I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ Gaetano Ginex Ha detto: Questo albero È rimasto com’era negli anni della mia infanzia I sentieri che vi conducono sono simili ad un libro E i campi sono le illustrazioni. Adonis Analizzare i disegni di Aldo van Eyck è quasi più intrigante che parlare delle sue architetture (fig. 1). Queste sono state, negli anni ’70, un riferimento importante per gran parte degli architetti della generazione emergente1. Anni in cui parlare di disegno di architettura signifi- cava schierarsi verso quella posizione teorica e pratica che intendeva la sola rappresentazione del progetto come vero esito di una architettura ‘concreta’. Ciò non vale per van Eyck che disegna, in quegli anni e fino a tutti i ’90, le sue architetture attraverso una complessa esplorazione della forma, utilizzando un processo compositivo configurazionale e usando il disegno e la geometria come mezzi per esplorare l’universo primordiale delle possibilità compositive di un tema architettonico. 1 - Manifesto della mostra alla Borsa di Berlage di Amsterdam 1989 I suoi disegni sono un ‘magico’ gioco di dif- ferenti configurazioni, in un variare di forme planimetriche e volumetriche diverse tra loro ma tutte coerenti al fine di raggiungere la giusta Bernard Colenbrander, A tradition resumed-rethinking Aldo van Eyck, in «Archis», n. 11, 1997. 1 129 poetica di un’opera in cui i riferimenti e le memorie giocano un ruolo determinante. Van Eyck scopre la “forma” attraverso un’esplorazione configurazionale del luogo che accoglierà una sua architettura, utilizzando un processo grafico che ‘magicamente’ usa la geometria per rivelare il senso profondo della morfologia del luogo, che può essere già strutturata o che diventa tale solo dopo un suo intervento progettuale2. Van Eyck è un inventore di “Luoghi” (fig. 2). Questa analisi non si basa sullo studio di figure o di forme in senso gestal- 2 - Cerchi concentrici verso l’orizzonte, interno o esterno. Sia la conca che la collina sono condivise da tutte le persone sedute in cerchi concentrici… tico, o sulla similitudine tra geometrie differenti riscontrate nelle opere dell’au- tore, o sulla semplice scoperta delle simmetrie o delle possibilità combinatorie di un’opera architettonica, ma – ed è ciò che vogliamo mettere in evidenza - sui contenuti del metodo progettuale e compositivo utilizzato al fine di definire forGaetano Ginex, Aldo van Eyck, dalle radici archetipe, in « Controspazio», n. 2, 1999, pp. 28-49. 3 «Il concetto di elemento sta quindi alla base di questa ricerca: elemento non come pezzo da comporre, ma come principio organizzativo, come costante tipologica e morfologica, che struttura il processo della progettazione architettonica e ne rende possibile una forma» da Vittorio Ugo, Forma Progetto Architettura, Palermo 1976, pp. 40-76 4 - Con i suoi viaggi presso i primitivi e il parallelo studio delle culture arcaiche in Africa e in America, Van Eyck si orientava particolarmente verso il passato al fine di riscoprire la dimensione archetipica e di trasmettere questa esperienza all’architettura contemporanea. In ragione di questo punto di partenza la teoria che sta nascosta tra le sue architetture prenderà una posizione centrale nelle sue opere. Come campo di ricerca egli scelse le culture in cui si può ancora incontrare l’uomo nella sua forma arcaica ma all’inizio 2 me e spazi, come costruzioni teoriche e mentali e, in ultimo, come materiali dei luoghi dell’abitare e dei loro significati. Una geometria analizzata attraverso il disegno, inteso come spazio mentale, come ricerca di uno spazio architettonico, di uno spazio-luogo, di uno spazio che sia simbolo concreto dell’abitare e del costruire. Un’analisi che si concentra sulle relazioni tra gli elementi che assumono il ruolo di vere strutture minime in una continuità, tutta interna alla forma stessa, che si evolve e cambia direzione in ogni progetto3. I disegni di Aldo van Eyck sono intrisi di “archetipicità” che è comunque radicata nella sua formazione e che traspare nelle opere realizzate appunto come opere “trovate” nell’universo delle forme mentali che ha elaborato attraverso una attenta ricerca delle primordialità presenti nell’universo costruito. Una ricerca che mette in evidenza l’igno- to per utilizzarlo nella concezione e nella costruzione di “forme” architettoniche, attraverso l’esplorazione di un codice genetico, come sistema di misura, come strumento progettuale per l’architettura. Di questo, sicuramente Van Eyck è uno dei massimi esperti. Incantatore e quasi visionario, egli è capace di pensare e realizzare architet- ture essenzialmente al “servizio della vita”, ed è capace, inoltre, di immaginare forme insolite, vicine ai modelli dei frattali mandelbrottiani, come fossero moderni blob. Egli è un antesignano quindi che, senza l’uso della macchina, ottiene risultati sorprendenti sia sul piano della forma, sia sul piano della figurazione architettonica. Ed è questo forse l’aspetto che caratterizza tutta la sua produzione (fig. 3). L’analisi dei disegni di van Eyck induce a considerazioni sul carattere configurazionale dei suoi grafici, analizzati con l’obbiettivo di evidenziare un metodo di lavoro basato su una visione sensibile e mutevole della forma, come sviluppo di un processo progettuale che dalla forma teorica, una sorta di forma impressa nella memoria, passa alla forma materiale ed in 130 Gaetano Ginex 3 - L’albero è foglia e la foglia è albero, la casa è città e la città è casa… (1962) 4 - Schizzi colorati disegnati a New Orleans nel 1964 reale che si integra con altri schemi reali per costruire una reale configurazione occorreva vincere il pregiudizio tenace che le culture cosiddette primitive dovessero essere relegate ai gradini più bassi della scala storico-culturale e che esse siano di minor valore. 5 - Gaetano Ginex, Aldo van Eyck, l’enigma della forma, Testo & Immagine, Torino 2002. Nel 1959 ad Otterloo Aldo van Eyck dava il suo parere sullo sviluppo unilaterale dell’architettura moderna e sulle sue relazioni con i principi trasmessi dall’esperienza. L’architettura moderna ha cosi continuamente insistito su ciò che è differente a tal punto che ha perso ogni contatto con ciò che non è differente, con ciò che è essenzialmente perpetuo, è venuto il momento di riportare l’antico in seno al nuovo e di riscoprire i principi arcaici della natura umana. L’uomo è sempre e dovunque essenzialmente lo stesso, il suo animo resta immutato, noi possiamo incontrare noi stessi dovunque in ogni luogo, in ogni epoca, facendo le stesse cose in modo diverso, sentendo la stessa cosa in modo differente e reagendo alle stesse cose in modo differente. 