barocco e dall’universalismo romantico e avanguardista che dall’informale imperante. La sua
enfasi pedagogica e la sua concentrazione sull’afferrare il
momento drammatico o la sensibilità per la nuova energia spirituale dell’arte si fa esperienza elementare, vale a
dire che la concentrazione sul momento di passaggio e di
trasformazione ha segnato i giovani artisti di una nuova
sensibilità, l’amplificazione delle provocazioni sensuali,
l’intensificazione radicale degli effetti fisici visivi sfociando
sull’esperienza assoluta della trasformazione dell’energia,
come pure sulla percezione mentale, spirituale dell’armonia universale.”10
Fontana proietta il concetto di multidirezionalità della pittura in un’opera che investe lo spazio. La chiama Ambiente
spaziale – “né pittura, né scultura; [...] suggestione libera
immediata che un ambiente, creato da un artista, trasmette allo spettatore”11 – e ne presenta la prima realizzazione
Lucio Fontana, Concetto spaziale (part.), 1965
ing into the absolute experience of the transformation of
energy and the mental and spiritual perception of universal
harmony.”10
Fontana projected the concept of multidirectionality in
painting into an artwork that invested space. He called it
Ambiente spaziale (spatial environment), “neither painting
nor sculpture; […] a free and immediate suggestion that an
ambiente, created by an artist, transmits to the viewer”.11
He first presented this concept at the Galleria del Naviglio
39
nel 1949 alla Galleria del Naviglio di Milano con il titolo
Ambiente spaziale a luce nera o anche Ambiente nero. In
seguito realizza vari Ambienti spaziali, tra i quali nel 1966
l’Ambiente spaziale bianco per la Biennale di Venezia. Gli
Ambienti spaziali sono, per Fontana, il luogo dell’esperienza per eccellenza: egli vi concretizza l’illusione dello spazio
totale, libero da punti di riferimento cartesiani, e vi materializza le sue ricerche sulla luce aprendo la via all’idea di
un’arte totale che fonda insieme pittura, scultura, architettura e design, idea che segna la giovane generazione di
artisti che entrano in scena a partire dalla metà degli anni
Cinquanta in cerca di un’avventura artistica, spirituale e
intellettuale.
Anche in Fontana la preoccupazione pittorica conserva il
suo carattere prettamente visivo, estetico e sempre legato
a un certo ideale artistico. Egli non abbandona mai il campo emozionale, sviluppando attraverso la sua arte un’eloquenza persuasiva seduttrice, propria dell’arte italiana. Se
Fontana è riuscito a superare il muro delle avanguardie,
è perché il suo linguaggio pittorico ha assimilato i principi provocatori propri dei movimenti che si sono imposti
nell’immediato dopoguerra. Egli ha modificato la percezione bidimensionale del quadro conservando una tecnica
simile alla pittura, e in questo risiede la sua grande abilità.
In fondo, egli è un pitture astratto, spaziale certo, ma allo
stesso titolo degli Angeli di Licini, le cui anime volteggiano
nel nostro inconscio e abitano lo spazio del nostro immaginario.
40
in Milan in 1949 with the title Ambiente spaziale a luce
nera, also called Ambiente nero. He subsequently produced different Ambienti spaziali, including a white version
in 1966 for the Venice Biennale. For Fontana, his Ambienti
spaziali were the quintessential place of experience, where
the illusion of space free of Cartesian reference points became manifest. It was also in these environments that he
executed his research into light, opening the way to the
idea of a total art that united painting, sculpture, architecture and design, and which was to leave its stamp on the
young generation of artists who came onto the scene in the
mid-’50s in search of an artistic, spiritual and intellectual
adventure.
Nonetheless, even Fontana’s work maintained an eminently visual and aesthetic nature associated with a certain artistic ideal. He never abandoned the emotional dimension
and developed a persuasive and convincing eloquence
characteristic of Italian art. If he succeeded in joining the
avant-gardes, it’s because his pictorial language was the
equal of the disruptive principles developed by the those
movements in the immediate post-war period. He changed
the two-dimensional perception of a painting while maintaining a technique closely related to the practice of painting. That was the crux of his contribution. He was basically
an abstract painter, spatial certainly, but in the same way
as Licini’s Angels, whose souls flutter in our unconscious
and inhabit the space of our imagination.
Note
1
Jacqueline Munck, in “Dossier de l’Art”, n. 160, febbraio 2009, pp. 7-8.
2
Ardengo Soffici, cit. in Le surréalisme 1922-1942, cat. mostra, Musée des Arts Décoratifs, Parigi, 9 giugno - 24 settembre 1972, p. 58.
3
André Breton, Anthologie de l’humour noir, Pauvert, Parigi, 1966, p. 367.
4
Giorgia Bongiorno, in Alcesti di Samuele d’Alberto Savinio, Centre d’Etude et de Recherche Editer/Interpréter, pubblicazioni digitali del CEREdI.
5
Da Elena Pontiggia, Filosofia di Licini, in Osvaldo Licini. Tra le Marche e l’Europa, cat. mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2008.
6
Ibidem.
7
Ibidem.
8
Lóránd Hegyi, Lucio Fontana, in Zero. Avant-garde internationale des années 1950-1960, cat. mostra, Museum Kunst Palast, Düsseldorf e Musée d’Art Moderne, Saint-Étienne, Hatje Cantz Verlag, Ostfildern, 2006, p. 50.
9
In Carla Lonzi, Autoritratto, De Donato, Bari, 1969.
10
Lóránd Hegyi, op. cit., p. 51.
11
Pourquoi est-ce que je fais de l’art spatial, in Fontana, Galerie Karsten Greve, Parigi, 1989.
Endnotes
1
Jacqueline Munck, in Dossier de l’Art, no. 160, February 2009,
pp. 7-8.
2
Ardengo Soffici, De Chirico e Savinio, in Lacerba, 1 July 1914, translated from the Italian.
3
André Breton, Anthologie de l’humour noir, Pauvert, Paris, 1966,
p. 367.
4
Giorgia Bongiorno, L’Alcesti di Samuele d’Alberto Savinio, CÉRÉdI, http://ceredi.labos.univ-rouen.fr/public/?l-alcesti-di-samuele-d-
alberto.html
5
Extract from Elena Pontiggia, Filosofia di Licini, in Osvaldo Licini. Tra le Marche e l’Europa, exhibition cat., Silvana Editoriale, Cinisello Balsano, 2008.
6
Ibidem.
7
Ibidem.
8
Lóránd Hegyi, Lucio Fontana, in Zero. Avant-garde internationale des années 1950-1060, exhibition cat., Museum Kunst Palast, Düsseldorf and Musée d’Art Moderne, Saint-Étienne, Hatje Cantz Verlag, Ostfildern, 2006, p. 50.
9
In Carla Lonzi, Autoritratto, De Donato, Bari, 1969.
10
Lóránd Hegyi, op. cit., p. 51.
11
Pourquoi est-ce que je fais de l’art spatial, in Fontana, exhibition cat., Galerie Karsten Greve, Paris, 1989.
41
42
Giovanni Lista
Il primato della
pittura nell’arte
moderna italiana
The primacy of
painting in modern
Italian art
Nell’intento di studiare le componenti individuali della nozione di stile all’interno della produzione artistica collettiva di un’epoca determinata, lo storico d’arte austriaco
Alois Riegl ha forgiato nel 1901 il concetto di Kunstwollen
per definire il “volere artistico” o la “intenzionalità creativa” che suppone ogni opera d’arte, cioè la cosciente volontà dell’artigiano o dell’artista che innova opponendosi
alle esigenze della tradizione e ai condizionamenti che gli
impongono i materiali e le capacità tecniche. Detto altrimenti, l’arte, giacché creazione autonoma rispetto ai fattori tecnici e alle condizioni storiche, corrisponde innanzitutto a una volontà d’arte. Rielaborato in senso hegeliano
da Erwin Panofsky, il concetto di Kunstwollen è oggi inteso
in connessione dialettica con la categoria epocale dello
Zeitgeist o “spirito del tempo” per cui tanto le forme simboliche quanto i materiali espressivi dell’arte non sono mai
indipendenti dal contesto in evoluzione della storia. L’arte è quindi il frutto della volontà creativa dell’artista, ma
anche e inevitabilmente la manifestazione inconscia della
sensibilità, della mentalità e delle idee che caratterizzano
l’epoca storica in cui è apparsa l’opera.
In Italia l’arte moderna è nata insieme alla nazione italiana.
La situazione artistica era così percorsa da una problematica che non era riscontrabile in nessun altro paese. Da un
With the aim of studying the individual components of the
notion of style within the collective artistic production of a
given period, in 1901 the Austrian art historian Alois Riegl
coined the concept of Kunstwollen to define the “artistic
will” or “creative intentionality” that every artwork supposes, that is to say the conscious will of the craftsman or
artist who innovates by going against the demands of tradition and the conditioning that imposes the use of particular materials and technical skills. In other words, art, as an
autonomous creation in relation with its particular technical
aspects and historic conditions, above all corresponds to the
desire for art. Reconsidered from a Hegelian standpoint by
Erwin Panofsky, the concept of Kunstwollen is today understood in dialectic connection with the epochal concept of
the Zeitgeist or “spirit of the time”, in which the symbolic
forms and expressive materials of art are never independent of context in the progress of history. Art is therefore
the fruit of the artist’s creative will but also, and inevitably,
the unconscious manifestation of the sensibility, mentality
and ideas that illustrate the historical epoch in which a work
appears.
In Italy, modern art came into being with the creation of the
Italian nation. In consequence, issues arose that were unique
to the country. On one hand, due to the gradual identifica-
43
lato la modernità, attraverso la sua graduale identificazione con il progresso tecnologico e industriale, equivaleva a
un’impietosa marginalizzazione dei capolavori del passato.
Dall’altro le ricchezze artistiche dell’Italia romana, medievale, rinascimentale e barocca dovevano pur essere rivendicate per affermare la grandezza storica e la dimensione
identitaria dell’Italia come nuova nazione. In altre parole,
in che modo era possibile, per un artista postunitario, affermarsi simultaneamente come italiano e come moderno?
Come rivendicare la propria identità di italiano aderendo
nello stesso momento al nuovo corso della storia che, con
l’avvento della modernità, faceva dell’Italia un “immenso
museo all’aperto” secondo la formula di Quatremère de
Quincy?
Da allora il dilemma che pesava sull’artista italiano postunitario ha ossessionato in modo sotterraneo ma senza
sosta tutta la storia artistica dell’Italia moderna. In altre
parole, il significato ultimo dell’arte moderna italiana, il suo
autentico Kunstwollen, era esattamente in questa ricerca
identitaria, facendo sì che, per l’artista italiano, ogni suo
“progetto artistico” si trasformasse immediatamente in un
interrogativo sul senso della sua italianità. È un dilemma
che si è presentato e ripresentato a più riprese in modi
diversi, a volte con la scelta dei soggetti o con la tendenza
verso una precisa soluzione formale, altre volte con la risolutezza iconoclasta, ma che a posteriori appare come ciò
che ha prodotto il più importante fenomeno di un secolo e
mezzo d’arte italiana postunitaria: un Kunstwollen orientato in modo specifico verso l’espressione di un’identità.
44
tion of modernity with technological and industrial progress,
it was tantamount to a pitiless shunting aside of the masterpieces of the past. On the other, claim had to be laid to
the artistic treasures of Roman, medieval, Renaissance and
Baroque Italy to assert the country’s historic greatness and
establish its identity as a new nation. But how was it possible for a post-unification artist to make a name for himself
both as an Italian and a modern? How could he establish his
identity as a participant in Italy’s new historical trajectory
that, with the advent of modernity, turned Italy into an “immense open-air museum”, in the words of Quatremère de
Quincy?
Since then the dilemma that weighed on post-unification
artists has haunted, in a concealed manner, all of modern
Italy’s artistic history. That is to say, the ultimate significance
of Italian modern art, its authentic Kunstwollen, was to be
found precisely in this search for identity, with the result
that, for every Italian artist, his “artistic project” immediately turned into a question relating to his “Italianness”. This dilemma has appeared and reappeared on several occasions
and in different ways, at times in the choice of subject or a
preference for a particular formal solution, at others with a
resolute iconoclasticism, but which with hindsight is seen as
what produced the most important phenomenon for a century and a half of Italian post-unification art: a Kunstwollen
centred specifically on the expression of identity.
Following unification, in their search for an answer to the
identity dilemma, the Macchiaioli made a clear attempt
at creating a synthesis of the ancient and the modern by
All’indomani dell’unità d’Italia, per trovare una risposta al
dilemma identitario, i macchiaioli hanno lucidamente puntato su una sintesi tra l’antico e il moderno, riprendendo
l’approccio geometrico delle composizioni del Quattrocento
per associarlo alla pittura paesaggista all’aperto. Volendo
rivendicare la propria italianità all’interno di una tradizione
non disgiunta dalla modernità, hanno per questo rifiutato
deliberatamente di spingersi fino alla prassi dell’impressionismo, pur avendone avuto l’intuizione. Vent’anni dopo
i divisionisti hanno puntato alla dimensione sociale della
nascente Italia industriale, che talvolta hanno opposto ai
tradizionali riti religiosi, quando invece i simbolisti vicini a
d’Annunzio hanno voluto esplorare l’antropologia culturale
dell’Italia contadina. Il futurismo, con furore iconoclasta,
ha voluto cancellare il glorioso passato dell’Italia per compiere, a occhi chiusi, il salto nel futuro. Di fatto il dilemma
identitario era sempre presente: Boccioni, pur inneggiando all’automobile e al progresso tecnologico, si applicava
a dipingere il cavallo, uno dei maggiori soggetti ereditati
dall’arte classica. E non si può capire l’opera di Modigliani
e di de Chirico, entrambi residenti a Parigi, a contatto con
le ricerche più innovative del nuovo secolo, senza fare riferimento a quel Kunstwollen identitario che segna profondamente e accompagna tutto il crescere dell’arte italiana
moderna. Modigliani era consapevole della novità del cubismo, ma non per questo ha rinunciato a ciò che viveva
come la sua italianità: di conseguenza si è ostinato a custodire la nobile dignità della figura umana, conservando nei
suoi occhi la dolcezza delle Madonne del Trecento senese,
Giorgio de Chirico, Piazza d’Italia con Arianna (part.), 1948
taking the geometric approach of the compositions of the
Quattrocento and associating them with landscape painting direct from the motif. In wishing to lay claim to their
Italian nature within a tradition that was not detached from
modernity, they deliberately stopped short of the practice
of Impressionism despite having had that intuition. Twenty
years later, the Divisionists focused on social themes in Italy’s
nascent industrial development, which they sometimes set in
opposition to traditional religious rites, while the Symbolists
around Gabriele d’Annunzio explored the cultural anthropology of agricultural Italy. With iconoclastic fury, Futurism wished
to erase Italy’s glorious past and make a blind leap into the
future. The identity dilemma was nonetheless present:
though extolling the automobile and technological prog-
45
nel momento in cui Picasso esaltava il brutto scomponendo
e frazionando la figura umana. In questa stessa ottica de
Chirico inscenava la civilizzazione urbana e architettonica
dell’Italia del passato, ne dava una proiezione allegorica
grazie a un’Arianna dolcemente assonnata al centro di
piazze deserte, abbandonate dalla Storia e già assediate
dalle ferrovie. Osava, soprattutto, riproporre un approccio
formale rifiutato già da tempo dall’arte moderna: la prospettiva, il fondamento stesso dell’arte italiana lungo tutta
la sua storia. Il sistema prospettico dei suoi dipinti non è
tuttavia immune da incoerenze e anomalie che falsano la
normale percezione dello spazio: le architetture, le piazze e i monumenti sono colti in un’atmosfera inquietante e
malinconica, con un senso di estraneità quasi metafisica.
È proprio con de Chirico che compare allora un sentimento realmente doloroso dell’Italia di fronte all’avvento della
modernità.
In altri termini, l’arte italiana non ignora affatto i molti dibattiti che hanno nutrito la modernità. La sua dialettica,
la sua problematica e il suo sviluppo storico li riflettono,
ma essi appaiono integrati a ciò che caratterizza maggiormente la sua civilizzazione estetica, cioè il potere dell’immagine, il rapporto con l’esperienza sensibile e lo spazio
prospettico.
La tradizione della cultura artistica italiana si è fondata
sul potere dell’immagine che è sempre stata collegata alle
grandi evoluzioni della fede, in particolare alla posizione
dell’uomo pensata dalla religione. In ogni caso, che sia
l’uomo del Rinascimento, concepito al centro della crea-
46
ress, Boccioni still devoted himself to painting the horse,
one of the greatest subjects inherited from Classical art. Nor
can the art of Modigliani or de Chirico – both of whom were
living in Paris in contact with the most innovative artistic
research of the century – be understood without reference
to the identity Kunstwollen that deeply influenced and accompanied Italian modern art throughout its development.
Modigliani was aware of the novelties of Cubism but even so
did not turn away from what he considered his Italian background: thus he persisted in painting the noble dignity of the
human figure, and maintaining in his depiction of the eyes
the gentleness of the Madonnas of the Sienese Trecento, at
exactly the same time that Picasso was lauding ugliness in
his decomposition of the human figure. De Chirico took the
same approach when he portrayed the urban and architectural civilisation of Italy’s past but gave it an allegorical slant
with Ariadne slumbering in deserted piazzas, having been
abandoned by History and already beset by trains. Most importantly, he dared to take a formal approach by employing
perspective, the foundation of Italian art all through its long
history, though it had for some time been abandoned by
modern art. However, his use of perspective in his paintings
was not fully logical, incorporating anomalies and inconsistencies that falsify our normal perception of space: the
buildings, squares and monuments exist in a perturbing and
melancholic atmosphere with a sense of strangeness that is
almost metaphysical. It was with de Chirico that a truly painful sentiment arose, that of Italy confronted with modernity.
In other terms, Italian art did not ignore the many debates
zione divina, oppure l’uomo dell’epoca barocca, pervaso
dall’inquietudine e dalla ricerca di un nuovo equilibrio, il
cattolicesimo romano ha individuato nell’arte figurativa il
mezzo per rappresentare queste evoluzioni del pensiero
religioso. È questa probabilmente una delle ragioni per cui
l’arte italiana ha invaso con estremo convincimento il campo dell’immagine, restandole fedele nonostante i ripensamenti dell’inizio del XX secolo. Anche il futurismo, una fra
le più importanti avanguardie della modernità, non ha voluto o non ha potuto distruggere l’immagine. D’altra parte
alcune tematiche, quali la poetica del cielo e dello spazio
cosmico, sono costanti nell’arte italiana, perché derivano
dai suoi più lontani fondamenti culturali: l’eredità grecolatina, il platonismo e la spiritualità cattolica. Per questi
stessi motivi l’arte italiana non scivola mai nell’espressionismo corrosivo che caratterizza l’arte tedesca, o nello sterile concettualismo, se non anche nel surrealismo, dell’arte
francese. E ignora ugualmente il satanico e il tenebroso
del romanticismo del Nord e del Centro europei, poiché la
mitologia religiosa del cattolicesimo si è sempre presa cura
del lato oscuro dell’essere umano, arginandolo attraverso
la sua collocazione nella dottrina esegetica della chiesa.
Per spiegare il dominio dell’esperienza sensibile nell’arte
italiana Bernard Berenson evoca i “valori tattili” che spingono l’artista a rappresentare le forme e gli oggetti della
realtà “in un modo che stimola l’immaginazione a sentirne
il volume, soppesarli, rendersi conto della loro resistenza
potenziale. Misurare la loro distanza da noi”. In tal modo,
attraverso uno sguardo che sente, soppesa, misura la con-
that drove modernity forward. Its dialectics, difficulties and
its development reflected those debates but they appeared
integral to what mostly typified its aesthetic civilisation,
that is to say the power of the image, its relationship with
perceptible experience and perspectival space.
