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Olga Freschi Dalla Valle
DROGA
La Caporetto italiana
Lettere dal fronte orientale
Disegno di copertina: Olga Freschi Dalla Valle
Nel disegno una colonna di ragazzi, come quelle dei lager,
è in cammino verso la droga e la morte.
L’incontro avviene nelle nostre città d’Italia,
moderne ma grigie.
La disfatta continua ad accadere ogni giorno,
come ogni giorno il mondo gira, forse nel senso sbagliato.
Dedicato a Roberto
e alle mamme che non smettono di combattere
Ringraziamenti
Il primo ringraziamento lo rivolgo al conte Francesco da Schio che attraverso l’“Associazione Vicentina contro la diffusione delle tossicodipendenze” promossa dal Rotary Club Vicenza Berici, ha devoluto al mio
Comitato un aiuto economico che mi ha dato la prima spinta per impegnarmi in questo libro.
Un grazie anche al “Centro di Servizio per il Volontariato della provincia di Vicenza”, che accogliendo questa mia iniziativa mi ha ulteriormente sostenuta nelle spese.
Un particolare affettuoso grazie, all’amico Nico Rossi, insegnante di filosofia in un liceo di Vicenza, che mi
ha incoraggiata, sostenuta e indirizzata con preziosi consigli in questa mia fatica.
Infine ringrazio i vari direttori che si sono succeduti negli anni, alla guida de “Il Giornale di Vicenza”, per
l’attenzione e lo spazio sempre riservati alle iniziative del mio Comitato e dei messaggi da me rivolti alla cittadinanza.
INTRODUZIONE
Credo che mai nella storia, si sia verificata tra i giovani una devianza di enormi proporzioni
come quella che stiamo vivendo ormai da quarant’anni.
Mi riferisco alla tossicodipendenza che, con la diffusione incontrollata di sostanze stupefacenti varie, mai combattuta con coraggio e onestà, ha raggiunto ogni parte del pianeta.
Alla base di questo fenomeno esiste certamente un disagio esistenziale esasperato dalla vita
stressante di questi ultimi anni, dal consumismo sfrenato stimolato da una pubblicità ossessiva e per molti suadente, dalla scarsità di ideali e di modelli positivi, da un’etica civile e morale confusa e in crisi.
Viviamo un degrado che ormai fa paura, e i giovani spesso, sono le vittime sacrificali.
È cosa ormai risaputa, che ogni nuova generazione si trovi ad affrontare vari problemi,
ed è forse questo il tributo che si deve pagare per entrare nell’età adulta.
Oggi però mancano protezione e accompagnamento da parte di una società responsabile,
incapace di dare un valido aiuto per affrontare quei disagi che, superati, contribuiscono a fortificare e maturare.
Nei tempi passati, un giovane ventenne era considerato un uomo, oggi si chiama “ragazzo”
il trentenne che ancora vive con i genitori.
Forse la difficoltà di guadagnarsi la vita in tempi di povertà diffusa, spingeva i giovani di
ieri a farsi carico, già da adolescenti, di responsabilità in seno alla famiglia. Questo lasciava
poco spazio all’ozio e a fantasie evasive. I genitori trasmettevano messaggi precisi e pretendevano rispetto. In questo erano aiutati da una scuola educante, seppure severa e dagli oratori parrocchiali “come ponte tra la chiesa e la strada”.
Tra i gruppi di case popolari, vi erano i cortili in cui i ragazzini potevano giocare lontano
dai pericoli, scaricando tensioni, energie, fantasie e imparando a crescere in comunità con l’aiuto degli amici.
Ogni stagione aveva determinati giochi e i pochi giocattoli avevano una funzione stimolante sull’ingegno esercitando la volontà per riuscire a superare le difficoltà.
Come i cuccioli degli animali, che giocando tra loro imparano a difendersi, così i bambini
e le bambine venivano indirizzati verso esperienze che avrebbero sviluppato da grandi.
Poi iniziò veloce la trasformazione nel metodo educativo. Gli psicologi invitavano i genitori a non essere oppressivi nei confronti dei figli per non creare in loro i famosi “complessi”. Iniziò così il permissivismo, l’atteggiarsi dei genitori ad essere “amici” di questi figli che invece avevano bisogno soprattutto di guide e di educatori.
Intanto le città si ingrandivano, sorgevano quartieri e caseggiati che praticamente erano
ammassi informi di condomini senza più cortili, e chiese senza più oratori. Una città a misura di adulti e non più di bambini e di ragazzi. Erano mutazioni pesanti e minacciose per la
qualità della vita delle famiglie. Lo si intuiva vagamente e si riconosceva nei versi di canzoni
popolari: “là, dove c’era l’erba ora c’è un città”.
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Introduzione
A questo punto, per gli adolescenti, per le ore di svago rimanevano solo le strade, le sale da
gioco – cresciute in fretta – i bar con i juke box. Luoghi questi, senza protezione e a volte davvero pericolosi. Qui si poteva incontrare “il lupo cattivo”. La scuola permise che scolari e studenti non usassero più i grembiuli che li rendevano uguali e la moda ebbe il sopravvento anche
nelle aule, con indumenti, zainetti e persino quaderni e diari griffati, accentuando le diversità
e le distanze, mettendo i semi di sottili inimicizie, di individualismo e qualunquismo.
Il boom economico ormai era fondato su una nuova mentalità, sullo spreco del consumismo più sfrenato, sull’individualismo, sulla competizione, sulla “libertà” di provare tutte le
esperienze.
Fu subito dopo quegli anni che scoppiò il bubbone della crisi giovanile che sfociò nell’estremismo nel campo politico – sociale – culturale, frutto di un’utopia che in realtà si rivelò un
sogno impossibile.
Il mondo giovanile si ruppe in due spezzoni: il primo generò il terrorismo degli anni di
piombo, il secondo fu un riflusso che comprendeva gran parte di quelli che, disillusi, si rinchiusero nel privato alla ricerca di paradisi artificiali, di una felicità individuale. Questi ultimi si
ispiravano alla cultura psichedelica, all’uso di droghe, in particolare allucinogeni, per “espandere le capacità creative”. Una cultura che era nata non in funzione privata, ma sociale e politica, soprattutto nel mondo della musica Rock, così attraente per i giovani, e i più fragili tra
loro, già negli anni settanta, illudendosi di produrre l’utopia, subirono il fenomeno dell’isolamento sociale. Così, l’uso delle droghe passò dalle sostanze eccitanti a quelle calmanti come gli
oppiacei e l’eroina, quasi si cercassero anestetici contro l’infelicità e la solitudine.
Simboli inebrianti di questa generazione furono le musiche di alcune figure famose che spesso consumarono la loro esistenza in un perverso cerimoniale di autodistruzione: sesso e droga,
quando non addirittura la morte. Emozioni estreme, volere essere padroni della propria vita
senza limiti, diventarono tra gli adolescenti i rituali di identificazione con questi nuovi “eroi”.
Questa forma di contestazione, nata come ricerca di sincerità, accentuò il contrasto con la
falsità e l’ipocrisia del “Sistema”, capace di fabbricare ogni cosa, sentimenti compresi, ma non
la morte.
Dopo gli anni settanta, il mondo non fu più quello di prima e le conseguenze andarono ben
oltre la contestazione studentesca.
È qui, che ad un certo punto, appaiono nelle nostre piazze le sostanze stupefacenti che trovano proprio negli adolescenti un fertile terreno.
I genitori non sono preparati; ad un tratto si ritrovano in famiglia figli che sembrano sconosciuti e che rivendicano il diritto a soddisfare piaceri e a praticare una libertà in realtà fasulla.
Quella libertà che si riduce a parola da usare come alibi per giustificare un disimpegno verso sé
stessi e gli altri e che porta inevitabilmente in un vicolo cieco da cui è difficilissimo uscire.
Per Aristotele e Platone, una persona che si abbandona al piacere non è veramente libera,
ma è schiava. Anzi si può dire che ha tanti padroni quanti sono i propri vizi. E infatti i ragazzi più fragili cominciarono presto a pagare il conto di questo viaggio sconsiderato nel “paese dei
balocchi”. Cominciarono gli abbandoni nella scuola e nel lavoro. Dove c’era una famiglia serena, adesso c’è una casa che somiglia a una trincea: non esistono regole, orari, impegni. Molti
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Introduzione
tra coloro che hanno iniziato fumando spinelli, ora cercano esperienze più forti e sperimentano le più varie e pericolose sostanze. Dagli psicofarmaci ai cardiotonici, dagli allucinogeni agli
eccitanti. Infine l’eroina per trovare un po’ di pace. Per molti è uno scivolo verso un viaggio
senza ritorno.
In Italia, inizialmente, il problema droga sembrò non destare preoccupazioni allarmanti
nei vari governi che si alternavano sulla scena politica, impegnati com’erano ad affrontare fenomeni rivoluzionari provocati dalle brigate rosse e dai terroristi che avevano preso di mira le istituzioni stesse. La classe politica, miope e incapace di guardare lontano, sottovalutò il problema
Droga e forse scelse di proposito il non intervento come strategia per placare la ribellione; di
sicuro non fu compreso che anch’esso doveva essere combattuto al pari del terrorismo, non solo
per salvare tante vite e consentire a tanti giovani un’esistenza vera e degna di essere vissuta, ma
anche per sottrarre al terrorismo stesso una forma vitale di sostentamento ottenuto attraverso lo
spaccio.
Se le famiglie erano allo sbaraglio, non di meno lo era il governo, il quale, non solo si affidò
ad esperti il più delle volte in contraddizione tra loro, ma subì l’influenza di partiti e di intellettuali che da sempre miravano alla legalizzazione o meglio, alla liberalizzazione delle sostanze stupefacenti, sostenendo che ognuno aveva il diritto di essere libero di decidere della propria
vita, anche di farsi schiavo; e qui il motto era: “vietato vietare”.
In questo marasma, l’unica risposta positiva all’inadeguatezza del Governo venne dai privati: preti e laici in prima linea che, testimoni di tanti drammi, si impegnarono in prima persona tentando strade nuove. Nacquero le prime comunità, molte in via sperimentale e non
prive di inevitabili errori, altre con programmi specificatamente terapeutici secondo modelli già
sperimentati all’estero.
Le associazioni dei genitori di tossicodipendenti e i comitati cittadini antidroga che già esistevano in tutta Italia, ad un certo punto si unirono alla “Lega Nazionale Antidroga”LENAD - sorta a Torino nel 1981 per l’impegno di Piera Piatti, che indirizzava la battaglia
su più fronti: cambiare la legge che consentiva il possesso di droga pesante per uso personale “una legge folle, unica in Europa, che fa dell’Italia il mercato d’oro per il traffico di eroina”;
sospendere poco a poco la distribuzione di metadone e di morfina. Per i piccoli consumatori –
spacciatori, invece del carcere prevedere l’obbligo della cura; poi ancora: “C’è sempre un istante nel quale chi si droga tende la mano e chiede di essere aiutato a fermarsi. E allora cogliamo
questo istante, fissiamolo con un contatto terapeutico in strutture ospedaliere prima e poi in
comunità protette da cui non possa uscire fino a che non sarà guarito”.
Logicamente contro queste proposte i libertari gridarono allo scandalo; si parlò di ricovero
coatto e di gulag… Successivamente, vista la grande partecipazione di associazioni, si creò di
comune accordo il “Coordinamento Nazionale Antidroga” (C.N.A.), con lo scopo di coordinare le azioni stimolando l’attenzione del Parlamento, del Governo e della pubblica opinione,
sul problema della tossicodipendenza, al fine di ottenere sul piano legislativo, amministrativo,
socio sanitario, interventi idonei all’effettivo recupero dei tossicodipendenti”.
Già nel 1975 vi era stato un primo intervento legislativo, come risposta all’emergenza delle
carceri che si riempivano di giovani “drogati”; esso sanciva il possesso della modica quantità
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Introduzione
giornaliera di droga e fu accolto come una scelta politica di rilevante portata sociale, tuttavia
non ha ostacolato questa china scivolosa, non ha arginato il consumo, ma ha di fatto potenziato il dilagare della tossicodipendenza permettendo a un numero sempre maggiore di giovani di
accostarvisi rimanendo schiavizzati. Non si preoccupava cioè di frenare il diffondersi del consumo presso i giovani, anzi vigeva il motto:”educare e non punire!”.
I decessi per overdose cominciarono a moltiplicarsi, affiancati dalle morti civili costituite
dalle vittime di incidenti stradali e del lavoro (mai pubblicamente conteggiate) e da coloro i
quali, prigionieri delle varie dipendenze, sopravvivevano come fantasmi tesi unicamente alla
ricerca spasmodica della sostanza per loro indispensabile, in paurose condizioni psicotiche, del
tutto separati dal mondo.
Le celle del carcere si affollarono di giovani vittime aumentandone il degrado e trascinando le loro famiglie nella disperazione e nello sconforto più assoluto, incapaci di affrontare senza
aiuti, un problema più grande di loro e che avrebbe dovuto essere almeno arginato ad opera di
uno Stato solerte e responsabile.
I correttivi predisposti, come la somministrazione “controllata” di metadone e farmaci, non
hanno risolto il problema, anzi hanno talora aggravato la situazione. La distribuzione della
droga da parte dello Stato è avvenuta senza validi e severi controlli, senza vincoli a un programma terapeutico completo, peggiorando in molti casi condizioni già disperate e favorendo
l’insorgenza di dipendenze miste. Trasformandosi, nella maggioranza dei casi, in “terapia di
mantenimento”. Tutto questo con l’adesione di alcune comunità terapeutiche, ha portato ad
una ipotetica “riduzione del danno”, non tanto verso la persona del malato, ma soprattutto per
un controllo sociale rivolto a diminuire la piccola criminalità. In realtà non risolse il problema del recupero dei tossicodipendenti, ma li ha cronicizzati.
La famiglia non ha potuto e non può contare sull’aiuto della legge, delle istituzioni, della
medicina, in una efficace lotta “contro” la diffusione della droga, infatti abbiamo l’assurdità
di una norma giuridica che consente l’acquisto di sostanze di cui è vietata la vendita.
Già verso la fine degli anni settanta, anche qui a Vicenza, spontaneamente e gradualmente, un gruppo di genitori che rifiutavano di essere solo testimoni passivi del disfacimento morale e fisico dei propri figli e dello sconvolgimento dell’intero nucleo familiare di appartenenza,
cominciarono a contrastare attivamente la droga, senza appoggi politici e tra l’indifferenza e la
diffidenza spesso umiliante e offensiva dell’opinione pubblica.
Il 21 luglio 1983 nacque legalmente come prima associazione di auto aiuto nella nostra
città il “Comitato di Solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti” che nel 1990 muterà
l’intestazione con l’aggiunta “e dei malati di Aids” per il contributo di volontariato nei confronti di tanti tossicodipendenti colpiti da tale malattia. Il Comitato si impegnò attivamente
sia a livello cittadino, spronando Comune e Ulss a dare risposte concrete al grande disagio, sia
a livello nazionale collaborando prima con la LENAD e poi con il CNA. Anche noi chiedevamo l’abolizione della modica quantità giornaliera e la modifica alla durezza solo punitiva
e non rieducativa delle pene carcerarie.
Mentre in città si cominciava a prendere atto della gravità del problema e si tentavano timidi interventi con il supporto del volontariato, a livello nazionale nel 1990 si ebbe la legge “Jer–4–
Introduzione
volino – Vassalli”, che aveva accolto la nostre proposte. Quando si cominciavano a cogliere i
primi risultati positivi, gli irriducibili “antiproibizionisti” con furbizia criminale ne chiesero
l’abolizione inserendo questa richiesta tra undici referendum. Naturalmente la votazione causò
tra gli elettori non poca confusione, il fatto è, che, per pochi voti, fu resa vana la nostra lotta.
Tutto tornò come prima tra lo sconforto soprattutto delle famiglie disperate e impotenti.
Molta acqua è passata sotto i ponti da allora, quasi quarant’anni di insufficiente contrasto
hanno portato a una malattia cronica della società di cui ancora non si vede uno sbocco risolutivo.
L’ansia di libertà e di sincerità si è trasformata nel tempo in indifferente accettazione di un
dramma per una società individualistica e consumistica che, incurante di antichi valori, ha
inquinato le coscienze e la morale e sembra più che mai incapace di una responsabile rinascita sulle basi di un’ etica che ponga al centro la persona e la salute fisica e morale come sono sancite dalla Costituzione, quando ci impegna per il pieno sviluppo della persona umana.
Le associazioni dei genitori si sono sempre sentite incatenate dall’impotenza e dall’impossibilità di agire per trovare soluzioni soddisfacenti. Per loro era incomprensibile che addirittura le leggi, falsamente pietistiche ed estremamente garantiste, permettessero e incrementassero lo
spaccio capillare. Tuttavia, in tutti questi anni di innumerevoli tragedie familiari e di impegno di volontari, di comunità terapeutiche, di preti, di medici, instancabili voci di politici si
sono susseguite nel proporre la liberalizzazione delle droghe “leggere” e la legalizzazione di quelle “pesanti”. Addirittura in alcune piazze, leader di partiti e parlamentari libertari hanno più
volte distribuito provocatoriamente e impunemente ai passanti hashish e marijuana.
Comportamenti questi, che non potevano non far pensare ad interessi personali specifici.
E finalmente dopo tanti anni i sospetti hanno trovato certezza. L’uso di spinelli e cocaina,
oltre a trovare largo uso nel campo dello spettacolo, dello sport e di altri settori della società, non
risparmia nemmeno Camera e Senato!
Un vecchio proverbio dice che una mela marcia in un cesto di sane può guastarle tutte; oggi
quei consumatori di droghe, o meglio, quei drogati, sono rispettati e protetti, sono tra coloro che
hanno il compito di governare il Paese e votare anche le leggi sulla droga!
E intanto questo sconsiderato e ripeto, criminale permissivismo, ha portato l’Italia ad essere una tra le nazioni in cui si consuma più droga, lo rivelano persino le analisi sui campioni di liquami della rete fognaria dove confluiscono anche le urine, e proprio nelle urine vanno
a finire i residui del metabolismo degli stupefacenti e sono quindi “indicatori ottimali”. Uno
studio della tossicologia forense dell’università di Firenze ha rivelato che nel giro di sei mesi, in
tale città, sarebbero stai consumati oltre dodici chili di cocaina, pari a 482.240 dosi. Consumo in proporzione superiore a quello registrato a Londra da una analoga ricerca.
La classe politica, di destra o di sinistra, è composta da persone cieche e sorde, se non in cattiva fede, indifferente di fronte ai drammi dei cittadini, e disponibile persino ad “offrire ai consumatori di eroina, delle stanze in cui bucarsi tranquillamente”.
Non è questo il modo per combattere e vincere la tossicodipendenza e la diffusione della
droga!
Nei primi giorni di marzo 2007, il “The Independent”, grande giornale inglese, con un
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titolo a tutta prima pagina, chiede scusa ai suoi lettori per avere lanciato dieci anni fa, una
campagna per la depenalizzazione della cannabis, motivando il ripensamento nel fatto che
l’hashish – suo derivato - che si fuma ora, chiamato “skunk” (puzzola), è tratto da un tipo di
cannabis 25 volte più potente di quella usata nel 1997 e sta creando drammatici problemi di
tossicodipendenza tra i giovani britannici. Oltre 22.000 persone, metà delle quali minorenni,
si sono sottoposte lo scorso anno a terapie di disintossicazione. I medici hanno concluso che questa droga può essere nociva come la cocaina e l’eroina, creando problemi mentali di estrema gravità, come gli stati psicotici. Inoltre, la rivista scientifica “Lancet” sta per pubblicare uno studio che indica nel nuovo tipo di hashish una droga più pericolosa di Lsd e ecstasy. A livello politico sempre in Inghilterra, si sta chiedendo di riportarla nella categoria B insieme ad altre droghe pesanti.
Qui da noi invece si concede la possibilità di detenere venti spinelli “per uso personale
( ne erano stati proposti addirittura quaranta!)
Dopo tanti anni, sento nel cuore il fallimento o meglio, la disfatta a livello nazionale della
“Lotta alla droga”.
Sento il bisogno di richiamare tutti alle loro responsabilità, cominciando da quei genitori
che per vergogna nascondono il problema che li ha colpiti. La droga è una malattia che porta
a una devianza sociale che bisogna combattere tutti insieme per costringere il Governo ad intervenire con decisione e coraggio.
Ecco il perché questo libro. Quando nel 1984 mi sono avvicinata all’Associazione famiglie
confrontandomi con altre persone nel tentativo di capire il fenomeno droga, ho constatato come
esso fosse tanto simile e tanto diverso da caso a caso. Come un caleidoscopio muta le immagini
ad ogni rotazione mantenendo però i medesimi colori, così il problema droga era il medesimo
nonostante le diversità sociali e intellettuali delle famiglie di appartenenza.
Ero testimone di drammi e grandi sofferenze che erano il mio dramma e la mia sofferenza.
Nel 1986 assunsi l’onere di guidare questo gruppo formato soprattutto da madri, alcune
delle quali, poche in verità, sono ancora sulla breccia. Nonostante la perdita di un figlio non
ho interrotto il mio impegno, perché il dolore che porta la droga è ancora il mio dolore e il desiderio di vivere in una società pulita è ancora il mio desiderio.
Ho messo in risalto le morti per overdose come per un grido di protesta, in corsivo, come in
un pianto silenzioso quelle dovute all’Aids. Sono tutte vittime della provincia vicentina.
Mi hanno sorretta finora la capacità di esprimere i miei sentimenti, la tenacia dei propositi e la tanta rabbia rimasta nel cuore contro l’inettitudine e l’inerzia politica. Sono passati venticinque anni, eppure non mi arrendo e scrivo per lanciare ancora un appello:
Torniamo insieme a quel punto iniziale del nostro impegno, che è quello sacrosanto di salvare la vita dei nostri figli. Torniamo tutti a lottare contro la droga.
Olga Dalla Valle
Dal 1981 al 1985
Dal 1981 al 1985
Quando nel 1982 mio figlio Roberto, terminato il servizio militare ritornò a casa, mi accorsi che c’era qualcosa che non andava. Mi confidai con il medico di famiglia chiedendogli di
vederlo e di parlargli. Lo fece e mi tranquillizzò; “Ero troppo ansiosa, stessi tranquilla”. Ma
io sentivo in me un malessere che mi tormentava. Non passò molto tempo, e purtroppo ebbi
la conferma dei miei timori: usava sostanze stupefacenti. Cercai di capire, di informarmi,
acquistai un libro che ne spiegava gli effetti sull’organismo per discuterne insieme, ma lui era
evasivo, mi parlava di scrittori, pittori e musicisti che ne avevano usato e nonostante ciò erano
diventati famosi. “Comunque - mi diceva – non preoccuparti, ne uscirò”.
Io ho cercato aiuto un po’ ovunque, ma in quei tempi c’era ben poco.
Un’amica che aveva avuto un nipote appena uscito dal medesimo problema, mi parlò di
una associazione di auto-aiuto, il “Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti”, invitandomi a parteciparvi. Provai. Il Comitato era frequentato soprattutto da madri,
di uomini c’erano solo il presidente, un padre e un volontario. Rimasi per un breve periodo,
non mi trovavo bene, mi sembrava di perdere tempo senza concludere nulla. Fui richiamata con insistenza, ritornai e mi impegnai fortemente in prima persona. Eravamo a fine estate del ’84.
Cominciai col crearmi un personale archivio con articoli di giornali che ora mi servono da
guida in questo mio “viaggio” a ritroso nel buio tunnel che tanto segnò la vita della mia famiglia e quella di tante altre, e con il seguire, passo passo, tutto quanto concerneva questo problema. Degli anni che hanno preceduto la mia partecipazione al Comitato, di scritto non c’è
molto, inizio però con il poco in mio possesso.
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Sabato - 15 ottobre 1981
Nel Salone del Palazzo della Opere Sociali di Vicenza, si è tenuto un incontro promosso
dalla Caritas vicentina sul tema: “Quando in famiglia c’è un tossicodipendente”. Alla
relazione di don Sergio Pighi è seguita una testimonianza dal vivo del “Gruppo di mamme
di tossicodipendenti” di Vicenza, letta dalla volontaria Lia Magrin.
Desidero denunciare in quale disperazione, angoscia e abbandono vivono le famiglie
dei tossicodipendenti: ho conosciuto vedove con quattro figli, di cui uno o anche due e
addirittura tre, drogati; sono donne senza mezzi economici, sole, senza sostegni affettivi e
distrutte dal dolore.
Vi sono genitori sempre vissuti in modo onesto, fra lavoro e famiglia, che improvvisamente si trovano in casa la polizia con l’ordine di perquisizione: tutto viene controllato,
buttato all’aria e loro che guardano pieni di orrore, senza riuscire a capire, a pronunciare
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Dal 1981 al 1985
una parola. Vengono a sapere poi, che il loro figlio è un tossicodipendente ed è sospettato di detenere droga in casa. C’è l’angoscia di quelle famiglie che alla sera non vedono
rientrare i loro figli e solo dopo qualche giorno di affannose ricerche vengono informate
che sono in carcere per spaccio. Molte volte ho sentito madri, parlare di somme di denaro o piccoli oggetti d’oro o di valore rubati; questi ultimi, quando va bene, finiscono al
monte dei pegni, e sempre le madri devono salire quelle scale con umiliazione e vergogna
per ritirarli. Altre situazione presentano casi di studenti che a scuola non reggono e quindi la lasciano, oppure di giovani già inseriti nel mondo del lavoro che spendono in droga
quanto guadagnano e poi, incapaci di sostenere un ritmo stressante lo perdono. E nella
maggioranza dei casi non manca un’ossessiva richiesta di soldi. Poi ci sono tossicodipendenti che vengono trovati con qualche grammo di sostanza e quindi rinchiusi in carcere;
nessuno nega le loro responsabilità, ma è amaro per i genitori vedere che i loro figli, invece di essere obbligati a curarsi, sono messi a contatto con la delinquenza comune, da cui
traggono esempi deleteri e future complicità. Nasce allora il problema se strappare i figli
da quell’ambiente emarginante indebitandosi par pagare parcelle salate ai difensori, o
lasciarli alla loro mercé e magari perderli del tutto. È amaro per loro sapere che vi sono
invece imprenditori e politici che frodano lo stato e attraverso avvocati compiacenti e
conoscenze importanti rimangono impuniti.
Questi sono solo alcuni drammi che si vivono tra le mura domestiche in silenzio, vergogna e solitudine e non dobbiamo farci illusioni, perché la droga è in mani potenti e dilagherà sempre più; è una guerra che non si sa se finirà. Quando una famiglia si accorge di
avere un figlio drogato, è come se la vita si fermasse, tutto precipita nella disperazione, perché le speranze di recupero sono quasi inesistenti. Ci si chiede: ”Cosa facciamo, a chi ci
rivolgiamo?”. Chi ha vissuto e vive questa esperienza, sa che le strutture esistenti a Vicenza
non danno risposte concrete. Esiste il Cad, (Centro assistenza drogati), che da alcuni mesi
distribuisce Metadone, cioè droga, ai tossicodipendenti. È un intervento giusto curare il
problema droga con altra droga? I genitori lo escludono, perché, dopo il Metadone, il
ragazzo usa eroina e alcool. Nella Voce dei Berici, giornale diocesano, il 26 Ottobre ‘80 è
stato pubblicato un articolo dove si diceva:” Si vuole spacciare per progresso e libertà la liberalizzazione del Metadone; avanza una logica disumana: prendi la tua droga e muori. Il
ragionamento che sta sotto alla decisione è agghiacciante; il drogato è un essere pericoloso,
ruba, scippa, disturba, ed occorre neutralizzarlo, se vuole distruggersi sono fatti suoi, anzi
aiutiamolo a farlo, così il ritmo della vita sociale non avrà altre noie ed intoppi”. Oltre al
Metadone i ragazzi vengono forniti con larghezza, di psicofarmaci e ricette per acquistarli.
Così il giovane nell’arco della giornata, prende alla mattina la sua razione di Metadone, poi
numerose compresse di psicofarmaci, alcool, e infine l’eroina. Dopo di che, completamente avulso dalla realtà trascorre ore e ore a letto in un torpore di semicoscienza.
Vi è poi il problema del carcere; durante un’intervista pubblicata su “Il Giornale di
Vicenza” il 20 settembre ’80, un magistrato del nostro tribunale ha detto queste testuali
parole: “Il carcere di S. Biagio è lo sconcio della città. L’attrezzatura è controproducente,
non può affatto servire a ricuperare i detenuti, ma li fa diventare peggiori”. (…)
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Dal 1981 al 1985
Altro problema è il rapporto con l’Ospedale. In un’altra intervista su “Il Giornale di
Vicenza” il 10 settembre ’80, il direttore sanitario ha fatto questa affermazione: ”Il tossicomane non porta solo un più basso livello di tolleranza al dolore, ma anche un più basso
livello di moralità”.
Non è intenzione dei genitori minimizzare le difficoltà che un “drogato” può portare
all’interno di un Ospedale, ma ritengo questa frase infelice, ingiusta e cattiva. In questi
ultimi sette anni, il gruppo formato da madri e volontari, ha percorso tutte le strade per
tentare di recuperare, per salvare dal degrado e dalla morte i propri figli drogati: incontri
con il sindaco Chiesa, con l’assessore Zocche, con il direttore sanitario dell’Ospedale Civile di Vicenza e sempre con risultati negativi. Hanno scritto all’allora ministro della Sanità
On. Anselmi che rispose di prendere contatto con la segreteria per fissare un incontro,
cosa che è stata subito fatta. Abbiamo atteso dieci mesi una convocazione, dopo di che
l’attesa è terminata con la caduta del Governo.
Nella primavera scorsa, proprio in questo salone, venne a parlare di droga e dei problemi ad essi connessi, don Mario Picchi, responsabile di una Comunità terapeutica romana
per tossicodipendenti (Ceis), invitato dall’On. Rumor. Lo abbiamo avvicinato e pregato
di aiutarci; ci rispose che lui non poteva fare nulla e che ci rivolgessimo all’On. Rumor,
che sapeva sensibile a questo problema. Preso contatto, l’On. ascoltò molto cortesemente
le nostre richieste, annotò i nostri dati assicurandoci una risposta. La stiamo ancora aspettando!
Abbiamo contattato per telefono e di persona molte Comunità terapeutiche; in tutte
c’è l’esaurito e lunghe liste di prenotazioni. E poi dicono che i drogati non vogliono uscire dalla droga! Ci siamo rivolti ai partiti politici e ai sindacati senza ottenere nulla di concreto. Anche in quasi tutte le parrocchie il problema viene ignorato.
Psicologi e sociologi fanno risalire la causa della tossicodipendenza a una mancanza di
chiare e convincenti motivazioni di vita. Infatti la mancanza di punti di riferimento, il
vuoto dei valori, la convinzione che nulla abbia senso e che pertanto non valga la pena di
vivere, il sentimento tragico e desolato di essere viandanti ignoti in un universo assurdo,
può spingere alcuni alla ricerca di fughe esasperate e disperate. La struttura sociale è carente e non soddisfacente. Noi non vogliamo fare un processo alla società, dobbiamo però
constatare che tante carenze causano fatalmente un senso di sfiducia e di oppressione che
può sfociare anche in esperienze paurosamente negative.
Ho tentato fin qui di riassumere le esperienze e i tentativi fatti dalle famiglie e descrivere in quale modo vengono vissuti i rapporti con le strutture pubbliche. È tempo che gli
amministratori diano delle risposte. Abbiamo necessità di comunità terapeutiche residenziali, di luoghi protetti, dove i giovani possano tentare di ricostruire la loro personalità e
riacquistare quei valori che li aiutino ad affrontare con coraggio le difficoltà della vita.
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Dal 1981 al 1985
Il Giornale di Vicenza - ottobre 1981
Droga – Parziale bilancio del primo esperimento con il metadone
Il tossicomane sotto controllo
Sicuramente, da sola, questa droga alternativa non serve al recupero
Altro discorso è quello del mantenimento e di un migliore comportamento sociale.
Senza soluzione degli altri problemi, diventa solo un momento transitorio di assistenza
destinato alla ricaduta ed infine alla cronicizzazione – Ma attorno resta il vuoto
✧
La Voce dei Berici - 18 ottobre 1981
Primo incontro della Caritas sull’emarginazione
Tossicodipendenti: Anch’essi hanno un messaggio per noi
La Caritas vicentina si sta impegnando in attività preventive nei quartieri - La famiglia
da sola non può gestire il problema – L’ente pubblico chiamato a creare i servizi terapeutici
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Il Giornale di Vicenza - 16 novembre 1981
Il fenomeno si sta drammaticamente allargando in città
Il Comune contro la droga
Predisposto dall’amministrazione civica un “documento provocazione” che susciti il dibattito
Una delibera di interventi in Consiglio entro il mese
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Vicenza 16 ottobre 1982
Lettera inviata al Presidente del Comitato di Gestione delle ULS n. 8 dott. Igino Fanton
e a tutti i rappresentanti del Comitato di Gestione.
p.c. al Sindaco Antonio Corazzin, all’assessore agli Interventi Sociali dott. Sante Bressan, al responsabile ULS
del settore Sociale avv. Gherardi, ai presidenti delle sette Circoscrizioni, agli operatori del Servizio per le tossicodipendenze, al Questore, al Prefetto, al presidente del Tribunale, alle organizzazioni sindacali, al Vescovo
mons. Onisto, ai gruppi di volontariato, al Giornale di Vicenza, alla Voce dei Berici, alla Caritas, al Provveditorato agli Studi.
Con riferimento alla legge regionale circa la “Competenza e disciplina degli interventi
in materia di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale dei dipendenti da
sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool” il Comitato di solidarietà con le famiglie di
tossicodipendenti, sollecita la definizione del programma di intervento che l’ULS n. 8 è
chiamata a progettare e anche a presentare con urgenza alla giunta regionale. Pur riconoscendo che a Vicenza esistono delle iniziative a carattere pubblico e privato, come comunità e cooperative per il recupero di queste persone, le riteniamo largamente insufficienti
a coprire i bisogni esistenti.
Nello spirito degli articoli 5 e 7 chiediamo con urgenza un incontro con il Comitato di
Gestione, al fine di conoscere quale sia il programma di intervento delle ULS e per portare, se lo ritiene opportuno, il nostro contributo. Con l’occasione le inviamo distinti saluti.
Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti
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Dal 1981 al 1985
Vicenza – 28 gennaio 1983 – Intervento del Comitato di solidarietà di San Pietro alla tavola
rotonda indetta dalla circoscrizione 6 di Vicenza sulle tossicodipendenze
Il Comitato di solidarietà di S. Pietro, è sorto dalla necessità di unire in un gruppo i genitori colpiti dal grave problema della droga, di ascoltare le loro necessità, di cercare di capire i loro problemi, di combattere insieme a loro le varie battaglie e tentare di fornire loro
un appoggio concreto, puntando non soltanto sulla sensibilizzazione di tutta la società
civile e cristiana, ma anche chiedendo l’apporto degli organismi pubblici, perché è necessaria la collaborazione di tutti, in particolare degli Enti locali, sia per sollecitare una attenta analisi del problema nella città di Vicenza, sia per creare strutture tali da permettere il
recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti.
Purtroppo il fare uscire i genitori dal loro isolamento, dal senso di vergogna e di pudore ben comprensibili, è impresa enorme e richiede pazienza, attenzione, sensibilità e
amore.
Solo ora, dopo parecchio tempo, il Comitato sta raccogliendo alcuni risultati positivi,
sia come numero di famiglie partecipanti, sia di volontari. Dobbiamo qui, rendere atto in
particolare alla sensibilità dimostrata dall’assessore dott. Bressan, che per primo ci ha
ascoltati con benevolenza e attenzione, intervenendo ai nostri incontri. La nostra esperienza quindi è quella di vivere tutti i problemi della famiglia, quando in casa c’è un figlio tossicodipendente. Crediamo sia utile ricordare questi problemi che riguardano: il carcere,
l’ospedale, l’emarginazione, la disoccupazione, le difficoltà economiche, le fratture e la
disgregazione della famiglia stessa.
Le esigenze che abbiamo individuato al momento presente sono:
1 – Necessità di creare delle comunità; a tale proposito il Comitato è orientato verso strutture tipo Ceis.
2 – Case alloggio di prima accoglienza, necessarie specialmente nei momenti in cui il
Tossicodipendente ha bisogno di rivedere i suoi problemi o è in procinto di entrare
in comunità; momenti a volte necessari per dare un attimo di respiro alla famiglia, specialmente se questa vive altri problemi .
3 – Ripetiamo ancora: la sensibilizzazione degli Enti pubblici e dei cittadini tutti, poiché
è un problema sociale e tutti siamo coinvolti. È inoltre necessaria una ben organizzata opera di prevenzione a tutti i livelli.
4 – Risolvere il problema delle ragazze tossicodipendenti che non è stato affrontato in
modo organico. Riferendoci alla terza domanda, come genitori, chiediamo alla
“comunità tutta” di unirsi a noi in questa battaglia di solidarietà umana, eventualmente dando la propria personale adesione scritta.
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Il Giornale di Vicenza - 29 dicembre 1983
Il Veneto è al quarto posto tra le regioni italiane per il numero di decessi
Droga, in un anno 251 vittime
Sequestrati 304 chili di eroina, un record senza precedenti - Oltre 14 mila le denunce
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Dal 1981 al 1985
Corriere della Sera - 21 gennaio 1984
Ombre di imputati eccellenti sul traffico di armi e droga
(…) Il nocciolo della questione sono gli uomini politici, i parlamentari che sarebbero coinvolti nel
grande traffico illecito delle armi. (…) E’ dal mese di giugno, appena dopo le elezioni, che a Trento
si mormora del coinvolgimento di uomini di primo piano della vita nazionale. L’inchiesta aveva
imboccato la strada del doppio mercato delle armi: quello legale e quello clandestino. Sotto il mirino del giudice istruttore c’erano i servizi segreti, ma anche gli uomini politici. (…)
E in base a questi atti istruttori che il giudice Palermo è arrivato alla definizione del suo schema che:
“Dal traffico di droga, arriva il “profumo” di tangenti nel mercato nero delle armi?”
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Corriere della Sera - 31 gennaio 1984
Domani un vertice governativo varerà un piano per combattere la diffusione degli stupefacenti
L’Italia, il paese dove è più difficile la lotta alla droga
Roma – Un vertice governativo si riunisce mercoledì per varare un piano di lotta alla droga. Finalmente il potere politico risponde a una richiesta che viene – reiterata negli anni – da una società civile ridotta quasi alla disperazione: nell’’83 c’erano due morti accertati ogni tre giorni, nel gennaio
dell’84 sono due ogni giorno. Si lamenta il ritardo, ci si domanda se ancora è possibile agire con efficacia. Il ritardo era forse inevitabile. Il terrorismo ha paralizzato lo Stato e il Paese per un decennio.
Li ha inchiodati in un’emergenza che offuscava il senso del futuro e riduceva la capacità di misurare i pericoli che lo minacciano. Per questo la decisione di reagire al fenomeno droga, di rifiutare la
rassegnata convivenza con un male ritenuto ineluttabile, vale come una svolta. C’è un segno di vitalità; la politica si assume, per una volta, le proprie responsabilità. (…)
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Corriere della Sera - 13 febbraio 1984
Drammatiche rivelazioni dello studio compiuto dall’Istituto di medicina legale per il CNR
C’è droga anche nei morti “naturali” dell’obitorio
Sostanze stupefacenti trovate nel 72% dei corpi sottoposti ad autopsia
Nel 69,4% dei suicidi, nel 40% dei deceduti per cause “insospettabili”
Eroina, cocaina o psicofarmaci erano presenti nel 47% delle vittime di omicidi
La ricerca conferma che, accanto ai tossicomani schedati, esiste una fascia di utenti
occasionali E sono proprio questi ultimi i più esposti al rischio di overdose
(…) Questa ricerca conferma una delle ipotesi più sconcertanti dello sviluppo del fenomeno droga
in Italia: accanto ai tossicomani schedati dalle forze dell’ordine e dai servizi psicosociali, esiste una
fascia incontrollata di “utenti occasionali”, di individui, cioè, soprattutto giovani, che fanno ricorso a
sostanze stupefacenti pur continuando la loro vita regolare di studio o di lavoro. In tal modo non si
è, almeno all’inizio, schiavi della droga, ma si è più esposti al rischio di una crisi mortale: l’organismo,
infatti, è più a rischio di overdose.
Ma a che punto siamo per i decessi causati direttamente dalla droga? Sempre all’Istituto di medicina legale, dove finiscono i casi “ufficiali”, dieci anni fa se ne era registrato uno, lo scorso anno sono
stati 93. Una recente comunicazione del ministero degli Interni ha spiegato la recrudescenza di queste tragedie dando la colpa ai “tagli” presenti nelle dosi che finiscono in mano ai tossicomani. Secondo gli esperti dell’Istituto di medicina legale, dati alla mano, non è la spiegazione giusta. Si cita a
questo proposito una ricerca tossicologica effettuata su richiesta del Procuratore della repubblica di
Milano, intervenuta in seguito a una eccezionale catena di decessi tra i drogati: nove in un mese alla
fine dell’82 e solo in città. Anche in quell’occasione si sospettava la presenza di “tagli”. Gli esami
hanno invece dimostrato che le overdose erano state provocate solo dall’eroina. (…)
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Dal 1981 al 1985
L’équipe dell’Istituto ha potuto ribadire anche con le analisi più recenti che la situazione non è cambiata. “L’ipotesi dei tagli letali non regge innanzitutto per la logica del mercato della droga: gli spacciatori cercano clienti, non morti. Dagli esami dei reperti dei tossicomani deceduti e dall’analisi dei
quantitativi di droga sequestrati dalle forza dell’ordine, non è mai comparsa accanto all’eroina una
sostanza letale”. (…)
L’overdose è in aumento perché il tossicomane si inietta dosi con una presenza di eroina al di sopra
del normale, oppure perché si è appena disintossicato, oppure perché si “buca” solo qualche volta.
Di fatto è sempre l’eroina che porta alla tomba. Informazioni di diverso tipo sono irresponsabili.
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Intanto la “cura” del metadone viene ancora messa sotto accusa
L’assessore regionale alla Sanità della Lombardia, ha nominato una commissione per verificare a che
punto è la somministrazione del metadone, la “droga della mutua”. La situazione è allarmante: dalle
analisi effettuate sulle urine dei tossicomani in cura presso i presidi degli ospedali Fatebenefratelli,
San Carlo, Sacco e quelli di Busto Arsizio, Varese e Cittiglio, risulta che più del 50 per cento dei
“pazienti” continua ad assumere eroina o cocaina oltre al metadone. “Quel che è peggio – commenta il tossicologo Gianfranco Lodi – è che molti diventano tossicodipendenti proprio grazie al metadone”. (…)
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Il Corriere della Sera - 19 febbraio 1984
Droga, sfida del secolo – Veleno nella società
Articolo di Sabino Acquaviva
I drogati: spesso muoiono soli, per la strada, affogati nei canali come non molto tempo fa a Padova.
Non c’è sagrato di chiesa, scalinata di grande monumento, in ogni città, che non abbia visto almeno una tragedia della droga. Vengono ritrovati dalla polizia, dai passanti, dai fratelli più piccoli o più
grandi, da amici, da genitori sconvolti, si uccidono o vengono uccisi da parenti; a loro volta rapinano, uccidono per procurarsi la droga. E l’età di questi rapinatori drogati è sempre più bassa.
Insomma più drogati, più delitti legati alla droga, più rapine, più morti. E di tutto questo non si
vede il fondo. La risposta della società? Sin qui, purtroppo parole: parole al vento, dolore, sangue,
morte. È peggio, molto peggio che con il terrorismo: forse più morti, più danni per la società. Ci
aspettano altri anni di dolore e sofferenza perché, oltre alle parole, non sappiamo affrontare il problema né, forse, abbiamo la forza e il vigore morale per lottare, contrariamente a quanto è accaduto
con il terrorismo. E dunque si discute senza fine e senza costrutto.
Liberalizziamo la droga? Così, si dice, almeno finiranno le rapine, ci saranno i drogati, moriranno
per overdose, per disperazione o per altre ragioni, ma ci lasceranno in pace, dato che potranno procurarsi l’eroina dove e come vogliono. Non liberalizziamo – dicono altri – colpiamo duro. Rendiamo pericolosa, difficile la vita ai trafficanti di droga: i drogati diminuiranno.
Discussioni, idee, deboli tentativi di fare qualcosa, litigi, dibattiti, centri di studio, centri di rieducazione, di recupero, di formazione per la lotta alla droga. Nella sostanza che accade? Non soltanto
il fenomeno non regredisce, ma per certi aspetti si dilata, si diffonde. I medici al capezzale della
società italiana, intenti a studiare questa malattia, sono molti, le cause che vengono individuate
ancor più, le diagnosi e le terapie proposte infinite. I risultati nessuno. E allora? Che fare? Dato che
si sono messi in mille, nonostante il mio scetticismo, dirò anch’io la mia. Non parlerò delle cause:
la recente garbata polemica fra Montanelli e Alberoni, a questo proposito mi ha lasciato freddino:
perché si drogano? Il Sessantotto? Il riflusso? La perdita dell’autorità paterna? Dei valori?
Per questo ed altro, penso. Certo, meno impegno politico significa, per alcuni, più eroina, ma per
pochi, per le minoranze impegnate. Ma gli altri che impegno politico non ne hanno mai avuto? Per
altri le ragioni sono molte: piccole e grandi. Minuti, frammenti di una nostra diversa maniera di
vivere e pensare questa società post industriale. La società e la scuola sono diversamente organizza– 13 –
Dal 1981 al 1985
te; quello che i sociologi chiamano controllo sociale nella scuola, di necessità, è ormai molto modesto, e tra le sue maglie non passano soltanto le idee ma anche l’eroina.
Poi ci sono i valori, meno fede, meno convincimenti, e quindi meno autocontrollo, meno vincolo.
Ma altre cose influiscono: una struttura sociale e urbana che obbliga a star fuori casa più a lungo,
appunto, senza controlli. Centinaia di migliaia, milioni di giovani che vengono di giorno nelle città,
dai piccoli centri, alle scuole lontane, ai posti di lavoro e di divertimento, e ogni giorno qualcuno
cade nella rete, e nessuno è lì per difenderlo, per salvarlo. Milioni di ragazzi e ragazze, di uomini e
donne si muovono senza posa, ovviamente senza controllo, in una età in cui stanno ancora imparando a vivere, a sopravvivere, a stare a galla in una società ostile in cui vige la legge della giungla, la
legge del più forte.
In questo spazio di libertà si muovono liberamente anche i delinquenti, i capitalisti e i corrieri della
droga, dal grande al piccolo sordillo spacciatore di periferia. Si muovono come il pesce nell’acqua di
questa società di uomini liberi. E allora? Allora l’eroina è il prezzo della nostra libertà? L’inevitabile
prezzo che si deve pagare in questa società libera? Malgrado tutto, non lo credo. Ma in una situazione di questo tipo, la lotta alla droga richiede una strategia complessa e simultanea.
Anzitutto rieducazione capillare nelle scuole, nei luoghi di divertimento, nel cinema, nei circoli
sportivi, nelle strade. È necessaria una forte campagna antidroga per la quale il governo deve stanziare molti ma molti miliardi di lire: una somma sufficiente per lanciare una vera e propria “rivoluzione culturale”. In secondo luogo occorre una nuova legislazione: colpire duramente i trafficanti,
più duro che mai, in modo che il traffico di eroina diventi il mestiere più difficile e più costoso. Ed
eliminare i mille sotterfugi giuridici che salvano i trafficanti. In terzo luogo occorrono degli specialisti negli organi di repressione del traffico di stupefacenti. Nuovi specialisti , più numerosi e dotati
di strumenti sofisticati, uomini che nel piccolo e nel grande, si occupino soltanto esclusivamente di
droga. In quarto luogo occorre una politica internazionale efficace e coordinata, una vera collaborazione fra Paesi produttori e consumatori: si sa dove e come viene prodotta la materia prima, dunque
si brucino i raccolti, si colpisca alla radice con mezzi adeguati, applicando sanzioni a quei Paesi che
“nicchiano” per ragioni economiche (o peggio) e così uccidono i nostri ragazzi.
Infine deve mobilitarsi la gente: gruppi, comitati, ex tossicodipendenti, tutti insieme per stimolare,
sorvegliare, criticare, medici, polizia, maestri, professori, genitori.
Tutti insieme possiamo dire basta, perché questa tragedia dell’occidente abbia fine.
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IL MEDICO d’Italia n. 5 - febbraio 1985
Allarmata denuncia del ministro dell’Interno on. Scalfaro
Droga: in Italia 240mila tossicodipendenti
Oltre 300 morti da overdose l’anno scorso
Le impressionanti cifre del rapido aumento del numero dei “consumatori” e della diffusione a macchia d’olio del fenomeno. Un “cancro” che ormai si manifesta in ogni ambiente sociale e in ogni tipo di territorio
del nostro Paese.
La mappa della droga – nel delineare la mappa di diffusione del fenomeno la ricerca segnala la presenza di
vaste aree di concentrazione, pur nell’espandersi a macchia d’olio. In particolare sono evidenziate: l’area ligure, coinvolgente anche le province di Alessandria e Piacenza – l’area veneta, collegante Udine e Verona attraverso i centri di Vicenza, Padova e Venezia – l’area tosco-emiliana che da Ravenna, Forlì giunge attraverso
Firenze fino a Livorno – infine la città di Roma che presenta i valori più elevati nel rapporto con la popolazione (3 utenti per 1000 abitanti, 110 tossicodipendenti per 10.000 abitanti).
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COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON LE FAMIGLIE DI TOSSICODIPENDENTI
VICENZA - VIA S. DOMENICO - TEL. 0444 50050
Con questo quadro, nato in un momento di particolare sofferenza, ho voluto rendere visibile il volto disperato e
impotente di una madre, di fronte al dramma della droga.
Il bocciolo di rosa - fiore per me ricco di simbologie – rappresenta mio figlio che, invece di schiudersi alla vita, si
rinsecchisce perdendo bellezza e profumo.
Sia mio figlio, che alcuni suoi amici e amiche, quando lo hanno visto, sono rimasti turbati e non riuscivano a
staccare lo sguardo da esso, e io avrei voluto tanto penetrare nei loro pensieri.
Dal 1981 al 1985
Il Giornale di Vicenza - 14 febbraio 1984
Trova il figlio di 23 anni morto sul letto
“Si drogava ma voleva disintossicarsi
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Il Giornale di Vicenza - 8 aprile 1984
Scappata da casa un anno fa
Trovata morta (da mesi) a Verona
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Vicenza 2 maggio 1984 – Oggi vi è stato il funerale di un giovane di ventidue anni che, entrato
nel tunnel della droga, dopo avere tentato invano più volte di uscirne, in un momento di depressione ha preferito spararsi un colpo di fucile. Il giornale locale titolava così un breve articolo:
Per sfuggire alla droga ha detto addio alla vita
Ho conosciuto questo giovane personalmente; era amico di mio figlio. Era gentile, distinto nella persona, ignoravo la sua tossicodipendenza. Certamente la sua sensibilità lo aveva
spinto ad un conflitto esistenziale; nella sua dignità non accettava la schiavitù della droga.
Al funerale c’erano molti suoi amici tossicodipendenti, tra questi mio figlio.
Ho tanto sperato che questa tragedia segnasse una svolta nella loro vita, gestita da una
sostanza che poteva portare solo in tre direzioni: carcere, malattia, morte.
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Vicenza – 17 febbraio ’85 – Delegazione del Comitato in visita al vescovo di Vicenza
mons. Arnoldo Onisto per informarlo sulla grave situazione riguardante il problema droga.
Trascrivo il testo guida dell’incontro:
Monsignore, il nostro Comitato è formato da genitori con figli tossicodipendenti e da
qualche volontario e ci rivolgiamo a Lei per renderla partecipe della nostra angoscia e nel
medesimo tempo per chiederle qualche forma di aiuto, il primo del quale può venire dalla
preghiera perché Dio ci dia conforto nel dolore e coraggio per vivere e lottare per il bene
dei nostri figli.
Noi viviamo nell’ambito delle rispettive parrocchie e siamo convinti che il fenomeno
della droga non sia capito e perciò sentito nella sua variegata complessità dai nostri sacerdoti, i quali vedono in questi sventurati giovani, più che dei deboli, dei delinquenti che è
bene non avvicinare.
È facile parlare di Vangelo a chi è disposto ad ascoltare, ma è più difficile e altamente
meritorio parlarne a chi non si rende conto di quanto prezioso sia nella vita di ogni giorno l’insegnamento in Esso contenuto. “La croce di Gesù manifesta per sempre la solidarietà di Dio con gli ultimi e con coloro che nell’occhio dell’uomo sembrano sconfitti….
Dio è come il buon pastore preoccupato delle pecorelle smarrite…”
Oggi, le pecorelle smarrite sono molte; ma quanti i buoni pastori?
Questo interrogativo non vuole assumere un tono accusatorio, ma deriva comunque
da un’amara constatazione. Se avviciniamo questi giovani emarginati, ci accorgiamo – non
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Dal 1981 al 1985
senza un certo stupore – che nella maggioranza dei casi, al di fuori dell’apparenza negativa, sono miti e sensibili e che la loro violenza è soprattutto autolesionista. Nei momenti
di lucidità sanno ascoltare i buoni consigli e provano un disperato desiderio di metterli in
pratica, ma in loro la droga ha cancellato soprattutto l’esercizio della volontà e la paura del
“nuovo”, nel senso di incerto cambiamento. L’errore di base di questi giovani è quello di
non accettare il sacrificio, la sofferenza, le sconfitte, perché non si rendono conto che senza
anche queste esperienze il carattere non si forgia e non matura. Si sono accostati alla droga
da adolescenti e questa ha bloccato e fermato la loro età. Noi vorremmo che a livello parrocchiale, questo problema potesse essere discusso e considerato nella reale gravità, soprattutto dai cappellani che sono più a contatto con i ragazzi. Sarebbe anche utile che potessero seguire dei corsi preparatori per imparare ad avvicinare i tossicodipendenti che molte
volte si fermano a gruppetti nel sagrato delle chiese, mostrando disponibilità anche di
ascolto. Per ultimo vi è il problema carcere, nell’ambito del quale “dovrebbe” operare un
equipe socio-sanitaria. Il 40% dei detenuti è costituito da drogati che sono completamente abbandonati a loro stessi e vivono ammassati in celle anguste. Noi crediamo che soprattutto nel momento in cui varcano per la prima volta quella soglia, siano presi da vari sentimenti quali: vergogna, dolore, rabbia, paura; noi siamo convinti che quello sarebbe un
momento prezioso per mettere al loro fianco degli operatori e gettare le basi per un rapporto di recupero. In questo campo il volontariato non può nulla, perché trova le porte
del carcere chiuse. C’è don Cesare che cerca di dare aiuto, ma è anziano e andrebbe affiancato da un sacerdote più giovane.
Monsignore, Le abbiamo aperto il nostro cuore, cerchi di aiutarci e benedica le nostre
famiglie.
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Il Giornale di Vicenza - 3 aprile 1985
Annunciata dal Comitato di solidarietà delle famiglie dei tossicodipendenti
Campagna di sensibilizzazione sulla triste realtà della droga
Saranno diffusi volantini informativi e organizzati incontri con il mondo della scuola
Una campagna di sensibilizzazione sul problema della droga partirà a giorni, in città,per iniziativa
del Comitato di solidarietà tra le famiglie dei tossicodipendenti. Durante un incontro con la stampa sono stati presentati gli scopi dell’iniziativa strutturata nella diffusione di manifesti e volantini
informativi; contatti con le scuole secondo un progetto predisposto d’intesa con il Provveditorato
agli studi e un disegno globale di interventi più urgenti da attuare a Vicenza.
Il clima nella sede di via Mure S. Domenico, dove il comitato ha trovato ospitalità, dopo cinque anni
di vita travagliata, si è fatto rovente quando dalla presentazione della futura campagna pubblicitarioinformativa si è passati agli interventi dei presenti in sala: alcuni genitori del Comitato, qualche giornalista, medici, operatori della Ulss vicentina, volontari e tossicodipendenti usciti “dal tunnel”. È
stata l’occasione di una rampogna amara quanto giustificata, sulla situazione di deficienza in materia sia di prevenzione che di recupero; sui rapporti spesso problematici con il mondo dell’informazione, sulle storie difficili e volentieri dimenticate di circa tremila ragazzi che si drogano in provincia. Gli interventi del dott. Piero Cazzaro, membro del Comitato e del presidente Sergio Brandina,
si sono appuntati soprattutto sui settori delle strutture di intervento in atto o previste, del carcere,
della scuola, dell’attività dei servizi pubblici sul territorio. Dal dott. Cazzaro sono venute proposte
di utilizzo diverso dei fondi assegnati dalla Cassa di Risparmio (circa 500 milioni per iniziative a
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Dal 1981 al 1985
favore della tossicodipendenza), di prosecuzione del progetto di apertura di una comunità a Montecchio Precalcino, di approvazione da parte delle Ulss della preventivata comunità del Ceis e di promozione dell’assistenza carceraria e del reinserimento dei tossicodipendenti.
“Un incontro con il sindaco e manifestazioni pubbliche con raccolta firme – hanno spiegato i membri del Comitato –sono le iniziative più appariscenti, ma si tratterà di un lavoro teso soprattutto a
far uscire dall’angoscia le famiglie colpite dal fenomeno e aggregarle a noi”. La speranza espressa dal
comitato è “che la città apra gli occhi sul problema una volta per sempre e che tutti si facciano carico delle proprie responsabilità, affinché le famiglie dei tossicodipendenti possano uscire dalla solitudine in cui sit rovano”.
Nicoletta Martelletto
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Il Giornale di Vicenza - 6 maggio 1985
Nasce dal dolore di una mamma la nuova ondata di solidarietà
“Questo quadro è nato dalla necessità di fare qualcosa per non rimanere spettatrice dell’annullamento fisico e morale di mio figlio e di tanti giovani”.
La spiegazione appartiene a una mamma, autrice del manifesto che è stato assunto a simbolo della
campagna di sensibilizzazione che il Comitato di solidarietà delle famiglie dei tossicodipendenti sta
conducendo da qualche settimana in città.
Madre, prima che pittrice, la signora ha voluto dedicare questo messaggio a loro, “ I ragazzi tossicodipendenti, e le famiglie, perché comprendano la sofferenza che sta oltre l’apparente rassegnazione;
perché comprendano l’amarezza che sta dietro il volto di una madre: perché capiscano l’altalena tra
libertà e schiavitù, il dilemma che si gioca in queste situazioni”.
Ha dipinto il quadro in un pomeriggio del 1983, per sfogo, forse per disperazione, tenendolo nascosto per un mese, perché il figlio non potesse vederlo. “E poi invece lo ha scoperto, ha visto la rosa,
le siringhe, i petali che sfioriscono all’apparire del veleno, quel volto che traspare, e che era il mio
volto riflesso nello specchio e che dice tutto quello che sta dietro un ragazzo che si droga”.
Un giorno lo ha visto un genitore del comitato, e mi ha chiesto di poterlo usare per la nostre campagne di sensibilizzazione. Sulle prime ero contraria – dice – Mi sembrava di mettere in piazza qualcosa di troppo personale, di intimo, fino a che è tornata questa domanda: cosa posso fare per lui? E
il quadro è stato utilizzato per il poster, distribuito nei negozi e nei luoghi pubblici”.
Un modo come un altro per reagire all’impotenza che prende in queste situazioni. “Quando ci si
rende conto di avere un figlio tossicodipendente si entra assieme a lui nel vortice della droga, anche
la famiglia se ne ammala e la vita continua in funzione quasi solo di essa. Ogni giorno continui a
fare le solite cose, ti accorgi a volte che stai ridendo, impari a controllare le emozioni, ma la domanda rimane lì: cosa fare? Ecco, io ribadisco l’importanza di frequentare i gruppi di genitori, i comitati di solidarietà, perché assieme è possibile trovare una risposta, grazie al contributo di chi cerca come
te o ha già superato il problema”.
Nicoletta Martelletto
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Dal 1981 al 1985
La raccolta firme è stata superiore alle quattromila. Alcuni passanti hanno aderito volentieri
con parole di comprensione, altri cambiavano marciapiede; non sono mancate le critiche e le
accuse verso le famiglie soprattutto verso le madri definite le “maggiori colpevoli”.
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Dal 1981 al 1985
Con il presidente del Comitato Sergio Brandina ho partecipato all’incontro della Lenad svoltosi a Torino. Era prevista la presenza di Muccioli, ma era dovuto partire per l’America; è stato
sostituito dal dott. Tortorella. Assente anche don Pierino Gelmini perché ammalato.
Dopo una breve introduzione di Piera Piatti sono iniziati i lavori
TORINO 7 – 8 GIUGNO 1985 – CONGRESSO NAZIONALE DELLA LENAD
Sintesi degli interventi di alcuni politici presenti al convegno
On. Costa – P.L.I. Sottosegretario agli Interni: ”Negli anni settanta, quando il “male” non
era ancora tanto grave e diffuso, le strutture esistenti non sono riuscite a sanare il problema della tossicodipendenza. Oggi sappiamo che la disintossicazione organica non è tanto
importante quanto quella psicologica; allora si credeva potesse bastare disintossicare il drogato, ora sappiamo che bisogna recuperarlo interamente. Dove il pubblico servizio non ha
saputo o voluto intervenire è intervenuto il lavoro del privato cittadino. L’amore, la passione e l’esperienza del volontariato”. Ha sottolineato che il Ministro degli Interni ha erogato contributi alle comunità terapeutiche, alla prevenzione e alla rieducazione.
On. Pellicanò, P.R.I.: “Con l’on. Giacalone ho presentato a Nilde Jotti, presidente della
Camera dei Deputati, la proposta di legge n. 1347 accompagnata da 50.000 firme. La tossicodipendenza è un fatto sociale e il Governo stanzierà per i prossimi anni una somma
ragguardevole, ma c’è perplessità, perché di quei soldi non si sa ancora di preciso cosa se
ne farà! La legge 685 sulla modica quantità è fallita completamente e bisogna eliminarla.
Non possiamo permettere ai nostri giovani di suicidarsi, ma dobbiamo portarli a un rapporto con la società attiva rieducandoli”.
L’On. Maria Pia Garavaglia, Dc. sarà relatrice di tutte le proposte. Martedì 11.06.85,
verrà studiato il decreto per la distruzione delle sostanze stupefacenti requisite, e mandato in Senato. Appoggia in pieno la proposta di legge della LENAD sulla detenzione e si
augura che una nuova norma risolva l’articolo del codice di procedura penale, perché
“Non è concepibile che durante il suo reinserimento in comunità, un giovane debba tornare in carcere per scontare l’eventuale pendenza giudiziaria”. Secondo l’onorevole, i cittadini hanno un’opinione ambigua sulle droghe; “Non si deve far distinzione su quella
leggera o pesante, perché sempre droga è. Il tossicodipendente è privo di volontà, perciò
chi ha l’obbligo della tutela del cittadino deve curare la libertà vera del drogato e questa
sarebbe una importante responsabilità delle ULSS”.
L’On. Violante, P.C.I. suggerisce che bisogna definire il testo del comitato ristretto prima
di agosto e rileva tre situazioni:
I – Se il tossicodipendente che sta seguendo il trattamento di terapia riceve l’ordine di carcerazione il mandato di cattura si risolve con la libertà provvisoria.
II – Se sta seguendo il trattamento di terapia e riceve l’ordine di carcerazione, per la sentenza definitiva ci vuole un emendamento del governo per affidamento al servizio
sociale, se la pena è inferiore ai due anni e sei mesi, dopo tre mesi può uscire dal carcere e il resto del periodo trascorso in comunità o in affido vale come pena scontata.
Il periodo del servizio sociale non può essere oltre i due anni e sei mesi. Se la pena è
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Dal 1981 al 1985
superiore ai due anni e sei mesi, non si può avere l’affido. Non si può averlo nemmeno se c’è stata rapina.
III – Se invece, finito il trattamento, riceve l’ordine di cattura la situazione è più complessa, sentenza definitiva con trattamento terapeutico concluso; proposta: il soggetto può
fare domanda al giudice prima che venga definita la condanna. Venga chiesto l’affidamento senza passare per il carcere. (Tra il processo e la condanna definitiva ci vogliono almeno 5-6 anni!)
Concetti politici:
1 – Non dimentichiamo il problema di lotta al traffico, che è un grande processo economico se pur diabolico (nel 1985 è prevista un’entrata di 1.668 tonnellate di droga).
2 – Modica quantità: arrestare il giovane per modica quantità, vuol dire riempire galere e
tribunali di piccoli reati; questo rende problematica la proposta di legge sulla sua abolizione.
La Lenad inviti dei medici a spiegare la tipologia dei dipendenti di tutte le droghe.
“Bisogna discutere questi problemi nella scuola, mafia e droga schiacciano la libertà e procurano lo schiavismo”. La droga non si può eliminare, bisogna puntare sull’azione di difesa della società, e questo può farlo solo la prevenzione”.
Violante è stato poi criticato perché si continua a ragionare sempre allo stesso modo, dando
importanza agli effetti più o meno nocivi della droga, non comprendendo che bisogna ostacolare il diffondersi di ogni droga, sia leggera che pesante.
Interventi vari
Trascrivo brevemente alcune problematiche emerse dai vari gruppi partecipanti: “Non si
può improvvisarsi operatori e mettere in piedi una comunità senza esperienza e competenza”.
Il sindaco di Torino esprime la sua difficoltà riguardo alla prevenzione che non riguarda solo gli Enti locali, ma la partecipazione attiva del volontariato.
Necessità di agire su Parlamento e Governo perché accolgano le nostre proposte di
legge, sorreggano le comunità senza perdersi in processi come quello contro Muccioli.
Discriminare le varie comunità è quello che di peggio si possa fare.
Le associazioni sono isolate; bisogna creare un collegamento tra loro.
Il Provveditorato agli Studi deve istruire i docenti. Creare un giornale d’informazione
per i genitori.
Aggiunta dell’On. Garavaglia: “Il decreto ministeriale per la distribuzione del metadone non è della legge 685, ma è di Aniasi allora ministro della Sanità”.
Ass. famiglie di Bari: La famiglia dovrebbe essere aiutata ancor prima del tossico; è
necessario la conservazione del posto di lavoro per il tossicodipendente che entra in comunità.
C.A.F. di Genova: Il tossicodipendente arrestato dovrebbe essere sottoposto entro le
prime 24 ore a visita medica e quindi spinto alla disintossicazione e al recupero. Affiancare le cooperative a gestione sociale.
Comunità Samaritana – Napoli: L’eroina è la droga di Napoli. Il prefetto ha messo in
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Dal 1981 al 1985
atto un coordinamento con tutte le realtà del territorio privilegiando il volontariato, perché è disponibile 24 ore su 24.
Arezzo: Importanza della prevenzione fin dalla nascita; rimettersi tutti in discussione:
famiglia, scuola, chiesa, politica. Il troppo amore può portare alla droga. Il bambino deve
guadagnarsi le cose che desidera per potere maturare.
Siracusa: Chiedono una legge regionale per il reinserimento lavorativo e un approccio
terapeutico in carcere e comunità.
Modena: Espropriare gli spacciatori dei beni, frutto di traffico e darli alle comunità.
I tossicodipendenti usano Rinomina spray per sniffare, si iniettano analgesici, bevono
bottigliette intere di sciroppo contro la tosse per sballare.
In chiusura sono intervenuta anch’io, illustrando dei volantini ad opera del mio Comitato (ritenuti interessanti, sono stati poi richiesti da alcune associazioni), descrivendo la
nostra situazione. Ho quindi auspicato un’unione costruttiva tra tutte le associazioni.
L’intervento del sindaco di Torino non mi è piaciuto e capovolgo il suo discorso: il volontariato senza la collaborazione degli Enti locali non può far nulla.
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La Stampa - 9 giugno 1985
A congresso le associazioni delle famiglie di tossicodipendenti
Tutti insieme contro la droga
Al dibattito di due giorni all’hotel Concord, promosso dalla Lenad, hanno partecipato
rappresentanti di tutta Italia – Il valore del volontariato – “ La legge 685 va modificata”
Per due giorni all’hotel Concord si è parlato di droga. Un centinaio di rappresentanti delle associazioni di famiglie di tossicodipendenti di tutta Italia sono stati chiamati dalla Lenad (Lega nazionale antidroga) per un congresso nazionale, con lo scopo di riunire sotto un’unica bandiera l’associazionismo. Ha detto Piera Piatti, segretaria nazionale della Lega: Nel nostro Paese le associazioni operano in modo scollegato e ciascuna porta avanti le sue piccole e grandi richieste senza avere alcun
peso sul governo e sul legislatore. Se riusciremo ad avere una strategia comune, diventeremo un
gruppo di pressione in grado di fare sentire la nostra voce su un problema che riguarda migliaia di
giovani”. Un primo obiettivo è stato raggiunto durante il dibattito che ha visto la partecipazione degli
onorevoli Costa (pri), Garavaglia (dc), Pellicanò (pri), Violante (pci), Amato (psi), sottosegretario alla
presidenza del Consiglio. Le associazioni delle famiglie concordano: la legge 685 (del ’75) deve essere riesaminata, per il tossicomane è necessaria un’alternativa al carcere, la semplice detenzione di
sostanze stupefacenti deve essere perseguita, deve essere istituito un elenco delle comunità terapeutiche, devono essere ristrutturati i centri di assistenza pubblica. Hanno anche deciso di costituire un
comitato di coordinamento e di creare un centro di documentazione. (…)
Ognuno ha raccontato le esperienze del suo gruppo. Testimonianze drammatiche. È terribile il dato
fornito dall’On. Costa: “Da gennaio ad oggi sono morti per droga 116 giovani”. È stato detto che in
Toscana “Tutto fa capo al volontariato perché lo Stato ai progetti terapeutici preferisce il metadone”. Carcere e droga è binomio inscindibile per la maggioranza dei tossicodipendenti. La Lenad e le altre
associazioni vogliono spezzare questo anello della catena. (…)
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Corriere della Sera - 9 giugno 1985
Le conclusioni del primo congresso della LENAD a Torino
Proposta una lega nazionale dei genitori di tossicomani
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Dal 1981 al 1985
TORINO – Le associazioni dei familiari dei tossicomani non agiranno più ognuna per proprio
conto: nascerà un coordinamento nazionale tra i vari gruppi che operano in tutta Italia. Sarà stilata
una “carta di tutela del tossicodipendente”, una sorta di decalogo di comportamento nei confronti di questa categoria, che di anno in anno si fa sempre più numerosa. I tossicomani conosciuti nel
nostro paese sono circa 100 mila e si calcola che almeno 40-50 mila facciano parte del cosiddetto
“pianeta sommerso”, giovani che non si rivolgono alle strutture pubbliche o private o che si bucano
da pochi mesi. (…) Questa” due giorni” è stata l’occasione per fare il punto sul problema – droga –
con esponenti politici, magistrati, operatori sociali. Un dibattito acceso non privo di polemiche. (…)
Ieri, qualche malumore si è levato nei confronti di Giuliano Amato, sottosegretario alla presidenza
del consiglio, il quale, forse per la sua schiettezza, non ha raccolto troppi applausi:” Noi abbiamo
dedicato – ha affermato con realismo – poco tempo a questo problema. Ce la siamo cavata con un
po’ di metadone e con qualche volantino di fronte alle scuole. Lo Stato ha dato poco di tutto: poche
risorse e scarsa cultura”. La “superassociazione” dei parenti dei tossicomani si è posta alcuni punti
qualificanti come la richiesta di “Modifiche legislative tendenti ad ottenere la sospensione del processo penale e delle misure carcerarie nei confronti delle persone inserite in programmi terapeutici;
la revisione delle misure di polizia che impongono ai tossicodipendenti il trattamento e la presentazione periodica ai controlli di polizia”. (…)
Le luci del salone dove si è tenuto il convegno si sono spente ieri nel tardo pomeriggio con tanti
buoni intenti. Ma la strada è ancora lunga. I partecipanti al congresso sono tornati a casa carichi
degli stessi problemi.
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Il Giornale di Vicenza - 16 giugno 1985
La verità sull’AIDS a Vicenza
I medici non possono parlare ma in osservazione ci sono almeno 50 casi di sindrome
linfoghiandolare (LAS), uno dei primi stati dell’infezione
Vicenza - anche Vicenza ha avuto il suo caso di Aids accertato, come aveva rilevato nei mesi scorsi
proprio questo giornale. Di recente, espletati tutti gli esami necessari, a distanza di alcuni mesi dalla
morte di un giovane tossicodipendente abitante in città, la pratica è stata inoltrata al ministero della
sanità. Altre morti sospette, probabilmente rimarranno per sempre tali. Pare che le nostre autorità
sanitarie non abbiano nessuna voglia di lasciare che vengano adempiuti ulteriori accertamenti. A
differenza di quanto avviene in tutti gli altri paesi civili, negli Usa ad esempio, per informare la gente
del pericolo dell’Aids, i depliant vengono distribuiti al bar o al supermercato. Da noi si vieta ai medici di rilasciare in proposito la benché minima dichiarazione. Quando qualcosa trapela, accade che le
autorità sanitarie scendano in campo per smentire. Eppure sfogliando uno dei tanti ricchi periodici
che l’Ulss di Vicenza distribuisce ogni volta in quasi ottantamila copie si possono leggere frasi di questo tenore:” L’informazione del cittadino è uno dei principali impegni dell’Ulss”. E dopo avere
dichiarato che l’attività di “Educazione sanitaria” dell’Ulss Vicenza, nel suddetto periodico cerchereste invano la benché minima informazione sul dilagare, anche tra noi, di una malattia così complessa e insidiosa come l’Aids. Questa malattia infettiva ha un grande veicolo di diffusione, come sottolineano tutti i medici e gli studiosi, che si chiama ignoranza. (!) Inutile cercare conferme. I medici addetti a questo tipo di servizio hanno la consegna tassativa di non rivelare dati e di non parlare
ai giornalisti. E’ un peccato, perché a perderne ancora una volta sono i cittadini i quali non solo non
possono venire informati sulla reale consistenza dell’infezione e quindi sui modi di evitare le forme
di contagio, ma continuano ad ignorare che l’ospedale della loro città, in fatto di cure e di ricerche
sull’Aids, la struttura realizzata al San Bortolo, funziona ad esempio come molte altre città del Veneto, anche se dotate di cliniche universitarie.
L’équipe, dapprima nata spontaneamente dalla buona volontà di alcuni medici, è ora sostenuta dai
primari di malattie Infettive e di Immunologia, i professori Ielasi e Dini. Ai due medici iniziali,
Vaglia per Malattie Infettive e Chisesi per Immunologia, è stato dato l’incarico di occuparsi di Aids.
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Dal 1981 al 1985
Con loro collaborano anche i reparti di Microbiologia e di anatomia Patologica, perché gli accertamenti sono molto complessi e necessariamente comportano un lavoro di équipe altrettanto articolato che richiede l’apporto di diversi specialisti. (…) Dice il dottor Chisesi:” Manca l’informazione,
come del resto avviene anche in tutta Italia, siamo convinti che si tratti di una scelta politica, come
non si volesse allarmare la gente. In realtà le cose vanno avanti a fatica nonostante la nostra struttura organizzata. Questo perché non c’è niente al di fuori di noi, né a monte, né a valle. Nel primo
caso manca l’informazione, nel secondo, una volta che il portatore è stato da noi ed è stato individuato, dove lo mandiamo?”. Che cosa ci aspetta nei prossimi anni da questo punto di vista? Risponde il dottor Vaglia: ”La lentezza della diffusione non deve trarre in inganno, forse si manifestano per
ora principalmente nei tossicodipendenti, ma le vie di trasmissione, ormai è accertato, sono: i rapporti sessuali, sia omo che etero e le trasfusioni di sangue. Tutte cose dove ci vuole una seria attenzione. L’unica arma è la profilassi.
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Il Giornale di Vicenza - 19 luglio 1985
Indagine sulle attese della gente all’apertura di un nuovo mandato amministrativo
Ecco cosa chiedono i vicentini alla nuova giunta
Tre cose su tutto: strade belle, una cultura giovane e un verde pulito - E gli “ex” del Consiglio
comunale consigliano di badare ai parcheggi, alla costruzione di nuove case, al teatro
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Lettera inviata a il Giornale di Vicenza il 23 luglio 1985 pubblicata con il titolo:
Che cosa fa Vicenza per i tossicodipendenti?
Vicenza, isola quasi felice! Se i vicentini avessero “Strade belle, una cultura giovane e un
verde pulito”, sarebbero certamente tra i più felici in questa terra. Ma la nuova Giunta
saprà accontentarli presto e questa lacuna ed altre ancora saranno colmate, anche perché
sono gli stessi ex del Consiglio comunale che consigliano di “Badare ai parcheggi, alla
costruzione di nuove case, al teatro”. Questo quanto scritto in due articoli del Giornale di
Vicenza datati 19 luglio ’85, pag. 4.
Lascio da parte il sarcasmo e riconosco che anche queste sono cose giuste da fare, ma
prima ve ne sono altre di ben più vitale importanza. Mi riferisco al disagio giovanile, alla
mancanza di strutture per il tempo libero, alla droga, agli handicappati, ai disoccupati, agli
anziani e chi più ne ha più ne metta. Certamente ho il cosiddetto dente avvelenato, ma
dopo anni di sofferenza ci si può ben risentire contro una città come Vicenza che convive
con la droga, che l’accetta passivamente, che chiude gli occhi infastidita di fronte a tutto
ciò che la disturba, salvo leggere morbosamente la notizia della morte per overdose di un
povero “drogato” o il rapporto dettagliato di uno scippo o di una ipotetica “rapina” subita
da qualche malcapitato cittadino. Sappiano i vicentini che dietro i piccoli reati commessi
dai drogati, c’è sempre, o perlomeno nella maggior parte dei casi, una famiglia onesta, pulita, con altri figli, che soffre abbandonata a sé stessa, per questa calamità piombatale sul capo
e si vede messa alla berlina sui quotidiani con tanto di nome, cognome, indirizzo e numero civico in modo che sia impossibile non capire chi è. È stata fatta una raccolta di firme
contro la droga, si sono susseguiti per settimane articoli sui giornali cittadini, sempre sulle
problematiche ad essa inerenti, e nonostante tutto, nei programmi di un prossimo futuro
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Dal 1981 al 1985
i nostri amministratori non hanno sentito l’impellente bisogno di impegnarsi su questo
fronte. Non capite che questo deve essere un problema di tutti e tutti dobbiamo fare l’impossibile per risolverlo?
Per il Comitato, Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 19 agosto 1985
La droga torna ad uccidere
Tossicodipendente trovato morto
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Il Giornale di Vicenza - 22 agosto 1985
Ucciso a 28 anni da un’overdose
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Vicenza 12 settembre 1985 - Incontro organizzato dal Comitato con rappresentanti dell’ULSS, del sindacato e delle comunità terapeutiche con l’intento di aiutare i giovani usciti dalla
tossicodipendenza o in terapia riabilitativa, a reinserirsi nella società lavorativa. Nonostante il
poco entusiasmo degli intervenuti, la consulta ha più tardi fatto proprio il progetto che è stato
realizzato a settembre ‘986 con: “Corsi propedeutici ad hoc per l’inserimento nei corsi normali
di specializzazione: disegno e grafica per l’inserimento nel corso di serigrafia – impianti elettrici con richiami di matematica e disegno tecnico per il corso di elettromeccanici generici”.
“Intervenuti: rag. Girotto delegato dell’ULLS per le tossicodipendenze, dott. Balestra responsabile Cad, dott. Gelain responsabile del Centro Diurno, don Giorgio della comunità S. Stefano, il sign. Tagliaro per la CISL e la sign. Giuliana Bertola per Radio Insieme.
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Il Giornale di Vicenza - 17 settembre 1985
Domattina alla presenza di autorità civili e dei responsabili dell’ordine pubblico
La scuola decide di stroncare il pericolo droga
Vertice dal prefetto per l’impegno di volontariato - Si discuterà della possibilità di utilizzare gli
anziani e gli aderenti alle associazioni d’arma in un attento controllo sull’eventuale presenza
di spacciatori in prossimità degli istituti per realizzare una più efficace prevenzione
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Vicenza 25 settembre 1985 - Incontro in sede ULSS con il servizio sulle tossicodipendenze:
prima di iniziare i lavori ho tenuto a dire che i genitori del Comitato si aspettano collaborazione dai responsabili del servizio per riunire gli sforzi e non disperdere inutilmente le energie. Si è riparlato dei corsi professionali accordandoci di portare il progetto in Consulta, di creare una commissione ristretta che potesse studiare ogni particolare per renderli fattibili. Abbiamo precisato che i corsi normali durano dai due o tre anni e richiedono la licenza di terza
media e che non tutti i tossicodipendenti la possiedono. Abbiamo parlato delle difficoltà che
pesano sulle piccole comunità esistenti sul territorio auspicando che in breve siano messe nella
possibilità di operare secondo le necessità. Nel complesso mi sembra che l’incontro sia stato positivo; si sono chiariti alcuni punti di divergenza e stabiliti i propri compiti.
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Dal 1981 al 1985
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Lettera inviata a: Il Giornale di Vicenza e pubblicata il 23 settembre 1985 con il titolo:
Propongono il vigile di quartiere per combattere il flagello droga
Egregio direttore,
mi sembra che il titolo dell’articolo pubblicato sul Giornale di Vicenza il 17 settembre:
“La scuola decide di stroncare il pericolo droga” sia abbastanza semplicistico! Alcune persone leggendolo potrebbero aver pensato che forse sia stato trovato qualche rimedio portentoso capace di combattere e “stroncare” uno dei grandi mali del secolo, altre ancora
avranno detto tra sé e sé: “Solo oggi la scuola si decide a stroncare il pericolo droga; e perché non ieri?”.
Il vertice del Provveditorato si è incontrato con alcuni rappresentanti dell’ULSS di
Tiene e di Arzignano e un rappresentante della cooperativa “La linea dell’arco”. Come mai
non erano presenti i rappresentanti delle ULSS di Vicenza e delle comunità che lavorano
nel territorio? Forse che nella nostra città il problema è meno grave?
Il vertice ha discusso della possibilità di utilizzare gli anziani e gli aderenti alle associazioni d’arma per un controllo sull’eventuale presenza di spacciatori in prossimità delle
scuole: questo è qualcosa più di niente! Servirà forse a scoraggiare qualche sprovveduto
venditore di morte, perché quelli furbi e incalliti sapranno escogitare qualche altro metodo per raggiungere il loro scopo, magari contattando i ragazzi lungo il percorso da casa a
scuola o viceversa. C’è anche un’altra eventualità, quella cioè che la droga varchi le porte
degli istituti scolastici portata dagli studenti stessi, e questo è più difficile da scoprire data
l’omertà che regna tra i tossicodipendenti.
Ecco allora la necessità dell’istituzione del Corpo dei Vigili di Quartiere che con la loro
quotidiana presenza potrebbero individuare le zone e i ragazzi ad alto rischio.
Altra constatazione: a questi vertici non sono mai invitati i rappresentanti delle persone che hanno provato sulla loro pelle direttamente o indirettamente l’esperienza droga:
giovani, che usciti dal cosiddetto tunnel, sono desiderosi di dare un loro contributo per
aiutare quelli che ancora vi sono dentro e i genitori stessi che insieme possono esercitare
una maggiore vigilanza sui ragazzi medesimi. Queste riunioni formate solo da tecnici
lasciano il tempo che trovano; si parla, si parla, ma di concreto c’è sempre poco.
Il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti ha cercato di interessare
tutta la cittadinanza e maggiormente gli Enti pubblici ad un lavoro di prevenzione basato
sull’educazione alla socialità in modo da dotare i ragazzi di una maturità sufficiente per
instaurare relazioni equilibrate con la realtà del territorio, e perché siano messe a disposizione, come occasioni di impegno culturale, ricreativo e lavorativo, delle strutture specifiche.
Il Comitato confida che per l’avvenire ogni incontro, ogni conferenza, ogni decisione
riguardante i tossicodipendenti riunisca tutti coloro che con la droga hanno esperienza,
perché è tempo di lavorare tutti insieme e non ognuno per conto proprio: comunità,
responsabili medico – sociali, scuole, servizi antidroga, magistrati, funzionari delle carceri, parrocchie, volontari e cittadini, tutti uniti nello sforzo di una collaborazione umile ma
intelligente, senza protagonismo, rivolta solo al bene dei nostri figli e della società.
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Dal 1981 al 1985
Una persona sola, per quanta buona volontà abbia non può cambiare il mondo, ma
tante persone volonterose sì!
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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Regata organizzata dalla Cgil contro la droga. Si parte in pullman alle 18, si arriva a Venezia
verso le 19 e si va a piedi a S. Polo, quindi a S. Lucia. Ci imbarchiamo e navighiamo lungo il
Canal Grande con le torce accese. Si arriva a S. Marco alle 23. Si torna a S. Polo con la banda
in testa, quindi a piazzale Roma. Torniamo dopo l’una. “S. Marco sembrava tutta d’oro!”
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Il Giornale di Vicenza - settembre 1985
La marcia di notte sull’acqua – un corteo contro la droga
Una sorta di “marcia sull’acqua”, dimostrazione di solidarietà alle migliaia di famiglie colpite ogni
giorno dal “flagello droga”, ma soprattutto volontà di sensibilizzare l’opinione pubblica su uno dei
mali più gravi della nostra società, con la richiesta di pubblici servizi degni di un paese civile e la promozione di iniziative concrete rivolte ai giovani.
Questo in sintesi il significato della “regata contro la droga”, la fiaccolata acquea svoltasi ieri sera
lungo il Canal Grande, promossa dalla Cgil – funzione pubblica del Veneto e dell’ associazione familiari dei tossicodipendenti. “Regata” soltanto nel nome (l’unica competizione riguarda la disponibilità di ognuno di noi ad operare scelte di campo precise - hanno sottolineato gli organizzatori), l’originale manifestazione ha visto la variopinta sfilata, partita all’imbrunire da piazzale Roma, snodarsi lungo la principale via d’acqua di Venezia, tra le note della banda di Campagnalupia. Aprivano
l’affollato corteo le imbarcazioni storiche, con le carline dei consigli di fabbrica, le barche di rappresentanza di Cral e società remiere cittadine, le barche a motore di Enti e privati.
Fra le molte adesioni i rappresentanti degli enti locali (Comune, Provincia e Regione), la flotta dell’Amiu, le imbarcazioni dell’Ulss, delle cooperative fluviali di trasporti e della cooperativa Rialto, dell’Aspiv, con rappresentanti del sindacato di polizia e delle associazioni familiari.
“La riuscita di questa manifestazione è per noi motivo di grande gioia – ha dichiarato Gianni Trevisan segretario generale veneto della Cgil – funzione pubblica – come Cgil riteniamo che l’emergenza droga non possa più attendere e debba essere affrontata con provvedimenti adeguati. L’organizzazione sindacale non è sufficientemente impegnata su questo fronte, con frequenti resistenze interne
e una diffusa tendenza a considerare il tossicodipendente come un emarginato”.
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1 ottobre ’85 - lettera del Comitato inviata alla direzione dell’Ulss:
Spett. Direttore Generale,
nel mese di luglio il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti si è incontrato con i dottori: Rossigni, Basso e Gallo, rappresentati rispettivamente dell’Ordine dei
medici, dei farmacisti e dei titolari dei farmacisti per discutere problemi inerenti ai tossicodipendenti. Tra i vari argomenti affrontati è emersa la grave problematica riguardante
alcuni medici di famiglia che prescrivono farmaci ai tossicodipendenti con troppa facilità.
Noi capiamo che detti medici usano questo comportamento forse per paura o per liberarsi da insistenze snervanti o per altro ancora, ma operando in questo modo vengono
meno al loro dovere che è quello di salvaguardare la salute e le vite loro affidate. In questo modo si rendono pure complici dei tossicodipendenti stessi, alcuni dei quali, lo sappiamo tutti, hanno perso la vita non solo a causa dell’eroina, ma per l’abuso di farmaci.
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Dal 1981 al 1985
Preghiamo quindi i responsabili preposti dell’Ulss di effettuare controlli delle ricette in
cui sono prescritti farmaci di cui è noto l’abuso da parte dei tossicodipendenti.
Certi della vostra preziosa collaborazione su questo grave problema salutiamo.
Il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti
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Il Giornale di Vicenza - 11 ottobre 1985
L’iniziativa di un’insegnante dell’istituto ha creato tensione nei docenti e nei genitori
Esposto – denuncia per due allievi di una scuola media inferiore della città
Ma le indagini escludono i sospetti sull’uso di droga
Sintesi dell’articolo: “Il caso è stato innescato dall’esposto – denuncia, sporto in Questura da un’insegnante, in cui si ipotizzava il sospetto che due allievi fossero dediti all’uso di sostanze stupefacenti, lasciando trasparire di conseguenza una possibile responsabilità del preside nel caso in cui la situazione supposta corrispondesse a verità. I funzionari della sezione narcotici della Questura hanno
ascoltato il dirigente della scuola, hanno convocato i due minori citati nell’esposto insieme ai loro
genitori e hanno svolto tutti i necessari accertamenti. Le approfondite indagini degli agenti hanno
escluso nel modo più assoluto che nell’ambito dell’istituto esistano situazioni legate all’uso o allo
spaccio di sostanze stupefacenti”.
Al termine dell’articolo il preside sottolinea il fatto che questa situazione:”Ha determinato conflittualità tra i docenti del consiglio di classe, tensione e ansia tra gli alunni, discredito per la
scuola e sfiducia nei genitori che sono giustamente allarmati”.
Lettera inviata a il Giornale di Vicenza il 13 ottobre 1985 e pubblicata con il titolo:
Sul problema droga non abbassiamo la guardia!
Nel leggere l’articolo pubblicato sul giornale di Vicenza in data 11 ottobre ’85 dal titolo
“Esposto - denuncia per due allievi di una scuola media inferiore della città”, la parola
“discredito” riferita al fatto descritto mi ha alquanto raggelata.
Forse l’insegnante è stata un po’ troppo precipitosa, certamente doveva prima informare i componenti del consiglio di classe e chi altro di dovere, ma a mio avviso in questi casi
se non è bene essere precipitosi è ancor peggio essere negligenti. Sono contenta nel sentire che nella scuola di droga “neppure l’ombra”, ma per amore di sincerità verso me stessa,
o forse purtroppo per esperienza, questa assicurazione mi trova alquanto scettica. Io credo
che non esista scuola, tolte le elementari, dove non circoli qualche tipo di droga. L’esposto dell’insegnante ha determinato conflittualità tra i docenti? Sfiducia nei genitori giustamente allarmati? Ebbene, ben venga la conflittualità, anzi, ci dovrebbe essere sempre, specialmente in persone con tanta responsabilità verso i giovani; ben venga anche la sfiducia
dei genitori, perché è tempo che tutti aprano gli occhi e non si crogiolino nel non coinvolgimento dei grossi problemi che ci travagliano, perché è giusto che sappiano che “poi”
è troppo tardi.
In quanto al “discredito” della scuola, io direi che essa trova discredito quando i suoi
insegnanti chiudono gli occhi davanti a certe evidenze e, per errato giudizio sui valori veri
o per salvare la “faccia”, permette l’avvio a una possibile rovina morale, fisica e psichica dei
propri allievi. Invito tutti gli insegnanti e tutti i genitori a tenere gli occhi bene aperti, a
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Dal 1981 al 1985
non volere rifiutare una realtà se questa comporta disagio, impegno e sofferenza.
Invito tutti a unire gli sforzi nel combattere la droga in modo che ognuno possa adempiere a un sacrosanto dovere e siano evitati a tanti genitori il pianto sconsolato e la morte
nel cuore che comporta il vivere giorno dopo giorno con un figlio drogato.
Questa lettera è stata scritta in prima persona ma interpreta il sentimento e il pensiero
di tutti i componenti del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti.
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Dai miei appunti – ottobre 1985 – L’incubo dell’Aids nel carcere di S. Biagio; 3 detenuti affetti da Las – su 54 detenuti 26 sono sieropositivi, anche se ciò in effetti costituisce solo un campanello d’allarme e nulla più, in moltissimi casi infatti l’infezione si può estinguere e si può giungere quindi ad una guarigione completa, oppure l’infezione può perpetuarsi senza danni clinicamente rilevabili. Beata ignoranza!
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Il Giornale di Vicenza - 25 novembre 1985
Ventiquattrenne fulminato da overdose
Colto da malore l’amico che si era iniettato una piccola quantità
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Il Giornale di Vicenza - 22 novembre 1985
Ecco perché Vicenza è stata esclusa come centro di riferimento Aids
La decisione d’individuare con gli ospedali di Padova e Verona i punti principali veneti
ha sollevato non poche polemiche negli ambienti medici della nostra città
sono state premiate le strutture già a disposizione. Determinanti le cliniche universitarie
Il problema dell’Aids non cessa di sollevare discussioni. E questo anche quando non si tratta direttamente dei malati, dei contagiati, dei presunti portatori del virus, che pure ha mietuto diverse vittime, ma anche quando si parla delle scelte di carattere sanitario e amministrativo che con il passare dei mesi sono state compiute. La polemica si è accesa anche a Vicenza in seguito alla decisione
della Giunta regionale di istituire i due centri di riferimento e di studio del fenomeno a Padova e
Verona. “E Vicenza per la prima ha iniziato a studiare il virus dell’Aids – ha fatto notare il primario
del reparto Malattie Infettive del S. Bortolo, prof. Giuseppe Ielasi – ce la siamo dimenticata? Abbiamo portato il migliore contributo alla ricerca regionale, perché siamo stati esclusi?”. Lo ha detto e
ripetuto più volte, l’ultima delle quali nella recente assemblea degli odontostomatologi, sottolineandoli disagio dell’ambiente medico vicentino. In fin dei conti i casi di Aids sono già quattro e la divisione di Malattie Infettive è l’unica dell’intera provincia. Si chiede un potenziamento di strutture e
di personale, l’istituzione di un polo di riferimento anche al S. Bortolo.
Gli interrogativi sono stati opportunamente “girati” all’ex assessore regionale Guidolin e all’assessore in carica Bogoni. Secondo le loro risposte la scelta non è stata irrazionale, ma frutto di un’autentica analisi delle strutture sanitarie regionali a disposizione.
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Il Giornale di Vicenza – 22 novembre 1985
Un bilancio di tre anni d’attività del Servizio medico – sociale per le tossicodipendenze
Una stima drammatica: mille drogati a Vicenza!
Ecco come vuole intervenire l’Unità sanitaria - Previsti il raddoppio del centro diurno
di S. Domenico e la costituzione di una cooperativa di formazione e lavoro.
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Dal 1981 al 1985
Meno metadone, più aiuto nel reinserimento
Sintesi dell’articolo: Questi i dati dei giovani eroinomani conosciuti e seguiti dal Servizio medico
– sociale per le tossicodipendenze dell’ULSS n. 8: “554 utenti dal 1981 al 1985; contattati almeno
una volta nell’ultimo anno; 353 utenti trattati con metadone (solo una parte ha seguito completamente i programmi di divezzamento con dosi a scalare); 34 gli utenti attualmente inseriti in comunità terapeutiche; 103 utenti in totale (1981-’85) affidati in comunità terapeutiche private; 11 utenti attualmente seguiti dal centro diurno del Servizio”.
“Se le proiezioni studiate dal ministero della Sanità valgono davvero dappertutto, se cioè per ogni
drogato conosciuto ce ne sono altri due di “sommersi”, la cifra del fenomeno-droga sta continuando a gonfiarsi drammaticamente anche a Vicenza e dintorni. Per il servizio medico-sociale per le tossicodipendenze dell’Unità locale socio-sanitaria n. 8 sono passati 554 “utenti”, ragazzi alle prese con
l’eroina che non li molla, arrivati già alla fase brutta. Dietro di loro ci sono i plotoni dei consumatori saltuari, dei fumatori di spinelli, degli “impasticcati con mille miscele, di chi nella spirale della
tossicodipendenza già c’è comunque, magari nei giri più lontani dal buco nero, magari convinto di
potersi fermare quando vuole. Nel circondario della città fanno 1.500 giovani, cacciatisi dentro a un
tunnel del quale parecchi non hanno ancora provato il buio più terribile. (…)
Le famiglie dei tossicodipendenti riunite nel Comitato di solidarietà, premono perché si faccia di più
di quello che è stato fatto: hanno la morte che passa davanti alla porta di casa ogni giorno.
Le comunità terapeutiche, gestite dalle associazioni operano in mezzo a tante difficoltà: alcune
vanno bene, altre meno, c’è un “mercato” anche per loro, resistano solo quelle che hanno già dato
dei risultati. Il Comune assicura il suo impegno nei limiti che gli sono fissati dalla ripartizione dei
compiti: l’aspetto socio-sanitario è competenza dell’ULSS. I risultati della distribuzione del metadone sono modesti, validi soltanto come tampone sociale; si chiede più sostegno psicologico, il raddoppiamento del centro diurno, obiettori di coscienza per il carcere e, obiettivo ambizioso di cui
l’ULSS non nasconde le difficoltà, una cooperativa per tossicodipendenti guariti”.
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A seguito di un’intervista ai farmacisti a cura del giornale “Vicenza oggi”, il 23 novembre
’85, è stata pubblicata la seguente lettera dal titolo:
Farmacie di notte e drogati: negare farmaci ma non le siringhe
Dopo avere letto attentamente l’articolo su “Vicenza oggi” del 9 novembre ’85, dal titolo: “Nelle farmacie di turno la notte non porta pace”, come genitori di tossicodipendenti
ci siamo sentiti in dovere di esprimere il nostro parere. Innanzi tutto ringraziamo quei farmacisti che hanno il coraggio di non vendere certi farmaci ai drogati, e su questo punto
dovrebbero essere imitati su larga scala dai loro colleghi di “manica larga”. Sappiamo purtroppo che medici troppo accomodanti prescrivono con leggerezza quei farmaci che i tossicodipendenti usano in sostituzione o in aggiunta all’eroina, ed è nostra intenzione raccogliere nomi e prove per formali denunce e questo vale anche per quei farmacisti che vendono con leggerezza detti prodotti senza ricetta ai drogati o ai loro famigliari-complici.
Quello su cui non siamo d’accordo riguarda la non vendita in ore notturne di siringhe
(quando si vendono “anticoncezionali alle coppiette”), proprio in questi tempi in cui infuria lo spauracchio dell’Aids. Sappiate signori farmacisti, che se un drogato ha voglia di
“bucarsi” e non ha una siringa sterile, lo fa con una usata, quindi infetta, nonostante la
paura del contagio, perché la loro paura non è quella delle persone normali ed equilibrate che sanno correre ai ripari, ma quella mista alla fatalità che li porta drammaticamente
all’autodistruzione. Forse non ha torto quel dottore che dice che il “drogato ha saputo
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Dal 1981 al 1985
sfruttare al meglio la mentalità corrente per apparire una creatura debole e indifesa”, ma
forse è anche vero il contrario, cioè, alla mentalità corrente fa comodo pensare così. Infatti c’è chi dice:”mettiamoli tutti al muro” e chi invece: “poverini, mi fanno pena”. Ma,
aldilà di questi due modi di pensare, dopo decenni di convivenza in città con questi giovani, chi può, non ha il coraggio di un atto di forza che faccia loro veramente bene.
E come scusa a questo comportamento si tirano fuori tante parole come: “scelte,
libertà, delega,” e chi più ne ha più ne metta; parole queste, che per noi genitori hanno il
valore della presa in giro, perché vediamo giorno dopo giorno avvicinarsi per i nostri figli
la morte. Noi credevamo di essere già duramente colpiti dal dramma “droga”, ma è pur
vero che c’è sempre un “più” e quel più si chiama Aids. Preghiamo perciò i medici farmacisti di negare ai drogati tutti i farmaci di cui abitualmente fanno uso e avranno la nostra
riconoscenza, ma non neghino la siringa sterile quando venga richiesta, perché purtroppo
siamo costretti a dire che tra i due mali bisogna scegliere il minore. Sappiate intendere!
Non è negando la siringa che si risolve il problema droga, ma indirizzando gli sforzi di
tutti ad un unico fine e questo vale specialmente a coloro che, più degli altri hanno
responsabilità sociali.
Per il Comitato di solidarietà, Olga Dalla Valle
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30 novembre 1985 – Oggi, per volere dell’Ulss 8, chiude una struttura che era nata per il recupero dei tossicodipendenti. Anch’io, per un certo periodo ho cercato di collaborare con gli operatori, e questo mi ha permesso di capire le difficoltà che esistevano nel suo interno, ma non
voglio però soffermarmi nei particolari.
Credo sia facile intuire quanto operare in questo campo sia di estrema delicatezza. Occorrono
preparazione, conoscenza e professionalità. Non ci si può improvvisare operatori in un campo
così delicato, perché si rischia di causare danni a volte molto gravi.
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Lettera indirizzata a: Il Giornale di Vicenza e pubblicata il 14 dicembre1985 con il titolo:
Il tossicodipendente va aiutato, perché è soprattutto un ammalato
Egregio Direttore,
questa lettera era pronta la sera stessa del 25 novembre, quando il suo giornale pubblicò
la notizia della morte per droga di un giovane ventiquattrenne della nostra città.
Il giorno dopo, la vista della salma composta e serena nell’immobilità della morte e il
dolore dei familiari mi lasciarono sgomenta e svuotata. Che vale combattere, mi son detta,
che vale cercare aiuto quando dopo anni di lotta si continua vedere i nostri figli morire
così? Avevo perciò messo nel cassetto quest’ultima lettera, che continuava con le altre gentilmente pubblicate dal suo giornale, una piccola battaglia fatta di scontri e di proteste,
con l’intento di stimolare e far riflettere su questo doloroso problema.
Su insistenza dei genitori del Comitato, oggi, se pur in ritardo le invio il testo.
I venditori di morte hanno mietuto un’altra vittima, e forse hanno inconsapevolmente dato ai suoi genitori la possibilità di trovare la pace nella rassegnazione, quella pace che
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Dal 1981 al 1985
prima non potevano avere mai, perché ogni attimo, ogni istante di vita era certamente
fatto di paura, incertezza, speranza, disperazione, sconforto, rabbia e soprattutto impotenza. Ora il giovane dorme il sonno eterno, speriamo che nell’aldilà trovi risposte alle sue
domande. La vita di questo mondo non faceva per lui, perché era fragile, non sapeva lottare, mentre la vita è fatta di lotta, sporca o pulita che sia. È morto un altro giovane, e
noi che si fa? Noi arrestiamo gli spacciatori, li processiamo, li condanniamo e li liberiamo
offrendo loro su un piatto d’argento la possibilità di vendere ancora morte. E intanto si
fanno più astuti, perché si sa, l’esperienza insegna. In compenso arrestiamo il drogato che
ha commesso qualche piccolo reato, lo buttiamo in un carcere sovraffollato, lo lasciamo
alla mercé di altri disgraziati come lui e poi lo liberiamo perché torni nella strada a bucarsi nuovamente, salvo poi a richiuderlo per più tempo quando diventeranno esecutive la
condanne, magari proprio nel momento in cui, dopo tanti sacrifici si è cominciata una
terapia riabilitativa. Sappiamo tutti che il carcere è una struttura solo punitiva, il tossicodipendente ha invece bisogno di essere messo nelle condizioni di seguire un cammino che
lo aiuti a ritrovare se stesso e i valori della vita.
Ma se queste cose vanno male, non c’è da stare allegri con la scuola, i cui responsabili
continuano a ripetere che tra le sue mura la droga non entra; ma allora, perché in un articolo pubblicato sui giornali cittadini leggiamo che quando uno studente spaccia droga
viene avvertita l’autorità giudiziaria, mentre se è soltanto consumatore si provvede al recupero d’accordo con la famiglia? E poi si afferma che il tossicodipendente regge il ritmo
della scuola solo agli inizi oppure solo se fuma, perché se passa alle droghe pesanti lascia
lo studio? Come si può dire questo se a scuola la droga non c’è?
Dobbiamo convincerci che anche tra i banchi dell’aula la tossicodipendenza può mettere le radici, perché è il momento in cui i ragazzi sono più vulnerabili, perché è lì che
hanno più contatti tra loro ed è lì che cominciano a raccogliersi in gruppetti per prendere accordi, ed è ancora lì che subiscono in modo negativo l’influenza di coloro che sono
già nella strada della devianza.
Noi del Comitato invitiamo i responsabili a preparare un intervento di prevenzione
che coinvolga tutti coloro che operano in questo campo, di prendere contatto con il servizio per le tossicodipendenze, per promuovere incontri di formazione per genitori, perché prima ancora dei figli devono essere ben informati i padri e le madri.
Che dobbiamo dire della Sanità? Che per un drogato è ben difficile entrare in alcuni
reparti dell’ospedale, anche se ha le braccia gonfie e infette. E il reparto infettivi? Equipe
medica generosa e preparata, però manca personale e i locali sono insufficienti per fronteggiare questo momento reso grave a causa dell’Aids.
Ci sono poi alcuni farmacisti “solidali tra loro”, nel non vendere nelle ore della notte
(in genere le ultime del giorno), le siringhe sterili ”per disabituare il drogato a tali richieste notturne”, se proprio vogliono drogarsi si arrangino con quelle già usate da loro stessi
o da altri, anche se infette. Meglio “vendere gli anticoncezionali alle coppiette”!
E le parrocchie? Per carità! Stiamo alla larga dai drogati, sono delinquenti! Prepariamoci bene sulla bozza del primo decreto sinodale, quello dove è scritto tra l’altro di una certa
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Dal 1981 al 1985
parabola che narra che Dio è il buon pastore, preoccupato più delle pecorelle smarrite,
che non di quelle al sicuro nell’ovile; e ancora, dice della solidarietà di Dio con gli ultimi
e con coloro che agli occhi degli uomini sembrano sconfitti.
Rientriamo in noi, guardiamo bene quale è la realtà, cerchiamo di ristabilire i veri valori. Ognuno si prefigga un compito e lo svolga con coscienza e con un pochino di amore.
Sorvegliamo i ragazzi quando si appartano, quando si chiudono in camera, quando affluiscono verso un’automobile che arriva a ore fisse, quando c’è un via vai in un certo luogo
e a una certa ora. Stiamo tutti all’erta, e all’erta stia pure chi ha incarichi istituzionali, perché maggiormente responsabile del bene comune. Non lasciamo imperversare la burocrazia, ma affrettiamo i tempi per costruire presto un qualcosa di più efficace e duraturo.
Cosa diciamo ai genitori del giovane morto e a tutti quelli che hanno perso un figlio a
causa della droga? Che partecipiamo al loro dolore, che preghiamo perché trovino la pace,
ma soprattutto che ci auguriamo che questa nuova tragedia smuova l’aria stagnante dell’indifferenza. Solo così la vita e la morte assumeranno un significato.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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Il Giornale - 14 dicembre 1985
I pericoli della droga in caserma
Fino a poco tempo fa non se ne parlava o se ne negava l’esistenza
Non è possibile né giusto considerare il militare diverso dal cittadino comune
Necessitano provvedimenti più efficaci di quelli in vigore e forse il coinvolgimento delle famiglie
Fino a pochi anni or sono, nelle Forze armate italiane nessun militare si drogava. Non “risultava” come
si usa dire nelle furerie. O, più verosimile, “risultava” soltanto a pochi e ai vertici. Nel mondo esterno non se ne sapeva quasi niente, in pratica sapevano solo i parenti e gli amici dei colpiti. Nella realtà,
però, ci si drogava, eccome. Solo che l’argomento droga era un argomento tabù. Si tendeva a non parlarne, ad ignorare il tema; o a dirne a mezza bocca e sottovoce. Ciò non toglieva che il silenzio sulla
diffusione della droga nelle forze armate apparisse alquanto misterioso: come poteva accadere che la
droga, presente nella società dall’età della pubertà in su (almeno nei maschi), rimanesse miracolosamente esclusa da caserme e dintorni?.
Il tabù, beninteso, aveva le sue ragioni d’essere. Almeno due di certo. Prima, anche se di sapore ipocrita, quella di non ledere il decoro delle Forze armate. In realtà la droga fa a pugni con l’immagine
che le Forze armate di tutto il mondo hanno o pretendono di avere. Seconda ragione, in sé e per sé
senz’altro accettabile, quella connessa con l’esigenza del segreto militare. V’era anche una terza ragione. Quella costituita dalla presenza di due opposte ed assolute posizioni preconcette: l’una secondo la
quale la caserma non era altro che il luogo più fertile per l’avviamento alla droga, la seconda che la
definiva invece superbamente come “baluardo unico alla droga”. False, le due asserzioni estreme si
elidevano a vicenda, con il fritto di aggiungere silenzio al silenzio.
Da qualche tempo il tabù non esiste più. Ad incrinarlo, non più di due anni fa, tra i primi era stato
uno specialista della materia, il colonnello in s.p.e. Fabio Mantovani, nel corso di un convegno tenutosi all’università di Pavia. Ora lo stesso Mantovani in collaborazione con l’illustre primario psichiatra e professore dell’università di Siena Vittorino Andreoli, illumina la materia mediante un saggio
(“Forze armate e droga – Orientamenti per quadri di comando”, Masson Italia Editori, Milano).
Questo saggio,disponibile al pubblico, non solo spazza via il tabù; ma soprattutto indica come e perché la lotta contro la droga potrebbe essere meglio condotta se si chiarissero taluni equivoci. Tra gli
altri, la credenza diffusa che l’informazione sulla droga in sé e per sé, vale a dire la “predica contro”,
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Dal 1981 al 1985
abbia una qualche efficacia. Può anzi, in qualche caso, avere effetti addirittura contrari.
Ma l’equivoco numero uno, coraggiosamente indicato nel libro, sta nella stessa legge sulla droga (la 685),
precisamente là dove essa considera con tolleranza la droga se è detenuta per uso personale “in quantità
modica”. A parte la evidente incertezza in termine di peso e volume ed effetti della “quantità modica”,
la definizione genera automaticamente un interrogativo di fondo. Questo: considerato che il militare, sia di leva sia volontario, è prima di tutto cittadino e poi militare è ammissibile abbia con sé droga
in “quantità modica?” E ovviamente, ne faccia uso? In altre parole, nel giovane in divisa prevale la
posizione di cittadino abilitato a detenere droga o quella di militare il quale, per esempio, non può
ridursi in stato di ubriachezza e, per analogia, drogarsi? Secondo gli autori del saggio, in sostanza, la
posizione del militare prevale su quella del cittadino, data la speciale condizione connessa con le esigenze e le caratteristiche del servizio militare. La droga insomma non è ammissibile. (…)
Quest’opera, che è insieme saggio e manuale, fornisce con la particolareggiata descrizione delle varie
droghe (compresi il tabacco, l’alcool, e i tranquillanti) e del modo di riconoscere chi li usa. Con in
più una serie di risposte appropriate agli interrogativi che sorgono. Per esempio a questo: ”E’ consigliabile coinvolgere la famiglia nel caso che si scopra un soldato che si droga?”.
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Vicenza 20 dicembre 1985 - Lettera inviata all’assessore regionale alla Sanità Antonio Bogoni
P.c. Al presidente della Provincia, al sindaco di Vicenza, al presidente dell’Ulss n. 8, alle Circoscrizioni, ai gruppi di volontariato, alla stampa vicentina
Allarmati dalle notizie riportate sui nostri giornali riguardanti l’assegnazione dei centri di
riferimento per l’Aids a Padova e Verona, nel timore che i nostri figli colpiti dal virus Hiv
siano costretti a recarsi in queste città per analisi e cure, facciamo presente all’assessore
Antonio Bogoni e alla Giunta regionale veneta, il grosso pericolo che rappresenta la
distanza tra la residenza dei malati e il luogo di cura.
Considerando che il reparto Malattie Infettive dell’ospedale di Vicenza si avvale di medici di cui è nota la professionalità e l’attenzione al problema Aids, chiediamo che questi
medici siano messi nelle condizioni di potere continuare a svolgere la loro opera, affinché
i nostri figli possano essere agevolati nell’iniziare i necessari accertamenti clinici e continuare le eventuali terapie, altrimenti difficili da attuare, dato il comportamento apatico e
fatalista che contraddistingue il tossicodipendente.
Se tra il paziente e il luogo di cura metteremo la distanza di cinquanta chilometri e più, il
treno o l’autobus, orari e coincidenze problematiche, avremo come risultato un malato
che, per la sua incostanza, oltre all’aggravamento del male, renderà inutile l’impegno dei
medici e alla fine costerà in denaro più che il potenziamento del nostro ospedale. Confidando che la nostra richiesta sarà benevolmente accolta porgiamo distinti saluti.
I genitori del comitato di solidarietà con la famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza
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Lettera pubblicata il 29 dicembre ’85 da “La Voce dei Berici” giornale diocesano con il titolo:
“Noi il tenue filo della speranza dobbiamo costruircelo ogni giorno”
Un altro giovane della nostra città è rimasto vittima della droga. I suoi genitori affranti si
domanderanno finché avranno vita in che cosa avranno sbagliato e perché è accaduto proprio a loro.
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Dal 1981 al 1985
Per noi genitori è una cosa assurda vedere i nostri figli bruciarsi la vita in questo modo,
quando dovrebbero sentire più forte lo stimolo che li porta alla conquista di un posto nella
società. Invece sono perdenti, vinti, prima ancora di cominciare la lotta. Il vedere questi
figli che giorno dopo giorno sono avviati verso l’annullamento di se stessi senza riuscire
infondere loro coraggio, è un dramma nel dramma.
Al funerale di quel giovane c’erano molti suoi amici; ebbene, io avrei voluto che tutti
i tossicodipendenti fossero intervenuti a quella mesta cerimonia, che tutti si fossero soffermati a meditare sulla giovinezza che giaceva in quella bara e si fossero identificati in essa
e da essa avessero tratto forza per liberarsi dall’odiosa schiavitù della droga. Avrei anche
desiderato che avessero posato lo sguardo su quei genitori e quei fratelli in lacrime, e poi,
tornati a casa, avessero saputo guardare il volto dei propri genitori; certamente vi avrebbero scorto lo stesso dolore, la medesima angoscia, perché per un padre e una madre il
figlio comincia a morire il giorno stesso in cui incautamente, convinto di sapersi fermare
quando lo desidera, offre il braccio “all’amico” compiacente che affondando in vena l’ago
della siringa, lo inizia alla droga. Tutti gli altri giorni sono solo giorni di agonia.
Questa nuova morte ha aumentato in me la ribellione contro una società che permette tutto in nome della libertà; libertà di drogarsi! E i genitori si sentono sempre più soli e
sempre più impotenti. E non li aiuta la scuola chiusa in se stessa, che, per il presunto buon
nome rifiuta una realtà che diventa sempre più drammatica. E non li aiuta la chiesa che
predica l’apostolato per gli ultimi e gli emarginati, ma ancora non ha trovato le forme concrete e forse il coraggio per farlo. Ho riletto il documento base per il 25° Sinodo e la bozza
del primo decreto. In quelle pagine sono contenuti tutti gli insegnamenti che, se messi in
pratica, potrebbero migliorare in modo radicale la società. La nostra comunità cristiana è
costituita apparentemente da persone per bene, ma i diversi sono guardati con diffidenza
e sospetto. La chiesa non deve andare a senso unico, ma abbracciare una pastorale coraggiosa che, seguendo l’insegnamento di Gesù, vada incontro ai poveri, ai malati, agli emarginati. Si affianchi a questi giovani che vanno alla deriva, come il “Viandante” si è affiancato ai due discepoli sulla via di Emmaus, non li rifiuti, ma sappia intendere i loro bisogni. “Lo spirito di Dio chiede ai credenti di collaborare con creatività e dedizione, insieme agli uomini di buona volontà, per vincere ciò che ostacola le vita e la dignità dell’uomo come la fame, la guerra, l’ignoranza, la malattia, l’oppressione”. E la droga, aggiungo,
perché la droga è tutto questo insieme. Perché la droga ostacola la vita, avvilisce la dignità
dell’uomo, lo rende affamato di comprensione e di amore, scatena la guerra più vile, porta
all’ignoranza, alla malattia, all’oppressione degli ideali più belli e più sacri che possono alimentare l’esistenza di un giovane.
A complicare una situazione già grave in se stessa, è arrivato il virus dell’Aids, il quale
ha messo le sue radici profonde in maniera subdola e silenziosa, scoppiando poi in modo
clamoroso seminando paura, angoscia, confusione e morte.
Fino ad oggi i tossicodipendenti che contraevano malattie a causa dell’uso e abuso di
droghe erano per lo più curati nel reparto Infettivi dell’ospedale di Vicenza. D’ora in poi
purtroppo, sembra dovranno rivolgersi a Verona, sede legale con Padova dei due centri di
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Dal 1981 al 1985
riferimento per l’Aids nel Veneto. Lasciando da parte il non indifferente pericolo che rappresenta la lontananza della residenza dal luogo di cura e cogliendo il problema solo dal
lato umano dell’assistenza familiare, come madri, ci poniamo due angoscianti interrogativi: seguire e sostenere moralmente il figlio malato abbandonando la famiglia, o quando
ciò risultasse impossibile, privarlo del conforto dei familiari? La nostra città non manca di
medici preparati e competenti; secondo Chieco Bianchi, titolare della cattedra di oncologia dell’università di Padova a cui è stata affidata l’indagine sull’Aids, i risultati della ricerca del gruppo vicentino sono stati tra i migliori. Diamo loro quindi la possibilità di continuare la loro opera, tanto più meritoria in quanto, all’abilità professionale uniscono
disponibilità e sensibilità al problema droga in tutta la sua complessità.
Noi genitori affidiamo nelle loro mani con fiducia i nostri figli, certi che faranno quanto sarà umanamente possibile per aiutarli.
Genitori, non consumiamo nel silenzio il dramma di un figlio drogato, asciughiamo le
lacrime che non risolvono i nostri problemi, ribelliamoci all’indifferenza, all’inefficienza,
alla burocrazia. Strappiamo i nostri figli dagli artigli di coloro che li tengono invischiati
nelle maglie della droga; pretendiamo leggi severe che li aiutino veramente. Basta con i
processi che condannano lo spacciatore e lo rimettono in libertà il medesimo giorno! Se
egli è anche tossicodipendente sia messo nella condizione di iniziare una terapia riabilitativa. Se invece spaccia per lucro, sia tenuto in carcere a meditare sui suoi delitti. Nessuna
pietà per chi causa tanta sofferenza, per chi approfitta della fragilità di un bambino o di
un adolescente, per chi trasforma i nostri figli in esseri passivi che convivono quotidianamente con la menzogna, l’inganno, il furto, che sconvolgono la dignità di una famiglia
onesta.
Signori politici, legislatori, magistrati, che tenete in mano le nostre sorti, non tradite
la fiducia che abbiamo deposto in voi, ascoltate le nostre voci, sono voci di tante madri
stanche di subire.
Siamo a Natale e ognuno ha diritto a una speranza. Noi il tenue filo della speranza
dobbiamo costruircelo ogni giorno. Se ci verrà tolto anche quello cosa ci resterà? Se la festa
più dolce dell’anno a noi non porterà un sorriso, ci sia almeno risparmiata una nuova
sconfitta.
Olga Dalla Valle
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Aids – 1985 – a Vicenza vi sono stati 4 decessi – In Italia 89
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1986
1986
Il Giornale di Vicenza - 7 febbraio 1986
Accusa un malore a S. Biagio
Detenuto muore per emorragia
Comunicazione giudiziaria al medico del carcere
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Vicenza il 9 febbraio ’86 - Lettera consegnata a mano al presidente del Consiglio
On. Bettino Craxi da parte dei genitori del Comitato in occasione della sua venuta
a Vicenza il 16 gennaio e pubblicata su Il Giornale di Vicenza con il titolo:
A Bettino Craxi
Presidente,
siamo genitori di giovani tossicodipendenti. Sono anni che lottiamo, prima da soli nel
chiuso delle nostre case, poi riuniti tra noi tutti, perché abbiamo capito che per combattere la droga bisogna essere in molti, magari una moltitudine. Qualcuno di noi ha avuto
il conforto di vedere premiati i propri sforzi con il reinserimento del proprio figlio nella
società, ma altri, e sono i più, vivono ancora nella disperazione e nello sconforto più
amaro. Unico mezzo per non essere annientati è questa nostra ribellione che ci spinge a
lottare con caparbia ostinazione nel tentativo di strappare i nostri figli dall’aberrazione
della droga; ribellione contro leggi permissive che, oltre a non darci aiuto, ci ostacolano
nei nostri legittimi tentativi di recupero; dietro le parole libertà e rispetto si nascondono
l’indolenza della burocrazia e l’indifferenza più profonda. Lo Stato pretende che i nostri
figli compiano il servizio militare, in caso contrario vengono rinchiusi in carcere; se in
tempo di guerra, può addirittura dare la morte a chi si rifiuta di combattere. Così, sia in
guerra che in pace, lo Stato fa violenza ai nostri giovani; ma quando i genitori di questi
stessi giovani, sfibrati e scoraggiati da innumerevoli tentativi per salvarli dalla droga, tentativi spesso miseramente crollati, chiedono un aiuto concreto, il medesimo Stato attraverso le sue leggi si rifiuta sotto l’alibi delle parole”libertà e rispetto”.
Qui nel vicentino i tossicodipendenti si contano a migliaia, eppure non abbiamo un
servizio per le emergenze aperto 24 ore su 24, in cui quei giovani che escono dal carcere
o dall’ospedale o sono rifiutati dalle famiglie ormai allo sfascio, possano trovare ospitalità
e un contatto umano che li sproni ad iniziare una fase di recupero. Non abbiamo una
comunità per ragazze (forse sono creature di serie B?) e abbiamo un carcere nuovo che non
ha una sezione femminile.
Ora c’è anche l’Aids che viene ad aggravare una situazione già preoccupante. Vicenza
ha infatti in questo campo il triste primato di mortalità nel Veneto. Secondo le nuove normative i nostri figli che hanno contratto o contrarranno questo temibile virus non
potranno essere curati nella nostra città, ma dovranno fare capo a Verona – città nota per
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lo spaccio - con tutti i rischi che questo comporta. Abbiamo chiesto aiuto presso gli organi competenti, ma questi ci fanno rimbalzare come palle di gomma in mano a bambini
irresponsabili e giocherelloni. Oggi Lei è nella nostra città e vedrà gioielli preziosi e bellissimi. Noi volevamo incontrarla con cartelli con scritto:”Morte alla droga”, per attirare la
sua attenzione. Abbiamo invece scelto di comunicare in modo meno plateale e discreto.
Presidente, portare aiuto a dei giovani anche contro la loro volontà e asciugare il pianto di tante madri è cosa ben più preziosa di tutti i gioielli di questo mondo!.
A Lei, come padre di famiglia, come persona civilmente impegnata, come politico
responsabile e come presidente del Consiglio, noi affidiamo la vita dei nostri figli.
Per il Comitato di solidarietà, Olga Dalla Valle
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In data 3 febbraio ’86 “Il Giornale” di Indro Montanelli pubblica a pag. 2 una lettera, in cui
Vincenzo Muccioli manifesta il timore che il giovane Mauro, uscito guarito dalla sua comunità e reinserito nella società, venga arrestato a causa di un ordine di carcerazione per un vecchio fatto del 1981 quando faceva uso di droghe. Convinta che la stampa, se ben condotta, sia
un’arma importante contro la droga, perché con l’informazione si può fare anche prevenzione,
aiutando i lettori a farsi una coscienza più sociale e stimolare i politici a riconsiderare i problemi, ho voluto far giungere a “Il Giornale” l’opinione del mio Comitato.
Ringrazio ancora Montanelli, perché nel suo Giornale ho sempre trovato ospitalità.
La lettera è stata pubblicata il 15 febbraio ’96 con il titolo:
I drogati di Vicenza
Caro direttore,
ho letto l’appello in cui Vincenzo Muccioli le chiede aiuto.
Purtroppo la situazione descritta è comune ad altri giovani che, come Mauro, sono riusciti a scrollarsi di dosso il fango in cui la droga li aveva precipitati. Mi permetto però di far
notare che almeno Muccioli ha la fortuna di avere buoni amici, conseguenza evidente
della stima che ha saputo guadagnarsi, e avere per amico Indro Montanelli non è cosa di
poco conto. Questa amicizia servirà perlomeno a rendere pubbliche in un giornale letto e
apprezzato alcune storture che il cittadino più indifeso è costretto a subire.
Io sono una madre che fa parte del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di Vicenza, comitato la cui voce si perde nel deserto dell’indifferenza e della
non collaborazione.
Qui nel vicentino i tossicodipendenti sono migliaia, e le strutture che potrebbero dar
loro aiuto sono quasi inesistenti. Manchiamo di un centro di pronta accoglienza in cui
quei giovani che sono respinti dalle famiglie possano trovare rifugio e sostegno per iniziare un cammino che li porti a ritrovare se stessi. Per le ragazze che si drogano c’è il vuoto
assoluto. Abbiamo un Centro diurno gestito dalle Ulss, ma non accoglie quei giovani che
non sono seguiti dai genitori.
Qui nessuno scende in piazza per offrire un contatto umano a quelle larve che destano più senso di ripulsa che di pietà, e tanto meno viene offerto alle famiglie colpite un
granellino di speranza. Qui ognuno si fa i fatti suoi e non sa, misero, che la droga può
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divenire quando meno se lo aspetta un fatto drammaticamente suo. Chi è coinvolto suo
malgrado in queste spire, generalmente cova il suo dolore nel chiuso della propria casa,
convinto che gli altri non sappiano nulla e non si accorge che il suo è il segreto di Pulcinella. Io comprendo queste persone, so che è duro accettare una tale realtà, che è difficile
non restarne annientati, ma so anche che dobbiamo affrontare con coraggio e determinazione una situazione che richiede tutta la nostra partecipazione e la nostra tenacia. Ne va
della vita dei nostri figli. Siamo noi genitori che uniti assieme dobbiamo pretendere che
lo Stato si scrolli di dosso la lentezza esasperante del suo agire; occorrono leggi adeguate
ai tempi e alle necessità, e occorrono presto, non fra dieci anni!
Questa lettera non vuole essere solo uno sfogo rabbioso e amaro, vuole essere soprattutto una testimonianza di solidarietà a Muccioli, che nonostante le non poche avversità,
continua ad andare avanti facendosi carico del fardello di coloro i quali ancora non hanno
la forza di portarlo. Vuole dire grazie ad un uomo che dà a tutti noi e a quei giovani che
hanno avuto la fortuna di incontrarlo, una testimonianza di quei valori che il mondo
moderno vuole soffocare, ma silenziosamente e caparbiamente risalgono a galla e si chiamano: amore, dedizione, altruismo.
Olga Dalla Valle
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Ad inizio febbraio il Giornale di Vicenza ha pubblicato la seguente lettera con il titolo:
Vicentini stiamo attenti le droghe leggere dilagano
Egregio direttore,
Sono una ragazza ancora molto giovane, che vuole parlare, purtroppo di droga. Sono veramente stupefatta dal fatto che, proprio nella nostra città ci sia un tale consumo di stupefacenti e purtroppo lo
si può facilmente constatare. Ma non parlo di sbandati delinquenti, ragazzi disoccupati o con grossi problemi; penso infatti che un uomo comune collochi mentalmente il drogato per lo più in questa cerchia di persone. Io, con questa lettera voglio far presente a lei e a chiunque la leggerà che decine e decine di giovani, spesso delle famiglie più in vista e conosciute in città, fanno uso di droghe,
soprattutto leggere. La tendenza comune è quella di trovarsi in gruppi, forse per sentirsi meno in
colpa e di cercare di dare all’hashish e alla marijuana un senso positivo. Detesto, come penso tutte le
persone intelligenti, la droga e soffro che tanti miei coetanei e non, siano così immaturi e superficiali da farne uso. E con il passare del tempo, invece di uscirne, vedo che sprofondano sempre più dentro quella fossa che, se non sarà della morte fisica, lo è certamente della mente, della volontà e della
personalità. Vorrei anche invitare la polizia a cercare di bloccare questo illecito e deleterio traffico di
droga proprio a livello di giovani ragazzi, spesso i più insospettabili, dato che la recente legge ammette che si possa punire anche chi viene trovato in possesso di modiche quantità di stupefacenti.
Non è difficile, infatti, riconoscere quel maledetto odore dolciastro delle droghe leggere. Questo
fenomeno è ormai diffusissimo e vorrei che tutti ci impegnassimo per aiutare queste persone per il
loro ed anche nostro bene.
Lettera firmata
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Considerando il contenuto della lettera positivo e significativo, soprattutto perché proveniente
da una giovane, ho ritenuto giusto testimoniarle il mio apprezzamento inviando al giornale di
Vicenza questa lettera pubblicata 17 febbraio 1986 con il titolo:
Messaggio a una ragazza che ci fa ben sperare
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1986
Carissima ragazza “ancora molto giovane”,
il leggere la tua lettera pubblicata sul Giornale di Vicenza è stato per me come respirare
una boccata di aria pura, miracolosamente filtrata tra i gas venefici che ci circondano.
Ecco finalmente una giovane che si sente parte della società e che, come tale, rifiutando
passività e delega, dà voce ad una accorata constatazione e cerca di aprire gli occhi ai suoi
concittadini che si ostinano a tenerli costantemente chiusi.
Tu non fai riferimento a quegli “sbandati, delinquenti, ragazzi disoccupati o con grossi problemi che l’uomo comune identifica come tossicodipendenti”, ma a quei giovani
appartenenti a famiglie più in vista della città. Ebbene, io ti dico che molti di quei ragazzi sbandati facevano parte di famiglie forse meno in vista, ma onorate, le quali, a volte per
incapacità di sopportare situazioni difficilissime, altre volte per non rendersi complici
della devianza dei figli fornendo loro il denaro per l’acquisto di droghe, hanno accettato
il degrado dei figli stessi nella convinzione che il rendere loro la vita più dura li avrebbe
portati a ravvedersi e a reinserirsi tra le persone oneste.
Tu dici che nel fare uso di marijuana e hashish, questi ragazzi amano ritrovarsi in gruppo forse per sentirsi meno in colpa; forse per farsi coraggio l’uno con l’altro, dico io, perché sanno che rischiano molto. Finché fumano, disprezzano gli eroinomani, poi può capitare che il fumo non basti più e si avviano al gran salto, convinti di sapersi fermare quando lo vorranno. Purtroppo quando lo vorrebbero sono talmente presi nel laccio che non
hanno più la forza e la volontà di liberarsene e trascinano la loro vita tra inganni, menzogne, ruberie e altro ancora alla ricerca continua e ossessiva della “dose”.
C’è ancora un altro aspetto tragico che riguarda il problema droga, ed è quello di alcune famiglie che forniscono di denaro il proprio figlio perché non abbia a procurarselo illegalmente infangando il loro buon nome attraverso la cronaca nera. Pensa però a quei genitori, se il figlio gli muore di overdose! Come vedi gli aspetti negativi della droga sono molti
e tutti drammatici, sia per chi ne fa uso, sia per chi gli vive accanto e si sente impotente.
Dici ancore che la polizia dovrebbe stroncare il traffico di queste sostanze, ma se leggi
i giornali puoi vedere che gli spacciatori vengono sì arrestati, ma nel medesimo giorno in
cui sono processati e condannati vengono anche rilasciati!
Nel chiudere la tua lettera esprimi il desiderio che tutti si impegnino per aiutare queste persone per il loro e nostro bene; io ti dico che se tutti i giovani “puliti” sentissero dentro di loro questa necessità, certamente la droga verrebbe sconfitta.
Nell’augurarti di conservare le sensibilità e la maturità che hai dimostrato nel tuo scritto ti saluto con affetto.
Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 21 febbraio ’86
Domani in un convegno in municipio si parlerà di assistenza, prevenzione e reinserimento
Una inaugurazione “diversa” per il carcere S. Pio X
Ci sarà il ministro Martinazzoli.
I genitori dei tossicodipendenti chiedono anche strutture più umane
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1986
In occasione dell’incontro di domani con il ministro di Grazia e Giustizia On. Mino Martinazzoli,
il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza ha preparato anche il
seguente documento che sarà consegnato al ministro:
Signor Ministro,
sappiamo tutti che la droga è divenuta un colossale affare economico-finanziario il cui
commercio è in grado di condizionare la politica economica e sociale dell’intero Paese. Il
parziale insuccesso dell’attuale azione antidroga richiede nuovi strumenti giuridici, nuove
energie e nuovi criteri di intervento. È maturata la convinzione che la tossicodipendenza
non costituisce solo un fenomeno sanitario, oggi sappiamo che il drogato è una persona
che può fare a meno di sostanze stupefacenti se si lavora sulle motivazioni che hanno originato la sua personale situazione di disagio.
Qui a Vicenza sono trascorsi parecchi anni da quando la droga ha fatto la sua nefasta
apparizione allargandosi rapidamente a macchia d’olio e invischiando molti giovani e con
essi le loro famiglie. Il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti chiede perciò al governo leggi più idonee ai nostri tempi e alle nostre necessità. Leggi che siano
di aiuto e non di opposizione agli sforzi che i genitori toccati dal problema compiono nel
tentativo di salvare i propri figli.
Si parla ovunque di libertà, e in nome di questa libertà si permette a ragazzini, adolescenti e giovani l’attuazione di un lento e inesorabile suicidio. Dobbiamo tutti renderci
conto che il drogato può essere capace di intendere, ma non di volere, perciò lo Stato deve
aiutare la famiglia a salvarlo anche forzando la sua volontà. In questa lotta i genitori si sentono impreparati e abbandonati nel loro isolamento morale. Noi sappiamo che nella tossicodipendenza - nella maggioranza dei casi - il carcere è una “tappa d’obbligo”. Ebbene,
il governo deve garantire che all’interno di questa struttura il recluso abbia la possibilità
non solo di pagare il suo debito alla società, ma anche di ricevere uno stimolo che lo porti
ad iniziare una terapia di riabilitazione per un reinserimento nella società stessa.
