Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 OBIETTIVO AUTOSUFFICIENZA Il metodo biologico presuppone uno stretto legame fra l’allevamento e l’azienda agricola, che mediante opportune rotazioni colturali deve essere in grado di fornire la maggior parte degli alimenti per gli animali. Decisiva è pertanto l’analisi delle fonti energetiche e proteiche più convenienti, in funzione dei costi e delle possibilità di autoapprovvigionamento. Andrea Rossi - CRPA, REGGIO EMILIA SELF-SUFFICIENCY IS THE MAIN TARGET The organic production method bases on the strong link between the breeding unit and the farm which, by means of specific crop rotations, has to provide most of the feedstuffs necessari to the feeding of the animals. The Council Regulation (EEC) No 2092/91 on organic production of agricultural products provides that animals are fed organic and ogm-free feedstuffs which can not contain chemically exctracted flours or synthetic aminoacids. Similarly, the same Regulation provides a detailed list of the raw materials, of vegetable, animal and mineral origin, which can enter feedstuff composition. Thus, attention must be focussed on the choice of the most convenient energy and protein sources, according to their costs and self-supply possibilities. La produzione biologica ha come obiettivo l’autosufficienza dell’azienda, quindi l’allevamento deve sfruttare al meglio la produzione di alimenti della superficie agricola alla quale è collegato. Il regolamento quadro 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico, come anticipato, impone che gli animali debbano essere alimentati con prodotti biologici, non geneticamente modificati (gm) o derivati da organismi gm e senza farine proteiche da estrazione con solventi chimici o aminoacidi di sintesi. Lo stesso regolamento fornisce un elenco dettagliato delle materie prime di origine vegetale, animale e minerale che possono essere utilizzate nella preparazione dei mangimi. La dieta dei monogastrici in zootecnia biologica è basata sui cereali, principalmente come apportatori di energia; ciò mette in competizione l’uso zootecnico e quello alimentare per l’uomo dei cereali biologici ancor più che nell’allevamento convenzionale e fa accrescere l’incertezza di prezzo e di approvvigionamento per i mangimi. Per questo sarebbe bene utilizzare nel razionamento fonti energetiche e proteiche alternative a quelle di più consueto impiego, anche inserendole nella rotazione colturale dell’azienda. La soia e le sue alternative Il problema è perciò quello di individuare le fonti proteiche alternative ed è su questo che viene concentrata l’attenzione. In questo contesto si inserisce la soia, vale a dire l’alimento proteico più impiegato in suinicoltura in quanto il più ricco in proteina tra quelli di origine vegetale, ma utilizzato, nell’allevamento convenzionale, come farina di estrazione. Nel biologico possono essere usati, al contrario, il panello di soia che residua dall’estrazione dell’olio con mezzi fisico-chimici e il seme di soia integrale, cioè come granella intera, olio compreso. I derivati della soia tendono ad equivalersi ma, a parità di quantitativi, utilizzando il seme integrale l’apporto proteico e di lisina è inferiore di circa il 20% rispetto alla farina di estrazione per la presenza di olio. Il contenuto di olio, inoltre, porta a fissare il limite di impiego del seme integrale: per evitare peggioramenti di qualità delle carni se ne consiglia l’uso sino a 100 kg di peso vivo e a livelli massimi del 5-10% della razione. Inoltre la soia integrale contiene un fattore antinutrizionale che può essere neutralizzato solo con un trattamento termico che, nell’ottica di autoproduzione, presuppone investimenti non indifferenti per la singola azienda. Quindi, spazio alle granelle proteaginose come il favino, il pisello proteico e il lupino e alla soia integrale cruda ma a basso contenuto di fattori antinutrizionali, senza tralasciare l’obbligatorietà di aggiungere alla razione giornaliera foraggi freschi, essiccati o insilati. 