XL MOSTRA REGGIANA
DEL FUNGO
Reggio Emilia, 10-11 ottobre 2015
XIV Giornata Nazionale della Micologia
11 ottobre 2015
IL FUNGO
Periodico del Gruppo Micologico e Naturalistico “Renzo Franchi” di Reggio Emilia - Associazione di Volontariato - ONLUS
Sito Internet: http://space.comune.re.it/micologico - E-mail: [email protected] - Anno XXXIII - n° 3 - settembre 2015
Sped. in abb. post. 70% DBC - Reggio E. Tassa riscossa - Taxe perçue (contiene inserto redazionale)
Reggio E. n°531 del 15/11/1982. Direttore responsabile: Paolo Vecchi. Proprietario: Ulderico Bonazzi. Periodico del Gruppo “Renzo Franchi” di R.E,
(A.M.B.) - Via Amendola, 2 - 42122 R.E. (I) - Tipografia: Grafitalia (0522 511251)
Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi” di
Reggio Emilia
Associazione Micologica Bresadola
con il patrocinio di
Musei Civici Reggio Emilia
Comune di Reggio Emilia - Assessorato Ambiente, Difesa del Suolo
Università degli Studi
di Modena e Reggio Emilia
organizza, nei giorni
10 – 11 ottobre 2015
in via L. Spallanzani, 1 - Reggio Emilia
presso i Musei Civici Reggio Emilia
la
XL MOSTRA REGGIANA
DEL FUNGO
PROGRAMMA
sabato 10 settembre 2015
Ore 9,30: Tavola rotonda
Ore 16,30: inaugurazione Mostra
Ore 19,00: chiusura
domenica 11 settembre 2015
Ore 10,00 – 13,00: apertura Mostra
Ore 15,30 – 19,00: a pertura Mostra con
proiezione di diapositive
Immagini di copertina
Acquerello di Maria Tullii del Gruppo AMB di Marotta (PU)
Presso il Palazzo dei Musei
Via Lazzaro Spallanzani 1
Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi”
Il 10 e 11 ottobre festeggia i suoi 40 anni
PROGRAMMA
10 ottobre
• ore 9,30 Saluto delle autorità
• Tavola rotonda
- Ulderico Bonazzi (presidente del Gruppo) “Perché siamo nati e cosa abbiamo
fatto”
- Elisabetta Sgarbi (docente Università di Modena e Reggio) “Orchidee e funghi:
una curiosa relazione simbiotica”
- Amer Montecchi “Interessanti funghi ipogei del reggiano”
- Roberto Flores Arzú (Departamento de Microbiología Escuela de Química
Biológica Facultad de CCQQ y Farmacia Universidad de San Carlos de Guatemala-USAC)
- Tatyana Svetasheva (Docente di Biologia e Tecnologia al Living System Dept.
Leo Tolstoy Tula State Pedagogical Uni-versity of Tula – Russia) “Boletus in
the European part of Russia”
-Interverranno inoltre: Giampaolo Simonini, Mauro Comuzzi, Giuseppe Donelli, Claudio Orlandini, Alfredo Vizzini (Dipartimento di Scienze della Vita e
Biologia dei Sistemi –Torino), Matteo Gelardi.
Moderatore: Luigi Cocchi
• ore 13 interruzione
• ore 16,30 inaugurazione 40° Mostra Reggiana del Fungo
• ore 17 ripresa Tavola rotonda
• ore 19 sospensione
11 ottobre
• ore 10 riapertura mostra e proiezione domentari
• ore 13 sospensione
• ore 15,30 riapertura mostra e proiezione domentari
• ore 19 chiusura
1
CALENDARIO DI MASSIMA DELLE ATTIVITÀ
2015/2016 DEL GRUPPO “R. FRANCHI” REGGIO E.
26-27 sett. 2015
Mostra del Fungo presso la Mostra “Piante e Animali Perduti” a Guastalla
(RE)
26-27-28 sett. 2015
Mostra del Fungo a Praticello di Gattatico
3-4 ottobre 2015
Partecipazione alla “Festa del porcino” a Civago con uscita didattica,
conferenze micologiche e mostra di funghi
4 ottobre
Mostra del Fungo a Cerreto Laghi in occasione del “Campionato Mondiale
del Fungo Porcino”
10-11 ott. 2015
XL Mostra Reggiana del Fungo, tavola rotonda micologica-naturalistica,
XIII Giornata Nazionale della Micologia
24-25 ott. 2015
Giornate micologiche – naturalistiche a Fola di Albinea (RE)
7-8 nov. 2015
Mostra del Fungo presso la “Sagra del Tartufo” a Viano (RE)
15 nov. 2015
Uscita didattica per raccolta funghi nel Querciolese (Viano – RE) con
polentata finale presso la casa del Presidente Ulderico Bonazzi
19 dic. 2015
Donazione exsiccata di funghi epigei del nostro territorio al Musei civici di
Reggio Emilia
dic. 2015 (data da definire)
Bicchierata augurale di fine anno sociale e festeggiamento del 40°
compleanno (sede da definire)
25 gen. 2016
Inizio corso di micologia
mag –giu. 2016
• Uscita didattica per raccolta funghi
• Uscita didattica su erbe e fiori
Inoltre è prevista almeno una uscita didattica per raccolta funghi per ciascuna delle
mostre in data e località da definire il lunedì precedente in sede (coloro che forniranno
l’indirizzo di posta elettronica potranno aver l’avviso per e-mail). La sede del Gruppo
“R. Franchi”, in Via Amendola 2 (presso ex Istituti Psichiatrici San Lazzaro) a Reggio
Emilia, è aperta a tutti gli interessati ogni lunedì sera dalle 21,00 alle 23,00 per consulenze e dibattiti sui funghi.
Il presente calendario potrà subire variazioni in relazione all’andamento stagionale e
ad impegni al momento non programmabili. Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R.
Franchi” è a disposizione, nei limiti di tempo derivanti dagli impegni dei suoi esperti
micologi, per altre iniziative da concordare con Associazioni ed Enti vari.
I nostri siti INTERNET:
http://space.comune.re.it/micologico/index.htm
http://grmicnatre.wix.com/micologico
https://www.facebook.com/gruppomicologico.franchi
2
BOLETUS MENDAX, UNA SPECIE
RECENTEMENTE DESCRITTA IN
ITALIA ED I NUOVI ORIENTAMENTI
SULLA SISTEMATICA DELLA
SEZ. LURIDI DEL GENERE BOLETUS
di
Giampaolo Simonini
Via Bellaria, 8 - 42121 Reggio Emilia, Italy
e-mail: [email protected]
Alfredo Vizzini
Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università di Torino
Viale P. A. Mattioli, 25 - 10125 Torino, Italy
e-mail: [email protected]
Riassunto
Gli autori riportano la specie recentemente descritta Boletus mendax Simonini & Vizzini;
i suoi caratteri morfologici, anatomici ed edafici sono descritti al fine di chiarire la separazione dai taxa vicini. Viene altresì messo in evidenza il debole valore tassonomico della
pigmentazione rossastra dello strato subimenoforale (la cosiddetta “linea di Bataille”),
assunta fino ad oggi come carattere discriminante di B. luridus, sia per B. mendax sia
per B. luridus. Si presentano inoltre le immagini a colori, scattate in habitat, del taxon
trattato. È altresì brevemente illustrata la recente evoluzione della sistematica della
sez. Luridi del genere Boletus, che ha portato alla definizione di alcuni nuovi generi.
Abstract
The recently described species Boletus mendax Simonini & Vizzini is here reported and
discussed; its morphological, anatomical and edaphic characters are described in order
to elucidate the separation from neighboring taxa. The present research also emphasizes
the low taxonomic value of the reddish pigmentation of the subhymenophoral layer
(the so called “Bataille’s line”), until now assumed as a discriminative character for B.
luridus, for both B. mendax and B. luridus. Colour pictures taken in habitat of the taxa
3
presented herein are also provided. It also briefly discusses the recent evolution of the
systematic of sect. Luridi of the genus Boletus, which led to the erection of some new
genera.
Introduzione
La sezione Luridi Fr. ex Lannoy & Estadès, tipificata da B. luridus Schaeff., è un gruppo
tradizionalmente utilizzato nel mondo scientifico e nella divulgazione, nell’ambito del
genere Boletus L., principalmente distribuito nelle zone dell’Europa a clima temperato (Singer 1967; Pilát & Dermek 1974; Engel & al. 1983; Alessio 1985; Lannoy &
Estadès 2001; Muñoz 2005; Klofac 2007; Šutara & al. 2009; Knudsen & Taylor 2012)
e nel Nord /Centro America (Coker & Beers 1943; Singer 1947; Snell & Dick 1970;
Smith & Thiers 1971; Thiers 1975; Grund & Harrison 1976; Both 1993; Bessette &
al. 1997, 2000; Ortiz-Santana & al. 2007), come pure nella zona temperata dell’est
e tropicale del sud-est, dell’Asia (Corner 1972; Zang 2006; Takahashi & al. 2011) e
dell’Australia (Watling & Li 1999). Le specie di questa sezione sono caratterizzate da
aspetto boletoide, taglia media, pori spesso rossastro-arancio, superficie dello stipite
reticolata o minutamente forforacea e tubuli, pori e carne solitamente viranti al blu al
taglio o per manipolazione.
All’interno di questa sezione, Boletus luridus si distingue per avere un pileo di colore
variabile, da olivaceo a bruno-tabacco, pesca, oppure da laterizio fino a bruno rossastro, con pori rosso-arancio fin dal giovane, carne da rossa a rosso-sangue alla base dei
tubuli (“linea di Bataille”), stipite clavato-cilindrico, solitamente non particolarmente
robusto, spesso dotato in tutta la sua lunghezza e in modo evidente di un reticolo a
maglie allungate e grossolane. La reazione amiloide sulla carne della base del gambo
è intensamente positiva (Singer 1967; Leclair & Essette, 1969; Watling 1970; Pilát
& Dermek 1974; Engel & al. 1983; Alessio 1985; Lannoy & Estadès 2001; Muñoz
2005; Watling & Hills 2005; Galli 2007; Klofac 2007; Šutara & al. 2009; Kibby 2011;
Knudsen & Taylor 2012).
La variabilità morfologica di B. luridus può essere sconcertante: basandosi sui soli dati
morfologici riesce difficile definire se, così come è stato fino ad oggi delimitato, si tratti
di un singolo taxon molto variabile oppure di una specie collettiva (Simonini 2001).
Nel secondo caso, ci si deve chiedere quali siano i caratteri utili per la delimitazione dei
vari taxa, e quali siano i ranghi tassonomici che devono essere applicati a questi taxa.
Come è ben noto, B. luridus mostra un singolare carattere cromatico: la cosiddetta
“linea di Bataille” (Lannoy & Estadès 2001; Muñoz 2005), probabilmente osservata da
Bataille (1908) per la prima volta. Si tratta di uno strato sottile, colorato di rosso scuro,
4
tra i tubuli e la carne pileica. Tale caratteristica non è presente in alcuna altra specie
Europea o extra Europea appartenente alla Sezione Luridi, persino in quelle specie
considerate molto simili e tassonomicamente affini a B. luridus. La reale origine della
“linea di Bataille” è, ad oggi, non nota e la costanza di questo carattere è in qualche
modo discutibile. Peraltro la affermazione opposta (e non necessariamente antitetica)
è pure discutibile: è possibile che altri taxa possiedano la “linea di Bataille”?
Boletus mendax (Vizzini & Simonini 2013) è un taxon recentemente descritto, pure
dotato della “linea di Bataille” (sia pure in modo incostante), diverso da B. luridus
per il suo aspetto generale, i colori, la forma delle spore, la struttura della pileipellis e
l’ambiente di crescita. Inoltre, la Sezione Luridi è stata dimostrata essere polifiletica
(Marques & al. 2010), e la sua suddivisione, basata su basi morfologiche (Lannoy &
Estadès 2001; Klofac 2007) è stata messa alla prova con un approccio molecolare (Vizzini & al. 2013) che ha portato di recente al riuso di un nome di genere poco utilizzato
dal mondo scientifico (Suillellus Murrill (Vizzini 2015)) e alla istituzione di nuovi
ulteriori generi (Cupreboletus, Exsudoporus, Imperator, Neoboletus, Rubroboletus,).
Tassonomia
Boletus mendax Simonini & Vizzini, Mycol. Progr. 13(1): 98 (2013) [2014] (Figure
1, 2, 3)
MYCOBANK MB 803606
Etimologia: dal Latino, mendax = mendace, falso. Con riferimento alla rassomiglianza
di questa specie con Boletus luridus.
Diagnosi originale:
The species is reminiscent of Boletus luridus, usually having a red, crimson-red stipe,
rarely orange-yellow or yellow, with a reticulation frequently limited at the upper part
which is often poorly defined and not evident. Below reticulation, scurfy granules
similar to those of B. luridiformis occur. The pileus denotes intense and dominant
reddish, crimson red-pink colours, often with shades of buff, brownish or olivaceous.
The pileus surface is velvety or tomentose, never smooth or viscous. The context is
tough, pale yellow, on cutting turning to dark indigo-blue, especially at the stipe base
where the colour change is overlaying the natural beetroot colour, with a usually reddish
subhymenophoral layer. Pores red to vivid scarlet red, with tones brighter than those
of B. luridus, fading with age. The spores are quite different in shape from those of B.
luridus, more elongated (Qm = 2.7 with respect to Qm = 2.2 of B. luridus) and tending
to the B. luridiformis spore shape; the terminal elements of pileipellis are typically
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straight and erected and only later, when fully mature, interwoven. Amyloid reaction at
the stipe basis strongly positive. It grows in acidic soil, with Fagus sylvatica, Castanea
sativa or, less frequently, Quercus cerris, Q. suber and Q. ilex.
Holotype (here selected): Italy, Emilia Romagna, Provincia of Reggio Emilia, Comune
of Villa Minozzo, loc. “Rifugio Zamboni”, with Fagus sylvatica, 1150 m a.s.l., 27 Aug.
2010, legit. G. Simonini (AMB 12633); isotypus GS10009.
La specie ricorda Boletus luridus, di solito con un gambo rosso, rosso-porpora, raramente giallo-arancio o giallo, con una reticolazione spesso limitata alla parte superiore,
solitamente mal definita e non evidente. Al di sotto del reticolo, si possono osservare
granulazioni forforacee simili a quelle di B. luridiformis. Il pileo denota un colore rossastro intenso e dominante, di colori cremisi o rosso-rosa, spesso con sfumature di color
cuoio, marrone o olivaceo. La superficie pileica è vellutata o tomentosa, non liscia o
viscosa. La carne è consistente, giallo pallido, al taglio virante ad un blu-indaco scuro,
soprattutto alla base stipe in cui il cambiamento di colore ha luogo sovrapponendosi al
colore barbabietola naturale, con uno strato subimenoforale solitamente rossastro. Pori
da rossi a rosso scarlatto intenso, con toni più vivaci di quelli di B. luridus, tendenti a
decolorare con l’età. Le spore sono molto diverse, con forma più allungata, di quelle
di B. luridus (Qm = 2,7 rispetto a Qm = 2,2 B. luridus) e tendenti alla forma delle
spore di B. luridiformis; gli elementi terminali della pileipellis sono tipicamente diritti
ed eretti, e solo più tardi, a maturazione completa, intrecciati. Reazione amiloide alla
base gambo fortemente positiva. Cresce in terreni acidi, con Fagus sylvatica, Castanea
sativa o, meno frequentemente, Quercus cerris, Q. suber e Q. ilex.