Il carcere come è impostato oggi è solamente una istituzione punitiva e repressiva, che
non riabilita certo i suoi utenti, anzi la promiscuità e il contatto con soggetti di più elevata pericolosità sociale, induce il tossicodipendente ad assorbire, molte volte aggravando la
sua situazione, una cultura maggiormente negativa; in questo caso avremo i recidivi. Lo
Stato ha emanato valide leggi a favore dei carcerati e in particolare la 616/77 art. 23 del
DPR, e la legge di riforma del sistema penitenziario in cui sono previsti gli interventi di
prevenzione e recupero. Ebbene, se tutto quello che si trova scritto in quelle disposizioni
fosse operante, saremmo già sulla buona strada. Purtroppo però nella realtà, le cose sono
ben diverse. Alcuni giorni fa nella nostra città è stato reso agibile il nuovo carcere, il quale
è già carente sotto il profilo umano. Da sei mesi manca il direttore e l’assistente sociale;
questi servizi vengono svolti provvisoriamente per due giorni alla settimana da persone
che fungono da sostituti. Manca un medico stabile; quello incaricato svolge la sua opera
in modo precario. L’équipe medica prescritta a norma di legge è inesistente. I tossicodipendenti che entrano in carcere in stato di astinenza vengono riempiti di pillole e abbandonati a loro stessi. In questa nuova struttura c’è la sezione femminile ma ancora non è
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1986
resa operante e le ragazze vengono mandate a Bassano o a Venezia con estremo disagio per
i familiari che non le vogliono abbandonare. Non esiste un collegamento fra gli operatori socio-sanitari dell’Ulss e le strutture del carcere. Il mancato coinvolgimento del giudice
di sorveglianza che ha sede a Verona, non permette di programmare alcuna alternativa per
coloro che stanno espiando una pena definitiva.
Il tossicodipendente crea grossi problemi all’interno della struttura carceraria a causa del
suo stato e a rendere più grave la situazione manca una adeguata professionalità specifica
da parte degli agenti di custodia. Come Comitato chiediamo che venga approvata la proposta di legge avanzata dalla Lenad sulla modica quantità. Perché si arrivi a stroncare il piccolo spaccio e venga offerta al tossicodipendente l’occasione di una scelta che lo porti alla
riabilitazione. Naturalmente per far questo abbiamo bisogno di strutture adeguate.
Altro punto dolente è quello della lentezza della giustizia. Infatti succede che dei giovani già inseriti nella società o che stanno svolgendo un programma di riabilitazione, si
vedano arrivare dopo anni dalla condanna l’ingiunzione che la rende esecutiva, vanificando in questo modo tutti gli sforzi fatti. Da quel momento quei giovani saranno perduti
per sempre.
Tra i tanti problemi che assillano i genitori, uno è particolarmente incomprensibile per
loro. Un padre non può impedire al figlio maggiorenne di uscire di casa per procurarsi la
“dose”, altrimenti viene accusato di sequestro di persona. In questo modo non può far
valere la patria potestà. Quando però lo stesso figlio contrae debiti con la giustizia (es.
multe, spese processuali, rimborso danni ecc.), se il padre rifiuta di pagare - essendo il
figlio nullatenente - gli arrivano in casa gli ufficiali giudiziari che gli pignorano i suoi beni.
A questo punto il genitore, colpito nei sentimenti, nella dignità, nell’onore, privato dal
figlio di denaro e oggetti di valore attraverso anni di ruberie, si vede costretto , anche a
costo di contrarre debiti a saldare quanto il figlio deve allo Stato.
Queste, signor ministro sono situazioni assurde ma reali. Noi genitori non pretendiamo per i nostri figli indulgenza ad oltranza, ma considerata la gravità del problema, sia a
livello cittadino che a livello nazionale, chiediamo che vengano innanzi tutto applicate le
leggi già esistenti e ne siano create altre più idonee al momento di attuale necessità, in
modo che il cittadino si senta protetto e guidato da uno Stato vigile, efficiente, giusto. In
questo modo, dall’unione di sforzi comuni tutti convogliati verso lo stesso fine potremmo forse sperare di sconfiggere quel mostro che si chiama droga.
Per il Comitato di solidarietà, Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 23 febbraio ‘86
Il convegno del Comune e Caritas su prevenzione, pene alternative e reinserimento
Può iniziare in carcere il recupero sociale
ma servono strutture e personale attrezzato
Grande spazio ai problemi dei tossicodipendenti nelle relazioni - Le proposte dell’Ulss e il ruolo
del volontariato – Servono un ufficio legale e soprattutto un legame fra operatori ed esterni
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1986
Sintesi dell’articolo: C’è una battaglia che va combattuta a tutti i livelli per far vincere la cultura
della tolleranza sulla cultura della violenza. Il fronte passa anche per l’ambiente del carcere. Dentro e
fuori di esso devono impegnarsi – per il recupero di chi è diventato un “detenuto” – le istituzioni pubbliche e la comunità. Devono farlo insieme, perché è già stato dimostrato dai fatti che la lentezza delle
prime e la spontaneità della seconda (espressa dal volontariato), agendo separatamente approdano a
risultati parzialissimi. (…)
Nella sale degli Stucchi, affollatissima, si sono trovati a parlare di prevenzione e reinserimento i portavoce dei tre mondi ai quali guarda il carcerato durante e dopo la sua esperienza oltre le sbarre: l’amministrazione pubblica fatta di organi della giustizia, Unità sanitaria, Comune; la famiglia, le organizzazioni private che operano per il recupero sociale. (…) È stato sottolineato che anche a Vicenza
come in tante altre realtà che i detenuti per fatti di droga rappresentano la media del 40 per cento
con punte che si spingono oltre il 60 per cento; l’attenzione massiccia verso la loro situazione, perciò diventa un obbligo istituzionale. (…)
Prima che portassero le loro considerazioni i gruppi del volontariato e le famiglie dei tossicodipendenti, è toccato al giudice istruttore Gian Nico Rodighiero, componente del Comitato Ulss per le
tossicodipendenze, fare il punto sulla realtà drammatica dell’assistenza (e spesso non assistenza) al
drogato in carcere. Nelle osservazioni del magistrato un’accusa a tratti molto dura di inadempienze
e mancanza di collegamenti fra Ulss, operatori sociali del ministero di Grazia e Giustizia, assistenti
sociali esterni; assenza di strutture e attività rieducative, abbandono del detenuto dal punto di vista
legale. (…)
Realismo prima di tutto. Niente romanticherie astratte, niente atti di accusa che restino soltanto uno
sfogo. Ecco una delle chiavi di lettura da usare per capire l’intervento del ministro Martinazzoli, ieri
in municipio. “Il problema carcerario deve tener conto di un presupposto: ogni intervento in fatto
di pena deve essere studiato per un utile collettivo”, che deve essere anche l’utile del detenuto, nella
consapevolezza che “I problemi del carcere si risolvono soprattutto fuori dal carcere”. E attenzione
anche a non caricare il momento detentivo di aspettative superiori al giusto: ad esempio nel caso del
tossicodipendente, “Sarebbe illusorio immaginare il recupero coatto, la cura e la rieducazione sociale obbligatoria, siano una pratica risolutrice”. L’importante è individuare il “quanto” che è possibile
far partire con l’esperienza dietro le sbarre e innestare su di esso un’azione proiettata sul dopo-carcere, in rapporto con le strutture di sostegno esistenti nella comunità. (…)
A fine convegno a microfoni spenti alcuni osservatori “tecnici” hanno rilevato che s’era persa l’occasione per parlare del carcere in tutta la sua gamma di problemi che l’argomento sottintende.
Dai miei appunti – I casi di Aids sono saliti a 5, i sieropositivi sono 400 – L’ospedale ha adibito ad ambulatorio una piccola stanza e come infermiera vi è una crocerossina. La tensione è
grave, insufficienti i medici, gli infermieri e le stanze da degenza – Mancano apparecchiature
sanitarie, anche la microbiologia è in difficoltà.
Il Comitato contatta gli amministratori provinciali, regionali e ministeriali.
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Vicenza - 7 marzo 1986 - Assemblea sull’Aids organizzata dal Comitato di solidarietà con le famiglie
di tossicodipendenti con il sostegno delle sette circoscrizioni cittadine, che ha avuto luogo nella Sala
Pasubio in Piazza Biade.
Relatore sugli “Aspetti epidemiologici e clinici” prof. G. Ielasi primario della Divisione malattie infettive dell’Ospedale di Vicenza. Interventi di: On. Saretta: Commissione Sanità della Camera – F. Guidolin: Presidente Regione Veneto – S. Bressan: Assessore Interventi Sociali del comune di Vicenza – I.
Fanton: Presidente Ulss n. 8 Vicenza – R. Girotto: Consigliere Delegato del settore per la promozione e
la tutela della salute nell’età adulta – Dott. V. Balestra: Responsabile del servizio medico Sociale per le
tossicodipendenze.
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1986
Mia introduzione:
Come rappresentante del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di
Vicenza, ringrazio il prof. Ielasi che ha accolto con disponibilità l’invito a presiedere questa assemblea.
So che la sua relazione sarà chiara e comprensibile per tutti noi e che metterà in evidenza gli aspetti sanitari del problema che, mi auguro, potranno portare ad un intervento di partecipazione da parte delle persone interessate.
Ringrazio tutto il personale medico, che lavorando in sordina e mantenendo un contatto costante con l’équipe del prof. Ielasi, ha dato un raro esempio di civiltà e umana collaborazione. Un grazie al dott. Vaglia, appassionato fautore di questa collaborazione, per
il suo impegno e la sua solidarietà. Per i genitori che vivono nella tensione di un’angoscia
continua, il vedersi oggetto di rispetto e comprensione è motivo di grande conforto.
Ringrazio tutte le autorità socio-sanitarie qui riunite e le invito ad un continuo e sempre
maggiore impegno verso coloro i quali, più degli altri, abbisognano di aiuto e solidarietà.
Insisto col chiedere la partecipazione della scuola, delle parrocchie, degli ambienti di
lavoro, delle caserme, del carcere, della giustizia e dei cittadini tutti ad un impegno di prevenzione e di lotta alla droga, perché tante altre famiglie non siano distrutte a causa di essa.
Un grazie alle sette circoscrizioni che, comprendendo l’importanza della coalizione,
hanno resa attuabile questa assemblea, in particolare la n. 1 che si è assunta l’onere organizzativo. Non può mancare un ringraziamento rivolto alle persone che, venendo qui questa sera, hanno dato prova di possedere senso civico e sociale.
Ora, nella speranza che tra di noi siano presenti alcuni dei giovani coinvolti nel problema droga, desidero rivolgere loro un appello. La loro partecipazione, per noi del Comitato è determinante, perché a tutti loro sono rivolti i nostri sforzi e il nostro impegno. Sappiate ragazzi, che ora siete giunti ad un bivio molto importante della vostra vita. Se quando vi siete accostati per la prima volta alle droghe e vi siete lasciati prendere tra le sue spire,
hanno giocato in vostro sfavore la giovane età, la curiosità, il disagio dell’adolescenza, ora
è arrivato il momento in cui dovete fare il punto e scegliere se vorrete avere un futuro.
Voi sapete, che continuando a percorrere la strada della devianza e della non scelta, precipiterete col vostro carico di dolore in un pozzo senza uscita. Al contrario, se deciderete
di riconquistare il posto che vi spetta in seno alla società, dopo i primi momenti difficili,
proverete l’orgoglio di sentirvi nuovamente liberi. Certamente, questo cammino richiederà tenacia e sacrificio, ma non sarete soli, perché molte mani saranno protese verso di
voi, pronte ad aiutarvi. State bene attenti alla relazione del prof. Ielasi, in essa potrete trovare la spinta che vi aiuterà a dare un taglio netto al passato per iniziare una rinascita cui
la vostra giovinezza ha diritto.
Io spero che i giovani presenti sappiano cogliere questo appello e vogliano trasmetterlo agli amici assenti. Questa sera, nonostante la paura che le quattro lettere Aids possono
incutere in chi le ode, sarà offerto a ciascuno di voi un motivo di speranza. Non perdetelo.
Dopo questa assemblea il S. Bortolo ha potuto continuare a curare gli ammalati di Aids
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1986
Il Giornale di Vicenza - 9 marzo 1986
In sala Pasubio s’è tenuto un dibattito pubblico organizzato dalla Circoscrizione 1
Sull’Aids vogliamo tutta la verità
E alla città i medici hanno risposto - All’inizio minipolemica per la mancata istituzione
di un centro di riferimento al S. Bortolo - L’epidemiologia spiegata dal prof. Ielasi,
primario del reparto malattie infettive - La correlazione con le tossicodipendenze
La città voleva tutta la verità sull’Aids ed è stata accontentata nel corso del dibattito pubblico in sala
Pasubio, organizzato venerdì sera dalle sette circoscrizioni, al quale hanno preso parte esponenti del
mondo medico, politico e sociale. La verità, anche sul fatto che per la Divisione di malattie infettive del S. Bortolo, dove si effettuano gli screening per accertare la presenza del virus Hiv, non è previsto alcun potenziamento, né di personale né di attrezzature. Almeno per ora. Lo ha detto chiaramente il presidente del Consiglio regionale veneto, Francesco Guidolin, assessore alla Sanità nel
periodo in cui (luglio scorso) venne decisa l’istituzione dei due centri di riferimento per l’Aids a
Padova e Verona. “In questo momento i finanziamenti del fondo sanitario nazionale non permettono ulteriori spese che non siano il miliardo già stanziato per i due centri – ha ribadito Guidolin –
ed esistono altre priorità”. “Come si fa a pensare di potenziare le strutture centrali e non quelle
decentrate?” si è chiesto il prof. Ielasi, primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale civile
di Vicenza: “E’ vero che l’epidemiologia è limitata, è vero che bisogna centralizzare la patologia Aids,
ma è altrettanto vero che non bastano i riconoscimenti alla serietà e alla preparazione dell’équipe
medica di Vicenza. Il plauso ci sta bene, ma se ci date una mano ci sta un po’ meglio”, non ha potuto fare a meno di affermare il primario, nella cui divisione dal 1983 ad oggi sono stati sottoposti a
screening oltre 300 soggetti, su circa cinquecento esaminati, e dove funziona ogni martedì e giovedì,
dalle 14 alle 17, un ambulatorio specificatamente per l’Aids. Se polemica c’è stata, si è trattato solo
di uno scambio di battute, poiché lo scopo primario della serata era quello di informare la cittadinanza sulla malattia in quanto tale. Il prof. Ielasi, presentato dal presidente della circoscrizione 1,
Giovanni Baldisseri, che si è fatto carico dell’organizzazione, ha riportato un ampio quadro sugli
aspetti clinici, non trascurando né i canali di trasmissione (sangue, liquido seminale e saliva), né i
problemi delle categorie a rischio (tossicodipendenti, omosessuali, emofiliaci, politrasfusi ecc.) né,
tanto meno, le misure di prevenzione e di elementare attenzione quotidiana per non contrarre il
virus. Virus che solo nel 5, o forse 10 per cento dei casi può sfociare nella malattia vera e propria.
La presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle, che
ha per prima sollevato la proposta di un incontro pubblico, si è rivolta in particolare ai ragazzi tossicodipendenti presenti in sala e ai loro genitori, affermando che in fondo il problema Aids può dare
una svolta alla loro vita. E’ quello che ha ribadito anche il dott. Balestra, responsabile del servizio
medico - sociale per le tossicodipendenze (1003 utenti registrati, solo 127 sottoposti a screening);
sembra che questa malattia abbia in molti ragazzi suscitato una sorta di responsabilizzazione, li abbia
portati a riconsiderare il loro stato di salute, l’alimentazione, quasi creando i presupposti per iniziare l’allontanamento dall’eroina. Per altri, invece, l’Aids e la sieropositività hanno provocato un ulteriore abbattimento e il desiderio di “farla finita in fretta”.
Proprio la tossicodipendenza, anche a Vicenza, sembra essere il fenomeno più correlato con l’Aids:
per questo, l’on. Saretta, della commissione sanità della Camera, ha parlato di un progetto di legge
che entro il 1986 dovrebbe arrivare a regolamentare il fenomeno, poiché non sembra compito dei
politici quello di legiferare sull’Aids, tranne che per le quattro circolari che sono fino ad oggi arrivate alle Regioni da parte dell’Istituto Superiore della Sanità. Sembra invece esserci il vuoto per quanto riguarda il ruolo dei medici di base: non inviano i pazienti a rischio in ospedali né al servizio per
le tossicodipendenze, con i conseguenti disorientamento e dispersione di forze. All’affollata assemblea erano presenti anche il presidente dell’Ulss Fanton, il consiliere Girotto, l’assessore Bressan.
Nicoletta Martelletto
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Il Giornale di Vicenza - 17 marzo 1986
Troppo “Temgesic” prescritto a tossicodipendenti
Il medicinale è ricercato dai drogati in un momento in cui il mercato degli stupefacenti è fiacco
Indagini dei CC sulle ricette di alcuni medici - I militari hanno effettuato controlli
e perquisizioni in numerose farmacie della città - Il prodotto, che può considerarsi una
morfina sintetica dovrebbe servire solo per lenire dolori fortissimi – invece …
I carabinieri del gruppo di Vicenza hanno effettuato negli ultimi giorni numerose perquisizioni e
controlli nelle farmacie della città, per potere individuare i medici che hanno prescritto a giovani tossicodipendenti un medicinale che può essere considerato una morfina sintetica: è il Temgesic. I tossicodipendenti del vicentino avrebbero richiesto insistentemente nelle ultime settimane ai medici di
prescrivere il “Temgesic” perché sul mercato recentemente gli stupefacenti sarebbero molto scarsi,
evidentemente perché alcune operazioni da parte delle forze di polizia hanno interrotto i rifornimen– 46 –
1986
ti a Vicenza e paesi vicini. In mancanza delle droghe (eroina, hashish, marijuana, cocaina) i tossicodipendenti hanno cercato di procurarsi una specie di surrogato, il Temgesic, appunto, che invece
dovrebbe servire solo ad alleviare i dolori di chi è colpito da tumori e da altre gravissime malattie:
medici compiacenti avrebbero invece firmato ricette anche per i drogati, che ne hanno acquistato
recentemente dosi anche massicce. (…)
Sul problema legato all’uso di Temgesic è stata inviata una lettera-esposto da parte dei medici incaricati della guardia medica, sede di Creazzo. Questo il documento: “I medici incaricati del servizio
di guardia medica, sede di Creazzo invitano urgentemente ad intervenire su un problema già più
volte segnalato, ovvero i difficili rapporti che noi dobbiamo subire con una particolare categoria di
utenti: i tossicodipendenti. Queste difficoltà, presenti già da vari anni si sono concretizzate più volte
con aggressioni, minacce (di morte), vandalismi all’interno della stessa sede di guardia”.
Il motivo principale per il quale vi è stato un ulteriore peggioramento in questi ultimi mesi, è da
ricercarsi nel mutamento di sostanze usata nelle tossicomanie, ovvero, gli oppioidi di origine naturale vengono rapidamente soppiantati da farmaci aventi azioni stupefacente - simile. Tale fenomeno
viene segnalato a livello nazionale sia dalla stampa di informazione, sia da quella medica. A tal
riguardo, noi suggeriamo che l’Ulss compia una inchiesta sulla ricettazione “facile” di farmaci come
il recente ed ormai famigerato Temgesic che ha creato numerosi farmaco – tossicodipendenti; tali
soggetti ovviamente considerano ogni medico come un potenziale spacciatore. (…)
Come nostro contributo alla soluzione di questo problema noi proponiamo: la sospensione dell’erogazione da parte delle farmacie di farmaci come Temgesic cpr. F. e Zitoxil scir. (sciroppo antitosse
stupefacente usato per via endovenosa con rischi mortali). Il Temgesic in particolare potrebbe essere fornito alle particolari categorie di ammalati (quasi unicamente neoplastici), che ne abbisognano, dalla farmacia dell’ospedale. (…)
Concludiamo, ricordando che le notizie di stampa che riportano sempre più frequenti aggressioni
con lesioni anche gravissime riportate da medici di guardia medica, rendono sempre più angoscioso il nostro operare, tutto ciò in contrasto con il tentativo di fornire all’utenza un servizio migliore.
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24 marzo 1986 - Lettera inviata a Il Giornale di Vicenza
Le famiglie dei tossicodipendenti e l’abuso nell’uso di Temgesic
Egregio Direttore,
siamo nuovamente a chiedere ospitalità alla sua rubrica “Lettere al Direttore”. Come vede,
abbiamo sempre qualcosa da dire. Questa volta ci riferiamo all’articolo sul suo giornale in
data 17 marzo ’96 dal titolo: Troppo Temgesic prescritto ai drogati”.
Era tempo che alcuni medici intervenissero su questo grave problema dei medicinali
facili. Il nostro Comitato, in data 1 ottobre ’85 aveva inviato un esposto denuncia all’Ordine dei Medici, dei Farmacisti e dell’Ulss n. 8, in cui si chiedeva di metter fine all’illecito “spaccio” di psicofarmaci in genere, e fossero individuati coloro i quali tra i medici e i
farmacisti, contravvenendo all’etica professionale, fornivano ai drogati i sostitutivi dell’eroina. In un precedente incontro con gli Ordini dei medici, dei farmacisti e dei titolari di
farmacie, avevamo suggerito l’opportunità di togliere dal commercio facile, quei farmaci
di cui sono soliti fare uso i tossicodipendenti e per coloro che realmente ne abbisognavano si fosse studiata la possibilità rendere disponibili tali medicinali presso la farmacia dell’ospedale o della guardia medica in cui prestassero servizio dei poliziotti, per evitare situazioni indesiderate da parte dei drogati stessi. In questo modo, i medici di base e i farmacisti, non verrebbero più disturbati e minacciati e i tossicodipendenti in difficoltà, per
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mancanza di suddetti medicinali, si vedrebbero costretti a ripiegare presso il servizio medico per le tossicodipendenze, venendo così in contatto con gli operatori preposti a questi
problemi.
Questa nostra proposta, allora, sembrò utopistica, ma ora vediamo che una simile soluzione è auspicata anche dai sanitari che svolgono servizio di guardia medica.
Noi del Comitato ci auguriamo che sia finalmente giunto il momento in cui si comincia a capire che il problema droga, per essere risolto, necessita dell’impegno di tutte le istituzioni che operano nel territorio cittadino. Alle istituzioni, si potrebbero aggiungere quei
cittadini che, prestando attenzione con intelligenza, responsabilità civica e coraggio a
quello che succede nei pressi delle loro case potrebbero individuare e segnalare alla polizia
eventuali spacciatori di droga, come hanno fatto alcuni bambini di Torino, dando un bell’esempio da seguire.
Questa sarebbe prevenzione ed educazione civica.
Confidando che le proposte dei medici di guardia siano ben valutate e quindi accolte,
ringraziamo lei signor Direttore, che offrendoci la sua preziosa collaborazione, fa sì che il
nostro pensiero si possa esprimere e trovare attenzione presso coloro che sentono viva la
necessità di migliorare la nostra vita.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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In data 14 aprile ’86 il Comitato ha inviato al presidente Titolari Farmacisti del Veneto
dott. Glinfan, e per conoscenza: all’assessore regionale alla Sanità del Veneto, al presidente provinciale Ordine dei medici, all’assessore agli interventi sociali di Vicenza, al presidente dlell’Ulss n. 8, al responsabile del servizio medico – sociale Ulss 8, al consigliere
delegato per le tossicodipendenze, una lettera in cui si ricordava l’esposto-denuncia in cui
si chiedeva agli ordini dei medici e dei farmacisti e all’Ulss n. 8 di mettere fine all’illecito
spaccio di farmaci e psicofarmaci ai tossicodipendenti. Si sottolineava il fatto che perquisizioni e controlli nelle farmacie da parte dei carabinieri avevano reso difficoltoso l’acquisto di queste sostanze da parte dei giovani che ne facevano uso, i quali ripiegavano nelle
province limitrofe (una fiala di Temgesic era venduta a 20.000 lire). In questa nuova lettera si chiedeva la collaborazione di tutti i titolati di farmacie del Veneto, perché il sistema adottato nella nostra città si estendesse in tutta la regione.
In data 15 aprile, l’Unione regionale dei titolari di farmacia della regione Veneto rendeva
noto quest’ultimo appello al presidente della Consulta, ai presidenti degli ordini dei farmacisti e all’assessore alla sanità del Veneto.
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14 aprile ’86 - Lettera inviata all’on Costante Degan ministro della Sanità e per conoscenza
agli enti preposti la seguente lettera:
Signor Ministro,
preoccupati dal dilagare dell’uso e abuso di farmaci e psicofarmaci da parte dei tossicodipendenti, mettiamo in evidenza l’eccessiva faciloneria con cui alcuni medici prescrivono dette
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sostanza sostitutive di droghe. Come Comitato chiediamo il suo intervento in merito.
Nella nostra città l’operazione svolta dai Carabinieri presso le farmacie per individuare i medici che hanno prescritto il “Temgesic” ha reso per il momento assai difficile il suo
reperimento da parte dei giovani consumatori i quali, per soddisfare le loro esigenze fanno
capo alle province limitrofe.
In questo modo viene vanificato l’intervento delle forze dell’ordine, che si sono finalmente mosse per dare un concreto aiuto a questi giovani incoscienti e alle loro famiglie,
le quali hanno molto apprezzato questa azione di forza.
Come ormai tutti sanno, non si muore solo di eroina, ma anche di abuso di farmaci.
Confidando in un suo diretto, sollecito ed efficace intervento porgiamo distinti saluti.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti-Vicenza, O. Dalla Valle
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Volantino distribuito in occasione del I° Maggio
IL COMITATO DI SOLIDARIETÀ
CON LE FAMIGLIE DI TOSSICODIPENDENTI
Vuole richiamare l’attenzione ad un problema che non è di un gruppo di lavoratori,
né deve essere ricordato solo in particolari circostanze.
Il problema droga è di tutti perché è sintomo ed espressione
del malessere sociale di cui tutti sentiamo il peso
Il problema droga, come l’alcolismo, il carcere, le malattie mentali e tutte le patologie sociali, si può contrastare solo con il miglioramento della qualità della vita:
ATTRAVERSO SERVIZI PUBBLICI: scuola, assistenza sociale di base, consultori familiari, distretti socio – sanitari, centri di igiene mentale seriamente funzionanti
ATTRAVERSO UNA GESTIONE POLITICA DELL’AMBIENTE:
centri sociali e luoghi di
aggregazione, casa, lavoro …
ATTRAVERSO UN SISTEMA DI SICUREZZA PUBBLICA:
Polizia Urbana, Polizia di
Stato più vicine ai cittadini per promuovere fiducia, e più efficiente nei confronti
dei veri profittatori.
Non chiediamo cose eccezionali, i problemi della devianza e del disagio sociale si vincono solo con il normale funzionamento di ciò che è previsto dalle leggi.
Al di fuori di ogni retorica chi oggi partecipa e si sente convinto di queste cose, domani e sempre deve sostenere questo civile impegno.
IL COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON LE FAMIGLIE DI TOSSICODIPENDENTI
– 49 –
1986
Nel mio archivio ho suddiviso di anno in anno articoli, lettere, documenti vari, tutti datati.
Purtroppo tra i molti, qualcuno è rimasto sprovvisto di data e di provenienza giornalistica,
come quello di cui desidero riportare a stralci, essendo per me molto significativo. L’articolo è
di Gaspare Barbiellini Amidei, giornalista del “Corriere della Sera” e scrittore.
Droga: basta chiacchiere. È ora che lo Stato si muova
Un ragazzo è morto in un incendio, legato al termosifone cui si incatenava per non ricadere nel
vizio. È davvero il momento che l’autorità pubblica garantisca a tutti la possibilità di guarire
Ho fatto una promessa a un ragazzo che non conosco, che non ho mai incontrato e che non potrò
più incontrare. Si chiama Michele Rogliani e aveva 24 anni, è morto alcuni giorni orsono a Venezia. Voglio promettergli che non parteciperò più a nessuna tavola rotonda, a nessuna discussione, a
nessun congresso sulla droga e sulla battaglia contro la droga, se non con qualche proposta concreta, con qualche apporto pratico da offrire, perché si faccia davvero un passo avanti nell’assistenza,
nella legge e nelle strutture sanitarie. Quante parole abbiamo macinato, ciascuno per la sua parte, in
questi anni. Forse era necessario, forse era giusto, forse bisognava che maturasse, come si suol dire,
la coscienza dell’opinione pubblica, forse bisognava arrivare a livello di consapevolezza, creare un
clima per una nuova politica, per una nuova legislazione, mezzi, uomini, obiettivi, programmi. (…)
Michele Rogliani era un tossicodipendente: è morto legato a un termosifone, solo, nella sua stanzetta del quartiere di Cannaregio, non è morto in un moderno centro ospedaliero, non è morto in
una comunità terapeutica, è morto, come morivano cento anni fa, i pazzi, legati in qualche cella di
un vecchio manicomio aggredito da un incendio.
Ho telefonato al mio corrispondente del “Corriere”, ho sfogliato le diverse collezioni di quotidiani,
ho messo a confronto diversi articoli. È proprio così: era legato al termosifone, perché era il modo
con il quale si sperava che non ricadesse anche quella sera nella stretta della droga. Trascrivo la notizia, così come è stata pubblicata dal mio giornale: ”Venezia – Michele Rogliani, 24 anni, veneziano,
tossicodipendente, è morto asfissiato dal fumo di un incendio che si era sviluppato nella sua camera da letto. Aveva deciso di disintossicarsi e fra un paio di settimane sarebbe dovuto entrare in una
comunità a Conegliano. Per intanto, ogni giorno, aiutato dal padre, si legava al letto per resistere alla
tentazione di uscire in cerca di eroina. Così è stato anche l’altra sera: si era legato al letto, ma pare
non abbia spento bene l’ultima sigaretta che ha fumato prima di addormentarsi. Alle 3,30 del mattino le fiamme hanno avvolto la sua stanza e Michele è morto mentre i vigili del fuoco, dopo averlo liberato da quel suo letto di costrizione, lo trasportavano all’ospedale”. Alcuni amici di Michele
non sono convinti che lui fosse stato disposto a farsi legare. (…)
Comunque siano andate esattamente le cose, una famiglia, la famiglia, sia essa il ragazzo, siano i
genitori, e rimasta sola, con una catena e un termosifone. È rimasta sola davanti a questo flagello che
coinvolge ormai trecentomila italiani tossicodipendenti, e quindi più di mezzo milione di genitori,
e fratelli, e fidanzati, altra gente che soffre, senza drogarsi, e che in qualche modo sta diventando
anch’essa dipendente da una situazione insostenibile di solitudine in mezzo alla folla. La famiglia di
Cannaregio si è potuta affidare, si è voluta affidare soltanto a una catena di ferro, a un termosifone,
alla violenza e alla segregazione. C’è gente che deve fare lunghe attese prima di poter trovare aperta
la porta di una comunità, di una delle poche comunità che non lo Stato, ma lo spirito volontario di
sacrificio dei privati, di uomini laici, di sacerdoti, di giovani ha creato qua e là in Italia. C’è gente
disperata che non sa cosa fare. (...)
In Italia manca anche un’azione diffusa, capillare di assistenza ai genitori, ci sono benemerite associazioni private, ci sono gruppi di genitori che si sono votati a questa causa e non guardano in faccia soltanto il dolore proprio ma pensano anche a lenire, per quel che possono, il dolore altrui, esiste una solidarietà di gruppi. Ma manca la nozione vera del fenomeno, e manca un’opera di informazione, di istruzione, di preparazione. Se uno perde un ombrello in treno, c’è un ufficio ben ordi– 50 –
1986
nato nelle grandi stazioni, dove ogni pezzo viene catalogato e messo in buona fila in attesa che il proprietario se ne ricordi e venga a chiederlo in restituzione. Ma se uno perde un figlio su questa via
maledetta, a quale ufficio deve rivolgersi?...... Ma un “drogato”, e la famiglia di un “drogato”, anche
se oggi questa è diventata tragicamente una condizione di massa, sono sempre soli, quando chiedono cose giuste così come quando sbagliano. (…)
Il processo di S. Patrignano, con le sue passioni e le sue lacrime, con il suo disperato grido finale del
pubblico, ha detto che non si può attendere ancora, che non è legittima una più lunga latitanza di
quell’imputato senza processo che è lo Stato, uno Stato che non ha comunità propria, non ha recuperi, è capace soltanto di offrire metadone.
Si muore di droga, oggi, il Italia. Si può perfino morire cercando di non morire di droga. si creino i
mezzi perché i giovani, tutti, vivano liberi, liberi anche dalla droga. La libertà non è fatta di catene.
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Lettera inviata a “Il Giornale” e pubblicata il 2 giugno 1986 con il titolo:
L’impegno dello Stato
Caro direttore,
chiediamo ospitalità alla rubrica “Lettere al direttore” perché desideriamo rispondere alla
signora Teresa Marani che su “Il Giornale del 28 aprile ’96 contestava il premio “ Madre
coraggio” consegnato alla mamma di Napoli che ha denunciato il figlio tossicodipendente nell’estremo tentativo di salvarlo.
Innanzi tutto vorremmo esprimere la nostra opinione sulla validità di questi premi, in
quanto crediamo che la maternità vissuta con responsabilità e amore porti prima o poi a
fare della mamma una “mamma coraggio”, e premiarla per questo è come svilire il suo sentimento più puro e vero. È come premiare l’aria che respiriamo, il sole che ci riscalda, l’acqua che ci disseta; l’amore di una mamma è talmente innato in lei che non ha bisogno di
premi, ma soltanto di stima, di comprensione e solidarietà.
La signora Marani riportando il suo parere e quello di altre persone che certamente la
pensano come lei, giudica con molta severità il comportamento di “molti genitori”.
Secondo noi, generalizzare in questi casi è sempre riprovevole, perché si ferisce chi soffre
e molte volte è convinto di avere dato il meglio di sé. Non creda la signora che tutti i tossicodipendenti abbiano avuto genitori disattenti e incapaci di sacrifici, al più, questi genitori hanno avuto la sfortuna di avere figli ribelli e deboli nel medesimo tempo.
Purtroppo viviamo in una società che troppo spesso ci propone falsi idoli, mentre gli
ideali sembrano scomparsi. Televisione, cinema, stampa, pubblicità, ci offrono violenza e
pornografia in dosi massicce; come può tutto questo non turbare i giovani e non creare in
loro disagi esistenziali?
Per proteggere i figli non bastano gli esempi e gli insegnamenti dei genitori quando
tutto quello che ci circonda è impregnato di quel consumismo che impedisce una educazione alla libertà e alla capacità di scelta, e rende l’uomo succube del cosiddetto progresso, quello stesso che ci sta portando alla distruzione.
In Italia si abusa di droghe da circa venti anni, e lo Stato ne permette l’uso personale a
giovani e giovanissimi, che per essa si abbruttiscono, si annullano, si degradano, si distruggono e trascinano nella disperazione le loro famiglie che sono costrette, dalle leggi vigen– 51 –
1986
ti, all’ impotenza. È più facile tenere gli occhi chiusi fingendo di ignorare il problema,
piuttosto che assumere responsabilità gravose e forse onerose; perciò si permette che i
nostri figli vengano a contatto con la droga proprio in quei luoghi in cui più che mai
dovrebbe essere tutelata la loro integrità fisica e morale.
Si chiede la signora Marani terminando la sua lettera: dov’erano quelle madri e quei
padri mentre i loro figli iniziavano a drogarsi? Noi modifichiamo la domanda e chiediamo: dove erano quei figli quando hanno cominciato a drogarsi? Rispondiamo: molti di
loro erano nella toilette di una scuola o nella camerata deserta di una caserma!
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza,
Olga Dalla Valle
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REGGIO EMILIA 14 - 15 GIUGNO 1986
SECONDO CONGRESSO NAZIONALE DEL COORDINAMENTO
DELLE ASSOCIAZIONI FAMIGLIE DEI TOSSICODIPENDENTI
E COMITATI CITTADINI ANTIDROGHE
Le associazioni famiglie dei tossicodipendenti e i comitati cittadini antidroga, riuniti nel 2°
congresso nazionale in Reggio Emilia il 14 e 15 giugno 1986, hanno deliberato di costituirsi, attraverso i loro rappresentanti, in associazione, pur mantenendo la loro individualità di
associazione e comitati, con la denominazione di: Comitato Nazionale Antidroga – C.N.A. –
secondo le norme dello Statuto concordato insieme.
Associazioni che hanno aderito al coordinamento:
CENTRO SOCIALE LA PIRA – SIRACUSA, CENTRO SAMARITANO – NAPOLI, LENAD – TORINO, AFACOD – NAPOLI, ABAD – BOLOGNA, ASS. LA TENDA –NAPOLI, ASS. LA SPERANZA – SASSARI, C.C.A.ASS. FAMIGLIE- - RAVENNA, COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON LE FAMIGLIE DEI TOSSICODIPENDENTI – VICENZA, ASS. VALDARNESE
FAMIGLIE DEI TOSSICODIPENDENTI - SAN GIOVANNI VALDARNO (AR), COMITATO CITTADINO ANTIDROGA
– REGGIO EMILIA, ASS. FAMILIARI TOSSICODIPENDENTI – BARI, CENTRO SOCIALE DI FRATERNITA’ – BOLOGNA, ASS. FAMIGLIE LUCANE – POTENZA, ASS. GENITORI E VOLONTARI CONTRO LE TOSSICODIPENDENZE
– GROSSETO, ASS. FAMIGLIE VERONESI – VERONA, ASS. GENITORI PER LA PREVENZIONE E IL REINSERIMENTO DEI TOSSICODIPENDENTI – BOLZANO, ASS. FAMIGLIE LENAD DI LA SPEZIA – LA SPEZIA, ASS. “175” PER LA
TUTELA DEI TOSSICODIPENDENTI – FERRARA, ASS. FAMIGLIE DALLA COMUNITA’ INCONTRO – ROMA, ASS.
“RITORNO ALLA VITA” – CENTRO SOLIDARIETA’ – FANO (PESARO), ASS. FAMIGLIE DELLE COMUNITA’ “L’ANGOLO” – FORMIGINE – (MO), ASS. FAMIGLIE COOPERATIVA DI SAN PATRIGNANO – CORIANO (FO), A.G.A. DI
MILANO – MILANO, ANGLAD (ASS. NAZ. GENITORI LOTTA ALLA DROGA) ROMA, AS.F.A. – CATANIA, ASS. FAMIGLIE DEL CENTRO PADOVANO DI ACCOGLIENZA – PADOVA, L.A.M. (LEGA ANTIDROGA MESSINESE) – MESSINA, ASS. COMASCA LOTTA ALLA DROGA – COMO, ASS. “ALTERNATIVA A” – DOMODOSSOLA (NO), - MOVIMENTO ANTIDROGA ROZZANO – ROZZANO (MI), ASS. “A77” – MILANO, ASS. “LA TENDA” – SALERNO, ASS. “GRUPPO 13” – FIRENZE.
Documento conclusivo
Sentite le relazioni degli onorevoli Garavaglia (DC), Felisetti (PSI), Pellicanò (PRI), Violante (PCI); dopo avere constatato che alla distanza di un anno dal I° Congresso Nazionale di Torino la riforma della legge n. 685 non ha compiuto passi significativi e determinanti
ESPRIME
La più viva preoccupazione per i ritardi del Parlamento nella redazione del progetto di
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1986
riforma della legge vigente in materia di sostanze stupefacenti e di assistenza ai tossicodipendenti;
SOLLECITA
Il massimo impegno del Parlamento, dei Parlamentari più sensibili al problema, dei partiti politici
CHIEDE
Che la nuova legge tenga in considerazione i seguenti aspetti:
1 - Abolizione del concetto di modica quantità e previsione di interventi immediati socio
– sanitari e terapeutici nei confronti delle persone colte in possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale in alternativa alla punibilità;
2 - Creazione di strumenti giudiziari che evitino il carcere al consumatore di sostanze stupefacenti e gli consentano l’alternativa attraverso strutture socio – riabilitative e in special modo comunità terapeutiche;
3 - Previsione di un albo nazionale delle comunità terapeutiche previa omogeneizzazione
dei criteri e dei requisiti previsti dalle legislazione regionali, al fine di verificare la loro
idoneità a stroncare speculazioni, abusi, improvvisazioni;
4 - Estensione del servizio in prova al servizio sociale previsto dall’art. 47 della legge penitenziaria ad almeno due volte;
5 - Garanzia di trattamento riabilitativo all’interno del carcere per chi non può fruire della
legge 297/85 o chi è comunque detenuto.
SOTTOLINEA
Che altri interventi legislativi, sono necessari e urgenti e di difficile soluzione tra cui:
A - Modifica dell’art. 47 della legge penitenziaria, già riformato dalla legge 297/85 nel
senso che l’affidamento al servizio sociale sia ampliato a pene detentive fino a 3 anni
e per residui non superiori a 3 anni, sia esteso anche a colui che ha concluso positivamente un trattamento di recupero e di riabilitazione;
B - Estensione all’amnistia a reati tipici del tossicodipendente (furto purché non aggravato dal valore ingente, rapina impropria con oggetti di modico valore, Art. 72 L. 685)
e del condono oltre i 2 anni, quando il tossicodipendente ha effettuato o stia effettuando trattamenti riabilitativi;
C - Ridefinizione del fondo utilizzabile nel piano sanitario nazionale, previsto dalla legge
finanziaria, per progetti con obiettivi di cura, assistenza, riabilitazione dei tossicodipendenti;
D - Previsione che i beni confiscati ai trafficanti di sostanze stupefacenti siano destinati
ad integrare i fondi per la spesa di cui sopra;
E - Definizione di strumenti giuridici del controllo della produzione e del commercio dei
prodotti chimici necessari alla raffinazione della morfina di base;
F -Integrazione della legislazione in materia di lavoro che favorisca la conservazione dei
posti di lavoro particolarmente adatti a chi esce dal trattamento riabilitativo. Conservazione della graduatoria all’ufficio di collocamento dei tossicodipendenti in trattamento riabilitativo come anzianità di disoccupazione. Corsi professionali e/o di recu– 53 –
1986
pero scolastico durante (o dopo) il programma terapeutico. Creazione anche nell’ambito nei piani giovani, di spazi di lavoro anche temporanei per coloro usciti dai programmi terapeutici, per facilitarne il reinserimento sociale e lavorativo anche tramite
contratti formazione – lavoro con concessione di incentivazione regionale. La possibilità che l’affido in casi particolari sia esteso anche a comunità terapeutiche convenzionate con Uls anche se collocate fuori dal territorio nazionale nei casi di soggetti residenti in regioni a statuto speciale.
✧
Il Giornale di Vicenza - giugno 1986
La proposta di abolire la “modica quantità” sostenuta in un convegno a Reggio Emilia
Le famiglie dei tossicodipendenti si battono
per sostituire l’arresto con adeguate terapie
Il comitato di solidarietà di Vicenza interviene sull’attuale legge in materia di stupefacenti
In fase di avvio una cooperativa di lavoro per reinserire i giovani recuperati alla vita
Niente vacanze per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza, che da ormai
quattro anni è impegnato nella sensibilizzazione della città sul devastante e sotterraneo fenomeno della droga.
niente vacanze, perché l’impegno continua, l’ultimo in ordine di tempo è quello che ha visto i membri del
grippo partecipare al II Congresso nazionale del coordinamento delle associazioni delle famiglie di tossicodipendenti e comitati antidroghe, riuniti a Reggio Emilia a metà giugno.
I delegati di Vicenza hanno curato per l’occasione un fascicolo illustrativo delle iniziative messe in atto a partire dall’avvio delle revisioni fino agli incontri su “Aids e tossicodipendenza” del maggio scorso. Nel convegno in particolare si è discusso del tema della “modica quantità”, oltre che del progetto di riforma della legge
vigente in materia di sostanze stupefacenti e di assistenza ai tossicodipendenti. Alla fine dei lavori è stato costituito un comitato esecutivo, nel quale è entrata una rappresentanza di Vicenza, allo scopo di collegare tutti
gli associati di familiari e centri di solidarietà. Il fatto nuovo emerso dalla due giorni di Reggio Emilia è che
la riforma della legge 685/75 non appare più dilazionabile, sebbene allo studio del Parlamento ormai da mesi,
e che il punto qualificante dell’auspicata riforma sarà l’abolizione del concetto di modica quantità e la previsione di interventi immediati socio - sanitari e terapeutici nei confronti delle persone colte in possesso di
sostanze stupefacenti ad uso personale. Naturalmente in alternativa al previsto arresto. Si sollecitano inoltre,
la creazione di strumenti giudiziari alternativi alla detenzione, quali la riabilitazione in comunità terapeutiche, la previsione di un albo nazionale delle comunità terapeutiche, l’estensione dell’affidamento in prova al
servizio sociale (art. 47 della legge penitenziaria) ad almeno due volte, la garanzia del trattamento riabilitativo all’interno del carcere. Il Comitato vicentino ha sostenuto anche altri interventi di modifica, quali l’estensione dell’amnistia per reati tipici dei tossicodipendenti il condono oltre i due anni, quando il soggetto stia
effettuando trattamenti riabilitativi, per evitare il rientro nella pericolosa “spirale” della droga; la ridefinizione del fondo del piano sanitario nazionale per progetti con obiettivi di cura, assistenza, riabilitazione di tossicodipendenti; interventi in materia di legislazione del lavoro e di formazione professionale per i tossicodipendenti che escano dal trattamento riabilitativo. Questa serie di proposte si inserisce coerentemente in quella che è stata da sempre l’azione del gruppo delle famiglie vicentine venute a contatto con il problema droga
e unitesi per combatterlo: stimolare la collaborazione di quanti, pubblici e privati, possono sostenere la lotta
alla droga e alla devianza. Si spiegano così manifestazioni come le raccolte pubbliche di firme. Il contatto con
l’ordine dei medici e dei farmacisti per controllare la vendita di farmaci di cui i tossicodipendenti sono soliti abusare, lettere – denuncia ai giornali locali e non ultima una al ministro della sanità Degan.
“ Abbiamo interessato i sindacati e l’Ulss perché siano messi in atto progetti di attuazione di cooperative di
lavoro – continuano i membri del Comitato – progetto di cui si sta occupando attualmente la consulta per
le tossicodipendenze”; recente anche la battaglia ingaggiata dal comitato contro la paura dell’Aids. Gli impe– 54 –
1986
gni futuri? “Continuare a scuotere l’opinione pubblica per una maggiore partecipazione, spingere ad una
presa di posizione le parrocchie cittadine per una collaborazione più concreta – annuncia il Comitato - inoltre, vogliamo istituire un nucleo di volontari per interventi pratici ed immediati, oltre che interessare la magistratura sulle reali difficoltà delle famiglie con figli drogati e insistere perché la promessa équipe di operatori
nel nuovo carcere diventi una realtà per i carcerati tossicodipendenti”.
E dietro la nuova predisposizione di nuove strategie, spuntano i primi risultati: una decina di ragazzi stanno
concludendo la terapia riabilitativa al Centro diurno di Vicenza. Altri si sono reinseriti nel lavoro, dopo il
periodo trascorso in alcune comunità terapeutiche della provincia.
Nicoletta Martelletto
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Il Giornale di Vicenza - 2 luglio 1986
Ucciso a 22 anni, ultimo di otto figli
Era guardia giurata - Uno squilibrato mentale l’assassino suicida
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Un’intera pagina di giornale con grandi titoli trascritti brevemente nella loro essenzialità.Questi i fatti: due giovani della provincia di Vicenza hanno ucciso una guardia giurata, poi uno
di loro ha rivolto l’arma contro se stesso sparandosi alla testa. Aveva 24 anni.
“La vita del suicida era costellata da episodi violenti, anche se mai sfociati prima d’ora nel dramma.
Dedito da tempo agli stupefacenti, era stato accolto varie volte in ospedali della zona, per cure disintossicanti, tuttavia mai risoltesi in maniera positiva. Nel profilo del suo complice, qualche precedente penale per furto, oltraggio e danneggiamento, frequenti conti da regolare con la giustizia, un’esistenza esposta di continuo a pericoli di sbandate. E sullo sfondo, l’abuso di alcolici e la disponibilità a pericolose scorrerie”.
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Lettera inviata a “La Voce dei Berici” e pubblicata il 27 luglio 1986 con il titolo:
Con la scusa della “libertà” lasciano che tu ti distrugga
Egregio direttore,
dopo l’allucinante fatto di sangue avvenuto martedì 1 luglio, il Comitato di solidarietà
con le famiglie di tossicodipendenti di Vicenza sente la necessità di esporre alcune considerazioni.
Questo ennesimo dramma complice la droga, questo raccapricciante delitto seguito da
suicidio, sono fatti assurdi che quando succedono destano sbigottimento ma non più
incredulità; ormai siamo abituati a tutto e nulla più ci sorprende. Queste sono tragedie in
cui sia gli innocenti che i colpevoli, risultano vittime di quel sistema che ci sta portando
inesorabilmente e in maniera diversa in una china di cui non si vede il fondo.
La vita di un giovane è stata stroncata ad opera di due disgraziati psicologicamente labili e per giunta dediti alla droga e all’alcool, perciò non nel pieno possesso delle loro facoltà
mentali.
Se questo e altri delitti sono avvenuti, lo dobbiamo anche a coloro i quali, travisando
il vero concetto di libertà, impediscono più o meno in buona fede che si prendano provvedimenti atti ad imporre una cura a chi, non essendo in grado di gestire delle scelte autonome, diventa pericoloso per sé stesso e per gli altri.
Il prof. Alberto Signorato, primario del servizio psichiatrico del S. Bortolo, in una
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1986
intervista sul Giornale di Vicenza di venerdì 4 luglio, tra l’altro dice: ”Il mito della libertà
come libertà assoluta è solo un’apertura all’autodistruzione. Anche l’atteggiamento che
spesso esiste nei confronti di chi tenta di suicidarsi in seguito ad una depressione o ad una
esperienza dissociativa nasce da questo tipo di concessione della libertà, per cui sembra che
il suicidio sia una libera scelta. Noi pensiamo che certe forme di malattia mentale corrodano dall’interno l’area delle scelte personali e dunque della libertà. Io sono tanto più libero quante più scelte posso compiere; se sono prigioniero di una scelta sola come l’atto suicidario non posso certo dirmi detentore della libertà”.
A nostro avviso queste parole esprimono in modo perfetto la pseudo libertà del tossicodipendente che, facendo uso di droghe, crede di esercitare una libera scelta, mentre nella
realtà diventa schiavo di un’unica scelta. Si dice che il drogato deve decidere liberamente
se smettere di drogarsi; ma per giungere a questo, deve il più delle volte “toccare il fondo”.
Ma a che livello è il fondo? È forse l’entrare e uscire dal carcere? È il commettere ogni
genere di bassezze? È il prostituirsi? È ammalarsi di Aids? Se è tutto questo, noi abbiamo
purtroppo constatato che nella maggioranza dei casi non basta. Ma perché mai si permette ad un giovane di fare esperienze tanto assurde quanto dolorose? Perché non si interviene prima che inizi quel degrado che lo può segnare per tutta la vita?
Noi del Comitato invitiamo tutti i genitori (e non solo quelli che vivono le triste esperienza della droga) ad unirsi a noi, perché insieme possiamo essere forti nel pretendere
provvedimenti che siano di vero aiuto ai tossicodipendenti e alle loro famiglie. Si dice che
il fenomeno droga stia diminuendo, ma non è vero. Sta solo trasformandosi! La tossicodipendenza serpeggia tra noi, ma è molto più difficile riconoscerla.
Cerchiamo perciò di aiutare quelli che ancora ne sono schiavi e in questo modo prepareremo ai giovani di domani un avvenire meno squallido e doloroso.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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Il 28 agosto ’86 – Un giovane i cui genitori fanno parte del Comitato, reinserito nella società
attraverso un programma terapeutico dopo anni di tossicodipendenza, è stato prelevato dalla
sua abitazione e condotto in carcere per scontare condanne divenute esecutive dopo sei anni.
Il Comitato ha denunciato il fatto inviando lettere a personalità politiche comunali, provinciali, regionali e nazionali, ai giornali locali e nazionali, nella speranza che tra i tanti, qualcuno si prendesse a cuore le sorti di questo giovane e perché fosse evitata in futuro, ad altri, una
simile ingiustizia. L’assessore agli Interventi sociali aveva inviato una mozione alla regione
Veneto, firmata da tutti i consiglieri dei gruppi politici, in cui esprimeva il disappunto verso il
Tribunale di Venezia che non aveva applicato le norme per l’inserimento, al posto del carcere,
in una struttura terapeutica e chiedeva alle autorità competenti la revisione della situazione
giudiziaria del giovane, auspicando che altri futuri casi simili venissero valutati con sensibilità
e attenzione. Una lettera simile è stata scritta dal responsabile del Centro Diurno per le tossicodipendenze dell’Ulss. Si è interessato pure il C.N.A. e Piera Piatti aveva pubblicato una lettera del Comitato nella sua rubrica “Droga: parliamone insieme” sul settimanale Grazia.
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1986
Lettera a “Il Giornale” pubblicata il 27 settembre 1986
Perché non sia inutile
Egregio direttore,
giorni fa, i giornali cittadini con un piccolo articolo rendevano noto che un giovane era
stato arrestato e rinchiuso in carcere per scontare tutte insieme più condanne divenute
ormai esecutive. Tra quelle poche e fredde righe ci celava però un dramma umano che è
giusto portare a conoscenza di tutti. Renato – il giovane arrestato – era entrato nel tunnel
della droga ancora minorenne rimanendovi per circa sette lunghi anni, anni che lo videro più volte in carcere per quei reati che i tossicodipendenti commettono per procurarsi
la famigerata “minima dose giornaliera”. Quando tutte le speranze per un suo recupero
sembravano miseramente crollare, Renato tentò di risalire la china; chiese l’aiuto dei genitori e del Centro Diurno per le tossicodipendenze dell’Ulss della nostra città.
Inizialmente poco convinto di raggiungere un esito positivo, si ritrovò giorno dopo
giorno sempre più impegnato nel programma terapeutico, tanto che più volte veniva portato come esempio per la sua determinazione.
Concluso il programma riabilitativo, aveva iniziato quello di reinserimento trovandosi
un lavoro, seppur modesto, nell’ambito del quale già aveva avuto modo di farsi stimare.
Però sul suo capo, pendeva, minaccioso, l’accumulo delle condanne. Il giorno 28 dello
scorso mese i carabinieri lo prelevavano da casa per rinchiuderlo in carcere.
A questo punto viene spontaneo chiedersi se vale la pena di lottare, quando poi tutti
gli sforzi di più persone rischiano di venire vanificati da leggi che arrivano a colpire con
ritardi inqualificabili. Colui che ha errato deve essere punito quando ancora persiste nell’errore, ma punirlo dopo il ravvedimento suona come una beffarda vendetta non compatibile con il senso della giustizia. Il carcere, per come è impostato oggi è solamente una
istituzione repressiva e punitiva, dove la promiscuità con soggetti più pericolosi porta ad
un maggior apprendimento delinquenziale.
Chi sbaglia deve essere recuperato, non emarginato.
Noi genitori ci battiamo perché, quando un tossicodipendente viene arrestato sia processato nel più breve tempo possibile, e al momento in cui sarà emessa la sentenza, gli sia
offerta una alternativa al carcere che gli consenta di curarsi e riabilitarsi. Nel caso in cui il
giovane rifiuti l’alternativa, sia posto nella condizione di pagare subito il suo debito in
modo che, rendendosi conto di cosa vuol dire vivere nelle patrie galere, nell’uscire sappia
che cosa lo aspetta se non cambierà vita. La possibilità di lasciare il carcere per una comunità, dovrebbe comunque essere sempre contemplata indipendentemente dalla durata
della pena. Per chi, come Renato, ha ancora pendenze con la giustizia ed esce da una realtà
riabilitativa che garantisce per lui il buon esito ottenuto, si dovrebbe almeno adottare la
possibilità di scontare la rimanente pena con un servizio sociale. Per anni, la convinzione
che non si potesse uscire dalla droga era un dato di fatto, ora si vede che questo mostro
può essere sconfitto, però quale stimolo diamo ai giovani drogati per uscire dal tetro tunnel se, come premio a tanta fatica si vedono spalancare davanti i cancelli del carcere?
I genitori di Renato, nella angosciosa ricerca di evitare al figlio un ritorno sulla strada
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della devianza tanto faticosamente lasciata, rivolgono un appello a tutti i genitori, soprattutto a quelli che si trovano invischiati nel problema droga, affinché abbiano ad unirsi a
noi nella richiesta di leggi più adeguate alla necessità del momento attuale. Se lo Stato non
si impegna abbastanza nella lotta contro la droga, anzi ne tollera la modica dose per uso
personale, sappia almeno aiutare nel modo giusto coloro che, a prezzo di tanta fatica, ne
hanno saputo tirarsi fuori.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di Vicenza, O. Dalla Valle
✧
30 settembre ‘86 - Lettera al presidente della Repubblica Francesco Cossiga in visita a Vicenza.
Signor Presidente,
siamo le mamme del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di
Vicenza e insieme al nostro personale benvenuto nella nostra città desideriamo rivolgerle
una supplica.
Come capo dello Stato, Lei conoscerà certamente le storie drammatiche ed angoscianti di tanti genitori come noi, non intendiamo quindi raccontarle il dolore, le speranze e le
delusioni che si alternano nei nostri cuori, che sono gli stessi sentimenti di tutti coloro
che, come noi, un brutto giorno hanno dovuto affrontare loro malgrado, il problema di
quella mai abbastanza maledetta droga, che ha portato e porta devastazione e morte in
troppe famiglie italiane. Vogliamo invece, esporle il caso penoso di Renato figlio di genitori del nostro Comitato. Questo giovane è riuscito, dopo un sofferto impegno presso il
Centro Diurno dell’Ulss, a liberarsi da una schiavitù che aveva reso la sua vita e quella dei
suoi cari un inferno. Per lui e la sua famiglia, dopo la riabilitazione e il reinserimento nel
mondo del lavoro, iniziava un capitolo nuovo, si apriva la porta alla speranza e alla voglia
di recuperare troppi anni perduti.
Ma tutto questo è durato poco, per una serie di complicazioni e lentezze burocratiche
e giuridiche, Renato è finito in carcere di nuovo, dove dovrà restare per 29 lunghi mesi a
scontare la pena per reati commessi circa sei anni fa, quando ancora viveva la sua vita di
piazza.
Signor Presidente, tutti sappiamo della sua fede nei valori cristiani e umani, siamo
quindi certe che fatti come questi non possono che turbarla profondamente, come turbano la coscienza di tutti i giusti.
Chi sbaglia deve pagare e non ci sono dubbi su questo, ma non pagare con anni di
ritardo, quando ormai gli errori commessi appartengono a un passato che non esiste più,
perché al suo posto c’è una persona nuova, rinata con un diverso presente.
Queste storie lasciano l’amaro in bocca, provocano un pericoloso senso di sfiducia
verso le istituzioni democratiche del nostro paese, rischiano di vanificare il già gravoso e
difficile compito delle Comunità e dei centri terapeutici, di riportare tutto al punto di partenza. Una tragedia questa, da evitare a tutti i costi. Inoltre, i tossicodipendenti intenzionati ad uscire dalla droga sentono indebolirsi così la volontà di lottare, e sappiamo quanto sia già difficile per loro arrivare a questa determinazione.
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1986
Signor Presidente, se è vero che sono i più deboli a cadere nella trappola dei “paradisi
artificiali”, è anche obiettivamente vero che stupefacenti e medicinali sostitutivi i ragazzi
li possono trovare con troppa facilità e che la legge sulla modica quantità per uso personale agevola chi, vendendo morte, fa miliardi sulla nostra pelle e rendono anche più facile al tossicodipendente dimenticare che la droga è illegale anche per chi la usa soltanto.
Noi non vogliamo trovare alibi a tutti i costi per i nostri figli e puntare l’indice accusatore contro questo o quello, noi siamo convinti che la droga è una tragedia sociale nella
quale, in qualche modo oscuro alla nostra comprensione, siamo tutti coinvolti, anche a
livello di responsabilità e siamo anche convinte che, per vincerla, ci vuole l’impegno di
tutti, dal più piccolo al più grande di noi.
Signor Presidente, in queste righe scritte da gente semplice, c’è il nostro cuore semplice; Renato ha saputo vincere la sua tossicodipendenza, ha dimostrato di aver capito che la
sua era una strada sbagliata, non si può punirlo adesso, è troppo ingiusto. Affidiamo quindi a Lei la vita e il futuro di questo giovane e dei suoi genitori che hanno saputo aiutarlo
con la loro disperata determinazione a non cedergli quando ancora viveva nella droga.
Signor Presidente, aiuti Renato a proseguire il suo cammino nella dignità dei valori da
lui appena riconquistati, lo aiuti a credere nella giustizia e ad essere di stimolo ed esempio
per gli altri che non hanno ancora trovato la via. Facciamo anche voti, dal profondo del
cuore, perché storie come quella di Renato, troppo dolorosamente frequenti non abbiano
a ripetersi mai più. Chi deve pagare paghi subito, quando è ancora nella colpa.
Riponiamo in Lei la nostra fiducia.
Per il Comitato, la presidente Olga Dalla Valle
Renato è stato scarcerato il 31 ottobre ’96 grazie all’ex decreto 47 bis che consente la
sospensione della pena ai tossicodipendenti che hanno svolto un programma riabilitativo
e la cui condanna da scontare risulti inferiore ai tre anni. Il giovane ha patito due mesi di
carcere molto pericolosi che potevano essere evitati se la lentezza della giustizia, sommersa nella burocrazia imperante fosse stata più giusta e sollecita.
Altri casi come questo hanno portato a vere tragedie.
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Vicenza 22 ottobre 1986 - Relazione del Comitato presentata alla V Commissione
Consigliare per i Servizi Socio-Sanitari del Comune di Vicenza.
L’Aids si può prevenire ma non curare! Situazione generale: in Italia i tossicodipendenti
sieropositivi all’Hiv sono il 51%, nel resto dell’Europa l’11% negli Stati uniti il 23%. Il
50% sono eroinomani (l’eroina dà immunodepressione).
Carcere: su 28.000 detenuti sottoposti a test di controllo 12.000 sono risultati sieropositivi.
Pericolosi risultano coloro i quali hanno avuto rapporti a rischio senza poi sottoporsi a
controlli e che, se portatori del virus, con rapporti sessuali non protetti possono allargare
il contagio. A preoccupare il Ministero della Sanità sono proprio costoro e i drogati che
non hanno contatti con i servizi socio-sanitari e sfuggono ad ogni controllo. A questo pro– 59 –
1986
posito è stata istituita una struttura che segue da vicino l’evoluzione dell’Aids, elabora dati,
prepara statistiche, finanzia piani di ricerca e periodicamente fa il punto della situazione
con una relazione tecnica-informativa. L’ultima è datata 8 ottobre 1986. I dati: a settembre i casi ammontavano a 338.
Al contrario degli omosessuali che attraverso le loro associazioni sono corsi al riparo
impegnandosi in incontri di informazione e prevenzione, i tossicodipendenti non hanno
punti di riferimento. Questo preoccupa le famiglie che cercano da anni una soluzione
scontrandosi con un muro fatto di lungaggini burocratiche, deleghe, assurdi ideologismi
(libertà di drogarsi), scarso impegno e conoscenza superficiale del problema.
Negli ultimi mesi estivi sono morte per overdose 75 persone, 14 in più rispetto al
periodo corrispondente dello scorso anno; lo dice una nota dell’on. Costa secondo il quale
siamo di fronte ad una recrudescenza del fenomeno che sembrava stesse calando. L’on.
non si era accorto che stava solo cambiando.
Situazione a Vicenza: la nostra, tra le città del Veneto è la più colpita con una percentuale tra i tossicodipendenti che supera l’80 per cento di sieropositivi. E’ calcolato che nel
vicentino il numero dei consumatori di droga sia superiore ai 3.000. L’Ulss assicura che la
situazione è sotto controllo, ma sotto controllo sono solo in 400. E i rimanenti 2.600?
Per calmare l’opinione pubblica scossa dalla presenza di tre bambini sieropositivi in due
scuole materne della città, sono subito stati concessi dei potenziamenti, ma per i genitori
dei tossicomani che dalla fine degli anni sessanta invocano aiuto, si è fatto poco o nulla.
Ecco l’importanza sul piano politico-sociale di una massa di gente che si muova unita
all’attacco rivendicando i propri diritti; poche e sparute madri che trovano nella disperata ribellione la forza e il coraggio di lottare per i propri figli non fanno certamente testo!
E qui dovrebbero meditare tutte quelle famiglie che covano nel chiuso delle loro case il
dramma di uno o più figli drogati, senza capire che la droga è divenuto un problema sociale e come tale dovrebbe essere risolto. Ora l’effetto di questo lassismo trova un aggravamento naturale con l’Aids.
Cosa chiede il Comitato agli organi preposti? Data l’emergenza chiede che il reparto di
malattie infettive del nostro ospedale possa seguire e curare i nostri giovani e non costringerli a recarsi al centro di riferimento di Verona. Per far questo deve essere potenziato.
Fino ad oggi le prestazioni sono state eseguite più per un senso di umanità che per
obbligo; a nostro parere l’infelice decisione di creare dei centri di riferimento comporta
solo un’infinità di problemi.
Conosco casi di ammalati che hanno preferito lasciarsi morire piuttosto che affrontare, in situazioni di estrema debolezza, i disagi che la lontananza dei centri comportano.
Questo può sembrare un paradosso, ma come ho scritto in un’istanza all’assessore regionale alla Sanità, Bogoni, il tossicodipendente è difficile da curare, perché depresso e autolesionista, creargli problemi vuol dire perderlo, non recuperarlo.
L’organico del malattie infettive è composto da cinque medici, i quali si trovano
improvvisamente a far fronte a 400 sieropositivi, oltre ai malati normali del reparto. Per
far questo, con ammirevole dedizione, sacrificano ore e giornate di riposo. È da notare
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inoltre, che già dal suo apparire, si erano accorti del nascere di questa nuova patologia
finora sconosciuta e si erano messi in contatto con centri di ricerca. Non potenziare il reparto vuol dire costringere tutti i sieropositivi e i malati delle province venete ai centri di Verona o Padova, dove la situazione non è migliore e finirà con lo scoppiare. Indispensabili sono
anche stanze di degenza più idonee; due camere da quattro letti e un bagno in comune, per
malattie infettive, non rispondono certo alle norme igieniche ospedaliere.
Altro punto deficitario è dato dalla microbiologia che per mancanza di personale non
può eseguire i test. La regione ha concesso il potenziamento richiesto, ma per direttive locali non sarà attuato. A questo punto il fornire tali esami compete a Verona, ma in realtà questo non avviene, subentra allora Padova, per quel senso di umanità che per fortuna non è
spento del tutto e per il buon rapporto di collaborazione instaurato tra i medici della nostra
e di quella città.
Questa è la situazione in cui ci troviamo. Una cosa è certa, se si vuole bloccare l’espandersi del contagio bisogna estirparlo alle sue radici, e le sue radici affondano anche nella
droga, sia abusiva che di Stato.
Bisogna trovare il modo per affrontare i problemi gravi, non aspettare immobili che
abbiano a degenerare a causa dell’incomunicabilità della Istituzioni. Bisogna creare un coordinamento tra una realtà e l’altra in modo che dove non può arrivare l’una, arrivi l’altra.
L’Italia è il Paese dell’emergenza perenne, dove i frequenti terremoti non hanno ancora
insegnato a costruire case antiscisma, è il Paese delle alluvioni, ma ancora non si opera per
rendere i fiumi più sicuri. Si continua a rattoppare con stracci consunti e non si impara ad
usare materiali nuovi.
Ora si cerca di fermare la cosiddetta peste del duemila. Ma si continua a trascurare la gravità costituita dalla droga. Il tossicodipendente è la prima vittima dell’Aids e purtroppo può
essere anche veicolo di contagio. Offriamogli allora possibilità concrete e accessibili in cui
trovare quei supporti che lo aiutino a riabilitarsi e reinserirsi nella società.
Olga Dalla Valle
✧
25 – 26 ottobre 1986 – 1° Incontro della segreteria del Comitato esecutivo delle
associazioni che hanno aderito al Coordinamento nazionale antidroga (CNA) a Bari.
Richieste:
1 - Riforma della legge 685/75 sulla “modica quantità”.
2 - Creazione di strumenti giudiziari che evitino il carcere al consumatore di droghe con
strutture alternative socio-riabilitative.
3 - Sia chiamato a partecipare alla Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un rappresentante del CNA ai sensi dell’art. 4 della L. 21 di giugno
1985 n. 297.
4 - Sia inclusa una rappresentanza del CNA nel Comitato e negli organismi del Ministero della Sanità preposti a dare indicazioni di carattere generale ed operativo alle
strutture sanitarie pubbliche, soprattutto regionali, responsabili e competenti in
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materia, onde evitare che i programmi terapeutici dei centri pubblici si riducano alla
distribuzione differenziata ed indiscriminata di farmaci stupefacenti.
5 - Il programma terapeutico residenziale non possa essere interrotto da un provvedimento
restrittivo della libertà personale se non previa delibazione del giudice di sorveglianza.
6 - I residui di pena derivanti dal cumulo di sentenze per reati diversi rientrino nella previsione della legge penitenziaria.
7 - I militari di leva, chiamati alle armi e riconosciuti in stato di tossicodipendenza possano essere avviati in strutture terapeutiche riconosciute per seguire un programma di
recupero e di reinserimento computando il periodo ivi trascorso valevole al soddisfacimento degli obblighi di leva; per i giovani riconosciuti tossicodipendenti prima
della chiamata che si inseriscono e compiono un programma terapeutico in strutture
riconosciute, il tempo in esse trascorso assorba la durata del servizio di leva.
Il Comitato esecutivo ha deliberato di prendere contatti con la Presidenza del Consiglio
dei Ministri e dei Ministeri della Sanità, della Giustizia, degli Interni, del Lavoro, della
Pubblica Istruzione, della Difesa e con l’on. Maria Pia Garavaglia, relatrice della nuova
legge sulle tossicodipendenze che riformerà quella della 685/75, per presentare le proprie
proposte ed evidenziare i problemi che finora non hanno trovato soluzione.
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Novembre ’86 – Lettera inviata all’assessore alla Sanità della regione Veneto Antonio Bogoni
P.c.- Al ministro della Sanità Donat Cattin, al presidente regione Veneto Carlo Bernini, al presidente Ulss n. 8 Igino Fanton, al prof. Ielasi primario Malattie Infettive ospedale di Vicenza, al dr. Vincenzo Balestra responsabile Servizio Medico-Sanitario per le tossicodipendenze Ulss n.8, al sindaco Antonio Corazzin ai partiti dell’Area Costituzionale, ai Sindacati Riuniti CGIL- CISL- UIL, al C.N.A.
Coordinamento Nazionale Antidroga.
Signor Assessore,
preoccupati dalla grave situazione venutasi a creare con il problema Aids, come genitori
del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza, ci rivolgiamo
a Lei per la seconda volta, confidando che questo scritto trovi maggiore considerazione del
precedente. Mi aspettavo che, messa sull’avviso dalla stampa e spero, ancor prima da chi
di dovere, la Sanità avesse preparato un piano preciso e concreto prima che il caso dei piccoli portatori del virus Hiv avesse a scoppiare in modo così clamoroso.
Ora, dopo che allarmismo e panico hanno trovato sfogo nell’isteria di genitori disinformati e ignari, tutto si è calmato ed è sceso il silenzio. I problemi però sono rimasti insoluti.
Desidereremmo sapere se non è mai stata fatta una ricerca che possa spiegare perché
la nostra città sia, tra quelle del Veneto o meglio, delle tre Venezie, la più colpita dall’Aids.
A questo punto, come genitori direttamente coinvolti nel problema, sentiamo il bisogno di porle alcune domande.
1 - Cosa ha fatto l’Assessorato in queste settimane rispetto alla situazione dell’Aids?
2 - Con quali persone competenti si è incontrato?
3 - Cosa intende fare?
4 - Che tipo di direttive ha dato?
Confidando in una risposta precisa ed esauriente, riteniamo doveroso allegare copia della
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relazione presentata alla V Commissione Comunale per i Servizi Socio-Sanitari del comune di Vicenza.
Distinti saluti
Per il Comitato di solidarietà con la famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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Mercoledì 12 novembre ’86 con un gruppo di nostri genitori, la presidente della V commissione socio-sanitaria del comune di Vicenza, alcuni volontari di comunità cittadine e un rappresentante dei sindacati, ci siamo recati in visita alla comunità di S. Patrignano.
L’esperienza è stata entusiasmante, e nel ritorno i commenti, hanno riempito le ore del viaggio.
Non sono mancate le lettere ai giornali per far conoscere quella realtà unica in Italia.
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“Il Giornale” - 8 dicembre 1986
Rinati a nuova vita
Caro direttore,
sono reduce da una visita a S. Patrignano e descrivere le mie impressioni mi è assai difficile, perché innumerevoli sensazioni si sono sovrapposte le une alle altre, a volte contrastanti tra loro; una cosa però posso affermare con sicurezza: non si può vivere un giorno
nella comunità di Muccioli e rimanere indifferenti.
Sono 1200 i giovani che si sono liberati dalla schiavitù della droga, e altri 600 stanno
conducendo una coraggiosa battaglia che li porterà al reinserimento in quella società che li
aveva emarginati rifiutando l’immagine squallida e degradante che offrivano di se stessi.
S. Patrignano è una cittadella in cui, abbinando il moderno con un ritorno ai modelli
antichi, gli abitanti si sono resi autosufficienti mediante innumerevoli attività che vengono svolte con impegno e responsabilità. Ovunque si nota l’organizzazione razionale, senza
la quale ci sarebbe il caos. I giovani sono educati, gentili, premurosi e si trattano con
rispetto e dignità. Non dimostrano difficoltà a parlare con i visitatori, anzi, danno con
garbo risposte esaurienti alle domande che vengono loro poste.
Con tutte le risorse che questa comunità offre ai tossicodipendenti che vi entrano scegliendo un lavoro a loro più congeniale, questi poi, non trovano eccessive difficoltà all’inserimento, che è il preludio ad un completo rinnovamento.
L’unico problema è costituito dalla carenza di posti; è richiesto un solo colloquio per
verificare la determinazione alla riabilitazione. Se poi il giovane entrerà in crisi, troverà nei
compagni solidarietà e sostegno.
A questo punto mi è venuto spontaneo il confronto con la nostra città che è assai restia
nell’offrire l’aiuto, più volte richiesto, ai tossicodipendenti. Con tanta amarezza sono
costretta a constatare quanto siano pochi coloro che riescono a liberarsi dalla droga, e
sento il dovere di consigliare a coloro che operano in questo campo, di rivedere le metodologie fino ad ora osservate, e di ricercare il metodo che possa permettere un maggiore
quantitativo di recupero. Penso che S. Patrignano sia irripetibile, ma mi auguro che centinaia di ragazzi rinati alla vita siano preziosa testimonianza per chi opera nel sociale.
Olga Dalla Valle - Vicenza
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10 dicembre 1986 – Relazione letta al convegno provinciale della UIL e inviata per conoscenza al presidente dell’Ulss n.8 Igino Fanton.
Dopo che la droga ha fatto la sua prima apparizione in Italia, radicandosi profondamente e provocando danni e lutti perché sottovalutata per molto tempo, siamo arrivati ad un
punto in cui o si concretizza un impegno radicale, seppure estremamente tardivo o la
società sarà vittima delle sue incertezze e delle sue non scelte.
Chi non ha vissuto il dolore di un figlio drogato, non può capire fino in fondo quali
siano le necessità più impellenti per aiutarlo.
La famiglia, come lo Stato, è stata colta dal fenomeno droga impreparata e disarmata.
Ogni genitore, nei primi tempi, ha commesso errori, probabilmente inevitabili, ma poi,
pian piano, ha imparato a riconoscere l’abilità ingannatrice del tossicodipendente sforzandosi a fargli fronte, costretto ad ingaggiare con lui una guerriglia snervante e a lungo andare insopportabile.
Quando la droga entra in un nucleo familiare, tutto si svolge in funzione ad essa alterando ed esasperando dei rapporti destinati prima o poi a sfociare nell’incomunicabilità
più assoluta. A questo punto, più soli che mai, i genitori si rendono conto che il loro problema, per essere risolto, necessita di un aiuto esterno, perché la droga non può essere considerata un fatto individuale, ma sociale e come tale deve essere affrontata. Nell’accostarsi però, pieni di speranza, alla realtà pubblica, si accorgono che questa può fare per loro
ben poco; allora si sentono traditi, abbandonati e tremendamente impotenti di fronte alla
devianza dei figli. Fino ad un paio di anni fa, le uniche strutture esistenti erano nate ad
opera del volontariato e potevano aiutare solo un numero estremamente esiguo di giovani; da circa due anni l’Ulss ha dato vita ad un centro diurno che fino ad ora ha ospitato
circa una decina di utenti. Non credo di esagerare quando affermo che in sostanza tutto
questo non è molto, tenendo conto che nel vicentino i drogati si contano a migliaia.
Cosa chiediamo come genitori? Innanzitutto delle leggi che aiutino il tossicodipendente, e prima fra tutte l’abolizione della “modica quantità” che ha fatto di ogni tossico uno
spacciatore protetto, incrementando il traffico capillare a tutto beneficio dello spacciatore
più grosso; migliorare e rendere operanti quelle esistenti, affinché al carcere, che è una istituzione solamente punitiva, sia offerta l’alternativa di una scelta di riabilitazione. Per coloro che devono scontare la detenzione, sia dato il via all’opera dell’equipe socio-sanitaria
istituita all’interno della struttura stessa, affinché inizi prontamente una fase di recupero
che verrà completata al di fuori dell’istituto stesso usufruendo dell’affido sociale.
Insisto col ripetere che la lotta deve essere rivolta contemporaneamente su due fronti:
droga e Aids. E qui i bisogni si fanno più impellenti che mai.
Abbiamo al reparto Malattie infettive del nostro ospedale una equipe di medici che
segue lo svolgersi della sintomatologia di immunodeficienza acquisita, ancora dal suo
apparire ed è in contatto con centri di ricerca sia nazionali che esteri. Questi medici, in
collaborazione con i colleghi di Padova hanno presentato uno studio su l’Aids che è stato
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accettato e discusso all’ultimo congresso di Parigi, riscuotendo meritati apprezzamenti in
special modo dal noto ricercatore dr. Gallo. Questi stessi medici potrebbero svolgere egregiamente la loro opera curando i nostri ammalati senza sradicarli dal loro ambiente per
andare ad ingrossare il numero di coloro che, per decreto regionale devono far capo ai centri di riferimento , destinati a diventare dei veri e propri lazzaretti.
Altro problema è l’ubicazione del reparto situato a piano terra, in questo modo i tossicodipendenti, eludendo la vigilanza degli infermieri, scavalcando la finestra della loro
stanza possono andarsene in cerca di droga oppure riceverla mediante il medesimo espediente.
Necessario è pure un aumento dell’organico (i medici del reparto seguono oltre ai normali pazienti circa 400 sieropositivi) e qualche stanza in più provvista di bagno (e non un
bagno per due camere con otto degenti) per isolare i malati.
Manca anche una pediatria per infettivi; i piccoli sieropositivi devono ricorrere a quella di Padova anche per un banale mal di pancia sospetto. Nel mese di ottobre la regione
ha stanziato tre miliardi per migliorare un reparto, nel mese di novembre altri tredici per
il V lotto; non intendo dire che questi finanziamenti non siano giusti o non necessari,
tutt’altro, intendo solo far notare che in questo momento di emergenza non si è parlato
del malattie infettive, nonostante che l’assemblea pubblica sull’Aids tenuta l’otto marzo
’86 ci fossero state delle precise promesse.
Tutto questo mette in risalto la volontà di non impegnarsi in una prevenzione sanitaria (se si può ancora chiamarla così). Non accettando la realtà di un futuro drammatico si
continua a tamponare alla meno peggio. Disgraziatamente presto saremo tutti dentro
all’emergenza fino ai capelli. Peccato che a farne le spese siano sempre i più deboli e i più
indifesi.
Per il Comitato, la presidente Olga Dalla Valle
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Aids - 1986 – a Vicenza 3 decessi – In Italia 268
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Risposta del presidente dell’Ulss 8 Igino Fanton in data 9 gennaio 1987:
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Il Giornale di Vicenza - 3 gennaio 1987
Non si è avuto lo sperato reflusso di tossicodipendenze rispetto all’anno precedente
262 In Italia le vittime di stupefacenti nel 1986
Sintesi dell’articolo di Francesco Bonfiglio:
Roma – La droga, nel 1986 ha fatto più vittime rispetto al 1985, anche se le forze di polizia, con
un totale di 8.615 operazioni che hanno prodotto 14.480 arresti, hanno superato di gran lunga la
quantità di sostanze stupefacenti sequestrate nel 1985: 325 chili di eroina contro 276; 124 di cocaina contro 104; 15.928 di hashish contro 1.530.
Questo il bilancio di lotta alla droga nell’anno appena terminato fatto dal sottosegretario all’Interno
Raffaele Costa, secondo il quale “ il contenimento del 1985 che aveva fatto sperare in un incipiente
riflusso della tossicodipendenze non ha avuto conferma lo scorso anno” (…)
Nel 90 per cento dei casi – secondo la relazione di Costa – la morte è stata provocata dall’eroina addizionata, nel 70 per cento dei casi, da altre sostanze. La cocaina ha fatto il 3 per cento delle vittime. Il
restante 7 per cento delle morti è stato provocato da metadone e analgesici di diverso tipo.
L’attività repressiva delle forze di polizia è stata costante, ma in questo contesto assume particolare
rilievo la eccezionale quantità di hashish sequestrata, la maggior parte della quale (12.649 chili), nell’ambito di sole cinque operazioni che hanno portato all’arresto di 44 persone, 20 delle quali non italiane (gli spacciatori stranieri arrestati nel 1986 sono stati in tutto 2.200: il 15 per cento del totale)…..
Il sottosegretario agli Interni ha anche riaffermato l’urgenza di una nuova legge, mettendo in evidenza come ancora sia del tutto fuori luogo “attendere una approvazione rapida della nuova normativa,
attesa ormai da sei anni, e che, le norme attuali, risalenti al 1975 non possono più arginare il fenomeno, che è in costante e rapida evoluzione”.
✧
Da “Il Giornale” di Montanelli una lettera di Gerolamo Pellicanò deputato PRI
9 gennaio 1987
Due malintesi sulla droga
Caro direttore,
d’accordo che l’argomento droga sembra essere passato di moda, a dispetto dei guasti che continua
a provocare. Ma come è possibile rassegnarsi a procrastinare l’approvazione della legge di riforma
della 685 del 1975 e non accorgersi neanche che è stato predisposto, dalla relatrice on. Garavaglia,
un testo unificato a conclusione dei lavori del comitato ristretto? I tempi sono brevi, certamente.
Ma, se la legislatura dovesse concludersi alla sua scadenza naturale, un impegno parlamentare intenso potrebbe consentire di riformare una legge che ormai fa acqua da tutte le parti. Perché non provare? Il testo del comitato ristretto può costituire un’utile base di partenza. Le proposte di riforma,
a suo tempo presentate, erano molte, con punti di partenza anche lontani. Nel testo unificato, che
ha ricercato una sintesi di quelle proposte, si trova il frutto di tante battaglie, condotte in questi anni
anche dagli amici del Giornale. Al primo posto metto senz’altro in rilievo che viene finalmente dato
al ruolo delle comunità per tossicodipendenti, sorte per iniziativa privata, e che un contributo
incommensurabile hanno dato alla lotta alla droga, nella latitanza di efficaci interventi pubblici.
Su questa base di partenza si può e si deve lavorare, anche cercando di correggere alcune impostazioni che giudico tuttora errate. Mi riferisco, in particolare a due questioni. Innanzitutto, si vorreb– 67 –
1987
bero conservare le terapie di mantenimento, cioè quelle terapie che mirano a sostituire la droga con
altre sostanze, spesso non meno dannose. Ho sempre pensato, e non ho ragione di modificare il mio
pensiero, che il problema è quello di eliminare la droga, comunque si presenti, nella forma di siringa o di psicofarmaco. Il primo ostacolo, insomma, è proprio l’uso distorto di sostanze stupefacenti.
Ma come si può pensare di compiere un intervento di recupero su un giovane che continua a stordirsi? Come pensare in parole povere, che egli possa guarire prendendo il metadone al posto dell’eroina?
Su questo punto mantengo un dissenso preciso, e forse non potrebbe essere diversamente, avendo
presentato una proposta di legge (a nome della Lenad) che vieta espressamente questo tipo di terapie. E se anche la realtà in questi anni è in parte cambiata, con crescente diffusione della cocaina e
l’emergere di nuove sostanze a metà tra medicine e droga, confermo la mia riserva contro il principio di mantenimento.
Su un’altra questione non sono d’accordo col testo unificato: la sopravvivenza del concetto di
“modica quantità” ai fini della esclusione della incriminazione per il possesso personale di droga. In
Europa soltanto Olanda, Germania e Italia consentono l’uso personale non terapeutico di sostanze
stupefacenti (e con risultati davvero non esaltanti).
Il concetto di “modica quantità” è negativo per due ragioni. Primo: L’esperienza ha mille e una volta
dimostrato che, concedendo ai giovani il diritto di portare con sé una modica quantità di droga (e
concedendo loro, quindi, il diritto di drogarsi), non è risparmiata affatto la galera a questi giovani.
La droga costa, e costa cara. E se non è reato portarsela con sé in dose giudicata modesta dalla legge,
è certo reato rubare per comprarsela.
Secondo: La modica quantità rende più facile la vita dei piccoli spacciatori, che sono anche tossicodipendenti e che anzi spacciano per avere i soldi per procurarsi la sostanza. Il piccolo spacciatore,
come è noto, è il terminale di una rete potente e capillare alimentata dal grande spaccio e dalla grande criminalità organizzata..
È per questo che, d’accordo con la Lenad, che è un’associazione composta anche da numerosi genitori che conoscono molto bene questa situazioni per averle purtroppo sperimentate in famiglia, ho
proposto l’abolizione della “modica quantità” e l’adozione di pene alternative al carcere, ben sapendo che le prigioni (e non soltanto le nostre) sono i luoghi meno adatti al recupero. E se mancano
oggi le strutture idonee al recupero, sarebbe tempo di muoversi per costruirle e per rendere la vita
più facile a quei privati valorosi che, come Muccioli, non hanno aspettato una legge per fare il proprio dovere. E qualcosa di più del proprio dovere.
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Lettera a “Il Giornale” di Indro Montanelli è pubblicata il 19 gennaio 1987 con il titolo:
Tossicodipendenti e amnistia
Caro direttore,
anche quest’anno è arrivato il Santo Natale e, come dono ci ha portato quell’amnistia
tanto desiderata da molti, e tanto paventata da altri; amnistia che ha messo in evidenza
alcune carenze di cui purtroppo soffriamo da anni.
Ora le porte del carcere si sono aperte per lasciare uscire tra gli altri, parecchi tossicodipendenti, molti dei quali non avendo altre alternative, ritorneranno in strada a scippare, rubare, prostituirsi e spacciare droga, fintanto che, inevitabilmente, riprenderanno possesso di quella cella che ora hanno appena lasciata libera. Tutti sanno che il carcere non
riabilita, anzi, nella maggioranza dei casi aggrava una situazione già critica; molti genitori però, lo preferiscono alla libertà della strada, male usata dai figli.
Il servizio per le tossicodipendenze può seguire un numero limitatissimo di reclusi, gli
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altri sono abbandonati a loro stessi perché ancora non è operante quella équipe socio-sanitaria preposta alla loro riabilitazione all’interno della struttura stessa. Quei famigliari che
fanno pressione perché il detenuto sia aiutato e stimolato a una scelta positiva, si scontrano con strutture che, schiave di teorie preconcette e prive di elasticità non sanno dare
quell’aiuto necessario per risolvere con prontezza delle situazioni che richiedono una
risposta immediata e coraggiosa. Desidero denunciare il fatto di una giovane che in un
anno di detenzione è stata più volte vista dalla madre, durante le visite settimanali, in stato
confusionale, psicologicamente alterata e fisicamente debilitata; date le precarie condizioni necessitava di un’assistenza particolare che non le è stata prestata. Ora l’amnistia le ha
spalancato i cancelli del carcere ributtandola nella strada a consumare le poche energie che
ancora le restano.
Chi può aiutare quella madre che chiede disperatamente soccorso per la figlia e per se
stessa giunta ormai al limite dell’umana sopportazione? Il servizio pubblico con la sua
burocrazia? Il volontariato con le sue limitazioni? La giustizia legata a leggi inadeguate?
Non è questa situazione paragonabile all’omissione di soccorso in soggetto in grave difficoltà?
Se questa figlia in dieci anni non ha saputo trovare la forza di tirarsi fuori dal tunnel
malefico in cui la droga l’ha precipitata, è giusto lasciarla continuare per questa strada di
abbrutimento in nome di un assurdo e malinteso concetto di libera scelta? Perché non
costringerla ad una cura che l’affranchi dall’odiosa schiavitù? È più dignitoso il ricovero
coatto o la prostituzione, il furto, il carcere?
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
✧
Ogni qualvolta guardavo i telegiornali o leggevo sui quotidiani notizie sull’Aids, mi domandavo come, un sieropositivo – e mio figlio lo era - poteva sopportare di vedere descritti con incredibile crudeltà, scenari terrificanti che lo avrebbero coinvolto nel corso della malattia, togliendogli in questo modo ogni possibile speranza. Per questo mi decisi a scrivere una lettera datata 22 gennaio ’87 indirizzata:
Al ministro della Sanità Donat Cattin
P.c.: prof. Alessandro Berretta Anguissola, presidente del Consiglio Superiore della Sanità – prof.
Carlo Vetere, direttore generale dei Servizi di Medicina Sociale – Fernando Aiuti, ordinario di
Immunologia Clinica dell’università di Roma – prof. Moroni, primario Malattie Infettive ospedale Sacco di Milano – on. Raffaele Costa, sottosegretario agli Interni - al presidente Regione Veneto – all’assessore alla Sanità del Veneto – al presidente Ulss n. 8 – al prof. Ielasi primario Malattie
Infettive ulss n.8 – al primario di Microbiologia Ulss n. 8 – al responsabile servizio Medico Sociale Ulss n. 8 – al Sindaco di Vicenza – ai Partiti politici – ai Sindacati Riuniti CGIL, CISL,
UIL – al Coordinamento Nazionale Antidroga:
Signor Ministro,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di
Vicenza, Comitato associato alla Lenad e con altri, socio - fondatore del CNA (Coordinamento Nazionale Antidroga) sono due anni che conduco la mia battaglia contro la droga,
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impegnandomi attivamente per sensibilizzare l’opinione pubblica sul grave problema che
essa comporta, mediante una raccolta firme e lettere ai giornali. Ho inoltre indirizzato a
varie personalità che operano nel campo politico e socio-sanitario, appelli, proposte e relazioni sulla precaria situazione in cui si trovano tante famiglie colpite dalla tossicodipendenza.
Ora, con il tragico incalzare dell’Aids, come madre, sento il bisogno di fare conoscere
il mio pensiero a questo riguardo.Di questo morbo si continua a parlarne a periodi alterni, a volte in modo allarmistico, a volte con corretta informazione, ma sempre togliendo
ogni speranza ai siero-positivi, ai quali bisognerebbe rivolgersi con consigli chiari che, se
per noi possono sembrare scontati, a loro potrebbero rivelarsi utili e preziosi per far fronte e meglio ostacolare lo sviluppo di questa malattia. Credo che, pubblicizzare come un
dettagliato bollettino di guerra la sofferenza dei colpiti dall’Aids e gli innumerevoli quanto inevitabili decessi, non giovi ai portatori più o meno “sani”, anzi la paura può scatenare nei drogati quella volontà autolesionista e fatalistica che è loro congeniale. Questa può
essere una spiegazione della recrudescenza del problema droga, che alcuni politici credevano in fase decrescente, mentre stava solo trasformandosi.
Chi pensava che la paura dell’Aids avrebbe portato dei cambiamenti positivi, si è sbagliato; il tossicodipendente reagisce alla paura e alle difficoltà con la droga, e la sua vita è
un susseguirsi di sfide alla morte, che lo portano a convivere con la gelida dama munita
di falce, giorno dopo giorno.
In questo modo si sente arbitro del suo destino, mentre ora, l’Aids gli toglie apparentemente questa prerogativa. Egli non accetta la sofferenza e non si accorge a quale prezzo
paga il benessere fasullo di un momento.
Si dice che il tossico sia informato su tutto ciò che concerne le droghe, e con questa
parola intendo anche farmaci e psicofarmaci di cui fa uso e abuso; io credo invece che
quello che sa, lo interpreti a modo suo alterando la verità a suo piacere per crearsi uno
stato di relativa tranquillità che gli permette di vivacchiare alla meno peggio. Quello che
intendo dire è, che oggi, il tossico non ha stimoli ed incentivi che lo aiutino ad intraprendere un cammino riabilitativo, ma trova addirittura una scappatoia proprio nel virus Hiv,
“tanto” – dice – “sono segnato”!
A questo punto si deve trovare una soluzione concreta che può essere costituita da una
incessante e martellante informazione indirizzata appositamente a loro. Bisogna non stancarsi di ripetere che l’eroina riduce l’immunità dell’organismo e rende più facile lo sviluppo dell’infezione se già esiste, che tutte le droghe, compresi gli psicofarmaci e il famoso
“cocktail” danno ugualmente immunodepressione, che una nutrizione irregolare, scarsa
ed inadeguata debilita l’organismo e lo rende facile preda di infezioni e malattie, che lo
stress aggrava la situazione e può scatenare le malattie di cui si teme di essere afflitti, che
le siringhe usate in comune o comunque non sterili sono il primo veicolo di trasmissione
di ogni contagio. Tutto questo bisogna ripetere all’infinito, aggiungendo che, smettendo di
drogarsi si compie il primo passo verso la salvezza, che nutrendosi in modo corretto e regolare e conducendo una vita sana e priva di costanti tensioni, l’organismo, non più alimen– 70 –
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tato e sferzato dai veleni fino allora introdotti, può piano piano reagire, riacquistando la
energie perdute, irrobustirsi e di conseguenza far fronte alle infezioni con maggiore possibilità di riuscita.
Se di Aids si muore, non è detto che si debba morire dall’ Hiv, il quale può convivere
con il corpo per parecchi anni, come avviene per altre malattie, a patto però che questo
corpo sia messo nella possibilità di difendersi. Si sa che ogni “buco” in più, ogni giorno
trascorso nell’ansia di procurarsi la “dose”, ogni sana pietanza sottratta all’alimentazione,
sarà un passo in avanti verso la morte. E rifletta bene il drogato, che muore senza avere
praticamente vissuto, dopo avere distrutta la vita dei suoi famigliari e arricchito degli spregevoli spacciatori che con i suoi soldi e con quelli dei disgraziati come lui, si concederanno ogni benessere possibile. Vale dunque la pena di continuare per questa strada?
Ecco, più che informare spiegando nei minimi particolari la sintomatologia che
dovrebbe secondo me, riguardare il medico curante (vedi la tragedia di Montorio Veronese in cui l’interpretazione errata dei sintomi ovunque descritti hanno portato a dei suicidi), io punterei sulla prevenzione e sui consigli che insegnino agli infetti come difendersi.
Chissà che dopo averli letti o ascoltati innumerevoli volte, qualcosa possa rimanere in testa
ed essere poi messo in pratica.
Enorme importanza acquisterebbe a questo punto un radicale cambiamento dei servizi pubblici e del volontariato che, modificando la prassi finora seguita, dovrebbero adeguarsi all’emergenza del momento studiando insieme una strategia per avvicinare i tossicodipendenti e offrire loro volontà e capacità di aiutarli. Il drogato deve trovare fiducia in
loro e sentirsi stimolato ad iniziare una terapia e sostenuto, qualora la sua volontà avesse
a venir meno. Quando sente in sé, magari confusamente, il desiderio di cambiare, dovrebbe trovare subito la struttura pronta ad accoglierlo; invece, purtroppo, si perde tanto
tempo con i “famosi” colloqui che, il più della volte vanificano la debole determinazione
che, se ben gestita (anche forzatamente, se occorre), potrebbe rinvigorirsi e raggiungere
l’obiettivo della riabilitazione.
Con questo, non voglio insegnare il mestiere a chi è abilitato per farlo ma, come madre,
sono convinta che volendo, si possono compiere veri miracoli. Un esempio ce lo dà chi da
anni opera con coraggio rifiutando gli schemi tradizionali.
Questo secondo me si dovrebbe fare, o almeno tentare. Invece si continua lasciare al tossicodipendente la facoltà di drogarsi, nel rispetto della “libera scelta”. Così lui si sente protetto dalle stesse leggi e continuerà ad incrementare il “mercato” approfittando della “dose
personale”, tessendo una rete capillare tanto redditizia per gli spacciatori, quanto diabolica per lui che, come loro, diventa a sua volta venditore di morte.
Questa è infamia, checché ne dica il drogato che riserva questo aggettivo a chi rivela il
nome di qualche complice.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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Perciò io, tossicodipendente, conoscendo tutto questo, se voglio salvarmi devo eliminare le
cause che mi deteriorano. Non usando più droghe compio il primo passo verso la salvezza.
Non sostituendo alle droghe farmaci, psicofarmaci e alcolici, compio il secondo passo verso
la salvezza. Alimentandomi correttamente e costantemente aggiungo un terzo passo verso
la salvezza. Facendomi controllare da medici competenti aggiungo un altro passo verso la
salvezza. Eliminando le cause di stress: accorcio il cammino che mi separa dalla salvezza.
Tutto questo devo sapere e tenere sempre a mente.
Se in tanti anni di tossicodipendenza ho tentato più volte di guarire da solo e non ci sono
riuscito devo avere l’intelligenza di capire che ho bisogno di un aiuto esterno: perciò mi
devo rivolgere a chi mi può aiutare.
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Immaginando che i miei consigli difficilmente si sarebbero concretizzati, ho deciso per mio conto, con la consulenza sanitaria del prof. Ielasi, di pubblicare un piccolo pieghevole, per arrivare ai tossicodipendenti sieropositivi
mediante medici di base e farmacie.
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Il Giornale di Vicenza - 23 gennaio 1987
Presentato a Milano il Coordinamento nazionale della famiglie
Un ultimatum a Roma per vincere la droga
Presente anche il comitato di solidarietà di Vicenza
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Il Gazzettino - 23 gennaio 1987
Solidarietà solo dal Sindaco e dal Vescovo
Droga - Senza sponsor il Comitato Vicentino al convegno nazionale
Sintesi: Nasce oggi a Milano il coordinamento nazionale anti-droga, un importante organismo che
vedrà impegnati rappresentanti di tutti i capoluoghi d’Italia nella lotta contro la droga e, di riflesso,
nella grande battaglia contro l’Aids.
Anche il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti va a Milano con una sua rappresentanza guidata dalla presidente Olga Dalla Valle. Accanto agli operatori e ai volontari del settore, era stata richiesta la presenza di uno “sponsor”, un personaggio in vista che si impegnasse a “presentare” ufficialmente la delegazione e che fosse il porta-bandiera di un discorso umanitario. A Vicenza, purtroppo, nessuno ha aderito all’appello lanciato dal comitato vicentino. Una lettera del vescovo
di Vicenza mons. Onisto e un telegramma del sindaco Corazzin saranno le voci dei vicentini. (…)
✧
La Repubblica - 24 gennaio 1987
Nasce un coordinamento nazionale
“Così salveremo i nostri figli drogati”
Milano – (s.g.) “ I familiari dei tossicodipendenti sono liquidati in quanto emotivi. Siamo emotivi, è vero, e con ciò? Abbiamo formato e continuiamo a formare l’unico argine contro la diffusione
della droga e della disperazione, insieme con quattro preti e qualche amico da sempre disposto alla
difesa dei diritti civili”.
Così parla Piera Piatti della Lenad durante la presentazione del coordinamento nazionale antidroga,
un’associazione privata che riunisce 36 gruppi di famiglie e circoli cittadini radicati in tutto il Paese.
Un’associazione nata per affrontare, col maggiore peso possibile, gli interlocutori pubblici sui problemi dell’assistenza, la prevenzione e la modifica della legge 685 che, non punendo il consumatore, sancisce di fatto una forma di liberalizzazione della droga.
“Occupati di droga prima che se occupi tuo figlio” è lo slogan del Cna”. Poiché la mappa della tossicodipendenza ricalca, il Italia, quella dell’Aids, lo slogan sta a significare anche: “occupati di droga
se vuoi frenare il flagello del secolo”. Nella latitanza governativa degli anni scorsi, le associazioni dei
familiari dei tossicodipendenti sono state tra i primi organismi a diffondere informazioni sulla nuova
malattia.
Si calcola che i tossicodipendenti, in Italia, siano 250.000. sempre più spesso alla droga si arriva
anche prima dei 14 anni. Cala il consumo dell’eroina, sostituita dalla micidiale combinazione dell’alcool o anfetamine o psicofarmaci, soprattutto benzodiazepine: bombe che portano non allo scippo ma ad azioni di gravissima violenza fine a se stessa, come si è purtroppo visto negli stadi. (…)
✧
Avvenire - 24 gennaio 1987
Droga: legge da cambiare o referendum
(…) Il segretario nazionale, il magistrato torinese Gian Giulio Ambrosiani ha illustrato le linee d’intervento del nuovo organismo, tenuto a battesimo da don Pierino Gelmini, fondatore delle 52
comunità “Incontro”, dallo psichiatra professor Madeddu e dall’on. Gerolamo Pellicanò. “È fonda– 75 –
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mentale unirsi – ha affermato don Pierino Gelmini. (…) Se entro febbraio non usciremo da questo impasse – ha detto tra gli applausi - indiremo un referendum abrogativo della legge 685”.
✧
La Stampa - 24 gennaio 1987
Nasce un comitato nazionale - Sos di famiglie contro la droga
Si chiede una riforma legislativa
Il problema droga non tocca soltanto chi usa stupefacenti, né le statistiche che contano i morti per
overdose. La droga quando irrompe in una famiglia crea uno sconquasso spaventoso, mette i figli
contro i genitori, riduce gente benestante sul lastrico, spinge persone equilibrate a gesti inconsulti.
È un aspetto considerato marginale perché si preferisce (meglio, si è finora preferito) enfatizzare il
rapporto fra istituzioni e tossicodipendenza o tossicodipendente. Eppure sulla punta della siringa
non si gioca soltanto la pelle di chi ne fa uso, ma anche quella di migliaia di famiglie che non sanno
come far uscire il figlio dal tunnel. (…) Le istituzioni pubbliche non hanno fornito strumenti. (…)
✧
Il Giornale - 24 gennaio 1987
Chiesta la modifica della legge sugli stupefacenti
I familiari dei tossicodipendenti: politici e Usl ci prendono in giro
“Ci mettono tutti i bastoni tra le ruote: le Usl non inviano i tossicodipendenti alle comunità, i magistrati riportano in carcere che è in cura o è tornato alla vita normale e il Parlamento non modifica
la legge 685 sulla droga”. Questo in sintesi l’appello lanciato dal Coordinamento nazionale antidroga (Cna) che raggruppa la maggioranza delle associazioni famiglie di tossicodipendenti. “L’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti del problema sta calando – ha detti il magistrato torinese
Gian Giulio Ambrosiani, segretario nazionale del Cna – ma in Italia si continua a morire. (…) Chi
viene trovato in possesso di una sola dose d’eroina deve essere posto di fronte a un’alternativa: o
entrare nei centri di riabilitazione o il carcere”. A questo proposito esistono ben 13 progetti di riforma insabbiati nei meandri parlamentari.
Il coordinamento ne vede di buon occhio uno in particolare: quello presentato dal deputato repubblicano Gerolamo Pellicanò che oltre a cancellare il concetto di “modica quantità” prevede fra l’altro la creazione di strutture alternative al carcere. (…) Quello che emerge dalle parole di tutti gli
appartenenti al coordinamento è una profonda sfiducia nei confronti delle strutture pubbliche “Che
promettono e propagandano terapie differenziate per ogni singolo drogato, senza spiegare quali
siano queste terapie”. Anche l’esercito è visto come un potenziale creatore di tossicodipendenze.
✧
L’Osservatore Romano - 26 gennaio 1987 - Da Milano un appello
Contro la droga genitori uniti
Al circolo della Stampa di Milano non è stata presentata nei giorni scorsi una nuova e vuota sigla
che si aggiunge a tante altre più o meno utili: C.N.A. (Coordinamento Nazionale Antidroga), ma
invece l’espressione di tante associazioni di famiglie dei tossicodipendenti e comitati cittadini antidroghe provenienti da tutta Italia e che attualmente ne raccoglie ben 33. Dalla base, specialmente
dalle famiglie, è nato un movimento di coinvolgimento che è partito dalle situazioni individuali per
allargarsi a quelle più ampie della convivenza civile.
L’appello dei genitori italiani “Occupati di droga prima che se ne occupi tuo figlio” è diventato
mobilitazione sociale sul problema della diffusione della droga e sulla carenza di leggi e mezzi per
arrestarne i devastanti effetti. (…) È’ un passo in avanti, è la risposta matura di un cammino di
numerose famiglie italiane che si sono unite per affrontare insieme e meglio uno dei flagelli più gravi
della società contemporanea.
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Lettera (firmata) di un padre vicentino inviata a Il Giornale - 7 marzo 1987
Un problema di tutti
Egregio direttore,
sono il padre di un ragazzo che, come tanti, anzi, sicuramente troppi, è scivolato nel terribile tunnel della droga.
Il 10 giugno ’80, ci è mancato un secondo figlio di 27 anni (sanissimo prima), in 42
giorni, ammalato e morto di un tumore fulminante. Si rende conto cosa vuol dire perdere
una creatura questo modo? Eppure il dolore, lo strazio, il terrore, la tragedia per una famiglia che ha un suo caro coinvolto in quella terrificante spirale che è la droga è sicuramente
peggiore che perderlo per malattia. Al destino, anche se tragico ci si rassegna anche; ma il
sapere che un giovane deve rubare anche per acquistarsi la morte, magari in tempi più lunghi, questo non mi da un istante di pace. Un genitore si spegne ora per ora, giorno per giorno allo stesso modo del figlio tossicodipendente. Dopo qualche anno d’inferno il nostro
figlio maggiore ha trovato ospitalità in casa Muccioli a S. Patrignano dal 17 febbraio.
Conosco la sua grande sensibilità, la sua massima disponibilità al problema che vede coinvolti migliaia di ragazzi con le loro famiglie. So anche che lei ama dire pane al pane e vino
al vino. Vorrei parlare non tanto di chi è Vincenzo Muccioli (è arcinoto) uomo dal cuore
gigantesco, dico io, piuttosto di quello che ha fatto Muccioli e di quanto sta facendo.
Da quando nostro figlio è ospite nella sua Comunità, il sole è ritornato a splendere, si
è ripreso a vivere, io, personalmente ho drasticamente ridotto i cardiotonici, i diuretici,
insomma, mi pare di essere un altro uomo. Ecco: seicento e più giovani stanno cercando la
vita con Vincenzo, stimato che, mediamente ogni famiglia sia composta di 5 persone, risultato: con Vincenzo siamo sicuramente più di 2400 persone a beneficiare di questa gigantesca opera. Perché, oltre ai loro, ospiti, noi, nelle nostre case godiamo gli stessi benefici.
La mia non vuole essere una lettera che aspetta una risposta e meno ancora intendo
farmi notare per che sa quali intenti. Spero solo di leggere più avanti magari un servizio
mirato a far capire a chi sta in alto che non è solo di Muccioli, di noi genitori, dei giovani, la tragedia droga, ma è di tutti.
✧
Il Giornale di Vicenza - 8 marzo 1987
Mimose di solidarietà alle mamme che lottano
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Vicenza 12 marzo 1987 - Lettera consegnata al presidente dell’Ulss n. 8 De Boni
Signor presidente,
innumerevoli e gravi sono i danni che la droga ha determinato nelle famiglie colpite, e pur
essendo diversificati gli uni dagli altri, nell’insieme del contesto acquistano un’unica identità.
Inizialmente le fratture colpivano le fasce affettive, psicologiche e sociologiche del problema, alle quali in seguito si sono inevitabilmente aggiunte quelle riguardanti la salute, a
causa dell’intossicazione e del logorio subito dall’organismo con l’assunzione continua di
sostanze stupefacenti e di psicofarmaci. Se la patologia di questo abuso una volta poteva
culminare con l’epatite o nei casi più gravi con la cirrosi epatica, ora può concludersi con
l’Aids e mettere a repentaglio oltre che la vita stessa del drogato, anche quella di persone
che non appartengono alle cosiddette fasce a rischio.
Nemmeno la paura di questa malattia ha posto un freno all’uso di droghe, anzi! Infatti quest’anno se ne è registrata una recrudescenza che ha colto di sorpresa certi politici
che, ottimisticamente credevano che questo fenomeno stesse scemando; invece stava solo
trasformandosi.
Dall’estate dell’anno scorso, ai primi dell’87 si sono avute 16 morti per overdose in più
del corrispondente periodo ‘85/86. Inoltre si sono registrati numerosi suicidi e decessi
causati da incidenti stradali tra giovanissimi. Chissà quanti di loro guidavano sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti!
Cosa è stato fatto in tanti anni per aiutare i tossicodipendenti e le loro famiglie? Molto
poco! E quel poco in modo slegato, non realistico,burocratico e spesso vincolato da regole e concetti sterili.
A questo punto dobbiamo riconoscere che i metodi fin’ora usati sono stati infruttuosi
e perciò urge tentare vie nuove.
Si calcola che i tossicomani a Vicenza siano non meno di 3 mila, il servizio ne ha seguito a tutt’oggi 1.058; e gli altri?
Il tossicodipendente è da sempre abbandonato a se stesso con l’avallo delle leggi che
per “tutelare” la sua libertà di cittadino, tollera il suo lento suicidio, permette la disgregazione della sua famiglia, lo porta a diventare un delinquente fintanto che, preso in flagranza di reato, per salvaguardare gli altri ma non per salvare “lui drogato” lo rinchiude in carcere. Perché non intervenire prima che si instauri una cronicità difficilissima da curare,
offrendogli, o se necessario imponendogli una cura, tanto più se questa viene richiesta dai
familiari? È a questo punto che i genitori si sentono terribilmente soli e impotenti.
In un precedente incontro con l’assessore agli Interventi sociali Zaccaria, gli abbiamo
fatto presente le evidenti carenze nel campo della tossicodipendenza, e siamo giunti alla
conclusione di ritenere necessaria l’istituzione di un servizio di pronta accoglienza che il
Comune aveva progettato nella delibera per le tossicodipendenze ancora nel 1982. Per
rendere fattibile questa realtà è necessaria però la collaborazione tra Ulss e Comune; collaborazione che per la verità fino ad ora ha lasciato alquanto a desiderare.
La presenza di una struttura di pronta accoglienza è una necessità che offrirebbe ai giovani drogati che decidono la riabilitazione, di entrarvi senza dovere aspettare lungo tempo,
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sottostando ai famosi “colloqui” che molte volte finiscono con l’esaurire la loro ben nota
fragilità di determinazione.
Un’altra necessità è costituita dalla mancanza di un progetto di reinserimento. I giovani che escono dalle nostre comunità non hanno, nella maggioranza dei casi, né un diploma, né una professionalità lavorativa. Trovare lavoro a questo punto diventa abbastanza
difficile; si devono accontentare di svolgere attività di facchinaggio, ma, debilitati fisicamente come sono dopo anni di droga, è praticamente impossibile conservare il posto e
prima o poi, sfiduciati, ritorneranno in mezzo alla strada con la solita siringa in mano.
Queste sono le urgenze ormai improrogabili; se studiate bene e messe in atto con professionalità, copriranno altre lacune e renderanno attuabile il progetto per aiutare veramente i drogati e le loro famiglie.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
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Il Gazzettino - 7 aprile 1987
Una sconvolgente denuncia dei ragazzi delle medie superiori
E adesso a scuola si fuma hashish!
La presidente del Comitato di solidarietà:” Lo diciamo da anni, ma nessuno ci ascolta”
Sintesi – Nelle scuole si fuma l’hascisc. A far uso delle sostanze stupefacenti sono i ragazzi delle
superiori , ma anche quelli dell’ultimo anno delle inferiori. È un allarme che si sta diffondendo a
macchia d’olio e a parlarne sono proprio loro, i giovani. Il primo allarme è nato già qualche anno
fa, quando un’insegnante della scuola media inferiore aveva lanciato una denuncia precisa, “almeno
5 o 6 sei ragazzi della sua classe fumavano regolarmente sigarette drogate”. Fu fatto un po’ di polverone, ma poi tutto fu messo a tacere. Ma quello non era un caso isolato.
Adesso a parlarne non sono gli insegnanti, ma i ragazzi, supportati dal Comitato di solidarietà con
le famiglie dei tossicodipendenti che da tempo cercano risolvere il problema.
Da una nostra indagine risulta che almeno il 10 per cento degli studenti delle medie superiori fuma
hascisc e canapa indiana (secondo alcuni i dati però sono in difetto). Vengono riforniti da compagni e non fanno alcuna fatica, c’è disponibilità e i prezzi sono bassi; una sigaretta costa dalle 8 alle
10 mila lire.
Il fenomeno sembra passare inosservato sia dagli insegnanti, che dai genitori. “Per noi non è una
novità, sono anni che cerchiamo di denunciare questo scottante problema, ma non ci ha mai ascoltato nessuno. A partire dalla scuola che preferisce chiudere gli occhi e non vedere certi problemi”Dice Olga Dalla Valle presidente del Comitato di solidarietà – “Sappiamo che i ragazzi ne parlano,
sappiamo anche che c’è stato qualcuno che ha cercato di fare delle denunce, ma hanno sempre trovato un muro di gomma”. A fare paura è sempre la droga pesante, l’eroina e cocaina, ma è proprio
con l’hascisc che un giovane comincia ad imboccare il terribile tunnel. “ Non tutti quelli che fumano gli spinelli passano poi alla droga pesante, ma è certo che tutti quelli che si bucano hanno cominciato con gli spinelli - spiega la signora Dalla Valle.
Ma per la scuola parlare di questi problemi significa gettare discredito sull’istituzione”(…)
✧
Lettera inviata a “Il Giornale” di Montanelli e pubblicata il 30 aprile 1987 con il titolo:
Un malinteso senso di libertà
Caro direttore,
pochi giorni fa, un giovane di 27 anni, noto tossicodipendente, è morto forse per overdo– 79 –
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se, certamente perché debilitato dall’abuso di droghe, farmaci e alcolici. Questo giovane
ha fatto uso di quella “libertà” individuale che permette la “libera scelta” nel campo della
droga non solo ai maggiorenni, ma anche ai minorenni.
In poche parole, questa dovrebbe essere stata la morte di un uomo libero; ma questo
uomo libero si è trovato a morire drammaticamente solo in uno squallido cesso di un anonimo bar.
Qualcuno con un piccolo sospiro di sollievo avrà detto: un balordo di meno, e si riserverà altri sospiri per un prossimo futuro quando altri emarginati ma “liberi”, saranno vittime di overdose, collassi da farmaci e Aids. Sono ormai 20 anni che la droga ha ramificato le sue radici profonde in tutta l’Italia, causando drammi e morti; ma ancora lo Stato
si ostina a tollerare questa situazione senza programmare un piano mirato per combatterla drasticamente. Ne è un esempio la proposta di modificare la legge 685 sulla modica
quantità che da anni giace in qualche cassetto ministeriale.
Io trovo assurdo persistere con il concetto di libera scelta, perché si può parlare di libera scelta solo quando questa è fatta da persone mature che sanno valutare e ponderare i
pro e i contro. Ma un ragazzino di 13/14 anni, con l’incoscienza tipica dell’età, e per cause
che ora sarebbero troppo lunghe da elencare, può finire invischiato nella droga quasi senza
accorgersene, convinto di potere smettere quando lo vorrà. Purtroppo questa convinzione è lunga a morire e si trascinerà per anni e anni e a volte fino a una morte prematura.
Come si può parlare di libertà in questa situazione di dipendenza? Non è più umanamente giusto imporre una cura privando il drogato della sua deleteria e alquanto fasulla
“libertà” fintanto che non sarà affrancato dalla schiavitù della droga restituendolo veramente libero alla società? Oppure questa società ha qualche recondito e malvagio interesse nel mantenere in vita questa piaga?
A questo punto, se molti genitori stanno a guardare con indifferenza, perché non toccati direttamente dal problema, è inammissibile constatare che molti di coloro che lo vivono restino passivi e rassegnati, incapaci di reagire.
E in questo contesto i politici si dilettano in “spettacolosi giochi di prestigio” e da bravi
professionisti fanno uscire dal cilindro o meglio, dallo “Stivale”, fior di miliardi per coprire le spese delle elezioni anticipate ed eventuali referendum.
Denaro che non si trova per combattere la droga e l’incalzare dell’Aids.
Esporre i giovani alla mercé di vili spacciatori di morte, non intervenire di autorità
quando la dipendenza si è appena instaurata e più facilmente curabile, lasciare loro toccare il cosiddetto “fondo” (e poi, cos’è il “fondo”? E’ abbruttirsi, conoscere il carcere, ammalarsi di Aids, morire in un cesso?), per un malinteso senso di libertà è cosa indegna di una
società che vuole essere civile.
Per il Comitato di solidarietà fam. di tossicodipendenti di Vicenza, Olga Dalla Valle
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Vicenza 16 maggio 1987
RELAZIONE PRESENTATA AL CONVEGNO PROVINCIALE DELLA D.C.
SUI TEMI DELL’ASSISTENZA E DEL VOLONTARIATO
Sintesi:
Droga e carcere problemi di tutti: Parole o fatti?
Droga, perché? Quali motivazioni conducono alla droga?
Di droga si muore! Perché rinunciare alla vita
Concause: Materialismo, superficialità, consumismo, caduta di valori, arrivismo, egoismo, personalismo, mancanza di validi modelli, incapacità di trasmettere chiari messaggi, crisi della famiglia, della scuola, della comunità parrocchiale.
Il tutto ha portato ad una società frammentata che induce i giovani a vivere esperienze temporanee isolate, senza progettazione riguardante la propria esistenza, avvertendo
anzi, un’oscura paura dell’oggi e del domani che toglie loro motivazione di validi impegni programmati, soprattutto nei soggetti più fragili. Umanamente il problema droga
è riconosciuto come problema di tutti, ma spesso questa affermazione rimane un semplice slogan; per alcuni è un problema perché costituisce un pericolo, per altri un motivo pietistico, per altri ancora un problema per i costi che da esso ne derivano.
In realtà deve essere considerato un problema di tutti perché è segno del degrado della
convivenza sociale.
Analisi – Vicenza e provincia: Come affrontare il problema?
È difficile calcolare con esattezza quante siano le persone che fanno uso di droghe. La
tossicodipendenza in questi anni è cambiata perché è cambiato il modo di drogarsi;
sono rimasti pochi i barbuti cappelloni con l’espressione del viso eternamente spenta,
oggi il tossicomane studia, lavora ed è inserito nella società, ha imparato a gestirsi. Ora
lo “sballo” si fa a fine settimana e all’occorrenza negli altri giorni si usano farmaci e psicofarmaci. Questo finché avrà denaro, poi si dovrà arrangiare con scippi, ruberie, piccolo spaccio, ricettazione, prostituzione, entrando ed uscendo dal carcere in continuazione. Si è abbassata l’età in cui i minorenni iniziano ad assumere questa sostanze – si
sono viste siringhe nelle toilette della scuola dell’obbligo – nonostante l’espandersi dell’Aids.
Dal suo inizio ad oggi il Servizio – socio sanitario per le tossicodipendenze si è interessato di 1060 giovani, 607 utenti dell’Ulss n. 8 e 453 appartenenti alle Ulss della provincia; in verità per avere un numero più vicino alla realtà si dovrebbe moltiplicare per
cinque. Questo dimostra il sottofondo della situazione; gli anonimi consumatori resteranno tali finché non avranno problemi di salute o giudiziari.
Purtroppo le famiglie si accorgono quasi sempre in ritardo di quanto succede ai propri
figli e quasi sempre in modo traumatico, perché il loro comportamento anomalo viene
interpretato come una caratteristica dell’età evolutiva. A questo punto, il figlio che
avrebbe bisogno di un aiuto ben determinato si ritrova con genitori impreparati e spaventati che in buona fede commetteranno vari errori, finché non contatteranno operatori specifici.
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Prevenzione - Famiglia, scuola, comunità parrocchiale:
E’ norma riconosciuta da sempre che prevenire è meglio che curare, anche perché la cura
può risultare inefficace; così è anche nel caso della tossicodipendenza, quando si sarà
instaurata nell’individuo, eliminarla sarà impresa quasi disperata.
La prevenzione deve iniziare in età prescolare e deve coinvolgere famiglia, insegnanti e
qualsiasi altra persona che opera a contatto di bambini e giovani.
Questo compito spetta alla scuola attraverso i Provveditorati scolastici e i consigli di
circolo. Si deve preparare il personale insegnante a trasmettere quei valori che costruiscono una sana personalità e invitare i genitori a dei corsi di informazione per conoscere e gestire i vari problemi riguardanti i propri figli.
La parrocchia deve affiancare la famiglie e la scuola nel processo di crescita del fanciullo creando momenti d’insieme e di solidarietà coinvolgenti tutta la comunità.
La famiglia diventi il centro di attenzione dell’intera società, essendo essa la prima cellula del contesto sociale e i genitori recuperino il ruolo educativo con autorità, credibilità, sicurezza. Si dia vita ad una specifica politica a favore della stessa da parte dei
politici, degli amministratori e degli operatori socio-sanitari, affinché esca dall’isolamento nel quale per troppo tempo è stata relegata.
Nel caso di necessità si mobilitano tutte le forze per dare aiuti concreti senza lasciarsi
sopraffare da intoppi burocratici.
Gli amministratori creino strutture socio-ricreative per il tempo libero, animate da
operatori adeguatamente preparati. Data l’importanza psico-fisica e socializzante dello
sport si potenzino le strutture sportive che non devono essere principalmente agonistiche, ma ricreative e distensive.
Cura – Cosa offre il territorio:
Il servizio medico-sanitario per le tossicodipendenze, articolato com’è non può fornire una
risposta esaustiva al problema droga! Non tutti gli utenti hanno le medesime esigenze.
Inoltre dovrebbe essere operante 24 ore su 24 e disponibile anche ad eventuali interventi d’urgenza su richiesta delle famiglie in grave difficoltà, cui resta solo far riferimento alle forze dell’ordine.
E in questo contesto emerge la necessità di un centro di pronta accoglienza capace di
dare una prima risposta mirata.
Negativa è la promiscuità tra vecchi e nuovi drogati; i primi possono influenzare negativamente i secondi e portarli ad un peggioramento.
Centro Diurno:
Il Centro diurno è la sola struttura dell’Ulss esistente in provincia. Svolge un buon
lavoro, ma è insufficiente ad ospitare un numero maggiore di utenti. Chiediamo perciò che venga ampliato.
Comunità:
Instaurare un collegamento tra tutte le realtà che esistono in provincia in modo che
abbiano a confrontarsi facendo tesoro delle esperienze comuni e agevolare i tossicodipendenti offrendo loro la possibilità di scelte personalizzate per un più completo recupero.
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Carcere:
Il carcere dovrebbe essere una struttura rieducativa, ma di fatto è soltanto punitiva e
repressiva. Il carcerato, oltre non ricevere stimoli positivi, viene a trovarsi a contatto di
soggetti con più elevata pericolosità sociale che possono indurlo ad assorbire e quindi
ad aggregarsi a una cultura ulteriormente negativa che lo può portare alla recidività.
Lo Stato ha emanato leggi valide tra cui quella sulla riforma penitenziale che prevede
interventi per la prevenzione e il recupero, ma non sono applicate.
Il giovane che subisce il primo arresto si trova in un primo tempo esposto attraverso la
stampa, sempre impietosa, al giudizio giustizialista della gente e successivamente privato della possibilità di ricavare da un’esperienza traumatica un motivo per farla diventare positiva.
Nell’ambito del carcere dovrebbe operare una equipe socio-sanitaria in collaborazione
del servizio per le tossicodipendenze per aiutare il recluso a ritrovare se stesso.
Bisogna inoltre considerare il fatto che le famiglie dei carcerati sono completamente
escluse da tutto ciò che concerne la vita dei loro congiunti e in caso anche di gravi problemi, tenute all’oscuro senza alcuna possibilità di intervento. Inoltre si supplisce alla
mancanza di sostegno socio-sanitario con il dare ai detenuti più irrequieti o in astinenza, abbondanti dosi di psicofarmaci che li intossicano ulteriormente aggravando situazioni fisiche e psichiche già compromesse.
Tutto questo nell’insieme porterà ad una maggiore emarginazione e ad un ritorno sulle
strade e sulle piazze.
Un capitolo a parte riguarda il problema tossicodipendenza e Aids. La situazione è in
continuo aggravamento, ma ciò nonostante la divisine Malattie Infettive del nostro
ospedale continua ad operare in modo precario per l’insufficienza di organico e di
camere di degenza, nonostante le varie istanze fatte pervenire dal mio Comitato ai vari
organi preposti.
RICHIESTA PANORAMICA DELLE RISPOSTE DI PREVENZIONE,
DI CURA E DI REINSERIMENTO
CHE VICENZA E PROVINCIA DOVREBBERO DARE AL TOSSICODIPENDENTE
1 - Attuazione della prevenzione contemplante i campi testé citati.
2 - Potenziamento dei servizi territoriali per le tossicodipendenze e ospedalieri.
3 - Immediata istituzione di un centro di pronta accoglienza.
4 - Ampliamento del Centro diurno dell’Ulss 6 ed eventualmente dove ce ne sia la necessità.
5 - Potenziamento delle comunità esistenti con presenza costante di operatori socio-sanitari dell’Ulss aventi il compito di collegamento e di verifica. Rendere le stesse accessibili anche alle ragazze che fino ad ora ne sono estromesse.
6 - Rendere le Comunità Terapeutiche idonee oltre alla riabilitazione psico-fisica anche a
quella sociale, offrendo ai giovani la possibilità di frequentare corsi di Arti e mestieri e
a coloro che avendo interrotti gli studi a causa della droga, sia offerta la possibilità di
completarli.
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7 - creare cooperative di lavoro condotte da operatori responsabili e competenti.
Testo di Olga Dalla Valle con la collaborazione di Marina Verlato (V commissione del Comune) e il
gruppo di approfondimento costituito da: on. Giuseppe Saretta, dott. Carlesso, Anna Serra, Pozza
Annamaria, Zeffira Barbuiani, Giuseppe Scanagatta, Gerolimo Toniolo, Annamaria Bianco, Gianna
Brunello.
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Il Giornale di Vicenza - 12 giugno 1987
Proposte del Comitato di solidarietà, che si adopera per istituire un centro di inserimento
Recupero dei tossicodipendenti - Il modello è San Patrignano
Una delegazione vicentina visita la comunità di Muccioli per prendere ispirazione e idee.
Sintesi - Per combattere il flagello della droga, per recuperare quei giovani che intendono uscire
dal “giro” esistono in città piccole comunità, organizzazioni di volontari, qualche cooperativa, incoraggiate dagli enti locali. Da alcuni anni è sorto il “Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti”, che si adopera come può, ma certamente le possibilità sono limitate. Idee e iniziative non mancano al comitato che da tempo auspica l’istituzione di una struttura che possa essere adeguata alla situazione esistente nel vicentino e cercare di fronteggiarla.
Il comitato, presieduto da Olga Dalla Valle, ha così promosso una visita alla Comunità di Muccioli a San Patrignano coinvolgendo nell’iniziativa anche i politici che si interessano di assistenza. Così,
una folta delegazione vicentina composta dal consigliere regionale Giuseppina Dal Santo, dal presidente dell’Ulss 8 De Boni , dall’assessore agli interventi sociali del Comune Marino Quaresimin, dal
consigliere comunale Marina Cogato, dal capogruppo consigliare Dc in sala Bernarda Achille Variati, dal dott. Balestra responsabile del Servizio per le tossicodipendenze, dai dott. Ghirardi, Gelain,
da rappresentanti sindacali della Cisl e della Uil, da alcune madri di tossicodipendenti e da Momi
Toniolo che in città ha creato la comunità “Vita Nuova”, oltre a Olga Dalla Valle, la vice presidente del Comitato Anna Serra e la segretaria Zeffira Barbuiani. La delegazione si è recata a S. Patrignano dove è stata ricevuta dal creatore della Comunità per il recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti Vincenzo Muccioli.
Lo scopo principale della visita a S. Patrignano è stato quello di constatare l’efficacia e la validità di
una formula tradotta in una struttura che ha già dato e continua a dare risultati positivi. C’era anche
un altro motivo: prendere qualche ispirazione per potere creare a Vicenza una struttura simile, ma
naturalmente di dimensioni molto più ridotte. (…) Il presidente dell’Ulss De Boni ha così commentato la visita: ”a S. Patrignano sono ospitati 6oo tossicodipendenti di cui 250 sono agli arresti domiciliari. L’occupazione è la terapia principale e nella comunità si svolgono una quarantina di attività
diverse molto bene organizzate: allevamento di cavalli, di pecore, di mucche, falegnameria, restauro
di mobili antichi, vitivinocoltura, pellicceria e si fanno anche il pane per tutta la comunità che oltre
agli ospiti ha anche un centinaio di unità di personale. Un centinaio di giovani va fuori a frequentare le scuole e anche l’università. Muccioli ci ha riferito che mediamente ne scappano due o tre per
notte, ma vengono immediatamente rimpiazzati perché c’è una lunghissima lista di attesa. A S. Patrignano sono già stati recuperati completamente ben 2500 giovani. La permanenza media è di tre anni
e trovano ospitalità anche una quarantina di bambini figli di tossicodipendenti. (…) Noi in confronto a questa comunità siamo a livello pionieristico molto affidato al volontariato. Questa visita costituisce un primo approccio per capire e affrontare il problema per compiere poi il passo successivo.
Dopo avere vagliato tutto, trovare una struttura adeguata per ospitare una cinquantina di persone
non dovrebbe essere difficile per noi”.
Anche l’impressione di Olga Dalla Valle è positiva:” Noi del Comitato abbiamo voluto coinvolgere
nella visita i nostri amministratori, affinché si potessero rendere conto del poco che esiste a Vicenza
e di fronte a tante iniziative potessero fare un pensierino per realizzare qualcosa anche da noi. S.
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Patrignano mi dà l’impressione di una cittadina medievale trasferita nella nostra era: fanno del pane
che ha il profumo di una volta, producono generi alimentari per loro uso e svolgono varie attività
con competenza. Da questa comunità potremmo trarre insegnamenti preziosi”. (…)
Per il momento è stata espressa la volontà di creare il centro di reinserimento auspicato dal Comitato di solidarietà.Quali potranno essere i tempi per la realizzazione concreta? Non si possono azzardare previsioni.
g.f.
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Il Giornale di Vicenza - 24 giugno 1987
Una lettera del Comitato famiglie denuncia il caso di Lino
Questa la lettera aperta indirizzata dalla presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti al giudice Gian Nico Rodighiero e al dott. Achille Variati, consigliere delegato dell’Ulss per le tossicodipendenze.
Egregio Giudice e gentile dott. Variati
Dei fatti penosi accaduti a un tossicodipendente di 23 anni che da tre mesi e mezzo si
trova rinchiuso nel carcere di S. Pio X, mi costringono inviare loro questa lettera, sicura
di ricevere una risposta che mi permetta di dare una solidarietà concreta alla madre di questo giovane che si è rivolta al Comitato che io presiedo, in cerca di aiuto. Ed ecco i fatti:
Nel mese di aprile, detto giovane è stato colpito da una emorragia interna le cui cause
non sono ben chiare. La madre, venutane a conoscenza per via “indiretta”, ha cercato invano di essere messa al corrente sulle reali situazioni fisiche del figlio, ma ha soltanto ricevuto una risposta che voleva essere tranquillizzante, ma che tale non era: ”Suo figlio sta bene”.
A una sua successiva visita in carcere, lo ha trovato molto dimagrito, molto agitato e
spaventato per quanto gli era successo e che lui ricordava in modo confuso.
Il giorno 14 giugno, questo stesso giovane ha tentato di suicidarsi facendosi dei tagli
su un braccio; portato in ospedale ha ricevuto numerosi punti di sutura, quindi ha fatto
ritorno nella sua cella. Il giorno 17 ha messo in atto un secondo tentativo tagliandosi l’altro braccio; altri punti di sutura all’ospedale e questa volta colloquio con una psichiatra,
poi nuovo ritorno in cella. La madre, ufficialmente sempre all’oscuro di tutto, ha avuto
queste notizie da persone estranee al carcere.
Recatasi nuovamente a visitare il figlio, lo ha trovato ulteriormente dimagrito (circa 10
kg. complessivi), con un braccio gonfio, con la bocca storta e sotto l’effetto di psicofarmaci. A questo punto non si può proprio pretendere che la madre stia tranquilla.
Io mi domando come la nostra “Giustizia” possa permettere che questi giovani, ammalati più nello spirito che nel corpo, siano lasciati privi di una assistenza specifica. Dove si
è arenato quel bel progetto al quale lei stesso, Giudice Rodighiero aveva dedicato tanto
tempo in seno alla consulta per le tossicodipendenze e che prevedeva una equipe sociosanitaria all’interno del carcere? Sono anni che invochiamo leggi appropriate per risolvere
il cancro della droga, ma ancora non siamo riusciti ad ottenere un nulla di fatto. Le famiglie sono continuamente inascoltate e lasciate nel più completo abbandono e solo Dio sa
quanti drammi si consumano nel silenzio e nello sconforto più profondo.