The tradition of the culture of art in Italy was founded on
the power of the images that have always been associated
with the changes that occurred in the field of faith, in particular with religion’s notion of man’s position in the universe. Whether its audience was man of the Renaissance,
who was believed to stand at the centre of divine creation,
or of the Baroque, permeated by uneasiness and the search
for a new equilibrium, Roman Catholicism identified figurative art as the means to represent the developments taking
place in religious thought. This was probably one of the reasons why Italian art so convincingly focused on the image
and remained faithful to it regardless of the new thinking at
the start of the twentieth century. Not even Futurism, which
was one of the most important avant-garde movements of
modernity, wanted or was able to destroy the image. Some
themes, however, such as the poetics of the sky and cosmic space, are constants in Italian art because they have
come down from its most distant cultural foundations: its
Graeco-Latin heritage, Platonism and Catholic spirituality. It
is for these reasons that Italian art never adopted the corrosive Expressionism typical of German art, nor the sterile
Conceptualism or Surrealism of French art. It also ignored
the satanic and sinister Romanticism of North and Central
Europe as Catholic religious mythology had always account-
47
sistenza e la qualità della superficie, organizzando i dati
della percezione in un’idea superiore dei sensi, il sentimento estetico diventa una partecipazione attiva e presente
del corpo: l’artista non percepisce soltanto l’oggetto, ma lo
vive, e l’oggetto, a sua volta, si scopre vivente e trova una
collocazione nel mondo. Questo tipo di sguardo sensibile,
che si sedimenta nella cultura estetica italiana a partire dal
modello pittorico giottesco e dalle Madonne del Trecento e
Quattrocento toscano, genera una vera e propria attitudine
visiva endogena della pittura nazionale, fondata quindi sui
“valori tattili” che sono “intensificatori di vita”. Il principio
Osvaldo Licini, Angelo con coda (part.), 1946
48
ed for the baleful side of man, inhibiting it through its inclusion in the Church’s exegetic doctrine.
To explain the sovereignty of perceptible experience in
Italian art, Bernard Berenson used to refer to the “tactile
values” that prompt an artist to represent the forms and
objects of reality “in a way that stimulates our imagination
to feel their volume, their weight, their potential resistance,
to measure their distance from us”. Thus, by transforming
perceptual data into the superior notion of the senses with a
glance that feels, weighs, and measures the consistency and
quality of the surfaces, the aesthetic sentiment becomes an
active and present element of the body. The artist not only
perceives the object but experiences it, and in turn the object comes to life and occupies a space in the world. This
type of sense-laden glance, found in Italian aesthetic culture
since the Giottesque pictorial model and also in the Tuscan
Trecento and Quattrocento Madonnas, generates a real endogenous visual stance vis-à-vis Italian painting founded on
“tactile values” that are “intensifiers of life”. The “tactile”
principle of the Italian pictorial vision has remained like a
pulsating organ, motivating the action of the eye that is unable to look at reality in any other than this original, investigative and vital manner.
The perspectival space that underlies Italian painting draws
attention to the scenography of the image, in the etymological sense given to the word by Vitruvius, its inventor. By
this he meant the optical control of the space by means of
geometric construction, or a perfectly partitioned structuring of the depth of the image, so as to create an illusory
“tattile” della visione pittorica italiana si conserva nei decenni come un organo pulsante, motivando l’azione di un
occhio che non sa guardare la realtà se non in quel modo
originale, indagatore e vivo.
Lo spazio prospettico che fonda la tradizione pittorica italiana è la scelta di evidenziare, nell’immagine, la scenografia
nel senso etimologico che Vitruvio, il suo inventore, dava
a questa parola: il controllo ottico dello spazio mediante
una costruzione geometrica, o un’articolazione perfettamente suddivisa e scandita della profondità dell’immagine,
in modo da ottenere una resa scenica illusiva della realtà
rappresentata sul piano. Lo spazio prospettico implica l’acuità e l’ordine disciplinato dei dati della visione, cioè uno
sguardo sereno e privo di ambiguità sul mondo.
Questi tre fattori, cioè il potere dell’immagine generato
dalla cultura cattolica, il rapporto con l’esperienza sensibile tesa verso la qualità tattile dello sguardo estetico di
derivazione classica, e lo spazio prospettico cementato
sull’immenso patrimonio pittorico e architettonico dell’arte
rinascimentale, sono gli elementi fondanti che specificano
la tradizione dell’arte italiana. Si tratta di una tradizione
esclusiva poiché non trova alcun riscontro in altri paesi. In
Germania, ad esempio, cioè in un paese che ha raggiunto l’unità nazionale nello stesso periodo del compiersi di
quella italiana, gli artisti non hanno vissuto in modo simile
il dilemma identitario. La cultura protestante, il persistere
dello stile gotico, un Rinascimento che ha pressoché ignorato il pensiero umanista legato al “bello ideale”, il dominio della filosofia, l’assenza di vestigia del mondo classi-
rendition of three-dimensional reality in two dimensions.
Comprehension of perspective entails the perception and
disciplined ordering of the visual data, thus a serene and
unambiguous outlook on the world.
These three factors – the power of the image generated by
the Catholic culture, the relationship with perceptive experience in the form of the tactile quality of the Classically derived aesthetic vision, and the perspectival space that permeates the immense pictorial and architectural heritage of
Renaissance art – are the fundamental elements that characterise Italian art. This tradition is exclusive, in the sense
that it is unlike that of any other country. For example, in
Germany, a country that achieved national unity during the
same period as Italy, the artists did not experience the same
identity-related dilemma. The combination of Protestant culture, the persistence of the Gothic style, a Renaissance that
pretty much ignored the humanist thinking linked to the
bello ideale, the primacy of philosophy and the absence of
any vestiges of the Classic world produced a Romanticism in
Germany that glorified sentiment and set it against the rationality of the Enlightenment culture that wished to return
to the primordial sources of existence and searched in the
myth of the “total work of art” for the most profound expression of the union of the life and soul of a people.
The modern language of art suffered a real cultural split
when, shortly after World War I, Marcel Duchamp and other
exponents of Dada imposed a completely new approach to
aesthetics and production when it conferred artistic dignity
on ordinary objects and thus cleared the path that led to
49
co, hanno prodotto in Germania un romanticismo che ha
esaltato il sentimento, contrapponendolo ai valori razionali
della cultura dei Lumi, che ha voluto risalire alle fonti primordiali dell’essere e che ha cercato nel mito dell’“opera
d’arte totale” l’espressione più profonda dell’unità della
vita e dell’anima di un popolo.
Il linguaggio moderno dell’arte registra una vera e propria
spaccatura culturale quando, nel primo dopoguerra, Marcel
Duchamp e altri esponenti dell’area dadaista impongono un
inedito modello estetico e operativo che riconosce dignità
artistica all’oggetto d’uso comune e apre la strada al ready-made. Quest’ultimo schiude la prospettiva concettuale
legittimando una radicalità di approcci, dall’appropriazione
dell’oggetto alla manipolazione fisica della materia, confluita poi nelle avanguardie europee e americane del secondo
dopoguerra. Questa svolta, che produce lo sganciamento
da ogni vocazione rappresentativo-mimetica in nome del
primato concettuale dell’idea, del pensiero e del progetto
retroattivo rispetto al valore estetico dell’oggetto, nasce
all’interno della tradizione estetica francese, che è ben
diversa da quella italiana. Come affermava Federico Zeri,
l’artista italiano produce sintesi idealizzanti, crea quadri
che s’impongono globalmente e al primo colpo d’occhio.
L’artista francese procede invece per connessione, dipinge quadri che appaiono come un’accumulazione di sguardi localizzati e giustapposti. Anche la fruizione dell’opera
d’arte è culturalmente diversa. L’italiano ha uno sguardo
sottomesso e ricettivo, vuole essere sedotto dall’immagine
dipinta. Il francese vuole invece afferrarla e penetrarla con
50
the ready-made. The ready-made opened the conceptual
perspective by legitimising a variety of radical approaches,
from the appropriation of the object to physical manipulation of the materials, that was later taken up by the avantgardes of Europe and the United States after World War II.
This development, which resulted in the abandonment of
all representation and imitation in favour of the conceptual
primacy of the idea, thought and preceding design relating
to the object’s aesthetic value, arose from within the French
aesthetic tradition, which is very different from its Italian
equivalent. As has been stated by Federico Zeri, Italian
artists produce idealizing syntheses, and create paintings
that assert themselves as a whole at first glance. French
artists, on the other hand, proceed via connections, creating
paintings that appear like an accumulation of localised and
juxtaposed elements. Even the appreciation of a work of art
is different. Italians are submissive and receptive, wishing to
be won over by the painted image. The French want to take
hold of the work and enter into it with their eternal analytical scrutiny. Catholic culture prompts Italians to search for
the truth and symbolic value of an image, whereas French
culture – having had to react to the ideological vandalism
unleashed by the revolution of 1789, which obliged it to
call into question the value of an image associated with the
cult of religion or the power of the king – is naturally only
concerned with the aesthetic value of an artwork. By distinguishing the aesthetic value from any symbolic or iconographic content, the French consequently approach art from
a more intellectual and literary standpoint.
uno sguardo che è sempre analitico. La cultura cattolica
induce l’italiano a cogliere la verità dell’immagine o il suo
valore simbolico. Invece, avendo dovuto reagire al fenomeno del vandalismo ideologico scatenato dalla rivoluzione
del 1789, che la costrinse a rimettere in causa il valore
delle immagini associate al culto della religione o al potere
del re, la cultura francese è naturalmente attenta al solo
valore estetico dell’opera d’arte. Separando il valore estetico da ogni contenuto simbolico o iconografico, è orientata
verso un’arte più intellettuale e letteraria.
Il dilemma identitario che si trova all’origine dell’arte moderna italiana produce un’altra differenza. Quando l’artista italiano vuole esprimersi, cerca di fare dell’arte, cioè
di aderire ai modelli di una tradizione, o comunque a un
approccio idealista e molto alto dell’arte di cui si sente responsabile come erede. L’artista francese, invece, quando
vuole fare dell’arte, cerca solo di esprimersi, cioè di dare
vita, in totale libertà, all’esigenza di comunicazione che
vive in lui. Compiendosi all’interno di questa tradizione
francese, la svolta del ready-made scopre l’esistenza, accanto alla tradizionale dimensione della rappresentazione
figurativa, di uno spazio dell’enunciazione linguistica, ma
soprattutto scardina il sistema gerarchico vigente tra realtà, rappresentazione e significato, lasciando esplodere o
implodere ogni figurazione, svuotando di senso e di valore
etico l’equivalenza mimetica dell’arte tradizionale. L’arte
non è più rappresentazione della realtà immaginata o visiva, ma manipolazione della realtà stessa in quanto tale.
La modernità dell’arte italiana matura, al contrario, proprio
The question of identity that underlies the origin of modern
Italian art produces another difference. When an Italian artist wants to express himself, he attempts to make art: that
is to say, he follows the models of his tradition or an idealistic and elevated approach to the art of which he feels the
heir. However, when his French colleague wishes to make
art, he attempts only to express himself and, unrestricted in
any way, to give vent to his need for communication. Falling
within the French tradition, the development of the readymade reveals the existence – in addition to the traditional
dimension of figurative representation – of the dimension
of linguistic expression, but above all overturns the hierarchical system that encompasses reality, representation and
meaning, thus allowing all figuration to either explode or implode, and stripping the mimetic equivalence of traditional
art of all sense and value. Art is no longer the representation
of imagined or observed reality but the manipulation of that
reality, such as it is.
In contrast, modern Italian art persisted in the pictorial and
figurative tradition from which the ready-made so drastically diverged. Italian artists continued to demonstrate a
physiological attraction to painting, still considering it their
preferred means for establishing a correspondence between
reality and the space of aesthetic expression. This partiality
is the outcome of a free and innate sensibility that tends
towards a specifically tactile quality of aesthetic appreciation of classical descent, and a choice refined and fortified
through the mental concept of perspective, in turn understood as a fundamental paradigm of a philosophical world
51
nel solco di quella tradizione pittorica e figurativa da cui il
ready-made prende così drasticamente le distanze. Infatti
gli artisti italiani continuano a mostrare una fisiologica attrazione per la pittura, riconoscendola ancora, attraverso le
epoche successive, come il mezzo privilegiato per stabilire
un efficace accordo di corrispondenza tra i dati della realtà
e lo spazio dell’espressione estetica. Tale atteggiamento,
da un lato, è il frutto di un libero e innato sentire, teso verso una qualità specificamente tattile dello sguardo estetico
di progenitura classica, dall’altro è una scelta filtrata e irrobustita attraverso la categoria mentale della prospettiva,
a sua volta intesa come paradigma fondativo di un modo
filosofico di leggere, rappresentare e ordinare la realtà attraverso la strutturazione dell’esperienza sensibile. In tal
modo, scegliendo di non recidere il cordone ombelicale
con una cultura materna che si staglia solida alle spalle del
tempo come specchio dell’identità storica e antropologica,
l’arte italiana accede alla modernità importandovi e declinando in modo inedito proprio l’approccio più tradizionale
dell’espressione estetica nazionale, la pittura.
Il primato della pittura è un filo rosso che percorre i decenni dell’arte moderna italiana congiungendo una serie
di esperienze peculiari, ma diversissime tra loro, quali il
futurismo, l’arte metafisica dei fratelli de Chirico, Sironi e
il gruppo di Novecento, le ricerche solitarie di Morandi e
di Licini, l’informale gestuale di Fontana. Il primato della
pittura è il legame di continuità di queste esperienze, il
segno di una coerenza culturale ed estetica, attraverso cui
tradizione pittorica e avanguardia si saldano l’una sull’altra
52
Mario Sironi, L’albero (part.), 1930
of the study, representation and ordering of reality through
the structuring of perceptible experience. By choosing not
to cut the umbilical cord with its maternal culture, which
stands solid through time like a reflection of the people’s
historical and anthropological identity, Italian art acceded
to modernity, both importing and inflecting in a completely
nell’esperienza italiana, mostrando la forza di una frattura
non intesa come negazione, ma piuttosto come rifondazione in senso moderno di un approccio visivo profondamente
identitario.
Fin dagli esordi, cioè prima di infondere la sua carica rivoluzionaria in ogni campo dell’agire artistico, il futurismo
trova e concentra proprio nella pittura le prime soluzioni
estetiche realmente inedite, le stesse che avrebbero costruito intorno al movimento la credibilità di un’avanguardia. Rifiutando ogni accademismo Boccioni introduce un
nuovo modello formale nato dalla radicalizzazione del divisionismo teorico e pittorico di Previati. Mette così a punto
un inedito approccio formale antifigurativo che non vuole
più cogliere il dato fenomenico, ma partire da esso per catturare l’energia dinamica in atto, l’evento in cui si consuma
la relazione vitale tra corpo e ambiente. Con la poetica dello “stato d’animo” Boccioni elabora una visione soggettiva
attraverso la distribuzione fluida di colori capaci di restituire la fusione delle vibrazioni psicologiche. Russolo gioca
con la sfilacciatura cromatica o la pennellata puntiforme
che smeriglia la luce in una polvere di colore aereo. Carrà
approfondisce le potenzialità delle accensioni cromatiche
per rendere l’infuocarsi delle luci al tramonto o il moltiplicarsi del dinamismo urbano. Severini indaga attraverso la
materia cromatica la dissoluzione pittorica della forma nella luce e nel movimento dinamico della danza. Balla cerca
la matrice geometrico-formale dei fenomeni cinetici della
realtà. Depero libera il suo gusto ludico attraverso la stesura piatta di un colore saturo antinaturalistico e la scansione
new manner Italy’s most traditional technique of aesthetic
expression – painting.
The primacy of painting is a thread that winds through the
decades of Italian modern art and links a series of peculiar but also very diverse experiences, such as Futurism, the
Metaphysical art of the de Chirico brothers, Sironi and the
Novecento group, the individual artistic research of Morandi
and Licini, and the informal and gestural art of Fontana. The
continuity between these experiences is given by the primacy of painting; a primacy whose cultural and aesthetic
consistency enabled the fusion of pictorial tradition and the
avant-garde in Italy, and demonstrated the strength of a
fracture not thought of in terms of negation, but instead of
the refoundation of a modern visual approach profoundly
bound up with identity.
Before it infused its revolutionary charge in every field of
artistic creation, Futurism concentrated its first completely
innovative aesthetic solutions in painting, and it was these
that gave the group the credibility of an avant-garde movement. In rejecting every form of academicism, Boccioni introduced a new formal model that arose from the radicalisation of Previati’s theoretic and pictorial Divisionism. He thus
perfected a new anti-figurative formal approach that was no
longer concerned with representing phenomena, but used
that information as the basis to capture their intrinsic dynamism and energy, the event in which the active relation
between body and setting occurred. Employing the poetics of “states of mind”, Boccioni developed a subjective
vision by means of the fluid distribution of colours with the
53
plastica dei volumi. In ciascuna delle poetiche futuriste avvicendatesi negli anni la tecnica pittorica agisce da perno
dello slancio interpretativo, da leva operativa che permette e realizza la reinterpretazione e trasfigurazione dinamica dello scenario moderno in un’intensa visione interiore.
Anche la corrente dell’arte metafisica ribadisce la centralità della pittura come linguaggio estetico più adatto a incanalare la sua poetica muta e visionaria. I fratelli de Chirico, peraltro, non salvaguardano solo il mezzo tecnico della pittura, ma recuperano una figurazione integra proprio
durante l’imperversare dell’iconoclastia avanguardista. La
struttura plastica tradizionale dei corpi e dei volumi viene ripristinata e ricollocata all’interno di un impianto prospettico spaziale connotato in senso mentale e non fisico,
ma pur sempre inteso a organizzare e indirizzare la lettura
del mondo. I due fratelli elaborano due diverse declinazioni estetiche dello stesso principio di rappresentazione
alla base della pittura metafisica. De Chirico raccomanda
un’“arte della rivelazione” che dovrebbe svelare la “psicologia metafisica” delle cose, l’aspetto insondabile della
loro presenza fisica, mentre suo fratello Savinio parla di
un’“idea metafisica” insita nel senso profondo di ogni oggetto.
Interiorizzando il pensiero di Schopenhauer e di Nietzsche,
de Chirico interroga l’enigma, che contiene la rivelazione, e
concepisce la malinconia come la condizione fondamentale della coscienza attraverso cui ogni uomo si pone di fronte al mistero e al non-sense della vita. Questa condizione
interiore trova il suo naturale prolungamento ambientale in
54
purpose of depicting the fusion of psychological vibrations.
Russolo experimented with the unravelling of colour and the
punctiform touches of the brush that grind light into a powder of airy colour. Carrà explored the potential of fiery colours to render the blazing light of sunset and the multiplicity of energies radiating in the urban setting. Experimenting
with matter and colour, Severini investigated the pictorial
dissolution of form in light and in the movement intrinsic to
dance. Balla searched for the geometric and formal background that underlies the kinetic phenomena of reality.
Depero allowed his light-heartedness to flourish through the
flat application of saturated and anti-naturalistic colour and
the plastic articulation of volumes. In each of the Futurist poetics experimented with over the years, painting remained
the technical lynch pin of the interpretative thrust, the lever that enabled and brought about the reinterpretation and
dynamic transformation of the modern world in an intense
personal vision.
Metaphysical art also recognised the importance of painting as the aesthetic language most suited to expressing
its silent and visionary poetics. Moreover, the de Chirico
brothers not only made use of the pictorial technique but
employed entire figuration during the maelstrom of avantgarde iconoclasm. The traditional plastic structure of bodies
and volumes was restored and reinstated within a perspectival spatial framework – in the mental rather than physical sense – designed to organise and direct interpretation
of the world. The two brothers conceived different aesthetic
inflections of the same principle of representation that un-
uno spazio scenografico che richiama l’originaria terra greca, evocata da scorci di paesaggio mediterraneo, o che appare condensato in ambienti sospesi al di fuori del tempo,
spesso puntellati da isolati elementi d’arredo urbano d’epoca classica e limitati da quinte prospettiche architettoniche essenziali che tracciano il punto di fuga verso l’abisso
dell’interrogativo. De Chirico costruisce una visione mentale fondata su una spazialità fortemente strutturata, ma
chiusa nell’ermeticità ridondante di una serie di elementischermo, quali una statua voltata di spalle, o mura che
celano parzialmente il passaggio di una vela o di un treno.
Un senso di disorientamento e di chiusura meditativa permea tutta la sua produzione pittorica metafisica, sempre
scissa tra la tensione verso la rivelazione e il silenzio di una
mancata risposta. L’attesa, sospesa nel tempo e nello spazio, è lacerata dalla solitudine e dall’incomunicabilità dei
manichini, rinchiusi nella propria irreale autoreferenzialità,
o dall’ermetico mutismo delle figure mitologiche, presenze
emblematiche della sopravvivenza del passato nel presente, ma anche testimonianza dell’irrompere dell’irrazionale
nella contingenza.