1 Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 In tabella 1 vengono indicati alcuni alimenti proteici alternativi messi a confronto con la soia. Tab. 1 – Confronto tra soia e fonti proteiche alternative Alimento Proteina (%) Soia farina di estrazione 44 Soia farina di estrazione proteica 46,5 Concentrato proteico di soia 66 Soia integrale 36,52 Semola glutinata di mais 21 Glutine di mais 60 Girasole farina di estrazione semidecorticata 29 Pannello di lino 34 Pisello proteico 22 Lupino bianco 36 Concentrato proteico di patata 76 Lievito di birra 45 Lisina Lisina Proteina (%) (soia = 100) (soia = 100) 2,9 100 100 3,01 104 106 4,2 145 150 2,27 78 83 0,65 22 48 1,1 38 136 1,1 38 66 1,18 41 77 1,6 55 50 1,7 59 82 6,27 216 173 3,23 111 102 Fonte: Mordenti et al., 1992 modificata. Oltre al dato percentuale di proteina grezza e lisina sul tal quale è indicato il loro “valore corrispondente”, fatta pari a 100 la soia. Si tratta di mangimi semplici che sono presenti sul mercato anche come biologici, ma di cui non è possibile oggi fare una stima della disponibilità e dell’andamento del prezzo da una campagna all’altra. I prodotti indicati come farine di estrazione possono essere utilizzati, come detto, soltanto se l’estrazione non è chimica. Un ottimo aiuto per elevare la qualità della proteina dietetica può venire dagli alimenti ad alta concentrazione proteica (superiore del 45-50%), il cui costo è, però, generalmente molto elevato, anche per il prodotto convenzionale. Energia e proteine in equilibrio Il seme di pisello proteico (Pisum sativum), come quello di altre leguminose (lupino e fava), rappresenta una fonte alimentare interessante per la zootecnia biologica, essendo particolarmente adatto a tecniche di coltivazione a basso input, facile da conservare e poco suscettibile all’attacco fungino, causa della contaminazione da micotossine. Inoltre questa specie è povera di fattori antinutrizionali termolabili, tipici delle leguminose, in particolare nelle varietà a semina primaverile. Quindi le granelle prodotte in azienda possono essere utilizzate essiccate tal quali e non è strettamente necessario il trattamento termico. Il pisello proteico è un alimento dotato di buon equilibrio tra contenuto proteico ed energetico: 1 kg di pisello corrisponde a 1 kg di miscela costituita dal 40% di farina di estrazione di soia e dal 60% di mais. Il livello energetico della razione è da valutare in senso assoluto, cioè occorre vedere quanta energia viene fornita rispetto al fabbisogno dell’animale, ma anche in relazione agli apporti proteici. Infatti, il rapporto tra proteina ed energia della dieta (ossia tra la lisina, aminoacido limitante primario per il suino e l’energia digeribile) deve essere tale da fornire in modo sincrono all’organismo animale il materiale per crescere (gli aminoacidi) e il carburante per farlo (l’energia). Uno sfasamento tra i livelli dell’una o dell’altra può causare minori produzioni, ma può anche peggiorarne la qualità, con carcasse che presentano carni con ridotto sviluppo del muscolo e troppo grasse. Gli alimenti energetici permessi nel metodo biologico sono tutti di origine vegetale. Per abbattere il costo della razione e al contempo ottenere il beneficio tecnologico di un mangime meno polveroso e così più salubre per l’apparato respiratorio, in suinicoltura convenzionale si ricorre alla grassatura del mangime. La grassatura dei mangimi biologici però è possibile solo attraverso l’uso di oli vegetali biologici, spesso con prezzi fuori mercato per l’impiego zootecnico. In ogni caso un’eventuale utilizzazione di oli o di semi oleosi integrali deve essere controllata attentamente per quei suini le cui carni siano destinate alla stagionatura, a causa del peggioramento che può essere indotto sulla qualità del grasso di deposito dall’uso eccessivo di fonti lipidiche ad alto grado di insaturazione, come sono in generale i grassi vegetali. 