Lo Stato impone ai genitori il risarcimento dei danni commessi dai figli, ma non provvede a soccorrere chi si rivolge a lui chiedendo un sacrosanto aiuto. Non è con l’indiffe– 85 –
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renza e l’abbandono che noi possiamo recuperare i tossicodipendenti, ma offrendo loro la
possibilità di una cura e strutture adatte che li portino ad affrancarsi dalla schiavitù della
droga. Oltre ad una loro risposta competente e chiarificatrice, mi auguro che esista da
parte degli organi preposti alla soluzione di questo grave problema, una volontà d’impegno che veramente ci aiuti ad andare avanti nella nostra pesante battaglia quotidiana.
Olga Dalla Valle
Purtroppo questa storia si è conclusa, com’era prevedibile, in un’altra tragedia!
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Il Giornale di Vicenza - 1 luglio 1987
Ritorna il conflitto carcere – droga
Drammatici interrogativi dopo il tentato suicidio di un giovane tossicodipendente
“solo” dietro le sbarre - Quattro ragazzi stanno per essere “affidati” alle comunità
Ma il ministero non fa decollare l’èquipe sociale a S. Pio X
Sintesi: La notizia dell’imminente affidamento in prova di quattro tossicodipendenti vicentini e
la lettera denuncia del Comitato di solidarietà delle famiglie ripropone la discussione del problema
dei drogati in carcere.
Da un lato il tentativo di socchiudere spiragli di “risalita” con l’attuazione della legge 633/86 che
prevede l’uscita dal carcere di alcuni tossicodipendenti per i quali si fa garante il servizio sociale; dall’altro la storia di Lino, 23 anni, da otto schiavo della siringa, ripetute condanne per furti e guida
senza patente, che ha tentato per due volte il suicidio in quest’ultimo mese e che non sembra reagire più né psicologicamente né fisicamente al degrado. La madre ha lanciato un ultimo disperato
appello al Comitato vicentino perché si faccia portavoce della sua vicenda e soprattutto perché vengano chiarite le modalità con le quali suo figlio viene curato nel carcere di S. pio X. (…) “Sono andata a trovarlo – racconta la signora – l’ho trovato malissimo, abbattuto, deluso. Mi ha assicurato che
non tenterà più di uccidersi, ma non so se credergli. Dopo la sua fuga da S. Patrignano è stato dentro e fuori dal carcere, davanti a sé ha un anno da scontare, ma così non può farcela. (…) Il direttore del carcere, pur cortesemente, mi ha detto che il ragazzo è maggiorenne e lui non era tenuto ad
avvisare la famiglia. (…) Mi sono rivolta al Comitato perché ho trovato comprensione. (…) Mi dicono che è diventato violento, aggressivo, non lo riconosco più. Stare in carcere cosa può servirgli?”.
Fin qui lo sfogo di una madre che si è vista rubare la vita del figlio dalla droga. Poi l’interrogativo
del Comitato al giudice Rodighiero e al dott. Variati. (…) Dopo la recente visita a S. Patrignano
l’Ulss n.8 sta rivedendo la mappa delle risposte locali alla tossicodipendenza per “aprire una nuova
stagione di progettualità” .
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Il Giornale di Vicenza - 7 luglio 1987
Deceduto un altro giovane colpito da Aids
Sono così salite a nove le vittime
Martino aveva 25 anni, era figlio di una nostra volontaria, ed è stato la prima vittima dell’Aids tra le mamme del comitato. Tutte noi ci siamo strette a lei in un affettuoso e triste
abbraccio; a lei, che tenera e coraggiosa, è stata per tutti chiara testimonianza di fede e
amore materno. Al funerale non ha voluto il suono lugubre delle “campane a morto” ma
i rintocchi solenni del “Gloria”. Anna Serra a fine cerimonia ha dedicato al giovane una
sua poesia.
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Il Giornale - 19 agosto 1987
Il leader radicale rispolvera una sua vecchia idea ed è subito polemica
Pannella: per battere la droga bisogna venderla al supermercato
“Solo in questo modo diminuirebbero mortalità e criminalità legate al consumo di stupefacenti”- Diffidenza tra politici: il Pci Trombadori e il Pli Costa i più negativi
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Il secco no di chi vuole liberarsi dalla morsa degli stupefacenti
Dura replica da San Patrignano: Marco, diventi pericoloso, dimettiti
Secondo Muccioli “ questa proposta è l’espressione più abbietta di sfruttamento”
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Sintesi di un articolo di Salvo Andò ne “Il Giorno” titolato
Ecco a chi giova l’antiproibizionismo
(…) Il promesso atteggiamento ostruzionistico con il quale si vuole ritardare alla camera il cammino del disegno di legge presentato dal governo da un anno non serve certo a migliorare la drammatica situazione della tossicodipendenza nel nostro paese, ma soltanto a far sopravvivere l’attuale legge,
quella della modica quantità, che tanti guasti ha finora provocato. La legge vigente, la 685, si fonda
tutta su una filosofia (quella di punire trafficanti e produttori, ma di chiudere gli occhi sul consumo) che oggi viene vivacemente contestata da tutti, in ogni paese. (…) Si è fatta una campagna
ingiusta contro di noi (psi) e contro una proposta di legge, gratuitamente presentata come forcaiola. E ciò solo perché abbiamo detto che gli attuali presidi legislativi, che i nostri avversari difendono, hanno portato alla tossicodipendenza di massa.
La “repressiva” proposta di legge del governo prevede per chi è consumatore di droga, e null’altro, il
ritiro della patente e altre sanzioni amministrative dello stesso tenore. (…)
Non è la vittima della droga che sta a cuore a chi ci contesta, ma è il consumatore. Soprattutto sta
a cuore quella libertà di droga, che la legge in discussione in parlamento spazza via dal nostro ordinamento. Non sono i drogati di strada che stanno a cuore agli antiproibizionisti e amici della modica quantità (perché costoro certo non temono il ritiro della patente), ma i drogati per bene (quelli
che magari non entrano nelle statistiche dei consumatori di droga), che certo sono preoccupati del
fatto di potere essere coinvolti in un in un processo penale, di dovere subire una censura sociale. E
costoro sono tanti. Essi danno un contributo rilevantissimo all’incremento dei traffici di droga e ai
profitti dei narcotrafficanti.
Far carico ai drogati di strada dei problemi di chi si droga (e sa come disintossicarsi) senza ricorrere
allo scippo o alla rapina può costituire un’operazione politicamente accorta, ma moralmente abbietta. (…) Non si capisce proprio perché per difendere gli uni e gli altri bisogna esporre la libertà di
tutti ad un rischio così grande, come quello costituito dal commercio e dal consumo di droga.
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Il Giornale - 23 agosto 1987
Medici, operatori, genitori e docenti intervengono sulla proposta radicale
Vicenza dice no alla droga di Stato
“Non si combatte così lo spaccio, anzi nascerebbero nuovi mercati”
“Il bene del tossicodipendente non è assecondarlo nella sua rovina”
Il Comitato delle famiglie lotta per la prevenzione
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Mia risposta alla domanda di una cronista del Giornale di Vicenza sulla polemica “Droga
libera”:
“La sera di martedì scorso ho ascoltato la trasmissione “Faccia a faccia” su Raidue e ne
sono rimasta stordita. Un vivo senso di nausea mi ha preso allo stomaco, come quando si
sente l’avvicinarsi di una disgrazia.
Non desidero accanirmi contro Pannella pur considerando la pericolosità e l’assurdità
di quello che va proponendo. Spero invece che in questo modo si possa ottenere l’effetto
contrario, dando così l’avvio a un impegno proficuo da parte dei politici sonnacchiosi. Tutti
conoscono l’istrionismo del leader radicale e la capacità con cui porta avanti le sue idee,
ma prima di parlare di liberalizzazione della droga dovrebbe vivere per qualche settimana
in casa di chi questa tragedia la vive.
È vero che per procurarsi la famigerata “dose” i tossicodipendenti commettono reati,
muoiono di overdose, possono contrarre l’Aids, arricchiscono gli spacciatori, ma è anche
vero che tutto questo continuerebbe comunque a succedere. Il classico esempio è quanto è
avvenuto con la liberalizzazione dell’aborto; chi vuole abortire senza farlo sapere, se ha
denaro, si rivolge a una clinica privata, magari all’estero.
In questa bella Italia si continua a medicare le ferite, non si insegna ad evitarle.
Educazione sessuale, educazione alla salute, educazione civica, ecco quello che occorre.
La liberalizzazione delle droghe non è il toccasana, così come non lo è stato la fine del
proibizionismo per il problema dell’alcolismo.
Basta dare un’occhiata alle statistiche”.
Risposta ad una lettera di un lettore de - Il Giornale - 30 agosto 1987
Non basta il pianto
Caro direttore,
ho letto la lettera dell’avvocato Salvatore d’Anna che si riferiva al recente dibattito circa la
libera vendita degli stupefacenti; in risposta a detta lettera desidero esprimere alcune mie
considerazioni.
La più completa definizione della libertà, per l’avvocato è: ”La mia libertà termina dove
comincia la tua”. Personalmente non condivido questo concetto, perché sono convinta
che: ”La mia libertà termina dove sconfina la tua”. Possiamo entrambi essere liberi se ci
rispettiamo a vicenda.
Non si può negare che il “drogato” disturba e danneggia e che “con il suo vizio alimenta tutti i delitti della più spietata delinquenza”; non concordo però con l’affermazione
secondo la quale: “I drogati, prima di ridursi nel loro stato incivile ed animalesco erano
nella più completa padronanza di sé stessi e, con tutto ciò, volontariamente e liberamente hanno scelto tale tortuosa e fatale strada” ecc. ecc.
Lasciando da parte scontate considerazioni di carattere psicologico, desidero evidenziare come non sia così difficile cadere nella “tortuosa strada della droga”.
Tra i miei ricordi di ragazzina è ancora vivo quello di molti miei coetanei che, per imitare gli adulti, fumavano sigarette costruite con il tabacco delle “cicche” trovate un po’
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1987
ovunque o con foglie secche di vite o di granoturco o altro. Per fare questo si riunivano a
gruppetti - magari negli scantinati – lontano dagli sguardi indiscreti e, con aria da cospiratori, si passavano la sigaretta l’un l’altro assaporando il sottile piacere di compiere un’azione proibita che, se scoperta, sarebbe stata punita a suon di ceffoni.
Ora, alla soglia del duemila, dopo straordinarie invenzioni e scoperte, nonostante l’ostentazione dell’anticonformismo e la caduta di valori e ideali, gli adolescenti sono pur sempre tali, con le aspirazioni, le contraddizioni, le incertezze e le frustrazioni tipiche dell’età.
Il sapere valutare più o meno i reali pericoli a cui si espongono fa parte del grado di maturità di ogni singolo individuo. Perciò se ci sarà quello che prudentemente sfuggirà il rischio,
ci sarà anche quello che lo affronterà per dimostrare a se stesso e agli altri coraggio.
Oggi, i ragazzini hanno conservato il medesimo rituale dell’iniziazione al fumo, ma ad
esso hanno aggiunto sostanze stupefacenti cosiddette leggere, le quali, oltre che alterare la
psiche di chi ne fa uso, lo mette anche pericolosamente a contatto con il mondo della
droga. Poi, per molti, passare dallo spinello al buco è solo questione di tempo. A questo
punto non si può affermare che il “drogato”, prima di divenire tale era nella più completa padronanza di se stesso; l’età medesima comprova il contrario.
Concordo invece con l’avvocato d’Anna, quando afferma che “è umano e doveroso
soccorrere chi ha sbagliato, ma è delitto contro tutta la società continuare a permettere ai
tossicodipendenti” (e qui modifico la frase sempre rivolta ai danni procurati e mai alla persona), di perseverare in un vizio che li abbruttisce togliendo loro dignità, onestà e salute.
La pietà nuoce al drogato, la comprensione al contrario lo può aiutare. Arrivati a questa
conclusione è nostro diritto e dovere chiedere al governo un impegno costruttivo per risolvere questo grave problema.
Occorrono leggi e strutture appropriate: quelle esistenti sono carenti e rendono difficoltoso al tossicodipendente l’inserimento in comunità terapeutiche. Inoltre bisogna arrivare alla cura coatta per gli “irriducibili”; ad esserne convinti sono i genitori medesimi che
da anni combattono per questo, scontrandosi sempre contro un muro di incomprensioni
e di chiusura. Purtroppo soltanto l’on. Pannella con le sue bislacche e pericolose idee, riesce a smuovere la staticità di una situazione che si prolunga ormai da troppo tempo.
Il dolore e il pianto di chi vive questo dramma non bastano.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
✧
Il Giornale - 12 settembre 1987
E nell’aiuola in piazza Scala i radicali piantano marijuana
Il senatore Corleone ha poi distribuito ai passanti foglioline di “erba” per sostenere la
campagna in favore della droga libera – I poliziotti hanno ignorato la sceneggiata
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1987
Lettera inviata al Senato della Repubblica, al Sindaco e al Vescovo di Vicenza, ai partiti, ai
sindacati, alla stampa cittadina e nazionale.
Indignati dalla proposta del partito radicale di liberalizzare le droghe e offesi dal comportamento provocatorio del senatore Franco Corleone che ha pubblicamente incoraggiato i
passanti all’uso di sostanze stupefacenti, il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza, ha inoltrato alla Pretura di Milano una denuncia nei confronti di detto senatore che, in una foto pubblicata da “Il Giornale”, viene ritratto sorridente
e con l’aria più naturale di questo mondo come conviene ad una autorità, quando nella
“Festa degli alberi” interra una pianta per dare ai giovanissimi un esempio di come si deve
amare e rispettare la natura; solo che la pianta in questione era marijuana! Questo comportamento irresponsabile amareggia ed esaspera profondamente tutti coloro che ancora
soffrono a causa della droga e maggiormente quelli che tra di loro hanno perso dei propri
cari. Se lo Stato, per ragioni incomprensibili, ancora esita a prendere adeguate misure per
combattere questa piaga, impedisca almeno buffonesche esibizioni da parte di chi non
esita a giocare senza scrupoli sulla pelle altrui, pur di ingrossare le file del proprio partito.
La presidente del Comitato di solidarietà di Vicenza, Olga Dalla Valle
✧
Lettera del Vescovo di Vicenza mons. Arnoldo Onisto datata 12 ottobre 1987:
Ho ricevuto le vostre lettere del 18 e 21 settembre u.s. e mi sento di condividere la posizione da voi assunta, di fronte all’irresponsabile comportamento del sen. Franco Corleone e alla proposta di liberalizzazione della droga, portata avanti dal partito radicale.
Questo vostro intervento mi offre l’occasione per una riflessione sull’argomento, purtroppo ancora lontano da una giusta soluzione. Si tratta certamente di un problema ampio e
complesso. Ampio perché è in esso implicato un numero assai considerevole di giovani e
di loro famiglie; complesso perché tocca aspetti psicologici, sociali, sanitari, economici e
giuridici di questa nostra società.
C’è anche, e non ultimo, un aspetto morale e pastorale, sul quale - come Vescovo - sento
il dovere di soffermarmi, per esprimere una decisa condanna contro qualsiasi atto inteso a
deteriorare la civile convivenza e a mortificare le persone, soprattutto le più deboli.
È chiaro che alla radice del problema sta un profondo disagio, che attraversa oggi il
mondo giovanile. Un disagio che può esprimersi in varie forme: quella della droga è certamente tra le più deleterie.
Altra preoccupazione che, come pastore, io sento, è che la ventilata riforma della legge
abbia a segnare un ritorno alla precedente penalizzazione, per cui a pagare sarebbero ancora una volta i più piccoli spacciatori – consumatori, mentre i grandi trafficanti sarebbero
in grado di ottenere un trattamento di tutto favore.
A mio giudizio occorre oggi far fronte al problema con una legge che sappia andare al
di là dell’urgenza di un tamponamento parziale, occorrono strumenti, anche legislativi,
capaci di ricreare i veri valori morali e sociali. Ad essere chiamate in causa allora, sono tutte
le forze presenti nella nostra società: dai politici ai semplici cittadini, dai sindacati agli operatori dei servizi pubblici, ecc.
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1987
Un ruolo non meno importante lo possono e devono avere le nostre comunità cristiane. Non soltanto per favorire l’inserimento nel contesto sociale dei giovani, che hanno
fatto esperienza di droga e che ora hanno la volontà si uscire dal tunnel; ma anche per
mettere in atto iniziative tendenti ad una sana educazione e formazione dei giovani, oltre
che strategie di prevenzione nei loro confronti.
Pertanto ho accolto con favore la vostra richiesta di un comitato diocesano per i problemi della tossicodipendenza, e ho già dato disposizione alla Caritas diocesana, perché ne
curi la istituzione e il successivo funzionamento.
Nella speranza di buoni frutti, per i giovani e le famiglie, vi saluto distintamente e vi
benedico.
✧
Il Giornale di Montanelli - 22 settembre 1987
Lettera di Franco Granone Neuropsichiatria dell’Università di Torino
Caro direttore,
da vari giorni è alla ribalta l’argomento della droga, sulla cui liberalizzazione sono stati
espressi pareri contrastanti. Sul suo uso controllato dagli Enti, ha dato parere favorevole,
in passato, il ministro della Sanità on. Altissimo; la liberalizzazione è stata ventilata dal
prof. Vattimo, propugnata dall’on. Pannella, sconsigliata dall’on. Zanone, da vari dirigenti di comunità terapeutiche e da alcuni stessi drogati.
Il mio parere è contrario alla liberalizzazione, avendolo desunto dalla pratica clinica e
dalla direzione del “Centro di medicina sociale per la cura delle tossicosi da sostanze psicoattive e dell’alcolismo”, annesso all’ospedale di Vercelli, prima ancora della legge n. 685
del dicembre 1975; con possibilità, quindi, di confronto sulle tossicodipendenze, prima e
dopo la legge.
Mi permetto di sintetizzare i motivi che mi hanno portato a tale personale convinzione, nella speranza che la loro divulgazione possa servire a qualche cosa.
1 - Il mercato libero della droga creerebbe una frangia di umanità che si auto - eliminerebbe rapidamente. Se noi chiudiamo in una stanza un tossicomane con un certo
quantitativo di eroina, dopo poco tempo la droga avrà ucciso l’uomo. Ciò può forse
rappresentare un ideale socio-politico; ma non può essere accettato da un medico che
ha messo l’ideale della vita nell’assistenza del malato e non nella sua eliminazione.
2 - Ci risulta che l’uso controllato della droga non ha salvato i tossicomani dalle lusinghe del mercato nero; che di poco si è ridotto, persistendo (come continua con il metadone somministrato dai Centri), e la criminalità connessa alla tossicodipendenza si è
attenuata ben di poco.
Inoltre riteniamo che in nessun modo si possa considerare “terapeutica” la somministrazione di stupefacenti
Con motivazione anticriminale. A parte che non si commettono delitti solo per procurarsi la droga, ma anchesotto l’effetto di essa.
3 - I sostenitori della liberalizzazione ritengono che il drogato faccia sempre una scelta ben
motivata, che va rispettata e i suoi diritti non devono essere lesi da coloro che voglio– 91 –
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no imporre la loro idea di bene. Innanzitutto, quindi, si deve sentire le loro voce. Io
l’ho ascoltata e molti tossicomani mi hanno detto di avere scelto deliberatamente la
morte. Non crediamo che lo scrupolo filosofico di salvaguardare la libertà individuale possa arrivare a sancire tali estreme conseguenze mortali. La libertà di drogarsi, più
che l’esercizio di un diritto, ci appare come la rinuncia ai propri diritti, e in alcuni soggetti con personalità deteriorata, o minorenni, non esiste neppure quella “libertà d’intendere e di volere” per ritenere giuridicamente valide le loro azioni.
4 - I propugnatori della liberalizzazione ritengono che, oltre a cessare la criminalità congiunta alla proibizione, le “nuove” generazioni (perché le attuali si eliminerebbero da
sole), trovandosi di fronte ad una possibilità non più tabù e demitizzata, senza l’incitamento e la curiosità della proibizione, sarebbero meno spinti a drogarsi. Però è da
dimostrare che la facilità a procurarsi la droga possa senz’altro favorirne l’astinenza e
non il suo uso.
Non si tratta di liberalizzare questa o quella droga, ma di liberare l’uomo dalla schiavitù di esse, usando anche metodiche simil-ipnotiche e incrementando ideali da vivere in piena libertà. La liberalizzazione non ha nessun significato educativo, neppure se
effettuata per le sole droghe minori; che non creano assuefazioni finché non se ne
abusa, e facilitano ideali effimeri di benessere artificiale, con disimpegno dal lavoro,
disaffettività, annichilimento rinunciatario in un mondo … pieno di fumo.
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Il Giornale di Vicenza - 30 settembre 1987
Muore per overdose nella sua auto
Qualche anno fa sembrava essere uscito dal tunnel della droga - Aveva 26 anni
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Il Giornale di Vicenza - 4 ottobre 1987
Muore a 29 anni per un’overdose di eroina
Sgomento nella città, è la quarta vittima dall’inizio dell’anno
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La Repubblica - 25 ottobre 1987
Il vicesegretario dell’Onu spiega perché quest’anno sarà superato ogni record di morte.
Le vittime sono già raddoppiate rispetto al 1986.
Quelle trecentottanta vite mancate
L’accusa di Di Gennaro “Lo Stato ha rinunciato alla lotta alla droga”
Di Giuseppe d’Avanzo - Roma – Daniele Leandri aveva un viso affilato, un’espressione inquieta,
i capelli scarruffati, “Scusa i mancati giorni” è il libro che raccoglie oggi il suo diario, un’ordinaria storia di morte per droga che si consuma in una famiglia qualsiasi, in una qualsiasi scuola, nella camerata di una caserma, tra gli amici, senza amore, senza lavoro.
Nel gennaio di due anni fa Daniele scrive sulle pagine bianche di una vecchia agenda: “Domani l’alba ucciderà la mia anima, mi alzerò in volo da solo, alla disperata ricerca di me stesso”. Si presenta al
centro di assistenza ai tossicodipendenti di Rivoli, paese della cintura torinese. Una piccola stanza,
pareti bianche e azzurre, un tavolo in ferro, scaffali grigi. Daniele racconta la sua tragedia. Conclude:
“voglio guarire”. Torna in quel centro quattro volte. La notte del 22 gennaio è fredda a Rivoli, meno
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2,8 gradi. Via Moncenisio è in leggera salita, terra battuta e ciottoli, stretta tra un muricciolo che
nasconde orti e giardini. A pochi metri da casa, Paola Leandri, in un piccolo slargo, vede un’ombra e,
più vicino, s’accorge che è un corpo, un povero corpo raggomitolato. È Daniele. Lo scuote, ne raccoglie un rantolo soffocato. Daniele morirà quella notte ucciso dal cockail di alcool e sonniferi che aveva
buttato giù.
Titolo a tre colonne in cronaca cittadina: “Ancora un morto per droga, è il terzo in venti giorni. È
Daniele Leandri, 23 anni, senza lavoro”. Due giorni dopo, la madre dirà al cronista dietro al feretro
del suo ragazzo:” se si è drogato, se è morto, la colpa è di molti. Nessuno lo ha aiutato”.
Daniele Leandri fu, nella fredda e notarile conta dei morti, uno dei 256 del 1983. sembrò, quello,
l’anno peggiore. Ma il peggio non era ancora venuto. Venne l’84 con le sue 294 vittime. Il picco più
alto. Una strage. E invece quel picco è stato ancora superato. Il vicinale ha diffuso ieri le cifre dei primi
dieci mesi di quest’anno. Sono 356 i morti per droga, oltre il nero tetto di tre anni fa, quasi il doppio dello scorso anno quando furono 191. Perché la morte per droga invece di ristringere il suo dominio, lo sta allargando? Giuseppe Di Gennaro è vicesegretario dell’Onu. La sua battaglia ha un solo
obiettivo: riconvertire le colture di coca, oppio e cannabis nei paesi produttori…….Alla domanda: perché si muore di più – risponde:” due anni fa fui invitato a Venezia ad un convegno organizzato
dalla presidenza del consiglio. Tutto il convegno ruotava intorno alla conclusione di una ricerca che
può essere sintetizzata così: i drogati hanno imparato a drogarsi. Rimasi scandalizzato, senza parole,
senza argomenti. Più il convegno andava avanti e più veniva alla luce quella che mi parve la posizione ufficiale del governo: se i drogati hanno imparato a drogarsi, se si può vivere con la droga, allora
siamo già oltre il problema. Nacque lì a Venezia, quella che io chiamo la cultura della compatibilità.
Rimasi allibito. Chiesi la parola per dire tutta la mia indignazione. Dissi che era molto grave che un
convegno così ufficiale e governativo si concludesse in quel modo, con quello slogan, con quel messaggio. perché era foriero di tempi bui, di tempi di morte. Perché significava smobilitare quel sistema
di contenimento del controllo pubblico che pure era stato messo in piedi. Fu una previsione fin troppo facile e dolorosa. La cultura della compatibilità ha avuto fortuna, il suo assurdo assunto – si può
vivere con la droga – è stato ripetuto ossessivamente lasciando quei pochi che hanno resistito da soli
in trincea, come spettatori sgomenti.”
“Il fatto è – sostiene Di Gennaro – che in questi anni si è abbassata la soglia d’allarme che aveva destato molte coscienze. Una svolta che ha provocato l’abbandono dei tossicodipendenti. Abbandono
soprattutto da parte di coloro che dovevano far rispettare una legge che può essere sempre migliorata, ma che qualcosa già permetteva di fare. Io dico che molti giudici andrebbero denunciati per omissione di atti d’ufficio. La legge infatti non prevede misure penali, è vero, ma prevede provvedimenti
efficaci di controllo del fenomeno. E invece i magistrati non fanno altro che lavarsi le mani, come
Pilato, le mani rispedendo sulla strada il tossicodipendente. E allora non bisogna chiedere a me perché i morti aumentano.”…. [ Dopo avere riportato l’intervento di Vincenzo Muccioli in linea con
Di Gennaro, Giuseppe D’Avanzo conclude il suo articolo con una riflessione su Daniele ]:
.Anche Daniele Leandri si sentì solo, abbandonato da tutti “ in una solitudine – scrisse – che mi sta
uccidendo poco a poco”. E annotò:” forse ricomincerò a bucarmi, ad entrare ancora una volta nel
buco nero fino alla catastrofe”. I suoi sono “giorni mancati” come i giorni dei 380 che dall’inizio dell’anno ad oggi sono morti di droga.
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Lettera di Anna Serra, vicepresidente del comitato, inviata a Il Giornale di Vicenza e pubblicata il 29 ottobre ‘87
Quella pianta di marijuana del sen. Corleone
Egregio direttore,
è recente la notizia che il senatore Corleone, del partito Radicale, ha interrato una bella
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pianta di marijuana nell’aiuola di Piazza della Scala a Milano e ne ha offerto le tenere
foglioline ai passanti, maggiorenni e minorenni senza distinzione, per nulla preoccupato
di alimentare una suggestione abbastanza pericolosa senza che ci sia bisogno di aggiungere olio al fuoco. Credo che solo il timore di ottenere l’effetto contrario alla sua intenzione, quella di sostenere la richiesta di Pannella di liberalizzare la droga, l’abbia trattenuto
dall’offrire addirittura siringhe già preparate con una dose di eroina o altra sostanza
“pesante”.
Così, “ce risemo e ce rifamo”, per dirla in romanesco: un’altro personaggio della politica italiana, addirittura un senatore, si è esibito in una offensiva sceneggiata in pubblico
senza che nessuno abbia mosso un dito. La domanda che mi viene spontanea è: cosa sarebbe accaduto se, invece del senatore a esibirsi fosse stato un ragazzo “fuori di testa”? Durante l’estemporaneo show, io penso che almeno uno dei tanti genitori di tossicodipendenti
milanesi deve pur essere passato per Piazza della Scala, ma niente, nessuna reazione; è con
amarezza che mi rendo conto di quanto sia più facile comprare moto e Timberland, che
mollare magari un ceffone a chi li incoraggia a drogarsi. Anche qui, quanto dobbiamo
imparare dai nostri fratelli minori, gli animali, che sono pronti a dare e togliere la vita per
difendere i loro cuccioli!
Ricordo che tante volte, anche in un recente passato, avrei voluto essere una tigre per
strappare a unghiate il cuore dal petto di almeno uno dei “mercante di morte”, pur sapendo che avrei aperto una vuota cavità; purtroppo, però, di quel magnifico animale, io, non
ho nulla. Sono certa che il senatore Corleone sapeva di non correre alcun rischio esibendosi a distribuire marijuana in piazza, perché di madri tigre, specie in questo nostro asettico nord non ce ne sono più. Forse, sarebbe andata diversamente per lui in qualche popolare e popoloso quartiere di Napoli, per esempio.
Se il senatore radicale ha voluto magari, con il suo gesto, cominciare ad accaparrarsi i
voti dei giovanissimi che saranno in età di votare la prossima volta, ha perso il suo tempo:
infatti, se la legge invocata dal partito radicale passasse, moltissimi dei futuri elettori sarebbero già così confusi e ottenebrati dall’uso delle varie droghe “libere” che si dimenticherebbero di andare a votare. Gli unici voti che il senatore Corleone avrebbe in più, sarebbero di coloro che hanno tutto l’interesse a che la droga venga liberalizzata, anche senza
esserne consumatori. Non certo chi, a causa di essa, ha perso perfino ciò che di più caro
aveva al mondo: un figlio.
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Il Giornale - 13 dicembre 1987
Condannato a morte
Caro direttore,
la lettera che segue è stata inviata al tribunale di Caltanissetta dalla mamma di Martino, che
nonostante la morte del figlio, continua con noi la lotta contro la droga. Il suo contenuto è così
toccante che, per desiderio di noi genitori, l’abbiamo inviata a personalità politiche ed ecclesiastiche e alla stampa.
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Egregi signori,
vi prego di dare in mano questa lettera alla persona competente che si occupa del caso Sergio Corrieri, anni 30, di Palermo, momentaneamente rinchiuso nell’Istituto di pena di S.
Cataldo.
Io sono una madre che ha perso suo figlio colpito da Aids. Leggendo la notizia di Sergio ho sentito la necessità di scrivervi. Sergio ha senz’altro le sue colpe, e come sano, avrebbe dovuto rispondere dei suoi sbagli, però oggi, è gravemente malato ed è già condannato a morte; neanche una grazia lo può salvare.
Vi prego di lasciare la Giustizia da parte e farvi guidare da un sentimento di umanità;
non potrà più fare del male a nessuno e se ha una famiglia che non lo rifiuta, dategli la
possibilità di sentirsi curato con amore e calore. La fine è atroce, e Sergio sa che per lui
non c’è più scampo. Però, se ci sarà qualcuno che gli tende una mano per fare qualche passetto in casa, finché può, che lo asciuga e lo cambia dopo le terribili sudate (cambiavo mio
figlio anche quattro volte alla notte, e non solo il pigiama, ma anche le lenzuola), sarà per
lui come un piccolo raggio di sole. Arriverà il momento in cui potrà mandare giù solo cibi
liquidi, e verrà anche il momento che diventerà incontinente e dovrà essere cambiato
come un bambino piccolo. In questi momenti gli auguro che abbia una mamma misericordiosa accanto. Dato che diventerà sempre più debole e magro, avrà bisogno di un
cuscino speciale contro le piaghe; la coperta dovrà essere sollevata perché si manifesteranno atroci dolori nelle gambe e nei piedi.
Sergio forse non avrà più otto mesi da vivere; il resto della sua pena. Io ringrazio Dio
ogni giorno per aver potuto, anche se solo con piccoli aiuti, stare vicina a mio figlio fino
alla spaventosa fine. Ora pregherò anche per Sergio, affinché Dio lo chiami presto lì, dove
sarà consolato.
Edith
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Il Giornale di Vicenza - 5 dicembre 1987
A 23 anni muore per overdose in uno squallido prato
Gli agenti lo hanno trovato quasi inginocchiato
(…) Una morte atroce, violenta. Senza che nessuno abbia potuto raccogliere un suo lamento. L’ennesima vittima dell’eroina è morta così l’altra notte, in un prato abbandonato in fondo a viale Torino. (…) Gli agenti della questura lo hanno trovato ginocchioni, con la schiena in aria, già irrigidito dalla morte, con la faccia insanguinata: “Una morte orrenda” è stato il loro commento. (…) Ieri
mattina accanto al suo corpo senza vita, sul muretto che divide il prato delle Ferrovie e Tramvie
Vicentine, c’erano tutti gli “strumenti”. Una siringa sporca di sangue, un limone spremuto, il fondo
annerito di un barattolo di “Fanta”, servito per sciogliere l’eroina. In tasca gli è stato trovato un involtino di stagnola con un’altra dose. (…) La manica destra del giubbotto era ancora rialzata. Con ogni
probabilità, dopo essersi “fatto”, è rimasto seduto sul muretto, le spalle alla rete, solo il tempo che
l’overdose facesse il suo effetto, quindi si è prostrato in avanti. Così l’hanno trovato ieri mattina alle
nove. (…)
Una vita spezzata dall’eroina in una fredda notte di dicembre a cinquanta metri da una via centrale della città.
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Lettera di Anna Serra a: Il Giornale di Vicenza pubblicata il 16 dicembre 1987
Un altro giovane è morto
Egregio direttore,
è ormai difficile fare delle considerazioni in morte dell’ennesima vittima per droga: infatti, che dire che non sia stato detto? I giovani che hanno cominciato questo tremendo
gioco, tanto più grande di loro, quando ancora non erano che degli sprovveduti ed incauti ragazzi, senza che nessuno muovesse praticamente un dito, all’infuori forse dei genitori, come se la cosa riguardasse solo loro e non tutti noi, oggi, questi giovani stanno cadendo come le mosche di overdose e di Aids.
Questi tossicodipendenti sono definiti “gli storici”, perché non hanno mai smesso di
bucarsi, salvo, magari per brevi periodi, quando hanno tentato tardive terapie; ma non si
illudano i “nuovi”, perché sono destinati ad arrivare prima o poi allo stesso traguardo, se
non si fermeranno in tempo.
Mi si rimprovera spesso di non essere “diplomatica”: no, non lo sono e mi rifiuto di
esserlo davanti alla morte, sarebbe come uccidere chi è già morto, anche se chi si droga
muore cento, mille volte, ad ogni buco, ad ogni pasticca di psicofarmaco e di antidolorifico con cui si imbottisce e che trova con troppa facilità, e troppo spesso gli viene dato
come unico rimedio al suo dramma. E muore un poco alla volta chi chiede aiuto invano.
Questi sciagurati, trovano una sola figura davvero sollecita, addirittura premurosa nel
prevenire i loro desideri; è lo spacciatore, che sorpassa tutti sul tempo, da sempre. Ed è
con amara ironia che invito gli operatori e le strutture per td. a prendere lezioni di rapido
intervento da lui. È bene che la gente sappia quanto sia più facile, in tutti i sensi, continuare a drogarsi che smettere di farlo; è bene che sappia anche che, se qualcuno si dà da
fare per aiutare davvero i tossicodipendenti, in un modo o in un altro, gli verranno messi
i bastoni fra le ruote, quando meno se lo aspetta.
Inoltre, troppi genitori tacciono, si rassegnano, consumano il loro dolore in un silenzio che non è affatto “d’oro”. Ricordatevi, care mamme e papà, che non basta piangere,
disperarsi, che non basta, morendo d’angoscia, sbattere i figli in strada, come viene spesso consigliato, perché si salvino “toccando il fondo”: carceri e cimiteri sono pieni di ragazzi che l’hanno toccato.
Bisogna essere invece tutti uniti e solidali per combattere per loro e per noi stessi, con
le unghie e con i denti, per chiedere che lo Stato per primo e le strutture preposte alla cura
e alla riabilitazione dei tossicodipendenti facciano il loro dovere che è quello di salvare ad
ogni costo il bene primario dell’uomo: la sua vita. E se per fare questo occorresse ricorrere alla forza e ai metodi coercitivi, lo si faccia e non si esiti più in nome del solito malinteso rispetto per la libertà della persona.
Se non ricorreremo a tutto il nostro amore di madri e di padri, che non va inteso come
debolezza, agendo in questo senso, se ci rassegneremo alla distruzione dei nostri figli come
ad un fatto scontato, inevitabile, un giorno si dirà di noi che siamo stati dei vigliacchi.
Intanto ti diciamo addio, Marco, anche tu morto di libertà, di indifferenza, di burocrazia.
Per quanto tempo ancora staremo a guardare? E a chi tocca la prossima volta?
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Dalla rivista “Grazia” - Fine 1987
Droga: libertà di morire?
Sintesi da un articolo di: Remo Binosi
Nei quartieri più poveri di Palermo si bucano bambini fra i dieci e i quattordici anni. La droga la
trovano sulla strada, fornita da altri baby – spacciatori schiavizzati, sfruttati e controllati con la stessa micidiale sostanza dalla malavita. A Ponte Chiasso, la Guardia di Finanza ha scoperto su un treno
figurine adesive impregnate di Lsd, pronte per finire sul mercato ed essere distribuite magari davanti alle scuole. Nei vicoli di Napoli intanto, è già stato segnalato l’arrivo della crack, la nuova terribile sostanza ricavata dalla cocaina che, fumata in speciali pipe, arriva al cervello in dieci secondi provocando danni gravissimi. Secondo la cifra diffusa dall’Ufficio Centrale Antidroga della Criminalpol, i morti per droga in Italia dall’inizio dell’anno al 21 agosto sono 286, in maggioranza giovani
sotto i trent’anni, 119 in più rispetto allo stesso periodo del 1986. a rendere ancora più inquietante
il dato, l’avvertimento degli esperti: la cifra non è che la punta dell’iceberg e il numero delle vittime
degli stupefacenti è sicuramente molto più alto. Casi di embolia gassosa, epatiti virali, implacabili
malattie contratte il seguito a un “buco” con siringa infetta, incidenti automobilistici collegati indirettamente all’uso di droga, porterebbero ad oltre novecento il numero dei decessi “da tossicodipendenza”.
Chi pensava che il fenomeno droga fosse in calo arginato dall’incombenza dell’Aids e dai provvedimenti presi negli scorsi anni (l’introduzione del metadone, per esempio, somministrato come trattamento di disintossicazione in vigore dal 1980), deve purtroppo ricredersi: la tragedia continua. E
forse mai come in questo periodo, nonostante l’intensificarsi costante della lotta alla droga in ogni
paese, è stato tanto florido il folle movimento che tiene vivo a livello mondiale il micidiale mercato.
Il più colossale business internazionale del secolo (un grammo di eroina pura vale tre milioni; tra eroina, cocaina e droghe leggere solo nel nostro Paese il giro “d’affari” supera i ventisettemila miliardi
netti all’anno), continua a pagare il costante potenziamento delle organizzazioni criminali che fanno
girare la droga in tutto il mondo. (…) La “piovra” cresce e allunga i suoi tentacoli. (…) Secondo un
dato rivelato dagli americani, solo il 15 per cento della droga immessa sul mercato viene sequestrata. Il rimanente 85 per cento arriva puntuale ai suoi tragici appuntamenti. (…) Vertiginoso poi, il
costo sociale della diffusione degli stupefacenti. Sconvolti dal progressivo decadimento della coscienza indotto dall’uso di eroina, dominati dall’unico pensiero di procurarsi la sostanza di cui hanno
bisogno, i tossicodipendenti rischiano ogni giorno la criminalità. Secondo le autorità il 90 per cento
degli scippi (25.000 nel ’78 e 82.000 nell’85) commessi in Italia sarebbe opera di tossicodipendenti. Lo stesso discorso varrebbe per i borseggi (30.000 nel ’78 e 82.000 nell’85) e le piccole rapine
(7.000 nel ’78 e 24.000 nell’85). Connessi alla droga soltanto a Roma, si svolgono ogni giorno almeno una ventina di processi. Alla sbarra: corrieri, trafficanti (11.664 gli arrestati per quest’anno contro i 9.550 dell’86), tossicodipendenti coinvolti in reati indotti dalla loro condizione.
Ed è proprio per cercare di superare questa situazione che attraverso la costituzione di una “Lega
internazionale antiproibizionista contro la criminalità e la droga”, il leader del partito radicale Marco
Pannella ha vivacemente riproposto un’idea alla quale già anni fa i radicali si erano appassionati e
che erano in molti a sperare fosse ormai superata e dimenticata: quella di liberalizzare l’eroina, organizzare un servizio di Stato che garantisca ai tossicodipendenti la sostanza di cui hanno bisogno e
rendere assolutamente legale la possibilità di drogarsi.
“ La droga libera non risolverebbe certo i mali del mondo, ma sconfiggerebbe la criminalità. Non
solo: la droga libera sarebbe in realtà controllata dal momento della coltura a quello della vendita e
del consumo”, ha spiegato Pannella. In pratica, secondo il progetto radicale, consentire la vendita di
droghe pesanti e leggere, potrebbe fermare il mercato nero, spezzare i legami tra diffusione di eroina e criminalità, controllare la “qualità” della sostanza consumata.
Le reazioni?: “Marco dimettiti, sei diventato pericoloso”, ha tuonato Muccioli ….
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1987
Contro la proposta radicale è poi subito arrivata una decisa secca presa di
posizione da parte di operatori, famiglie, giovani che vivono o hanno vissuto sulla loro stessa pelle la tragica esperienza della tossicodipendenza. Giovanni Avanzini, presidente dell’Associazione vittime della droga, ha denunciato Pannella alla Procura della
Repubblica di Verona per “aver
profondamente umiliato, con la sua
proposta, centinaia di famiglie che da
anni operano per limitare questo
autentico flagello, fonte di inumane
sofferenze”.
Secca anche la reazione delle Comunità terapeutiche che hanno subito
organizzato dibattiti e scritto lettere
alla stampa per dimostrare l’assurdità
della proposta radicale. “L’eroina è
buona. Se fosse venduta liberamente la
proverebbero tutti, Pannella dice che
non saremmo più costretti a rubare per
procurarcela. Ma io quando mi bucavo
non avevo più voglia di fare nulla. Con
l’eroina libera non si ruberebbe più per
la droga, ma si continuerebbe a rubare
per non lavorare…” ha detto in un’assemblea uno dei ragazzi ospiti del Centro di don Mario Picchi. “Avere la roba a portata di mano non renderebbe certo il recupero più semplice, sarebbe anzi un incentivo”…
Piera Piatti, la pedagogista, titolare della nostra rubrica Droga: parliamone insieme, aggiunge: ”A
parte i problemi pratici e organizzativi per così dire, che rendono assurda la liberalizzazione, io vorrei sottolinearne l’assoluta imbecillità dal punto di vista morale. Per Pannella il primo obiettivo nella
lotta contro la droga è quello di spezzare il monopolio del crimine che nasce dal regime proibizionistico. Io non sono d’accordo. Per me e per tutti quelli che sanno cosa vuol dire vivere davvero con
gli eroinomani, il primo e irrinunciabile obiettivo della lotta contro la droga è il pieno recupero dei
tossicodipendenti e la prevenzione perché altri giovani non cadano nella stessa trappola infernale.
L’obiettivo dei liberalizzatori è quello di mantenere l’ordine pubblico? Non vedo proprio perché si
dovrebbe perseguire una finalità poliziesca cronocizzando senza speranza centinaia di migliaia di tossicodipendenti (…) Pannella, poi, dice che vuole salvare la vita di molti controllando anche la “qualità” della droga, ma forse dimentica l’emergenza Aids: l’eroina è un fortissimo immunodepressivo,
che cosa accadrebbe di tutti i tossicodipendenti sieropositivi?”(…).
Don Luigi Ciotti del Gruppo Abele e presidente del Coordinamento delle comunità di Accoglienza (che già nel marzo dell’80 aveva partecipato a una raccolta firme contro il mercato nero dell’eroina in favore della liberazione con Figc, Pdup, il Manifesto e Arci …), è intervenuto nella stessa direzione dichiarando: “La nuova legge sulle tossicodipendenze da tre anni giace nei cassetti della commissione parlamentare.
(…) Ci sono responsabilità politiche e tecniche. ( …)
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Vicenza 12 dicembre 1987 - Si è riunito a Roma il 3° convegno internazionale del sistema
informativo europeo sulla droga che ha riportato brutalmente in causa la gravità del problema, ridimensionando l’ottimismo dei soliti benpensanti che consideravano detto problema in
fase decrescente. In effetti, la tossicodipendenza era e rimane un’emergenza che in questi ultimi anni si è aggravata con l’evento Aids.
500.000 drogati in Italia, e ancora il governo non ha approntato un disegno di legge e un
piano di battaglia. Perché di vera guerra si tratta, una guerra civile che distrugge famiglie seminando dolore e morte.
1.000.000 di alcolisti con 30.000 morti all’anno. Ancora e ovunque, e specialmente in questi
giorni di festa, la pubblicità accattivante, mette in evidenza le varie marche di vino e super
alcolici. Continua a salire il numero dei consumatori di psicofarmaci che hanno raggiunto
quota di 1.000.000. Il drogato abusa di tutte e tre di queste sostanze, che messe insieme formano una esplosiva mistura che, se non fa morire per overdose, porta alla cirrosi epatica.
La ricerca del LABOS sottolinea il mancato inquadramento e la scarsa qualificazione
professionale degli operatori che, seguendo le direttive delle leggi in corso si limitano a somministrare massicce dosi di metadone e psicofarmaci.
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Il Giornale di Vicenza - 29 dicembre 1987
Ancora un decesso per droga, nel 1987 più di dieci vittime registrate nel vicentino
Altavilla, trovato morto a letto
Stroncato da un’overdose di eroina
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Venezia – “Per il Veneto il 1987 è andato complessivamente bene, per le opere, per l’occupazione
che ha toccato livelli molto soddisfacenti anche se non ancora risolutivi dei nostri problemi, per le
iniziative culturali”. Lo rileva il presidente della giunta regionale Carlo Bernini nel consueto messaggio di fine anno, osservando che “tutto questo ci ha imposto all’attenzione delle altre regioni del
nostro Paese, oltre che a quella internazionale che si manifesta per l’economia nel mercato, ma anche
per la presenza delle nostre iniziative culturali all’estero e per la visita a diverso titolo nella nostra
capitale Venezia e nella nostra regione di grandi personalità”
“Quest’anno sono venuti i grandi della terra con il vertice di giugno – prosegue Bernini – ma abbiamo anche avuto la gradita sorpresa di avere il Santo Padre Giovanni Paolo II che ha scelto la nostra
montagna per trascorrere qualche momento di riposo dalle sue molteplici fatiche, e altre personalità
e capi di Stato: ultimo in questi giorni, il presidente dell’Argentina Alfonsin etc.etc“ (…) “Venendo
più propriamente ai problemi di casa nostra, della nostra regione, vi sono due difficoltà che non
posso dissimulare – afferma Bernini – una è la penuria delle risorse, che ci induce a tagliare molti
dei nostri programmi, l’altra è una crescente insofferenza che noi proviamo per i limiti di autonomia in cui è costretta la nostra istituzione”. (…)
Al messaggio augurale di Bernini si è affiancato quello del presidente del Consiglio regionale Francesco Guidolin
”Il 1987 – afferma – si chiude all’insegna di un non immotivato ottimismo. Non mancano certo
ragioni di preoccupazione ed incertezza, a livello internazionale, nazionale e regionale. Pur tuttavia
alcuni frutti e alcuni segnali incoraggiano a sperare”. (…)
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1987
1987 – Bilancio di fine anno che il Veneto non vuol vedere
Secondo il presidente della regione ”Il 1987 è stato positivo”. Ma le cose stanno davvero così?
È interessante confrontare l’immagine edulcorata e trionfalistica espressa da Bernini e Guidolin con i titoli di cronaca dei giornali locali sul dilagare della droga, sul disastro e la disperazione di tante famiglie lasciate sole nella tempesta. Ma a loro questo non interessa!
Si preferisce ignorare, tacere e chiudere tutti e due gli occhi.
Il Giornale di Vicenza - 31 dicembre 1987
Stroncato dalla droga a 24 anni
Il corpo rinvenuto vicino alla scarpata della ferrovia
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Aids – 1987 – A Vicenza 9 decessi – In Italia 563
– 101 –
1987
– 102 –
1988
1988
Il Giornale di Vicenza - 2 gennaio 1988
Overdose: domenica in piazza Matteotti
La terza vittima nel volgere di sei giorni - Era stato salvato in extremis
per nove volte dal tempestivo intervento dei sanitari ospedalieri
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Il Giornale di Vicenza - 9 gennaio 1988
In un anno 13 morti per overdose
I genitori dei tossicodipendenti scrivono una lettera - Appello al sindaco
Droga e Aids - Perché Vicenza sta a guardare?
Il 1987 è stato un anno terribile per la famiglie dei drogati: 13 morti per overdose dal gennaio scorso ai primi giorni dell’88. Vicenza è indifferente? Perché esistono così poche comunità, centri di
recupero, operatori disponibili? Se lo chiedono la presidente, Olga Dalla Valle e la vice, Anna Serra,
del Comitato famiglie di tossicodipendenti in una lettera aperta al sindaco Antonio Corazzin:
Signor sindaco,
la drammatica situazione verificatesi nell’87 e precipitata in questi ultimi giorni, ci obbliga a richiedere pubblicamente il Suo autoritario intervento per far sì che le strutture preposte al problema “droga”, si impegnino finalmente con un vero e concreto progetto che
finora è rimasto vana promessa sulla carta. Dall’inizio dell’87 al 4 gennaio ’88, sono morti
13 giovani per overdose (3 nell’ultima settimana).
Da ricerche, risulta che tra città e provincia ci siano 6.000 persone che fanno abitualmente uso di sostanze stupefacenti e la maggioranza di queste risultano sieropositive
all’Hiv. I malati conclamati di Aids sono 31; i morti 18. E’ cosa ormai nota che il vicentino sta pagando più che le altre città venete il suo pesante tributo alla droga! Non bisogna inoltre dimenticare gli innumerevoli incidenti stradali in cui tanti sciagurati giovani
hanno perso la vita e causato danni agli altri. Siamo spettatori inerti di una catacombe di
giovani vite distrutte dalla droga, dall’alcool, dal più sfrenato consumismo.
Si perde tempo prezioso alla ricerca di competenze e in cavilli burocratici; e intanto si
continua a morire.
Il presidente della Giunta Regionale, Bernini, nel rivolgere gli auguri di capodanno ai
cittadini, ha detto che il 1987 è andato complessivamente bene e che si sta già programmando il piano di sviluppo per il 2.000.
Non progetti sul problema droga, non una parola di solidarietà per chi vive con un tossicodipendente o un handicappato grave. Nel bilancio generale si usa mettere l’attivo e il
passivo; nel campo della tossicodipendenza, la passività dell’impegno è davvero notevole.
Se solo nella nostra provincia abbiamo 6.000 drogati, quanti saranno se sommiamo
anche quelli delle altre province venete? E quanti genitori, dopo aver lottato contro la
droga chiedendo invano un decisivo intervento dello Stato, si ritrovano oggi stremati ed
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impotenti ad assistere al completo disfacimento dei figli? Eppure anche queste famiglie
hanno dato il loro contributo operoso per il benessere collettivo. Certamente a loro interessa ben poco che i grandi della terra ci abbiano onorati con la loro presenza (non vantiamoci della bellezza naturale della nostra regione, è merito della natura; vergogniamoci
invece di non rispettarla e di essere gli artefici del suo degrado e della sua morte futura).
Se non si parla pubblicamente dei problemi, è come se questi non ci siano, perciò ben difficilmente potranno venire risolti.
Abbiamo bisogno di un servizio di pronta accoglienza, di una comunità efficiente, di
un reinserimento. Queste sono le nostre necessità reali.
Al Comune è stata data in donazione una casa per farne una comunità per tossicodipendenti; dovendola ristrutturare è trascorso più di un anno per trovare i fondi necessari.
I lavori partiti con grossi ritardi procedono con una lentezza estenuante e intanto 10
ragazzi vivono in una situazione di estremo disagio. Inoltre, quando la struttura sarà ultimata, sarà già insufficiente al bisogno reale, perché non potrà ospitare più di dieci persone, mentre altre sei hanno già chiesto di essere accettate, ed è molto duro rifiutarle.
All’ospedale abbiamo il reparto Malattie Infettive che opera in una situazione degenerata. Perché i responsabili politici non vanno a verificare di persona questa grave realtà?
Signor sindaco, la invitiamo caldamente ad impegnarsi con noi per far sì che lo Stato,
rendendosi conto della grave emergenza venutasi a creare nel nostro paese a causa del
diffondersi della droga, si decida a prendere quei provvedimenti legislativi che non possono più essere procrastinati.
Confidiamo nella sua collaborazione.
Per il Comitato, Olga Dalla Valle e Anna Serra
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Vicenza 11 gennaio 1988 – Introduzione all’incontro avvenuto presso il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti con le realtà pubbliche e sociali della nostra città:
Desidero ringraziare i presenti per avere accolto il nostro appello. Il tema che tratteremo
tocca uno dei più grandi mali che oggi affliggono la nostra società e certamente questo
fine millennio verrà ricordato anche per i danni provocati dalla droga e per la diffusione
della terribile malattia che ad essa si affianca: l’Aids.
Sono trascorsi venti anni da quando le sostanze stupefacenti hanno iniziato la loro disastrosa escalation in Italia, rovinando l’esistenza di centinaia di migliaia di giovani e delle
loro famiglie.
La nostra provincia è una tra le più colpite e in questi ultimi tempi si è avviata a raggiungere un pericoloso primato di morte, infatti contiamo circa 6.000 tossicodipendenti,
l’80 % dei quali risulta sieropositivo all’Hiv, 31 sono i casi di Aids conclamata, 18 i morti.
In quest’ultimo anno abbiamo avuto 13 decessi per overdose; ogni settimana, due giovani, vengono mediamente ricoverati in coma per abuso di droghe (sappiamo che all’eroina molte volte vengono aggiunti psicofarmaci e sostanze alcoliche).
Non voglio assumere il ruolo di Cassandra, ma di questo passo non è difficile prevedere che molte ancora saranno le morti, perché gli organismi ormai debilitati, prima o poi
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cederanno, a meno che non si intervenga drasticamente con piani mirati.
Ora, rivolgendomi alle persone che rappresentano le forze sociali della nostra città chiedo finalmente, partecipazione, collaborazione e un impegno più sollecito, una burocrazia
meno paralizzante. Si devono saper prevedere e prevenire i grossi mali, e non aspettare di
intervenire con denari e mezzi quando questi si sono radicati. È sotto agli occhi di tutti
quanto succede per avere sottovalutato la piaga della droga.
Alla scuola e alle comunità parrocchiali, chiedo una maggiore apertura verso il problema droga, non è rifiutando a priori tale problema che noi aiutiamo i giovani a non rimanerne invischiati. Informiamoli sui reali pericoli di questo cancro sociale che, come dice
Muccioli, non è una malattia perniciosa, perché si può vincerla, aiutiamoli invece a crescere indicando loro i veri valori della vita che il consumismo sfrenato ha traviato. Creiamo interessi che li tengano lontani dalle strade a da quei luoghi dove si perde solo tempo
e non si costruisce niente.
Chiedo collaborazione alla Magistratura, affinché quando vengono emesse condanne,
sia sempre tenuto conto delle varie situazioni, anche sanitarie di ogni imputato per una
Giustizia più umana e più adeguata al recupero.
Alla struttura carceraria chiedo un costante impegno verso chi ha già ha iniziato un
programma di recupero attraverso il lavoro, per far sì che questo recupero sia curato anche
nel campo socio-sanitario mediante l’èquipe di operatori già preventivata e di cui c’è estrema necessità.
Alle associazioni sindacali chiedo un sempre maggiore impegno per tutelare gli interessi di quei lavoratori tossicodipendenti che vorranno affrontare una terapia riabilitativa, per
i portatori asintomatici del virus dell’Aids, e per coloro che, terminato l’impegno terapeutico si preparano a rientrare nel mondo del lavoro.
Alla stampa, quale mezzo di informazione, chiedo partecipazione costruttiva ed impegnata, perché si prefigga, oltre che ad informare, a sensibilizzare i cittadini rendendoli operativamente partecipi nell’area sociale in cui vivono. Stimolino inoltre la classe dirigente
evidenziando le carenze esistenti.
A tutti, indistintamente e formalmente, chiedo di unirsi a noi, per sollecitare dallo
Stato la modifica delle leggi sulla tossicodipendenza per renderle più adeguate alle necessità attuali. Mi riferisco in modo speciale a quella sulla modica quantità, che fa di molti
tossicodipendenti nel medesimo tempo dei consumatori e degli spacciatori di morte.
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Il Giornale di Vicenza - 12 gennaio 1988
Ieri a S. Domenico un importante confronto tra amministratori
promosso dal Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti
Quest’anno Vicenza dichiara guerra alla droga
Vicenza torna a mobilitarsi contro la droga. Lo fa con un crescente coordinamento tra le forze politiche, sociali e giuridiche: con una lotta, tramite un’indagine conoscitiva ai canali di distribuzione di
questo mercato di morte; con la revisione delle strutture esistenti per la riabilitazione e il recupero
dei tossicodipendenti. Un confronto importante quello che si è tenuto ieri pomeriggio nella sede del
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Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, in via San Domenico, al quale hanno
preso parte il senatore Mariano Rumor, il sindaco Antonio Corazzin, il vicesindaco Sergio Carta, il
procuratore della Repubblica Ferdinando Canilli e il giudice istruttore Nico Rodighiero, l’assessore
agli interventi sociali Marino Quaresimin, il responsabile del settore tossicodipendenza dell’Ulss n.
8 Achille Variati e del servizio medico-sociale Vincenzo Balestra. Erano presenti anche il capo della
squadra mobile Silvis e il marescialli Peri per il nucleo operativo dei carabinieri.
Precise e schematiche le richieste. Il Comitato che in questi anni ha instancabilmente tenuta sveglia
l’attenzione della città, è tornato a dare uno “scossone” agli amministratori e ai responsabili delle
forze dell’ordine, perché finalmente nell’88 si realizzino quei progetti promessi di cui si parla da
anni. Ai politici vicentini è stato rivolto un appello raccolto dal sen. Rumor, per la modifica della
legge sulla modica quantità che rende molti giovani consumatori e spacciatori nel medesimo tempo.
Il sindaco ha sottolineato l’importanza di far convergere le forze cittadine per arrestare il dilagare
della tossicodipendenza e ha illustrato gli estremi del progetto di una comunità terapeutica in un
fabbricato donato al Comune. (…) L’ assessore si è soffermato sul progetto di prevenzione che sta
per decollare. (…) Anche l’Ulss n. 8 è in una fase molto delicata di ripensamento delle finalità dell’organizzazione del Cad, spera di aprire una comunità femminile in un edificio messo a disposizione dell’Ipai ed è alle prese con la vicenda del reparto malattie infettive che “scoppia” per la presenza dei malati di Aids e manca di personale.
Il giudice Rodighiero ha “denunciato” come il ministero di Grazia e Giustizia si sia praticamente
disinteressato della proposta di istituire una commissione mista di operatori interni ed esterni al carcere S. Pio X per seguire i tossicodipendenti, sotto forma di convenzione tra Ulss (che ha dato ampia
disponibilità) e Stato. Nulla di fatto dal convegno vicentino cui presenziò il ministro Martinazzoli,
ma – assicura il magistrato - in carcere non entra droga, mentre emergono sospetti sull’uso e abuso
di psicofarmaci. Dal dott. Balestra del servizio medico sociale per le tossicodipendenze “cattive”, ma
profondamente vere notizie: i drogati saranno anche 6 mila, ma risultano schedati 1.117 e di questi
solo 155 hanno fatto tappa al centro nell’87, e gli altri? Vivono in clandestinità, e si tratta, secondo
le famiglie, anche di rispettabili impiegati, di studenti, di adulti che non cercano certo di farsi vedere al servizio. E allora, ha detto il medico, inutile cercare strutture se non c’è domanda. Strutture,
specie i centri Ceis di Schio e Tiene e la comunità francescana di Breganze, magnificate dal procuratore Canilli, che si è detto favorevole non tanto ad un’èquipe di operatori per il carcere, quanto ad
un pieno funzionamento del giudice di sorveglianza.
Il vicesindaco Carta ha ribadito la necessità di un forte coordinamento a livelli locale e del coinvolgimento della scuola, mentre il presidente dell’associazione “Vittime della droga” di Verona, Gianni
Avanzini ha proposto a Vicenza di collaborare in un’indagine veneta per colpire il traffico di eroina
e di coinvolgere i giovani nell’informazione sulla tossicodipendenza sia in famiglia che nei luoghi
educativi.
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Il Giornale - 15 gennaio 1988
Verso l’istituzione di un centro europeo di coordinamento scientifico e sociale
per affrontare la “nuova lebbra”
La Cee scende in campo contro l’Aids
Sintesi – “L’Europa contro l’Aids – Aiutate l’Europa a combattere l’Aids”: ecco il programma illustrato in una grossa monografia diffusa dalla Cee, che si propone di istituire un Centro europeo di
coordinamento scientifico e sociale anti-Aids, coordinato da un comitato di esperti degli Stati membri della comunità.
Il progetto, quanto mai tempestivo, offre l’occasione per fare il punto sulla situazione attuale della
malattia e su alcuni problemi legati alla sua gravità e alla sua diffusione.
Si conosce ormai l’agente casuale della malattia, un virus chiamato Hiv, e si sa che un virus molto
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simile è responsabile della malattia nell’Africa centrale, che pare la zona di origine dell’infezione; si
sa inoltre che dall’Africa il contagio si è diffuso ai Carabi, di là agli Stati Uniti e ad altre regioni americane, per poi giungere in Europa; si sa infine che quello che si chiama Aids non è che la grave fase
finale di un’affezione a lungo e lento decorso, il cui stadio iniziale può essere del tutto asintomatico.
Ma altri aspetti della malattia debbono essere ancore chiariti ed è per questo che la lotta contro l’Aids
rende indispensabile una crescente cooperazione internazionale. L’Europa, sottolineano gli esperti,
deve fare la sua parte affiancandosi agli Stati Uniti, che in questo campo sono all’avanguardia, anche
perché due terzi dei casi si sono manifestati in quel Paese: là l’Aids ha colpito sino alla fine del settembre 1987 ben 41.825 soggetti, su un totale di 60.653, mentre i casi in Europa sono stati 6.768
(in Italia 1.025), in Africa 6.511, in Asia e Oceania solo 721. (…) Negli Stati Uniti i più colpiti sono
gli omosessuali maschi a forte promiscuità, nell’Europa, con grande preferenza, i tossicodipendenti,
in Africa la fonte di contagio è eterosessuale. (…) E’ utile anche risolvere il problema dei sieropositivi asintomatici che non presentano alcun segno di malattia. (…) Sono fonte di contagio da allontanare del posto di lavoro, dalla collettività, dalla scuola? Come comportarsi, in particolare nei luoghi di detenzione e negli ospedali? (…)
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Ora tocca allo Stato fare la sua parte
“Mentre la diffusione dell’Aids sta assumendo dimensioni preoccupanti, l’Italia – hanno denunciato di recente molti organi di stampa – registra inammissibili ritardi nell’azione di ricerca e prevenzione. Com’è noto, secondo i risultati di un’indagine epidemiologica dall’Istituto superiore di sanità,
in collaborazione con l’Associazione nazionale per la lotta all’Aids, il numero dei soggetti sieropositivi è ormai giunto alle 200 mila unità, di cui un quarto affetto da patologia correlata all’Aids. (…)
Queste cifre non consentono ulteriori rinvii e dilazioni: per evitare quindi che le risorse destinate alla
lotta contro l’Aids restino ancora inutilizzati, in una fase delicatissima di diffusione esponenziale
della malattia, ho presentato alla commissione bilancio della Camera un emendamento - fatto dal
comitato ristretto- al disegno di legge finanziaria, per consentire al ministro della Sanità di formulare un piano per la prevenzione e la lotta contro l’Aids. (…) Si rende pertanto urgente che lo Stato
avvii una campagna informativa – scevra di allarmismi, ma anche di reticenze – un programma di
informazione e di educazione sanitaria nelle scuole e fra gli addetti ai lavori, iniziative idonee ad evitare il contagio in ambienti particolarmente a “rischio”- come caserme e luoghi di detenzione e pena
– (…) Quel poco che è stato fatto finora per contrastare la diffusione della malattia lo si deve all’iniziativa dei sindacati o di associazioni di volontariato. (…) Un margine di vantaggio che si registra
ancora e che non ammette più la latitanza dello Stato.
On. Francesco De Lorenzo, presidente dell’Associazione per la lotta all’Aids
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Lunedì 18 gennaio ’88 - Ore 10 Visita con Anna Serra dal prefetto Maggiore, su suo invito.
Abbiamo esposto i numerosi problemi, ci ha ascoltato con attenzione, ponendo domande e commentando. Si è detto convinto che la scuola non faccia prevenzione e non s’impegna abbastanza in questo campo. Ha assicurato il suo interesse e che farà valere la sua autorità presso gli
organi preposti a questo problema.
Ore 20 a Lonigo dove Muccioli era stato invitato per un incontro; c’era così tanta gente che è
stato deciso di tenere la conferenza all’interno del duomo della città.
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Lettera inviata al Giornale di Vicenza in risposta a quella di un lettore che si dice convinto
dalle teorie di Pannella sulla liberalizzazione delle droghe pubblicata il 21 gennaio 1988
Egregio direttore,
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dopo avere letto sul Giornale di Vicenza la proposta del signor Dal Corno che invita l’on.
Pannella a farsi promotore di un referendum sulla liberalizzazione della droga, desidero
riproporre alcune considerazioni che mi auguro esaurienti sul perché dell’assurdità di tale
proposta.
Liberalizzando la droga l’Italia verrebbe meno agli accordi internazionali e diventerebbe ricettacolo mondiale di drogati; la legalizzazione ne moltiplicherebbe l’abuso (i giovani dicono: l’Olanda ha liberalizzato la droga, dunque se l’ha fatto vuol dire che non fa
male!); lo Stato dovrebbe creare raffinerie e provvedere in proprio all’acquisto della materia prima. Non penso che la mafia si lascerebbe scappare tanto facilmente questo “appalto”. Ma se per ipotesi questo avvenisse, certamente ricercherebbe altre micidiali misture
costringendo lo Stato a stare al passo.
La droga dà assuefazione, dipendenza e tolleranza, quindi crea il bisogno di aumentare continuamente le dosi; allora, o lo Stato garantisce una “escalation” farmacologica, e in
questo caso la condanna del drogato è immancabile, oppure tutto resta immutato.
Il tossicodipendente non può tenere il ritmo della scuola o il posto di lavoro; non guadagnando, per sopravvivere sarà costretto a delinquere, a meno che il governo non decida di
dargli una pensione che pur comprendendo il minimo vitale dissanguerebbe il nostro già
precario bilancio, dato il numero enorme di drogati. Ci sono anche persone che non vogliono far sapere di usare sostanze stupefacenti, e altre che iniziano questa devianza; per costoro non può esserci che lo spacciatore che avrà tutto l’interesse a tenere la bocca chiusa.
Secondo l’on. Pannella la liberalizzazione delle droghe porterà chi le usa a gestirsi, perciò avremo chi si sentirà depresso e farà uso di cocaina, chi invece si sentirà agitato farà
uso di eroina, chi avrà bisogno di stimoli particolari userà anfetamine ecc. di conseguenza potremmo anche avere medici, chirurghi, guidatori di mezzi di trasporto od altro - e
chi più ne ha più ne metta - che faranno uso più o meno di varie droghe. I risultati di
questa situazione non tarderebbero a farsi evidenti.
Se ancore il signor Dal Corno non è convinto da queste argomentazioni, gli propongo un’ultima riflessione: è vero che il proibizionismo ha arricchito la mafia e ucciso molta
gente, ma è pur vero che la libera vendita degli alcolici causa in Italia (lo dice lo stesso Pannella) circa 30 mila morti all’anno. È meglio consigliare Pannella che invece di inventare
problemi nuovi, tenti di risolvere quelli che già esistono e sono molti. A lui la Scelta.
Per il Comitato, Olga Dalla Valle
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Il Giornale - 26 gennaio 1988
Da oggi ricercatori di 140 Paesi riuniti nella capitale inglese per parlare del terribile morbo
Consulto mondiale sull’Aids a Londra
In Italia registrati al 30 settembre scorso, 1104 casi ma i dati sono inferiori alla realtà
E il peggio deve ancora venire
Londra – Questo l’aggiornamento della situazione Aids nel mondo al 1° gennaio 1988
secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il numero dei casi
di Aids e le nazioni che li hanno registrati è continuato a crescere drammaticamente. A
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tutto il 1° gennaio 1988 – 73.747 casi di Aids sono stati ufficialmente registrati presso
l’Oms da 129 Paesi del mondo. Tuttavia questo numero rappresenta soltanto una frazione
del totale che è stimato vicino centocinquantamila casi.
L’Oms stima che da 5 a 10 milioni di persone possano essere oggi infettate dal virus della
immunodeficienza, l’” Hiv”.
Entro il 1991, la stessa fonte prevede che almeno un milione di nuovi casi possano svilupparsi in soggetti che sono già stati contagiati dall’Hiv. L’Aids è segnalato in ogni parte del
mondo. Il maggior numero dei casi , 48.139 negli Usa, dove la malattia è stata per la prima
volta riscontrata, nel 1981. In 41 altri Paesi delle due Americhe, sono stati registrati in totale 7.215 casi. In America, Europa, Australia e Asia, la grande maggioranza dei casi si registrano tra giovani maschi (tra i 20 – 49 anni) omosessuali o bisessuali e tossicodipendenti
che assumano la droga per via endovenosa. Le persone contagiate dall’Aids attraverso rapporti eterosessuali sono cresciute dall’1 al 4 per cento dei casi. Si stima che nel 1991 il
numero totale sarà cinque volte superiore. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 28 gennaio 1988
Delegazione Pci al “S. Bortolo”
Critica ritardi e incertezze nella battaglia contro l’Aids
Sintesi: Sabato scorso una delegazione del Pci ha visitato il Reparto malattie infettive dell’Ospedale di Vicenza, discutendo con medici e infermieri la sua pesante situazione. Subito dopo la delegazione si è incontrata col presidente dell’Ulss De Boni, per conoscere quali risposte concrete il comitato di gestione intenda dare ai numerosi problemi del comparto. La delegazione ha fatto presente
l’inadeguatezza degli spazi destinati alla cura dei ricoverati, per effetto della necessità di salvaguardare dagli ammalati di Aids i portatori di altre patologie infettive. (…) (scarsità di servizi igienici, eccessiva promiscuità, nessuna differenziazione per fasce d’età, nessuna risposta nei confronti dei bambini portatori di malattie infettive). (…) L’impressione – è stato rilevato – è che si sottovaluti la portata dell’intera questione. (…)
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Vicenza 1 febbraio 1988 - Lettera inviata alla Presidente della Commissione Consiliare per i servizi socio sanitari e per conoscenza alla consigliera e capogruppo Uls per il Pci , al segretario cittadino
Pci, al presidente dell’Ulssi, al delegato Ulss per le tossicodipendenze, al primario della divisione Malattie Infettive.
Venuta a conoscenza tramite il giornale di Vicenza che alcuni giorni or sono, una delegazione del Pci si è recata in visita alla divisione Malattie Infettive per verificare personalmente il funzionamento di detto reparto, desidero esprimere alcune considerazioni per
me, di notevole importanza.
Innanzi tutto ringrazio il Pci che con questa iniziativa ha dato una risposta all’appello
lanciato dal Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di Vicenza, che
invitava i responsabili politici a verificare di persona la grave realtà creatasi in seno al
Malattie Infettive con l’evento dell’Aids. Questa situazione di precarietà è stata da me più
volte denunciata attraverso la stampa con lettere, interviste, relazioni inviate anche ai partiti e colloqui con responsabili socio – sanitari e politici. Mi auguro vivamente che questo intervento non sia uno dei tanti che, come nascono, muoiono subito per inerzia, ma
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al contrario sia seguito da un piano mirato destinato a concretizzare quelle migliorie tanto
necessarie quanto urgenti.
Devo purtroppo anche aggiungere che due frasi espresse nell’articolo suddetto mi sono
sembrate sinistramente pericolose. La prima era riferita alla “Salvaguardia degli ammalati
di altre patologie da quelli colpiti da Aids”, la seconda riguardava “L’istituzione di forme
d’accesso riservate agli esami per i sospetti a rischio”.
Spero vivamente che queste frasi siano state male interpretate dal cronista e non, come
sembra, siano frutto di un parere della Commissione, perché se così fosse, cadrebbero
miseramente i bei propositi di cui si è sempre parlato e che sono stati ribaditi al congresso mondiale di Londra sull’Aids chiusosi pochi giorni fa, sulla non emarginazione dei colpiti dal virus Hiv. In caso contrario, l’ipotesi di una riesumazione degli antichi lazzaretti
non mi sembra tanto inverosimile.
Ogni malato ha diritto alla cura e ad essere salvaguardato da ipotetici contagi, tanto
più il colpito da Aids, per il quale, data la mancanza di difese immunitarie, anche le più
piccole infezione possono risultare fatali.
Se lo Stato italiano, nel rispetto della presunta “libertà individuale” ha permesso e continua a permettere con la complicità di leggi assurde, come quella sulla modica quantità,
che giovani e giovanissimi si droghino avviandosi a una morte prematura, conceda almeno agli ammalati di Aids di essere aiutati a morire con meno sofferenza, ridando loro quella dignità di cui ogni essere umano ha diritto e che solo l’uso della droga aveva loro tolta.
Per il Comitato, la presidente, Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 5 febbraio 1988
Finanziamenti inadeguati, nessuna attivazione di centri e niente coordinamento
Mancanza di programmi nazionali contro l’Aids
Denunciata da 17 tra clinici e ricercatori
Sintesi: Roma – “La carenza di fondi adeguati, la mancanza di attivazioni di centri e l’assenza di
un qualsiasi coordinamento programmatico nazionale per fronteggiare l’Aids nei prossimi anni pongono l’Italia in una posizione di estrema arretratezza organizzativa nei laboratori di ricerca e nei
reparti di assistenza, i cui effetti negativi torneranno a manifestarsi nel medio e lungo periodo”. Lo
afferma un documento firmato da 17 clinici e ricercatori italiani sull’Aids, “chiamati in causa da
recenti affermazioni del ministro Donat-Cattin”. Tra i firmatari Fernando Aiuti (Roma), Fernando
Dianzani (Roma), Mauro Moroni (Milano), Luigi Chieco-Bianchi (Padova), Sergio Romagnati
(Firenze), Sergio Del Giacco (Cagliari).
“Il finanziamento della ricerche cliniche e di laboratorio – aggiunge il documento – è stato insufficiente e finora esclusivamente a carico del Cnr, del ministero della Pubblica Istruzione, di alcuni enti
locali e di associazioni private.
Malgrado gli annunci pubblicizzati da tempo, l’unico diretto contributo finanziario elargito dal
ministero della Sanità è stato fino ad oggi di 750 milioni esclusivamente per il centro operativo sull’Aids creato a Roma presso l’istituto superiore di sanità. La ricerca sull’Aids in Italia, prosegue il
documento “è iniziata già nel 1984 ed ha suscitato interesse in sedi qualificate nazionali e internazionali contribuendo in maniera determinante alla conoscenza dei meccanismi della diffusione dell’infezione e dell’identificazione dei gruppi a rischio”. (…)
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Vicenza - 12 febbraio 1988 – Presentazione per l’incontro dibattito:” Un servizio di polizia urbana per la difesa della città dalla droga”- organizzato dal Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di Vicenza in collaborazione con il sindacato UIL – Tra i presenti: l’on. Laura Fincato,
Giovanni Avanzini (presidente dell’Associazione Vittime della droga di Verona), Giovanni Baldisseri
(assessore alla polizia urbana), Lorenzo Bernardi (docente di statistica sociale e preside della facoltà di
Statistica presso l’Università di Padova), Pietro Cazzaro (vigile urbano), Nevio Furegon (giornalista del
Gazzettino) Antonio Curci (segretario provinciale Siulp). Coordinatore Paolo Pirani, segretario generale UIL.
Come rappresentante del Comitato di solidarietà, ringrazio anzitutto la UIL che, unendosi a noi questa sera, ci offre l’opportunità di un incontro con responsabili di realtà cittadine per sviluppare il tema sul servizio di Polizia Urbana che già da qualche anno ci sta
particolarmente a cuore.
Noi riteniamo che questo servizio potrà assumere una reale importanza, specialmente
in questi tempi così problematici per tutti, a causa della crescente violenza che vede pericolosamente esposti i cittadini e in special modo la fascia dei giovanissimi.
Già in una recente e importante riunione svoltasi in questa nostra sede, alla presenza
del senatore Mariano Rumor e dei maggiori responsabili istituzionali e politici della città,
era rimasto sospeso questo grosso discorso che ora riprenderemo.
Tutti sappiamo quanto il consumo delle sostanze stupefacenti si sia allargato a macchia
d’olio e come l’insediarsi dell’Aids abbia drammatizzato la situazione già di per se stessa
gravissima; non tutti sanno però che ancora non esiste un piano nazionale per far fronte
a questi due flagelli così strettamente legati tra loro.
Per avere più forza, noi abbiamo aderito al Coordinamento Nazionale Antidroga
(CNA), che vede raggruppati insieme più di trenta associazioni di genitori di tutte la regioni italiane.
Il 26 gennaio ’88, il segretario generale del CNA, Ambrosini (giudice di Torino), è stato
ricevuto dal ministro per gli Affari Speciali, Rosa Russo Jervolino, la quale ha assicurato il
suo appoggio per una campagna pubblicitaria RAI-TV contro la droga. Il ministro ha inoltre chiesto la collaborazione del CNA per la riforma della legge 685/75 e la presenza di
esponenti delle famiglie in apposite commissioni presso i ministeri della Pubblica Istruzione e della Sanità. Infine ha suggerito di prendere contatto col presidente della commissione Affari Sociali della Camera presso cui inizierà la discussione della riforma di legge
sugli stupefacenti e sulle tossicodipendenze.
In seno alla nostra città, il Comitato ha rappresentanti in alcune circoscrizioni, nella
Consulta per le tossicodipendenze, nella commissione Sanità del Comune, nei consigli
parrocchiali; il tutto per dare un contributo di esperienze.
Abbiamo denunciato all’Ordine dei medici e dei farmacisti, la facilità con cui alcuni
dei loro associati distribuiscono ricette e farmaci ai td, interessando a questo proposito
l’assessorato alla Sanità e il ministero medesimo per opportuni controlli.
Con l’impegno del sindacato e dell’ULSS abbiamo ottenuto l’attuazione di un piano
di studi professionali per giovani in terapia riabilitativa per agevolarli ad un meno diffici– 112 –
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le inserimento nel mondo del lavoro. Sono state raccolte 4.000 firme come testimonianza di solidarietà da parte dei cittadini più sensibili.
Con l’insorgere della sindrome da Aids, abbiamo instaurato frequenti e positivi contatti con la divisione Malattie Infettive e organizzato con le sette circoscrizioni la prima
assemblea cittadina per chiarire le problematiche di tale malattia. Come primo risultato,
abbiamo ottenuto che i sieropositivi al virus Hiv e i malati conclamati potessero essere
curati nel nostro ospedale e non al centro di riferimento regionale di Verona.
Da allora i nostri sforzi su questo campo sono volti a rendere più idoneo il reparto infettivi, carente di personale sanitario e di stanze per la degenza. Non abbiamo trascurato il
problema carcere, anzi, abbiamo fatto presente all’allora ministro di Grazia e Giustizia
Mino Martinazzoli, in occasione della sua visita a Vicenza, delle carenze socio-sanitarie inerenti alla struttura stessa. Abbiamo anche più volte perorato la grazia al Presidente della
Repubblica per far sì che i giovani usciti da un programma terapeutico non avessero a ritornare in carcere per reati commessi durante il periodo della dipendenza dall’eroina.
In questa prima parte ho illustrato le attività che possono ben configurarsi come tese
al miglioramento della vita civica, riscontrando però una valutazione insufficiente di interventi al riguardo delle aspettative prospettate dalle leggi regionali, dalla Delibera Quadro
del Comune e dai programmi dell’ULSS, compreso il carcere.
Riscontrando che tutti questi sforzi sono rimasti pressoché inattuali, ci domandiamo
cosa non abbia funzionato, nonostante l’esistenza di una miriade di gruppi che operano
nel sociale.
Il Comitato si è sempre impegnato per far sì che il problema droga sia combattuto in
stretta collaborazione tra volontariato e istituzioni; a questo punto lanciamo una proposta per la creazione di un coordinamento in cui i componenti diano il loro contributo alla
pari, senza pregiudizi e pretese di prevalenza.
Entrando nel merito del tema odierno che riguarda l’individuazione di forme di lotta
alla droga, viene spontaneo domandarsi come ciò si possa fare e se tutti lo possono fare.
Qualsiasi iniziativa è destinata a fallire se non riusciamo a spezzare a fondo il canale di trasmissione della sostanza, del grosso spacciatore, che opera ad esclusivo interesse speculativo – criminale e, sfruttando la sudditanza del consumatore, lo porta suo malgrado a diventare spacciatore.
Noi riteniamo che il punto debole dei tipi di intervento su esposti, vada a colpire maggiormente proprio questi consumatori – piccoli spacciatori, che sono gli anelli terminali
di una infame catena di trasmissione.
Un metodo nuovo che oggi ci sentiamo di riproporre è che venga finalmente istituito
un sevizio di vigilanza nelle circoscrizioni, che possa consistere nella presenza di un gruppo di Vigili Urbani a cui fare riferimento ed eventualmente segnalare varie disfunzioni e
problemi. Questo servizio potrebbe valutare in modo mirato i vari casi e collaborare con
le famiglie e con i servizi socio-assistenziali per esercitare una maggiore persuasione presso i figli al fine di tentare tutte la forme di convincimento alla revisione del proprio sistema di vita.
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Il CNA e varie forze politiche ritengono superate le attuali normative e propongono
adeguati correttivi, primo dei quali, l’abolizione della “modica quantità” che, costituendo lo spaccio al minuto, sostiene il grande mercato della droga. Naturalmente questa
modifica deve contemplare l’introduzione di misure alternative nella repressione e nella
carcerazione; si sente la necessità di costituire la cura coatta per quei tossicodipendenti i
cui tentativi di recupero dovessero risultare vani.
Si ritiene inoltre iniqua la penalizzazione delle famiglie che, pur essendo disagiate
finanziariamente, devono pagare multe e spese processuali – pena il pignoramento dei
beni – dei figli maggiorenni, nullatenenti, e nel medesimo tempo non possono var valere
la patria potestà per impedire che questi figli abbiano a delinquere per procurarsi la famigerata modica quantità.
Per concludere, dirò che l’idea sulla Polizia Urbana è un progetto che dovrebbe vedere
coinvolte la varie forze sociali della città, compresa la Vigilanza Urbana e, per certi aspetti la polizia di Stato.
Il cittadino privato o associato in gruppi può, e dovrebbe, sia per spirito civico, e come
indicazione di legge, denunciare i fatti illeciti di cui può risultare testimone diretto; però
abbiamo dimostrazioni che comprovano il rischio di diventare controproducenti. È quindi indispensabile l’istituzione di questa forza di vigilanza che dovrebbe agire da filtro e
verificare la situazione con maggiore razionalità e di conseguenza, qualora non esista nessuna altra possibilità di rimedio, fare intervenire le forze preposte alla repressione.
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Il Giornale di Vicenza - 16 febbraio 1988
Un nuovo servizio di polizia urbana è stato al centro del dibattito
di UIL e famiglie dei tossicodipendenti - Serve il vigile di quartiere
Città indifesa, la droga dilaga
Interventi: Avanzini (Ass.Vittime della droga), Curci (Siulp), Bernardi (docente), genitori.
Sintesi: Vicenza è indifesa, la droga dilaga. I consumatori sono in aumento, gli spacciatori proliferano, c’è chi sostiene addirittura che parte del traffico di stupefacenti che faceva capo a Verona si sia
spostato qui: nei quartieri manca la sorveglianza, i cittadini o sono indifferenti o si chiudono nel privato, le famiglie dei tossicodipendenti si sentono sole.
Vi è una proposta di cui si parla almeno da quattro anni e che a forza di dibattiti e promesse, sta
lentamente prendendo corpo. Se ne è discusso anche venerdì sera nel corso di un convegno organizzato dalla Uil e dal Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti, nella sede di quest’ultimo in via S. Domenico; tema: ”Un servizio di polizia urbana per la difesa della città dalla
droga”, secondo incontro sui temi della qualità della vita a Vicenza.
Dopo l’introduzione del segretario della Uil, Paolo Pirani, ha preso la parola la presidente del Comitato, Olga Dalla Valle, che ha osservato come ogni iniziativa sia destinata a fallire, fino a che non si
agirà sui grossi canali di smercio della droga, non limitandosi più a colpire solo il piccolo spacciatore. Quale alternativa dunque? “Un metodo nuovo può essere quello della vigilanza nelle circoscrizioni. Un gruppo di vigili o di poliziotti cui fare riferimento per segnalare disfunzioni e problemi per
valutare in modo mirato i vari casi e collaborare con le famiglie e con i servizi socio – assistenziali
per prevenire situazioni di disagio”. Un vigile “filtro”, dunque, tra le varie realtà nei quartieri; progetto portato avanti da un vigile in particolare, Piero Cazzaro, che nel corso della serata ha esposto
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l’eventuale contributo di una figura a metà tra l’area della convivenza civile e quella delle istituzioni
repressive. Scuola, Comune, Ulss e volontariato da una parte; polizia, magistratura e carcere dall’altra: a mezzo il “triangolo” della devianza giovanile, dove il vigile di quartiere dovrebbe operare. L’on.
Laura Fincato nel suo intervento ha dichiarato:” bisogna farsi finalmente carico di questa situazioni, visto che noi politici non abbiamo compreso forse quanto stava maturando sul problema droga”.
Lo ha capito invece il veronese Gianni Avanzini presidente dell’ “Associazione vittime della droga”,
che ha testualmente dichiarato:” Inutile nasconderci dietro a tante analisi sui giovani che prendono
eroina per protesta, per fuga, per ricercare il proibito. La diffusione degli stupefacenti a cosa è dovuta? La droga piace, la droga abbonda. È’ contro la struttura mafiosa tipica del mercato della droga
che bisogna lottare, è contro la mancanza di consapevolezza a tutti i livelli, cominciando da quelli
politici. Le sostanze sequestrate da polizia e carabinieri in un anno corrispondono al consumo di
mezza giornata. Il giro Veneto d’affari è di 11 miliardi al giorno (se consideriamo che ci sono 27
mila drogati nella nostra regione, di cui 5-6 mila a Vicenza). Dunque, la prevenzione e l’intervento
sul territorio – ha concluso Avanzini – sono le uniche vie da seguire. Dire che il tossicodipendente
è pericoloso per se e per gli altri, non è ghettizzarlo, ma è un impegno per la difesa della libertà di
tutti. La droga non può condizionare la vita sociale. È indispensabile entrare nei quartieri, far nascere un impegno dal basso, incoraggiando l’amore per la vita nei ragazzi, coinvolgendo le forze dell’ordine anche in un tipo di vigilanza come quella che voi proponete”.
Ha rincarato la dose il segretario provinciale del Siulp, il sindacato di polizia, Antonio Curci: ”Da
anni denunciamo la mancanza di sorveglianza nei quartieri. In città c’è una sola volante; praticamente non esiste controllo del territorio, non si raccolgono in tempo i segnali internazionali che vengono dall’Onu, dagli organismi antidroga”.
Sul ruolo dei mass media si è diffuso il giornalista Nevio Furegon, mentre il prof. Lorenzo Bernardi, preside della facoltà di Statistica dell’università di Padova, ha analizzato “scientificamente”
alcuni punti del progetto di vigilanza urbana “decentrata” cogliendo aspetti positivi (“la conoscenza reale dei problemi, il tipo delle funzioni che potrebbero essere assolte dagli operatori, la limitatezza dell’esperimento iniziale”). (…) Bernardi ha inoltre rilevato che:” Nessuno a livello politico
ha ancora abbracciato questa idea, non c’è stata contrattazione tra enti interessati, mancano forti
spinte sociali nonostante l’elevato valore civile del progetto”. (n.m.)
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Il Giornale di Vicenza - 19 febbraio 1988
Il dott. Balestra, del servizio medico-sociale dell’Ulss 8 auspica maggiore collaborazione
tra i vertici politici e forze dell’ordine - Non ci sono mappe né dati sul fenomeno
Un “buco nero” nella lotta alla droga
Sintesi: C’è un “buco nero” nella rete delle forze che a Vicenza lottano contro la droga. Mancanza
di collaborazione, sfasature nel coordinamento degli interventi, più di qualche bel progetto che si
arena sul tavolo dei vertici tra autorità, e un mercato che continua ad ingrossare le fila degli spacciatori e dei decessi.
Uno stato di cose evidenziato anche dal dott. Vincenzo Balestra, responsabile del servizio medicosociale per le tossicodipendenze dell’Ulss 8 “Effettivamente esiste un’area che per varie ragioni non
è mai stata “coperta”: parlo dello studio del fenomeno, della rilevazione di quanti sono effettivamente i tossicomani, di come si comportano, di come sono localizzabili. (…) Penso a quello spazio intermedio in cui potremo collaborare, scambiarci informazioni, utili a noi per il lavoro terapeutico, alle
forze dell’ordine per quello repressivo”. (…) ”Sappiamo solo che circa il 15 per cento dei td. prima
o poi finisce col rivolgersi almeno una volta alle nostre sedi, e perciò ci serviamo di moltiplicazioni
e stime: nell’87 abbiamo trattato 286 utenti a Vicenza, questo potrebbe voler dire che nel territorio
dell’Ulss 8 gli eroinomani sono almeno 3 mila, e che verosimilmente in tutta la provincia potrebbero essere il doppio, secondo quanto afferma il comitato delle famiglie. È certo tuttavia che il dato
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complessivo ci sfugge, sia perché non si riesce a collaborare con chi potrebbe fornire altri dati utili,
sia perché è incontrollabile il numero di quanti sono consumatori occasionali o convivono tranquillamente con la droga”. (…) ”Sappiamo che a Vicenza, nell’87 su 286 esami delle urine degli utenti
che si sono presentati, solo in 6 abbiamo riscontrato la presenza di cocaina. Era la prima volta.
Potrebbe essere un segnale dell’arrivo del crack? Non possiamo esserne sicuri. È certo che né i ragazzi né gli operatori si sono astenuti dal commentare le recenti, numerose morti. (…)
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Il 7 marzo ’88 è stata inviata una lettera al sindaco Antonio Corazzin e per conoscenza a tutte
le forze giuridiche, politiche, sociali e alla stampa cittadina: “Affinché venga promosso uno
studio – ricerca sul mercato illecito della droga nella nostra città, in grado di dare utili
indicazioni sia all’azione preventiva, sia a quella del recupero e reinserimento dei tossicodipendenti”.
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Sempre il 7 marzo ’88 è stata inviata al Procuratore Capo della repubblica italiana dr. F.
Canilli il seguente testo: “ In seguito ai recenti sequestri di sostanze stupefacenti avvenuti
nella nostra provincia e in quella di Verona che hanno evidenziato ulteriormente l’enorme mercato di tali sostanze, il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza, inoltra la richiesta di un urgente potenziamento delle Forze dell’ordine e
l’assegnazione di un magistrato presso la Procura della Repubblica con l’incarico di seguire i reati di spaccio e traffico di droga”.
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Una terza lettera è stata indirizzata al consigliere delegato per le tossicodipendenze dr. Achille
Variati affinché: “Alla luce delle sempre più gravi problematiche inerenti alla droga, a
nome del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza, inoltro richiesta perché sia costituita presso la Medicina legale, uno studio atto ad analizzare
a catalogare tutti i reperti di droga sequestrati, per approfondire l’individuazione dei diversi tipi di sostanze stupefacenti, la percentualità della sostanza attiva e quella di taglio e la
zona dove avviene il sequestro.
Tutte le informazioni risultanti, potranno poi essere utilizzate a scopo di prevenzione,
e in modo specifico si potrà ottenere:
A - La conoscenza della qualità della droga, che emergerà dalle analisi sul grado di intossicazione degli assistiti presso l’Ulss, potranno fornire un parametro essenziale e scientifico ai fini della determinazione della “modica quantità” individuale.
B - Dare la possibilità alle Forze dell’ordine di potere redigere una mappa dello spaccio e
i flussi di alimentazione che sostengono il mercato.
C - La sistematica e accurata indagine dei decessi per overdose, potrà fornire utili indicazioni per una campagna preventiva, diretta ai tossicodipendenti, informandoli sul
grado di pericolosità rappresentata dalle varie droghe e da altre sostanze che con essa
vengono assunte”.
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Il Gazzettino - 11 marzo 1988
Si costituirà una commissione
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L’assessorato agli Interventi Sociali del Comune vuole costituire una commissione conoscitiva sui
bisogni dell’ anziano e il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, chiede venga
istituita una “banca dati” per avere una visione generale del problema droga e poterlo così affrontare globalmente. Il motto del momento è – quindi – razionalizzare. “abbiamo ricevuto la richiesta
dalla presidente del Comitato di solidarietà, da pochi giorni – ha detto il presidente dell’Ulss 8, De
Boni – e dobbiamo ancora discuterla in Comitato. Una banca dati è una realtà complessa, che
dovrebbe interessare diversi servizi: bisogna prima di tutto vedere a cosa può servire, quali sono i
costi, quali le nostre disponibilità”.
Un discorso nuovo (anche se in altre città l’hanno già sperimentato), tutto da inventare. È diventato quindi indispensabile cominciare ad affrontare collegialmente uno studio. “E’ proprio quello che
abbiamo deciso di fare – ribatte il presidente De Boni – ho chiesto al settore competente di cui è
responsabile il consigliere Variati, di verificare la richiesta e le possibilità di attuazione. Poi vedremo.
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Il Giornale di Vicenza - 12 marzo 1988
Gli aspetti socio-culturali delle tossicodipendenze in Italia
Tutt’altro che vinta la droga si diffonde
Nel 1986 i morti nel nostro paese sono stati 288, un anno dopo 511
Gli esperti dicono che le cifre devono essere almeno triplicate
Sintesi – Roma - Nel 1986 i morti per droga erano in Italia 288. Nel 1987, secondo l’osservatorio
permanente istituito presso il Viminale, sono stati 511, e questo dato ha spazzato via i facili ottimismi di coloro che ritenevano che il fenomeno fosse ormai sotto controllo. (…) Secondo l’Ispes (Istituto di studi politici, economici e sociali) di Roma, queste cifre sono sottostimate perché ai decessi
dovuti direttamente agli stupefacenti si dovrebbero aggiungere quelli ad essi indirettamente collegati, e attribuiti ad embolia gassosa, all’epatite o altre malattie infettive, agli incidenti stradali e così via.
Secondo Sergio Letizia, membro del Csm, il numero delle vittime della droga dovrebbe essere raddoppiato. Questi dati, insieme con innumerevoli altri, sono contenuti nel volume presentato alla
stampa, che riassume i risultati della ricerca condotta dall’Ispes “Punto linea verde”. (…) La fascia
di età a più alto rischio è quella tra i 16 e i 23 anni (il 3,4 – 5,2 per cento). Da questa età in poi vi
è una crescita regolare che ha il suo picco a vent’anni (14,1 – 15,8 per cento). (…) Il rapporto afferma che questi dati “sembrano spazzar via molte teorie sociologicheggianti che stabilivano un rapporto di causa-effetto tra assunzione di droga e malessere sociale, disoccupazione e che altro”. Secondo gli autori, invece, l’amara realtà è che la droga viene presa soprattutto “perché piace”. (…)
Secondo gli autori dell’inchiesta, la lotta contro la droga comporta necessariamente un “momento
repressivo”. “l’unica vera terapia – affermano – consiste nello strappare l’individuo alla droga, nel
costringerlo a smettere, nel bruciargli intorno ogni possibilità di trovare “roba”, nell’aumentare le
sue difficoltà di vita e farne una leva per scardinare il suo mondo”. A loro avviso, a differenza dell’alcolista che può arrivare ad odiare l’alcool, il tossicodipendente non odia la droga: essa è anzi l’unico suo desiderio, e ad essa è disposto a sacrificare tutta la sua vita e quella degli altri.
Perciò la sfida contro la droga sembra perduta. (…)
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Pasqua 1988 - Ogni anno, nel lunedì che precede le ricorrenze del Natale e della Pasqua, al
Comitato viene celebrata una “nostra” messa come momento intimo tra noi, per cercare nell’aiuto divino la forza per proseguire nel difficile cammino della vita. Il celebrante in quella
occasione era il teologo don Dario Vivian. Forse quella era la prima volta che veniva a contatto con più famiglie toccate dal problema droga, perché ne rimase molto colpito. Ho messo
per iscritto il ricordo di quel momento:
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Il prete ripeté sommessamente a se stesso l’augurio che le due madri si scambiavano: buona
Pasqua, sai…..cerca di non pensare….. Era il lunedì della settimana Santa, ed era stata celebrata la messa pasquale proprio lì, nella sede del Comitato.
Un enorme mazzo di giunchiglie arricchiva la semplice tavola che in quel giorno fungeva
da altare e dava alla stanza disadorna una nota gioiosa; sembrava che quei fiori dal giallo
intenso e luminoso, racchiudessero insieme la dolce bellezza della primavera e una promessa di
speranza. Ancora pochi giorni e poi tutto il popolo cristiano avrebbe festeggiato la Pasqua.
Pasqua di Resurrezione….. festività solenne, emblematica, densa di significato, specialmente per noi genitori del comitato.
Si iniziava quel lunedì, una settimana che, unica nell’anno, rammentava il susseguirsi di
eventi drammatici che poi sarebbero culminati con la gloria del Cristo.
Ogni mamma che era lì, ripercorreva con Maria la via del Calvario, una via che si ripeteva per tutte, costantemente e inesorabilmente ogni giorno, tutti i giorni, da troppi anni.
Pasqua di Resurrezione….. ogni madre in fondo al cuore covava una favilla di speranza,
elemento vitale per potere sopravvivere a tanto dolore.
Buona Pasqua….. cerca di non pensare….. Ci sarà mai una Pasqua per i nostri figli?
Questa era la muta domanda che traspariva dagli occhi lucidi e arrossati di pianto silenzioso e per questo ancora più disperato.
Vicenza 12 aprile 1988 – Dopo vari contatti con mons. Avanzini responsabile del Ceis di Verona, oggi con la presidente della Commissione Sanità del Comune, il responsabile del sociale dell’Ulss 8 e il delegato Ulss per le tossicodipendenze, mi sono recata nella città scaligera per un
incontro esplorativo finalizzato a creare un centro Ceis, qui a Vicenza.
Per accogliere un tossicodipendente nella loro struttura, gli operatori effettuano inizialmente una visita psichiatrica, perché oltre al problema droga possono esserci patologie psichiche, nel
qual caso dispongono di un centro specifico. Per chi non ha una famiglia che possa seguire il
cammino dell’utente, hanno istituito un centro di pronta accoglienza. Hanno inoltre centri di
ascolto per indirizzare le famiglie verso persone di competenza. Mons. Avanzini si è detto
disponibile, almeno inizialmente, a darci una mano, ma la mia impressione è, che la prospettiva di una comunità valida come il Ceis, crea preoccupazioni, infatti è sempre stata fortemente ostacolata. Praticamente qui a Vicenza ognuno coltiva il proprio orticello a discapito
del bene comune.
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Il Giornale di Vicenza - 19 aprile 1988
Droga nelle scuole, è un dramma
Sintesi – La droga non ha mai smesso di circolare nelle scuole di Vicenza. Ma è purtroppo un problema di secondo piano: è stata soppiantata da altre urgenze, una volta l’Aids, un’altra il blocco degli
scrutini, un’altra ancora il rinnovo dei programmi di studio, dalle mille preoccupazioni e dai mille
compiti di cui la scuola è stata incaricata. L’intervento dei carabinieri ha quasi risvegliato la città da
una sorta di “sonno”. (…) Droga leggera ne circola parecchia, soprattutto negli istituti dove convergono ragazzi provenienti da diverse zone della provincia. Droga ce n’è, è un’ebbrezza che piace
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Il Giornale di Vicenza - 1 maggio 1988
Ucciso da un’overdose
Era disteso sopra un divano “sembrava che dormisse, era morto”
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Vicenza 13 maggio 1988 – III congresso del C.N.A.
Parto in treno con Anna Serra diretta a Firenze. Bisogna votare per eleggere il segretario generale. Discordanze, risentimenti, personalismi, queste le difficoltà a votare per il direttivo.
Non c’è più l’atmosfera di cosciente impegno che inizialmente ho trovato nella Lenad.
Hanno partecipato alcuni politici della Toscana, due giudici, Muccioli, e altri conduttori
di comunità.
Inesistente l’intervento del nuovo segretario, che ha preferito lasciare parlare i “conferenzieri” che naturalmente non hanno lasciato spazio ai partecipanti. Dopo un break, alla ripresa
dei lavori non c’erano più gli interlocutori! Il rappresentante di Bologna se n’è andato dicendo
che questo era stato il congresso delle vanità!
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Il Giornale di Vicenza - 20 maggio 1988
Un’altra vittima della droga
L’ambulanza richiesta da una telefonata anonima
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Vicenza 28 maggio 1988 - Lettera consegnata all’on. Martinazzoli in visita alla nostra città.
On. Mino Martinazzoli,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di
Vicenza e mi considero una combattente in prima linea nella lotta alla droga.
Purtroppo, come spesso succede – e la storia insegna – mi sento un misero fante lasciato allo sbaraglio, con di fronte un nemico agguerrito fino ai denti, e di spalle, un esercito
di comandanti, alcuni dei quali inetti, altri incompetenti e altri ancora, ma in numero esiguo, armati di buona volontà ma non di mezzi. Dopo vent’anni di droga, ancora lo Stato
non manifesta la volontà di impegnarsi con decisione in tutti i fronti, per porre fine a questo stillicidio che miete tante giovani vittime e riduce le famiglie allo stremo. Sono anni,
in cui tutte le associazioni famiglie, riunite nel C.N.A. hanno presentato al parlamento una
proposta di legge sulla tossicodipendenza che è rimasta tutt’ora inattuata. E intanto incalza l’Aids!..... Si continua però a sprecare tempo prezioso in sterili parole trascurando un
intervento appropriato.
Leggendo gli articoli della Costituzione italiana, mi sono resa conto che la legge contempla tutte le possibilità di aiuto verso il cittadino; deve essere però applicata nella giusta maniera.
L’Art. - 14 dice tra l’altro: “gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica, sono regolati da leggi speciali”; allora, perché, accertata la tossicodipendenza di un giovane non si applica una legge speciale per sdrogarlo?
Art. - 24 – “La difesa è un diritto inviolabile”; si aiutino allora i genitori che vogliono
difendere i loro figli dalla droga.
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Art. - 30 – “Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro
compiti”; nella maggioranza dei casi i genitori si trovano impotenti nei confronti dei
figli, ma pur chiedendo aiuto allo Stato, questo non lo percepisce.
Art. – 32 – “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività”; si tollera però la “modica quantità”, l’abbruttimento che dà
la droga e i reati contro la collettività da proteggere.
La situazione della provincia di Vicenza, come in tutta Italia è molto grave: 6 mila tossicodipendenti l’80 per cento dei quali sono sieropositivi all’Hiv; i morti di Aids sono più
di venti, una decina di malati conclamati, e molti con i primi sintomi della malattia (Arc).
In 12 mesi 14 morti per overdose. Nel 1987 si sono avuti 122 arresti per droga; 160
denunce a piede libero; 354 segnalazioni al Pretore.
Sono stati sequestrati Kg. 3, 088 di eroina; 2,320 di cocaina; 4,512 di hashish.
Nei primi quattro mesi dell’88 la proporzione è superiore dell’87 per cento.
È stato chiesto alla regione di fare del malattie infettive del nostro ospedale un centro
provinciale per l’Aids per avere il potenziamento necessario, è stato risposto: picche!
Una soddisfazione i nostri medici però l’hanno avuta; il nostro reparto infettivi è citato negli indirizzi utili del fascicolo pubblicato a cura del settimanale “L’espresso” e curato
dai professori Luc Montagnier e Fernando Aiuti che ne stimano l’impegno, pur nella precarietà esistente.
I servizi per le tossicodipendenze, così come sono strutturati, servono soltanto per
distribuire metadone e psicofarmaci. E questo, escludendo da ogni informazione le famiglie che dovrebbero invece esserne al corrente per collaborare più fattivamente al recupero dei propri figli. Si privilegia il segreto professionale e la maggiore età degli utenti, e non
si riesce ancora a capire che il drogato, come tale, è incapace di volere e molte volte anche
di intendere.
Così i genitori, i cui figli si rivolgono al servizio, se li vedono spesso in stato confusionale, addormentati per giorni e con un linguaggio incomprensibile.
Io chiedo a lei on. Martinazzoli, che stimo come persona onesta, di compiere una indagine parlamentare per conoscere lo stato di applicazione della legge 685 e di impegnarsi
per un incontro con parlamentari DC, qui a Vicenza per discutere su due punti fondamentali della legge sulla distribuzione del metadone e sull’alternativa al carcere.
La ringrazio
Per il Comitato, Olga Dalla Valle
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Risposta di Martinazzoli (trascritta)
Gentile Signora,
leggo la sua lettera e il documento allegato e mi viene in mente che, con tutta probabilità, una qualche idea
sul perché di un mancato aggiornamento della legge del 1975 potrebbe venirle proprio dagli illustri parlamentari presenti al convegno di Reggio Emilia del 14-15 giugno 1986.
In questa materia, ma in tutte, direi, constato una grande divaricazione tra i “messaggi” dei politici ed i loro
comportamenti effettivi. Bisogna, certo, considerare l’obbiettiva difficoltà delle scelte e, spesso, l’incoerenza
o il contrasto delle proprie. Ma, ripeto, si potrebbe “sperimentare” di più e discettare di meno. A me sem– 120 –
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bra di ricordare che quel poco che si è fatto dal ’75 è tutto contenuto nella legge di conversione di un decreto dell’85, soprattutto per l’impulso del ministero della giustizia.
Peraltro, quando rifletto su questo terribile problema, giungo alla conclusione che soltanto una serie coordinata di passi legislativi e amministrativi potrebbe garantire un serio e realistico approccio. Quello che si fa
da tanti – famiglie, associazioni, strutture di volontariato – è molto, ma del tutto insufficiente rispetto alle
proporzioni della minaccia. Ma c’è – dico in tutto il popolo italiano – la disponibilità che ci vuole per
affrontare davvero questo distruttivo fenomeno?
Con viva cordialità
Mino Martinazzoli
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30 maggio 1988 - Lettera inviata al responsabile del Smst dell’Ulss n.8 dott. Vincenzo Balestra e P.c. al presidente dell’Ulss n. 8 Domenico De Boni e consigliere delegato per le tossicodipendenze Achille Variati
Egregio dott. Balestra,
il comitato di Solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti di Vicenza, esasperato per la
pericolosa facilità con cui il Smst da troppo tempo dispensa psicofarmaci agli utenti che
ne fanno richiesta, invita codesto servizio a sospendere tale erogazione ai td, i quali, nella
maggioranza dei casi, non osservano la posologia prescritta, abusandone con dosi massicce e, se ne esiste la possibilità, si iniettano addirittura in vena.
Se i medicinali in particolari momenti si rivelano utili, siano dati in dosi giornaliere,
altrimenti possono venire assunti come sostitutivi di droghe. Oppure, si avverta la famiglia – se questa è disponibile alla collaborazione – assegnando ad essa, con accordi ben precisi, la verifica del dosaggio. Se il tossicodipendente vuole drogarsi, lo faccia, ma non con
la complicità di chi dovrebbe tutelarne la salute.
Per il Comitato, Olga Dalla Valle
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L’Arena - 9 luglio 1988
Cronaca veronese
Un manuale di autodifesa dalla droga domani in omaggio con il giornale
Iniziativa de “l’Arena” in collaborazione con l’associazione “Vittime dalla droga”
presieduta da Giovanni Avanzini - L’opuscolo illustra con semplicità ai genitori
come difendere i figli dalla “piovra” prima che diventi troppo tardi
Sintesi – domani in edicola”L’Arena” sarà accompagnata da un opuscolo a colori intitolato “Droga
e famiglia” – guida informativa alla prevenzione, a cura dell’associazione “Vittime della droga”. L’opuscolo è già stato presentato alcuni mesi fa dal nostro giornale e, recentemente, ha avuto una estesa e positiva recensione su “Famiglia cristiana” di cui crediamo interessante riportare alcuni brani:
“Questo efficace lavoro – scrive Franca Zambonini sul diffusissimo settimanale – è anzitutto un utile
prontuario a uso delle famiglie che di solito cadono dalle nuvole quando scoprono che il “mercato”si
è infiltrato in casa loro e a uso dei ragazzi che si trovano irretiti nel giro, a forza di ingenuità e di imitazione dei compagni più svelti. (…) Il volumetto è semplice e di facile consultazione proprio perché per famiglie e giovani il dato comune è l’ignoranza. (…) Sono spiegati i misteri della marijuana, della cocaina, dell’eroina, della morfina, delle anfetamine. Un piccolo prezioso trattato che
diremmo sociologico, ma che dei paludamenti sociologici non ha niente, per fortuna”. (…)
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Il Gazzettino di Verona - 20 luglio 1988
Uls 25 - Comune e Provincia dicono “no” al libro di Avanzini
“Sconsigliabile e pericoloso” l’opuscolo “Droga e famiglia”
Questo opuscolo è la “summa” di come non si deve fare prevenzione e informazione sulla droga.
Così il presidente dell’Ulss 25 Donato Bragantini ha riassunto l’opinione della commissione tecnica dell’Uls e dai membri del coordinamento tossicodipendenze, sull’opuscolo “Droga e famiglia”. (...)
Qui mi fermo con un breve commento. Questo opuscolo è una guida, edita dall’associazione
“Vittime della droga” di Verona, che si è ispirata ad un’opera della National Association on
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Drug problem Inc, di New York. È stato stampato anche dal mio Comitato con una pagina
aggiuntiva di ulteriori consigli pratici, frutto della mia esperienza personale.
Purtroppo a Verona gli enti preposti l’hanno ferocemente combattuto e disprezzato e qui a
Vicenza, nonostante l’interessamento del dott. Variati, delegato dell’Ulss per le tossicodipendenze, che contribuì finanziariamente alla spesa per la pubblicazione e, nonostante avessi un parere scritto favorevole da parte del Ministero dell’Istruzione Pubblica, non ha avuto migliore fortuna. Gli enti pubblici, legati al privato sociale avevano altre iniziative e la sua divulgazione
è stata bloccata. Nessuno ha riflettuto sul fatto che questa guida era un’arma in più per la conoscenza del problema droga ed era data gratuitamente.
Diversa accoglienza questo opuscolo ha però ottenuto presso alcuni comuni e gruppi privati della provincia e della città stessa, lontani però da legami ideologici e burocratici.
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Vicenza - 19 luglio 1988 – Con alcune mamme del Comitato mi sono recata in visita al nuovo
Vescovo, mons. Pietro Nonis. Dopo le presentazioni ho fatto presente l’inefficienza dello Stato
sia nel campo della droga che dell’Aids. Ho parlato del Malattie infettive assicurando che sarebbe gradita una sua visita al reparto; lui ha ascoltato con attenzione prendendo appunti. Ha
detto in modo deciso che non intende fare ciò che spetta allo Stato (es. comunità), che non ha
sacerdoti preparati per questi delicati problemi, ma che non può ignorare la sua missione di
carità, e ha citato la parabola del buon
samaritano.
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Il Giornale di Vicenza - 29 luglio 1988
Ancora un morto per overdose
Il decesso avvenuto a Bassano due giorni
fa – Accanto al letto la solita siringa
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Il Giornale di Vicenza - 2 agosto 1988
Ventisettenne stroncato
da overdose
Trovato privo di vita dai genitori
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Vicenza 3 agosto 1988 - Ritorno dal
Vescovo con il dott. Alberto Vaglia che
sostituisce il primario al malattie infettive. Ha parlato quasi sempre il medico e
mons. Nonis pareva interessato; l’argomento lo colpisce, soprattutto la reazione
dei giovani malati. Ha detto che il poco
che potrà fare sarà a livello regionale. Ho
riferito che la regione ha intenzione di
creare due centri per i malati di Aids, uno
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a Padova e uno a Verona, e lui – “Dei lazzaretti!” - Ho ribadito il mio pensiero: rendessero cioè
efficiente il reparto infettivi, e non obbligassero gli ammalati e le famiglie che li assistono ai
non pochi disagi dati dalla lontananza.
Nel lasciarci il Vescovo ci ha promesso una sua visita in reparto per giorno 9 c.m.
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Grossi problemi al malattie infettive; è necessario un supporto di volontariato, che esiste nei
vari reparti, ma non in quello. Una ragazza prima di morire continuava a chiamare gli infermieri, perché si sentiva sola e aveva paura. Ci sono malati senza l’assistenza della famiglia e
molti di loro diventano “vegetativi”, smarriscono la ragione, sono affetti praticamente da
demenza. Vi sono richieste di ricoveri, ma non ci sono posti letto. Non so come il personale sanitario riesca a vivere normalmente al di fuori di quell’ambiente. Mi dà l’impressione di una
morsa implacabile.
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Martedì 9 agosto 1988 , ore 17,30 – Ad attendere il Vescovo ci sono il presidente dell’ULSS
De Boni, il vice Sandro Mazarol, gli operatori di TVA, un giornalista de “Il Gazzettino”, don
Adriano Toniolo per il Giornale di Vicenza, padre Fortunato in rappresentanza del Vicario ed
altri ancora.
Quando arriva, il Vescovo saluta i presenti e dice che avrebbe preferito una visita riservata. Ha
ricordato S. Gaetano Tiene, che ha fondato a Venezia l’ospedale degli incurabili, ha continuato dicendo che, essendoci oggi i servizi sanitari, la Chiesa non deve supplire, ma collaborare.
Ha parlato di “ultimi” dicendo che i malati di Aids sono oggi i più ultimi e che questi problemi gravissimi, in futuro lo saranno ancora di più. Poi, provvisto di camice, cuffia, mascherina, ha iniziato il percorso lontano dallo sguardo indiscreto delle telecamere. È tornato circa
un’ora più tardi. Gli ho chiesto com’era andata, ha risposto di essere stato molto colpito – “Si
dice che la Madonna appare in certi posti, io qui ho visto l’inferno”- Entrati nello studio del
dott. Vaglia ha subito detto: “Bisogna aiutare i giovani malati, soprattutto quando escono dall’ospedale. Devo dire che non ho trovato il lazzaretto che tanto mi fa paura, e questo è merito
del personale sanitario. L’ammalato qui non è un numero, ma un individuo, e non è seguito
solo come ammalato, ma anche come persona, con i suoi problemi personali e famigliari“. Ha
elogiato il dott. Vaglia e si è reso disponibile a dare anche un aiuto in denaro: “per aiutare questi infelici”. Durante la visita aveva chiesto ad un giovane perché fosse triste – “ho visto morire uno dopo l’altro dodici miei amici”- è stata la risposta. Poi ne ha ricordato un altro che era
in coma, assistito quattordici ore al giorno dal padre in ferie, che purtroppo sarebbero terminate il giorno dopo. –“Bisogna aiutare le famiglie, inventate qualcosa, noi vi sosterremo”-. Ha
ricordato Cristina, che aveva concluso il raccontato della sua storia dicendo:” poi ho conosciuto un delinquente buono”- Il Vescovo ha ripetuto commosso questa frase – “Bisogna aiutare Cristina” – ha ripetuto – “senza darle soldi in mano, ma darle un luogo dove dormire e poter mangiare. Se esce di qui, non deve tornare in strada dove tra l’altro potrebbe contagiare altre persone”. Il vice presidente ha parlato di lunga degenza a Sandrigo – “non facciamo lazzaretti”ha ribadito il Vescovo – “non c’è qualcosa per le donne?- Io ho parlato dei contatti con la comunità Incontro, ho insistito nel dire che anche qui si potrebbe creare una struttura con la colla– 124 –
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borazione di volontari. Il pensiero dei malati senza risorse fuori dall’ospedale costituiva per il
Vescovo un vero problema. Al suo arrivo, prima di entrare nel reparto, aveva detto che il contatto con malati che possono trasmettere malattie provocava in lui un senso di ripulsa che però
doveva vincere (io questo l’avevo colto, ed ho apprezzato maggiormente la sua visita), forse
era per questo che sentiva forte il problema.
Quando siamo usciti è stato intervistato dai vari rappresentanti della stampa.
Mi piace, perché è pronto nella risposta, e pur cercando di non mortificare l’interlocutore, sa
dare quella giusta. Gli è stato chiesto:” qui i giovani soffrono e muoiono e intanto nel medesimo tempo quelli che li hanno sfruttati si divertono in posti di villeggiatura costosi, incuranti
di tanta sofferenza; come si pone qui la Chiesa?” – “Innanzitutto la Chiesa non spaccia” – è
stata la risposta. Quando gli è stata chiesta un’intervista, rivolgendosi a Vaglia che però non
aveva sentito ha risposto – “non è me che dovete far parlare, ma quel grand’uomo”Successivamente siamo andati dalle suore alla scuola infermieri per un piccolo rinfresco. Ha
elogiato la loro missione, poi rivolto a me ha detto:” Chissà perché la vedo meno agitata e più
tranquilla”. A questo punto tutte le suore mi si sono avvicinate, volevano sapere chi ero, mi
offrivano spremute, pasticcini, pizzette; erano tutte premurose, ero diventata un ospite di
riguardo.
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Il Giornale di Vicenza - 9 agosto 1988
Morto per overdose
È la terza vittima in quindici giorni
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Il Giornale di Vicenza - 10 agosto 1988
Altro morto per Aids
Una drammatica coincidenza nel giorno della visita del vescovo mons. Nonis
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Il Giornale di Vicenza - 11 agosto 1988
Un annegamento con il marchio della droga
Trovato nell’acqua del Brenta con una siringa nel pugno
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Lettera a: Il Giornale di Vicenza – Pubblicata il 23 agosto 1988 con il titolo:
Droga, non c’è volontà a contrastarne il cammino
Egregio direttore,
il servizio sul gruppo di lavoro testé costituito dall’Ulss 8, del quale fa parte anche il nostro
Comitato, apparso con il titolo: “Vicenza con la droga alla gola”, rispecchia una realtà mai
accettata da coloro che definiscono la droga ”uno dei mali giovanili”, mentre è sempre più
chiaro che è ormai il più grave e il più diffuso.
Costoro mi rammentano un tempo, quando dalle cronache italiane erano spariti ladri
e assassini, tutti erano felici e i treni arrivavano in orario. Poi, correva l’anno domini 1940,
sbattemmo le corna contro una tragedia da tempo annunciata ma sempre sottovalutata:
così, sotto i bombardamenti a tappeto e fra una disfatta militare e l’altra, cominciammo a
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capire di essere stati presi per i fondelli da anni, malgrado i treni in orario.
Il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti ha sempre messo in
guardia contro l’escalation della droga prima e dell’Aids poi, anche a Vicenza e nella provincia, così come hanno fatto del resto altre persone, comitati, associazioni che, come noi,
del problema droga si occupano da anni: ebbene, più o meno siamo stati tutti trattati
come il famoso Grillo Parlante da Pinocchio. Oggi, è inutile nasconderlo con bizantini
giri di parole, gli stupefacenti sono diventati un “bene di consumo” sempre più ricercato
e diffuso, tanto che abbiamo una nuova figura di tossicomane, il “polidrogato”, che non
è nemmeno più l’emarginato di un tempo, anzi.
Su questo “bene di consumo” la piovra ha costruito, a suon di miliardi, il suo enorme
potere e sta seriamente minando le basi dello Stato stesso. Io credo sia superfluo sfornare
studi e inchieste per capire com’è potuto accadere tutto questo: è accaduto perché abbiamo lasciato che accadesse; perché non c’è stata una compatta volontà politica a contrastare il cammino della droga e della sua cultura; perché non c’è stata una tempestiva e coraggiosa prevenzione a livello nazionale, che doveva cominciare proprio dalla scuola, la grande assente, perché le famiglie dei tossicodipendenti sono state lasciate sole a dibattersi nell’angoscia e nella confusione di troppe opinioni per troppo tempo; perché ne abbiamo
perso dell’altro (e ne perdiamo) a filosofeggiare sull’opportunità o meno della cura coatta, mentre era nostro primo dovere combattere la droga con ogni mezzo, anche coercitivo, perché nessuno ha il diritto di nuocere agli altri, oltre che a se stesso e sono solo le
buone leggi che possono impedire che questo accada, pur lasciando ognuno libero di
esprimere la sua opinione.
Speriamo che, vista la continua ecatombe da overdose e da Aids, chi ha poteri decisionali finalmente li usi, e che capisca che il tossicodipendente deve essere salvato prima di
tutto da se stesso.
Troppi tentativi per uscire dalla tossicodipendenza sono falliti perché alla riabilitazione non è seguito un completo programma di reinserimento: spesso si cura o solo l’anima
o solo il corpo, ma noi siamo fatti dell’una e dell’altro.
Questo l’ha ben capito Muccioli, ad esempio, che nella sua struttura dà al tossicomane tutte le possibilità compresa quella di diplomarsi e di laurearsi, se lo vuole, mettendolo così nella condizione di avere ben pochi alibi per le ricadute. Concludo rivolgendomi
al signor Luigi Tontero che, sul giornale dell’8-8-‘88 biasimava la “pretesa” di più posti
letto per i “drogati malati di Aids”, invocandone di più, invece, per i vecchi lavoratori inabili: caro signor Tontero, a parte il fatto che ai vecchi in genere si deve offrire molto di più
che un posto letto, cosa suggerisce di fare per i giovani malati di cui sopra, specie quelli
allo stadio terminale? Vuole che li affoghiamo in massa o preferisce il sistema delle camere a gas? E che ne facciamo degli anziani inabili a causa della cirrosi da alcool e quindi,
sempre secondo il suo parere anche loro “malati volontari”, visto che nessun medico ordina da bere? E mediti un momento sul fatto, signor Tontero, che il drogato è in definitiva un debole, orfano di una società che non ammette i deboli, che ha distrutto credendo
di costruire, che ha creato miti fasulli ed eroi dai piedi e dal cervello di argilla.
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Anche il malato di Aids è il prodotto di tutta una serie di errori collettivi che non si
rimediano con i falsi moralismi né mettendo il paraocchi sulla realtà.
Per il Comitato la vicepresidente, Anna Serra
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Vicenza 30 agosto 1988 – Ore 17,30. Casello est, stiamo andando a Quinto Vicentino dove
c’è una casa dell’IPAI che dovrebbe diventare una comunità femminile.
Per anni ho insistentemente fatto presente a Ulss e Comune la necessità di una struttura
femminile di recupero, chissà perché inesistente sul nostro territorio, nonostante il numero rilevante delle ragazze tossicodipendenti. Ora sembra che il progetto vada in porto e sarà don Pierino Gelmini della comunità “Incontro” ad occuparsi del tutto.
Saluto don Gelmini e m’informo sul centro che la sua comunità ha aperto vicino a Roma
per curare i malati di Aids. Gli esprimo il desiderio di un suo incontro con il dott. Vaglia per
uno scambio di esperienze e ci invita a cena a Lonigo, dove i frati di un convento gli avevano
ceduto alcuni locali per farne una comunità.
Arrivati a Quinto, notiamo che la casa è fatiscente ma il posto è bello. A don Pierino va
bene; avrà lo stabile in comodato e penserà lui a ristrutturarlo. Sarà poi privilegiata la zona
di Vicenza; l’ammissione avverrà attraverso il servizio che però dovrà rispettare le regole della
comunità. Alle 19,30 arriva il dott. Vaglia e ci avviamo verso Lonigo. In comunità si respira la stessa aria del convento. Tutto è in ordine, pulito e lindo. C’è l’orto con la sua bella verdura, vasi pieni di begonie e tagete. La vecchia vasca del letame è vuota e dipinta di bianco.
Dice don Pierino:”metteremo ghiaia, poi terra e faremo una bella fioriera. All’interno visitiamo la lavanderia, “saranno messi dei lava-piedi dove i ragazzi che rientrano dal lavoro della
terra potranno lasciare le scarpe sporche, lavarsi i piedi e calzare scarpe pulite”. Poi visitiamo
un locale che sarà adibito a laboratorio, in un altro hanno sistemato un magazzino; gli utensili erano puliti e sembravano nuovi. Di sopra ci sono alcune stanze; una serve come luogo di
lettura e di meditazione; stare soli con sé stessi può far bene – dice don Pierino. Visitiamo le
camere: tre letti, compreso uno a castello e un armadio. Non devono avere stanze individuali,
uno solo diventa chiuso, egoista e si allontana dai problemi esterni (anche i frati non dovrebbero stare soli, dice padre Donato), due diventano complici, tre fanno comunità.
C’e anche una stanza per don Pierino per quando viene in visita: un letto, un armadio,
una sedia e un armadietto con un ripiano di marmo sopra al quale c’è un vasetto con un fiore
(dice di amare molto i fiori). Tutto questo al primo piano.
Al piano terra una grande stanza con in fondo un cucinino. C’è la tavola preparata , anzi
due tavole unite, in ogni posto c’è un piatto fondo, una forchetta, un coltello e un bicchiere. Per
tutti una caraffa con acqua e limone e un cestino con del pane. Per l’occasione aprono un bottiglia. Prima di mangiare si osserva un minuto di silenzio, e dopo il segno della croce si cena.
Don Pierino parla molto di sé, facciamo domande e lui risponde sicuro; chiediamo del centro
che ha fondato con Madre Teresa di Calcutta, dice che sono collegati con il centro Pasteur di
Parigi e con New York e parla del progetto Violet. A questo punto chiedo se possiamo fare riferimento a lui in caso di bisogno e mi dà dei numeri telefonici e il nome di due persone a cui
rivolgermi. Alle 21,30 ci salutiamo con il permesso di ritornare. Il responsabile della casa mi
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regala una bella foto del giardino e mi scrive una dedica; e un giovane molto dolce.
Il dott. Vaglia è traumatizzato, lui è abituato con i tossicodipendenti attivi e l’ordine e la
semplicità viste, lo hanno conquistato.
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Vicenza 14 settembre 1988 - Lettera inviata al Prefetto di Vicenza dott. Giuseppe Maggiore
e per conoscenza al senatore Mariano Rumor, al Vescovo mons. Pietro Nonis, al Sindaco Corazzin, alla Procura della Repubblica, al Questore di Vicenza, ai Comandanti dei Carabinieri e
della Guardia di Finanza, al presidente dell’Ulss 8, al responsabile del servizio medico-sociale
per le tossicodipendenze dell’Ulss 8.
Signor Prefetto,
è cosa ormai risaputa da tempo, che nei pressi del servizio medico-sociale per le tossicodipendenze, stazionano, confusi con gli utenti del Servizio, alcuni noti spacciatori di sostanze stupefacenti che alimentano un mercato che talora investe il servizio stesso.
Dato il permanere di questa situazione che, pur tra disagi, viene tollerata da anni, il
Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, tramite la mia persona,
prima di rendere pubblico quanto sopra, desidera informare le autorità preposte, perché
si adoperino a porre fine a questo illecito stato di cose. Poiché il Servizio non ha dato quella risposta positiva che era stata preventivata al suo nascere, constatato che di questo sono
pienamente coscienti anche i responsabili del Servizio medesimo e che l’Ulss ha già progettato una sua trasformazione, chiedo formalmente che vengano accelerati i tempi per renderlo veramente idoneo alle reali necessità odierne.
La maggioranza dei tossicodipendenti che vi si rivolge, non lo fa per intraprendere una
terapia riabilitativa, ma per trovarvi: farmaci, psicofarmaci e metadone in sostituzione
temporanea o indeterminata alle droghe illegali, alle quali, nell’arco della giornata, possono aggiungere a piacimento, ulteriori farmaci, psicofarmaci, alcolici e addirittura eroina,
ottenendo il famoso “sballo” che è costato la vita a molti di loro. Questo stato di cose,
pone gli operatori alla stregua degli spacciatori, con la sola differenza che lì, per concessione dello Stato, la droga si trova gratis!
Nel “rispetto della libera scelta”, si cela la mancanza di volontà di un intervento mirato, e dopo tanti anni e tanti lutti, ancora non si vuol capire che, se il tossicodipendente è
capace di intendere (ma fino a che punto?), di certo è incapace di volere (nel senso della
guarigione), perciò ha bisogno di una volontà che si sostituisca alla sua decidendo per lui,
finché non riavrà recuperata la propria.
Si parla di prevenzione, ma non si hanno le idee chiare; la parola “droga” fa paura e,
per timore di sbagliare si preferisce temporeggiare sprecando tempo prezioso.
La legge 685/75 ha di fatto legalizzato lo spaccio capillare, dando un grosso incremento al mercato degli stupefacenti; nel medesimo tempo, lo Stato persevera nel lasciare inascoltata la voce di tanti genitori riuniti in associazioni per combattere con più forza questa guerra contro la droga, col solo risultato di farla incancrenire sempre di più.
Si dice che il tossicodipendente ha davanti a se solo tre strade: il carcere, l’ospedale, il
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cimitero; c’è chi le prime due le percorre in alternanza, finché non arriverà al capolinea da
dove non si torna più indietro. Il carcere non riabilita, ma emargina ulteriormente aggravando situazioni che, se trattate con competenza e mezzi idonei potrebbero risolversi. Ma
l’èquipe socio-sanitaria che fa parte di un progetto per il recupero dei carcerati ancora non
è resa operante e chissà mai se lo sarà. La struttura ospedaliera ha sempre accolto con estrema difficoltà i tossicodipendenti bisognosi di cure, a volte si è reso necessario l’intervento
delle forze dell’ordine perché questo avvenisse, fintanto che la divisione del Malattie infettive non ha aperto loro le porte. Questo reparto però ha subito evidenziato grosse problematiche che tuttora permangono: sottonumero dell’organico sanitario, letti insufficienti,
stanze non adatte con servizi igienici non rispondenti alle più elementari necessità sanitarie (un servizio per otto pazienti). L’ubicazione dello stesso situato a piano terra permette
un facile approvvigionamento di droghe e altro attraverso le finestre.
Infine rimane il cimitero, meta finale a cui il drogato è destinato ad arrivare precocemente mediante l’overdose, l’incidente stradale, il suicidio, la malattia; comunque quasi
sempre dopo anni di abbruttimento e dopo non solo di aver toccato il cosiddetto “fondo”
che taluni reputano necessario per “risalire”, ma esserci invischiato in esso come nelle sabbie mobili, incapace di uscirne da solo.
Alle famiglie, che non volendo accettare questa situazione rivolgono tutti i loro sforzi
nella lotta alla droga e a tutte le altre che invece si afflosciano, vinte da un problema che
le schiaccia, non rimane che condividere questo calvario che rende la vita un inferno, privandola di quell’accettazione che le dia una ragione valida per essere vissuta.
L’unica speranza di salvezza può essere data da una fortunata serie di circostanze che
possano portare il giovane ad accettare l’aiuto che una comunità seria può dare, ed iniziare così una vera risalita che lo porti, recuperato, a riprendere il suo posto nella società.
Ora, dalla collaborazione del dott. Variati, consigliere delegato per le tossicodipendenze e dell’ing. Bettenzoli presidente dell’IPAI, sembra finalmente andare in porto la nascita
di una comunità femminile, finora mancante, che sarà gestita da don Pierino Gelmini.
Attendiamo l’apertura del Day hospital del malattie infettive e la ristrutturazione del
medesimo reparto; e qui sorge una domanda: come mai invece di aumentare i posti letto
questi saranno ridotti da 37 a 31? Attendiamo inoltre l’apertura di centri d’ascolto e di
informazione per le famiglie con figli che si drogano o a rischio e, naturalmente, le trasformazione del sevizio medico-sociale per le tossicodipendenze.
Dobbiamo riunire gli sforzi di tutti in un unico impegno per la difesa dei nostri giovani. Concludo questa ennesima esposizione di carenze ed impellenti necessità confidando veramente che le mie parole siano meditate seriamente come richiede questo grave e
doloroso problema. Chiedo che tutti i responsabili della difesa e tutela dei cittadini dimostrino con i fatti la loro volontà di migliorare questa società, estirpando da essa quel cancro maligno che si chiama droga.
Per il Comitato, la presidente Olga Dalla Valle
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Il Giornale - 20 settembre 1988
A Como padre e madre condannati a tre mesi con i doppi benefici di legge
Incatenarono la figlia drogata - “Colpevoli”, ma per troppo amore”
Como – Sintesi – L’accusa era pesante, ma i giudici hanno stabilito che si trattava di un sequestro
dal significato morale. (…) La vicenda ha origini lontane; Laura, a 14 anni, dopo la terza media,
aveva cominciato a fumare qualche spinello e per lungo tempo i genitori si erano chiesti cosa fare.
Po l’anno scorso erano cominciati i primi buchi sulle braccia, segni inconfondibili dell’eroina. Per la
madre invalida e per il padre il calvario è diventato crudele. Laura, giorno dopo giorno assomigliava sempre più ad una larva. (…) Non conduceva più una vita normale, da tempo aveva trovato altre
strade per pagarsi la dose di eroina. A volte spariva da casa e poi la ritrovavano. Qualche settimana
fa il padre aveva chiesto l’aspettativa dal lavoro e nel tentativo di aiutarla si era trasferito con la famiglia lontano. (…) Ad un certo punto la ragazza era nuovamente scappata e quando è stata rintracciata non si reggeva neppure in piedi. (…) A questo punto il padre ha acquistato una catenella di
sette metri fissando un capo al piede del divano e l’altro al piede della figlia. La staccava quando lui
era in casa e la riattaccava quando usciva per le compere. (…) I genitori cercavano di convincerla di
entrare in una comunità terapeutica. (…) Poi Laura ha attirato una pattuglia di carabinieri di passaggio, i suoi genitori sono stati arrestati per sequestro di persona. (…)
“ Comunque vada a finire – ha detto il padre – questa è una vittoria della droga: nessuno può
costringere un drogato a curarsi, nessuno può tenere lontani gli spacciatori. Anche se mi assolvono,
di mia figlia che sarà?”