6 - «L’albero è foglia e la foglia è albero. La casa è città e la città è casa. Un albero è un albero, ma è anche una grande foglia- una foglia è una foglia ma è anche un piccolo albero. Una città non è una città se non è anche una grande casa. Una casa è una casa solo se è anche una piccola città» da Vincent Ligtelijn, Aldo van Eyck. Works, Birkhäuser, Basil 1999 7 - Van Eyck confrontava la concezione spazio-tempo con un concetto migliore: la concezione del significato del luogo. Qualsiasi cosa si voglia intendere con spazio-tempo, luogo e occasione significano qualcosa di più perché lo spazio agli occhi dell’uomo significa luogo, mentre tempo significa occasione. Il mestiere degli architetti consiste nel creare configurazioni di luoghi ad ogni livello cioè fornire il tipo di luogo più adatto per ogni stadio configurativo. I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 131 ultimo alla forma tecnica che implica necessariamente la realizzazione dell’opera stessa4. Ne consegue una nuova disciplina configurativa, come processo di costituzione e di costruzione del disegno in quanto “progetto”, che diventa esso stesso un labirinto di enigmi da aprire. Attraverso un uso appropriato della sperimentazione formale van Eyck ar- riva a risultati di sorprendente valore figurativo. Già i diagrammi, i cosiddetti “cerchi di Otterlo”, costituiscono un manifesto del suo modo di leggere il mondo5 ma anche la metafora della foglia e dell’albero, con lo schema disegnato a punta di penna e con uno scritto della stessa forma della foglia, rappresenta un modo di intendere il manifesto programmatico della sua opera, ma anche di intendere il mondo (fig. 4). Scrittura e disegno si mescolano sempre in van Eyck, è come se disegnare fosse scrivere e allo stesso tempo scrivere è comunque dise- gnare6. Ne discende che ogni disegno è esso stesso un manifesto programmatico in cui si mescolano concetti teorici e rappresentazioni, il disegno diventa così configurazionale e prefigurale. Tratteremo dei disegni di alcuni tra i più significativi progetti di Aldo van Eyck che rappresentano il risultato di una ricerca sui principi generativi del- la forma e dello spazio architettonico. Lo spazio è inteso in questo caso come “luogo” architettonico, concretizzato attraverso un processo che elabora idee che l’architetto aveva colto nei viaggi e nei rapporti culturali avuti durante la sua formazione7. I playground progettati da van Eyck tra il 1947 e il 1973 sono un esercizio di morfologia urbana in cui il disegno è inteso nella sua accezione di ricerca della giusta configurazione formale di un luogo. Il disegno come studio della forma che interpreta, attraverso nozioni archetipiche, la configurazione di un’area e che fa diventare “luogo” ciò che prima non lo era. Come avviene tutto questo ? Questi disegni sembrano esercizi di pura geometria ma, guardando bene tutte le configurazioni dei giochi progettati da van Eyck, ci si rende conto che essi rispec- chiano la visione di un mondo di forme in cui l’aspetto prioritario è lo schema formale che sia essenzialmente funzionale al gioco, al movimento, all’invenzio- ne (fig. 5). Luoghi sorti dove non c’era nulla prima, se non uno spazio vuoto e privo di morfologia. Nuove morfologie sorte dal “niente” ma di antica ed arcaica concezione8 (fig. 6). Una capacità di esprimere il genius loci che si configura solo in base ai limiti del luogo stesso in cui il disegno ha una ruolo determinante come ricerca di una configurazione morfologica nuova e innovativa. Ogni spazio ed ogni luogo esprimono un immaginario formale denso di significati e di segni, quasi a rappresentare eventi geometrici originari e primigeni (fig. 7). Orfanotrofio di Amsterdam 5 - Disegni di campi gioco per la città di Amsterdam disegnati nel 1955 6, 7 - Esempi di configurazioni per i campi gioco di Amsterdam ed il loro particolare vocabolario architettonico (1953/1954) Dal 1955 al 1960 van Eyck progetta e realizza ad Amsterdam la sua prima importante opera che lo renderà famoso in tutto il mondo: l’Orfanotrofio (fig. 8). Per la prima volta il modulo è al contempo strutturale, spaziale e funzionale. I disegni preparatori di questo importante evento architettonico partono da uno schema che diventa programma- tico per tutto il progetto. Uno schema che fa diventare i luoghi altamente 8 - Schizzi di studio dell’Orfanotrofio di Amsterdam. Fasi evolutive del processo progettuale simbolici, come lo erano i giochi per i bambini nei luoghi “persi” di Amsterdam (fig. 9). Il programma dell’edificio ripro- duce in tutti i suoi aspetti gli elementi archetipici dell’abitare. La forma architettonica si costituisce attraverso 132 Gaetano Ginex 9 - Impianto dell’Orfanotrofio di Amsterdam (19581960) Pianta dei due livelli e particolare assonometrico di un settore 10 - Foto dell’Orfanotrofio di Amsterdam (foto di G. Ginex, Ottobre 2007) 11 - Aldo van Eyck, particolare dell’area gioco e sezione della cupola 12 - Aldo van Eyck, schemi configurativi dello spazio interno dell’Orfanotrofio di Amsterdam un procedimento che è di tipo descrittivo e configurativo ed include nozioni come «spazio, intervallo, confine, sequenza, origine, proporzione, ordine, precisione»9. La forma è costituita da aggregazioni multiple che riescono ad inventare, in un luogo qualunque di una periferia urbana, un luogo che “respira” e che immette nel contorno nuova linfa vitale, creando una nuova armonia e una nuova morfologia che si confronta con il circostante tessuto urbano10 (figg. 10, 11). L’orfanotrofio, visto in questa ottica, è un congegno perfettamente riuscito. La sua struttura planimetrica è costituita da una sequenza di quadrati che sono dei piccoli moduli compositivi e strutturali, sormontati da cupole che, nell’aggregar- si tra loro, creano un’insieme uniforme di piccole e grandi volte, come un tetto che ricorda il deserto o il moto delle dune sotto l’effetto del vento. Il quadrato di base crea un reticolo modulare che funziona con grande efficacia. Il suo disegno sembra essere elementare in rap- - «Un oggetto per il gioco deve essere reale nello stesso modo in cui una cabina telefonica è reale perché puoi fare una telefonata», da Arnulf Lüchinger, Strukturalismus in Architektur und Städtebau, Krämer, Stuttgart 1981 9 - Vittorio Gregotti, Tre forme di architettura mancata, dal cap. Fine del disegno, pag. 22: «In ciascuno di questi procedimenti parole come spazio, intervallo, confine, sequenza, origine, proporzione, ordine, precisione, sembrano voler descrivere un perimetro dentro il quale si misura l’autonomia dei modi di costituzione della forma architettonica», ciò è importante per definire dei concetti che stanno alla base del procedimento configurazionale usato nel disegno da van Eyck. 8 to, al loro interno, un cerchio inciso nella superficie