Holotypus (qui selezionato): Italia, Emilia Romagna, Provincia di Reggio Emilia, in
Comune di Villa Minozzo, loc. “Rifugio Zamboni”, con Fagus sylvatica, 1150 m slm,
27 Agosto 2010, legit. G. Simonini (AMB 12633); isotypus GS10009.
Descrizione dettagliata:
Caratteri macroscopici: PILEO 40–120 (–200) mm, da emisferico a convesso, raramente
appianato, con un margine ottuso, spesso ondulato-lobato, di colore molto variabile in
funzione delle condizioni climatiche. I giovani basidiomi di solito mostrano un colore
oliva-cuoio pallido tendente, in condizioni di clima secco, ad iscurire all’olivaceogrigiastro, mentre a tempo umido è tendente in ogni sua parte al cremisi, oppure talvolta
con la parte centrale che persiste oliva-cuoio pallido con il margine incarnato-rosacremisi. In condizioni di elevate umidità i giovani basidiomi mostrano inizialmente
una colorazione grigio-rosato-cremisi poi, a causa del tempo secco, impallidiscono
verso un colore cuoio-nocciola e finalmente scuriscono al color tabacco. Nelle foreste
6
ombrose i giovani basidiomi mostrano altresì una colorazione da rossastro a brunorossastro imbrunente nei vecchi esemplari al color tabacco o talvolta a colorazioni
bruno baio che ricordano quelle di B. luridiformis, con zone rossastre o zone olivastre,
di solito con un margine più chiaro. In generale, la colorazione pileica di B. mendax si
sovrappone in una larga gamma a quella di B. luridus, anche se B. mendax è più scuro
e più frequentemente presenta colorazioni rossastro-cremisi. La superficie si presenta
vellutata, poi tomentosa, mai liscia o viscosa, rapidamente virante al blu scuro o al
nerastro quando contusa (in condizioni di umidità). STIPITE 40–120 × 8–30(–50)
mm, cilindrico, talvolta flessuoso o debolmente subventricoso, attenuato alla base, un
poco radicante; superficie rosso-arancio, giallo solo alla estremità superiore, molto di
rado arancio-giallo o giallo dappertutto, presto interamente rossa, rosso-cremisi, rosso
porpora, più scuro verso la base, con un reticolo spesso poco definito e limitato alla parte
superiore, che raramente ricopre l’intero stipite, più scuro del colore del fondo. La parte
inferiore dello stipite si presenta finemente granuloso-forforacea, con le granulazioni di
un colore scarlatto scuro o rosso porpora scuro e talvolta anche parzialmente sovrapposte
al reticolo. All’estremità basale lo stipite può essere ricoperto nei giovani esemplari da
un tomento vellutato di colore tabacco-marrone. TUBULI 5–12(–18) mm, rotondi, da
annessi a quasi liberi, da giallo cromo ad olivastro, blu scuro al taglio. PORI piccoli,
arrotondati, concolori ai tubuli nei primi stadi di sviluppo, molto presto rosso scurobrunastro, poi di un rosso scarlatto vivace, blu scuro alla pressione, che si decolorano con
l’età ad un arancio-oliva pallido. I pori appaiono colorati in modo più brillante rispetto
a quelli di B. luridus. CARNE da colore da giallo limone a giallo cromo, più intenso
nel pileo e nella connessione con lo stipite, rosso barbabietola alla base dello stipite,
immediatamente blu indaco quando esposta all’aria, con un viraggio molto intenso e
più scuro nella parte inferiore dello stipite e specialmente alla base, poi impallidente
ad un bianco grigiastro. In rari casi la carne del pileo e la parte superiore dello stipite
può mostrare un colore rosso porpora cupo. Lo strato subimenoforale presenta lo stesso
colore dei pori ma non di rado è giallo (in più del 20 % delle raccolte), specialmente
negli esemplari maturi e in quelli sviluppatisi in clima secco. La carne è tipicamente
soda, più compatta ed elastica di quella di B. luridus, e ricorda quella di B. luridiformis.
Il SAPORE e l’ODORE sono deboli, gradevoli, ma non rilevanti. La SPORATA è di
colore tabacco-brunastro con una sfumatura oliva.
Caratteri microscopici: SPORE subfusiformi, che mostrano in vista laterale una depressione soprailare, debole ma sempre presente, ellittiche in vista frontale, (12,4–)13,3–
14,7(–15,5) × (4,5–)4,9–5,5(–5,7) μm, Q = (2,5–)2,6–2,8(–2,9), Qm = 2,68 ± 0,11,
V = (156–)173–231(–255) μm3, Vm = 202 ± 29 μm3, giallo oro in acqua o L4, brune
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con una sfumatura lilla in reagente di Melzer. BASIDI solitamente 4-sporici, di rado
2-sporici, ialini, raramente giallastri, 24,9–30,5 × 9,5–12,7 μm. PLEUROCISTIDI da
ialini a giallo pallido, fusiformi, 60,0–69,1 × 11,1–12,9 μm. CHEILOCISTIDI simili,
più corti, 40,2–62,4 × 10,2–13,3 μm. PSEUDOCISTIDI presenti, a forma di verme,
aventi un contenuto giallo intense amorfo e spesso privi di evidente setto basale, protrudenti nello strato laterale o persino nel medio strato della trama dei tubuli, larghi
4,8–6,2 μm. PILEIPELLIS costituita di ife erette, parallele, cilindriche, con estremità
affusolata, 26,4–46,1 × 5,5–7,9 μm, formanti una palizzata regolare, poi più intrecciata,
che spesso non collassa nemmeno negli esemplari in stadio di maturazione più avanzato,
con un pigmento intracellulare bruno pallido e priva di incrostazioni rilevanti. TRAMA
IMENIALE “Boletus-type” secondo la definizione di Singer (1967). GIUNTI A FIBBIA
non osservati. REAZIONE AMILOIDE alla base dello stipite fortemente positiva, viola
blu nerastro, con la stessa intensità di B. luridus e B. queletii.
Gregario, termofilo, non raro con Fagus sylvatica e Castanea sativa, di solito in estate
o nel primo autunno (tardo autunno nelle raccolte di Sardegna e Sicilia), ma osservato
anche associato a Quercus cerris, Q. suber e Q. ilex, perlopiù in suolo acido. Conosciuto
in molte stazioni dell’Emilia Romagna, nei rilievi dell’AppenninoTosco-Emiliano,
ad altitudini varianti da 500 m fino a 1300 m s.l.m., spesso in terreno siliceo (suoli di
decadimento dell’arenaria “macigno”), molto probabilmente a larga diffusione, dal
momento che è stato osservato in alcune mostre del nord Italia. Ad oggi non si conoscono raccolte della conifera pura.
Distribuzione: in Italia in Sicilia (ove ha larga diffusione), Sardegna, Abruzzo, Toscana,
Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Piemonte, Repubblica Ceca, Germania, Russia
(ritrovamento inedito dr. T. Svetasheva). Probabilmente è una specie diffusa in tutta
Europa nelle regioni a clima temperato.
Materiale esaminato di Boletus mendax. ITALIA:
16.08.92, Le Borelle, Villa Minozzo (RE), Fagus sylvatica, leg. G. Nuccio, GS0911;
12.09.92, Ponte Tavarone (MC), Quercus cerris, leg. G. Simonini, GS0915; 30.07.94,
Rio Ri, Vidiciatico (BO), Fagus sylvatica, leg. G. Consiglio, MCVE18095; 08.08.94,
M. Prampa (RE), Fagus sylvatica, leg. F. Franceschetti, MCVE17744; 08.08.94, Prà
Fenio, Ligonchio (RE), Fagus sylvatica, leg. F. Franceschetti, MCVE17745; 27.07.95,
Rio Ri, Vidiciatico (BO), Fagus sylvatica, leg. G. Consiglio, MCVE18097; 04.08.95,
Rio Ri, Vidiciatico (BO), Fagus sylvatica, leg. G. Consiglio, MCVE17848; 08.08.95,
La Magolese, Villa Minozzo (RE), Fagus sylvatica, leg. G. Nuccio, MCVE17849;
03.09.95, Lagoni (PR), Fagus sylvatica, leg. sconosciuto, GS1427; 16.09.95, Ceva
(CN), Fagus sylvatica, leg. sconosciuto, GS1441; 31.10.99, Bottigli (GR), Quercus ilex,
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leg. M. Sarnari, MCVE17209; 23.08.10, Il Castagno, Busana (RE), Castanea sativa,
leg. G. Simonini, GS10004; 24.08.10, Agriturismo Rio Riccò, Busana (RE), Castanea
sativa, leg. G. Simonini, AMB12632; 24.08.10, Il Castagno, Busana (RE), Castanea
sativa, leg. G. Simonini, AMB12634; 27.08.10, Rifugio Zamboni, Villa Minozzo (RE),
Fagus sylvatica, leg. G. Simonini, AMB12633 (HOLOTYPE), GS10009 (ISOTYPE);
27.08.10, Rifugio Zamboni, Villa Minozzo (RE), Fagus sylvatica, leg. G. Simonini,
GS10010; 27.08.10, Rifugio Zamboni, Villa Minozzo (RE), Fagus sylvatica, leg. G.
Simonini, GS10011; 27.08.10, Le Borelle, Villa Minozzo (RE), Fagus sylvatica, leg.
G. Simonini, GS10012; 28.08.10, Agriturismo Rio Riccò, Busana (RE), Castanea sativa, leg. G. Simonini, AMB12635; 10.10.11, loc. sconosciuta in Appennino reggiano,
leg. sconosciuto, AMB12637; 09.11.11, Casa Cantoniera, Calangianus (OT), Quercus
suber, leg. G. Simonini, AMB12640; 09.11.11, Casa Cantoniera, Calangianus (OT),
Quercus suber, leg. G. Simonini, GS10047; 09.11.11, Casa Cantoniera, Calangianus
(OT), Quercus suber, leg. G. Simonini, GS10048; 05.07.15, strada Ramiseto-Pratizzano,
Ramiseto (RE), Fagus sylvatica, leg. M. Comuzzi, GS100214; 05.07.15, Rifugio Pratizzano, Ramiseto (RE), Fagus sylvatica, leg. G. Simonini, GS100215.
Nota: AMB = erbario micologico Associazione Micologica Bresadola; MCVE = erbario
del Museo Civico di Venezia; GS = erbario privato di Giampaolo Simonini.
AMI LA NATURA:
RISPETTALA!
NON ABBANDONARE NEI
BOSCHI I TUOI RIFIUTI!!!
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Fig. 1 Raccolte tipiche di B. mendax. a) Holotypus, con Fagus sylvatica, appennino reggiano (Peschiera
Zamboni) (foto G. Simonini), b) raccolte GS100214 (dx) e GS100215 (sx), con Fagus sylvatica, appennino
reggiano (Lago Calamone) (foto G. Simonini), c) raccolta non conservata, leg. e foto Marco Floriani, Maso
Postel (TN), misto Fagus e aghifoglia. d) raccolta GS10048, Sardegna (Calangianus), con Quercus suber.
Fig. 2 Confronto tra le principali caratteristiche anatomiche di Boletus luridus (a-c, GS0875, GS100015,
GS895), B. comptus (d-f, MCVE17872, GS10067, GS0978) e B. mendax (g-i, GS10004, AMB12634,
GS1427). a, d, g. Ingrandimento della struttura della pileipellis. b, e, h Struttura della pileipellis, sezione
trasversale in corrispondenza di metà raggio pileico, in rosso congo. c, f, i Spore mature, in L4. Barre:
a, d, g = 1 cm; b, e, h = 50 μm; c, f, i = 10 μm.
10
Fig. 3
Dettagli di basidiomi di B. mendax
a)Coll. AMB12635, stipite con
reticolo appena accennato nella
parte superiore e granulazioni
forforacee nella parte inferiore.
b)Coll. GS 10010, stipite con reticolo più definito e granulazioni
limitate alla estremità inferiore.
c)Coll. GS10011, carne pileica con
una evidente “linea di Bataille”.
d)Coll. AMB12632, carne priva di
“linea di Bataille”.
e)Coll. GS 10009, strato colorato
di rosso sotto i tubuli.
f) Coll. GS10004, mancanza di
strato rosso al di sotto dei tuubuli.
DISCUSSIONE
Lo status della sez. Luridi del genere Boletus
Basandosi su caratteristiche morfologiche, la maggior parte degli autori ha utilizzato
per le specie a pori rosso-arancio un’unica sezione Luridi senza ulteriori suddivisioni
in sottosezioni o stirpi (Singer 1967; Pilát & Dermek 1974; Engel & al. 1983; Alessio
1985; Singer 1986; Muñoz 2005; Šutara & al. 2009; Knudsen & Taylor 2012). Bertéa
& Estadès (1990), Cazzoli (1991) e Redeuilh (1992) hanno in modo informale delimitato le specie fortemente viranti al blu-nero in ogni loro parte alla manipolazione
come “Gruppo Torosus”, “Stirpe Torosus” e “Stirpe Inquinans”, rispettivamente; più di
recente, Hlaváček (1996) ha formalmente e validamente delimitato quest’ultimo gruppo
come sottosezione Torosi della sez. Luridi (cfr. Simonini & Bertolini 2012). Andary
& al. (1992), in uno studio chemiotassonomico, hanno informalmente riconosciuto
la “sottosezione Satanas” (nom. inv.) per le specie di grandi dimensioni contenenti
diastereomeri dell’acido 2-amino-4-hydroxypentanoico; Lannoy & Estadès (2001),
dopo avere messa in evidenza l’importanza di caratteri come la ornamentazione dello
stipite, la reazione della carne al reagente di Melzer, la presenza di uno strato colorato
di rosso sopra i tubuli e le tipologie della reazione alla contusione come caratteri basilari per la delimitazione a livello inferiore alla sezione, hanno diviso questa sezione
in cinque “serie” informali, Luridus, Permagnificus, Punctipedes, Satanas e Torosus;
questa collocazione sistematica è stata anche seguita da Klofac (2007). Infine, la sez.
11
Luridi è stata considerata eterogenea da Watling & Hills (2005) e suddivisa tra le sezioni “Satani” e “Purpurei” del sottogenere Suillellus e le sezioni Luridi e Luridiformes
del sottogenere Luridellus; Galli (2007) ha stabilito la sez. Erythropodes per le specie
prive di reticolo sullo stipite.
Così come è tradizionalmente delimitata (Singer 1967; Pilát & Dermek 1974; Engel
& al. 1983; Alessio 1985; Singer 1986; Lannoy & Estadès 2001; Muñoz 2005; Klofac
2007; Šutara & al. 2009; Knudsen & Taylor 2012), la sez. Luridi è chiaramente un
gruppo polifiletico, come già mostrato da Binder & Hibbett (2006, Fig.1 supplementare) e Marques & al. (2010); le specie di questa sezione sono distribuite in almeno sei
cladi (Figura 4).