2 Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 Il calcolo delle razioni Non ci sono apporti esplicitamente raccomandati per la produzione biologica. In generale i fabbisogni dei suini variano molto a seconda della razza, del tipo genetico e della capacità produttiva. In questa sede si è scelto di fare riferimento a suini della stessa genetica impiegata normalmente nell’allevamento intensivo, inseriti però in un sistema di produzione biologico. Gli apporti raccomandati proposti sono quelli minimi per le diverse categorie dei suini in produzione convenzionale (tabelle 2 e 3). Scendere con costanza sotto i livelli indicati può compromettere seriamente le prestazioni produttive e la salute degli animali. Utilizzando razze più rustiche e meno produttive è ragionevole pensare che i fabbisogni siano inferiori. Gli apporti indicati sono riferiti all’allevamento convenzionale in ricovero. Nel caso di suini allevati all’aperto e perciò sottoposti ad esercizio fisico continuativo, le richieste energetiche degli animali aumentano; inoltre, può essere necessario considerare un apporto suppletivo nella stagione fredda (+10% di energia). Nelle diverse fasi di produzione del suino prevalgono problemi differenti per la predisposizione del piano di razionamento: • per le scrofe allattanti e per i suinetti fino allo svezzamento occorre gestire il momento fisiologico e fare una scelta accurata degli alimenti più adatti, considerando che i suinetti, secondo quanto previsto dalla norma, devono ricevere latte materno per un periodo minimo di 40 giorni; • per i suini da ingrasso occorre reperire le quantità di alimenti necessari con costanza di fornitura e contenimento dei costi della razione. Tab. 2 – Apporti giornalieri minimi per chilogrammo di alimento somministrato Apporti Scrofe Suinetti di Suini di Suini di Suini di allattanti 10-25 kg 26-60 kg 61-110 kg più di 110 kg Energia digeribile (MJ) 12,97 13,81 13,60 13,18 13,60 Energia metabolizzabile (MJ) 12,34 13,18 12,97 12,76 12,97 Energia netta (MJ) 8,79 9,62 9,41 9,21 9,41 Proteina grezza (%) 15 18 16 15 13 Lisina (%) 0,8 1,2 0,95 0,85 0,75 1 kcal = 1 MJ x 239 - Fonte: Mordenti et al., 1992 modificata. Tab. 3 – Consumi medi giornalieri dei suini Apporti Scrofe Suinetti di Suini di Suini di Suini di allattanti 10-25 kg 26-60 kg 61-110 kg più di 110 kg Alimento con 88% di sostanza secca (kg) 5 1 1,7 2,5 3 Energia digeribile (MJ) 64,85 13,81 23,12 32,95 40,8 Energia metabolizzabile (MJ) 61,70 13,18 22,05 31,90 38,91 Proteina grezza (g) 750 180 272 375 390 Lisina (g) 40 12 16,12 21,25 22,5 1 kcal = 1 MJ x 239 - Fonte: Mordenti et al., 1992 modificata. SUINETTI IN PRE-SVEZZAMENTO Nella produzione biologica è richiesto che i suinetti ricevano il latte materno per un periodo minimo di 40 giorni. Questo significa che la scrofa deve produrre latte per un lungo periodo. Se la scrofa è molto produttiva,la nidiata è molto numerosa o la dieta non soddisfa gli apporti minimi indicati (riferiti a 8-9 suinetti), c’è il rischio concreto che la madre possa dimagrire eccessivamente, con un conseguente conseguente peggioramento della fertilità, nonché dello stato di salute. Se la scrofa invece è poco produttiva, può ricostituire le proprie riserve corporee prima dello svezzamento. Per i suinetti lo svezzamento tardivo è favorevole, perché l’introduzione molto graduale dell’alimentazione solida riduce il rischio di patologie gastro-intestinali. È bene, 3 Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 però, considerare che già a due settimane