La pittura di Savinio partecipa allo stato d’animo di disorientamento metafisico e inquietudine esistenziale espresso dal fratello, condividendone anche il riferimento testuale alla mitologia come memoria storica dell’identità
e appiglio culturale residuo in un processo di progressivo
scivolamento del senso. Tuttavia il suo universo immaginario non è immerso in quell’atmosfera perturbante e melanconica che impregna gli scenari pittorici di de Chirico,
derlay Metaphysical painting. De Chirico advocated an “art
of revelation” that was supposed to reveal the “metaphysical psychology” of things and the unfathomable aspect of
their physical presence, while his brother Savinio referred
to a “metaphysical idea” implicit in the profound sense of
any object.
Interiorising the thinking of Schopenhaeur and Nietzsche,
de Chirico questioned the enigma that contains the revelation, and conceives melancholy as the fundamental condition of consciousness through which we all put ourselves
faced by the mystery and non-sense of life. The natural
setting for this inner condition is a dramatic space whose
Mediterranean landscapes are suggestive of Ancient Greece,
or alternatively seemingly condensed in timeless settings
often punctuated with isolated items of Classical era urban
furniture and bounded by elemental architectural perspectives that project the vanishing point towards the abyss of
the unknown. De Chirico built a mental vision founded on
a strongly structured spatiality but closed in the redundant
mysteriousness of a series of screen-like elements, such as
a statue with its back to the viewer, or walls that partially conceal a passing sailboat or train. All his metaphysical
paintings are permeated by a sense of disorientation and introspection, and are always split between a sense of revelation and the silent absence of an answer. As we remain suspended in this timeless and locationless space, existence is
marked by the solitude and non-communication of the mannekins, who are enclosed in their unreal self-referentiality,
and the hermetic mutism of the mythological figures, whose
55
né sembra voler condurre con la stessa irreale e impalpabile leggerezza visiva verso orizzonti metafisici statici e
trasognati. Al contrario, nell’universo mentale di Savinio la
componente irrazionale e straniante irrompe con violenza
nel sistema figurativo, senza mediazione plastica, producendo un’estraniazione e una visionarietà forse più vicine
all’impatto estetico di un’opera surrealista che alla pittura
metafisica. Si tratta però di una surrealtà che non attinge,
come fanno i surrealisti, alla dimensione onirica. Con grande ironia Savinio compenetra corpi umani tratti dalla mitologia e corpi animali, oppure dipinge angeli che lottano tra
loro come aquile, vincitori o scacciati e sconfitti. Rompendo
così l’integrità plastica e sacrale dell’immagine mitologica,
innesca un processo di demistificazione del sistema culturale, che completa calando poi quella stessa dimensione
rituale al livello comico e anodino della realtà. L’ironia dissacrante, amplificata dalla giustapposizione tra dettaglio
realistico e componente surreale o irrazionale, diventa per
Savinio la chiave di volta per penetrare al di là della realtà
e promuovere la rivelazione di un aspetto metafisico oscuro e inquietante.
Il percorso estetico di Mario Sironi conferma la centralità
della pittura su ogni altro mezzo di espressione artistica
nel pieno della stagione avanguardista italiana. Non solo:
nello sviluppo estetico seguito dall’artista la pittura rimane il perno centrale di una ricerca figurativa che attraversa e congiunge il futurismo, l’arte metafisica e il Novecento di Margherita Sarfatti. Le sue prime opere esprimono
già una vocazione plastica che è architettonica, per cui la
56
emblematic presences signal the survival of the past in the
present but also the irruption of the irrational in the present
circumstances.
Savinio’s painting also occupies the state of metaphysical disorientation and existential unease expressed by his
brother, and also makes reference to mythology as a historic foundation of identity and residual cultural attachment
in a process of the progressive lapse of sense. Nonetheless,
his imaginative universe was not pervaded by the disturbing and melancholic atmosphere extant in the paintings
of de Chirico, nor seems to want to lead to static, dreamy
metaphysical horizons with the same unreal and intangible
visual lightness. On the contrary, in Savinio’s mental universe, the irrational and alienating component bursts into
the figurative system without plastic mediation, producing
a sense of estrangement and visionary imagination that are
perhaps closer to the aesthetic impact of a Surrealist work
than Metaphysical painting. However, unlike the Surrealists,
Savinio’s painting does not draw on oneirism. With great irony, Savinio merges animal bodies with human bodies drawn
from mythology, or paints angels battling amongst themselves like eagles, either victorious or defeated and driven
away. In thus shattering the plastic and sacred integrity of
the mythological image, Savinio engages a process of demystification of the cultural system, which he completes by
lowering the ritual dimension to the comic and anodyne level of reality. His desecrating irony, magnified by the juxtaposition of realistic details and surreal or irrational elements,
becomes the cornerstone for going beyond reality and re-
Mario Sironi, Gigante rosso con scure (part.), 1920-1921
figurazione pittorica non è mai scissa in senso lineare, ma
sempre tenuta insieme da una solidità volumetrica che
attrae i fasci di linee in una densa ricomposizione della
struttura plastica. Anche durante il successivo periodo futurista l’attenzione pittorica di Sironi è concentrata sulla
solidità delle masse e sulla densità dei volumi, molto più
che sul flusso dinamico colto nel suo divenire plastico.
Tale attitudine si acuisce nel corso degli anni, quando
nuove suggestioni metafisiche pervadono la sua pittura,
vealing an obscure, disturbing metaphysical aspect. Mario
Sironi’s aesthetic trajectory provides confirmation of the
centrality of painting over all other means of artistic expression during the high point of Italian avant-gardism. In addition, painting remained the mainstay of the artist’s figurative research as it intersected and passed through Futurism,
Metaphysical art and Margherita Sarfatti’s Novecento. His
first works already demonstrated an architectonic plasticism in which the elements of the pictorial figuration are
57
inoculandosi nelle atmosfere tetre dei paesaggi di periferie industriali. Sironi non ignora temi intimisti o soggetti
classici, come la Sacra Famiglia, che traspone in uno stile vigoroso e moderno, ma dipinge soprattutto l’universo
urbano deserto attraverso scene in cui ricorre allo spazio
prospettico accelerandone le linee di fuga, o in cui esaspera la frontalità dell’immagine. Restituendo atmosfere
urbane sicuramente più concrete di quelle smaterializzate negli scenari visionari e intellettualistici di de Chirico, i
suoi quadri descrivono, mediante una pennellata sintetica
e asciutta, lo spirito di desolazione che percorre le squallide periferie cittadine, orfane di ogni traccia di umanità
viva, tagliate da caseggiati monumentali in prospettive
oblique, abitate solo da elementi d’arredo di matrice industriale, ciminiere, gasometri, gru, torri di cantiere, relegati in spazi limitati da mura massicce e interminabili.
Nei dipinti di Sironi la potente struttura dei palazzi, simili
a cattedrali laiche, esprime per Margherita Sarfatti un’energia costruttiva che contrasta con l’asprezza dell’immagine e che è il segno della ritrovata capacità di costruire
la forma. È l’emblema stesso del costruire, nel senso più
ampio del termine: un costruire sentito come un imperativo categorico e un dovere etico.
Il movimento del Novecento italiano, fondato da Sironi
con Bucci, Dudreville, Funi, Malerba, Marussig e Oppi, è
sostenitore di una “moderna classicità”, cioè di una forma
tradizionale priva di pittoricismi ottocenteschi e filtrata
attraverso una sintesi purista. Ancora una volta è la pittura a dare corpo a un nuovo orientamento estetico, questa
58
not separated linearly, but remain held together by the
solidity of the volumes that pulls the bundles of lines together to form a dense recomposition of the plastic structure. During his subsequent Futurist period, Sironi’s pictorial focus was much more on the solidity of the masses and
density of volumes than the transition of the dynamic flux
into plastic form. This tendency became more acute over
the years, when his painting was infused with metaphysical atmospheres and became implanted in the menacing
ambiences of the industrial suburbs. Sironi also turned his
attention to intimate and classical subjects, like the Holy
Family, which he interpreted in a vigorous and modern style,
but he mostly painted views of a deserted city in which his
treatment of perspectival space brought the vanishing point
close to the viewer, or in which he exacerbated the frontality of the image. Offering urban atmospheres certainly
more concrete than the dematerialised versions seen in de
Chirico’s visionary and intellectual scenes, and using a dry,
synthetic brushstroke Sironi’s paintings describe the spirit
of desolation that exists in squalid city suburbs, deprived of
all trace of humanity, cut in oblique perspective by monumental blocks of flats, and populated only by such industrial
elements as chimneys, gasometers, cranes and buildingsite towers relegated to spaces enclosed by solid, unending
walls. For Margherita Sarfatti, the massive structure of the
buildings, like secular cathedrals, demonstrates an energy
that contrasts with the harshness of the image and is indicative of a rediscovered ability to construct form. It is the
symbol itself of construction, in the broadest meaning of the
volta guidato dalla volontà, anche ideologica, di rompere
con gli eccessi dell’avanguardismo, futurista in particolare, e di realizzare un “ritorno all’ordine”, un recupero della
tradizione pittorica italiana quattrocentesca e cinquecentesca e, attraverso questa, dell’arte classica, depositaria
assoluta di un valore che si identifica nella purezza della
forma e nell’armonia della composizione. In maniera più
generale, nel periodo fra le due guerre, la scelta iniziale
fatta dall’arte metafisica di de Chirico è ripresa in diverse
direzioni dagli artisti italiani. Con il ritorno ai diversi modelli del passato, dal Trecento al barocco, essi propongono
ogni volta una nuova rappresentazione di ciò che vivono
come identità antica e profonda di una cultura che chiede
di accedere al presente per poter contribuire alla nascita
di una Italia moderna. Tutta la pittura italiana degli anni
Venti e Trenta è così in bilico tra due possibilità. La ricerca di una modernità immemore si compie attraverso
un nuovo impulso del futurismo, l’astrattismo, il ritorno
a Cézanne o l’allineamento sul cubismo di Picasso, cioè
mantenendo un dialogo con la cultura europea, in base a
un atteggiamento di fiducia nella costruzione di un’identità completamente nuova dell’Italia moderna. Di fronte a
questa corrente il movimento del Novecento sostenuto da
Margherita Sarfatti si oppone all’idea d’avanguardia, mirando piuttosto a riallacciarsi al classicismo inteso come
fondamento artistico e culturale di un’Italia ricca di miti
e di storia. Il Kunstwollen identitario, che continua a delineare e alimentare queste ricerche, giunge allora a farsi
interprete delle posizioni anche più estreme. Ad esempio
term, construction experienced as a categorical imperative
and ethical duty.
Italy’s Novecento movement, founded by Sironi with Bucci,
Dudreville, Funi, Malerba, Marussig and Oppi, endorsed a
form of “modern classicalness”, by which was meant traditional form devoid of 19th-century picturesqueness and
filtered through a purist synthesis. Once again painting gave
substance to a new aesthetic direction, this time driven by
the partly ideological wish to break with the excesses of
avant-gardism (Futurist in particular) and create a “return
to order”, to the pictorial tradition of the Quattrocento and
Cinquecento and, by means of this, of Classical art, the absolute depositary of values represented by purity of form and
harmony of composition. More generally, during the inter-war
period, the initial choice made by de Chirico’s Metaphysical
art was taken up in diverse directions by Italian artists. With
the return to different models of the past, from the Trecento
to the Baroque, they each proposed a new image of what
they felt was an ancient and profound identity of a culture
that was asking to accede to the present so as to contribute to the birth of a modern Italy. All Italian painting of
the 1920s and ’30s was poised between two possibilities.
On one hand the drive for a form of modernity that broke
entirely with Italian tradition was powered by the thinking
of Futurism, Abstractionism, the return to Cézanne or alignment with the Cubism of Picasso, in other words maintaining a dialogue with European culture in the construction of
a completely new identity for modern Italy. On the other,
the Novecento movement founded by Margherita Sarfatti
59
in Massimo Campigli, che ricorre alle figure dalla rigida
geometrizzazione dell’arte etrusca, o in Gino Severini,
che applica rigorosamente le regole della sezione aurea.
L’ampio ventaglio di queste ricerche rimanda ad altrettanti tentativi di dare corpo a una moderna identità italiana, di risolvere cioè il problema ereditato dal Risorgimento. Di fatto, il dilemma cui si confrontava già l’artista
italiano postunitario rimane ancora e sempre lo stesso.
L’artista del periodo fra le due guerre riesce solo a fornire risposte diverse, ma senza superarlo. Si tratta di un
dilemma che può essere riassunto in questo modo: la così
giovane nazione italiana deve darsi un solo punto di riferimento, la modernità, sopprimendo quindi il passato,
come volevano i futuristi, o deve piuttosto cercare di situarsi attraverso un duplice riferimento, rivendicando tanto l’avvenire quanto il passato che è depositario di ogni
significato identitario? La prima scelta significa assimilare
sic et sempliciter il modello francese che incarna la modernità dei Lumi. La seconda consiste nell’elaborazione
di un modello endogeno in grado di dare il giusto rilievo
alla storia specifica dell’Italia, in particolare all’arte nata
dalla sua civilizzazione più che millenaria. È la domanda
che, nello stesso periodo, impegna instancabilmente Antonio Gramsci, teorico del marxismo che, nei suoi Quaderni dal carcere, opera una continua riflessione su questo
argomento dal punto di vista politico. In effetti, accettare
senza riserve il modello culturale dei Lumi corrisponde a
un atteggiamento superficiale quanto il voler riesumare
senza alcuna revisione la grande tradizione del passato
60
set itself against the notion of avant-gardism, preferring
to reconnect with the classicism of myth and history that
was the foundation of Italy’s artistic and cultural heritage.
The identity-related Kunstwollen, which continued to define
and nourish this research, became the vehicle for even the
most extreme positions: for example, the art of Massimo
Campigli, who employed geometrical figures derived from
Etruscan art, and Gino Severini, who rigorously applied the
rules of the golden section.
The range of these approaches matched the scope of attempts to give substance to a modern Italian identity and
resolve the problem inherited from the Risorgimento. The
dilemma that confronted post-unification Italian artists was
still the same. Inter-war artists only succeeded in offering
a variety of answers but never found a solution. It was a
dilemma that could be summarised as follows: should the
young Italian nation adopt a reference – modernity – that
would enable it to break with the past as the Futurists had
wanted, or should it rather attempt to espouse a double reference by laying claim not only to the future but also the
past, the depositary of all identity-related signifiers? The
first choice meant assimilating sic et sempliciter the French
model that embodied modernity as represented by the
Enlightenment. The second consisted in developing an endogenous model that would attribute the right importance
to Italy’s history, in particular to the art created during its
more than millennial history. This was the question to which
Antonio Gramsci, a Marxist theorist, tirelessly devoted himself. In his Prison Notebooks, he reflected on this subject
italiano. In campo artistico il passo è breve fra l’antitradizione e il museo, fra il rifiuto della Storia proclamato dalla
rivolta futurista e l’allineamento acritico su questa stessa
Storia come propongono i pittori del Novecento.
La sperimentazione di Osvaldo Licini è forse una delle
testimonianze più incisive del primato mantenuto dalla
pittura nell’arte d’avanguardia italiana. Muovendosi con
libertà da una linea di ricerca estetica all’altra, nel corso
dei decenni Licini fa ruotare la sua personalissima espressione sempre intorno alla pittura, declinandola ogni volta
diversamente, secondo l’orientamento contingente della
propria sensibilità e ispirazione. Dopo l’inaugurale fase figurativa il pittore restringe ogni impianto formale in un
sistema geometrico essenziale, utilizzando una linea minimale, sottile, che struttura lo spazio bidimensionale e
lo percorre nitidamente, riducendolo a campo mentale di
manifestazione pura della forma. La geometria dei ritmi
grafici evoca dati naturali e dati mentali attraverso scaglie modulari, reticoli equi-granulari, scomposizioni di poligoni rovesciati e alternati simili all’origami. Allo stesso
tempo, però, il ricorso a un trattamento cromatico saturo
e brillante fa sì che la linearità astratta non si inaridisca
in mero schema geometrico, ma si integri nella vibrazione
tonale della superficie tracciandone l’andamento dinamico interno, e più precisamente svelando una breccia in
tanta perfezione geometrica, una rottura dell’equilibrio
assoluto che richiama l’imperfezione ontologica dell’essere al mondo.
Sul finire degli anni Trenta Licini approda invece alla fase
from a political standpoint. Unreserved adoption of the cultural model of the Enlightenment was as superficial an attitude as the desire to revive the great Italian tradition of the
past unrevised. In the field of art, it is only a short step from
anti-tradition to the museum, from the rejection of History
as proclaimed by the Futurist revolt to the acritical falling in
with this same History as proposed by the painters of the
Novecento.
The experimental research of Osvaldo Licini is perhaps one
of the keenest attestations of the primacy of painting in the
Italian avant-garde. Freely shifting between different lines
of aesthetic research, over the decades Licini’s very personal expression revolved around the technique of painting,
each time utilised in a different manner in accordance with
his sensibility and inspiration. Following his early figurative
phase, he condensed his formal framework into a pareddown, geometric language that made use of minimal, understated lines to cleanly structure the two-dimensional space
and reduce it to a mental field of the pure manifestation of
form. The geometry of the graphical forms is suggestive of
natural and mental elements through the use of modular
scales, regularly sized latticework, and de-compositions of
alternating, upturned polygons similar to origami. At the
same time, use of brilliant and saturated colours ensures
that the abstract linearity is not relegated to a mere geometric pattern but is integrated into the tonal vibration of
the surface, tracing its internal dynamic progression and,
more specifically, revealing a breach in the geometric perfection, a rupture of its absolute equilibrium, suggestive of
61
più intensamente poetica della sua esperienza pittorica.
La matrice figurativa e la successiva forma astratta basata sulla linea lo conducono a suturare le due matrici
pittoriche in una poetica del tutto inedita, troppo lanciata
verso la smaterializzazione lirica di orizzonti infiniti per
essere considerata figurativa, ma altrettanto lontana dal
rigore e dallo schematismo geometrico per essere considerata cerebrale espressione astratta. Nella cosiddetta fase del “figurativismo fantastico” si condensano, in
effetti, due tendenze dialetticamente contraddittorie: da
un lato, i portati della sua apertura all’astrattismo, di cui
conserva l’uso espressivo del colore e l’attrazione verso
una forma ormai libera, primordiale e intensamente poetica, fluidamente adesa ai percorsi interiori del sentimento
e svincolata dai confini fisici della figurazione naturalistica; dall’altro, la forma figurativa, però, non si disincarna
definitivamente ma, così dispiegata in accordo con gli andamenti sciolti di una divagazione sognante e ingenuamente poetica, si disfa in materia traslucida e impalpabile, portando letteralmente sulla superficie pittorica la
sostanza dell’immaginazione e la consistenza forte ed
evanescente del pensiero. Ne deriva un universo immaginario leggero, etereo e diafano, immerso nella sostanza
rarefatta e labile di spazi celesti indefiniti e popolato da
personaggi altrettanto impercettibili e indistinti.
Con gli anni Quaranta i personaggi di questo universo
diafano, lirico e sognante si precisano in chiave mitica e
favolistica. La serie dedicata all’Olandese volante è forse
l’eco di un ricordo: il giovane Licini deve aver assistito, nel
62
the ontological imperfection of being.
Towards the end of the 1930s, Licini embarked on the most
poetic phase of his activity as a painter. He merged his
figurative background and the subsequent abstract phase
based on the use of lines to create a completely new poetics that was too concerned with the lyrical dematerialisation of endless horizons to be considered figurative but
equally remote from precision and geometric schematism to
be deemed a cerebral abstraction. The phase referred to as
“fantastic figurativism” condenses two dialectically contradictory tendencies: on one hand, the effects of his embracing of abstractionism, of which he maintained the expressive
use of colour and the use of an almost free, primordial and
intensely poetic form fluidly linked to sentiment and freed
from the physical confines of naturalistic figuration; on the
other, his figurative form is not permanently disembodied
but, deployed in association with a dreamy and ingenuously
poetic digression, it dissolves into translucid and intangible
matter, literally carrying the substance of imagination and
the strong, evanescent consistency of thought onto the surface of the painting. The result is a light, ethereal, diaphanous universe immersed in the rarefied and faint substance
of undefined celestial space populated by equally imperceptible and indistinct figures.