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Vicenza 22 settembre 1988 - Lettera inviata al Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, e p.c.
al Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, al Ministro dell’Interno Antonio Gava,al Ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli, Al Ministro della Sanità Carlo Donat Cattin, Al Ministro per gli
Affari Speciali Rosa Russo Jervolino, alla stampa nazionale e cittadina. il 22 settembre 1988
Signor Presidente,
il Giornale di Vicenza di domenica 18 c.m., riportava a grossi caratteri due articoli a
mio avviso drammatici: ”L’Aids è una bomba – afferma Donat Cattin – dobbiamo cercare di farla esplodere senza danno”. “Già 500 morti per droga quest’anno – tendenza all’aumento”. Su “Il Giornale” dello stesso giorno un articolo è titolato: ”Incatenano la figlia
drogata: arrestati”.
Confesso che tra questi titoli, per me discutibili (la bomba Aids è già scoppiata, sviluppando a catena il suo potere distruttivo; i 500 morti per droga riguardano solo le vittime
da overdose e non comprendono i suicidi, i decessi per incidenti stradali, per Aids, epatiti, cirrosi ed altro), che evidenziano argomenti di estrema gravità, quello che mi ha più
profondamente indignata e con me, tutti i genitori del mio Comitato(e credo tanti altri),
è il terzo, ma non perché dei genitori disperati hanno incatenato la figlia superando i limiti della legalità, ma perché sono stati arrestati, hanno trascorso una notte in cella e hanno
subito un processo.
Questi sono fatti che succedono in una società che vuole essere civile, in cui consumismo, arrivismo e protagonismo hanno distolto valori basilari, esaltando chi, anche disonestamente, raggiunge potere e ricchezza, in barba a chi con fatica e onestà tira la carretta e si vedrà tra non molto, mettere una tassa anche per l’aria inquinata che respira. Vivia– 133 –
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mo in una società, in cui la malavita dissangua e uccide con ferocia e l’incolumità del cittadino è alla mercé della dea bendata e non difesa e tutelata dallo Stato Sovrano.
Cosa offre questo Stato alle famiglie con tossicodipendenti?
Abbiamo buone leggi, ma non sempre vengono applicate, le riforme invocate rimangono a livello di proposte (vedi la 685/75 sulla modica quantità che da anni deve essere
modificata), se i genitori, volendo impedire ai propri figli maggiorenni di scippare, rubare, spacciare, prostituirsi per procurarsi la “dose”, li tengono chiusi in casa, vengono accusati di sequestro di persona; se incatenano una figlia per salvarla dalla droga, vengono arrestati, incarcerati, processati e, pur con la massima comprensione dei giudici che devono
non inventare, ma applicare le leggi, condannati!
Ma è giusto che i genitori arrivino a questo?
Ma si sa cosa vuol dire avere un figlio drogato? Vuol dire vedere la propria creatura
diventare giorno dopo giorno sempre più schiava di una sostanza, per la quale perde: onestà, dignità e salute riducendosi in breve tempo simile ad una larva. Vuol dire per i genitori perdere ogni libertà (altro che libertà individuale!) e vivere nell’angoscia continua di
un’overdose, di un suicidio, di un incidente stradale e, perché no, di omicidio. Vuol dire
vegliare la notte in attesa del suo ritorno, paventando il trillo del telefono che può annunciare notizie dolorose e poi piombare in un sonno agitato da incubi, per svegliarsi il mattino e raccogliere tutto il coraggio per aprire la porta della sua camera e controllare se
dorme o non respira più.
Vuol dire mettere tutto sotto chiave: medicinali personali, i soldi per la spesa, non
dimenticare incustodito un ninnolo d’oro, ricco soprattutto di valore affettivo e tenere le
chiavi del tutto presso la propria persona, perché qualsiasi nascondiglio per lui non ha
segreti. Vuol anche dire sopportare angherie di ogni genere, minacce, violenze e ricatti
affettivi, vuol dire chiedere aiuto e non trovarlo, perché le comunità terapeutiche non
accolgono quei tossicodipendenti che non accettano la cura, sempre per quel “diritto inalienabile alla libertà personale” per la quale possono drogarsi pur se la detenzione di
sostanze stupefacenti è illegale; ed è per questo che si è creata per loro la legge sulla modica quantità personale che di fatto ha trasformato quasi tutti i tossicomani da consumatori a spacciatori che, nell’arco della giornata, piazzano una alla volta innumerevoli dosi! E
c’è chi porta avanti con tenacia il progetto di liberalizzare le droghe!
Per i genitori dei tossicodipendenti non esistono gite di fine settimana e tanto memo
ferie in cui ritemprarsi lo spirito, loro devono convivere tutti i giorni con l’ansia e la ribellione nel cuore per l’impotenza a cui sono costretti e, stressati, portare avanti gli impegni
quotidiani fintanto che qualcuno al limite della sopportazione uccide il proprio figlio o si
toglie la vita.
Per molti di loro ci sarà solo una naturale e tragica conclusione a questo assurdo stato
di cose, l’Aids; il calvario di questa malattia che non perdona a coronamento di una vita
d’inferno.
E se poi cesseranno le tensioni di ogni attimo, rimarrà per sempre l’angoscioso interrogativo del “perché proprio a me”! e non si colpevolizzino con faciloneria i soliti genito– 134 –
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ri, anche se, come tutti, avranno le loro responsabilità, queste non possono giustificare la
tossicomania.
E intanto passano gli anni e invano si continua chiedere al Governo provvedimenti
urgenti e leggi appropriate. Assumere droghe di ogni genere porta chi le usa a diventare
pericolosi per sé e per gli altri; a lungo andare le cellule del loro cervello vengono distrutte e questo comporta crisi neuropsichiche e labilità psichica. In questo caso, non curarli,
dovrebbe costituire per le istituzioni preposte, reato per omissione di soccorso a persona
bisognosa di aiuto.
Grave è la responsabilità dello Stato, il quale non decidendosi di prendere interventi
mirati, aumenta sempre più la gravità della situazione, perché il numero dei giovanissimi
che cadono nel baratro della droga aumenta sempre più.
Quale aiuto trovano questi giovani che si rivolgono alla struttura pubblica? Farmaci,
psicofarmaci e metadone in quantità. Carceri prive di sostegno socio – sanitario, emarginazione e recidività. Ospedali con scarsità di letti e personale sanitario in sottonumero.
L’Aids si è diffusa per mancanza di interventi, sia nel campo della tossicodipendenza e sia
in quello della prevenzione sanitaria; oggi, purtroppo, si sta diffondendo in modo allarmante anche tra gli eterosessuali.
E c’è chi ha detto che: ”l’Aids ce l’ha, chi se la va a cercare!”.
Lo Stato è inoltre magnanimo con lo spacciatore, il quale quando viene arrestato ritorna subito in libertà per vendere altra morte, mentre se è tossicodipendente dovrebbe essere avviato ad una comunità, e se non lo è, dovrebbe rimanere in carcere a scontare le gravi
colpe come un assassino, perché assassino egli è, dato che la droga uccide e distrugge la
vita di chi la usa e quella dei genitori, dei fratelli e delle sorelle.
Dice bene il padre della ragazza incatenata: “Comunque vada, questa è una vittoria
della droga; un drogato non può curarsi, nessuno può tenere lontano gli spacciatori; cosa
sarà di mia figlia?”
La quale figlia, invece di ravvedersi e chiedere perdono ai genitori per le sofferenze e le
umiliazioni a cui li ha portati, vuole essere, come tutti i tossici, lasciata in pace; pace a tutti
i costi, anche togliendola con crudeltà a coloro che li amano.
Questo è il potere nefasto della droga, che trasforma i nostri adolescenti in mostri malvagi avviati inesorabilmente alla morte se non, per loro fortuna, riescono ad entrare in una
comunità terapeutica. Perché un giovane in una seria comunità, oltre che affrancarsi dalla
droga, riacquista la sua vera identità e ridiventa quella persona a cui la vita può tornare a
sorridere; si vada a rendersi conto di questo personalmente, e si vedrà come sarà facile
amare questi giovani redivivi.
Si capirà allora che vale la pena di provare la cura coatta; piuttosto che legarli ad un
letto d’ospedale perché affetti da demenza precoce causata dall’Aids, non sarà forse meglio
usar loro una violenza benefica?
Quale responsabilità si è assunta la Giustizia nei confronti della famigliola di Como? E
perché il peso della bilancia si è abbassato a sfavore di questi genitori tanto provati, quando per Vincenzo Muccioli c’è stata e giustamente l’assoluzione? Forse che il loro amore
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verso la figlia è meno grande di quello che Muccioli nutre per i “suoi” ragazzi?
Io desidero esprimere la mia solidarietà e quella dei genitori del mio Comitato alla
mamma e al papà che hanno avuto il coraggio di incatenare la figlia; non una catena, ma
cento catene contro la droga!
E la Giustizia, avrà veramente reso un servigio alla ragazza, o le avrà spalancato le porte
che conducono alla morte?
La presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, O. Dalla Valle
Questa la laconica risposta da parte del segretario generale del Presidente Cossiga
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La Repubblica - 25 settembre 1988
La Camera vara una durissima legge. La parola definitiva spetta al Senato
“Al patibolo gli spacciatori” - Usa in guerra contro la droga
Oltre alla pena capitale per i trafficanti,il provvedimento prevede multe altissime
per chi viene trovato in possesso di piccole quantità di narcotici
Sintesi – Washington - Pena di morte per gli omicidi collegati allo spaccio a all’uso di stupefacenti, diecimila dollari di multa (circa tredici milioni di lire) per chi viene trovato in possesso di piccole quantità di narcotici ad uso personale, e non ha precedenti penali: sono queste le due misure più
radicali di una proposta di legge approvata dalla Camera dei rappresentanti Usa a stragrande maggioranza (375 voti contro 30) e che ora dovrebbe passare al vaglio del Senato americano. Se approvata,
sarebbe la più dura legge antidroga nella storia degli Stati Uniti, ma la previsione generale è che il
Senato boccerà gli aspetti più clamorosi del provvedimento, e che comunque rinvierà la discussione
a dopo le elezioni, e quindi alla prossima legislatura.
La Camera è giunta al voto dopo tre settimane di intenso dibattito su una proposta di legge che inizialmente puntava soprattutto sull’interdizione del traffico di droga, su programmi educativi per dissuadere la popolazione, in particolare i più giovani, dall’uso di stupefacenti, e infine su programmi di
riabilitazione per i tossicodipendenti.
Ma nel clima surriscaldato delle elezioni presidenziali e parlamentari di quest’anno, nelle quali la droga
è considerata come uno dei problemi più sentiti dall’elettorato, il dibattito si è poco alla volta trasformato in una sorta di referendum sulla volontà del Congresso di “dichiarare guerra alla droga”. (…)
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Da un articolo di Mario Gozzini su“ L’Unità”del 3 ottobre ’88 nella rubrica: “Senza steccati”, dopo un’intervista televisiva a Folena su la legalizzazione delle droghe:
Sintesi – La lotta alla droga, “un compito tutto politico”. L’intervista di Folena ha colto il centro della
questione: esiste davvero uno “spazio semideserto fra l’origine del disagio e la fiala d’eroina”. (…) E’
un’illusione che la droga si possa combattere solo a colpi di arresti e di processi, inasprendo le sanzioni, come pare si proponga il governo. Il deterrente penale, data l’enorme sproporzione fra volume di affari e successi della giustizia, non funziona quasi per nulla. Si può affrontare seriamente il
problema solo su scala internazionale. È’ doveroso promuovere il massimo di cooperazione fra le
diverse polizie a fini repressivi ma sapendo che per questa strada si va poco lontano. Se i governi dei
paesi sviluppati sono convinti davvero che la droga è un nemico comune senza confini, bisogna moltiplicare gli sforzi per un programma internazionale di intervento nei paesi produttori di oppio e
coca, in Asia e in America latina: intervento finalizzato alla conversione di quelle colture, oggi tollerate o addirittura favorite perché costituiscono la principale risorsa di quei popoli. I tentativi fatti fin
qui sono falliti? Vuol dire che non c’era sufficientemente volontà politica, forse sottovalutazione del
pericolo oppure subordinazione agli interessi creati. (…) Tagliare alla fonte i rifornimenti delle materie prime da cui si produce la “roba” che intossica, degrada e uccide i nostri ragazzi e nello stesso
tempo assicurare, con altre colture sane, il sostentamento di quei popoli: questa mi sembra la soluzione radicale del problema. Ben oltre la legalizzazione pannelliana, dice bene Folena: una strada solo
apparentemente più immediata per mettere in crisi le organizzazioni criminali; in realtà, sbarrata dal
fatto che non esiste, attualmente, nessuna disponibilità dei governi. (…) Altro punto: sia in qualità
che in quantità, la discesa agli inferi della droga è un piano inclinato senza fondo. Una volta legalizzata l’eroina, la tecnologia asservita al potere criminale, come sta già avvenendo, fornirebbe al mercato clandestino altre sostanze ancora più potenti, più affascinanti, più disastrose. (…)
Michele Serra propose efficacemente la corsa drogata di Ben Johnson alle Olimpiadi come metafora della sfida ai limiti dello sviluppo. ”Quale prezzo stiamo pagando per avere ciò che abbiamo?
Quanto è gonfiato il nostro benessere?” si domandava, riferendosi alla rovinosità, sia per l’ambiente,
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sia per l’uomo, del nostro correre sempre più veloci, a piedi o in macchina, del nostro voler guadagnare sempre di più. Fra il tasso di incremento del Pil assunto come misura suprema del progresso
di uno Stato riduttivamente definito “azienda” e la discesa verso le droghe sempre più forti c’è poi
una gran differenza? Ecco ciò che mi parve un silenzio pauroso del dibattito in TV: nessuno disse
una parola sulle responsabilità, personali e collettive, dirette e indirette, della cultura dominante;
sulle inadempienze di ognuno al dovere di creare, nei ragazzi le difese necessarie contro quella cultura. (…) Ridurre la domanda, diceva Pannella. Giusto, ma la legalizzazione è un modo di eludere
la questione culturale e morale che ci riguarda tutti.
L’inseguimento del denaro e del successo come modello di vita, non rende di fatto, molti genitori,
indisponibili ai bisogni profondi dei figli? Quel modello non funziona in noi come una droga alienante? Non ci fa dimenticare l’antica lezione di verità per cui non si vive di solo pane, ossia di beni
materiali? Il nostro vantato benessere, se è fine a se stesso, non può che provocare disagio e malessere. I nostri figli si danno all’eroina anche per vendetta contro di noi.
Se questo è vero, la guerra antidroga esige che ci si interroghi a fondo su quanto il nostro modello
di vita, o di sviluppo, sia complice di fatto delle organizzazioni criminali. Sì, quella guerra è “un
compito politico”.
Lo ha confermato ieri Berlinguer, con argomenti ai quali va il mio consenso pieno.
4 ottobre ’98 – Riunione all’Ulss con i responsabili del sociale rivolto ai giovani.
Sempre poco chiaro il programma sulla prevenzione. Alcuni puntano sul progetto “Abele”di
don Ciotti: a scuola non si deve parlare di droga!
Il dott. Balestra chiede chiarimenti e una decisione: “vogliamo far prevenzione o sensibilizzazione”? Non c’è il coraggio di una scelta aperta. Io lascio che parlino e poi dico:”per me va
bene la prevenzione, ma intorno a questo tavolo ci si doveva sedere venti anni fa. Si parla di
disagio giovanile, ma tutti sappiamo che il maggior disagio è causato dalla droga. Un Cantone svizzero ha chiesto la liberalizzazione delle droghe leggere, perché il tossicodipendente è un
malato e non deve essere penalizzato. Ben presto si arriverà ad avere la droga in tasca come
un pacchetto di pastiglie contro la tosse. Questo non dovete dimenticarlo”. Qualcuno concorda
con me sull’importanza della cura e di una repressione mirata al recupero, e il tutto, a fianco
con la prevenzione.
In una precedente riunione era stata progettata una manifestazione, come inizio di un serio
e significativo impegno di sensibilizzazione e prevenzione contro la droga, oggi però la maggioranza ha deciso che sarà solo una verifica e servirà per meglio capire e meglio muoversi.
Durante la riunione ho rilevato che le iniziative erano sempre rivolte agli studenti, perciò ad
un certo punto ho fatto osservare che se dobbiamo salvaguardare i giovani, questi comprendono anche chi lavora, altrimenti creiamo odiose disparità sociali.
Sembra che questa mia osservazione abbia creato un certo disagio.
In conclusione, ho sentito una grande mancanza di collaborazione e un forte prevaricamento da parte di alcuni responsabili del privato – sociale legato a don Ciotti.
Dopo la seduta qualcuno mi ”tranquillizza”( ma sottovoce).
A quel tempo provai tanta indignazione per l’ottusa dipendenza mentale da certi “santoni”, oggi provo invece una grande tristezza; noi genitori, pur con tanta esperienza e sofferenza,
eravamo considerati inaffidabili perché troppo coinvolti.
Sul problema “droga” ci sono stati e continuano ad esserci variegati interessi sommersi;
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lasciando da parte mafia e politica, e calandomi nel piccolo quotidiano ho colto l’impreparazione mascherata da competenza, prevaricazioni anche arroganti nell’attività di giovani
arrampicatori che si sono creati una posizione sociale di tutto rispetto. Tutto questo ed altro,
sulla pelle di tanti giovani e delle loro famiglie.
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7 Ottobre ’88 - Alla mattina ritorno all’ULSS – Dovevo definire gli accordi sul come divulgare il giornalino “Droga e famiglia”.
Altra delusione, l’incaricato mi dice:” Non è adatto a tutte le fasce sociali”! Faccio notare che
non è rivolto ai giovani ma ai genitori e che il Ministero all’Istruzione prima, e il delegato per
le tossicodipendenze dell’Ulss poi, avevano dato il loro benestare; tergiversa, mi rendo conto che
non c’è voglia di capire. Loro hanno allo studio altri progetti, forse manderanno dei libretti a
seconda dell’età dei destinatari. E mi ripeto, questo era solo per le famiglie!
Poi, a proposito dell’incontro di martedì 4, mi dice: “Non seguiremo le indicazioni emer– 139 –
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se nella riunione, dovremo per forza parlare anche di droga”.
Gli ricordo che a novembre ci sarà una giornata di sensibilizzazione nelle scuole contro la
droga, patrocinata dal Ministero con la collaborazione della RAI. Gli faccio notare che questo per me è una soddisfazione, in barba ai sapientoni che dettano legge qui a Vicenza.
A questo punto mi ritiro, cercherò di diffondere il giornalino per conto del Comitato. Infatti
più tardi mi è stato richiesto da alcuni paesi della provincia che lo hanno molto apprezzato.
A Vicenza le iniziative che nascono al di fuori di un certo ambiente vengono ostacolate e
soffocate, qualche volta apertamente, ma nella maggioranza, silenziosamente con l’immobilismo. Per poi non più parlarne, riporto il documento del ministero all’Istruzione Pubblica
datato 27/11/’89 in cui mi si chiede “una nota illustrativa”, cosa fatta a Marzo ‘90 ma inutilmente!
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7 ottobre ’88 - Lettera pubblicata da: “Il Giornale” a seguito del dibattito sulla droga in TV
a cui si riferisce anche l’articolo di Mario Guzzini sull’Unità del 3 ottobre già riportato:
L’unico vero problema della droga
Caro direttore,
spero che anche lei abbia seguito il dibattito svolto in TV sulla legalizzazione della droga
sostenuto dall’on. Pannella. A parte il senso di impotenza che prende all’ascolto di quanto vasto e grave sia il problema, mi ha molto colpita il fatto che l’onorevole non ha speso
una parola né fatto una proposta seria per il problema “drogati” limitandosi ad una campagna il cui scopo è:
- colpire la mafia in una delle sue fonti di reddito
- abbassare il numero delle trasgressioni alla legge ad opera dei tossicodipendenti.
Ma della sofferenza di tante famiglie e di tanti giovani, più o meno colpevoli, più o
meno deboli, della loro dignità, della mancanza di motivazioni necessarie per fare emergere un senso meno frustrante della vita, della vita stessa, di tutto ciò l’on. Pannella non
si è preoccupato, limitandosi a dirci: ”se vogliono drogarsi lasciamo che lo facciano senza
rimpinguare le tasche ai mafiosi, ma ricorrendo alle farmacie comunali” come se il problema droga fosse limitato al modo di reperimento e non alla tragedia umana della sua assunzione. Mi ritengo inadeguata per suggerire una strategia che possa frenare questa piaga,
ma vorrei raccontarle un’esperienza diretta avuta in giugno ad Amsterdam.
Arrivata di giorno in auto con mio marito, abbiamo visto una città ghetto, preda di
drogati e prostitute, con la gente che tira via in fretta; la popolazione che appena può farlo
abbandona la città alla sera e si rifugia sulle colline; moltissime le case caratteristiche
abbandonate. Fermata l’auto ai margini di un grande viale alberato fuori dalla zona che ci
era stata indicata come “pericolosa” abbiamo trasportato una borsa termica su una panchina a pochi metri, per bere del tè. Non abbiamo fatto in tempo a dissetarci che un giovane, sotto gli occhi di tutti i passanti volutamente indifferenti, ci ha sveltamente scassinato e svuotato l’auto; nessuno ci ha soccorso e nonostante le mie grida e il suono del clacson, abbiamo visto i nostri averi passare nelle mani di complici che tranquillamente hanno
preso strade diverse.
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Avendo noi visto in viso il ladro, la polizia ci ha mandati al centro investigativo dove
abbiamo esaminato una trentina di foto segnaletiche, invano. Alla mia osservazione che
forse il ladro non era schedato, il funzionario, tra il triste e l’ironico, mi ha detto che per
la città di Amsterdam, ci sono 60.000 foto segnaletiche.
A parte che l’Olanda non ha mai legalizzato l’uso della droga, come falsamente e demagogicamente viene detto purtroppo anche in TV, non direi che nel comune di Amsterdam,
dove si è liberalizzata la vendita della droga leggera, la delinquenza sia diminuita, anzi.
Suggerirei all’on. Pannella di non viaggiare come parlamentare ma come semplice sconosciuto turista, per poter vedere come sono veramente le cose, prima di patrocinare crociate sulla pelle dei nostri giovani, che alla fine non risolveranno il vero unico problema
di fondo. Sull’onda del risentimento di noi tutti per le nefandezze della mafia, è facile dire
legalizziamo la droga e togliamo alla mafia miliardi, ma non credo che per i drogati sia la
strada più giusta.
Lettera firmata - Piacenza
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8 ottobre ’88 - Vado a malincuore con il dott. Vaglia ad un incontro sull’Aids organizzato per
i medici. Tra banalità e pochezza di alcuni, è emersa l’umanità e la professionalità del dott.
Vaglia che, pur ricevendo dai colleghi molti complimenti, si sente deluso. Quando la riunione
finisce, un’infermiera e un’assistente del reparto infettivi presenti all’incontro, se ne vanno delusi senza aspettare la cena.
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Il Giornale - 29 ottobre 1988
Una partita di eroina tagliata male la causa dei decessi degli ultimi due giorni?
Droga “Killer”: 6 morti a Torino
56 vittime dall’inizio dell’anno – Il giudice Francesco Saluzzo:“le responsabilità maggiori
ricadono sugli organi di polizia, noi magistrati aspettiamo informazioni che non arrivano”
Torino – Sintesi – altri due giovani sono morti per overdose. Altre due vittime si aggiungono al terribile, tristissimo elenco di croci con cui l’eroina ha segnato le città. Cinquantasei vite sono state cancellate dalle siringhe, sei negli ultimi due giorni. E adesso la gente, gli inquirenti, i medici si interrogano circa le proporzioni di una tragedia che sta assumendo dimensioni agghiaccianti. (…) Una
cosa è certa: l’eroina che passa di mano in mano, fra trafficanti, tossicodipendenti e piccoli spacciatori è “diversa”. Troppo pura, dice qualcuno, “tagliata male”, sostengono altri. Così ogni buco diventa un’avventura, una folle roulette dove la posta è la vita. Il quinto dei deceduti è stato trovato cadavere ieri mattina in un bagno della clinica universitaria di ginecologia, dove lavorava. Era riverso a
terra, le mani strette al petto, gli occhi dilatati dal dolore; aveva ancora la siringa piantata nel braccio. A terra una bustina e i soldi dello stipendio che aveva ritirato la mattina. (…)
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Il Giornale - 29 ottobre 1988
Il varo della nuova legge rinviato per le troppe perplessità dei ministri
Contro i drogati governo diviso
Il drogato è un malato, dice Donat Cattin – E intanto a Torino ne sono morti sei in 48 ore
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Modica impunità
Articolo di Salvatore Scarpino
Sintesi -Le dichiarazioni di Craxi sulla necessità di punire i consumatori di droga oltre che - con
mano ben più pesante – gli spacciatori e i trafficanti, hanno provocato nello stagno italiano una prevedibile tempesta. Appare sospetto, al limite del tradimento, che il capo di un partito che molto ha
contribuito all’egemonia della cosiddetta cultura della liberazione si sia ravveduto sulla via del Pentagono……
Ma la questione della posizione dei tossicodipendenti, di là dagli esercizi di decrittazione politica,
rimane ed è gravissima. La legislazione italiana sul consumo della droga ha creato una casta di disperati intoccabili, una sterminata legione d’infelici che tutti dicono d’amare. Sono giovani sventurati
cui sono riservate amarezze senza fine. Lo Stato riconosce loro il diritto di fare scempio della propria
vita e non li punisce se acquistano, giorno dopo giorno, con maniacale regolarità, la loro modica
quantità di droga. Tutto questo, tuttavia, non li tiene lontani dalle galere, poiché lo stesso Stato, con
logica sinistra, li aspetta al varco e li punisce poi per le piccole e grandi infamie che commettono per
effetto della droga.
La liceità dell’acquisto di una modica quantità di droga per uso personale ha di fatto legalizzato e
stabilizzato il mercato degli stupefacenti. Lo Stato vuole, fortissimamente, colpire i trafficanti, ma
garantisce i consumatori di droga purché abbiano l’accortezza di fare i loro acquisti volta per volta.
Si vuole eliminare un mercato pericoloso mettendo fuorilegge i venditori, ma non i compratori. Il
mercato però, per esistere ha bisogno degli uni e degli altri. Sulla via dell’eroina e della cocaina si è
creata una rete di distribuzione tragicamente funzionale quale non è sempre agevole distinguere –
negli anelli finali – il consumatore dallo spacciatore. Quanti sono i tossicodipendenti che si guadagnano la loro bustina smistandone due o tre – sempre una alla volta, s’intende – fra i compagni di
pena? Quanti sono i giovani costretti a cercare a iniziare altri clienti per servire i loro padroni? (…)
Ma è stata la droga a rendere pericolosissima la mafia, anche per i governi. Sono narcodollari che
conferiscono ai nuovi boss un potere finanziario e politico prima sconosciuto. (…) A questo punto,
è chiaro che bisognerà fare qualcosa per dissuadere i consumatori. Bisognerà scoraggiare la prima
volta. Prevenzione innanzitutto, tanta, massiccia, intelligente, articolata. Ma anche altre forma di
dissuasione e, se non si ha paura delle parole, di repressione. Il problema non si risolve con la sola
legge penale. La galera è fuori discussione, perché in questi casi non serve a nulla. Ma bisogna studiare qualcosa, dalle sanzioni amministrative agli affidamenti alle comunità terapeutiche, dalle pena
pecuniarie al servizio sociale obbligatorio.
Senza tabù: è assurdo inneggiare alla libertà dell’individuo lasciandolo libero di farsi schiavo.
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Il Giornale di Vicenza - 31 ottobre:
Muore per overdose nel furgone sotto casa
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Il Giornale 4 novembre 1988
Il Viminale informa che i morti sono aumentati quasi del 50% rispetto al 1987
La “roba” e l’avversione a Craxi avvicinano Occhetto e Pannella
L’opposizione comunista alla linea dura sollecitata dal Psi contro la droga converge con
l’“antiproibizionismo” caldeggiato dai radicali – E il flirt si estende ad altri punti
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Il Giornale - 5 novembre 1988
In Italia è ancora polemica, ma la città un tempo famosa per la sua “indulgenza”
ha cambiato idea e ha scelto la severità - È ormai un problema di ordine pubblico:
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1988
Droga, Amsterdam non tollera più
È in forte aumento il numero dei tossicomani che praticano la violenza
I consumatori recidivi adesso potranno scegliere tra il carcere e clinica di disintossicazione
Il Giornale di Vicenza - 10 novembre 1988
Droga, “no” di Craxi alla modica quantità
Martelli e il sindaco di Milano favorevoli alla liberalizzazione delle droghe leggere
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Il Giornale - 11 novembre 1988
Una levata di scudi contro gli “spinelli liberi”
Droga, adesso Craxi sconfessa Martelli
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Il Giornale di Vicenza - 11 novembre 1988
Trovato nell’acqua del Brenta con una siringa nel pugno
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Il Giornale di Vicenza - 16 novembre 1988
Stroncato da una “overdose” nella sua stanza
Intossicato anche l’amico, che rifiuta ogni assistenza
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Il Gazzettino - 17 novembre 1988
Padova. Il Prefetto propone: “Distribuire gratis l’eroina ai cronici”
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Lettera ricevuta dall’assessorato ai servizi sociali del Comune di Arzignano che: “ritiene di far
propria l’iniziativa di informazione (riferito al fascicolo Droga e famiglia) a sostegno dell’opera educativa dei genitori di quei ragazzi che, per la loro età adolescenziale, possiamo considerare a rischio. Ciò nelle consapevolezza che questo sforzo concreto, condiviso da quanti operano nel settore, possa contribuire a contrastare efficacemente il diffondersi del tragico fenomeno
DROGA anche nel nostro territorio”.
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Sala conferenze nel
Vicenza 26 novembre 1988
Chiosco di S. Corona – Convegno
sul tema droga:
“DOVE STIAMO ANDANDO?”
Esperienze a confronto – Proposte per nuovi indirizzi nella normativa nazionale e regionale
Organizzato dal Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dall’Ulss 8
Con la partecipazione dell’On. MARIA PIA GARAVAGLIA sottosegretario alla Sanità
INTERVENGONO:
Olga Dalla Valle - Presidente del Comitato di Solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti
Dott. Achille Variati - Consigliere Delegato per i Settori Sociali dell’Ulss. n. 8 “Vicenza”
Dott. Gian Nico Rodighiero - Giudice Istruttore presso il Tribunale Civile e Penale di Vicenza
Geom. Domenico De Boni - Presidente dell’Ulss. n. 8 di Vicenza
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1988
Dott. Vincenzo Balestra - Responsabile del Servizio Medico –Sociale tossicodipendenze dell’Ulss. n 8
Dott. Maurizio Creuso - Assessore agli Interventi Sociali della Regione Veneto
Dott. Marino Quaresimin - Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Vicenza
Un giovane per testimoniare le sue esperienze
Intervento introduttivo
Droga, dove stiamo andando? A questa domanda esplicita cercheremo di dare una
risposta facendo prima il punto sulla attuale situazione del fenomeno droga.
Io sostengo che stiamo andando incontro ad un capolinea sconvolgente, in cui gli
antieroi dei nostri giorni sacrificano la loro vita in nome di un astratto e falso concetto di
libertà, che lo Stato stesso ha concesso loro: libertà di drogarsi, di spacciare morte impunemente, di allargare a dismisura questo cancro che colpisce i nostri figli nel momento più
delicato della loro giovinezza.
E qui mi torna alla mente la fiaba del pifferaio magico, il quale, per liberare la città dai
topi molesti e pericolosi, li incanta con la sua musica e, irretiti, li conduce verso un dirupo perpendicolare al mare. I topi, sentendo la magica melodia, accorrono a frotte da ogni
parte e ingrossando a dismisura una lunghissima fila, privi di una loro volontà, si lasciano cadere dal precipizio annegando miseramente.
I tossicodipendenti sono come i topi della fiaba; come loro, soggiogati dall’eroina, che
all’inizio dà una sensazione di onnipotenza e fa vivere in un mondo ovattato e senza problemi, si ritrovano poi svuotati da ogni volontà, che non sia quella dell’affannosa ricerca
della modica quantità quotidiana; invischiati in una realtà non più gratificante, ma altamente degradante ed emarginante che li porta anzi tempo alla morte. Morte per overdose, per suicidio, per incidenti stradali, per malattia.
In una indagine svolta tra i giovani dai 15 – 17 anni, è emerso che il 90 per cento di
coloro i quali si accostano alle sostanze stupefacenti, lo fanno per curiosità, per sentire cosa
si prova, per dimostrare a sé stessi e ai compagni di possedere coraggio; ferma restando la
convinzione di smettere quando si vorrà. Di fatto, invece, operano una non scelta.
Irretiti da una società massificata e consumistica, vengono condizionati già alla nascita da modelli negativi che soffocano in loro ogni aspirazione personalistica.
In questi ultimi tempi si è molto parlato di droga e Aids. Sembra si sia capito finalmente che le due piaghe camminano a pari passo e forse, più che la paura della droga, spaventa l’Aids.
Per bloccare la seconda bisogna circoscrivere e stroncare la prima.
Ognuno, in questi giorni, ha avuto modo di esprimere la propria opinione più o meno
qualificata, con il risultato di creare una grossa confusione. Droga si, droga no; ancora una
volta però, si sta giocando sulla pelle del drogato e della sua famiglia che, da sempre, si
trova in prima linea impotente e sola.
L’uomo è un individuo sociale, che vive in una realtà storica, culturale, politica. Ho
cercato nel dizionario il significato etimologico della parola sociale e ho trovato queste
voci: “Giustizia sociale: quella che attua l’uguaglianza sostanziale dei diritti e doveri di
tutti i membri di una determinata società” – “Ordine: condizione di una società caratte– 144 –
1988
rizzata dall’assenza, stabilita anche coattivamente di conflitti che possono comprometterne l’equilibrio globale, che tende ad assicurare benessere e sicurezza a tutti i cittadini”. –
“Assistenza: insieme delle attività svolte da appositi organismi per l’aiuto morale e materiale di persone in particolare condizioni di disagio”.
Sono anche andata a rivedermi la Costituzione italiana e riporto testualmente: art. 30
– “Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”
- art. 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento se non
per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana”.
Io posso affermare che da quando la droga è entrata prepotentemente nelle nostre case,
questi articoli della nostra Costituzione non sono stati osservati.
Ci sono tre modi per vedere il tossicodipendente: quello della famiglia, lasciata nell’abbandono, quello dell’operatore che svolge un lavoro e quello della gente comune che lo
criminalizza.
La famiglia, sola e impreparata nel combattere questa piaga, si è trovata impotente,
ostacolata dalle leggi stesse e penalizzata con crudeltà. Non si può lasciare che un giovane
si distrugga senza intervenire in suo aiuto. Se una persona si vuole gettare da una finestra
del decimo piano, la si ferma salvandola, non le si dà una spinta per farla precipitare. Non
vedo perché, invece di cercare di salvare un tossicodipendente, gli si permetta ulteriormente di drogarsi per farlo morire in fretta.
Mi sorge il dubbio che la società del ventesimo secolo non ami i suoi giovani!
Lo Stato, che fino ad ora non ha approntato un interveto mirato e coraggioso contro
la droga, dovrebbe essere denunciato per omissione di aiuto a persone in difficoltà.
Ora, che finalmente sembra che si decida di agire prendendo seri provvedimenti, coloro i quali sono fissati nella tolleranza e nel garantismo, insorgono e contrastano i nuovi
tentativi. Se vogliamo veramente salvare tante vite, togliamo la causa prima della diffusione della droga: “la modica quantità”.
La droga c’è perché piace, la domanda c’è perché c’è l’offerta.
In un recente incontro di Giovanni Paolo II con il presidente del Consiglio De Mita,
il Papa tra l’altro ha detto: ”Sostenere, favorire, difendere la famiglia, anche attraverso adeguate scelte di politica sociale, significa garantire il futuro stesso della Nazione”.
A conclusione del mio intervento, a nome del mio Comitato, del Comitato Veneto
Antidroga, del Coordinamento Nazionale Antidroga di cui facciamo parte chiedo:
L’abolizione della modica quantità.
L’unificazione delle competenze in materia di stupefacenti in un unico Ministero.
La sospensione delle pene relative a reati connessi alla tossicodipendenza al compimento di un programma di riabilitazione.
L’abolizione per uso non strettamente terapeutico di tutte le sostanze che danno dipendenza. La creazione di comunità terapeutiche, anche differenziate, le uniche che possono
di ridare la vera libertà e dignità a che l’ha persa con la droga.
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Il Giornale di Vicenza - 28 novembre 1988
Convegno organizzato dal Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e Ulss n.8
Droga, lo Stato e le sue leggi sempre sul banco degli accusati
L’educazione ai valori autentici resta la migliore
Sintesi – Parlare di droga vuol dire tutto e niente. Tanto è vero – come è stato sottolineato - che
da almeno vent’anni il problema è sul tavolo delle forze politiche. Vent’anni che sono per certi versi
gettati al vento. La proposte, le leggi, i dibattiti e i suggerimenti sono stati profusi a piene mani. Ma
il quadro della situazione è terribile. (…) Ma c’è chi, al di là dell’odierno interesse scaturito quasi per
incanto e dettato più da motivi di politica-spettacolo, cerca di offrire della risposte. Di tutto questo
se n’è parlato in occasione della tavola rotonda “Droga: dove stiamo andando?”, organizzata dal
Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dall’Ulss 8 di Vicenza nella sala conferenze dei Chiostri di Santa Corona. Olga Dalla Valle, presidente del Comitato, ha considerato l’inadeguatezza di quanto è stato compiuto fino ad ora sul fronte dell’emergenza droga. (…) Accanto
agli interventi di De Boni, presidente dell’Ulss 8 e di Quaresimin, assessore del Comune di Vicenza, si sono alternati gli altri esperti. Il dott. Rodighiero, giudice istruttore del tribunale ha parlato
sulla “Situazione repressiva attuale e nuove prospettive”. Il dott. Balestra ha illustrato: ”la funzione
e il ruolo dei servizi per le tossicodipendenze”. Presentati dal dott. Variati sono intervenuti il dott.
Creuso, assessore agli interventi sociali del Veneto su: ”Linee di indirizzo emergenti a livello regionale in tema alla lotta alla tossicodipendenza” e l’on. Maria Pia Garavaglia, sottosegretario alla sanità
con : ”Ipotesi e indirizzi per una nuova normativa nazionale”.
Il dibattito, che si è protratto con molta partecipazione (gli interventi, tanto politici che professionali, sono stati numerosissimi ) ha presentato svariate problematiche. Sul banco degli accusati sono
state poste in primo luogo le tante leggi promulgate dal Parlamento. È stato tracciato un profilo giudiziario, psicologico e medico del tossicodipendente, ma la discussione è andata oltre. La droga non
si combatte né col carcere né con le misure repressive. Nessun tossicomane può essere curato secondo direttive standard. (…) È emersa una linea comune di azione. Le leggi dello Stato devono essere
attuate nella loro completezza. Altrimenti non potranno mai essere al servizio ci chi soffre. (…) La
miglior via, resta senz’altro l’educazione dei giovani ai valori autentici. (…) L’on. Garavaglia, ha al
termine proposto le sue idee: Servizi a favore dei tossicodipendenti in funzione 24 ore su 24 e il
varo (siamo alla quinta bozza) di una riforma di legge che elimini il concetto di “modica quantità”
e istituisca un adeguato programma di prevenzione. Ma il male più grande è ancora annidato nella
società. La droga è un comodo veicolo di propaganda politica. Nel ’70 tutti inneggiavano alle sostanze allucinogene dipingendole come giusta risposta a una società malata e chiusa. Ora il processo è
invertito. Sono proprio le stesse persone e i medesimi mass media di allora ad avere ribaltato il concetto. Allora, che senso ha per noi combattere questo cancro? Se non si creerà un mondo di valori
adeguato – ha concluso Garavaglia – le battaglie per quanto giuste, non saranno mai rese possibili.
E allora, giustamente, al di la di ogni retorica politica, prevarrà quel “silenzio dello sdegno” sottolineato da un manifestino diffuso all’esterno da un gruppo di ex tossicodipendenti. E l’accusa è stata
ripetuta anche all’interno. L’improvvisazione di certi politici è incredibile. Lo stesso governo e il parlamento vivono in una situazione di “non credibilità”. “ Di fronte a questo bordello dionisiaco –
qualcuno ha suggerito – non rimane che il silenzio”. Ma forse, l’arma migliore, in senso politico,
potrebbe essere quella del voto contro quei politici che prediligono “l’effimero” alla cura di chi soffre. Parola di sottosegretario al governo.
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Il Gazzettino - 1 dicembre 1988
AIDS - Una mina vagante - Una strategia, tre obiettivi
– 146 –
1988
Dicembre 1988, giornata mondiale dell’Aids: una iniziativa messa in atto dall’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità, convinta dall’urgenza della situazione a mobilitarsi in una lotta planetaria
contro la malattia. La strategia globale contro l’Aids dell’OMS ha tre obiettivi:
1- prevenire l’infezione da HIV.
2- portare il miglior supporto e cura possibili a coloro che già sono stati infettati dall’HIV.
3- unire gli sforzi nazionali e internazionali contro l’Aids. Il primo obiettivo, cioè prevenire la trasmissione dell’infezione, è teoricamente realizzabile perché il virus è trasmesso solo attraverso comportamenti individuali specifici (ad esempio, promiscuità sessuale – scambio di siringhe infette). Per
ottenere questo obiettivo sono necessari in tutti i Paesi programmi di informazione e di educazione
a lungo termine. Il secondo obiettivo è di ridurre l’impatto personale e sociale che è elevatissimo,
dell’infezione HIV. Questo significa assicurare un trattamento umano dei pazienti e garantire supporto sociale e sanitario a coloro che sono malati o solo portatori asintomatici dell’infezione. Il terzo
obiettivo infine è quello di unificare gli sforzi nazionali e internazionali contro l’Aids. Più di 250
nazioni hanno già nominato dei comitati nazionali per l’Aids.
Alla domanda tento di rispondere io. Come rappresentante del Comitato e come madre, toccata
profondamente dal problema che aveva colpito mio figlio, volendo capire e non accettando tesi
per me campate in aria, mi sono recata al Malattie Infettive dell’ospedale Borgo Trento di Verona, ho parlato con un medico e ho saputo che loro avevano attuato una forte campagna di prevenzione contro l’uso promiscuo di siringhe per evitare l’epatite C e altre malattie trasmissibili
con il sangue (ancora non si conosceva l’HIV); prevenzione purtroppo non verificatasi a Vicenza. Naturalmente questa tesi è rimasta inascoltata dai responsabili socio-sanitari di Vicenza.
Città
Vicenza
Casi
54
Omosessuali
3
Tossicodipendenti
50
Verona
Rovigo
Bambini
1
Altri
0
32
5
19
1
7
5
2
2
0
1
Padova
30
7
18
1
4
Belluno
3
1
2
0
0
Treviso
7
4
2
0
0
Venezia
25
8
14
1
2
Vicenza, poco più di 110 mila abitanti, oltre 3 mila tossicodipendenti, è tra le città del Veneto la più
martoriata dall’Aids. I sieropositivi sono ormai diverse centinaia. Un quadro non certo rassicurante,
ma soprattutto inspiegabile. Come mai in una città apparentemente tranquilla il numero dei casi di
Aids è superiori agli altri luoghi di provincia?
✧
Aids – 1 dicembre 1988 – Cristina ci lascia
Ventiquattresima vittima. Si fanno vivi i parenti. Il Vescovo celebra il funerale.
La tragica sorte di Cristina morta per Aids
Quel mucchietto di stracci adagiato sul letto, una volta era una bella ragazza. Ora è una vita
che si consuma lentamente e inesorabilmente. Il suo nome è Cristina e ha alle spalle anni di
desolazione, di sofferenza e di tanta “libertà”. “Libertà di suicidio lento e inesorabile attraverso la droga.
– 147 –
1988
Cristina, forse, felice non è stata mai. Non so come sia stata presa tra i tentacoli della tossicodipendenza, so di certo che si doveva impedirle di conoscere tutte le esperienze negative e
degradanti cui era andata incontro, e non solo lei, ma tutti i giovani che come mosche sul miele
venivano e vengono attirati da questo cancro sociale.
Cristina giaceva sul suo letto di dolore e, salvo momenti rari di lucidità, per il resto rimaneva inerte e priva anche di quel bene che è dato dalla coscienza di vivere e dalle facoltà mentali sane. La sua mente era come quella di un vecchio colpito da demenza senile, solo che lei
aveva 30 anni. Molte erano le necessità di questa giovane, senza familiari, senza amici, sola
con la sua malattia; unico aiuto era quello del personale sanitario del reparto infettivi.
Un giorno ho chiesto alla mamma di Martino:”te la senti di dedicare un po’ del tuo tempo
a Cristina”? Lei rispose subito sì, pur sapendo che in questo modo avrebbe rivissuto la sofferenza provata con il figlio. Un’altra mamma nella sua medesima situazione l’affiancò in questa
opera altamente umanitaria.
È iniziata con Cristina una delle pagine più belle del nostro volontariato presso i malati
terminali di Aids che non avevano assistenza, nonostante gli innumerevoli pregiudizi sul “facile contagio”della malattia. Partì da qui, anche con il supporto di mons. Nonis, la spinta verso
il Comune e l’Ulss 8, per ottenere una struttura per malati terminali, molti dei quali erano
senza famiglia.
Tanto fu l’amore che Cristina ricevette, che sorprendentemente migliorò. Il suo cervello, stimolato, sembrava riprendersi e a Edith diceva:”tu sei la mia mamma, ti voglio bene”.
Quando mons. Nonis, da poco nominato vescovo nella nostra città visitò il reparto, ebbe
modo di conoscerla, a lui raccontò un po’ la sua storia: “Sono stata cattiva, i miei mi hanno
mandata via da casa, ho dormito anche sotto i ponti, ho patito la fame, il freddo, la solitudine, ho fatto tante brutte esperienze, poi ho conosciuto un delinquente buono che mi ha aiutata e quando lui aveva un buono per mangiare se io non avevo niente lo dava a me”. Nell’ascoltarla, il Vescovo si commosse ed espresse il desiderio di essere informato sull’evolversi della
malattia.
Alla sua morte volle celebrare il servizio funebre, a lei, a Cristina, che droga e Aids l’avevano relegata tra “gli ultimi degli ultimi”. Durante la messa ebbe parole dure contro i “dispensatori di morte” e accenti di biasimo verso chi poteva fare e non faceva.
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Il Giornale di Vicenza - 4 dicembre 1988
Mons. Nonis ha presieduto il funerale della ventiquattresima vittima vicentina
una giovane deceduta venerdì scorso
Lotta all’Aids, la Chiesa in prima linea
Il vescovo e la chiesa vicentina si sentono profondamente interrogati dall’emergenza Aids e non
intendono stare in seconda linea nella lotta alla terribile malattia. (…) Davanti alla bara della giovane donna, che lascia una figlia, attorno alla quale si sono stretti ieri nella chiesa del S. Bortolo, rappresentanti del volontariato, le madri dei tossicodipendenti e il personale sanitario, il vescovo ha lanciato un appello alla Vicenza del benessere perché non perda il senso della pietà, la sensibilità verso
chi soffre, e si occupi anche di chi ha condotto vite irregolari, segnati da episodi di sofferenza e culminati nella malattia. (…)
– 148 –
1988
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Giornata mondiale di lotta all’Aids – Lettera del Vescovo al Giornale di Vicenza
Contro l’Aids, ma incontro a chi è malato
Contro l’Aids, incontro ai malati di Aids: potrebbe essere un motto della nostra Chiesa diocesana.
Il nostro Paese è terzo, dietro a Francia e Germania, per il numero di “casi”: un triste primato, in
questa Europa del benessere che vanta tanti raggiungimenti positivi. Vicenza è al primo posto nel
Veneto per il numero di decessi: speriamo che ciò sia dovuto al fatto che esiste da noi un attrezzato
e bene gestito Reparto ospedaliero di accoglienza e di cura.
Pur non avendo tra i suoi fini istituzionali e i suoi programmi specifici la lotta a questa o quella
malattia (sociale, infettiva, epidemica, o anche individuale eppur tragica come l’affezione psichiatrica), la Chiesa universale è mandata nel mondo a combattere ogni forma di male che minacci o mortifichi l’uomo, specialmente là dove le istituzioni e le strutture che l’Ente pubblico dovrebbe approntare non siano ancora presenti o efficienti.
Nei confronti della terribile malattia infettiva che si suole indicare con la sigla Aids la Chiesa condanna, anzitutto, il ricorso alle vie attraverso le quali essa sembra diffondersi, si tratti delle iniezioni
di droga, o dei rapporti sessuali extraconiugali (siano omosessuali siano eterosessuali). siamo pure
convinti che la pubblicità, pagata con molto pubblico denaro, affidata o alla stampa o alle emittenti radiotelevisive, sia stata intonata su una lunghezza d’onda che non coincide con una visione cristiana dei valori, e che sembri più atta a incoraggiare con cautela chi pone le possibili condizioni dell’infezione (siringa, rapporti sessuali), che favorire l’astinenza da esse, unica vera prevenzione e morale fisica.
Ciò non toglie che i cristiani debbano sentire come proprio, direttamente emergente dalla coscienza alla quale il Signore ha affidato il comandamento della carità, il dovere di sensibilizzarsi, e di sensibilizzare altri, sul morbo orrendo, le prospettive di sviluppo del quale sono, a livello mondiale e
nazionale, inquietanti.
Dovremmo innanzitutto guardarci dal condannare gli ammalati, o dal fare qualsiasi cosa che li estrometta o li emargini dalla nostra vita associata. Essi sono oggi, tra i nostri fratelli sfortunati, i più bisognosi di pietà, comprensione e aiuto, di assistenza e di accoglienza. D’intesa con le unità sanitarie e
i pubblici organismi preposti all’assistenza, la nostra Chiesa, sia attraverso la Caritas diocesana e parrocchiale sia in altre forme, deve dimostrarsi disponibile a collaborare perché si organizzino strutture sia pur minime e graduali di accoglienza e di cura. In tal senso si esprime anche la Caritas nazionale, che ci esorta a considerarci in prima linea, nello spirito della solidarietà caritativa, in questa
lotta.
La prima Giornata mondiale di sensibilizzazione contro l’Aids, che si celebra in tutto il mondo, ci
dovrebbe trovare presenti e disponibili. Invito i Parroci e Rettori di chiese a farne un cenno sostanzioso nel corso delle SS. Messe di domenica 4 dicembre o delle riunioni che si svolgono in parrocchia. Dio Padre e la Vergine Maria tengano lontana dalle nostre Comunità questa nuova pestilenza,
la diffusione della quale è legata per tanta parte dalla debole volontà umana.
✧
2 Dicembre 1988 – Nel mio “archivio” , tra i tanti articoli di giornali, ne ho trovato uno a
firma di Mauro Bartolo, che desidero riportare a stralci. Purtroppo ho segnato la data ma non
l’intestazione del quotidiano.
Dalla farsa alla tragedia
(…) Tutto il disastro comincia quando i partiti mandarono i loro rappresentanti a governare la
sanità. Questo sistema è ancora in atto, è il principale responsabile dello sfascio, ma nessuno ne parla
più, neanche io che fui il primo, essendo mezzo giornalista e mezzo medico, a profetizzare lo scem– 149 –
1988
pio d’oggi. (…) Il disservizio e lo sbraco degli ospedali deriva anche da una atmosfera di permissivismo e di comunella sindacale che ha svuotato d’ogni decisionalità ed autorità la figura dei direttori,
dei coordinatori e dei primari. Anche ciò è dovuto alla politicizzazione (di pessima marca) dell’ambiente. (…) I medici ospedalieri sono pochi, ma soprattutto mal distribuiti. (…) Sulla stessa falsariga si pone l’eccezione di Donat Cattin non sul fatto che i medici siano presenti in ospedale particolarmente al mattino e non secondo turni continui . (…) Non si capisce che l’atto medico è un atto
squisitamente collegiale, e che gli assistenti devono fare la visita con il primario, per imparare l’arte.
Il malato va visto insieme, in tre, in cinque, in dieci, perché la diagnosi la si costruisce insieme, anche
con le varie competenze. (…) Automatizzare l’atto medico, svilirlo a computo industriale o commerciale, senza tenere in alcun conto l’attività scientifica, l’apertura o meno delle strutture al territorio
o alla regione o all’intera nazione, arrogandosi il diritto e la capacità di conoscere quali siano le più
intime esigenze assistenziali e culturali delle varie branche mediche, è un atto di mortificazione e di
intruppamento populistico che costituisce l’ultima grave offesa alla professione medica.
Il disprezzo della nostra funzione traspare da molti degli atti ministeriali di questi ultimi tempi. (…)
✧
Lettera inviata a: Il Giornale di Vicenza e pubblicata il 2 dicembre 1988
Droga, una tragedia collettiva
Egregio direttore,
qualche giorno fa, un giovane tossicodipendente della nostra città ha subito un processo
per detenzione di 10 grammi di eroina ed è stato condannato a quattro anni di reclusione e ad una multa di 6 milioni e centomila lire.
In questo particolare momento in cui tanto si parla e si scrive sulla tossicodipendenza
e tutti s’improvvisano esperti annunciando convinzioni e teorie fino ieri diametralmente
opposte, desidero far riflettere chi di dovere, su quanto siano assurde le pene pecuniarie
inflitte ai tossicodipendenti.
Se questo giovane, indigente per il suo stato di drogato, ha commesso un reato per procurarsi la “dose giornaliera”, con la reclusione, pagherà di persona il proprio errore; non
vedo però, come potrà far fronte alla multa “salata” dato il suo stato di nullatenente. A
questo punto, dovrà egli delinquere per pagare il suo debito alla giustizia, o questa si rivolgerà ai soliti genitori già tanto duramente provati anche sul piano finanziario, arrivando a
pignorare loro i mobili o altro se non disporranno della cifra richiesta?
Quando si comincerà operare secondo una logica realistica?
E perché mai si continua a blaterare sulla trasformazione della legge 685/75 ignorando di proposito la collaborazione delle associazioni di genitori che già da anni hanno presentato una loro proposta in merito?
Veda bene “La mamma preoccupata” che in una lettera al giornale datata 8 novembre,
lamenta la “poca considerazione per i bambini da parte delle istituzioni”, quanto poco
siano considerati anche i genitori! A questa mamma, a cui va tutta la mia solidarietà, desidero far notare che, se oggi ci troviamo in una situazione di emergenza in cui i problemi
DROGA e AIDS non lasciano intravvedere una prossima soluzione, lo dobbiamo alla
medesima “poca considerazione” verso quei bambini che dal ’68 in poi, oltre a soffrire
della mancanza di personale insegnante, di aule, di spazi ricreativi e di un piano mirato di
prevenzione nel senso più ampio della parola, hanno avuto purtroppo la sfortuna di veni– 150 –
1988
re a contatto con estrema facilità - partendo anche dai banchi della scuola - con le sostanze stupefacenti.
Questa facilità si è creata mediante il famigerato articolo 80 della legge 685/75 che,
permettendo la dose personale giornaliera di droga, ha impunemente permesso che spinelli ed eroina divenissero unica ragione di vita per troppi adolescenti, portandoli a consumare e a spacciare morte e ampliando a dismisura il mercato degli stupefacenti.
Finché i genitori interverranno con proteste in modo solitario e sporadico, non otterranno nulla.
Abbiamo bisogno di una partecipazione massiccia che faccia capire che il cittadino è
stanco di subire impunemente disagi e tragedie, per una mancanza di volontà politica di
affrontare con coscienza e determinazione problemi di vitale importanza.
Purtroppo si continua ancora a giocare sulla pelle dei “drogati” e dei loro familiari,
dimenticando che pure loro sono cittadini e come tali, secondo la Costituzione italiana
hanno diritto a che lo Stato salvaguardi la loro salute e il loro benessere.
Invito tutti i genitori a cui sta a cuore il futuro dei propri figli, ad unirsi insieme, vigilando costantemente e pretendendo protezione per i bambini di oggi, affinché non abbiano incontrare “domani” nella loro strada, spinelli ed eroina reclamizzati dal solito “amico
compiacente”; se così fosse, una eventuale altra lettera al giornale potrebbe essere titolata:
“Una madre disperata”.
E Dio non voglia!
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti, Olga Dalla Valle
✧
Aids – 1988 – A Vicenza 8 decessi – In Italia 857
– 151 –
1988
– 152 –
1989
1989
Il Giornale di Vicenza - 18 gennaio 1989
Una vita bruciata dall’eroina
Giovane asfissiato in auto
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Il Giornale di Vicenza - 31 gennaio 1989
Secondo un rapporto preparato per il Consiglio Superiore della Magistratura
Droga, di 40 mila miliardi il “fatturato” nel 1988
Ventimila vengono spesi per acquistare eroina, cinquemila per la cocaina e
diciassettemila per i derivati della canapa indiana
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Il Giornale di Vicenza - 16 febbraio 1989
Muore per un’overdose
La vittima trovata priva di vita con accanto una siringa
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Il Giornale di Vicenza - 18 febbraio 1989
Giovane stroncato da collasso
Trovato dai genitori
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Il Giornale di Vicenza - 19 febbraio 1989
Aids, parte un corso per il volontariato – Obiettivo assistenza
Il problema dell’Aids, gli aspetti sanitari e sociali che sono connessi a tale malattia, la situazione del
tutto peculiare e per molti versi difficile di chi è sieropositivo richiedono oggi a tutta la collettività
delle risposte precise. La prima, indispensabile, è la presa di coscienza che l’aids è un problema sanitario di una minoranza, ma è un problema sociale di tutti. Imparare a convivere pur nel rigoroso
rispetto del diritto alla salute, che è sacro per tutti, con la situazione dei siero positivi e dei malati sta
diventando non solo una necessità, ma soprattutto il segno importante di una solidarietà che, per
fortuna, spesso si riscopre, almeno nei momenti difficili. (…) Le strutture sanitarie dell’Ulss 8 sono
da tempo impegnate nell’iniziativa d’informazione, prevenzione e cura di questa patologia che proprio a Vicenza si è diffusa in maniera più pesante che in altre città. Ma proprio per coordinare lo
sforzo degli enti specificamente rivolti a seguire gli aspetti sanitari del problema, si è attivato ora
anche il volontariato, si stanno movendo altre istituzioni pubbliche, fra queste il Comune di Vicenza per dare delle risposte concrete in termini di solidarietà e sostegno a situazioni difficili come quelle dei sieropositivi e dei malati di Aids. (…)
Un corso per operatori comincerà il 21 febbraio e vuole essere la prima tappa di un cammino di
impegno serio e costruttivo. Questi i temi trattati: “Sieropositività e Aids – aspetti clinici epidemiologici “ (dott. Alberto Vaglia); “Tossicodipendenza ed esperienze” (dott. Vincenzo Balestra. Dott.
Maria Giacobbo, signora Olga Dalla Valle); “Aspetti etici Psicologici” ( don Aldo De Toni); “Problemi assistenziali” (Antonio Battilana). Gli incontri si terranno nell’aula magna della Scuola convitto
dell’ospedale di Vicenza.
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1989
Il Giornale di Vicenza - 17 marzo 1989
Lunedì all’Astra uno spettacolo – Denuncia del Gruppo di danza libera
Un balletto contro droga e Aids per rompere silenzi e indifferenza
L’armonia della danza a servizio di un tema terribile come quello della droga costituisce un momento di grande impatto emotivo, ma esercita anche una funzione di stimolo, nei confronti dell’indifferenza o della rassegnata consuetudine. Ecco la duplice valenza che il Gruppo italiano di Danza
libera di Franca Della Libera intende proporre con “L’orto dell’Aurora”, un balletto che sarà proposto lunedì 20 marzo al teatro Astra con inizio alle 21.
Lo spettacolo, certamente inconsueto, ma che giunge a ricordare quello che è il problema dell’Aids,
è stato presentato ieri pomeriggio all’assessorato alla Cultura del Comune. Oltre alla signora Olga
Dalla Valle, presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti, che ha organizzato l’iniziativa, erano presenti Marina Cogato, presidente della Commissione consiliare sociosanitaria del Comune, Diego Fontana, in rappresentanza dell’assessorato alla Cultura e il dott. Alberto Vaglia primario ff. del reparto malattie infettive al S.Bortolo.
Si tratta di un balletto che narra la storia di due giovani uniti prima dall’amicizia, poi dalla droga,
dall’Aids e infine dalla morte: la trama non è frutto di fantasia, ma specchio fedele di una realtà che
ci circonda, spesso ignorata. “
“ Da sempre – spiega Franca Della Libera – cerco di portare all’interno dei miei spettacoli problematiche angosciosamente presenti nella società di oggi. L’armonia della danza a servizio di un tema
come quello terribile della droga, per esempio, oltre a costituire un momento di grande impatto
emotivo, e quindi estetico, credo possa avere e abbia anche funzione di stimolo, di pungolo nei confronti di quegli atteggiamenti d’indifferenza o di rassegnata consuetudine per un fatto da molti considerato ineluttabile. (…) Si tratta di un lavoro nato da un dolore mio, personale, che in qualche
modo ha segnato una svolta nella mia attività.
L’orto dell’Aurora” presentato con successo in varie città della penisola e vincitore del premio “Latina
1988” sarà preceduto dalla recita di brani e poesie scritte da alcune mamme di tossicodipendenti.
Al termine dello spettacolo saranno raccolte delle offerte libere destinate all’acquisto di attrezzature
per il Day hospital del malattie infettive, aperto lo scorso dicembre nei locali dell’ospedale. C’è poi
l’intenzione di aprire una casa alloggio riservata ai malati di Aids che sono privi di una famiglia, in
grado di aiutarli. L’appello, lanciato dalla signora Dalla Valle e da Marina Cogato, si è allargato in
tutta la città, alla ricerca di persone in grado di offrire tempo e fatica (e magari una struttura) per
raggiungere un obiettivo. (…)
I due giovani da cui è stato preso lo spunto per il balletto sono Martino, di cui ho già parlato
e il suo amico Mario. Ambedue in Aids, erano ricoverati al reparto infettivi assistiti amorevolmente dalle loro madri. La notte in cui la morte si prese Martino, Mario lo sognò e lo vide
vestito di bianco, con una valigia in mano che frettolosamente lo salutava dicendogli che aveva
molta fretta e tante cose da fare. Turbato, per qualche giorno, Mario continuò a chiedere notizie dell’amico, ma gli fu nascosta la verità, finché anche lui intraprese il viaggio senza ritorno.
Franca Della Libera era la zia di Martino. Commossa dalla tragica storia che aveva unito i
due amici, volle rappresentarla attraverso la danza per trasmettere un messaggio diverso ma toccante sulla tragedia della droga.
Questa iniziativa vuole essere anche un invito a non giudicare, ma di cercare di capire chi
ha sbagliato e tendere loro una mano; solo così si potrà demolire quel muro di indifferenza che
ci rinchiude in noi stessi e ci rende estranei l’un l’altro. Solo così potremo sentirci parte integrante di una società che vuole essere civile e umana.
– 154 –
1989
Una scena del balletto “L’orto dell’aurora”
Lettera di un giovane letta in occasione del balletto “L’orto dell’aurora”
Questa mia lettera vuole essere la testimonianza di un giovane che per 13 anni è vissuto
nel mondo della droga e che, finalmente, da quattro anni ne è uscito. Il motivo che mi
spinse allora a provare quella esperienza, si discosta forse dalle scelte che inducono ora
molti giovani ad entrarne.
Erano gli anni ’70, e nell’aria si respirava un vento di ribellione nei confronti delle istituzioni, della famiglia e dell’idea stessa della vita. Si era portati a cercare idee ”diverse”
nuovi confini della realtà, altri stati di coscienza. Così, ricercando, sono passato dallo spinello al “buco” e, come me, altri tanti compagni.
Il passaggio dalle droghe “leggere” a quelle pesanti, mi appagò molto, all’inizio; trovavo nell’eroina la risposta a molti bisogni. Mi muovevo nel mondo con più sicurezza, più
carica e mi sentivo come avvolto in un piacere sensuale. Era una sensazione meravigliosa,
certo, non ne conoscevo le conseguenze (in quegli anni non se ne sapeva niente).
I problemi arrivarono presto, mi accorsi quasi per caso che non potevo rimanervi
senza, il tremendo disagio e la sofferenza che l’astinenza mi procurava, il richiamo fortissimo della droga era fin dentro di me, nel mio cervello. Mi accorgevo che mi mancava,
che ne avevo bisogno.
Di tutte le mie esperienze postume c’è troppo da dire per poterle riassumere in qualche riga. Fu tutto un alternarsi si situazioni che mi sfuggivano di mano e continui buoni
propositi andati a monte. Ho cercato di smettere non so quante volte, in tutti i modi;
viaggi, terapia anche coatta (una volta mi hanno legato al letto per quattro giorni), il lavo– 155 –
1989
ro, gli affetti, ma tutte si rivelavano un fallimento. Sprofondai in un abisso sempre più
profondo. Ho conosciuto il mondo della delinquenza, dello spaccio, della prostituzione.
Se non quelli che ruotavano intorno a me, nessun altro sospettava questa mia doppia vita,
in quanto apparentemente conservavo un aspetto dignitoso, avevo molti interessi, provenivo da una buona famiglia, avevo conseguito un livello culturale buono, “ero un giovane di belle speranze”.
La situazione però, con l’andare del tempo si deteriorò, era sempre più difficile conservare la mia immagine, provai l’esperienza del carcere e quella del rifiuto da parte della mia
famiglia. La salute fisica e mentale andò via via peggiorando, soffrivo di depressioni, stati
d’ansia, dolori, problemi epatici; alternavo momenti di euforia a quelli di vero sconforto.
Mi accorsi che questo stato d’animo mi rendevano la vita impossibile. Inoltre era insopportabile in vuoto di emozioni e di sentimenti che sentivo dentro di me: l’eroina mi aveva
tolto tutte le motivazioni, mi aveva reso cinico e duro nei confronti dell’esistenza.
A questo punto la presa di coscienza di questa realtà triste e che non riuscivo ad accettare, mi spinse a considerare che da solo non ce l’avrei fatta, avrei dovuto ricorrere all’aiuto di altri. Mi rivolsi così alla mia famiglia che si rese nuovamente disponibile e mi aiutò
nella ricerca di strutture adeguate al recupero.
Gli operatori del Centro Diurno di Vicenza, incoraggiarono il mio sforzo e mi inserirono nel Centro dove c’erano altri ragazzi come me. L’inizio di questa nuova esperienza fu
molto duro; abituato ad una vita di completa libertà mi trovai a dover sottostare a numerose regole che, inizialmente non comprendevo, fino a che cominciai ad accettare l’idea
che poteva esserci qualcuno che rappresentava l’autorità, una autorità che si prendeva cura
di me.
L’attività all’interno di questo centro era basata su gruppi di psicoterapia, in cui ognuno di noi aveva modo di esprimere i suoi stati d’animo e i suoi problemi.
Tutto ciò era molto liberatorio anche se spesso mi metteva in crisi.
In molti anni mi ero costruito una tenace corazza difensiva e delle barriere psicologiche, attraverso le quali non filtravano più emozioni e sentimenti. Il lavoro che feci in quel
periodo, fu di riuscire a demolire tutto questo con duri sforzi. Un po’ alla volta ci riuscii.
Fu la cosa più bella della mia vita! Riuscivo a rivivere sensazioni piacevoli, scoprivo
dentro di me valori che credevo ormai perduti, avvertivo giorno dopo giorno un senso di
rinascita, quasi la mia pelle stesse cambiando. So che questa esperienza non è unica, che
può essere vissuta da tanti giovani anche in altre strutture. Tutto questo mi dava una carica incredibile e questa carica mi aiutava a sperare in un futuro che non fosse legato allo
squallore dell’eroina.
Parlando della mia situazione attuale, mi ritrovo a dover ricostruire una vita ripartendo da zero. La cosa è quanto mai spiacevole e dolorosa, perché alcuni anni fa ero stato in
grado di crearmi una posizione professionale di tutto rispetto. Ora sono costretto ad accettare lavori precari “in nero”, sottopagati e con nessuna sicurezza per il futuro. L’energia che
ho scoperto di possedere mi fa andare avanti malgrado le avversità. Valutando tutta la mia
esperienza, devo dire che mi considero una vittima, anche se può sembrare strano a molti,
– 156 –
1989
a coloro che credono nel libero arbitrio. L’eroina è una sostanza che ti coinvolge totalmente, una volta provata diventa irrinunciabile; è qualcosa che trascende la volontà personale. Per questo consiglio ai giovani di non provarla mai e di affidarsi con fiducia all’esperienza di chi ha conosciuto in prima persona questa dolorosa realtà, rovinando la propria
esistenza e gettando all’aria le possibilità che la vita ogni giorno ti offre. Io penso che lo
smettere di usare sostanze stupefacenti, debba essere soprattutto una scelta personale, frutto di una maturazione individuale. Non ho mai conosciuto nessuno che abbia rinunciato
nel tempo a drogarsi solo perché costretto. È per questo che faccio appello alle istituzioni e alle famiglie affinché sostengano e incoraggino la volontà di uscirne, che comunque
esiste in ogni ragazzo, creando dei supporti psicologici e delle strutture che lo aiutino nella
sua scelta.
Lettera firmata
Questo giovane coraggioso avrebbe meritato come premio per la sua difficile lotta contro la
droga di godere i frutti della sua vittoria; purtroppo certi errori portano a risultati spietati.
Sieropositivo, la malattia prima lo ha reso cieco e poi gli ha tolto la vita.
✧
Il Giornale di Vicenza - 20 marzo 1989
Un’altra iniziativa contro la droga: a Quinto Vicentino la comunità. Incontro di don Gelmini
A Valproto la prima comunità per ragazze tossicodipendenti
Dopo battaglie e accorati appelli che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni, finalmente una pietra miliare verrà posta entro l’89 nella lotta alla droga e nel recupero dei tossicodipendenti. Stavolta
toccherà alle donne: a Valproto di Quinto Vicentino nascerà la prima comunità femminile per tossicodipendenti, prima non solo nel vicentino ma anche nel Veneto. Fino ad oggi quello delle ragazze drogate era stato un problema praticamente non risolto o risolto solo parzialmente, con la disperata ricerca di un posto in altri centri di recupero italiani.
Caparbiamente il Comitato di solidarietà dei familiari dei tossicodipendenti di Vicenza, guidato
dalla presidente Olga Dalla Valle, ha portato avanti da sempre la “bandiera” delle ragazze tossicodipendenti, le più abbandonate e sole, nell’inesistenza di luoghi e spazi per iniziare un programma
terapeutico. Le sei comunità operanti in provincia infatti sono solo esclusivamente maschili: la lancia femminile è stata finalmente spezzata con l’interessamento e il coinvolgimento di don Pierino
Gelmini, un arcivescovo impegnato da anni accanto ai tossicodipendenti, fondatore delle Comunità Incontro. Sarà proprio il metodo Gelmini ad essere applicato a Valproto. (…)
Come buon auspicio all’operazione e all’inserimento della comunità – che dovrebbe essere inaugurata entro la fine dell’anno, - è stato organizzato per venerdì 31 marzo un incontro in Cattedrale,
alle 20,30 con la presenza del vicario vescovile mons. De Zen, di don Pietro Gelmini e dei giovani
delle comunità Incontro. La veglia è stata promossa dal Comitato di solidarietà delle famiglie vicentine in collaborazione con la Caritas.
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Il Giornale - 20 marzo 1989
Una crociata in piazza contro la droga
Martini: “Guai a voi venditori di morte”
“Guai a voi spacciatori, guai a voi mercanti di morte: chi ostacola la crescita dei piccoli,
dei giovani e li fa cadere sulla strada della vita, meglio sarebbe per lui che lo buttassero in
fondo al mare con una grossa pietra legata al collo”: una vera e propria invettiva biblica
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1989
quella che il cardinale Martini ha scagliato ieri in piazza Vetra. “La coscienza civile non
consente nessun compromesso o cedimento nei confronti delle potenti organizzazioni di
produzioni e commercio della droga, impero finanziario costruito sulla distruzione morale e fisica di troppe persone”.
Un intervento serrato dirompente e drammatico, come “drammatico e universale e
apparentemente insuperabile” è - ha affermato Martini il problema della droga. La tossicodipendenza non risparmia più nessuna nazione o città dell’occidente, si insinua nell’oriente. Arriva da noi fino ai paesi più tranquilli e considerati tradizionalmente sani. Penetra nei luoghi più protetti e vigilati come le scuole, i luoghi pubblici, le caserme, il carcere. Si abbassa le soglia dell’età del consumo, la diffusione sempre più capillare. Di fronte
a questo quadro allarmante, la lotta e gli interventi secondo Martini debbono essere politici, sociali e culturali. Prima di tutto “occorre ostruire il flusso della droga alla fonte”, sia
offrendo una “solidarietà alternativa”agli stati produttori di narcotici, togliendo loro ogni
pretesto di legittimazione a questa attività di morte, sia “stanando le diffuse connivenze
finanziarie”. (…)
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Ho voluto riportare parte del discorso del cardinale Martini che, come uomo di Chiesa ha sentito la necessità di esprimere a gran voce la sua personale preoccupazione sulle tragedie che la
droga reca con se.
Non ho mai sentito nessun politico, dal più piccolo al più alto grado istituzionale esporsi
con tale profonda e partecipata analisi. La politica ha forse solo strumentalizzato questo problema costruendo facili slogan ideologici? Lotte sterili mirate al successo partitico?
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Il Giornale di Vicenza - 28 marzo 1989
Pasqua di sangue sul litorale ferrarese
Pescatore uccide a fucilate il figlio tossicodipendente
Esasperato per l’ennesima richiesta di soldi, l’uomo ha freddato il giovane con due colpi
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Dopo laboriosi contatti con don Pierino Gelmini, sono riuscita ad organizzare in collaborazione con la Caritas diocesana un suo incontro con la nostra città, che ha avuto luogo nel Duomo.
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Il Giornale di Vicenza - 3 aprile 1989
Con il Vescovo in centinaia in cattedrale per mobilitarsi contro il flagello sociale dell’eroina
Presto a Quinto una comunità per salvare ragazze drogate
Per dire che il silenzio e la vergogna rendono il dolore ancora più grande, l’altra sera in Cattedrale si
sono ritrovati centinaia di giovani e di adulti. In gran silenzio, ma sottolineando con lunghi e convinti applausi i passaggi più interessanti, hanno ascoltato la parola di don Pierino Gelmini, il fondatore delle “Comunità Incontro”. Gruppi di ragazzi che nelle oltre 70 case oggi esistenti in Italia, nell’Europa e nel mondo (perfino in Thailandia) accolgono i loro amici travolti dall’eroina e spinti dalla
disperazione a cercare una via per giungere alla disintossicazione. Tremila giovani (ma il programma
ne interessa almeno il doppio) seguono il metodo di don Gelmini dove i più anziani aiutano gli ultimi arrivati diventandone i responsabili. (…)
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Da sinistra: don Pierino Gelmini, dott. Alberto Vaglia, Olga Dalla Valle e il vescovo Pietro Nonis.
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7 aprile 1989
Mentre anche il governatore della Banca d’Italia lancia un allarme davanti “all’antimafia”
Droga, no della Dc al referendum
Secondo Ciampi c’è il tentativo da parte dei trafficanti di inquinare il sistema finanziario
internazionale. Granelli: non si può chiedere una ratifica a scatola chiusa del provvedimento
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Il Giornale di Vicenza - 13 aprile 1989
Iniziative per i malati di Aids
Per aiutare i malati di Aids adesso c’è anche un conto corrente: lo hanno aperto le mamme del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, che hanno dato vita a una catena di assistenza nel reparto di malattie infettive del S. Bortolo. I casi denunciati alla Regione per quanto riguarda Vicenza sono 68 alla fine di marzo, ma la sensazione di operatori e volontari che sono impegnati sul mondo della droga è che la cifra sia destinata a salire e molto entro quest’anno.
Dopo lo spettacolo all’Astra, con l’esibizione della compagnia di Franca Della Libera, che ha dedicato “L’orto dell’aurora” proprio al problema della tossicodipendenza e dell’Aids, le iniziative di sensibilizzazione a beneficenza proseguono: secondo il Comitato, per dare una mano ai malati, ai familiari e al personale servono urgentemente, per il reparto e il day hospital, alcuni macchinari che altrimenti devono essere continuamente prestati da altri reparti: poltroncine, treppiedi per flebo e strumenti diagnostici, utili nei trattamenti dell’immunodeficienza acquisita. Il conto corrente sul quale
tutti possono versare un contributo è il n. 2585/05 della Banca popolare vicentina.
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Il Giornale di Vicenza - 18 aprile 1989
La quarta vittima dell’eroina dall’inizio dell’anno era stata ricoverata due mesi fa
Un buco l’ha ucciso dopo una lunga agonia
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Il Giornale - 30 aprile 1989
Secondo l’Organizzazione della sanità in tutto il mondo i malati sarebbero 400 mila
Aids, l’Italia seconda in Europa
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ll Giornale di Vicenza - 18 giugno 1989
Operaio muore di droga in fabbrica
Aveva 24 anni
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Tossicodipendente malato di Aids suicida
Aveva 27 anni
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Lettera di un giovane a il Giornale di Vicenza pubblicata il 19 giugno 1989
Dalla droga si può uscire. Dalla burocrazia no
Egregio direttore,
vorrei portare a conoscenza che, uscire dalla droga non è impossibile; faticoso sì. Ma non
impossibile. L’impossibile è uscire dalla burocrazia che con le parole ti vuole bene, ti vuole
a posto; con i fatti ti tiene “emarginato”. Chi le scrive è un ragazzo passato per questa terribile esperienza e che non tanto con la sua forza, ma con l’aiuto degli altri è riuscito a uscirne e a ricominciare una vita pulita. Il disperato bisogno di vivere mi ha fatto fare questa
scelta che non rimpiango mai, ma che mi stimola a fare sempre di più.
La mia vita è stata un calvario con i 10 anni di tossicodipendenza, prima per le persone
che mi volevano bene e poi per me. Droga sempre più in dosi massicce, molto carcere, violenza ecc. finché con l’aiuto di Dio ce l’ho fatta ad uscire da quel cerchio dopo tre anni di
“comunità” dove ho imparato ad apprezzare la mia vita e l’onestà.
Ora sono tornato a casa da un anno, con fatica ho trovato lavoro dove sono stimato e
ben voluto. Facevo già progetti per il futuro di una vita normale e tranquilla. Fin qui tutto
bene. Ma questo sogno – realtà si è interrotto da un mandato di carcerazione di due anni
per estinguere reati commessi nel mio trascorso girovagare. I miei sono caduti in disperazione (mio padre ha avuto un collasso), anche perché non sono più giovani e non reggono più uno stress così intenso. Ed io? Costretto a nascondermi come un ladro aspettando
che possa trovare la soluzione per continuare a vivere! È questa la democrazia? È così che
lo Stato aiuta? O come sempre ti dà dieci e ne vuole venti? Si dice:”hai sbagliato e devi pagare”. Ma cosa devo pagare? Non ho già pagato in abbondanza? In vista delle prossime elezioni si è ricominciato a parlare del fenomeno. È tutta politica e vorrei io parlare con questi ben pensanti per esprimere la mia amarezza su questo mal governo ormai giunto allo sfacelo sociale, politico e cristiano.
Lettera firmata
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Il Giornale di Vicenza - 20 giugno 1989
Nuova tragedia della droga a soli due giorni da un analogo episodio
Stroncato in casa a 20 anni
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26 giugno. Giornata mondiale di lotta alla droga
Con lo scopo di dare un forte segnale alla città, in questa giornata, noi madri del Comitato,
abbiamo posto provocatoriamente all’entrata del Comune una corona di fiori in ricordo delle
tante vittime della droga. Il sindaco, gli assessori e i consiglieri che si recavano in riunione non
potevano ignorarla. Siamo state invitate ad entrare in sala Bernarda sede del Consiglio e ad
esporre le nostre richieste.
Prima di approdare in
Consiglio comunale il
Comitato delle famiglie
dei tossicodipendenti ha
deposto una corona di
fiori in piazza del Signori, per testimoniare solidarietà a tutte le famiglie
che hanno parenti morti
per droga,
a quelli che hanno malati
di Aids e agli “immancabili futuri morti”.
Si è trattato soprattutto
di un gesto provocatorio,
nei confronti dei politici
e degli amministratori
della cosa pubblica.
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Il Giornale di Vicenza - 27 giugno 1989
Tossicodipendente trovato privo di vita
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Nella “Giornata mondiale di lotta alla droga” la stampa vi ha dato ampio rilievo con vari servizi che qui non riporto; riporto invece i punti per me più significativi di un articolo di Salvatore Scarpino (non ho segnato la testata del giornale) pubblicato il 28/6/ ’89 con il titolo:
La piaga si allarga e, almeno in Italia, lo Stato è ancora assente
Droga, ma chi consuma non è innocente
Le notizie che giungono dal fronte droga non sono tali da indurre a speranze a buon mercato. Cifre
e dati emersi in occasione della seconda giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di stupefacenti – indetta dall’Onu – dimostrano che non è facile cauterizzare questa piaga e che il mondo
avanzato dovrà ancora riceverne molti tormenti. La produzione di droga aumenta, s’impianta in
paesi che prima non la praticavano, dal Brasile, al Medio Oriente, in India. “L’economia di morte”
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si espande perché la cooperazione internazionale non è così compiuta ed efficace da circondarla con
un cordone di sicurezza;quand’anche si convincano, pagando, i contadini di una data zona a spiantare coca o papavero, queste colture si spostano altrove, seguendo il corso del sole e dei narcodollari.(…) D’altra parte, non si può capire il pianeta droga guardando solamente all’offerta. C’è la
domanda, anch’essa crescente, imperiosa, prodiga. C’è il mondo ricco e sazio che nel mercato degli
stupefacenti scarica pulsioni autolesionistiche, crisi, disarmonie, false culture, un sotterraneo desiderio di morte. E l’Italia sta nei primi posti in questo mondo. Oltre 400 morti in 6 mesi, uno ogni
10 ore, una mafia rampante, un’alluvione di piccola e grande criminalità connessa agli stupefacenti,
migliaia e migliaia di famiglie colpite perché i loro giovani sono predestinati al carcere e alla distruzione fisica. Un quadro angosciante. È chiaro che non possiamo modificarlo confidando in un’azione che modifichi soltanto l’offerta, bisogna intervenire anche e soprattutto sulla nostra domanda
interna di droga.
Oggi l’Italia non ha tutti gli strumenti necessari per un’azione di tal genere. Non ha le strutture –
c’è un generoso volontariato che non può far tutto – non ha una legge adeguata, non ha soprattutto un orientamento preciso che ispiri la legge. C’è un disegno espresso dal governo dimissionario,
impantanato al Senato; il suo blocco più che dalle vicissitudini ultime della maggioranza è stato
determinato dalle divisioni nella stessa coalizione.
Il nodo lo conosciamo. Si tratta di stabilire se il solo consumo di droga costituisca o no un’infrazione penale; se si debba considerare il drogato sempre e comunque una vittima inconsapevole o una
persona che consapevolmente si sia posta al di là della legge. In diversi settori politici si ritiene – è
nato un vero e proprio partito trasversale – che si debbano colpire soltanto gli spacciatori; altri vanno
più in là e ritengono che se si liberalizzasse la droga cadrebbero d’incanto gli illeciti profitti, le violenze e la sofferenza sociale diffusa che si accompagnano al proibizionismo. I risultati della lista anti
– proibizionista alle europee ridanno fiato alle correnti liberalizzatrici, perché rivelano l’esistenza di
un’aggregazione politicamente interessante. I voti fanno gola a tutti.
È un momento delicato, la droga non si può sconfiggere soltanto con la legge e le sanzioni, occorrono prevenzione, solidarietà e un più vigile senso di umanità, ma è anche certo che lo Stato deve
dare un segnale. Si può discutere sulle pene – il carcere non serve – ma non si può non affermare
che l’uso della droga, la detenzione anche solo per uso personale, costituisce una colpa. I tossicodipendenti sono in fuga da se stessi e dagli altri: legalizzare la loro dose quotidiana, sperando nel contempo di acchiappare che gliela fornisce, significa a rassegnarsi a perderli. Significa lasciarli adagiare
in una quiete senza speranza e senza rimpianti. Bisogna far presto, prima che una nuova celebrazione indetta dall’Onu ci faccia ricontare con vergogna i nostri morti.
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Aids - 2 luglio 1989 – Ci ha lasciato Mirco B.
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Il Giornale di Vicenza - 8 luglio 1989
Prescritte quantità enormi di farmaci stupefacenti
Undici medici accusati di spaccio di droga
Uno degli imputati prescrisse ad un tossicodipendente 140 confezioni di “Temgesic”da aprile
1985 al marzo 1986. Vertice tra Uls e magistrati per arginare un fenomeno preoccupante
Undici medici, quasi tutti con studio in città, sono sotto inchiesta per spaccio di stupefacenti per
aver rilasciato a tossicodipendenti prescrizioni di sostanze stupefacenti non in regola, cioè non per
uso terapeutico. I medici sono già formalmente imputati dello spaccio e molti di loro, insieme ad
altri sette imputati tossicodipendenti o parenti di tossicodipendenti. (…) L’inchiesta partì nella primavera del 1986. I carabinieri si recarono in numerose farmacie del vicentino, controllando soprattutto quelle della città, per verificare se il “Temgesic” (che i tossicodipendenti assumono perché ha
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effetti simili all’eroina) fosse stato prescritto irregolarmente da alcuni medici. (…) Alcuni professionisti avevano prescritto ai loro pazienti addirittura centinaia di confezioni del farmaco; aveva anche
allarmato in fatto che improvvisamente vi fosse stata un’impennata nelle vendite di Temgesic e Santenol. (…)
Noi genitori del Comitato avevamo più volte denunciato questo “mercato” di farmaci sostitutivi dell’eroina e il fatto che alcuni famigliari si prestavano a farseli prescrivere per agevolare i
figli. Avevamo contattato a questo scopo l’ordine dei farmacisti trovando nei loro rappresentanti comprensione e solidarietà.
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Aids – 17 luglio 1989 – Ci ha lasciato Mirco M.
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Il Giornale di Vicenza - 23 luglio 1989
Dramma di un giovane terrorizzato dalla prospettiva di tornare in carcere
Si spara per la paura del carcere
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Non riporto il testo dell’ articolo di cui ho trascritto il titolo, perché desidero raccontare in
prima persona la tragedia di questo giovane, essendo stata io stessa coinvolta nel dramma. Racconto il fatto come l’ho vissuto, cambiando i nomi per rispetto delle figlie, in una lettera inviata al presidente della Repubblica Cossiga e alle massime autorità nazionali e cittadine e per
conoscenza alla stampa. Il settimanale diocesano l’ha pubblicata il 27 agosto ’89 con il titolo:
Sarebbe bastato poco per salvare una vita
Sabato 22 luglio, Daniele, 30 anni, si spara un colpo di pistola alla tempia e muore nella
nottata. Oltre ai genitori e ai fratelli, lascia moglie e due bambine in tenera età.
Dopo anni di tossicodipendenza e dopo aver conosciuto il carcere, e forse proprio per
questo, Daniele decideva di farla finita con la droga ed entrava in una comunità terapeutica da dove usciva guarito. Conobbe Chiara e la sposò; poi nacque una bambina.
Purtroppo sulla giovane coppia incombeva un debito contratto con la giustizia. Infatti Daniele, processato nell’86, dato il recupero, ottenne indulgenza, ma la sentenza impugnata dal procuratore capo dopo un conflitto di competenze passava al tribunale di Venezia che lo condannava a 32 mesi condonati a 8. Il 9 maggio scorso, mentre si trovava al
lavoro, i carabinieri, senza alcun preavviso lo prelevarono e lo condussero in carcere.
Molto si è scritto in questi giorni e non sempre con discrezione, sulla tragica morte del
giovane, ma non si conosce l’odissea vissuta dalla madre e dalla moglie (in stato avanzato
di gravidanza), costantemente alla ricerca di qualcuno che potesse abbreviare la detenzione al loro caro.
Per non lasciare nulla di intentato, dopo gli indispensabili contatti con l’avvocato, con
il servizio per le tossicodipendenze e la comunità frequentata, si sono rivolte a me perché,
quale presidente del Comitato di solidarietà, potessi adoperarmi seguendo non la via
burocratica, ma quella informale presso personalità autorevoli.
Contattammo il prefetto, che in nostra presenza eseguì delle telefonate; non potendo
parlare direttamente con il vescovo pregai il suo segretario di informarlo urgentemente su
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questo fatto; abbiamo parlato con il sostituto direttore della casa circondariale; il cappellano del carcere, il “Gruppo soccorso giuridico” gestito da volontari, un giudice della città
e uno di Verona sede dell’ufficio di sorveglianza. Tutto questo nel tentativo di smuovere il
vuoto della situazione che non lasciava presagire una conclusione a breve termine.
Infatti l’esperienza insegna che, una volta messasi in moto, la giustizia segue il suo corso!
Il dramma è tanto più doloroso in quanto sarebbe bastato che uomini di legge, a conoscenza della prassi da seguire in questi casi, avessero informato la famiglia che esisteva la possibilità di evitare la reclusione presentando a tempo debito opportuni documenti.
Intanto Daniele, sempre detenuto, non sapeva darsi pace e cominciava dare i segni di
una pericolosa depressione. Già al primo permesso di uscita aveva avuto bisogno dell’intervento del medico per una forte crisi, ma né la dichiarazione scritta comprovante il grave
malessere, né l’approssimarsi della data del parto della moglie valsero ad ottenergli l’affido sociale.
Allo scadere del secondo permesso ottenuto per la nascita della seconda figlia, con un
colpo alla tempia Daniele, ormai ossessionato e incapace di reagire, pose fine alla sua vita,
e mentre la giovane madre tornava a casa con la sua bambina, dalla stessa casa partiva l’ambulanza a sirene spiegate con il marito in fin di vita.
Per un’atroce beffa, il tanto sospirato affido arrivò poche ore dopo!
La burocrazia, è stata più forte di ogni volontà di dare aiuto.
Ora mi domando: è così che lo Stato italiano aiuta i giovani che si sono riscattati dalla
droga?
Prima permette loro la modica quantità che li distrugge nell’anima e nel corpo, poi,
quando faticosamente hanno raggiunto il recupero, li rispedisce in carcere per vecchi reati.
Se fosse stato approvato il disegno di legge Jervolino Vassalli sulla sospensione della pena
detentiva e sull’estinzione del reato, in presenza di un recupero sociale del tossicodipendente, da anni tanto invocato da noi genitori, Daniele avrebbe continuato a vivere e come
lui tante altre vittime di casi simili. E perché assolto in prima istanza, si vide impugnare il
verdetto che in cassazione lo avrebbe condannato? Perché Venezia fu così severa nell’interpretare la legge? Perché si lasciò trascorrere il tempo utile senza presentare domanda di
affido sociale?
E i politici che sembravano ignorare il problema droga per scoprirlo nell’autunno scorso quando i giornali pubblicizzarono una bagarre di opinioni contrastanti, persistono
ancora, dopo un anno, nel far prevalere le ideologie del proprio partito – che logicamente devono essere all’opposto di quelle dei loro antagonisti – non sforzandosi di cercare
costruttivamente un punto d’intesa, dimostrando di non dar peso alle situazioni drammatiche vissute da migliaia di famiglie. Perché invece di contattare sempre tecnici ed esperti
non considerano anche le necessità e le richieste delle associazioni antidroga? E perché
molte famiglie rimangono nell’anonimato a piangere e disperarsi e accettano passivamente come una calamità questa piaga sociale?
In risposta ad una mia lettera l’on. Martinazzoli scrisse tra l’altro: ”Ma c’è in tutto il
popolo italiano la disponibilità che ci vuole per affrontare davvero questo distruttivo feno– 164 –
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meno?” Certamente no! Dico io, da quanto è emerso da 100 interviste a personaggi delle
scienze, delle arti del teatro e persino della Giustizia. Ma in questa lotta per la salvezza dei
nostri figli si devono impegnare le persone “normali”, quelle medesime che silenziosamente e con impegno quotidiano tengono puntellata la baracca Italia.
Gli intellettuali antiproibizionisti avranno le loro recondite ragioni nei riguardi della
droga, ragioni che non onorano certo la dignità dell’uomo e l’etica morale. Cosa vogliono costoro? Un mondo di drogati? Ma perché nella campagna antiproibizionista non
viene detto che il drogato è un peso morto per la società e non potendo per il suo stato
guadagnarsi da vivere dovrà necessitare di una pensione sociale e, per non morire d’inedia
sarà costretto a rubare, rapinare, prostituirsi? E l’Aids, che prima o poi aggredirà il suo fisico debilitato, quanto potrà incidere sul bilancio nazionale se ogni malato in cura costa 6
milioni di lire solo per il farmaco Azt?
State all’erta genitori con figli giovani o giovanissimi, ora piangono circa 500 mila
famiglie; domani ne potranno piangere molte e molte di più. E stiano attenti quei giovani non più drogati che ancora hanno debiti con la giustizia. Salta agli occhi più che mai
che la legge non è uguale per tutti. Si sa che basta avere dei buoni avvocati per imbavagliare la giustizia! Al funerale di Daniele ho visto alcuni suoi compagni di comunità addolorati e sbigottiti, e mi domando: per quei pochi fortunati che si salvano dalla droga,
quanti altri sono destinati a morire di overdose di Aids, di burocrazia?
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Il 9 agosto ricevo dal sindaco Corazzin una lettera in riferimento al suicidio di Daniele; tra
l’altro scrive:”Ancora una volta, attraverso una disgrazia, il problema “droga” pone serie riflessioni con la conclusione che esso va affrontato a mezzo di articolate, serie, approfondite, coordinate, concrete iniziative che impegnino veramente tutti e nelle quali la priorità va configurata nella salvaguardia del portatore di bisogno in ogni suo aspetto”. Dopo cortesi apprezzamenti assicura la sua disponibilità.
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Il Giornale di Vicenza - 25 luglio 1989
Il giro di affari del narcotraffico: 40.000.000.000.000
Tanti miliardi ha bruciato soltanto nel 1988 il “business” criminale della droga
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L’Espresso - 30 luglio 1989
Antiproibizionismo. Droga legale – Cento buone ragioni
Di Carlo Gallucci - Abbiamo chiesto a cento personaggi della politica, della cultura, dell’arte, dello
spettacolo, delle scienze, di spiegarci i motivi per i quali si può essere a favore di una legalizzazione
della droga. Ecco le risposte.
Edoardo Amaldi, fisico: “ La legalizzazione è l’unico modo per interrompere il narcotraffico internazionale”. –– Dario Argento, regista: “Quella per la legalizzazione degli stupefacenti è una campagna giustissima. Personalmente ho preso parte alla costituzione della Lega internazionale antiproibizionista e
ho anche votato la lista degli antiproibizionisti alle europee
Dario Bellezza, poeta: ”Sono antiproibizionista. Questa è l’unica strada che può cambiare il rapporto
tra consumatore di droga e venditore, togliendo alle organizzazioni mafiose il monopolio sugli stupefacenti”.
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Marco Bellocchio, regista cinematografico: “La legalizzazione ha un senso anche solo come protesta contro l’ipocrisia attuale, contro il metodo di reprimere tutto ciò che si vuol nascondere. Inoltre, dal punto
di vista teorico i vantaggi sono evidenti. Ma questo per me, rimane un aspetto secondario: ciò che mi
interessa veramente sono le cause, il perché tanti ragazzi fanno questa scelta autodistruttiva. Soprattutto su questo vorrei che si intervenisse”.
Roberto D’Agostino, giornalista: “Dato il carattere degli italiani non credo che il proibizionismo sia la
strada giusta. Farei piuttosto una legge a tempo determinato. Sperimentiamo la “Saub-ero” per anno
e poi si vedrà. È come per l’atomica: dobbiamo fare una specie di test nucleare. Poi chiamare un comitato di esperti a verificare i risultati”.
Fabrizio De André, cantautore: “Non ho notizia di giovani mescaleros morti di overdose da mescal.
Lo stesso discorso vale per i ragazzi peruviani e la cocaina. Sono favorevole alla liberalizzazione delle
droghe, con la speranza che nel frattempo i meccanismi dello Stato permettano ai nostri genitori di
occuparsi maggiormente dei figli. Più che lo Stato, devono essere le famiglie a occuparsi di questo
problema”.
Benito Jacovitti, disegnatore: ”Guardando all’esempio olandese, ritengo che con la legalizzazione si possano ottenere risultati maggiori di quelli finora ottenuti nella lotta contro la droga. Ai giovani tossicodipendenti bisogna pur dare la possibilità di drogarsi, se credono di doverlo fare, senza per questo
costringerli a fare agli altri più male di quello che già fanno a se stessi” .
Enzo Jannacci, medico e cantautore: “La maggior parte dei tossici vorrebbe uscire dalla droga, perché
stanno male come cani. Se per la dose si rivolgessero a un farmacista, invece che a uno spacciatore che
ha tutto l’interesse di mantenerli nel giro, questo potrebbe anche aiutarli. Perciò penso che sia giusto
legalizzare la vendita degli stupefacenti. Ci vorrà gente specializzata e nuove strutture: ma di sicuro ai
tossici si farà un gran bene”.
Ida Magli, antropologa: “A parte ogni legittima considerazione sulla libertà personale del cittadino. Mi
sembra che la legalizzazione delle sostanze stupefacenti sia l’unico modo valido per interrompere lo sviluppo del mercato criminale. Potremo sempre cercare di indurre i giovani a una maggiore responsabilità attraverso il dialogo e l’informazione: i “freni etici” si possono solo, per così dire, sovrapporre, non
imporre per legge”.
Milo Manara, disegnatore di fumetti: “La devastazione morale, causata dagli infimi compromessi – i
furti, la prostituzione – a cui i ragazzini e le ragazzine devono sottostare per procurarsela è certamente
più grave delle conseguenze della droga in sé. Per questo sono favorevole a legalizzarne la vendita”.
Luigi Manconi, sociologo: “preferisco pensare che l’eroina stia nei cassetti delle farmacie piuttosto che
dietro un cespuglio. Dentro un portone, nelle tasche degli spacciatori in piazza”.
Giacomo Marramao, filosofo: “ Nessuno mi potrà negare che l’alcool è una droga che dà assuefazione
e che in Europa provoca più morti dell’eroina. Dunque, basta con questo moralismo. Sono favorevole a forme di legalizzazione rigorosamente controllata. La distribuzione della droga da parte delle
struttura sanitarie, per come l’intendo io, dovrebbe avere la forma di un graduale recupero del tossicodipendente”.
Alberto Moravia, scrittore. “ Sono favorevole alla legalizzazione. L’Italia, però, non può agire da sola: la
scelta antiproibizionista andrebbe fatta anche dagli Stati Uniti”.
Cochi Ponzoni, attore: “ Il proibizionismo crea inevitabilmente il mercato nero. Nel caso della droga, i
guadagni ed i capitali che ne derivano creano una ricchezza enorme, che viene riciclata per la maggior
parte della produzione della droga stessa. Distruggendo il mercato nero, si assisterebbe successivamente alla sparizione di tanti spacciatori e produttori che non avrebbero più la attuali motivazioni”.
Gianna Schelotto, psicoterapeuta e senatrice comunista: “Sono contro tutti i divieti che entrano nella
sfera delle libertà individuali. Quindi sono anche favorevole alla legalizzazione delle droghe. In questo momento, però, mi sembra che sia più urgente batterci per non mandare in galera i tossicodipendenti”.
Michele Serra, polemista: “Oggi l’eroina è di fatto libera, si può comprare in qualsiasi giardino. Costa
solo dieci volte di più che se fosse legale. Per cui, anche se in un campo così delicato non esistono cer– 167 –
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tezze, ma solo opinioni, penso che sia giusto eliminare il proibizionismo. L’attuale ordinamento repressivo è infatti il più grande alleato della mafia, e di conseguenza rappresenta il più grande problema italiano. Mi rendo conto che l’eroina in farmacia continuerà a fare dei morti, ma non credo di più di
quanto non ne faccia adesso”.
Sara Simeoni, campionessa olimpica di salto in alto: “Concordo con le tesi antiproibizioniste: ritengo sia
meglio dare il controllo delle droghe allo Stato che lasciarlo nelle mani di trafficanti clandestini”.
Ho riportato solo alcuni nomi eccellenti.
Mi rendo conto che ognuno, secondo la propria cultura e le proprie esperienze, sia libero di
avere opinioni personali, ma quando queste investono altre persone, prima di esprimerle pubblicamente, dovrebbero essere valutate nella complessità dei problemi.
Le persone intervistate sembrano essere favorevoli alla legalizzazione soprattutto per togliere alla mafia lo spaccio lucroso degli stupefacenti. Questa è per me una motivazione alquanto
semplicistica; la mafia troverebbe sempre il modo di essere presente. Invocano anche il diritto
di libertà individuale; ma se questa libertà non può essere tolta ad un adulto responsabile, nei
giovani e soprattutto nei minorenni, non ancora psicologicamente maturi, può, come è stato
evidenziato dai fatti, rivelarsi tragica. Sarebbe perciò utile, in tema di libertà individuale,
saper distinguere tra minorenni e maggiorenni. Chi metterebbe in mano una pistola a un dodicenne? Quale genitore gli metterebbe in mano uno spinello?
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“Famiglia Cristiana” risponde con 100 no agli antiproibizionisti citati da “L’Espresso”
È in corso una campagna “antiproibizionista”. In nome di un assurdo liberalismo,
migliaia di tossicodipendenti verrebbero abbandonati al loro destino
100 No alla droga libera
San Patrignano risponde all’attacco degli antiproibizionisti. È un no categorico quanto sofferto a chi
propone la droga libera in farmacia, in nome di un assurdo liberalismo che può suonare come una
condanna a morte per migliaia di ragazzi. Sono loro a rispondere, quegli stessi giovani che, arrivati
al limite dell’autodistruzione, hanno teso una mano ed hanno trovato aiuto. Un tempo erano tossici schiavi dell’eroina, oggi sono medici, avvocati, studenti, casalinghe, giornalisti, artigiani, padroni
di sé stessi e della loro vita. È stata la comunità a salvarli, un taglio netto con la droga e con tutta
la sua pseudocultura alle spalle. Per questo si sentono in diritto di ribattere a una campagna di stampa che va facendosi sempre più prepotente e insidiosa. Una campagna di stampa che mette in discussione quelle stesse strutture, affidate per la quasi totalità al volontariato, che li hanno resi di nuovo
persone civili e responsabili. Come loro la pensa Vincenzo Muccioli, che di San Patrignano è il fondatore:”E’ molto più facile abbandonarsi alla sottocultura che vivere con senso di responsabilità sulla
base di valori veri. La cultura dei disvalori abbandona l’uomo ai suoi istinti con grave danno per
l’uomo stesso, l’ambiente, la società. Purtroppo certi gruppi politici si fanno promotori di questa
filosofia anarcoide, la sfruttano per crearsi un’immagine. Penso agli ambientalisti: non so fino a che
punto abbiano la maturità sufficiente per difendere l’uomo, visto che difendono con calore l’antiproibizionismo. Rispettare l’albero e non le persone mi sembra indegno di una società civile. Si etichetta come criminalizzante la legge Jervolino Vassalli e si dimentica che il diritto fondamentale di
ogni cittadino è il diritto alla vita. Dobbiamo dare ad ognuno il diritto di diventare una persona libera e responsabile. Ora lasciamo parlare chi ce l’ha fatta, sono loro che possono gridare con maggior
forza che dalla droga si può e si deve uscire. Ci si aiuta, non distribuendola a chi non è più in grado
di fermarsi da solo”.
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1989
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1989
Chi ne è uscito non ha più dubbi: “È una follia”
Massimo Petocchi, laureando in architettura: “Possiamo anche discutere di legalizzare le droghe, ma
senza ipocrisie: prima si deva ammettere chiaramente l’indifferenza al destino di centinaia di migliaia
di giovani che, altrimenti, potrebbero essere aiutati”.
Roberto Assirelli, assessore comunale: “Mi sembra una follia. Credo che qualsiasi forma di tolleranza
sia una difficoltà in più per uscirne. Figuriamoci la roba in farmacia”.
Antonella Fazio, giornalista: “Per aiutare la gente a tirarsi fuori bisogna impegnarsi sul serio, sudare,
volerlo davvero. Fino in fondo. Altro che intellettuali e droghe legali”.
Gastone Castellani, assistente universitario: “Droga legale? Quando mi bucavo non avrei chiesto di
meglio”.
Donato Sartini, artigiano: ”Adesso sono un ecologista, anche nella mente. Droga? No, grazie”.
Antonio Boschini, medico chirurgo: “Ho letto sul giornale di un ragazzo che si è ucciso perché dopo
anni che non si bucava è stato rimandato in galera. Ha lasciato la moglie con due figlie piccole. Sono
questi i problemi, altro che la droga si Stato”. [ si riferiva alla storia di Daniele]
Domenico Ferlini, medico chirurgo: “Non capisco cosa significhi “droga legale”. Anche ai minorenni?
Qualunque sostanza? In qualsiasi quantità venga richiesta? A ogni orario? dovunque? Qualsiasi limitazione sarebbe spazio per il mercato nero che non verrebbe eliminato”.
Luigi Delle Rose, avvocato: “Dicono che sia l’offerta clandestina di droga, la trasgressione, a determinare la domanda. Cavolate. La roba è buona. Non ha bisogno né di pubblicità né di marketing.
Basta la curiosità”.
Massimo Ferri, medico chirurgo: “Io ne sono uscito. Non mi sento né migliore né peggiore di chi
ancora non ce l’ha fatta. Ho trovato aiuto. Se avessi avuto droga libera o legale avrei continuato a
drogarmi”.
Massimo Tonini, geometra comunale: “Un antiproibizionista diceva che il 30% dei tossici “guarisce”
spontaneamente. Io non ne conosco nessuno che abbia smesso da solo”.
Lorella Pompili, avvocato: “I giornali parlano di droga libera o di morti per droga. Come se non ci
fosse nulla da fare. Credo che queste interviste le potrà pubblicare soltanto un giornale serio, ispirato alla difesa dei principi morali”.
Antonio Abrignani, laureando in sociologia: “Non capisco, quando mi facevo dicevano che dovevo
smettere, adesso che sto bene dicono che ci si può drogare. Togliete chi fa confusione e lasciate che
la guida dello Stato sia lasciata a quei politici che, realmente impegnati in un servizio, hanno come
punto di riferimento i principi morali e di solidarietà nel difendere la vita”.
Carla La Menza, maestra d’arte: “ Perché distribuire eroina se si può aiutare la gente a smettere? E
perché smettere se ci si può drogare?”.
Mezza” c.i. 83098647, carrozziere: “Droga in farmacia? Solo morte in vendita”.
Sabrina Bracci, maestra d’asilo: “Lo Stato che ha lasciato i tossici in balia della droga e che ha distribuito morfina, metadone ambulatoriale, lo Stato che ha processato Muccioli adesso dovrebbe sostituirsi agli spacciatori. La lotta alla droga è perduta? E chi l’ha combattuta? Raccontatela a qualcun
altro, non a me”.
Paolo Maestrelli, cameraman: “Ho letto sull’Espresso “Cento buone ragioni per la droga legale”. Per
chi conosce davvero il problema, magari per chi l’ha vissuto, non ce n’è una valida”.
Luigi Bertacco, operatore Rai: “Spendiamo miliardi e miliardi in metadone, psicofarmaci, carceri,
spese giudiziarie, stipendi di operatori sprovveduti, burocrazia. Se le stesse risorse fossero impiegate
per creare strutture reali ed efficaci, di droga legale non si parlerebbe di certo”.
Marco Masi, laureato in giurisprudenza: “Sconfiggere gli spacciatori? Significa aiutare i tossici a non
aver più bisogno di loro, non sostituirli”.
Francesco di Trani, commerciante: “Dal mio punto di vista il discorso antiproibizionista è chiaro: “chi
se ne frega dei tossici? Facciano il cavolo che vogliono, basta che non rompano le scatole”.
Nicola Salerno, sceneggiatore: “A chi vuole ridurre il problema della droga ad una questione di valore
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1989
aggiunto, vorrei ricordare che non è solo una questione di bilanci da quadrare”.
Antonio Schiavon, segretario di direzione: “Sono sorpreso di notare quanto la stampa e i mass media
appoggino le iniziative antiproibizioniste, la libertà di stampa e di opinione sono diritti inviolabili
dell’uomo, ma non si può né si deve boicottare una legge unicamente perché ci si ostina a volerla
male interpretare. Informate correttamente i cittadini e vedrete che idee libertarie saranno respinte”.
Famiglia Cristiana nel suo numero 33, non ha lasciato passare le interviste fatte a una variegata fascia di 100 personaggi pubblici sulla legalizzazione delle droghe, ad opera del settimanale L’Espresso, senza controbattere con altre interviste, rivolte però a chi la droga l’ha vissuta
direttamente: 100 giovani, che con l’aiuto della comunità di Muccioli e un forte impegno personale si sono liberati dalla schiavitù della droga, riprendendo in mano la propria vita, memori delle sofferenze e del degrado in cui erano caduti.
Nell’introduzione delle varie interviste ai ragazzi di San Patrignano, Famiglia Cristiana
pubblica un mio intervento illustrativo del fascicolo “Droga e famiglia – Guida informativa
alla prevenzione”.
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Il Giornale di Vicenza - 10 agosto 1989
Si era recato ad Amsterdam in compagnia di alcuni amici per un periodo di vacanza
Muore in Olanda giovane vicentino
Secondo l’Interpol è stata un’overdose
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Il Giornale di Vicenza - 14 agosto 1989
Gli amici avrebbero confessato di avergli passato una dose di eroina
Una morte sempre meno misteriosa
33 anni – E’ stato stroncato da un’overdose?
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Aids - 20 agosto 1989 - Ci ha lasciato Maurizio
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Il Giornale di Vicenza - 29 agosto 1989
Parte nel Veneto una ricerca sulle cause dell’abbandono volontario della vita:
Ben più di 3.800 casi l’anno
È stata un’estate segnata da suicidi, in preoccupante aumento
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Aids - 4 settembre 1989 - Ci ha lasciato Danilo
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Il Giornale - 9 settembre 1989
In 8 mesi 599 morti (contro 511 dell’anno scorso) – Giovedì la legge in Senato
L’overdose ne uccide sempre più
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Chi fa uso di eroina non deve incorrere in sanzioni penali
Libero consumo di droga Zurigo approva la proposta
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Il cartello di Medellin cerca nuovi mercati e apre filiali a Londra e in Spagna
I boss della coca puntano in alto
“Invaderemo d’eroina l’Europa”
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Il Giornale di Vicenza - 20 settembre 1989
La Dc: prioritario il recupero
Legge antidroga, i 700 emendamenti irritano il Psi
(…) I radicali e i “verdi arcobaleno” hanno informato di avere presentato oltre 300 emendamenti
soltanto per quanto riguarda i primi 10 articoli del disegno di legge. Per ora altri 100 emendamenti sono stati predisposti dagli altri gruppi dell’opposizione e da quelli della maggioranza. Già si è a
conoscenza di 3 emendamenti della Dc, 7 del Psi; 20–25 (di natura tecnica) del governo; 21 del Msi;
20 del Pri, 10 della sinistra indipendente; 5 del Pli, mentre 50 sono quelli presentati dal Pc (…)
Non trascrivo il contenuto dell’articolo, basta leggere queste poche righe per capire la situazione!
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Il Medico d’Italia - settembre 1989
Aumentati del 92 per cento i casi di Aids segnalati all’OMS
Gli incrementi più significativi si sono registrati in Francia 2.781 casi in più,
Italia 2.422, Spagna 1.655, Repubblica Federale Tedesca 1.591, mentre è la Svizzere
a registrare il più elevato tasso di incidenza cumulativa per milione di abitanti.
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“L’eroina è peggio dell’Aids”
Lo dice lo scopritore del virus
Roma - La diffusione della droga nel mondo è un problema di sanità pubblica di gran lunga più
importante di quello dell’Aids. Dopo che la recente conferma che l’”Azt” è l’unico farmaco di elezione contro l’Aids, siamo costretti a rivedere tutte le nostre previsioni sul rischio di propaganda della
sindrome da immunodeficienza acquisita.
Queste le dichiarazioni del prof. Roberto Gallo, lo scienziato scopritore con Montaigner del virus
Hiv nel corso di una conferenza stampa all’istituto superiore di sanità, a conclusione di un incontro
sulla biologia delle cellule T4 promosso dalla Fondazione internazionale Menarini.
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Il Giornale - 21 settembre 1989
Il Psi sprona gli alleati per battere i cavilli ostruzionistici di comunisti e radicali
“Droga, no agli emendamenti-beffa”
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Vicenza 27 settembre 1989 - Lettera del sindaco Corazzin. Dopo cortesi apprezzamenti scrive: ”Evidenziandole che ho già attivato nel campo dell’Aids tutta una serie di interventi per
un segno di doverosa presenza: per la sensibilizzazione e la mobilitazione dell’opinione pubblica onde far prendere coscienza del grave problema; presso la Regione in appoggio al progetto
approntato dall’Ulss, a lei noto, perché esso venga benevolmente e urgentemente esaminato; in
sede Ministeriale presso gli enti preposti, che in linea di massima sono disponibili e d’accordo,
per la realizzazione del centro di accoglienza, mi ritengo a completa disposizione a sostegno di
altre iniziative, sotto qualsiasi profilo, che si ritenessero di incentivare”.(…)
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Il Giornale - 1 ottobre 1989
Mentre il disegno di legge al Senato resta sempre in lista d’attesa
Forlani: droga, un flagello da sradicare
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Il Giornale - 7 ottobre 1989
A sorpresa i senatori della DC fanno “addolcire” la legge antidroga
Non più di 30 anni di pena a chi vende “morte bianca”
L’abolizione dell’ergastolo manda su tutte la furie socialisti, repubblicani e MSI
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Il Giornale di Vicenza - 14 ottobre 1989
Il recupero dei tossicodipendenti alla base della legge anti-droga
Duro colpo inferto dalla polizia italiana ai trafficanti colombiani
(…) Firenze – Emissari dei narcotrafficanti di Medellin avevano creato una fitta rete di “agenti” in
Italia e in altri Paesi d’Europa per spacciare cocaina. (…) A conclusione dell’inchiesta sono state arrestate una trentina di persone tra Firenze e Roma, tutti cittadini sudamericani inviati dal cartello di
Medillin. Le indagini hanno interessato anche Francia, Belgio, oltre a Spagna e Italia. (…)
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Lettera inviata al direttore del Giornale di Vicenza il 23 ottobre 1989
Egregio Direttore,
in merito della programmata manifestazione della Polizia di Stato prevista per il giorno 24
pv. come Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di Vicenza, desideriamo esprimere alcune osservazioni, unitamente alla nostra solidarietà a questa istituzione,
ritenendo importante il ruolo che ricopre all’interno del problema del disagio giovanile.
A questo proposito, ci preme puntualizzare alcuni aspetti che, in vista della nuova legge
di riforma sulla tossicodipendenza, riteniamo indispensabile introdurre nel dibattito pubblico. Oltre che rendere illecito l’uso personale di droga (modica quantità), la nuova legge
dovrebbe anche modulare una serie di interventi preventivi e repressivi collegati e mirati
tra loro, sfatando l’errata convinzione tutt’ora esistente per cui, chi fa prevenzione non
può fare repressione e viceversa.
Vogliamo sperare che la nuova legge sarà portatrice di una nuova metodologia di intervento, tutta da inventare, di una cultura da adattare a una situazione disastrosa e di emergenza; sappiamo anche che ogni intervento in tali situazioni si rivela denso di emotività e
di incertezze.
Per scendere nel concreto, immaginiamo che un giovane manifesti i primi sintomi di
disagio e insofferenza; in questo caso, sarebbe necessario che le varie istituzioni: scuola,
consultori, servizi sociali di base, parrocchia ecc. si attivassero per un serio ed efficace
sostegno rivolto anche alla famiglia, spesso impreparata. Tutto questo però potrebbe non
bastare, ma evidenziare la necessità di una forza “persuasiva” ed influente, che la Polizia e
la Vigilanza Urbana potrebbero dare con un intervento di supporto. Cioè, quando il soggetto venisse a trovarsi al di fuori di un comportamento legale che necessita di metodi
severi, questi metodi non siano dati solo dalla reclusione carceraria.
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1989
In sostanza, la Polizia e la Vigilanza Urbana decentrata dovrebbero attuare nel territorio una rete di presenza e di collaborazione con le forze sociali e le famiglie. Infatti, sono
proprio queste che dovrebbero essere maggiormente sostenute presso i figli nella loro
opera educativa, e non ritenute invece le maggiori responsabili della devianza degli stessi.
Oggi più che mai, l’influsso e l’ascendenza che la famiglia trasmette ai figli è di gran
lunga inferiore a quella dell’ambiente esterno; le amicizie, il tempo libero, i messaggi consumistici, i vari idoli del benessere e dell’arrivismo ad ogni costo s’impongono come
modello di vita influendo negativamente su personalità ancora immature.
Polizia e Vigili Urbani devono perciò assumere un ruolo nuovo nella determinazione
della convivenza civica, e noi, come Comitato siamo disponibili ad operare nel limite delle
nostre forze per la formazione di un’opinione pubblica in merito.
Per il Comitato, Olga Dalla Valle
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Riporto alcuni brani di un articolo di Gaspare Barbiellini Amidei uscito su:
“Oggi” - 1 novembre ‘89
I nostri ragazzi. Basta chiacchiere sulla droga.
La punizione è il rimedio più utile
Gaspare Barbiellini Amidei - È male usare la droga? Sì, è male. Allora questo lungo differito suicidio
deve essere proibito. Ne nasce una legge proibizionista? Sì, ne nasce una legge proibizionista, e che
venga con rapidità dopo troppe attese.
Va repressa la sciagurata abitudine di lasciarsi andare, a farsi prendere nella spirale della emulazione
all’ingiù? Sì, va repressa. E la nuova legge non può che essere repressiva. In Italia si ha una paradossale paura del vocabolario, talvolta le decisioni si prendono, ma si evitano le parole che le definiscono. (…)
È opportuno uscire dalla fase della chiacchiera per arrivare al cuore della questione: fermare questa
malattia sociale. Essa colpisce i giovani e le loro famiglie. Il materiale per il contagio è diffuso da una
forte malavita internazionale, che con i profitti costituisce imperi miliardari. Contro il traffico ci
vogliono pene severissime e mezzi massicci. La legge al varo in Parlamento definisce le pene, sui
mezzi è povera. In ogni caso anche la più potente operazione di polizia contro il narcotraffico sarebbe insufficiente se non si fa cadere la domanda di droga.
Dibattiti o non dibattiti, la maggioranza degli italiani è convinta che la proibizione, legalmente
rafforzata, sia condizione obbligatoria, anche se non sufficiente, per scoraggiare il consumo di droga.
Altri la pensano in modo diverso, si sono organizzati anche politicamente, si stanno dando i primi
rappresentanti antiproibizionisti nelle elezioni, ieri europee e oggi comunali. La loro opinione non
mi convince. (…) .Ma proibire, se pur non basta, quasi sempre aiuta. (…)
Sarà bene che nessuno scherzi più con lo spinello come fosse un gelato, sulle strofe delle canzonette. (…) La novità più grossa è proprio nell’abolizione dell’articolo 80 della legge del 1975, che prevedeva la non punibilità per chi avesse detenuto una modica quantità di droga per uso personale.
Grammo o chilo, ci saranno sanzioni per tutti. (…)
Dieci anni fa si sarebbe potuto essere molto meno duri se si fosse stati più previdenti, più generosi,
se non si fossero lasciate sole la famiglie dei tossicodipendenti e si fossero invece isolati nel disprezzo dei cattivi maestri. Ora la società deve alzare la voce per fare intendere che drogarsi è male, è un
delitto contro se stessi e contro la propria famiglia.
Ed è un mostro giuridico l’idea che un delitto contro se stessi e contro la propria famiglia possa essere considerato lecito dalla legge. Nessun ordinamento giuridico prevede delitti ”in modica quantità”,
trattati come non delitti.
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1989
La nuova legge, imperfetta e non priva di oscurità, avara fino all’inverosimile nei mezzi, corre sulla
difficile frontiera fra severità e amore, fra pena e soccorso.
✧
La Voce dei Berici - 5 novembre 1989
Aids – L’ex complesso psichiatrico ospiterà la struttura d’accoglienza
A Laghetto la casa della speranza
Incontro tra rappresentanti di enti amministrativi e sanitari con il Vescovo
È stato un incontro fra autorevoli esponenti delle varie istituzioni amministrative e sanitarie quello
di mercoledì 25 ottobre scorso al S. Bortolo di Vicenza per la presentazione ufficiale del progetto di
adeguamento del padiglione C del “Complesso di Laghetto” che verrà utilizzato come casa di accoglienza per i malati di Aids.
C’erano il presidente dell’Ulssd n. 8 De Boni, l’assessore regionale alla sanità Bogoni, il vescovo
Nonis, il sindaco Corazin, il prefetto Porena e il presidente della provincia Calearo, Olga Dalla Valle
in rappresentanza del volontariato.
Tutti compatti nel dare l’avvio a questo lodevole progetto che intende offrire le condizioni per una
vita più umana o per lo meno “più vivibile” ai malati di Aids. (…) Le cifre che parlano di Aids sono
crude: nella nostra provincia si contano 62 casi nel 1988 rispetto ai 102 enumerati nel resto della
regione, mentre 21 nuovi casi sono stati diagnosticati nel primi semestre del 1989. (…)
Secondo il titolo dell’articolo sembra che finalmente, prenda l’avvio una struttura assistenziale per i malati di Aids senza sostegni famigliari, ma ci vorrà ancora qualche anno di polemiche, di ricerche e di insistenze, prima di raggiungere il sospirato traguardo.
Contemporaneamente si studiava anche un luogo da adibire come centro di pronta accoglienza per quei tossicodipendenti che decidevano un recupero, sollevando loro e le famiglie da
uno stressante iter di lunghe attese intervallate da qualche ora di colloqui diramati nel tempo.
Tornando al problema Aids, dirò che molte e variegate erano le necessità impellenti che questa sindrome aveva portato con se, trovandoci impreparati al massimo. I mass media usavano
un linguaggio allarmistico con proiezioni future catastrofiche: grossi titoli nei giornali, conferenze televisive e un parlarne come la “peste del duemila” o ”castigo mandato da Dio”, tutto
questo poneva i colpiti in una situazione sempre più emarginante. Venivano descritti sintomi
rivelatori, la paura serpeggiava e ci furono dei suicidi a causa di interpretazioni personali.
Ancora nell’85, in rappresentanza del Comitato, preoccupata dal fatto che i tossicodipendenti della nostra provincia risultarono sieropositivi nella quasi totalità, iniziai dei contatti
con il reparto del malattie infettive per conoscere, capire e reagire concretamente nell’affrontare con coerenza la situazione che s’era venuta a creare .
Mi resi subito conto della precarietà del reparto: il personale sanitario era insufficiente nel
seguire l’affluenza delle richieste di esami clinici, non c’erano locali adeguati per i primi
ammalati; furono utilizzate due camere con quattro letti ciascuna e un solo servizio igienico
(questo per otto portatori di patologie infettive diverse). Persino la microbiologia non era attrezzata nello svolgere in sicurezza i rituali screening. Nemmeno la collaborazione con gli altri
reparti era facile; dell’Aids si conosceva soprattutto la pericolosità del contagio.
Devo dire però che la professionalità dei medici e degli infermieri era portata al massimo
sia come efficienza che umanità.
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1989
È stato quello, per me, e credo anche per il reparto, un periodo che io ricordo di grande
impegno a tutti i livelli, sia umanitari che politici. Ognuno cercava di dare il meglio di sé. Ci
sentivamo come pionieri che sperimentavano nuove esperienze, tutte drammatiche, con una
realtà avvolta nella nebbia più fitta; si era muti e inerti testimoni di una moria, in breve
tempo, di tante giovani vite.
A nome del Comitato sono stati contattati i responsabili comunali, provinciali, regionali e
del governo; un nome tra i tanti, il più conosciuto, quello di Mariano Rumor, nostro concittadino. Devo dire che, se nella lotta alla droga la situazione rimaneva vergognosamente stagnante e maleodorante, nel campo dell’assistenza ai malati di Aids i risultati ci furono; non purtroppo a livello farmacologico, come del resto in ogni altra parte del mondo.
Ad affiancare i medici furono posti dei borsisti neolaureati specializzati in malattie infettive che prestavano gratuitamente la loro opera.
Successivamente, con l’aumentare dei malati si dovette ampliare il reparto trasferendo dal
pianoterra al primo piano la specificità dell’Aids.
Seguendo un decreto legge riguardante le malattie infettive (se non erro risalente all’epoca
napoleonica, poi in uso al tempo del fascismo e ripristinato con l’Aids), quando c’erano dei
decessi le salme venivano avvolte in un lenzuolo -“sudario”- imbevuto di uno specifico disinfettante (da noi si usava la candeggina forse per il suo basso costo) e portate nelle celle mortuarie le cui porte venivano chiuse con una grossa catena; cosa inusuale e mai vista per altri malati. In questo modo era chiaro a tutti i visitatori la causa della morte.
Fatto questo, passivamente accettato anche da quelle famiglie che desideravano la riservatezza. Alle rimostranze del Comitato, questa catena fu presto tolta; per togliere il lenzuolo però,
furono necessari anni di lettere al ministero della Sanità; quella è stata un’altra mia battaglia personale di cui riferirò cronologicamente.
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Il Giornale - 5 novembre 1989
Don Gelmini e Muccioli alle 8 a Palazzo Chigi:
Andreotti vuol farli sentire dai ministri. Poi via dal Papa
“Drogarsi è illecito”, corteo a sostegno della legge Psi – Dc
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Il Giornale di Vicenza - 6 novembre 1989
Conclusione in piazza San Pietro all’Angelus di Giovanni Paolo II
Ventimila a Roma al corteo antidroga
Il Papa auspica una risposta decisa individuando gli interessi di chi specula sulla sofferenza
Roma – (…) L’iniziativa organizzata dal Movimento unitario volontari per la lotta alla droga di
cui sono presidenti don Gelmini e Muccioli è stata l’occasione per ribadire il “diritto alla vita” e per
chiedere la rapida approvazione della legge Jervolino –Vassalli. (…) Migliaia di giovani ex tossicodipendenti o ospiti delle comunità terapeutiche, centinaia di genitori, cooperative di assistenza, associazioni del volontariato.
Alla marcia fino a San Pietro hanno partecipato il ministro per gli Affari Sociali Rosa Russo Jervolino, il sottosegretario alla Sanità Maria Pia Garavaglia, il segretario della Uil Giorgio Benvenuto, Giulio Santarelli di quella socialista, Raffaele Costa per i liberali, Maurizio Gasparri del Msi – Dn.
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Lungo il percorso, per un breve tratto l’alto commissario per la lotta alla mafia Domenico Sica.
In piazza San Pietro, alla testa del corteo, si è aggiunto anche il cardinale canadese Edouard Gagnon
presidente del pontificio consiglio per la famiglia; e poco prima del discorso del papa è arrivato anche
il segretario della Dc Arnaldo Forlani.
Ancor prima che la manifestazione cominciasse, Muccioli e don Gelmini, accompagnati dal ministro Jervolino, sono stati ricevuti a palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti al
quale hanno chiesto che nell’approvare il disegno di legge sulla droga, si tenga conto in particolare
delle norme relative alla riabilitazione. I due presidenti del Muvlad, che riunisce 104 realtà impegnate contro la droga, hanno proposto una “vacatio legis” per un periodo da stabilirsi “al fine di consentire la progettazione e la realizzazione di programmi antidroga”. Si tratterebbe, in sostanza, di
creare centri di assistenza, comunità, ospedali, programmi di informazione nelle scuole.
I manifestanti si sono poi dati appuntamento in piazza del popolo, dove su un grande palco hanno
parlato i promotori e gli esponenti dei partiti.
La manifestazione si è svolta senza grossi problemi. Sotto il palco, gli agenti sono intervenuti per calmare il padre di una giovane morta per droga, che contestava apertamente gli interventi degli uomini politici.
Lungo il percorso, un gruppetto di antiproibizionisti ha criticato lo spirito dell’iniziativa mostrando
i cartelli in cui si sosteneva che “proibire è peggio”. Sono stati allontanati e lasciati andare dopo l’identificazione.
Accanto alle personalità che hanno aderito alla manifestazione, c’era anche il professor Ferdinando
Aiuti, l’immunologo che da anni è impegnato contro l’Aids. “Anche se la legge non è perfetta sono
per l’approvazione”, ha detto ricordando che l’Italia è al primo posto per sieropositività e al secondo in Europa per il numero dei malati di Aids. (…)
Rivolgendosi ai partecipanti, il Papa ha espresso apprezzamento per l’impegno, teso non solo al recupero di tante vite, ma anche a diffondere una cultura di speranza contro la morte. “La partecipazione sempre più larga ed efficace del volontariato, che si affianca in questa battaglia alle istituzioni –
ha detto ancora – conferma che il fenomeno della droga è avvertito come problema gravissimo, per
la cui soluzione è necessaria la collaborazione di tutti. È questa – ha concluso – una delle grandi sfide
a cui il genere umano è chiamato oggi a rispondere. Dare un senso alla vita dell’uomo, in particolare dei giovani; ritrovare i valori della famiglia, della comunità, del vivere insieme; favorire in questa
nazione lo sviluppo, la giustizia sociale e la pace. Ecco le vie sulle quali occorre impegnarsi con
urgenza”.
Alla manifestazione di Roma hanno partecipato cinquantasei volontari della nostra provincia
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Il Giornale di Vicenza - 7 novembre 1989
Con 152 voti a favore, 87 contrari e 5 astenuti il provvedimento
passa alla Camera dei deputati
Il Senato ha deciso: drogarsi è un reato
Roma – (…) Il provvedimento, che passa ora alla Camera dei deputati, è stato approvato dai gruppi della maggioranza, anche se non sono mancati dei mugugni al loro interno. Si sono associati i
missini. Decisamente contro si sono invece schierati comunisti, indipendenti di sinistra, radicali e
“verdi”. Le opposizioni, comunque, hanno preannunciato che la “battaglia”proseguirà nell’altro
ramo del Parlamento. (…) La nuova legge varata dal Senato prevede, tra l’altro, che chi viene trovato con una dose superiore a quella giornaliera di sostanze stupefacenti, prima ricorre in sanzioni
amministrative (ritiro della patente, del passaporto, del porto d’armi e divieto di allontanarsi dal
comune di residenza), poi in misure penali più severe. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 17 novembre 1989
Domani manifestazioni in piazza dei Signori
Droga. Le associazioni d’ispirazione cattolica
contro il disegno di legge dell’on. Russo Jervolino
All’insegna “dell’educare senza punire”, associazioni, gruppi, movimenti vicentini, soprattutto quelli
impegnati nel mondo dell’emarginazione e del disagio, sono preoccupati dell’imminente approvazione del disegno di legge del ministro Jervolino. Con questa legge sulla droga non si fa altro che peggiorare la situazione.
Sulla stessa posizione di Acli, Agesci, Gioc, famiglie affidatarie, la Linea dell’arco, Cooperativa insieme, comunità di S. Gaetano, Pax Cristi, Mir, Pastorale del lavoro, Fraternità francescana, comunità
strada della Paglia, tutte di stampo cattolico, la lega studenti medi della federazione giovanile comunista che l’altro, ieri ha tenuto una manifestazione al cinema Arlecchino, alcune cooperative (Ferracina, Nuova vita, Orizzonti, Un segno, Primavera nuova, Servizi all’autogestione, Unione di solidarietà).
Dunque, educare senza punire. (…) “Che la paura della punizione possa tenere lontano dalla droga
chi tossicodipendente non è – dicono - ci sembra un’affermazione altrettanto semplicistica e banale.
Recenti indagini sui giornali mettono in luce come molti ragazzi e ragazze siano a conoscenza di che
cosa è la droga, dove la si possa comprare, chi la venda, quanto costa, ecc. Eppure questi stessi giovani non ne fanno uso. Non si “cade” nella droga solo perché questa è disponibile. La droga è un sintomo di qualcosa d’altro che non va; e questo non scompare perché una legge lo vuole vietare. (…)
✧
“Educare e non punire” – “Proibito proibire” – erano questi (e ancora lo sono) gli slogan delle
comunità che facevano capo a don Ciotti; al loro fianco, qui a Vicenza, si erano unite per
solidarietà contro il disegno di legge Jervolino – Vassalli, le varie associazioni cattoliche che operavano in vari campi, al di fuori della tossicodipendenza. Per loro questi slogan erano parole simili al vangelo.
Mi sono domandata più volte, perché mai nessuno, avesse seguito la linea di don Picchi,
fondatore del Ceis, uno dei primi preti impegnati fortemente e con successo nel campo delle
comunità terapeutiche, nonostante esse fossero tra le poche che davano dei buoni risultati. Infatti molti giovani della nostra città erano usciti dalla tossicodipendenza frequentando il Ceis di
Verona.
Anche le comunità Incontro e S. Patrignano non avevano trovato i consensi che meritavano. All’inizio del mio impegno attivo nell’ambito del Comitato, mi ero avvicinata ad alcune
delle strutture inizialmente citate, sempre per capire meglio il fenomeno droga e per unire le
forze e incentivare maggiormente le richieste di interventi mirati. Ben presto me ne staccai,
soprattutto perché trovavo in essi ideologie per me non condivisibili.