di vita i suinetti hanno richieste nutritive che il latte materno da solo difficilmente può soddisfare. Quindi è molto importante curare anche la dieta solida dei suinetti sotto scrofa (creep feed) per abituarli al mangime, in modo che siano in grado di digerirlo e utilizzarlo adeguatamente quando i suoi apporti diventano necessari. In generale, oltre al livello della proteina alimentare necessaria, è molto importante conoscerne l’utilizzazione digestiva, che deve essere superiore all’80%. Perciò in queste fasi si includono nel mangime alte quantità di latte e suoi derivati. Resta il fatto che minore è la quantità di latte a disposizione, più il suinetto è stimolato a consumare alimento solido. In condizioni di allevamento confinato il mangime è l’unico alimento, oltre al latte, con cui gli animali vengono in contatto sino allo svezzamento. In quel momento, ossia a un peso di circa 10 kg, il suinetto può consumarne già circa 300-400 grammi al giorno. SCROFE IN ALLATTAMENTO Le richieste proteiche minime di una scrofa in allattamento mediamente produttiva, cioè con meno di 10 suinetti, sono stimabili in circa 750 grammi al giorno di proteina grezza, all’interno della quale devono essere presenti almeno 40 grammi di lisina.L’animale richiede poi circa 61,7 MJ di energia metabolizzabile al giorno (tab. 3). Durante le prime fasi di lattazione le scrofe difficilmente ingeriscono tutta l’energia necessaria per la produzione di latte, per cui intaccano le proprie riserve adipose, le quali devono quindi essere ripristinate nella parte finale del periodo di allattamento. La formula-tipo riportata in figura 1, per la quale è stato evitato l’utilizzo di materie prime di origine animale, peraltro consentite, esclude la soia e privilegia i prodotti che si possono ottenere in azienda. Considerando che l’animale assuma circa 4,5-5 kg di alimento al giorno, i suoi fabbisogni energetici e proteici possono essere coperti con questa dieta, ma solo a patto che il mangime sia prodotto con materie prime di ottima qualità per apporto e disponibilità della proteina. Gli apporti delle singole materie possono però variare, nella pratica, anche sensibilmente. In generale, con la normale oscillazione della qualità dei prodotti impiegati nei mangimi, le razioni ottenibili senza soia e fonti proteiche di origine animale possono risultare carenti di almeno il 10% di proteina grezza e di lisina rispetto ai fabbisogni minimi degli animali. Con scrofe a buona capacità di ingestione si può agevolmente ovviare a questi problemi aumentando la quantità di alimento somministrato. Composizione su 1 kg tal quale Energia metabolizzabile (MJ) 13,80 Proteina grezza (g) 162 Proteina grezza digeribile (%) 80,2 Lisina (g) 11,3 Lisina digeribile (%) 84,1 Fonte: Sundrum, 2001. SUINI PESANTI IN ACCRESCIMENTO E INGRASSO Per l’alimentazione dei suini in accrescimento e ingrasso si ha come obiettivo principale quello di utilizzare al meglio le fonti alimentari prodotte in azienda. Si propone un esempio di mangime senza soia e senza materie prime di origine animale (figg. 2 e 3), che limita, tra l’altro, l’impiego di alimenti ad alta concentrazione proteica al periodo di accrescimento (fino a 100 kg di peso vivo). 4 Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 Composizione su 1 kg tal quale Energia digeribile (MJ) 13,12 Energia metabolizzabile (MJ) 12,67 Proteina grezza (g) 120 Lisina (g) 5,43 Composizione su 1 kg tal quale Energia digeribile (MJ) 13,10 Energia metabolizzabile (MJ) 12,68 Proteina grezza (g) 135 Lisina (g) 6,82 Per il cereale utilizzato principalmente, cioè il mais, e per la fonte alternativa alla soia maggiormente inclusa, il pisello proteico, può essere ipotizzata la produzione in azienda, questo perché si ritiene che dipendere dal mercato per più della metà dell’approvvigionamento