del pavimento. «La morfologia è quel processo che studia e parallelamente costituisce la struttura dell’opera architettonica e che viene a costituirsi come la sequenza di uno o più morfemi. A loro volta i morfemi sono sequenze di uno o più fonemi che come per la linguistica costituiscono la più piccola unità dotata di significato: i fonemi formano unità minime di significato che possono venire liberamente com- I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 133 porto alla complessità che deriva dall’assemblaggio dei piccoli moduli in orizzontale, secondo un ordine ben determinato. Nella planimetria del piano terra, è più leggibile che tutto è riconducibile al quadrato: ogni elemento minimo quadrato è propulsore di altri eventi architettonici che determinano spazi differenti, a seconda del tipo di relazioni con l’interno o l’esterno che istaura ogni singolo elemento col successivo (fig. 12). Spesso i quadrati hanno inscrit- 10 - Ciò rafforza l’idea di “centralità” della cellula minima costituita dal semplice quadrato. Questa cellula è anche l’elemento base che crea eventi sempre diversi in una successione di piccoli morfemi che, alla fine del processo di aggregazione, costituiscono la compatta e movimentata struttura morfologica dell’intero orga- 13 - Aldo van Eyck, schemi configurativi dello spazio interno dell’Orfanotrofio di Amsterdam nismo. Ogni quadrato è intervallato da altri spazi, spesso spazi non costruiti, che creano un confine tra le diverse funzioni in una sequenza di luoghi differenti. Il quadrato è l’origine di questa architettura ma ne è anche la proporzione, l’ordine e in ultimo la precisione. Con il quadrato si creano “spazi intriganti” e spesso an- che “spazi nascosti”, in un susseguirsi di “infinite” configurazioni che rendono dinamica l’architettura. Se lo spazio esterno è una serie di aggregazioni multiple, non lo è di meno lo spazio interno (fig. 13). Alle cupole della copertura con effetto dune, corrisponde l’effetto spaziale del pavimento incassato all’interno che crea un simile andirivieni che differenzia le funzioni interne. Il quadrato così racchiude il suo cerchio ma diventa un’illimitata possibilità spaziale. In questa opera è chiara la metafora della casba di derivazione africana11 ma è anche chiaro il modo di elaborare spazi complessi a partire da geometrie elebinate per formare frasi» da Gaetano Ginex (a cura di), Nefta città-oasi dello Chott el Djèrid, Icaro n. 9 Collana del Dipartimento AACM, Gangemi Editore, Roma 2001 11 Van Eyck aveva condotto studi sulle forme di habitat delle culture arcaiche, come i Dogon dell’Africa occidentale ma anche gli indiani pueblo del Nuovo Messico e gli abitanti delle regioni polari e del Sahara. mentari, il quadrato in questo caso che permette di rompere la durezza preco- stituita del reticolo rigido e attraverso diverse invenzioni formali mette in evidenza la naturale predisposizione del modulo. Il piano terra è, infatti, la chiara espressione delle potenzialità del quadrato che genera, attraverso la mano che disegna, un susseguirsi di vuoti interstiziali tra i pieni che diventano luoghi per le occasioni oltre che per il gioco, luoghi d’incontro tra i ragazzi, luoghi dotati di forte potenzialità creativa ma anche simbolica (fig. 14). In questo senso il cerchio inscritto nel quadrato crea un centro in corrispon- denza della cupola di copertura. Le cupole a loro volta, differenti per grandezza e per altezza, creano luoghi che si fondono tra loro, dando un chiaro messaggio della propria individualità e specificità. Le corti si aprono all’esterno con vetrate che invitano all’interno, tutti gli ambienti comuni guardano fuori verso le piazzole esterne, dal piano superiore dei dormitori si guarda la “serie gibbosa” dei tetti modulari (figg. 15, 16). L’orfanotrofio resta il manifesto programmatico di tutta la sua opera futura. 14 - Elemento interno alla corte di ingresso (dis.di G. Ginex) 15 - Veduta dei tetti dal secondo livello dell’Orfanotrofio 16 - Buchi regolari di ambienti abitabili dell’Oasi di Siwa in Egitto 134 Gaetano Ginex Edificio per congressi a Gerusalemme 17 - Schemi configurazionali e pianta del Centro Congressi di Gerusalemme, progettato nel 1958 Nel 1958 van Eyck progetta, ma non realizza, questa opera che sembra quasi una continuazione dei temi trattati nell’orfanotrofio, come si evince dall’analisi dei primi schemi programmatici del progetto (fig. 17). Anche in questo caso il quadrato è la forma base da cui partire ma il quadrato questa volta innesca un processo diverso dal precedente poiché non ci troviamo più in un sistema addizionale di elementi bensì in un sistema che sottrae materia in un complesso lavoro di scavo. Il modulo resta il quadrato e la compenetrazione di elementi semplici, i quadrati più piccoli facenti parte della stessa configurazione di origine, convive all’interno di un unico schema compositi- vo a base quadrata. Il processo configurazionale porta a definire un processo labirintico, quasi di disintegrazione dello spazio quadrato di base, con soluzioni imprevedibili dal punto di vista formale. Van Eyck in questo caso lavora per sottrazione, individuando solo uno schema di riferimento su cui fare scorrere un flusso di aggregazioni spaziali e funzionali. Edifici uno dentro l’altro in una successione di recinti, in un gioco di scatole cinesi. Se nell’orfanotrofio l’aggregazione dei moduli e la loro composizione sembra essere l’obbiettivo finale in termini di effetti spaziali ben riusciti, in questa opera il quadrato è solo un pretesto, anche perché ne resterà poco di esso alla fine del processo configurazionale. Infatti la forma teorica qua- drata assume una forma materiale di spazi ricavati, anche in questo caso di spazi interstiziali che sommandosi configurano un organismo ben definito all’esterno ma che all’interno non ha nessuna forma finita e definita ma bensì un susseguirsi di luoghi nella loro funzione che procedono a zig zag in un circuito circolare e senza “spigoli”. Forse lo schema quadrato è troppo stretto per van Eyck che sta in tutti i modi cercando di uscire da schemi geometrici troppo restrittivi12. Clinica Psichiatrica di Padua L’edificio di Gerusalemme è il preludio ad un’altra opera del 1989, che parte da una base molto simile. Si potrebbe dire che per van Eyck è in piena crisi il quadrato. Comincia così una nuova ricerca che lo porterà a schemi configurativi ca di configurazione morfologica dell’architettura, bensì tavole programmatiche 12 Se nell’orfanotrofio il riferimento è chiaro, forse non è poi così chiaro in questo caso. Mi sembra di potere riscontrare un riferimento al disegno del Pueblo Bonito del Nuovo Messico I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 135 sempre più complessi, in