Ho sempre pensato che ci sono tre modi di vivere la droga: quello del tossicodipendente che
la usa, quello dei familiari sempre alla ricerca di soluzioni al loro dramma e quello degli operatori che potevano sentirsi comunque gratificati per il loro impegno, andasse o meno a buon
fine, dormendo i loro sonni tranquilli.
Cosa ne sapevano le altre associazioni cattoliche della droga? Perché contrastare il risultato che si stava ottenendo dopo anni di lotta, da chi i drammi li viveva nel profondo dell’anima? Era un modo di fare politica? Non ci bastava la politica deleteria impastata di ideologie
che aveva incancrenito il problema e da anni lasciava morire tanti giovani?
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1989
Il Giornale di Vicenza - 18 novembre 1989
Tossicodipendenti. Le madri oggi in piazza
“Vogliamo il proibizionismo”
Droga: chi conosce da vicino il problema e chi ne parla, spesso facendo demagogia. La manifestazione di piazza delle associazioni cattoliche contro le leggi di indirizzo proibizionistico ha fatto scendere in campo anche Olga Dalla Valle, presidente del comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti. “Noi madri – dice Olga Dalla Valle – siamo tutte per il proibizionismo. A chi dice
“educare e non punire”, rispondiamo: da quando in qua si può educare senza punire? Il permissivismo delle teorie psicologiche del dopo guerra – non punire tuo figlio altrimenti cresce complessato
- è una delle cause che hanno portato i nostri ragazzi alla droga. Molti adolescenti si avvicinano agli
stupefacenti per curiosità e perché si danno loro messaggi sbagliati. “Se lo Stato tollera la droga –
sono anche questi i discorsi che fanno i ragazzi – vuol dire che tanto male non fa”. Anche noi ci battiamo per la prevenzione, quella vera però, che equivale alla cura di chi è già nel disagio. Anche noi
siamo per la lotta al grande traffico, per dare risposte diversificate ai drogati, perché ognuno vive
un’esperienza diversa a sé stante, ma ripetiamo anche che a volte per potere educare efficacemente
bisogna avere il coraggio di punire. Non è un male solo per il ragazzo, ma anche per la sua famiglia
e i cittadini. La Costituzione afferma che è dovere dello Stato tutelare la salute del cittadino e dove
sia necessario farsi carico per supplire alle carenze della famiglia. Allora chiedo: perché lo Stato italiano ha sopportato per anni che i ragazzi, cominciando da quando erano minorenni, si drogassero,
quando i loro genitori urlavano chiedendo aiuto?”
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Il Giornale di Vicenza - 19 novembre 1989
Alla vigilia dell’esame del discusso provvedimento in aula a Palazzo Madama
Contro la legge antidroga ventimila in corteo a Roma
Lievi incidenti provocati da autonomi davanti alla sede della Dc in piazza del Gesù
Il Psi condanna duramente la manifestazione – Goria conferma:”Voterò contro”
(…) La manifestazione, organizzata dalla Fgci, dal quotidiano “Il Manifesto” e dal coordinamento
delle comunità di accoglienza di don Luigi Ciotti, e alla quale hanno aderito anche il Dp, il coordinamento antiproibizionista radicale, la Lega per l’ambiente, il WWF, organizzazioni cattoliche e
comunità terapeutiche di ogni parte d’Italia, ha mobilitato soprattutto i giovani. Era curiosamente
presente anche il Movimento federativo democratico di Giovanni Moro che partecipò anche al corteo del 5 novembre (?)
(…) Accanto a balli, canti, girotondi e “sit in”, il corteo ha fatto registrare qualche momento di tensione, soprattutto quando, prima di raggiungere piazza Navona, è passato a piazza del Gesù. Lì un
gruppo di autonomi ha cominciato a tirare siringhe (ma anche sassi e bastoni) contro i poliziotti
schierati davanti alla sede della Dc. (…)
Al corteo del 5 novembre i genitori dei tossicodipendenti non cantavano né ballavano, ma chiedevano aiuto per la vita dei loro figli!
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Breve lettera (firmata) pubblicata sul Giornale di Vicenza in data 1 dicembre 1989
in “tema” con le teorie”educare e non punire”:
Droga, punibilità e non punibilità
Egregio direttore,
sul suo giornale della settimana scorsa, ho letto più articoli che riguardano la non punibilità del tossicodipendente. Propugnatori di questa idea, mi sembra di capire, sono per la
maggior parte, operatori di comunità terapeutiche.
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1989
Questo mi crea molta confusione, perché, so per certo, che in queste comunità i tossici che per disgrazia hanno una”ricaduta”, vengono immediatamente espulsi.
Perché allora, chiedere “educare e non punire” se le comunità stesse non applicano questa formula?
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Il Giornale di Vicenza - 19 novembre 1989
Una concitata voce femminile ha fatto scattare l’allarme al “113”
Venite, c’è un morto
Un giovane trovato senza vita in un tugurio
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Il Giornale di Vicenza - 24 novembre 1989
Roma, militante radicale vende dolci all’hashish per protesta
contro la penalizzazione del consumo
Tartine alla droga per i senatori
Franco Corleone ne ha portate a Palazzo Madama dove è in discussione la legge antistupefacenti
Roma – Ha imbandito un piccolo “buffet” a base di burro di hashish (circa un etto di erba pura): biscotti ai pinoli, budino al cioccolato, tartine al salmone e li ha venduti ai convenuti all’insolito intrattenimento. La manifestazione pubblica è stata compiuta da Silvia Bizzarri, radicale, detta “nonna canapa”
da quando compì il suo primo atto dimostrativo in favore del consumo delle droghe leggere. Nella sede
romana del Partito radicale, in concomitanza con l’inizio del dibattito in aula al Senato del nuovo progetto di legge sulla droga che prevede la punibilità, la donna, 52 anni, madre di tre figli e nonna di altrettanti nipotini, ha organizzato un mini “narco-traffico” (il ricavato è stato di circa 100 mila lire), in segno
“provocatorio” contro chi vuole “mettere sullo stesso piano tutte le droghe”. Al “rinfresco” è intervenuto un centinaio di persone, giovani che si sono proclamati d’accordo con la depenalizzazione della canapa indiana. Vi ha preso parte anche il senatore radicale Franco Corleone, che alla fine della manifestazione si è recato al Senato con alcuni dolci all’hashish da offrire ai colleghi senatori. (…)
Mentre riscrivo queste pagine in cui si fa una insensata e vergognosa apologia delle droghe libere, dopo 40 anni di morti e tragedie, ancora non ho sentito da parte di questi protagonisti nessuna autocritica. Molti sono stati i messaggi criminali inviati ai giovani e agli adolescenti in
particolare, da una parte di politici indegni di ricoprire qualsiasi mansione governativa; fa
male al cuore pensare che costoro non sono mai stati allontanati dalle cariche che ricoprivano
e hanno perseverato nel seminare quel veleno di cui oggi purtroppo si raccolgono frutti.
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Il Giornale - 25 novembre 1989
Il Psi insiste con l’urgenza, ma l’opposizione al progetto cresce
Legge antidroga, la meta s’allontana
I senatori della sinistra Dc si affiancano a Goria nel dire no al disegno
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La Voce dei Berici - 3 dicembre 1989
Droga, inferno di una madre
Egregio direttore,
la prego di pubblicare questa lettera che dedico ai giovani comunisti della Fgci, all’avvocato Landi e al rappresentante nazionale delle comunità di accoglienza don Luigi Ciotti,
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1989
che la scorsa settimana hanno manifestato a Vicenza contro il disegno di legge governativo sulla droga.
Sono le ore 20,30 del 15 novembre ’89; mezz’ora fa sono entrata per caso in camera di
mio figlio, l’ho visto con la testa penzoloni, l’ago della siringa conficcato nella mano, il
laccio emostatico scivolato su una gamba, privo di sensi. Magro, pallidissimo, le unghie
viola, sembrava morto. Ho tentato di rianimarlo a suon di sberle e intanto chiamavo mio
marito perché mi prendesse una fiala di “narcan” che tengo sempre chiusa a chiave (tutti
i medicinali li devo tener chiusi a chiave, anche quelli che mi necessitano per la pressione che spesso ho molto alta). Il pover’uomo non riuscì a trovare nulla; intanto mio figlio
si riprese, rimanendo stupito e indispettito di vedere noi genitori angosciati presso di lui.
Per ora il pericolo è passato, ma io non sono riuscita a mangiare un boccone (stavamo
cenando), né a bere un goccio d’acqua. Il mio stomaco è chiuso, le braccia irrigidite, soltanto il mio forte autocontrollo aveva impedito una crisi isterica. Vorrei però urlare a tutti
il mio dolore, la mia angoscia che dura da otto anni, la mia sfiducia nei riguardi di tutti.
Mio figlio mi ha portato il giornale dove era scritto della manifestazione al cinema
”Arlecchino” perché la leggessi, ma l’avevo già letta. Vedi, farfugliò, la droga deve essere
libera, distribuita dalla Stato! Neanche si sognò di dire, vedendo suo padre e sua madre
ancora paralizzati dal trauma: ”cercherò di smettere, aiutatemi”. Da quando si buca (ha
cominciato durante il servizio di leva), non si è guadagnato nemmeno una briciola del
pane che mangia, e avanza pretese su pretese. Il suo povero cervello è rimasto al livello dei
14 anni, quando con gli amici ha cominciato a spinellare. Desidero esprimere all’avvocato Landi e ancor più al rappresentante del Cnca (che dovrebbe sapere cos’è la droga, dato
che si interessa di emarginati), la mia profonda indignazione perché, invece di cercare di
unirsi tutti insieme affinché questa legge sulla droga vada finalmente in porto, fanno di
tutto perché le cose restino come lo sono state finora. Che interessi hanno? Vogliono mettersi in mostra? Lo facciano facendo del bene, e non rovinando tante famiglie.
E voi giovani della Fgci, cosa ne sapete della tragedia droga?
E voi, uomini politici, tanto impegnati a mantenere salda la seggiola del potere, andate presso qualche famiglia di tossicodipendenti per pochi giorni, per rendervi conto cosa
vuol dire convivere con la droga!
E tu, Stato italiano, nella Costituzione dici di voler proteggere la salute dei tuoi cittadini e poi permetti e legalizzi la “modica quantità” perché i tuoi figli più giovani e fragili
buttino via la loro vita e distruggano le loro famiglie!
E tu, Chiesa, che predichi il diritto alla vita, che lotti contro l’aborto, perché non metti
fuorilegge la droga? Perché molti preti e cattolici laici vogliono mantenere questo cancro
che ci distrugge? Non è vita anche quella di mio figlio e quella di tanti altri sciagurati come
lui? “Educare e non punire”: utopia!!! Non si acquistano valori morali dall’oggi al domani,
specialmente in tanto consumismo. Allora, curiamo ed educhiamo. E quando si attua lo
sciopero della fame, lo si faccia per cose nobili e non per dare la morte ad altri giovani!!!
È tempo ormai che si dia ascolto al dolore di tanti genitori, ma si sa, questo non dà
lustro a chi lo vuole a tutti i costi.
– 181 –
1989
Il Giornale - 4 dicembre 1989
L’ex commissario guida lo speciale di Raidue sull’Aids
La sfida di Placido al male del secolo
“Diversi ed eguali” cercherà di fare il punto sull’evoluzione del virus
Roma – Aids: 11.362 nuovi casi segnalati nel mese di novembre all’organizzazione mondiale della
Sanità, un aumento in media di circa 5.000 casi al mese. Gli Stati Uniti sono la nazione più colpita con 110.333 casi, in Europa ne sono stati notificati 28.247 di cui 4.663 in Italia. Nella penisola circa 400 bambini sono affetti da virus, lo hanno “ereditato” dalla madre sieropositiva. Il primo
imperativo in una situazione di tale gravità è informare: in assenza di un vaccino e di una cura è
importantissimo prevenire il contagio. In questo senso la televisione è lo strumento più comodo e
immediato per raggiungere milioni di persone. Non a caso negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli
speciali e le inchieste televisive su quella che è stata definita la “peste del secolo”.
Raidue propone questa sera “Diversi ed uguali, combattere e vincere l’Aids ”alle 21.30: un tentativo di parlare della malattia in modo diverso. A presentare la serata saranno due volti popolari ed
estranei al mondo della medicina: Michele Placido e Pamela Villoresi. Il primo dicembre ricorreva
la Giornata mondiale di lotta all’Aids indetta dall’Oms: questa serata vuole soprattutto essere un
segno di solidarietà con il malato. (…) Oltre alle istituzioni, (rappresentate dal ministro della Sanità,
Francesco De Lorenzo e dai presidenti delle commissioni, parlamentari sanità e affari Giorgio Bogi
e Sisinio Zito) e alla scienza (il prof. Giuseppe Visco primario dell’ospedale Spallanzani di Roma e
il prof. Aiuti immunologo), lo studio ospiterà le testimonianze di malati e sieropositivi, infermieri,
familiari, rappresentanti di associazioni volontarie. I malati potranno porre le loro domande anche
al prof. Luc Montagnier, direttore dell’Istituto Pasteur, in collegamento da Parigi. (…) Non è un
male come un altro e neppure il male degli altri: recita lo spot di presentazione del programma, è
importante per i malati di Aids sapere che non sono abbandonati. “ E’ un problema che dobbiamo
porci tutti – afferma Placido – Questa esperienza mi ha scioccato: c’è ancora molto imbarazzo verso
questa malattia, tutti noi troviamo difficoltà a parlarne ma non per questo possiamo ignorarla”.
A questa trasmissione sono stata invitata anch’io come responsabile del Comitato, dato il nostro
volontariato presso i malati sia nel reparto infettivi e sia, in qualche caso di particolare necessità, anche presso qualche famiglia. Con me era presente una mamma che da poco aveva perso
un figlio e su di lei era stata rivolta l’attenzione dei presentatori. L’insieme della trasmissione è
stata molto toccante, perché alcuni malati hanno raccontato le loro paure e le loro difficoltà di
fronte alla sieropositività, che in quel periodo equivaleva a una condanna a morte.
Nell’articolo, Placido confessa di essere stato scioccato, e io gli credo; successivamente, con
generosità, ha voluto devolvere alle associazioni presenti come personale contributo l’intero suo
compenso della serata. Al Comitato è arrivata da Michele Placido la somma di 1 milione. Una
somma uguale ci è stata offerta da alcuni orafi durante l’edizione di “Vicenzaorouno”; denaro
destinato, come già detto, a finanziare l’acquisto di apparecchiature utili al reparto malattie
infettive del S. Bortolo. A questa raccolta fondi hanno partecipato anche alcune case farmaceutiche.
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Il Giornale - 4 dicembre 1989
Il ministro della Giustizia Vassalli al convegno di Marsala”seppellisce” la modica quantità
Gava: e ora si muore per cocaina - Smantelleremo la “rotta balcanica”
In Italia abbiamo già scoperto due raffinerie gestite da colombiani
Il 75 per cento degli stupefacenti arriva dall’Est
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1989
Marsala – Dalla guerra della droga arriva un bollettino della sconfitta: 841 morti con la siringa ancora penzolante sul braccio da gennaio allo scorso 30 novembre. Stavolta il primato italiano è stato battuto addirittura in anticipo.
Nell’intero 1988, infatti, il famoso anno record, l’eroina aveva ucciso 806 persone. “E non sappiamo quanti sono i tossicomani per epatiti, endocarditi, Aids, suicidio e incidenti stradali”, lancia l’allarme il ministro dell’interno Antonio Gava (Dc), in polemica con quanti sottovalutano il fenomeno, paragonandolo magari dalle cosiddette droghe legali (alcool e tabacco). L’Italia, insiste Gava,
che già era il Paese più “drogato” d’Europa con il primato Cee di 573 chili di eroina sequestrati
nell’88, “ha superato i 600 chili, mentre la quantità di hashish scoperta dalle forze dell’ordine in un
anno è triplicata raggiungendo i 23 mila chilogrammi, anche questo un record di tutti i tempi nel
nostro Paese.
Dietro i numeri, il messaggio che proviene dalla giornata conclusiva del convegno nazionale “Droga,
mafia e giustizia” promosso dai socialisti è chiaro: il requiem per la modica quantità. Il governo punta
alla svolta con il disegno di legge antidroga in discussione al Senato e quello antimafia all’esame
della Camera. (…) Gava difende la due novità legislative dagli attacchi del Pci. ”Vorrei che il comunista Violante chiarisse come si fa a dichiarare una cosa illecita”, polemizza sul testo antidroga, “ e
poi fermarsi lì. Se è illecito va perseguito”. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 17 dicembre 1989
La manifestazione a sostegno della nuova legge Vassalli – Jervolino votata dal Senato
Psi, la cultura della droga è la nemica da combattere
(…) Convegno organizzato dai ragazzi della Comunità Incontro di Lonigo in appoggio alla legge
Jervolino Vassalli. Erano presenti don Pierino Gelmini, i dirigenti vicentini del Movimento giovanile socialista, i genitori del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e l’avvocato Landi per gli antiproibizionisti.
Don Pierino, frequentemente interrotto dagli applausi ha chiarito come la pensano lui e i suoi, non
da adesso, ma da anni: ”La legge crea costume sociale, quindi ci vuole una legge che non autorizzi
più il consumo della droga, che responsabilizzi l’individuo. Educare senza punire, lo slogan degli
oppositori della nuova legge, è una concezione errata, perché ogni educazione non può prescindere
da qualche punizione”.
✧
Lettera inviata a “La Voce dei Berici” e pubblicata il 7 gennaio 1990
Caro Gesù Bambino,
memore dei desideri (piccoli in verità), che tu hai appagato tanti e tanti anni fa, oggi ti scrivo questa letterina e la invio proprio a te, non al vecchio babbo natale che oggi ti sostituisce
elargendo doni in quantità, perché quello che chiedo lo puoi esaudire solo tu.
Io non sono più la timida bambina che quando parlavano i “grandi” li ascoltava con soggezione e aveva in loro la più completa fiducia, no! Sono purtroppo cresciuta e porto su di me
un carico di delusioni, di dolori, di speranze infrante che a volte mi schiaccia e che sempre mi
tormenta. Io sono quotidianamente a contatto con genitori esausti, esasperati, a causa della
droga; quella droga che impunemente distrugge nel corpo e nell’anima tanti nostri figli.
Cosa ti chiedo in concreto? Tre grandi doni:
Il primo - un centro di pronta accoglienza per quei tossicodipendenti che, usciti dal carcere, dall’ospedale o che non hanno più famiglia, possa accoglierli e aiutarli a maturare un progetto di recupero. Questo centro ci è stato promesso da anni, ma tutto è ancora fermo al punto
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1989
di progettazione.
Come secondo desiderio ti chiedo una struttura terapeutica per quei tossicodipendenti che,
illuminati come S. Paolo sulla via di Damasco, desiderano cambiare radicalmente, gettando
tutta la zavorra accumulata in tanti anni di droga, per rinascere a nuova vita (questo anche
in base ai nuovi decreti ministeriali e alla nuova legge Jervolino - Vassalli che spero verrà approvata all’inizio del nuovo anno, spaccature nella DC e cultori dello “sballo” permettendo).
Povero Gesù, ci hai insegnato che il nostro corpo è il tempio Dio e come tale va rispettato;
di certo saprai che alcuni tuoi ministri e tanti pseudo cristiani, si ostinano incredibilmente ad
accettare che il demone della droga si accanisca nelle anime e sul corpo dei più fragili. Sei nato
per portare l’amore tra le genti, ma questo amore ti ha portato sulla croce. Come vedi, oggi come
allora, i farisei continuano a mietere vittime.
Come ultimo dono, ti chiedo di intervenire con decisione, perché abbiano finalmente inizio i lavori che portino a compimento la casa di accoglienza per i malati terminali di Aids in
difficoltà. I muri ci sono, ma manca tutto il resto. Gli amministratori temono di creare ghetti!
Ma un malato nel bisogno – e tu sai quanti bisogni hanno i malati di Aids – non chiede demagogia, chiede interventi! Io ho fatto mio un vecchio proverbio, modificandolo un po’: l’uomo
propone, demagogia e burocrazia dispone.
Promesse ne abbiamo avute tante, e se, come si dice, ogni promessa è un debito, non abbiamo di che sperare, visto che il benessere italiano si basa su un deficit permanente.
Mi rendo conto che quanto ti chiedo, può apparire ai tuoi occhi fattibile anche dagli uomini, (specialmente se c’è la buona volontà), ma in realtà non è così; quello che tu puoi fare con
un gesto della mano, ad un mortale, a volte, non può bastare la vita intera.
Vedi allora di porre la tua manina sul capo di chi è preposto – per sua scelta- all’amministrazione pubblica, per fargli capire che quello che conta sono i fatti e solo quelli.
Confido in te, Gesù, ti prego di esaudire questi tre desideri che non sono soltanto miei, ma
di tante famiglie. Da parte mia ti prometto, che, fintanto potrò farlo, continuerò a lottare contro droga e Aids, stimolando, pungolando, evidenziando necessità, affinché queste vengano
superate e chi si trova nel bisogno venga aiutato.
Ti abbraccio con tenerezza infinita, Olga
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Il Giornale di Vicenza - 28 dicembre 1989
Nell’89 ben 932 vittime, 126 più che nel 1988
Droga, strage mai peggiore - Nel Veneto 59 decessi
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Aids – A Vicenza 15 decessi – In Italia 1406
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1990
1990
Il Giornale di Vicenza - 6 gennaio 1990
L’anno si apre all’insegna del triste primato, malattie infettive in difficoltà
Aids, gli ospedali ormai scoppiano
101 casi a Vicenza sui 300 veneti
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Aids - 4 gennaio 1990 - Ci ha lasciato Graziella
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Aids – 11 gennaio 1990 - Ci ha lasciato Giovanni
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Il Giornale - 12 gennaio 1990
Il professor Fernando Aiuti: siamo all’emergenza
“Aids, mancano letti. Requisite i reparti”
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La Voce dei Berici - 14 gennaio 1990
Da S. Patrignano a mamma e papà
Ci è stato segnalato un biglietto di auguri che una giovane ha inviato ai genitori e al figlioletto dopo
quattro mesi trascorsi in comunità a S. Patrignano. Sono poche righe, gioiose, scritte da una ragazza madre che sta lottando contro la droga.
“Vorrei che questi miei auguri vi arrivassero su una cadilac rossa! È che sono tanti e non ci starebbero dentro……Allora vi mando questo bigliettino per ricordarvi che io vi penso sempre, soprattutto adesso.
Dirvi quanto è il mio affetto per voi sarebbe troppo semplice, è talmente grande che non riuscirei ad esprimerlo come vorrei, come l’amore che provo per mio figlio, d’altronde. La notte di Natale, se è con voi,
stringetelo stretto stretto, abbracciatelo al posto mio. Per ultima cosa vi ringrazio di avermi messa al
mondo, per avermi donato la semplicità che solo il vostro mondo può dare.
Buon Natale cari genitori, vostra figlia Renata
Questa giovane, figlia ha trovato l’aiuto che l’ha salvata.
✧
Panorama - 14 gennaio 1990
Olanda - I limiti della tolleranza alla droga
Libero spaccio in libero Stato
Siringhe e cure gratis, perfino un sindacato per i tossicomani.
Ma il prezzo è sempre più alto: Rotterdam diventa il crocevia del narcotraffico
(…) Lo Stato in prima linea nell’attività di prevenzione e nel recupero dei tossicodipendenti. La rete
di consultori e centri di disintossicazione, che impiegano da 80 a 400 esperti, è ramificata su tutto
il territorio nazionale e i Comuni hanno l’obbligo di creare strutture adeguate e di distribuire gratuitamente siringhe e metadone. Gli ospedali psichiatrici finanziano comunità terapeutiche e speciali istituti si occupano sell’assistenza ai figli degli eroinomani, dell’alloggio dei tossicodipendenti e
del loro reinserimento nel mondo del lavoro. (…)
– 185 –
1990
✧
Lettera inviata al vescovo mons. Nonis il 25 gennaio 199
Monsignore,
desideravo tanto parlarle personalmente dei soliti ed insoluti problemi e di altri ancora,
che sono venuti ad aggiungersi, ma nell’impossibilità di farlo, li affido in parte a questo
scritto.
Inizierò col dire che sul fronte Aids la situazione permane sempre grave e che da ottobre ’89 non è cambiato nulla (in senso di migliorie). La casa di Laghetto è ancora lontana; se le cose andranno bene, forse i lavori inizieranno nell’estate e ripeto se. Abbiamo
avuto altre morti e ci sono tutt’ora malati molto gravi. Per mancanza di posti letto nel
reparto, giovani gravissimi sono costretti ad alternare periodi di ricovero ad altri in famiglia, frequentando più volte la settimana al day hospital, questo comporta un estremo
disagio sia ai malati che ai famigliari che non hanno nessun supporto nell’assistenza domiciliare. Questi “catorci”, come li ha definiti il nuovo primario, sono spesso nell’impossibilità di camminare e necessitano spesso addirittura dell’ambulanza.
In carcere c’è un giovane molto malato, la madre (vedova), lo vorrebbe con sé per
curarlo, ma la “giustizia” reclama con forza i suoi “diritti” (specialmente sui poveri diavoli), e le sue vittime.
Il ministro alla Sanità ha concesso miliardi per Aids e tossicodipendenza, ma ancora
non è stato presentato in regione un progetto e se quello non c’è, non ci sarà il denaro per
attuare le strutture.
Si parla da anni di un centro di pronta accoglienza per tossicodipendenti a S. Domenico, ma i lavori non partono. Avremmo necessità di una comunità tipo Ceis, o Incontro,
o Papa Giovanni XXIII, ma i politici non si impegnano. Il problema scotta e non viene
affrontato.
Cinque anni fa, prima che io entrassi a far parte del Comitato, sembrava stesse per
decollare il progetto Ceis, ma qualcuno si è schierato contro e non se ne è fatto nulla. Ci
facciamo la guerra tra poveri e chi ci rimette sono i più bisognosi.
“Educare e non punire” dicono le varie associazioni religiose seguaci di don Ciotti che
di droga hanno solo sentito parlare, e che con gli antiproibizionisti dell’Upd, democrazia
proletaria, radicali ecc. hanno manifestato a Roma contro la legge Jervolino – Vassalli, con
canti, balli e scene carnevalesche. Non avevano certo la morte nel cuore loro! Ma l’avevano però quei genitori che hanno manifestato composti perché questa legge vada in porto,
e con loro c’erano don Pierino Gelmini e Muccioli.
La stampa cittadina ha dato ampio spazio ai sostenitori dello sballo (anche purtroppo
la “Voce dei Berici”) e a noi, che più di tutti vogliamo un aiuto per i nostri figli, non rimane che una lotta impari, snervante e crudele.
Di nuovo, Monsignore, non ho detto niente, ma sono stanca, depressa, sfiduciata e
incattivita.
Ora mi manca anche la preziosa collaborazione del dott. Vaglia, ed è tanta fatica portare avanti progetti programmati da tempo.
Con devozione, Olga Dalla Valle
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1990
Il Giornale di Vicenza - 27 gennaio 1990
La regione (in via ufficiosa) ha approvato il finanziamento di 1 miliardo
La comunità per malati di Aids? Cantiere al via entro metà anno
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Il Giornale di Vicenza - 1 febbraio 1990
Un appello del “Gruppo Abele” ai deputati
Don Ciotti contesta la legge antidroga
“Lo Stato deve educare, non punire”
✧
Il Giornale di Vicenza - 4 febbraio 1990
28 anni, ricoverato nel reparto di malattie infettive del S. Bortolo
Un’altra giovane vittima della droga
(…) ”Avvicinatosi alla droga in giovane età, come una decina di giovani che son morti negli ultimi mesi:
una pioggia di decessi che ricorda il cadere delle foglie dagli alberi in autunno”. (…)
✧
La Voce dei Berici - 19 febbraio 1990
In risposta all’appello di mons. Pietro Nonis
Istituzioni ed associazioni nel comune impegno
a favore dei malati di Aids
La Caritas diocesana, il Comune di Vicenza, l’Ulss 8, ed altri gruppi
stanno predisponendo l’apertura di una Casa di accoglienza
Martedì 21 febbraio prossimo inizierà un corso, articolato in quattro lezioni per volontari.
(…) I rappresentanti dei tre organismi si sono già incontrati un paio di volte per studiare insieme la
situazione, per vagliare possibilità e risorse intese a dar vita nel più breve tempo possibile, ad una casa
alloggio per questi malati.
L’Ulss dovrebbe assicurare il supporto medico – infermieristico: un impegno per il quale il presidente De Boni si è dichiarato ampiamente disponibile. Al Comune è richiesto l’interessamento per l’edificio, il quale dovrà avere determinate caratteristiche: essere vicino il più possibile alla città (per i
necessari ricorsi al reparto di malattie infettive dell’ospedale) e possedere una sufficiente autonomia,
con possibilità di spazi anche esterni ecc. il Comune inoltre, ma anche l’Ulss per la parte di sua competenza dovranno stabilire la necessarie convenzioni con coloro che si faranno carico della gestione
della Casa.
La Caritas, da parte sua, si impegnerà a garantire la presenza nella Casa, 24 ore su 24, di personale
fortemente motivato, che solo una congregazione religiosa, in forza di stimoli derivanti dai propri statuti di fondazione, potrà essere in grado di assicurare.
La Caritas, in collaborazione con altri enti o associazioni ( reparto malattie infettive, S. Vincenzo, Cif,
Comitato famiglie di tossicodipendenti, Addima, Gruppo volontari ospedalieri), ha già approntato
un corso di formazione per volontari addetti all’assistenza dei sieropositivi e dei malati di Aids. (…)
✧
Il Giornale di Vicenza - 11 marzo 1990
Si bucano in un’automobile
Muore una veneziana, in coma un vicentino
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1990
Il Giornale di Vicenza 12 marzo 1990
L’eroina ha fatto un’altra vittima
Un tossicodipendente rinvenuto privo di vita dentro un’auto
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Il Gazzettino - 13 marzo 1990
Le “mamme coraggio” mobilitate per gridare il loro “no” alla droga
“Madri coraggio”, una mobilitazione sul filo di un messaggio-protesta perché si lotti a fondo, con
estrema decisione, contro i sequestri di persona, la criminalità organizzata, la droga che distrugge
tanti giovani (tre morti nel vicentino in 48 ore). Le madri del Veneto saranno a Roma domani, alla
manifestazione nazionale, tutte insieme con le mamme del sud. “ Una occasione per trovarsi insieme” dice Giovanni Avanzini, il presidente della Associazione vittime della droga di Verona, collegata con altre associazioni , come il Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di
Vicenza, di cui è presidente Olga Dalla valle. (…) Da Vicenza partirà una delegazione del Comitato oltre a gruppi spontanei di “madri coraggio”. Avranno un incontro con la presidente della Camera Nilde Jotti. (…)
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Il Giornale - 15 marzo 1990
Collera davanti a Montecitorio per uno striscione provocatorio
Droga, le madri coraggio all’assalto dei radicali
Hanno bruciato la scritta antiproibizionista – Contusi un vicequestore e un agente
Roma – le “madri coraggio” reagiscono, provocate da uno striscione dei radicali. “Il coraggio? L’antiproibizionismo”, recita la scritta sorretta da esponenti del Coordinamento antiproibizionista
(Cora). La manifestazione rabbiosa, ma pacifica del Muvlad (Movimento lotta alla droga), si trasforma in scontro. Lo sparuto gruppetto del Cora è sotto l’obelisco di Montecitorio. Donne, genitrici
di tossicodipendenti, ragazzi delle comunità gridano “assassini”, “sì alla vita, no alla droga di Stato”
da dietro le transenne sulla piazza. Quando leggono quel punto interrogativo non si controllano.
Cercano di sfondare il cordone di polizia, arrivano a strappare lo striscione, lo bruciano. Un vicequestore e un agente finiscono all’ospedale: cinque giorni di prognosi il primo, sei il secondo. Niente di grave, qualche calcio sul corpo. (…)
Muccioli è appena uscito da un’audizione davanti alla commissione Giustizia e Affari sociali della
Camera. La nuova legge già approvata al Senato gli piace a metà. Ma è comunque un passo avanti.
“Nessuno è convinto che l’imposizione serva – spiega - nessuno vuole criminalizzare il tossico. Io
dico che il drogato deve trovare subito aiuto quando ne ha bisogno. Ecco perché non capisco questa guerriglia politica che è strumentale”. “ La legge – sostiene – non serve a risolvere il problema,
ma stabilisce due principi fondamentali. Con la sospensione della pena porremo fine alla piaga degli
arresti in comunità. E introdurremo il diritto al lavoro per il drogato uscito dal tunnel”. Ma lo Stato,
pensa Muccioli, può far di più, soprattutto per i centri di recupero: “Censiamo gli immobili della
pubblica amministrazione abbandonati, abbiamo bisogno di spazi”. (…) Oltre a Muccioli i deputati hanno ascoltato don Gelmini e don Ciotti. “ Fate una legge che vada bene per i vostri figli”, ha
detto don Gelmini ai parlamentari.
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Il Giornale di Vicenza - 22 marzo 1990
Il Comitato famiglie aspetta ora il sì dal provveditore .
Per il fondo Aids un milione dall’attore Placido
Droga, il ministro applaude il fascicolo vicentino
Il ministro della sanità Francesco De Lorenzo, che sabato sarà in città, ha scritto al Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti apprezzando l’iniziativa di divulgare il fascicolo infor– 188 –
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mativo “Droga e famiglia”. La pubblicazione, stampata lo scorso anno ha avuto una diffusione per
ora limitata alla distribuzione in alcune scuole e parrocchie. L’obiettivo – afferma la presidente Olga
Dalla Valle – è quello di ottenere l’autorizzazione da parte del ministero della Pubblica istruzione a
divulgare nelle scuole medie inferiori e superiori l’opuscolo, in maniera che venga utilizzato dai
docenti durante lezioni o discussioni sui temi della droga e dell’alcolismo. Il capo di gabinetto del
ministero ha acconsentito alla richiesta del Comitato, chiedendo una lettera accompagnatoria da
“girare” poi al provveditorato agli studi di Vicenza che dovrà autorizzare la distribuzione.
“E’ un primo successo per noi che cerchiamo in tutti i modi di arrivare a informare in modo corretto famiglie e ragazzi puntando sull’informazione scientifico-sanitaria” osserva la signora Dalla Valle.
Non tutti però in città hanno favorito la distribuzione del fascicolo (sono contrari alcuni operatori)
e l’Ulss 8 ha sempre scelto altre strade: eppure, osservano le mamme del Comitato, un identico fascicolo intitolato “Stop alla droga” (edito dall’Istituto per gli studi e l’informazione sanitaria e dell’Istituto Nazioni Unite per lo studio e la prevenzione del crimine), è stato “sposato” dalle scuole di Roma
e provincia, che ne hanno fatto un cavallo di battaglia per il loro programma di prevenzione. (…)
Come risulta dall’intervista, non avevo ancora perso la speranza di una seria collaborazione
con il Provveditorato agli studi. Il fascicolo sarebbe stato dato gratuitamente, ma come ho già
riportato, nonostante il parere benevolo del Ministro della Sanità e il benestare del Ministero
dell’Istruzione, non c’è stata una conclusione positiva.
Riporto per dovere
di cronaca alcuni
documenti
che risalgono
a fine anno ’89
e inizio ’90.
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Il Giornale - 24 marzo 1990
Commenti e inchieste: Lunedì il progetto anti-stupefacenti
attenuato nelle sanzioni va in aula alla Camera dopo l’approvazione del Senato
Droga, verso una legge più “morbida”
Il ministro Rosa Russo Jervolino:”Punibilità sì, ma senza repressione”
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In un lungo articolo di cui riporto una piccola parte,
Adolfo Beria di Argentine - presidente del tribunale per minorenni di Milano, dice:
Gli “esperti” ascoltino l’esperienza dei genitori
“Non possiamo che compiacerci per l’ampiezza del dibattito al quale è giusto che partecipi il più largamente possibile l’opinione pubblica. Stupisce soltanto che vi sia chi contesti la partecipazione, al
dibattito, dei genitori dei giovani drogati, che hanno vissuto, drammaticamente, la distruzione della
personalità dei loro figli e spesso, la distruzione economica e affettiva del proprio nucleo familiare.
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Certo, questi genitori non possono considerarsi degli “esperti” – quelli veri, non quelli falsi, numerosissimi in questi tempi – verso le più idonee soluzioni. Non si tratta forse, in qualche misura, della
metodologia scientifica “dello studio dei casi”?
È ancora viva in me l’emozione di quando ricevevo, come presidente del tribunale dei minorenni,
numerosi genitori, soprattutto mamme, che venivano a chiedermi che il figlio, che doveva essere
processato per reati commessi per procurarsi la droga, venisse condannato ad una pena non breve,
perché “almeno al Beccaria – il carcere per ragazzi – non ci si droga” (diversamente da quello che
invece accade nella quasi totalità delle carceri italiane). (…) Certo sono più autorevoli le testimonianze dei responsabili delle comunità terapeutiche, le uniche strutture che hanno dimostrato la possibilità del recupero dei tossicodipendenti, quantomeno all’interno della comunità stesse”. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 25 marzo 1990
La vittima è una giovane donna da tempo tossicodipendente
Valdagno, stroncata da un’overdose
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Il Giornale - 26 marzo 1990
Amato a Goria: l’antidroga? Discutiamone pure, ma facciamola
Mentre le posizioni si confrontavano al convegno di S. Patrignano,
a Roma Pannella rianimava la festa antiproibizionista per pochi intimi a Piazza Navona
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Il Giornale - 28 marzo 1990
No della Camera (235 voti a 140) alle pregiudiziali di costituzionalità
Droga, a vuoto il primo assalto di Pci e Pr
Disponibilità Dc ad accogliere i suggerimenti dell’area Zac,
ma no alla proposta di Goria sulla non punibilità del “commercio di droga tra amici”
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Il Giornale di Vicenza - 31 marzo
“D’ora in avanti il tossicodipendente sarà posto tra punibilità e recupero”
Alla terza “infrazione” scatteranno le misure cautelari
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Il Giornale di Vicenza - 2 aprile 1990
Trovato morente nel bagno di casa
A uccidere ancora una volta è stata la droga
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Il Giornale di Vicenza - 3 aprile 1990
Rapporto giovani
Vicenza, i giovani si “assolvono”
Secondo un’indagine statistica, il capoluogo Berico è quello del Veneto dove è più ammesso
“fumare erba”, dove c’è un’alta approvazione per chi infastidisce una ragazza e per chi
“civetta” con i ragazzi, legittimati anche i piccoli furti e persino “bucarsi” con l’eroina
Dal costume all’illegalità, si fa strada la morale permissiva
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Il Giornale - 3 aprile 1990
Andreotti apre a Cipro la Conferenza internazionale sulla lotta agli stupefacenti,
mentre il dibattito alla Camera entra nella settimana decisiva
“Droga, un flagello biblico”
Nei prossimi giorni l’assemblea voterà le proposte italiane
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Il Giornale di Vicenza - 6 aprile 1990
Madre muore stroncata da un’overdose
È la sesta vittima in un mese
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Il Giornale di Vicenza - 7 aprile 1990
Accorato intervento di don Picchi, fondatore del Ceis, a “Domenica in”
“Ci preoccupano i Mondiali, non la lotta alla droga”
“Il problema è di tutti, non solo di chi ha tossicomani nella propria famiglia”
“Una società che ama molto le cose e poco la vita favorisce il flagello!
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Il Giornale di Vicenza -15 aprile 1990
La casa di accoglienza per i malati di Aids
I lavori di sistemazione della struttura di Laghetto non sono ancora partiti. Il primo
cittadino condanna la “insensibilità” degli amministratori sanitari a “ fronte del tempestivo
intervento di Comune, Provincia e cassa di risparmio, che hanno messo a disposizione 700
milioni, è stata data precedenza ad altro” – Manca però un miliardo di finanziamenti
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Lettera inviata al ministro della Sanità Francesco de Lorenzo il 19 aprile 1990
Signor Ministro,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti di
Vicenza e torno a rubare un po’ del suo tempo prezioso per farle presente la sempre grave
situazione Aids nella mia città. Lei ormai conosce il mio costante impegno verso questo
doloroso problema, impegno che nel suo piccolo è valso a far nascere un volontariato attivo presso i colpiti dall’Hiv e ad ottenere migliorie alla divisione malattie infettive del
nostro ospedale. Il coinvolgimento del vescovo mons. Nonis è valso a
“sensibilizzare”(almeno apparentemente) una parte specifica di politici che, sollecitati,
hanno risposto destinando la ristrutturazione di un edificio mai portato a termine e
abbandonato da circa 15 – 20 anni, come casa alloggio per malati di Aids. Allo scopo, il
25 ottobre ’89 c’è stata una conferenza stampa alla presenza delle massime autorità cittadine e dell’assessore della regione Veneto, Bogoni. La cosa sembrava ormai arrivata in
porto.
Le unisco fotocopia di articoli che dimostrano quanto le parole non costino nulla!
Domenica di Pasqua ’90 l’amara sorpresa. Non c’è veramente nessuna volontà politica
per risolvere i problemi Droga e Aids. Si son presi gioco del vescovo, del mio comitato
famiglie e quel che è peggio di tutti coloro che aspettavano fiduciosi l’apertura di questa
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struttura e che attualmente, oltre a soffrire per la malattia, soffrono per gli estremi disagi
che questa comporta. Abbiamo famiglie distrutte da anni di droga e oggi costrette ad assistere i loro malati oltre ogni umano sacrificio. L’assessore aveva detto: “Io posso fare una
promessa formale; i finanziamenti per quest’opera verranno erogati nei tempi più brevi
possibili”. Dopo sei mesi di silenzio glaciale, la sorpresa di Pasqua!
Io mi appello a lei signor Ministro; faccia quanto può per aiutarci.
Mi telefonano madri disperate e giovani malati chiedendo aiuto. Hanno bisogno di
una struttura che li accolga, il reparto è insufficiente. Abbiamo bisogno di spazio, non facciamo una questione di soldi ma di buona volontà. Vicenza ha da sola un terzo dei malati denunciati nel Veneto (perché?) con 120 casi di malattia conclamata e 830 sieropositivi da seguire. I decessi finora sono 47. Cosa possiamo fare? Ci sono anche malati stranieri senza parenti; dove li mettiamo? Li buttiamo in strada a contagiare altre persone o li
lasciamo morire senza soccorso nei luoghi più squallidi come i morti per overdose? E i
fondi ministeriali quando arrivano? Qui si passano la patata bollente l’un l’altro e chi ci
rimette sono i più bisognosi.
Signor Ministro, mi perdoni lo sfogo, ma a volte anche questo è necessario. So che
anche lei ha le mani legate, ma forse un suo intervento potrà sbloccare questa situazione
ambigua.
Comunque, ho fiducia in Lei. Le auguro buon lavoro e la saluto distintamente.
Olga Dalla Valle
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Il Giornale - 25 aprile 1990
Viaggio tra le famiglie dei tossicodipendenti e le comunità di recupero
Una cultura da struzzi ha fornito la droga anche ai tredicenni
Troppi ragazzi sono vittime del permissivismo dei tempi: di chi sostiene che lo spinello e la
pasticca non fanno male. E invece per molti giovanissimi, ancora privi di personalità, è il
primo passo verso il baratro. Per salvare questi poveri sbandati è necessario però che i genitori
imparino a fare i genitori.
Di Beppe Gualazzini – (…) Chi è il drogato d’oggi? Hanno certo chiesto qualche giorno fa a Muccioli. Non certo, ha risposto Muccioli, quello che anni fa cadeva nella droga verso i diciotto o
vent’anni dopo delusioni ideologiche, o per disfunzioni sociali, carenze scolastiche, disoccupazione.
Con quello potevi dialogare, perché possedeva interiorità, problematiche, e scavando potevi restaurare rapporti umani, richiamarlo alla dignità, al lavoro, all’orgoglio di ridiventare cittadino responsabile e capace. Oggi invece, ha continuato con amarezza Muccioli, nella droga cadono già a tredici, quattordici anni, ci si scavano una cuccia e li ritrovi a venti o a ventidue, che hanno vissuto solo
in quella, saltando a piè pari la propria formazione di adolescente, di ragazzo e di giovane uomo o
donna. Sono zombie senza personalità, hanno solo voglia di droga, interessi zero, affetti annacquati
e labili, le giornate perdute a non pensare né agire, come se non fossero mai nati: ecco, ha concluso
Muccioli, a cosa ha portato la cultura della modica quantità, la falsa distinzione tra droghe leggere
e pesanti, la liceità di drogarsi. (…)
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Il Giornale - 24 aprile 1990
Al momento di votare i primi emendamenti è mancato il numero legale
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Anti-droga, altro stop in aula e fuori finisce a manganellate
Protesta dei giovani missini davanti alla Camera per la lentezza dei lavori
Intervento della polizia – Ferito un militare - La discussione riprenderà l’8 maggio
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Il Giornale di Vicenza - 28 aprile 1990
“La droga, il mio calvario”
Il dramma senza fine di una mamma: un figlio morto di Aids un anno fa, un altro
che tenta di disintossicarsi -“Hanno cacciato mio figlio da una comunità dopo otto mesi”
Il coraggio deve darselo per forza, Giovanna. E per amore. Madre coraggio? Una madre
sul calvario certamente. La falce della morte si è abbattuta sulla sua vita appena un anno
fa togliendole un figlio, “morto” – dice – “in conseguenza della droga, di Aids”. Il suo calvario però non è tutto qui: c’è un altro figlio che “si fa”.
Un altro dramma che affonda le piaghe già sanguinanti fino a ridurla ad uno straccio.
Come non bastassero i lunghi anni, più di dieci, di sofferenza e di “veleno”, ora Giovanna ha paura, tanta paura. Il sabato santo scorso, poco c’è mancato che la disperazione di
sempre si tramutasse in tragedia. Tornata dal cimitero dove era andata a deporre dei fiori
sulla tomba di Matteo, ha trovato Giulio riverso bocconi sul letto. Nero. Come senza vita.
Ancora una volta si è resa conto della propria impotenza.
“Sono disperata – dice – ma la rabbia che ho dentro mi sta dilaniando, spezzando in
due, una rabbia che non riesco a gridare, una rabbia silenziosa”. Giovanna ha scritto anche
al presidente della Repubblica. “Sì, ho scritto al presidente della repubblica. Gli ho detto
che sono una mamma che ha perso un figlio nove mesi fa, non per droga, perché ne era
uscito da quattro anni, ma in conseguenza della droga. Gli ho detto che ritengo il Governo responsabile della morte di mio figlio e di tutti gli altri ragazzi come lui. Io sono povera, non posso certo permettermi un avvocato e fare causa al governo, ma è quello che vorrei fare. Gli ho detto a Cossiga, che io sono malata di cuore e che non riesco a gridare e
che per sfogare la disperata e impotente rabbia, non posso fare altro che scrivere. Ho un
altro figlio che è schiavo della droga. Che devo fare? Che devo fare? Morto il fratello, Giulio è entrato in una piccola comunità, stava bene, era contento, anch’io m’ero tranquillizzata. Cosa è successo invece?
Dopo otto mesi me l’hanno rimandato a casa, giustificando la decisione col fatto che
mio figlio si adagiava. Sì, si adagiava! Ma, mio Dio, otto mesi sono pochi per guarire e poi
non tutti i ragazzi sono uguali. A casa ha resistito un mese, e ha ricominciato a farsi. Fuori
dalla porta di casa, i suoi amici d’infanzia sono tutti lì, e tutti si drogano e gli spacciatori
sono come falchi che non lasciano la preda. Tanto, se finiscono “dentro” dopo due giorni
sono fuori… Al presidente ho “chiesto”: dov’è la giustizia quando le forze dell’ordine si
fanno pagare la tangente per non vedere il grande traffico? Questo l’ho letto sui giornali e
sentito in televisione. Qui si continua a far niente, non c’è una comunità, una struttura
di pronta accoglienza. La legge sulla riforma resta sempre ferma. A molti fa quasi piacere
che i ragazzi si buchino, così dicono, stanno buoni e non danno fastidio. Cosa importa se
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muoiono e le famiglie sono disperate?” …” Ma lo sa il Presidente cosa vuol dire avere
paura di entrare nella camera di un figlio che si droga? Cosa devo pensare? Che anche questo figlio deve morire prima che il governo pensi di fare qualcosa? Grazie al cielo che ci
sono persone come Muccioli, alcuni sacerdoti, e volontari….” L’ultima speranza ora è il
Ceis di Verona!
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Il Giornale di Vicenza - 3 maggio 1990
Aids, sulla casa alloggio una lettera al ministro
Olga Dalla Valle, presidente del Comitato famiglie di tossicodipendenti,
ha scritto una lettera a De Lorenzo lamentando ritardi e inefficienze
Non è la prima volta che Olga Dalla Valle, presidente del Comitato famiglie di tossicodipendenti,
prende la penna e si sfoga. Qualche giorno fa l’ha fatto scrivendo al ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo, per parlare del “doloroso problema di quanti a Vicenza sono colpiti dall’Aids”.
All’origine delle sue rimostranze un attesissimo alloggio per i colpiti dall’Hiv. “Il coinvolgimento del
vescovo – scrive la Dalla Valle – è valso alcuni mesi fa a sensibilizzare (almeno apparentemente) una
parte dei politici che hanno risposto destinando la ristrutturazione di un edificio mai portato a termine e abbandonato da circa 15-20 anni, come casa alloggio per malati di Aids. La cosa sembrava
ormai arrivata in porto, invece no, non c’è veramente nessuna volontà politica per risolvere a Vicenza i problemi della droga e dell’Aids. Si son presi gioco del vescovo, del comitato famiglie, e quello
che è peggio, di tutti coloro che aspettavano fiduciosi l’apertura di questa struttura e che attualmente oltre a soffrire per la malattia, soffrono per gli estremi disagi che questa comporta. (…)
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Aids – 12 maggio 1990 – Ci ha lasciato Giuliana
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Il Giornale di Vicenza - 8 maggio 1990
Stroncato da overdose a 24 anni
Salgono a sette, nell’arco di due mesi, le vittime per droga
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Il Giornale di Vicenza - 20 maggio 1990
Dura lettera del sindaco al presidente dell’Ulss 8
All’indomani del risultato elettorale, Corazzin ha scritto a De Boni rinnovando agli amministratori sanitari le aspre critiche per la lentezza dell’operazione – Le sue accuse ”contro chi ha
convocato conferenze-stampa per annunciare che tutto era risolto”, mentre a distanza di mesi
“la casa-accoglienza è ancora da realizzare.
La casa per i malati di Aids “Una promessa non mantenuta”
(…) Da palazzo Trissino si rimprovera al vertice dell’Ulss n. 8 di aver fatto presto a promettere, tanto
per acquietare l’opinione pubblica, ma di non essere capaci di mantenere. Dall’Ulss si ribatte che non
si possono fare le nozze con i fichi secchi. Realizzare la casa di accoglienza – ristrutturando un immobile che “fu” complesso per malati di mente di Laghetto – costa un miliardo e ottocento milioni, ma
gli enti locali hanno messo a disposizione poco più di seicento milioni, compreso il contributo a
fondo perduto della cassa di risparmio.
Chi ha ragione? Il sindaco, nella dura lettera partita la settimana scorsa, insiste nella sua tesi: ”non si
doveva annunciare in pompa magna, convocando vescovo, presidente della provincia, sindaco e assessori
regionali – spiega oggi il primo cittadino – che era possibile realizzare la struttura per malati di Aids se poi
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alla prova dei fatti questa promessa è rimasta lettera morta”. Per tutta risposta De Boni aveva indicato
con chiarezza, e altrettanta durezza, i limiti invalicabili della sua competenza: ”Nessuno, nemmeno il
sindaco, può costringermi a indire una gara d’appalto se i soldi per finanziarla non ci sono”. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 27 maggio 1990
350 casi di Aids nel Veneto
Vicenza al primo posto con 115 (99 tossicodipendenti)
Casi: Belluno 8-Padova 61-Rovigo 12-Treviso 22-Venezia 62-Vicenza 115-Verona 70.
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Aids – 2 giugno 1990 – Ci ha lasciato Emanuela
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Il Giornale di Vicenza - 7 giugno 1990
Sale a sette il numero delle vittime dell’eroina nel Vicentino dall’inizio dell’anno
Un impiegato muore per overdose
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Il Giornale di Vicenza - 8 giugno 1990
La Regione approva il progetto Laghetto e attende di attingere a Roma
Il fondo nazionale anti-Aids finanzia la casa dell’Ulss 8
La Giunta regionale ha ufficialmente detto sì alla casa per malati di Aids dell’Ulss 8 e indicato anche
da dove verranno i finanziamenti, dal fondo straordinario per la lotta all’Aids. (…) A Vicenza, nel
lungo silenzio della Regione, qualche dubbio era nato: c’è qualcuno che non vuole la comunità?
Dopo la sbandierata conferenza stampa di ottobre, l’assessore Bogoni ha preso in giro tutti? (…)
L’Ulss 8 aspetta 1 miliardo e 445 milioni per potere partire; 405 milioni li ha già ottenuti grazie al
concorso di Provincia e Comune, l’intera opera costerà 1 miliardo e 850 milioni. (…)
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Il Giornale - 12 giugno 1990
Entro domani il sì del Senato alle norme che ribaltano la filosofia della “modica quantità”
Legge anti-droga al traguardo
Ieri è cominciata la discussione generale, oggi tocca al voto sui 145 emendamenti ai 39 articoli - Poi
il varo definitivo, sempre che non sia modificato il testo della Camera - Sarà tutto vietato, anche lo
spinello – La cura, unica alternativa alla punizione - Previste sanzioni amministrative a seconda della
“recidività” - Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo “Abele”, ha già annunciato una puntuale
disubbidienza alla legge. Il relatore Casoli lo avverte: ”Si mette fuori gioco e perderà qualsiasi finanziamento”.
Questa legge è stata, come ho più volte scritto, fortemente sollecitata dalle famiglie toccate dal
problema droga che da sempre si sentivano impotenti ed erano mute testimoni della distruzione dei propri figli. Perché don Ciotti, pur essendo prete, cioè pastore di anime, si è sempre accanito contro con tanta durezza? Gli stava veramente a cuore la vita umana o ancor più le sue
ideologie al momento non riconosciute? A causa degli antiproibizionisti, questa nuova legge ha
avuto vita breve. Oggi, 2009, visto l’andamento tragico e diversificato di tante disgrazie e
morti a causa della droga , vorrei sapere se don Ciotti è contento di sé stesso!
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Aids – 19 giugno 1990 – Ci ha lasciato Maurizio
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Il Giornale di Vicenza - 21 giugno 1990
A San Francisco Conferenza internazionale sui problemi socio-scientifici dei malati
Dodicimila a congresso per discutere sull’Aids
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Il Giornale di Vicenza - 24 giugno 1990
Sono ancora in aumento in Italia i decessi causati dagli stupefacenti
Dal I° gennaio al 20 giugno di quest’anno sono stati 505 contro 438 dello stesso periodo 1989
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Il Giornale di Vicenza - 27 giugno 1990
Esperti tutti d’accordo, solo il farmaco Azt aiuta il malato di Aids
Celebrata ieri la giornata mondiale contro le sostanze stupefacenti e i trafficanti
Droga, un grido di speranza
Aiutiamo i tossicodipendenti e combattiamo gli spacciatori, il coro unanime dei politici
Don Ciotti assicura che non farà mai denunce
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Il Giornale - 27 giugno 1990
Gava sulla legge antidroga: se necessario la modificheremo
(…) ”Nei confronti di questa legge tanto sofferta e contrastata – dice Gava presentando al Viminale la prima “Guida ai servizi pubblici e privati per le tossicodipendenze”, curata dal Labos – dovremmo essere in grado di intervenire per migliorarla e, se necessario, modificarla”. La nuova disciplina
che entrerà in vigore l’11 luglio, prevede conferenze triennali per verificare la bontà delle innovazioni: la più importante, com’è noto, è la “punibilità” del consumo, accompagnata da misure di prevenzione – recupero e dal potenziamento degli strumenti d’indagine e polizia contro il narcotraffico. Le “resistenze” sono molte. Don Luigi Ciotti ripete il suo no. (…)
Lapidario il direttore dell’Unfdac (agenzia Onu antidroga) Giuseppe Di Gennaro: ”E’ triste sentire
che benemerite organizzazioni parlino di disobbedienza civile. Spero ci ripensino”. (…)
In una “nota per la stampa”, il Viminale informa che ”sono 45.301 i tossicodipendenti in trattamento presso i presidi pubblici e privati alla data 31 marzo 1990. In particolare – secondo i dati dell’Osservatorio del ministero – 34.822 (di cui 28.921 maschi e 5.901 femmine) presso strutture pubbliche, e 10,479 (di cui 8.583 maschi e 1.896 femmine) presso le comunità private”. (…)
Il ministro della Sanità De Lorenzo (Pdl), emanerà a giorni il decreto che fisserà i limiti della “dose
media giornaliera” per le varie sostanze. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 27 giugno 1990
26 giugno – Giornata mondiale di lotta alla droga
“Mamme coraggio” ricevute ieri dal prefetto Porena
Una delegazione del comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti è stata ricevuta ieri
pomeriggio dal prefetto Sergio Porena, in occasione della “Giornata di lotta alla droga”. Le mamme
coraggio hanno ricordato il loro dramma al prefetto, e la grande attesa della nuova legge sulla droga.
La presidente del comitato, Olga Dalla Valle, ha consegnato a Porena un documento che riassume
la mappa delle mancata realizzazioni e delle promesse deluse per Vicenza: interventi urgenti sono ad
esempio il centro di pronta accoglienza sul quale si discute dal 1982, una comunità terapeutica tipo
Ceis (richiesta invano e mai presa in considerazione), la trasformazione del servizio socio-sanitario
per le tossicodipendenze con l’ampliamento di S. Domenico - “basta metadone e psicofarmaci: bisogna mutare l’aggancio col tossicodipendente” - hanno detto le mamme). (…) Il Comitato ha anche
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chiesto aiuto per le famiglie, soprattutto sotto il profilo psicologico: “oggi la gente guarda e tira dritto. Si convive con la droga, nessuno si stupisce più” ha ripetuto la signora Dalla Valle al prefetto. E
poi il dramma Aids: ”Otto morti in tre settimane – ha aggiunto la presidente – sono tanti. Vicenza
ha il trista primato dei sieropositivi, dei malati denunciati e dei decessi. Intanto la casa alloggio sembra diventato un miraggio e i malati senza famiglia sono costretti ad occupare posti letto già scarsi
in ospedale”. Il problema della droga a Vicenza non deve essere più il fanalino di coda, hanno ripetuto i genitori del comitato, ma va studiato, analizzato e risolto come tutti gli altri.
Al prefetto la Dalla Valle ha anche consegnato copia della lettera del ministro della Sanità De Lorenzo che rassicura il comitato a proposito della casa alloggio per malati di aids: De Lorenzo dichiara di
“Aver interessato subito l’assessore regionale alla Sanità” e di essere fiducioso nell’applicazione del
disegno di legge sull’Aids, il cui testo è di imminente pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Il prefetto ha accolto le richieste del comitato, riservandosi di convocarlo al più presto una volta pubblicato e posseduto il testo della nuova legge sulla droga: Porena ha affermato di dover necessariamente interpellare tutti coloro che operano nel campo della tossicodipendenza per riuscire ad attuare il
dettato della legge che chiama in causa scuola, famiglie, forze dell’ordine non solo per “punire” il
drogato ma soprattutto per prevenire.
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Il Giornale di Vicenza - 28 giugno 1990
Una giovane trovata senza vita
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Il Giornale di Vicenza 30 giugno 1990
Ventitré anni, violentata e assassinata
Giovane prostituta tossicodipendente muore dopo una brutale aggressione
Una vita tristissima passata da uno squallore all’altro: la famiglia disgregata, l’eroina, la prostituzione, la morte per overdose del ragazzo a cui era legata. Una vita segnata fin da giovanissima dalla miseria che ha portato nel giro di pochi anni un fiore di ragazza sul baratro della degradazione che infine l’ha inghiottita. (…)
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Aids – 2 luglio 1990 – Ci ha lasciato Stefano
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Il Giornale di Vicenza - 4 luglio 1990
Furono 461 le vittime nei primi sei mesi dell’89 e 550 nello stesso periodo del 90
Droga, 20 % di morti in più
Sono aumentati di un terzo i sequestri di eroina da parte delle forze dell’ordine
Calati quelli di cocaina e di cannabis – al via una capillare campagna preventiva
“Giovanissimi a rischio: dilaga l”estasi”
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Il Giornale di Vicenza - 10 luglio 1990
Suicidi, Vicenza ha un primato
Quaranta “tentativi” nel 1998 - Nella nostra provincia 37 persone si son tolte la vita
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Il Giornale - 24 luglio 1990
Il fenomeno delle discoteche itineranti in Inghilterra
Infuria l’Acid house party – Delirio di musica e droga
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1990
Baccanali a base di alcool, amfetamine e Ecstasy fino all’alba per migliaia di giovani
Vigilantes contro la polizia
Londra – E’ un fenomeno che resiste nel tempo, ha radici lontane nella Beat generation, si risciacqua nell’hippismo anni Sessanta, cozza con i valori thatcheriani degli Eighties e senza più alcuna
valenza artistica o politica si fa, in quest’ultimo scorcio di millennio, sterile prodotto della sottocultura giovanile. LAcid house party non è una moda nuova, esce dal ventre dell’underground britannico e, nudo di ogni velleità alternativa, rimane un disperato tentativo di divertirsi. L’arresto, a
Leeds, di 836 giovani che si erano rinchiusi in un capannone trasformandolo in una megadiscoteca
generosa di musica, Lsd e alcool, ha riproposto in Inghilterra un fenomeno che, solo per ragioni
meteorologiche, è tipicamente estivo. Con l’arrivo del pallido sole britannico si celebra la transumanza di migliaia di giovani a caccia di una notte di delirio da consumare il sabato sera in aperta
campagna, in magazzini fatiscenti, in ruderi abbandonati. Acid house party sono essenzialmente
discoteche senza fissa dimora, moderne balere itineranti che raccolgono da mille a quindicimila giovani per volta, nelle quali si suona musica “acidi” (il nome gli è stato affibbiato anni fa a Chicago),
si consumano amfetamine, si bevono liquori, si balla fino all’alba e sempre più spesso si fa la guerra
con la polizia. La battaglia a Leeds ha impegnato duecento agenti in uniforme antisommossa, decine di poliziotti a cavallo e cani addestrati. È durata dalle due alle cinque del mattino di domenica e
si è conclusa con un rastrellamento massiccio senza precedenti negli ultimi due decenni. Gli ottocento e più ospiti della superfesta (gli altri sono stati bloccati prima di raggiungere il locale) hanno
passato qualche ora in guardina, poi se ne sono andati con una denuncia a piede libero per danneggiamenti, detenzione di droga, resistenza, disturbo della quiete pubblica. (…) (Leonardo Malsano)
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Il Giornale di Vicenza - 9 agosto 1990
Con i soldi dell’Aids si metterà mano al vecchio S. Bortolo
Il via dai laboratori
Con i fondi della legge sull’Aids l’Ulss 8 mette mano alla zona monumentale dell’ospedale, che fino
ad oggi è rimasta “al palo” nel turbinio della trasformazione al S. Bortolo.
Un primo stralcio della ricostruzione dei fabbricati che si affacciano sul chiosco potrà partire con 2
miliardi e 200 milioni – più 500 milioni per attrezzature – che la regione ha assegnato ai laboratori
analisi. Contemporaneamente all’assegnazione dei fondi (Vicenza ha ottenuto il 16 per cento dei
175 miliardi che il ministero ha stanziato per il Veneto), il comitato di gestione dell’Ulss ha affidato ad un gruppo di architetti il compito di “ripensare” la zona monumentale del vecchio ingresso su
contrà S. Bortolo e del chiostro. (…)
Novanta giorni di tempo per presentare i primi elaborati, periodo, però che dovrebbe ridursi per non
perdere il treno dei finanziamenti aAids: oltre ai 2 miliardi e 200 milioni per la costruzione del laboratorio analisi, Vicenza ha ricevuto 2 miliardi e 200 milioni per sistemare microbiologia, 1 miliardo
e 800 milioni per il servizio immunotrasfusionale, 1 miliardo e 800 milioni per anatomia patologica, tutti sevizi o laboratori che attualmente sono collocati nel “vecchio S. Bortolo”. Di miglioramenti per il reparto di malattie infettive, dove in una stanza sono degenti più malati di Aids portatori di
varie patologie, non se ne fa cenno
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Il Giornale di Vicenza - 10 agosto 1990
Lo studio di un membro del Csm mette a fuoco il colossale volume d’affari dei venditori di morte
Nell’89 per la droga in Italia si sono spesi 45 mila miliardi di lire
I tossicodipendenti sono complessivamente circa 2 milioni duecentomila - Quasi 470 mila gli
“addetti” al traffico che hanno a carico un milione e mezzo di familiari -Prevenzione e cure
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1990
L’inizio di un viaggio senza ritorno
Roma – 300 mila tossicodipendenti da eroina, 100 mila da cocaina, 1.800 mila assuntori di hashish e marijuana nel 1988; un volume d’affari nell’89 pari a circa 45 mila miliardi di lire; un ricavo di
880 milioni di lire per hashish, di 61 miliardi per le foglie di coca e di 170 miliardi per oppio grezzo da un investimento base di 100 milioni di lire; e ancora, quasi 470 mila “addetti”al traffico illecito nell’89 con un numero di familiari a carico di oltre 1 milione e mezzo.
Questi alcuni dei dati più impressionanti sull’uso e la diffusione delle principali sostanze stupefacenti nel nostro Paese, che sono contenuti in uno studio approfondito e documentato, concluso dal giudice Sergio Letizia, componente del Consiglio superiore della magistratura ed operatore da anni
impegnato sul terreno della lotta antidroga.
Avvalendosi di ricerche e riferimenti provenienti da organismi specializzati e proponendo altresì una
serie di tabelle statistiche sulle caratteristiche e gli effetti del fenomeno nel mondo, il dossier del magistrato fornisce un quadro dettagliato sulle principali sostanze oggi in commercio (compresi gli ultimi “ritrovati”come crack ed extasy) su mercati internazionali di produzione e smistamento; fa inoltre
il punto sugli enormi traffici – che, come si sa, hanno raggiunto l’anno passato a livello mondiale ben
500 miliardi di dollari di fatturato complessivo; esamina poi i mezzi di trasporto e di occultamento,
l’attività di riciclaggio, sistemi di lotta antidroga, e finisce con un giudizio sostanzialmente positivo
(pur con qualche riserva) sull’ultima normativa entrata in vigore nel giugno scorso. (…)
Tra i modi più “impensati” di far viaggiare le droghe sono stati citati, tra gli altri, financo i ritratti
di Gorbaciov sequestrati in Germania lo scorso anno e imbevuti ciascuno di 135 milligrammi di Lsd
(pari ad una doppia dose); le figurine di Batman sequestrate a Linate e anch’esse imbevute della stessa sostanza, nonché le orchidee dei containers imbottite di coca provenienti dalla Colombia e dirette in Francia.
Quanto all’utilizzazione degli enormi proventi del traffico di stupefacenti, il dossier del giudice Letizia si richiama ai più sofisticati mezzi di riciclaggio del denaro sporco con il coinvolgimento di
nazioni estranee alla produzione ed al consumo di tali sostanze e, al tempo stesso, tramite il sistema
bancario coperto dal segreto in diversi Paesi. (…)
Circa poi i metodi di lotta antidroga, nel nostro Paese, sottolineata l’importanza tuttora in parte trascurata dell’attività di prevenzione, lo studio dichiara la sua avversità sia alle proposte di liberalizzazione che di legalizzazione degli stupefacenti, sia – per quel che riguarda la terapia da applicare –
della somministrazione del metadone agli eroinomani; nota nel contempo come la miglior cura sia
sempre quella, poste in atto dalle comunità terapeutiche private, dell’interruzione improvvisa e totale dell’uso della droga, “senza” l’assunzione successiva di farmaci. (…)
Il dossier si conclude auspicando una più ampia diffusione dell’informazione sui pericoli della droga,
il potenziamento delle strutture pubbliche per il recupero dei tossicodipendenti ed il rinforzo degli
organici dei corpi specializzati, anche per prevenire e combattere la “criminalità indotta” costituita
da omicidi, rapine e scippi collegati alla tossicomania.
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Il Giornale di Vicenza - 15 agosto 1990
Associazione della Chiesa vicentina pro malati di Aids
L’iniziativa è partita dal consiglio della Caritas vicentina e ha trovato l’accordo con altre associazioni nel mondo cattolico vicentino: fondare un’associazione per assicurare l’assistenza ai malati di Aids
nelle case di accoglienza che saranno aperte – per ora – nell’Ulss 8 e nell’Ulss 6.
L’associazione è stata chiamata “Speranza” ed entrerà a far parte della consulta della Caritas diocesana; vi aderiscono la commissione per la pastorale della salute, unitamente al presidente dell’azione
cattolica diocesana, il Cif e la S. Vincenzo. Diventerà operativa il autunno, anche per garantire assistenza in ospedale agli infettivi.
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1990
Nei vari reparti dell’ospedale operavano (e tutt’ora operano) i volontari della “S. Vincenzo”,
associazione legata alla Caritas diocesana. L’unico reparto sprovvisto di tale assistenza era il
malattie infettive. Quando scoppiò l’Aids, la maggioranza dei colpiti erano tossicodipendenti.
Come “Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti”, abbiamo iniziato un
volontariato presso questi malati nell’agosto del 1988, seguendo alcuni di loro privi di qualsiasi aiuto e in certi casi anche a domicilio. Nel 1990, su consiglio del primario prof. De Lalla,
abbiamo modificato lo statuto aggiungendo alla nostra denominazione: “e dei malati di Aids”“Meglio essere in regola a scanso di qualsiasi problema”- erano state le sue sagge parole!
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Il Giornale di Vicenza - 25 agosto 1990
25 agosto 1990 - Riporto una lettera inviata al quotidiano da un padre a noi sconosciuto
Droga. Non tutte la comunità sono affidabili
Egregio direttore,
mio figlio si droga da sette anni, è sieropositivo e completamente a mio carico perché finora la droga ha vinto. Per tentare di salvarlo ha percorso mezza Italia, ho chiesto aiuto a
tanti, ho letto sulla droga, ho assistito a dibattiti e conferenze, raccolto informazioni e
documentazioni e mi sono tanto indebitato. Sempre in silenzio, umiliato dalla mia condizione di padre di un drogato, che per molti vuol dire un padre fallito. Sono un lavoratore dipendente che paga le tasse fino all’ultima lira, anche per gli indisturbati evasori
fiscali, e che si rode il fegato quando viene a sapere di sovvenzioni pubbliche concesse a
improvvisazioni per il recupero dei drogati.
Esiste una regola che anche chi amministra le finanze pubbliche dovrebbe applicare:
per potere svolgere responsabilmente determinati lavori, in qualunque settore, occorre sì
la predisposizione ma anche la professionalità, il tirocinio e infine l’esperienza. Se poi si
deve “lavorare” nelle menti fragili e sconvolte di giovani drogati, diversi uno dall’altro, le
sperimentazioni dilettantistiche possono risultare, anche a distanza di tempo, pericolose
ed inutili. Fuori da un tunnel si può entrare in un altro bruciando speranze, denaro e
tempo prezioso.
Dopo l’approvazione della nuova legge sulla droga, dove fra l’altro si dice che drogarsi
non è più lecito e chi verrà trovato con droga sarà passibile di provvedimenti disciplinari
e anche di sanzioni, i contrari di detta legge hanno ripreso la lotta, soprattutto per voce di
don Luigi Ciotti, un tempo, non lontano, sostenitore della legalizzazione della droga
(nuovo metodo educativo contro il disagio giovanile?) e attuale presidente del coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza – Cnca – che di recente, attraverso i mezzi
di informazione nazionali, ha preannunciato scioperi bianchi e boicottaggi alla citata legge
precisando che la linea di tendenza degli iscritti o aderenti al Cnca è omogenea alla sua
anche per quanto riguarda la nuova legge sulla droga. Questo vuol dire, in soldoni, che le
comunità e le cooperative per il recupero dei drogati, nel nostro caso vicentine, iscritte o
aderenti al Cnca di don Ciotti, che beneficiano di sovvenzioni pubbliche, non accoglieranno quei giovani che, colpiti da sanzioni, su loro richiesta sceglieranno gli arresti domiciliari in luoghi di recupero per la loro riabilitazione psicologica e morale, in alternanza
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al carcere, come stabilito dalla nuova legge, e giustificano il loro rifiuto di accoglienza con
la vecchia storia che la mela marcia messa vicina a quella sana ecc. ecc.
Affermano, anche, che, se fossero costretti ad accettarli (e Dio sa con quale risultato
considerando l’imposizione) non li denunceranno se trovati in possesso di droga e quindi
passibili di sanzioni. Sarebbe come se in una scuola di Stato venissero rifiutati gli studenti “a rischio” per evitare il loro contatto con compagni “normali” o, se accolti, lasciassero
correre sulla loro asocialità provocatoria e dannosa. E gli educatori, gli operatori, le leggi
quali funzioni hanno?
Adesso non so come il Prefetto, i sindaci ed i presidenti delle Ulss del vicentino si comporteranno verso quelle comunità e cooperative menzionate, che, salvo quella di nome
“Incontro” presso i frati di Lonigo e quella di nome “Ceis” di Schio, risultano tutte iscritte o allineate col Cnca di don Ciotti; a suo tempo hanno sottoscritto la sua lettera aperta
– Educare non punire – contro la nuova legge sulla droga, pubblicata anche sulla stampa
vicentina con i loro nomi; hanno fatto manifestazioni e dichiarazioni pubbliche contro la
proibizione di drogarsi e contro le relative sanzioni, sostenuti da qualche associazione cattolica e da gruppi politici, qualcuno dei quali manifestava con slogan da balordi irresponsabili come: “Proibito proibire” e trovando facili consensi in certi settori giovanili, primo
fra tutti quello dei drogati a cui venivano rivolte parole di pietismo, di libertà e di solidarietà salvo poi, sbrigativamente rispedirli con i loro sballi, sulla strada o alle rispettive famiglie. E tutto ciò continuando a riscuotere tangibili attenzioni da amministratori pubblici,
rappresentanti proprio di quei politici che avevano proposto e sostenuto la nuova legge,
da loro tanto violentemente contestata!
Non so che tipo di aiuto, se ce ne fosse bisogno, posso aspettarmi per mio figlio e per
altri disgraziati come lui, da questa comunità e cooperative tanto critiche verso una legge
che secondo le norme vigenti, dovrebbe venire rispettata ed applicata con vigore e, per
poter sperare in risultati positivi, anche con convinzione. Può darsi che gli interessati riescano a superare gli eventuali ostacoli facendo sì che tutto continui come prima, ignorando quindi la legge contestata, sempre fedeli al loro allineamento con chi preannuncia
pubblicamente scioperi bianchi e boicottaggi. E senza nulla temere visto che nelle pubbliche amministrazioni sono sempre mancati gli esperti – veramente tali – per controlli e
verifiche sia in questo e in altri settori che beneficiano di sovvenzioni pubbliche.
Come padre ma anche come contribuente, modesto sì ma appunto per questo con il
diritto di un minimo di attenzione e di considerazione, spero che le personalità chiamate
in causa diano chiarimenti in merito perché chi è investito di pubblici poteri dovrebbe
assumersi finalmente anche le sue responsabilità sulla tragedia dei drogati, finora tanto
chiacchierata e tanto manipolata per fini politici ma, in concreto, sottovalutata e trascurata da troppi anni. E anche perché con la nuova legge sono stati stanziati parecchi miliardi per il recupero dei drogati e, per un buon investimento, si rende indispensabile finalmente una perfetta conoscenza del problema e tanta trasparenza, puntando su comunità
a tempo pieno e su strutture di primo soccorso che dispongano di programmi ben studiati e collaudati e di personale appositamente preparato e soprattutto motivato. Si tratta di
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un lavoro molto difficile e adatto per “missionari” e non per carrieristi o per chi mira al
buon affare che rende.
Comprendo che le difficoltà saranno molte, ma a confronto, le difficoltà che ogni giorno, da anni e da soli, siamo costretti ad affrontare io, mia moglie e gli altri miei figli, e
tante famiglie come la mia sono inimmaginabili. È una vita d’inferno che soltanto chi l’ha
vissuta può comprenderne tutta la sua drammaticità e complessità. Una tragedia che,
improvvisamente, può colpire chiunque abbia figli giovani, distruggendone l’esistenza.
Un padre
La lettera è lunga, ma descrive bene l’angoscia di questo genitore; sottoscrivo le critiche e i timori. Naturalmente non vi è stata alcuna replica chiarificatrice!
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Il Giornale di Vicenza - 31 agosto 1990
Un’interrogazione alla Regione sugli infettivi
I Verdi sul reparto Aids “Commissariare l’Ulss 8”
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A quel tempo facevo parte della V commissione Sanità del Comune di Vicenza, e tra altri numerosi problemi dibattuti - zingari, anziani ecc.- qualche volta si parlava (e a me sembrava senza
convinzione), anche di tossicodipendenza e Aids. I Verdi soprattutto, criticavano l’insistente
richiesta di una casa per malati terminali, dicendo che si voleva farne un lazzaretto.
Loro però, non conoscevano personalmente la realtà della situazione e non avevano concrete idee
di come potere sistemare i malati gravi che per mesi rimanevano in reparto, perché privi di ogni
assistenza familiare. Ad un certo punto hanno deciso di recarsi in visita al malattie infettive e,
costatando la realtà dal vivo, hanno inviato un’interrogazione alla Giunta regionale.
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Il Giornale di Vicenza - 1 settembre 1990
Secca risposta del presidente dell’Ulss De Boni alle contestazioni contenute
in due interrogazioni presentate da 5 consiglieri dei Verdi
Reparto Aids disastrato?
La replica del Comitato di gestione: “Qualcuno vuole speculare”
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Aids – 3 settembre 1990 – Ci hanno lasciato Vito e Lucia
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Il Giornale di Vicenza - 4 settembre 1990
Commissionare l’Ulss 8? Risponde il Comitato famiglie
Aids, sul reparto una polemica non costruttiva
Un’interrogazione a risposta scritta presentata dai consiglieri Verdi in cui fra l’altro si chiedeva il
commissariamento dell’Ulss 8 “Vicenza” non trova alleato il Comitato di solidarietà con le famiglie
dei tossicodipendenti (alla vecchia denominazione ora è stato aggiunto “e malati di Aids). La presidente Olga Dalla Valle dice di essere infastidita “da quel modo di affrontare il problema. (…)
“Quell’interrogazione – dice la Dalla Valle – mi è sembrata fredda e sterile: si tratta di una polemica politica non costruttiva e anche imprecisa e incompleta, dove prevalgono le problematiche di fun– 205 –
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zionalità del reparto senza il minimo accenno a quei giovani che, colpiti dalla terribile malattia, vivono una situazione altamente drammatica. Si mettono in risalto i pericoli e i disagi – aggiunge la presidente del Comitato - in cui possono incorrere i visitatori degli infettivi non essendoci un percorso
protetto né una zona filtro dando l’impressione che i malati di Aids possano trasmettere i virus a
vista, come spruzzi di una colata ardente”.
Ma qua’è il contenuto dell’interrogazione alla Regione dei Verdi? Essi avanzano alle autorità regionali tre richieste, dopo che operatori del reparto, pazienti dello stesso, Cgil, Cisl e Uil, l’Addima avevano già inviato alle autorità un esposto per denunciare la situazione di pericolo: “se la Giunta regionale – questa l’interrogazione – non ritenga di richiamare il comitato di gestione dell’Ulss 8 a prestare ai problemi esposti (condizioni strutturali, organizzative e operative del reparto infettivi, ndr)
quell’attenzione e quell’interesse finora scarsamente dimostrati; se non intenda giungere al commissariamento dell’Ulss 8 per porre immediatamente rimedio alla situazione di pericolo in cui versano
operatori, pazienti, visitatori del reparto malattie infettive dell’ospedale di Vicenza; se la Giunta
regionale non intenda urgentemente farsi carico della situazione della provincia di Vicenza per quanto riguarda l’Aids, anche prevedendo per l’ospedale di Vicenza un numero di letti congruo al numero di malati esistenti sul territorio”.
Fin qui, i Verdi. Accuse precise. Una presa di posizione politica che non ha bisogno si essere commentata. Ed è proprio per questo che ad Olga Dalla Valle e al Comitato non va giù. “Sono più di
due anni – sostiene – che alcune mamme del Comitato di solidarietà con altri volontari assistono
questi malati e passano ore accanto ai loro letti, osservando naturalmente quei criteri di igiene stabiliti dai responsabili del reparto. È ovvio che nella zona Aids degli infettivi non si va per soddisfare meschine curiosità, ma per dare conforto a chi soffre”. “Lo sanno i firmatari di questa interrogazione dove sta il vero grave pericolo? Sta in quei malati di Aids che non si curano regolarmente e
non si attengono alle prescrizioni mediche, malati che, droga, Alcool e malattie hanno reso incapaci di badare a se stessi, malati che andrebbero protetti per il bene loro e degli altri e invece si aggirano traballanti come mine vaganti in un mare di disinteresse e di indifferenza”. Lo sfogo di Olga Dalla
Valle continua: ”Sono anni che il Comitato di solidarietà si batte perché la struttura ospedaliera per
l’Aids sia adeguata alle necessità sempre impellenti; sono anni che chiediamo l’istituzione di comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti, per stapparli alla droga e non farne potenziali malati di Aids”. E riecco il problema della casa alloggio: ”Sono anni che ne chiediamo una per sieropositivi con infezioni invalidanti e malati conclamati o carenti di assistenza familiare. Dove erano,
dove sono i partiti politici, Verdi compresi, quelle associazione di ispirazione cattolica che dicono di
manifestare solidarietà e sensibilità verso il disagio giovanile e le nuove povertà? Perché non si sono
messi al nostro fianco in una lotta che dovrebbe trovarci tutti uniti?”. Olga Dalla Valle chiude con
un’amara considerazione: ”Noi siamo sempre stati soli e impotenti davanti a tanta tragedia: eppure
combattiamo ancora, sorretti soprattutto dalla forza che viene dalla disperazione. Le calorose attenzioni verbali dei politici le abbiamo ricevute soltanto in occasioni di confronti elettorali. Sì, è vero,
occorrono le strutture adeguate, ma nel contempo non dobbiamo disumanizzare la sofferenza e la
morte: dobbiamo invece trasmettere sentimenti di solidarietà, di speranza, di carità, con una carezza, una parola di conforto, una presenza costante, anche se silenziosa. Anche e soprattutto di questo
hanno bisogno i colpiti di Aids”.
Sull’interrogazione degli esponenti dei Verdi è intervenuto Sandro Sessi, del settore sanità della Cgil:
”Certo – spiega – del reparto infettivi dell’ospedale civile di Vicenza si può dire tutto il male possibile, ma il problema è trovare una soluzione, e subito, piuttosto che continuare a far polemica.
Comunque, quelli dell’Ulss 8 possono dire di avercela messa tutta ma la disorganizzazione e i limiti del reparto sono grandi: dal personale alla organizzazione del lavoro, all’insufficienza delle strut(Giulio Antonacci)
ture”.
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Il Giornale di Vicenza - 13 settembre 1990
Tre persone hanno fatto salire a 15 il numero di coloro che si sono tolte la vita con il gas di scarico
Il numero dei suicidi cresce con l’aumento del benessere
Due gli schieramenti dei psicologi e sociologi sulle responsabilità dei mass media
Roma – Un tubo di gomma collegato a quello di scappamento dell’auto. Pochi istanti. E l’ossido di
carbonio spezza altre tre vite in 24 ore. Un freddo piano di morte. (…)
Un’epidemia di suicidi? Parlano, discutono psicologi e sociologi alla ricerca del perché tutti e 15
abbiano scelto di morire seguendo il tragico rito dell’automobile trasformata in camera a gas. E il
primo imputato è la stampa. I mass media, secondo Luigi De Marchi rischiano di “spingere verso
un’imitazione di massa e c’è il pericolo che ciò possa addirittura diventare una moda”. (…) Fatto sta
che il benessere uccide. O almeno è ciò che emerge da un’indagine dell’Istat. L’aumento dei suicidi
è parallelo al miglioramento della congiuntura economica generale e a quello del reddito famigliare.
(…) Le percentuali dei suicidi crescono, quasi con regolarità, a partire dalle regioni con reddito più
basso verso a quelle a reddito e tenore di vita più alto. (…) Secondo l’Istat sono la solitudine e l’incomunicabilità a stimolare il rifiuto di vivere, e infatti il numero più consistente di suicidi avviene
nei grandi centri. (…) Secondo il ministro per gli affari sociali Rosa Russo Jervolino, “La famiglia
deve avere un ruolo centrale ed insostituibile, soprattutto in termini di educazione”.
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Il Giornale di Vicenza - 16 settembre 1990
Circa 6 mila tossicodipendenti, 120 malati di Aids e 1.500 sieropositivi
Pianeta droga, storie vicentine
Nei primi otto mesi di quest’anno 11 morti per overdose
Questi i dati forniti dalla Questura di Vicenza relativi ai reati legati al mondo della droga
registrati da gennaio ad agosto di quest’anno:
- 32 persone arrestate per reati di spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti
(39 in tutto il 1989)
- 3 persone denunciate a piede libero ( 2 nel 1989)
- 11 morti per overdose ( 9 nel 1989)
Secondo dati recenti del ministero della Sanità, è Vicenza la città veneta più colpita del virus Hiv,
con 120 malati di Aids e 150 circa sieropositivi. Seguono a distanza, ma sempre con dati preoccupanti, Padova, Verona e Venezia, ciascuna con una settantina di malati conclamati e più di 2 mila
sieropositivi.
Se c’è una mappa della disperazione, c’è anche una mappa della speranza: è quella delle comunità,
delle cooperative e dei centri per il recupero dei tossicodipendenti. Nella nostra provincia se ne contano parecchi, anche se si tratta per lo più di realtà che assomigliano poco a San Patrignano (come
si sa la comunità di Muccioli è formata da più di 600 ospiti) e l’ispirazione viene da esperienze di
diverso tipo. C’è chi si rifà ai metodi di don Ciotti, chi sposa don Picchi, e chi facendo tesoro dei
contatti con i drogati assume e propone una propria filosofia del recupero.
Vediamo dunque com’è composto l’arcipelago delle comunità, quasi tutte convenzionate con le
Unità sanitarie locali, che a loro volta gestiscono un centro di riferimento ciascuna. Su queste realtà
fanno riferimento nella prima parte circa seimila tossicodipendenti stimati in tutta la provincia di
Vicenza e solo un quarto di essi gravita sui centri delle Ulss.
Brevemente:
Ulss 8 – Oltre al servizio medico-sociale per i tossicodipendenti in corso S. Felice e al centro diurno di via Mure S. Domenico, la città ospita a Saviabona la comunità della cooperativa “Nuova vita”.
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Altre due cooperative sono a S. Pio X (Insieme) e “l’elica” in via Stradella Mora. In città opera altresì l’associazione “Il Mosaico” che si occupa dei problemi dei giovani e dell’emarginazione, e che
anima anche la comunità S. Stefano di laghetto (4 posti) e la cooperativa di lavoro Mtg trasferita a
Rettorgole da un anno e mezzo. La filosofia è analoga a quella di “Nuova vita”: accogliere ragazzi
vicentini, senza sradicarli dal proprio territorio, creare accettazione e inserimento in città. A Valproto di Quinto Vicentino s’è aperta poco più di un anno fa la comunità di don Gelmini per ragazze
tossicodipendenti.
Ulss 6 – Socche della Croce – Centro di accoglienza del progetto Ceis con 15 ragazzi, più altri 15
per la fase terapeutica a Villa Riva a Piovene.
Ulss 7 e 37- Comunità S. Gaetano a Recoaro Terme con una quindicina di giovani tra cui alcune
ragazze.
A Schio si è aggiunta da poco una seconda comunità di terapia vera e propria alla sede de: “La soglia”
(Primavera nuova) con una ventina di tossicodipendenti. Ad Arzignano, alla comunità di S. Zeno si
affronta la fase delicata della primissima accoglienza dei tossicodipendenti (vi stazionano 5 giovani
prima di entrare in comunità).
Ulss 9 – a Noventa funziona un servizio per le tossicodipendenze, unica realtà fino a che non ha
aperto a Lonigo “L’incontro” di don Gelmini nella quale vengono accolti in trattamento ragazzi provenienti da altre città e regioni. Ad Agugliaro, una seconda comunità, promossa da un gruppo di
volontariato ospita 6-7 tossicodipendenti e allarga l’attività ad un centro diurno.
Va segnalata la comunità francescana di Breganze, gestita dai padri francescani dove vengono accolti ex carcerati e alcuni tossicodipendenti, così come a Calvene nella “Primavera nuova”.
A Costozza di Longare operano alcuni componenti della carovana “Exodus” con sede all’opera don
Calabria: vi sono alcuni ragazzi in fase di recupero.
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Vicenza 21-22-23 settembre 1990
III Rassegna nazionale danza contemporanea
Domenica 23 settembre si è conclusa la III Rassegna Nazionale di Danza Contemporanea
organizzata dal Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei malati di
Aids in collaborazione con gli assessorati alla Cultura e agli Interventi Sociali del Comune di
Vicenza.
In queste tre serate abbiamo potuto godere degli spettacoli d’avanguardia, sei splendidi balletti, impegnati nel cogliere, focalizzare, esprimere, le difficoltà esistenziali dell’uomo. Tema
attuale oggi, forse come non mai, e che sembra descrivere situazioni date dalla sofferenza del
vivere di molti giovani: “Vita e morte s’incontrano, si sfiorano, si confondono, e le immagini
evanescenti finiscono così con il rappresentare di volta in volta il caos e l’armonia, la luce e
l’ombra, la felicità e la follia”.
Alle Compagnie: Teatro e Danza “Città di Thiene”- Gruppo Italiano “Teatro Nuova
Danza”- “Compagnia di Danza Libera” – Gruppo Danza Contemporanea “Kronos”- al gruppo “Mimesis”- Compagnia “Era Aquario”, riunite assieme in questa rassegna da Franca Della
Libera che nella primavera dell’89 con il balletto “L’Orto dell’aurora” ha reso possibile una iniziativa, ora ripetuta, per dare solidarietà ai malati di Aids in particolari situazioni di bisogno,
va tutta la nostra commossa riconoscenza.
Peccato che questa iniziativa, dove la cultura si è aperta al sociale, sia stata ignorata dai
nostri amministratori. Solamente il presidente dell’Ulss 8 e la consigliera Marina Cogato,
hanno aderito al nostro invito; per gli altri, zero assoluto.
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1990
Il problema droga - oggi affiancato dall’Aids, universalmente riconosciuto come uno dei più
gravi di questo fine secolo, qui a Vicenza non è considerato tale ed è immancabilmente posto
come fanalino di coda dopo altri vari problemi. Forse la vita di tanti giovani e la sofferenza di
tante famiglie non contano niente?
Ecco dimostrato perché, dopo anni di lotta per avere strutture idonee al recupero dei tossicodipendenti, il Comitato non sia riuscito nel suo intento.
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Lettera inviata al Giornale di Vicenza e pubblicata il 22 settembre con il titolo:
Droga. Questa la triste realtà
Egregio direttore,
leggendo l’articolo “Pianeta Droga storie vicentine”, pubblicato sul Giornale di Vicenza
domenica 16/09/90, abbiamo riscontrato alcune inesattezze. Allo scopo di fornire un servizio a tutti quei cittadini che sono interessati al problema “droga”, perché coloro che da
tale problema è toccato non abbia nella necessità, confondersi e perdersi in strutture inesistenti o quasi, desideriamo fornire dati attualmente aggiornati in nostro possesso precisando quanto segue:
Ulss 8 - “Cooperativa Insieme”: ospita 1 tossicodipendente e altre persone con problemi
vari. “Cooperativa L’Elica”: ospita 1 tossicodipendente e altre persone con problemi
vari.
Comunità S. Stefano: con la cooperativa di lavoro Mtg, ospita 2 tossicodipendenti.
Valproto di Quinto: non esiste nessuna comunità per donne, come scritto nell’articolo
suddetto. Circa tre anni fa, l’Ipai ha dato in comodato alla comunità “Incontro” di don
Pierino Gelmini un rustico per farne una comunità femminile. Questo rustico è da
demolire e ricostruire; per il momento i lavori non sono ancora cominciati.
Carovana Exodus: si trovava presso l’Istituto don Calabria di Costozza di Longare. Ha cessato ogni attività fin dal 1988.
Ulss 6 - “Cooperativa Primavera Nuova” di Schio: in data 20/08/90, il Giornale di Vicenza ha pubblicato la notizia che detta cooperativa finora destinata al recupero anche di
tossicodipendenti, è attualmente in fase di trasformazione, in quanto ospiterà soltanto
persone con problemi di natura psichiatrica.
Ceis di Schio - Questa comunità terapeutica aperta circa tre anni fa con una sola struttura a Socche alla Croce, dopo due anni si completava con l’aggiunta di due nuove struttura residenziali a Piovene e a Marano. Attualmente i tossicodipendenti che seguono il
programma nelle varie fasi sono 86. Altrettante sono le famiglie che frequentano i corsi
loro riservati.
Ulss 9 - La comunità terapeutica “Incontro “di Lonigo attualmente ospita 19 giovani in
terapia riabilitativa.
Delle altre strutture per tossicodipendenti non abbiamo informazioni precise.
Precisiamo anche che, S. Patrignano (Forlì), secondo le dichiarazioni fatte da Vincenzo Muccioli in data 08/09/90 a S. Martino Buonalbergo in occasione della riunione triveneta del Muvlad (Movimento volontari lotta alla droga), ospita attualmente 1.500 tos– 209 –
1990
sicodipendenti (non 600 come scritto nell’articolo in questione). Tra non molto saranno
2 mila. Centinaia sono i giovani in lista d’attesa e circa 150 le telefonate giornaliere con
richiesta di aiuto.
Purtroppo non è vero che a Vicenza esiste la “Filosofia di accogliere i ragazzi vicentini
senza sradicarli dal proprio territorio, creare accettazione e inserimento in città”, anzi, al
contrario, la politica cittadina si avvale del fatto che altre comunità al di fuori della nostra
città e, soprattutto della provincia, accettano con disponibilità e nel limite del possibile
(vedi le lunghe attese), i nostri ragazzi, con spese e sacrifici che non tutte le famiglie possono sopportare per seguire i programmi terapeutici che prevedono il recupero dei giovani in funzione anche della costante partecipazione del nucleo familiare.
Sono anni e anni che chiediamo strutture, sono anni e anni che riceviamo promesse!
Saltuariamente si hanno notizie di nuove comunità o si “gonfiano” quelle esistenti e, se gli
“addetti ai lavori” conoscono l’inesattezza e l’infondatezza di tali notizie, i mass media
invece ci credono e pensano che noi pretendiamo chissà che cosa!...Un esempio emblematico di quanto diciamo è la casa alloggio per malati di Aids, la quale doveva essere funzionante ancora la scorsa primavera, a detta di certi politici è quasi pronta, mentre nella realtà
la sua realizzazione per ora sembra più che mai nebulosa.
I tossicodipendenti e ancor peggio gli ammalati di Aids, non portano voti “buoni”,
perciò valgono assai poco; ci pensino bene però i politici, e facciano bene i loro conti, perché se seimila famiglie colpite dalla droga, esauste, stremate, lacerate, annientate, incapaci di reagire con forza si decidessero di unirsi, magari in un corteo lungo Corso Palladio fino al “Palazzo”, e qui sostare fino a quando non saranno realizzati fatti concreti, queste stesse famiglie composte da seicento madri, seicento padri e più di seicento tra fratelli
e sorelle, stanche di avere la vita avvelenata, stanche di essere emarginate e di provare vergogna, stanche della loro impotenza, queste famiglie, ripeto, con altri parenti e amici,
potrebbero costituire migliaia e migliaia di voti di protesta, di schede bianche e di certificati elettorali strappati.
Finché coloro i quali, non toccati da questo problema non capiranno quanto sia grave
questa situazione e non si impegneranno su questo fronte, le cose non potranno cambiare; si sappia però che la droga è come un cancro, ognuno pensa che i colpiti saranno gli
altri, mentre di fatto nessuno ne è immune.
Si parla tanto di prevenzione, parola che vuol dire tutto e niente. La prima prevenzione è togliere il tossicodipendente dalla strada, bloccare la domanda e l’offerta. Per 15 anni
la legge sulla modica quantità giornaliera ha fatto sì che il problema droga divenisse di
fatto incontrollabile.
Poniamo infine un interrogativo: se, come si dice, i tossicodipendenti (categoria più a
rischio per l’Aids), sono seimila, i malati denunciati 120, i sieropositivi 1.500, quanti degli
altri 4.380 ipotetici tossicomani sconosciuti alle strutture socio-sanitarie saranno al corrente del loro stato di salute riguardo alla sieropositività all’Hiv (Aids)? Ricordiamo che
nelle strutture di recupero tutti gli utenti sono sotto controllo sanitario.
Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei malati di Aids
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1990
Il Giornale di Vicenza - 22 settembre 1990
A due anni dalla promessa ristrutturazione di Malattie infettive assegnati i lavori
San Bortolo, più posti per l’Aids
Finalmente il reparto si amplierà - Quattro stanze a sei letti
A due anni di distanza dalla promessa di ristrutturare il reparto di malattie infettive per ricavare stanze riservate ai malati di Aids, i lavori ancora non sono partiti. Prima l’Ulss 8 ha perso tempo per esaminare lo sviluppo progressivo dell’epidemia, poi sono stati stesi i progetti, quindi si sono dovuti
attendere i finanziamenti. Di mezzo c’è stato l’affidamento del reparto ad un nuovo primario, il prof.
Fausto de Lalla. Ma c’è stata anche la protesta degli infermieri per le difficili condizioni di lavoro,
seguita da lamentele anche dei pazienti di malattie infettive per la mancanza di adeguato isolamento delle camere con pazienti colpiti da Aids rispetto al resto del reparto. (…)
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Il Giornale di Vicenza 24 settembre 1990
Al S. Bortolo summit per l’apertura di una comunità “sociale”
con una donazione della Cassa di Risparmio
Aids, i malati avranno una casa
All’ex psichiatrico di Laghetto 13 stanze per 1 miliardo
“Faremo presto”: Bogoni preoccupato di epidemia e suicidi
I malati di Aids avranno una casa di accoglienza. I lavori di ristrutturazione delle palazzine dell’ex
ospedale psichiatrico di Laghetto, luogo scelto dall’Ulss 8 per ospitare questi pazienti, partiranno
entro i prossimi cinque mesi. L’imperativo è “far presto”: i casi di Aids conclamata sono saliti a 95
nel vicentino. L’assessore regionale alla Sanità, Antonio Bogoni, ammette che “il fenomeno è in
espansione e le strutture a disposizione attualmente sono insufficienti”. Alberto Vaglia, primario
facente funzioni al S. Bortolo aggiunge in tutta franchezza che “il controllo dell’epidemia è estremamente difficile”. Olga Dalla Valle, presidente dei familiari dei tossicodipendenti, racconta che due
malati si sono appena suicidati e altri hanno tentato di farlo, respinti dalla famiglia e disperati. Di
tutto questo si è discusso ieri mattina nel vertice al quarto piano della palazzina-uffici dell’ospedale,
alla presenza di tante autorità come non si vedeva da tempo. (…)
Naturalmente ancora solo parole!
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Il Giornale di Vicenza - 29 settembre 1990
Ieri sera la triste fine di un giovane ventinovenne
Muore per droga
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Il Giornale di Vicenza - 11 ottobre 1990
Incremento dei decessi per overdose rispetto allo scorso anno
Droga, è massacro: 830 morti in 9 mesi
Blitz dei Nad nei centri di recupero dei “tossici”
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Aids - 20 ottobre 1990 – Ci ha lasciato Marco
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Aids - 3 novembre 1990 – Ci ha lasciato Paola
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1990
Il Giornale di Vicenza - 4 novembre 1990
“Summit” dei ministri dell’Interno della Comunità Europea presieduto da Scotti
Europa unita contro la droga
Varata una struttura “centrale” per una lotta coordinata contro lo spaccio di stupefacenti
Unanimità sul progetto italiano per contrastare il riciclaggio del denaro“sporco”
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Il Giornale - 6 novembre 1990
Nel giorno del grande corteo organizzato dalle comunità terapeutiche
Anche Giovanni Paolo II ha voluto far sentire la sua voce
Dai ventimila un solo grido: “Droga libera uguale morte”
E il Papa scaglia l’anatema contro chi specula sul dolore
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Il Giornale di Vicenza - 16 novembre 1990
Novità, lo Stato taglia il finanziamento
e Vicenza riparte con due possibilità
Nell’ultima redazione della legge 135 sono scomparsi i soldi per le case di accoglienza: a picco
il progetto dell’ex psichiatrico, fermo però da un anno. L’Ulss 8 ridimensiona il disegno e propone un mini edificio con 6-7 posti. Ma il comune ha rimesso gli occhi su una casa ad Anconetta offerta da un privato.
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Il Giornale di Vicenza - 17 novembre 1990
Trovato morto in cucina
Il decesso provocato da troppi barbiturici
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Aids - 27 novembre 1990 – Ci ha lasciato Alberto
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Il Giornale - 1 dicembre 1990
Mobilitazione generale per la Giornata mondiale contro la “peste del secolo”
“Il nemico si chiama Aids”
Negli Usa il maggior numero dei casi, l’Italia è settima
Roma – La Giornata mondiale contro l’Aids, indetta per oggi, primo dicembre, dall’Organizzazione mondiale della sanità, sarà celebrata in tutta Italia. (…)
(Su 11 milioni di sieropositivi nel mondo, circa 3 milioni sono donne). (…)
In tutto il mondo l’Aids non accenna a diminuire: in base ai dati pervenuti all’Oms (c’è il fondato
sospetto che molti Paesi non segnalino correttamente i dati sulla diffusione della malattia) gli Stati
Uniti sono la nazione con il maggior numero di casi: al 29 novembre 1990 le persone colpite dall’Aids sono state 151.231 (fino al 1989 erano 131.673). Anche in Italia (al settimo posto della “classifica” dell’Oms) i casi di Aids sono in continua crescita. (…)
Fino al 30 settembre di quest’anno sono pervenute al centro operativo Aids 7.576 notifiche di casi,
398 in più rispetto ai 7.178 di casi segnalati al 30 giugno 1990. (…)
Sempre secondo l’ultima rilevazione al 30 settembre ’90, e tenendo sempre presenti i ritardi di notifica, sono morte per Aids 3.753 persone. (…) La percentuale dei decessi rispetto al complesso dei
casi di Aids che si sono verificati è del 49,5 per cento.
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1990
Il Giornale di Vicenza - 4 dicembre 1990
Il primario De Lalla ha fatto il punto sulla situazione vicentina, la più grave del Veneto
Assistenza sieropositivi. Il futuro è a domicilio
Nel ’90 tanti morti quanti nel periodo 85 -89
Situazione Aids a Vicenza - Il tema, scottante, è stato ieri discusso nella sede del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids, dal prof. Fausto De Lalla, primario della divisione malattie infettive dell’ospedale di Vicenza e dall’aiuto dott. Alberto Vaglia. Con
precisione e tono comunque non catastrofici De Lalla, di fronte ad un attento pubblico, ha passato in rassegna le problematiche attuali dell’Aids sia sotto il profilo numerico che delle implicanze di
carattere sociale. Primo dato di fatto, rilevato per la nostra città, l’alto numero di sieropositivi attualmente sotto osservazione al day hospital del S. Bortolo: 869.
Altra cifra di rilievo. I casi di Aids denunciati sino ad oggi: 143. Vicenza è cioè la città del Veneto
maggiormente colpita dall’infezione. In numero e percentuale doppia rispetto a Padova e Verona.
Sul perché, De Lalla, non ha offerto che delle ipotesi. Tutte, per la verità, riferite all’85 e certamente di non facile riscontro.
Qual è il futuro nella cura della malattia? Il prof. De Lalla, dopo aver passato in rassegna i risultati
sin qui ottenuti, ha chiarito che almeno a tempi brevi non sono ipotizzabili risposte efficaci. Tanto
nel campo della terapia ai fini della completa guarigione quanto nell’applicazione di un vaccino efficace. “Ma – come ha sottolineato – la ricerca nel campo della lotta all’Aids è tra le più ricche ed
ambite. E qualche risultato è già stato ottenuto. Primo fra tutti il prolungamento della sopravvivenza nei casi più acuti, passato da una media di sei mesi a quattro o cinque anni ed oltre”.
Sinteticamente De Lalla ha presentato il non certo roseo quadro della situazione ospedaliera nazionale, riferito in modo particolare ai reparti di malattie infettive.
Vicenza, pur nel grave contesto in cui è chiamata ad operare, non vive il problema in maniera drammatica.
“Se pensiamo che a Milano – ha spiegato il primario – i reparti infettivi possono contare soltanto su
120 posti letto contro i nostri 43, vediamo quale sia il rapporto favorevole per noi. C’è poi l’esperienza del Day hospital – ha concluso – e, soprattutto, un settore di lavoro ancora da sviluppare,
quello dell’assistenza domiciliare”.
È stato così chiamato in causa il dibattito sull’utilizzo del volontariato a favore dei malati di Aids. Il
dott. Vaglia, che per sei mesi ha condotto un attento studio sulla possibile integrazione tra cura ospedaliera e domiciliare, presenterà presto i risultati dell’indagine. Ma è chiaro che, di fronte ad una
favorevole risposta da parte dei pazienti e ad un calo nei costi di cura, questa potrà essere una delle
soluzioni negli anni a venire.
Sul fronte del volontariato si è espressa, con tono più critici verso gli enti cittadini, Olga Dalla Valle,
presidente del Comitato di solidarietà. “Le famiglie vicentine si sentono oggi sole e tradite dai politici. Le tante promesse pre-elettorali sono state completamente ignorate. La casa di accoglienza per
i malati si Aids, per ora non si farà. Comune e Ulss viaggiano con due progetti diversi e su strade
divergenti.” Olga Dalla Valle, ha ricordato che soltanto nel 1990 a Vicenza i morti per Aids sono
stati circa quaranta, tanti quanti dal 1985 al dicembre del 1989. “ La nostra opera di prevenzione –
ha precisato – si indirizzerà verso la tossicodipendenza, veicolo trainante dell’Aids. Ma il punto non
è questo. Le madri dei ragazzi malati dicono che Vicenza non ama i suoi figli. A tutti i livelli “ufficiali” l’attenzione è scemata. E le cifre dei malati sono andate ad ingrossarsi di giorno in giorno”. La
responsabile del Comitato chiede, in sostanza, la realizzazione di una struttura almeno decente di
accoglienza. Senza lo stanziamento di cifre astronomiche, con un contributo tutto sommato modesto. Come ottenere questo aiuto? “Le famiglie colpite sono stanche e senza forza – ha concluso Olga
Dalla Valle – Non troveranno più la forza di scendere in piazza per reclamare i loro diritti. Staranno ad aspettare un aiuto che oggi è negato. E questa è una profonda ingiustizia”.
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1990
Aids - 14 dicembre 1990 – Ci ha lasciato Danilo
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Il Giornale di Vicenza - 21 dicembre 1990
Il Comune “blocca” l’Ulss 8 sulla comunità Aids a Laghetto
Giorni decisivi per la casa per malati terminali:
Appalto pronto, ma la giunta “vota” la villetta ad Anconetta
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23 dicembre 1991 – Messa di Natale. Ho portato un abete artificiale con addobbi natalizi al
day hospital infettivi e pure in reparto, nel corridoio del quale, da un paio d’anni, viene celebrata la messa. Officiante, don Mariano assieme al frate che segue spiritualmente i malati; sono
state dette parole semplici ma sentite. C’era anche Massimo, un giovane che avevo invitato a
scrivere i suoi pensieri per sentirsi meno solo. Mi ha confermato di averlo fatto aggiungendo di
volere scrivere non solo cose tristi, ma anche belle “Come la messa appena celebrata”. Aveva gli
occhi che gli brillavano.
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Il Giornale di Vicenza - 27 dicembre 1990
Amaro Natale di droga Due morti per “overdose”
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Il Giornale di Vicenza - 28 dicembre 1990
I due decessi per “overdose” sono un campanello d’allarme inquietante per il Vicentino
Quindici morti per droga e quaranta decessi per Aids
Oltre 1200 i tossicodipendenti censiti ufficialmente dall’Ulss: una guerra ad armi impari
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La Nuova Vicenza - 30 dicembre 1990
Le cifre della droga nel 1990, amaro bilancio del Comitato famiglie
“Sempre più tossicodipendenti a Vicenza”
Tossicodipendenze, il 1990 si chiude con un bilancio amaro. I due morti per overdose a Natale ricordano ai più, contorni di un dramma che si consuma nell’indifferenza o peggio ancora nella pietà.
Morire di droga infatti è solo il culmine di un percorso che ha distrutto e continua a distruggere
migliaia di giovani e le loro famiglie. Si calcola che nel vicentino i tossicodipendenti abituali siano
più di 6 mila di cui metà solo in città. (…)
Ma nel 1990 anche la “tradizionale” tossicodipendenza ha mutato i suoi parametri: la diffusione
della droga pesante non è più e non solo limitata a classi di “emarginati” o “disadattati”, ma ogni
ceto sociale è attraversato da questa piaga.
“ Questo dato, nel corso del 1990. È emerso con forza soprattutto dopo l’entrata in vigore della
nuova legge sulla droga – dice Olga Dalla Valle, presidente del Comitato famiglie dei tossicodipendenti – “Si è notato che sono sempre di più i giovano operai, gli impiegati, gli studenti e anche le
persone che ricoprono incarichi di responsabilità che assumono abitualmente droga. La legge da un
lato fornisce un panorama più aggiornato di tutto il fenomeno tossicodipendenze, segna il passo
invece sul piano delle misure per il recupero ed il reinserimento di quanti si drogano. Nonostante
tante promesse elettorali, nel 1990 non si è realizzata neppure una delle strutture necessarie per combattere veramente la droga. Per quanto riguarda la prevenzione poi si è fatto poco, per non dire
nulla”. (…)
“Il Comune e l’Ulss 8 non si sono impegnati a sufficienza per fornire risposte – dice Olga Dalla Valle
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1990
– Ci sono giovani tossicodipendenti che escono dal carcere e non hanno altra possibilità che la strada. Bisogna rivedere completamente la politica delle tossicodipendenze. Nell’85 a Vicenza c’erano
tre comunità (Laghetto, Momi Toniolo e Centro diurno), che tra mille difficoltà ed inesperienze
erano comunque presenti. (…)
Ora, dopo cinque anni e tante promesse, non si è fatto nulla per istituire una vera e propria comunità terapeutica e un centro di pronta accoglienza. Anzi, quando si accenna a qualche progetto in
questo senso, le associazioni del privato - sociale insorgono. Perché? Sulla pelle dei tossicodipendenti si consumano rivalità, speculazioni politiche e veri e propri interessi. Le cooperative servono per
dar lavoro, ma serve una comunità che rimuova nella psiche dei drogati tutto ciò che li ha portati
alla tossicodipendenza”. (…)
Ma tra i tanti problemi che non hanno trovato soluzione ci sono anche quelli della droga in carcere, l’attività di prevenzione nel mondo della scuola, il pericolo crescente di uso di sostanze come la
cocaina e il crak, l’assistenza ai malati di Aids. (…)
“Ogni anno – dice la presidente del Comitato famiglie – la situazione si fa sempre più allarmante e
drammatica, ogni anno la coltre dell’indifferenza si fa sempre più pesane”.
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Aids - 1990 – A Vicenza 41 decessi. In Italia 1946
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1991
13 gennaio 1991- Lettera firmata di una tossicodipendente a Il Giornale di Vicenza, titolata:
Continuare a vivere nel minimo di dignità
Egregio direttore,
Le scrivo perché ho tante domande che sono senza risposta, e perché spero che questa mia storia, un
domani, possa servire a salvare la vita di qualche ragazzo. Dico questo perché sono arrivata a 36 anni
avendo gettata via una vita. Spero che per altri non ci sia lo stesso calvario; ho paura della morte,
come ogni essere umano, anche se in certi momenti la desidero perché è umiliante e degradante condurre una simile vita.
Purtroppo sono ammalata; e una malattia non la si augura nemmeno ad una bestia; ho chiesto un
posto per potermi curare ed eventualmente a ricominciare a vivere; ho ammesso le mie colpe ed ho
urlato la mia disperazione: ma non è servito a nulla. Tante promesse, ma intanto la situazione non
è cambiata; dormo in macchina, quando ho potuto sono andata in albergo per avere una doccia
e un letto, perché almeno la dignità di essere pulita non devono levarmela.
Per una persona che ha sbagliato, e cerca la strada del reinserimento sociale, ci sono milioni di difficoltà; dal portiere, cercando una stanza in albergo, ti senti rispondere sì per telefono, poi quando
ti presenti, fatalità, è arrivato un “cliente”al quale è stata data la camera!
Il mio attuale desiderio è quello di non vedere più nessuno! Nel senso che non è possibile fare una
vita come questa, anche perché non trovo giusto dover coinvolgere delle persone che hanno solo una
colpa, quella di volermi bene. Allora io domando: se un ex tossicodipendente arriva ad una situazione come questa, cosa deve fare? Ci sono tanti casi, nella vita, di disperazione, purtroppo. Tante persone che stanno soffrendo e che sono certamente più meritevoli di me, ma penso che il massimo
egoismo sarebbe smettere di lottare, e questo non sta a noi deciderlo. Però una persona ha bisogno
dei suoi diritti umani; del minimo indispensabile per poter continuare a vivere nel minimo di
dignità. Purtroppo mi manca il coraggio, e dico purtroppo, di dare un taglio definitivo a tutto questo perché ancora amo la vita, amo per la prima volta anche me stessa, amo la persona che ho accanto, amo anche tutti quelli che ho attorno e vedo che non serve a nulla; dicono che ho voluto arrivare a questo, ma non è vero!! Mai, coscientemente, avrei scelto questa vita, ma la mia debolezza e stupidità mi ha fato entrare nella droga, e adesso che vedo tutto quello che ho fatto, non ho scusanti,
ma chiedo perdono. A chi? A tutti, agli uomini, a Dio; io non so se questa mia vita ormai buttata
tra i rifiuti, potrà servire a qualcun altro; se solo una persona si salvasse da questa spirale sarebbe una
vittoria enorme; parlo così perché sono arrivata a odiarla, la droga, anche se ho sprecato la vita per
essa. Adesso vorrei cambiare, ma con le mie sole forze non posso, non che non voglia, sia chiaro,
proprio non posso. Il fisico è quello che è, ma finché avrò un filo di vita cercherò di andare avanti.
Ma allora si torna alla prima domanda; quanto può resistere una persona? Dormendo in macchina,
alla mattina il primo bar (ed è umiliante doverlo fare), per lavarsi e prendere un caffè, poi il via con
le medicine, poi lo stare in giro quando non si desidera altro che un posto dove ripararsi, dove ricostruire una vita gettata in pezzi, dove rimettere a posto quei pezzi di cervello che ancora sono rimasti e che urlano la disperazione dell’impotenza.
Sto lottando per salvarmi la vita proprio perché fino ad ora non avevo mai rispettato né essa né gli
altri. Peccato capire tante cose dopo tanti anni; peccato, ma allo stesso tempo la consapevolezza di
non volere più sbagliare è sempre più forte. Ma se si è da soli è una battaglia persa in partenza.
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Il Giornale di Vicenza - 8 febbraio 1991
Legge antidroga anno 1° - Siamo sulla buona strada
Lo ha detto il ministro agli Affari Sociali Russo Jervolino parlando alla stampa
Bilancio positivo ma senza trionfalismi: aumentano gli ingressi nelle comunità terapeutiche
Roma – Aumento dei sequestri di eroina, cocaina e cannabis; scelta da parte di più del 60% dei giovani segnalati dai prefetti, di avviarsi al recupero nelle comunità terapeutiche; diminuzione del
numero dei morti per droga limitatamente al periodo di attuazione della legge (luglio ’90 gennaio
’91); commercializzazione, dal prossimo primo luglio, delle siringhe autobloccanti; successo della
campagna pubblicitaria contro l’uso della droga. È questo il bilancio “positivo ma non trionfalistico”, sullo stato di attuazione della legge 162 sugli stupefacenti, illustrato questa mattina dal ministro per gli Affari Sociali Rosa Russo Jervolino, insieme al ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, e ai rappresentanti del ministero di Grazia e Giustizia e degli Interni. (…)
“I risultati raggiunti, per quanto parziali, provano che la nuova legge non voleva essere, come qualcuno sostenne, uno scoop elettorale alla vigilia delle consultazioni amministrative, cui poi il governo non avrebbe dato seguito, ma l’inizio di un serio lavoro che ha visto uniti non solo diversi ministri ma anche, a volte, le forze di opposizione”.
Più in particolare, Russo Jervolino ha detto che: ”i sequestri di eroina sono aumentati tra luglio e
gennaio, del 26,33 per cento e quelli di cocaina dell’89,96 per cento”, mentre il sottosegretario agli
Interni Ruffino, ha sottolineato che “il maggiore successo, al di là dell’aumento degli arresti e dei
sequestri di droga, viene forse proprio dall’attività dei prefetti, sulla quale, all’inizio, c’erano le maggiori perplessità: dei 3681 giovani che hanno sostenuto un colloquio con i prefetti (su 8141 “segnalati”), 2218 hanno scelto di essere avviati alle strutture socio-riabilitative, 1463 hanno ricevuto l’invito di non farne più uso e solo 417 hanno avuto sanzioni amministrative. (…)
✧
Il Giornale di Vicenza - 19 febbraio 1991
Droga, confronto tra famiglie e pubblici amministratori
Olga Dalla Valle, presidente del Comitato di solidarietà, ha chiesto che le promesse vengano
finalmente rispettate. E’ attesa la realizzazione di una casa per malati di Aids
Gli stanziamenti dello Stato nelle parole dell’on. Saretta - I progetti di Comune e Ulss 8
Droga: quattro leggi governative, dodici regionali, quattro decreti ministeriali e nove circolari. Con
quale risultato? Se lo sono chieste le madri del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti, riunitesi ieri nella sede di via Mure S. Domenico. Lo hanno ribadito con una serie di cartelli appesi al muro, di fronte alle sedie sulle quali erano accomodati gli onorevoli Righi e Saretta,
capogruppo della DC alla Camera, il presidente dell’Ulss 8 Domenico De Boni, l’assessore comunale agli Interventi sociali Marino Quaresimin e il prefetto di Vicenza Porena. È stata una riunione
dai toni tutt’altro che pacifici e scontati. Olga Dalla Valle, presidente del Comitato, ha preferito
rinunziare alla sua consueta relazione per fare accomodare al suo fianco, di volta in volta alcuni dei
dirigenti responsabili.“Qualcuno ci deve dire se per i tossicodipendenti a Vicenza c’è ancora posto o
se i politici li hanno cancellati per sempre dai loro programmi” ha chiesto con toni decisi Olga Dalla
Valle. E si trattava di una domanda che non lasciava spazio a voli pindarici di alcun genere. Nel suo
invito all’incontro, il Comitato ricordava che le famiglie sono allo stremo, che i morti per overdose
crescono al pari di quelli per l’Aids. “Indifferenza e scelte politiche di parte – recita uno dei cartelli
affissi – stanno bloccando da dieci anni la realizzazione di comunità terapeutiche alternative, idonee
e diverse, con programmi mirati e operatori adeguatamente preparati”. Olga Dalla Valle a nome dei
numerosi genitori presenti, ha chiesto limpidezza, obiettività, coraggio delle scelte. “Ogni giorno,
ogni settimana – ammonisce uno degli slogan – tanti genitori devono percorrere centinaia di chilometri per tentare di salvare un figlio dalla droga, in strutture idonee, lontane da Vicenza”. Ora – ha
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1991
proseguito la presidente – stanno per giungere i finanziamenti per la cura e il recupero previsti dalla
nuova legge 162 del 26 giugno scorso. Accanto a questa, ci saranno i fondi stabiliti dalla legge 135,
sempre del giugno ’90, destinati agli interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’Aids.
Quali le risposte in concreto?
È stato l’on. Saretta a sfornare le cifre degli stanziamenti varati dal Governo. Nel campo del recupero e della prevenzione (i soldi andranno ai Comuni) per il ’90 sono stati accantonati 175 miliardi,
nel ’91 saranno 192. A favore di importanti interventi (coordinati dai ministeri degli Interni, della
Sanità, della Pubblica Istruzione e Difesa), nel ’90 i miliardi furono 174, 182 quelli previsti per il
’91. Saretta è poi passato alle cifre previste dalla legge135 per le Regioni. Ai reparti ospedalieri
andranno 2 mila e 100 miliardi per la ristrutturazione e creazione di strutture adeguate e per l’allestimento di 2 mila e 600 nuovi posti letto. A ruota gli interventi dell’assessore Quaresimin e De
Boni. Ma pronti ed efficaci i richiami delle madri.
La casa di accoglienza che si attende da due anni – si interroga Olga Dalla Valle – non s’è ancora
vista. Delle promesse per la sistemazione delle strutture di via Nicolosi e di Quinto Vicentino, non
restano che pochi dati, in attesa di decisioni e di fondi”. La rabbia, dopo tante promesse e lunghi
silenzi, toglie quasi la volontà di un dialogo costruttivo. In sostanza il Comitato preme affinché il
poco denaro stanziato venga utilizzato al più presto, soprattutto per venire incontro ai problemi delle
famiglie. Si chiede anche che ai malati terminali venga assicurata una morte “dignitosa” e lontana
dall’orrore della solitudine. Le risposte parlano ancora di cifre, le controversie si consumano attorno
a 17 miliardi di lire stanziati dallo Stato per una campagna di prevenzione e di informazione sull’Aids e la prossima chiusura di distretti e consultori della città. Il fatto è sottolineato dall’intervento di Sante Bressan, dopo le parole dell’altro consigliere comunale, Luca Romano. Che cosa manca
a Vicenza e cosa c’è nel cassetto dei progetti? Quel centro di pronta accoglienza sulla cui realizzazione nessuno ha dubbi, ma la cui entrata “in servizio” è guastata da notevoli problemi. Fra i progetti
illustrati dal dott. Balestra, dell’Ulss 8, vi sono anche quelli che prevedono la realizzazione di un
ambulatorio, di un centro di informazione, consulenza e diagnosi, di convenzioni con comunità.
Quanto al fronte opposto, ben visibili rimanevano le ironiche affermazioni delle madri: “Casa per
malati di Aids soli: uno psicodramma in tempi infiniti”. Saranno probabilmente i soldi della nuova
legge 162, richiesti dai progetti delle amministrazioni locali ad offrire risposte concrete. Ma il Comitato non sembra disposto ad attendere in silenzio.
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La Nuova Vicenza - 28 febbraio 1991
Uno spreco l’acquisto della villa per l’Aids
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Questo il titolo di una “lettera aperta”destinata all’assessore agli Interventi Sociali, scritta da
un cittadino contrario al luogo scelto per la casa per i malati terminali di Aids, ubicata poco
lontano dalla sua abitazione. Non riporto il testo, ma già il titolo è la dimostrazione di una
forte opposizione, iniziata a fine ’98 e durata anni, contro questa struttura umanitaria.
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Aids - 2 marzo 1991 – Ci ha lasciato Remo
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Il Giornale di Vicenza - 3 marzo 1991
Nuovo centro terapeutico
Finalmente dopo due anni disco verde per i lavori
Casa colonica a Valproto di Quinto data in comodato alla comunità Incontro
di don Pierino Gelmini - Ospiterà ragazze decise a smettere con la droga
– 219 –
1991
Il Giornale di Vicenza - 7 marzo 1991
Definito dal Comune l’acquisto della villa in strada Nicolosi
Lo stabile sarà assegnato all’associazione Speranza promossa dalle organizzazioni cattoliche
diocesane – Ci sarà posto probabilmente per otto malati gravi
Un passo avanti nel difficile percorso della pubblica assistenza ai malati gravi di Aids è stato fatto ieri
dal Comune di Vicenza, dopo tante complicate vicende burocratiche e amministrative che – tra
Municipio, Ulss e Regione – hanno finora rallentato le iniziative. (…) Secondo la procedura individuata dall’amministrazione comunale, dall’Unità socio-sanitaria e delle associazioni di volontariato
cattolico impegnatesi per questa comunità alloggio, la villa sarà prossimamente ceduta in comodato
all’associazione Speranza, promossa dalla diocesi di Vicenza dopo diretto e ripetuto interessamento
del vescovo Nonis. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 11 marzo 1991
Vicenza prudente sul metadone - “Serve, ma con altre terapie”
Il cad ne distribuisce 630 litri all’anno, meno delle altre province
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Aids – 14 aprile 1991 – Ci ha lasciato Umberto
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Aids – 28 aprile 1991 – Ci ha lasciato Luciano
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4 maggio – Guido, figlio unico di Anna Serra che era stata la mia vice, è stato ricoverato all’ospedale. Sono andata a trovarlo, sta molto male. Sono rimasta sconvolta; per due volte mi ha
detto di salutare mio figlio Roberto.
5 maggio 1991- Nel pomeriggio ho saputo che Guido, era in coma. Sono corsa all’ospedale.
Anna era spaventata, così con Alice, una mamma volontaria del nostro Comitato sono rimasta per la notte. Il giovane sembrava dormire calmo e rilassato, la testa un po’ reclinata, sembrava il volto di Cristo. L’ho guardato molto, gli ho fatto un ritrattino con la penna per cogliere l’espressione della bocca, né triste, né sorridente, ma di serena attesa; era dolcissimo. Verso la
mezzanotte sembrò mancargli il respiro. Dopo poco anche lui ci ha lasciato. Aveva 29 anni.
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La Nuova Vicenza - 6 maggio 1991
Anna Serra ha fatto scrivere che la causa della morte del figlio era l’Aids
Madre coraggio e il necrologio shock
“Ho deciso d’accordo con mio figlio”
Falsi profeti di false libertà e spacciatori di morte ti hanno portato alla droga. Ne eri uscito, ma l’Aids ti ha ucciso a soli 29 anni, ora sei libero. Che la tua morte immatura sia di
monito ad altri giovani e apra gli occhi a chi è ancora cieco. Arrivederci amore mio, la tua
mamma.
Questo necrologio richiamò l’attenzione di giornalisti, tra i quali Maurizio Costanzo ed Enzo
Biagi che vollero intervistarla.
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Il Giornale di Vicenza - 15 maggio 1991
A Padova esplode la polemica perché nel cimitero c’è un appezzamento
riservato alle vittime della terribile malattia
– 220 –
1991
Sepolture separate per i morti di Aids
Da Roma il ministro della Sanità: ”Un provvedimento di viltà, di ignoranza e di illegalità”
Padova – Nel cimitero di Padova c’è un appezzamento “riservato” alle persone morte per Aids. Il
fatto e la discriminazione che questa scelta comporta, sono stati denunciati da Leopoldo Salmaso,
medico della divisione malattie infettive dell’ospedale di Padova, in una lettera aperta indirizzata al
sindaco, al presidente dell’Uls 24 ed all’Ordine dei medici. Con Salmaso si sono schierati , con varie
prese di posizione, anche numerosi famigliari di tossicodipendenti e di persone colpite dall’Aids.
“Il regolamento di polizia mortuaria del 1975 – spiega il medico – ricalca in larga misura un regio
decreto del 1934 che a sua volta aveva attinto a piene mani dalle leggi napoleoniche. Così è prevista una serie di norme speciali per le malattie infettive, dettata da un misto di ignoranza e di paura,
come l’obbligo di avvolgere il cadavere in un lenzuolo imbevuto di sostanza disinfettante e quello di
chiusura del cadavere in doppia cassa”.
“Vi è poi da notare che la prassi di smistare “brevi manu” i documenti di morte ai dipendenti delle
imprese di pompe funebri – aggiunge Salmaso – fa cadere di fatto la riservatezza creata attorno alla
malattia che diventa così pubblico dominio o quasi, in contrasto con il senso civico e perfino con
l’articolo 75 del regolamento di polizia mortuaria”.
“Dove si ferma la legge – continua il dott. Salmaso – subentrano in sede locale ulteriori imposizioni, quali avvolgere il cadavere in un sacco di cellophan o il divieto di vestirlo: tutte queste disposizioni sono palesamente assurde e prive di sostegno scientifico”. (…) Queste disposizioni cadute in
disuso sarebbero state ripristinate in modo selettivo, per spinte emotive, solo per le salme dei malati di Aids, senza tener conto – che non esistono malattie infettive, Aids compreso, che possono trasmettersi da un cadavere ad un vivo. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 22 maggio 1991
Cocaina, allarme rosso dei medici - “In città mercato in espansione?
È diffusa nel ceto medio-alto, in discoteca e nelle feste private
Molti consumatori che decidono di smettere ricorrono alle anfetamine o altri eccitanti.
Costa 250.000 lire al grammo e i rifornitori l’acquistano a Milano dove arriva dal Sudamerica
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Il Giornale di Vicenza - 24 maggio 1991
Stasera dibattito in zona 4 – E la convenzione fa discutere
Ad Anconetta 8 malati di Aids – “Ma è una decisione imposta”
La circoscrizione vuole spiegazioni sulla casa di accoglienza da sindaco, assessore ed esperti
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Non riporto il testo dell’articolo, mi limito al titolo che esprime bene il clima di paura che s’era
venuto a creare. Per niente l’Aids era stata da subito chiamata la “peste del 2000”.
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Aids – 8 giugno 1991 – Ci ha lasciato Patrizia
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Aids – 11 giugno 1991 – Ci ha lasciato Umberto
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Aids – 15 giugno 1991 Ci ha lasciato Nicola
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29 maggio 1991- Il gruppo giovani dell’A.V.I.S. mandamentale di Cologna Veneta mi aveva
– 221 –
1991
invitata a un incontro – dibattito sul tema: “Quale solidarietà nella vicenda umana di un
malato di Aids? – Risvolti medico – sociali della malattia” . Altri relatori erano il dott.
Alberto Vaglia e il dott. Alberto Disperati, primario del Centro Trasfusionale Ulss 28.
Naturalmente ho dato la mia adesione. Ho ricevuto poi un ringraziamento davvero gradito.
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Il Giornale - 24 giugno 1991
Si è conclusa la settima Conferenza sul virus
che in dieci anni avrebbe colpito un milione e mezzo di persone
Aids, un’epidemia di parole
Erano presenti lo scienziato americano Robert Gallo e il francese Luc Montagnier
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Il Giornale di Vicenza - 26 giugno 1991
Giornata mondiale di lotta alla droga
Compleanno tra la polemiche per la Jervolino – Vassalli
– 222 –
1991
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Il Giornale - 27 giugno 1991
Il bilancio a un anno dall’entrata in vigore della nuova legge;
65 mila i tossicodipendenti in cura nei centri pubblici
Droga, 4 morti al giorno
Aumentano i decessi ma in misura inferiore rispetto al passato
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Il Gazzettino - 8 luglio 1991
Allarme dei farmacisti
È eccessiva la prescrizione di stupefacenti
Il ruolo del farmacista, la sua figura professionale, l’impegno nella educazione sanitaria vanno rivalutate. Una recente indagine del Censis rileva come il 61,3% dei farmacisti ritenga che la farmacia
del futuro debba essere un “servizio caratterizzato da alta specializzazione professionale e aziendale e
non un drug-store, anche di livello medio - alto”.
Il dott. Roberto Gallo, presidente dell’ordine dei farmacisti, tiene a sottolineare questo ruolo, finalmente riconosciuto, di “educatore sanitario”. In tempo di ticket e di bollini la gente sta perdendo
l’abitudine di andare dal medico. Una recente indagine nazionale farebbe risalire addirittura al 54%
la percentuale degli italiani che acquista direttamente in farmacia prodotti per i problemi più frequenti. (…)
Da settembre pare destinata a cambiare: sui farmacisti cadranno pesanti sanzioni se venderanno tutta
una serie di farmaci senza ricetta medica. (…)
Il farmacista, scrupoloso e serio sa che richiedere la ricetta – anche se ciò assume talora aspetti grotteschi – va nell’interesse del paziente. L’occasione per ricordare tutto ciò è utile all’Ordine provinciale dei farmacisti per un’altra segnalazione: il vicentino è diventata area “a rischio” per una eccessiva
prescrizione di sostanze stupefacenti (anche cento ricette al giorno di Temgesic, di buprenorfina,
fatte da medici compiacenti, sono state segnalate solo nel Bassanese) il dott. Gallo, pressato dalle
insistenze di comunità terapeutiche e dalle famiglie che hanno figli tossicodipendenti, ha segnalato
a forze dell’Ordine e magistratura, i “casi gravissimi”, l’enorme pericolosità del fenomeno, e parla di
un vero “attentato alla salute pubblica” compiuto da chi prescrive e sollecita l’uso di farmaci di estrema tossicità. (…)
Aids – 18 luglio 1991 – Anche Giuseppe ci ha lasciato
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20 luglio 1991 – Questa mattina c’è stato il funerale di Giuseppe, figlio di una nostra mamma.
La chiesa era piena di fiori, c’era tanta gente. Terminata la cerimonia, la mamma si è avvicinata a noi, ci ha abbracciate in lacrime; diceva che ancora non era riuscita a piangere e che
sentiva il cuore come dovesse scoppiarle. Abbiamo pianto insieme. Forse è questo il nostro destino: piangere insieme i nostri giovani morti!