delle materie prime per l’alimentazione degli animali sia, oltre che non economico, molto difficile da gestire tecnicamente. Somministrando ai suini una quantità media giornaliera di 2,5 kg di mangime nel periodo di accrescimento (60-100 kg di peso vivo) e di 3 kg nell’ingrasso (100-160 kg di peso vivo), gli apporti che si ottengono sono quelli riportati in tabella 4. Tab. 4 – Apporti della razione con il mangime consigliato Apporti Per suini di 60-100 kg (1) Per suini di 100-160 kg (2) Energia digeribile (MJ) 32,75 39,36 Energia metabolizzabile (MJ) 31,7 38,04 Proteina grezza (g) 350 360 Lisina (g) 17,05 16,29 (1) Quantità media di mangime pari a 2,5 kg/giorno. - (2) Quantità media di mangime pari a 3 kg/giorno. Con il piano alimentare proposto per l’accrescimento e l’ingrasso si riescono a coprire abbastanza bene i fabbisogni dei suini, anche se la dieta risulta carente per circa il 10% di proteina e il 20% di lisina. Il siero come derivato del latte è un prodotto di origine animale che può essere impiegato in zootecnia biologica. Esso apporta una quota modesta di sostanza secca, da 50 a 65 grammi per litro, ma questa è costituita per circa il 10-12% da proteina di ottima qualità, che perciò può contribuire a migliorare il valore biologico della proteina di una razione vegetale. Somministrando la stessa quantità del mangime proposto, ma distribuito in forma liquida utilizzando siero di latte (una parte di secco e quattro di liquido) si ottiene un’aggiunta di proteina e lisina che bilancia le carenze della dieta. 5 Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 L’erba medica è stata considerata nella formulazione come disidratata, ma questo o altri foraggi possono essere consumati freschi o essiccati, poiché la normativa prevede che gli animali ne abbiano quotidianamente a disposizione. Quale possa però essere il reale contributo agli apporti alimentari dato dall’assunzione di foraggi tal quali è molto difficile da stimare. Alcune sperimentazioni effettuate nel Nord Europa per valutare il consumo di foraggi da parte di animali al pascolo (suini di 50-60 kg) indicano che la percentuale della razione giornaliera consumata come foraggio è al massimo del 3-4% se il suino è sottoposto a una restrizione alimentare, altrimenti non supera l’1%. Per suini allevati all’aperto, specialmente nella stagione fredda, i maggiori fabbisogni dovuti all’esercizio fisico possono essere coperti con una maggiorazione del 10% dell’alimento somministrato oppure, in presenza di bosco, essere soddisfatti attraverso l’assunzione di ghiande, faggiole, castagne, alimenti prettamente energetici. La castagna, per esempio, è ricca di amido e zuccheri e, sbucciata, ha un valore nutritivo paragonabile a quello di un cereale; la buccia, però, incide sul peso del frutto per circa il 20%. Le ghiande di quercia sono ricche di carboidrati, mentre la faggiola deve il suo potere calorico in larga misura ai grassi,che costituiscono il 25- 29% della sostanza secca. Per questo il frutto del faggio, se consumato in quantità elevate, può conferire al grasso di deposito dei suini caratteristiche di mollezza e untuosità. Un’azienda a 100 posti Ecco un’ipotesi di organizzazione aziendale che consente di supportare un allevamento da 100 posti all’ingrasso, ricorrendo per solo un terzo a mangimi esterni. Nel metodo biologico la zootecnia è un elemento di equilibrio e di complemento delle produzioni agricole, perché attraverso l’impiego agronomico delle deiezioni animali si mantiene o addirittura si migliora la fertilità del suolo (apporto di sostanza organica ed elementi nutritivi per le piante). La trasformazione delle colture in prodotto zootecnico deve essere vista come un’opportunità economica e non solo come un vincolo. In quest’ottica la produzione agricola è pianificata anche in funzione dei bisogni