cui il disegno giocherà un ruolo determinante nel concepimento dell’opera. La fase concettuale del disegno assume un cambiamento di elaborazione, non più schemi scomposti tra loro che sottintendono una ricer- disegnate con grande maestria e che racchiudono tutto il procedimento configurazionale dell’opera progettata. Manifesti come congegni abilmente disegnati che racchiudono al loro interno tutta la natura e la poetica dell’opera. “Le ruote del cielo” Nel 1963 van Eyck progetta una chiesa protestante a Driebergen denominata “le ruote del cielo”. Questa volta gli schemi del manifesto programmatico sono più configurazionali. Tutto è disegnato e racchiuso in un’unica tavola che esprime in forma chiara il processo progettuale. Anche in questo caso il quadrato o la somma dei quadrati è disintegrata da cerchi piccoli e grandi (figg. 18, 19). Questo progetto purtroppo non fu realizzato ma è il preludio ad elaborazioni più profonde, sia sul profilo formale che funzionale. La prima tavola programmatica riporta una base rettangolare interrotta da tre cerchi che si spostano in modo tale da fare risultare estranea la forma origina- ria di base. Attraverso la migrazione dei cerchi si configura uno spazio ecclesiale con più centri, non esiste una unica centralità ma al contrario essa migra in più direzioni. Il cerchio in questo caso è l’elemento determinante dello spazio pro- gettato, l’elemento preponderante sia in termini dimensionali che figurativi. Van Eyck, però, non si ferma a questa configurazione, ne tenta un’altra in cui da un ruolo differente alle geometrie del progetto. 18 - Conceptual sketches del progetto “Le ruote del cielo”, chiesa protestante a Driebergen 1963 (prima e seconda fase) 136 Gaetano Ginex 19 - Conceptual sketches del progetto “Le ruote del cielo”, chiesa protestante a Driebergen 1963 (prima e seconda fase) Il rettangolo di base assume una forma più fluida e dilatata mentre i cerchi rompono questa linearità in maniera pacata, tanto da essere dimensionalmente differenti tra di loro. Un centro non più determinato in forma inequivocabile ma presente in più direzioni e, al contempo, luogo unico, centro come punto di tan- genza tra i cerchi. Tutto questo da luogo ad una architettura semplice fortemente concettuale e di grande impatto poetico, in quanto i cerchi sono sormontati da grandi abbaini che rompono la rigidezza del rettangolo di base, enfatizzando la forma circolare. Ai due lati estremi del rettangolo costruisce due corti a cielo aperto che sono un preludio all’architettura interna illuminata dai lucernai circolari (fig. 20). 20 - Studi della configurazione compositiva del progetto “Le ruote del cielo” (dis.di G. Ginex) I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 137 I quadrati e i cerchi iscritti dell’orfanotrofio diventano, in questo caso, degli spazi autonomi funzionalmente differenti e non dipendenti, poiché lo svuotamento delle cor- ti da vita ad una architettura leggera e quasi eterea, una continuità formale che rimanda al progetto di Gerusalemme (figg. 21, 22). In questi anni compie vari viaggi in Africa ed in Ame- rica alla ricerca degli archetipi formali di cui è un raffinato e colto “cacciatore” (figg. 23, 24). I tre progetti analizzati diventano così dei manifesti, ciascuno per la parte relativa al punto di vista funzionale. In tutti, il tema del quadrato 21 - Aldo van Eyck, disegni e schemi sul tema degli intervalli tra gli spazi rettangolari e circolari è esplorato in maniera approfondita e i disegni presentati ne danno ampia dimostrazione. Il ‘processo di scavo’, la ‘sovrapposizione coerente di due strutture differenti’ e il ‘trattamento ad intreccio della superficie architettonica’ sono i temi che più interesseranno van Eyck. Nell’orfanotrofio è il tema dell’aggregazione e la costituzione di una morfologia urbana che lo vede coinvolto. Nel progetto per Gerusalemme è il tema del quadrato svuotato all’interno, in cui i percorsi creano luoghi sempre differenti ma risultanti da una comune origine geometrica. Nelle “ruote del cielo” comincia la rottura del quadrato come entità geometrica autonoma ma conta- minata dai cerchi della copertura, con un effetto formale sorprendente. Le “ruote del cielo” offrono della geometria del quadrato esplorata da van Eyck una geniale soluzione quasi ‘magica’ appunto. I disegni della chiesa protestante, rappresentati nei due pannelli presentati di cui uno realizzato per il concorso, raccontano il processo compositivo e programmatico del progetto, in cui è evidente la volontà di uscire da schemi geometrici rigidi, molto lontani dalle idee e dai riferimenti arcaici sempre presenti nella sua opera. Il riferimento alle culture arcaiche diventa sempre più evidente nei successivi disegni, in cui affronta nuovi spazi e nuove architetture sempre più fluide che sembrano ottenute da un processo alchemico del disegno d’architettura. Appaiono più chiari i riferimenti ai Dogon e alle culture primiti- ve. Il disegno viene inteso da van Eyck in questo momento come “smontaggio/ montaggio di pezzi”, di elementi sempre intesi come componenti, come forme non superficiali, come strutture, ma principalmente come riferimenti, come citazioni, come “momenti elementari” del processo progettuale. 138 Gaetano Ginex 22 - Esploso assonometrico del modello digitale del progetto “Le ruote del cielo” Si presuppone sempre una tesi complessiva sulla città e la sua storia, ogni edificio pensato, progettato e costruito costituisce in tutti i casi una specie di modello riassuntivo della città ed in questo senso, in quasi tutti i progetti, sono riconoscibili gli elementi, le relazioni tra loro, le me- todologie di una progettazione urbana. Ogni elemento è una possibile iterazione d’insiemi complessi. Con questo metodo Van Eyck collega la progettazione architettonica a quella vasta analogia che collega il micro al macrocosmo, in armonia con le teorie rinascimentali. I disegni di Aldo van Eyck hanno una costante presenza di schemi configurazionali che vanno considerati più come forme programmatiche della progettazione che come sem23, 24 - Riferimenti alle culture arcaiche e agli archetipi formali: cupole di un insediamento urbano in Iran e l’Orfanotrofio; il Pueblo del Nuovo Messico e “Le ruote del cielo”; particolare di un tappeto tuareg e villaggio algerino. plici tecniche della rappresentazione. Il disegno dell’orfa- notrofio, ma anche di altri progetti, si pone come principio di misurabilità, come legge di aggregazione, come gerarchia di giaciture e direzioni. Van Eyck recupera con questo metodo una dimensione storica che fu dei grandi maestri del Movimento Moderno che usavano la geometria come principio analitico ed organizzativo degli spazi e dei luoghi dell’abitare. Una geometria che ha un carattere strutturante, come fondamentale parametro di razionalità con cui è possibile leggere il processo progettuale. Le forme geometriche elementari sono da assemblare e comporre per for- Questi ingressi vengono rafforzati dalla presenza di semicerchi che rompo- «Geometria che è sempre stata prerogativa essenziale della latinità. Geometria che è luce ottimista, intelligenza inventiva, disciplina di verità, di chiarezza spirituale, di armonie liriche. Oggi, più che mai, questo spirito geometrico dell’architettura, questo calcolo sapiente delle forme dell’arte razionale si rivela profondamente nel funzionalismo europeo e nell’arte tutta», da Vittorio Ugo, Forma Progetto Architettura, Palermo 1976 op. cit. Van Eyck è vicino al “De Stijl”, a Mondrian e allo ”elementarismo” di Theo Van Doesburg. 