During the 1940s, the figures in this diaphanous, lyrical
and dreamy universe developed into characters from the
worlds of myth and fable. The series dedicated to the Flying
Dutchman may have been related to a memory: in January
1914, when still a young man, Licini must have been present
gennaio 1914, alla memorabile rappresentazione dell’opera di Wagner al Teatro Comunale di Bologna. Assumendo l’archetipo visionario della leggenda nordica, che racchiude il dramma dell’impossibilità gnoseologica di un’umanità destinata a un viaggio senza scopo e senza fine,
Lucini dipinge campiture monocromatiche insature ma
brillanti, rese vibranti dalla stesura non uniforme del colore, entro cui interviene con un segno incisivo, di matrice
picassiana, per creare un lessico figurativo-fantastico. La
riduzione minimalista del segno, arricchita dall’incursione
di cifre enigmatiche che marcano l’ermeticità del cosmo e
amplificata dall’investimento espressivo del colore, schiude un immaginario visivamente scarno ma intensamente
poetico che riconduce l’erranza nello spazio cosmico al
percorso intemporale di un viaggio interiore.
Il successivo ciclo dell’Amalassunta, carico di contaminazioni fra i regimi del sacro e del profano, presenta un
impianto compositivo e figurativo di base, dato dal posizionamento di una forma di volto di donna identificato con
la sfera lunare su uno sfondo monocromatico di tonalità
accese, generalmente collocato nella parte alta del quadro e decentrato verso uno dei lati. A tale composizione
minimalista Licini aggiunge pochissimi altri segni formali:
marca la linea ondulata del suolo e la proiezione sinuosa e fluida della donna-luna sulla terra in una relazione
ancestrale di circolarità vitale, oppure incide nel tessuto
sognante della visione segni alfabetici criptografici, semi
di un’indecifrabilità ineluttabile, intimamente connaturata alla struttura dell’universo. Inscritta su uno sfondo blu
Osvaldo Licini, Amalassunta (part.), 1950
at the memorable production of Wagner’s opera of the same
name at the Teatro Comunale in Bologna. Embracing the
visionary archetype of this Nordic legend that entails the
gnostiological impossibility of a humanity fated to experience an endless and meaningless voyage, Lucini painted
unsaturated but brilliant monochrome grounds rendered
vibrant by the non-uniform application of colour, in which
he created an insightful yet fantastic figurative lexicon of
Picassian derivation. The minimalism of the sign, amplified
by colour and enhanced by enigmatic numbers that emphasise the closed nature of the cosmos, is indicative of a
visually meagre but intensely poetic imagination that offers the analogy of wandering in cosmic space to the timeless odyssey of an inner quest.
The successive cycle, dedicated to the figure of Amalassunta,
63
cobalto intenso, o rosso, verde, giallo saturo, l’Amalassunta domina uno scenario silenzioso e immobile, fatto
di materia di sogno, percorso da fasci luminosi e bagliori
vibranti, riverberati su una sottile linea di terra che descrive un materno paesaggio collinare. Per la definizione
fisiognomica di questa donna-luna, sorta dalla visione poetica di Leopardi, Licini guarda in pochissimi tratti sia al
segno di Picasso, con l’occhio frontale, sia al segno di Matisse, con la linea di congiungimento sopracciglio-naso. Il
tratto della stilizzazione figurativa è fluido, estremamente
libero e disinvolto, ma solo nel disegno della sfera lunarefemminile, mentre è invece totalmente disincarnato nel
percorrere con scioltezza lo spazio monocromatico. Se
l’Olandese volante è un Ulisse che non ritroverà mai la
sua Itaca, l’Amalassunta è una creatura notturna che si
staglia nel candore sporco di un segno informe e di una
materialità dissolta.
Il capitolo pittorico successivo declina al maschile questo stesso tema della creatura decaduta e del cosmo. Il
ciclo degli Angeli ribelli è dedicato alla colpa originaria
dell’umanità deviata dall’impulso alla conoscenza. Senza
connotazione teologica, ma in senso prettamente poetico-esistenziale, Licini è attratto dalla figura dell’angelo decaduto, cioè dal simbolo della ribellione all’ordine,
dall’individuo che, avendo voluto sovvertire le leggi, è
condannato alla precipitazione dal cielo. In altre parole,
guarda all’angelo reietto non in senso demoniaco, ma
come proiezione di una condizione negativa che nasce
tuttavia da un impeto positivo di conoscenza e che, per-
64
was a blend of the sacred and profane. Its compositional
and figurative foundation is given by the placement of the
face of a woman, identified with the full moon on a vivid
monochrome ground, generally in the upper section of the
painting and slightly to one side. To this minimalist composition Licini added a few formal signs: the undulating line of
the ground and the sinuous and fluid projection of the moonwoman on the earth in an ancestral relationship of vital circularity, or he scored cryptographic and alphabetic signs in
the fabric of the vision, seeds of an ineluctable indecipherability and intimately rooted in the structure of the universe.
Set against an intense cobalt blue, or saturated red, green
or yellow ground, the figure of Amalassunta prevails over a
silent and immobile scene, itself formed of dream materials
and shot through with dazzling flashes and vibrant beams of
light above a thin line representing the ground in the form of
a maternal hilly landscape. The physiognomy of this moonwoman is derived from Leopardi’s poetic vision: created in
just a few strokes, Licini draws on Picasso for the frontal eye,
and on Matisse for the union of the lines of the nose and eyebrows. The line is free and uninhibited in the stylised figuration, but only so in that of the female-lunar sphere, while it is
completely discarnate in the figure’s trajectory through the
monochromatic space. Whereas the Flying Dutchman is a
Ulysses who will never return to his Ithaca, Amalassunta is a
creature of the night who stands out against the dirty whiteness of a formless sign and dissolved materiality. In the next
stage of his pictorial development, Licini would produce this
same theme of a depleted creature and the cosmos but in
tanto, ha in sé un seme benigno, un’aura residua di innocenza non perduta. Disegnati evocando la maniera di
Cocteau, gli Angeli ribelli hanno l’incedere elegante e maestoso dei kouroi della scultura monumentale greca del
periodo arcaico, il corpo longilineo e serpentino, con la
forma trapezoidale della parte superiore del busto che,
massiccia e accentuata, sembra predisposta a essere il
supporto delle ali. Il modello iconografico dei kouroi greci,
che erano le sentinelle delle tombe, è ripreso anche nel
sorriso arcaico, nella capigliatura lunga e sciolta che era
un segno aristocratico, nel giro di vita snello e ridotto,
nella gamba sinistra spinta in avanti che, in Licini, diventa
un passo baldanzoso di conquista. Con ali e coda tracciate
appena, la creatura decaduta scavalca le acque e scende
sul mondo con un’enigmaticità di nuovo segnata materialmente sul corpo, attraverso l’inserto di cifre e segni in
corrispondenza del cuore e del ventre. Licini varia poi il
tema figurativo trasferendo il salto dell’angelo nelle profondità siderali. Il segno, sempre ingenuamente poetico,
descrive la silhouette sinuosa e leggera di una creatura
luciferina sullo sfondo di una sfera planetaria blu, dalla
materialità solida e porosa, costruendo un contrasto visivo sensibile tra la fluidità diluita della linea del corpo
e la sostanza tattile del cosmo. Nei quadri di Licini una
sensibilità immaginativa tutta pittorica, intrisa di sogno,
ansia proiettiva e intensa ricerca epifanica si traduce costantemente in uno slancio entusiasta per il segno e il
colore, entrambi esaltati fino alla massima espressione
del loro lirismo.
a male version.
The cycle of Rebel Angels was dedicated to original sin and
mankind’s deviation from instinct to knowledge. Devoid of
theological connotation, elaborated on purely an existential and poetic plane, Licini was attracted by the figure of
the fallen angel, the symbol of rebellion against order, the
individual expelled from the heavens for wishing to subvert
the laws. Thus, Licini portrayed the angel not as a demon
but as a projection of a negative condition arising from the
positive thirst for knowledge that, in itself, contains a grain
of benevolence, a residual aura of innocence. Drawn in the
manner of Cocteau, the Rebel Angels have the same elegant and majestic step of the kouroi from the monumental
sculpture of Greece during the Archaic period. Their long,
curvilinear bodies, with the trapezoidal, solid and emphasised form of the upper bust, seem suited to support wings.
Licini took up the iconographic model of the kouroi tomb
guardians, complete with archaic smile, long loose hair (a
symbol of aristocracy), a small waist, and the left leg advancing, which, in Licini’s work, signifies a confident step
of conquest. With their wings and tail barely alluded to,
the fallen creatures cross the waters and descend into the
world. The enigmatic nature of the event is again marked
in a material fashion on their body, with numbers and signs
over the heart and stomach. Licini then varies the figurative theme by transferring the leap of the angel into the
depths of the universe. Also ingenuously poetic, the light,
sinuous silhouette represents a Luciferian creature on the
bottom of a blue planetary sphere of solid, porous material-
65
La pittura metafisica si è sviluppata su due assi caratterizzanti. In de Chirico, Carrà e Savinio domina la visione
culturale e intellettuale metastorica. In Morandi emerge
invece il quotidiano, attraverso l’esaltazione dell’oggetto
domestico. Se Licini tratta il quadro con la scioltezza e
l’immediatezza di un disegno, Morandi lo costruisce attraverso una composizione geometrica di tipo classico.
All’inizio le sue nature morte presentano un insieme di
brocche, bottiglie e frutti separati gli uni dagli altri su
un tavolo, come già in Chardin, secondo una tradizione
iconografica classica che risale ai precetti degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola: “Dio, che dona l’essere
a tutti gli elementi, è presente in ognuno di essi.” Poi i
frutti scompaiono, ma, pur trattandosi esclusivamente di
oggetti fatti dall’uomo, Morandi continua a intitolare in
modo improprio “Natura morta” queste composizioni che
parlano in realtà della vita intima e segreta delle cose più
umili dello spazio quotidiano. La presenza delle ombre allungate crea il tono silenzioso e atemporale degli oggetti.
In questa prima fase la distribuzione spaziale è più netta
in quanto Morandi gioca sulla profondità. Spesso la visione è dall’alto e la linea d’orizzonte più o meno elevata
coincide con il bordo posteriore del tavolo.
In una fase successiva Morandi dipinge composizioni in
cui gli oggetti appaiono raggruppati, perdendo così ogni
riferimento individuale e contingente, per assumere la valenza di un paesaggio domestico. Allo stesso tempo il loro
affastellamento compresso nello spazio diviene un confronto fra la diversità delle forme. Si tratta di scatole, taz-
66
ity, and creates a clear visual contrast between the diluted
fluidity of the line of the body and the tactile substance of
the cosmos. In Licini’s paintings, an imaginative and fully
pictorial sensibility permeated by dreams, protective anxiety and intense epiphanic research constantly translates
into a fervent outburst of sign and colour, both of which are
taken to the extreme of lyricism.
Metaphysical painting was developed on two axes. The
production of de Chirico, Carrà and Savinio is dominated
by the meta-historic cultural and intellectual vision. That
of Morandi, in contrast, is characterised by our experience
of daily life through the glorification of domestic objects.
Where Licini attacked his painting with the immediacy and
freedom of a drawing, Morandi built his using a classic geometric composition. His early still-lifes depict a set of jugs,
bottles and fruit that stand separate from one another on
a table, as in the painting of Chardin, using a classic iconographic tradition that dates back to the precepts of Ignatius
of Loyola’s Spiritual Exercises: “God, who gives existence
to all elements, is present in every one of us.” The fruit
then disappears but, despite depicting objects made exclusively by man, Morandi continued to title them incorrectly
as “still-lifes”. In truth these compositions speak of the reality of the inner, secret life of the humblest of daily objects. The presence of lengthy shadows creates their silent,
timeless tone. During this first phase, the spatial distribution is clearer as Morandi was exploring the dimension of
depth. The view is often from above and the raised horizon
coincides with the rear edge of the table.
Giorgio Morandi, Natura morta (part.), 1947
ze e bottiglie che, riunite su un piano, creano un contrasto
di forme convesse, incurvate, scavate, rettilinee, cubiche,
cilindriche, scanalate, tozze, slanciate e con un lungo collo ecc. Se c’è asimmetria, essa è all’interno della massa
In a later phase, Morandi painted compositions in which
the objects appear in a group, thereby losing every individual and contingent reference and becoming a domestic
landscape. At the same time, their condensed mass becomes a comparison of their different forms. They are a
collection of boxes, cups and bottles that, set together on
a plane, create a contrast of forms: convex, curved, hollow, rectilinear, cubic, cylindrical, grooved, squat, slender,
long-necked, etc. If there is asymmetry, it lies within the
mass of objects – their totality always lies perfectly symmetrically at the centre of the painting. Deprived of all
episodic aspect, the objects are so closely massed that
together they become the only subject in the painting. The
image is constructed like a “scene”, a microcosm organised such that there is a perspectival frontality and centrality that imbues them with balance, serenity and solemnity. The subject of Morandi’s discourse is everyday reality
and a certain mute slavery that is part of the existence of
every one of us. He does not tinge ordinariness with heroism but rather condenses it with a metaphysical aura and
invests the image with time and slow progress. In producing tonal painting with combinations of grey-blue, greybeige, brown-beige, pale yellow and red, and wan green,
he simultaneously focuses on the expressive capacities of
the means itself at the limits of abstraction.
This essentiality is an expression of purity lauded. In
Morandi, pictorial figuration is used for the purposes of
aesthetic idealisation. Turning his back on the pathos and
febrile contingencies of the avant-gardes, he brings the
67
degli oggetti. Ma il loro insieme è sempre, con perfetta
simmetria, al centro dell’immagine. Ora, spogliati da ogni
aspetto episodico, gli oggetti sono talmente ammassati
tra loro da divenire in blocco l’unico soggetto del dipinto.
L’immagine è costruita come una “scena”, un microcosmo
organizzato con una centralità e una frontalità prospettica
che le conferiscono equilibrio, serenità e solennità. Morandi parla della quotidianità e di una certa muta schiavitù
che accompagna l’esistenza dell’essere umano. Egli non
tinge d’eroismo il quotidiano, lo condensa piuttosto con
un’aura metafisica scolpendo nell’immagine il tempo e il
suo lento procedere. Facendo una pittura tonale con accostamenti di grigio-azzurro, grigio-beige, marrone-beige,
giallo e rosso slavati, verde spento, egli si concentra allo
stesso tempo sulle capacità espressive del mezzo stesso,
al limite dell’astrazione.
L’essenzialità esprime la forma di una decantata purezza.
Con Morandi la figurazione pittorica torna al servizio dell’idealizzazione estetica. Fuggendo il pathos e gli scenari
febbricitanti dell’avanguardia, nel riservato spazio della
propria maniacale meticolosità, l’artista ricentralizza la
pittura della natura morta andando oltre le apparenze
ottiche, cercando di far affiorare una tensione metafisica
dall’oggetto inerte, una poesia visiva e una vibrazione armonica dalla giustapposizione plastica, e trovando nella
piccola epifania del quotidiano il lirismo più intenso. Assimilabile a Mondrian per l’ossessione dell’equilibrio perfetto della composizione, Morandi rappresenta la modernità
di un ritorno consapevole e maturo alla pittura figurativa
68
painting of still-lifes once more back to focus within the
bounds of his maniacal fastidiousness, going beyond the
visual, attempting to touch upon a metaphysical tension
in inert objects, a visual poetry and harmonious vibration
in the representation of their physical juxtaposition, and
finding intense lyricism in this small epiphany of ordinariness. Like Mondrian in his obsession for the perfect balance of his composition, Morandi represents the conscious
and mature return to figurative painting in the great Italian
tradition, constructed on precise perspective and the architectonic and chromatic harmony of its parts. He is lyrical rather than Mondrian’s cerebral approach, and therefore falls outside of the avant-garde, but in some ways his
painting is equally or even more powerful in the intensity
of its pictorial lyricism.
The last act in the survival of painting in 20th-century
Italian art was given by the extreme and definitive gestural art of Lucio Fontana. The spatialism that the artist
began to research in the late 1940s appeared to transcend
every traditional aesthetic approach but in fact metabolised and contained – between the lines – the most radical
development of pictorial conception founded on the central principle of space. Traditionally represented using perspective, then elaborated and expanded in three dimensions by Boccioni and the dynamic plasticism of Futurism,
space in Fontana’s oeuvre is perforated, surgically opened,
penetrated by a physical cut, a material laceration. This
gash was the outcome of the artist’s conceptual and intellectual intolerance of the physical limits of the pictorial
della grande tradizione italiana, costruita sul rigore della
prospettiva e sull’accordo architettonico e cromatico delle
parti: scelta lirica e non cerebrale, come avviene invece
in Mondrian, quindi compiuta al di fuori dell’avanguardia,
ma altrettanto se non, per alcuni versi, più potente per
intensità del lirismo pittorico.
L’ultimo atto della sopravvivenza della pittura nell’arte
italiana del XX secolo è rappresentato dal gesto estremo
e definitivo di Lucio Fontana. Lo spazialismo inaugurato
dall’artista alla fine degli anni Quaranta costituisce infatti
un apparente superamento di ogni approccio estetico tradizionale, ma in realtà metabolizza e contiene, in filigrana, l’evoluzione più radicale di una concezione pittorica
fondata sul principio cardine dello spazio, tradizionalmente restituito in senso prospettico, poi sviluppato ed espanso in senso tridimensionale da Boccioni e dal dinamismo
plastico futurista, infine, ora, perforato, aperto chirurgicamente e penetrato da un taglio concreto, da una lacerazione fisica. Quest’ultimo gesto nasce da una precisa
condizione di insofferenza concettuale e intellettuale di
fronte ai limiti fisici dello spazio pittorico, esacerbati dalla
conferma della fine storica della prospettiva già svelata
dall’aeropittura futurista degli anni Trenta. I concetti di
smaterializzazione della pittura e di dispiegamento dinamico della forma, teorizzati da Boccioni, si associano alla
necessità di stabilire un principio costruttivo attraverso
cui fissare la vitalità della forma nello spazio.
La ricerca linguistica di Fontana persegue, in pittura, lo
stesso obiettivo ottenuto da Boccioni nel campo della
space, exacerbated by the historical end of perspective in
the Futurist aeropainting of the 1930s. The concepts of the
dematerialisation of the paint and dynamic unfurling of
form theorised by Boccioni were associated with the need
to establish a constructive principle through which to fix
the vitality of form in space.
Fontana’s linguistic research carried forward in painting the
same objective achieved by Boccioni in the field of sculpture, and therefore touches on the Futurist attraction to
the plastic and dynamic vibration of form in space and the
desire to make it perceptible by means of an abstract dimension that takes it out of the painting and into the space
and time of the viewer. Whereas on one hand Fontana created his Ambienti spaziali using black curtains and ultraviolet light to restore the dematerialisation of space theorised
by Boccioni, on the other he produced the first buchi in the
form of a circle, sphere or spiral in which he attempted to
render space sidereal by perforating the canvas, and thus
immediately objectifying its material nature. This invisible
interface between reality and representation in traditional
painting thus became a diaphragm that mediates between
the physical and imaginary space. By slashing its surface,
Fontana was opening onto nothingness, thus he was finding
the painting’s fourth dimension. In other words, he was accomplishing the definitive evolution of a painting and taking
it beyond its physical limits.
The cognitive act of slashing the canvas – of almost surgically perforating the pictorial surface in a downward blow
of aggression – destroys the illusion imparted by figurative
69
scultura e si gioca, dunque, tra l’attrazione futurista verso
la vibrazione plastica e dinamica della forma nello spazio
e la volontà di renderla percepibile attraverso una trama
astratta che la porti fuori dal quadro, nello spazio e nel
tempo dell’osservatore. Fontana, se da una parte crea gli
Ambienti spaziali mediante tendaggi neri e luci di Wood
per restituire la smaterializzazione dello spazio teorizzata
da Boccioni, dall’altra realizza i primi “buchi”, disposti in
forma di cerchio, sfera e spirale, nei quali cerca di rendere
la spazialità siderale perforando la tela, oggettivandone
così, improvvisamente, la materialità e la natura di supporto fisico: la tela, interfaccia invisibile tra realtà e rappresentazione nella pittura tradizionale, diventa ora un
diaframma di mediazione tra spazio fisico e spazio fantasmatico. Lacerare la sua superficie vuol dire, per Fontana,
aprire al nulla, trovare la quarta dimensione nel quadro. In
altri termini, compiere l’evoluzione definitiva della pittura,
facendole così superare il suo ultimo limite fisico.
