Vespa velutina nigrithorax, visita di cortesia a una nemica Quest’oggi ho visto la possibile fine dell’Apicoltura. Con le lacrime agli occhi, un rabbioso senso d’impotenza e una infinita pena nel cuore. Mi è già capitato di dover prendere decisioni drastiche per le api che curo, mi è già capitato di scaldarmi davanti a falò che avrei preferito non accendere, ma che era inevitabile e doveroso appiccare anche nei confronti dei colleghi, ma mai come oggi ho sentito stringermi il cuore di fronte alle api visibilmente terrorizzate, impossibilitate a spiccare il volo per andare a bottinare. Contro le follie dell’uomo si può combattere: non sono ottimista di natura, ma sono convinta che alla lunga vinceremo la battaglia sui neonicotinoidi, nonostante tutto credo che potremmo ancora fermare la corsa verso il baratro e magari cambiare rotta, ma contro la velutina? E’ perfetta: è un’abile cacciatrice e ha la forza di una popolazione numerosa e instancabile, si è adattata in Francia e nell’estremo ponente ligure come se ci fosse sempre stata, è già in Spagna, Portogallo e Belgio, si moltiplica e si espande efficiente e incurante del nostro perdere tempo, di chi grida aiuto e di chi non ascolta, di chi ci penserà poi e di chi già piange di fronte ai propri alveari sotto assedio. Quest’oggi ho guardato nei suoi occhi composti una nemica e ho conosciuto due persone con una grande forza, spinte dalla determinazione della disperazione e dal rifiuto di arrendersi. Siamo partiti verso Ventimiglia intorno alle 13.30, un panino mangiato in macchina e i soliti discorsi su api, associazionismo e progetti. Siamo partiti in 5: Andrea, Martino, Mauro, Giuseppe e io, tecnici apistici e apicoltori più o meno esperti e la sottoscritta, segretaria e factotum del gruppo di Genova. Sonia (attiva da anni sui social per denunciare l’invasione della velutina, per mesi voce solitaria, vive vicina al confine con la Francia e conosce bene il calabrone dalle zampe gialle) ci ha generosamente dedicato qualche ora, portandoci a vedere alcuni nidi nei dintorni del suo apiario e in seguito l’apiario stesso con i suoi indesiderati e alieni ospiti… Uno dei nidi è su un eucalyptus di almeno 15 metri, vicino a delle abitazioni i cui proprietari, ignari fino a qualche giorno fa, aspettano non tanto tranquilli l’intervento di chi li possa liberare da questa spada di Damocle a forma di damigiana che si sono ritrovati sulla testa. L’altro nido è incastonato in un salice molto vicino alla strada, oltre a una riva ripida che finisce nel rio, le vespe che abbiamo intravisto entrare e uscire da questo nido sono le stesse con cui abbiamo avuto un incontro ravvicinato poco dopo. Infine abbiamo visto un nido già bonificato dall’olivicoltore che se l’è ritrovato sulla pianta a qualche metro d’altezza. Sono nidi enormi con migliaia di individui e proprio in questo periodo stanno generando le femmine fertili che la primavera prossima, nei dintorni e chissà dove in giro per l’Italia e l’Europa, fonderanno il nido primario a pochi metri d’altezza (spesso su strutture umane: in zona Ventimiglia sono stati rinvenuti attaccati all’interno di baracche e ai cornicioni delle finestre) per poi, raggiunta la popolazione di operaie sufficiente, spostarsi ad altezze più elevate sugli alberi per costruire gli enormi nidi che conosciamo e iniziare una spietata caccia all’ape e altri insetti. Nido primario Immagino sembrassimo dei giapponesi in gita, tutti a indicare e fotografare, ognuno con un brivido lungo la schiena e la stessa domanda che gira in testa “Ma quando arriveranno da noi (giacché non v’è dubbio nell’attuale situazione) come potremo individuare i nidi nel nostro territorio, così impervio e all’abbandono?” Sonia e Fabrizio ci hanno raccontato i loro ultimi anni: sempre peggio. Col senno di poi datano l’inizio dell’invasione al 2012, all’epoca non si accorsero quasi di nulla, sapevano sì della Francia, ma non ci furono per loro avvistamenti eclatanti o ritrovamenti nelle bottiglie trappola. Nel 2013 la pressione sugli alveari si fa evidente, ma riescono a contenere i danni con pazienza, sedute di caccia al retino e molto tempo speso davanti alle casse. Oggi, 2014, c’erano almeno un centinaio di velutine: in circa mezz’ora, in quattro, passato lo sconcerto iniziale e ripreso a respirare, gli uomini ne hanno catturate 34 con retino e manate! Finora hanno già perso 6 famiglie, ma ne ho visto una che purtroppo presto farà la stessa triste fine: poche api nascoste dietro la porticina che emettevano un fioco lamento d’agonia e disperazione e quelle maledette che planavano implacabili in cerca di prede; sarebbero affascinanti