14 «Qualsiasi cosa si voglia intendere con spazio e tempo, luogo e occasione significano qualcosa di più, perché lo spazio agli occhi dell’uomo significa luogo, mentre tempo significa occasione» da Arnulf Lüchinger, Strukturalismus in Architektur und Städtebau, Krämer, Stuttgart 1981 I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 139 mare nuove e più complesse unità e da utilizzare principalmente per le loro proprietà generative e per le trasformazioni che consentono di produrre13. I qua- drati e i cerchi sono dei pretesti formali che mutano continuamente, in funzione dei casi specifici a cui devono assolvere. Il concetto di luogo resta comunque il protagonista assoluto di tutte le sue opere14 come dimostrano i progetti, i grafici, i diagrammi che costituiscono il suo lavoro e la sua ricerca. Chiesa cattolica a l’Aia Nel 1964 è un altro progetto di chiesa che lo vede impegnato: una chiesa cat- tolica a l’Aia. In questo progetto van Eyck tenta di ordinare il complesso gioco delle relazioni gerarchiche tipiche della religione cattolica, rendendo lo spazio sia esterno che interno colmo di metafore spaziali a partire dagli ingressi alla chiesa rappresentati da “piccole” porte laterali in ciascuno dei due lati principali del rettangolo. 13 no l’uniformità delle pareti e che rappresentano ognuno una funzione specifica, uno il confessionale, l’altro una cappella. Tutto il volume della chiesa è racchiuso in un unico rettan- golo differenziato nelle altezze e frammentato in copertura, 25 - Chiesa cattolica a l’Aia, 1964/69. Impianto planimetrico e livelli anche in questo caso, da una serie regolare di 8 grandi lucernai circolari che illuminano lo spazio per i fedeli. Vi sono inoltre 4 lucernai più piccoli che illuminano, come la definisce lo stes- so van Eyck, la strada sacra trasversale interna, di un’altezza di 11 metri, ritmata da alti costoloni che, oltre a cadenzare lo spazio sacro attraverso sospensioni ritmiche di piccoli luoghi sacri, ne accentuano la “monumentalità”. La “strada interna” contiene i principali luoghi sacri allineati trasversalmente, ri- spetto a chi assiste alla funzione religiosa e quindi rispetto alla direzione tradizionale della chiesa cattolica (fig. 25). Attraverso questi lucernai circolari, disposti anche sull’area dei fedeli (che ha un’altezza variabile dai 2,50 ai 3,50 m), la luce cade uniformemente sull’altare e su tutti gli spazi circostanti, mantenendo una rigida struttura chiusa verso l’esterno ma, come sempre, fortemente articolata all’interno (fig. 26). Altri due lucernai circolari illuminano lo spazio multiuso tra lo spazio dei fedeli, l’altare, le cappelle e il volume di altezza media rappresentato dalla sacrestia e dagli spazi collettivi della chiesa. All’esterno sembra un volume chiuso, quasi monolitico, che viene “frantu- mato”, contraddetto, attraverso una configurazione che ne articola lo spazio con l’intrusione di elementi circolari che, come per “Le ruote del cielo”, rendono lo spazio più fluido e comunque disposto per “luoghi” differenti, siano essi di incontro che di passaggio. Il manifesto disegnato da van Eyck per questo progetto rappresenta chiaramente un lavoro configurazionale che mette in atto un programma intriso di eventi formali sempre più profondi. Usa le proiezioni ortogonali per disegnare le piante con un’abi- le esplorazione della volumetria che dopo, con l’uso dell’assonometria, diventa un volume diffe140 Gaetano Ginex 26 - Chiesa cattolica a l’Aia. Sezione tra la navata principale e la cripta 27 - Conceptual sketches del progetto della chiesa cattolica a l’Aia 1963 renziato per diverse gerarchie di giacitura (fig. 27). Questi manifesti disegnati da van Eyck e qui riportati rappresentano l’evolu- zione di un progetto dalla sua fase concettuale alla fase realizzativa. Non credo si possa parlare semplicemente di schizzi, bensì di un programma che utilizza il disegno per evolversi. Molti progetti di van Eyck sono racchiusi entro un perimetro regolare che poi viene spezzettato in tanti altri spazi. I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 141 Padiglione delle sculture nel parco di Sonsbeek ad Arnhem Nel 1965 è la volta di questo progetto, preceduto da una grande quantità di schemi configurativi. Van Eyck insegue la giusta forma attraverso il disegno di soluzioni che lentamente si avvicinano al modello definitivo che rappresenterà il progetto più poetico e “visionario” della sua opera complessiva. 28, 29 - Schizzi di studio del progetto del Padiglione delle sculture di Arnhem presentati alla mostra dei suoi progetti nel 1989 alla Borsa di Berlage di Amsterdam Dai disegni si nota che non esiste uno spazio chiuso, bensì una successione di muri bucati in alcuni tratti che danno luogo ad uno spazio percorribile in orizzontale e in verticale, in cui le nicchie ri- cavate lungo il percorso dei muri, e che sono la giusta collocazione per alcune sculture, costruiscono luoghi ‘magici’ in cui soffermarsi per contemplare (fig. 28). I disegni preliminari dissolvono la mate- ria, a partire dai primi schizzi eseguiti tra il 1965 e il 1966, in cui il disegno si concentra sul progetto di tre distinti cilindri, tre piazze, che hanno un unico centro comune determinato dalle diagonali del- la struttura esagonale ricavata dai tre cilindri. In questi disegni si nota il riferimento alle chiese progettate precedentemente (fig. 29). Seguirà un disegno che presenta un ottagono contenente nella sua parte centrale un quadrato. L’ottagono è ricavato da 4 cilindri inscritti in 4 spazi di cui 2 circolari e due quadrati. Successivamente i cilindri vengono differenziati per grandezza, uno grande, uno medio e due piccoli, in uno schema che contempla la presenza di uno spazio ad L (fig. 30). Quest’ultimo spazio tenderà nei disegni successivi a dissolversi in piccoli muri paralleli, pur mantenendo cilindriche le pareti principali. Questa configurazione consentirà a Van Eyck