L’atto conoscitivo del taglio della tela, della perforazione della superficie pittorica, ferita quasi chirurgicamente,
incisa e bucata verticalmente con un gesto fendente, di
aggressione, che trapassa la quinta prospettica, distrugge l’illusione della pittura figurativa e la sostituisce con
la traccia sensibile dell’azione dell’artista, aprendo una
spazialità fisica e mentale che unifica spazio reale dello
spettatore e spazio interno all’opera in un’unica dimensione percettiva. Inferto sulla pelle della tela, il taglio crea
un cortocircuito tra rappresentazione e realtà, cioè tra locus dell’illusione e spazio fisico, instaurando un campo
70
Lucio Fontana, Concetto spaziale (part.), 1946
painting and replaces it with the tangible trace of the artist’s action, opening a physical and mental space that unifies the real space of the viewer with the inner space of the
artwork in a single perceptive dimension. Inflicted on the
skin of the canvas, the cut creates a short-circuit between
representation and reality, between the locus of the illusion
magnetico concettuale che catalizza il passaggio da una
dimensione illusoria e rappresentativa a un’esperienza
percettiva immanente. Si compie così il passaggio epocale, per l’arte moderna italiana, da un’arte di rappresentazione a un’arte generata dalla piena estensione ed
espansione fisica della materia nello spazio. In tal modo
il taglio, come una smagliatura nella rete del codice di
rappresentazione, rimette in discussione le leggi dell’arte
senza screditarne il valore, ma al contrario implementando ed espandendo la dimensione in cui essa si estrinseca,
prima ottica ed emotiva, ora anche fisica e concettuale.
Fontana, peraltro, contraddicendo la teoria futurista di superamento del quadro, ne mantiene invece la struttura
formale, perché investe e coinvolge solo la sua oggettività fisica di diaframma funzionale, la sua concretezza di
immagine legata a una sensibilità visiva e tattile. Attraverso il ferimento della tela Fontana apre un varco sull’assoluto, mettendo in comunicazione l’individualità dell’artista e l’immensità cosmica. La pittura, in questo senso,
non è superata né negata, ma espansa e determinata,
passando da una dimensione di pura rappresentazione a
una di pura percezione nella quale l’opera entra nella realtà e viceversa. Rendendo percepibili, al tempo stesso,
la materia su cui agisce e la sua volontaria azione incisiva
su di essa, Fontana riafferma l’idea di un’arte intesa come
gesto fisico. Detto altrimenti, il suo atto prolunga e rilancia la tradizione italiana di un’arte manuale e artigianale,
arricchendola dell’intenzionalità dell’artista che opera un
intervento diretto sulla materia e quindi sul mondo.
and physical space, and establishes a conceptual magnetic
field that catalyses the passage from an illusory and representative dimension to an immanent perceptive experience.
The result is an epochal transition in modern Italian painting
from an art of representation to an art generated by the full
extension and physical expansion of the material in space.
In this way, the cut, like a tear in the net of the code of representation, calls the laws of art into question without discrediting their value; on the contrary, it conscripts and expands
the dimension in which it is manifested, first optically and
emotively, then also physically and conceptually.
Although he contradicted the Futurist theory of transcending
the painting, Fontana maintained its formal structure as his
approach invests and involves only the painting’s physical
objectivity as a functional diaphragm, its concreteness as
an image linked to a visual and tactile sensibility. By means
of the wound he inflicted on the canvas, Fontana created an
opening onto the absolute and enabled the communication
between the individuality of the artist and cosmic immensity.
Painting, in this sense, is neither transcended nor negated,
but expanded and determined, passing from a dimension
of pure representation to one of pure perception, in which
the work enters reality and vice versa. By making both the
material on which he acted and his penetrating, deliberate
action perceptible, Fontana re-established the notion of art
as a physical gesture. In other terms, his action prolonged
and relaunched the Italian tradition of manual, artisanal art,
enhancing it with the intentionality of the artist who operates directly on the material and, therefore, the world.
71
Angelo con la coda (part), 1948
OPERE WORKS
Angelo ribelle su fondo rosa (part.), 1950
74
Osvaldo
Licini
Composizione su fondo rosso
1935
olio su tavola / oil on board
15,7 x 21,5 cm
Provenienza
Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Osvaldo Licini, Comune di Ferrara, Galleria Civica d’Arte Moderna, Palazzo dei Diamanti, 1980, cat. n. 47, tav. 47.
• Osvaldo Licini. Dipinti e disegni, Palazzo dei Capitani del Popolo, Ascoli Piceno, 1988, cat. n. 34, p. 53.
Bibliografia
• F. Gualdoni, L. Cavadini, E. Torelli Landini, Osvaldo Licini, Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Lugano, 1992, pp. 120-121.
76
77
Olandese volante
1940
olio su tela / oil on canvas
28 x 36 cm
Provenienza
Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
•Osvaldo Licini, Opere, Galleria Tega, Milano, 1993, cat. n. 4.
• La libertà oggi: pittori italiani 1945-1995, Cascina Roma, San Donato Milanese, 1995, cat. p. 74 e copertina.
• Chagall-Licini e il sopra-naturale in Arp, Ernst, Klee, Miró, Savino, Ascoli Piceno, 2001, cat. p. 105.
• L’Uomo e lo spazio. Estetiche della percezione, Centro d’Arte e Cultura di San Paolo, Modena, 2006, cat. pp. 62-63.
• Osvaldo Licini. Tra le Marche e l’Europa, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Ascoli Piceno, 2008, cat. p. 149.
78
Bibliografia
• Osvaldo Licini. Tra le Marche e l’Europa, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Ascoli Piceno, 2008.
79
Angelo con la coda
1946
olio su tela / oil on canvas
50 x 60 cm
Provenienza
Collezione privata, Brescia
Esposizioni
• Licini, Galleria L’Aquilone, Urbino, 1973, cat. n. 5.
• Osvaldo Licini, Galleria La Nuova Pesa, Roma, 1973, cat. n. 26.
• Osvaldo Licini, La Casa dell’Arte, Sasso Marconi, 1976-1977.
• Ironia e favola. VI Biennale nazionale d’arte figurativa, Galleria d’Arte Moderna Ricci-Oddi, Piacenza, 1980, ripr.
• Osvaldo Licini. Mostra antologica, Galleria Bergamini, Milano, 1982, cat. tav. 6.
• Osvaldo Licini, Galleria L’Isola, Roma, 1982, n. 14.
80
•Osvaldo Licini, Studio Denise Fiorani, Piacenza, 1986, ripr.
•Arte astratta nelle Marche 1935
1985, Civica Galleria d’Arte Contemporanea, Palazzo Malaspina, Ascoli Piceno, 1988, cat. tav. 56 p. 70.
• Osvaldo Licini. Dipinti e disegni 1919-1958, Kunstverein Wolfsburg e. V. Schloss, Wolfsburg, 1989, cat. p. 71.
• Osvaldo Licini. Dipinti e disegni 1919-1958, Wilhelm-Hack-Museum, Ludwigshafen, 1990, cat. p. 71.
• Osvaldo Licini, Università di Arti Applicate Heiligenkreuzerhof, Vienna, 1990, p. 71.
• Osvaldo Licini, Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Locarno, 1992, pp. 150-151.
Bibliografia
• G. Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini, Alfieri, Venezia, 1968, tav. 167,
p. 220, n. 233 p. 288.
• C. Melloni, Osvaldo Licini. Le opere e i giorni, in Almanacco-annuario delle Marche 1987-1988, Pescara, 1988.
81
Angelo con la coda (Il miracolo di San Marco)
1948
olio su tela / oil on canvas
38 x 48 cm
Provenienza
• Collezione Nanny Hellstrom,
Monte Vidon Corrado.
• Collezione privata, Londra.
• Galleria Lorenzelli, Bergamo.
• Collezione privata, Milano.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
•Retrospettiva di Osvaldo Licini. III Premio Scipione di pittura, Pinacoteca Comunale, Macerata, 1964.
•Osvaldo Licini, Ente Bolognese Manifestazioni Artistiche, Bologna, 1969, cat. n. 100.
82
• Omaggio a Osvaldo Licini, Associazione Amici dell’Accademia Carrara, Bergamo, 1969, cat. n. 15.
• Genius, Cripta del Colleggio, Siracusa, 1997.
• Osvaldo Licini, Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino, 2010-2011.
Bibliografia
• G. Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini, Alfieri, Venezia, 1968, ill. tav. 186 p. 223, n. 250 p. 288.
83
Angelo su fondo giallo
1948
olio su carta applicata su tela / oil on paper applied on canvas
38,5 x 48 cm
Provenienza
• Collezione Tosi, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• XXIX Biennale internazionale d’arte, Venezia, 1958.
• III Premio nazionale di pittura Scipione, Macerata, 1964.
• Licini, Galleria La Piccionaia, Lugano.
• L’Italia s’è desta 1945-1953. Arte in Italia nel secondo dopoguerra, da De Chirico a Guttuso, da Fontana a Burri, Museo d’Arte della Città di Ravenna, Ravenna, 2011, cat. n. 82.
Bibliografia
• G. Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini, Alfieri, Venezia, 1968, ill. tav. 203 p. 226, n. 274 p. 289.
84
85
Amalassunta su fondo blu
1949-1950
olio su carta intelata / oil on paper mounted on canvas
25,5 x 33,5 cm
Provenienza
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Osvaldo Licini, Galleria Meneghini, Mestre, 1969, cat. n. 47.
• Palazzo Grassi, Chiesa San Samuele, Venezia, 1984, cat. n. 65.
• Osvaldo Licini, Galleria Civica d’Arte Moderna, Palazzo dei Diamanti, Ferrara, 1980, cat. n. 95.
• Osvaldo Licini, Palazzo Liceo Saracco, Acqui Terme, 1985, ripr. in cat.
• Osvaldo Licini. Dipinti e disegni, Palazzo dei Capitani del Popolo, Ascoli Piceno, 1988, cat. n. 69.
86
87
88
89
Amalassunta
1950
olio su tela / oil on canvas
30,2 x 39,5 cm
Provenienza
• Galleria Lorenzelli, Milano (opera archiviata).
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
• Collezione privata, Brescia.
90
91
Angelo ribelle su fondo rosa
1950
olio su tela / oil on canvas
37 x 47 cm
Provenienza
• Collezione Meneghini, Venezia.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Osvaldo Licini, Galleria Bergamini, Milano, 1969-1970.
• Chagall-Licini e il sopra-naturale in Arp, Ernst, Klee, Miró, Savinio, Polo Culturale Sant’Agostino, Ascoli Piceno, 2001.
Bibliografia
• G. Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini, Venezia, 1968, tav. LXIV p. 102, n. 310 p. 289.
92
93
Fiore fantastico
1955
olio su carta intelata / oil on paper mounted on canvas
21 x 31 cm
Provenienza
• Collezione privata, Milano.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Esposizioni
• Identità e diversità - Il cappello e la creatività, Palazzo Medici Riccardi, Firenze, 2004, cat. p. 153.
Bibliografia
• G. Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini, Alfieri, Venezia, 1968, tav. 385 p. 257, n. 473 p. 294 (con titolo Viaggio fantastico).
94
95
Angelo azzurro
1956
olio su carta intelata / oil on paper mounted on canvas
23 x 16,5 cm
Provenienza
• Collezione Meneghini, Venezia.
• Galleria Peccolo, Livorno.
• Galleria Morone 6, Milano.
• Collezione Lucio Zanetti, Bologna.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
Bibliografia
• G. Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini, Alfieri, Venezia, 1968, tav. LXXVIII p. 116, n. 521 p. 294.
96
97
Gigante rosso con scure (part.), 1920-1921
98
Mario
Sironi
Gigante rosso con scure
1920-1921
olio su tela / oil on canvas
61,5 x 46 cm
Provenienza
• Collezione privata, Brescia
Bibliografia
• Con il titolo Il costruttore della Terza Internazionale la tavola compare nei Consuntivi de “Le Industrie Italiane Illustrate” (rivista cui Sironi collabora dal 1920), giugno 1921.
• A. Sironi, F. Benzi, Sironi illustratore. Catalogo ragionato, Roma, 1988, p. 411.
• S. Pegoraro, Figura e figure, Bologna, 2003, p. 262.
• V. Sgarbi, Mario Sironi. Segni e colori, Bologna, 2004, p. 55.
100
101
Due figure
1928
olio su tela / oil on canvas
110 x 90 cm
Provenienza
• Galleria Milano, Milano.
• Galleria Annunciata, Milano,
n. 2407.
• Collezione Mazzotta, Milano.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• “Lettere e Arti”, Venezia, luglio-
agosto 1946, p. 11.
102
103
L’albero
1930
olio su carta applicata su tela / oil on paper applied on canvas
60 x 50 cm
Provenienza
• Collezione Giuseppina Ceretti Gussoni, Milano.
• Galleria Milano, Milano (1931-32).
• Collezione Barbaroux, Milano.
• Collezione Lizzola, Milano.
• Galleria d’Arte Cairola, Milano.
• Galleria Annunciata, Milano.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• Mostra di arte italiana, Kunsthaus, Zurigo, 1940.
104
105
Il sogno di Achille (part), 1926
106
Alberto
Savinio
Il sogno di Achille
1926
olio su tela / oil on canvas
73 x 92 cm
Provenienza
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Pittori e scultori che recitano a soggetto, Palazzo della Permanente, Milano, 1971.
• Italia 1920-1987, Kunstnernes Hus, Oslo, 1988, cat. n. XVII.
• Savinio. Gli anni di Parigi. Dipinti 1927-1932, Palazzo Forti, Verona, 1990-1991.
• L’idea del classico 1916-1932, Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 1992.
• L’ame au corps, art set sciences 1793-1993, Galerie National du Grand Palais, Parigi, 1993-1994.
108
• Da Monet a Morandi, Palazzo Sarcinelli, Conegliano, 1997.
• Da Ca’ Pesaro a Morandi. Arte in Italia 1919-1945, Conegliano, 2002.
• Alberto Savinio, Fondazione Antonio Mazzotta, Milano, 2002-2003.
• Alberto Savinio - la commedia dell’arte, Palazzo Reale, Milano, 2011 cat. p. 69
109
Souvenir d’un monde disparu
1931
olio su tela / oil on canvas
38,2 x 46 cm
Provenienza
• Collezione privata, Parigi.
• Galerie Rive Gauche, Parigi.
• Collezione Dino Tega, Milano.
• Collezione Cebulli, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• G. Briganti, Savinio. Gli anni di Parigi. Dipinti 1927-1932, Palazzo Forti e Galleria dello Scudo, Verona, 1990-1991, pp. 296-297 n. 85 ill.
Bibliografia
• P. Vivarelli, catalogo Milano, 1986, ripr. p. 14 (didascalia errata).
• Tavernier, 1994, ripr. in copertina (didascalia errata, riferita al dipinto L’isola portatile).
110
• Per il disegno preparatorio cfr. sezione Opere su carta, cat. n. 1931 9.
• P. Vivarelli, Alberto Savinio. Catalogo generale, ripr. p. 118 n. 1931 11.
• Alberto Savinio - la commedia dell’arte, Palazzo Reale, Milano, 2011 cat. p. 91
111
112
113
Piazza d’Italia con Arianna (part), 1948
114
Giorgio
de Chirico
Costruttori di trofei
1929
olio su tela / oil on canvas
92 x 73 cm
Provenienza
• Cartiglio Ghiringhelli, 9/07/38.
• Galleria Gissi, Torino, n. 5938.
• Galleria del Milione, Milano, n. 17 1928.
• Collezione privata, Rovereto.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Exposición de pintura italiana contemporánea, Palacio de la Virreina, Barcellona, 1955.
• Exposición de pintura italiana contemporánea, Palacio del Retiro, Madrid, 1955.
• Exposición de pintura italiana contemporánea, Sala Municipal de Arte, San Sebastián, 1955.
• De Chirico nel centenario della nascita, Museo Correr, Venezia, 1988-
1989, cat. tav. 59 n. 56 ill.
116
• Giorgio de Chirico. Pinturas e esculturas, Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam, San Paolo del Brasile, 1998, cat. pp. 33, 109,
n. 52 ill.
• Die andere Moderne. De Chirico,
Savinio, Kunstsammlung Nordrhein Westfalen, Dusseldorf, 2001 cat. p. 268 n. 78 ill.
• Die andere Moderne: De Chirico, Savinio, Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco di Baviera, 2002, cat. p. 268 n. 78 ill.
• Pittura italiana contemporanea, Soprintendenza alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Spagna, 1995.
• Giorgio de Chirico. La fabrique de rêves, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi, 2009, cat. p. 158 n. 65 ill.
Bibliografia
• R. Carrieri, Giorgio de Chirico, Garzanti, Milano, 1942, tav. XXVIII.
• E. Rathke, P. Waldberg, M. Carrà, Metafisica, Mazzotta, Milano, 1968, n. 170.
• E. Rathke, P. Waldberg, M. Carrà, Metaphysical Art, Praeger Publishers,
New York, 1971, n. 170.
• Surrealismo, Levi Arte Moderna, Milano, 1974, p. 72 tav. 30.
• P. Baldacci, M. Fagiolo dell’Arco, Giorgio de Chirico. Parigi 1924-1929. Dalla nascita del surrealismo al crollo di Wall Street, Edizioni Philippe Daverio, Milano, 1982, p. 553 n. 252.
• Giorgio de Chirico et le mythe grec, Allemandi , Torino, 1995, p. 31 n. 7.
117
Piazza d’Italia con Arianna
1948
olio su tela / oil on canvas
50 x 60 cm
Provenienza
• Collezione Annamaria Ornella Matter.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Giorgio De Chirico. A Metaphysical Journey, Paintings 1909-1973, Galerie Andrea Caratsch - Galerie Micheal Haas, Zurigo - Berlino, 2008, cat. pp. 48-49 ill. n. 15.
118
119
Trovatore
1968
olio su tela / oil on canvas
89,5 x 60 cm
Provenienza
• Collezione privata, Roma.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
120
121
122
123
Natura morta (part.), 1942
124
Giorgio
Morandi
Natura morta
1942
olio su tela / oil on canvas
30 x 46 cm
Provenienza
• Galleria del Milione, Milano.
• Collezione Giacomo Spadacini, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• L. Vitali, Morandi. Catalogo generale, vol. I, Electa, Milano, 1977, n. 362.
126
127
Natura morta
1947
olio su tela / oil on canvas
29 x 45 cm
Provenienza
• Galleria del Milione, Milano, n. 617 #.
• Collezione Rollino, Roma.
• Collezione privata, Roma.
• Collezione Giacomo Spadacini, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• L. Vitali, Morandi. Catalogo generale, vol. I, Electa, Milano, 1977, n. 574.
• L. Vitali, Morandi. Catalogo generale, vol. I, II ed., Electa, Milano, 1983, n. 574.
128
129
Fiori
1958
olio su tela / oil on canvas
23 x 21 cm
Provenienza
• Collezione Molina, Pavia.
• Collezione Nazzi, Torino.
• Collezione Gissi, Torino.
• Galleria del Milione, Milano.
• Galleria Marescalchi, Bologna.
• Collezione privata, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• L. Vitali, Morandi. Dipinti. Catalogo generale, vol. II, Electa, Milano, 1977, n. 1078.
130
131
Concetto spaziale (part.), 1965
132
Lucio
Fontana
Concetto spaziale
1954
olio e pietre colorate su tela / oil and colored stones on canvas
65 x 49 cm
Provenienza
• Collezione Mr. Carlos Aleman.
• Collezione Teresa Anchorena.
• Collezione privata, Brescia.
134
135
Concetto spaziale
1960-1961
olio su tela argento / oil on silver canvas
45x 35 cm
Provenienza
• Galleria Il Triangolo, Roma.
• Collezione privata, Roma.
• Galleria Il Traghetto, Venezia.
• Collezione privata, Venezia.
• Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Spazialismo, Galleria Civica Palazzo Todeschini, Desenzano del Garda, 1989.
• La formula plurale, Museo Civico, Riva del Garda, 1991.
136
Bibliografia
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogue raisonné, vol. II, La Connaissance, Bruxelles, 1974, p. 76.
• E. Crispolti, Fontana. Catalogo generale, vol. I, Electa, Milano, 1986,
p. 265 n. 60-61 O 2 (capovolto e speculare destra-sinistra).
• T. Toniato, Spazialismo, Nuovi Strumenti, Brescia, 1989, tav. I.
• G.M. Accame, La forma plurale, Riva
del Garda, 1991, pp. 51, 91 n. 15.
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Skira, Milano, 2006,
p. 430 n. 60-61.
137
138
139
Concetto spaziale
1965
idropittura su tela colore bianco / water-based paint on white canvas
40 x 32 cm
Provenienza
• Collezione Campiglio, Milano.
• Collezione privata, Venezia.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo generale, vol. II, Electa, Milano, 1986, p. 583 n. 65T 130 ill.
140
141
Concetto spaziale
1965
idropittura su tela colore bianco / water-based paint on white canvas
65 x 54 cm
Provenienza
• Collezione Ch. H. Yalem, Missouri.