Il primo clade, che costituisce una sorta di “complesso di B. luridus”, include B. luridus
Schaeff., B. mendax Simonini & Vizzini, B. amygdalinus (Thiers) Thiers, B. comptus
Simonini e B. queletii Schulzer; si tratta di taxa caratterizzati da basidiomi solitamente
di proporzioni medie, stipite cilindrico con o senza reticolo (B. amygdalinus e B. queletii), pileo di solito da ocra-bruno a olivaceo, pileo rossastro che diventa blu-nero a
causa di traumi da manipolazione, presenza o assenza di “linea di Bataille”, carne rossa
alla base dello stipite, fortemente bluescente quando esposta all’aria e forte reazione
amiloide (con la eccezione di B. amygdalinus, per il quale non si ha alcun dato, Thiers
1975, Bessette & al. 2000). Questo primo clade della “antica” Sezione Luridi è oggi
assurto a rango di genere “recuperando” l’antico nome di genere Suillellus Murrill, già
tipificato da B. luridus (Vizzini 2014a).
Il secondo clade, (corrispondente alla sez. Erythropodes Galli partim, Galli 2007)
inizialmente comprendeva B. luridiformis Rostk. (= B. erythropus s. Auct.), una specie facilmente riconoscibile per il suo stipite clavato, coperto da una densa fioccosità
arancio-rossa, carne non amiloide e spore con Qm = 2,65–2,68 (pers. obs.) e l’affine
B. junquillues (Quél.) Boud. (cfr. Nuhn & al. (2013)). Successivamente anche questo
raggruppamento è assurto al rango di genere con il nome di Neoboletus Gelardi, Vizzini
& Simonini (Vizzini & al. 2014b) includendovi anche alcune specie del sud-est della
Cina: Neoboletus brunneissimus (W.F. Chiu) Gelardi, Simonini & Vizzini, Neoboletus
magnificus (W.F. Chiu) Gelardi, Simonini & Vizzini e Neoboletus sinensis (T.H. Li &
M. Zang) Gelardi, Simonini & Vizzini. Oggi vi sono stati inclusi anche Neoboletus
thibetanus (Shu R. Wang & Yu Li) Zhu L.Yang, B. Feng & G. Wu e Neoboletus venenatus (Nagas.) G. Wu & Zhu L. Yang (Wu & al. 2015).
Il terzo clade è costituito dal complesso di specie di grandi dimensioni e proporzioni
massicce che virano in ogni loro parte ad un blu-nero intenso e con reazione amiloide
da nulla a debole (Lannoy & Estadès 2001; Muñoz 2005), corrispondente al “gruppo Torosus” Bertéa & 1990 nom. inval., “stirpe Torosus” Cazzoli 1991 nom. inval.,
“stirpe Inquinans” Redeuilh 1992 nom. inval., sottosez. Torosi Hlaváček 1996, “serie
Torosus” Lannoy & Estadès 2001 nom. inval. e “sez. Purpurei” Watling & Hills 2005
nom. inval.; questo raggruppamento è oggi assurto al rango di genere, tipificato da B.
torosus Fr., con il nome di Imperator G. Koller, Assyov, Bellanger, Bertéa, Loizides,
12
G. Marques, P.-A. Moreau, J.A. Muñoz, Oppicelli, Puddu & F. Richard (Assyvov &
al. 2015) e comprende altresì I. luteocupreus (Bertéa & Estadès) Assyov & al. e I.
rhodopurpureus (Smotl.) Assyov & al..
Il quarto clade comprende specie che producono grandi basidiomi, con pileo da bianco a
grigiastro o da grigio-cuoio a caffellatte, non virante al blu per traumi (al più arrossante),
carne bluescente solo in modo debole, stipite molto ingrossato e reazione amiloide da
nulla a debole (Lannoy & Estadès 2001; Muñoz 2005), corrispondente alla “subsez.
Satanas” Andary & al. 1992 nom. inval., “serie Satanas” Lannoy & Estadès 2001 nom.
inval. ed alla “sez. Satani” Watling & Hills 2005 nom. inval.; anche questo raggruppamento è oggi assurto al rango di genere con il nome di Rubroboletus Kuan Zhao et
Zhu L.Yang e comprende R. pulchrotinctus (Alessio) Kuan Zhao & Zhu L. Yang, R.
satanas (Lenz) Kuan Zhao & Zhu L. Yang, R. rubrosanguineus (Cheype) Kuan Zhao
& Zhu L. Yang e R. rhodoxanthus (Krombh.) Kuan Zhao & Zhu L. Yang., oltre alle
specie cinesi R. sinicus (W.F. Chiu) Kuan Zhao & Zhu L. Yang (typus del genere) e R.
latisporus Kuan Zhao & Zhu L. Yang. Successivamente (Miksik 2014) è stato incluso
nel genere Rubroboletus anche Boletus legaliae Pilát.
Il quinto clade comprende specie dalle vivaci colorazioni rosse in ogni loro parte, essudanti dai pori goccioline gialle, ed include la specie europea Boletus permagnificus
Pöder oltre alle specie nord americane Boletus frostii J.L. Russell e Boletus floridanus
Singer. Esse sono state incluse nel genere recentemente descritto Exsudoporus Vizzini,
Simonini & Gelardi (2014).
Il sesto clade comprende il solo Boletus poikilochromus Pöder, Cetto & Zuccherelli,
specie con singolarissimi caratteri micro-morfologici (aspetto simile ai boleti del genere
Imperator, ma anche affine a Cyanoboletus, tendenza a virare al rosso-cannella in
ogni parte, formazione di cristalli nell’imenoforo in fase di essicazione, abbondanza
di pseudocistidi) che è stata recentemente inserita nel genere Cupreoboletus Simonini,
Gelardi & Vizzini (Gelardi & al. 2015).
La struttura dell’albero filogenetico di questi sei nuovi generi (Figura 4), che ospitano
le specie prima inserite nella sez. Luridi, mostra come essi si trovino frammisti ad altri
generi (Butyriboletus (corrispondente alla sez. Appendiculati), Sutorius, Crocinoboletus, Pulveroboletus, Caloboletus (corrispondente alla sez. Calopodes), Rugiboletus,
Cyanoboletus, Lanmaoa, Baorangia) le cui specie nulla hanno a che vedere con quelle
dell’antica sez. Luridi. È pertanto evidente il carattere polifiletico della antica sez. Luridi, la cui fondatezza tassonomica risulta pertanto non confermata dalle investigazioni
molecolari effettuate negli ultimi anni.
Alla luce delle recenti investigazioni molecolari (Vizzini & al. 2013), è risultato evidente che i vari autori hanno attribuito una eccessiva importanza a caratteri come la
ornamentazione dello stipite (presenza/assenza di reticolo) e/o la presenza di “linea di
Bataille”, per la delimitazione di Sottosezioni o Stirpi. Per esempio, la serie Punctipedes
della sez. Luridi (Lannoy & Estadès 2001), la sez. Luridiformes (Watling & Hills 2005)
e la sez. Erythropodes (Galli 2007) sono state istituite per accogliere specie a stipite
13
non reticolato; le serie Luridus e Permagnificus (Lannoy & Estadès 2001) per taxa a
stipite reticolato e carne amiloide con o senza “linea di Bataille”, rispettivamente. Ma
le analisi filogenetiche hanno viceversa mostrato che queste specie con differente ornamentazione dello stipite (p.es. B. luridus / B. queletii) o differente colorazione della
carne al di sotto dei tubuli (p. es. B. mendax / B. comptus) possono appartenere allo
stesso clade e quindi allo stesso genere (Suillellus nella fattispecie) e, inversamente,
taxa con simili decorazioni dello stipite e colorazioni (p. es. B. luridiformis / B. queletii) possono essere attribuibili a differenti gruppi filogenetici, e quindi a generi diversi
(Neoboleteus e Suillellus, nella fattispecie). Al contrario, la presenza di una reazione
amiloide alla base dello stipite sembra essere un carattere tassonomico affidabile che
ben discrimina, nel nostro caso, il genere Suillellus dai generi Neoboletus, Imperator,
Rubroboletus, un tempo tutti inclusi nella discussa ed artificiale sez. Luridi del genere
Boletus.
Boletus mendax e le specie affini
Secondo i dati morfologici e le analisi filogenetiche basate sulle sequenze dell’ITS,
Boletus mendax deve essere considerato come una specie indipendente del genere
Boletus s.l.. Esso è chiaramente distinguibile dagli altri taxa per avere una diversa
combinazione di caratteri morfologici ed edafici, ivi includendo: un pileo vellutato con
prevalenti colorazioni rossastre, rosso cremisi-rosate (Fig. 1c,d), che non esclude però
colorazioni olivastre più simili a quelle di B. luridus (Fig. 1b), uno strato subimenoforale
rossastro (Fig. 3c,e), pori all’inizio di un vivace rosso scarlatto (Fig. 1a,b), un reticolo
spesso poco definito e spesso limitato alla parte superiore dello stipite (Fig. 3a), una
carne giallo pallido che vira ad un blu indaco scuro al taglio, la base dello stipite rossa
e fortemente amiloide, spore allungate (Qm = 2,7) (Fig. 2i), pileipellis costituita di un
regolare tricoderma con gli elementi terminali tipicamente diritti ed eretti (Fig. 2h), ed
ambiente di crescita in suolo acido. L’investigazione molecolare sulle sequenze ITS
(Vizzini & al. 2013) ha indicato una stretta affinità di B. mendax con il Nord Americano B. amygdalinus, che differisce da B. mendax per lo stipite privo di reticolo, uno
strato subimenoforale sempre senza “linea di Bataille”, spore di maggiori dimensioni
(11,2–16,0 × 5,2–8,0 μm) ed una pileipellis differenziata in un confuso tricoderma di
ife intrecciate (Thiers 1965, sub nom. B. puniceus; Thiers 1975; Bessette & al. 2000).
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DEL NOSTRO PAESAGGIO SENZA
LASCIARE SEGNI DEI TUOI PIC NIC
14
Boletus frostii NY815462
Boletus frostii BDCR0418
Boletus sp. HKAS52661
Boletus sp. HKAS55413
Boletus roseoflavus HKAS54099
1/99
Boletus sp. HKAS63528
Boletus regius 11265
0.90/70
Boletus appendiculatus Bap1
Boletus pulchriceps DS4514
1/100
Boletus peckii 3959
Boletus roseopurpureus MB06 59
1/100
Boletus aff. speciosus HKAS59467
Boletus sp. HKAS57774
Boletus sp. HKAS59814
Boletus sp. HKAS52525
Boletus sp. HKAS63598
Boletus sp. HKAS59660
1
1/100
0.75/54
1/98
1/90
1/98
Exsudoporus
1/95
1/98
1/99
1/100
Butyriboletus
1/100
0.92/71
0.98/63
0.98/65
0.79/61
1/91
0.95/56
0.98/57
0.94/74
Boletus aff. erythropus HKAS55440
Gastroboletus sp. HKAS57093
Boletus luridiformis AT2001087
Boletus sp. HKAS57512
Boletus sp. HKAS59469
Boletus sp. HKAS53369
1/100
Boletus sinensis HKAS76851
Boletus brunneissimus HKAS52660
Boletus sp. HKAS57489
1/100
Boletus magnificus HKAS74939
Boletus magnificus HKAS54096
Boletus sp. HKAS68587
Boletus sp. HKAS76660
Boletus sp. HKAS50351
1/100
1/100
0.88/56
1/93
1/71
1/87
1/99
1/99
0.81/68
Boletus torosus Btor1
Boletus amygdalinus 112605ba
Boletus aff. amygdalinus HKAS57262
Boletus luridus Bl2
1/94
-/51
1/100
1/98
1/100
1/100
1/98
1/92
1/99
1/100
0.96/73
0.98/70
0.81/-
1/92
0.98/80
0.98/64
1/98
0.95/75
1/99
Boletus sp. HKAS59701
Boletus rufoaureus HKAS59820
Boletus rufoaureus HKAS53424
Xerocomus aff. macrobbii HKAS56280
Pulveroboletus sp. HKAS58860
1/100
Pulveroboletus sp. HKAS57665
1/100
1/100
Pulveroboletus sp. HKAS74933
Pulveroboletus aff. ravenelii HKAS53351
Boletus luteocupreus Blu1
Crocinoboletus
Imperator
Suillellus
Boletus sp. HKAS55444
Boletus calopus Bc1
1/100
Boletus aff. calopus HKAS74739
Boletus aff. sinicus HKAS68679
Boletus dupainii JAM0607
Boletus satanas Binder BS2
Boletus sinicus HKAS68620
1/96 Boletus rhodosanguineus 4252
Boletus eastwoodiae AT2003096
1/97
1/87
Sutorius
Neoboletus
Boletus sp. HKAS74864
Boletus sp. HKAS53353
Boletus firmus MB06 60
Boletus inedulis MB06 44
1/99
0.99/88
0.76/-
Sutorius australiensis 9280
Pulveroboletus
0.80/94
0.98/65
Sutorius eximius 9400
Sutorius aff. eximius HKAS56291
Sutorius aff. eximius HKAS52672
Caloboletus
Rubroboletus
1/100
Leccinum extremiorientale HKAS63635
Leccinum aff. extremiorientale HKAS68586
Leccinum aff. extremiorientale HKAS56359
Boletus sp. HKAS63504
Boletus sp. HKAS59609
Boletus sp. HKAS52639
Boletus pulverulentus 9606
Boletus pulverulentus MG 628a
1/100
Boletus pulverulentus MG 456a
Boletus pulverulentus MG 126a
Boletus poikilochromus TO HG 10091987 epitype
Boletus martaluciae AQUI 7195 holotype
Boletus poikilochromus GS 10070
Boletus poikilochromus GS 11008
Boletus poikilocromus MG 367a
Boletus poikilocromus MG 271a
Boletus sp. HKAS59554
Boletus sp. HKAS76850
Boletus sp. HKAS52518
Boletus sp. HKAS74765
Boletus flavoruber NY775777
Boletus carminipes MB06 61
Boletus aff. carminipes HKAS54094
Boletus bicolor var. borealis 2858
Boletus pseudosensibilis DS615 7
Boletus rufomaculatus 4414
Boletus bicolor var. bicolor MB07
Boletus sp. HKAS75081
Boletus sp. HKAS55373
Rugiboletus
Cyanoboletus
Cupreoboletus
Boletus sp. HKAS52601
Boletus sp. HKAS50292
Lanmaoa
Baorangia
0.02 expected changes per site
Figura 4. Porzione dell’albero filogenetico (bayesiano) delle Boletaceae, comprendenti i sei generi Exsudoporus, Neoboletus, Imperator, Suillellus, Rubroboletus, Cupreoboletus (in rosso) includenti le specie
una volta assegnate alla sez. Luridi. La struttura dell’albero mostra la polifileticità dell’antica sez. Luridi.
Le specie che sono morfologicamente simili a B. mendax sono B. luridus, B. comptus,
“B. caucasicus” e B. queletii, qui sotto brevemente discusse.
Boletus luridus Schaeff. (Schaeffer 1774) è una specie comune e ben nota, diffusa in
suoli neutro-calcarei e descritta dalla sintetica diagnosi originale che fornisce i seguenti
caratteri distintivi (tradotti dal tedesco): “Pileo giallo sporco. Tubuli da gialli a verdastri,
con orifizio rosso. Stipite cilindrico, robusto, giallastro nella parte superiore, spesso
rosso in quella inferiore, con un reticolo bruno, scuro alla base, radicante”. Partendo
dalla descrizione del colore del pileo della diagnosi originale (“pileo giallo sporco”),
molti autori hanno descritto questo taxon (Persoon 1825; Gilbert 1931; Blum 1968)
allargando gradualmente il suo campo di variabilità cromatica fino a olivaceo, bruno-
15
olivaceo, cuoio, con sfumature rossastre, quasi mai unicolore ma con le colorazioni
sopra menzionate mescolate e con molte tonalità intermedie.
