001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 3 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati CRISTINA ZAGARIA L’osso di Dio Postfazione di don Luigi Ciotti Dario Flaccovio Editore 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 9 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Nota dell’autore Questo romanzo nasce dai ricordi di Angela Donato, da interviste e atti depositati alla Procura di Catanzaro. Tutte le persone citate sono vere. Angela ha raccontato la sua vita con passione. Non è facile ricordare quarant’anni così dolorosi. Lei ha cercato di farlo con precisione e buona fede. La ricostruzione dell’omicidio, di protagonisti e dialoghi dell’ultimo anno di vita di Santo Panzarella, sono basati sulle memorie di Angela e sulla testimonianza di Francesco Michienzi, che ha ammesso di aver partecipato all’azione il 10 luglio 2002. Ora Michienzi è inserito in un programma di protezione. Sono due voci, attendibili, ma solo due voci. Una parte cioè della verità, quella di una madre, per noi importante e da cui ha preso spunto il romanzo. Il processo ai presunti colpevoli deve ancora cominciare. I fratelli Giuseppe e Vincenzo Fruci e Tommaso Anello sono solo sospettati di concorso in omicidio. E questo vuol dire che, per legge, sono totalmente innocenti. Ancora di più dopo la sentenza del Tribunale della Libertà, che ha ritenuto gli indizi a carico degli ultimi due non abbastanza gravi. Ed è bene ricordarlo, sempre. La “Signora” ha ammesso davanti agli inquirenti di aver avuto una relazione con Santo Panzarella. Non è mai stata nominata perché ha rifiutato la protezione della polizia. Vive ancora a casa, con la sua famiglia, nella piana lametina. E, secondo gli inquirenti, potrebbe essere coinvolta nella scomparsa di un altro ragazzo. Le indagini sono ancora in corso. 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 11 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati 13 gennaio 2007, Filadelfia Piccole bare sospese affrontano l’ultimo viaggio. Leggere. Fluttuano in un mare nero, tra i vicoli di Filadelfia che si annodano, si intrecciano, si seminano, fino alla piazza, via di fuga e sfogo. Sono le sette di sera ed è già buio. È metà gennaio, un inverno insolitamente caldo e una giornata gelida. La tramontana non dà tregua. Dai balconi volano petali di rosa. Gialli, rossi, bianchi. Ondeggiano nel vuoto, senza senso, né traiettoria. Volano, planano, corrono. E si poggiano sui feretri, sulle auto parcheggiate, sulla strada lastricata. Sembra un funerale. Ma non c’è musica. Non c’è la banda, il prete, l’incenso. Solo il silenzio trova una strada tra il dolore. Odore di cera, carta bruciata, fiori e lacrime. La piazza è piena. Sono tutte donne. Tutte vestite a lutto. Sono le onde. Madri che a lungo hanno sofferto. In molte sono invecchiate prima del tempo nell’angoscia e nella rassegnazione. Per altre il tempo, invece, si è fermato nell’attimo esatto in cui il proprio figlio non è più tornato a casa: giovani per sempre nel dolore. Sfilano. Marciano. A illuminare i loro volti solo le luci di candele e fiaccole. Il paese sta a guardare. La notte ha invaso le stra- 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 12 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati de e il fuoco rimbalza sulle bare bianche che queste donne portano in corteo, per le strade della Calabria, verso il cielo. Feretri leggeri, che dondolano vorticosamente. Destra, sinistra. Sembrano cadere, ma poi quelle mani pietose e forti li riafferrano e li issano in alto. Bare vuote. Sospese. Leggere. Perché dentro non c’è niente. I loro figli sono scomparsi. Non c’è un corpo su cui piangere. Uccisi e spariti. Non c’è una tomba. Anche il lutto è negato. Nella folla un paio di occhi azzurri. Le rughe di una madre, che raccontano notti insonni, incubi, paura. Mani congiunte, intrecciate a un rosario di plastica rosa. Una bimba. Una donna leggermente zoppa, che ancheggia. Una rosa. Una mano che stringe una foto. Un anulare con due fedi al dito. Le vedove, sì perché anche una madre può considerarsi vedova, vedova dell’amore di un figlio, camminano piano. Non si tengono per mano. Si sfiorano appena. Guardano avanti. Ferme. Non sono abituate al contatto