• Collezione privata, Verona.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Primo ’900. Partecipazione e solitudine dell’arte, Castello Monumentale, Lerici, 1991, p. 31 ill.
Bibliografia
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogue raisonné, vol. II, La Connaissance, Bruxelles, 1974, p. 164, n. 65 T 102 ill.
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo generale, vol. II, Electa, Milano, 1986, p. 578 n. 65 T 102 ill.
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Skira, Milano, 2006,
p. 764 n. 65 T 102 ill.
142
143
Concetto spaziale
1966
idropittura su tela colore rosso / water-based paint on red canvas
61 x 50 cm
Provenienza
• Collezione Renzo Riva, Milano.
• Galleria Il Punto, Torino.
• Vismara Arte Contemporanea, Milano.
• Galleria Seno, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Esposizioni
• Galleria Il Punto, Torino, 1966.
• Galleria Seno, Milano, 1973, n. 6 riprodotto.
Bibliografia
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogue raisonné, vol. II, La Connaissance, Bruxelles, 1974, p. 180.
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo generale, vol. II, Electa, Milano, 1986, p. 632 n. 66T 13 ill.
144
145
Concetto spaziale
1967
idropittura su tela colore rosso / water-based paint on red canvas
46,5 x 38,5 cm
Provenienza
• Galleria Il Prisma, Cuneo.
• Collezione privata, Milano.
• Collezione privata, Brescia.
Bibliografia
• E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo generale, vol. II, Electa, Milano, 1986, p. 870 n. 67T134 ill.
146
147
Biografie
Biographies
Osvaldo Licini
Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado, 1894-1958) si iscrive giovanissimo all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove incontra
Giorgio Morandi, Mario Bacchelli, Giacomo Vespignani e Severo
Pozzati, con i quali espone nel 1914 presso l’Hotel Baglioni. Le
opere presentate in questa prima mostra risentono dell’influenza
dello spirito antiaccademico del futurismo, movimento al quale
Licini si era avvicinato nel 1913 senza tuttavia condividerne, sul
piano pittorico, lo stile e le tematiche. Nello stesso anno scrive I
racconti di Bruto, raccolta di brevi brani dallo spirito avanguardista e provocatorio, in cui il protagonista Bruto è un alter ego dello
stesso Licini.
Nel 1914 si trasferisce all’Accademia di Belle Arti di Firenze per
seguire i corsi di figura e scultura e continua ad avere contatti
con l’ambiente futurista. L’anno successivo, animato dalla propaganda interventista, decide di partire volontario per la grande
guerra. Tornato dal fronte nel 1916 gravemente ferito a una gamba, mentre è ricoverato all’ospedale militare di Firenze realizza
una serie di lavori di tema bellico, andati poi perduti. Trascorre
quindi un lungo periodo di convalescenza a Parigi, dove la famiglia si era trasferita nel 1902, per stare vicino alla madre, che
dirige un atelier di moda, e alla sorella, ballerina dell’Opéra. Qui
inizia a frequentare il milieu artistico che anima la scena culturale: conosce Pablo Picasso e Jean Cocteau (nel 1917 assiste alla
prima di Parade al Théâtre du Châtelet) e stringe amicizia con
Amedeo Modigliani. Si avvicina alla poesia simbolista leggendo
Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud. Partecipa anche ad alcune
prestigiose rassegne, come il Salon d’Automne nel 1922 e il Salon des Indépendents nel 1923 e nel 1924.
Nella prima metà degli anni Venti si sposta frequentemente: vive
Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado, 1894-1958) enrolled at the
Accademia di Belle Arti in Bologna at a very young age. There he
met Giorgio Morandi, Mario Bacchelli, Giacomo Vespignani and
Severo Pozzati, with whom he exhibited in 1914 at the Hotel Baglioni. The works presented in this first exhibition were influenced
by the anti-academic spirit of Futurism, a movement that Licini
approached in 1913 without, however, adopting either its pictorial
style or themes. That same year he wrote I racconti di Bruno, a
collection of short texts that were provocative and avant-garde in
spirit, whose primary character, Bruno, is Licini’s alter-ego.
In 1914 he moved to the Accademia di Belle Arti in Florence to
study the human figure and sculpture while maintaining contact
with the Futurist milieu. Fired by propaganda, the following year
he volunteered for the Great War. He returned from the front with
a serious leg injury in 1916 and, while he was laid up in the military hospital in Florence, he produced a series of works inspired
by the war (since lost). He then spent a long time convalescing in
Paris where his family had moved in 1902. His mother ran a fashion workshop and his sister was a dancer at the Opéra. In Paris
he began to frequent the circles of the art world, meeting Pablo
Picasso and Jean Cocteau (he was present in 1917 at the opening
night of Parade at the Théâtre du Châtelet) and becoming friends
with Amedeo Modigliani. He began to read the Symbolist poetry of
Charles Baudelaire and Arthur Rimbaud. His paintings were included in several important exhibitions, such as the Salon d’Automne
in 1922 and the Salon des Indépendants in 1923 and ’24.
He spent the first half of the 1920s in frequent moves, living for
short periods in Florence, Fermo, Saint-Tropez and Paris. In 1926
he married the Swedish painter Nanny Hellstrom, whereupon he
151
tra Firenze, Fermo, Saint-Tropez e Parigi fino al 1926, anno in cui
sposa la pittrice svedese Nanny Hellstrom e decide di stabilirsi a
Monte Vidon Corrado, suo paese natale. Dal borgo marchigiano, i
cui paesaggi saranno continua fonte di ispirazione, Licini seguirà
gli sviluppi del panorama artistico italiano e internazionale, pur
conducendo una vita solitaria e distaccata. Sempre nel 1926 si
avvicina al gruppo di Novecento, anche se non ne condivide la
poetica e lo stile, e partecipa a Milano alla prima mostra del movimento.
Nel 1927, grazie all’interessamento dell’amico pittore Mario Tozzi, prende parte all’Esposizione d’arte italiana in Olanda che si
tiene ad Amsterdam e l’anno successivo alla collettiva Les artistes italiens de Paris insieme, tra gli altri, a Giorgio de Chirico,
Filippo de Pisis, Alberto Giacometti, Amedeo Modigliani, Renato
Paresce e Gino Severini.
All’inizio degli anni Trenta Licini attua una radicale svolta astratta: infatti non solo abbandona con decisione il realismo, ma arriva a distruggere buona parte delle sue tele figurative. Hanno
un ruolo significativo in questo cambio di rotta un lungo viaggio
compiuto con la moglie nell’Europa del Nord, con tappa a Parigi
(1931), nel corso del quale si documenta sulle espressioni non
figurative, assimilando la lezione di Vassily Kandinsky e di Paul
Klee con la lettura appassionata di Kn di Carlo Belli (1935). Prima
di proporre al pubblico gli esiti della nuova ricerca l’artista attende però alcuni anni: i quadri astratti saranno infatti presentati
per la prima volta nel 1935 alla II Quadriennale romana e alla
Prima mostra collettiva di arte astratta a Torino. Sempre nel 1935
la Galleria del Milione di Milano, diventata punto di riferimento
per un gruppo di pittori astrattisti (tra i quali Reggiani, Melotti,
152
settled in Monte Vidon Corrado, his place of birth in the Marche.
The countryside around this small village offered him inspiration
and it was from there that he followed developments in the art
world in Italy and internationally, though cut off physically from
both. In the same year his contacts with the Novecento group
intensified and, though he did not share either their poetics or
painting style, he took part in the first Mostra del Novecento
italiano in Milan.
Through the interest of his friend and painter Mario Tozzi, in
1927 he was involved in the Exhibition of Italian Art in Holland,
which was held in Amsterdam, and the following year in the
group show Les artistes italiens de Paris, with Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Alberto Giacometti, Amedeo Modigliani, Renato Paresce and Gino Severini.
At the start of the 1930s Licini’s painting took a radical shift
towards abstractionism. Not only did he abandon realism but he
destroyed a good many of his figurative canvases. Contributing
causes to this important change were a trip he took with his wife
in northern Europe, during which they stopped in Paris (1931)
where he studied the painting of Vassily Kandinsky and Paul
Klee, and the reading of the essay Kn by Carlo Belli (published
in 1935), by which he was very moved. Before showing the results of his new artistic direction to the public, he waited several
years. His abstract works were first exhibited in 1935 at the
Rome Quadriennale and First Collective Exhibition of Abstract
Art in Turin. He was given a solo exhibition, also in 1935, at
the Galleria del Milione in Milan, which had become a landmark
for a group of abstract artists that included Reggiani, Melotti,
Soldati, Fontana and Veronesi. In the exhibition’s presentation
Soldati, Fontana, Veronesi e lo stesso Licini) gli dedica una personale; nella presentazione in catalogo, intitolata Lettera aperta
al Milione, l’artista, che non ha mai fatto proprie fino in fondo le
componenti rigorosamente razionali dell’astrattismo, espone la
natura lirica del suo lavoro, dichiarando che anche “la geometria
può diventare sentimento”.
Alla fine degli anni Trenta il lavoro di Licini subisce un altro profondo mutamento: l’artista abbandona l’astrazione e dà vita a un
nuovo immaginario poetico e figurativo. Le tele si animano così di
figure fantastiche e mitiche – gli Olandesi volanti, le Amalassunte, gli Angeli ribelli – capaci di essere allo stesso tempo malinconiche e leggere, ironiche e sensuali. La scelta di questa direzione
stilistica è influenzata dalla fascinazione dell’artista per i temi
della magia, del mito e della favola trattati nella rivista (di cui
esce un solo numero) “Valori Primordiali”, fondata nel 1938 dal
filosofo Franco Ciliberti. Nel 1941 questi pubblica anche un manifesto al quale Licini aderisce insieme, tra gli altri, a Bruno Munari,
Marcello Nizzoli, Mario Radice, Manlio Rho e Atanasio Soldati.
Ritiratosi in completo isolamento a Monte Vidon Corrado durante
la seconda guerra mondiale, Licini espone per la prima volta le
nuove sperimentazioni alla XXIV Biennale di Venezia nel 1948.
Nel corso degli anni Cinquanta sviluppa i temi iconografici creati nel decennio precedente: così le figure angeliche tendono ad
assumere forme più geometriche e compaiono nelle tele nuovi
elementi figurativi come i Missili lunari.
Nel 1958, anno della sua scomparsa, è presente con 53 opere, realizzate tra il 1925 e il 1958, alla XXIX Biennale di Venezia, dove
riceve il Gran Premio per la pittura.
text, called Open Letter to the Milione, Licini – who had never
adopted the rigorously rational elements of abstractionism in
depth – explained the lyrical nature of his work and stated that
even “geometry can become sentiment”.
At the end of the 1930s, Licini’s work underwent another change
of direction: he turned away from abstractionism to create a
new poetic, figurative and imaginary world. His paintings were
inhabited by figures from myth and fantasy, such as the Flying
Dutchman, Amalassunta and Rebel Angels, who could be simultaneously melancholic, light-hearted, ironic and sensual. This
new change of direction was influenced by Licini’s fascination
for the themes of magic, myth and fable treated in philosopher
Franco Ciliberti’s magazine Valori Primordiali (1938), of which
only one issue was published. In 1941 Ciliberti also published
a manifesto which Licini signed, along with Bruno Munari, Marcello Nizzoli, Mario Radice, Manlio Rho and Atanasio Soldati,
among others.
Licini went into isolation at his home in Monte Vidon Corrado
during World War II, when he did not exhibit any of his new
paintings. They were only seen by the public for the first time at
the 1948 Venice Biennale.
Throughout the 1950s he developed the iconographical themes
he had created during the previous decade, as a result of which
his angels tended to become more geometric and new figurative elements like Lunar Missiles began to appear.
In 1958, the year of his death, an exhibition at the Venice Biennale was dedicated to 53 of his works painted between 1925
and 1958, where he was awarded the Grand Prize for painting.
153
Giorgio de Chirico
Giorgio de Chirico (Volos, 1888 - Roma, 1978) frequenta il Politecnico di Atene dal 1903 al 1906. Alla morte del padre nel 1905
la famiglia lascia la Grecia per trasferirsi a Monaco di Baviera,
dove de Chirico frequenta l’Accademia di Belle Arti e il fratello Andrea (che dal 1914 prenderà il nome di Alberto Savinio)
studia musica. In Germania si avvicina alla filosofia di Friedrich
Nietzsche e si dedica allo studio di Arnold Böcklin e Max Klinger.
Nel 1909, dopo aver raggiunto la madre e il fratello a Milano,
decide di trasferirsi a Firenze. Risalgono a questo periodo i suoi
primi dipinti, in cui si sente l’influenza di Böcklin e ricorre il tema
dei centauri.
Nel 1911 raggiunge il fratello a Parigi. Nella produzione di questo periodo le suggestioni dei pittori tedeschi lasciano spazi a un
nuovo linguaggio personale che inaugura, con le prime Piazze
d’Italia, la stagione della metafisica. I nuovi lavori vengono esposti per la prima volta al Salon d’Automne di Parigi nel 1912, dove
presenta una Piazza d’Italia, un Autoritratto e L’enigma dell’oracolo; partecipa successivamente al Salon des Indépendants
(1913 e 1914). Il suo lavoro è notato da Guillaume Apollinaire che
recensisce una sua mostra e lo introduce nell’ambiente intellettuale parigino: conosce così gli artisti Giovanni Papini e Ardengo
Soffici, Fernand Léger, Constantin Brancusi, Max Jacob, André
Derain e Georges Braque, come pure il mercante Paul Guillaume.
Nel 1915 è costretto a rientrare in Italia per arruolarsi, anche se
a causa delle sue condizioni di salute viene subito destinato a
lavorare come ausiliario a Ferrara, dove lo raggiunge il fratello.
Suggestionato dall’ambiente urbano e architettonico della città,
realizza opere come Il grande metafisico, Ettore e Andromaca, Il
trovatore e Le muse inquietanti e comincia a dipingere i primi In-
Giorgio de Chirico (Volos, 1888 - Rome, 1978) studied at Athens
Polytechnic from 1903 to 1906. On the death of his father in 1905, his
family left Greece for Munich, where de Chirico enrolled at the Fine
Arts Academy and his brother Andrea (who from 1914 would take the
name Alberto Savinio) studied music. In Germany Giorgio began to
read the philosophy of Friedrich Nietzsche and studied the work of
Arnold Böcklin and Max Klinger.
He moved to Milan in 1909 to join his mother and brother, who had
already transferred there, but he then decided to live in Florence. This
was the period of his first paintings, which were influenced by Böcklin
and the theme of centaurs is recurrent.
In 1911 he joined his brother in Paris. At this time the influence of the
German painters in his works gave way to a new personal language
that marked the start of his Metaphysical paintings, as seen in his
early Piazze d’Italia. These new works were shown for the first time
at the Salon d’Automne in Paris in 1912, where he presented a Piazza
d’Italia, a Self-Portrait and The Enigma of the Oracle. He later exhibited at the Salon des Indépendants (1913, 1914). His works were
noted by Guillaume Apollinaire, who reviewed one of his exhibitions
and introduced him to the intellectual milieu of Paris. He thus came
to know Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Fernand Léger, Constantin
Brancusi, Max Jacob, André Derain, Georges Braque, and the dealer
Paul Guillaume.
De Chirico was obliged to return to Italy in 1915 to enlist in the army
though his poor physical health meant he was sent to work as an auxiliary in Ferrara, where his brother was already stationed. Enchanted
by the city and its architecture, he painted works like The Great Metaphysician, Hector and Andromache, The Troubadour and The Disquieting Muses and began to paint his first Inner Metaphysics. He got to
155
terni metafisici. Nel 1916, a Ferrara, conosce Filippo de Pisis e nel
1917, mentre trascorre alcuni mesi presso l’ospedale militare per
malattie nervose di Villa del Seminario, incontra Carlo Carrà. Nasce così quella che in seguito sarà definita la “scuola metafisica”.
Nel 1917 si trasferisce a Roma, dove due anni dopo la Casa
d’Arte Bragaglia organizza la sua prima mostra personale, nella
quale espone opere metafisiche, anche se proprio in questo periodo inizia a rivolgersi alla figurazione classica. Seguono mostre
alla Galleria Arte di Milano nel 1921 e alla Galerie Paul Guillaume di Parigi nel 1922. Nel 1924 partecipa per la prima volta alla
Biennale di Venezia e con la futura moglie Raissa, una ballerina
russa, si reca a Parigi, dove al Théâtre des Champs-Elysées realizza scene e costumi per i Balletti Svedesi e per La giara di
Pirandello. Collabora al primo numero di “La Révolution Surréaliste” ed è immortalato da Man Ray in una celebre foto di gruppo.
De Chirico inizia in questi anni a introdurre nei propri lavori nuovi temi come gli Archeologi, i Cavalli in riva al mare, i
Trofei, i Paesaggi nella stanza, i Mobili nella valle, i Gladiatori.
In occasione di una personale nella galleria parigina di Léonce Rosenberg i surrealisti criticano duramente le sue opere più
recenti, di ispirazione classica, provocando una rottura con
l’artista che negli anni successivi diverrà sempre più netta.
Nel 1926 espone alla I Mostra del Novecento italiano e nel 1929 realizza scene e costumi per Le bal di Vittorio Rieti, prodotto dai Balletti Russi di Sergej Djagilev a Montecarlo, e decide di ritornare definitivamente in
Italia con Isabella Pakszwer Far, sua nuova compagna, spinto dalla crisi e dalla difficile situazione del mercato artistico.
Nel 1936 si reca a New York e rimane in America per più di
156
know Filippo de Pisis in Ferrara in 1916 and, a year later, while admitted to the Villa del Seminario military hospital for nervous diseases,
he met Carlo Carrà. Together they created what was to be known as
the Metaphysical school.
In 1917 he moved to Rome where, two years later, the Casa d’Arte
Bragaglia held his first solo exhibition. He showed metaphysical
paintings although it was in this period that he began to turn towards
classical figuration. Exhibitions followed in the Galleria Arte in Milan
in 1921 and the Galerie Paul Guillaume in Paris in 1922. His work was
shown for the first time at the Venice Biennale in 1924 and, with his
future wife Raissa, a Russian ballerina, he went to Paris where he
designed sets and costumes for the Ballet Suédois at the Théâtre des
Champs-Elysées, and for La Jarre from a story by Pirandello. He also
contributed to the first issue of La Révolution Surréaliste and was immortalised in a famous group photograph taken by Man Ray.
During these years in Paris he began to introduce new themes, such
as the Archaeologists, Horses on the Seashore, Trophies, Landscapes
in a Room, Furniture in the Valley, and Gladiators. At a solo exhibition held in Léonce Rosenberg’s Paris gallery the Surrealists heavily
criticised de Chirico’s latest classically inspired paintings, causing a
split between them and the artist that in the years to come became
ever wider.
In 1926 he exhibited at the I Mostra del Novecento italiano and in 1929
designed sets and costumes for Vittorio Rieti’s Le Bal, performed by
the Sergei Diaghilev’s Ballets Russes in Montecarlo, and decided to
return permanently to Italy with his new companion, Isabella Pakszwer Far, as a result of the economic crisis and suffering art market.
In 1936 he visited New York and remained in America for more than
a year, exhibiting in various galleries, taking part in the Fantastic Art,
un anno, esponendo in varie gallerie, prendendo parte alla
mostra Fantastic Art, Dada and Surrealism al Museum of Modern Art di New York e lavorando a commissioni private.
Nel gennaio del 1938 rientra in Italia e si ferma brevemente a
Milano, per poi trasferirsi a Parigi, disgustato dalle leggi razziali.
Tornato nuovamente in Italia alla fine del conflitto, si stabilisce
a Roma. Nel dopoguerra si susseguono i riconoscimenti: è nominato membro della Royal Academy of British Artists, accademico di Francia e ottiene la Croce di Grande Ufficiale della
Repubblica federale tedesca; contemporaneamente partecipa a
prestigiose mostre in Italia e all’estero. Questi sono però anche
anni di accese polemiche riguardanti le datazioni e l’autenticità
delle sue opere: tra gli episodi più eclatanti, nel 1950 il pittore
fa causa alla Biennale di Venezia per aver esposto un falso e organizza nella sede della Società Canottieri Bucintoro di Venezia
una “Antibiennale” insieme a un gruppo di pittori “antimoderni”.