di disintegrare lo 142 Gaetano Ginex 30 - Primi studi e processo progettuale che ha portato al progetto definitivo del Padiglione 31 - Schemi configurazionali spazio circolare fino a sperimentare gli ovali, così da giun- gere ad una prima idea dell’assetto che porterà al disegno definitivo del padiglione. È una ricerca continua che parte da configurazioni geo- metricamente definite ma che arrivano, attraverso un me- todo sottrattivo di materia, a raggiungere la più complessa 32 - Studi sulla configurazione compositiva e funzionale del Padiglione di Arnhem (dis. di G. Ginex) 33 - Disegno definitivo e collocazione delle opere da esporre del Padiglione delle Sculture semplicità (fig. 31). Il padiglione in questo senso rappresenta il caso più significativo di disegno configurazionale, cioè che va alla ricerca di uno stato figurale definito, passando per stadi intermedi di cui il disegno per sua natura ne è la rappresentazione e lo strumento di ricerca. Il disegno è usato come tecnica per pensare e prefigurare spazi e luoghi (fig. 32). Il progetto finale è inscritto in un 34 - Padiglione delle Sculture, vista interna quadrato che ha la funzione di basamento al sistema di muri, il quadrato àncora i muri sottili e “fluidi” al terreno, e a loro volta i muri diventano un susseguirsi di cerchi quasi accennati che ruotano lungo il percorso lineare tracciato dai muri (figg. 33, 34). È un susseguirsi di eventi emozionali che richiamano spazi arcaici di memoria lontana. Hubertus House Dal 1973 al 1981 è impegnato nella costruzione della casa per genitori singoli. Il programma è molto interessante e, come era avvenuto per l’orfanotrofio proI disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 143 gettato negli anni sessanta, van Eyck si trova di nuovo ad affrontare un tema di forte impatto sociale. Comincia, come in altri casi, con l’elaborazione di una serie di disegni sulle possibili configurazioni della casa che è progettata in un contesto già fortemente strutturato, la Plantage Middenlaan ad Amsterdam. Un tessuto urbano ed una morfologia già esistente che van Eyck studia con lo scopo di trovare una logica contestuale al nuovo edificio (fig. 35). I disegni preparatori affrontano il tema della configura- zione morfologica di un luogo già strutturato, al contrario di come era stato per l’orfanotrofio. Il tema, in questo caso, presuppone un attento studio geometrico oltre che funzionale, con una profonda e complessa esplorazione “configurativa” del luogo. ll processo configurativo crea una nuova propria contestualità, cercando di stabilire una specifica relazione tra le parti15. In questa ottica, la ricerca di archetipi duraturi da vita ad un processo che articola gli spazi esistenti attraverso moduli associativi che prendono spunto da un “musée imaginaire” interiore, che van Eyck persegue come ricer- ca individuale, una specie di “archeologia mentale” da cui continuamente attinge. In questo progetto van Eyck riesce a 35 - Hubertus House ad Amsterdam, schizzi di studio (1973/75) identificare gli elementi costitutivi della morfologia locale, al punto da metterli in relazione con il nuovo. Nel progetto prevede lo sviluppo del vecchio fronte sulla strada ma contemporaneamente lo frammenta in una varietà di mo- duli verticali e orizzontali colorati che formano vari volumi di sei colori differenti. Lascia inalterata l’altezza sul fronte strada e la differenzia solo con un volume più basso nel re- tro. È interessante notare come il suo metodo risulta essere sempre con-figurativo. Così ha fatto nell’orfanotrofio, in una struttura planimetrica grammaticalmente e geometricamente perfetta, così fa nella Hubertus House, lavorando i volu- mi al punto da evidenziare nei prospetti trame compositive messe in risalto dai colori, stabilendo un legame suggestivo con il tessuto urbano esistente (fig. 36). Nel retro dell’edifi- È molto importante richiamare quanto Francis Strauven dice a proposito di come abbia creato nuove contestualità in alcuni casi e come invece si sia scontrato con contesti già strutturati dove la contestualità 15 144 cio colloca l’asilo e 5 piccole unità che ospitano ognuna 10 bambini, aperte tutte su un cortile interno accessibile dal primo piano. L’edificio è così il risultato di più geometrie differenti: «quella rigida della struttura portante nella facciata, quella libera dei telai, e quella composita delle costruzioni sul retro»16. Gli schizzi di studio del fronte sulla strada e quelli relativi agli spazi della Gaetano Ginex 36 - Conceptual sketches del progetto dell’Hubertus House và ricercata attraverso una attenta e complessa operazione configurativa: «In questo senso esse sono paradigmatiche delle due tecniche d’approccio che Van Eyck usa costantemente: le configurazioni autonome in siti aperti, … e quelle contestuali…sviluppate nei centri storici di varie città» da Francis Strauven, Un luogo di reciprocità, in «Lotus», n. 28, 1980 16 Francis Strauven, Un luogo di reciprocità, op. cit. 37, 38 - Schemi assonometrici e sezione della configurazione della Hubertus House parte retrostante chiarificano, attraverso l’uso dell’assonometria, il metodo di lavoro orientato alla semplificazione e alla leggerezza delle forme per raggiungere una complessa articolazione formale, sia esterna che interna (figg. 37, 38). Chiesa protestante delle Molucche a Deventer e Clinica Psichiatrica a Boekel Due altri progetti affrontano il tema del quadrato, l’ultima chiesa progettata 39 - Chiesa protestante delle Molucche a Deventer (1984/85) Impianto planimetrico 40 - Schizzo dell’impianto 41- Conceptual sketches della Chiesa protestante delle Molucche da Van Eyck nel 1985 e la clinica di Boekel del 1989. I due progetti partono da una geometria di base simile, il quadrato che diventa rettangolo e che, a sua volta, è scavato, aperto, “lavorato” come un sistema geometrico mutabile e a volte “incompleto” poiché smussato in alcune parti (figg. 39, 40, 41) Il cerchio in questo caso appare quasi accennato, si potrebbe parlare di super- fici curve piuttosto che di cerchi, in particolare per la clinica il cui spazio della corte assume una forma circolare accentuata dalla copertura. Ma anche altri spazi danno al cerchio o al semicerchio un ruolo che serve ad alleggerire a rendere più fluida la geometria delle facciate. Questo avviene nei due progetti alla stessa maniera e, ancora una volta, la copertura determina una forma dell’organismo I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 145 molto coerente con i temi arcaici trattati nelle sue ricerche. Il tetto, nelle sue opere, è un manto protettivo che da coerenza e forma all’idea che è alla base di ogni sua architettura (figg. 42, 43, 44, 45, 46, 47). Come si è detto, in tutte le opere, ogni