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Per far capire come alcune famiglie vivessero nel dramma senza sbocchi descrivo un episodio
emblematico: su richiesta dei medici, una nostra volontaria ha accompagnato a casa un malato grave che abitava in un paese della provincia. Giunta nell’abitazione, il padre non ha accettato il figlio, ma ha consegnato una lettera per i medici in cui dichiarava che non poteva tenerlo perché “più morto che vivo”. Con imbarazzo la volontaria ha dovuto riportalo in reparto,
dove con grande difficoltà gli è stato trovato un letto!
– 223 –
1991
– 224 –
1991
Il Giornale di Vicenza - 20 luglio 1991
Giovane stroncato da una overdose
La scoperta da parte dell’anziana madre
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Il Giornale di Vicenza - 22 luglio 1991
La protesta di Olga Dalla Valle
Emergenza droga – Vergogna dei politici
Vicenza – All’indomani della morte per overdose del giovane trentunenne vicentino, riceviamo e
pubblichiamo questa accorata protesta della presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie
dei tossicodipendenti.
Ancora un morto per overdose, tanti morti per Aids, il reparto di malattie infettive sempre saturo con ricambi di volti nuovi mantenuto drammaticamente costante; centinaia di
famiglie in lutto, migliaia di vittime di questo cancro sociale che si chiama droga.
Famiglie esauste, distrutte, smembrate, disperate perché prive di speranza e senza alcun
supporto da parte di chi detiene il potere.
Una città indifferente, peggio ancora, una città che non sa realizzare. Una città che non
conta più i giovani morti perché sono tanti, troppi. Responsabili politici che fanno sterile polemica pur di udire la propria voce al di sopra degli altri, con vaghe assurde divagazioni prive di una reale conoscenza dei fatti. La sedicesima città italiana del benessere che
non sa attivare un ricovero per i nuovi “paria”; che da anni sta “terminando” i lavori per
la trasformazione del servizio medico-sociale per le tossicodipendenze, che ha avuto il
primo morto per Aids nel Veneto, che da sempre detiene il non invidiabile primato di sieropositivi, di malati conclamati, di morti. Una città in cui una struttura di recupero per
tossicodipendenti che si prenda cura anche delle famiglie è necessaria come l’aria che si
respira; una struttura promessa ancora una decina di anni fa, rispolverata ad ogni rinnovo di cariche elettive e mai realizzata.
In compenso i politici vicentini sfornano progetti da “fiore all’occhiello”; in realtà progetti mangiasoldi, atti più a procurare voti che salvare giovani vite.
Basta! Siamo stanchi di parole, di vuote polemiche, di poteri occulti, striscianti e paralizzanti, di carta da macero. Stanchi di vedere mal spesi i nostri soldi di contribuenti, soldi
che vogliamo impegnare per la salvezza di vite umane, non per progetti falliti o fallimentari, e nemmeno per lavare le mani ai nostri moderni “Pilato”che vogliono accecarci con
tanto fumo negli occhi. Basta alle assurde morti di troppi giovani e basta al pianto senza
lacrime di tante madri che noi rappresentiamo e, se pur distrutte nel fisico e nel morale,
mai cesseremo di gridare a tutti la nostra indignazione e il nostro dolore verso tanta indifferenza.
In questo stato di emergenza, pretendiamo la realizzazione urgente di quanto stabilito
dalla legge 162/90 sul recupero dei tossicodipendenti per cui sono stati stanziati cospicui
fondi statali.
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Aids – 24 luglio 1991 – Ci ha lasciato Michela
– 225 –
1991
Michela se ne è andata! Aveva 28 anni e a casa due bambini accuditi dalla nonna paterna.
Sono andata a vederla, era sul lettino tutta coperta da un lenzuolo, poi l’incaricato delle
pompe funebri l’ha posta nella bara ricoprendola quasi interamente con un telo che sembrava di seta di colore rosa. Aveva gli occhi profondamente chiusi, i capelli spettinati che sembravano incollati tra loro; il viso rotondo e gonfio la faceva sembrare una bambola di pezza, non
bella ma patetica. Il frate che la benediva sembrava commosso. Nella cella vicina c’era un gruppo di zingari che si sono uniti nelle nostre preghiere (sembra abbiano il culto dei morti).
Michela era rimasta vari giorni in sala di rianimazione, respirava attraverso le macchine,
sola, lontana dalle “sue” volontarie che poteva vedere solo per pochi minuti. Nella lunga sua
degenza era anche rimasta in coma per circa un mese; a volte aveva le guance bagnate di lacrime. Tornata in sé, aveva ricordato fatti e parole udite. La sua era stata una vita drammatica,
aveva perso la mamma in giovane età e poi s’era persa lei con la droga. In un breve periodo trascorso nella sua casa era accudita da due volontarie del suo paese e per due volte la settimana
da due nostre mamme.
Amava molto il colore rosa e quando aveva bisogno di indumenti li comperavamo per lei
tutti di quel colore. Le avevamo anche acquistato un letto con le sbarre perché nel suo, cadeva
con facilità (poi quel letto è servito ad altri malati).
Sai, mi diceva: “Ero cattiva, ma un giorno ho incontrato la bontà” – e ancora: “Alla mattina quando mi sveglio, prima prego per i miei bambini, poi per mia suocera, poi per le volontarie e poi per me”- ”Olga, perché si deve soffrire così tanto per morire?” Non ho saputo darle
una risposta. Quando moriva un malato, prima piangeva e poi diceva “Ora sta bene!”.
Cara piccola Michela!
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Il Giornale di Vicenza - 3 agosto 1991
Dopo il buco di eroina va in coma
Sei giorni di agonia, poi la morte
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Il Giornale di Vicenza - 7 agosto 1991
Un sequestro record di stupefacenti sulla Serenissima
Bloccati a Vicenza 33 chili di eroina
Un sequestro record di droga sulla Serenissima. Erano nascosti sotto la cabina di un Tir turco
Solo un guasto ha impedito di proseguire per acciuffare i destinatari
I carabinieri hanno interrotto la consegna, forse a Milano, di un carico che una volta immesso sul
mercato si sarebbe trasformato in 600 mila dosi per un valore di quasi 50 miliardi – La droga, in 60
pani da mezzo chilo, aveva attraversato i Balcani in un doppio fondo – L’automezzo è stato fermato dalla rottura del cambio nell’area di servizio di Villa Morosini – In carcere l’anziano autista,
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Il Giornale - 7 agosto 1991
Il Consiglio dei ministri vara oggi il decreto legge
che rende meno rigida l’applicazione della normativa Jervolino – Vassalli
Droga, manette a discrezione
– 226 –
1991
Aids - 8 agosto 1991 – Ci ha lasciato Giordano
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8 Agosto 1991 - Lettera inviata al prefetto dott. Sergio Porena
Eccellenza, ho appreso con sorpresa e vivo dispiacere la notizia del suo trasferimento. Con
Lei se ne va una persona che, quasi unica, in tanti anni di lotta alla droga, ha dimostrato
attenzione e disponibilità al nostro grave problema, senza farci pesare la sua autorità.
Purtroppo qui da noi, nemmeno le massime cariche dello Stato e della Chiesa possono più di tanto e, nonostante si parli di dare alla città una immagine proiettata nel sociale, per ottenere risposte adeguate alle necessità, occorre avere grossi appoggi politici e
garantire un buon numero di voti. Che una larga fascia di cittadini sia costretta a condurre una vita al limite della sopportazione senza alcun supporto e moltissimi giovani siano
incamminati verso una morte sicura, non intacca le coscienze dei nostri responsabili i
quali, pur di fronte ad espliciti richiami pubblici preferiscono il silenzio più glaciale. Con
Lei, eccellenza, se ne va un nostro alleato che si è avvicinato con sensibilità al nostro dramma cercando di capire e operare. Nel ringraziarla anche a nome dei genitori del Comitato, esprimo il nostro più sincero rimpianto e Le auguriamo ogni bene.
Con stima, Olga Dalla Valle
29 agosto ’91 – Operare nel volontariato quando si è legati ad un’altra associazione è molto
difficile. Ieri un volontario non si è presentato al servizio e non mi ha avvertita; oggi dice di
non sentirsi bene, per lui sono malati difficili, non parlano, si sente inutile e impreparato.
Qualcuno vorrebbe che lasciassi il coordinamento, ma io non lo farò mai. Assistere questi malati, tutti giovani, con un passato difficile e patologie che spesso investono la sfera cerebrale, vuol
dire soprattutto accettarli e possibilmente avere per loro attenzioni simili a quelle di una
madre.
In questo campo vi è stata una selezione spontanea con molti ritiri; sono rimasti coloro che
si sentivano in sintonia con noi.
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7 settembre 1991- Il Papa a Vicenza
Sabato 7 settembre mi trovavo anch’io come tanti concittadini in piazza dei Signori ad accogliere il Papa in visita alla nostra città. Al vederlo mi sono commossa, gli ho toccato la mano
tesa nel saluto e nell’incontro con altre tante mani.
L’ho visto molte volte attraverso la TV, ma non ho mai provato quel cumulo di sensazioni
nel vedere dal vivo quella bianca figura sorridente se pur visibilmente stanca.
In lui ho visto la vera Chiesa, quella che esiste da duemila anni, quella che non delude ma
si mantiene ben salda sulle fondamenta gettate dal Cristo.
Sono anni che vivo nel dolore e tra il dolore, il più grande che può colpire una madre attraverso i figli, e in tutto questo tempo ho sentito più volte la chiesa lontana, molto lontana, disattenta alle gravi problematiche quali droga e Aids e, oserei dire, timorosa di incontrarle.
Quanti sguardi vuoti ho incontrato nella mia strada!
Ma lo sguardo del Papa no, quello del Papa era acuto, penetrante, sincero, a volte dolcissi– 227 –
1991
mo e sempre presente, vicino.L’ho rivisto all’ospedale, presso il letto di alcuni malati di “quella
grave malattia nuova e incurabile”.
Gli ho stretto forte la mano, gli ho confidato sottovoce la grande pena e la solitudine di
tante famiglie colpite dalla droga e dall’Aids; mi ha abbracciata paternamente, mi ha dato un
lieve bacio sui capelli e mi ha sussurrato:”pregheremo insieme”.
Non ha risolto i gravi problemi, ma ha dato condivisione e carica per andare avanti.
Commossa piangevo silenziosamente, così come piangevano anche le mamme lì vicino.
Lui si è chinato sui giovani malati e li ha baciati in fronte, loro avevano gli occhi luminosi.
Santo Padre, ti ho sentito solo nel portare il grande peso del mondo.
Senza accorgermi quella sera ho pregato per Te.
Desidero qui, esprimere un grazie di cuore al vescovo mons. Nonis che ha guidato il Papa da
noi, che ci ha gratificate e incoraggiate, che nei suoi discorsi ha toccato argomenti sulla droga
e sull’Aids senza ferirci, con tatto, delicatezza e sensibilità.
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Aids – 18 settembre 1991 – Ci ha lasciato Giorgio
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Il Giornale di Vicenza - 25 settembre 1991
I drammatici contrasti di un universo dalle mille e dolorose contraddizioni
Droga, un altro caso di overdose
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Il Giornale di Vicenza - 29 settembre 1991
Il Comitato di solidarietà delle famiglie denuncia:
”Vicenza da 12 anni ci prende in giro non andremo più nemmeno a votare
“Leggi e istituzioni, solo un fallimento”
Denunciano i figli alla polizia oppure li incatenano. Li picchiano per disperazione. Arrivano segretamente ad augurarsi la loro morte. E tutto perché con la siringa e la sniffata sia finita. Genitori snaturati e crudeli, o vittime essi stessi della droga? Gli episodi di rigetto familiare nel vicentino si stanno moltiplicando; l’ultimo in ordine di tempo, quello di un padre che aveva legato il figlio per impedirgli di andare a rubare per procurarsi la droga e denunciato dalla nuora. Il procuratore ha prosciolto l’anziano padre riconoscendo “uno stato di necessità”.
Che cosa c’è dietro quello che genericamente finisce per essere etichettato come “il dramma delle
famiglie”? C’è una città, c’è una provincia che tace. Lo sostiene il Comitato delle famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids, nato nel ’79, protagonista di innumerevoli battaglie. Dodici anni di
volantini, lettere agli amministratori, dimostrazioni e iniziative clamorose: ”e tutto per avere in mano
un pugno di mosche” commenta Olga Dalla Valle, che del Comitato è presidente e animatrice. (…)
“Ci sono fior di professionisti che pagano regolarmente la droga ogni giorno ai figli, purché non
vadano a mettersi nei guai. E allora, chi finisce sui giornali e nelle aule di giustizia? I figli delle famiglie normali, medie, povere, che per procurarsi l’eroina mettono la città a soqquadro con scippi e
furti”. (…) Il Comitato prima minacciava, ora passerà ai fatti: alle prossime elezioni stapperanno le
schede elettorali. (…)
“L’ultima legge sulla droga, offrendo l’alternativa tra il carcere e la comunità non basta. Ci vuole il
ricovero coatto. (…) Le piccole comunità che sono state favorite a Vicenza hanno fallito i loro obiettivi, ma hanno anche ostacolato l’arrivo di iniziative più solide ed efficaci. Penso al Ceis, ad esem– 228 –
7 settembre 1991. Il Papa a Vicenza incontra famiglie e malati colpiti dall’Aids.
1991
pio, che in tanti anni ha dato prova di efficacia, c’è a Verona, c’è a Schio, perché non a Vicenza? Chi
non lo vuole? L’ultima versione della ristrutturazione Ulss a S. Domenico non prevede il centro di
accoglienza. E dove vanno i ragazzi quando escono dal carcere o sono disposti ad entrare in comunità? Da nessuna parte. La gente deve vedere i tossicodipendenti che rubano motorini e scippano,
perché solo così, per assurdo capirà quanto è grave la situazione. Quella che tutti cercano di nascondere”. (n.m.)
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Il Giornale di Vicenza - 7 ottobre 1991
Vicentino morto per strada accanto al ciclomotore
Stroncato da un’overdose alla periferia di Padova
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Aids - 7 ottobre 1991 – Ci ha lasciato Franco
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Il Giornale di Vicenza - 9 ottobre 1991
Appello del Comitato famiglie alle autorità: ”Non potete mantenere i drogati in albergo”.
“Sindaco quante promesse – Contro la droga che fai?”
Ci risiamo. Nel silenzio più pesante, nell’indifferenza che spesso caratterizza la città sui grandi temi
di vita sociale, risuona l’appello del Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e
dei malati di Aids.
A prendere carta e penna è Olga Dalla Valle che non più tardi di dieci giorni fa raccontava, con un
gruppo di genitori, al Giornale, la disperazione di chi incatena i figli, li denuncia, li caccia di casa o
li vuole morti perché impotente di fronte all’eroina, al potere distruttivo degli psicofarmaci o della
povere bianca “fiutata” anche nei salotti più raffinati. A nulla, pare, valgano le denunce di giorno in
giorno più drammatiche: ed è così che il Comitato torna a rivolgersi al sindaco.
Egregio sindaco e signori amministratori,
nel mese di luglio è stata pubblicata su questo giornale una lettera aperta indirizzata ai
responsabili della città, in cui si denunciava l’indifferenza pubblica di fronte ai gravi problemi, quale tossicodipendenza e Aids. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Facciamo seguito con una seconda lettera puntualizzando la situazione attuale: circa 6
mila tossicodipendenti tra città e provincia, l’80 per cento dei quali sieropositivi all’Hiv,
202 malati conclamati metà dei quali deceduti, tanti e tanti giovani che manifestano i
primi sintomi della malattia, un numero imprecisato di overdose (non sempre la notizia
appare sui giornali) con morti, l’ultimo in ordine di tempo due giorni fa, e sei salvati nel
giro di tre giorni.
Un padre che incatena il figlio per impedirgli di rubare per drogarsi e lo stesso figlio
che liberato dalle forze dell’ordine non perde tempo nell’andare a procurarsi la droga, a
sposarsi con una coetanea pure drogata e aggredire il padre perché non accetta la nuora in
casa. Un altro giovane che commette uno scippo dopo l’altro e che viene ristretto in carcere solo dopo che i giornali si domandano se la legge è uguale per tutti.
Spacciatori con un discreto numero di dosi di droga che vengono arrestati, processati
e rimessi in libertà pronti a riprendere il perverso e redditizio spaccio. Una giovane appena ventenne che in minore età ha iniziato a percorrere la china inarrestabile della droga,
mantenuta a metadone, che simile ad un fantasma si aggira per le strade del centro mal
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1991
sicura sulle gambe, ripiegata su se stessa, le ossa ricoperte di sola pelle, dato che il suo peso
raggiunge a malapena i 24 chilogrammi.
Una madre che giustamente rifiuta gli arresti domiciliari del figlio “in carcere non si
droga ed è cresciuto dieci chili; a casa, il fratello tossicodipendente gli porterebbe la “dose”
quotidiana”.
Queste sono alcune punte emergenti di un disperato e sommerso mondo della droga.
Mondo che finalmente sembra stia per scoppiare, e dimostra che cittadini ormai esasperati, stanno trovando il coraggio di ribellarsi a questa situazione insostenibile.
Sono anni che il Comitato famiglie lotta strenuamente senza avere risultati soddisfacenti, sono anni che tentiamo di infrangere il muro di inerzia che tanta responsabilità ha
sul continuo aggravarsi del problema droga reclamando strumenti idonei e mirati, quali,
e mi ripeto, un centro di pronta accoglienza per tossicodipendenti che escono dal carcere, dall’ospedale, che non hanno fissa dimora o che desiderano uscire dal “tunnel” maledetto. Una struttura terapeutica residenziale che sostenga anche le famiglie, le quali, esauste e sfiduciate sono incapaci a far fronte da sole ad una lotta estenuante e crudele. Un
giovane che lascia il carcere non dovrebbe mai tornare a casa, ma essere obbligato ad entrare direttamente in una comunità, sempre se lo vogliamo veramente aiutare.
Mercoledì, ultimo scorso, si sono riuniti responsabili e operatori per fare il punto sulla
tossicodipendenza; ebbene, è stato il solito parlarsi tra sordi. Gli operatori hanno una
visuale incompleta del problema, sono le famiglie che conoscono le vere necessità di cui
abbisognano, ma purtroppo rimangono sempre inascoltate, perché – si dice - troppo
coinvolte!
Se ricorda bene signor sindaco, di anno in anno, quando lei era ancora Consigliere
delegato per l’età evolutiva dell’Ulss 8, ci siamo recati più volte con altri responsabili del
sociale, da mons. Avanzini , presidente del Ceis di Verona per chiedergli operatori qualificati per una struttura di recupero, e avuta la più completa disponibilità, sembrava che
questo si potesse realizzare ancor prima dell’ultima legislatura! Poi silenzio completo.
E questo, nonostante il fatto che anche il dott. Balestra, responsabile del Cad fosse
favorevole a questa soluzione che avrebbe sgravato di sicuro la situazione precaria in cui
è costretto ad operare. Non vogliamo che i soldi dei contribuenti siano spesi con un altro
“centro di consulenza”, ci basta il Cad; i soldi dei cittadini li vogliamo spendere per salvare quei giovani che, in numero sempre maggiore, rimangono invischiati nella spirale della
droga. Purtroppo, per molti di quelli che da tempo ne sono dentro, forse è già troppo
tardi. Non troviamo giusto che il comune mantenga giovani nella devianza, accogliendoli all’albergo cittadino, o pagando loro una stanza in qualche albergo, senza tentare di
recuperarli. Questo sistema, privo di serie progettazioni è inconcepibile e indegno di un
vivere civile. E questo nonostante l’articolo 32 della Costituzione italiana che recita
testualmente: ”la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività”….
Ormai non so più come far capire la gravità della situazione. Ricordo che DROGA vuol
dire: mafia, traffico d’armi, tangenti, rapimenti ed altro ancora!
– 230 –
1991
Siamo già incancreniti in questa situazione, e tra non molto l’Aids, che avanza spaventosamente, ci darà purtroppo ragione dei nostri timori, delle nostre angosce, delle nostre
tragedie.
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12 ottobre 1991
Migliaia di tossicomani nel parco di Platzspitz, in pieno centro di Zurigo
dove dilagano furti, rapine, violenza, prostituzione
Il “paradiso – inferno” della droga libera
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Nuova Vicenza - 15 ottobre 1991
Sgomento e solidarietà per la morte in carcere del giovane di Thiene
Suicidio che fa discutere
Il padre: “A 48 ore dalla sua morte la direzione del carcere non ci ha ancora comunicato niente”
Morire suicida a vent’otto anni, in carcere a S. Pio X. Con un sacchetto di nylon in testa e una bomboletta di gas tra le mani. (…) Dice il padre: ”La direzione del carcere, a 48 ore dal suicidio di mio
figlio non mi ha fatto pervenire alcuna comunicazione. Nemmeno una telefonata. Se non fosse stato
per il cappellano del carcere, avremmo ricevuto la richiesta di riconoscimento della salma, da parte
del tribunale, senza nemmeno sapere di cosa stessero parlando. È terribile. Ci conforta in queste ore
di dolore che nessuno può davvero comprendere, la solidarietà della gente. Dei suoi amici, dei nostri
vicini di casa. Lino non era un ragazzo violento, lo ha rovinato la droga. Se la mia testimonianza può
servire a qualcosa, penso che ci sia ancora tanta strada da fare per aiutare i nostri ragazzi. Almeno
quelli che sopravvivranno. I genitori dei tossicodipendenti danno il cuore perché ne vengano fuori.
Ma anche le strutture devono venir loro incontro. Quello che manca? Tra le tante cose, un servizio
di prima accoglienza negli ospedali. Quando un giovane ha un overdose ed entra in coma, viene ricoverato, ma appena si riprende viene immediatamente dimesso, cioè buttato sulla strada senza dargli
il tempo di ristabilirsi. È logico che tornino a drogarsi”. Il carcere come soluzione? Ecco il risultato.
(…)“E’ importante che la gente sappia, e che si cominci a pensare davvero che i tossicodipendenti
non sono criminali. Ma malati per responsabilità che vanno oltre loro stessi”
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Lettera inviata il 17 ottobre a: Il Giornale di Vicenza e pubblicata con il titolo:
Nessuno ha potuto aiutare quel giovane
Ormai le morti dei nostri giovani non fanno più notizia, anche se camminano appaiate;
in luglio, nel medesimo giorno, due vite stroncate, una dall’Aids e l’altra da overdose. L’atro ieri l’ultimo decesso per la medesima malattia e un suicidio. Suicidio preventivato,
avvenuto drammaticamente nello squallore di una cella del carcere e che ha concluso la
breve e sofferta esistenza di un giovane gettando nel dolore più profondo la sua famiglia.
La madre ha bussato a tutte le porte, per salvare quel figlio, era più volte venuta al
nostro Comitato in cerca di aiuto, rubando tempo al suo lavoro, ma purtroppo le nostre
possibilità sono limitate e non possiamo dare quegli aiuti che solo le istituzioni pubbliche
potrebbero e dovrebbero dare. In occasione di ripetuti tentativi di Lino di togliersi la vita,
mentre si trovava in stato di reclusione, ebbi a scrivere una lettera aperta sul Giornale di
Vicenza, in cui facevo presente il particolare caso del giovane e domandavo che fine avesse fatto quel progetto sul carcere che prevedeva una équipe socio-sanitaria all’interno dello
stesso e in stretta collaborazione col servizio esterno per le tossicodipendenze.
– 231 –
1991
Dopo anni siamo ancora fermi al medesimo punto! Abbiamo una nuova legge che
molti criticano aspramente, forse per giustificare l’inettitudine di chi ha responsabilità e
non s’impegna nel fornire gli strumenti adatti e mirati per combattere il cancro della droga
o addirittura ostacola cinicamente progetti al loro nascere.
Lino, più che del carcere, aveva necessità di cure serie; la sua depressione nella ristrettezza di una cella di certo non poteva guarire, ed era logico pensare che certamente, prima
o poi, i suoi tentativi autolesionisti avrebbero avuto esito positivo. Così è stato!
Era un caso da psichiatria, ma la psichiatria non si interessa dei drogati e non ci sa fare
con loro. E in fondo, chi ci sa fare veramente? Il problema droga è complesso, e per fargli
fronte ci vuole la collaborazione di più forze: sociali, sanitarie, giudiziarie.
Fino ad ora questo non è avvenuto.
Ognuno qui a Vicenza si muove singolarmente, senza prendere contatti che potrebbero rivelarsi utili, disperdendo energie preziose. Io ho sempre sentito che è l’unione che fa
la forza, non le divisioni! Intanto nascono nuove associazioni “prestigiose”, ma una mano
veramente seria per dare aiuti concreti, nessuno la porge.
Per combattere la droga non servono sporadiche battaglie, ma interventi serrati, uniti
e costanti. E intanto i Verdi inoltrano la solita interrogazione! Io mi permetto di consigliare loro – e agli altri partiti – di interrogarsi veramente e in modo costruttivo, magari con
l’umiltà di volere conoscere più da vicino quali sono le necessità di chi vive questo problema, evitando di farsi interpreti sprovveduti di esso.
Povero Lino e poveri mamma, papà e fratelli; noi vi capiamo fino in fondo. Lino non
si trovava bene in questo mondo dove spesso, consumismo, egoismo, sterile benessere
materiale, profitti illeciti e ingiustizie, hanno preso il posto degli antichi valori quali: Dio,
Patria e Famiglia, che oggi forse fanno sorridere.
Tu eri un giovane fragile, confuso da messaggi non chiari. Per te era chiaro solo il tuo
malessere esistenziale, il bisogno di un qualcosa che desse scopo alla tua vita e che non sei
stato capace di trovare, di pace. Ora finalmente questa l’hai trovata.
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E’ arrivato al Comitato famiglie e per conoscenza a Nuova Vicenza, al dott. Gelain, al dott.
Patuzzi e al Giornale di Vicenza uno scritto senza firma:
“Carissima Olga. Non è sufficiente la morte di Lino per farci aprire gli occhi sulla situazione carceraria, sugli amici tossicodipendenti e sulle loro disperazioni?
Cosa sta succedendo nella comunità Nuova Vita se anche in questi giorni altri TRE
amici sono stati allontanati con blandi motivi. E come mai vengono allontanati amici che
non hanno famiglia alle spalle e restano in comunità solo coloro che hanno genitori facoltosi e possono pagare (!!).
Perché viene allontanato un giovane ammalato seriamente, senza famiglia. Dove andrà
a morire??? Come son trattati i tossicodipendenti in carcere e che differenza fa se in comunità di questo tipo vengono trattati ancora peggio!!
Cittadini di Vicenza
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1991
Ancora dai primi tempi in cui mi sono interessata al problema “droga”, e avvicinata a certe
strutture cosiddette di “recupero”, ho sempre pensato che, nei casi migliori, da parte degli “operatori” (molte volte improvvisati), poteva esserci, l’ingenuità di offrire aiuto pensando forse che
bastasse tenere i tossicodipendenti lontani dalla “sostanza”, o una forte autostima pur nell’assenza di ogni esperienza o, come più volte si è rivelato, il proposito segreto di un lucroso guadagno.
Sono forse cominciate con questa lettera anonima, seguita poi da più denunce, delle accuse
precise che hanno portato la procura ad aprire un’inchiesta al termine della quale vi è stato un
salutare rinnovo della comunità.
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La Repubblica - 17 ottobre 1991
La famosa “Platzspitz
Chiuso a Zurigo il parco – ritrovo dei “tossici”
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Aids – 17 ottobre 1991 – Ci hanno lasciato: Pierluigi, Mauro, Loris
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Il Giornale di Vicenza - 23 ottobre 1991
Due vite spezzate a poche ore di distanza
Misteriosa morte di una giovane. Stroncato da overdose in Toscana
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Il Giornale di Vicenza - 1 novembre 1991
L’eroina colpisce ancora: la vittima è un giovane professionista
Il buco fatale ieri nella casa del padre
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Aids – 2 novembre 1991 – Ci ha lasciato Massimo
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Aids – 4 novembre 1991 – Ci ha lasciato Roberto
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Aids – 8 novembre 1991 – Ci ha lasciato Riccardo
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Il Giornale di Vicenza - 9 novembre 1991
L’ennesima vittima della droga
Giovane ucciso da overdose
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La Voce dei Berici - 10 novembre 1991
REX NOVAE - Mamme coraggiose per i malati di Aids
La scommessa della “terapia affettiva”?
Quindici donne scuotono la coscienza e la pigrizia dei politici e della gente
Alla signora Olga Dalla Valle, presidente del Comitato di solidarietà abbiamo rivolto alcune domande: Come vi proponete per assistere i malati? “Non chiediamo né ci proponiamo. Se all’ospedale medici e infermieri vedono che ci sono pazienti gravi senza assistenza, allora veniamo chiamate e andiamo. Se
invece la famiglia del malato è presente, interveniamo solo su sua richiesta, stabilendo insieme i turni di
assistenza.”
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1991
Perché siete tutte mamme? E i padri? “I padri purtroppo mancano. Ci abbiamo pensato molto. In parte
è questione di tempo; le madri spesso non lavorano fuori casa e hanno più disponibilità. Poi è questione
di rapporto. La madre è attaccata al figlio in modo particolare. È la madre che lotta attivamente, si pensi
alle madri coraggio di Napoli. È la madre che ha dato la vita al figlio e per questa vita lotta. Il padre
soffre, ma in modo diverso e raramente è combattivo”.
Come vi presentate ai ragazzi? Noi ci proponiamo di camminare insieme a loro e alle loro famiglie – se
ci sono. Ci dicono che diamo molto, in realtà riceviamo moltissimo. Le volontarie raccontano di vivere in
ospedale rapporti bellissimi. Questi ragazzi che il Vescovo chiama “i poveri dei poveri” pagano con la vita
gli errori fatti e spesso insegnano a morire con dignità. La persona che soffre, soffre e basta, e il dolore è
sempre dolore, che venga procurato da sé oppure che capiti. E questo vale anche per i genitori: che lottino
per il figlio handicappato o per il figlio malato di Aids, il loro è dolore e va capito e aiutato”.
Quali difficoltà umane si incontrano nell’assistere questi ragazzi? “Viene da dire “nessuna”, perché è
tantissimo quello che riceviamo. A pensarci direi che la difficoltà maggiore è la partecipazione alla loro
sofferenza, il fatto di vivere situazioni sempre tristi e dolorose, il fatto di essere impotenti davanti allo sfacelo di questo giovani. Il nostro volontariato è particolarissimo, anche rispetto a quello degli altri reparti.
I malati diventano la nostra preoccupazione costante. E poi i nostri assistiti muoiono tutti e sono sempre
di più. A volte ci chiediamo quale sarà il nostro futuro. Sarà passare da un funerale all’altro, da un cimitero all’altro?
Di loro ha parlato il Vescovo mons. Nonis alla messa del Papa, l’8 settembre scorso quando ha ricordato le mamme che nella nostra diocesi si prodigano ad assistere giovani malati di Aids. Di loro parlano spesso i giornali , perché capita che siano costrette a prestare la voce a chi non ne ha, per chiedere, per fare conoscere sofferenze e abbandoni, per fare da cattiva coscienza alle pigrizie dei politici e della gente.
Sono quasi tutte mamme, molte appartenenti a Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids, un’associazione nata spontaneamente da genitori che non hanno
voluto lasciare soli altri genitori colpiti nei loro figli. Da qualche anno queste mamme a turno prestano assistenza al reparto infettivi dell’ospedale S. Bortolo di Vicenza, sezione malati di Aids. (…)
Uno dei “sogni” del Comitato è la casa alloggio per malati di Aids privi di un sostegno familiare.
(…)
Sull’onda di una sensibilizzazione suscitata anche dai ripetuti interventi del Vescovo, nel Natale 1988
la cassa di risparmio mise a disposizione del Comune 300 milioni per la futura casa, la Provincia ne
stanziò 200, il Comune altri 205. La cifra era alta e sembrava possibile arrivare ad avere la struttura
entro pochissimo. Periodici annunci dei politici circa l’imminente attivazione si sono rivelati bolle
di sapone.
E i tempi sembrano ancora lunghi. (…)
In realtà il Comitato si sente piuttosto isolato, senza parentele influenti, voce solitaria. Con la Caritas collabora ma con difficoltà, perché dicono, anche la Caritas soffre di una certa lentezza, di un
eccesso di frammentazione che penalizza l’operatività: la sottocommissione per le tossicodipendenze si riunisce una o due volte l’anno.
Parlando con le mamme però, si ha la percezione di una determinazione solidissima, anche un po’
disperata, e comunque piuttosto totalizzante, nell’impegno a favore dei malati. Da qualche tempo
le volontarie sono iscritte alla S. Vincenzo, associazione con una lunga tradizione ospedaliera. E
anche qui hanno vissuto qualche difficoltà, che viene dalla necessità di calibrare un intervento, il
loro, tutto sommato affidato a un certo spontaneismo, con un volontariato molto strutturato quale
è quello della S. Vincenzo. (…)
Don Mariano Ciesa è uno dei volontari, uscito dal corso di formazione della Caritas; quando può è
in reparto, a contatto con le mamme. “E’ un’esperienza unica – dice – assolutamente necessaria.
Viene da una profonda umanità e dalla volontà di condividere la situazione dei ragazzi, quasi come
si trattasse dei loro figli”. La malattia è lunghissima e debilita poco a poco. I ragazzi spesso non
hanno la forza di nutrirsi o di suonare un campanello. Ecco perché l’assistenza continua è necessa– 234 –
1991
ria ed ecco perché spesso questa assistenza porta facilmente le famiglie, quando ci sono, allo stremo.
Le mamme permettono a chi assiste, spesso altre mamme alla fine di una dolorosa esperienza di figli
drogati, di recuperare lo spazio fisico e mentale per le altre necessità della famiglia: qualche ora per
fare la spesa, per respirare, per rinnovare le energie necessarie ad andare avanti. Spesso l’assistenza si
riduce a stare vicino al malato, a prendergli la mano, ad imboccarlo. Una solitudine senza parole
anche quella delle volontarie che, nei lunghissimi silenzi a contatto con il dolore più inesorabile, si
trovano a vivere drammi passati e fantasmi futuri. (Mariapia Veladiano)
Il commento del biblista
Condivisione e partecipazione donano speranza oltre la morte
Una scena memorabile nel Vangelo di Giovanni si ripete quotidianamente nell’esperienza degli
uomini:”Stavano presso la croce di Gesù, sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di
Magdala…”Quanti artisti hanno rappresentato questa scena che dice nello stesso tempo il dramma dell’impotenza umana e la grandezza dell’amore e dalla solidarietà! Da una parte Gesù, innalzato sulla
croce, solo di fronte all’oscuro evento della morte. Nessuno può prendere il suo posto. Quel passo lo deve
fare lui! Ma grazie alla presenza di qualcuno che ha l’amore e il coraggio di stargli accanto, la solitudine
di quell’ora è rotta. Anche in quel tragico momento di impotenza e di morte vi può essere solidarietà e
partecipazione. È una partecipazione difficile e tormentata perché è partecipazione alla morte e all’impotenza, è vivere il dramma del distacco, dello strappo, dell’annientamento. Quelle donne che ora sono ai
piedi della croce sono quelle stesse che hanno accompagnato Gesù lungo tutta la sua via crucis, che sono
state accanto a lui anche quando “tutti” disprezzavano Gesù perché, tutto sommato, quella “fine” se l’era
voluta lui. E anche ora, mentre egli è innalzato sulla croce, a “lottare” con Dio e con la morte, molti, “da
lontano”, lo insultano, lo deridono, scrollano il capo.
E Maria, la madre di Gesù, “la vergine potente presso Dio”, cosa può fare per il suo figlio, ancora giovane, sano, robusto….se non stargli accanto e soffrire con lui? Può in questo momento, essere la “vergine e
madre dolorosa” e basta. Sempre ci saranno situazioni che chiedono amore e disponibilità a questa dura
condivisione e solidarietà, più difficile del facile giudizio, della facile condanna, della facile fuga.
E magari questa presenza è ancora capace di infondere speranza: ”le sofferenze del tempo presente non sono
paragonabili alla gloria futura…. “Questa fede è capace di trasformare la “lotta” con la morte in un atto
con il quale, dopo un cammino di purificazione-conversione, ci si affida al “Padre”: “Padre, nelle tue
mani affido la mia vita”. (Adriano Tessarolo)
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Nel suo articolo Mariapia Veladiano ha toccato un tasto delicato costituito dal rapporto del
nostro volontariato con quello della S. Vincenzo “Associazione con una lunga tradizione di
assistenza ospedaliera” accennando a qualche difficoltà “che viene dalla necessità di calibrare
un intervento, il loro, tutto sommato affidato ad un certo spontaneismo”.(…)
Noi, del Comitato, siamo state le prime volontarie ad entrare nel reparto di malattie infettive, rimasto fino ad allora sprovvisto di tale assistenza. Come già scritto, nell’intento di capire questa malattia, io personalmente ho iniziato un contatto intenso con il personale sanitario venendo a conoscere le situazioni difficili in cui i malati si trovavano, alcuni dei quali, giacevano nell’abbandono più completo. È nata così la nostra assistenza, senza timore di contagi,
ma dettata dalla solidarietà e dalla pietà nel vedere tanta sofferenza. Il nostro è stato certamente un operare spontaneo, ma pieno di calore e attenzioni. Eravamo delle madri vicino a dei
figli.
Ad un certo punto mi fu chiesto di unirci alla S. Vincenzo. Pensando che questo ci avrebbe permesso un più ampio raggio di operatività, ho accettato, previa garanzia che avrei conti– 235 –
1991
nuato a svolgere il compito di coordinatrice del mio gruppo. Tutto questo verbalmente, non per
iscritto.
Purtroppo, a cose fatte, son sorti i problemi; mi è stato ingiunto che io, come volontaria della
S. Vincenzo non avrei dovuto scrivere lettere ai giornali né espormi pubblicamente, in pratica mi si chiedeva di dimettermi. Io, questo non l’ho accettato e mi sono rivolta più volte al
Vescovo, da cui ho avuto comprensione e stima. Ma in una riunione, alla presenza di tutti i
volontari, con “belle parole”sono stata dimissionata. Mi sono sentita tradita!
Dopo sofferta riflessione, con l’appoggio affettuoso delle “mie“ volontarie e dei responsabili
del reparto, ci siamo riappropriate della nostra indipendenza.
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Il Giornale di Vicenza - 11 novembre 1991
Stroncato da overdose
La madre dopo averlo trovato è stata colta da malore
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Il Giornale di Vicenza - 13 novembre 1991
Aids, il triste primato dei casi resta a Vicenza
Casi conclamati di Aids residenti nella Regione Veneto aggiornati in data 31-10-1991
Belluno n. dei casi 15 - Padova 133 - Rovigo 18 - Treviso 37 - Venezia 122 - Vicenza
- Verona 124
207
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Aids – 22 novembre 1991 – Ci ha lasciato Fabio
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Il Giornale di Vicenza - 25 novembre 1991
Una proposta della consigliera liberale Manuela Dalla Vecchia:
60 milioni da spendere per la prevenzione anti-Aids
“Il Comune sperimenti distributori “mirati” di siringhe sterili”
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Il Giornale di Vicenza - 28 novembre 1991
I fondi, previsti dalla nuova legge, arrivano dal ministero per gli Affari speciali
Sbarca in città il progetto “La fenice”
Cento milioni per aiutare i “tossici”
Dopo Verona, anche Vicenza potrà disporre di cento milioni per rendere operativo il progetto “La
Fenice”. Di che cosa si tratta? “Di un nuovo programma contro le tossicodipendenze – spiega Gianfranco Dori, presidente della Commissione comunale ai servizi alla popolazione – la richiesta per
poter disporre di alcuni fondi previsti dalla nuova legge sulla droga, la Jervolino-Vassalli, era stata
avanzata dal Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids con
l’appoggi dall’Adv, associazione vittime della droga di Verona e infine con l’accordo dei servizi sociali dell’Ulss 8. I comitati promotori inoltrarono nei mesi scorsi all’Amministrazione comunale la
richiesta per il finanziamento di questa iniziativa che venne discussa sia dalla Giunta che dalla commissione. E proprio nel mese scorso è arrivato il benestare del ministero per gli Affari sociali e il
finanziamento di 100 milioni che era stato richiesto e che nei prossimi giorni sarà dato all’Ulss. Il
progetto, conclude Dori, ci era sembrato interessante anche se sulla sua utilità è ancora presto per
pronunciarsi. Resta comunque un segnale importante per Vicenza, che registra di anno in anno, un
numero sempre maggiore di giovani che si drogano”.
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1991
Il programma “La Fenice”, è già operante da qualche anno a Verona e sta dando - a detta degli esperti – anche buoni risultati. Sostanzialmente, l’iniziativa si ripropone di istituire, con l’aiuto delle
Amministrazioni locali, dei piccoli centri territoriali d’intervento per avvicinare il tossicodipendente, anche quello occasionale e saltuario, ad una campagna d’informazione e di sensibilizzazione nella
quale saranno chiamate in causa le famiglie, le parrocchie, la scuola, i posti di lavoro e le circoscrizioni. Il tutto, naturalmente, per sviluppare un preciso programma terapeutico che potrà essere sia
individuale che di gruppo. Ed è proprio questo uno degli aspetti più interessanti del progetto: il
coinvolgimento non solo del tossicodipendente, ma di tutto l’ambiente che lo circonda, dalla famiglia alla scuola, all’ambiente di lavoro. Per giungere poi , al suo reinserimento cercando, nei limiti
del possibile, di rimuovere incomprensioni, pregiudizi e paure.
“Stiamo lavorando a questo progetto da più di un anno – afferma Olga Dalla Valle – con l’aiuto dell’associazione Vittime della droga di Verona e lo sosteniamo perché ad essere interessati all’iniziativa
non saranno solo i giovani drogati, ma anche le famiglie che spesso vengono lasciate all’oscuro di
tutto. Ci sarà molto da lavorare dal momento che, almeno inizialmente, lo faremo con l’ausilio di
tecnici veronesi, ma poi dovremo muoverci con i nostri mezzi organizzando alcuni corsi”.
“Così come è stato proposto, il progetto potrebbe diventare un utile strumento preventivo – spiega
il dott. Balestra, responsabile del Cad di corso S. Felice – se tutto verrà impostato in base ai programmi iniziali, potrebbe anche diventare uno strumento complementare con il servizio già esistente sotto il profilo sanitario. Ma bisognerà attendere qualche anno, prima di valutare gli effetti e la
validità. Se poi non dovesse funzionare, sarà l’ennesimo buco nell’acqua”.
Infatti le ultime parole del dott. Balestra si sono rivelate profetiche. Avevamo dato la nostra sede
per svolgere al meglio questo progetto. All’inizio c’è stata affluenza e partecipazione sia da parte
delle famiglie che dei giovani; dopo tre anni lentamente tutto si è affievolito fino a spegnersi!
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La voce dei Berici - 1 dicembre 1991
Giornata mondiale contro l’Aids
Un problema “rimosso” – Ma l’emergenza è grave
Molte volte ormai abbiamo sentito parlare di Aids. Forse il fatto che sia stata istituita una Giornata
mondiale per riflettere su questa grave malattia può creare in qualcuno un senso di seccatura: ancora una “giornata”…. ancora discorsi e “intenzioni”.
Chi vive però solo un po’ a contatto con il problema ormai sente il dovere di gridare: non si può
restare impassibili di fronte ad una malattia che sta diffondendosi con rapidità e che distrugge tante
giovani vite. Questo è tanto più importante perché spesso, parlando con i giovani, si ha l’impressione che per molti il problema non ci sia, o sia lontano, o sia totalmente estraneo alla loro voglia di
divertirsi, di passare le notti fuori e di “provare” qualcosa di “forte” così, tanto per vedere che effetto fa. Spesso ancora viaggiano battute o barzellette sull’argomento, quasi ad esorcizzarlo, a relegarlo
in un angolo come qualcosa di misterioso, sconosciuto o che in ogni caso, non ci riguarderà mai.
Ma anche gli adulti non sono da meno; la “scappatella” fuori casa non è più una cosa rara, basti vedere le file di macchine ferme in determinati luoghi in varie ore notturne a cercare qualche cosiddetta
emozione nuova (non per niente ormai la malattia si sta diffondendo anche attraverso i normali rapporti).
L’invito, su queste poche righe, è quello di una presa di coscienza doverosa del problema della necessità di insistere sul campo della prevenzione, un discorso molto ampio ma che si aggancia bene con
il Piano pastorale della nostra diocesi, coinvolgente da vicino le scelte e la testimonianza di fede.
Oggi più che mai bisogna formare educatori, famiglie sensibili alle problematiche dell’attuale situazione sociale, che si prendano a cuore i problemi e ne sappiano discutere con i figli. A Vicenza e in
provincia molte sono le iniziative e le organizzazioni, per lo più basate sul volontariato, che si stan– 237 –
1991
no interessando del problema: a noi accogliere le proposte, aderire a iniziative, aprire gli occhi.
La giornata serve anche a questo.
Vogliamo infine rivolgere un pensiero di solidarietà alle famiglie che vivono, spesso isolate la tragedia dei loro figli. Alle varie comunità cristiane il compito di interrogarsi su queste esclusioni che spesso hanno radici profonde nei rapporti di vicinato nelle piccole grandi storie del vivere quotidiano.
Dalle pagine della Voce, nella rubrica Res novae, qualche settimana fa, si è parlato di questo e dell’azione di tante mamme che, colpite dalla tragedia, si sono messe con generosità al servizio di altri.
Ancora un segno di speranza che interpreta per noi alcune delle pagine più belle e forti del vangelo,
come quella del buon samaritano e del discorso della montagna di Matteo al capitolo quinto.
Una giornata, allora, per la Speranza che viene dalla solidarietà, dalla conoscenza del problema, dalla
presa di coscienza della necessità di vivere rapporti nuovi, di condivisione all’interno della comunità
degli uomini. (Mariano Ciesa)
Don Mariano Ciesa è un giovane prete che ha seguito i corsi per il volontariato promossi dalla
Caritas diocesana. Anch’egli si è prodigato per dare aiuti concreti ai malati e tra lui e noi
mamme del Comitato si è stabilita una affettuosa amicizia che continua tutt’ora.
Lui rappresenta per noi la vera Chiesa, disponibile, umile e saggia.
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Aids – 3 dicembre 1991 – Ci ha lasciato Luciano
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Il Giornale di Vicenza - 8 dicembre 1991
Appena usciti dal carcere hanno rischiato la morte per overdose
Sono stati salvati dal Suem in piazza Matteotti dove si erano bucati
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Aids – 22 dicembre 1991 - Ci ha lasciato Roberto
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Aids – 1991 – A Vicenza 32 decessi – In Italia 2619
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1992
1992
Aids – 8 gennaio 1992 – Ci ha lasciato Vittorio
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Il Giornale di Vicenza - 13 gennaio 1992
Ventitreenne trovato privo di vita
Soffriva di depressione
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Aids – 16 gennaio 1992 – Ci ha lasciato Alcide
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Il Giornale - 6 febbraio 1992
Sgomberato a Zurigo il “ghetto” del Platzspitz
Parco di drogati addio
La Svizzera ammette il fallimento di un discusso esperimento
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Il Giornale di Vicenza - 7 febbraio 1992
Giovane madre stroncata da overdose
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Il Giornale - 12 febbraio 1992
Nel ’91- 1.279 vittime con un aumento del 10%:
Ogni giorno tre morti per droga
La criminalità nel settore sta dilagando: 23 mila gli arrestati
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Aids – 18 febbraio 1992 – Ci ha lasciato Rosanna
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Il Giornale di Vicenza - 19 febbraio 1992
Muore a Padova per overdose
Lavorava, ormai sembrava fuori dal giro
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Il Giornale di Vicenza – 21 febbraio 1992
Sessione straordinaria dell’assemblea Onu dedicata al narcotraffico
Droga, ora nel mondo niente di più grave
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Aids – 26 febbraio 1992 – Ci ha lasciato Maurizio
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Aids – 27 febbraio 1992 – Ci ha lasciato Lino
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1992
Il Giornale di Vicenza - 28 febbraio 1992
Il vertice di San Antonio si è chiuso senza risultati di rilievo
Delude il summit anti-droga
Bush dice no ai nuovi finanziamenti - Non verrà ridotta la produzione di cocaina
New York – Diviso tra le retorica dei grandi piani e la realtà spiacevole di un problema senza facili
soluzioni, il vertice antidroga di San Antonio, tra gli Stati Uniti e sei paesi latino-americani, si è concluso ieri nel Texas con una firma di una serie di modesti accordi che mirano a rafforzare la cooperazione tra Paesi consumatori e produttori di stupefacenti.
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Il Giornale di Vicenza - 2 marzo 1992
Giovane trovato morto in casa
La macabra scoperta fatta dalla madre
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Aids – 17 marzo 1992 – Ci ha lasciato Denis
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Il Giornale di Vicenza - 19 marzo 1992
L’ha denunciato ieri il ministro Russo Jervolino17
Meno morti per droga nei primi mesi del 1992
Diminuiti del 17 per cento i decessi
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Il Giornale di Vicenza - 19 marzo 1992
Diventa un caso San Pio X dopo il decesso martedì pomeriggio
di due giovani detenuti nel giro di sole sette ore
Ancora una morte in carcere
A distanza di poche ore, dopo il suicidio di un tunisino, un altro detenuto della casa circondariale
San Pio X è morto. Apparentemente si tratta di un suicidio, o almeno questa è la versione officiosa,
ma si tratta di una morte che solleva qualche dubbio. Anche in questo caso il detenuto avrebbe infilato la testa in un sacchetto di plastica, quindi vi avrebbe fatto defluire il contenuto di una bomboletta di gas da campeggio. (…)
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Aids – 22 marzo 1992 – Ci ha lasciati Angela
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Dopo la morte del padre dei suoi due figli, una bambina e un maschietto, Angela era rimasta sola. Ad un certo punto della sua vita aveva incontrato Piero, si erano innamorati e avevano deciso di vivere insieme. Purtroppo Angela era sieropositiva e ben presto sviluppò la malattia. Conosciuto il caso, l’avevo affidata a ad una volontaria, Giovanna, che nel tempo libero
dal lavoro cominciò a prendersi cura di lei e dei bambini, sostenendo moralmente nel medesimo tempo anche Piero, carico di impegni nel suo nuovo ruolo di responsabilità familiari.
Morta Angela, Piero, che sentiva come suoi a bambini fino allora in affido, volle adottarli per
dare loro un nome e un futuro finanziariamente sereno; egli custodiva però nel suo cuore un
terribile segreto: era sieropositivo pure lui. La malattia lo ghermì all’improvviso togliendoli ogni
facoltà intellettuale. Alla sua morte i figli furono accuditi dai nonni materni, ma la ragazzina non si trovava bene con loro e Giovanna, che aveva mantenuto affettuosamente i contatti,
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previo accordo con i familiari, se la portò a casa. Non furono pochi i sacrifici, ma fu tanto l’amore; finalmente le tragedie lasciarono il posto ad una vita più serena.
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Aids – 30 marzo 1992 – Ci ha lasciato Claudio R.
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Aids – 6 aprile 1992 – Ci ha lasciato Claudio B.
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Aids – 7 aprile 1992 – Ci ha lasciato Gianfranco
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Aids – 16 aprile 1992 – Ci ha lasciato Nico
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Il Giornale di Vicenza - 21 aprile 1992
Giovane stroncato nel bagno per overdose
Il ventitreenne è stato trovato dai genitori
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Aids – 21 aprile 1992 – Ci ha lasciato Francesco
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Aids – 10 maggio 1992 – Ci hanno lasciato Francesco e Antonio
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Il Giornale - 9 maggio 1992
Primo documento vaticano sulla tossicodipendenza
La Chiesa contro la droga
Città del Vaticano – Per il dramma della droga la chiesa ammette le sue responsabilità: “silenzi, inadempienze e inadeguatezze tutt’ora riscontrabili nella pastorale”. E nel primo documento vaticano
sulla tossicodipendenza riconosce che vescovi e parroci si son fatti prendere di sorpresa dal dilagare
del fenomeno. “Colpa della mancanza d’esperienza – spiega il “ministro per la Famiglia” della Santa
Sade, il cardinale colombiano Alfonso Lòpez Trujillo – ma il lavoro svolto in questi anni da tante
comunità di recupero ci ha permesso di capire in profondità il problema e individuare l’origine di
tutto nel vuoto profondo dei valori che caratterizza la nostra società. Perché è successo questo? Per
la crisi della famiglia e della sua funzione educativa. È dunque dal modello cristiano della famiglia
che bisogna cominciare.
Il “mea culpa” della chiesa è solo l’inizio della controffensiva. C’è il bisogno di demolire un sistema
sociale permissivo, secolarizzato, senza ideali. Un sistema “in cui la ricerca di evasione si esprime in
tanti modi diversi, di cui uno è la fuga nella tossicodipendenza”. Alla cultura “narcisistica, autosufficiente, ed effimera” hanno dato un bel contributo i mass media. (…) - Immediata e aspra la
risposta degli “antiproibizionisti” italiani. (…)
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ll Giornale di Vicenza - 24 maggio 1992
S’inizia domani in Contrà Mure S. Domenico- Tra gli organizzatori l’associazione “La Fenice”
Quattro incontri per parlare di droga
“Incontri per la prevenzione sul territorio”. Questa è la formula scelta dall’associazione “La Fenice”
e dal Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids per parlare di
droga. In primo piano l’informazione e per questo sono stati programmati quattro incontri che si
terranno ogni martedì a partire da domani. L’appuntamento è alle 20,30, il primo incontro preve– 241 –
1992
de la proiezione di un film di Walt Disney “I nostri eroi alla riscossa” seguito dal dibattito: “La droga
non può spuntarla, parliamone in famiglia”. La presentazione dell’iniziativa sarà fatta da Olga Dalla
Valle, presidente del Comitato con Giovanni Avanzini.
Nella seconda serata che si terrà il 26 maggio, sempre alle 20,30 si parlerà dell’importanza e del ruolo
del volontariato sociale. Tra i relatori don Tarcisio Soldà e il prof. Gianni Fusaro.
Nella terza serata – 2 giugno - il dott. Vincenzo Balestra, responsabile del settore tossicodipendenza dell’Ulss 8 illustrerà la tipologia del tossicodipendente, inoltre parlerà della formazione del personale dal punto di vista psicologico relazionale e sociale. Nell’ultimo incontro previsto per il 9 giugno in programma:”Storia delle comunità terapeutiche e il programma terapeutico territoriale “La
Fenice”, relatore Paolo Dalla Vecchia.
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Il Giornale di Vicenza - 28 maggio 1992
È stato stroncato da una dose di eroina probabilmente troppo pura
Un giovane muore dopo il buco in auto a Padova
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30 maggio ‘92 – Giorni addietro, avevo proposto ad alcuni ragazzi che frequentano il day hospital un
viaggio a Lourdes con il treno dell’Unitalsi. Hanno accettato in sei, sorpresi ed entusiasti. Per loro sarebbe stata un’esperienza nuova che poteva distoglierli dalle angosce quotidiane e metterli a contatto con
una moltitudine variegata di persone, sì sofferenti, ma anche ricche di speranza pur nell’accettazione di
realtà tanto difficili. Sarebbero stati accompagnati da un paio di infermiere del reparto. Mentre loro si
organizzavano io avevo cercato il denaro necessario e devo dire che l’ho trovato senza difficoltà.
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Il Giornale di Vicenza - 4 giugno1992
Si buca e muore universitario ventiquattrenne
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Il Giornale di Vicenza - 26 giugno 1992
Oggi giornata mondiale di lotta alla droga: la Jervolino traccia un bilancio incoraggiante
“Legge antidroga sulla giusta via”
Meno morti e più sequestri nel ‘92
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Il Giornale di Vicenza - 28 giugno 1992
Si “bucano” in due ma l’eroina pura è fatale alla donna
Sono saliti a otto i morti di overdose dall’inizio dell’anno
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Aids – 10 luglio 1992 – Ci ha lasciato Gianfranco
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Aids – 15 luglio 1992 – Ci ha lasciato Curzio
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Il Giornale di Vicenza - 14 luglio 1992
Ventenne trovato morto in una baracca
Accanto a sé una siringa
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1992
Il Giornale di Vicenza - 18 luglio 1992
Muore per overdose
E’ scoperto dopo più di 24 ore
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Il Giornale - 18 luglio 1992
Parte a novembre il progetto pilota con 250 drogati “cavia”
E la Svizzera inaugura l’eroina di Stato
L’eroina di Stato verrà distribuita gratuitamente in Svizzere probabilmente in autunno. Naturalmente non a tutti perché si tratterà di un esperimento. Saranno reclutate 250 persone (tossicodipendenti irriducibili, prostitute drogate, ecc.) che, secondo i medici del progetto, serviranno da cavia per
un’operazione, definita di ricerca e di coordinamento. Se i risultati saranno soddisfacenti, la distribuzione gratuita di stupefacenti sarà estesa a gruppi più ampi, a più cantoni. Ciascun cantone attua
infatti, una politica autonoma in materia di droghe e nella confederazione ci son in questo momento ventisei modi per combattere la tossicodipendenza. (…)
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Aids – 19 luglio 1992 – Ci ha lasciato Vittorio
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Aids – 22 luglio 1992 – Ci ha lasciato Antonio
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Il Giornale di Vicenza - 28 luglio 1992
Su 103 soggetti sieropositivi 100 i tossicodipendenti
La paura dell’Aids nel Bassanese
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Il Giornale di Vicenza - 6 agosto 1992
Vent’anni fa Bassano scopriva l’Lsd
Nel 1972 il primo caso pubblico dell’uso di stupefacenti da parte di giovani ad una festa
In sette mesi undici morti per droga!
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Il Giornale - 8 agosto 1992
Clamoroso rapporto del ministero della Sanità: in sei mesi 20 arresti e 19 farmacie chiuse
“Anche i medici spacciano”
De Lorenzo:” Si rilasciano ai drogati ricette illecite in cambio di soldi”
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Aids – 7 agosto 1992 – Ci ha lasciato Roberta
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Aids – 12 agosto 1992 – Ci ha lasciato Marcello
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Aids – 14 agosto 1992 – Ci ha lasciato Sonia
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Il Giornale - 15 agosto 1991
Proprio in estate, stagione della vita che trionfa
torna in Italia il dibattito sulla liberalizzazione delle droghe
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1992
Lettera di Vittorio Mathieu - Ragazzi, la droga uccide anche se legale
Caro direttore,
ti scrivo perché mi allarma il vento di follia e di resa che sento intorno a me, a proposito della
“droga” (come si suol dire anglicizzando): anche in persone, per il resto, ragionevoli. Qualcuno parla
di “liberalizzare”; altri di “legalizzare”. Apprezzo l’intento che li spinge: ridurre i profitti della mafia.
Ma evitare il rincretinimento e l’abbruttimento totale della popolazione è un dovere senza paragone
più grave.
Cominciamo dalla liberalizzazione. Il libero mercato è il più duro per il produttore e il più favorevole per il consumatore. Infatti, noi siamo sempre stati per il libero mercato; ma non di veleni che
generano dipendenza. Questi è bene che siano il meno possibile disponibili per i consumatori attuali e, ancor più, potenziali. Liberalizziamo il mercato della soia e delle abitazioni: ne avremo in abbondanza, a minor prezzo. Ma rendiamo meno libero possibile quello degli stupefacenti, per quanto
importante sia danneggiare i turpi individui che ne fanno spaccio. Favorirne il consumo sarebbe un
suicidio preordinato.
Allora si dice:”Legalizziamo”. Come se l’acquisto di stupefacenti non fosse già legalizzato, dietro presentazione di ricetta medica. Che cosa si vuole allora? Che i controlli siano più blandi, più comprensivi, che si tenga conto delle singole situazioni e della natura delle sostanze in commercio, alcune
delle quali sarebbero poco dannose. (…)
Non si potrebbero rivedere le restrizioni a proposito di “droghe”, a quanto pare non peggiori del
tabacco? Può darsi. Ma che fra queste vi sia, ad esempio, l’hashish è molto improbabile, considerato che dal suo nome viene la parola “assassini”.
In ogni caso, qualunque sia il risultato di uno studio serio (non finanziato dai narcotrafficanti), è
certo che il legalizzare alcuni stupefacenti meno dannosi non servirebbe affatto a stroncare il commercio clandestino di altri. O anche di quelli stessi su cui lo Stato ha il controllo. I controlli costano. E basta una piccola differenza di prezzo a far prosperare il commercio clandestino delle sigarette che, pure, si possono acquistare in rivendite autorizzate, senza formalità. Figuriamoci se si praticassero controlli individuali.
È chiaro che la legalizzazione non serve. Il mercato nero si sposterà su altri prodotti, anche letali,
verso i quali si è constatato che non è difficile deviare le preferenze dei consumatori; o su prodotti
leciti, ma controllati, sui quali si avrebbe il vantaggio di non subire controlli. L’unico modo per battere le cosche, allora, sarebbe una concorrenza spietata. Vendere sottocosto di tutto. Anzi, distribuire gratuitamente: così i clan uscirebbero dal mercato. Mi par già di sentirle, quelle voci: dopo gli
alloggi gratuiti, gli aborti liberi e gratuiti, una moltitudine chiederà stupefacenti gratuiti e senza
restrizioni; in nome dell’eguaglianza. Ecco perché dietro la legalizzazione c’è la liberalizzazione, e dietro a questa la resa totale. Non si ha il coraggio di prendere i provvedimenti necessari a evitare la
devastazione della nostra società – che è in corso – e la si legalizza. Non sarebbe l’unico caso di attività criminali che divengono legali, purché autorizzate dalla Stato: ma sarebbe il più grave. Privare
un uomo della sua personalità, della possibilità di controllarsi e di essere responsabile dei suoi atti è
molto peggio che ucciderlo. Eppure si fa ben poco per evitare che ciò avvenga e per difendere le vittime potenziali, spesso aggredite in età scolastica, prima ancora che si rendano conto di ciò che stanno facendo. La lotta contro i narcotrafficanti è dura, ma non impossibile. E, per cominciare (lo
osservò anni fa uno studioso americano), oltre a colpire il più duro in alto, quando ci si riesca, occorre salire dal basso: cominciare dai piccoli, facilmente perseguibili, e soffocare così i boss, che non vendono certo al minuto. Il piccolo spacciatore recidivo (poiché una possibilità teorica di ravvedersi va
data a tutti), dovrebbe essere isolato per sempre, a guadagnarsi la vita con un altro lavoro. Il consumatore – spesso innocente o quasi perché non in condizione d’intendere e di volere – andrebbe
socialmente isolato, almeno quanto un ammalato di scarlattina (non è forse innocente anche lui?):
non per punizione, ma per difendere molti altri innocenti da un eguale destino. La tendenza a “drogarsi” è comunicativa. (come non è per l’alcolismo, ad esempio: il bevitore veramente dannato è
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1992
quello che si ubriaca in solitudine). Se vogliamo mostrare comprensione e pietà, guidiamole con la
ragione verso chi più le merita: altrimenti si tratterà solo di ipocrisia.
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Il Giornale - 18 agosto 1992
Olanda, tolleranza proprio “stupefacente”
Leggi permissive, agevolazioni per i tossicodipendenti:la società è in ginocchio,
ma non si cambia
L’Olanda continua a legiferare e a sperimentare sempre nuove procedure, in campo sociale, nell’ostinato rispetto della sua secolare tradizione liberale e del principio di tolleranza, diventato quasi illimitato, garantito dal ministero del Benessere, della Salute pubblica e della Cultura. Basti pensare che
pratiche ufficialmente vietate – come l’eutanasia, l’aborto, l’uso di stupefacenti, la prostituzione –
vengono generalmente tollerate, in tutto il paese di circa 15 milioni di abitanti, tra cui più di 20 mila
tossicodipendenti e altrettante prostitute.
Negli ultimi decenni, la società olandese ha liberalizzato ogni comportamento, permettendo, tra l’altro, una vita sessuale sfrenata, con lo slogan “lasciamoci andare completamente”. In numerosi bar e
circoli giovanili dei centri storici di 60 città olandesi, chiunque può acquistare una o più dosi di droghe leggere (hashish e marijuana), perché il possesso e lo spaccio di 30 grammi sono permessi, dal
momento che si considerano meno pericolose di quelle pesanti (eroina, cocaina, Lsd, amfetamine).
Quest’ultime, tuttavia, sono ovunque disponibili e tollerate, anche se per la legge vigente, chi ne è
trovato in possesso può essere processato e condannato al massimo a un anno di reclusione. (…)
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Il Giornale - 18 agosto 1992
Parlamentari di tutti i gruppi si coalizzano per rilanciare l’antiproibizionismo
Droga libera? Ed è subito partito
Ma il ministro Jervolino difende la sua legge: le cifre mi danno ragione
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La Nuova Vicenza - 22 agosto 1992
Sconvolgente aumento delle vittime nel reparto Malattie infettive del S. Bortolo
Dieci morti in un mese
A Vicenza gli esperti notano una crescita anomala del terribile virus
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Aids – 2 settembre 1992 – Ci ha lasciato Daniele
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Aids – 12 settembre 1992 – Ci ha lasciato Domenico
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Aids 19 settembre 1992 – Ci ha lasciato Manuela
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Il Giornale di Vicenza - 20 settembre 1992
Bassano - Tre giovani se la prendono con un tossicodipendente
Lo pestano e lo uccidono
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Il Giornale - 22 settembre 1992
Quasi un anatema dopo la mortale aggressione di un drogato
Il vescovo a Vicenza: “vergogna, basta con questi orrori”
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1992
Venerdì notte a Bassano del Grappa. Tre ventenni si trovano davanti all’uscita dell’ospedale. A pochi
passi c’è un fagotto: è quello di un giovane “tossico” e sieropositivo di 34 annoi, avvolto nel sacco a
pelo che gli fa da casa e letto per tutto l’anno. Quei tre lo vedono, si avvicinano, lo svegliano. E lo
riempiono di calci e pugni fino ad ammazzarlo. Così, perché gli va di farlo. Senza nessun motivo,
senza alcuna spinta se non quella data dall’alcool di cui si sono riempiti in discoteca. Uno dei tre è
simpatizzante della teste rasate. (…)
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Aids – 2 ottobre 1992 – Ci ha lasciato Marco
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Il Giornale di Vicenza - 3 ottobre 1992
Trovato senza vita nel tugurio in cui viveva
Stroncato dall’eroina tre mesi dopo la moglie
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Il Giornale di Vicenza - 14 ottobre 1992
Il comune chiede aiuto all’Ulss per spendere i soldi sull’Aids
60 milioni per le siringhe gratis o la campagna sui profilattici
L’infezione, una marea inarrestabile
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Il Giornale di Vicenza - 30 ottobre 1992
Droga più forte della volontà e l’eroina fa un’altra vittima
Il giovane stroncato da probabile overdose cercava di smettere
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1992
Il Giornale - 8 novembre 1992
Il leader radicale vince una fondamentale battaglia
Nella guerra antiproibizionistica e s’avvicina all’area di governo
Droga, Pannella ha convinto Amato
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Il Giornale – 10 novembre 1992
La Jervolino furiosa per lo sgarbo
“L’ho saputo dal telegiornale”
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Il Giornale di Vicenza - 10 novembre 1992
La proposta del capo del Governo scatena polemiche tra gli addetti“- È ignobile che i nostri
politici facciano proposte del genere” afferma Olga Dalla Valle, presidente del Comitato famiglie dei tossicodipendenti“ - Va valutata con attenzione – spiega il giudice Rodighiero –
Drogati liberi? Le comunità si spaccano
Balestra (Cad): “E’ un palliativo, rivediamo invece la legge 162”
Da sinistra:
Olga Dalla Valle,
dott. Vincenzo
Balestra
e il giudice Gian
Nico Rodighiero
“Siamo alle solite, i detenuti nelle carceri italiani sono troppi e allora perché non fare uscire i tossicodipendenti? Evidentemente la scelta più semplice. Non si discute sulla legge, sulla sua applicazione, sui suoi problemi, ma si affronta un’emergenza come quella del sovraffollamento dei penitenziari e come conseguenza ai politici vengono in mente i drogati”. A parlare è il responsabile del Cad,
il centro antidroga dell’Ulss 8, Vincenzo Balestra e il tema è quello dibattuto in questi giorni: liberare o no i tossicodipendenti in carcere per piccoli reati connessi con l’uso di stupefacenti’. “La legge
162 ha risposto ad una esigenza dello Stato, ha sedato ansie collettive – ribadisce il dott. Balestra –
ha detto no alla droga, ma ciò non toglie che il problema esista ancora. Quindi, si preferisce non
parlare della revisione della 162, ma di considerare un problema i tossicodipendenti in carcere.
Anche questa è una scelta”. (…)
Ancora una volta una polemica, quindi, e siamo solo all’inizio, il provvedimento infatti, appoggiato da molti partiti politici non è ancora stato approvato. “E se lo sarà – spiega Olga Dalla Valle, presidente del Comitato delle famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids – saremo in molti a
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1992
piangere. È una vergogna mercanteggiare sulla pelle dei nostri figli. È ignobile da parte dei nostri
governanti fare proposte del genere. Ormai non mi aspetto più nulla di buono: evidentemente i drogati danno fastidio sia fuori che dentro le galere e abbandonarli a loro stessi è l’ultima proposta”.
Quando la legge Jervolino Vassalli venne approvata nel luglio del 1990, venne salutata da molti come
normativa progressista, infatti, l’impianto complessivo della 162 era suddiviso in due grandi aree,
reati contemplati per droghe pesanti e reati per droghe leggere. Per i trafficanti venne prevista una
pena detentiva fino a 30 anni. Ma il punto crucciale era che la legge vietava l’uso personale di sostanze stupefacenti. (…)
Problemi a parte, c’è chi guarda con un certo interesse a questa proposta. “Va valutata con attenzione – afferma Gian Nico Rodighiero, giudice per la indagini preliminari – anche se bisogna vedere
come viene applicata. Sta di fatto che la soluzione carceraria per i tossicodipendenti si è rivelata negativa: primo perché sono aumentati i detenuti e poi perché hanno creato problemi di sicurezza e di
salute. È auspicabile la depenalizzazione delle droghe leggere – conclude il giudice – ma bisogna pensare a creare le strutture adatte per l’assistenza e per il recupero di tutte queste persone”.
“È ancora troppo presto per prendere posizione nei confronti di questo provvedimento – afferma il
pretore Dario Crestani – anche perché non esiste un monitoraggio completo sull’applicazione della
legge 162. E poi bisogna distinguere: in galera ci sono ragazzi che rubano, scippano per drogarsi e
altri che sono dentro per reati più gravi quali lo spaccio. Se dicono che un terzo della popolazione
carceraria è composta da tossici non tutti sono dentro perché consumano, quindi anche qui vanno
fatte distinzioni, ma resta il fatto che le sanzioni sono poche e che le prefetture funzionano poco”.
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Aids – 13 novembre 1992 – Ci ha lasciato Giovanni
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Il Giornale - 19 novembre 1992
Domenica si chiude con un megaconcerto all’Eur la settimana europea
Ma Muccioli accusa i politici: speculate sul problema
Stupefacenti: Italia al bivio
Continuare sulla strada del divieto o liberalizzarli
Roma – domenica si conclude il programma governativo per la “Prima settimana europea di prevenzione alla droga” con un grande concerto di musica leggera al palazzo dello Sport all’Eur che sarà
trasmesso in diretta, dalle 17 alle 20, sulle reti televisive di Rai 2, Italia 1, Telemontecarlo e Videomusic. Coordinate dal dipartimento per gli affari sociali della presidenza del Consiglio dei ministri.
Tutte le iniziative prese a livello nazionale sono state finalizzate alla sensibilizzazione dell’opinione
pubblica nei confronti di questo complesso e preoccupante problema.
È stato necessario coinvolgere le confederazioni sindacali, le associazioni dei volontari, numerose
strutture pubbliche e private impegnate nella prevenzione e nel recupero dei tossicodipendenti e la
scuola con un concorso per un tema sull’argomento.
Per campagne nelle scuole e nelle caserme sono stati spesi 450 miliardi di lire negli ultimi tre anni
e si deve riconoscere che le nostre istituzioni sono attivamente impegnate, sin dal 1990, anche per
proporre originali messaggi pubblicitari contro la droga.
Particolarmente efficaci sono stati quelli largamente trasmessi per radio e televisione in questi giorni, del premio Nobel Rita Levi Montalcini, del cardinale Carlo Maria Martini e del giudice Antonio Di Pietro. Ma non è mai sufficiente quello che si fa: il fenomeno non accenna ad arrestarsi, anzi
si va estendendo a tutti i Paesi più ricchi e diventa sempre più drammatico anche se il controllo internazionale degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope si è progressivamente sviluppato in questi
ultimi anni, grazie a numerosi trattati e convenzioni per un miglior coordinamento delle legislazioni nazionali.
Si cominciò con la prima Convenzione internazionale firmata all’Aia per limitare e regolare la colti– 248 –
1992
vazione e il commercio del papavero da oppio, e poi con numerosi altri trattati sino alla costituzione nel marzo 1971 di un organismo dell’Onu. Il Fondo delle Nazioni Unite per la lotta contro l’abuso delle droghe (Fnulad) e di un programma speciale, a lungo termine, dell’Organizzazione mondiale della sanità, per combattere l’uso degli stupefacenti, specie fra i giovani. Contemporaneamente, la Commissione della salute pubblica del Consiglio d’Europa ed il Parlamento europeo approvarono una serie di direttive per una strategia comunitaria contro il traffico illecito e l’abuso di droghe, affrontando gli aspetti sanitari, legali e criminologi delle tossicomanie.
A distanza di anni dai primi trattati, la situazione non è migliorata, anzi si deve riconoscere che
siamo ora di fronte ad un intenso dibattito a livello internazionale, sui possibili metodi per eliminare il mercato clandestino delle droghe, sulla somministrazione controllata nelle strutture pubbliche,
sull’eventualità di una parziale legalizzazione, sull’utilità di una politica repressiva nei confronti dei
consumatori abituali.
Il nostro Paese, che secondo stime ufficiali ha circa trecentomila tossicodipendenti, è nuovamente al
cospetto di un bivio: migliorare la legge Jervolino – Vassalli (la 162 del 1990) oppure legalizzare,
depenalizzare, decriminalizzare, con lo scopo principale di bloccare i trafficanti e, purtroppo senza
tener conto della necessità di tutelare la salute pubblica dal momento che qualsiasi abuso di droga
determina danni irreversibili e mortali all’organismo.
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Il Giornale - 20 novembre 1992
“Drogati fuori dal carcere”
Bompiani ribadisce la punibilità del tossicomane che commette reati legati agli stupefacenti
Don Picchi: inutili le sanzioni penali, occorrono centri di recupero
Oggi marcia su Bologna contro la liberalizzazione
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Il Giornale - 21 novembre 1992
Contestazioni per la “distribuzione controllata” di stupefacenti proposta da un assessore Psd
La rivolta delle madri coraggio
Calci e insulti a Bologna contro gli antiproibizionisti europei a convegno
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Il Giornale di Vicenza - 28 novembre 1992
Un programma di iniziative per la giornata contro l’Aids
Enti pubblici e associazioni private hanno presentato un programma di manifestazioni
in vista del 1° dicembre, giorno dedicato in tutto il mondo alla lotta alla terribile malattia
Quattro giorni di riflessione in città
Anche Vicenza si è impegnata per celebrare la quinta giornata mondiale di lotta contro l’Aids, che
ricorre il primo dicembre. Comune e associazioni hanno messo insieme un programma di iniziative che comincia oggi, sabato 28, e durerà sino a martedì prossimo. Sul fronte delle istituzioni, hanno
aderito allo sforzo organizzativo l’amministrazione civica, l’Ulss 8 e il provveditorato agli studi; l’associazionismo, invece, è rappresentato dal Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids, dall’associazione “Il Faro” e dalla “Lila”.
Il “filo rosso” che lega la quattro- giorni è lo stesso tema scelto per la riflessione planetaria sull’Aids:”Responsabilità individuale e collettività nelle relazioni di convivenza civica”. Su questo argomento si svolgerà una tavola rotonda oggi alle 17,30 all’auditorium “Canneti”. Domani alle 16 nell’oratorio dei Boccalotti (parrocchia di S: Pietro) verrà concelebrata una messa da mons. Antonio
Fioravanzo, da don Edoardo Dalle Rive e don Mariano Ciesa. Alle 15,30 di lunedì, nella sede del
Comitato di solidarietà in Contrà Mure S. Domenico 6, si terrà un “Incontro di riflessione con i
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genitori e le associazioni della città per ricercare modalità di collaborazione tra istituzioni pubbliche
e private”. Infine, martedì 1 dicembre, il ciclo di incontri sull’Aids si concluderà all’auditorium
“Canneti” con un concerto di musica lirica e barocca. Protagonisti saranno Alessandro Padoan (clavicembalo), Teresa Perdoncin (soprano), Antonello Ceron (baritono) e Antonio Camponogara. L’inizio per le 20,30. Presenterà Remo Schiavo.
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Il Giornale di Vicenza - 1 dicembre 1992
Centro antidroga, zona trafficata - San Felice, terapia e spaccio
“La struttura dovrebbe essere spostata” dicono i residenti: la loro battaglia dura da dieci anni
“Più vigilanza e decentriamo il servizio”, propone il dott. Balestra
Corso S. Felice ore 8: una lunga fila di giovani aspetta che i portoni del centro antidroga dell’Ulss si
aprano. Alcuni vanno a prendere la loro dose quotidiana di metadone, altri attendono il turno per
le analisi e altri ancora quando escono, vengono contattati dagli spacciatori di turno: la bustine di
eroina passano da una mano all’altra e, quando le forze dell’ordine sono in zona, si prendono accordi per andare a prenderle da un’altra parte. (…)
Come interrompere questo circolo vizioso? È una domanda che si fanno in molti: gli operatori del
Cad, gli abitanti della zona, stanchi di scrivere lettere all’Ulss perché si corra ai ripari e perché no
anche alle forze dell’ordine. Eppure, di risultati se ne vedono ben pochi. “È sempre la stessa questione – afferma il responsabile del servizio contro le tossicodipendenze, il dott. Balestra – ne parliamo
da anni, ma le soluzioni non arrivano. Seguire120 persone al giorno, tante sono quelle che vengono
al Cad, non è una cosa semplice. Una settantina di loro viene a prendere il metadone, poi ci sono i
controlli periodici per i sieropositivi. Fortunatamente siamo riusciti a trasportare le terapie di gruppo a S. Domenico altrimenti saremmo stati assediati. Come facciamo a controllarli? È praticamente impossibile. Senza dimenticare che i tossicodipendenti non li vuole nessuno, quelli che vengono
ricoverati nel reparto malattie infettive sono malati di Aids, per gli altri non ci sono strutture. (…)
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Il Giornale - 2 dicembre 1992
Celebrata ieri la giornata mondiale
De Lorenzo denuncia
sui 2100 milioni stanziati solo una minima parte è stata spesa
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Il Gazzettino - 4 dicembre 1992
Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e malati di Aids
Cuore e prevenzione - Droga, 30 mamme la combattono così
“Oramai da dieci anni ci occupiamo di tossicodipendenza, e se c’è una costante che accomuna tutto
questo periodo è la difficoltà di coinvolgere la gente, anche chi è colpito in prima persona, su questo problema”. Amareggiata, ma non abbattuta è Olga Dalla Valle, presidente del Comitato. Il
Comitato è formato da un gruppo di persone, che hanno sperimentato sulla pelle dei propri figli
cosa significa tossicodipendenza, e sono pronte a mettere la propria esperienza e la propria solidarietà ad altre famiglie colpite.
Molte le iniziative pubbliche. “Con l’Ulss 8 – spiega Olga Dalla Valle – abbiamo realizzato materiale informativo sul tema, che doveva essere distribuito in età scolare. Il Provveditorato però non ci ha
dato una mano. Sulla droga – continua la presidente – ci sono tante parole ma pochi fatti. L’impressione è che non ci sia la volontà politica di sconfiggere il problema. A Vicenza mancano strutture,
mentre a livello nazionale si discute di liberalizzazione con la scusa che le carceri sono piene di tossicodipendenti. Devo dire però, che anni fa, quando ho cominciato ad occuparmi del problema, la
percentuale dei drogati nelle carceri era la stessa di adesso”.
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1992
Insieme alla tossicodipendenza, il Comitato ha dovuto ben presto occuparsi anche di Aids. “Quando scoppiò l’ Aids – dice Olga Dalla Valle – il S. Bortolo di Vicenza aveva a disposizione dei malati solo due stanze con pochi posti letti e pochissimo personale. Poi, grazie al nostro impegno unito
all’instancabile attività del dott. Vaglia è stato costruito il day hospital con nuove strutture e più personale. Quello che mancava però era qualcuno che desse sostegno umano a questi malati. È iniziato così il nostro volontariato al malattie infettive. Una scelta difficile che comporta tanta sofferenza
anche da parte nostra, ma che si supera solo amando questi ragazzi come fossero nostri figli.
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Colgo l’occasione di questa intervista del “Gazzettino” per parlare del day hospital.
Come presidente del Comitato avevo più volte contattato le istituzioni cittadine, per segnalare varie necessità impellenti. Forte di tante esperienze, assieme al dott. Vaglia, allora facente
funzioni di primario, abbiamo bussato a tante porte: incontri con il prefetto, il sindaco Corazzin, il presidente della provincia, il vescovo. Sempre per far presente l’estrema difficoltà in cui
si trovava il reparto infettivi e la necessità di dare risposte concrete ai tanti malati più o meno
gravi che lo affollavano. Il nostro day hospital è uno dei primi sorti in Italia, ed è stato ricavato provvisoriamente, in attesa di una sistemazione migliore, in un’area ospedaliera che, pur
con i suoi limiti strutturali rendeva possibile un servizio essenziale.
Notando la “nudità” dell’ambiente ho cercato di rendere gli stanzoni più accoglienti, incorniciando delle belle stampe da appendere alle pareti, ho portato un televisore che avevo in casa
e acquistato uno nuovo in modo che i malati potessero trascorrere le ore di attesa e di cura con
meno solitudine.
Fuori del day hospital erano state messe delle panchine per permettere ai pazienti che lo desideravano, di rimanere all’aperto, ma il sole forte dell’estate o le giornate di pioggia impedivano questa possibilità; allora, con un’altra associazione abbiamo acquistato un tendone protettivo che si è rivelato subito utile. Nella vicinanza di alcune feste, come ad esempio Natale e
Pasqua, con qualche dolce e delle bibite si “festeggiava” assieme ai giovani in cura creando un
momento di condivisione e di serenità.
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Lettera inviata al direttore del Giornale di Vicenza il 17 dicembre 1992
Egregio Direttore,
in occasione della Giornata mondiale di lotta all’Aids, il Comitato di solidarietà e l’associazione “il Faro”con la partecipazione del Comune, dell’Ulss 8 e del Provveditorato agli Studi,
hanno organizzato una serie di manifestazioni suddivise in quattro giornate a partire da
sabato 28 novembre a martedì primo dicembre, il tutto pubblicizzato da una conferenza
stampa in Comune e da un articolo sul suo giornale.
Abbiamo scelto quattro giornate con interventi diversificati con l’intento di trasmettere
un messaggio ben preciso alle varie fasce di cittadini, trattando il tema “Aids – Responsabilità individuale e collettiva nelle relazioni di convivenza civica”.
Sabato 28, ore 17 – Tavola rotonda, tra i relatori il prof. De Lalla primario del malattie
infettive. Scarsa partecipazione di pubblico, nulla quella dei politici, salvo la presenza della
consigliera comunale Marina Cogato che ci è stata vicina in questo nostro impegno.
Vicenza detiene da sempre il primato di sieropositivi, di malati e di morti di Aids. Le problematiche che scatena questa malattia sono molteplici, sia nel campo sanitario che psicolo– 251 –
1992
gico e di convivenza. Su questo assenteismo ci siamo posti molte domande brucianti: perché tante poltrone vuote? È indifferenza verso il problema? È pressapochismo e volontà di
ignorare? È sfiducia generalizzata o accettazione passiva? Comunque sia la causa, la non partecipazione è preoccupante e in ceti casi vorrei dire anche offensiva. Certamente non c’è
ancora nei cittadini la percezione di quanto sia facile morire per ignoranza!
Domenica 29 – S. Messa, concelebrata da mons. Antonio Fioravanzo direttore della
Caritas diocesana, da don Edoardo Dalla Riva, coordinatore di Casa Speranza e da don
Mariano Ciesa, prete volontario impegnato nell’assistenza dei malati di Aids. Cerimonia
toccante che ha visto l’incontro tra le famiglie colpite e i volontari, legati tra loro dal sentimento della condivisione. C’erano anche, graditissimi, alcuni malati.
Dopo la messa c’è stato un piccolo rinfresco per permettere un affettuoso scambio di
auguri per le vicine feste natalizie, con torte fatte dalle mamme e cioccolata calda
Lunedì 30 – incontro costruttivo con gruppi che operano nel sociale. Martedì 1 dicembre, concerto di musica lirica e barocca. Serata intensa, ricca di emozioni spirituali, in cui
gli artisti han saputo creare un magico ponte tra noi e i tanti giovani, ora in una “dimensione” dove certamente hanno trovato quelle risposte che noi ancora stiamo cercando.
La sala dell’Auditorium Canneti non era straripante di pubblico; c’era la gradita presenza dell’assessore Quaresimin e un grande calore dimostrato dai presenti con fragorosi
applausi e richieste di bis. Le molte persone che tutt’ora vivono nell’angoscia più profonda,
hanno goduto una parentesi di serenità spirituale, di evasione fantastica, di pace interiore.
Questo concerto è stato un’occasione apolitica e neutrale, in cui ci si poteva incontrare
senza polemiche e strumentalizzazioni. Ma forse, proprio perché abbiamo come sempre,
optato per una linea di rifiuto di gesti plateali, desiderando di interiorizzare il problema
senza innestare controversie demagogiche e populiste, che la città non ha saputo captare il
messaggio nella sua essenza. Però di questa scelta non ci rammarichiamo, confidando che la
gente si abitui a pensare e a capire, oltre i soliti messaggi spesse volte a senso unico, imparando a leggere tre le righe. Tutto questo desideriamo far sapere anche al signor Sindaco.
Desideriamo ringraziare veramente di cuore gli artisti: Alessandro Padoan (clavicembalo), Antonio Camponogara (pianoforte), Teresa Perdoncin (soprano) e Antonello Ceron
(baritono), che, subitamente, con solidale disponibilità hanno accettato di dare il loro contributo gratuito per la riuscita di questo nostro impegno di sensibilizzazione alle problematiche dell’Aids. Un ringraziamento sentito al prof. Remo Schiavo, che con garbo e competenza ha illustrato la varie composizioni rendendole più facilmente accessibili anche ai meno
esperti in tema musicale.
Queste quattro giornate hanno dimostrato che lavorare insieme si può, è necessaria però
una maggiore presenza e disponibilità da parte di chi ha poteri decisionali, presenza che non
deve essere condizionata da ricatti di nessun genere.
Sperando che il messaggio venga recepito nel giusto significato, porgiamo distinti saluti.
O. Dalla Valle presidente Comitato di solidarietà, A. Serra vicepresidente Ass.“Il Faro”
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Aids – 1992 – A Vicenza 55 decessi – In Italia 3279
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1993
1993
Aids – 13 gennaio1993 – Ci ha lasciato Renato
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Il Giornale - 13 gennaio 1993
Niente carcere per chi si droga
Ieri il Consiglio dei ministri ha deciso di abolire le sanzioni
penali per chi fa uso di sostanze stupefacenti
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Oggi, mentre riscrivo questi titoli, penso con indignazione alla sconsideratezza dei politici (di
ieri e di oggi), di certi preti e dei responsabili di certe comunità, pervasi solo di ideologie che
tanto male hanno causato a giovani e a famiglie.
A noi genitori non piaceva certo il carcere, perché il carcere non ha mai guarito nessuno,
ma in questo caso era stato posto come deterrente, per una scelta personale in alternativa alla
cura in comunità. A volte la coercizione può rappresentare un male minore in confronto della
vita di strada. Noi abbiamo sempre auspicato l’obbligatorietà della cura, condotta con professionalità, tenendo impegnati i tossicodipendenti con terapie, ma anche con lavori artigianali
e/o con lo studio. Ma questo allo “Stato” costa troppo! Ora, nel 2009, vediamo i risultati.
In tutti i giorni una moria di giovani e di persone innocenti!
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Il Giornale di Vicenza - 14 gennaio 1993
Ora drogarsi non è più reato. Preludio alla liberalizzazione?
I vicentini “addetti ai lavori” esprimono tutti pareri negativi
“Non è così che si risolve il problema: non si possono buttare sulla strada
persone che hanno bisogno di strutture, di centri di accoglienza. Siamo ancora lontani
dal farci carico del problema del tossicodipendente e della sua famiglia”
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Il Giornale - 19 gennaio 1993
Il fondatore della comunità di San Patrignano
si dimette dal Consiglio nazionale contro gli stupefacenti
Droga, Muccioli sbatte la porta
“Il decreto travolge la legge Jervolino – Vassalli, non sarò complice del governo”
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Il Giornale - 24 gennaio 1993
Le reazioni al provvedimento col quale il governo ha modificato la legge Jervolino – Vassalli
Droga, il decreto piace a metà
Non tutti sono d’accordo sulla depenalizzazione: c’è chi parla di manovra elettorale
Don Ciotti: c’è troppa ambiguità – E si dimette dal Comitato nazionale
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1993
Torino - Droga depenalizzata, il giorno dopo. Sul decreto varato dal governo, che modifica la legge
Jervolino – Vassalli, sono fioriti i commenti. Certo è cambiato un piccolo ingranaggio del sistema,
e c’è da immaginare che, anche nei meandri della malavita, si stia studiando la “nuova figura” dello
spacciatore.
Drogarsi non è più reato, la dose giornaliera si moltiplica per tre. (…)
“ Si riapre - precisano i Verdi in un comunicato – lo spazio per un approccio terapeutico e pragmatico verso la riduzione del danno che l’assunzione di droga comporta”. (…)
Da Torino , oltre che da Roma, un durissimo no del Movimento sociale, “Se Amato avesse una
coscienza – si legge in una nota ufficiale – anziché svendersi in cambio dell’appoggio al suo governo da parte dei liberticidi Pannella e Taradash, farebbe meglio tornare sui propri passi pensando
di più alla salvaguardia della vita di tanti giovani e un po’ meno alla stabilità della sua poltrona”.
No al decreto e alle possibili speculazioni anche da Piera Piatti, fondatrice della Lenad (Lega nazionale antidroga): “Siamo tornati agli anni 70 – dice – quando don Ciotti, l’Arci, il Manifesto, le
sinistre giovanili raccoglievano le firme per la liberalizzazione della droga”. “Gente che non si
prende cura dei drogati ma si occupa di politica”, aggiunge Piera Piatti, insistendo sul concetto che
“il decreto è il frutto di una speculazione elettorale”.
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Opinioni. Il nuovo decreto non tiene conto che ogni drogato è diverso dagli altri
Tossicodipendenti dentro o fuori dal carcere?
Dilemma impostato sulla disumanizzazione
Un articolo di Augusto Bellomi, professore ordinario di criminologia
all’università di Bologna
Roma – Drogati dentro o fuori dal carcere? Dilemma inconsistente, perché impostato sulla disumanizzazione: ogni uomo, per fortuna, è diverso dall’altro anche quando consuma sostanze stupefacenti smodatamente.
Infatti il problema è complesso e si può tentare, di fronte all’uso e l’abuso di droghe, una grossolana distinzione, separando, ad esempio, i consumatori “ricreativi” di droghe dai tossicodipendenti
“profondi”.
Per i primi, i ricreativi, non esistono quei problemi di dipendenza di ordine psicologico che contrassegnano l’esistenza di molti giovani tossicomani veri.
Il consumatore che ricorre alle droghe con motivazioni ricreative si conforma alle mode e a certi
modelli culturali, mantenendo sempre sotto un controllo sufficiente e adeguato la sua condotta, così
come può accadere al bevitore di alcoolici o al fumatore accanito.
Quindi verso coloro che seguono le mode legate al consumo di droghe, vi può essere un atteggiamento repressivo, soprattutto quando per alimentare il loro vizio, costoro contribuiscono a sostenere le lucrose attività delle organizzazioni criminali dedite al traffico di stupefacenti.
Per il tossicomane vero, profondo, che deve narcotizzare ansia, insicurezza, intolleranza alle frustrazioni, dovrebbe essere riservata attenzione e cura da parte di esperti veri ed attendibili in terapia delle
tossicodipendenze. È verso la clientela dei giovani tossicomani veri, alla deriva, che cercano scampo
in una sostanza (la droga) dispensata ormai ovunque, che deve essere data la possibilità di ritrovare
quella identità intravista nell’adolescenza, ma mai realizzata.
È evidente che è per costoro – incapaci per carenze famigliari, affettive, educative e per molti altri
motivi, sia di edificare una personalità senza gravi abnormità che di percorrere regolarmente le tappe
della socializzazione – che occorre predisporre prospettive terapeutiche non improvvisate, ma finalizzate a restituire il tossicomane a se stesso e soprattutto alla sua libertà individuale, perché, ingabbiarlo in “carcere” o in qualunque altra istituzione non risolve il suo problema esistenziale.
Perciò, dopo diverse esperienze normative, è necessario, nella prospettiva del mutamento della legge
sugli stupefacenti, verificare quanto è stato fatto nell’ambito della politica dei servizi e della assisten– 254 –
1993
za a favore dei tossicodipendenti.
In questa prospettiva occorre chiedere e chiederci: quanti censimenti di istituzioni e di centro di diagnosi e cura per i tossicodipendenti esistono nel nostro Paese? Quali caratteristiche operative hanno?
Chi controlla un’eventuale inflazione di trattamenti per i tossicodipendenti, esercitati per l’apparente benessere dell’uomo, ma senza scrupolo etico, senza impegno scientifico e senza rigore professionale? Quante ricerche, relativamente alle tossicodipendenze, sono state eseguite per seguire l’esito del
trattamento dopo la permanenza in comunità o in altre strutture?
Il tossicodipendente vero pone di fronte ai problemi tipici che si incontrano allorché si tenta di risolvere le questioni legate a patologie che sono individuali e sociali ad un tempo.
Perciò vale la pena valutare bene quanto è accaduto, quanto è stato fatto, con realismo creativo, poi,
dopo aver conosciuto per decidere, i custodi del meccanismo legislativo potranno promulgare anche
nuove leggi, restando sempre ben consapevoli che le leggi da sole non possono risolvere i problemi
sociali, soprattutto quelli connessi ad abuso di droghe.
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La Repubblica - gennaio 1993
“È lo stress che spinge gli esseri umani al consumo di droghe”
La tendenza dipenderebbe da un ormone ritrovato in misura maggiore nel sangue dei tossici
La tesi di alcuni scienziati francesi - Articolo di Arnaldo D’Amico
Roma – C’è un’anomalia, una malattia, forse addirittura una tara ereditaria che porta alcuni individui a drogarsi? Il dubbio, nato dai risultati contradditori di alcune indagini, ha acceso un intenso
dibattito, non solo scientifico. Ma una ricerca mirata a misurare le basi biologiche della tossicodipendenza ha scoperto il contrario. I medici dell’Inserm, l’istituto statale francese di ricerche mediche, ha appurato che è lo stress, il cui livello è stato misurato con metodi biochimici, a portare verso
il consumo di droga.
Obiettivo finale della ricerca dell’Inserm, che ancora continua, era quello di mettere a punto nuove
strategie terapeutiche e farmaci finalmente efficaci per aiutare in drogato a liberarsi dalla dipendenza verso lo stupefacente. Ma, per far ciò, bisognava prima scoprire quale elemento di un organismo
di un tossicodipendente, o quale sostanza in circolazione nel suo sangue, fosse alterata in modo
significativo rispetto agli altri.
Il minuzioso lavoro di misura con centinaia di tipi di test ha dimostrato che c’è una sostanza contenuta in quantità maggiore nel sangue dei tossicodipendenti. Si tratta dell’ormone corticosterone.
È noto da alcuni decenni e la sua missione nell’organismo è conosciuta nei minimi particolari. Il corticosterone viene prodotto e immesso nel sangue quando l’uomo si sente minacciato. Serve per preparare il corpo a reagire al pericolo: mobilita dalle riserve lo zucchero e lo mette a disposizione dei
muscoli facendolo affluire nel sangue, potenzia tutti i meccanismi di produzione dell’energia e allerta il cervello. Il complesso di queste e tante altre ancora modifiche a cui va incontro il corpo di fronte ad una minaccia è stato riassunto dagli scienziati nel termine “stress”.
Un livello più alto di corticosterone nel sangue svela quindi che questi soggetti vivono uno stress
maggiore degli altri. E addirittura è possibile quantificare anche la sua intensità a base al livello più
o meno alto di ormone nel sangue.
I ricercatori dell’Insem fanno presente che l’intensità dello stress dipende sia dalla minaccia in sé e
sia dalla capacità psicologica che ha l’individuo di affrontarla. Persone che non hanno un buon livello di maturità avvertono un certo pericolo in modo molto minaccioso di altre che invece sentono di
possedere gli strumenti per combatterlo.
Il risultato è stato ottenuto attraverso esperimenti su animali, i topi, in cui i meccanismi dello stress
sono praticamente identici a quelli dell’uomo. I topi avevano la possibilità di autosomministrarsi
delle anfetamine. Ma topi differenti nella loro risposta alle condizioni stressanti hanno reagito in
modo diverso anche nella ricerca della droga, manifestando tutti i comportamenti intermedi che
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1993
vanno dall’indifferenza totale sino a dedicare tutto il loro tempo all’auto somministrazione della
droga senza avvertire lo stimolo sessuale né preoccuparsi di mangiare. Dopo pochi giorni morivano.
La correlazione tra intensità della reazione di stress e predisposizione alla tossicodipendenza è così
forte, secondo i ricercatori dell’Inserm, che in una popolazione di topi è possibile prevedere, in funzione della quantità di corticosterone emessa nella situazione stressante, la loro reazione di fronte alla
possibilità di prendere lo stupefacente: un topo poco sensibile al pericolo non si droga, mentre quello “vulnerabile” diventerà tossicomane.
Come testimoniano questi due ultimi articoli ricopiati per intero e così simili nelle loro conclusioni, lo Stato con le sue leggi ballerine e schizofreniche, dettate esclusivamente da dannose ideologie e interessi politici, è ben lontano dalla volontà di porre freni al dilagare delle droghe, e
nell’arco di più di quarant’anni anni, persevera ottusamente e caparbiamente nei suoi errori.
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Aids – 3 febbraio 1993 – Ci ha lasciato Fiorella
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Aids – 4 febbraio 1993 – Ci ha lasciato Mariagrazia
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Aids – 9 febbraio 1993 – Ci ha lasciato Gaetano
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Aids – 15 febbraio 1993 – Ci ha lasciato Lodovico
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Aids – 17 febbraio 1993 – Ci ha lasciato Walter
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Aids – 18 febbraio - Ci ha lasciato Stefano
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Il Giornale di Vicenza - 19 febbraio 1993
A Vicenza è sempre emergenza droga
”Affrontiamola a casa e in classe”
Magistratura e forze dell’ordine continuano a scoprire vasti traffici di eroina e cocaina,
ma aggiungendo nel conto anche hashish ed “ecstasy” il traffico diventa
ben più di una questione di repressione per assumere i connotati di piaga sociale
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Aids – 25 febbraio 1993 – Ci ha lasciato Fabio
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Aids – 5 marzo 1993 – Ci ha lasciato Giovanni
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Aids – 20 marzo 1993 – Ci ha lasciato Sergio
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Aids – 27 marzo 1993 – Ci ha lasciato Marina
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Aids – 29 marzo 1993 – Ci hanno lasciato Pasquale e Antonia
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1993
Vicenza - 29 marzo 1993 - Lettera inviata al sindaco di Vicenza dott. Achille Variati e per
conoscenza alla stampa cittadina in occasione della conferenza dei sindaci dell’Ulss 8.
Signor Sindaco,
sono trascorsi nove lunghi anni da quando abbiamo avuto il primo decesso per Aids a
Vicenza. Da allora di morti ne abbiamo contati più di 150, innumerevoli sono i malati.
Il dramma che colpisce le famiglie tanto duramente è nell’80 per cento dei casi, conseguenza inevitabile di comportamenti a rischio, come la tossicodipendenza, almeno per
quanto riguarda il periodo antecedente il 1984.
Non desidero soffermarmi su sofferenze e difficoltà finora sopportate dalla maggior
parte delle famiglie, ma desidero far presente che è ormai tempo che tutti facciano la loro
parte: ISTITUZIONI PUBBLICHE in testa. Ci sono giovani che escono dal carcere e, rifiutati dalla famiglia, non trovano asilo nemmeno all’albergo cittadino! Quasi sempre sono
portatori di Hiv con già sintomi di infezioni opportunistiche. Altro grave problema, è
dato dalla difficoltà che incontrano alcuni malati provenienti da paesi della provincia, per
recarsi regolarmente al malattie infettive per le cure necessarie.
Oggi in Comune si svolgerà la conferenza dei sindaci aderenti all’ULSS n.8, la prego
pertanto di far presente ai suoi colleghi ivi riuniti e successivamente a quelli appartenenti alle altre ULSS del vicentino, di provvedere con solerzia a queste necessità organizzandosi per dare una pronta accoglienza ai tossicodipendenti in grave difficoltà e l’assistenza di routine per quei malati che abbisognano di cure quotidiane e assidui controlli
medici. Tanto mi preme far sapere, essendo a conoscenza di numerosi casi vorrei dire
emblematici; tengo a precisare che non intendo esimermi a dare un contributo attivo
anche da parte del Comitato che io presiedo.
Distinti saluti, Olga Dalla Valle
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Aids – 8 aprile 1993 – Ci ha lasciato Gilberto
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Il Giornale di Vicenza - 14 aprile 1993
Ne discuteranno stasera medici e magistrati in una tavola rotonda
S. Pio X affollato di tossici. Colpa della legge antidroga?
E intanto sono sempre poche la strutture alternative al carcere
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Lettera inviata a il Giornale di Vicenza in occasione del referendum abrogativo di alcuni articoli della legge 162 sulla droga e pubblicata il 16 aprile 1993
Egregio Direttore,
ho letto sul giornale di Vicenza di oggi 15 Aprile 1993 il resoconto della conferenza stampa organizzata dal partito dei Verdi e che riuniva esclusivamente i partiti e le associazioni antiproibizioniste vicentine. In detto articolo ci sono più inesattezze, ma desidero correggere quella più attinente al referendum di domenica 18 Aprile, dove il rappresentante
di Rifondazione Comunista Veller, sostiene che più del 50% della popolazione carceraria, è detenuta per problemi di droga. Questo è falso! risulta dagli operatori della tossicodipendenza e dai mezzi di informazione stampa e TV che la percentuale è del 33% circa;
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1993
15.000 risultano i carcerati per droga, 1000 dei quali sono tossicodipendenti che, dopo
le prescritte convocazioni dei prefetti secondo la legge Jervolino Vassalli, hanno rifiutato
ogni sorta di aiuto terapeutico; i rimanenti 14.000 sono reclusi per reati vari quali: furti,
rapine, spaccio, ecc... reati punibili dal codice penale come succede per ogni cittadino
anche non drogato che infrange la legge.
Noi famiglie, composte non solo da “madri coraggio”, ma da padri, fratelli, sorelle,
coniugi, figli, che viviamo 24 ore su 24 il dramma della droga, desideriamo mettere in
guardia i cittadini tutti e più ancora le famiglie con figli, sulla responsabilità che ognuno
si assume con il voto .
Nell’intento di aiutare l’elettorato, desideriamo spiegare perché tutti noi diciamo NO
a questo referendum.
1 - Perché la legge Jervolino Vassalli è stata voluta da noi genitori dopo anni e anni di lotta.
2 - Perché non prevede il carcere per chi detiene droga per uso personale.
3- Perché il tossicodipendente che commette reati punibili con la reclusione non superiore ai quattro anni, può chiedere come alternativa al carcere la cura riabilitativa presso
strutture di recupero e, al termine della stessa, se entro i cinque anni non avrà commesso altri reati, si vedrà cancellati quelli inerenti al suo precedente stato di tossicodipendenza.
4 - Perché è immorale che uno Stato civile tolleri la distruzione morale e fisica di tanti giovani schiavizzati da sostanze stupefacenti.
5 - Perché bisogna rompere il legame perverso tra spacciatore vero e proprio e piccolo
spacciatore che opera su provvigione, differenziando le pene tra i due livelli.
6 - Perché togliere la punibilità con il carcere è togliere un certo deterrente ad azioni illegali e aprire la possibilità ad un maggiore piccolo spaccio (come con la precedente legge
685/75, che ha fatto di molti tossicodipendenti dei piccoli spacciatori e aperto le porte
del carcere a molti di loro).
7 - Perché è una menzogna che la nuova legge abbia portato in carcere più tossici; sono
questi purtroppo che sono sempre più numerosi e quindi la percentuale rimane alta.
8 – Perché non è spiegabile il dover ricorrere ad un referendum, tra l’altro molto confuso, anziché procedere ad una revisione di talune parti di una legge che ancora non ha
visto applicati gli articoli migliori (come la legge 180 sui malati mentali).
9 - Perché, se il vero problema è il carcere, si devono attivare quelle norme che prevedono la separazione dei tossicodipendenti reclusi dagli altri carcerati per reati comuni,
aprendo una sezione apposita e prestando la prima assistenza mirata.
10 - Perché “educare e non punire” vuol dire aprire la porta al permissivismo e non
responsabilizzare i giovani che, come cittadini hanno diritti e doveri e tra l’altro devono imparare a rispettare se stessi e gli altri. Privilegiare il tossicodipendente vuol dire
accettare la sua “diversità” come fatto normale, incoraggiarlo nella stessa e non stimolarlo ad una autocritica positiva.
Per ultimo diciamo che noi siamo convinti che questo referendum è un inganno perpetrato dagli antiproibizionisti che subdolamente con accenti pietistici verso i drogati,
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1993
vogliono vincere questa battaglia che da anni sfugge loro di mano.
Senz’altro se vinceranno i SI, questo sarà il primo passo verso la legalizzazione.
Per il Comitato di Solidarietà, Olga Dalla Valle
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Aids – 21 aprile 1993 – Ci ha lasciato Francesco
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17 maggio 1993 - Riporto un interessante articolo di Gustavo Pietropolli Charmet,
specialista in psichiatria, docente di psicologia dinamica dell’Università di Milano:
I messaggi della mente
I ragazzi e le trappole della droga
Vagano per le strade della città tossicodipendenti ormai inveterati portatori delle stigmate della
loro dipendenza dalla droga. È molto maggiore, però, il numero di giovani che fanno uso di droghe pesanti e che non sono affatto riconoscibili dal loro comportamento sociale.
Col passare del tempo si abbassa sempre più l’età nella quale i giovani vengono a contatto con la
droga; si calcola che sia elevatissima la percentuale di adolescenti che consumano saltuariamente droghe leggere.
Tutti gli studi condotti per identificare le possibili cause della scelta del comportamento tossicofilo
convergono, infatti, verso l’individuazione che è statisticamente molto significativo. È essere adolescenti il principale fattore di rischio.
I motivi sono molteplici; la tendenza al rischio, lo spirito d’avventura, la complicità e l’istigazione
del gruppo, l’offerta suadente delle sostanze, la forte tendenza trasgressiva, sono tutte componenti
fisiologiche dell’adolescenza che favoriscono la curiosità o la passività nei confronti della droga. Bisogna, però, tenere presente che di tutti gli adolescenti che entrano in contatto con la droga solo pochi
ne rimangono prigionieri.
La nascita di un nuovo tossicodipendente è segnata da una costellazione di eventi, ma ve né uno che
segna il confine fra la possibilità di conservare il controllo e divenire schiavo. Se l’adolescente che si
imbatte nella droga ne ricava l’impressione di essere guarito, il rischio è elevatissimo. Non è l’esperienza stupefacente, il sentirsi trasformati, l’estasi, la radicale diversità del funzionamento mentale
rispetto agli stati già sperimentati che decretano la nascita di un nuovo giovanissimo tossicodipendente. Al contrario; è il risentirsi finalmente se stessi, di nuovo lucidi e socievoli, padroni della mente
e del corpo che apre la strada al consumo di droghe.
La droga è in grado di risolvere la malinconia, l’apatia, la noia, la confusione; per questo è pericolosissima proprio per gli adolescenti che ne soffrono maggiormente. Per loro è una cura che guarisce
dalle malattie dell’adolescenza fallita. Questo è il motivo principale che deve costringere la cultura
degli adulti a riorganizzare la prevenzione del disagio adolescenziale; se nulla di serio verrà fatto gli
spacciatori di droga e illusioni mortifere mieteranno sempre nuove vittime, poiché fanno una proposta che non si può rifiutare; offrono la possibilità a chi ne ha un profondo bisogno di stare subito meglio. La scuola e la famiglia non hanno questo potere; hanno però il potere di intervenire prima
che un adolescente decida di curarsi da solo, illudendosi di guarire, ammalandosi in realtà di una
malattia ancora peggiore.
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Il Giornale - 20 aprile 1993: Referendum
Torna la “modica quantità”, niente carcere per i drogati: canta vittoria Taradash
“Trascinati” nel sì alla droga
Vince di poca misura l’antiproibizionismo
I poliziotti: il numero degli spacciatori si moltiplicherà
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1993
25 aprile 1993 – Ci ha lasciato Mariagrazia
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Il Giornale - 29 aprile 1993
Un convegno a Milano denuncia la grave insufficienza delle strutture
Aids, l’Italia non ha più difese
Dai duemila casi del 1988 ai sedicimila di oggi – Molti i drogati
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Il Giornale di Vicenza - 12 maggio 1993
Trova la morte a Padova dopo essersi iniettato dell’eroina “letale”
Stroncato da overdose
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Il Giornale - 13 giugno 1993
A due mesi dal referendum che ha abrogato norme essenziali della Jervolino – Vassalli
Spacciatori e “tossici” hanno rialzato la cresta
Droga, è di nuovo sfascio
Nelle nostre città il “commercio” ora prospera con sfrontatezza - Troppi spacciano, si drogano,
muoiono di fronte a tutti – Aumentano scippi e furti - E la polizia? È praticamente impotente Grido di dolore di don Chino Pezzoli, direttore di comunità di recupero
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Il Giornale di Vicenza - 25 giugno 1993
Il ministro Contri e Giuliano Amato concordi sull’analisi del fenomeno e sui rimedi da attuare
Combattere tutti gli egoismi - Contro la droga
Inaugurata ieri a Palermo la prima Conferenza per una analisi del preoccupante fenomeno
Presentato un “libro bianco” sugli stupefacenti:
un giro di affari di 4.500 miliardi di gestito dalla mafia
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Il Giornale di Vicenza - 25 giugno 1993
Una giornata contro la tossicodipendenza
Le associazioni vicentine raccontano la loro storia
Un’occasione per riflettere sulle migliaia di vite perdute o ancora in grave pericolo
Domani, sabato 26 giugno, si celebra la giornata mondiale contro la droga. Un’occasione per riflettere, una volta di più, sulle migliaia di vite distrutte e sugli incalcolabili danni prodotti dalle sostanze stupefacenti su giovani, famiglie, scuola e lavoro, sull’intera società. Le associazioni che a
Vicenza combattono contro la tossicodipendenza con programmi educativi o a livello di recupero
hanno chiesto ai giornali, alle radio e alle TV vicentine d’intesa con il Comune – di presentarsi e di
fare il punto su questa guerra ancora aperta e che la città non intende a perdere. Per la giornata la
prefettura ha anche pubblicato un primo “censimento” di dati e strutture, utili a tutti coloro che
sulla lotta alla droga vogliono sapere di più.
Nella pagina che il Giornale di Vicenza ha dedicato alle associazioni, si raccontano: l’associazione genitori “Il Faro”. La comunità “S.Gaetano”(operante dalla fine anni settanta, dapprima circoscritta alla
Valle dell’Agno si è gradualmente estesa alla Valle del Leogra, alla città comprensorio di Vicenza. Attualmente ospita 110 ragazzi in forma residenziale nelle sedi di Recoaro, Valle del Pasubio, Schio) – La Cooperativa “Nuova Vita”( nasce intorno agli anni 80 come famiglia aperta, subendo nel tempo varie trasformazioni che la portano anche attraverso la fase del volontariato a qualificare meglio le sue caratteri– 260 –
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stiche e il tipo di intervento). – “La Fenice”(progetto di intervento territoriale che aiuta non soltanto i tossici ma anche la famiglie). “Il Mosaico”(nella comunità S. Stefano).
Da venti mamme disperate un primo segno di speranza
Intervista
La droga compare a Vicenza nel 1968-69, sottovalutata nella sua pericolosità.
Il Comitato di Solidarietà trae le sue origini dal “ gruppo mamme “ nato nel 1976 dalla disperazione di tante famiglie lasciate sole a gestire il dramma di un figlio drogato: allora non esisteva nessun
punto di riferimento pubblico e/o privato di sostegno e di aiuto.
Per sette anni queste venti mamme, che avevano trovato il coraggio di uscire allo scoperto pur di salvare un figlio, si sono battute con la sola forza della disperazione, senza appoggi politici, contro l’indifferenza spesso umiliante ed offensiva dei responsabili gli enti pubblici.
Nel contempo prendevano contatti e visitavano le poche Comunità di Recupero allora esistenti in Italia alla ricerca di un posto per i loro figli, trovando sempre “il tutto esaurito” o lunghe liste di attesa.
Nel 1981-82-83 il problema DROGA esplose con violenza, anche per l’aumento di epatiti virali, di
decessi da overdose e di micro - delinquenza, scuotendo, dopo una decennale inerzia, quei responsabili che dovevano finalmente trovare delle soluzioni al problema. E subito insorsero forti divergenze;
il gruppo delle madri, proponeva per la cura e il ricupero di tanti giovani drogati, metodologie già da
anni ben collaudate (ad esempio come il metodo Ceis di Verona) e da loro conosciute; vennero invece affidati incarichi e promosse nomine con sovvenzioni e/o convenzioni pubbliche, a persone, nella
maggioranza dei casi, prive di esperienza e competenza. Eppure si doveva “lavorare” sulla psiche di
giovani, fortemente condizionata e alterata dalla droga; questo avrebbe richiesto, oltre a forti motivazioni umane, una chiara professionalità e competenza, trattandosi di un lavoro personalizzato di
cesello e perciò stressante e di grande responsabilità. I controlli non sono mai esistiti per mancanza di
esperti atti allo scopo e liberi da condizionamenti.
Nello scontro fra il “gruppo mamme” e i suddetti responsabili, prevalse la legge del più forte; quelle
venti madri vennero isolate e fortemente contestate: le loro denunce pubbliche furono sempre giudicate come polemiche inutili e non come verità facilmente controllabili. Così stando le cose, quelle
madri, disperate e tanto scomode, vennero abilmente isolate.
Pochi giovani drogati di allora sono sopravvissuti. Gli altri, rivivono soltanto nel ricordo delle madri.
Con buona pace di tante coscienze ben corazzate e di corta memoria.
Se quelle mamme sono state isolate, come mai il Comitato non si è sciolto?
Nel 1983 subentrarono forze nuove e nacque legalmente il “Comitato di Solidarietà con le Famiglie
di Tossicodipendenti” che si dette uno statuto e venne riconosciuto dal Comune e più tardi dalla
Regione.
Tra gli scopi dell’ associazione è primario l’impegno di: “Lotta alla domanda e all’offerta di droga e di
sostanze stupefacenti in genere - nella convinzione che tale lotta vada sostenuta affrontandone anzitutto le cause di fondo, individuabili nel disagio soggettivo e sociale vissuto dalle giovani generazioni. Intende quindi dar vita, con il concorso di tutti, ad una corretta impostazione, anche culturale,
del problema delle tossicodipendenze, considerato non soltanto come un fenomeno da circoscrivere
e soltanto curare, quanto come una problematica che interroga tutti e chiede di rendere più vivibile
la nostra società”.
Mi sembra che, in parole povere il vostro sia anche un impegno di prevenzione al disagio giovanile
Sì, e per far questo da sempre cerchiamo di sensibilizzare i cittadini in special modo i genitori, poi il
mondo della scuola, del lavoro, i gruppi impegnati nel campo dell’emarginazione, gli organi di informazione, le forze dell’ordine, la magistratura, il sistema carcerario, Comune Ulss e Chiesa; in poche
parole le “forze del territorio”. Io stessa ho partecipato a più incontri con giovani e insegnanti trattando appunto questo problema.
Quando dei genitori vengono a chiedervi aiuto, come vi comportate ?
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1993
Primo compito nostro è quello della solidarietà verso persone che in qualche modo sono state colpite dalla droga, offrendo loro la nostra esperienza, suggerimenti, consigli, e proponendo interventi
mirati. Naturalmente non è diminuita in noi la carica combattiva, lottiamo per la vita dei nostri figli
e questo è un nostro sacro diritto.
Con questa vostra impostazione di lavoro siete riusciti ad ottenere dei risultati?
Direi proprio di si, tutto ci è costato anni di impegno costante, però le nostre pressioni presso gli enti
preposti hanno contribuito ad esempio a far nascere il Centro Diurno per tossicodipendenti gestito
dall’Ulss, centro che lavora con serietà e professionalità. Abbiamo stimolato Comune e Ulss per la
realizzazione di una comunità femminile che ancora mancava, agevolando un incontro con don Pierino Gelmini fondatore della comunità “Incontro “ che poi si è fatto carico della gestione ; un paio
di anni fa, questa struttura è diventata realtà e si trova a Valproto di Quinto Vicentino.
Fino ad ora abbiamo parlato di tossicodipendenza, quali modifiche ha portato l’Aids in voi genitori?
Nel 1984 con l’evento dell’Aids, il Comitato si è trovato davanti ad una nuova e ancora più terribile
situazione. Sono stati anni molto impegnativi per noi, i mezzi d’informazione trasmettevano notizie
allarmistiche e terrificanti; il Comitato con l’ appoggio di Comune e Ulss promosse una campagna
informativa a livello pubblico (un’assemblea aperta alla cittadinanza sui problemi dell’Aids, lettere
alla stampa, opuscoli informativi e incontri vari). Non tralasciammo nessuna strada che ci potesse portare ad un punto d’arrivo concreto; abbiamo sollecitato interventi presso enti pubblici cittadini, regionali e statali allo scopo di rendere meno disperato e più dignitoso il vivere quotidiano dei malati e
delle loro famiglie. Nel 1988, in collaborazione con la struttura ospedaliera è stato possibile organizzare un volontariato al letto del malato e aperto ai bisogni esterni; a tutt’oggi più di 80 sono stati i
nostri assistiti, e di ognuno, è rimasto vivo in noi il ricordo. Molti di loro sono morti con la mano
nella mano della volontaria, mentre ancor oggi in più strutture ospedaliere le madri vedono morire
i loro figli attraverso un vetro.
Vicenza è la città del Veneto che conta il più alto numero di siero-positivi, di malati, di decessi, più volte
le cronache hanno segnalato casi di malati senza assistenza. Il Comitato è a conoscenza di questo?
In questa nostra opera di volontariato abbiamo constatato la disastrata situazione sociale di più malati costretti a rimanere ricoverati all’ospedale perché privi di assistenza e di una casa. Cercare una soluzione a questo problema è stato tra tutti i nostri impegni quello più pressante. Abbiamo pensato ad
una struttura di accoglienza residenziale per malati terminali e abbiamo ripetutamente e insistentemente contattato: Comune, Ulss 8, Prefettura, Provincia, Regione, il Ministro della Sanità e il Vescovo mons. Nonis il quale dall’alto del suo ministero ha contribuito alla realizzazione di tale struttura:
è nata così Casa Speranza. Nel 1990 abbiamo modificato la nostra denominazione in: Comitato di
Solidarietà con la Famiglie dei tossicodipendenti e dei Malati di Aids, che definisce in modo più completo la nostra specifica attività.
Mi sembra che siate riusciti ad avere un’ altra realtà di ricupero
Sì, ultima nostra fatica in ordine di tempo, è “La Fenice”, centro terapeutico diurno territoriale che
ospitiamo nei locali del Comitato. Anche per “La Fenice”, abbiamo avuto laboriose contrattazioni con
Comune, Ulss, Prefettura, Regione e Ministero agli Interventi Sociali; suo obbiettivo primario l’intervento sul territorio con la prevenzione, l’informazione, la cura.
In conclusione mi pare che il vostro impegno sia stato costante e proficuo
Il giudizio non spetta a noi, è però certo che a volte il peso del nostro impegno ci sembra insopportabile; nel campo della tossicodipendenza ci conforta il fatto che alcuni giovani si sono salvati; per
quanto riguarda l’Aids, è sempre un peso che ci portiamo nel cuore.
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1993
Il Giornale - 26 giugno 1993
Giornata mondiale di lotta alla droga
Un articolo di Beppe Gualazzini
(…) Mentre il problema precipita agli albori, con l’impossibilità di arginare lo spaccio capillare, la
riaggregazione nelle piazze dei drogati (non più in alcun modo redarguiti e, anzi, incoraggiati con
l’assistenza di provvidenziali “unità di strada che distribuiscono stringhe e preservativi”, mentre l’onda del referendum sparge tra i drammi familiari la nuova liceità a drogarsi, anche in nome della
decantatissima “riduzione del danno” (cioè della scelta di far resistere comunque il drogato anche a
costo di mantenerne il vizio), ecco tra chi deve decidere e agire la confusione delle lingue.
Confusione d’intenti. In quanto alle idee, più che confusione è mancanza assoluta. Si affronta l’emergenza con schieramenti antiproibizionisti e proibizioni che avevano già fatto il loro tempo prima
del referendum. Figuriamoci oggi in questo profondo vuoto legislativo dove non solo si può detenere droga, ma non c’è limite alla quantità. Non solo non c’è come non c’era di fatto prima, punibilità. Ma c’è il premio: il drogato pericoloso per se e per gli altri “non è – dicono innovatori, che in
realtà tornano a pericolose radici anni settanta – chi si droga, ma chi poveretto è oggettivamente
incapace di sopravvivere senza droga”. E allora, diamogliela. (…)
La Garavaglia avverte: ”Il rapporto tra istituzioni pubbliche (a partire dai servizi Sert di recente istituzione) e le iniziative di volontariato o sono alla pari, o trasformano in drogato in uno strumento
per combattere battaglie ideologiche sulla sua pelle”. L’avviso arriva tardi. C’è sorda e crescente una
guerra tra pubblico e privato. Si profila uno strapotere delle unità sanitarie alle quali si vorrebbe
lasciare il pieno arbitrio.
Intanto, volontari contro volontari: ieri le associazioni del Muvlad presiedute da Muccioli e il gruppo antidroga di oltre cento parlamentari con un secco comunicato hanno negato di essere per la liberalizzazione, difendendosi da una minoranza di altri volontari, comunità d’accoglienza in testa (don
Ciotti), che chiedono legalizzazioni urgenti per hashish e marijuana. (,,,)
Invano volontari cattolici di spicco come don Chino Pezzoli avvertono che “va a farsi benedire la
solidarietà cattolica, respinta da quella radicale che tollera e conserva le devianze con strategie di
mantenimento e liberalizzazione, mentre la diga del pensiero individualista è rotta e sta spazzando
via tutto: esperienza, iniziative fatte e sofferte, le lente e valide conquiste delle Comunità”. Il carro
cattolico è quello più scandalosamente trainato da cavalli opposti. (…)
È scioccante il rapporto del sociologo di Pino Arlacchi, che ha drasticamente ridotto di dieci, venti
volte il presunto guadagno delle mafie col traffico di droga, segno che gli immani introiti che danno
tanta forza ai mafiosi giungono allora per il 90 per cento da altre vie e, quindi, la droga libera li scalferebbe di poco.
La realtà spaventosa emersa da questa conferenza è che, davanti a forze così divise, dilaniate, deboli, il fenomeno droga non può che ingigantire. Col suo carico di disperazione e lutti.
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Aids – 28 giugno 1993 – Ci ha lasciato Alberto
Alberto e mio figlio Roberto, si erano conosciuti alle medie inferiori dell’obbligo. Sul finire dell’ultimo anno, con molti di quei compagni avevano formato un gruppo (ora si dice branco) e,
nei loro incontri, avevano iniziato a fumare, passandosi l’un l’altro, qualche spinello.
Questo è stato per quasi tutti il primo passo verso esperienze di droghe che, per pochi, si
è risolto dopo anni di faticoso e travagliato recupero, per molti, solo con la morte.
Alberto, dalla tossicodipendenza ne era uscito; non così dall’Hiv.
Era un giovane esuberante, biondo con gli occhi azzurri espressivi e sorridenti. Negli
ultimi tempi della sua vita, sentendo forse il bisogno di esternare l’angoscia che lo oppri– 263 –
1993
meva, mi faceva partecipe dei suoi timori per un futuro che gli sfuggiva. Si era sposato giovanissimo e aveva un figlio in età scolare; era consapevole che in breve tempo, questo bambino sarebbe rimasto orfano d’entrambi i genitori. Io facevo del mio meglio per aiutarlo
e infondergli coraggio e speranza.
Nella primavera del ’92 aveva fatto parte del gruppetto dei sei giovani che si erano recati a Lourdes e ne era tornato rincuorato e pieno di progetti. Il contatto con tanta e variegata sofferenza vissuta con accettazione e rassegnazione, lo aveva impressionato in modo
positivo. Aveva respirato quell’atmosfera particolare, fatta di aspettative nuove e, impercettibilmente, gli era penetrata nel cuore creandogli un tumulto di sensazioni. Avvicinato
da un giovane religioso che seppe capirlo e conquistarne la fiducia, aveva partecipato alle
varie celebrazioni comunitarie riaccostandosi ai sacramenti da anni tralasciati. Aveva ricevuto in dono un crocifisso legato ad un cordoncino che portava al collo e al ritorno, lo
mostrava ai suoi amici con orgoglio, come una conquista.
Per un certo periodo volle dare il suo contributo come volontario, nell’ambito del
comitato, portando una ventata di allegria. Una mattina, mentre mi stava di fronte ritto
in piedi, posando le mani sul tavolo, si protese verso di me e, guardandomi intensamente disse: ” quando morirò, voglio che al mio funerale le macchine si fermino e il traffico
sia bloccato”. Non volli cogliere il significato angoscioso di quelle parole, e sdrammatizzando gli risposi: ”Non ti sembra di esagerare? Una volta poteva anche succedere, ma ora
non più - “al mio funerale succederà, perché dentro a quella bara ci sarò io“.
Alberto se n’è andato in un assolato giorno d’estate.
Durante la messa, stranamente, un uccellino volava all’interno della chiesa e i presenti seguivano il suo volteggiare che alleggeriva un po’ la tristezza del momento.
Terminata la cerimonia, per un disguido, il carro funebre si stava avviando verso un
piccolo cimitero di periferia e non quello cittadino. Dopo telefonate febbrili, il problema
si risolse, ma la sepoltura venne rimandata al mattino successivo.
Uscita dalla chiesa, mi si è presentato il piazzale antistante e le stradine vicine, gremite di auto; erano bloccate perché molte persone si erano soffermate in attesa di una soluzione. Immediatamente ricordai le parole di Alberto e volli farne partecipi i presenti, che
sorridendo, applaudirono all’ultima “trovata” dell’amico.
Il mattino successivo, quando la salma è stata interrata, un uccellino volava rasente la
terra della fossa.
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Il Giornale di Vicenza - 9 luglio 1993
Ricette “facili” di Temgesic? “È pericoloso”
A sostenerlo l’Ordine dei farmacisti
Prescrizioni facili di derivati della morfina nella fattispecie di Temgesic, un farmaco usato – a detta
di alcuni medici – in terapie di riabilitazioni per i tossicodipendenti. Più di cento prescrizioni al giorno arrivati sui banchi di alcuni farmacisti della provincia, in particolare nel Bassanese, farmacie che
diventano luogo di “spaccio” per i tossici che poi lo rivendono. Insomma, quanto basta per far intervenire il presidente dell’Ordine dei farmacisti della provincia, dott. Roberto Gallo che ieri mattina
nel corso di una conferenza stampa ha voluto chiarire la situazione e soprattutto l’operato di una fan– 264 –
1993
tomatica associazione per la tutela dei tossicodipendenti che ha sede a Lamon di Loria in provincia
di Treviso e guidata dal dott. ing. Sergio Hublitz. Quest’ultimo infatti è stato accusato di avere operato per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti al di fuori delle strutture pubbliche utilizzando il Temgesic ed è stato arrestato nell’aprile scorso per detenzione di sostanze stupefacenti a
scopo di spaccio. “Il fenomeno – afferma il presidente dell’ordine dei farmacisti di Vicenza – si sta
allargando anche in altri centri della provincia e questo ci preoccupa notevolmente. Continuano ad
arrivare ricette firmate da due medici della comunità. I carabinieri sono intervenuti in più occasioni, ma questi personaggi operano indisturbati mettendo a repentaglio anche la salute dei ragazzi e
indirettamente anche delle famiglie, le quali credono che il figlio abbia intrapreso un programma di
terapia riabilitativa, invece non è così”. “Noi siamo sempre molto accorti – interviene il dott. Mario
Cappellari – se ci arrivano prescrizioni che non siano del Sert o di medici che operano in comunità
che non conosciamo non distribuiamo i farmaci. Ma non sempre è possibile”.
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1993
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Il Giornale - 14 luglio 1993
Troppi i dubbi seminati dalla prima conferenza nazionale sulle tossicodipendenze
Assecondare i drogati? Facile e comodo
È prevalso l’orientamento per la cosiddetta “riduzione del danno”:
La distribuzione gratuita di siringhe e profilattici, accompagnata da altri espedienti. E’ stata auspicata la liberalizzazione, ipotesi che il ministro Fernanda Contri non ha escluso. Eppure il sociologo
Pino Arlacchi ha rivelato che la droga “rende poco” alla mafia, per cui la liberalizzazione non danneggerebbe molto i narcotrafficanti.
Mancino: il maggior pericolo oggi proviene dalle anfetamine. Operatori pubblici e del volontariato
deplorano questa nuova ondata di permissivismo che forse è un alibi per il disimpegno “Un’occasione mancata, si è fatta ideologia” – “Il male minore” una formula ipocrita . “Lo Stato non può propinare veleni” – “Dovevano ascoltare anche gli ex tossici”
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E chi conosce gli interessi e i vizi segreti dei nostri politici?
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Il Giornale di Vicenza - 15 luglio 1993
Un vicentino e un piemontese trovati asfissiati - Due incappucciati in cella
Atroce morte al San Pio X
Orribile morte di due detenuti al San Pio X. I loro corpi privi di vita sono stati scoperti nel bagno
della cella con un sacchetto in testa. Il decesso per asfissia è stato provocato dal gas della bombola
del fornello in dotazione, con cui i due giovani avevano saturato il contenitore di plastica.
Si è trattato di un suicidio oppure di un tragico incidente? Avevano 27 e 31 anni.
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Aids – 11 agosto 1993 – Ci ha lasciato Mariagrazia
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Il Giornale di Vicenza - 8 settembre 1993
Era da poco uscita dalla comunità terapeutica
Stroncata nel letto di casa da una fatale overdose
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Il Giornale di Vicenza - 11 settembre 1993
Un’altra overdose fatale
E’ la seconda vittima in quattro giorni - Era appena uscito dal carcere
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Il Giornale di Vicenza - 28 settembre 1993
Lui ha l’Aids, a lei lo tace
Aumentano i casi di donne infette – De Lalla:”Guai a chi non parla”
Si conoscono, si amano, magari si sposano. Un giorno lei si sente male, inspiegabilmente. Esame
dopo esame, si scopre di essere infetta da Hiv, candidata ad ammalarsi di Aids. Il sospetto diventa
certezza: è il suo compagno ad averle taciuto la terribile verità. “Era sieropositivo, non gliel’ha mai
confessato. Non gliel’hanno detto nemmeno i genitori. E quella ragazza, ma come lei ne conosciamo altre, sta pagando con la vita” denuncia Olga Dalla Valle, presidente del Comitato di solidarietà,
una delle mamme che assistono i malati di Aids.
Esplode anche nel vicentino il dramma degli etero sessuali e soprattutto delle donne infette da Hiv
in rapporti sessuali non protetti. I casi si stanno moltiplicando con rapidità ampiamente prevista ma
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sempre sorprendente. A fine maggio su 327 casi di Aids conclamata denunciati a Vicenza gli eterosessuali erano 32: dopo l’estate stanno per raddoppiare, così come il numero dei sieropositivi, qualche migliaio.
“Chi resta scottato di più sono certamente le donne - afferma Fausto De Lalla, primario di malattie
infettive del San Bortolo, unica divisione provinciale, una dozzina di letti solo per l’Aids. Di fronte a cinque donne infette da un partner che non le informa della sieropositività, c’è solo un uomo
nella stessa situazione. E del resto l’ultima relazione della commissione nazionale Aids è chiarissima:
oggi abbiamo in Italia 89 mila infetti, di cui 37 per cento maschi tossicodipendenti, 25 per cento
maschi non tossicodipendenti, 12 per cento femmine tossicodipendenti, 26 per cento femmine non
tossicodipendenti. Vicenza non fa eccezione. Anche qualche giorno fa un padre ha accompagnato
qui la figlia di 17 anni. Un rapporto sessuale due mesi fa con un ragazzo conosciuto in discoteca ed
ora è sieropositiva.Mentre drogati e omosessuali sembrano aver adottato stili di vita meno rischiosi, sul piano dei rapporti di coppia l’Aids ha modificato solo in parte il comportamento sessuale ed
inciso quasi nulla tra i giovanissimi. “Oggi un ragazzo dovrebbe sapere quasi tutto con le campagne
che sono state fatte. Invece molti pur sapendo se ne fregano, infettano le ragazze che non si attrezzano a loro volta. Non usano il preservativo – continua il prof. De Lalla – Se sono dei delinquenti?