Dalla fine degli anni Trenta fino a tutti gli anni Sessanta l’artista
trae ispirazione dalla pittura barocca: realizza soggetti storici e
mitologici, una serie di autoritratti in costume e numerosi d’après di Rubens. Negli anni Sessanta si dedica anche alla scultura
in bronzo trattando temi mitologici, per poi passare anche alla
produzione di opere argentate e dorate. Dal 1966, negli ultimi anni di attività, rielabora i temi della metafisica dipingendo
varianti dei suoi più celebri capolavori. Una sua prima grande
antologica viene allestita a Palazzo Reale a Milano nel 1970 con
180 opere fra dipinti, disegni e sculture datate tra il 1909 e il
1970. Nello stesso anno, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, si
tiene la mostra I de Chirico di de Chirico, trasferita l’anno dopo
a New York.
Dada and Surrealism exhibition at the Museum of Modern Art and
working on private commissions.
He returned to Italy in January 1938 and briefly stopped in Milan,
where his disgust at the racial laws prompted him to move on to
Paris. He returned to Italy again once the war was over and settled
in Rome. In the post-war period he received various honours: he was
made a member of the Royal Academy of British Artists, a member
of the Académie Française and was awarded the Grand Cross of the
German Federal Republic. His works were also included in a number
of important exhibitions in Italy and elsewhere. However, these were
years of bitter arguments about the dating and authenticity of his
works: one of the most striking episodes occurred in 1950 when de
Chirico sued the Venice Biennale for showing a fake in his name and,
consequently, organised an “Antibiennale” with a group of “antimodern” painters in the premises of the Società Canottieri Bucintoro of
Venice.
From the end of the 1930s to the ’60s, de Chirico drew inspiration from Baroque painting. He produced historic and mythological
scenes, a series of self-portraits in costume and many works influenced by Rubens. In the 1960s he turned to creating sculptures of
mythological themes in bronze, and then passing onto silver and
gold patinated works. During the last years of his activity, from 1966
on, he returned to metaphysical themes, painting variants of his
most famous masterpieces. The first anthological exhibition of his
life’s work was held in Palazzo Reale in Milan in 1970, with 180 paintings, drawings and sculptures, covering the period 1909 to 1970.
That same year, the exhibition I de Chirico di de Chirico was held at
the Palazzo dei Diamanti in Ferrara, which transferred to New York a
year later.
157
Alberto Savinio
Alberto Savinio (Atene, 1891 - Roma, 1952), al secolo Andrea de Chirico, studia pianoforte e composizione al Conservatorio di Atene, dove si diploma nel 1903. Dopo la scomparsa
del padre, avvenuta nel 1905, si trasferisce con la madre e il
fratello Giorgio de Chirico a Monaco di Baviera dopo un periodo di passaggio a Venezia e Milano. Prosegue gli studi musicali con il professor Max Reger e si appassiona alle opere di
Otto Weininger, Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche.
Nel 1911 si trasferisce a Parigi ed entra in contatto con l’ambiente artistico della capitale francese, dove conosce Pablo Picasso, Blaise Cendrars, Francis Picabia, Jean Cocteau,
Max Jacob e Guillaume Apollinaire. Nel 1914, per distinguersi dal fratello pittore Giorgio che lo aveva raggiunto a Parigi, prende lo pseudonimo di Alberto Savinio. Lo stesso anno
pubblica in francese, firmando con questo nome, il suo
primo testo teatrale, Les chants de la mi-mort, che appare sulla rivista “Les Soirées de Paris” fondata da Apollinaire.
Allo scoppio della prima guerra mondiale è costretto, insieme
al fratello, a rientrare in Italia. Dopo aver trascorso un periodo
a Firenze, vengono entrambi arruolati nella riserva di fanteria
a Ferrara, dove incontrano Filippo de Pisis e Carlo Carrà. In seguito Savinio decide di abbandonare la composizione musicale
per dedicarsi esclusivamente alla letteratura. Nel 1916, grazie
all’interessamento di Giovanni Papini e Ardengo Soffici, inizia a
collaborare alla rivista “La Voce”, in cui pubblica l’opera Hermaphrodito. L’anno successivo è mandato dall’esercito come
interprete a Salonicco. Alla fine del conflitto si trasferisce a Milano, per poi stabilirsi a Roma (1923), dove continua a pubblicare
i suoi testi sulle riviste “La Ronda” e “Valori Plastici”. Nel 1924
Alberto Savinio (Athens, 1891 - Florence, 1952), originally
Andrea de Chirico, studied piano and composition at Athens
Conservatory, from which he graduated in 1903. After the
death of his father in 1905, he moved with his mother and
brother Giorgio de Chirico to Munich, passing through Venice
and Milan. He continued to study music, under Max Reger,
and was greatly taken by the writings of Otto Weininger, Arthur Schopenhauer and Friedrich Nietzsche.
In 1911 he moved to Paris and entered the artistic milieu,
where he got to know Pablo Picasso, Blaise Cendrars, Francis
Picabia, Jean Cocteau, Max Jacob and Guillaume Apollinaire.
So as to distinguish himself from his brother Giorgio, who had
also arrived in Paris, in 1914 he took the pseudonym Alberto
Savinio. With this name he published his first theatrical work,
Les chants de la mi-mort, which was printed in the magazine
Les Soirées de Paris, founded by Apollinaire.
On the outbreak of war, he was obliged to return to Italy with
his brother. The pair spent a period in Florence, then both enrolled in the reserve infantry in Ferrara where they met Filippo
de Pisis and Carlo Carrà. Savinio then decided to abandon
musical composition to focus exclusively on literature. With
the support of Giovanni Papini and Ardengo Soffici, in 1916 he
began to write for the magazine La Voce, in which he printed
his first novel, Hermaphrodito. The following year he was sent
to Salonika in Greece by the army as an interpreter. At the end
of the war he visited Milan and then settled in Rome (1923)
where he continued to publish his writings in the magazines
La Ronda and Valori Plastici. In 1924 he was one of the founders of the Compagnia del Teatro dell’Arte directed by Luigi
159
è tra i fondatori della Compagnia del Teatro dell’Arte, diretta
da Luigi Pirandello, per la quale scrive l’opera Capitano Ulisse.
Nel 1927, con la moglie Maria Morino, si trasferisce nuovamente a Parigi, dove si fermerà a vivere per sei anni dedicandosi con costanza alla pittura e dove avrà luogo la sua prima
mostra personale, presentata alla Galerie Bernheim-Jeune da
Jean Cocteau. Le sue opere d’esordio ottengono subito l’apprezzamento del pubblico e della critica, tanto che si assicura un contratto con la mercante parigina Jeanne Castel, della
quale realizza un celebre ritratto. Il mondo figurativo delle sue
tele è modellato su quello fantastico e inquietante dell’opera letteraria, ricca di analogie, allusioni e richiami tra conscio
e inconscio. Compaiono infatti come temi ricorrenti, oltre a
poeti, filosofi e muse, oggetti dell’infanzia, come i coloratissimi giocattoli, alcuni elementi dell’antichità e creature mostruose dalle sembianze animali o primordiali. Ma Savinio è
anche influenzato, nella sua produzione pittorica, dal lavoro
del fratello Giorgio, un’influenza peraltro reciproca e costante nel tempo e che varrà ai due il soprannome di “Dioscuri”.
Rientrato in Italia nel 1933, decide di stabilirsi a Roma, dove
allestisce una importante mostra personale, curata da Libero De Libero, alla Galleria Sabatello. Inizia a collaborare
con il quotidiano “La Stampa” e alle riviste “Colonna” e “Il
Broletto” e l’esercizio della scrittura letteraria e giornalistica lo impegnerà costantemente nel corso degli anni Trenta e Quaranta, a scapito della pittura. In questo periodo infatti Savinio dipinge raramente, preferendo dedicarsi al
disegno e alla grafica, illustrando testi suoi e di altri autori.
Nel 1938 è l’unico italiano a essere incluso nell’Anthologie de
160
Pirandello, for whom he wrote Capitano Ulisse.
With his wife Maria Morino, in 1927 he moved back to Paris
where he remained for six years, dedicating himself to painting. He had his first solo exhibition at the Galerie BernheimJeune, where the introduction to the catalogue was written by
Jean Cocteau. His early works quickly won the respect of the
public and critics as a result of which he was offered a contract by the Paris dealer Jeanne Castel, of whom he painted
a famous portrait. The figurative world of his paintings arises
from the disquieting world of fantasy of his writings, which are
filled with analogies, allusions and references between the
conscious and subconscious minds. In addition to poets, philosophers and muses, recurring themes are childhood objects,
like colourful toys, elements from antiquity and monstrous
creatures with animal or primordial features. Savinio’s painting was also influenced by his brother Giorgio’s work but their
influence was reciprocal, which earned them the nickname of
the “Dioscuri”.
Savinio returned to Italy in 1933 and decided to live in Rome,
where an important exhibition of his work was mounted by
Libero De Libero in the Galleria Sabatello. He began to write
for the newspaper La Stampa and magazines Colonna and Il
Broletto. Literature and journalism occupied him constantly
throughout the 1930s and ’40s, to the detriment of painting.
In fact he rarely painted during these years, preferring drawing and graphics, and illustrating his own books and those of
others.
In 1938 he was the only Italian to be included in the Anthologie de l’humour noir edited by André Breton. In 1939 the
l’humour noir curata da André Breton. Nel 1939 il settimanale
“Omnibus”, fondato da Leo Longanesi e con il quale Savinio collabora, viene chiuso a causa di un suo articolo su Giacomo Leopardi considerato irriverente dalla censura fascista. In seguito i
suoi problemi con il regime si aggravano, tanto che nel 1943 è costretto a nascondersi perché sospettato di attività antifascista.
Alla fine della guerra Savinio prosegue l’attività di giornalista:
collabora come critico culturale al “Corriere della Sera” e vince
il Premio Saint-Vincent. Porta avanti parallelamente il suo interesse per il teatro, realizzando per la Scala di Milano quattro
spettacoli in qualità di scenografo e costumista: Oedipus rex
(1948), con musiche di Igor Stravinskij e testo di Jean Cocteau,
I racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach (1949), L’uccello
di fuoco di Stravinskij (1950) e la “tragicommedia mimata e
danzata” Vita dell’uomo (1951), di cui è anche autore. Inoltre
nel 1949 pubblica Alcesti di Samuele, rappresentato l’anno seguente al Piccolo Teatro con la regia di Giorgio Strehler, e nel
1952 lavora per il Maggio fiorentino a una celebre messinscena
dell’Armida di Gioachino Rossini con l’interpretazione di Maria
Callas.
Savinio viene a mancare proprio a Firenze, poco dopo la rappresentazione dell’opera. Per vedere una grande mostra a lui
dedicata bisogna aspettare il 1954, quando la Biennale di Venezia propone una sua personale accompagnata da un testo di
Libero De Libero, e il 1955, anno in cui il fratello Giorgio cura
una sua ampia retrospettiva nell’ambito della VII Quadriennale
di Roma.
weekly Omnibus, founded by Leo Longanesi and for which Savinio wrote, was shut down as a result of an article Savinio
wrote about Giacomo Leopardi, which the Fascist censors considered irreverent. His problems with the regime worsened to
the point that in 1943 he was obliged to go into hiding as he
was suspected of anti-Fascist activities.
At the end of the war, Savinio continued to work as a journalist. He was culture critic for Il Corriere della Sera and won the
Saint-Vincent Prize. He also continued his involvement with
the theatre and contributed as set and costume designer to
four productions at La Scala in Milan: Oedipus rex (1948) with
music by Igor Stravinsky and text by Jean Cocteau, The Tales
of Hoffmann by Jacques Offenbach (1949), The Firebird by
Stravinsky (1950), and the “mimed and danced tragi-comedy” Vita dell’uomo (1951), of which he was the author. In
1949 he published Alcesti di Samuele, which was staged at
the Piccolo Teatro a year later under the direction of Giorgio
Strehler, and in 1952 he contributed to the Maggio fiorentino
on a production of Gioachino Rossini’s Armida, sung by Maria
Callas.
Savinio died in Florence shortly after production of the opera.
It was not until 1954 that a large exhibition was dedicated to
him, when the Venice Biennale staged a solo exhibition with
a text by Libero De Libero. A year later, his brother Giorgio
curated a large retrospective as part of the 1956 Rome Quadriennale.
161
Mario Sironi
Mario Sironi (Sassari, 1885 - Milano, 1961) compie gli studi
superiori a Roma, dove nel 1902 si iscrive alla Facoltà di Ingegneria. Abbandona l’università l’anno successivo, dopo un
periodo di crisi, per seguire la Scuola Libera del Nudo. Qui incontra Gino Severini, Giacomo Balla, che lo introduce al divisionismo, e Umberto Boccioni, con il quale stringe una profonda
amicizia.
Nel 1905 partecipa, sempre a Roma, all’esposizione della Società Amatori e Cultori presentando due opere di ispirazione
divisionista. Rimane però scarsa testimonianza di questa sua
prima produzione, perché buona parte di quei lavori verranno distrutti dallo stesso artista. Nel medesimo periodo inizia
l’attività di illustratore per il giornale socialista “L’Avanti della
Domenica”, per il quale realizza tre copertine, e compie i primi
viaggi: nel 1906 si reca a Parigi, dove incontra l’amico Boccioni,
e nel 1908 a Erfurt, in Germania.
Verso la fine del 1913 aderisce al futurismo e l’anno seguente
partecipa con sedici opere all’Esposizione libera futurista presso la Galleria Sprovieri di Roma. Nel 1915 si trasferisce a Milano e allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola nel
Battaglione volontari ciclisti (insieme a Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Achille Funi, Antonio
Sant’Elia, Luigi Russolo, Ugo Piatti e Carlo Erba), con il quale
partecipa alla presa di Dosso Casina. Nello stesso anno firma
il manifesto interventista L’orgoglio italiano con Marinetti, Boccioni, Russolo, Sant’Elia e Piatti.
Nel 1919 espone alla Grande mostra futurista organizzata da
Marinetti a Palazzo Cova a Milano e tiene la sua prima personale alla Casa d’Arte Bragaglia di Roma, stroncata però da Mario
Mario Sironi (Sassari, 1885 - Milan, 1961) began engineering
studies at Rome in 1902 but abandoned university a year later following a period of personal crisis, upon which he joined
the Scuola Libera del Nudo. There he met Gino Severini, Giacomo Balla, who introduced him to the divisionist technique,
and Umberto Boccioni, with whom he became a close friend.
His work was included in the group show (his first) of the Società Amatori e Cultori, at which he presented two divisionist
works. Little remains, however, of Sironi’s early work because
he destroyed much of it himself. During this same period, he
began working as an illustrator for the Socialist newspaper
L’Avanti della Domenica, for which he produced three covers.
He also started travelling: in 1906 he met up with his friend
Boccioni in Paris, and two years later he visited Erfurt in Germany.
Towards the end of 1913 he joined the Futurists and a year later showed 16 works at the Free Futurist Exhibition at the Galleria Sprovieri in Rome. In 1915 he moved to Milan and on the
outbreak of war joined the battalion of volunteer cyclists with
Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci,
Achille Funi, Antonio Sant’Elia, Luigi Russolo, Ugo Piatti and
Carlo Erba, with whom he was involved in the taking of Dosso
Casina. That same year he signed the manifesto L’orgoglio
italiano with Marinetti, Boccioni, Russolo, Sant’Elia and Piatti.
In 1919 he exhibited at the Grande mostra futurista organised
by Marinetti at Palazzo Cova in Milan and held his first solo
exhibition at the Casa d’Arte Bragaglia in Rome, but this was
severely criticised by Mario Broglio, the founder of the magazine Valori Plastici.
163
Broglio, fondatore della rivista “Valori Plastici”. Nel 1920 si stabilisce definitivamente a Milano, dove comincia a collaborare
come illustratore al quotidiano fondato da Mussolini, “Il Popolo
d’Italia”, per il quale si occuperà anche di critica d’arte e lavorerà senza interruzioni fino al 1942. Lo stesso anno, insieme
a Dudreville, Funi e Russolo, firma il manifesto Contro tutti i
ritorni in pittura, che polemizza con gli artisti vicini a “Valori
Plastici” e anticipa alcune istanze del gruppo di Novecento. Fra
il 1919 e il 1921 dipinge una serie di paesaggi urbani in cui
rappresenta con accenti metafisici la periferia industriale milanese.
Nel 1922, divenuto convinto sostenitore del ritorno alla tradizione italiana, è tra i fondatori del gruppo dei “Sette” di Novecento a Milano (insieme a Bucci, Dudreville, Funi, Malerba,
Marussig e Oppi) che si presenta per la prima volta alla Galleria
Pesaro nel 1923. Nello stesso anno lavora a una serie di ritratti
che diventano immagini emblematiche del movimento, presentati alla Biennale di Venezia nel 1924 e in numerose mostre di
Novecento in Italia e all’estero. Tra le rassegne più significative
a cui Sironi partecipa in questo periodo vi sono la prima e la seconda Mostra del Novecento italiano (1926 e 1929), la Biennale
di Venezia (1928 e 1932), la Quadriennale di Roma (1931) e la
Mostra della rivoluzione fascista (1932).
Nel corso degli anni Trenta l’artista continua a elaborare una
poetica classicista, proponendo il recupero di tecniche tradizionali come l’affresco e il mosaico, ed esprime la propria adesione al fascismo realizzando importanti opere di contenuto
ideologico. Molti i lavori commissionatigli: una vetrata per il
Ministero delle Corporazioni a Roma; due rilievi per la Casa dei
164
He settled permanently in Milan in 1920 where he began to
work as an illustrator and art critic for the newspaper Il Popolo
d’Italia, founded by Benito Mussolini. He continued to work for
the paper uninterruptedly until 1942. In 1920 he also signed
the manifesto Contro tutti i ritorni in pittura with Dudreville,
Funi and Russolo, which engaged in a dispute with the Valori
Plastici artists and anticipated what were to become themes
of the Novecento group.
From 1919 to 1921 he painted, in a gentle metaphysical style,
the series of urban landscapes based on the industrial suburbs of Milan.
Having become a confirmed supporter of the return to Italian
tradition in art, with Bucci, Dudreville, Funi, Malerba, Marussig and Oppi he became one of the founders of the “Sette
di Novecento” of Milan in 1922, a group that exhibited for
the first time at the Galleria Pesaro in 1923. He also began a
series of portraits that were to become emblems of the movement and were presented at the 1924 Venice Biennale and
a number of Novecento exhibitions in Italy and abroad. The
most important shows in which Sironi’s work was represented
in this period were the first and second Novecento exhibitions
(1926, 1929), the Venice Biennale (1928, 1932), the Rome
Quadriennale (1931) and Fascist Revolution exhibition (1932).
Sironi continued to develop a classicist poetics throughout
the 1930s, proposing the return to traditional techniques like
fresco painting and mosaic, and demonstrated his support for
Fascism by creating ideological paintings. Commissions he received were: a glass window for the Ministero delle Corporazioni in Rome; two reliefs for the Casa dei Sindacati Fascisti
Sindacati Fascisti a Milano (1932); il coordinamento degli interventi di pittura murale per la V Triennale di Milano, dove invita
i migliori artisti italiani a realizzare decorazioni monumentali, eseguendo lui stesso il grande dipinto Il lavoro (1933) per
il Salone d’Onore, oltre a due grandi tele per il Palazzo delle
Poste a Bergamo (1934). Negli anni successivi si susseguono
le commissioni pubbliche (Università di Roma, 1935; Palazzo
di Giustizia di Milano, 1936-39; Università di Venezia, 193637; Palazzo del Popolo d’Italia a Milano, 1938-42). Accanto alle
grandi imprese decorative realizza complessi allestimenti architettonici: alcuni ambienti della Mostra della rivoluzione fascista (1932); la Sala della Grande Guerra alla Mostra dell’aeronautica italiana (1934); il Salone d’Onore alla Mostra nazionale
dello sport (1935); il Padiglione Fiat alla Fiera Campionaria di
Milano (1936); la Sala dell’Italia d’Oltremare all’Exposition internationale di Parigi (1937); parte della Mostra nazionale del
dopolavoro a Roma (1939).
Negli anni Quaranta torna alla pittura da cavalletto e crea le Moltiplicazioni: composizioni suddivise in scomparti in cui manifesta
una nuova concezione dello spazio, influenzato dall’esperienza
della decorazione murale e dall’attività di scenografo.
Alla fine della seconda guerra mondiale, disilluso dal crollo dei
propri ideali civili e politici, si ritira a vita privata, rifiutando di partecipare nel 1952 alla Biennale di Venezia (espone però alla Triennale di Milano nel 1951 e alla Quadriennale di Roma nel 1955).