forma è coerente con la funzione che deve assolvere e spesso lo spazio esterno assume il ruolo di completamento dell’architettura, attraverso disegni e giochi geometrici che possono essere, di volta in volta, pavimentazioni, siepi, luoghi di sosta all’aperto che 42 - Clinica psichiatrica a Boekel 1982/83. Planimetria del progetto definitivo rendono unitario e coerente tutto il sistema progettato, sia esterno che interno. Ogni progetto prende spunto dal precedente e ogni progetto è l’evoluzione in termini formali e geometrici del precedente essendo il preludio per il successivo. Esiste un fil rouge nella sua opera che mette insieme forme, geometrie e funzioni, oltre che tecnica compositiva, e che trae linfa dalla cultura persona- le dell’autore. Egli dimostra un talento eccezionale nel manipolare le forme, al punto tale da lasciare tracce di arcaico e di remoto, come sedimento e come graf- fito, scoperto e interpretato in funzione di nuove possibilità formali contemporanee e attuali. In ciò consiste il messaggio di Van Eyck che, più di ogni altro 43 - Esploso assonometrico del modello digitale autore moderno, ha saputo, con i suoi disegni e principalmente con le sue opere, interpretare messaggi subliminali cercati e trovati nelle culture arcaiche. Ogni progetto è la sommatoria di elementi spesso autosufficienti in sé ma che assumono un vero significato solo nel momento in cui entrano in relazione con altri. È infatti il caso del quadrato e del cerchio, che geometricamente compaiono sempre in tutti i progetti ma che diventano significativi, sia formalmente che spazialmente solo nel momento in cui entrano in relazione tra loro, attraverso una intersezione ed una consequenzialità funzionale che attribuisce loro senso geometrico, spaziale, funzionale e formale. Tutto questo nei disegni è dimostrato ampiamente; il disegno, infatti, esplora le possibilità della forma perché solo 44 - Modello digitale dell’edificio principale 45 - Complesso dell’Estec a Noordwijk (1989), modello digitale ed esploso assonometrico, schema funzionale interno e modello della copertura 146 Gaetano Ginex 46 - Studio assonometrico di un particolare angolo e studio della copertura (particolare) 47 - Schema della distribuzione interna e colori che differenziano le diverse aree attraverso un processo disegnato, si può trovare quella perfezione, ottenuta per deformazione e adattamento delle geometrie elementari ma anche come sovrapposizione di diverse geometrie. Nuovi edifici dell’Estec di Noordwijk Con queste opere del 1989 van Eyck raggiun- ge, attraverso un disegno di progetto morbido e fluido, una profonda e matura espressione mor- fologica. Crea un nuovo paesaggio nel paesaggio olandese, utilizzando una nuova morfologia ricca di ritmi e di espressioni architettoniche che, con pareti curvilinee e spazi circolari, danno luogo 48 - Veduta aerea di un villaggio nello Zambia. (analogia formale e di insediamento) ad uno spazio di forte impatto visivo. I cerchi in questo caso assumono una forza espressiva quasi assoluta17 (fig. 48). La cosa sorprendente è che l’ideazione e il pro- Sui cerchi Van Eyck la pensa in modo particolare: si esprime con il suo amico Peter Prangnell consigliandolo di disegnare un cerchio utilizzando un piatto e tracciarne il contorno senza mai usare il compasso! Il buco che la punta del compasso farebbe al centro del cerchio, per quanto leggero il tocco, avrebbe il predominio sul cerchio impedendogli di essere un disco e quindi di avere potenzialmente molti centri. Come, peraltro, avviene nell’edificio Estec. Cfr. Peter Prangnell, Cerchi magici e foreste incantate, in «Spazio e Società», n. 61, 1993. 17 getto si basano essenzialmente sulla ripetizione e sul completamento di geometrie circolari, in cui si hanno più centri attorno ai quali ruota tutto il sistema dei cerchi. È così, infatti, che ogni “fram- mento” di cerchio richiama alla mente la figura intera. Inoltre la memoria non può che richiamare cerchi di pietre preistorici ed in questo senso l’ar49 - Assonometria del complesso principale dell’Estec caicità formale del sistema è perfettamente riuscita e raggiunge livelli sorprendenti (fig. 49). Gli edifici Estec sono «una perfetta macchina I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 147 gioiosa» in una corrispondenza di spazi funzionali e forme geometriche circolari. Tutto avviene nei punti di tangenza e le aggregazioni formali stabiliscono sempre un giusto rapporto tra forma e funzione. Cerchi e semicerchi 50 - Anfiteatro Inca, Perù. (analogia formale e di insediamento) s’incontrano per definire spazi, percorsi, luoghi differenti, funzioni differenti, in un gioco di forme sempre unite tra loro da una forte coerenza formale. Il tetto come in tutte le sue opere è la parte più emozionale del sistema. Tiene insieme tutta la sequenza degli spazi sottostanti e rappresenta un paesaggio che si contrappone ma al contempo diventa misura con il circostante (figg. 50, 51). È un disegno complesso che potrebbe essere dilatato quasi all’infinito in una continua e incessante concatenazione di spazi. È una configurazione autonoma pensata in un sito aperto, ma rappresenta anche la città come dice Van Eyck, in quanto artefatto costruito per aggiunte successive. Un disegno perfetto che richiama alle forme dei fratta- li, come è stato detto da più parti, e non solo evoca imma- gini lontane ma risveglia in noi il ricordo di spazi sognati o forse solo pensati attraverso la fantasia. Le potenzialità del cerchio in questo caso permettono a van Eyck di muoversi senza un centro definito e stabile, ma con più centri e più punti di contatto (fig. 52). La forma del progetto (ma si potrebbe dire dei suoi progetti), è essenzialmente proiettata alla morfologia strutturale in un processo configurazionale che si adatta sempre al contesto dato. È questo il suo procedimento. Tutti i suoi progetti sono concepiti come fossero dei raggruppamenti attorno ad uno spazio aperto e, nel caso dell’Estec, le semplici figure geometriche dei cerchi seguono, attraverso il suggestivo sviluppo del tetto, forti forme archetipe. La prima impressione è quella di un insediamento arcaico, e ricorda città orientali o insediamenti de- sertici18. Sarebbe interessante a questo punto Su questi temi cfr. Francis Strauven, Aldo van Eyck. Architettura moderna e cultura Dogon, in «Lotus», n. 114, 2002, pp. 120-131. Cfr. inoltre Vittorio Ugo, Mimesis, Sulla critica della rappresentazione dell’architettura, Libreria Clup, Venezia 2004 18 148 trovare, sia pur forzatamente, un’analogia tra l’orfanotrofio e l’edifi- cio Estec, anche perché il disegno contiene forti analogie, non tanto formali ma soprattutto intenzionali e mnemoniche. Si possono stabilire, tra le due architetture, analogie