La superficie pileica è finemente vellutata, ma liscia negli esemplari più vecchi ed
anche leggermente viscosa con il tempo umido. Il reticolo che ricopre lo stipite è ben
delineato, con grandi maglie allungate longitudinalmente, spesso composite, su un
fondo giallo o arancio-giallastro. La carne pileica, appena sopra lo strato imenoforale,
mostra un colore tipicamente rosso, rosso-arancio o rosato, solitamente dello stesso
colore dei pori, che origina la caratteristica “linea di Bataille” allorché osservato in
sezione trasversale.
Alcune differenze nei confronti di B. mendax possono essere individuate nella colorazione pileica, che nel secondo è solitamente da bruno-rossastro a rossastro-cremisi,
anche se le colorazioni di B. luridus e B. mendax possono talvolta sovrapporsi. Più
evidenti sono le differenze nella decorazione e colorazione della superficie dello stipite:
essa è perlopiù rossa (tonalità gialle o arancio-gialle hanno talora luogo nella parte
apicale dei giovani esemplari) in B. mendax, mentre essa è perlopiù giallo o aranciogiallo (anche se tendente al rosso nella parte medio-inferiore) in B. luridus (tuttavia,
eccezioni possono avere luogo in entrambe i casi). L’estensione e il rilievo del reticolo
di B. mendax è molto variabile: alcune raccolte mostrano un reticolo ben delineato
sopra un fondo rosso, che ricopre la superficie fino alla base dello stipite (Fig. 3b);
tuttavia, in parecchi casi, il reticolo è ristretto alla parte superiore dello stipite, ed è
solo debolmente definito (Fig. 3a); il reticolo di B. mendax mostra di solito maglie
semplici, non composte. Inoltre, il reticolo dello stipite di B. mendax è frequentemente
rimpiazzato da una fine punteggiatura forforacea rosso scuro che giace sopra un fondo
rosso e che rassomiglia a quella di B. luridiformis. Tali fini granulazioni sono in parte
sovrapposte al reticolo e distribuite fino alla parte inferiore dello stipite ove esse sono
sostituite da una tomentosità vellutata di colore brunastro sporco (Fig. 3a, b).
La presenza della “linea di Bataille” è occasionale in B. mendax. La maggior parte
degli esemplari mostrano una evidente “linea di Bataille” al taglio (Fig. 3c) e, in corrispondenza, lo strato al di sotto dei tubuli appare colorato di rosso (Fig. 3e). Tuttavia,
più del 20 % delle nostre raccolte non mostrano alcuna “linea di Bataille”, anche se
l’assenza di questo carattere potrebbe essere almeno in parte attribuita al clima secco.
Le raccolte di B. mendax prive di tale caratteristica sono solitamente denominate “B.
caucasicus” Singer (Fig. 3f,d). Tuttavia, abbiamo avuto l’evidenza di una raccolta di
esemplari assolutamente freschi (GS10047), raccolti in condizioni di clima umido, in
cui la “linea di Bataille” era presente in circa il 50 % degli esemplari, indipendentemente dal loro stadio di sviluppo (foto in Vizzini & al. 2013). Anche in B. luridus la
“linea di Bataille” può essere assente, anche se questo evento appare molto raro. Analisi
molecolari filogenetiche hanno chiaramente mostrato che sia in B. mendax sia in B.
luridus la mancanza della “linea di Bataille” è priva di valore tassonomico (si vede nel
prosieguo, sotto “Boletus caucasicus”). Le spore di B. luridus sono ellissolidali, con un
rapporto lunghezza/larghezza molto inferiore (Q= 2,1–2,4; Qm = 2,2) rispetto a quello
16
delle spore di B. mendax (Q = 2,6–2,8; Qm = 2,7), (Fig. 2c, i, Tavola 1). In B. luridus la
pileipellis è costituita di un tricoderma intrecciato che diventa sempre più confuso con
l’invecchiamento e che talvolta collassa (Fig. 2a-b). Inversamente, B. mendax mostra
un tricoderma di ife erette e parallele (palizzata), tendente a intrecciarsi solamente negli
esemplari vetusti (Fig. 2g, h). Il diametro degli elementi terminali della pileipellis di B.
mendax (5,5–7,9 μm) è assimilabile a quello di B. luridus (5,0–7,5 μm) e B. comptus
(4,8–7,1 μm) (Simonini 1993).
Tutti i taxa Europei a rango sottospecifico, così come sono stati descritti ed attribuiti
alla variabilità di B. luridus (p. es. Boletus erythroteron (“erythrotheron”, “erythrentheron”) Bezdĕk (1901) [= Boletus luridus var. erythroteron (Bezdĕk) Pilát & Dermek
(Dermek 1979); = Boletus luridus subsp. erythroteron (Bezdĕk) Hlaváček (1995)],
Boletus luridus var. lupiniformis J. Blum, Boletus luridus var. queletiformis J. Blum
(Blum 1968), Boletus luridus var. rubriceps (Maire) Dermek (1987) (= Tubiporus luridus var. rubriceps Maire 1937), Boletus luridus f. primulicolor Simonini (Simonini
& Lavorato 1997) mostrano la colorazione pileica e/o la estensione ed il rilievo del
reticolo come unici caratteri distintivi nei confronti di B. luridus.
Boletus comptus Simonini (Simonini 1993) è un altro taxon affine a B. mendax. Anche
se toni rosati possono essere talvolta presenti sul pileo di B. comptus, questo boleto è molto diverso da B. mendax. In particolare, i pori sono rosso-arancio, arancio,
giallastro-arancio o persino giallastri, molto più pallidi del vivace colore rosso dei pori
di B. mendax. Sia in B. mendax sia in B. comptus lo stipite è debolmente reticolato e
forforaceo-granuloso al di sotto del reticolo (anche completamente privo di reticolo in
B. comptus), ma nella seconda specie lo stipite è da aranciato-giallo a giallastro, mai
rosso o rosso cremisi come accade frequentemente in B. mendax. La base dello stipite
è fortemente affusolata e radicante in B. comptus, solamente attenuata in B. mendax.
In B. comptus la “linea di Bataille” è generalmente assente, anche se uno strato rosarossastro sotto i tubuli può essere osservato occasionalmente (Simonini 1993). Le spore
di B. comptus (Q = 2,0–2,3; Qm = 2,16) mostrano più o meno la stessa forma e taglia di
quelle di B. luridus, mentre B. mendax (Q = 2,6–2,8; Qm = 2,7) produce spore significativamente più lunghe, più sottili e più slanciate (Fig. 2f,i, Tavola 1). La struttura della
pileipellis è altresì molto diversa: in B. comptus è evidentemente feltrata, non di rado a
ife aggregate in ciuffi se osservata alla lente (Fig. 2d), inoltre, al microscopio ottico, gli
elementi terminali delle ife appaiono laschi e prosternati, con andamento più o meno
parallelo alla superficie pileica (Fig. 2e), mentre in B. mendax il tricoderma presenta
ife sostanzialmente erette e parallele, persistentemente disposte in questo modo fino a
maturazione del basidioma (Fig. 2g, h).
L’autonomia del taxon B. comptus a livello di specie indipendente è stata dimostrata
su basi molecolari per via del clade ben differenziato, consistente in una coppia di
raccolte che provengono da areali diversi (Vizzini & al. 2013).
“Boletus caucasicus” è tuttora un nomen nudum. Tutti i tentativi di validazione qui
sotto citati sono infatti falliti: Boletus ‘erythropus-luridus’ Singer (1931) nom. inval.
17
(Art. 23.6, Cod. Melbourne, McNeill & al. 2012); Boletus luridus ‘var. caucasicus’
Singer (1947) nom. inval. (Art. 39.1); Boletus ‘caucasicus’ Singer (1967) nom. inval.
(Art. 39.1); Boletus ‘caucasicus’ Singer ex Alessio (1985) nom. inval. (Art. 40.1, 40.3);
Boletus luridus ‘subsp. caucasicus’ (Singer ex Alessio) Hlaváček (1995) nom. inval.
(Art. 41.5).
Nonostante ciò, è opportuno cercare di capire quale fosse il concetto originale di questo
nome. Dalla descrizione di Singer 1931, sotto il nome di “Boletus erythropus-luridus”,
troviamo le seguenti caratteristiche distintive (tradotte dal tedesco): “In boschi misti,
sotto Abies normanniana. Pileo grigio-bruno pallido, più scuro di quello di Boletus
luridus. Pori rosso Venezia carico, più scuri di quelli di B. luridus e più pallidi di quelli
di B. erythropus. Stipite rosa-rossastro nella parte superiore, con reticolo. Nella parte
inferiore con piccolo granulazioni rosse, che si riducono progressivamente verso il
basso, da oliva a rosso-sangue sporco alla base. Carne giallo limone con zone di colore più intenso. Strato al di sotto dei tubuli dello stesso colore della carne. Sapore ed
odore non significativi”. Alcune caratteristiche di questa descrizione potrebbero essere
in accordo con B. mendax, in particolare la colorazione dello stipite, la punteggiatura
rossa nella parte inferiore dello stipite, il colore dei pori e lo strato subimenoforale (definito giallo nella diagnosi originale), che è una caratteristica trovata occasionalmente
in B. mendax. Nell’articolo del 1947, insieme alla proposta di un nomen novum come
varietà di B. luridus, basato su “Boletus erythropus-luridus”, Singer introduce per la
prima volta l’epiteto “caucasicus”; La descrizione di Singer (1967) è arricchita da
due caratteri significativi: la reazione amiloide negativa e la indicazione del rapporto
lunghezza / larghezza delle spore più elevato di quello di B. luridus, entrambi caratteri
tipici di B. luridiformis (= B. erythropus s. auct.), tuttavia solamente il carattere della
forma delle spore risulta compatibile con B. mendax, che presenta invece una reazione
amiloide fortemente positiva; peraltro, non vi è alcuna evidenza che questi caratteri
fossero già presenti nelle raccolte del 1931. Questi stessi caratteri erano stati menzionati
per il “Bolét de Quélet a pied reticulé” da Imler (1934), un taxon identificato come B.
caucasicus da Singer (1947).
Anche se nelle descrizioni di Singer (1931) e (1967) sembra emergere un taxon ben
definito e caratterizzato a causa di una serie di caratteri rilevanti (reazione amiloide
negativa, spore con un rapporto lunghezza/larghezza elevato), oggi le raccolte ipoteticamente ascrivibili a B. caucasicus appaiono tuttavia cadere, con la eccezione dello
strato subimenoforale giallo, entro la gamma di variabilità di B. luridus a causa della
reazione amiloide positiva dei tessuti e del rapporto lunghezza/larghezza delle spore
La sopravvivenza della vita sulla terra dipende anche da te:
fa che il tuo egoismo, la tua ingordigia o la tua sciatteria
non prevalgano e preserva l’ambiente rispettando la natura
18
Tavola 1: Confronto delle dimensioni sporali di B. comptus, B. luridus e B. mendax
Media delle
lunghezze
[µm]
Media delle
lunghezze
[µm]
Boletus comptus
(c = 29)
12.6 ± 0.7
5.9 ± 0.3
(1.8-)2.0-2.3(-2.6)
2.16 ± 0.12
231 ± 30
Boletus luridus
(c = 28)
12.8 ± 0.7
5.8 ± 0.3
(1.9-)2.1-2.4(-2.5)
2.22 ± 0.14
227 ± 31
Boletus mendax
(c = 23)
14.0 ± 0.7
5.2 ± 0.3
(2.5-)2.6-2.8(-2.9)
2.68 ± 0.11
202 ± 29
Species
Lunghezza/
larghezza [-]
Media lunghezza/
larghezza [-]
Vm
[µm3]
basso (variabile tra 2,1 e 2,4). Queste raccolte, infrequenti ma non rare, sono spesso
chiamate “B. caucasicus Singer” (p.es. Cetto 1976; Cetto 1982) e una di esse è risultata
completamente all’interno del clade B. luridus nella analisi filogenetica (Vizzini & al.
2013). Questa evidenza dimostra indubbiamente che, anche in B. luridus, la mancanza
occasionale della “linea di Bataille” non è un rilevante carattere tassonomico.
Per contro, noi riteniamo che B. caucasicus nel senso originale di Singer possa rappresentare un fenotipo di B. luridiformis avente un reticolo più o meno definito, essendo
tutte le caratteristiche rimanenti (come la reazione amiloide negativa della carne e il
rapporto lunghezza/larghezza delle spore nel campo 2,5–2,9) tipiche della seconda
specie (Simonini 2001).
Boletus queletii Schulzer (Schulzer 1885) è una specie ben definita e non problematica,
differendo da B. mendax per non avere alcuna “linea di Bataille”, alcun reticolo, pori con
tinte arancio mattone, spore ellissoidali-amigdaliformi con una variabilità dimensionale
12,0 × 5,7 μm, Q= (1,8–)1,9–2.3(–2,4) (Muñoz 2005) (Q = 2,0–2,2; Qm = 2,1), le meno
allungate di questo gruppo, e la pileipellis costituita da un tricoderma confuso (Muñoz
2005 e pers. obs.). B. queletii var. pseudoluridus J. Blum (Blum 1968) mostra uno stipite
punteggiato con maglie fini, privo di reticolo, ma con la carne chiaramente di colore
aranciato sotto i tubuli. A nostro avviso queste raccolte debbono essere incluse nella
variabilità di B. luridus anziché in quella di B. queletii. La interpretazione di Muñoz di
questo taxon (2005), presentando uno stipite con punteggiatura formante un reticolo e
nessuna pigmentazione sotto i tubuli, ci è sconosciuta.
Tra le specie extra-europee di boleti appartenenti alla sez. Luridi, le più vicine a B. mendax sembrano essere B. subvelutipes Peck, B. craspedius Massee e B. sinicus W.F. Chiu.
B. subvelutipes (Peck 1889), ben illustrato in Bessette & al. (2000), presenta tuttavia
una taglia maggiore, spore di dimensioni maggiori, pori e stipite di colore più acceso
ed uno stipite molto raramente dotato di reticolo (Singer 1947; Smith & Thiers 1971):
B. craspedius (Massee 1914), ben illustrato in Corner (1972), differisce per la sua taglia
maggiore, le spore più piccole, il margine pileico che diventa più pallido con l’invecchiamento e le cellule della pileipellis con incrostazioni epiparietali.
19
B. sinicus (Chiu 1948, 1957; Wang & al. 2004) mostra un aspetto generale che potrebbe
suggerire una relazione con B. mendax (taglia media, stipite e pileo di colore rosso
granata, stipite reticolato). Tuttavia le dimensioni sporali sono molto diverse, 7,5–11,0
× 4,5–5,5 μm (in media 9,5 × 4,5 μm), il pileo è descritto come “fibrillose scaly” ed è
ricoperto di scaglie membranacee di colore grigio; la carne è bianca, giallastra nello
stipite, virante al blu al taglio ma priva di tonalità rosse alla base del gambo ed è solitamente raccolto sotto Pinus yunnanensis (Gang Wu, Kunming Institute of Botany,
China, pers. comm.).
Tra gli altri boleti morfologicamente simili, B. miniato-olivaceus Frost (1874), B.
miniato-olivaceus var. subluridus (Murrill) Singer, B. austrinus Singer, B. hypocarycinus
Singer (Singer 1945), B. magnificus W.F. Chiu (1948), B. reayi Heim (1963), B. loosii
Heinemann (1964), B. quercinus Hongo (1967), B. floridanus (Singer) Murrill (Murrill
1948; Both 1993; Bessette & al. 2000; Ortiz-Santana et al. 2007) e B. kermesinus Har.