dell’allevamento. Con l’esempio riportato di seguito si vuole analizzare la possibilità tecnica di produrre in azienda la maggior parte degli alimenti da destinare ai suini allevati. L’ipotesi analizzata è quella di un allevamento con circa 100 posti per l’ingrasso. Considerando la durata del ciclo di ingrasso pari a 6-7 mesi, se ne ricava che vengono prodotti circa 170 capi all’anno, i quali hanno bisogno, per lo spandimento dei reflui prodotti, di almeno 7,1 ha di terreno (5,9 ha secondo la citata Delibera della Regione Emilia-Romagna 5 maggio 2003). Un suino nel corso dell’ingrasso consuma mediamente 2,5 kg di alimento secco al giorno, quindi nel caso preso in esame il consumo annuale di mangime ammonta a circa 91,2 t. Utilizzando il mangime-tipo per il suino all’ingrasso riportato riportato in questo capitolo (figg. 2 e 3), gli alimenti più interessanti da produrre in azienda sono il mais e il pisello proteico. Annualmente l’azienda dovrebbe produrre 45,6 t di mais, che costituiscono il 50% della dieta dei suini, e 16,5 t di granella di pisello proteico, inserita nella dieta mediamente per il 18%. Considerando una produzione ettariale media prudenziale di 7,5 t per il mais e di 3 t per il pisello proteico, la superficie da destinare annualmente alle due colture è rispettivamente di 6 e 5,5 ha. Per mettere in rotazione colturale mais e pisello proteico in un’azienda biologica occorre prevedere altre 2 colture: un cereale vernino (per esempio l’orzo) e la medica. La superficie aziendale necessaria per realizzare questa rotazione è di circa 25-30 ha. La realizzazione della rotazione ipotizzata si basa su unità di superficie che per un triennio ospitano sullo stesso quarto di appezzamento il medicaio e vedono ruotare sugli altri tre quarti mais, pisello e cereale vernino. L’introduzione del medicaio, tra l’altro, è altamente consigliata per mantenere buono il livello di sostanza organica del suolo e contenere le infestanti. Si tenga infatti presente che la quota di azoto da destinare alle colture proveniente dalle deiezioni dei suini allevati è sufficiente solo per una parte delle coltivazioni previste. Dalla rotazione pianificata si può ricavare circa il 60% della sostanza secca necessaria ad alimentare gli animali, ma, ipotizzando di utilizzare anche parte del cereale vernino inserito in rotazione, tale quota può avvicinarsi al 70%. Sulla base di questo esempio di rotazione è possibile trarre le seguenti considerazioni: • la corretta gestione agronomica dell’azienda richiede una superficie circa tre volte (o cinque volte per la Regione Emilia-Romagna) superiore rispetto a quella minima necessaria a supportare il carico di animali; • mantenendo la superficie disponibile 6 Il Divulgatore n°3/2004 “SUINI Guida all’allevamento secondo il metodo biologico” Pagg. 38-47 ipotizzata nell’esempio (25-30 ha) e riducendo di 10-15 punti percentuali la quota di autoproduzione della razione destinata ai suini, si può pensare di mantenere un piccolo nucleo di scrofe a ciclo chiuso per la produzione dello stesso numero di suini all’ingrasso, composto da una decina di scrofe in produzione, 3-4 capi per la rimonta ed eventualmente un verro. Questo aspetto non è da trascurare anche alla luce delle recenti indicazioni del regolamento 2277/03 che modifica il regolamento 2091/91 nella parte relativa alla deroga per il rinnovo o la ricostituzione del patrimonio suinicolo, vietando la possibilità di introdurre in allevamenti biologici suinetti da allevamenti convenzionali destinati all’ingrasso ma solo “suinetti destinati alla riproduzione subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 35 kg”. • Allevamento con 100 posti per l’ingrasso • Produzione di 170 capi all’anno • 25-30 ha di Sau • Medicaio triennale (1) • Rotazione di mais (2),orzo(3),pisello proteico(4) 1 3 2 4 7