Sono colpevoli come chi guida a 200 all’ora il sabato sera e poi va a sbattere. Tra tossicodipendenti
ed ex il problema informazione ai partner è più complesso: il loro senso del bene e del male è certamente diverso da quello di una persona normale. Ecco il perché delle situazioni che denuncia la
Dalla Valle. Chi tace è comunque colpevole, lo è la sua famiglia, ma noi non possiamo intervenire
se non parlando chiaro fin dall’inizio sul rischio dei rapporti non protetti”.
De Lalla sostiene che la prevenzione resta l’arma più efficace, ma che spot e opuscoletti sono stati
un fiasco. “Lo dico brutalmente: ai ragazzini bisogna fare il lavaggio del cervello – dichiara – bisogna condizionarne il comportamento. Così come s’insegna loro a lavarsi le mani sporche da piccoli, in terza media bisogna spiegare che un rapporto sessuale può portare infezioni e che ci sono mezzi
per evitarlo. Bisogna educare ma anche a fare paura. Io sono per i distributori di preservativi al liceo,
ma sono anche per gigantografie dei loro idoli prima e dopo: attacchiamo in classe foto di Magic
Johnson oppure di Nurejev ritratto gli ultimi giorni. Forse i ragazzi capiranno. E se non capiscono,
li vedremo fare la fila al nostro day hospital. (Nicoletta Martelletto)
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Il Giornale di Vicenza - 2 ottobre 1993
La droga lo uccide in cantina
Ritrovato dopo cinque giorni
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Il Giornale di Vicenza - 4 ottobre 1993
Tragica fine di un ventiduenne
È stroncato da overdose dopo l’uscita dal carcere
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Il Giornale di Vicenza - 5 ottobre 1993
La droga di nuovo assassina
Una donna uccisa dall’eroina - Scoperta a molte ore dal decesso
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Il Giornale - 8 ottobre 1993
Torino, muore in auto per overdose
Il cadavere viene divorato dal cane
L’animale è rimasto chiuso nella vettura per oltre un mese
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Il Giornale di Vicenza - 11 ottobre 1993
Un vicentino in centro a Padova stroncato da overdose
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Aids – 13 ottobre 1993- Ci ha lasciato Flavia
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Il Giornale di Vicenza - 20 ottobre 1993
Incensurato bloccato con 600 grammi
Un thienese preso con cocaina per mezzo miliardo
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Aids – 31 ottobre 1993 – Ci ha lasciato Diego
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Aids – 16 novembre 1993 – Ci ha lasciato Domenico
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Il Giornale di Vicenza - 19 novembre 1993
Morto Marcoaldi - Grande presenza nella lotta all’Aids
Una morte che sembra quasi impossibile quella di Stefano Marcoaldi, avvenuta a Milano, dove lavorava come inviato del mensile Capital. Aveva 41 anni, e nonostante fosse nato a Pescara, abituandosi
poi a girare di città in città come succede a molti figli di ufficiali, si sentiva intimamente molto vicentino: qui trascorse infanzia e giovinezza, partecipò attivamente alla vita politica (fu consigliere comunale per il Pli, iniziò la brillante carriera professionale come collaboratore del nostro giornale. (…)
Era presidente dell’Asa, l’Associazione solidarietà malati di Aids, e con questa carica prendeva posto
nel salotto di Costanzo, dimostrandosi ogni volta capace di interrompere lo “zapping” frenetico di
milioni di telecomandi. Occhi e orecchie di tantissimi italiani erano inevitabilmente “inchiodati”
dalla parlata affabile con cui il giornalista amava comunicare problemi e prospettive dei malati di
Aids. Schietto, arguto, per niente retorico, Marcoaldi tornava soprattutto su due argomenti. Da una
parte gli stavano a cuore i diritti di chi, non sentendosi in grado di dichiararsi colpito da un male
socialmente così problematico, aveva bisogno di tutela e assistenza. Dall’altra sottolineava la necessità di una informazione preventiva il più possibile chiara, ricca di dati e punti di riferimento, diffusa ad ampio raggio. (…)
Solo una sorta di indomabile fuoco interiore dava ragione della sua incessante disponibilità a prestarsi come testimone sul tema Aids in occasioni tanto pubbliche che private. (…)
Profondamente padrone dell’arte di “far notizia”, sottolineava di volta in volta la solitudine del malato, la difficoltà di comunicare con gli altri, la necessità di una esistenza regolata, il bisogno di continuare ad amare e ad essere amati. Ci disse di stupirsi ogni mattina di essere ancora vivo e voglioso
di battersi come un leone. Da oggi siamo noi a stupirci dolorosamente di non averlo più assieme a
noi. (s.f.)
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Iniziative per l’1 dicembre 1993. Giornata mondiale di lotta all’Aids
Quest’anno per la VI Giornata mondiale di lotta all’Aids il Comitato di solidarietà si è impegnato in due iniziative: la prima consiste in un seminario di cui da molto tempo sentivamo la
necessità ed in cui il prof. De Lalla, primario della divisione malattie infettive, farà un’analisi sulle problematiche socio-sanitarie inerenti all’Aids.
Allo scopo sono stati invitati il Prefetto, il presidente della Provincia, i sindaci dei Comuni, gli amministratori dalle Ulss provinciali e le associazioni interessate al problema.
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La seconda iniziativa consiste nella ormai tradizionale S. Messa che sarà celebrata nella
chiesa di S. Pietro in ricordo delle numerose vittime di questa malattia. La Messa sarà animata dal coro Gev di Vicenza.
Il Giornale di Vicenza - 1 dicembre 1993
La polemica sulle terapie. “Aids, i malati scomodi”
Troppi ospedali improduttivi, accusa il comune di Vicenza: “Perché un sieropositivo di Noventa si chiede il primario del S. Bortolo De Lalla, deve venire fin qui per una flebo?”- In ogni
Ulss vicentina servirebbe un ambulatorio, ma in molte manca. Le Ulss si difendono:”Mancano i posti letto per curarli”
Ancora una denuncia, l’ennesima sull’Aids. Questa volta è partita dal Comune di Vicenza che ha
accusato senza mezzi termini alcune Ulss della provincia di essere improduttive nei confronti dei
malati. “Anche in questo caso – ha sostenuto da palazzo Trissino l’assessore Luca Romano – il volontariato ha dimostrato di saper rispondere con grande efficienza alle emergenze, mentre non si può
dire altrettanto dei responsabili delle Unità sanitarie che hanno scaricato i loro problemi sul volontariato stesso”.
Accuse vere o false? È solo l’ultimo atto di una tragedia che continua da parecchio tempo. “A volte
fa comodo prendere le leggi alla lettera – afferma il primario di Malattie infettive del San Bortolo –
per ora il nostro è l’unico centro della provincia: ne dovrà sorgere un altro nell’Ulss 6, e questo ci va
benissimo. Ma si dovrebbe fare di più, per esempio sfruttare le strutture che già esistono. Mi spiego: non tutti i malati di Aids si accorgono della malattia nelle fase iniziale, per cui non tutti necessitano di un ricovero immediato. Ci sono ragazzi che hanno bisogno di essere seguiti ambulatorialmente perché devono fare la flebo o altre terapie e allora mi chiedo: perché un paziente di Bassano,
per esempio, debba venire ogni mattina a Vicenza per fare una flebo, perché non la fanno a Bassano? Gli spazi ci sono e anche il personale. Perché i volontari che gravitano attorno al reparto di
Vicenza devono portare avanti e indietro questi pazienti, quando per seguirli basterebbe molto poco?
Certo, la cura la prescriviamo noi, inoltre se ci fossero problemi sarebbe giusto tornassero al S. Bortolo, ma intanto risparmiamogli un po’ di tempo e di disagi. Non è necessario per ora – aggiunge il
prof. De Lalla – creare nuove strutture, sarebbe già tanto sfruttare quelle esistenti”.
Che cosa fare dunque? “Basterebbero alcune stanzette che nelle Ulss non mancano – propone Olga
Dalla Valle, presidente del Comitato di solidarietà – oppure nei distretti sanitari, dove i malati possono fare le flebo o altre cure di cui hanno bisogno. Alcuni di loro, e non dobbiamo dimenticarcelo, non stanno nemmeno in piedi e devono essere ogni volta trasportati a Vicenza anche se vivono
ad Asiago oppure a Noventa. Nessuno – conclude – si può sottrarre a questa emergenza, nemmeno la più piccola Ulss della provincia. E le Ulss del vicentino come rispondono alle critiche? Molte
si appellano alla legge (centri di riferimento), altre puntano sulla prevenzione, altre ancora si stanno
attivando e alcune già operano. (…) (n.m.)
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Il Giornale di Vicenza - 7 dicembre 1993
La madre scopre il figlio stroncato da un’overdose
Aveva 32 anni
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Il Giornale - 12 dicembre 1993
L’allarme dei responsabili di oltre 500 gruppi di volontariato, da Muccioli a don Picchi
Droga, Comunità in agonia
Rischiano la chiusura 250 centri, lo Stato dirotta i fondi alle Ulss
Roma - A partire dal 1° gennaio la metà delle comunità terapeutiche italiane rischia di dover chiu– 269 –
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dere rimandando in strada i drogati che assistono. Migliaia, decine di migliaia rigettati allo sbaraglio
a rovinare famiglie, a sconvolgere l’ordine pubblico, a ricadere nel baratro e morire. Viene loro offerta un’alternativa: è d’essere assistiti non da volontari che si prodigano per vocazione e con abnegazione ispirata e resa esperta da dieci, vent’anni di militanza attiva al loro fianco, ma da funzionari
di un servizio pubblico che finora insiste soprattutto sul sistema di curare la droga illegale con quella legale, il metadone, i cui effetti, è ora che lo si dica forte, possono essere più disastrosi dell’eroina
sia fisicamente che psicologicamente.
Postumi da referendum – Il telegramma è firmato dai più autorevoli rappresentanti del volontariato antidroga: don Mario Picchi che nel suo centro italiano di solidarietà, il notissimo Ceis, ha organizzato ieri l’incontro dal quale parte il grido d’allarme, con lui i Muccioli, i don Chino Pezzoli, don
Gelmini, don Benzi, Del Bue, Cardella della Saman e poi Gabbiano, Emmanuel, Exodus, Casa dei
giovani, Mondo nuovo e al completo le associazioni del Movimento unitario volontari antidroga
(Muvlad). Lo schieramento che leva alta la sua protesta è di circa 500 comunità. L’intento è quello
di far sospendere immediatamente il decreto della Conferenza Stato – Regione che è stato redatto
tra l’altro senza neppur consultare il volontariato in un sempre più espresso tentativo di annientare
questo volontariato o comunque ridurlo a un satellite inerte e ubbidiente ai funzionari del servizio
pubblico. Questi, giorno dopo giorno stanno impadronendosi del settore imponendo uno statalismo esasperato che dimostra sempre più come l’avvento delle sinistre in Italia stia già tentando di
strangolarla a concessione di Stato liberista. (…)
Le Ulss in molte regioni non rinnovano le convenzioni tagliando i sostegni economici alle comunità, costringendole a pesare sulle famiglie o a chiudere. Nelle comunità, è stato ripetuto da tutti,
ormai arrivano dal servizio pubblico più che altro elementi schizofrenici o border line, negli ultimi
mesi nelle comunità c’è un calo di ingresso che raggiunge il 40 per cento. I funzionari del Sert, servizio per le tossicodipendenze, si stanno arrogando il diritto di scegliere loro e solo loro chi, come e
quando può essere inserito in comunità. Con due risultati: quello di obbligare ogni drogato a passare per i Sert e l’altro di decidere in pratica della sopravvivenza di questa o quella comunità. (…)
Beppe Gualazzini
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Il Giornale - 22 dicembre 1993
È imminente l’entrata in vigore delle nuove norme per i tossicomani: la “cura” è affidata alle Uls
Che bella riforma, il drogato di Stato
Le unità sanitarie assumono personale per il Sert: due operatori, psicologi o medici o sociologi,
per ogni 15 drogati assistiti nelle comunità - La terapia prevista? Metadone o altri farmaci –
Così si “crea occupazione”, ma non si cura nessuno, anzi “si spingono i malati a diventare cronici irrecuperabili - Le comunità invitano il ministro Contri a sospendere la nuova normativa per almeno due anni
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Il Giornale di Vicenza - 22 dicembre 1993
Muore per overdose in casa
Trovata dopo quattro giorni
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il Giornale di Vicenza - 27 dicembre 1993
29 anni – La nona vittima a causa degli stupefacenti negli ultimi mesi
Muore di overdose a Natale
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Aids – 1993 – A Vicenza 71 decessi – In Italia 3667
– 270 –
1994
1994
Il Giornale di Vicenza - 2 aprile 1994
Overdose di eroina stronca tossicodipendente
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Il Giornale di Vicenza - 5 febbraio 1994
La presentazione questa mattina ai chiostri di Santa Corona
su iniziativa dell’Assessorato agli interventi sociali
Un progetto di prevenzione per battere in tempo l’Aids
Stamani ai chiostri di Santa Corona verrà presentato un complesso progetto di prevenzione primaria in tema Aids, che avrà per referenti privilegiati i giovani di età 15 – 25 anni e i loro genitori. Il
programma di prevenzione, predisposto da una qualificata commissione tecnico – scientifica è stato
promosso dagli assessorati agli interventi sociali, affari istituzionali e ai giovani. Il progetto, che verrà
illustrato dalle 9,30 alle 10,45, sarà poi discusso in 5 diversi gruppi di lavoro (che saranno attivi fino
alle ore 16), ai quali sono stati invitati numerosi rappresentanti dell’associazionismo e del volontariato (in tema di Aids, tossicodipendenza. Omosessualità, emofilia giovanile e dei giovani), dei servizi sociali e sanitari (ordine dei farmacisti, dei medici e degli psicologi, del Sert, Consultori famigliari, assistenti sociali, educatori di strada) della scuola (insegnanti, rappresentanti degli studenti e
dei genitori) del decentramento (circoscrizioni e distretti). In occasione della presentazione e della
discussione del progetto sarà possibile incontrare i relatori (fra gli altri il dott. Pietro Rutelli – cugino del sindaco di Roma), nonché i rappresentanti degli Enti e delle associazioni che sono stati chiamati a far proprio il percorso di prevenzione. La cifra che il Comune di Vicenza ha stanziato per il
progetto è di circa 100 milioni e prevede interventi nei quartieri, nelle circoscrizioni e nelle scuole
superiori della città.
Come si vede dall’articolo riportato, gli invitati a questo incontro sono moltissimi e variegati.
Come mai il Comitato famiglie, prima associazione ad occuparsi attivamente di tossicodipendenza ancora dalla fine degli anni settanta, e poi di Aids al suo insorgere, ha avuto notizia di
tale incontro soltanto dal giornale cittadino?
Io, nel Comitato, ho profuso tutte le mie forze, spinta dalla disperazione mia e di tante
famiglie colpite dalla droga prima e dall’Aids poi. Dopo di noi sorsero altri gruppi, ma invece
di unire le forze per un bene comune (cosa del resto molto difficile nella nostra città in cui non
ci sono legami tra associazioni diverse), da parte di qualcuno ci fu una sorta di affermazione
e imposizione delle proprie realtà, riuscendo a strumentalizzare una politica debole e influenzabile. È un vizio italiano, ma anche molto vicentino, che determina un agire distorto e scarsamente efficace.
Anche nella lotta alla droga.
I disagi causati non furono pochi, ma poi, come un castello di sabbia, il tutto si afflosciò su
se stesso, lasciando solo dei frammenti senza valore.
– 271 –
1994
Il Giornale di Vicenza - 20 febbraio 1994
Dura polemica del Comitato di solidarietà delle famiglie contro il Comune
Piano Aids, genitori esclusi
“Tagliati fuori dopo anni di lavoro e di esperienza? No, non ci sta bene”. Le famiglie del Comitato
di Mure S. Domenico le cantano al Comune, colpevole di averle escluse dalla commissione tecnico-scientifica che ha firmato il progetto di prevenzione intitolato: ”Tempo di agire, agire per tempo”.
Sono 100 milioni che verranno investiti nell’iniziativa: ma non è sui soldi che Olga Dalla Valle, presidente dello storico Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei malati di
Aids, polemizza, bensì sul comportamento del Comune che ad esempio, si è clamorosamente
dimenticato di invitare il comitato al lancio del progetto, il 15 febbraio a S. Corona.
“Soltanto alle 13 di quel sabato – spiega Dalla Valle – durante il coffee- break offerto ai partecipanti al caffè Garibaldi, un rappresentante del Comune incaricato dall’assessore agli interventi sociali al
quale qualcuno aveva fatto notare la mia assenza, mi ha telefonato proponendomi di intervenire alla
ripresa dei lavori. Naturalmente ho rifiutato. Posso dire senza tema di smentita che sia nel campo
della tossicodipendenza che dell’Aids, il Comitato famiglie è stata la prima associazione ad impegnarsi attivamente e concretamente fin dall’insorgere di questi gravi problemi sociali. Aggiungo
anche che tutto ciò che è stato attivato dal Comune e Ulss si deve in gran parte alla spinta sempre
presente, pressante e tenace di noi genitori. Siamo riconosciuti legalmente da Comune e Regione
come gruppo impegnato nel sociale. Su invito del Comune io ho fatto parte per tre anni della V
commissione consiliare come supplente e per altri tre di una commissione tecnica per le problematiche correlate a tossicodipendenza e Aids”.
Quest’ultimo organismo ha concluso i lavori arrivando alla costituzione di una commissione tecnico scientifica e ogni ente uscente doveva nominare un suo rappresentante: “Così è stato fatto ma il
nostro nominativo non è stato accettato e a tutt’oggi non ne conosciamo le motivazioni” aggiunge
con lettere alla mano la presidente delle famiglie, designata ripetutamente dai suoi soci ma evidentemente ritenuta una contestatrice ingombrante di cui sbarazzarsi.
Olga Dalla Valle non accetta che nel comitato messo in piedi dal Comune siano entrati la Lila e il
gruppo di auto aiuto e non la famiglie: ”La circolare della presidenza del consiglio dei ministri
33530.2 dell’11 febbraio ’93 parla chiaro- incalza la presidente – “La prevenzione si fa con le realtà
sociali presenti sul territorio”. Noi non lo siamo? Ho avuto occasione, nonostante ci abbiano tenuti lontano, di esaminare il progetto di prevenzione che costerà al Comune 100 milioni. Si parla
molto di scuola, per la quale esiste già un Piano giovani finanziato dallo Stato, e solo marginalmente di parrocchie, società sportive, circoli ricreativi. Non si parla di fabbriche, di giovani lavoratori,
né di ragazzi che dopo la scuola dell’obbligo non continuano o interrompono gli studi e si trovano
abbandonati a loro stessi, senza che si provveda a creare dei centri di aggregazione sociale nei vari
quartieri, che da molti anni sollecitiamo inutilmente. Soluzione primaria è non lasciare adolescenti
inattivi nelle strade. Non vorrei che questo progetto di prevenzione risultasse inefficiente come lo è
stato il progetto giovani di Vicenza, che ha gratificato gli organizzatori rimanendo sconosciuto ai
destinatari del progetto stesso”. E per chiudere Olga Dalla Valle annuncia che l’impegno del Comitato continuerà: 420 malati di Aids e 1200 sieropositivi seguiti dall’Ulss 8 sono ragioni più che sufficienti. Lo è anche casa Speranza che accoglie otto malati di Aids e per la quale non c’è una lira per
asfaltare la strada d’accesso piena di buche, nonostante il via vai di ambulanze: “A quanto pare i soldi
ci sono solo per pagare il buffet al Garibaldi” chiude amara Dalla Valle.
Naturalmente, dopo questo articolo c’è stata la difesa dell’assessore: “Non siete stati esclusi, è
un equivoco” – “Piano Aids, poste colpevoli” – “Commissione di tecnici? Una scelta” –
“Con la signora Dalla Valle c’è sempre stata collaborazione, tanto che il Comune assegna
al comitato delle famiglie anche un contributo riconoscendone l’attività”.
– 272 –
1994
Noi del comitato avevamo compreso il perché dell’esclusione, le lettere in mio possesso lo comprovano. La verità è che non c’è stato da parte dell’assessore il coraggio della sincerità.
Per chiudere questa storia riporto brevemente, parte di una lettera chiarificatrice inviata al
Comune e per conoscenza al Giornale di Vicenza e alla Voce dei Berici: – “In seno alla commissione tecnica uscente vi erano rappresentati: Ulss, Provveditorato agli studi, un consigliere
comunale, il Comitato di solidarietà e la Lila. Per formare la nuova ”Commissione tecnico
scientifica” ognuno doveva fornire un nominativo: furono proposti rispettivamente un medico,
un professore, il capo sala del malattie infettive, la mia persona e per la Lila più nomi tra i
quali una dottoressa dell’Uls 25 di Verona. (?)
I primi quattro furono accettati, la mia persona no. Mancava un quinto elemento, ed è
stato scelto lo psicologo Rutelli cugino del sindaco di Roma. (!)
Questi i fatti. Della nuova commissione manca un operatore del Sert e un medico del reparto infettivi (presenti in quella precedente), persone queste, che operando nel territorio, ben conoscono la situazione vicentina. Eliminando anche il Comitato famiglie, viene a mancare dalla
base una voce che da anni è impegnata nel campo della droga e dell’Aids.
Per quanto riguarda il contributo del Comune, come riferito dall’assessore, questo ci è stato
dato ancora all’inizio della nostra attività, come avviene per la altre associazioni di volontariato, e inizialmente ( a differenza degli ultimi anni in cui è stato molto ridimensionato), corrispondeva al 60 per cento delle spese da noi sostenute.
Concludo dicendo che da parte dell’assessore mi aspettavo una risposta meno “tecnica” ma
più comprensiva nella valutazione globale dell’intero problema”.
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Aids – 25 febbraio 1994 – Ci ha lasciato Renato
Renato era figlio di una nostra mamma, Alice, volontaria presso i malati di Aids, sempre
disponibile e premurosa con tutti. Una donna eccezionale. Nella sua famiglia la droga era
entrata attraverso il figlio quand’era ancora minorenne. Lunghi furono gli anni di sofferenza
sopportati lottando tenacemente, ma alla fine lui era riuscito a guarire.
Purtroppo però, l’Hiv lo aveva ghermito e a quel tempo questo significava una condanna
a morte.
Per desiderio di Alice al funerale gli ho dedicato un ultimo saluto:
Renato, poche parole per un saluto che non poteva mancare.
Per lunghi anni abbiamo condiviso con i tuoi genitori sofferenze, speranze e gioie, tutti sentimenti che fanno parte della vita di ogni uomo.
La malattia ha rinsaldato l’affetto che ti legava ai genitori e al fratello e tanti intensi ricordi manterranno viva la tua presenza in loro.
Grande sollievo e consolazione è il pensiero del tuo passaggio dalla vita terrena a quella eterna. Ora riposi in pace. Ti vogliamo pensare in un immenso giardino dove il sole non tramonta mai, dove l’acqua limpida nel suo scorrere sussurra dolci melodie, dove i rami frondosi degli
alberi danno asilo a canori usignoli, dove l’aria tiepida spande tutto il profumo di tanti fiori.
Lì nel paradiso, ti vogliamo pensare.
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1994
Il Giornale di Vicenza - 2 aprile 1994
Muore tossicodipendente di 37 anni
Overdose di eroina stronca un uomo
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Aids – 9 aprile 1994 – Ci ha lasciato Diego
Anche Diego era figlio di una nostra mamma. Rimasta vedova dopo pochi anni di matrimonio con tre figli ancora bambini, dedicò loro la sua vita, pur tra non poche difficoltà. Adolescenti, caddero tutti nel tunnel della droga; lei non si arrese, i figli capirono in che baratro stavano sprofondando e uno alla volta ne uscirono. Purtroppo tutti e tre si ritrovarono sieropositivi. A distanza di sei mesi ne perse due e dopo qualche anno anche il terzo.
Questa madre per noi è rimasta per il simbolo dell’amore e dell’immenso dolore.
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Il Giornale di Vicenza - 9 aprile 1994
Muore forse per overdose
Il corpo del giovane “tossico”scoperto da due passanti
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Il Giornale di Vicenza - 29 aprile 1994
L’eroina miete un’altra vittima
Stroncato un giovane di 29 anni
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Il Giornale di Vicenza - 1 maggio 1994
Stroncato da overdose
Era appena uscito da una comunità
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Il Giornale di Vicenza - 3 maggio 1994
Giovane stroncato da overdose
Aveva ancora la siringa infilata nel braccio
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Il Giornale di Vicenza - 9 maggio 1994
Trovato in casa senza vita
Stroncato da overdose
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Il Giornale di Vicenza - 13 maggio 1994
I medici del Sert lanciano l’allarme: le droghe dilagano tra i giovani
“La moda prende piede già a scuola”- Senza sballo non c’è gusto
L’eroina è ancora in testa - Ma il consumo di cocaina aumenta spaventosamente. Spinelli ed
ecstasy sono un’abitudine tra i molti ragazzi del sabato sera, Il pericolo corre sul filo del week-end
8 giugno ’94 – Come ho fatto più volte notare, in seno al reparto di malattie infettive s’era
venuto a creare un certo disagio, a causa di alcune persone che, di loro iniziativa e a “vario
titolo” svolgevano azione di volontariato, danneggiando anche quanti, con esperienza, scrupolo e responsabilità avevano sempre rispettato tempi e regole.
– 274 –
1994
Riporto una lettera della Direzione Sanitaria che chiaramente rivela il disagio creatosi:
– 275 –
1994
Il Giornale di Vicenza - 21 giugno 1994
Quasi una maledizione, 2 vittime in città nel giro di tre giorni
Droga un altro morto
Stroncato da overdose
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14 giugno ’94 Nel continuare la cronaca di questa mia guerra sono arrivata al punto più
drammatico della mia vita per cui, per un certo periodo, interromperò la descrizione dei fatti
“esterni”.
Da fine maggio mio figlio è ricoverato al malattie infettive ed io sono con lui giorno e notte;
mia figlia Paola mi da il cambio per qualche ora in cui ritorno a casa per elementari necessità.
Siamo entrati perché doveva essergli applicato il catetere venoso centrale per sostenerlo con
flebo e farmaci vari, poi sarebbe tornato a casa. Purtroppo tutto precipitò e dopo due giorni di
degenza agli infettivi, fummo trasferiti nel reparto Aids che praticamente era un “vivaio” della
morte ed io lo conoscevo bene. Ora lo rifiutavo, non mi sentivo pronta, e le parole di Dante
poste all’entrata dell’inferno mi martellavano nel cuore e nel cervello: lasciate ogni speranza o
voi ch’entrate!!!
Stavo vivendo la mia situazione così intensamente, da desiderare di essere isolata dal resto
del mondo e non spettatrice delle sofferenze altrui per non restarne schiacciata. Ho seguito mio
figlio in quell’inferno da dove lui non è uscito più; sono uscita io portando negli occhi e nel
cuore la sua immagine sofferente, composta, silenziosa.
In quei lunghi giorni e nelle notti senza sonno, sono stata impotente testimone del compimento di tante tragedie, consumate in silenzio, con dignità, senza isterismi e senza pianti; non
si poteva far vedere le lacrime ai nostri malati e tanto meno i singhiozzi che partivano dal cuore
per essere soffocati in gola. Inevitabilmente ho condiviso con altri famigliari speranze e delusioni, cercando di dare dove occorreva una parola di conforto, frutto di mie meditazioni e ricerche spirituali.
Non descriverò oltre, situazioni e sentimenti, parlerò, come fatto finora, di solidarietà e condivisione.
In data di questa mia pagina di diario, è deceduto un giovane, assistito in alternanza da
due fratelli; il nuovo e angosciante problema che si presentava loro era l’impossibilità di vestire la salma con i propri indumenti, perché con l’Aids era stata ripristinata la vecchia legge
napoleonica di ricoprire con un lenzuolo imbevuto di candeggina i morti di malattie infettive. L’anziana madre ignorava il tipo di patologia di cui soffriva il figlio e il vederlo avvolto
nel lenzuolo l’avrebbe prostrata ulteriormente.
Il consiglio che ho dato ai due fratelli è stato questo: “chiedete agli infermieri il permesso di
soffermarvi un po’ accanto al vostro caro e vestitelo con i suoi indumenti. Nessuno glieli
toglierà”.
Così hanno fatto, ed io, emotivamente carica di indignazione ho scritto la prima lettera su
questo tema al ministro della Sanità Raffaele Costa per l’abolizione di questa indegna normativa mortuaria. Mia figlia l’ha trascritta al computer e poi spedita.
– 276 –
1994
Vicenza 14 giugno 1994
Al Ministro della Sanità On. Raffaele Costa - P.c.: Al Ministro per la famiglia Antonio Guidi, All’Assessore
alla sanità Regione Veneto dr. Paolo Cadrobbi, Alla Stampa nazionale e cittadina
Signor Ministro,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei
malati di Aids di Vicenza, associazione legalmente riconosciuta da Comune e Regione.
Dal 1988, il nostro gruppo opera nell’ambito del reparto Malattie infettive dell’ospedale cittadino, prestando assistenza ai malati terminali di Aids che si trovano carenti o
privi di appoggio famigliare, intervenendo in alcuni casi concretamente per i loro piccoli
ma indispensabili bisogni, aiutandoli a mantenere pudore e decoro pur nella malattia.
Oggi le scrivo da una stanza di quel reparto dove, da più settimane, sto assistendo in
alternanza con mia figlia, mio figlio di 32 anni che se ne sta andando. Non racconto il
dolore, il senso di impotenza, la disperazione e la rabbia che alternativamente la mia famiglia ed io abbiamo provato in tanti anni di tossicodipendenza e malattia.
Con il Comitato, composto soprattutto di madri con i medesimi problemi di droga e
Aids (contiamo 14 figli morti), ho portato avanti tante battaglie, senza sosta e sempre in
prima linea, cercando di sensibilizzare cittadini e amministratori pubblici sulla tragica
realtà a cui migliaia di famiglie, nel vicentino, si trovano a dover far fronte nella solitudine e nell’abbandono.
Mi sono rivolta a Ministeri, amministratori regionali e naturalmente al Comune cittadino chiedendo un impegno costruttivo e fattivo. Oggi le scrivo per appellarmi alla Sua
coscienza di uomo e di Ministro, affinché sia rimossa una legge vecchia e attualmente
senza senso, ma che offende l’amore e il diritto alla dignità di tante famiglie, per far sì che
i loro cari, almeno da morti, non abbiano a subire l’ultima offesa del lenzuolo imbevuto
di ipoclorito di sodio, che addita come appestati e discrimina anche nella bara quanti sono
già stati discriminati nella loro difficile e infelice vita. Coprirli con un lenzuolo o vestirli
con i loro abiti, deve essere una scelta e non un’imposizione assurda e grottesca. Dopo
tanti governi rivolti più a manipolare il potere che a salvaguardare l’uomo, confido che
uno dei valori di questa seconda Repubblica sia la coerenza di parole e di fatti.
Distinti saluti
Olga Dalla Valle
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Vicenza 9 luglio 1994. Questa sera ci ha lasciati Roberto, aveva compiuto da poco 32 anni.
Con noi, oltre ad un medico e un’infermiera c’erano suo padre e Paola. Lontano si sperdeva il
suono di una campana vespertina e il canto dei tanti uccellini tra i rami di un albero vicino
alla finestra era appena cessato. Il momento era greve di tragica attesa. Io gli tenevo una mano
e gli accarezzavo la fronte mentre soffocavo i singhiozzi in gola; non volevo turbarlo, ma accompagnare lieve il suo andare verso l’ignoto. E il suo “andare” è stato dolce, non un lineamento si
è alterato o scomposto nel suo viso. Indescrivibile la sensazione percepita subito dopo: era come
fosse penetrato dentro di me, per continuare quel contatto d’amore che lo aveva portato alla vita.
Nel medesimo istante mi sono sentita avvolgere da un qualcosa d’indefinibile, impalpabile ma
caldo e protettivo. Lo sentivo vivo dentro e fuori di me. Da quel momento la parola morte per
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1994
me ha cambiato significato. Rimasti soli, controllando le emozioni, insieme lo abbiamo vestito
con i suoi indumenti, come lui avrebbe desiderato. In una maglietta per il fratello, Paola aveva
dipinto un grande uccello migratore dalle ali candide spiegate nel volo e aveva scritto queste
parole: “Un soffio di sole – Le spighe nell’oro disteso sussurravano quieta tristezza – Mi chinai
a raccogliere un pugno di terra – Avrei voluto essere fango e rinascere uomo”.
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Aids - Trovandomi in difficoltà nel ricordare le date dei giovani nostri assistiti che ci hanno
lasciato, riporto solo i nomi: Giancarlo – Roberto – Gian Pietro – Enzo – Gianni – Giulio –
Fabio – Claudio – Carlo – Angela.
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Il Giornale - 4 agosto 1994
Aids: stop al lenzuolo nella sepoltura
Roma – Le persone decedute per Aids non verranno più avvolte per la sepoltura, in un lenzuolo
imbevuto di candeggina come degli “appestati”. Il ministro della Sanità Raffaele Costa ha disposto
la modifica dell’attuale regolamento di polizia mortuaria accogliendo un’istanza del “Comitato di
solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e malati di Aids di Vicenza” secondo il quale “la consuetudine di avvolgere le salme in un lenzuolo imbevuto di ipoclorito di sodio addita come appestati e discrimina anche nella bara quanti sono stati già discriminati nella loro difficile e infelice vita”.
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L’Unità - 4 agosto 1994
Costa:”Sepolture dignitose per chi muore d’Aids”
Presto abolito l’obbligo di avvolgere i corpi in lenzuola asettiche
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Anche L’Unità riporta il testo della lettera inviata al ministro Costa aggiungendo che lo stesso
ministro riconosce: “E’ un modo di fare obsoleto, poco rispondente alle attuali conoscenze
medico-scientifiche e che offende la dignità delle famiglie”
Purtroppo i vari giornali che hanno riportato la mia richiesta di modifica di questa norma
sono stati troppo ottimisti. Questa usanza andrà avanti ancora per qualche anno!
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Il Giornale di Vicenza - 12 luglio 1994
Giovane tossicodipendente trovato privo di vita
Un’altra vittima della droga
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Il Giornale di Vicenza - 19 luglio 1994
Aids, apre Casa Marcoaldi
Alle Barche un centro di auto aiuto intitolato al giornalista
Per l’inaugurazione a Vicenza la Fracci e molti attori
“C.A.S.A. Marcoaldi sarà inaugurata a fine settembre”: al taglio del nastro seguirà uno spettacolo, un
inno alla vita, a cui parteciperanno alcuni prestigiosi artisti nazionali. Lo annuncia Giuseppe Bernardi, responsabile del gruppo di auto aiuto per sieropositivi e malati di Aids, attivo in città da quasi 4
anni, che nell’ultima settimana si è costituito come associazione nel nome di Stefano Marcoaldi.(…)
L’associazione si propone di sostenere la lotta all’Aids con tre tipi di iniziative: un’attività informativa-educativa, il gruppo di auto aiuto e il volontariato. (…) “Abbiamo chiesto agli artisti di scegliere
pezzi di opere, balletti o scene di teatro in grado di mandare messaggi di gioia, di speranza perché al
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1994
di là del dolore l’Aids ci sta insegnando a vivere delle avventure straordinarie”. Vicenza, una delle città
più colpite dal virus, finora era rimasta a guardare, chiusa nel suo dolore. Con questo progetto, unico
in tutta Italia, può diventare esempio di come sia possibile andare al di là del dolore e vincerlo.
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Il Giornale di Vicenza - 8 agosto 1994
In coma per un’overdose
Muore dopo sette giorni in rianimazione
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Il Giornale di Vicenza - 8 agosto 1994
Muore per overdose in un parcheggio
Seconda vittima dell’eroina in pochi giorni
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Il Giornale - 8 agosto 1994
Aperta in Giappone la decima Conferenza mondiale: senza illusioni e vaccini
“L’Aids sta vincendo, ci resta la prevenzione”
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1994
Le richieste degli infermieri del Malattie infettive dimostrano la situazione di precarietà in cui
alcuni malati e il reparto stesso si trovavano. Naturalmente la nostra risposta è stata positiva.
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Il Giornale di Vicenza - 12 agosto 1994
I dati della conferenza di Yokohama
L’Italia è il primo Paese in Europa per malati di Aids
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Il Giornale di Vicenza - 18 agosto 1994
Muore a 25 anni per overdose
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Senza data (1994) - Rispondendo all’invito del preside Edoardo Adorno, legato all’iniziativa
rivolta alla prevenzione da infezione da Hiv, ho partecipato con il gruppo di Casa Marcoaldi
alla proiezione del film “Philadelphia”, portando la mia esperienza personale.
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1994
Riporto con piacere il ringraziamento del Preside.
Lettera di Anna Serra a - Il Giornale di Vicenza - pubblicata il 12 settembre 1994
La battaglia delle “madri coraggiose” contro l’Aids
Caro direttore,
ho letto l’articolo “Aids, apre Casa Marcoaldi” e devo dire che sono rimasta perlomeno
sconcertata da certe affermazioni in esso contenute. Quando si dice fra l’altro, riferendosi al gruppo di auto aiuto: “Vicenza finora era rimasta a guardare, chiusa nel suo dolore.
Con questo progetto unico in Italia, può diventare esempio di come sia possibile andare
al di là del dolore e vincerlo”, si arriva alla conclusione che prima di loro, nessuno a Vicenza aveva mosso un dito per il dramma Aids, nessuno aveva mai parlato di Hiv e nessuno
era mai “andato al di là del dolore”, mancando un esempio cui attingere e ispirarsi. La
cosa, mi si consenta, è al limite dell’offensivo per chi è da anni sulla breccia, meglio dire
in prima linea, contro l’Aids e le sue “implicazioni drammatiche” e per chi, al di là del
dolore, ci era già andato (e ci va…) attingendo ad antiche saggezze e a salde radici.
Ad occuparsi di Aids nella sua globalità a Vicenza, come in tutta Italia, furono per
prime quelle Associazioni che già si occupavano di tossicodipendenti, perché furono loro
a subire il primo tremendo impatto con quella ancora sconosciuta malattia, coinvolgendo
le loro famiglie e tutti coloro che avevano a che fare con la tossicodipendenza e non a caso
i primi gruppi di auto aiuto furono spontaneamente costituiti nelle comunità terapeutiche più organizzate: antesignane furono”Le Patriarche” e San Patrignano.
Già nell’86 il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti organizzò
con la collaborazione delle Circoscrizioni, il primo dibattito pubblico cittadino sull’Hiv.
Sottolineo che, in quegli anni, parlare di Aids era davvero difficilissimo: il virus era stato
appena “ufficializzato”, l’ignoranza in merito era totale e si “sapeva” solo, che era la “malattia dei drogati”, che divennero così due volte “paria”… Farlo oggi, sono rose e fiori e,
diciamocelo, va anche e perfino un tantino di moda, dopo che si è “scoperto” che l’Aids
non colpisce solo i “paria”, ma arriva anche nei quartieri alti e fra chi gode di condizioni
sociali elevate o quanto meno medio-alte.
Nell’estate dell’88, agli infettivi era già emergenza e Olga Dalla Valle, presidente del
Comitato di solidarietà, “inventò” e organizzò il primo sevizio di volontari per malati di
Aids in reparto ma anche, dove possibile, fuori, con mansioni diverse.
Quelle madri-pioniere ebbero il “privilegio” di assistere e gestire dei malati particolari
(e chi li conobbe, medici compresi, sa bene cosa intendo dire): quei tossicodipendenti
“storici”che dubito molto che il gruppo di auto aiuto abbia mai assistito, né li ha forse,
nemmeno visti, perché ne rimangono pochi esemplari, ormai…. Se a Vicenza si fosse
“rimasti a guardare”, quei giovani non avrebbero avuto né assistenza, né conforto, né
aiuto, cosa che ebbero, invece, come fu ufficializzato e riconosciuto anche dalla stampa.
Fra le iniziative del Comitato, ce ne furono alcune di tipo culturale di cui sarebbe troppo lungo parlare; ci fu l’impegno ostinato per sensibilizzare le Istituzioni cittadine ad aprire una casa alloggio per malati di Aids e alla fine, la battaglia del Comitato, per mezzo di
Olga Dalla Valle fu vinta: un paio di anni fa, il Comune aprì la casa alloggio (diventata
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1994
poi Casa Speranza) in via Nicolosi, superando anche le iniziali riserve degli abitanti.
In questi giorni leggo sul suo Giornale che l’istanza di Olga Dalla Valle per cambiare
la procedura assurda che vuole i morti di Aids avvolti nel famoso “lenzuolo alla candeggina”, è stata accolta dal ministro della Sanità Raffaele Costa e così, grazie a una madre
coraggiosa, quella procedura non sarà più attuata e non ci sarà più bisogno di “vestizioni
clandestine”.
Ci sarebbe ancora moltissimo da dire, ma lo spazio è tiranno e concludo con una considerazione: per rendere concreti “la tolleranza per tutti e il rispetto verso il diverso” di cui
parla l’articolo basterebbe applicare quelle regole di convivenza civica di cui si parla troppo poco e che, comunque, sono già contemplate nella nostra Costituzione e rendersi
conto che la Libertà intesa come bene comune non può essere posposta a quella individuale: e così si possono rispettare i diritti di tutti i cittadini (compresi quelli del malato di
Aids e del sieropositivo, che cittadini sono, a tutti gli effetti) senza dimenticare i doveri.
Un modo, questo, ottimo anche per togliere “etichette”e uscire dalla ghettizzazione che,
spesso, è auto-indotta in chi vive nella paura, nella vergogna e nel perbenismo, che sono
sempre cattivi consiglieri: a volte basta parlare della propria situazione per scoprire che la
“gente” è molto più disposta ad ascoltare di quanto si pensi.
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Il Giornale di Vicenza - 13 settembre 1994
Da 6 anni l’ospedale aspetta i fondi per gli infettivi
Aids, a Vicenza scatta l’allarme. L’epidemia uccide più di infarti e tumori
Dopo gli incidenti è la seconda causa di mortalità tra i giovani
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Il Giornale di Vicenza - 23 settembre 1994
Si buca in segreto e muore
E’ deceduto a Padova: nessuno sapeva che si drogava
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Lettera inviata a Il Giornale di Vicenza pubblicata il 30 settembre 1994
Via libera all’Aids se non si argina il problema droga
Ho letto nel Giornale del 2 c.m. l’articolo ”Tanti attori per Stefano”, in cui si informa la
città della prossima apertura di “Casa Marcoaldi” che si prefigge il lodevole impegno di
“unire e valorizzare tutte le forze positive che operano in città e di farne diventare un luogo
di accoglienza per sieropositivi e malati di Aids”, ed altro ancora. Premetto che sono felice di questa iniziativa e che trovo di estrema importanza, che il gruppo di auto aiuto si
faccia promotore di iniziative socio-umanitarie, e che quello che desidero esprimere con
questo mio scritto, non intende ledere assolutamente il gruppo a cui va il mio augurio di
buon lavoro.
La spinta ad inviare questa lettera l’ho avuta stamani da una telefonata di una mamma
che piangeva disperata, angosciata ed esasperata.
Sono otto lunghi anni che, come presidente, trascino un comitato di lotta alla droga e
all’Aids, composto da madri distrutte dal dolore (contiamo nel nostro gruppo 15 figli
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1994
morti) e posso dire di non essermi mai risparmiata e di aver condotto la mia battaglia
molte volte al di sopra delle mie forze, con perseveranza e tenacia. Quante volte mi sono
appellata agli amministratori cittadini trovando strumentali interessi, lettere al sindaco
senza mai una risposta, promesse vaghe e per la maggioranza non mantenute, promesse
formali prima delle elezioni e rifiuti duri e categorici a mandato ottenuto. Ora leggo nell’articolo succitato che tutti si mobilitano per la futura attività di Casa Marcoaldi”, quattro assessori, la giunta, tutte le banche, “perché la lotta all’Aids rappresenta una delle sfide
maggiori per questa e le prossime amministrazioni”.
Giusto! Ma la tossicodipendenza non merita tanto? Anch’io a suo tempo ho chiesto
piccoli contributi a banche e a strutture fortemente imprenditoriali per una iniziativa
mirata alla prevenzione dell’Aids espressamente rivolta ai tossicodipendenti, ma hanno
aderito in minima parte e in via eccezionale, soltanto due istituti contro la maggioranza
dei rifiuti. Vorrei tanto sapere cos’è che determina la motivazione ad elargire o rifiutare
determinate richieste di collaborazione (che non sempre sono richieste di denaro), avanzate da associazioni fortemente e serialmente impegnate nel sociale. Ma ancora non intuiscono queste persone che cosa vuol dire droga? Che cosa vuol dire un figlio drogato e nel
contempo sieropositivo e/o malato di Aids? Non sanno che un figlio solo sieropositivo o
solo malato è un “lusso” che purtroppo noi non abbiamo? Perché non si vuole dare aiuto
a centinaia o, meglio, a migliaia di famiglie allo stremo? Ho perso da quasi due mesi un
figlio; tra le sue cose ho trovato tanti scritti in cui esprime il suo disagio di tossicodipendente. Aveva accettato la malattia, ma la sua più grande sofferenza era causata dalla droga
così fortemente entrata in lui da togliergli prima la volontà e giorno dopo giorno l’amore
per la vita.
Che cosa chiedo agli assessori, alla giunta, alla chiesa, a tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali e sociali? Siate vicini a tanto dolore, prestate orecchio alle necessità
delle famiglie due volte appestate; tutti insieme con un po’ di sensibilità e partecipazione
sincera si può fare molto. Sappiate che finché non si argina il problema droga avremo un
vivaio fertile per l’Aids. Sono molti i problemi da risolvere, non ultimo quello che riguarda gli spacciatori più o meno grandi, arrestati e dopo pochi giorni rimessi in libertà perché ammalati. Anche quelli sono disgraziati, anche loro hanno bisogno di aiuto, ma non
è aiuto per nessuno permettere loro di continuare a vendere morte nelle strade, davanti
al Sert o al day hospital del malattie infettive. Così facendo, e mi ripeto, non si aiuta nessuno, nemmeno la propria coscienza che prima o poi reclamerà giustizia.
Olga Dalla Valle, Comitato solidarietà famiglie di tossicodipendenti e malati di Aids
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Il Corriere della Sera - 16 ottobre 1994
Roma – il ministro Guidi all’inaugurazione della settimana europea della prevenzione
È mistero sui 150 manager cocainomani in cura
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Il Giornale di Vicenza - 6 novembre 1994
Tragedia di due fidanzati che si son tolti la vita
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1994
Aids, morire mano nella mano
Il Giornale di Vicenza - 7 novembre 1994
Nel Vicentino il virus Hiv è la prima causa di morte dei giovani tra i 25 e i 34 anni
Assai più delle “stragi del dopo discoteca”.
Al San Bortolo 290 decessi in 10 anni; effettuati 3.100 test e scoperti 1.300 sieropositivi
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Vicenza – 18 novembre ’94 - Ho saputo che nell’ambito della scuola dove mia figlia insegna,
è stato formato un gruppo “C.I.C.” composto da studenti e insegnanti, finalizzato alla prevenzione del disagio giovanile e delle tossicodipendenze. Per la sua attività il C.I.C. aveva bisogno
di una videocamera, ed io, pensando che dare un contributo alla maturazione dei giovani sia
il modo migliore per ricordare mio figlio, confidando che la sua vita e la sua morte possano
essere motivo di riflessione e di crescita, a suo nome ho fatto tale dono.
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Manifesto tratto da una foto scattata da Roberto.
1994
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1994
Riporto i ringraziamenti, molto graditi, perché scritti da ragazzi.
Il Giornale di Vicenza - 30 novembre 1994
Domani Giornata mondiale per ricordare la peste del 2000. In città incontri e dibattiti
Aids, parliamone senza paura
La giornata mondiale di lotta contro l’Aids, cade a Vicenza in un momento assai drammatico. La
nostra città, infatti, ha avuto, da quando è comparsa questa malattia, circa 300 morti di Aids, e di
queste persone ben 69 sono mancate del corso di quest’anno. È un picco che sembra preannunciare una tragica escalation, anche considerando che i sieropositivi in città sono attualmente calcolati
attorno a un migliaio. (...). Il dott. Appoggi del Provveditorato agli studi ha dato notizia della prosecuzione del progetto “Tempo di agire e agire per tempo”. (…)
E qui mi fermo perché desidero fare alcune considerazioni sul progetto: “Tempo di agire e agire
per tempo”, titolo anacronistico e grottesco che avrebbe avuto un senso solo anni fa, quando il
problema Aids cominciò ad estendersi tra i giovani con lo scambio di siringhe.
Verona, città molto più grande di Vicenza, ha quasi metà vittime, perché gli amministratori locali hanno veramente “agito per tempo” con un programma di prevenzione contro l’epatite virale e altre infezioni che si possono contrarre con lo scambio di siringhe.
Devo dire con amarezza, riferendomi ad un vecchio proverbio, che nella nostra città “Sono
state chiuse le stalle quando i buoi erano già scappati”.
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Vicenza - 1 dicembre 1994
Giornata mondiale di lotta all’Aids
Aids. Vicenza in prima linea e il contagio non si ferma
I morti sono stati 69 e i casi accertati 457 solo quest’anno
Il Veneto è al V posto in Italia per numero di casi di Aids, dopo Lombardia, Lazio, Emilia e Piemonte. Sono stimati attorno ai 1800 i casi effettivi nella nostra regione al 30 settembre di quest’anno. I
dati sono stati rilevati dal dipartimento igiene pubblica della Regione. Aumentano in modo preoccupante le infezioni da Hiv tra gli eterosessuali, in particolare tra le donne giovani. Vicenza continua a rimanere la provincia più colpita, (457) i casi notificati, seguono Verona (293), Venezia (233),
Padova(313), Belluno (32), Treviso (98), Rovigo (57).
Il rapporto tra maschi e femmine è di quattro a 1, la fascia di età più colpita va dai 26 ai 30 anni (il
30 per cento dei casi). Tra le categorie a rischio i tossicodipendenti (62,2 per cento) e gli omosessuali (25,6 per cento) ma sono in aumento gli eterosessuali (12,9 per cento).
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VII Giornata mondiale di lotta all’Aids – S. Messa animata dal caro della G.E.V.
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Il Giornale di Vicenza - 2 dicembre 1994
E in corso il corteo anti-Aids ha rischiato la multa dei vigili
Per ricordare i tanti morti sono state disegnate per terra sagome d’uomo:
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Il Giornale di Vicenza - 2 dicembre 1994
Due dipendenti di un istituto si chiudono in una toilette e insieme si bucano
Droga, tragedia nell’istituto - Salvato il compagno di lavoro
Inserviente ucciso da overdose
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Aids – 1994 - A Vicenza 75 decessi – In Italia 4334
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Il Giornale di Vicenza - 24 gennaio 1995
In 24 ore due morti per sospetta overdose, sono i primi dell’anno
Si tratta di giovani tossicodipendenti che sembravano usciti del “tunnel”
Droga, è di nuovo strage
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Il Giornale di Vicenza - 11 febbraio 1995
La proposta di Olga Dalla Valle presidente del Comitato di solidarietà
Occorre un super assessore per i diritti della famiglia
Una “provocazione” in vista dell’imminente consultazione elettorale amministrativa
Non è più tollerabile che sullo stesso caso intervengano, intralciandosi, due o tre uffici
La data definitiva per le elezioni amministrative ancora non è stata fissata. In compenso c’è un’idea
vagante in una campagna elettorale di fatto già cominciata: è quella di un supervisore per la famiglia, un super assessore o di personalità autorevole capace una volta per sempre tutelare i cittadini, a
partire dai più deboli. Niente a che vedere con il difensore civico, spiega Olga Dalla Valle, presidente del comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei malati di Aids: ”Qui ci vuole
qualcos’altro dalla generica etichetta “servizi sociali” – spiega – In vista del rinnovo del consiglio e
della giunta comunale penso ad un assessorato alla famiglia che riesca ad affrontare i problemi con
uno sguardo complessivo, psicologico e tecnico, senza le solite rivalità tra assessorati che finiscono
col rovinare tutto” (…)
Non è una crociata quella di Olga Dalla Valle “per ora sono sola”, attorno ha l’entusiasmo di alcune associazioni e alcuni volontari. (…)
Di che cosa si tratta in concreto? Secondo la presidente del comitato famiglie, una delle prime
mamme-coraggio al capezzale dei malati agli infettivi, il mondo del sociale ha bisogno in realtà di
qualcosa di diverso da un semplice assessore delegato: “Nelle riunioni, nelle commissioni in cui ho
fatto tante volte parte, per un singolo e banale problema ci siamo sempre dovuto confrontare con
un minimo di tre assessori. (…) Per far arrivare in porto una delibera, ci vuole la firma di un assessore per un aspetto, di un collega per un altro, di un terzo referato, e poi del bilancio per coprire il
costo. Ora questo non è più ammissibile mentre il disagio e le difficoltà dilagano. Solo un assessore
con più poteri, un supervisore per le politiche della famiglia potrebbe riuscire a sfondare le resistenze (l’iter burocratico), a farsi sentire a chi fa orecchie da mercante.
Esempi? A bizzeffe. “Con i problemi degli anziani interferiscono gli assessori ai sevizi sociali, alla
casa, ai servizi comunali – esemplifica la presidente del Comitato – Dei giovani si occupano l’istruzione, ma anche l’edilizia, i sevizi sociali, la cultura, ed ancora l’assessore alla casa. È sempre difficile poi, il raccordo con la sanità che ci coinvolge tutti. E per andare sul mio terreno specifico, vedo
quotidianamente situazioni esasperate: ci sono ragazzi vicentini tossicodipendenti da impasticcamenti vari che sono rifiutati dalle comunità perché non fanno uso di droghe pesanti, ma anche dai
servizi psichiatrici perché sono considerati tossicomani a tutti gli effetti. Ci sono famiglie in cui un
genitore è malato e il figlio si scopre sieropositivo; contro la loro solitudine nessuno fa nulla. Al tossicodipendente non si possono continuare ad offrire istituzionalmente metadone e un’ora di colloquio alla settimana: bisogna poter disporre di qualcos’altro, una rete legata al tempo libero, al lavo– 287 –
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ro, alla scuola, al recupero”.
Le cifre più dolorose di questa città, i 500 casi conclamati di Aids, i duemila tossicodipendenti
dovranno pur dire qualcosa alle istituzioni, si arrabbia un po’ Olga Dalla Valle che insiste: E’ la famiglia che va difesa fin dall’inizio, da quando si forma, arrivano i figli, vanno a scuola, crescono, si
scontrano col disagio del vivere e non tutti ce la fanno, coi genitori che invecchiano. Mi pare invece che gli assessorati ragionino per compartimenti stagni, tecnici, senza tener conto della continuità
dei problemi. A chi si candiderà, a chi scenderà in campo rivolgo un appello: pensiamo a qualcosa
di forte, ad un dipartimento nel nostro municipio come in provincia che oltre a realizzare strade e
far funzionale gli asili, a riscuotere tasse e restaurare i monumenti, si occupi della famiglia, la ponga
davanti a tutto. Studiamo una formula, individuiamo una persona capace. Proviamoci almeno”.
E resta in attesa di qualcuno che raccolga la sfida o almeno si aggiunga al drappello.
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Il Giornale di Vicenza - 20 febbraio 1995
Il corpo di un giovane tossicodipendente scoperto privo di vita
Stroncato sulla panchina della stazione
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Il Giornale di Vicenza - 21 febbraio 1995
L’allarme della Prefettura: aumentano i giovani consumatori
Una cinquantina i decessi per overdose dal ’90, quindici solo lo scorso anno
Droga, cifre da brivido - “I genitori si tolgano le bende dagli occhi”
Non esiste più il drogato di strada, molti ragazzi cercano lo sballo con cocaina Lsd e altri allucinogeni - Sono settemila i “tossici” nel Vicentino e 457 i malati di Aids – In dodici mesi sono
stati 250 i ragazzi trovati con stupefacenti – Il dott. Balestra: “Bisogna intervenire subito”
Più di 600 gli utenti del Sert, di cui 505 maschi. 174 i nuovi utenti e anche in questo caso il sesso
maschile è predominante: 156 i giovani, 18 le donne. Fra gli utenti già in carico al Sert, prevale l’età
fra i 25 e i 29 anni ma fra i nuovi “arrivi” l’età si è abbassata e sono più numerosi i giovani fra i 20
e i 24 anni. L’identikit ’94 emerge anche da un altro elemento: fra i vecchi “pazienti” del servizio l’eroina resta la regina, ma le ultime “leve” preferiscono i cannabinoidi. Colpisce la curva degli “arrivi”. Dal ’90 in poi i picchi sono diventati altissimi.
Il dott. Vincenzo Balestra, responsabile del servizio per le tossicodipendenze dell’Ulss 6, che ora si
integrerà con il Sert del basso Vicentino, fa un check-up del fenomeno:”oggi il consumo di droga è
più diffuso della tossicodipendenza. Il problema da affrontare nei prossimi anni è questa “overdose”
di normalizzazione. Vanno scomparendo i tossicomani degli anni ’70 e ’80 e viene avanti uno stereotipo difficile da individuare in base ai comportamenti. Si sono introdotti numerosi elementi di
contraddizione nella società e l’obiettivo che dobbiamo porci è di potenziare i programmi terapeutici. Diminuisce la tensione morale e aumentano i totem del consumismo. È una società edonistica
in cui si sviluppano la solitudine, la noia, la passività, ed ecco perciò il bisogno di superare questo
blocco, per riempire il tempo libero, dimostrare efficienza nello sport, nel lavoro, nel sesso. Si fa più
sottile il confine fra la normalità e la droga”.
Insomma droga non più come isolamento, ma ricerca di stimoli, sensazioni,allucinazioni. È l’effetto sballo, la voglia di socializzare, la sfida off-limits. (…)
“C’è un pensiero pericoloso – dice il dott. Balestra – i giovani credono che cannabinoidi e stimolanti non portino a dipendenza e non siano droga. La prima cosa è corretta, la seconda no. Sono sostanze pericolose per i polmoni, per guidare l’auto o il motorino, nella gravidanza. E questa devianza è
la premessa per le future dipendenze. È il tempo della realtà virtuale. Tornano le musiche psichedeliche per rifugiarsi nell’evasione come modo di sfuggire all’altra realtà. Si cercano paradisi con dro– 288 –
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ghe che sembrano innocue ma non lo sono”.
Infine la macchinetta “scambia siringhe”. Vicenza come sede pilota di un progetto regionale. Esiste
già uno stanziamento: ”si arriva con il consueto ritardo storico. Il progetto risale a 4-5 anni fa. Serve
alla popolazione a rischio per diminuire la contaminazione ambientale. Il concetto affonda le radici
nella cultura occidentale. Ma qui ci sono da superare pregiudizi. Dove collocare una macchinetta del
genere a Vicenza? Probabilmente il luogo idoneo sarebbero le strutture protette sanitarie. Certo, se
si aprisse un dibattito in termini concreti e scientifici avremmo fatto un grande passo culturale. In
ogni caso sarebbe un tassellino fra tanti. Può servire all’interno di una strategia globale.
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Corriere della Sera - 22 febbraio 1995
Condannato a morte, in cella
Malato di Aids, non aveva trovato posto in due ospedali
Polemica su Regina Coeli: aveva diritto ad una fine dignitosa
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Corriere della Sera - 25 febbraio 1995
Aids, muore un altro detenuto
Sfiorata la rivolta quando si è diffusa la notizia nel carcere
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Il Giornale di Vicenza - 18 marzo 1995
L’ ultima dose sotto un ponte
Una vita segnata dalla droga e bruciata ai margini della società
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Corriere della Sera - 26 marzo 1995
Undici insospettabili personaggi sottoscrivono l’appello dei verdi Manconi e Corleone
“Legalizziamo lo spinello”- Muccioli e don Mazzi: “Irresponsabili”
Sì di Taviani, Bollea, Veronesi, Pagliarini, Salvati, Tabucchi
Adesioni anche di Giorello, Galimberti, Archinto, Franco Debenedetti
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Il Giornale di Vicenza - 25 maggio 1995
È ritenuta droga innocua, ha effetti micidiali
Altri giovanissimi spacciatori coinvolti nel giro dell’ecstasy
Cinque avvisi di garanzia, tutti a minorenni insospettabili
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Vicenza 14 giugno 1995 - II Lettera sul lenzuolo, inviata al Ministro della Sanità
dott. Elio Guzzanti
E per conoscenza: al Ministro per la famiglia dott. Adriano Ossicini, all’assessore alla Sanità Regione
Veneto, al primario divisione Malattie infettive Ulss 8, alla Stampa nazionale e cittadina
Signor Ministro,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei
malati di Aids di Vicenza.
Giusto un anno fa come da copia acclusa scritta da una camera dell’ospedale della mia
città dove mio figlio di 32 anni stava morendo di Aids, mi ero appellata all’allora ministro
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della Sanità on. Raffaele Costa, rivolgendomi oltre che allo statista, alla sua coscienza di
uomo, affinché fosse finalmente rimossa quella normativa di polizia mortuaria, che vuole
che le salme dei malati di Aids siano avvolte in un lenzuolo imbevuto di ipoclorito di sodio.
Il ministro Costa, come riportato dalla stampa nazionale, aveva recepito il mio appello e predisposto la rimozione di tale normativa, ma oltre il non avere mai ricevuto risposta alcuna dal ministero, pur sollecitato con costose telefonate fatte in occasione della
Giornata mondiale di lotta all’Aids dello scorso anno, nulla è mutato e i morti continuano ad essere marchiati dall’Aids attraverso il lenzuolo, in contrasto con l’ostentazione di
una retorica, quanto inesistente volontà anti emarginante. E questo nonostante che eminenti infettivologi e ricercatori anche di fama internazionale abbiano dichiarato che con
la morte cessa ogni forma di contagio.
L’appello rivolto al Ministro non era per beneficiare me stessa, conoscendo la lentezza
della nostra burocrazia e sapendo che la morte quando ha deciso di colpire non aspetta,
ma perché testimone di tanti drammi consumati nell’impotenza e nel dolore.
In questa società del duemila che si definisce civile, questa discriminazione da medio
evo che non dovrebbe più esistere, offende la dignità di migliaia di famiglie che, colpite
dal cancro della droga e dell’Aids, non ricevono quella protezione dallo Stato sancita dalla
Costituzione, per cui la legge dovrebbe essere uguale per tutti, anche per i morti, che si
vedono calpestati nei loro diritti nell’indifferenza più completa.
La realtà politica di questi ultimi anni ci dimostra che è più facile fare e disfare i Governi che non modificare una normativa assurda e grottesca.
Distinti saluti, Olga Dalla Valle
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La Voce dei Berici - 25 giugno 1995
Lunedì 26 giugno – Giornata mondiale contro la droga
Davanti a silenzi e ritardi viene da chiedersi: Ma a chi interessa?
Lunedì 26 giugno ricorre la Giornata mondiale contro la droga e da più di un anno sul fenomeno
droga c’è silenzio “istituzionale”: dalla crisi del governo Ciampi alle elezioni politiche del 1994, al
governo Berlusconi, all’attuale governo dei “tecnici”. Il decreto legge per l’attuazione del testo unico
sulle tossicodipendenze è alla sua quindicesima reiterazione. (…)
Un incontro a Vicenza
In occasione della Giornata mondiale di lotta alla droga il Comitato di solidarietà con le famiglie di
tossicodipendenti e dei malati di Aids di Vicenza, indice un incontro con le forze istituzionali e
sociali del territorio affinché sia fatto il punto sull’attuale “situazione droga”, che sempre più coinvolge tra le sua spire i giovani della nostra provincia. L’incontro si terrà lunedì 26 giugno alle ore 17
presso la sede del Comitato.
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26 giugno 1995 - Intervento per la Giornata Mondiale di Lotta alla droga.
Si sa che il fenomeno droga nella sua forma più eclatante risale al 1968 e oggi, dopo quasi
30 anni vissuti nella confusione e nella sottovalutazione di una realtà che è andata via via
espandendosi, siamo arrivati ad una situazione incontrollata e, a mio avviso, incontrollabile se non prendiamo veramente coscienza del problema.
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Le famiglie colpite, riunitesi in associazioni di auto-aiuto avevano subito denunciato
l’emergenza trovando scarso ascolto perché, si diceva, il troppo coinvolgimento emotivo
le portava a drammatizzare il problema stesso. Non furono quindi tenute in considerazione le invocazioni di aiuto per un pronto intervento istituzionale che arrivava da tutte
le città italiane, anzi a intervalli regolari, c’è ancora chi, con incomprensibile e ostinata
protervia persiste nell’idea di legalizzare le sostanze stupefacenti per creare una cultura
capace di gestire la droga e dare un ipotetico colpo mortale al narcotraffico.
In un convegno internazionale di studiosi tenutosi a Milano in questi giorni, “è stato
dato un ulteriore allarme da parte dei farmacologi europei sui riflessi negativi sul sistema
nervoso prodotti dalle cosiddette droghe leggere quali Marijuana e Hashish. Sulla loro tossicità però, vi è una grave discordanza di vedute tra i 140 deputati italiani che vorrebbero
legalizzarle”. Probabilmente loro si considerano più tecnici degli specialisti in materia che
ritengono che le droghe leggere abbiano un impatto pesante.
Se questo progetto andrà realizzato, costituirà il primo passo verso la legalizzazione
anche delle droghe pesanti. Personalmente ritengo che chi vuole liberalizzare o legalizzare le droghe abbia oscuri o non tanto oscuri interessi fatti passare come iniziative culturali d’avanguardia.
A noi del Comitato queste ideologie fanno orrore, perché la droga annienta la volontà
e l’identità della persona e fa dei nostri giovani, dei falliti, dei disgraziati, dei disperati.
“Il celebre poeta Charles Baudelaire, che ne usufruiva, sottolineava che l’uso è vietato
all’uomo, sotto pena di decadere e morire intellettualmente.....e mai uno stato ragionevole potrebbe reggersi con l’uso dell’ hashish”. Figuriamoci con la cocaina, l’eroina e allucinogeni vari.
La nostra provincia ha un pesante numero di tossicodipendenti; ogni giorno mezzi di
informazione ci aggiornano su episodi di piccola o grande criminalità legati alla droga.
Non dimentichiamo i fatti di sangue avvenuti all’inizio dell’anno in corso; abbiamo inoltre il più alto numero di sieropositivi, malati e morti di Aids del Veneto.
Occorre come ho già detto prendere coscienza e trovare la volontà di impegnarsi seriamente. I genitori del Comitato invitano il Sindaco e la Giunta, a prendere posizioni coraggiose e farsi loro stessi interpreti presso il Governo delle proposte delle famiglie che, per
senso civico sono impegnate da anni sul fronte della lotta alla droga portando la loro esperienza e la loro testimonianza, non certo per spirito esibizionistico o per piangersi addosso, ma per essere utili alla città tutta.
PROPOSTE
Abrogazione del risultato del referendum sulla droga a suo tempo mal proposto agli italiani.
Il Referendum sulla droga del 18 Aprile 1993, modificò la parte più importante della
legge 162/90, dove si dichiarava l’illiceità a drogarsi, vanificando anni di lotta che avevano visto impegnati Associazioni Genitori, Strutture Terapeutiche e gruppi di volontari che
tanto si erano battuti per ottenerla e mantenerla.
L’attuale modifica, nella sua ambiguità consente la dose personale e di fatto avalla la liceità
a drogarsi in contrasto con l’art. 23 della costituzione italiana che tutela il diritto alla salu– 291 –
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te del cittadino. Dobbiamo perciò ribadire che: Drogarsi è illecito.
Neutralizzare l’azione degli spacciatori:
Le forze dell’ordine devono avere gli strumenti più idonei per potere operare al meglio ed
essere inoltre dotate di personale espressamente qualificato per svolgere l’importante
compito di prevenzione e non solo di repressione.
Prevenzione ed educazione alla salute:
Creare per i giovani e con i giovani spazi culturali, sportivi e ludici per riempire il tempo
libero responsabilizzando nell’autogestione loro rappresentanti, mantenendo nel contempo una discreta ma ferma sorveglianza.
Attuare sistematicamente l’educazione alla salute, al benessere psico-fisico, al rispetto di
Sé, l’educazione sessuale, civica, ecologica, ai valori morali e spirituali, al rispetto della vita
in qualsiasi circostanza.
Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.)
Esercitare una maggiore tutela alla salute psico-fisica del tossicodipendente che preveda
nei casi di reale necessità (grave alterazione psichica e grave debilitazione fisica dovute
all’uso di sostanze stupefacenti ), il ricorso al T.S.O. in strutture idonee.
Carcere:
In caso di inevitabile carcerazione, il tossicodipendente sia subito supportato da quell’équipe socio-sanitaria prevista dalla legge 162/90, e non lasciato invece in balia di se stesso come troppo spesso accade ed essere inoltre posto in un settore del carcere adatto alla
sua condizione e dove sia possibile attuare un trattamento disintossicante e riabilitativo.
Esiste anche e giustamente, l’incompatibilità tra detenzione e Aids, e questo ha fatto emergere il grave problema di come controllare, una volta scarcerate, le persone malate e ancora potenzialmente pericolose.
Pronta accoglienza:
Invitiamo l’amministrazione pubblica a creare una struttura gestita da operatori e/o volontari qualificati, atta ad accogliere quei tossicodipendenti anche se sieropositivi o malati
di Aids, che si trovano ad essere senza fissa dimora e senza mezzi di sostentamento, garantendo anche a loro quella dignità civile prevista dalla nostra Costituzione; dignità che
doveva essere tutelata e che invece, grazie anche alla tanto decantata “libertà individuale”,
ha precipitato molti giovani nell’inferno della droga.
Questa potrebbe essere se ben gestita una risposta alla scarcerazione del malato di Aids.
Trasparenza amministrativa:
In base alla legge 142 sulla trasparenza amministrativa, il Comune eserciti un maggiore
controllo affinché il denaro pubblico sia destinato ad interventi di provata utilità e non
elargito a pioggia senza le necessarie garanzie. Si chiede inoltre il rispetto del DL. del
12.01.93 sulla prevenzione, in cui si determina il fondamentale coinvolgimento attivo in
gruppi di studio e di lavoro comunali, delle realtà presenti sul territorio con particolare
riferimento alle famiglie.
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1995
Il Giornale - 29 giugno 1995
Anche in Italia la terapia antidroga
In una clinica di Lugo di Romagna viene praticato il trattamento messo a punto a Tel Aviv
La cura viene a costare circa dieci milioni
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Il Giornale di Vicenza - 30 giugno 1995
Tragico epilogo di una notte brava
Prova a sniffare: muore
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Il Giornale di Vicenza - 18 luglio 1995
“Buco fatale”
Tossicomane trovato stroncato da un’overdose
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Il Giornale di Vicenza - 19 luglio 1995
Uccisa da un’overdose
Il giorno prima un malore, però era stata salvata
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Il Giornale di Vicenza - 1 agosto 1995
Stupefacenti e vacanze aumentano i pericoli
In tre sole settimane terzo caso di overdose mortale in città
Ucciso dall’eroina
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Aids – 3 agosto 1995 – Ci ha lasciato Daniela
Daniela, una delle prime giovani che abbiamo assistito; nella sua lunga malattia è stata circondata da amorevoli attenzioni, tutte meritate per il grande coraggio e la tanta voglia di vivere
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Il Giornale di Vicenza - 15 agosto 1995
Giovane stroncata da overdose
Ultimamente era riuscita a riprendersi ed anche a disintossicarsi
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Aids – 21 agosto 1995 – Ci ha lasciato Giuseppina
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Il Giornale di Vicenza - 24 agosto 1995
Si è dato fuoco - Un gesto disperato per sfuggire al male che lo consuma
Ho l’Aids, fatemi morire
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Il Giornale di Vicenza - 26 agosto 1995
Si è spezzata un’altra giovane vita
L’eroina lo uccide a 32 anni
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Corriere della Sera - 28 agosto 1995
Pannella, arresto in nome dell’hashish
Roma: il leader dell’antiproibizionismo finisce in questura - Dopo aver arringato la folla
e tentato di distribuire droga -Ma tre ore dopo è di nuovo libero …..
A Porta Portese sotto le telecamere – Molti osanna, qualcuno grida: bastardo
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Corriere della Sera - 7 settembre 1995
Gli esperti vogliono saperne di più sul cocktail anti-oppiacei
“Sdrogati” in 24 ore, stop del ministro
Sospesa la sperimentazione, la Regione chiude la clinica del S. Raffaele
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Lettera inviata a - Il Giornale di Vicenza - pubblicata il 10 settembre 1995 con il titolo:
Droghe, un simbolico manrovescio in faccia a Pannella
Caro Direttore
oltre ad essere la presidente del Comitato di Solidarietà con le Famiglie di Tossicodipendenti e dei Malati di Aids di Vicenza, sono anche una mamma che per 14 lunghissimi
anni ha vissuto il dramma di un figlio drogato, sieropositivo all’hiv, malato e morto di
Aids. Egli era un giovane sensibile, intelligente, dotato artisticamente, a cui la droga, giorno dopo giorno aveva tolto ogni stimolo di vita e volontà.
Ho letto sui giornali dell’ultima messa in scena di Pannella per pubblicizzare il prossimo referendum sulla liberalizzazione delle droghe “leggere” che pur sempre droghe sono.
Se gli italiani, pur in stretta misura, gli daranno ancora ragione, sanciranno il primo
passo verso la liberalizzazione - ancora più disastrosa, delle droghe “pesanti” - come egli
ha più volte ribadito, ipotizzando una società che deve convivere con esse, così come
avviene con l’alcool, senza informare le varie platee che di detto alcool muoiono in Italia
circa 40.000 persone all’anno.
Li odia così tanto i giovani, Pannella, che li vuole inebititi e distrutti a tutti i costi?
O forse, sotto sotto c’è un motivo più interessato?
Visto che lettere, manifestazioni e proteste verbali a poco servono, io desidero esprimere in qualche modo la mia ribellione e, nell’impossibilità di farlo materialmente, invio
simbolicamente un poderoso manrovescio sulla faccia istrionesca del signor Pannella.
Questo, anche a nome di migliaia e migliaia di altre mamme che, come me, hanno vissuto o stanno vivendo la tragedia della droga.
Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 16 settembre 1995
Cari ragazzi, dovete imparare ad amare – È la “droga” migliore
Caro direttore,
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1995
mi scuso se non mi firmo con il mio nome vero, mi chiamerò Maria e vorrei dedicare questa lettera a tutti i giovani, specialmente ad Andrea A., che come me sono usciti o stanno vivendo la brutta
avventura della droga. Io ho dai 25 ai 30 anni, da un po’ di tempo, sia pure ammalata, ne sono fuori.
Trovo che sia giunto il momento giusto per poter meditare su questo mio appello, per parlare d’amore e per augurare a tutti una pagina d’amore.
Mi domanderete perché è il momento giusto. Perché la capacità d’amare va perdendosi. I non più
giovani sanno benissimo che cosa significhi avere nella vita qualche cosa di meraviglioso da ricordare: ma i giovani, se vanno avanti così, rischiano di non conoscere questo “qualche cosa” di meraviglioso. E quando arriveranno a fare i bilanci del cuore, si renderanno conto di dover chiudere con
un fallimento. E dover constatare un fallimento sentimentale deve essere tremendo anche per la più
arida e indifferente creatura.
Un illustre professore, tempo fa, parlando dei giovani che si drogavano non ha avuto reticenze. Ha
detto chiaro che questi giovani si drogano perché non hanno altra maniera per sfuggire alla loro
sconfitta. Credevano di poter capovolgere il mondo, di creare qualche cosa di nuovo, di superare di
tante lunghezze i traguardi degli adulti. Non hanno saputo fare nulla in più di quanto era già stato
fatto. Allora, delusi per doversi mettere di lato agli adulti, ecco cercare l’evasione della droga.
La mia voce è piccola e modesta: ed è in piena umiltà che aggiungo a quanto disse e scrisse l’illustre
professore, qualche mia idea. Non importa se si tratta di un’idea totalmente femminile e forse un po’
azzardata. Io chiedo ai giovani di cercare una rivincita non drogandosi, ma mettendosi alla ricerca di
un ideale. Quale? Ma gli ideali possono essere molti. Si può avere l’ideale di una divisa. Si può cercare l’ideale studiando, magari mettendosi a lato di chi fa ricerche che possono essere utili all’umanità. E perché non cercare un ideale amando? I giovani oggi non sanno più amare. Pigliamo le
“cotte” è vero, ma ognuno sa che la cotta non è amore:è una fiammata che passa. E lascia cenere. E
questa non è retorica ma verità. L’amore non deve essere l’unica meta della vita, si intende, ma se
accanto allo studio, al lavoro, allo sport, alla fatica, si leva quella magnifica fiaccola che è l’amore
vero, la vita avrà uno scopo grande. E ognuno potrà scrivere o leggere, quella pagina d’amore che
poi, negli anni sarà dolce rivivere. Il professore diceva che la crisi dei giovani consiste anche nella
incapacità di lavorare seriamente. Ma, se avranno un ideale d’amore, io penso che potranno e sapranno anche lavorare seriamente. Provate, ragazzi che oggi vi drogate, provate a crearvi un ideale. Vedrete che la vita sarà più bella e che per i vostri sogni non occorrerà la droga: ma basterà il pensiero per
una persona amata, la visione di un avvenire a due, la dolcezza di parole che sono dentro di voi e
che attendono di essere pronunciate e dedicate al vostro ideale. Per non essere soli, per non essere
falliti, per non essere delusi, non è necessario ricorrere alla droga che si compra o si spaccia; va bene
la droga nata con noi, abbarbicata nella nostra anima: è la droga donataci da Dio e che si chiama
“amore”.
Imparate ad amare ancora ragazzi, vedrete che tutto andrà meglio. Non fate dell’amore una stupida
cosa che somiglia alla ginnastica da camera, al vizio, l’abitudine. Fatene uno scopo. Vi sentirete più
forti, più sicuri, più difesi. In due ci si difende meglio, sempre. E alla fine vi troverete un giorno con
un vostro romanzo del quale, almeno una pagina,sarà tanto bella da non essere dimenticata mai più.
Molto colpita dal contenuto di questa lettera, ho desiderato testimoniare a “Maria” attraverso
il Giornale il mio apprezzamento per il suo “Inno all’Amore”.
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Il Giornale di Vicenza - 25 settembre 1995
“Cara Maria, adesso hai capito qual è il vero senso della vita”
Carissima “Maria”, ho letto la tua lettera pubblicata il 16 c.m. alla quale sento di rispondere con delle considerazioni personali.
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1995
Innanzi tutto, penso che nei tuoi 25-30 anni, tu abbia già capito quello che molta
gente non arriva a capire lungo tutta una vita, cioè che lo scopo della nostra esistenza è
quello di imparare ad amare.
Questo non lo dico solo io, ma anche persone ben più importanti di me nel campo
della filosofia e della fede, qualunque essa sia.
Forse per scoprire questa “verità”, bisogna vivere emozioni profonde e positive sia nel
bene che nel male, ricercare in noi il perché di tanti dolori, rifiutarli magari, ribellarsi, ma
sforzarci di capirli, non rimanere succubi e passivi facendoli diventare sterili esperienze,
ma accettarli, e quando avranno raggiunto il culmine, trasformarli in fede, in certezze,
consci che, attraverso grandi prove noi possiamo sentirci ancora vivi e partecipi della grande Verità.
Sembrerà un paradosso, ma per me è così.
L’egoismo, la superficialità, l’indifferenza non arricchiscono; faranno vivere una vita
“apparentemente” piacevole, che porterà a negare impegni comunitari, a delegare fatiche
di partecipazione attiva difficilmente gratificanti, rifiutare solidarietà quando questa
potrebbe intaccare problematicamente la nostra coscienza, condividere le cose piacevoli
sfuggendo quelle dolorose, trovando comunque sempre, una fasulla giustificazione alle
proprie mancanze, ma di fatto, la renderemmo piatta, priva di slanci e soddisfazioni spirituali. Questa è la civiltà del 2.000, arida e feroce dove barbarie e ingiustizie sono all’ordine del giorno; questa è la società del consumismo, dove i Valori vengono confusi o soffocati quando addirittura non sono scherniti; dove si vuole trasmettere ai giovani false ideologie, dove si vorrebbe che uno Stato annebbiasse loro la mente con droghe varie. Io non
mi sento di essere tanto tenera nei confronti dei “ non più giovani”, non tutti abbiamo
colpe, ma tutti abbiamo serie responsabilità.
Soffochiamo le voci dei “mostri” e combattiamo per giuste cause, lottiamo per la vita,
non per la morte.
Impariamo a leggere in noi stessi, a chiederci dove stiamo andando, soffermiamoci a
riflettere un po’, se vogliamo migliorare il mondo cominciamo da noi stessi.
Io credo “Maria” che tu abbia capito il vero senso della vita; cosa ti sarà costato lo posso
capire, perché a me è costato la morte di un figlio. Ma finché io potrò lottare per ciò in
cui credo, lui sarà al mio fianco, vivo, mi sosterrà, e se mi porrò in ascolto mi parlerà.
Il tuo appello all’amore sembra un grido che proviene da un’altra dimensione dove l’Amore è l’essenza Vera della Vita; quella che oggi viviamo in questa terra invasa da una
moltitudine di “demoni” non può essere considerata tale, ma solo un misero surrogato di
essa.Ecco perché molti , troppi giovani la rifiutano, non si sentono integrati e i più fragili soccombono! Dovremmo tutti mirare sempre in alto, mirare all’Amore.
Ti abbraccio, Olga Dalla Valle
Risposta di “Maria” – Letta a fine messa nella Giornata mondiale di lotta all’Aids.
Gentile signora Dalla Valle,
ho risposto tramite il giornale di Vicenza alla lettera che lei mi ha inviata tramite il suddet– 297 –
1995
to giornale. Il direttore non ha creduto opportuno pubblicarla, così, avendo ancora le malacopia, mi permetto di risponderle presso la sua abitazione, perché oltre che ringraziarla per
le buone parole che ha usato nei miei confronti, la sua lettera mi ha molto commosso.
Suo figlio Roberto era un mio caro amico, e ricordo che una sera, quando assieme ad
altri ragazzi disperati come noi, piangevamo, scalpitando contro la società e il mondo intero, lui mi prese una mano, perché ero quella che gridava di più e mi disse: “Maria, tu sei
forte più di noi, devi farcela ad uscire”.
Cara mamma di Roberto, dopo diverso tempo ne sono uscita, però ora sono malata e
stanca, tanto stanca, e so che sto andando verso l’infinito, ma sono serena, direi quasi felice, perché ho capito. Ho capito la “Verità” i “Valori” e le “Responsabilità”. Così mi sono
fatta un’”overdose “ di “Amore e umiltà”; e questa “overdose” gliela ho fatta anche ai miei
genitori. Loro erano prevenuti e aridi, oltre che con la società anche con gli amici, i vicini, e specialmente con i parenti. Io ho fatto capire loro che anche gli altri hanno le loro
sofferenze, i loro limiti, i loro ostacoli, per potere andare avanti. Hanno capito e sono più
sereni anche se sanno che un giorno la loro figlia non ci sarà più.
Ora con noi c’è il nonno, dorme nella mia cameretta perché la nostra casa è piccola.
La mamma l’ha voluto con sé. Un giorno non lontano è rimasto solo, la nonna se n’è
andata, la mamma aveva il cuore così, pieno di dolore e di amarezza, perché vedeva solamente la disgrazia che era capitata nella nostra famiglia: “la figlia tossicodipendente”; gli
altri erano tutti più fortunati di lei. Non capiva che la nonna soffriva di un male incurabile. “lei la sua vita l’aveva già trascorsa, poteva morire tranquilla, aveva quasi 80 anni” –
diceva. Non capiva che anche la nonna soffriva, specialmente per il suo comportamento.
Le mie zie si tenevano lontane, perché lei non le accettava e non si lasciava aiutare. “loro
erano tutte più fortunate”. Non capiva la mamma, che in ogni famiglia c’è una croce,
magari nascosta, ma c’è. Ora i miei genitori hanno compreso che solo l’amore e l’umiltà
fanno spalancare tutte assieme, come una raffica di vento tutte le porta della terra.
Carissima mamma di Roberto, dobbiamo amare e tendere la mano a chiunque, anche
ai “mostri, agli egoisti, agli indifferenti”, perché dietro a quei sentimenti non si sa cosa ci
sia nascosto …
Signora, sono sicura che anche Roberto e gli altri amici che ci hanno preceduto nel
“regno della pace vorrebbe questo. Ed è con la mano tesa verso gli altri che sentiamo i
nostri cari vicino a noi, sempre più vivi e presenti. Ed è con la mano tesa che incontriamo quel Cristo che per noi ha dato la vita.
Mi permetta di abbracciarla e ringraziarla, gentile mamma di Roberto, io so che la sua
sofferenza è grande, ma è fertile, perché al dolore ci si può ribellare lottando, all’aridità no.
Mi accontenti, gentile Signora, questo mio appello lo comunichi a tutti quei genitori
che, come lei, suo marito, i miei genitori, soffrono per noi disgraziati figli.
Grazie, Maria
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Il Giornale di Vicenza - 20 settembre 1995
Alle 18,15 di ieri nella comunità che aveva fondato si è spento Vincenzo Muccioli
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Seppellitemi a San Patrignano
Un uomo discusso tra generosità e autoritarismo -“Lascia un segno di speranza”
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Il Giornale di Vicenza - 22 settembre 1995
Stroncato da un’overdose
Accanto al corpo è stata rinvenuta una siringa
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Vicenza 25 settembre 1995 – III Lettera sul lenzuolo inviata al Presidente della Repubblica
Oscar Luigi Scalfaro
e p. c. Al presidente del Consiglio - Al ministro della Sanità - Al ministro per la Famiglia All’assessore alla Sanità del Veneto - All’Amministratore straordinario Ulls 6 - Al Primario divisione malattie infettive Ulss n.6 - Al Sindaco di Vicenza - Alla stampa nazionale e cittadina
Signor Presidente della Repubblica,
le fotocopie di due lettere che ho inviato alle più alte cariche dello Stato ad un anno di
distanza l’una dall’altra e che allego con la presente, le permetteranno di conoscermi.
Dopo il perdurare di una situazione veramente non accettabile e il lungo silenzio colpevole, seguito alla mia richiesta affinché sia rimossa la normativa di polizia mortuaria che
vuole i morti di Aids avvolti in un lenzuolo imbevuto di ipoclorito di sodio, volgarmente detto varecchina o candeggina, scrivo a Lei signor Presidente una terza lettera confidando nella divina provvidenza e sperando abbia più fortuna delle precedenti e non venga
cestinata o disattesa.
In questi giorni (e sono allusiva per rispetto verso il dolore della morte), è deceduta
nella sua casa una ennesima vittima dell’Aids. La famiglia aveva con tanto amore, pari alla
disperazione del momento, rivestito il corpo con gli indumenti che gli erano stati cari, poi,
avvolto in un lenzuolo improvvisato per comodità di trasporto e un tovagliolo legato sulla
bocca come un sicuro bavaglio contro eventuali problematiche inerenti al decesso, è stato
trasportato dagli addetti dell’Ulss cittadina alle celle mortuarie.
Il giorno seguente, i familiari si sono recati in visita alla salma che era stata composta
nella bara e l’hanno trovata coperta da un lenzuolo dell’ospedale, mentre l’aria del piccolo locale era satura di un forte odore di candeggina che la rendeva quasi irrespirabile.
Allibita e frastornata, la madre sollevò il lenzuolo e vide lo scempio che era stato fatto:
la vestizione aveva reso impossibile l’avvolgimento del lenzuolo imbevuto di candeggina
sul cadavere, perciò questa era stata versata direttamente dalla bottiglia sulla salma imbiancando vistosamente i vestiti scuri, macchiando e inzuppando il cuscino che, sorreggendo
la testa aveva bagnato i capelli. Inoltre non erano stati tolti né il lenzuolo né il bavaglio
messi per l’emergenza del trasporto.
Io invito Lei signor Presidente ad immaginare il doloroso sbigottimento di quella povera madre.
L’imprenditore funebre a cui essa si era rivolta, conoscendo la “prassi” poteva almeno
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prepararla ad accettare questa realtà, per quanto crudele, e adoperarsi perché i danni non
fossero così marcatamente evidenti, ma invece alcuni di loro si rifiutano addirittura di trasportare i fiori dei morti per Aids dalla cella alla chiesa ritenendoli infetti. Sarebbe, io
credo, compito dell’Ulss vigilare anche su di loro; e qui mi fermo ma potrei andare ben
oltre. Chiamata dalla madre angosciata corsi pronta a dare battaglia se qualcuno mi avesse impedito ciò che mi proponevo di fare. Tolsi il bavaglio e il lenzuolo che copriva la
salma, nascosi sotto il corpo quello messo per emergenza, coprii le macchie sistemando
opportunamente dei fiori, con la sola protezione dei guanti e tanto amore. Riuscii così a
dare dignità a quel corpo oltraggiato.
L’indignazione dentro di me era fortissima e più volte mi son ripetuta che a pagare
sono sempre i derelitti, i senza voce, i non protetti.
Non è vero che la Costituzione italiana protegge i suoi cittadini se permette che nemmeno nella morte alcuni di loro non possono usufruire dei diritti che gli spettano.
Mi appello a Lei signor Presidente della Repubblica affinché con l’autorità che Le compete possa finalmente porre fine a questa vergogna indegna di un Paese civile.
Confidando in un sollecito intervento porgo distinti saluti, Olga Dalla Valle
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Questa lettera è stata pubblicata su vari giornali, ma solo Avvenire mi ha contattata e ha dedicato una pagina sull’argomento.
Avvenire - Società - 15 ottobre 1995
La normativa della polizia mortuaria si rifà a un regio decreto napoleonico
L’ultimo oltraggio alle vittime dell’Aids
Le salme avvolte in lenzuoli imbevuti di varecchina: ma contro il contagio non serve
Padre Mario responsabile di una casa per terminali: “Le agenzie di pompe funebri
praticano parcelle più alte quando sanno la causa del decesso”
E al campo santo la discriminazione prosegue: di qua i sani di là gli appestati
Il giudizio: Per Moroni e Aiuti è una procedura assurda
Ai morti per Aids può essere risparmiato l’ultimo oltraggio del “lenzuolo alla candeggina?” il professor Ferdinando Aiuti boccia senza appello l’articolo 18 del decreto presidenziale 285 del ’90. “Una
normativa di questo tipo può essere di qualche utilità per le malattie infettive trasmissibili per via
aerea, come la peste o il virus Ebola, non certamente per l’Aids.
Il lenzuolo imbevuto di varecchina non ha nessun scopo di preservare dal contagio. È un inutile
oltraggio alla salma. Così come prescrive il Dpr di polizia mortuaria dovrebbero subire lo stesso trattamento dei morti di Aids coloro che son morti per encefalia da morbillo”. Dunque? “La normativa va abrogata, oppure vanno specificate le malattie infettive per le quali è necessaria una certa procedura del trattamento del cadavere”.
Anche il professor Mauro Moroni, primario infettivologo al Sacco di Milano nega qualsiasi utilità
alla normativa: “non ha alcuna razionalità, sono vecchie e inutili disposizioni che il legislatore si è
purtroppo dimenticato di cancellare”.
E la prevenzione? È assurdo pensare che si possa prevenire il contagio con quel tipo di procedura”.
Ma perché disinfettare il cadavere proprio con la varecchina? “Perché è il disinfettante a più buon
mercato”, rileva il dott. Andrea Todescato, medico del servizio di igiene pubblica di Vicenza. Ma a
qualcosa serve? “No, non esistono rischi di contagio se vengono garantite le normali norme igieni– 300 –
1995
che sanitarie. Sono disposizioni da secoli bui”.
“Non serve a prevenire il contagio – gli fa eco il professor Fausto De Lalla, primario della divisione
malattie infettive dell’ospedale di Vicenza – E’ una normativa che è stata messa a punto quando
ancora non si conosceva l’esistenza dell’Aids. L’unico scopo che riesco a intravedere è la volontà del
legislatore di ridurre al minimo la manipolazione del malato”. (Giovanni Gazzaneo)
La lettera inviata al presidente della Repubblica è datata 25 settembre e l’articolo su l’Avvenire 15 ottobre. Nel tempo intercorso tra le due date c’è stato il silenzio.
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Il giorno 17 ottobre è arrivata al Comitato una telefonata da parte di un funzionario della
Presidenza della Repubblica che assicurava che: “il Presidente Scalfaro aveva preso visione
della mia lettera ed era sua premura seguire di persona lo svolgersi della pratica. Si era inoltre
già messo in contatto con il ministro della Sanità”.
Avvenire - 18 ottobre 1995
Dopo la denuncia di Avvenire, il 7 novembre si discuterà un decreto abrogativo
“Non oltraggiate i morti di Aids
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Cadaveri trattati con varecchina, interviene Guzzanti
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La storia sembra conclusa, ma si dovrà arrivare a maggio’99 per mettere la parola fine.
(Continua)
Il Giornale di Vicenza - 14 novembre 1995
Dopo l’operazione dei carabinieri con l’arresto di 7 giovani e la denuncia di 10
Droga nelle scuole, presidi sorpresi
“Non ne sappiamo proprio nulla”
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Sinceramente sarei rimasta sorpresa se i presidi avessero saputo qualcosa!
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Il Giornale di Vicenza - 19 novembre 1995
“Senza armi contro l’Aids”
Il prof. De Lalla si scaglia contro i tagli decisi dalla direzione sanitaria
“Siamo senza aghi per le biopsie epatiche e materiali idonei per fare diagnosi precise”
Un primario che minaccia di andarsene. Un reparto dove mancano aghi e a volte anche le medicine. Pazienti costretti ad aspettare anche sei settimane per una visita di controllo. Un ospedale costretto di tagliare nel nome di un bilancio che a tutti i costi non deve più essere in rosso. Non sono che
gli “ingredienti” di una “rivolta”, quella del malattie infettive. Alla guida dei rivoltosi il primario,
Fausto De Lalla. “Non metto in dubbio che le Ulss abbiano un piano strategico: devono diventare
aziende, ma questo passaggio non può essere gestito da burocrati che pensano solo a tagli, bilanci,
risparmi e via di questo passo. Dimenticando i pazienti. …..
“In reparto sto ancora aspettando la consegna di alcune scatole di aghi particolari che servono per la
biopsia epatica. Li ho chiesti a settembre, dopo un mese è stato inviato l’ordine e io non ho ancora
visto niente. Che cosa faccio nel frattempo? Li vado elemosinare dai colleghi promettendo di riportarglieli? No, non si può lavorare così. E ai malati che cosa dico? Che gli accertamenti non si possono fare perché mancano gli aghi? Mi rifiuto”.
Il primario è su tutte le furie. Da mesi sta combattendo una battaglia a colpi di missive con la nuova
direzione sanitaria. E non è il solo. Ma ecco altri esempi. “alcuni medici sono arrivati al punto di
declinare ogni responsabilità se gli accertamenti diagnostici vengono svolti in maniera inadeguata
perché mancano pellicole, strumenti e altri materiali. Anche loro hanno inviato lettere alla direzione sanitaria rimaste però senza risposta. E poi i farmaci … Quelli però sono stati costretti a darmeli. E solo perché mi sono infuriato come una belva. E io cosa dico ai malati: di andare in direzione
a protestare? La trafila sarebbe troppo lunga e per di più inconcludente”. (…) Non si possono abbandonare i pazienti perché bisogna rispondere al bilancio in nome del risparmio e dei tagli.
In questi giorni sono arrivati dalla Regione 14 miliardi per il reparto di malattie infettive. Una grossa conquista che doveva arrivare ancora nel ’90. Mi auguro che almeno i progetti, fatti ancora
nell’88, vengano rivisti dal momento che allora per il day – hospital erano previsti 10 posti letto
quando adesso ce ne sono 25. A questo punto – conclude il prof. De Lalla – mi rivolgerò al sindaco Quaresimin. Non si può lavorare così”.
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Vicenza - 26 novembre ’95 - Lettera inviata al Giornale di Vicenza e p.c.: All’Amministratore
straordinario dell’Ulss 6, al Sindaco, al Prefetto, al Primario della divisione malattie infettive
dell’Ulss n.6
Caro Direttore
Ho letto l’articolo “Senza armi contro l’Aids” pubblicato sul Giornale di Vicenza il 19
c.m. e tramite lo stesso, desidero ringraziare il primario della Divisione Malattie Infettive
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prof. Fausto de Lalla per la coraggiosa ma dovuta denuncia, convinta come sono che sia
stata meditata e decisa seguendo un preciso ragionamento etico professionale che pone la
salute dei pazienti di cui è responsabile al di sopra di calcoli meramente burocratici e di
politiche basate sul temporeggiamento e sull’appiattimento uniforme dei valori umani.
Da detto articolo e dai disagi espressi alla nostra associazione da familiari di alcuni
malati, si deduce che la Divisione Malattie Infettive, dopo un periodo di ascesa qualitativa, stia ora imboccando una strada a ritroso che certamente potrà solo portare all’esasperazione una situazione già psicologicamente problematica, specialmente nel campo dell’Aids, dove le cure possono soltanto alleviare sofferenze ma non salvare vite.
Mi tornano alla mente situazioni di grave precarietà iniziate con la scoperta dell’hiv
(Aids), quando le cosiddette “categorie a rischio”, si sono rivolte in massa al reparto infettivi il quale, mantenendo quantitativamente il medesimo organico sanitario, pur sprovvisto di mezzi, dovette far fronte a questa problematica e nuova malattia che fa detenere alla
nostra provincia il triste primato nel Veneto di sieropositivi, di malati, di decessi.
Se l’Ospedale cittadino ha potuto fornire un servizio a questo tipo di utenti, il merito
va soprattutto al generoso impegno del personale sanitario che si è sottoposto a massacranti ritmi di lavoro e al Comitato di Solidarietà a cui appartengo che, con il reparto stesso e
in appoggio ad esso ha svolto una politica di sensibilizzazione e di stimolo presso enti pubblici, personalità politiche comunali, regionali, ministeri e stampa cittadina e nazionale.
Lentamente le cose sono migliorate con la fornitura da parte dell’UlSS di strumenti
necessari e con il potenziamento dell’organico. Il risultato ha portato la Divisione Infettivi a raggiungere un livello di prestazioni e serietà di impegno apprezzato e riconosciuto
dalle autorità regionali e nazionali. Ma se allora l’opera dei medici era costituita soprattutto da screening più o meno ravvicinati e da cure rivolte a un numero di utenti relativamente basso, col moltiplicarsi matematico dei contagiati, si è arrivati oggi ad affrontare
una mole di lavoro costituita da circa 120 malati che abbisognano quasi giornalmente di
assistenza ospedaliera e di circa 900 sieropositivi da controllare regolarmente.
Ritengo importante far notare che oggi le categorie a rischio, quali tossicodipendenti
e omosessuali si sono ridimensionate e che tra i nuovi contagiati ben il 45% è costituito
da persone che hanno contratto il virus mediante rapporti sessuali e che le più penalizzate sono le donne. Ora sento che mancano gli aghi per le biopsie e che alcuni farmaci devono essere acquistati in farmacia; il personale sanitario deve recuperare le ferie del ‘94 entro
dicembre ‘95 e del ‘95 entro giugno ‘96, questo comporta a livello medico (idem per gli
infermieri), una assenza equivalente a due medici fino al 30 Giugno 96. La cosa è tanto
più grave in quanto non è stato colmato il vuoto lasciato dal dott. Vaglia ora primario a
Treviso, dal dott. Marranconi primario a Schio e da un medico assegnato e poi dirottato
ad altro reparto. Morale: fino a tutto Giugno 1996 la Divisione Infettivi che comprende
un Day Hospital sempre affollato, deve svolgere il suo lavoro con cinque medici di meno.
Ecco spiegate le ragioni per cui i tempi di attesa dei pazienti per controlli, sono passati da
sei giorni a sei settimane, pur essendo tali pazienti portatori di patologie infettive in cui
molte volte la tempestività è di capitale importanza. In questo modo alle famiglie manca
anche il tempo materiale per instaurare rapporti di fiducia e di collaborazione con il per– 304 –
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sonale sanitario. E’ vero che c’è un volontariato che si fa carico di mantenere un contatto di aiuto e di sostegno, ma questo non può sovrapporsi alla carenza del servizio pubblico ma solo affiancarlo. C’è anche il problema della stimbratura del cartellino e del limite
posto per le ore di straordinario; il sanitario che per rendere più funzionale l’operatività
della Divisione sente la necessita di rimanere in servizio qualche ora in più di quelle prescritte, stimbrando il cartellino oltre a lavorare gratuitamente rischia di rimanere senza
alcuna copertura assicurativa in quelle ore e con l’Aids questo può risultare gravissimo.
Temo che tutti questi cambiamenti in negativo abbiano a ripercuotersi inevitabilmente sui malati e qui nasce la preoccupazione del Comitato Famiglie che conta un altissimo
numero di figli sieropositivi e malati oltre che deceduti. Sembra anche che la Direzione
Sanitaria voglia indirizzare i medici ad una “libera attività professionale” dentro alla struttura pubblica. Questo, oltre ad andare contro l’etica professionale di quei sanitari che
ritengono la salute un bene gratuito (oltre il ticket) e non approvano visite nell’ambito
ospedaliero con pagamento di parcelle non sempre a portata di tutti, potrebbe esasperare
i fruitori dell’ULSS che giustamente pretendono che la SALUTE sia un bene comune e
non solo dei privilegiati.
Il Comitato Famiglie si augura che la Direzione Sanitaria faccia sì, attenzione al bilancio con spese e acquisti accorti, ma soprattutto abbia un’attenzione prioritaria ai bisogni
dei malati e renda loro per quanto possibile meno difficile il vivere situazioni di sofferenza sia fisica che psicologica. La burocrazia è un cancro italiano, non lasciamole far da
padrona dentro agli ospedali.
Per il Comitato di Solidarietà, la presidente Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 25 novembre 1995
Un’altra vittima della droga
Trovato esanime su una panchina
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Il Giornale di Vicenza -29 novembre 1995
Dopodomani Giornata mondiale di lotta all’aids
Così Vicenza vuol combattere la guerra all’Aids
Corteo, luci, musica e serata di spettacolo con i “big” all’Astra – Tutti gli enti coinvolti
“Vicenza per la vita: insieme nella lotta all’Aids”. Venerdì primo dicembre, alla giornata internazionale dedicata alla solidarietà contro questa terribile malattia, per la prima volta Vicenza si presenta unita
sotto un’unica sigla. Il Comune, la Provincia, le circoscrizioni, le tre confederazioni sindacali Cgil,
Cisl, Uil, insieme alle associazioni casa Marcoaldi, Avlaids, Agorà, Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e malati di Aids, ai quali si affianca la Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, hanno promosso e organizzato, nella veste di “Comitato per la lotta contro
l’Aids”, un programma di manifestazioni e momenti di spettacolo. Il loro appello è rivolto a tutta la
cittadinanza, ad una partecipazione che richiami la sensibilità rispetto a un problema ormai sociale.
“A Vicenza ha detto il dottor Paolo Benedetti membro dell’Avlaids – si contano 1.500 casi di infezione, 500 casi di Aids conclamato e a tutto quest’anno i decessi sono stati 388. Il 95 per cento dei casi
riguardano soggetti eterosessuali e la categorie più colpite non sono più per la maggior parte tossicodipendenti o omosessuali”. Il programma vicentino per la giornata mondiale si aprirà a Piazza Castello alle 18,30 con la fiaccolata “Le sette circoscrizioni unite insieme in una nuova solidarietà”. Raggiunta Piazza dei Signori, il corteo alle 19 si fermerà per la tradizionale accensione dell’albero di Natale, anticipato quest’anno come messaggio di speranza. Alle 19,30 dopo alcuni momenti di testimo– 305 –
1995
nianza, sempre in Piazza dei Signori ci sarà spazio per un momento musicale con il gruppo Eden.
Nella chiesa di San Pietro alle 20,30 inizierà la messa animata dal coro della Gev. “Oggi è il mio dolore …e domani?..... Aiutiamoci” questa, la frase scelta dal Comitato delle famiglie di tossicodipendenti e dei malati di Aids. Infine alle 21 al teatro Astra l’appuntamento con una serata di spettacolo con
la partecipazione di moltissimi artisti vicentini. (…)
1 dicembre 1995 – Questi ultimi giorni sono stati piuttosto intensi, perché ho dovuto organizzare la distribuzione dei manifesti da appendere in varie zone della città e ricercare le preghiere e le letture appropriate per la messa. Nel pomeriggio ho partecipato alla fiaccolata organizzata da Anna Serra con l’adesione delle sette circoscrizioni e dei sindacati Cgil, Cisl e Uil. Il
tempo è stato bello e numerose le presenze dei cittadini, Arrivati in piazza dei Signori, il Comnune ha anticipato l’accensione dell’albero di Natale in memoria delle vittime dell’Aids. Da
un piccolo palco hanno parlato il Sindaco, Anna e altre persone. Io ho preferito ascoltare. Alla
sera c’è stata la messa che ormai è diventata una tradizione in seno al nostro Comitato ed è
stata celebrata dal Vescovo generale e altri sacerdoti. I lcoro della Gev ha reso più intensa l’atmosfera già carica di commozione
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Il Giornale di Vicenza - 3 dicembre 1995
Aids a Vicenza – Meno drogati e più gente “insospettata”
Il dott. Vinicio Manfrin del San Bortolo ci aiuta a leggere l’inquietante realtà del nostro territorio
CASI SI INFEZIONE DA HIV, DI AIDS CONCLAMATO E DI DECESSI
SEGNALATI DAL REPARTO DI MALATTIE INFETTIVE DELL’OSPEDALE S. BORTOLO DI VICENZA
IN DODICI ANNI
DAL 1984 AL 1995
Totale casi da infezione da Hiv
Totale casi di Aids
Totale decessi per Aids
1366
507
388
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Il Giornale di Vicenza - 21 dicembre 1995
Trovato senza vita – Famiglia disperata
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Il Giornale di Vicenza - 27 dicembre 1995
Avvenimenti che hanno reso amare le Feste Natalizie
Stroncata in casa dall’eroina
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In camera trova il figlio morto
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Corriere della Sera - 29 dicembre 1995
Show “ referendario” su Rai 2, Saxa Rubra si dissocia.
Vita: sconcertante. Ma Biondi: azione dimostrativa. Oggi “replica” a Piazza Navona
Pannella regala hashish in diretta TV
Due etti di droga alla D’Eusanio. Lui: un pensierino….E lei: ma guarda cosa mi ha dato….
Nella mia cronaca rivolta alle morti per Aids nella provincia di Vicenza a fine 1994 ho ricor– 306 –
1996
dato solo le persone da noi assistite, ma i decessi sono stati 75. Nel ’95 ho ricordato solo due
giovani particolarmente vicine a noi; gli altri sono stati 74.
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Aids – 1995 - A Vicenza 80 decessi – In Italia 4580
1996
12 gennaio 1996 – Dai miei appunti - Agli infettivi ci sono molti malati e facciamo fatica a
seguirli tutti. Inizialmente, come ho già accennato, le prime volontarie ad entrare in reparto
siamo state noi, mamme del Comitato, colpite dallo stato di abbandono in cui si trovavano
alcuni malati, senza aiuto famigliare e con il personale sanitario in sottonumero. Per chi aveva
famiglia la situazione era meno tragica, però a volte era richiesto ugualmente il nostro supporto a seconda del grado invalidante della malattia.
Devo anche dire che ho avuto l’occasione di conoscere diverse madri vedove e senza altri
aiuti. Le volontarie che prendevano l’incarico a turnazione, avevano la possibilità di rimanere presso il paziente, sempre con discrezione, per il tempo necessario a seconda delle necessità;
nei casi più gravi coprivamo 24 ore su 24. Con il nascere di nuovi gruppi legati a una particolare tipologia di pazienti, cominciarono le visite assidue a qualsiasi ora del giorno, mettendo
in difficoltà il funzionamento dell’attività del personale sanitario. Ad un certo punto, il primario vietò l’ingresso in reparto negli orari il cui venivano svolte le funzioni mediche, che
coprivano gran parte della mattinata.
Questo per noi, voleva dire che la volontaria che si recava presto al mattino per aiutare il
paziente durante la colazione e usciva dalla stanza soltanto durante la visita dei medici per
poi riprendere il suo posto, ora era costretta all’inattività per più ore fino al termine di tutti i
controlli. La situazione divenne difficile, soprattutto per i malati, finché il capo sala decise di
farci riprendere la normale attività.
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Il Giornale di Vicenza - 20 gennaio 1996
Stroncato da overdose?
Nell’abitazione tracce di stupefacenti
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Il Corriere della Sera - 22 gennaio 1996
Discoteca chiusa per droga
Torino, irruzione di 150 finanzieri tra il fuggi fuggi dei ragazzi
Tre arresti e centinaia di pasticche di ecstasy, francobolli all’Lsd e cocaina
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Il giornale di Vicenza - 25 gennaio 1996
Trovato morto in treno
Accanto aveva una siringa
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Il Giornale di Vicenza - 27 gennaio 1996
Ecstasy, è una valanga
I carabinieri smontano il pannello della porta d’una Mercedes e trovano 898 pasticche e coca
Il Corriere della Sera - 22 febbraio 1996
Varato in commissione sanità al Senato un emendamento destinato a far discutere
“Eroina per disintossicarsi”
Tutti gli stupefacenti potrebbero essere usati negli interventi terapeutici
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Il Corriere della Sera - 23 febbraio 1996
Eroina nelle Usl – “No” del Senato
Droga, in cura solo metadone - Manconi:”un atto irresponsabile”
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Il Giornale di Vicenza - 2 aprile 1996
Si buca dopo anni, overdose mortale
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Il Giornale di Vicenza - 4 aprile 1996
Appuntamento con la morte
Sull’auto rubata
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Nel cercare un sostegno pubblico per l’abolizione del “lenzuolo alla candeggina”ho scritto anche
a Enzo Biagi che teneva la rubrica “Diciamoci tutto” sul settimanale Panorama.
Il 27 giugno ’96 è stata pubblicata con la risposta. Per non ripetermi cito solo quest’ultima.
Per l’Aids meglio la pietà della candeggina
Cara signora, le battaglie contro la burocrazia, di solito, sono perdute in partenza. Capisco e condivido la sua umanissima richiesta: non siamo alla peste, ai monatti, e il precetto che ordina di seppellire i morti comporta anche il rispetto per i sentimenti dei vivi. Non credo, non penso che esistano
regole igieniche che impongono quel trattamento, è vietato un ultimo gesto di pietà.
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Il Giornale di Vicenza - 2 giugno 1996
Giovane trovata priva di vita dai famigliari - Cercava di disintossicarsi
Ma è morta per overdose
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Vicenza 27 maggio 1996 – IV lettera per l’abolizione del lenzuolo - inviata al ministro
della Sanità Rosi Bindi e P.c. al ministro per la Solidarietà Livia Turco, agli assessori della
Regione Veneto Iles Braghetto-sanità e Raffaele Zanon-interventi sociali, al direttore Ulss 6
Bruno Mondini, al primario divisione Malattie infettive prof. Fausto De Lalla, alla stampa
nazionale e cittadina:
Signor Ministro,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei
malati di Aids di Vicenza. Le invio poche righe per accompagnare la copia di tre lettere inoltrate in tempi diversi ai Ministri competenti e al Presidente della Repubblica che, median– 308 –
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te la telefonata di un funzionario, mi aveva promesso il suo personale interessamento.
Tre lettere e un’unica richiesta: Abolizione della normativa di polizia mortuaria che
obbliga che le salme dei morti di Aids siano avvolte completamente nude in un lenzuolo imbevuto di candeggina.
Lei signor Ministro fa parte del III governo della cosiddetta II Repubblica succedutosi dal ’94 ad oggi, ed è il terzo Ministro della Sanità a cui mi appello. Devo dire, anche a
nome dei genitori del Comitato che rappresento, che la sfiducia che nutriamo nei confronti delle istituzioni pubbliche in vari campi e soprattutto nella tossicodipendenza e nell’Aids, è veramente profonda. Purtroppo abbiamo toccato con mano, in prima persona e
da troppo tempo, i disservizi e l’indifferenza verso le tragedie di migliaia di famiglie.
Conscia delle lungaggini burocratiche italiane e sconfortata dello scarso impegno fin
d’ora accertato, io mi sono impegnata nell’insistere sulla mia richiesta, finché questa normativa oltraggiosa non sarà abolita. Oggi confido però nel suo essere oltre che Ministro,
una donna e, come tale, capace di comprendere il dolore mortificato di altre donne che
sono soprattutto madri.
Nella speranza di una sollecita quanto positiva risposta, porgo distinti saluti.
Olga Dalla Valle
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La Voce dei Berici sulla “Giornata mondiale di lotta alla droga” del 26 giugno 1996
Recente dibattito in sala Stucchi
Tutte le risorse dell’umano per sconfiggere la droga
Le poesie di Olga Dalla Valle all’incontro voluto dal Comune
Profonda più che notte l’angoscia che il cielo infuriato abbatte su di me”. Con queste parole Olga Freschi Dalla Valle esprime, nella poesia Angoscia, tutto il suo dolore per la perdita del figlio Roberto
stroncato dalla droga.
E proprio per sensibilizzare la comunità vicentina sul grave problema della tossicodipendenza e per
condividere la tragedia di molte famiglie, si è svolto presso la sala “Stucchi” della sede municipale,
in occasione della “Giornata mondiale di lotta alla droga”, un momento di riflessione sul tema “La
sofferenza nella tossicodipendenza”.
Nell’incontro, organizzato dagli assessorati agli Interventi sociali, all’Istruzione, ai Servizi culturali, in collaborazione con il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e malati di
Aids, sono intervenuti oltre a Marino Quaresimin, sindaco di Vicenza, il dott. Vincenzo Balestra,
responsabile del servizio per le tossicodipendenze dell’Ulss 6, mons. Luciano Bordignon, teologo, la
giornalista Maria Rosa Ugento e Olga Freschi Dalla Valle, presidente del Comitato e autrice della
toccante raccolta di poesie dal titolo “La notte e il canto”.
“L’intenso sviluppo economico che la nostra città ha avuto in questi anni, - ha sottolineato il sindaco - se da un lato è stato molto positivo, dall’altro ha fatto emergere varie situazioni di emarginazione, tra cui anche la tossicodipendenza.
Per questo è importante che l’ente locale, la scuola, l’Ulss, e le varie forze sociali interagiscano per
arginare questo grave problema con l’obiettivo di costruire per la nostra gioventù valori forti e riferimenti solidi”.
Vincenzo Balestra, durante l’incontro ha tracciato il percorso del tossicodipendente, connotato dalla
sofferenza, fino alla fase di riabilitazione, a partire dalle probabili motivazioni della sua sfortunata scelta, derivata spesso, da un profondo disagio esistenziale, dall’incapacità di affrontare il dolore, dalla
necessità di ricercare un’identità personale e di acquisire uno “stile” di vita come “appartenenza”.
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1996
“La famiglia del drogato - ha evidenziato il sanitario - va compresa nel suo dramma e aiutata moralmente, entrando così a far parte dell’intero programma riabilitativo”.
“L’esperienza del dolore - ha precisato mons. Luciano Bordignon - nel nostro tempo si è acutizzata
e la madre di un drogato soffre talmente tanto da sentirsi inchiodata a una croce come Cristo. I versi
di Olga Freschi Dalla Valle - ha proseguito il teologo - trasferiscono il grido di Giobbe, questo misterioso personaggio diventato il simbolo del dolore e della sofferenza del nostro tempo, in una forma
personalissima e universale insieme. Essi esprimono dolore ma sono anche percorsi da un orizzonte
arioso e pieno di speranza”.
La giornalista Maria Rosa Ugento, che ha presentato le poesie – alcune delle quali sono state lette
da Anna Faggin - conclude dicendo che: “l’autrice, infatti, ha illustrato le sue poesie con disegni
delicati che esaltano la natura. E proprio in questa sorgente di vita, Olga riesce a trovare la forza per
ricominciare a vivere nel ricordo di un figlio sempre presente nella sua vita e a trasmettere questo
suo coraggio straordinario ad altre madri duramente colpite”. (Elodia Bernardini)
Con questa mia ultima fatica: “Droga: La Caporetto italiana”- che è soprattutto una raccolta di testate di giornali, di articoli scritti da persone qualificate e di “Lettere dal fronte” mi
sono messa in un’impresa forse superiore alle mie forze, perché tutto questo mi porta a rivivere
tante situazioni drammatiche che cerco di tenere bloccate e silenziose in fondo al cuore.
Inoltre, parlare di me stessa in prima persona mi imbarazza, ma per farmi capire devo
farlo. Ricordo allora, la mia timidezza di bambina che, nell’età adulta, si era trasformata in
riservatezza.
La tossicodipendenza di mio figlio, che avevo percepito nel suo nascere, da un’inquietudine
che sentivo a fior di pelle, trasformò radicalmente la mia vita e la mia personalità facendo
emergere dal profondo del mio essere, una parte che non conoscevo e che forse, senza questa tragedia non sarebbe mai emersa.
Da sempre, ho avuto un grande amore per il disegno e la pittura, trascurati nel periodo in
cui mi occupavo interamente e totalmente della mia famiglia, della crescita dei miei due figli.
Quando poi, avevo ripreso in mano colori e pennelli, intenzionata finalmente ad esprimere me stessa è piombata su di noi, con il suo carico distruttivo la droga.
Nelle varie ricerche di aiuto, nel 1984 sono approdata al Comitato di solidarietà di cui,
come ho già scritto, dall’86 ho assunto il gravoso onere della presidenza, impegnandomi intensamente. Nei brevi momenti di tempo libero ho però continuato a dipingere, e quando mi sentivo particolarmente angosciata, a scrivere delle poesie; cose queste, che mi hanno molto aiutata permettendomi di scaricare in parte le forti tensioni.
Dopo che Roberto se n’era “andato”, ho sentito il desiderio di raccogliere alcune di queste
poesie in un libretto che si può dividere in due parti: nella prima esprimo il dolore verso un
figlio schiavo di una sostanza che giorno dopo giorno gli rubava la vita, nella seconda, la
nostalgia di lui che non c’era più, ma il cui ricordo riempiva ogni attimo della mia vita.
Ho pensato di pubblicare questa raccolta, perché in essa ogni madre con la mia medesima
sofferenza, potesse riconoscersi e trovarvi anche un motivo di conforto. Per alleggerire l’inevitabile tristezza, l’ho illustrata con degli acquerelli dipingendo fiori del mio giardino con tutto
l’ amore che sentivo in me.
Era mia intenzione presentare questo lavoro nella giornata mondiale di lotta alla droga,
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1996
sempre per dare dei segnali, avevo però bisogno di denaro per la pubblicazione. Il Banco
Ambrosiano, mediante l’ex sindaco Antonio Corazzin mi fece pervenire metà della somma, la
rimanente la ebbi, dalla Banca Popolare di Marostica per l’interessamento di una nostra
mamma e dalla mia circoscrizione, e cito questo per un pubblico ringraziamento.
Nella Giornata mondiale di lotta alla droga, il sindaco Marino Quaresimin ci ha ospitati presso la Sala Stucchi di Palazzo Trissino, sede del Comune, per un incontro sul tema: “La
sofferenza nella tossicodipendenza”, di cui ho trascritto la cronaca.
La sala era gremita di persone, ed io, che in pubblico ho sempre avuto un forte autocontrollo, per la prima volta, nello spiegare il perché di questa iniziativa, sono stata colta dalla commozione che mi ha impedito di continuare.
Sentivo in modo forte e sconvolgente la presenza di mio figlio accanto a me!
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Il Giornale di Vicenza - 29 giugno 1996
Bassano sotto choc dopo tre arresti e il sequestro di 16 chili di “neve”
Un portoricano sarebbe il “terminale” in Italia di un potente “cartello”di narcotrafficanti venezuelani
La città invasa dalla cocaina
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Il Giornale di Vicenza - 9 luglio 1996
Trovata morta
Non ce l’ha fatta a lasciare la droga
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22 luglio ’96 – Sempre nel tentativo di trovare una soluzione al problema del lenzuolo, mi sono
rivolta anche alla Procura Circondariale della mia città, che si è interessata del caso presso
l’Ulss 6. In risposta, il procuratore Pecori ha ricevuto dalla direzione medica ospedaliera le circolari in merito alla vestizione delle salme di persone affette da Aids e per “opportuna conoscenza la lettera a firma del Comitato di solidarietà che aveva sollevato a luglio 1996 il problema. Già nell’ottobre ’95 gli addetti alle celle hanno ricevuto protocolli ben precisi per i loro
compiti”. Seguono gli allegati. (…) Riporto l’ennesima lettera inviata al direttore generale e per
conoscenza al direttore sanitario e al direttore ospedaliero dell’Ulss n.6.
Egregio Direttore Generale,
è da giugno ’94 che il comitato di Solidarietà insiste nel chiedere a livello ministeriale l’abrogazione della Normativa di polizia mortuaria riguardante i morti di Aids, tramite tre
lettere inviate ai tre ministri preposti alla Sanità che si sono succeduti negli ultimi due
anni, senza un nulla di fatto. Dopo la pubblicazione di una mia lettera indirizzata al giornalista Enzo Biagi su “Panorama”, mi è pervenuta da parte di un lettore di Chiavari
(impresario di onoranze funebri), una copia di tale normativa che qui riscrivo:
Art. 18 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990
Quando la morte è dovuta ad una delle malattie infettive – diffusive comprese nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità, il cadavere, trascorso il periodo di osservazione, deve essere deposto nella cassa con gli indumenti di cui e rivestito ed avvolto in un lenzuo– 312 –
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lo imbevuto di soluzione disinfettante.
La soluzione disinfettante all’Ulss n.6, al contrario di Ulss di altre regioni, è costituita
dalla candeggina, che ha il solo pregio di costare poco, ma che col suo odore penetrante e
sgradevole, a volte rende irrespirabile l’aria della cella dove giace la salma.
Dice ancora la legge: Relativamente a quanto prescritto dall’Art.18, cioè che la salma del deceduto per malattia infettiva di cui all’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità, dopo
il periodo di osservazione, debba venire deposta nella cassa con gli indumenti di cui è rivestita, si
deve intendere che è vietato svestire la salma degli indumenti che indossava all’atto del decesso, ma
non è vietato rivestire la salma, e ciò sia quando essa sia nuda sia quando essa sia vestita, purché
in questo secondo caso i nuovi indumenti vengano posti sopra quelli che già indossa.
Mi è stato detto finora che il regolamento – di cui non avevo mai preso visione – è
ambiguo e si presta a interpretazioni diverse; a me sembra sia stato interpretato nel modo
peggiore, e mi domando quanto, in questo, pesi la paura di un contagio che secondo illustri clinici non esiste, quanto il disinteresse per un approfondimento obiettivo della normativa e quanto la mancanza di umanità che tenga conto della pietas dovuta ai defunti.
Gli infermieri del Malattie infettive, che seguono per anni i malati di Aids, quando il
virus Hiv è più aggressivo e pericoloso che non dopo la morte, compongono la salma spogliandola del pigiama e ricoprendola con un camicione; non vedo perché a loro sia permesso quanto è “vietato” agli operatori delle celle, che tra le altre mansioni hanno anche
quella di vestire con indumenti personali i corpi loro affidati, a meno che, sia considerato indumento il rude camicione legato alla schiena con legacci e normalmente usato nel
trasporto alle celle in attesa di un personale rivestimento.
Se i ministri hanno interessi che li portano lontano dai bisogni dei cittadini che pur li
hanno votati, e non si sentono impegnati nel dare risposte, siano almeno le persone più
vicine al dolore della gente ad operare con umanità, anche interpretando positivamente
leggi a volte ambigue, per non ferire ulteriormente la dignità e la sensibilità di chi soffre.
Per il Comitato di solidarietà la presidente, Olga Dalla Valle
✧
8 agosto ’96 – Ricevo dal sindaco Marino Quaresimin una lettera in cui m’informa che, facendo riferimento ai miei precedenti appelli, aveva interessato l’attuale ministro della Sanità on.
Rosi Bindi, affinché la normativa di polizia mortuaria in materia della sepoltura delle salme
di persone decedute per Aids potesse essere modificata.
Mi allega in copia il testo con le regole già citate con una sua considerazione: “ Il problema
sembra essere superato”. Anche a me era arrivata la medesima lettera da parte del ministero
della Sanità, però a differenza del sindaco non sentivo di condividere il suo ottimismo.
✧
L’Avvenire - 27 agosto 1996
L’assessore Braghetto: ”Bisogna conciliare le giuste precauzioni con il rispetto della persona”
Ancora oltraggi alle vittime dell’Aids
Venezia – I morti per Aids sepolti in un lenzuolo imbevuto di varecchina, un procedimento che non
previene il virus ma che risulta un pesante oltraggio alle persone. L’invito a rivedere la normativa
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(partito da Avvenire il 15 ottobre 1995) è ora riproposto dall’assessore alla sanità della regione Veneto, Iles Braghetto. Scrivendo una lettera al ministro della Sanità Rosi Bindi, l’assessore chiede di
“contemperare le esigenze di sanità pubblica con elementi di considerazione e rispetto verso i famigliari ed i congiunti, anche sulla scorta del parere espresso dalla Commissione nazionale Aids nella
seduta del 26 gennaio scorso”. (…)
Il Giornale di Vicenza - 31 agosto 1996
Franco Corleone (Giustizia) presenterà uno schema di legge entro settembre
Sottosegretario propone: legalizzare le droghe leggere
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Vicenza 26 settembre 1996 – Lettera inviata al presidente del Consiglio Romano Prodi e per
conoscenza al ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Flick, al ministri della Sanità Rosi
Bindi, al ministro della Solidarietà Sociale Livia Turco, alla stampa nazionale e cittadina:
Signor Presidente del Consiglio,
sono la presidente del Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei
malati di Aids che opera a Vicenza da circa vent’anni.
Desidero esprimere con questo scritto tutta l’angoscia, le delusioni e l’impotenza di
fronte alla precarietà dell’attuale vita sociale.
Ho letto sui giornali del 31 agosto u.s. un articolo titolato: “Sottosegretario (alla Giustizia) propone: “Legalizzare le droghe leggere”. Tale persona è Franco Corleoni, il medesimo che nel settembre ’87 a Milano “ha piantato una pianta di marijuana nell’aiuola che
circonda il monumento a Leonardo, distribuendo quindi foglioline di “erba” ai passanti.
I poliziotti presenti hanno ignorato la sceneggiata”.
Desidero far sapere, che lungi dallo stare a guardare, il mio comitato ha denunciato alla
Pretura milanese il Corleone per istigazione a delinquere e spaccio di sostanza stupefacenti, purtroppo con un nulla di fatto. È triste pensare che se tale provocazione fosse stata
commessa da un giovane qualsiasi, sarebbe stato subito arrestato. Due pesi e due misure!
Si parla di modificare la Costituzione, si dovrebbe invece finalmente osservarla con
scrupolo e far sì, che individui che sono andati contro ad essa in dispregio delle sue leggi,
non siano più nominati ad occupare un posto di grande responsabilità, come quello di
sottosegretario alla Giustizia.
Ho cercato nel vocabolario il significato esatto della parola “Politica” e leggo che vuol
dire:”Scienza e arte di governare lo Stato”. Che sia scienza non lo nego, ma esistono anche
scienziati perversi e diabolici che costituiscono grave pericolo per l’umanità; in quanto
all’arte, credo che oggi il termine più esatto sia: istrionismo. Per me manca una parola
molto importante, ed è “Coscienza”. Questa andrebbe anteposta alle prime due.
E qui emerge come l’Italia, resa grande nell’arco della sua storia ad opera di uomini
illustri in tutti i campi dello scibile umano, sia ultimamente precipitata in basso ad opera
di nuovi potenti impreparati a gestire uno Stato e molte volte addirittura corrotti; e il
popolo laborioso quanto purtroppo abulico e/o rassegnato, ne paga le conseguenze ogni
giorno.
Secondo il Corleoni le droghe “leggere” saranno proibite ai minori di 16 anni i quali,
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dico io, andranno ad acquistarla dai soliti spacciatori o forse addirittura da “maggiorenni”
compiacenti, incrementando lo spaccio capillare come è successo con la legge 685/75 che,
permettendo la modica quantità estese a macchia d’olio il già grave problema.
Nel suddetto articolo si legge ancora che: ”tra i 2-3 milioni di consumatori occasionali (non si parla di quelli abituali), ci sono molti giovani che per procurarsi l’hashish sono
costretti a rivolgersi al mercato nero arricchendo la criminalità organizzata”; e lui, dove si
è approvvigionato ogni qualvolta organizzava una sceneggiata? La coltivava nel suo giardino o sul davanzale della finestra? E inoltre, per non arricchire la criminalità vuole che
sia lo Stato ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini più indifesi? Non bastano i danni dell’alcool e del tabacco? Si cerca di limitare l’uso di quelle sostanze e dissuadere i fumatori e si
vuole che lo Stato si faccia spacciatore agevolando l’uso di droghe che attirano soprattutto gli adolescenti, sapendo bene quanta difficoltà abbiano nell’autocontrollo (ma dobbiamo sempre fare confronti con altri vizi per incrementarne di nuovi?). E in quanto alla
“limitazione del danno”, si acculturi e si informi correttamente presso un tossicologo che
non sia di parte; gli consiglio il dott. Vittorino Andreoli esperto in materia.
Gli addetti ai lavori sanno bene che non tutti coloro i quali usano droghe “leggere”
possono arrivare a quelle pesanti, ma chi ci arriva, nel 99 per cento dei casi è partito dagli
spinelli.
Chiunque sente la necessità di queste sostanze, vuol dire che è portatore di un disagio
e l’adolescente, per sua natura è molto spesso portatore di disagi, ed è per questo che rimane fortemente a rischio e andrebbe curato in modo mirato e non con droghe che irretiscono e bloccano lo sviluppo psichico.
Torino, Lazio e Catania fremono per sperimentare la legalizzazione, non tenendo
conto di chi ha già provato con esiti fallimentari, e come se non bastasse il metadone, si
ripropone la morfina. È come curare un alcolista con alcoolici di marca diversa.
Come si fa a non pensare che sotto sotto non ci sia puzza di bruciato?
Le sinistre con le loro ideologie libertarie hanno da sempre sostenuto il libero arbitrio
nell’assumere droghe, mistificando, secondo me, l’indifferenza verso il problema. Ridurre
il danno, vuol dire che il paese è in ginocchio di fronte alla criminalità, e non ha la forza,
io dico la volontà, di combatterla; così, nell’incapacità di ricorrere ad un impegno coraggioso, si tergiversa e si cedono le armi, ma non con onore. Ridurre il danno vuol dire sacrificare cinicamente tante giovani vite, che avrebbero bisogno di ideali e di esempi positivi.
Tra droghe, overdose, alcool, Aids, incidenti del sabato sera, siamo testimoni impotenti di una moria spaventosa. È questo che vogliono certi tribuni?
Il governo sia deciso nell’impedire turpitudini e non tolleri ingerenze e provocazioni
liberticide. A me pare di vivere nel caos, tutto quello che mi è stato insegnato di buono,
sembra ormai senza valore. Vi è chi delinque, e quando è chiamato a “pagare”, assume
comportamenti innocentisti, trovando i soliti “garantisti” che lo difendono a spada tratta
accusando la legge. Questo offende l’onestà di chi subisce e si trova poi a pagarne le conseguenze. Quando un tossicodipendente si suicida in carcere, non si alzano voci di protesta, eppure, la vita dovrebbe avere il medesimo valore per tutti. Inoltre il drogato, che in
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carcere dovrebbe trovare la prima assistenza terapeutica, viene lasciato solo nella disperazione. Ed è pure successo che giovani, affrancati dalla droga e reinseriti nella vita sociale,
siano stati poi nuovamente reclusi per pagare vecchi debiti e alcuni, presi dallo sconforto,
si siano suicidati e altri ne siano usciti poi distrutti ripiombando nella tossicodipendenza.
L’Italia è la patria del Diritto, ma io dico che a questo punto si può bruciare la Costituzione, perché in essa vi sono parole poi avvilite dai fatti.
Sono dodici anni che sono impegnata nella lotta alla droga, a causa di essa e dell’Aids
ho perso un figlio due anni fa, e vedere ripresentarsi in modo ricorrente, vampiri che
emergono dalla tomba portando la loro negatività, mi sconvolge l’anima. Negli ultimi
tempi della sua vita, mio figlio diceva:” la droga modifica e distrugge l’esistenza, annebbia
l’anima, sostituisce gli impegni e le gioie sane, è lavacro di dolore. Tu lotta mamma, grida
la nostra sofferenza”. E io questa sofferenza la voglio urlare.
Aiutiamo i giovani, sono il futuro di domani, non distruggiamoli per l’arroganza e il
pressapochismo di alcuni.
Signor Presidente, questo è quanto volevo dirle anche a nome dei genitori del mio
Comitato. So che lei è persona onesta, ma conosco anche la sua difficoltà nell’operare in
questa giungla, dove alcuni politicanti, più che ricercare il bene del Paese operano soprattutto per il loro vantaggio.
Al di la della mia esperienza drammatica, io sono testimone da anni di grandi tragedie;
prima di importanti iniziative sulla droga, interpelli i genitori, che dalla droga sono stati
segnati per la vita.
Vorrei che tutti coloro che soffrono per questo cancro sociale, intervenissero attivamente contro i moderni vampiri, ma vergogna, abbattimento, senso di sconfitta, frenano
una ribellione coraggiosa e aprono le porte agli sciacalli.