fisico. Sono contadine, domestiche, casalinghe, braccianti, operaie. Sono donne che per anni hanno vissuto in casa. Abituate a tacere e guardare. Ma stanotte no. Stanotte l’una dopo l’altra sono uscite. Ognuna con la propria fiaccola e il proprio dolore. E tra le loro mani le piccole bare improvvisamente diventano pesanti. Le braccia cedono, il corteo ondeggia. Avanti… indietro. È il peso dell’omertà, della paura, dell’incapacità di cambiare, dell’accettazione millenaria. Pesano quelle bare vuote. I petali sospesi nell’aria oscurano la luce della luna. Il fumo delle fiaccole brucia negli occhi. Ma il corteo silenzioso va avanti. Pochi striscioni. Bastano i volti. Le finestre sulla strada sono tutte sprangate. Le luci nelle case fuggite. Le telecamere della Rai sono puntate: è la prima volta che le donne calabresi sfilano contro la ’ndrangheta. I riflettori sono accesi su questo piccolo paesino tra Lamezia e Vibo, nel cuore 12 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 13 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati più profondo della Calabria: Filadelfia, un nome che ricorda, in uno scherzo del destino, la grande città della libertà americana. Nella plaza de mayo di Vibo… Angela lascia i suoi fiori sulla riva del fiume. Ogni giorno. Anna non molla il telefono. Mai. Incatenata a uno squillo che non arriva. E poi Antonietta: da dodici anni si sveglia con lo stesso pensiero. Chiedendosi se Francesco sia ancora vivo. Sono le madri dei nostri desaparecidos. Nella Calabria delle ’ndrine i numeri sono impressionanti: quarantuno persone scomparse… ben cinque, dal 1992, nella sola Filadelfia dove Angela, Anna e Antonietta sfilano insieme. Per coraggio. Per rabbia. Per solidarietà… annota sul suo blocco a quadretti un giornalista. È un ragazzo magro, barba incolta, cappotto blu da marinaio, cappello schiacciato sulla testa e un occhio, il sinistro, che lacrima. Sfila anche lui ai margini del corteo. Osserva e scrive. Non piange per le donne, lacrima perché quell’occhio è ribelle. Si infuoca e comincia a gocciolare all’improvviso, senza nessun comando del cuore. Lacrime irrazionali. Ma vere. Lacrime dell’anima. A Filadelfia non ci sono più lacrime. Non ci sono mai state. C’erano le regole. Da stanotte non ci sono più. Le donne, le madri, si sono ribellate. «Io non ho paura», Angela è stata la prima. Le altre l’hanno seguita. Angela è un morto che cammina. Ma stanotte non cammina da sola. 13 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 15 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Parte prima Angela 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 17 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati La fuga Sceglie una gonna. Un golfino e un paio di scarpe. Sfiora i suoi vestiti appesi a un bastone di legno nell’angolo della camera, sotto la macchia di umidità che dal soffitto ogni mese scende un po’ più giù e conquista il muro. Giuseppina, sua sorella, dorme nel suo stesso letto. Ha il respiro pesante, forse sogna. Non si è accorta che lei si è alzata. Nell’altra stanza, dietro la tenda ci sono i suoi fratelli, Antonio e Saverio, e in fondo al corridoio i loro genitori. Angela sceglie solo un vestito. Il più bello. Gioielli non ne ha. Neanche ricordi. Si muove lenta, per non far rumore nella casa che dorme. Respira appena, ma il cuore corre e batte. E anche Angela apre la porta e corre, più veloce che può. Corre fino a casa di Lina, a due chilometri dalla sua fattoria. È la primavera del 1963 e le fragole nelle serre sono mature. L’odore dolce impregna l’umidità della notte. Corre Angela. Il padre potrebbe essersi svegliato. Forse Giuseppina girandosi nel letto non l’ha trovata e ha dato l’allarme. Corre Angela nella campagna di Mercellinara, tra gli alberi di ulivo magri e le serre di fragole. 