Takah., Taneyama & Koyama (Takahashi & al. 2011), nessuno combina caratteri tali
da poter rappresentare una entità ancorché solo similare a B. mendax.
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24
40 ANNI NON SONO POCHI
di
Ulderico Bonazzi
Via Verdi, 2 - 42030 Regnano di Viano (RE)
e-mail: [email protected]
Era il 29 dicembre 1975 quando venticinque persone appassionate di funghi si incontrarono in sala della parrocchia di S. Alberto per dare vita ad una sezione del Gruppo
Micologico “G. Bresadola” di Trento.
Io avevo casualmente scoperto l’esistenza di questo importante Gruppo nel lontano
1967 ed in seguito avevo invitato due cari amici, Renzo Franchi e Viscardo Davoli, ad
iscriversi a tale gruppo insieme a me. Col passare degli anni ci convincemmo che era
opportuno creare una sezione anche a Reggio. Purtroppo Franchi all’inizio dell’estate
del ’75 improvvisamente morì.
Nacque comunque la sezione “R. Franchi” con l’impegno di “fornire alla cittadinanza
reggiana … un adeguato servizio di assistenza e consulenza, in modo particolare nel
periodo di maggiore raccolta di funghi”. A chiusura del nostro primo tesseramento
(1976) i soci erano divenuti 70.
La nostra prima sede fu il “Ristorante Amarcord” dove ci trovavamo, come ora, ogni
lunedì sera. La prima uscita del Gruppo fu un’uscita libera con punto d’incontro finale
proprio il Ristorante “Amarcord” ed ebbe luogo il 25 aprile 1976: in quella occasione
i nostri soci Montecchi Amer e Baschieri Pier Giorgio raccolsero un bellissimo cesto
pieno di Tricholoma Georgii e Mitrophora hybrida (oggi Calocybe gambosa e Mitrophora semilibera o anche Morchella semilibera), fungo quest’ultimo che conoscemmo
con tale nome per la prima volta. In quell’anno ogni mese si fece un’uscita insieme,
il 12 settembre la meta fu l’Alpi dei Fiorentini (Trento) dove avemmo il piacere di
incontrare l’ing. Bruno Cetto; poche settimane dopo allestimmo la prima Mostra Reggiana del Fungo presso il “Palazzetto del Capitano del Popolo” con notevole successo
di pubblico; in tale occasione presentammo una critica costruttiva al progetto di legge
di minoranza per la tutela dei prodotti di sottobosco. Per ringraziare tutti i soci che
avevano contribuito alla raccolta e all’esposizione del materiale fungino l’amico e
membro del primo direttivo architetto Quintilio Prodi ci propose di fare presso il Castello di Bebbio, residenza estiva sua e dei suoi fratelli, la così detta prima “polentata”.
Dopo la prima esperienza, le “polentate” si sono praticamente ripetute ogni anno a Ca’
Bertacchi di Regnano-Viano.
Sempre nel 1976 il Gruppo Micologico “G. Bresadola” di Trento pensò di organizzare
il 1° Comitato Scientifico Nazionale a cui per Reggio parteciparono su indicazione dei
soci il sottoscritto e Amer Montecchi.
L’anno 1977 risultò molto travagliato in quanto, essendo stati sfrattati dalla sede, sino
al settembre non avemmo la possibilità di entrare nella Gabella Daziaria di Porta S.
25
Pietro messa a nostra disposizione dal Comune di R.E.. Inoltre nel 1977 per la prima
volta si svolse un Comitato Scientifico Nazionale nella nostra provincia, precisamente
nell’Albergo “Marola” di Marola.
Nel 1978 tenemmo il primo corso provinciale per neofiti ed iniziammo anche a fare
conferenze e brevi corsi in provincia. Dalle pro-loco e dai comuni cominciarono ad
arrivarci richieste di mostre locali: la prima proposta ci venne dalla pro-loco di Civago,
poi, nel 1980, ci invitò il comune di Montecchio. I corsi di micologia provinciali si
sono ripetuti poi ogni anno nel periodo invernale, mentre le mostre in provincia sono
aumentate ed hanno avuto normalmente grande successo; negli ultimi 20 anni sono
state mediamente otto all’anno.
Nel 1983, di nuovo sfrattati, rimanemmo ancora senza sede alcuni mesi prima di raggiungere l’attuale sede in via Amendola 2 offertaci dalla U.S.L. 9. I soci nel frattempo erano
Gita alle Alpi dei Fiorentini
(foto archivio)
La gabella (foto archivio)
1ª Mostra nel Palazzetto del Capitano del Popolo
(foto archivio)
Una “polentata” (foto U. Bonazzi)
26
Il primo Seminario Internazionale sui funghi ipogei a Castelnovo
Monti 9-12 ottobre 1986
notevolmente aumentati per superare nel 1985 i 300 fra effettivi, associati e familiari.
Nel 1984 inoltre la nostra sezione ha pubblicato la “Guida ai funghi del Reggiano” ed
ha organizzato anche il 1° Convegno Nazionale di Micologia a Castelnovo ne’ Monti.
Il 10-11 maggio 1986 organizzammo un “fine settimana di studi micologici” presso la
sala Galloni di fianco alla nostra sede e a seguire il 9-12 ottobre 1986 ancora a Castelnovo
ne’ Monti il 1° Seminario Internazionale sui funghi ipogei a cui seguì il 27-30 agosto
1987 il 1° seminario internazionale di ricerca e studio sui generi “Russula e Boletus”;
dal 25 al 28 agosto 1988 fu la volta del 2° seminario su “Russulales e Boletales”. Da
allora ogni 2 anni abbiamo gestito altri seminari sul medesimo tema (tranne nel 1994
anno in cui il tema del Seminario fu le “Tricholomataceae”) ed alcuni sui funghi ipogei.
Queste iniziative ci dettero l’occasione, non solo d’incontrare numerosissimi micologi
di altre zone d’Italia, ma anche micologi di grande fama
provenienti da altre nazioni europee (Svizzera, Francia,
Austria, Germania, Spagna, Cecoslovacchia, Belgio,
Ucraina) ed anche da Tunisia, Stati Uniti, Australia.
Tutto ciò ci permise di crescere e di arricchire le nostre
conoscenze micologiche. Nel maggio del 1988, presso
la Sala Galloni, abbiamo anche organizzata una giornata
di studio sulla microscopia. Alcuni seminari li abbiamo
organizzati in altre provincie: a Tempo Pausania (SS) in
collaborazione col G.E.M.A. (IX Seminario anno 2000),
a Baselga di Pinè (TN) in collaborazione col Gruppo
“G. Bresadola” di Trento (X Seminario 2002), Borgo
Piolo (PV) in collaborazione col Gruppo di Pavia (IX
Seminario sui Funghi Ipogei 2008).
Nel 1986 scrivevo “ecco un’altra grossa calamità che
affligge il bosco, conseguenza dei numerosi e poco corretti suoi visitatori: esso è disseminato ormai in ogni suo
Jan Kuthan (Repubblica Ceka),
punto da i vari prodotti di scarto della civiltà dei consumi.
Jiri Hlaváćek (Repubblica
Ultimamente il sottoscritto, entrando in un boschetto di
Ceka), Ulderico Bonazzi. 1°
castagno del Carpinetano è riuscito a raccogliere due soli
Seminario Internazionale “Russula e Boletus” (foto archivio)
funghi in piedi, ha però in 10 minuti riempito un sacco
27
con 4 bottigliette vuote di bibite, un bottiglione da 2 litri, 5 lattine, diversi sacchetti
di plastica per alimenti, contenitori da gelato, un vasetto da sottaceti.” Per rimediare
a questi atti vandalici più volte il nostro gruppo si è negli anni impegnato alla pulizia
del bosco.
22 - 25 maggio 1997 abbiamo ospitato ancora un Comitato Scientifico Nazionale A.M.B.
questa volta presso l’ex Seminario di Marola, mentre il prossimo Comitato nella nostra
provincia si terrà dal 22 al 25 maggio 2008 a Castelnuovo ne Monti.
Finalmente il 3/10/98 il nostro gruppo, con l’approvazione dello statuto, diverrà Gruppo
Micologico e Naturalistico “R. Franchi” e verrà riconosciuto dalla regione Emilia –
Romagna come ONLUS.
Negli anni, oltre al nostro periodico “IL FUNGO”, diverse sono state le pubblicazioni
del nostro gruppo e dei nostri soci: 1981 esce il primo volume di “Una ricetta al mese”
a cui seguirà il secondo nel 1989 ed il terzo nel 1993 insieme alla ristampa dei primi
due volumi ormai esauriti, nel 1993 il nostro socio Amer Montecchi da alle stampe
“Funghi ipogei d’Europa” ristampata con modifiche alcuni anni dopo, nel 2003 viene
stampato il “Dizionario dei nomi volgari e dialettali dei funghi in Italia e nel Canton
Ticino” di cui sono l’autore, nello stesso anno esce il volume “Xerocomus” del nostro
socio Giampaolo Simonini, nel 2004 il secondo volume di “Monografia illustrata del
genere Russula in Europa” di Mauro Sarnari revisionato dal nostro socio Giuseppe
Donelli, infine nel 2010 è uscito “Elementi chimici nei funghi superiori” di cui uno
degli autori è il nostro socio Luigi Cocchi.
13 maggio 2006 il nostro socio Amer Montecchi ha donato una copia del suo erbario
sui funghi ipogei ai Musei Civici di Reggio Emilia e quest’anno intendiamo donare ai
Musei parte del nostro erbario dei funghi epigei.
A conclusione di questa sintetica storia del nostro gruppo penso che si possa con orgoglio affermare che il nostro operato è stato decisamente più che valido.
Per saperne di più è possibile trovare le nostre numerose pubblicazioni su internet
all’indirizzo:
http://space.comune.re.it/micologico/I%20NUMERI%20ARRETRATI%20
DELLE%NOSTRE%20PUBBLICAZIONI.htm e le immagini delle varie iniziative:
https://www.facebook.com/ulderico.bonazzi/photos_albums
AGEVOLAZIONI PER I SOCI
In seguito ad accordi con il nostro Gruppo verranno concessi sconti a tutti i
soci A.M.B. in regola con il pagamento della quota sociale annuale da:
• BAR LOCANDA Tini - Ospitaletto di Ligonchio (RE) - TEL 0522 899138
FAX 0522 899639
Eventuali altre ditte disponibili ad agevolazioni per i soci A.M.B.
sono reperibili sul nostro sito web alla pagina
http://space.comune.re.it/micologico/AGEVOLAZIONI.htm
28
Maggio 1988. Incontro Microscopia a Reggio E. (foto archivio)
Puliamo il bosco (foto archivio)
X Seminario Internazionale su “Russulales e Boletales” e sui
funghi ipogei. Baselga di Pinè (TN), 2-6 ottobre 2002
Donazione Erbario Funghi Ipogei d’Europa di Amer Montecchi al Museo. 13 maggio 2006
29
TUBER BELLONAE Quèlet 1887
(Etim.: dal nome del micologo Ferry de la Bellone)
di
Amer Montecchi
Via Diaz, 11 - 42019 Scandiano (RE)
e-mail: [email protected]
Questa specie è stata presentata per la prima volta come nuova per il territorio italiano
in FUNGHI IPOGEI d’EUROPA nel duemila a seguito della raccolta di alcuni carpofori rinvenuti sotto Quercus ilex in provincia di Oristano.
Di comune accordo con gli amici Bincoletto Angelo (Meda), De Vito Antonio (Saronno) e Giantulio Turricchia (Imola) che in questi ultimi anni hanno potuto raccogliere nelle loro località campioni di questa specie, di riproporla con aggiunta di nuove
immagini degli ascomi atte a facilitarne la determinazione anche senza l’ausilio del
microscopio.
Poiché riteniamo che questo tartufo venga erroneamente confuso con un normale Tuber
aestivum, invitiamo quanti ne entrassero in possesso di segnalarlo al Gruppo Micologico Reggiano al fine di avere una maggiore conoscenza dei luoghi di riproduzione di
questa rara specie.
Per quanti non hanno avuto modo di osservare la prima descrizione, la riporteremo
integralmente e al termine di questa verranno segnalati i nuovi caratteri distintivi emersi
dai recenti ritrovamenti.
Prima descrizione del Tuber bellonae
Carpofori: reniformi o globosi, con piccola cavità basale come in T. mesentericum.
Peridio: costituito da verruche nerastre, piramidali, con facce a superficie liscia, mai
striate trasversalmente come generalmente si osserva in T. aestivum. Gleba carnosa,
di colore grigiastro fino a bruno-porpora vinoso, con sottili e molto circonvolute vene
sterili biancastre.
Aschi: 1-6 sporici, ovoidali, dimensioni di 77-115 x 77-95 µ, con peduncolo uncinato
20-30 x 10-13 µ. Odore a volte distintamente fenolico da fresco, poi gradevole.
Spore: di colore giallo ocraceo, sferiche, con dimensioni variabili di circa 29-34 µ,
reticolate-alveolate; reticolo alto 5-7,5 µ con aculei un pò prominenti sui nodi, con
maglie poligonali con 4-6 lati, larghe 5-10 µ in numero di 3-4 (5) lungo un diametro.
Habitat: legato al Quercus ilex e con diffusione, per ora, limitata ai climi delle isole
del Mediterraneo.
30
Erbari: in M.L. 1 raccolta dalla provincia di Oristano, sotto Q. ilex, in primavera,
altitudine circa 450 m.
Note sistematiche: questa specie, considerata in passato come varietà a spore sferiche
del T. mesentericum = T. bituminatum, presenta in realtà importanti caratteri differenziali costanti, intermedi anche nei confronti di Tuber aestivum.
Riferendoci alle osservazioni in calce alla descrizione del genere Tuber, aggiungiamo
che nelle note di G. Pacioni, 1997 (grazie alla cui cortesia abbiamo tratto la presente
descrizione ed illustrazione dal relativo reticolo), si fa presente, infatti, che alcuni cloni
di Tuber aestivum producono dei carpofori con cavità basale e/o con alto contenuto
di composti fenolici, ad indicare una parziale sovrapposizione tra i caratteri delle due
specie, le quali tuttavia mantengono la loro individualità e riconoscibilità per altri
diversi caratteri.
Riassunto dei caratteri distintivi per riconoscere questa rara specie
Caratteri distintivi di questa specie sono sicuramente le spore sferiche ed il loro volume
sporale in parte simile al T. mesentericum, ma molto più grandi che in T. aestivum.
Molto importante è il suo periodo riproduttivo che avviene nei mesi di aprile e maggio.
Gran parte dei carpofori hanno alla base delle cavità.
La superficie dei carpofori ha creste piramidali più basse che in T. aestivum. La gleba è
marezzata da larghe vene bianche come in T. brumale. Il colore della gleba ha sfumature
rosate, da giovane ha un buon profumo per cui i cani che di norma non consumano il
T. aestivum, di questa specie ne sono ghiotti.
Un sentito grazie ai Tartufai e a quanti contribuiranno a questa ricerca.