L’anno dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1961, la Biennale di
Venezia gli dedicherà un’ampia e rigorosa retrospettiva.
in Milan (1932); coordination of the wall paintings for the fifth
Rome Triennale, for which he invited the best artists in Italy
to produce monumental decorations, and for which he produced the large painting Work (1933) for the main reception
room; two large canvases for the central Post Office in Bergamo (1934). Public commissions in the years that followed
included the University of Rome (1935), the Law Courts in
Milan (1936-39), the University of Venice (1936-37), and the
Palazzo del Popolo d’Italia in Milan (1938-42).
In addition to these large decorative works, he produced architectural designs: several rooms in the Fascist Revolution
exhibition (1932); the Sala della Grande Guerra at the Italian
Aeronautics Exhibition (1934); the reception room at the National Sports Exhibition (1935); the Fiat Pavilion at the Fiera
Campionaria in Milan (1936); the Italy Overseas room at the
International Exposition in Paris (1937); and part of the Mostra
nazionale del dopolavoro in Rome (1939).
He returned to easel painting in the 1940s and created Multiplications, compositions divided in compartments showing
a new conception of space influenced by his experience as a
mural artist and set designer.
Disillusioned by the collapse in civic and political ideals, after
World War II he retired to private life and refused to take part
in the 1952 Venice Biennale, even though he exhibited at the
1951 Milan Triennale and 1955 Rome Quadriennale. The year
after his death in 1961, the Venice Biennale staged a large
and detailed retrospective of his work.
165
Giorgio Morandi
Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) si iscrive nel 1907
all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove si diploma nel
1913. Qui conosce Osvaldo Licini, Severo Pozzati, Giacomo Vespignani e Mario Bacchelli, con i quali espone nel 1914 all’Hotel
Baglioni.
Le opere d’esordio di Morandi manifestano una propensione
alla sperimentazione e una chiara influenza della pittura francese: i riferimenti artistici della sua formazione sono infatti
Paul Cézanne, Georges Braque, André Derain, Pablo Picasso
e Henri Rousseau. Allo stesso tempo è affascinato dai grandi
maestri dell’arte italiana del passato – Piero della Francesca,
Giotto, Masaccio e Paolo Uccello – di cui ammira i capolavori a
Firenze nel 1910, a Padova e Assisi nel 1914. Nel 1913-14, grazie alla frequentazione di Licini e Vespignani, si avvicina all’avanguardia futurista, attratto dallo spirito antiaccademico del
movimento, entrando in contatto prima con Francesco Balilla
Pratella e poi con Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni
e Luigi Russolo. Partecipa come spettatore a due serate futuriste (Modena, 1913, e Bologna, 1914) e viene invitato a partecipare alla I Esposizione libera futurista (1914) che si tiene
presso la Galleria Sprovieri di Roma. Sempre nel 1914, anno
ricco di eventi per l’artista, espone alla seconda edizione della
Secessione romana e inizia a dedicarsi all’insegnamento come
maestro di disegno nelle scuole elementari di Bologna.
Nel 1915 viene chiamato alle armi, ma è subito congedato per
motivi di salute. Trascorre così gli anni del conflitto, a differenza di molti altri artisti della sua generazione, concentrandosi
sul proprio lavoro e facendo sedimentare la lezione delle avanguardie. I temi da lui prediletti in questi anni di formazione
Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) joined the Accademia
di Belle Arti in Bologna in 1907, from which he graduated in
1913. There he met Osvaldo Licini, Severo Pozzati, Giacomo
Vespignani and Mario Bacchelli, with whom he exhibited in
1914 at the Hotel Baglioni.
Morandi’s earliest works displayed a tendency for experimentation and the clear influence of French painting: his references at this time were Paul Cézanne, Georges Braque, André
Derain, Pablo Picasso and Henri Rousseau. He was also attracted by the great masters of Italian art, such as Piero della
Francesca, Giotto, Masaccio and Paolo Uccello, whose masterpieces he admired in Florence in 1910 and in Padua and Assisi
in 1914. Through his friendship with Licini and Vespignani, in
1913-14 he was introduced to the Futurist avant-garde. Attracted by its anti-academic spirit, he came into contact first
with Francesco Balilla Pratella, then Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni and Luigi Russolo. He was a member
of the audience at two Futurist soirées (Modena, 1913, and
Bologna, 1914) and was invited to take part in the Free Futurist Exhibition at the Galleria Sprovieri in Rome (1914). The
same year, an important one for Morandi, he exhibited at the
second Roman Secession show and began to teach drawing in
elementary schools in Bologna.
He was called up in 1915 but was quickly discharged for reasons of poor health. Unlike many artists of his generation, he
thus spent the war years concentrating on his work and studying the art and teachings of the avant-gardes. His preferred
themes in these years were landscapes, still-lifes and flowers,
which were to remain constant throughout his career, even in
167
sono paesaggi, nature morte e fiori, soggetti che si ritrovano
lungo tutto il suo percorso artistico e anche nel breve periodo
in cui si avvicina alla metafisica. Conosciuto il lavoro di Giorgio
de Chirico e Carlo Carrà grazie a riproduzione che gli vengono
mostrate nel 1918 dal letterato bolognese e amico Giuseppe
Raimondi, Morandi rimane affascinato dalle loro caratteristiche
atmosfere rarefatte e sospese, che cerca di riproporre in una
decina di enigmatiche nature morte. Avrà poi la possibilità di
esporre con de Chirico e Carrà nel 1921 nella prima mostra del
gruppo di “Valori Plastici”, una rassegna itinerante che tocca
Berlino e altre città tedesche.
All’inizio degli anni Venti, abbandonato ogni riferimento alla
pittura metafisica, si concentra sulle variazioni del colore e
sulle forme dando vita a quella che de Chirico denominava
“metafisica degli oggetti comuni”. Nel 1926 alcuni suoi quadri
esposti a Milano alla prima Mostra del Novecento italiano, alla
quale è invitato pur non aderendo al movimento capeggiato
da Margherita Sarfatti, riscuotono un certo interesse. Nel 1928
viene invitato per la prima volta alla Biennale di Venezia, rassegna alla quale parteciperà in numerose altre occasioni. Nel
1930 diventa titolare della cattedra di incisione all’Accademia
di Belle Arti di Bologna, assegnatagli per chiara fama e che detiene fino al 1956. In occasione della III Quadriennale di Roma
del 1939 gli viene dedicata un’intera sala dove è allestita una
sua ampia retrospettiva; la mostra, particolarmente apprezzata dal pubblico, gli vale il secondo premio per la pittura della
Quadriennale.
Per ricevere un riconoscimento di livello internazionale Morandi deve però aspettare il 1948, quando gli viene assegnato il
168
the short period he was attracted to Metaphysical painting.
When he was shown reproductions of the works of Giorgio
de Chirico and Carlo Carrà in 1918 by his friend and writer,
Giuseppe Raimondi, Morandi was intrigued by their rarefied
and timeless settings, which he attempted to reproduce in ten
or so enigmatic still-lifes. In 1921 he had the opportunity to
exhibit with de Chirico and Carrà in the first exhibition of the
Valori Plastici group. This travelling exhibition visited Berlin
and other cities in Germany.
In the early 1920s, he turned away from Metaphysical painting completely and concentrated on variations of colour and
form, producing what de Chirico called the “metaphysics of
ordinary objects”. Some of his paintings garnered interest at
the first Mostra del Novecento italiano in Milan, to which he
was invited despite not being a member of Margherita Sarfatti’s group. In 1928 he was invited for the first of many occasions to exhibit at the Venice Biennale. In 1930 he was appointed professor of engraving at the Accademia di Belle Arti
in Bologna on account of his fame, a position he would hold
until 1956. At the 1939 Rome Quadriennale, he was allocated
an entire room in which a large retrospective was mounted.
The exhibition was well-received by the public and he won
second prize for painting.
But for an international prize Morandi had to wait until 1948,
when he was awarded first prize for painting at the Venice
Biennale. He rarely left his home in Via Fondazza in Bologna,
where he was to remain for the rest of his life, with the exception of summer stays in Grizzana, a small village in the Apennines where he painted many views. Although he only made
primo premio per la pittura alla Biennale di Venezia. Il pittore
non si allontana quasi mai dalla sua abitazione di via Fondazza
a Bologna, dove trascorrerà l’intera vita (compie il suo primo
viaggio all’estero nel 1956, a Winterthur, in occasione di una
sua mostra antologica presso il Kunstmuseum), salvo soggiorni
estivi a Grizzana, borgo dell’Appennino che è soggetto di numerosi paesaggi. Tuttavia si dimostra sempre attento alle occasioni internazionali di rilievo, che conosce e segue. Il riscontro
del suo successo al di fuori dell’Italia è confermato nel 1949
dalla presentazione di un’importante selezione di quadri, scelti
da Alfred H. Barr e James Thrall Soby, alla mostra XXth Century
Italian Art al Museum of Modern Art di New York e dall’acquisto,
da parte del museo stesso, di una natura morta.
Negli ultimi anni di attività si moltiplicano le occasioni di esporre all’estero, dove Morandi è invitato a partecipare anche alle
rassegne più attente a registrare gli sviluppi della modernità,
come Documenta di Kassel nel 1959. Nello stesso periodo riceve altri importanti riconoscimenti, come i due primi premi alla
Biennale di San Paolo del Brasile nel 1953 e nel 1957 rispettivamente per l’incisione e per la pittura, e il Premio Rubens
conferitogli dalla città di Siegen nel 1962.
his first trip abroad in 1956, to Winterthur, where an anthological exhibition of his work was held at the Kunstmuseum, he
was always abreast of important international events in the
art world. His success outside Italy was confirmed in 1949 by
the presentation of an important selection of works – chosen
by Alfred H. Barr and James Thrall Soby – at the exhibition
Twentieth-Century Italian Art at the Museum of Modern Art in
New York, and the purchase of a still-life by the museum itself.
During his last years of work, he had many opportunities to
exhibit abroad and was invited to take part in exhibitions wishing to illustrate the developments of modern art, like the 1959
Documenta in Kassel. He was awarded various recognitions,
such as two first prizes at the São Paulo Biennale (1953, 1957
for engraving and painting respectively), and the Rubens Prize
presented by the city of Siegen in 1962.
169
Lucio Fontana
Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé, 1899 - Comabbio, 1968)
nasce in Argentina da Luigi, uno scultore italiano emigrato una
decina d’anni prima, e da Lucia Bottino, attrice di teatro pure di
origine italiana. Nel 1905 si trasferisce con il padre in Italia e già
nel 1910 inizia l’apprendistato presso la sua bottega. Frequenta
a Milano la Scuola per Maestri Edili, ma poi interrompe gli studi
e parte volontario per la prima guerra mondiale. Nel corso del
conflitto viene ferito a un braccio: congedato anticipatamente,
riceve la medaglia d’argento al valore militare.
Nel 1921, dopo la morte del fratello Delfo, torna con la famiglia
a Rosario, in Argentina, dove si dedica alla scultura nell’atelier
del padre, aprendo poi un proprio studio. Tra il 1925 e il 1927 lavora intensamente, anche a opere di grandi dimensioni, e vince
alcuni concorsi.
Nel 1928 rientra in Italia per iscriversi all’Accademia di Brera,
dove è allievo di Adolfo Wildt; due anni dopo si diploma in scultura e conosce Teresita Rasini che diventerà sua moglie e compagna di tutta la vita. Nel 1935 firma il manifesto della Prima
mostra collettiva di arte astratta italiana con Cristoforo De Amicis, Ezio D’Errico, Oreste Bogliardi, Virginio Ghiringhelli, Osvaldo
Licini, Fausto Melotti, Mauro Reggiani, Atanasio Soldati e Luigi
Veronesi; la rassegna si tiene a Torino nello studio di Felice Casorati ed Enrico Paulucci.
Nel corso di questi anni si dedica con grande impegno alla ricerca scultorea: realizza opere, principalmente in terracotta e gesso, sia figurative che astratte, in cui l’uso del colore si alterna
alla sua assenza, giungendo a risultati sempre più liberi e originali. Contemporaneamente si avvicina alla ceramica iniziando
a frequentare Albisola (1935) e subito dopo la Manifattura di
Lucio Fontana (Rosario, Santa Fé, 1899 - Comabbio, 1968)
was born in Argentina to Luigi and Lucia Bottino. His father was
an Italian sculptor who had emigrated ten or so years earlier
and his mother a theatre actress, also of Italian origin. In 1905
he moved with his father to Italy and by 1910 had begun his
apprenticeship in his father’s workshop. In Milan he studied
at the School for Master Builders but interrupted his education when he joined up as a volunteer for World War I. During
the conflict he was wounded in the arm as a result of which
he was discharged early. He was awarded the silver medal for
gallantry.
Following the death of his brother Delfo, in 1921 he returned
to Rosario in Argentina with his family, where he took up sculpture in his father’s workshop, then opened his own studio. Between 1925 and 1927 he worked hard, including on works of
large size, and won several competitions.
He returned to Italy in 1928 and joined the Accademia di Brera
where he became a student of Adolfo Wildt. He graduated in
sculpture two years later and met Teresita Rasini, whom he
was to marry and remain with all his life. In 1935 he signed
the manifesto of the First Group Exhibition of Italian Abstract
Art with Cristoforo De Amicis, Ezio D’Errico, Oreste Bogliardi,
Virginio Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Mauro Reggiani, Atanasio Soldati and Luigi Veronesi. The exhibition was
held in Turin in the studio of Felice Casorati and Enrico Paulucci.
During this period he gave himself over to sculptural research:
he produced works that were mainly in terracotta or plaster,
both figurative and abstract, in which he made use of both
colour and its absence, achieving increasingly free and original
171
Sèvres in Francia. Queste sue sperimentazioni vengono presentate in numerose occasioni, essendo invitato a importanti rassegne come la Biennale di Venezia (1930), la Quadriennale di
Roma (1939), la Triennale di Milano (1936); inoltre la Galleria
del Milione di Milano gli dedica diverse mostre personali (1930,
1931, 1932, 1937, 1938, 1939). Nel frattempo continua a partecipare a concorsi in Italia, in Spagna e in Argentina e inizia
a collaborare con architetti d’avanguardia, tra i quali il gruppo
BBPR, Luciano Baldessari, Luigi Figini e Gino Pollini, per realizzare sculture, monumenti, elementi decorativi e allestimenti di
mostre.
All’inizio del 1940 decide di trasferirsi nuovamente in Argentina
e si stabilisce a Buenos Aires. Qui diviene professore di modellato presso la Scuola di Belle Arti e nel 1946 partecipa alla fondazione e all’apertura dell’Accademia di Altamira: una scuola d’arte privata che diventa un punto di riferimento culturale per la
città. Stimolato dall’incontro e dal confronto con giovani artisti
e intellettuali, Fontana elabora le teorie che saranno alla base
del Manifiesto blanco (1946): il suo primo testo programmatico
in cui auspica un rinnovamento totale dell’arte in accordo con
i progressi della scienza e della tecnica. Nella primavera del
1947, rientrato definitivamente a Milano, lancia il Primo manifesto dello spazialismo, a seguito del quale ne vengono pubblicati altri quattro (Secondo manifesto dello spazialismo nel 1948,
Proposta per un regolamento del movimento spaziale nel 1950,
Quarto manifesto dell’arte spaziale nel 1951 e Manifesto del
movimento spaziale per la televisione nel 1952).
Nel 1949, anno cruciale per l’evoluzione della sua ricerca artistica, Fontana dà vita al ciclo dei “buchi”, opere in cui intervie-
172
results. He also became interested in ceramics and began to
visit Albisola in 1935, then the Manufactory at Sèvres in France.
He exhibited the results of these new directions on many occasions, such as the Venice Biennale (1930), the Rome Quadriennale (1939), and the Milan Triennale (1936); the Galleria
del Milione in Milan also dedicated many solo exhibitions to his
work (1930, 1931, 1932, 1937, 1938, 1939).
He continued to enter competitions in Italy, Spain and Argentina and began to work with avant-garde architects, such as
BBPR, Luciano Baldessari, Luigi Figini and Gino Pollini on the
production of sculptures, monuments, decorations and exhibition fittings.
To avoid the war, in early 1940 he moved back to Argentina,
where he settled in Buenos Aires. Here he became a modelling
teacher at the Fine Arts school and in 1946 was involved in
the founding and opening of the Altamira Academy, a private
art school that was to become a cultural landmark for the city.
Finding stimulation in his contact with young artists and intellectuals, Fontana developed new theories that were to underlie
his Manifiesto blanco (1946). This was his first programmatic
text in which he argued for a total renewal of art in accordance
with the progress being made in science and technology.
In spring 1947 he returned permanently to Milan where he published his first manifesto of Spatialism (four more were to follow: Secondo manifesto dello spazialismo in 1948, Proposta per
un regolamento del movimento spaziale in 1950, Quarto manifesto dell’arte spaziale in 1951 and the Manifesto del movimento spaziale per la televisione in 1952).
In 1949, a crucial year for the development of his art, Fontana
ne su cartoni o su tele dipinte a olio praticando piccoli fori, e
crea il suo primo “ambiente spaziale”. L’installazione, intitolata
Ambiente nero e presentata presso la Galleria del Naviglio di
Milano, viene realizzata utilizzando lampade di Wood la cui luce
fa risaltare i colori fosforescenti che ricoprono forme astratte
pendenti dal soffitto.
Nel 1957 compaiono per la prima volta, in alcune opere in carta
ricoperte da inchiostri, brevi fenditure dalle quali l’anno successivo nasce la serie dei “tagli”, intitolati Concetti spaziali - Attese:
tele monocrome sulle quali l’artista interviene praticando una o
più aperture. È il 1958, dunque, l’anno in cui avviene in maniera
compiuta e rigorosa una vera e propria rivoluzione nel percorso
artistico di Fontana.
Negli anni successivi l’artista realizza altre serie di opere: le terracotte intitolate Nature (dal 1959), sfere su cui interviene con
larghi squarci e che successivamente fonderà anche in bronzo;
il ciclo Fine di Dio (1963): oli monocromi di forma ovale, tutti
dello stesso formato, costellati di buchi, squarci e lustrini; i Teatrini (dal 1964), cornici in legno sagomato e laccato che racchiudono tele o tavole monocrome forate. Continua contemporaneamente a lavorare con la ceramica, con cui realizza sculture di
grande e piccolo formato.
La scoperta del taglio rimane comunque il nodo centrale nel
lavoro di Fontana, tanto che nel 1966, due anni prima della sua
scomparsa, realizza per la XXXIII Biennale di Venezia un ambiente da lui stesso progettato che raccoglie una serie di tele
bianche alle quali ha inferto un unico taglio verticale. In tale
occasione gli viene assegnato il Gran Premio internazionale per
la pittura.
began his series of buchi, works in oils on cardboard or canvas
in which he made small holes and created his first Ambiente
spaziale. The installation, which he named Ambiente nero, was
presented at the Galleria del Naviglio in Milan, and was made
using a Wood’s lamps that gave off black light to bring out the
phosphorescent colours painted on abstract forms hung from
the ceiling.
The year 1957 saw the first of a series of works in paper and ink
with short slashes. This stimulated the series of tagli the following year that went under the name Concetti spaziali - Attese.
These were monochrome canvases in which Fontana made one
or several slashes. Thus it was in 1958 that his artistic development underwent a true revolution.
In the years that followed, Fontana produced other series: terracottas titled Nature (from 1959), spheres in which he created wide tears and which he would later produce in bronze;
the cycle Fine di Dio (1963), oval monochrome oils all of the
same format, treated with holes, tears and sequins; and Teatrini (from 1964), shaped and lacquered wooden frames around
holed monochrome canvases. He continued all the while with
his ceramic works, producing both small and large sculptures.
However, the slash remained the central element in Fontana’s
work and in 1966, two years before his death, he produced an
ambiente for the Venice Biennale, featuring a series of white
canvases with a single vertical slash. On this occasion he was
awarded the Grand Prize for painting.
173
Nessuna parte di questo catalogo può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta
dei proprietari dei diritti. Restiamo a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile identificare o rintracciare e ci scusiamo per involontarie
omissioni.
Reproduction and diffusion of this catalogue or any part of it by electronic storage, hardcopies, or any other means, are not allowed unless a written consent is obtained
from the copyright holders. We remain at the disposal of further copyright holders who have not been identified or reached and apologises for any unintentional
inaccuracies.
© 2013 Galleria Agnellini Arte Moderna
Sul retro di copertina / On the cover back
Giorgio de Chirico, Trovatore (part.), 1968
Finito di stampare nel mese di marzo presso
Printing completed in March at
Tap Grafiche - Poggibonsi (SI) - Italy
Scarica

Gli Angeli, la Pittura e il Novecento Italiano