evolutive rispetto alla forma e alla geometria e in ultimo si può confermare il comune carattere di essere sopratutto degli “insediamenti”. Ed è proprio sulle regole che Gaetano Ginex 51, 52 - Planimetria complessiva e particolari planimetrici messi in rapporto ai frattali di Mandelbrot 53 - Orfanotrofio ed Estec a confronto sono alla base dell’ordine sintattico che van Eyck costruisce questi insediamenti (fig. 53). Il telaio teorico corrisponde sempre ad un procedimento che parte virtual- mente dal ‘primo’ schizzo, che inquadra i caratteri fondamentali del gioco complesso delle geometrie, codificando gradualmente il sistema attraverso successivi gradi di complessità formale. Van Eyck affronta sempre le potenzialità della forma con molta “modestia”, attraversando un percorso che possiamo quasi definire di tipo “poietico”, mantenendo sempre un rapporto con la storia con l’intento di confermarla e prose- guirla. Come abbiamo visto, parte sempre da una serie di concept studies, vere rappresentazioni concettuali che mostrano come lo spazio del disegno è il luogo dove lentamente e attraverso varie fasi e vari stadi, il progetto prende forma compiuta. Lo schizzo configurativo costruisce lentamente la forma finale, lo abbiamo visto nelle chiese ma anche nel Padiglione delle Sculture e nel Palazzo dei congressi di Gerusalemme, in cui il disegno mostra il programma, non solo funzionale attra- verso la suddivisione degli spazi interni, ma soprattutto mostra un processo di erosione 54 - Conceptual sketches del progetto degli edifici per uffici Court of Audit a l’Aia (1997) «alla ricerca del giusto perimetro» della forma a partire dalla geometria elementare del quadrato. Ciò avviene anche nei progetti urbani come la Hubertus House o nel progetto della Corte dei Conti a l’Aia del 1997 (fig. 54) di cui abbiamo qui riportato una sequenza di I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 149 55 - Conceptual sketches dei progetti di van Eyck. (dis. di G. Ginex) schizzi. Questi mettono in evidenza come, attraverso varie fasi configurative, si possa trovare la giusta morfologia dell’edificio che si innesta nel tessuto senza provocare alcuna alterazione all’equilibrio morfologico esistente ma, al contrario, arricchendolo. Il disegno diventa dinamico e tende a ricercare quella che potrebbe essere la soluzione ‘esatta’ in un rapporto esatto tra immagine e forma ma anche tra spazio e luogo. I disegni di Van Eyck sono anche schemi teorici, calligrammi, aforismi che rappresentano un principio teorico ed insieme un principio genetico (fig. 55). Spesso, molti disegni vengono rafforzati dall’uso della parola scritta che forma un campo indissolubile tra disegno e discorso. I suoi disegni definiscono sinteticamente e sintatticamente un preciso statuto architettonico, ogni luogo pensato, concepito, disegnato, realizzato è infatti ‘luogo’ in quanto stabilisce un rappor- to indissolubile tra la pregnanza della sua forma e le sue proposizioni teoriche iniziali. La sintassi aggregativa dei quadrati e dei cerchi, nella loro combinatoria, opera una 150 Gaetano Ginex 56 - Assonometria del progetto per una casa unifamiliare, Moscow House 1994 57 - Schizzi e schemi configurazionali planimetrici e volumetrici della Moscow House modulazione costante e ‘infinita’ dello spazio, proponendo un ordine geometrico come struttura della forma. Il modello stesso costituisce una sintassi Su questi temi Francis StrauUn luogo di reciprocità, op. cit, Francis Strauven, Aldo van Eyck’s Orphanage, NAi Publishers, Rotterdam 1996 19 ven, che ordina gli elementi, regolandone i rapporti anche rispetto agli archeti- pi generali da cui sempre prendono spunto teorico. In questi casi il ‘luogo’ dell’architettura coincide con la sua forma. Il discorso che si è tentato di svi- 58 - Moscow House, modello digitale dei prospetti principali 59 - Moscow House, modello digitale, assonometria 60 - Moscow House, esploso assonometrico del modello digitale luppare può essere rintracciato e ve- rificato in alcuni disegni di Van Eyck che abbiamo opportunamente sele- zionato. All’analisi di questi disegni affidiamo il compito di rintracciare alcune importanti idee sull’architet- Testi di riferimento: Francis Strauven, The Shape of Relativity, Architettura & Natura, Amsterdam 1998 Gaetano Ginex, Aldo van Eyck, L’enigma della Forma, Testo & Immagine, Torino 2002 Vincent Ligtelijn, Aldo van Eyck Works, Birkhauser Publishers BaselBoston-Berlin 1999 Liane Lefaivre, Ingeborg de Roode, Aldo van Eyck, the playgrounds and the city, NAi Publishers, Rotterdam 2002 tura; il disegno resta comunque uno strumento capace di interpretare sintetizzare e costruire la forma, «riconducendo la natura all’architettura e, reciprocamente, facendo di questa un evento che recepiamo come naturale, profondamente connaturato all’abitare, alla natura umana, al rapporto che gli uomini istituiscono coi luoghi e con la storia»19. Gli ultimi disegni che presento si riferisco- no al progetto di una casa progettata nel 1994 la Moscow House. Questa rappresenta forse il superamento degli schemi geometrici elementari aggregati tra loro, già sperimentati in precedenza. Il quadrato non è più un vero quadrato e neanche il cerchio, ma tutto si mescola a tal punto da sembrare più che una concrezione di parti, un’incrostazione di forme depositate nella solida terra e amalgamate tra loro da una struttura di copertura che le avvolge come un manto solidale (figg. 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62). Il merito di van Eyck è comunque quello di agganciarsi senza troppi complessi alle tradizioni arcaiche, da cui trae il principio logico di intelligibilità e di costruzione, evitando il I disegni di Aldo van Eyck: quadrati ‘magici’ e cerchi ‘incantati’ 151 sensazionale o il recupero consolatorio di culture lontane. Propone precise e complesse forme architettoniche che, 61 - Modelli plastici in poliplat come abbiamo visto, derivano da un attento e ‘paziente’ uso del disegno che esplora un ampio concetto di “forma”, attraverso una grande quantità di progetti, di grafici, di diagrammi che costituiscono il suo lungo lavoro e la sua personale ricerca. In questo senso i suoi disegni sono dei graffiti incisi con una punta dura nel muro della memoria collettiva di cui ciascuno fa parte, dove nessun raggruppamento di quadrati costituirà mai una geometria (fig. 63, 64). Tanto peggio per quelli che mancano di immaginazione! 62 - I colori dell’arcobaleno, stipite di una porta nella Hubertus House 63 - «I riferimenti di van Eyck sono sempre rivolti a tutte quelle architetture senza architetti sparse per il mondo di cui tutta la sua opera è profondamente permeata», caravanserraglio e casa del tè a Qum, Teheran 152 Gaetano Ginex