Spore in prevalenza sferiche
Spora al microscopio elettronico
31
Carpofori interi e in sezione (foto A. Montecchi)
Sezione di un carpoforo con gleba rossastra (foto A. Montecchi)
32
NUOVO RITROVAMENTO DI
PARNASSIUS MNEMOSYNE
(LINNEUS, 1758) E AGGIORNAMENTO
DELLO STATUS DELLA SPECIE
NEL REGGIANO
(Insecta: Lepidoptera: Papilionidae)
di
Mauro Bertozzi, Paolo Gallingani,
Massimo Gigante, Fernando Menozzi
La farfalla MNEMOSINE1 (Fig. 1) ha un areale molto ampio che va dai Pirenei
all’Iran, al Caucaso, fino all’Asia centrale (corologia eurosibirica). In Italia è presente
nella catena alpina e raramente negli Appennini fino alla Sicilia. La colonizzazione
dell’area appenninica è avvenuta probabilmente durante un periodo glaciale, forse
favorita dalle conseguenti trasgressioni marine, e l’attuale distribuzione è dovuta ad
eventi di isolamento in zone di rifugio, rappresentate da cime montuose, avvenuti
durante l’odierno periodo post-glaciale.
E’ una farfalla di medie dimensioni con apertura alare di 45-60 mm. Non troppo
appariscente, le ali sono di colore bianco traslucido, con macchie nere e aree grigie;
ben visibili le venulazioni alari sottolineate di nero. Le femmine sono più scure (per
maggiore presenza di squame nere) e più grandi dei maschi. Addome e torace sono
ricoperti di peluria bianco-grigiastra negli esemplari giovani, mentre sono glabri (neri
e lucidi) in quelli vecchi; il capo è di colore nero.
Questa specie si rinviene generalmente in ambienti montani sino a circa 2200 m s.l.m.,
soprattutto nelle praterie e radure circondate da faggete o alnete situate nei versanti
più freschi e umidi. Importante sembra essere la presenza di massi e rocce ricche di
fenditure che le consentono di scaldarsi agevolmente al sole o ripararsi durante il
cattivo tempo. Nel nord del suo areale è specie di pianura. Vola da maggio a luglio con
una sola generazione annuale. In certe giornate e soprattutto durante gli sfarfallamenti
si raduna in gruppi molto numerosi. Il maschio vola più agilmente della femmina
Il nome di questa farfalla si rifà alla dea greca Mnemosine, una delle Titanidi e madre delle Muse, che
personificava la memoria.
1
33
che spesso rimane posata tra le erbe in prossimità del luogo di schiusa. Il maschio
durante l’accoppiamento appone sull’addome della femmina una sostanza prodotta
da apposite ghiandole; tale sostanza indurisce a contatto dell’aria formando una sorta
di sacca biancastra e chitinosa molto vistosa (Fig. 2), denominata “sigillo del coito”,
che ha la funzione di sigillare l’apertura genitale della femmina scoraggiando gli
altri maschi dall’accoppiarsi con essa. Le uova, destinate a svernare, sono deposte
singolarmente sui fili d’erba o tra le foglie a livello del suolo in giugno e schiudono ad
aprile dell’anno seguente. I bruchi si alimentano di piante del genere Corydalis (Fig.
3) ed in particolare di Corydalis solida.
Per l’Appennino Reggiano la specie era già nota agli autori, essendo stata rinvenuta
in due diversi massicci montuosi fra il 2010 e il 2011. Il 21/06/2015 uno degli autori
(M.B.) ha osservato un esemplare con ali rovinate in una ulteriore terza località sita a
circa 1100 m s.l.m. in comune di Ramiseto.
Il 09/06/2015 presso una prateria cacuminale circondata da una faggeta2 nel comune
di Villa Minozzo, a circa 1260 m s.l.m., gli autori hanno osservato 4 esemplari della
specie da poco sfarfallati, alcuni dei quali intenti a nutrirsi sui fiori di Securigera varia.
Il 30/06/2015 è stato fatto un altro sopralluogo nel medesimo sito durante il quale
è stata contattata una sola femmina provvista del “sigillo del coito”. Durante le
uscite compiute sono stati osservati altri lepidotteri molto interessanti come ad
esempio Zygaena romeo (Duponchel, 1835), Zygaena ephialtes (Linnaeus, 1767),
Zygaena transalpina (Esper, 1780), Zygaena viciae charon (Hubner, 1796), Zygaena
purpuralis (Brünnich, 1763), Lycaena virgaureae (Linnaeus, 1758), Issoria lathonia
(Linnaeus, 1758), Melitaea aurelia (Nickerl, 1850) Satyrus ferula (Fabricius, 1793),
Polyommatus daphnis (Denis & Schiffermüller, 1775), Polyommatus dorylas (Denis
& Schiffermüller, 1775), Polyommatus amandus (Schneider, 1792), Phengaris arion
(Linnaeus, 1758), Euplocamus anthracinalis (Scopoli, 1763), Pseudopanthera
macularia (Linnaeus, 1758), Siona lineata (Scopoli, 1763).
La specie è attualmente in declino specialmente negli Appennini e le cause di
minaccia sono rappresentate soprattutto dall’abbandono dell’agricoltura tradizionale
e dalla riforestazione; anche il calpestio delle radure provocato da una eccessiva
attività turistica è deleterio, come pure l’eccessiva presenza di cinghiali che con il
loro grufolare provocano la distruzione delle piante nutrici. Figura nell’Allegato IV
della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva “Habitat”) tra le specie di interesse comunitario
che richiedono una protezione rigorosa. Figura nell’Allegato II della Convenzione di
Berna tra le specie faunistiche assolutamente protette. Considerata “Vulnerabile” nella
lista rossa di Groppali & Priano (1992). In Emilia-Romagna è specie particolarmente
protetta ai sensi della Legge Regionale 15/2006. È ritenuta vulnerabile in tutto il suo
areale ed è protetta in molti stati europei ed extra-europei.
2
Altre essenze forestali legnose censite: Euonymus latifolius, Amelanchier ovalis, Sorbus aria, Corylus
avellana, Ostrya carpinifolia, Crataegus monogyna, Cytisophyllum sessilifolium, Quercus cerris, Laburnum
anagyroides, Fraxinus ornus.
34
Per questa specie sono state descritte molte razze e sottospecie, una delle quali, dedicata
al cantautore Francesco Guccini, Parnassius mnemosyne guccinii, è stata descritta
nel 1992 dall’entomologo Giovanni Sala su esemplari dell’Appennino Parmense e
usata dallo stesso Guccini come titolo di un suo album. Gli esemplari da noi rinvenuti
non apparterrebbero a tale ssp., distinta anche per le macchie nere nelle ali anteriori
generalmente più piccole.
SPECIE SIMILI:
Pieride del biancospino (Aporia crataegi) (Fig. 4): ha ali bianche e traslucide molto
simili, ma priva delle tipiche macchie nere.
Apollo (Parnassius apollo) (Fig. 5): si distingue agevolmente per la presenza di vistosi
ocelli rossi pupillati di bianco e contornati di nero nelle ali posteriori.
Bibliografia:
Groppali R. & M. Priano – 1992: Invertebrati non troglobi minacciati della fauna
italiana, in Pavan M. (a cura di) “Contributo per un libro rosso della flora e della
fauna minacciate in Italia”. Istituto di Entomologia dell’Università di Pavia, Pavia (I)
Marini M. & M. Trentini – 1986: I MACROLEPIDOTTERI dell’APPENNINO
LUCCHESE. Università degli Studi di Bologna, Istituto e Museo di Zoologia – Arti
Grafiche Tamari – Bologna (I)
Pellecchia M., G.B. Pesce & R.Villa (a cura di) – 2009: Farfalle d’Italia. Editrice
Compositori – Bologna (I)
Sala G. & M. Bollino - 1992: A new subspecies of Parnassius mnemosyne L. from
Tosco-Emilian Apennines and considerations about populations of the same range
(Lepidoptera, Papilionidae). Atalanta (USA) 23 (1/2): 123-125.
Fig. 1: Mnemosine
Fig. 2: “Sigillo del coito”
35
Fig. 4: Aporia cratagei
Fig. 3: Corydalis solida
Fig. 5: Parnassius apollo
OGNI LUNEDI’ SERA ORE 21
(TRANNE NEL PERIODO NATALIZIO E
DI FERRAGOSTO), PRESSO LA
NOSTRA SEDE VIA AMENDOLA 2
CI INCONTRIAMO PER STUDIARE
INSIEME I FUNGHI DA NOI RACCOLTI.
DURANTE IL CORSO
L’INCONTRO AVVIENE
NEL LOCALE DEL CORSO STESSO
36
OSSERVAZIONI SU DUE RUSSULA
POCO COMUNI
di
Giuseppe Donelli
Via Tragni, 8 - 42043 Gattatico (RE)
e-mail: [email protected]
Riassunto
Vengono esaminati con fotocolor e disegni due Russula dell’Appennino reggiano:
Russula puellula, Russula rhodella.
Key words: Russula, R. puellula, R. rhodella, taxonomy, Italy.
Materiali e Metodi
Le descrizioni macroscopiche e microscopiche sono state fatte su materiale fresco e
exsiccata Per le osservazioni si è utilizzato acqua distillata, rosso congo anionico e
rosso congo ammoniacale, per le exsiccata, fucsina basica e fenolica, acido cloridrico
al 5%, solfovanillina. S = codice dei colori di Seguy, Vm = volume medio spore (0,524
x lunghezza x larghezza x larghezza). La misurazione delle dimensioni sporali è stata
eseguita su n° 21 spore. Le barre orizzontali nei disegni di microscopia misurano 10
µm. In tali disegni dal basso, in senso orario, cistidi, epicutis e spore. La sistematica
utilizzata è quella di Sarnari 1998 (Sarnari 1998), le raccolte studiate sono depositate
nell’erbario GD dell’autore (Erbario GD).
Premessa
Le specie qui trattate, nel reggiano piuttosto rare, appartengono alla Sottosezione
Rhodellinae che associa Tenellae a tonalità rossastre, aranciate e al limite giallastre.
La sporata dal crema all’ocra può, in rari casi, sfiorare il giallo chiaro. La carne dolce,
solo per eccezione piccantina nelle lamelle, può ingiallire per brevi aree, senza mai
ingrigire. L’habitat si estende ai boschi di latifoglie, in particolare faggi, querce,
castagni e betulle. Nel presente lavoro abbiamo considerato importante riportare le
diagnosi originali delle specie descritte per aiutare il lettore a verificare, quando è
possibile, le eventuali corrispondenze fra quanto osservato e la diagnosi principe.
Russula puellula Ebbesen & Jul. Schäff. Figg. 1-2-3
Russula puellula Ebbesen & Jul. Schäff. 1937, Annales Mycologici, 35(2): 106.
Posizione sistematica: Genere Russula Pers.: Sottogenere Russula, emend.-Sez.
Tenellae Quélet, Subsez. Rhodellinae (Romagn.) Bon.
37
Fig. 1: Russula puellula. Febbio 12-07-1998. (Foto G. Donelli)
Fig. 2: Russula puellula. Dal basso, in senso orario, cistidi, epicutis, spore
38
Fig. 3: Russula puellula. Febbio 12-07-2002. (Foto G. Candiani)
DESCRIZIONE DELLA SPECIE
Diagnosi originale
Parva, tenuis, humilis, fragilis, suavis vel subacris, inodora et subsectione
Puellarinarum. Pileo plerumque laete rubro, variante ad atrum in disco, ad
purpureum vel carneum in margine vel in toto, haud raro expallente pro parte
maculis ochrascentibus; cuticula1/2-2/3 detrahibili, glabra diu viscida vel humida
nitida, margine saepe irregulariter curvato vel rutundato vel latius striato. Lamellis
diu pallidis vix cremeis, nonnunquam hic illic ocraceo – maculatis, inaequaliter latis.
Stipite albo numquam roseo, basi post diem saepe leviter ochrascente, mox glabro,
molli spongioso-cavernoso. Carne albida hic hillic leviter ochrascente. Sporis parvis
puntati +- tenuiter-cristatis. Cystidiis frequentibus et in hymenio et in epicute.
Cappello: 24-47 mm, all’inizio relativamente carnosetto e quasi duro, di forma
emisferica, poi convesso e presto appianato con leggera e quasi trascurabile
depressione, eccentrico, con orlo ottuso ma sottile, quasi membranoso e allora gibboso,
lobato e finalmente debolmente striato. Cuticola: asportabile per circa metà raggio,
liscia, ma alla lente con fini venature e minuscole protuberanze. A lungo umida e
brillante, poi lentamente secca e alla fine quasi opaca. Colorazione entro una vasta
39
gamma di tonalità rossastre. Dal rosa incarnato verso S 205 ad un rosa più saturo verso
S 144 (Viex-rose), sino ad un rosa carminio a saturazione variabile, al rosso sangue
con qua e là sfumature o vere e proprie macchie porpora o vinose, con l’età verso un
rosso carminio scuro intorno a S 171 o un rosso nerastro. Infine, sbiadendo, la tonalità
può raggiungere il rosa pastello o l’arancio-ocra. Col tempo tendono ad affiorare con
discontinuità, dal margine, aree più o meno estese e importanti sul biancastro-crema
o crema-giallognolo. Lamelle: nel giovane biancastre, poi a sfumatura leggermente
crema, inizialmente perlopiù strette e piuttosto serrate, ma presto discretamente
distanti, quasi sempre prive di forcature e lamellule, molto fragili. All’inserzione
arrotondate o leggermente attenuate. Gambo: 18-50 x 15-20 mm, bianco, raramente
con alone giallo-brunastro (in particolare il giorno dopo la raccolta), mai sfumato di
rosso, svasato alla sommità, cilindrico, ma spesso verso la base ingrossato a clava,
cavernoso e alla fine quasi vuoto. Carne: mite, bianca, ma qua e là con qualche macchia
giallastra. Guaiaco rapido e intenso, solfato di ferro rosa arancio pallido e indeciso.
Sporata: da crema pallido a crema IIb, più raramente IIc. Codice di Romagnesi.
Spore: (5,5)6,8-7,5(8) x (5)5,8-6,5(7) µm; media 7,1x6,1 µm; Qm =1,16; Vm=138
µm cubici. Da obovoidi a più o meno arrotondate, ornate da verruche ottuse e
piuttosto basse, da 0,4 a 0,6 (0,7) µm e da creste sottili e generalmente corte che
spesso ramificandosi possono intrecciarsi simulando per zone un incompleto reticolo.
Basidi: 29-40 x 9-10 µm; clavati, tetrasporici. Cistidi: 38-60 x 8-10 µm, perlopiù
fusiformi con un minuscolo bottone alla sommità; ben ingrigenti alla SV nella parte
superiore. Epicutis: a peli sottili e un poco attenuati, ma non appuntiti, larghi 2-3
µm, accompagnati da dermatocistidi piuttosto sottili, da 3,7 a 6(7) µm, multi settati.
Habitat: luoghi umidi delle faggete rade e più o meno acide. Mai raccolta in habitat
diverso.
Materiale studiato: Faggete umide e rade; Faggeta in località Montecagno-Ligonchio(RE) il 01-08-1997, leg. M. Capelli. Erbario GD n° 97/47; Faggeta in località FebbioVilla Minozzo-(RE) il 12-07-1998, leg. G. Candiani, M. Capelli, G. Donelli. Erbario
GD n° 98/36; Faggeta in località Febbio-Villa Minozzo-(RE) il 15-07-2002, leg. G.
Candiani, G. Donelli. Erbario GD n° 02/52.