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 18 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati Perché ora? Perché stanotte? Suo padre non la perdonerà. Non ha un soldo in tasca. La madre e i fratelli non capiranno. Ha solo i suoi vestiti e i suoi diciassette anni. Ma Angela ha anche coraggio. Lina è nel cortile. Trascina un sacco di tela scura, chiuso con un nastro verde. «Lina aspetta, vengo con te». Angela l’afferra alle spalle. Ha il fiatone. Gli occhi accesi dalla corsa. «Ma tuo padre ti ammazzerà». «Se rimango qui mi ammazzo io. Voglio venire con te, voglio il meglio». L’amica la guarda. Non sa che fare. È pericoloso. Ma Angela è davanti a lei. Le tiene le mani. L’abbandona? L’alba si avvicina. Deve andare. È tardi. No. Non può lasciarla da sola. Lei è stata più fortunata, la deve aiutare a fuggire, anche se non ha un uomo. «Vieni. Una o due, ci prenderanno lo stesso», dice di fretta. Lina trema. Trattiene l’amica per un braccio. E insieme, a piedi corrono verso la stazione. Riescono a prendere al volo l’ultimo treno della notte. Nessuna valigia. Angela porta con sé solo il suo vestito. Una gonna color panna, a pieghette, che le sfiora il ginocchio. Un golfino blu. Scarpe di vernice bianca con il tacco. Vestiti americani. Li mandano gli zii nei bauli da Nuovayork. Vestiti che la fanno già sembrare una donna, lei che donna non è. Fuggono Lina e Angela. Lina si vuole sposare e fugge a casa del suo innamorato a Nicastro. È tutto concordato. Angela vuole lavorare, essere indipendente, diventare un’infermiera e fugge verso la libertà, evade dalla campagna di Mercellinara, da un padre padrone e una madre che ha solo conosciuto lavoro, fatica e doveri. Rischia molto. Ma non ha niente, perciò è più facile scommettere tutto. A Nicastro c’è andata altre volte, a fare la spesa, nei grandi 18 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 19 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati negozi. Ma quella notte, quando arrivano lei e Lina e prendono la carrozza per raggiungere la casa dei suoceri, è tutto diverso. È sola. Deve badare a se stessa nel miglior modo possibile. Ha studiato. Tutte e cinque le classi elementari e le tre delle medie, fino all’ottava. Ma ora non le serve saper leggere e scrivere. È sola. La carrozza attraversa nella notte l’intero paese, supera il fiume, si avventura nelle stradine del borgo vecchio. Angela e Lina si tengono per mano, saltano sui sedili del calesse, tra gente, valigie, sacchi, scarpe, cappelli. Fanno male: il sedere, le gambe, i gomiti. Le ragazze urtano la testa a ogni sobbalzo. Ma fa più male la paura che hanno dentro. I cavalli sembrano non aver guida, galoppano a briglia libera. I suoceri di Lina le offrono un letto, ma deve trovarsi un lavoro, per pagare da mangiare e contribuire alle spese di casa. E dopo tre giorni dal suo arrivo Angela è già al servizio da una famiglia di vicini. La famiglia De S. abita dall’altra parte della strada: da tempo cercava una donna per i lavori di casa. Angela attraversa la strada ed entra a casa De S. Ma questo è un lavoro a metà. Lo hanno trovato i suoceri di Lina. I De S. non pagano, è solo uno scambio di favori tra vicini. «La famiglia De S. è famiglia onorata, per te è un privilegio lavorare per loro», le dice la suocera di Lina. Non le spiega il perché di tutto questo onore, come se Angela dovesse già saperlo. Lo capisce presto: l’onore. E trova anche un altro lavoro, dove la pagano. A casa dei Cataldi. Sono ricchissimi, hanno un palazzo tutto loro, che si affaccia su piazza d’Armi. La mattina va da una famiglia, il pomeriggio dall’altra. Quando entra a casa Cataldi, nella prima stanza a sinistra del corridoio c’è lo spogliatoio, con una sedia e due chiodi fissati al muro per la divisa: gonna nera, golfino azzurro, grembiule bianco. Quello con i ricci 19 001-320 4-09-2007 9:27 Pagina 20 Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati sulla pettorina. E le scarpe: mocassini neri, bassi, felpati, per muoversi da una stanza all’altra senza far rumore, senza disturbare i padroni. A Nicastro, a diciassette anni, Angela impara tutto quello che sa. È bella. Non è molto alta, un metro e sessantadue. Ma ha grandi occhi azzurri, zigomi alti, seni sodi. Pelle liscia, chiarissima, perfetta. Solo la gamba destra ha voluto guastare l’armonia di questa piccola donna. È leggermente più corta della sinistra. Un soffio, pochi centimetri. Un difetto che la rende ancora più bella. Angela dondola leggermente, con un passo rapido e fragile. A diciassette anni Angela impara che una bella donna intelligente arriva ovunque. E se sa guardare e imparare senza parlare, ci rimane pure. 20