con il loro volo statico se non fossero così dannose. Ho sentito almeno due volte il seminario del Dott. Porporato, Andrea e Martino forse cinque, io stessa ho preparato le slide per l’incontro tecnico con gli apicoltori e per i corsi per informare e mostrare immagini per facilitare il riconoscimento della V. velutina, ma non ero comunque preparata allo shock visivo e uditivo di oggi. Quando si arriva davanti agli alveari si vedono muovere solo loro, si sente solo il loro basso ronzio, vanno e vengono, si scontrano tra loro e aspettano le prede a zampe aperte, fameliche e pazienti. Sonia e Fabrizio sono combattivi e creativi, hanno sperimentato e continuano a sperimentare diversi metodi di contrasto e cattura: a primavera la birra nelle bottiglie, da giugno esca proteica e da quando fiorisce l’edera di nuovo zuccherina. Stanno spendendo uno sproposito in birra, carne e pesce, in vischio e colla da topi (lascio ovviamente a loro e all’equipe scientifica che li affianca, quando saranno sicuri dei prodotti e dei metodi, la divulgazione delle informazioni specifiche) per non parlare della nutrizione delle api, costrette a guardare i fiori solo da lontano. Sono guerrieri in prima linea Sonia e Fabrizio e vanno ringraziati e sostenuti per quello che fanno e hanno fatto, perché non mollano e hanno ancora voglia di lottare nonostante tutto, nonostante il senso di impotenza, nonostante le incomprensioni, le ironie e le critiche che hanno subito. E noi delle retrovie? Cosa possiamo fare? Informarci, informare e prepararci al peggio. E nessuno si senta escluso, potrebbe esserci proprio adesso una velutina fertile nascosta su un camion di legname, in un camper, in un vaso, o chissà dove noi l’aspettiamo a Savona e Genova, poi a Levante, ma potenzialmente potrebbe arrivare e attecchire ovunque, anche in altitudine . E’ stato recentemente trovato un nido a Bordighera, in pieno centro (distrutto con il lavoro congiunto dei tecnici di ApiLiguria Imperia e Aspromiele, dei Vigili del Fuoco, degli apicoltori del CIVAM di Nizza, della Protezione Civile di Ospedaletti e Ventimiglia), nulla vieta che l’insediamento si ripeta in qualsiasi altra cittadina o città, le bestiacce sono aggressive a 5 metri dal nido: sia ben chiaro che non è solo un problema di apicoltori, orticoltori e frutticoltori, ma potenzialmente di tutti, sia per il rischio di punture sia per la tragedia che la mancanza d’api porterebbe nei territori. Possiamo intanto parlarne con chi frequenta la natura: con i cacciatori, i fungaioli, i climber, i bikers, i camminatori e con quei simpatici pazzi che giocano alla guerra; allertare le associazioni ambientali che conosciamo, far sapere ai vecchi lupi dei nostri figli scout che esiste questo problema e qualsiasi altro contatto vi venga in mente perché tutti tengano gli occhi aperti e avvisino nel caso di avvistamenti sospetti le associazioni apistiche attive sul territorio, il DISAFA di Torino e di conseguenza la protezione civile, il comune, i pompieri, la forestale e tutti gli enti interessati. Ho abbracciato forte Sonia andando via e con forza ho stretto la mano a Fabrizio; abbiamo giocoforza dovuto abbandonarli alla loro lotta, con il cuore pesante, ma con la voglia di fare qualcosa e molte idee che spero avremo la possibilità, la costanza e la determinazione di realizzare. Vanno doverosamente menzionati e ringraziati per l’attenzione e il lavoro svolto il DISAFA e lo staff del Dott. Porporato, che sta collaborando con il politecnico di Torino per realizzare un marchingegno (radar armonico) per localizzare i nidi (manco a dirlo, con grossi problemi a reperire i fondi), CONAPI, UNAAPI e FAI perché pungolano i ministeri, Aspromiele, ALPA Miele, ApiLiguria e NuovaAssoApi Ligure per il lavoro di informazione capillare e pressione sulle rispettive amministrazioni regionali. Invito nuovamente a informarsi sul sito dedicato: http://e20.unito.it/Vespa_velutina/ e a seguire le iniziative e i seminari che si organizzano in giro per l’Italia anche grazie alle pagine FB delle Associazioni Liguri e delle altre regioni e ai gruppi dedicati all’apicoltura. Laura Capini 17 Settembre 2014 Nel frattempo giungono notizie sempre più preoccupanti su focolai di Aethina thumida, come se non bastassero la Vespa velutina, la Varroa destructor e il Cinipide galligeno del castagno, oltre ai pesticidi sistemici a minacciare la vita dell’ape, di conseguenza degli apicoltori e di tutti. Farei mestamente notare come le minacce citate siano tutte diretta conseguenza di azioni umane, della cecità e della mancanza di lungimiranza e rispetto che contraddistingue noialtri scimmioni fin troppo evoluti.