Annotazioni: questa Russula, la nana del faggio di Einhellinger, ben si caratterizza
per le piccole dimensioni, la colorazione pileica diversa ma fondamentalmente non
discostandosi mai da tonalità rossastre, la polvere sporica pallida, il sapore dolce, le
piccole spore più o meno arrotondate a sottilissime creste che accompagnano una fine
punteggiatura e non ultimo il tardivo ingiallimento. Anche le continue fluttuazioni
del rosso pileico con un poco di esperienza possono aiutare la determinazione. E
pensare che lo stesso Einhellinger, spirito scrupoloso e fautore di un largo concetto di
specie, di fronte a questo rincorrersi di tonalità cromatiche diverse aveva pensato di
trovarsi di fronte a specie pure diverse (Einhellinger, 1985). Voglio ancora ricordare
che non raramente questa Russula sfoggia un enorme gambo clavato che con le altre
costanti che la caratterizzano (habitat, rosso pileico, piccola taglia) rendono il suo
riconoscimento immediato.
40
Fig. 4: Russula rhodella. Bottignana 28-07-2000 (foto G. Donelli)
Russula emeticicolor (Jul. Shäff.) di cappello pure rosso e fageticola di habitat, è
perfetto sosia della nostra puellula, ne differisce per la reazione al guaiaco piuttosto
debole, la sporata bianca e la presenza nell’epicutis di ife incrostate alla fucsina e
relativo lavaggio all’acido. Russula silvestris (Singer) Reumaux perfettamente identica
ha carne acre. Russula mairei Singer ha dimensioni maggiori, sporata bianca e carne
acre. Russula melzeri Zvara rarissima specie che nel reggiano sembra raccogliersi solo
sotto castagno (Donelli 2001) è più piccola e fragile e ha sporata più scura (nettamente
ocra).
Russula rhodella E. J. Gilbert Fgg. 4-5
Russula rhodella Gilbert 1932,Bull. Soc. Mycol. France, 48: 111, pl. 12
Posizione sistematica: Genere Russula Pers., Sottogenere Russula, emend., Sez.
Tenellae Quélet, Subsez. Rhodellinae (Romagnesi) Bon.
Diagnosi originale: Carpophora parva, plus minus gregaria. Pileus e convexo
applanatus et saepius in disco paulullum depressus, carnosulus, fragilis; margo
rectus, laevis, dein striatulus; cutis secernibilis, viscosa, mox sicca, purpureo-rubra,
demum in disco subaurantiaca. Caro albo, sub cute roseola. Odor nullus. Sapor mitis.
Stipes cum pileo confluens, centralis, teres vel deorsum subincrassatus, mediocris,
fragilis, solidus, spongiosus, laevis, siccus, albus, raro roseo tinctus. Lamellae cum
41
Fig. 5: Russula rhodella. Dal basso, in senso orario, cistidi, epicutis, spore
pileo confluentes, fragillimae, confertae, simplices, non furcatae, aequales, tenues,
latiusculae, antice subrotundatae, postice sublibero-adtenuatae, initio albae. Dein
cremeae, demum ochroleucae. Sporae in cumulo ochroleuco-cremeae, sub microscopio
hyalinae, ovoideo-globosae, verrucosae. Hab. ad terram, in fagetis.
DESCRIZIONE DELLA SPECIE
Cappello: piuttosto minuto, 26-52 mm, ma relativamente carnoso, fragile, convesso,
presto pianeggiante, poi largamente e debolmente depresso, marginalmente
bombato e ottuso, inizialmente liscio, molto tardi leggermente scanalato. Cuticola:
abbondantemente asportabile, non meno di metà raggio, subito viscosa e brillante,
poi secca e piuttosto opaca. All’inizio marginalmente a tonalità carnicine, presto
sbiadenti verso un rosa pallido, quasi biancastro, al disco da subito di un bel rosso
rame circa S 153 che presto tende a ricoprirsi di un bruno rame scuro, di ocra arancio.
Con l’umidità sino al carminio violetto. Gambo: perlopiù cilindrico o leggermente
42
ingrossato alla base, 18-45 x 8-17 mm. relativamente carnoso, bianco, privo di rosa,
rugoloso, perlopiù leggermente ingiallente nella parte mediana e, verso il basso, in
età, con macchie bruno ruggine. Lamelle: moderatamente spaziate, larghe 4-7 mm,
bianche, poi lentamente crema, finalmente crema-ocra, prive di forcature, fragilissime,
marginalmente arrotondate, attenuate-sublibere al gambo, ventricose, anche con
punteggiatura ruggine in età. Carne: bianca, mite, a volte in sporoidi immaturi con
lamelle piccantine (fide Sarnari), un poco ingiallente in età, con solfato di ferro rosa
grigiastro debole, con guaiaco reazione rapida e intensa, inodore. Sporata ocra chiaro,
IIIa C.R.
Spore: (5,5) 6,5-7,5(8) x (5) 6-6,5 (7) µm, media 6,9 x 6,1, Qm = 1,13; Vm = 135
µm cubici, da obovoidali ad arrotondate, con verruche perlopiù isolate, generalmente
ottuse, da 0,5 a 0,8 µm, ma alcune in verità piuttosto rare, a terminazione appuntita e
allora alte quasi 1 µm, con rari e corti connettivi, tacca nettamente amiloide. Epicutis:
con peli a terminazione attenuata, ma non appuntita, con rare dilatazioni nell’ultimo o
penultimo segmento, larghi 2,5-3,8 µm, Dermatocistidi: molto settati, larghi 3,8-7,8
µm, ingrigenti in SV, ma non incrostati. Basidi: tetrasporici 33-40 x 8-11 µm. Cistidi:
fusiformi larghi 8-10,5 µm, spesso lungamente appuntiti. Habitat: prevalentemente
in boschi di faggio acidi, fra l’erba nelle zone più aperte e umide. Rara (tre raccolte).
Materiale studiato: in una faggeta in località Castelvecchio, Caldaro, (Bz), il 11-091999, leg. G. Donelli, M. Sarnari, Erbario GD n° 99/118; in un bosco di faggio in
località Bottignana, Massa il 28-07-2000 leg. G. Candiani, M. Capelli, G. Donelli,
Erbario GD n° 00/32.
Annotazioni: R. rhodella si caratterizza per l’iniziale brillantezza, la piccola taglia, la
netta fragilità, la carne dolce con le giovani lamelle a volte piccantine, la colorazione dal
rosso ramato al carminio violetto, la sporata sul crema ocra, la crescita sotto latifoglie,
ma con netta predilezione per le faggete rade e umide, probabilmente non disdegnando
forse anche querceti umidicci, le piccole spore a verruche isolate e l’epicutis a esili
dermatocistidi insensibili alla fucsina e successivo lavaggio all’acido. La specie di
Gilbert è bene ricordare che molto ha faticato per crearsi una propria autonomia dopo
una iniziale perplessità nell’ambiente micologico. Non certamente per ambiguità nella
diagnosi, ma, in verità, per l’alto numero di specie ad essa micologicamente molto
vicine e non facilmente separabili.
R. puellula, il sosia più intrigante per le molteplici affinità, differisce per le tonalità
pileiche generalmente di un rosso più puro, le lamelle più strette, le spore a verruche
più basse immerse in esili e ramificate creste e i dermatocistidi un poco più stretti.
R. melzeri meno amante del faggio, nel reggiano solo sotto castagno, differisce per
le verruche sporali più rilevate, il rosso pileico più saturo e vivo e, più decisivo, al
microscopio, per i peli pileici più voluminosi e a setti ravvicinati. R. velenovskyi Melzer
& Zvara anche nelle forme gracili è più carnosa e consistente e alla fucsina presenta
dermatocistidi incrostati. R. rhodella var. heterosperma Sarnari è macroscopicamente
molto difficile da separare dal typus, ci si può anche ricordare che nella varietà più
spesso le lamelle risultano piccantine all’assaggio e la colorazione pileica volge più
43
facilmente a tonalità rosso brunastro porpora, tali da ricordare nella colorazione
pileica il comunissimo Hygrophorus russula. Chi può utilizzare il microscopio basta
che verifichi l’ornamentazione sporica crestata-subreticolata.
Bibliografia
Donelli G.-2001: Nuove osservazioni e vecchie ripetizioni su rare russula reggiane.
Micol. Veget. Medit. XVI-1:27-45.
Einhellinger A.-1985: Die Gattung Russula in Bayern. Hoppea, 43:5-286, Regensburg.
Galli R.- 1996: Le Russule. Ediz. Edinatura.
Radomir Socha (et al.)-2011: Holubinky (Russula). Vid.1.-Praha: Academia,2011-520 s.
Romagnesi H.-1967: Les Russules d’Europe et d’Afrique du Nord. 998 pp. Bordas,
Paris.
Sarnari M.-1993: Russule nuove o interessanti dell’Italia Centrale e mediterranea 19°
Contributo. Riv. Di Micol. 36(1): 37-54.
Sarnari M.-1998: Monografia illustrata del Genere Russula in Europa. Tomo I, AMB,
Centro Studi Micologici, Trento, pp, 800.
Sarnari M.-2005: Monografia illustrata del Genere Russula in Europa. Tomo II,
AMB, Centro Studi Micologici, Brescia, pp. 800-1568.
Schäffer J. C.-1952: Russula-Monographie. 2° Die Pilze Mitteleuropas, Vol. III. Julius
Klinkhardt.
Seguy E.-1936: Code universel des couleurs. Lechevalier, Paris.
44
CREDEVO FOSSE UNA VESPINA…
di
Ulderico Bonazzi
Via Verdi, 2 - 42030 Regnano di Viano (RE)
e-mail: [email protected]
Alcuni anni fa ho piantato nel giardino di casa alcuni esemplari di Delosperma cooperi, una pianta grassa originale del Sud Africa e negli ultimi anni abbastanza diffusa
anche nei nostri giardini. Ha formato un tappeto basso o tappeto di succulente foglie
sempreverdi, che porta un sacco di fiori stellati da tarda primavera per tutta l’estate,
color viola malva. È una pianta della famiglia delle Aizoaceae perenne, strisciante,
adatta per creare giardini rocciosi, bordure. Sicuramente la Delosperma cooperi ama le
posizioni soleggiate e infatti la sera i fiori si chiudono per riaprirsi la mattina successiva
appena lambiti dai primi raggi del sole.
Quest’anno un giorno verso mezzogiorno ho visto delle piccole “vespine” lunghe circa
un cm accanite a divorare il polline dei fiori della Delosperma cooperi; erano capaci
di rimanere ferme nell’aria e di volare in contromarcia. Incuriosito ho scattato alcune
foto e ho cominciata una ricerca. Un’osservazione meno superficiale delle foto mi ha
fatto notare come quelle “vespine” avessero un solo paio di ali e non due …, allora
non potevano essere imenotteri, ma solo ditteri, non era quindi una “vespina” ma una
“moschina”!
I ditteri sono tra gli insetti più evoluti e possiedono un unico paio di ali chiamate ali
mesotoraciche. Il secondo paio si è trasformato in bilancieri utili per mantenersi in
equilibrio durante il volo.
Hanno di solito due grandi occhi composti, disposti lateralmente al capo e sono formati
da più unità ottiche autonome e quasi sempre tre ocelli. Gli ocelli sono occhi primitivi
che non percepiscono le immagini ma sono sensibili solo alla luce polarizzata. Questo
è molto importante per il loro orientamento in quanto riescono a percepire la luce del
sole anche se coperto dalle nuvole. Spesso hanno le antenne del tipo aristato.
Cercando tra i ditteri trovo la famiglia dei Syrphidae: sono eccellenti volatori che imitano nel colore insetti più pericolosi, come api e vespe e si nutrono di polline e nettare.
L’importanza di questa famiglia è dovuta a due distinti aspetti: gli adulti sono tra i
più comuni e diffusi insetti impollinatori, secondi per importanza solo agli Imenotteri
Apoidei (è il classico esempio di “mimetismo batesiano”, che si verifica quando un
insetto inoffensivo imita, per difendersi dai predatori, specie più pericolose e aggressive
nei colori e nel portamento). Queste specie vivono e condividono lo stesso territorio;
inoltre le larve di molte delle sue specie, sono predatrici attivissime di insetti fitofagi,
in particolare degli Afidi.
Nelle foto scattate noto un corpo lungo e sottile, con faccia e scutello di colore giallo,
addome giallo con fasce nere. Si tratta della Sphaerophoria scripta, questa esile Syrphidae vive da marzo a ottobre ed è originale della Malesia; può completare un intero
45
ciclo di vita in appena sedici giorni (dalla deposizione delle uova, fino alla forma adulta
con la nuova deposizione) e si possono avere sino a nove generazioni in un solo anno.
Come tutti i Syrphidae è un eccellente volatore e imita nel colore insetti più pericolosi,
come api e vespe.
Specie ormai cosmopolita, si nutre di nettare e polline. E`un insetto senza pungiglione
ed è quindi innocuo. Il maschio ha un addome molto sottile giallo limone con fasce
nerastre e la femmina ha un addome più allargato e piatto terminante a punta. Le larve
si cibano di Afidi.
Bibliografia
Leistner, O. A. (ed.) – 2000 : Seed plants of southern Africa: families and genera”.
Strelitzia 10. National Botanical Institute, Pretoria
Smith, G. F.; Chesselet, P.; Van Jaarsveld, E. J.; Hartmann, H.; Hammer, S.; Van Wyk,
B.-E.; Burgoyne, P.; Klak, C.; & Kurzweil - H. 1998: Mesembs of the world. Briza
Publications, Pretoria.
Stubbs, Alan E. and Falk, Steven J. (1983). British Hoverflies: An Illustrated Identification Guide. British Entomological & Natural History Society. pp. 253, xvpp.
E. Séguy – 1951: Atlas des diptères de France - Belgique – Suisse Editios N. Boubée
& Cie
Bcher Gruppe - 2010: Syrphidae: Eristalinus Taeniops, Eupeodes Corollae, Sphaerophoria Scripta, Eristalinus Sepulchralis, Meliscaeva Cinctella, Rhingi - Bcher Gruppe Bilde T. & S. Toft – 2001 - The value of three cereal aphid species as food for a generalist predator, Physiological Entomology 26(1): 58-68
Bowden J. & G. J.W. Dean – 1977: The distribution of flying insects in and near a tall
hedgerow, Journal of applied Ecology 14: 343-354
Bubb. R. L. – 1992 : Habitat manipulation to enhance the effectiveness of aphidophagous hover flies (Diptera: Syphide). Sustainable Agriculture: New and Technical
Reviews from the University of Calyfornia, Sustainable Agriculture Researc and Education Program 5(2): 12-15
Fiore della Delosperma cooperi con Sphaerophoria
scripta (foto U. Bonazzi)
Fiore della Delosperma cooperi con Sphaerophoria
scripta (foto U. Bonazzi)
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Ala di Sphaerophoria scripta (foto U. Bonazzi)
Capo di Sphaerophoria scripta
(foto U. Bonazzi)
Fiore della Delosperma cooperi (foto U. Bonazzi)
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MELANOLEUCA FRIESII
NELLA R.N.O. “PINO D’ALEPPO”
RAGUSA
di
Emanuele Brugaletta
Via Carlo Pisacane, 6 - 97100 Ragusa (RG)
e-mail: [email protected]
Riassunto
L’Autore segnala un interessante primo ritrovamento di Melanoleuca friesii nell’areale
di C.da Tremolazze all’interno della Riserva Naturale Orientata “Pino D’Aleppo”
in provincia di Ragusa. E’ presentata la descrizione della specie con i caratteri
macroscopici e microscopici corredati dalle relative foto macro e micro.