Per il Comitato di solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e dei malati di Aids
la presidente, Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 31 agosto 1996
Lo trovano dopo due giorni - Era ospite di una comunità
Stroncato da una overdose
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Il Giornale di Vicenza - 9 settembre 1996
Overdose fatale
Trovato il corpo dopo dodici ore
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Corriere della Sera - 11 settembre 1996
La mozione, approvata con soli 2 voti contrari,
chiede anche la somministrazione “controllata” dell’eroina
Droghe leggere, Torino città pilota
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Corriere della Sera - 12 settembre 1996
– 318 –
1996
Droghe libere, un coro di no
Polemiche sulla delibera del capoluogo piemontese. - Don Ciotti: un invito a riflettere
Nel Lazio una legge autorizza l’uso di morfina - Torino, la gente protesta in municipio
Furio colombo: “Idea bella e coraggiosa, ma in America non ha funzionato”
Il Giornale di Vicenza - 13 settembre 1996
La regione Lazio decide: metadone e pure morfina
Nell’ambito di interventi controllati per la riduzione del danno
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Corriere della Sera - 10 novembre 1996
S’infiamma la polemica, mentre oggi a Torino scendono in piazza gli antiproibizionisti
“Droghe leggere: è lobby”
“Avvenire” all’attacco - E Manconi: con noi un padre della Dc
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Il “padre della Dc sarebbe Emilio Taviani”, poi c’è il “massimo oncologo Umberto Veronesi”
che stimo come opera nel suo campo, ma ad ognuno il “suo”!
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Corriere della Sera - 17 novembre 1996
La sfida dello spinello “libero”
Ottomila in corteo a Torino. E An organizza la contromanifestazione
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Corriere della Sera - 24 novembre 1996
Il segretario del Pds prospetta inoltre la distribuzione di eroina nelle comunità.
D’Alema: sì alle droghe leggere. È subito bufera anche nell’Ulivo
“Berlinguer si oppose a un mio progetto di legalizzazione, ma la penso come allora”
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Corriere della Sera - 25 novembre 1996
Spinello libero, comunità contrarie
Veltroni: “Legalizzazione giusta”. Critiche dal Polo
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Per questa locandina, ho tratto lo spunto da una pagina di “Corriere – Salute”che riproduceva in bianco e nero le parti del cervello colpite dalle varie droghe. Ho sviluppato il tema a colori arricchendolo di
più spiegazioni, ne ho fatto volantini e agendine distribuite ai giovani come informazione e prevenzione.
Mi ha sempre fatto impressione scoprire che i leader di sinistra propongano la libera circolazione delle droghe. Ho sempre pensato che tanto più un politico è vicino al popolo, tanto più
sarà interessato a temi come la salute, il benessere, la promozione della gioventù, l’aiuto agli
“ultimi”ecc.
Come si concilia tutto ciò con l’idea che fare uso di droghe è una “libertà”che si deve concedere? Mi ha perciò colpito questo scontro di prospettive etiche tra Berlinguer e D’Alema: il
primo contrario alla legalizzazione e il secondo, come Veltroni e Vendola, ne fa una questione
progressista; ma si autostima così tanto da pensare di avere la verità, come si dice, in tasca?
– 319 –
1996
– 320 –
GUARDA COME LA DROGA BRUCIA IL CERVELLO
Per questa locandina ho tratto spunto da una pagina di “Corriere-Salute” che riproduceva in bianco e nero
le parti del cervello colpite dalle varie droghe. Ho sviluppato il tema a colori arricchendolo di più spiegazioni.
Ne ho fatto volantini e agendine distribuite ai giovani come informazione e prevenzione.
1996
Ma di che progresso stiamo parlando? La sinistra “classica” e quella moderna; quest’ultima
incapace di interpretare i valori popolari nei tempi nuovi e affascinata dai principi radicali,
come le libertà individuali in vari campi compreso quello delle droghe, scelte culturali che sono
state devastanti per la gioventù italiana e per le famiglie.
L’assurda proposta di D’Alema non è certo piaciuta a chi conosce la devastazione causata
dalla droga; alcuni lettori, allarmati e decisamente contrari, hanno manifestato con le lettere
ai giornali il loro dissenso. Ne scelgo una che più delle altre esprime chiaramente la sua indignazione.
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Corriere della Sera - 11 dicembre 1996
Un padre scrive a D’Alema
Caro Massimo, mi hai deluso - Se non te ne intendi, taci
Ho un figlio ex tossicodipendente (e spero proprio che possa mantenere sempre la qualifica di ex).
Credo che nessuno possa capire, se non chi ha provato, il cumulo di sofferenza, angoscia, delusione,
sensi di colpa e di fallimento che precipitano su una famiglia quando si accorge che un figlio “si fa”.
Non ti dico la fatica di persuaderlo, quando il dramma era ormai evidente e ingestibile, a iniziare un
percorso di disintossicazione, di ingresso in una Comunità terapeutica. Poi le notti insonni: ”Ce la
farà, non ce la farà…” e le tenue speranze seguite da delusioni, amarezze, nuovi tentativi, tempi lunghi, famiglia sconvolta. Finalmente dopo non pochi anni, distacchi sanguinanti, rifiuti umilianti
ecc…. mio figlio si è rialzato in piedi: ha barcollato, si è appoggiato a qualcuno che l’ha capito, accolto, amato. Ora, lo dico con il cuore che mi trema, è “ex”.
Aveva iniziato, ma l’ho saputo dopo, frequentando alcuni amici, ragazzi normali, senza apparenti
problemi gravi, qualche dissidio con le loro famiglie, rientro a casa alle ore piccole, minore rendimento scolastico (e nel lavoro, per chi già aveva iniziato a lavorare), nulla di speciale.
Ma nei loro incontri, prima allegri, pur se con qualche lieve trasgressione, poi sempre più muti e
silenziosi, avevano cominciato a volteggiare fumo acre, qualche spinello, qualche pasticca, roba leggera. Alla prima madre di uno del gruppo che sospettò, fu detto subito che stesse tranquilla: ”E’ una
cosa leggera, tanto per stare insieme, non ci fa male, ma lo fanno tutti gli amici, non meravigliarti,
è una cosa normale”. Andò avanti così per un anno, poi la telefonata a mia moglie di un’altra madre
ci creò qualche sospetto. Colloqui drammatici con il figlio, nessuna ammissione, se non la solita
frase: “E’ roba leggera, non mi fa male”. Poi una sera il crollo, la disperazione, in noi e in lui. Qualche suo amico era già stato chiamato in caserma per una verifica: furtarelli, guida pericolosa ecc. per
mio figlio, per fortuna, ancora nulla. Ma dalle cose leggere erano passati inesorabilmente a sniffare
altro, non più solo pasticche o fumi, ma polvere che stralunava gli occhi, il viso, la mente, la vita….
E tu, Massimo D’Alema, vieni a dire che in fondo le droghe leggere sono il male minore, per evitare danni maggiori alla società, per tamponare situazioni di fatto e che il proibizionismo è cosa d’altri tempi ecc…. Mi hai profondamente deluso!
O tu non te ne intendi, e allora taci; o vai in cerca di voti da sottrarre ai radicali e allora mi deludi
ancora di più. Lo sai che quelli che usano droghe pesanti sono passati tutti da quelle leggere? E
comunque intossicano l’organismo e lo svuotano della forza di lottare, di soffrire, di vincere, di essere libero? Lo sai che chi si abitua al metadone non uscirà mai più dalla dipendenza, non avrà mai
più la voglia e la forza di disintossicarsi? Lo sai che dalla droga si può uscire solo con percorsi guidati da esperti, in comunità; mai nessuno riesce da solo? Siamo sinceri, vogliamo giovani veramente
liberi (ed è possibile, ne hanno la capacità e il diritto) o ci accontentiamo di lasciarli nella loro dipendenza, purché ci diano i voti? Hai avuto gli applausi di un gruppo di giovani di partito, ma sei caduto in una trappola; la permissività in questo campo toglie la libertà. Avresti dovuto avere il coraggio
di dirlo, se vuoi bene davvero ai giovani. Se la società darà loro segnali di banale permissivismo (e
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1996
non è questione di fare evitare il carcere, nessuno è in carcere per spinelli e pasticche, caso mai si
sono sfracellati nelle macchine il sabato sera), allora davvero avremo una società debole, ombre
vaganti, giovani infelici. Te lo assicuro sulla mia pelle. (Un tuo ex ammiratore di Bologna)
Il Giornale di Vicenza - 29 novembre 1996
Il corpo rinvenuto ieri mattina lungo una strada
Stroncato da overdose
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1 dicembre 1996 - Giornata mondiale di lotta alla droga. Nel pomeriggio c’è stato un incontro su:”Testimonianze e coraggio per convivere con l’Aids”, al termine vi è stata la fiaccolata
lungo corso Palladio fino a Piazza dei Signori dove è stato acceso l’albero di Natale, quindi la
messa, ormai tradizionale e sempre molto partecipata, in ricordo dei nostri cari, concelebrata
da più sacerdoti e animata dal coro della Gev. Terminata la funzione religiosa vi è stato un
momento conviviale in cui si poteva bere una cioccolata calda – gentilmente offerta dal gestore di un bar – e gustare qualche fetta di torta fatta dalle nostre mamme. Tra le molte persone
presenti vi erano anche famigliari di giovani che noi avevamo assistito e con i quali si era creato un sentimento di solidarietà. È stata apprezzata la presenza del sindaco Quaresimin.
Il Giornale di Vicenza - 4 dicembre 1996
Cinque suicidi in pochi giorni
Il benessere non porta felicità nella società dell’egoismo
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Aids – 1996 – A Vicenza 60 decessi – In Italia 4198
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Come altre volte, anche quest’anno ho tratto il manifesto da una foto di Roberto per me significativa
1997
1997
Corriere della Sera - 4 gennaio 1997
Urod, bocciata la disintossicazione
La terapia chimica sperimentata nell’ospedale milanese
aveva invece avuto via libera nell’ottobre del ‘95
Stop del ministero al metodo antidroga:”Ingenuità nella ricerca del S. Raffaele”
Una “puntura magica” per guarire nel sonno
Milano - ”Miracolo”, “Puntura magica” o più prosaicamente “Riscatto definitivo dal buco”, l’Urod,
nato in Israele e approdato in Italia nel settembre del 1995, è sostanzialmente un cocktail di farmaci, soprattutto Naltrexsone. Un metodo che promette la totale disintossicazione (fisiologica) in
24 ore di cui 8 circa trascorse dormendo.
Si comincia con un’iniezione di anestetico che addormenta, ma non troppo profondamente. Al
paziente vengono poi inserite una sonda nel naso e una nel braccio per introdurre i farmaci antidroga. In bocca un tubo di gomma per raggiungere lo stomaco che sarà liberato durante il trattamento. Dopo circa un’ora dalla prima dose di Naltrexone il paziente ha una grave crisi di astinenza perché il farmaco va a liberare gli oppiacei dai recettori nervosi: si contorce, si lamenta, sente molto freddo ma non è cosciente. Ogni due ore, fino a un totale di 8 – 10, gli viene somministrato il cocktail
antidroga alternato a calmanti finché i test non rilevino che la disintossicazione è completa. Se non
ci sono complicazioni allo scadere delle 24 ore dal momento del ricovero, il paziente viene dimesso.
Garattini: sono contrario – Pratica a rischio
Roma – “L’Urod? Sono assolutamente contrario. E non da oggi”. Il professor Silvio Garattini, direttore dell’istituto di ricerca “Mario Negri” e membro del Cuf, si schiera decisamente con quelli che
il metodo antidroga israeliano lo bocciano senza appello. Ecco i motivi: sottoporre i pazienti all’anestesia generale è una pratica che può presentare qualche rischio, specialmente su organismi debilitati come quelli del tossicodipendente.
Questo metodo non è una soluzione al problema della droga: eliminare la dipendenza fisica non
significa guarire, tornare a una vita normale. Quello è solo il primo scalino. Ma il tossicodipendente rischia di uscire dalla clinica, tornare a casa, e riprendere le stesse abitudini di prima. L’Urod mi
sembra una specie di “porta rotante” da cui si entra e si esce dall’eroina. Inoltre costa troppo. Un
prezzo così alto non si giustifica: i farmaci usati non sono così cari, e neanche l’anestesia. E poi non
c’è mai stato un reale controllo sui casi trattati, per sapere esattamente cosa succede ai tossici dopo
il trattamento. (…)
In questi lunghi anni di mia militanza nel campo della tossicodipendenza, è capitato con una
certa regolarità che la stampa lanciasse con clamore e senza nessun esame critico, qualche miracolosa terapia risolutiva dalla dipendenza da sostanze stupefacenti.
Si trattava quasi sempre di farmaci particolari e costosi a cui alcune famiglie si accostavano con speranza e talvolta con grandi sacrifici.
Sempre dai giornali ho potuto constatare che, a seguito di fallimenti di questo metodo, vi
sono stati anche dei suicidi.
A questo proposito vorrei testimoniare un fatto avvenuto nei primi mesi del ‘96:
– 323 –
1997
Il figlio di una nostra mamma che ha iniziato a drogarsi quand’era ancora minorenne,
vorrebbe smettere, ma non ne è capace.
Venuto a conoscenza che il metodo rivoluzionario di disintossicazione Urod è praticato
anche da alcuni medici di Torino, vuole tentare l’esperimento. Si fa accompagnare in tale città
dalla madre che lo lascia per tre giorni, come richiede la terapia, presso una specie di clinica,
mentre lei, in albergo, aspetta piena di trepidazione il passare interminabile delle ore. Quando
lo va a riprendere, lui sembra una larva umana, incapace persino di reggersi in piedi, l’intervento terapeutico è stato devastante (a seguito di varie denunce, quei medici sono stati poi inquisiti e sospesi dalla professione). Due infermieri lo sorreggono trascinandolo giù per le scale, lo mettono in macchina bloccandolo con la cintura di sicurezza, in tre giorni ha perso circa dieci chili,
ha la testa ciondoloni e una densa schiuma alla bocca che sembra soffocarlo. Incerta se portarlo
all’Ospedale di Torino o correre a casa, la madre si avvia a velocità sostenuta verso Vicenza, sull’autostrada viscida dal nevischio e col terrore che abbia a morirgli durante il percorso o incorrere in un incidente. Arrivata, lo porta al SER.T, dove viene sottoposto a delle cure appropriate,
quindi a casa. Per tre giorni e tre notti lo veglia, senza dormire, tenendogli la mano e parlandogli in continuazione, perché lui aveva paura anche del silenzio. Dopo una settimana, appena
ripreso, torna a drogarsi, scaricando sulla madre esausta, tutto il suo mal di vivere.
Come si può sopportare tutto questo? Annientarsi nell’angoscia e vedere il proprio amore
umiliato e calpestato?
Il dolore nel mondo è così vasto, che sembra rendere assurda la vita, più è grande, e più lo
si vive in solitudine. Quello della droga è lacerante, perché vedi una creatura, la cui giovinezza dovrebbe essere proiettata nel futuro, che invece si annienta, soffocando, intelligenza, sensibilità, dignità, perdendo la salute e la vita.
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Il Giornale di Vicenza - 14 gennaio 1997
Al San Bortolo scoppia il caso malattie infettive
Il reparto del malattie infettive del San Bortolo al centro di una polemica per i costi dei nuovi
farmaci per la cura dell’Aids. Nel bilancio dell’Ulss servono quattro miliardi in più per i
nuovi ritrovati ma la direzione di via Rodolfi chiede aiuto alla regione oppure al ministero
Curare i malati di Aids – “Ma i soldi dove sono?”
Con i nuovi farmaci un paziente costerà circa 20 milioni l’anno
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Panorama - 16 gennaio 1997
Droghe? Andiamoci piano a chiamarle leggere
Il Milanese – IDEE – SOCIETA’ - Un articolo di Guido Vergani Dopo Torino, Ferrara. Dopo Ferrara, Venezia, Genova. L’esempio è contagioso: i consigli comunali
sono tarantolati dal bisogno di discettare e decidere su una materia, quella della legalizzazione di
hascisc e marijuana, delle cosiddette droghe leggere, che poco attiene alla politica amministrativa di
una città e molto, anzi totalmente, al dibattito medico, grande assente nel sempre più aggressivo e
perentorio bla-bla dei politici sull’antiproibizionismo, sulla distribuzione controllata dell’ eroina,
sullo “spinello libero”, all’insegna di una formula già di per sé gravida di rassegnazione, di impotenza: la “riduzione del danno”. (…)
Al di là della richiesta di depenalizzare totalmente il consumo (ma quasi sempre un forte consuma– 324 –
1997
tore, ogni abusatore è anche spacciatore), questa rubrica che sta dentro Panorama e il già vecchio
giornalista che la scrive dissentono, suggerendo almeno un po’ di cautela nell’orgia di pressapochismo che sembra euforizzare consigli comunali, avvocati di rifondazione, pannelliani, i Verdi e il loro
portavoce Luigi Manconi, lo stesso Walter Veltroni, una parte dell’ulivo, quasi che la legalizzazione
fosse sinonimo di oscurantismo.
La società vuole proteggere la vecchietta dal tossicomane scippatore, vuole evitare che il tossicodipendente si criminalizzi per procurarsi la droga, vuole eliminare una fonte di guadagno della mafia?
Lo faccia, cerchi di farlo senza mettere a repentaglio gli adolescenti (l’età del consumo continua ad
abbassarsi) e i più psichicamente vulnerabili fra loro. Il criterio per definire droghe leggere i derivati della canapa indiana è quello obsoleto della crisi d’astinenza. I cannabinoidi non inducono alla
dipendenza fisica come l’eroina o gli oppioidi in genere. Quindi non provocano dolorose, squassanti crisi di astinenza. Ma danno un’indubbia dipendenza psicologica, legata al ricordo dell’esperienza
piacevole che, per non addentrarsi in discorsi complessi, è un appiattimento di un fondo d’angoscia
e di dolore che non necessariamente ci è palese.
L’abuso (oggi è sempre più raro lo spinello del sabato sera e si va quotidianamente a pipate, a pastrocchi di hascisc nei dolci, nei “misto bosco”) non ha mai effetti leggeri, può determinare fenomeni di
alterazione delle percezioni sensoriali, dissociazione delle idee, distorsione del tempo e dello spazio,
pensieri deliranti, allucinazioni. È psicotizzante, porta in superfice o, come dicono i medici “slatentizza” malesseri, scompensi psichici che magari senza quell’acciarino sarebbero sempre rimasti nel
profondo.
Farmacologicamente la conoscenza della cannabis è precaria. Se ne sa poco rispetto, per esempio, alle
anfetamine. Dei 60 diversi alcaloidi trovati nel fumo di marijuana, solo 14 sono stati studiati in
profondità. Insomma, si va a tentoni. Quel poco che si sa e quello che i medici toccano con mano
autorizzano al pollice verso. Quel molto che non si sa bolla di faciloneria il partito dei legalizzatori,
soprattutto se si ricorda che uso e abuso coinvolgono sempre più i ragazzini e possono inquinare la
psiche in anni chiave per lo sviluppo mentale.
Tredici, quattordici, quindici anni: l’adolescenza. Che sia un’età delicatissima è persino ovvio dirlo.
Ma occorre essere chiari fino all’ovvietà. Dal punto di vista psichico, è il momento più critico della
vita. È l’età in cui maturano in noi la definizione dell’identità, i meccanismo di difesa e la rappresentazione della morte. Marijuana e hascisc interferiscono con questi passaggi determinanti della
fatica di diventare adulti. A testimoniarlo, basterebbe ricordare la loro caratteristica di provocare
un’alterazione dei ritmi temporali. Il che stravolge il rapporto con il senso dell’attesa che è psicoformativo nei vari stadi dell’evoluzione. Se viene alterato, sabotato da una sostanza, ecco che su un fatto
così semplice come la percezione del tempo interviene qualcosa che modifica la geometria psichica
in via di formazione. Questo è già un attentato all’organismo.
Gli esempi di attentati, di sabotaggio sono infiniti. Allora, non sarebbe logico e più serio che su una
materia così pericolosa il dibattito desse soprattutto diritto di parola ai medici, agli psichiatri, ai farmacologi?
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Corriere della Sera - 25 gennaio 1997
Severa presa di posizione dopo il “sì” agli antiproibizionisti
Droghe leggere: “no” Vaticano
“Legalizzarle significa dare valore al consumo degli stupefacenti”
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16 febbraio 1997 - Lettera inviata all’ assessore agli interventi sociali del comune di Vicenza
Egregio assessore,
negli ultimi tre mesi il Comitato di solidarietà si è fatto carico di due casi che necessitava– 325 –
1996
no di immediato aiuto. Non trovando nel territorio strutture disponibili a far fronte all’emergenza,ci siamo impegnati offrendo un tetto al riparo dalla strada, presso un albergo
della città.
Tutto questo in collaborazione con il Sert, che si è adoperato a far sì che il nostro intervento trovasse continuità presso le istituzioni preposte, affinché non rappresentasse un
precario rimedio a sé stante.
Il non reperire alternative nei momenti di grave emergenza, mi ha confermato ancora
una volta, quanto sia necessario trovare una soluzione preventiva pronta a dare risposte
immediate a quelle persone che non possono trovare sistemazione a Casa Speranza, perché non ancora invalidati dall’Aids.
Le chiedo perciò, signor assessore, di farsi promotore di un incontro con le associazioni di volontariato, del privato-sociale ed enti pubblici, per cercare insieme come dare un
dignitoso aiuto a che è privo di tutto, fuorché di emarginazione e sofferenza.
Riporto in chiusura un paragrafo della Delibera Consiliare del lontano 1982, in cui si
tratta dell’argomento di cui sopra; come vede, il 15 anni, nonostante ripetute e pressanti
richieste, ancora non è stato risolto.
“Interventi nella lotta contro le tossicodipendenze – Deliberazione Consiliare”
Struttura residenziale a breve termine: Da più parti è stata fatta presente la necessità
che sia creata una struttura residenziale che accolga i tossicodipendenti dopo le dimissioni dall’ospedale o dopo l’uscita dal carcere, per un breve periodo di stazionamento (di solito fino ad un mese). In questa struttura possono essere ammessi anche quelli per i quali il
Centro antidroga ritiene utile un momento di riflessione e di permanenza per una completa terapia o riabilitazione”.
Per il Comitato, la presidente Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - Sabato 22 febbraio 1997
Conclusione ospedale per ladro sorpreso durante il colpo nello studio di un legale
Ha rischiato la vita dopo il furto
Ma dopo due piani di “volo” viene arrestato dai carabinieri
Ha rischiato di morire dopo il furto nel tentativo di sottrarsi ai carabinieri. Una vita da sbandato,
per scappare dopo un furto è volato dal secondo piano atterrando sull’asfalto. Ha dovuto chiedere
aiuto ai carabinieri che lo stavano aspettando al varco e che lo hanno accompagnato all’ospedale,
dove è stato ingessato per la fratture della gamba sinistra e del polso. Ha subito pure un trauma facciale: prognosi di almeno trenta giorni. È stato quindi tratto in arresto e subito rilasciato.
Questo il fatto letto sul giornale; ora descrivo quanto ho cercato di fare per dare un aiuto a
questo giovane tossicodipendente senza riuscirci!
Nel raccontare tutto il retroscena della vicenda intendo mostrare quanta distanza c’è tra la
freddezza dei servizi pubblici e gli autentici bisogni di una persona in gravi difficoltà.
Questo giovane, 32 anni, “una vita da sbandato”, non ha casa e vive di espedienti.
La TV locale ha anticipato la notizia del giornale la sera precedente venerdì 21; ho contattato la struttura ospedaliera che lo ha in cura per sapere se aveva bisogno di aiuto, ma nessuno sapeva dove fosse e dove avrebbe passato la notte. Sabato, alle ore otto m’informo presso il
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1997
Sert, ma ancora il giovane non si è fatto vedere. Offro per quanto posso la mia disponibilità
per un aiuto immediato. Dopo circa un’ora una operatrice mi comunica che è arrivato trascinandosi alla meno peggio: era sofferente e affamato. Il giorno prima era stato trattenuto in questura, perciò non aveva potuto recarsi alla mensa pubblica. La notte l’aveva trascorsa nei sotterranei dell’ospedale rischiando di essere visto e scacciato.
Mi domando perché, nelle sue condizioni con una prognosi di trenta giorni, non sia stato
trattenuto almeno per qualche giorno in ortopedia!
L’assistente sanitaria gli offre la colazione e lo fa stendere su un lettino. Mi viene suggerito
di contattare lo psicologo incaricato di seguire il caso; tento di farlo, ma un suo collega non me
ne da l’opportunità perché “è in riunione di gruppo”. Insisto parlando di urgenza, ma non c’è
niente da fare. Questa chiusura operativa mi innervosisce. Dopo le undici riesco ad essere ascoltata, viene accettata la mia collaborazione, mentre il servizio cercherà una sistemazione futura (certamente non immediata). Il primo aiuto è l’acquisto di una scarpa ortopedica e di qualcosa da mangiare, cibi tenerissimi e liquidi perché è ferito in bocca e fatica a deglutire. Queste
cose le mangerà seduto su una panchina del giardino interno dell’ospedale.
Ritorno a casa e cerco una soluzione temporanea. Telefono ad un albergo che già altre volte
si è prestato nel dare ospitalità in casi particolari, ma non ci sono stanze libere. Un altro non
lo vuole a causa di spiacevoli esperienze, provo all’albergo cittadino, ma non c’è posto. Richiamo il Sert, ma non risponde nessuno. Così l’assessore ai servizi sociali. Tento con il sindaco. Sono
amareggiata, il giovane, anche questa notte dormirà nei sotterranei dell’ospedale come un animale braccato.
La domenica mi rimetto in contatto con il Sert; per legge dovrebbe essere aperto 24 ore su
24, per “l’espletamento delle attività assistenziali”, invece il sabato la chiusura è anticipata
alle 11 e alla domenica alle 10. E gli utenti sono molti.
L’infortunato dice che tenterà di arrivare alla mensa, lo invito a chiamarmi nel pomeriggio
per un tentativo in altra direzione. Infatti trovo un posto in una comunità, ma il giovane non
telefona ed io non so dove cercarlo. Questa mancata telefonata però, è una decisione sua!
A me, resta l’amarezza nel constatare che, di sabato pomeriggio e di domenica, pur nell’emergenza, la struttura pubblica sia assente e il vuoto non possa sempre venire colmato dalla
buona volontà del privato che spesso non ha i mezzi per sostituirla.
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Il Giornale di Vicenza - 25 febbraio 1997
Sequestro record ad Arzignano
Quarantatremila pasticche di ecstay!
Il responsabile del Sert, Balestra: “L’errore di credere che sia innocuo”
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6 marzo ’97- Ho spedito una lettera al Procuratore dalla Repubblica di Vicenza dott. Paolo
Pecori riguardante la sepoltura dei morti di Aids, unendo le copie inviate ai vari ministri e
spiegando la situazione tutt’ora immutata. Il risultato del suo interessamento come prevedibile, non ha cambiato nulla.
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1997
Corriere della Sera - 15 marzo 1997
Napoli, alla conferenza sulla droga lite Polo – Governo:
nelle carte si parla di liceità della coltivazione personale della canapa indiana
“Legalizzazione”, bufera sulla Turco
Arlacchi: ”Ora basta, l’ulivo faccia chiarezza o la partita è persa”
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Corriere della Sera - 16 marzo 1997
Il Guardasigilli ha chiuso a Napoli, tra le polemiche, la conferenza sugli stupefacenti
“Lavori utili per i tossicomani”
Flick: così potranno evitare il carcere - Veltroni: la droga da anni è il nostro Vietnam
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Il Giornale di Vicenza - 21 marzo 1997
Martedì in consiglio comunale dibattito sulle politiche nazionali
Droga, uno scontro di culture
Puntare alla “riduzione del danno” o bloccare ogni tolleranza
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La Repubblica - 1 aprile 1997
Lo afferma un autorevole rapporto dell’Accademia francese delle scienze.
“Lo spinello fa ammalare”
Hashish e marijuana riducono fiato, memoria e difese immunitarie
Il controllo dei derivati, tra cui la cannabis rossa, è una “emergenza sanitaria”
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Il Giornale di Vicenza - 10 giugno 1997
Un giovane autista trovato privo di vita nel suo furgone
Stroncato da overdose
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Il Giornale di Vicenza - 12 giugno 1997
Trovato privo di vita accanto ad una siringa
Stroncato dall’eroina
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Il Giornale di Vicenza – 18 giugno 1997
Blitz da record. Centinaia di indagati e quintali di “roba”
Sequestrati in una operazione su un traffico internazionale
In città arrivava un mare di droga
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Il Giornale di Vicenza - 21 giugno 1997
Un fienile imbottito di droga
“Iberia”, altri clamorosi retroscena dall’operazione che ha interrotto
un mega-traffico di stupefacenti
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1997
Il Giornale di Vicenza - 26 giugno 1997
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1997
Oggi giornata mondiale di lotta alla droga – Alle 18 convegno in sala Stucchi
Droga, in città sequestri record
E Vicenza è al terzo posto nella classifica regionale dei decessi
Nel Veneto nel ’96 sono morte 93 persone per abuso di sostanze stupefacenti, nel ’95 i decessi sono
stati 64. La provincia più colpita è Padova con 40 morti, seguita da Verona con 17 e Vicenza con
11. Nel ’96 nella città del Santo il sequestro di eroina è aumentato del 216 per cento, la cocaina del
95 per cento, le anfetamine e gli allucinogeni del 949 per cento. Nel Trevigiano da 38 pasticche
sequestrate nel ’95 si è passati alle 5.856 nel ’96. A Vicenza le cifre fanno ancora più rabbrividire dal
momento che nei mesi scorsi sono state sequestrate dalle forze dell’ordine oltre 45 mila pasticche di
ecstasy e ora nel corso dell’operazione “Iberia” che ha portato dietro le sbarre corrieri di mezza Italia, il quantitativo trovato dall’Arma è stato di svariate migliaia oltre ai chili di eroina e di hashish.
Ma queste fornite dall’Agirt, l’agenzia di informazioni religiose del nord est, non sono che alcune
cifre, gli altri dati sono quelli delle famiglie di tossicodipendenti che spesso non sanno dove sbattere la testa, delle prefetture dove i giovani che si sottopongono a colloqui sono sempre di più, dei Sert
dove gli utenti aumentano di anno in anno, dei ragazzi che usano droga il sabato sera in discoteca:
ecstasy, anfetamine ed altri intrugli. Di emergenza droga si parla sempre più spesso e lo si fa soprattutto oggi che si celebra la Giornata mondiale di lotta alla droga.
E proprio alle 18 in sala Stucchi di palazzo Trissino si parlerà di “Tossicodipendenza: malattia?” siederanno attorno allo stesso tavolo il primario del Sert dell’Ulss n.6 dott. Vincenzo Balestra e gli autori del libro “Un buco nell’anima”, gli psichiatri Roberto Bertolli e Furio Ravera. Moderatrice nonché organizzatrice della manifestazione Olga Dalla Valle presidente del Comitato di solidarietà. (…)
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Vicenza - 26 giugno 1997
Decima Giornata mondiale di lotta alla droga
Anche quest’anno il sindaco Quaresimin ci ha ospitato nella bella sala Stucchi di Palazzo Trissino, sede del Comune. Nell’accettare la nostra richiesta, l’amministrazione ha dato a sua volta
un segnale per far riflettere la città sul grave problema droga che da anni semina sofferenze e
lutti anche nella nostra provincia. Come relatori, oltre al dott. Balestra responsabile del Sert,
hanno accettato il mio invito gli psichiatri e psicanalisti Roberto Bertolli e Furio Ravera che
dal 1980 dirigono il reparto specializzato nella diagnosi e terapia delle tossicodipendenze presso la casa di cura “Le Betulle” ad Appiano Gentile. Inoltre, nel 1992 hanno fondato la Società
di Studio per i disturbi della personalità e sono con Guido Vergani gli autori del libro “Un
buco nell’anima”.
Aprendo l’incontro, ho ricordato il convegno di Denver tra i Grandi, dove si è detto che “La
droga è la base, il punto di arrivo e di partenza della più grande criminalità mondiale”.
Ho ricordato anche che a marzo, il ministro Flick aveva affermato che i trattati internazionali impediscono la legalizzazione delle droghe cosiddette leggere, ma che il comitato dei
nove della commissione giustizia, i radicali, i verdi, gli ambientalisti e le sinistre, coltivano un
“sogno nel cassetto”e saltuariamente lo tirano fuori brulicando in sordina e preparando leggi e
delibere incuranti di tanti trattati. A loro sta a cuore l’ambiente e la lotta all’inquinamento,
ma persistono insistentemente nel volere inquinare il corpo e l’anima dei nostri giovani. Ho
ribadito che il problema droga deve essere di competenza sanitaria e non di correnti partitiche.
Per dare visibilità alla giornata e pubblicizzare l’incontro abbiamo preparato dei manifesti
e dei volantini la cui immagine è stata tratta da un disegno molto significativo di Roberto. Nel
retro, una pagina del libro “Un buco nell’anima”. Il tema: Tossicodipendenza: Malattia?
– 330 –
Disegno significativo di Roberto
1997
La sala era gremita, gli interventi molto interessanti, nuovi, e per noi gratificanti, perché
venivano esposte le nostre convinzioni di sempre.
Corriere della Sera - 28 giugno 1997
L’allarme del ministro Turco per l’uso di “pasticche” tra giovanissimi
Ecstasy più letale dell’eroina
Cresce il consumo occasionale, sale il numero dei morti:un record dall’86
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1997
Il Giornale di Vicenza - 14 luglio 1997
Stroncato da un’overdose di eroina
Morte di un 29enne ucciso dalla droga
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Il Giornale di Vicenza - 4 agosto 1997
Si getta sotto il treno per evitare l’arresto
Avrebbe dovuto tornare nella comunità da dove era scappato
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Il Giornale di Vicenza - 12 settembre 1997
Sfiorata la tragedia
Madre finisce sotto il treno sul luogo dove morì il figlio
Sconvolta dal dolore la donna è rimasta gravemente ferita
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Il Giornale di Vicenza - 16 settembre 1997
Stroncato dalla droga
È stato trovato privo di vita con la siringa conficcata nel braccio
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Sabato 18 ottobre ’97 – Sabato scorso c’è stato il primo di tre incontri organizzati dall’Anlaid
a villa Cordellina di Montecchio, oggi il secondo.
Durante la discussione è intervenuta una signora che aveva perso figlia e nipotina a causa
dell’Aids, e ha affermato che sente come suo compito l’impegnarsi a scoraggiare la maternità a
chi è Hiv positiva. Ho sentito in lei dolore e rabbia. Una giovane seduta vicino a me, ha perso
marito e figlioletto, ma diceva che non si era mai sentita disperata, ed è convinta che non si deve
decidere della nascita di un figlio. Lei è “per la maternità, non per la programmazione della razza
pura e nella sua tragedia si è avvicinata a Dio”.
Nel parlare insieme, lontane dagli altri, ha ribadito che la sua era stata una scelte meditata, inoltre si era sentita convinta che il figlio sarebbe nato sano. Certamente non ha saputo resistere all’istinto di maternità. Un’altra mamma si era scoperta sieropositiva quando il figlio
aveva 14 anni. Per lei era stato un dramma. Mentre raccontava la sua storia si è interrotta più
volta piangendo.
Tanti drammi, uno diverso dall’altro, ma in un certo senso anche simili, tutti vissuti intensamente.
Il Giornale di Vicenza - 25 settembre 1997
Tossicodipendente stroncata in casa da overdose
23 anni finiti in un “buco”
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Il Giornale di Vicenza - 29 settembre 1997
La misteriosa morte di due giovani
Annegano dopo il “buco”
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1997
– 333 –
1997
Il Giornale di Vicenza - 13 novembre 1997
Giovane fulminato dalla droga
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Corriere della Sera - 13 novembre 1997
Disobbedienza civile a Roma
Spinelli: distribuzione nel nome di Pannella che però non partecipa
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Corriere della Sera - 14 novembre 1997
Il leader riformatore, da poco colpito da ischemia cerebrale denuncia il boicottaggio
di Rai, Mediaset e Tmc. Andreotti: le battaglie di libertà si combattono da vivo
Pannella: rischio la vita contro la “TV di regime”
“Via allo sciopero della fame e della sete: non sono io folle ma questo paese”
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L’istrionismo di Pannella, tutto proiettato nel suscitare pubblicità e forti emozioni (crede lui)
ormai stanca un po’ tutti. Credo che egli abbia di sé un alto concetto e cerca di ottenere ciò che
vuole con la “violenza dello sciopero della fame e della sete”, che personalmente mi lasciano
molto scettica. Pannella è un furbastro, un narciso che ambisce e pretende di essere nelle prime
pagine dei giornali e nelle “vetrine” delle TV, sotto forma di eroe martire della libertà.
Ma lui, conosce veramente il significato della parola libertà?
Un po’ di umiltà e rispetto delle regole, forse renderebbero le sue battaglie più credibili.
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24 Novembre 1997- Lettera inviata al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e p.c. al presidente del Consiglio Romano Prodi, al ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Maria Flick, al ministro della Sanità Rosi Bindi e al ministro per gli Affari Sociali Livia Turco, alla stampa nazionale e cittadina
Signor Presidente della Repubblica,
sono la presidente del Comitato di Solidarietà con le Famiglie di Tossicodipendenti e dei
Malati di AIDS di Vicenza.
Le ho già scritto una prima volta nel Settembre ’95, spinta dall’indignazione per avere
visto la salma di un giovane morto di AIDS, deturpata dalla candeggina. In quell’occasione, con una telefonata fatta a Suo nome da un funzionario della presidenza, mi aveva promesso il Suo particolare interessamento affinché fosse abolita la normativa che impedisce
a queste salme di essere vestite con i propri indumenti, ma avvolte in un lenzuolo imbevuto di disinfettante (per noi allora era appunto la candeggina per il basso costo). Dopo
più di due anni, nulla è mutato, e purtroppo constato che la burocrazia e l’immobilismo
istituzionale sono più autorevoli della più alta carica dello Stato.
Ora, colgo l’occasione di una Sua frase pronunciata in TV il 20 c.m. e riportata dalla
stampa, che qui riporto fedelmente: “Attenzione, i diritti fondamentali del cittadino, sanciti dalla Costituzione, non possono essere stravolti da nessuno, per nessuna ragione di alcun genere, senza ferire l’ordinamento giuridico e la civiltà di un popolo”.
– 334 –
1997
Signor Presidente, questa frase la ritengo chiara ed esplicita, ma mi permetta una riflessione che mi sta molto a cuore; vale anche per Pannella?.
Costui da anni, disprezza i diritti fondamentali di molti cittadini accanendosi su quelli più deboli che andrebbero protetti. Da anni distribuisce pubblicamente e impunemente nelle piazze, hashish e marijuana e privatamente, ma alla presenza di fotografi si fa
ritrarre con personalità di spicco, mentre offre intere scatole di dette sostanze, attualmente proibite dalle leggi vigenti. In questi ultimi tempi, poiché si sente umiliato dai mezzi
d’informazione, si atteggia a martire, “rischiando la vita”, come se già tanti giovani, a causa
della droga non l’avessero persa. In questo è sostenuto dai soliti fautori di pseudo libertà.
Ebbene, la Costituzione dovrebbe difenderci da questi personaggi destabilizzanti, che
per loro mire oscure (ma forse non tanto), insinuano negli adolescenti il piacere delle trasgressioni che poi potranno portare molti di loro a rovinarsi la vita.
Il sistema politico attuale, pieno di confusioni e contraddizioni, porta i cittadini alla
sfiducia e alla ribellione. Ne sono prova i fatti di questi ultimi anni, specialmente qui, nel
nord Italia, e se il nostro Paese è ancora tale dopo, ruberie e scandali, grossa parte di merito lo ha la gente che opera con serietà e responsabilità.
E se questa gente, imitando Pannella invocasse la disobbedienza civile?
Le nostre leggi a volte ambigue creano confusione di valori e ognuno si arroga il diritto
di interpretarle a suo piacimento, perché una debole democrazia, davanti a chi fa la voce
grossa, dimentica che ci sono dei principi costituzionali ed etici, che vanno rispettati.
A Lei Signor Presidente, come cittadina italiana, chiedo che veramente i diritti fondamentali di ogni cittadino siano salvaguardati nell’uguaglianza di ognuno e non siano privilegio di pochi.
Distinti saluti
Per il Comitato di solidarietà, Olga Dalla Valle
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25 novembre 1997
Riporto un articolo di Maurizio Chierici sul Corriere della sera nella rubrica “Noi & loro”
“Quando è arrivata la lettera di una signora di Trecate, Novara, Pannella stava per cominciare lo sciopero
della fame e ancora non accusava la Tv di non distinguere i pedofili per bene dai pedofili che uccidono i
bambini. I primi da rispettare, gli altri no. La signora si lamentava di Pannella per le fumate di marijuana
in piazza. Liberalizzare forse non serve. Lo hanno ripetuto gli esperti ONU, a Miami, dopo una interminabile ricerca nelle Americhe. Non demonizzano le droghe. Leggere e pesanti si possono distribuire per svuotare il mercato nero. Con qualche esclusione. Chirurghi: i malati forse non gradiscono un signore con un
bisturi in mano che fuma o si fa. Piloti d’aereo: i passeggeri potrebbero sentirsi imbarazzati. Gli insegnanti:
è fastidioso che i ragazzi scoprano la professoressa mentre tira una canna. Per carità, militari, polizia, chi
guida autobus, treni ecc. restano pensionati, disoccupati, barboni. Possono passare allo spaccio: nome e
cognome, e via con l’erba proibita. La signora soffre di una strana situazione. Il marito è un fan di Pannella. La figlia di 12 anni, ne respira l’ammirazione. “Speriamo che non impari a respirare qualcos’altro…” A
volte politica e cultura non considerano la fragilità di adolescenti protagonisti di un’età dove la curiosità
insegue le idee più eccitanti. I parametri degli adulti “devono” valere anche per loro. Non importa il prezzo. Ricordo la polemica con Marcello Baraghini, bravo editore dei libri “Mille lire”. Tornavo dagli Stati
Uniti con un allarme di nome ecstasy. Da noi cominciava. Arrivo e vedo appeso nell’edicola fra due scuo– 335 –
1997
le un libro “mille lire” dedicato all’ecstasy. Autore il grande ricercatore proposto a lettori sprovveduti. Ecstasy diventa “medicina”. Guarisce il cancro, aiuta la spiritualità, fa dimagrire. Garantisce sensazioni fantastiche e resta per sempre “maestra di vita”. Non è pericoloso? L’editore si arrabbia. Libro che aiuta i ragazzi a
capire; solo i fascisti non sono d’accordo. Di cos’ho paura? Quattro anni fa…. Ormai l’ecstasy massacra ogni
sabato sera. Il ministro Turco dà l’allarme: nelle discoteche le pasticche sono aumentate del 392 per cento.
Uno sballo che brucia il cervello ai protagonisti del 2000. Valeva la pena culturalizzarlo?
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Il Giornale di Vicenza - 26 novembre 1997
Fulminato mentre si inietta la droga
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Il Giornale di Vicenza - 27 novembre 1997
“Vado a riposare”. Ucciso da overdose
Una siringa accanto al letto – E’ la terza vittima della droga in pochi giorni
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1 dicembre 1997 – Giornata mondiale di lotta all’Aids.
Il Comitato famiglie, anche quest’anno, come ormai nostra “tradizione”ha focalizzato la giornata sul “Ricordo”, con una messa al termine della quale vi è stato il consueto incontro con i
presenti.
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Il Giornale di Vicenza - 2 dicembre 1997
19 anni, muore per overdose
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Aids – 1997 – A Vicenza 34 decessi – In Italia 2144
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1998
1998
La Repubblica - 9 gennaio 1998
Parla Pino Arlacchi, responsabile dell’Agenzia per la lotta agli stupefacenti:
distruggeremo tutte le piantagioni di coca e oppio
“Droga sconfitta in 10 anni – Pronto il piano dell’ONU
La liberalizzazione sarebbe una strada sbagliata
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Il Giornale di Vicenza - 11 gennaio 1998
Proposta choc di Galli Fonseca nella tradizionale relazione dell’inaugurazione
“La droga? Diamola noi”
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Corriere della Sera - 11 gennaio 1998
Più no che sì dalle comunità
Don Benzi: sbalordito e amareggiato - “E’ il preludio a una devastante legalizzazione”
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Corriere della Sera - 13 gennaio 1998
Il ministro della Giustizia: “Il governo non farà proposte”
An: ripartiamo dalla Jervolino Vassalli
Flick: nessuna legge sulla droga controllata
Una madre coraggio: vi chiedo di non aiutare i giovani a morire
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Il Giornale di Vicenza - 14 gennaio 1998
Coro di no allo Stato “droghiere”
La proposta di Galli Fonseca bocciata da laici e religiosi - Critici gli stessi giovani
Le famiglie giudicano l’idea inaccettabile e vergognosa
Olga Dalla Valle: “Sarebbe come pensare di curare gli alcolisti con la grappa”
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Il 14 gennaio 98, la dottoressa Paola Pianalto, assessore di Recoaro Terme, mi invia tramite
lettera i suoi ringraziamenti “per il materiale informativo che sarà mio dovere far circolare tra gli insegnanti e gli “addetti ai lavori” vista la rilevanza del problema che tocca anche
la nostra comunità sempre più frequentemente, sarei interessata a conoscere quali forme
di sensibilizzazione il vostro comitato può offrire”.
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Il Giornale di Vicenza - 15 gennaio 1998
Cossiga: chiederò lo scippo libero
Droga, fronte unico per il no
Si “riuniscono” i cattolici dei poli – Contrari anche Prodi e la Bindi
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1998
Corriere della Sera - 15 gennaio 1998
Il presidente del Consiglio affronta la questione alla Camera
Le sue parole fanno esultare i sostenitori del “no”
Prodi: drogarsi non è un diritto
Cossiga: “Galli Fonseca? Conta meno di un sostituto procuratore”
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La frase di Cossiga esprime quanti modi ci sono
per disprezzare e ironizzare sulla vita degli altri!
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Il Giornale di Vicenza - 16 gennaio 1998
La droga liberalizzata divide Strasburgo
Assemblea spaccata in due
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Il Giornale di Vicenza - 17 gennaio 1998
Fulminato da overdose
Un giovane tossicomane è stato stroncato dall’ eroina
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Il Giornale di Vicenza - 6 febbraio 1998
Sert, addio a S. Bortolo?
Vertice Comune – Ulss – Prefettura per decidere il trasloco
Da tempo i residenti protestano per i rischi di ordine pubblico
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Corriere della Sera - 12 febbraio 1998
Il dossier della presidenza del Consiglio: figli sempre più disadattati
Suicidi e anoressia in aumento. I genitori? Colpevoli più della Tv
Allarme sui bambini, “piccoli tiranni”
Minori alla deriva - Ma in famiglia nessuno sa dire loro “no”
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Lettera inviata a: Il Giornale di Vicenza e pubblicata il 13 febbraio 1998 con il titolo
Il trasferimento del Sert non risolve il problema
Egregio Direttore
In data 6 Febbraio è uscito nel suo giornale un articolo titolato: Sert, addio a S. Bortolo?
In detto articolo è riproposto un argomento che negli ultimi anni è stato più volte evidenziato, cioè il fastidio della presenza di tossicodipendenti nei pressi dell’ospedale dove
ha sede il Sert (prima del trasferimento, il medesimo problema interessava S. Felice, dove
il Sert aveva iniziato ad operare tra mai spente polemiche). Nell’articolo si lamentava che
i 150 utenti che frequentano il servizio per le tossicodipendenze “portano un degrado
generale alla zona”, anche perché, alcuni di loro sostano in gruppetti, offrendo un “non
buon biglietto da visita per il quartiere”. A questo punto desidero esprimere alcune considerazioni: in qualsiasi zona il Sert si trasferisca, il problema si ripresenterà, perché i tossicodipendenti ci sono e hanno diritto di essere curati; sono anch’essi cittadini e per giun– 338 –
1998
ta, in difficoltà. La tossicodipendenza è un grave problema stagnante ormai da trent’anni e tuttora non esiste un progetto mirato a porvi rimedio e secondo l’abitudine del bel
Paese, si rattoppa sui rattoppi. La somministrazione del metadone è solo una di queste
toppe. Quando era assessore agli Interventi Sociali l’attuale sindaco Quaresimin, esisteva
una commissione per le tossicodipendenze e per l’Aids, cui facevano parte, oltre al
Comune, un rappresentante amministrativo dell’ULSS, il primario del Malattie Infettive, il provveditorato e le associazioni di volontariato che si occupavano di tali problemi.
Oltre ad avere gettato le basi per un coordinamento tra le varie forze rappresentate, si
erano raggiunti anche degli obiettivi che preludevano una continuazione d’impegno.
Anche la Prefettura aveva cominciato a muoversi in questa direzione, allargando il coordinamento alla provincia. Poi tutto è miseramente finito per inerzia.
Sembra che il problema droga non esista più, se non sulla cronaca dei quotidiani.
Ognuno, se opera, lo fa in camera stagna, con azioni scoordinate, quindi, con dispersione di energie e spreco di denaro. In questo modo, anche gli interventi d’emergenza vengono rallentati, quando non vanificati. Le famiglie, da sempre, a causa di troppe leggi
confuse e ambigue, vengono lasciate sole nel gestire convivenze drammatiche, molte volte
oltre il limite del sopportabile. Quando viene al nostro comitato qualche genitore alla
disperata ricerca di un aiuto, dopo vari tentativi falliti, noi diamo il massimo della disponibilità, ma quasi sempre constatiamo con rabbia e tristezza, la quasi impossibilità di
recuperare giovani tossicodipendenti perché manca una concreta e radicale forma di
intervento, che per noi genitori, non consiste nella legalizzazione , ma nella cura obbligatoria. Devo peraltro dire, che moltissime sono le famiglie che non si espongono, che si
disperano al riparo della loro casa, ma che, in questo modo, contribuiscono a mantenere immutata la situazione d’emergenza e di stallo. Se tra le famiglie colpite dalla droga, e
per droga intendo: spinelli vari, ecstasy, eroina ecc., una sola persona si affiancasse a noi,
saremmo talmente tanti da costituire una forza tale, da “consigliare” chi di dovere ad
impegnarsi in modo mirato e costruttivo nella prevenzione e nella cura.
Si parla invece di somministrazione sperimentale di eroina e di depenalizzazione per
detenzione di droga ad uso personale, si dice, per ridurre il danno: ma il danno di chi?
Del tossicodipendente o della società che lo rifiuta e non vuole considerarlo una persona
in grave difficoltà?
Ma questo è un argomento talmente vasto che non può esaurirsi con uno scritto. Invito però i genitori con figli, sia ancora nell’età infantile, che adolescenti, a riflettere su questo tema con serietà e preoccupazione; la droga è un problema di tutti, perché è come
una malattia contagiosa che può colpire chiunque in modo subdolo e in qualsiasi
momento.
Per il Comitato di solidarietà famiglie di tossicodipendenti e malati di Aids,
Olga Dalla Valle
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1998
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1998
Corriere & Salute - 17 febbraio 1998
Urod
Sembrava la via di uscita rapida dall’eroina - Poi il ministero l’ha bocciato
Ora una revisione di tutti gli studi pubblicati sul metodo conferma la sua inconsistenza
E Silvio Garattini ne sottolinea i rischi
Disintossicati per un giorno
Una bocciatura dietro l’altra. Dopo quella del ministero della Sanità (conseguente al parere negativo della Commissione Unica del farmaco) del gennaio dello scorso anno, ora arriva quella della rivista medica Jama, il giornale dell’Associazione dei medici americani.
Il soggetto in esame è l’Urod, la disintossicazione ultrarapida dall’eroina sulla quale si era concentrata l’attenzione di tutti un paio d’anni fa. La offriva, alla cifra di 10-12 milioni, un ospedale di
chiara fama, il San Raffaele di Milano, che ora l’ha completamente abbandonata. Analoga scelta ha
fatto l’altra struttura che la praticava, la Clinica Villa Maria Cecilia di Lugo di Romagna. La nuova
bocciatura è frutto di un lavoro degli psichiatri della Yale University di New Haven, negli Usa, che
hanno analizzato tutti gli studi pubblicati su questo trattamento dal ’66 ad oggi; fra questi, anche
quello del suo inventore, lo psicologo spagnolo Juan Josè Legarda. E tali ricerche non reggono alla
verifica: sono mal condotte, non operano un confronto con un gruppo di tossicodipendenti di controllo (non sottoposti, cioè, alla cura) e, soprattutto, non seguono nel tempo i pazienti trattati. Soltanto uno studio dà informazione sull’esito della disintossicazione a distanza di un mese; nella maggior parte dei casi, il periodo di osservazione non va oltre i dieci giorni. “D’altro canto il fatto che
gli studi pubblicati finora non ci diano informazioni sull’effettiva capacità dell’Urod di liberare dall’eroina è già una prova significativa di inefficacia” commenta Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche M. Negri di Milano. “Ed è bene sottolinearlo: il tossicodipendente
rischia di uscire dalla Clinica e tornare alle stesse abitudini di prima”. (…)
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Corriere della sera - 15 febbraio 1998
Ravenna – Allarme Aids: Prostituta infetta, migliaia nella paura
Due linee verdi per chi teme di essere stato contagiato
Da due anni malata di Aids ha continuato a lavorare. L’accusa: epidemia colposa
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Lettera a “Il Giornale di Vicenza” pubblicata l’1 marzo ‘98 in una pagina con altre che trattavano il medesimo argomento. Titolo:
Comportamenti a rischio
Caro Direttore
Venerdì della scorsa settimana, il suo Giornale ha cortesemente pubblicato una mia lettera sul trasferimento del Sert, e oggi le chiedo il favore di pubblicare anche quest’ultima.
Il fatto della prostituta di Ravenna è per me troppo rappresentativo, per non intervenire con alcune considerazioni.
La prima, e più evidente, è quella che, nelle situazioni gravi che gettano allarmismo, vi
siano sempre persone autorevoli, pronte a sdrammatizzare e a tranquillizzare, anche
quando non c’è nulla per stare tranquilli.
Lo Stato spende i miliardi dei contribuenti in campagne per la prevenzione contro
l’Aids per dirci che oggi non si può più parlare di categorie a rischio, ma di comportamenti a rischio, costituiti innanzi tutto da rapporti sessuali non protetti.
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1998
Il fatto di Ravenna, poteva servire come esempio per affermare la veridicità delle informazioni date, invece, si tranquillizzano gli incauti praticanti l’amore mercenario (si parla
di migliaia), affermando che, secondo le statistiche, il rischio è molto limitato e che un
uomo solo su 400 può rimanere contagiato. Quell’uno però, può essere chiunque.
Questo è un messaggio perverso, perché, passato il primo momento di paura, uno può
tranquillizzarsi e posticipare eventuali analisi inizialmente progettate e poi dimenticarle,
anche per quel processo di rimozione, per cui si tende a cancellare psicologicamente, ciò
che può darci ansia. Ne sono la prova, le innumerevoli telefonate alla Questura di Ravenna, quando invece i clienti avrebbero dovuto rivolgersi subito alle ULSS, per informazioni più mirate e particolareggiate. Anch’io nel mio piccolo, e per anni, tramite le pagine di
questo giornale, con lettere o interviste, ho cercato di mettere in guardia dal pericolo della
prostituzione che, in certi casi, equivale a una mina vagante. Ora, questo, è brutalmente
emerso a Ravenna, ma situazioni simili, succedono in qualsiasi città.
Con il volontariato presso i malati di Aids, ho avuto modo di conoscere varie situazioni di contagio. Donne non più giovani, infettate dal marito, frequentatore di prostitute,
giovani divenuti sieropositivi dopo rapporti non protetti con coetanee, ignare forse loro
stesse, di essere portatrici di morte, minorenni di ambo i sessi, alle prime esperienze sessuali, e già segnati. Oltre il numero certo di sieropositivi che si controllano alle ULSS, esiste un mondo sommerso di persone che, pur sapendo di avere avuto rapporti a rischio,
non sentono il dovere civile di sottoporsi ad analisi, ma perseverano nel mantenere per
incoscienza o per ignoranza le medesime abitudini sessuali. Si attua così una specie di catena di S. Antonio, che si moltiplica matematicamente, perché uno contagia più persone,
che a loro volta diventano contagianti. Le vere vittime, in questa situazione, non sono gli
incauti signori che pur sposati e con prole, incrementano il mercato del sesso senza alcuna precauzione, ma le mogli ignare che subiscono, ed eventuali figli concepiti.
Oggi, dopo la denuncia del Procuratore generale di Ravenna, si discute sulla privacy.
Sono del parere che questa vada rispettata finché non lede la salute degli altri, perché
quando questa diventa una minaccia, dovrebbe costituire reato ed essere punita. La Legge
non dovrebbe proteggere chi, coscientemente causa danni agli altri, ma gli innocenti che
di questi sono vittime. Per ultimo, rendo noto, che molti si vergognano di far sapere di
essere malati di Aids, e s’inventano qualsiasi altra malattia; questo è un loro diritto. Si sappia però, che chi muore di questa malattia, quando sarà deposto nella bara, non sarà vestito con i propri indumenti, ma avvolto nudo in un lenzuolo imbevuto di disinfettante, il
ché, farà capire la causa del decesso, nonostante la privacy, a meno che, non si trovi qualcuno disposto a vestirlo con l’offerta di un biglietto da centomila! Ma questa è un’altra
vecchia faccia del problema.
Per il Comitato solidarietà famiglie di tossicodipendenti e dei malati di AIDS,
Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 14 marzo 1998
Giovane trovato morto in casa
Si sospetta overdose di droga
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1998
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31 marzo ‘98 – Con una mamma del Comitato sono andata in visita dal Prefetto Francesco
Giovannucci. È stato molto cortese e ci ha dato la sua disponibilità. Per il 26 giugno, giornata mondiale di lotta alla droga ha promesso che manderà degli allievi carabinieri e poliziotti.
Abbiamo toccato anche il tasto delicato della violenza di alcuni agenti delle forze dell’ordine.
Ha preso nota.
Uscite dalla prefettura siamo andate alla scuola allievi infermieri dove sono stati illustrati
per l’Ulss dei progetti pubblicitari di prevenzione alle droghe. A me non sono sembrati adatti;
ne ho parlato al dott. Balestra e lui è rimasto sorpreso. Non capisco perché usino un linguaggio
da drogati nella prevenzione alle droghe per giovani che non le usano!
27 aprile ’98 – Con il proposito di coinvolgere più associazioni per dare un forte segnale alla
città nella “Giornata mondiale di lotta alla droga” ho contattato l’assessore agli interventi
sociali del Comune per avere il patrocinio e un appoggio nell’organizzazione.
Poi, con Nico Rossi (insegnante di filosofia in un liceo della città e interessato a questi problemi) vi è stato un colloquio col responsabile della comunità San Gaetano e due suoi operatori. Sono disponibili a collaborare impegnandosi in vari modi per tutta la giornata, possibilmente in piazza dei Signori, cuore cella città. Ne ho parlato anche con il dott. Balestra; questa sarà la prima volta in cui uniremo le forze contro la droga.
5 maggio 1998 – Con il dott. Vinicio Manfrin degli infettivi, don Edoardo responsabile di
Casa Speranza e don Mariano prete volontario, mi sono recata a Piazzola sul Brenta per una
“Tavola rotonda e dibattito per fare un po’ di chiarezza”, organizzata dalla Commissione di
Pastorale Giovanile sul tema: “Aids: Oltre i luoghi comuni un confronto”.
Il salone che ci ospitava era gremito di giovani e con loro gli animatori di vari gruppi parrocchiali.
Ho apprezzato l’impegno degli organizzatori; per me era una presa di coscienza di fronte a
un problema molto pericoloso soprattutto per i giovani.
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Il Giornale di Vicenza - 17 maggio 1998
Overdose lo stronca nel bosco
Il suo fedele cane lo veglia per tutta la notte
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Corriere della Sera - 24 maggio 1998
A Roma manifestazione dei centri di recupero
“No allo spinello libero”: 15 mila in piazza
Tra la folla Fini e Casini: pronti all’ostruzionismo in aula.
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Il Giornale di Vicenza - 5 giugno 1998
Fiume veneto nel mare di droga
Sviluppi fino a Montecchio Maggiore nell’inchiesta sul narcotraffico
in Europa e in Australia - Sequestrata “roba” per 10 miliardi
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1998
Il Giornale di Vicenza - 8 giugno 1998
Parte la crociata antidroga
Arlacchi: il nostro obiettivo? Debellare la colture di eroina e coca
Il sistema bancario “paradiso” del riciclaggio di soldi sporchi
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Corriere della Sera - 9 giugno 1998
New York: iniziato il summit all’Onu per l’approvazione del piano Arlacchi
Partecipano 150 Paesi e 35 capi di Stato
Lotta alla droga, dissenso Stati Uniti – Italia
Clinton: repressione e leggi più severe
Washington – Auspice l’ONU, nasce finalmente una politica internazionale contro i narcotici, frutto delle fatiche dell’ “Undep”, l’organizzazione per il controllo e la prevenzione della droga diretta
da Pino Arlacchi: ieri al Palazzo di vetro di New York, al vertice con 150 Paesi con la partecipazione di 35 capi di Stato tra cui Clinton e Prodi, è incominciata la ratifica del massiccio documento
programmatico varato il 21 marzo a Vienna. Ma nasce tra le proteste del pubblico contro l’iperproibizionismo, a cui dopo Emma Bonino si è unito anche Dario Fo, firmando la lettera aperta dei 500
al segretario generale dell’ONU Kofi Annan, nella quale viene criticata la strategia della “guerra globale”; e nel crescente dissenso, a esempio tra America e Italia, sulla riabilitazione o la repressione dei
drogati (di depenalizzazione non si è discusso). Dalle indicazioni del palazzo di vetro, tutti sono d’accordo su come ridurre la produzione e la offerta dei narcotici, cioè su come reagire nei paesi poveri,
ma non su come ridurre la domanda, cioè su come agire in quelli ricchi. La battaglia internazionale contro la droga poggerà su cinque punti. Uno concernente proprio la domanda mondiale: 8 milioni di eroinomani, 13 milioni di cocainomani, 140 milioni di consumatori di marijuana e hashish e 30
milioni di consumatori delle droghe sintetiche. Cifre traumatiche.
Un secondo, verte sulla sostituzione delle colture vietate con altre lecite tramite sussidi e incentivi
dell’ONU.
Un terzo sull’intensificazione della lotta contro il riciclaggio del denaro sporco, più di 400 miliardi
di dollari annui (settecentomila miliardi di lire).
Un quarto sul rafforzamento della collaborazione delle forze dell’ordine e i sistemi giudiziari. E un
quinto sul controllo delle sostanze chimiche, che si diffondono, come ha ammonito Prodi, “in
ambienti di giovanissimi precedentemente non a rischio”.
Il vertice di New York si è aperto con l’intervento più atteso, quello di Clinton. Il presidente americano ha annunciato uno stanziamento di due miliardi di dollari per una campagna stampa quinquennale antidroga diretta ai giovani. E ha insistito sui metodi repressivi, dalla interdizione del narcotraffico a leggi molto più severe. La parola “riabilitazione” è vistosamente mancata nel suo discorso, tanto che, in una accorata risposta, il presidente messicano Zedillo ha chiesto che “nessun paese
si erga a giudice degli altri”, e che il consumo di droga sia trattato “come un problema di salute pubblica”. Prodi è stato il terzo leader a intervenire. E il suo tono è sembrato assai diverso da quello di
Clinton. Il nostro presidente del Consiglio ha proposto “una strategia di risposta preventiva che
superi un’impostazione semplicemente punitiva” per quanto riguarda i paesi produttori ha invitato
l’ONU a “tutelare i diritti umani” nel passaggio dalle colture illegali a quelle legali, e a trovare per
queste ultime “credibili effettivi sbocchi di mercato”. Per ciò che concerne i paesi consumatori, ha
sottolineato che è necessario “lo sviluppo di una rete di servizi pubblici e del privato sociale che favorisca la riabilitazione, il miglioramento dello stato di salute e il reinserimento lavorativo dei tossicodipendenti” e ha definito “inefficace” la repressione che aggrava “l’emarginazione, clandestinità e i
rischi di chi assume droghe”. Prodi ha concluso affermando che bisogna saper distinguere tra chi sul
flagello “ realizza enormi profitti”, e va combattuto, e chi “ne è invece vittima” e va aiutato.
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Al dibattito ha fatto eco la lettera dei 500, pubblicata a pagamento sul New York Times, con firme
illustri come il predecessore di Kofi Annan, Javier Perez de Quellar, l’ex segretario si Stato Usa George Shultz, il finanziere George Soros, il premio Nobel del la pace Oscar Arias e l’economista Milton
Friedman. “Chiediamo al segretario generale dell’ONU – hanno scritto i firmatari, tra cui altri italiani come il garante della privacy Stefano Rodotà – un approccio alternativo basato sul buon senso,
la scienza, la sanità pubblica e i diritti umani”. (Ennio Caretto)
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Corriere della Sera - 13 giugno 1998
Berlino, boom della birra alla marijuana
La concorrenza insorge, ma la bevanda “che fa girare la testa” per ora è legale –
Il produttore si difende: impossibile “sballare” bisognerebbe berne tremila litri
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Corriere della Sera - 19 giugno 1998
Il “New York Times” critica la strategia dell’Ufficio di Arlacchi - La replica:
l’alternativa è far niente I ministri Bindi e Turco:“non punibilità e riabilitazione”
Droga, l’Italia propone una terza via
I ministri Bindi e Turco:“non punibilità e riabilitazione”
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Il Giornale di Vicenza - 19 giugno 1998
Manifestazione anche a Vicenza per l’appuntamento mondiale
Giornata anti-droga in città
Venerdì 26 si discute su “Dignità nel disagio”
“Quale dignità nel disagio?”. È il tema che caratterizzerà la giornata di lotta alla droga in programma a Vicenza il 26 giugno prossimo. La manifestazione avrà inizio alle 9,30 ai chiostri di Santa
Corona con la giornata di studio su “Marketing sociale e psicologia di comunità”. Alle 15 in piazza
dei Signori saranno aperti gli spazi espositivi delle comunità terapeutiche e delle associazioni con animazione e musica. Nelle sala Monte dei Pegni, alle 17 è prevista una conferenza dibattito sul tema
della giornata mondiale di lotta alla droga “Quale dignità nel disagio?”.
La manifestazione proseguirà, sempre in piazza dei Signori, con l’apertura degli stand gastronomici.
Nella chiesa dei Servi, alle 20,30 sarà concelebrata dai sacerdoti delle comunità terapeutiche una
santa messa.
La giornata di lotta alla droga è organizzata dal Comitato di solidarietà con le famiglie dei tossicodipendenti e dei malati di Aids, dal Sert dell’Ulss n.6, dall’Arips, dalla comunità terapeutica San
Gaetano, dal Centro studi “G. Martelletto”, dal Ceis, dalle comunità “Ca’ delle Ore”, “Il Mosaico”,
“Nuova Vita” e “Airone”, dall’associazione “Il Faro” e con il patrocinio del Comune di Vicenza. Gli
spazi espositivi e l’animazione di piazza saranno coordinati da Francesco Carmignan, mentre gli
aspetti generali sono stati curati da Olga Dalla Valle e Nico Rossi.
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26 giugno 1998
X Giornata Mondiale di lotta alla droga
Mio intervento di apertura
Come portavoce delle associazioni impegnate nel rendere significativa questa X Giornata
di Lotta alla Droga, ringrazio tutti i presenti per avere accolto l’invito a partecipare a questo incontro che vorrei non rimanesse un momento isolato nell’arco di un anno, ma portasse in ognuno di noi, delle riflessioni che, come un piccolo seme che germoglia e cresce,
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siano stimolo di rinnovamento e comprensione, al di là di facili e scontati giudizi, sul problema droga.
L’8 Giugno scorso, alle Nazioni Unite si sono confrontati 160 paesi con una trentina
di Capi di Stato e di Governo, su una strategia globale per debellare la diffusione delle droghe. Questo fa capire quanto importane sia il problema che si trascina ormai da trent’anni, e che troppo spesso non è stato valutato nella sua reale gravità.
Ringrazio il Signor Prefetto che, con gentile disponibilità e sensibilità, ci gratifica con
la sua presenza per noi molto significativa e per essersi fatto autorevole interprete delle
nostre istanze.
Ringrazio il Signor Questore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri, il Comandante del Gruppo della Guardia di Finanza, il Comandante della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri, il Comandante della Polizia Stradale e il Direttore della Scuola
Allievi Agenti di Pubblica Sicurezza.
La loro presenza è particolarmente importante per una conoscenza che, mi auguro,
apra e faciliti un dialogo che ci aiuterà a smussare certe tensioni che a volte si vengono a
creare nel delicato sistema dei rapporti umani.
Nostra intenzione, non è formulare critiche, ma stabilire dei contatti positivi per una
migliore comprensione e qualità della vita di chi, per varie ragioni, la vive nella precarietà,
nel bisogno, nel disagio profondo.
Ecco perché in questa giornata, abbiamo scelto una riflessione sul difficile rapporto tra
la dignità e il disagio. Dignità, intesa come esigenza della persona. Dignità che deve essere salvaguardata per non perdere la persona.
Quando la droga entra nella famiglia produce un effetto prorompente; il tossicodipendente di fronte ai familiari e anche a se stesso, nega la sua dipendenza pur se è evidente,
oppure la minimizza e, finché non ne prenderà coscienza, non chiederà e non accetterà
aiuto. Anche la famiglia inizialmente la respinge, perché fa paura e intanto si perde tempo
prezioso. Quando la situazione precipiterà subentreranno il dolore, la paura, la vergogna.
La famiglia vedrà distrutte le proprie aspettative e i propri sogni e si troverà a dovere gestire un rapporto che ogni giorno si farà sempre più insostenibile, si sentirà isolata, incapace di scegliere un comportamento che sblocchi la situazione. Quando ci sarà la richiesta
d’aiuto, il danno sarà già profondo e difficile o impossibile da riparare.
Ma quando avviene la richiesta d’aiuto? Quando ci si rende conto di avere perso la
dignità e si vuole recuperarla.
Dignità vuol dire riconoscersi come persona davanti a sé stessi e agli altri. Questo
diventa difficilissimo quando alcune caratteristiche della persona stessa sembrano scomparse; tra queste caratteristiche vi è la libertà nel senso più ampio, la consapevolezza della
responsabilità e della progettualità. Il tossicodipendente non è libero, ma prigioniero di
sostanze chimiche, non è responsabile dei suoi atti spesso criminosi e non è più in grado
di progettare nulla, fuorché consumare la propria esistenza vivendo alla giornata. In
realtà però, questi attributi non si perdono, e la risalita comincia dal riconoscere che esistono, anche se soffocati.
Chi è tenuto a riconoscere l’esistenza di questi semi, e chi ha il dovere di aiutarli a fio– 346 –
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rire? Quale contesto sociale deve riconoscere nell’altro la persona, tanto più quando ha l’aspetto del lebbroso, come dovere morale ed educativo? Ovviamente chi è più vicino e chi,
per motivi professionali, riveste compiti educativi, terapeutici e riabilitativi quali: la Famiglia, gli Educatori, gli Insegnanti, i Medici, i Preti, i Gruppi giovanili, le Comunità terapeutiche, le Forze dell’ordine, la Giustizia, cioè tutte le forze integranti del sistema sociale, che dovrebbero collaborare alla crescita civile, legale e personale dei cittadini.
Ciascuna forza da sola non può bastare, ma deve essere legata con le altre come gli anelli di una catena.
La famiglia, quanto più si trova in difficoltà, tanto più ha bisogno di aiuto e questo
aiuto lo possono dare le strutture sopra elencate: la scuola, che è la prima agenzia di socializzazione a largo raggio; è importante che gli insegnanti stabiliscano un rapporto di fiducia con gli allievi in difficoltà e le loro famiglie, impartendo non solo nozioni, ma favorendo lo sviluppo di atteggiamenti e valori che stimolino e rinforzino nel bambino una
crescita consapevole, che lo faccia diventare un cittadino rispettoso di se stesso e degli altri.
E’ nella scuola che si manifestano in modo chiaro le difficoltà che preludono il rischio
della tossicodipendenza, e spetta agli insegnanti lavorare per evitare che dal rischio si passi
alla caduta.
Mi rendo conto però, che anche la scuola è emarginata e non sostenuta adeguatamente dalla nostra società, e che perciò questo suo compito è di precaria attuazione.
Vicino alla scuola c’è la chiesa: i sacerdoti, forse ormai in numero insufficiente, sono
molte volte distratti dal praticare una pastorale di attenzione individuale al disagio e trascurano o ignorano le difficoltà dei parrocchiani facendo mancare l’aiuto che la loro presenza potrebbe dare. Le famiglie colpite dalla droga, si sentono emarginate, impotenti e
abbandonate persino da Dio.
Altro anello della catena è costituito dagli operatori socio - sanitari con cui, prima o
poi, il tossicodipendente, specie se sieropositivo, viene a trovarsi. Accanto ad alcuni di
loro che hanno sviluppato una competenza in questo campo, altri, che non hanno mai
approfondito queste problematiche e ne hanno tratto solo giudizi superficiali, adottano a
volte, comportamenti che avviliscono la loro professione, permettendo l’incancrenirsi di
certe situazioni, perché troppo burocratizzati e troppo legati alle competenze.
Infine le forze dell’ordine, che nelle riconosciute difficoltà in cui operano, devono evitare di cadere nell’atteggiamento di vedere nel trasgressivo solo un criminale.
Il tossicodipendente è una persona sofferente ed espressione di una difficoltà sistemica. Ce lo confermano gli psichiatri: una dipendenza è anche risposta di riequilibrio in un
sistema patologico, sia esso la famiglia o la comunità intera. La “vittima” viene stigmatizzata e caricata anche moralmente, di colpe che sono invece di tutti. Il sistema sociale e il
paese legale, tendono a vedere nella vittima il capro espiatorio. Se punire è un dovere della
comunità quando sono violati principi ad essa costitutivi, deve essere chiaro che un dovere parallelo è l’educare. Dovere un po’ troppo spesso confinato agli specialisti, alle agenzie
educative, quando invece appartiene all’intera comunità e ad ogni suo membro.
Togliere la causa del disagio è questione che riguarda tutti, e ognuno deve attuare le
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proprie mansioni senza contribuire ad aumentarlo attraverso comportamenti o atteggiamenti che inutilmente prolungano la catena delle lesioni della dignità della persona.
Dobbiamo tutti renderci conto di quanto sia difficile conciliare la dignità della persona in difficoltà, con le regole della società e prendere coscienza che questi problemi esistono e c’interpellano ogni giorno, richiedendo attenzione, impegno e capacità di dialogo
con chi soffre.
La conquista o la riconquista della dignità della persona è un dovere che ci chiama
tutti, non possiamo farci isole nell’oceano dell’indifferenza, ci interpella quando ci troviamo davanti il debole, il diverso, il sofferente, l’essere umano abbruttito nel volto e nella
persona. Può essere penoso e difficile porgere la mano e camminare con lui sulla strada
della risalita e del recupero, ma è un tentativo che dobbiamo compiere.
Del resto, quanti di noi, persone cosiddette normali, saremo privilegiati nell’evitare
esperienze acute della sofferenza, del naufragio della nostra capacità di pensare e di agire,
della nostra dignità? E se questo avverrà, chi non sentirà il bisogno di essere comunque
accettato e riconosciuto come persona?
Può essere difficile riconoscere il tossicodipendente, prigioniero di sostanze tossiche e
della sua immaturità come persona, ma è proprio il superare questa difficoltà che ci rende
cittadini.
Non potremmo definirci parte di uno Stato civile, se mancassimo ai suoi doveri costitutivi. Che Repubblica sarebbe mai, quella che non si facesse carico, non solo del benessere, ma anche della dignità dei suoi cittadini?
In ogni situazione di difficoltà, dobbiamo sempre fare lo sforzo di scorgere lo spirito
che serve a individuare in che modo deve avvenire l’incontro con il cittadino trasgressivo
ed abbruttito.
Nella sua strada, il tossicodipendente troverà molti soggetti che rappresentano le
norme sociali e le leggi e, mi ripeto, nel rilevarle ancora, ricominciando dalla famiglia e i
doveri dei genitori innanzi tutto, al loro fianco tutte le altre istituzioni, tutte intese come
educatori.
Tutti siamo soggetti attuatori dei principi e dei valori costituzionali, riassunti nell’articolo 3: “E’ compito della Repubblica, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Questo è quanto desideravo esporre, cioè la tossicodipendenza vista da un’angolatura
che potrebbe far sentire le famiglie meno sole nel tentativo di un recupero dei figli.
Il mio comitato ha sempre cercato di evidenziare questa ricorrenza per promuovere
sensibilizzazione rispetto al problema droga, pur con difficoltà e scarsa partecipazione
della città.
Solo quattro anni fa, siamo rimasti in silenzio. Io mi trovavo all’ospedale, vicino a mio
figlio che stava morendo. Quel figlio era stato desiderato, voluto, amato.
La droga l’ha rubato e con l’Aids lo ha ucciso.
La disperazione e il danno, per la mia famiglia sono stati immensi. Siamo stati testi– 348 –
Anche per quasta locandina ho preso spunto da una foto fatta da Roberto a un amico
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moni impotenti di fronte alla forza devastante dell’eroina e la mancanza di adeguati e
coraggiosi interventi dello Stato.
Per 14 anni ho condotto la mia battaglia che è la medesima di tante altre madri. Ora
potrei ritirarmi e vivere lontano dal dolore degli altri, ma è proprio questo dolore, ancora
vivo che mi fa rimanere.
Una cosa vorrei, e cioè, che chi legifera non ascoltasse solo demagoghi libertari, ma
desse voce anche a chi ha subito la droga sulla propria pelle e ne ha avuto la vita segnata
per sempre. Forse insieme, riusciremmo a trovare il modo di salvare più vite.
Essendo stato registrato l’incontro, ho potuto in seguito realizzare un libriccino con gli interventi.
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Corriere della Sera - 3 luglio 1998
Pochi minuti e brucia l’eroina che rifornirebbe il mercato italiano per un anno intero
Il responsabile ONU: “Così cade un’altra barriera”
Droga, il “falò purificatore” di Teheran
In fumo 51 tonnellate d’oppio su ordine degli ayatollah
Arlacchi: aiutiamo l’Iran gendarme anti-narcotraffico
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Il Giornale di Vicenza - 4 luglio 1998
La Polizia arresta tre persone con 5 chili di droga
Nella copertina dei santini cocaina per duemiliardi
Il più grosso sequestro di droga mai compiuto nel Bassanese
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Non so come, Giovanni Stefani, redattore della Rai di Venezia, abbia avuto il mio nome, ma
nel suo viaggio “alla ricerca del cuore nel volontariato”è arrivato fino a casa mia. Riporto parte
di un articolo che il Giornale di Vicenza ha dedicato al suo libro: “Ogni uomo semplice” il 6
luglio 1998
Alla “scoperta” del volontariato
Vicende semplici, di nobili ideali vissuti “da formichine”
Che continuano a sperare che il mondo possa migliorare
Si possono scrivere libri di buone azioni? Ci vuole una buona dose di temerarietà in un’epoca che ha
macerato da tempo la crisi delle ideologie, che ha sentenziato la mancanza di valori e che ha fatto
del disordine la struttura di copertura del disimpegno e dell’edonismo imperante.
Giovanni Stefani, giornalista altopianese, oggi in forza alla redazione della Rai del Veneto, ha tentato la scommessa di superare il “disorientamento” contemporaneo, mettendo alcuni punti fermi. Ha
selezionato una serie di storie vere, pescando in giro per il Veneto realtà vissute e le ha raccolte nel
volume “Ogni uomo semplice – Storie di volontari”, pubblicato in questi giorni dall’editore “Il
Prato” di Padova.
Sono testimonianze narrate in presa diretta dagli stessi protagonisti a cui il giornalista vicentino dà
voce “imparziale”, lasciando che ognuno dipani la propria esperienza con il solo obiettivo di “raccontarsi”. Il pregio della raccolta, oltre ad un linguaggio limpido e scevro da idiomi imposti dai luoghi comuni e dalla retorica, è quello di offrire una panoramica abbastanza esauriente del variegato
mondo del volontariato. Il quadro in cui si inseriscono le diverse tessere, senza voler essere un partito preso “edificante”, dipinge una realtà ricca di umanità.
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“L’intento – scrive Stefani – è quello di avvicinarsi alle radici della scelta personale di fare il volontariato e di capire qualcosa della molla che scatta nell’animo di chi si dà da fare per gli altri”…..
Dietro all’apparente “semplicità” delle storie raccontate, degli aspetti circoscritti e strettamente personali, la singola vicenda umana grazie all’accorta selezione dell’autore, spesso assurge a valore paradigmatico di un ambiente, di una “problematica”. Esemplare il capitolo conclusivo nel quale Olga
Dalla Valle racconta la dolorosa parabola del proprio figlio, prima tossicomane, poi malato di Aids.
In dieci pagine è racchiusa le storia della devastazione che la droga ha seminato in tantissime famiglie a partire dagli anni settanta.
“Io non vado al cimitero. Mio figlio ce l’ho qui in casa – racconta la presidente del Comitato vicentino di solidarietà tra le famiglie dei tossicodipendenti – Ho sempre fiori. Io gli parlo. E lui mi parla.
E io vado avanti. E lui mi dice di continuare, di aiutare gli altri, che ho un compito da svolgere.
Quando pregavo perché non ne potevo più, dicevo “Dio, se ci sei, aiutami”. E qualcosa cambiava,
si placava. Sì. Io credo che ci sia un Dio. Non so se esistano i miracoli. Ma è un miracolo, secondo
me, continuare a vivere, impegnarsi, è un miracolo vedere sbocciare i fiori”.
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Il Giornale di Vicenza - 9 luglio 1998
Thiene - E’ allarme in zona – liceo
“I nostri figli si drogano”
Il rito della canna tra gli adolescenti: la denuncia dei genitori, gli esperti confermano
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Il Giornale di Vicenza - 9 luglio 1998
La droga mette le stellette
Più consumo di eroina tra i militari di leva, meno ricorso ai Sert
Roma – Il pianeta droga si espande tra i giovani in servizio militare. I dati diffusi ieri dal ministro
Livia Turco sono esplicativi. Il 18,6 per cento comincia a drogarsi dopo l’incorporamento. E se nel
’96 i consumatori di sostanze stupefacenti in ambiente militare erano 1.978, nel ’97 l’aumento registrato ammonta a 2.947 persone. Di queste, il 62,2% presta servizio nell’Esercito, il 24% in Marina, il 12,3% nell’Aeronautica. Le sostanze più usate dai militari sono marijuana ed hashish (79,4%
dei casi), eroina (7.8%), cocaina (5,8%), ecstasy (1,2%). …..
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Corriere della Sera - 9 luglio 1998
Droga e naja:
L’allarme nella nuova relazione sulle tossicodipendenze
per uno su cinque la prima volta è stata in caserma
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Corriere della Sera - 10 luglio 1998
Andreatta smentisce la Turco
Falso allarme tossicodipendenza in caserma
Il ministro della difesa: c’è un errore nel metodo dei rilevamenti
La replica: abbiamo riportato i loro dati
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E sempre si vuole negare la realtà!!! Come mio figlio, tanti altri suoi compagni hanno cominciato a “bucarsi” in caserma, scambiandosi le siringhe. Ecco uno dei perché di tanti casi di
Aids!!!
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La lotta dell’eroina: in Italia via Samarcanda
Una Maginot iraniana antidroga di 1000 chilometri
Spinge i traffici verso nuove strade
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Il Giornale di Vicenza - 11 luglio 1998
La “coca” arrivava per posta
Sequestrati 16 etti di droga – Lo stupefacente viaggiava all’interno di plichi
che per la loro “leggerezza”non sono sottoposti a controllo
La “roba”venezuelana giungeva nascosta dentro immagini sacre!
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Corriere della Sera - 17 luglio 1998
Allarme ecstasy, flagello da discoteca
Sequestrate dodicimila pasticche in Romagna
Le droghe in Italia
Eroina – Età media dei consumatori: 18–40 anni. Negli ultimi anni ha cominciato a diffondersi
anche nei centri di provincia e nei piccoli paesi. Il costo minimo di una dose è 30-40 mila lire. Lo
spaccio avviene in strada, sempre più raramente in abitazioni private. È sempre più allarme per la
sua diffusione anche tra i giovanissimi, che sono tornati a considerarla come una droga “socialmente accettabile”.
Ecstasy – Diffusa quasi esclusivamente tra i giovani. La notevole difficoltà a reperire “pasticche” di
qualità spinge molti consumatori ad orientarsi su altre sostanze chimiche. Una singola pasticca viene
venduta a 50-70 mila lire. Di facile reperibilità nelle grandi città, dove l’offerta di ecstasy è ormai
simile a quella di hashish e marijuana. Il Inghilterra ha perso “popolarità” con il declino dei rave
party. In Italia continua ad essere considerata una droga “alla moda” dal popolo delle discoteche.
Marijuana e hashish – Considerate “droghe leggere”, sono gli stupefacenti più usati. Diffuse non
solo tra i giovani, la fascia di età del potenziale consumatore va dai 14 anni agli ultra quarantenni.
Con diecimila lire si acquistano dosi bastanti per due “spinelli”. Facilissime da trovare: lo spaccio
avviene quasi esclusivamente per strada. I consumatori non le considerano pericolose. Diffusione
costante attraverso gli anni. Negli ultimi tempi, dopo un periodo di difficile reperibilità, è ritornata
in auge la marijuana.
Lsd – Un tempo considerata come la droga degli “hippy”, negli ultimi anni ha fatto la sua ricomparsa ai rave party. Sta tornando in voga tra i giovani. Una dose costa 15-20 mila lire. Formati diversi: dalla piccola pasticca ai francobolli sui quali viene spalmata la dose da leccare. Spacciato in strada e nelle discoteche. Deve la sua nuova popolarità al basso costo. A causa della cattiva qualità dell’ecstasy, si sta imponendo come una sua alternativa.
Cocaina – Stupefacente “per adulti” e “da ricchi” a causa dell’elevato costo. Consumata da persone
tra i 20 e i 40 anni di età. Popolarità in ascesa tra piccola e media borghesia. Un grammo di cocaina (sufficiente per una intera giornata) costa 140-200 mila lire. Prezzo variabile a seconda della qualità. Lo spacco raramente viene per strada. È considerata la droga dei colletti blu, dei professionisti
e delle celebrità. (E io aggiungo: compresi i politici). Sempre più popolare anche tra i giovani che la
utilizzano durante le feste.
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Il Giornale di Vicenza - 2 agosto 1998
Scoperta nascosta tra le molle del sofà, “polvere” per mezzo miliardo
Il divano era imbottito di cocaina
Era destinata al mercato di Vicenza
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Il Giornale di Vicenza - 4 agosto 1998
Fuori dal “giro” da 12 anni, si buca e muore
La vittima sembrava si fosse lasciata alle spalle una brutta esperienza
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Il Giornale di Vicenza - 6 agosto 1998
Fra ecstasy ed eroina “schiavi” in aumento
Si comincia con la pillolina in discoteca e si arriva lentamente a
“roba pesante” magari “sniffata” e non iniettata in vena
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Il Giornale di Vicenza - 31 agosto 1998
Nottata a “Sgnarock” conclusa in modo drammatico
Muore diciottenne per sospetta overdose
Gli amici lo avevano portato all’ospedale ma lui ha rifiutato il ricovero
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Il Giornale di Vicenza - 9 settembre 1998
Overdose fatale - Si scopre il corpo il giorno dopo
Trentanovenne già conosciuto per i suoi problemi di tossicodipendenza
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Lettera inviata al dott. Rubino, Commissario prefettizio il 10 settembre ’98
Proposta di utilizzare un paio di appartamenti gestiti da operatori (anche volontari), per ospitare quei tossicodipendenti non accettati nelle strutture pubbliche.
Signor Commissario,
Vivono a Vicenza, provenienti da paesi limitrofi, dei tossicodipendenti (quasi tutti sieropositivi all’Hiv ), che hanno rotto con la famiglia di origine o che, addirittura, sono senza
parenti stretti. Sono senza casa e vivono di espedienti nella miseria più assoluta. L’albergo
cittadino non li gradisce e, difficilmente, vi trovano posto. Anche d’inverno, con il gelo,
dormono nei sacchi a pelo in androni di case fatiscenti. D’estate puzzano perché indossano indumenti imperniati di sudore e quando si possono cambiare, gettano i vestiti sporchi nei cassonetti (basterebbe avere la possibilità di lavarli). La mensa pubblica non da i
pasti a chi è sprovvisto dei buoni del comune di Vicenza (e loro, essendo di altri comuni, non hanno diritto ai suddetti buoni).
L’Italia, quinta o sesta potenza economica a livello mondiale è ventunesima per quanto riguarda lo sviluppo umano, seguita subito dai paesi del terzo mondo!
Questi tossicodipendenti, dediti più all’alcool e alle “pastiglie”, che all’eroina, camminano per le strade del centro sorreggendosi l’uno con l’altro, ridotti a dei rottami umani.
Per alcuni di loro il comune paga l’affitto di mini appartamenti e le bollette della luce,
spendendo soldi malamente, perché questi appartamenti in certi casi diventano luoghi di
spaccio o di prostituzione.
Sono convinta che un paio di appartamenti, provvisti di operatori, in cui queste persone potessero usufruire di una loro stanza, senza essere obbligati a lasciarla libera alle otto
di mattina, anche con la febbre alta, costerebbe di meno e sarebbe utile di più.
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1998
Un progetto si sta portando avanti con gli Interventi Sociali, ma l’incontrarsi una volta
al mese e il vuoto dei mesi di ferie estive, non fanno certo procedere i lavori.
Se devo essere sincera, non ho fiducia che si arrivi a concretizzare qualcosa.
Olga Dalla Valle
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Il Giornale di Vicenza - 11 settembre 1998
Venticinquenne ucciso da overdose
L’ennesima ricaduta gli è stata fatale
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Domenica 20 settembre 1998 – 50 anni dalla firma della “Carta sui diritti Umani”. La
“Casa per la pace” ha organizzato due giornate ai giardini Salvi (in centro città), con gazebo
e materiali informativi. Abbiamo partecipato anche noi distribuendo manifestini sull’effetto
delle droghe sul cervello. C’è stata tanta gente e abbiamo ricevuto anche offerte.
28 settembre ’98 – Riunione al Comitato con il dott. Balestra, l’avvocato responsabile per il
sociale dell’Ulss 6 e la presidente di “Casa Speranza”. Mia idea è presentare in regione un progetto di asilo notturno per tossicodipendenti senza fissa dimora. Purtroppo questa domanda
sarà respinta, ma più tardi questa struttura sarà concretizzata dalla Caritas diocesana
Sabato 3 ottobre 1998 – Convegno sull’Aids a villa Cordellina di Montecchio Maggiore. Tema:
Carcere, extracomunitari e prostituzione. C’era il giudice di sorveglianza di Verona – Vicenza
e del carcere militare di Peschiera del Garda. C’era anche la direttrice del San Pio X.
Per tutte e due nel carcere andava tutto bene: ”Non c’è droga e i detenuti sono seguiti 24
ore su 24 da medici e infermieri”!
Ho parlato in privato con la direttrice esprimendo un mio costante pensiero: separare i tossicodipendenti dal resto della criminalità. “Sono luoghi comuni” è stata la risposta – “separare
i tossicodipendenti in carcere vuol dire fare un ghetto”. “Questa parola mi irrita perché è sempre stata usata come alibi”- è stata la mia risposta. Non esprimo qui altri commenti!
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Il Giornale di Vicenza - 4 ottobre 1998
Operazione “Biberon”
Arrestati dai carabinieri una diciottenne e un minorenne che vendevano
Marijuana e eroina ai coetanei della Vicenza – bene
“Baby spacciatori” in piazza Matteotti
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Il Giornale di Vicenza - 5 ottobre 1998
Indagini dei carabinieri in centro città
Decine di ragazzi alle feste “biberon” tra eroina e fumo
Erano decine i giovani che frequentavano l’appartamento situato nel centro storico nelle vicinanze
di piazza Matteotti, dove da quasi un anno una coppia di ragazzi, entrambi arrestati, aveva aperto
un “esercizio al minuto” di stupefacenti. Si poteva acquistare eroina e “fumo”, a seconda delle necessità. A scoprire il giro sono stati i carabinieri del reparto operativo, proseguendo un’inchiesta che
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qualche settimana fa aveva portato alla chiusura di un altro “canale”, quella volta in piazza Erbe. Stavolta i carabinieri hanno concentrato le indagini, ribattezzate “biberon”, su un appartamento dove,
soprattutto nei fine settimana, c’era un consistente afflusso di ragazzi, molti dei quali minorenni. L’aspetto più preoccupante che emerge dall’inchiesta, è il ritorno dei giovani al consumo dell’eroina,
anche se rispetto a un tempo viene perlopiù sniffata e non solo iniettata in vena. Sebbene i quantitativi di droga non fossero consistenti, si trattava però di una “goccia” continua, alla quale si approvvigionavano i neotossicomani, che avevano cominciato magari per gioco fumando il classico e apparentemente, innocuo “spinello”, per ritrovarsi un giorno alle prese con l’eroina che uccide.
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Il Giornale di Vicenza - 28 ottobre 1998
Supermarket della droga proprio di fronte al Sert
Il giovane arrestato dalla polizia, aveva addosso ben 42 dosi già confezionate
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Lettera inviata a: Il Giornale di Vicenza e pubblicata il 23 novembre 1998 con il titolo:
Quando le famiglie nascondono il dramma della tossicodipendenza
Egregio direttore,
alcune telefonate pervenute al mio comitato nelle ultime settimane, mi spingono a scrivere questa lettera, sperando sia letta attentamente dai genitori con figli adolescenti.
Tali telefonate, tutte simili nel contenuto, provenivano a mio avviso, da giovanissimi
che chiedevano informazioni su dove rivolgersi per essere aiutati ad uscire dalla droga,
senza coinvolgere però i genitori all’oscuro della loro situazione.
Questi messaggi mi hanno riportata al fatto, accaduto nei primi giorni di ottobre e
riportato da TV e quotidiani cittadini, sui “baby spacciatori”. Quindici erano i ragazzi trovati dai carabinieri in quell’appartamento, covo di spaccio e di consumo di droghe; ma
quanti altri si alternavano nell’arco della giornata? E il mio pensiero va con tristezza alle
non poche famiglie che dovranno patire il dramma della tossicodipendenza!
Non mi sento di dare consigli, specialmente in una lettera, perché so quanto sia difficile fare tesoro dell’esperienza degli altri, vorrei però gridare ai genitori di essere vigili, di
non sottovalutare comportamenti insoliti e strani dei figli, perché possono nascondere l’inizio di una dipendenza. Quando la droga entra nell’anima, la rende schiava e sorda agli
affetti e al dolore dei propri cari. E’ un male simile al cancro, che s’insinua silenziosamente intaccando parti vitali e quando ce ne accorgiamo, molte volte è già troppo tardi. In
maggioranza, i tossicodipendenti hanno iniziato la loro storia tra amici e compagni di
scuola (a volte addirittura in terza media, fumando in gruppo qualche spinello), desiderosi di fare esperienze nuove e trasgressive, sottovalutando il rischio, convinti di dominare la sostanza, senza accorgersi che invece è la sostanza che subito li domina.
Anche le famiglie, quando ne vengono a conoscenza, come da copione, commettono
i medesimi errori; stretto controllo iniziale, qualche viaggio per staccarsi “dall’ambiente”,
promesse e regali per compensare e sostenere il figlio in difficoltà, ostentare fiducia per
non umiliarlo e tanto amore, non bastano a sanare qualcosa che si è spezzato dentro, ma
fanno perdere tempo prezioso.
Ai ragazzi non piace diventare o essere considerati dei tossicodipendenti e rifiutano
questa qualifica anche quando la certezza è evidente, non vogliono curarsi seriamente, per– 354 –
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ché il farlo li mette in discussione con il proprio Io, preferiscono ostentare ottimismo e
spavalderia, assicurando di “farcela da soli”. E ancora si perde tempo prezioso e si permette al disagio di mettere salde radici.
Figli e genitori non possono aiutarsi, ma devono entrambi essere aiutati.
Per la famiglia l’impegno sarà irto di difficoltà, dovrà rivedere le proprie convinzioni,
la propria libertà, e soprattutto la propria tranquillità. La droga non unisce, ma divide, e
questo vuol dire spalancarle la porta.
Se si vuole aiutare a guarire chi usa sostanze stupefacenti, si devono mettere da parte
vergogna, delusione, orgoglio (gli psichiatri usano la parola “narcisismo”), i sensi di colpa,
di fallimento e proiettarsi con tutte le forze e con tenacia a combattere una battaglia per
la vita, con l’aiuto di operatori professionisti esperti in tale campo.
Desidero far notare, allacciandomi all’articolo sul trasferimento del Sert (30 ottobre),
che i tossicodipendenti che stazionano sotto l’arco di S. Bortolo, avevano pure loro un
padre e una madre, una famiglia, magari umile, ma onesta. Poi, quando per loro il problema droga è diventato massacrante, hanno operato delle scelte disgregative e di falsa
libertà. Ora, nessuno vuole vederli nei propri paraggi e sorgono comitati per farli spostare (S. Felice, S. Bortolo, Laghetto ecc.). vorrei sapere quale quartiere è disposto ad accettarli! Cosa ne facciamo di loro? Li mettiamo su una navicella spaziale da tenere ancorata
a mezz’aria, visto che non si vuole lasciar loro posare i piedi su qualche pezzo di terra?
Oppure, più civilmente e tutti insieme, c’impegniamo perché lo Stato applichi l’articolo
3 della Costituzione che sancisce: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana”? Nessuno può negare che le droghe
impediscano “il pieno sviluppo “ dei nostri ragazzi, anzi, li rovinano in tutti i sensi, e con
loro le famiglie! E quale aiuto potrebbe dare lo Stato? Potrebbe costringerli alla cura!
Anche i tossicodipendenti sono cittadini, in più, in grave difficoltà, e purtroppo rappresentano una realtà reale, anche se dolorosa e scomoda. Attirano sì, gli spacciatori, ma questi sono ad ogni angolo di strada, molte volte non identificabili, sempre pronti a contattare giovani di qualsiasi ceto sociale, perché la droga, come la morte, non fa distinzioni.
Ne sono la prova la maggioranza dei massacri del sabato sera.
Per combattere questo cancro sociale ci dovremmo impegnare tutti e a vari livelli, perché il problema droga deve essere visto come un problema di tutti, anche di quelli che per
fortuna loro non ne sono stati colpiti personalmente.
Tutti facciamo parte della medesima società, il cui benessere dipende da ognuno di noi.
Per il Comitato solidarietà con le famiglie di tossicodipendenti e malati di Aids,
Olga Dalla Valle
Riporto il commento del direttore Luigi Bacialli:
Gentile signora,
credo che in parte abbia ragione don Mazzi: solo i tossicodipendenti e i loro genitori hanno titolo a pronunciarsi quando si discute di droga. In effetti chi non vive questa drammatica esperienza in prima persona spesso finisce per parlarne a sproposito, e quindi, come annotava Thomas Hardy, in questi casi “è un
vero piacere ascoltare il silenzio dell’incompetente”. Tuttavia, evitare di sentenziare su temi di cui si sa
poco o nulla è un conto, essere volutamente riservati o reticenti è un altro. E purtroppo in materia di droga
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o di Aids in breve tempo si passa, anche sui giornali, dai titoloni al trafiletto, dai grandi convegni alla
più totale indifferenza. Lei conosce molto bene la materia e a mio modesto parere fa benissimo riferirne
in questi termini, perché un problema drammatico come quello della tossicodipendenza va studiato, sviscerato e compreso, e non rimosso come il più delle volte avviene. È umano che il pudore prevalga sul realismo, ma purtroppo si finisce per trascurare una piaga sociale che anche a Vicenza coinvolge centinaia di
famiglie. Oggi lo scenario della droga è sensibilmente diverso rispetto a qualche anno fa: il drogato è meno
riconoscibile, perché il suo aspetto è “normale”. Dipende, tra l’altro, dalle droghe attualmente in vendita,
che sono più sofisticate e i cui effetti sono meno evidenti di quelli prodotti da eroina, cocaina o dal vecchio Lsd, ma, alla lunga, altrettanto devastanti. So che oggi molte famiglie si vergognano di ammettere
che un loro congiunto è caduto nella trappola tesa dai molti spacciatori in circolazione, a tal punto che lo
mandano a disintossicarsi in centri e comunità molto lontani. È comprensibilissimo, però la droga non è
una colpa: è una disgrazia che può capitare a tutte le persone che per vari motivi sono particolarmente
vulnerabili. È quindi sarebbe meglio uscire dal riserbo, per parlarne e discuterne con gli esperti i quali,
intervenendo tempestivamente alla radice del problema, possono evitare che certe situazioni precipitino
provocando danni gravi e irreversibili.
Sempre nella stessa data della lettera su riportata ho trovato un commento alle mie poesie che
trascrivo. Non conosco l’autore del testo.
Rileggendo Olga Freschi Dalla Valle
“La notte e il canto” - Poesie per sperare
Merita una rilettura il libretto di poesie “La notte e il canto” di Olga Freschi Dalla Valle, nome noto
in città per il suo impegno tra le famiglie colpite dalla tossicodipendenza. Ha voluto lei, instancabile animatrice d’incontri sul tema, dare alle stampe delle poesie che inneggiano tutte, in fondo, alla
speranza, alla vita, all’orizzonte sempre più vasto dell’universalità: è in fondo, questo, uno dei tratti
della poesia stessa, come “messaggio”.
Olga Freschi Dalla Valle scrive pensieri cadenzati da immagini anche grafiche che accompagnano i
testi fulminanti, in versi liberi, formati da vocaboli che fanno riflettere, ma senza alcuna vena di formalismo.
Il libretto è stato sostenuto dall’Ambrosiano Veneto, dalla Popolare di Marostica e dalla circoscrizione 6. Anche questo è un segno di riscatto, di voler combattere con la poesia due piaghe non trascurabili del nostro tempo.
E Olga Freschi Dalla Valle si chiama dentro direttamente in questa lotta, confida le sue esperienze
di madre e sposa, parla, scrive con il cuore in mano, nei suoi versi, tutti toccanti: fa “cantare il violino”, vorrebbe poter “vivere con l’innocenza di un bimbo”, cerca di offrire un po’ di quella fiducia
e speranza che oggi più che mai sono necessarie da riscoprire e poi da vivere quotidianamente.
In definitiva, poesie per i giovani sì, ma anche per le loro famiglie, un libro che potrebbe aiutare a
crescere insieme: una goccia, a nostro avviso, importante e degna di nota nel mare magnum della
complessità, di un mondo che forse vuole essere sempre più “difficile da capire. (m.p.)
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Il Giornale di Vicenza - 1998
Solidarietà. L’iniziativa durerà da dicembre a febbraio e se fa freddo fino a marzo
La Caritas ai senza tetto “nostrani”
Un anno fa a fare notizia erano i senza tetto, per lo più immigrati, che dormivano sotto il cavalcavia di via Ferreto de Ferreti, o comunque all’aperto, col termometro sotto zero. Poi è venuta la struttura di accoglienza nell’ex caserma di contrà Rocchetta, aperta dal Comune. Ma non basta.
Ed ecco allora un nuovo ricovero notturno d’emergenza per i senza casa “nostrani”.
(…) “Vicenza in realtà – sottolinea don Giovanni Sandonà direttore della Caritas diocesana – oggi
come oggi è forse il capoluogo veneto che offre più posti letto per i senza fissa dimora: 96 tra l’al– 356 –
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bergo cittadino, l’ex caserma e via dei Mille. Ma, come si è detto non basta. Il problema concreto è
che la città, come avviene dappertutto, diventa il punto di riferimento di tutti i Comuni della zona,
tra i quali non è stato attivato nessun coordinamento per affrontare la questione. E in effetti non è
neanche corretto che il Comune capoluogo si faccia carico da solo del problema”.
Ecco allora l’iniziativa della Caritas. Un ricovero d’emergenza solo per i mesi di dicembre, gennaio
e febbraio. Nel quale – “nel limite del possibile, non si accoglieranno i residenti del Comune e gli
immigrati, per i quali esistono appunto altre strutture”. (…)
Il prefetto Giovannucci ha preso a cuore la questione convocando lunedì il “Comitato provinciale
per l’ordine e la sicurezza” da cui è scattata l’operazione.
Per la giornata mondiale di lotta all’Aids abbiamo programmato degli incontri di prevenzione in qualche fabbrica, un intrattenimento in piazza, una fiaccolata e la messa tradizionale.
Tra gli incontri, il più importante era quello ai Chiostri di S. Corona con relatori qualificati tra i quali il primario De Lalla. Peccato che la sala fosse quasi deserta. Il problema Aids evidentemente non interessava nemmeno le famiglie che ne erano colpite.
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La Voce dei Berici - 13 dicembre 1998
La Giornata mondiale di giovedì scorso
“I nostri figli si drogano”- Molto più dell’Aids uccide il pregiudizio
Al Sert ribadiscono: è la prevenzione l’arma vincente
“Sono un ex tossico fuori dal giro della droga da dodici anni. Proprio quando mi stavo pienamente
reinserendo, quando avevo trovato un lavoro e mi ero sposato, nel 1985 mi sono accorto di essere
sieropositivo. Poco dopo è morta mia moglie, dopo venti giorni ho perso anche il lavoro: mi hanno
praticamente costretto a dimettermi e a mettermi in pensione. So cos’è l’angoscia di morire, ora
conosco l’angoscia di vivere. Mi vergognavo ad uscire in strada: in pensione a trent’anni! A chi mi
chiede come mai non lavoro, cosa devo rispondere: una bugia o la verità?”.
Sta tutto nel racconto di Dino il senso della giornata mondiale della lotta all’Aids che si svolge a
Vicenza questo 1° dicembre.
In programma, fra le varie iniziative, anche un incontro fra gli operatori e la stampa, centrato sul
modo di fare informazione e di dare le notizie in tema di Aids. Perché il mondo dei mass media è
accusato qui come altrove di affrontare certi problemi solo in modo stereotipato ed enfatizzato, scoraggiando quindi la riflessione e la vera conoscenza del fenomeno e delle persone che lo vivono. (…)
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Aids - 1998 – A Vicenza deceduti 18 – In Italia 1067
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Il Giornale di Vicenza - 20 febbraio 1999
Il caso: i detenuti del S. Pio X fanno arrivare all’onorevole un fax in cui chiedono aiuto
“Caro Sgarbi, qui dentro la vita è insostenibile”
Da dodici giorni niente doccia e da un mese nessun cambio di lenzuola”
“Carenze igieniche con casi di scabbia; celle affollate”
Sperano che l’on. Prof. Vittorio Sgarbi diventi il loro “faro nella notte” e confidano che l’amplificazione garantita dal programma “Sgarbi quotidiani” alle ore 13,30 Canale 5 – dia uno scrollone “all’opinione pubblica in genere e alle autorità preposte in specifico”. Sono i carcerati di S. Pio X di Vicenza che descrivono la situazione nella quale sono costretti a vivere e che è degna di ogni attenzione
anche da parte di Amnesty International. Il messaggio – tre facciate protocollo scritte in stampatello maiuscolo con data 12 febbraio ’99 è firmato genericamente:”I detenuti tutti” senza nomi o autografi – è pervenuto a Nazzareno Giaretta, ex consigliere ed ex assessore a palazzo Nievo, attualmente presidente della sezione vicentina dell’Unms (unione nazionale mutilati per servizio) che in data
14 febbraio lo ha spedito al dott. Sgarbi a Montecitorio con poche righe accompagnatorie che assicurano sull’autenticità del messaggio. ”Egregio onorevole – scrive Giaretta – i detenuti del carcere di
S. Pio X di Vicenza, tramite un familiare, mi hanno inviato il messaggio che le allego in copia, con
preghiera di farglielo recapitare con estrema urgenza. Per motivi che certamente saranno compresi,
non è stato possibile a loro, inviarlo a lei direttamente dal carcere”.
Ed ecco il testo quasi integrale: “Le angherie comuni a molte carceri – scrivono i detenuti del San
Pio X – presso la casa circondariale di Vicenza assumono proporzioni deliranti a causa della completa disorganizzazione dirigenziale e pressapochismo …. Detenuti in attesa di giudizio convivono
con definitivi spacciatori, rapinatori, violentatori e quant’altro il panorama delinquenziale offre in
generale. La capienza del carcere è di 100 persone e mediamente ne sono “stipate” 220-250. Le celle
predisposte per l’accoglienza singola, sono occupate da due – tre reclusi, senza distinzione di reato,
nazionalità, posizione giuridica ma, quel che è peggio, senza isolamento di persone affette da Hiv,
sieropositivi e alcolisti dai comuni. Le carenze igieniche sono tali che i casi di scabbia, piattole,
pidocchi ed infezioni cutanee sono all’ordine del giorno. A fronte di ciò, la Direzione ha disposto
l’uso delle docce 2 volte la settimana ed il cambio biancheria “lenzuola”ogni 10-12 giorni”.
“Recente – prosegue la lettera - è la rottura del riscaldamento – acqua – docce – così alla data odierna sono 12 giorni che ci è preclusa la doccia e dal 22 gennaio ’99 non viene effettuato il cambio
lenzuola e lavaggio del vestiario. Qualsiasi richiesta di colloquio con il Direttore, con il responsabile del Dap e con il magistrato di sorveglianza è precluso …. I medicinali di grossa importanza sono
esauriti, non esistono corsi informativi o scolastici ad eccezione quello d’alfabetismo. Assenti ogni
attività creativa – sportiva – culturale ed hobbystica, la palestra è chiusa da circa due anni, i servizi
interni sono inefficienti, in particolare situazione disastrosa la si trova all’ufficio conti correnti postali. Il volontariato è inesistente, come lo è pure il lavoro interno”.
“Le uniche cose abbondanti – conclude il messaggio dei carcerati – sono la noia, le 20 ore di cella
al giorno e la repressione. Elencare tutti i disagi con un semplice mezzo epistolare è impossibile perché chi non vede, non può credere che certe cose avvengano in una struttura penitenziaria alle soglie
del 2000”.
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Il Giornale di Vicenza - 25 febbraio 1999
Maxi-operazione antidroga
150 denunciati, 84 in manette - Ormai alle stelle l’uso di pasticche
L’ecstasy a fiumi partiva da Amsterdam, arrivava a Napoli e da qui saliva a Vicenza.
Sono stati più di 650 i militari dell’Arma mobilitati nella notte
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Le reazioni all’operazione Sound Factory
“Chissà che adesso si aprano gli occhi”
Olga Dalla Valle:” genitori state attenti, molte feste finiscono con le pasticche”
“L’operazione Sound Factory che ha portato alla luce un traffico di 300 mila pastiglie di ecstasy
dimostra che il problema esiste, eccome – dice Olga Dalla Valle presidente del Comitato famiglie di
tossicodipendenti. L’ecstasy non è diffusa solo nelle discoteche: a questo punto bisogna aprire gli
occhi e denunciare che anche nelle nostre scuole sono molti i ragazzi coinvolti nell’uso di stupefacenti. Ma molti presidi, molti insegnanti sono sordi. Fanno finta di non vedere. Non hanno occhi
anche tanti genitori, non intuiscono come, dietro a problemi adolescenziali, emotivi e caratteriali si
possa nascondere dell’altro che ha a vedere con l’uso di stupefacenti”.
Anche dal Sert, servizio dell’Ulss da sempre in prima linea nella lotta alle tossicodipendenze, arriva
la conferma che il consumo di ecstasy, anfetamine, stimolanti, cocaina, allucinogeni e cannabis è
“notevole”. Come al solito, sequestri e arresti rappresentano la punta dell’iceberg: il fenomeno sarebbe molto più diffuso di ciò che appare. “In questi anni è cambiato anche il contesto culturale sul
consumo di questo tipo di droghe diverse dall’eroina. L’identikit di chi si impasticca con l’ecstasy
corrisponde a giovani che lavorano o hanno discrete possibilità economiche che associano il consumo di stupefacenti a scopo ricreativo per stare insieme. Una moda. Chi prende l’ecstasy si crede “in”
e non pensa per nulla di essere “out”, dice Vincenzo Balestra primario del Sert. (…)
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Il Giornale di Vicenza - 27 febbraio 1999
Ulteriori sviluppi dalla maxi inchiesta antidroga dei carabinieri
Sound Factory. Il cerchio si allarga
Una catena di S. Antonio per diffondere la droga in discoteche e locali di tendenza
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Corriere della Sera - 6 maggio 1999
Furti in tribunale - Cocaina rubata - Arrestato cancelliere
Colpo di scena a Roma nelle indagini sui diciotto chili di droga scomparsi quattro mesi fa
Era l’unico a poter entrare nel caveau dei “corpi di reato”- In cella anche un complice
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Il Giornale di Vicenza - 5 giugno 1999
“Niente più discriminazioni per chi è morto di Aids”
La battaglia
Una lettera giunta da Roma accende la speranza di Olga Dalla Valle per il futuro
È stato preparato uno schema di circolare per gli operatori sanitari
e modificato il regolamento riguardo alle norme per la sepoltura
L’aria metallica delle celle, già quella non la scordi più. Il freddo del corridoio, il rumore dei passi
pesanti come mai, la penombra del posto, quell’odore così innaturale, nemmeno quelli non li
dimentichi più. Quando poi al dolore della morte si aggiunge l’umiliazione dell’emarginazione, la
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sofferenza esplode con rabbia, in disperazione, in sconforto senza fine. Olga Dalla Valle tutto questo lo sa. E non dimentica. “Sparisce l’angoscia – dice – ma tutto il resto è ben presente, pesa sul
petto, è il primo pensiero appena sveglia al mattino, l’ultimo prima di addormentarmi, spesso è triste compagno di sonno. La vita, per certi aspetti finisce nel preciso momento in cui “loro” se ne
vanno …”.
“Loro “ sono i morti per droga consumati dall’Aids, quelli che tante mamme come Olga devono
difendere anche quando la malattia se li è portati via e la legge umana, caparbia come mai, continua
a “maltrattare “. (…)
La storia è questa: Olga Dalla Valle dal ’94 scrive numerose lettere a Roma, al ministro della sanità,
a quello della famiglia, al presidente della Repubblica, a quello del Consiglio, a quello della Regione Veneto, ai dirigenti dell’azienda ospedaliera. Scrive e chiede sempre le stesse cose: “che sia rimossa una legge vecchia e senza senso (eminenti infettivologi e ricercatori di fama internazionale hanno
dichiarato che con la morte cessa ogni forma di contagio), legge che offende l’amore e il diritto alla
dignità di tante famiglie per far sì che i propri cari, almeno da morti, non abbiano a subire l’ultima
offesa del lenzuolo imbevuto di varecchina”.(...)
L’11 maggio è arrivata la lettera al Comitato di solidarietà, firmata da Salvatore Sechi, consigliere del
presidente della Repubblica per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali . (...)
Sechi , infatti, garantisce che ”Uno schema di circolare di istruzioni per il personale delle Ulss, che
preveda il divieto di trattamenti inutilmente discriminatori e lesivi del rispetto dovuto a tutti i deceduti, è stato inviato alla Commissione nazionale per la lotta all’Aids. Inoltre, gli uffici del ministero
hanno allo studio un provvedimento di revisione del regolamento di polizia mortuaria. (...)
Camilla ferro
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Corriere della Sera - 14 giugno 1999
“Sì” svizzero all’eroina di Stato
Referendum approva la somministrazione con prescrizione medica per i tossicomani più gravi
Il dramma – Zurigo è da alcuni anni teatro di sperimentazioni per arrivare al controllo del consumo degli stupefacenti. L’esperimento più clamoroso è stato quello del “Platzpitz”, il parco dove le
autorità tolleravano lo spaccio di ogni genere di droga, e che è stato però chiuso nel 1991. Ieri, con
un referendum, è stata approvata la prescrizione medica di eroina nei casi più gravi di dipendenza.
Alle urne si è presentato il 45,6 per cento degli aventi diritto. Il popolo elvetico con 1.128,095 voti,
pari al 54,4 per cento, ribadisce di accettare la politica del governo sugli stupefacenti. (…)
Interessate 3000 persone. Allo studio misure simili in Olanda e Germania.
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Il Giornale di Vicenza - 15 giugno 1999
Tragedia a Napoli. Un padre spara al figlio tossicodipendente da poco uscito dalla comunità
Due colpi al petto per finire l’angoscia
Il Giornale di Vicenza - 26 giugno 1999
Droga, più morti e spaccio
Nel ’98 overdose killer per 1037. Si vende anche nelle carceri
Ecstasy – L’ultimo incubo – La sua assunzione manda in “tilt” il cervello
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Sabato 26 giugno ’99 - Anche quest’anno per la “Giornata mondiale di lotta alla droga” ci
siamo uniti tra più associazioni concordando un vario programma che si è svolto in piazza dei
Signori.
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Acquerello tratto da una foto di Roberto
9 luglio 1999. Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a Vicenza incontra la signora Dalla Valle
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La “Giornata” è iniziata alle ore 16 con l’apertura dei vari stand delle associazioni, con operatori e materiale per la prevenzione e giochi per dare un’impronta gioiosa alla giornata: un
torneo di calcio tra ragazzi della comunità e altri delle parrocchie, uno spettacolo teatrale “Il
grande sogno”della compagnia teatrale Nasocomix e uno stand gastronomico.
La giornata è riuscita bene con affluenza di pubblico. Numerosi i bambini.
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9 Luglio 1999 – Visita del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi a Vicenza.
Il prefetto Giovannucci ha convocato in Prefettura un numero ristretto di rappresentanti del
volontariato come segno di vicinanza e apprezzamento per il nostro impegno.
Gli ho consegnato il mio libretto di poesie
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Il Giornale di Vicenza - 17 luglio 1999
Un vicentino stroncato a Padova da overdose
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Il Giornale di Vicenza - 23 luglio 1999
Stroncato da overdose
Un dramma consumato nel silenzio - La vittima aveva trentadue anni
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Il Giornale di Vicenza - 27 luglio 1999
E sui sequestri di ecstasy Vicenza prima in Italia
29 mila pasticche, un quarto del dato nazionale
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Il Giornale di Vicenza - 30 luglio 1999
San Pio X, benvenuti all’inferno
Una shoccante lettera dal carcere denuncia punizioni e reparti dove i detenuti
vengono tenuti legati e nudi - Sospese dalla direzione le attività ricreative senza alcuna motivazione - Detenuti lasciati privi di coperte cuscini e tavoli solo per punizione
Malati senza cure e assistenza
In isolamento, nudi e legati. Senza aria, per punizione. Senza riscaldamento, sempre per punizione.
Senza coperte e cuscini, senza tavoli e sedie, senza pulizia e igiene. Senza più speranza – dopo un anno
di richieste di parlare con il magistrato di sorveglianza. E senza più la voglia di tentare la strada della
direttrice o del comandante: passa più di un mese dal tempo della richiesta a quello del colloquio.
Senza voce in capitolo, senza forza di aprire bocca, che tanto non serve a niente. Il risultato? Che i problemi recidivano e le distanze da colmare diventano un muro insormontabile tra due compartimenti
stagni: noi e loro, noi indifferenti e loro abbandonati alla pena, quella da scontare e quella umana.
Sono i detenuti di San Pio X ad essere senza tutto, senza onestà per colpa loro – l’hanno persa nel
momento in cui hanno commesso un reato – e senza fiducia nel recupero – per colpa del “sistema”.
“Chi entra sano – conferma un ex carcerato – esce marcio, e quando sei fuori senza credere in te stesso è come se fossi ancora in cella, perché ti convinci di non essere capace di tenerti pulito, perché ti
hanno fatto credere che la tua normalità è quella lì: essere sbagliato, frustrato, immotivato, inutile. (…)
A parlare di gravi problemi, non sono solo i reclusi, ma anche “insospettabili” che ruotano intorno al
mondo penitenziario: volontari, amministratori comunali, assessori regionali. È un tam tam di informazioni allarmanti che arrivano sul San Pio X.
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C’è una lettera (indirizzata oltre che a tutte le autorità locali, al ministro di grazia e giustizia, a una
manciata di parlamentari e a una serie di organi di informazione nazionali), scritta giorni fa da un
vicentino rimasto dietro le sbarre per sei mesi, che fa paura. C’è una volontaria - una che entra ed
esce dal San Pio X – che racconta episodi sconcertanti, c’è l’assessore comunale agli interventi sociali
che allontana ogni dubbio: “quello che c’è scritto in questa lettera-denuncia è solo parte della verità e
ho davvero dei problemi a gestire certe pesanti notizie che so vere”.
E c’è l’assessore alle politiche sociali della Regione, che conferma:”Delle case circondariali venete,
quella di Vicenza presenta la situazione più difficile: mi arrivano numerose segnalazioni sulla “invivibilità” della struttura, sui cattivi rapporti tra direzione, agenti e detenuti. E mi arriva anche voce di
spiacevoli incidenti come quelli dichiarati nella lettera”. La lettera (firmata), denuncia: ”Lo stato di
abbandono manutenzionale del San Pio X tale da rendere la vivibilità molto precaria: mancano tavoli, sgabelli, coperte e le brande per il 50 per cento sono indecenti. Racconta di “topi e zanzare nelle
sezioni, con numerosi casi di scabbia, pidocchi e malattie della pelle. Lamenta l’impossibilità dei colloqui con la direttrice (passa anche un mese prima di essere ascoltati) o di continue guerre psicologiche. Sono sistematici i rapporti fasulli e le conseguenti punizioni con cella di isolamento, privati persino degli indumenti”.
In un’altra lettera si legge: ”di imposizioni coercitive, di frustrazioni fisiche e psicologiche, di umiliazioni come quella di togliere gli abiti”. (…)
È un fiume in piena la testimonianza dell’autore della prima lettera: ”Non c’è il regolamento d’istituto (…) alcolisti, sieropositivi, italiani, extracomunitari, tossicodipendenti, giovani, anziani, papponi, rapinatori, spacciatori sono mescolati tra loro senza separazione tra definitivi e indagati … E
c’è di più. C’è quello che non può essere detto, ma che sarà riferito a chi di competenza. (c.f.)
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Il Giornale di Vicenza - 1 agosto 1999
Carcere, ora indaga la Procura
San Pio X - Dopo le prese di posizione di alcuni detenuti
e le reazioni dei politici, interviene il pm
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Il Giornale di Vicenza - 6 agosto 1999
Il caso carcere - “Il San Pio X? Malato dentro”
Fra’ Beppe Prioli testimone dei disagi della casa circondariale
Il coordinatore dei volontari penitenziari chiede ai dirigenti di mutare atteggiamento
“Impossibile parlare con i detenuti senza la presenza degli agenti. Troppo silenzio, hanno
paura”. Da un anno non entra al San Pio X: “è inutile, non sono ben accetto”
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Naturalmente dopo l’articolo sul San Pio X vi sono state lettere di difesa da parte di persone
“vicine” al carcere; non le riporto per la loro lunghezza (chi è eventualmente interessato può
fare riferimento a “Il Giornale di Vicenza), tra queste una è firmata: “Medici e infermieri
della casa circondariale di Vicenza”. Per quanto possa valere la mia testimonianza captata
da “mezze parole” di volontari, da lettere provenienti dal carcere medesimo e da chi
afferma:”qui lo dico e qui lo nego” ritengo veritiere le denunce fatte.
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Vicenza 9 Agosto 1999 – Lettera inviata al Dott. Gian Carlo Caselli – Capo Dipartimento
Carceri e P.c. al ministro degli Interni Rosa Russo Jervolino
– 364 –
1999
Ometto la prima parte in cui mi presento per affrontare direttamente il tema:
(…) Ho qui davanti a me la lettera datata 28 giugno ‘99 che Lei signor giudice ha inviato al “Corriere della Sera”, in cui parla di tossicodipendenti e carcere. Condivido quanto
scritto.
Con molte associazioni impegnate sul fronte droga abbiamo lottato per anni perché
leggi e carcere potessero veramente aiutare i tossicodipendenti, nel ‘90 avevamo raggiunto un buon traguardo e c’era stato un miglioramento generale, ma poi il referendum di
Pannella vanificò ogni cosa. Ora, spero ardentemente che, nel Suo nuovo incarico possa
rivoluzionare (credo sia questa la parola giusta), la vita penitenziale attuale. Sono fermamente convinta che chi sbaglia debba pagare, ma in una struttura che permetta il recupero del cittadino, e non dove si potenzia la sua criminalità.
Sempre nel “Corriere” leggo: ”Niente celle per quasi un milione di condannati”. Questo milione è costituito certamente da gente ricca o protetta che paga gli avvocati, mentre gli “ultimi”, i poveri cristi senza aiuto, senza famiglia danarosa, in molti casi siero positivi e/o in Aids riempiono le carceri e sono impossibilitati a seguire le cure di cui abbisognano.
E proprio di questo vorrei parlarle. Come avrà visto, nella busta ho inserito fotocopie
di articoli che in questi giorni hanno fatto scoppiare nella mia città il problema carcere.
Io mi trattengo dal fare commenti, ma è da circa dieci anni che le cose sono peggiorate da
direttore in direttore, senza che nessuno si sia presa a cuore la situazione e abbia tentato
di porvi rimedio. Le faccio notare che, mentre la direzione, direttamente accusata si è
chiusa nel silenzio, medici, infermieri e guardie carcerarie, coinvolti marginalmente nella
denuncia, si stanno difendendo a spada tratta e in modo duro e cattivo, questo mi fa pensare che si sentano perlomeno colpevoli di omissione di atti d’ufficio. Ma fino ad ora,
dov’erano? perché non hanno fatto denunce? Quando, parlando con una persona che
segue i detenuti gli ho fatto notare che era stato incarcerato un giovane che aveva subito
un pestaggio da parte delle forze dell’ordine, mi ha confermato il pestaggio e ha soggiunto: ”qui lo dico e qui lo nego”! (il giovane in questione avrebbe più bisogno di un aiuto
psichiatrico che di una cella, ed è sieropositivo con il 70% d’invalidità).
Tra le fotocopie c’è anche una denuncia indirizzata da un detenuto al direttore del
Giornale di Vicenza. Questa lettera fa seguito ad altre che saltuariamente escono dal carcere. Il giovane che la scrive ha trovato un po’ d’aiuto presso il nostro comitato, ed ora
cerco di essergli vicina con uno scambio di scritti e un po’ di denaro per le spese più necessarie. Il suo esprimersi è sgrammaticato e di difficile lettura, ma i sentimenti di riconoscenza e di affetto sono commoventi. E’ da Aprile che una comunità terapeutica gli conserva un posto, ma non si capisce perché non gli sia concesso l’affido.
Signor Giudice, la prego di intervenire, affinché le leggi carcerarie vengano rispettate,
così pure la dignità delle persone ivi ristrette, per l’interesse sia dei detenuti che dell’intera società, e far sì che per i tossicodipendenti in particolare, la detenzione possa rappresentare un momento di ripensamento, di riflessione e di un possibile recupero.
La presidente del Comitato di solidarietà, Olga Dalla Valle
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1999
Il Giornale di Vicenza - 12 agosto 1999
Tossicodipendente fulminato in casa
Overdose fatale? - Non aveva ancora trent’anni
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Vicenza 28 settembre ’99 – Altro tentativo presso l’assessore agli Interventi sociali su un progetto di asilo notturno per tossicodipendenti senza casa.
Egregio Assessore,
Sempre grave è il problema droga a Vicenza e insufficienti i rimedi in atto. Vi sono giovani, sopravvissuti ad anni e anni di tossicodipendenza che, ridotti a dei relitti umani si
aggirano per le vie del centro, sostenendosi a vicenda per non cadere. Vagano senza meta,
come spinti dall’inerzia o dalla radicata consuetudine di spostamento.
L’aiuto che il comitato può dare loro, è limitato a dei buoni spesa e al vestiario, ma altre
ancora sono le necessità, e tutte impellenti.
Queste persone, e tra loro c’è qualche giovanissimo, non hanno famiglia o sono dalla
stessa rifiutati.
E’ fortunato chi ha la residenza nel Comune di Vicenza, perché, pur non senza difficoltà, può usufruire della mensa pubblica e, a tempo determinato, dell’Albergo cittadino,
di qualche albergo convenzionato o, in casi particolari, di appartamenti privati (soluzione
quest’ultima, non sempre positiva).
Quelli che invece, pur vivendo in città da molti anni, non ne hanno la residenza perché provenienti da altri comuni, oltre al metadone dato a mantenimento, non possono
godere di altri supporti e, come cani randagi, sono costretti ad arrangiarsi alla meno peggio, in cerca di cibo e di un luogo dove dormire. Infatti, trascorrono le notti in occasionali e fortunosi ripari (i portici del centro storico, l’esterno o gli scantinati dell’ospedale,
le mura del cimitero, qualche casa disabitata e fatiscente ecc.) allo sbando più completo,
esposti a qualsiasi tipo di agenti atmosferici, a qualsiasi accidente o pericolo, manchevoli
dei minimi ed essenziali standard di vita, tali da potere rendere l’esistenza umanamente
accettabile.
Quasi tutti inoltre, sono portatori di patologie correlate all’Aids e di problemi psichiatrici, dovuti anche alle lunghe assunzioni di droga, di psicofarmaci, di alcool e di abbandono. Sia per i primi - residenti a Vicenza - e ancor maggiormente per i secondi - non residenti - si rende necessaria la creazione di alloggi protetti o asili notturni. Quello che noi
del Comitato chiediamo, è un finanziamento per rendere operative due unità (due appartamenti di media grandezza), uno maschile e uno femminile. Desideriamo rendere noto
tra l’altro, che la popolazione femminile è doppiamente penalizzata, dato che l’albergo cittadino si configura come risorsa per accoglienze solamente maschili, e che il luogo che
potrebbe ospitarle, si trova a più di trenta chilometri dalla città, l’ultimo dei quali, sprovvisto di mezzi di trasporto, con conseguente forte disagio che lo spostamento quotidiano
comporta.
Queste due strutture verrebbero gestite coinvolgendo i servizi pubblici, il privato –
sociale e il volontariato, che già operano all’interno dei Piani di Zona, quali: il Sert, i
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1999
distretti Socio – sanitari, il dipartimento Salute mentale, i Medici di base e i Servizi di base
del Comune. Sarebbe utile che la sua realizzazione potesse partire dal mese di novembre
perdurando per tutto il periodo invernale, in considerazione del fatto che in questo periodo emergono con forza le problematiche legate al freddo.
L’obiettivo perseguito dal presente progetto è sostanzialmente di solidarietà, ed è rivolto all’assistenza di persone profondamente emarginate, per dar loro un supporto che li
aiuti a vivere situazioni a volte insostenibili e al limite della disperazione, garantendo quella minima dignità di esseri umani che attualmente, purtroppo, lascia molto a desiderare.
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Corriere della Sera - 31 agosto 1999
“Fermate il boom della cocaina”
Don Rigoldi: fa più paura dell’eroina - Giunta divisa sulla proposta del pm Nobili
L’intervista del pm Alberto Nobili al “Corriere” riapre il dibattito su droga e sicurezza.
Il magistrato ha proposto la distribuzione dell’eroina controllata dallo Stato per combattere
il crimine. Una idea-choc che ha provocato subito reazioni favorevoli e contrarie
L’esperto: i nuovi tossicomani, ragazzi della porta accanto
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Il Giornale di Vicenza - 4 settembre 1999
Lettere al Direttore – Libertà di parola
La mamma di un drogato: “Eroina libera? È una follia”
Egregio direttore,
sono la madre di un uomo di 36 anni che da 20 è schiavo delle droghe “leggere” prima,
dell’eroina, del metadone e dei psicofarmaci poi; un drogato insomma, uno di quelli che,
tra comunità di recupero, tra periodi apparentemente calmi e altri feroci (overdose e ospedali) e nonostante l’Aids conclamato da 15 anni, è ancora qui a disturbare questa società.
Noi famigliari abbiamo dato tutto per la sua guarigione dalla droga, impegnandoci allo
stremo per aiutarlo a guarire, seguendolo nei suoi percorsi, accompagnandolo in questo
suo calvario, sostenendolo nella sua disperazione.
Come madre di questo disperato figlio sogno leggi severe che obbligano alla cura, che
lo sostengano nel suo cammino di recupero tanto desiderato, che condannino lo spaccio,
anche minuto, con pene severissime, altro che eroina libera!
Ma lo sapete giudici che l’eroina è un veleno mortale? A quale altra categoria di malati si è mai proposto di usare veleni letali invece che una cura risolutiva? O volete emulare
il “dott. Morte” di mondiale conoscenza? Ma ad un alcolista, si propina, per guarirlo,
altro alcool?
Somministrando l’eroina come “cura” ai nostri figli li condannate a una morte umiliante e degradante. Non toglieteci la speranza! Combattete seriamente il traffico di droga!
Se siamo arrivati al punto in cui la situazione si è fatta incontrollabile, vuol dire che
non c’è stata la capacità e la volontà di combattere i grandi trafficanti e i loro interessi, ma
è troppo facile arrendersi alla loro vittoria sulla pelle dei drogati che prima di essere dei
rifiuti umani sono dei malati!
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1999
E per evitare che questi moderni paria pesino sulla collettività (un vecchio eroinomane è quasi sempre malato di Aids, di epatiti, fino a raggiungere la demenza e altro, inoltre le famiglie non collaborerebbero, sicuramente, con chi somministra eroina ai loro congiunti), che volete attuare il vostro progetto di eutanasia?
n.b.
Risposta del direttore Luigi Bacialli:
Gentile signora,
la ringraziamo per questa sua toccante testimonianza. Paradossalmente ad occuparsi e a dibattere molto
di droga, oltreché a legiferare in materia di tossicodipendenza, sono persone che non hanno avuto esperienze dirette con quella che è una delle peggiori piaghe del nostro secolo. Qualcuno ha recentemente proposto in Parlamento che i terroristi arrestati per omicidio non possano essere scarcerati previo il parere dei
parenti delle vittime. È un’iniziativa discutibile, non risolutiva, ma che ha una sua logica. Allo stesso
modo credo che nessuno dovrebbe adottare misure che riguardano i drogati, senza prima avere consultato
quanti vivono in prima persona il dramma di un congiunto o di un amico finito nel tunnel.
Spero che altri genitori seguano il suo esempio, cara 
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Stroncato da overdose