Abstract
The first record for R.N.O. “Pino D’Aleppo” Ragusa of Melanoleuca friesii. The
specie is described and illustrated by foto macro, micro and discussed.
Key – words: Melanoleuca friesii, R.N.O. “Pino D’Aleppo”, Ragusa, Italia.
Introduzione
In una delle tante escursioni effettuate nell’areale interessantissimo della R.N.O. “Pino
D’Aleppo” Ragusa, e nella fattispecie in una gariga a cisto con presenza di essenze
della macchia mediterranea, ho trovato, per la prima volta, questa entità fungina che
ho determinato ed inserito nel censimento della micoflora della Riserva.
Materiali e Metodi
La specie descritta è stata fotografata nell’habitat del ritrovamento con apparecchio
fotografico digitale CANON EOS 600D con obiettivo SOLIGOR Macro 100 MM
1:3,5. I caratteri macroscopici, il viraggio, l’odore ed il sapore sono stati rilevati sul
fresco non appena arrivato a casa. La microscopia è stata effettuata sia sul fresco che
sull’exsiccata. Il microscopio utilizzato è un KONUS Campus – D con telecamera
CMSO con presa USB 2.0 e DCM- 130E.
Le osservazioni sono state effettuate in acqua, L4, Rosso Congo Ammoniacale e
Meltzer.
La misurazione delle dimensioni sporali sono state effettuate su n. 30 spore giacenti
sulle lamelle; 15 cadauno per i cheilocistidi ed i basidi.
48
Le exiccata sono depositate nell’erbario personale dell’Autore al n. EB20140313
Melanoleuca friesii ( Bres.) Bon Documents Mycologiques 9 (33) : 67 (1978)
Sinonimi:
= Tricholoma friesii Bres.
= Melanoleuca leucophylla Mètrod, Bulletin de la Socìeté Mycologique de France
64 : 161 (1949)
= Melanoleuca albifolia Boekhout, Personia 13 (4) : 421 (1988)
Reperti: n. 2 esemplari raccolti in uno spazio aperto della gariga tra Cistus creticus,
salvifolius, Rosmarinus officinalis, Olea europea var. sylvestris, Quercus calliprinos
(Quercia spinosa), Pistacia lentiscus, Pinus halepensis, etc. in località Tremolazze.
Cappello: 35 e 43 mm, disteso-appianato leggermente depresso al centro e con
umbone variamente evidente, margine sottile e revoluto più o meno ondulato; cuticola
liscia, feltrata, di colore marrone con qualche tonalità grigia, il margine revoluto
lascia intravedere una linea bianca lamellare. Lamelle: alquanto spaziate, uncinate al
gambo, arrotondate al margine, sottili, alte, panciute, con lamellule, di colore bianco.
Gambo: 58-63 x 6.0 mm. diritto, alto ristretto in alto, svasato man mano verso la base,
pieno, cavo a maturità, striato e finemente pruinoso, di colore bruno, sotto il cappello
con tonalità più chiare. Carne: bianco-grigia, al taglio imbrunente fortemente al
gambo, meno al cappello. Odore grato fungino, sapore insignificante. Microscopia:
spore 6.5- (7.0)- 8.0 x 4.0 – (4.5) – 5.0 micron, Qmin. 1.40 – Q max 1.87 - Qm.
1.625; ellittico-sub-globose, verrucose, crestate, amiloidi. Cheilocistidi lageniformi di
lunghezza fino a 53.0 micron; basidi 23.0–26.0 x 7.0–9.0 micron, clavati, tetrasporici.
Cute di tipo sub-trichodermico con ife fasciculate coricate ed anche con terminali
emergenti. Caulocistidi riscontrati nella parte apicale – sottoimeniale del gambo, con
terminali fusoidi – muricati, 11.0–19.0 x 3.0–5.0 micron, emergenti tra le ife corticali
parallele della corteccia, ma – stranamente – mancanti della parte ingrossata basale!?
Si riscontrano, altresì, nel terzo superiore del gambo, fiocchi di peli corti, cilindrici
ingrossati, quasi vescicolosi, con dimensione 8.0-10.0 x 18.0-20.0 micron.
Note: le caratteristiche macroscopiche che ci indirizzano verso una prima
determinazione, fermo restando della necessaria ed imprescindibile verifica
microscopica, riguardano la tipica colorazione della cuticola bruno-grigio fuligginosa,
che si presenta al tatto come feltrato – vellutata, la colorazione bianca immutabile
delle lamelle in forte contrasto anche con il colore bruno del gambo. La conferma ci
sarà data dal confronto dei risultati microscopici riguardanti la forma dei cheilocistidi,
che dovranno essere, e sono nel caso in specie, lageniformi. Melanoleuca friesii è
inserita dal Bon nella Sezione Melanoleuca per la presenza di macrocistidi e nella
Sottosezione Strictipedinae (Bon) Bon, per i caratteristici cistidi in maggioranza
lageniformi. In letteratura non ho avuto riscontri riguardo ai caulocistidi “anomali?“
che ho indaginato per questa specie, né per i “peli“ da me descritti.
49
Ringraziamenti
Si ringraziano il Prof. Giovanni Consiglio – Casalecchio di Reno ( BO) per la
collaborazione e la Dott.ssa M.C. Di Maio – Direttore delle Riserve Naturali della
provincia di Ragusa per avere permesso l’accesso nei siti della RNO “ Pino D’Aleppo”
al fine di potere erborizzare e censire le specie fungine.
Bibliografia
Bon M. - 1991: Flore Mycologique D’Europe 2 Les Tricholomes et ressemblant –
Documents Mycologiques Memoire Hors sèrie n.2. Amiens
Bresadola J. Ristampa - 1981: Iconographia Mycologica. Massimo Candusso Saronno
Cetto B. - 1983: I Funghi dal vero vol. 3. Arti Grafiche Saturnia Trento
Consiglio G. e Papetti C. - 2009: Funghi D’Italia Vol. 3. AMB Centro Studi Micologici
Vicenza
Moser M. - 1993 : Guida alla determinazione dei funghi Vol. 1. Arti Grafiche Saturnia
Trento
Schonfelder P. e I. - 1998 : La flora mediterranea. Istituto Geografico De Agostini
SpA Novara
Siti Web: www.mycobank.org
50
Melanoleuca friesii C. da Tremolazze (foto E. Brugaletta)
Melanoleuca friesii C. da Tremolazze
(foto E. Brugaletta)
Cistidio (foto E. Brugaletta)
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Cistidio (foto E. Brugaletta)
Spore in Meltzer (foto E. Brugaletta)
Cute (foto E. Brugaletta)
Fiocchi peli gambo (foto E. Brugaletta)
Caulocistidi alto gambo (foto E. Brugaletta)
Caulocistidi alto gambo (foto E. Brugaletta)
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AMANITA EXCELSA VAR. VALIDA
(FRIES 1838) WASSER 1992
di
Mauro Comuzzi
Viale Ramazzini, 16 - 42121 Reggio Emilia, Italia
e-mail: [email protected]
Descrizione
Cappello: 4-15 cm di diametro, dapprima emisferico poi piano convesso mammellonato-martellato a maturità, margine con striature corte, cuticola viscida e untuosa con
tempo umido di colore bruno scuro, bruno baio con resti di velo generale a verruche
piramidali e piane di colore grigiastro-grigiastro brunastro.
Lamelle: larghe, libere, biancastre a crema chiaro.
Sporata: bianca (bianco puro).
Gambo: tozzo, subcilindrico leggermente ingrossato alla base, talora con un bulbo
poco evidente; biancastro con fine squamettature concolore, poi tende ad imbrunire
fino a macchiarsi di bruno-rossiccio. Anello ampio, striato.
Volva: dissociata in cercini fioccosi-squamosi.
Carne: soda, bianca, tende a imbrunire, bruno-rossiccio alla manipolazione e parti
erose. Odore e sapore miti.
Spore: ialine, amiloidi, ovoidi-ellissoidali 9-11/6-7 µm.
Habitat: raccolta del 08/07/2015 a Pratizzano (Ramiseto) Reggio Emilia in bosco di
Abies alba e Picea abies. Raccolta di Mauro Comuzzi e Giampaolo Simonini.
Amanita excelsa var. valida (foto M. Comuzzi)
Amanita excelsa var. valida (foto M. Comuzzi)
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Carne imbrunente al taglio (foto M. Comuzzi)
Velo grigiastro (foto M. Comuzzi)
54
TESSERAMENTO 2016
Le quote sociali 2016 sono: Soci a 30,00 (+ a 4,00 per spese
postali per i residenti all’estero); Familiari a 1,60; Soci sostenitori oltre a 30,00. Il versamento della quota potrà essere
fatto direttamente in sede o sul C.C.P. N° 10550424 intestato a “Il Fungo” o sul C.C.B. N. 000100232113 intestato a
Gruppo Micologico “R. Franchi”, Unicredit Banca S.p.A.,
Agenzia 5 Reggio Emilia - Via Gandhi, 4 - 42123 R.E. Codice IBAN: IT 38 J 02008 12813 000100232113.
I Gruppi, gli Enti, le Associazioni interessati a ricevere regolarmente “Il Fungo” dovranno versare a 5,50 per rimborso
spese postali. I soci di altri Gruppi A.M.B. potranno, in base
allo statuto, divenire anche nostri soci, ricevendo in tal modo
regolarmente sia “IL FUNGO” che “IL FUNGO REGGIANO”, versando la quota di a 13,00 (+ a 7,00 per spese postali per i residenti all’estero).
I LIBRI PUBBLICATI DA NOI O DAI
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I funghi di riferimento come strumento per la bioindicazione e la
biodiversità”
55
L’opera è il punto di arrivo di due micologi
formatisi all’interno dell’A.M.B., A. Montecchi
e M. Sarasini, con personalità molto diverse ma
entrambi dediti da numerosi anni allo studio dei
funghi ipogei.
Prezzi di cessione
Soci A.M.B.: per l’Italia c 70,00
Non soci A.M.B.: per l’Italia c 95,00
Estero: idem, più spese di spedizione
I volumi del “Dizionario dei nomi volgari
e dialettali dei funghi in Italia e nel Canton
Ticino” corredati da un CD contenente anche gli
aggiornamenti rispetto la stampa sono disponibili
presso il nostro Gruppo. (Gruppo Micologico
e Naturalistico “R. Franchi” Via Amendola 242100 Reggio E.) e-mail: gr.mic.nat@comune.
re.it al prezzo di 10€ (+ spese di spedizione).
Il volume rilegato di 528 pag. contiene 290 fotocolor e
343 micrografie eseguiti dagli Autori, 21 tavole a colori
eseguite da E. Rebaudengo e F. Boccardo. Chiavi di
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Referenti nazionali per la Micotossologia dell’Associazione
Micologia Bresadola (AMB)
Nel nostro Paese, ma non solo, ci sono ancora troppe intossicazioni da funghi
spontanei che vengono raccolti e consumati con atteggiamenti troppo superficiali
che provocano spesso conseguenze gravissime: la morte e, per i meno “sfortunati”,
il ricorso a trapianto d’organo. L’Associazione Micologica Bresadola (AMB)
storicamente, in tutta la sua attività, basata esclusivamente sul volontariato, opera
sul territorio nazionale, con iniziative (Mostre Micologiche, Corsi di Micologia ed
Educazione Ambientale, Interventi nelle Scuole, ecc.) rivolte ad un’azione continua
di prevenzione sanitaria. Con i Convegni Internazionali di Micotossicologia (nel
dicembre 2012 si è svolto a Milano il 5° CIMT), in particolare, l’AMB ha dato un
contributo significativo alla crescita di una cultura di prevenzione ed alla definizione
di indicazioni importanti per la pubblica opinione. Una buona sintesi di una seria ed
efficace cultura di prevenzione verso il consumo di funghi spontanei è ben rappresentato
dal “Decalogo” (Consumare funghi in sicurezza) diffuso dal Ministero della Salute
nel 2012 i cui consigli dovrebbero essere assunti da tutti, in particolare dagli operatori
dell’informazione, come “orizzonte” di riferimento sui contenuti corretti da divulgare
alla pubblica opinione. Tale “Decalogo”, insieme all’opuscolo informativo “I Funghi:
guida alla prevenzione delle intossicazioni” (documenti entrambi redatti dal CAV
di Milano ed ai quali ha contribuito l’AMB) sono scaricabili dal sito del Ministero
(www.salute.gov.it).
57
Riportiamo il testo del DECALOGO – Consumare funghi in sicurezza
1. Consumare solo funghi controllati da un vero Micologo (diffida degli “esperti
improvvisati”)
2. Consumare quantità moderate
3. Non somministrare ai bambini
4. Non somministrare a donne gravide
5. Consumare solo funghi in perfetto stato di conservazione
6. Consumare funghi ben cotti e masticare correttamente
7. Sbollentare i funghi prima del congelamento e consumarli entro 6 mesi
8. Non consumare funghi raccolti lungo le strade o vicino a centri industriali
9. Non regalare i funghi raccolti se non controllati
10. Nei funghi sott’olio si può sviluppare la tossina del botulino
In Italia, per quanto riguarda l’aspetto dell’informazione pubblica sui funghi, andiamo
a toccare un tasto molto dolente. Infatti la qualità con cui i mass media, troppo spesso,
danno informazioni sui funghi è molto scadente e pericolosa. Purtroppo dobbiamo
notare che va oggi di gran moda, da parte dai mass media (tutti, anche la RAI), dare
indicazioni, quando si parla di funghi, in netto contrasto con i “consigli” ministeriali
che, a quanto pare, in pochi mostrano di conoscere. Inoltre i riferimenti legislativi sono
molto spesso disattesi! La cosa ci sembra molto grave: quando c’è in gioco la vita e la
salute pubblica è da irresponsabili andare “a briglia sciolta” e parlare di argomenti che
si conoscono solo con superficialità.
Vediamo di analizzare i singoli punti del decalogo:
punto 1: “Consumare solo funghi controllati da un vero Micologo (diffida degli
“esperti improvvisati”)” si dà una raccomandazione necessaria ed alquanto
ovvia. Nel Decalogo Ministeriale si aggiunge la seguente nota: È assolutamente
necessario, prima di consumare i funghi raccolti, farli analizzare da un Ispettore
micologo della ASL di zona (servizio gratuito).
l punto 2: “Consumare quantità moderate” su questo punto molti “sedicenti esperti”
lanciano messaggi in netto contrasto del tipo: “Mangiate molti funghi che vi fanno
bene”, “I funghi sono bistecche vegetali”, “I funghi contengono elementi nutritivi
preziosi”, “Bisogna sostituire, almeno due volte alla settimana, i funghi alla
carne” e via “blaterando”. Su queste questioni si cimentano fior di nutrizionisti:
l
58
ci piacerebbe chiedere loro quali sono le fonti di informazione e, comunque, non
ha senso parlare di “funghi” in generale. Inoltre viene molto spesso esaltato il
consumo di funghi crudi anche con l’indicazione di cuochi che vanno in visibilio
dando ricette con ovuli e porcini crudi. Per carità, ognuno faccia il suo mestiere
(alla fin fine la questione si pone in termini di quantità: chi ama i funghi crudi
ne mangi pure, purché con moderazione…), ma abbiamo la netta impressione che
chi parla di funghi in questi modi abbia una conoscenza molto superficiale ed
approssimativa di quello che i funghi sono veramente.
a)I funghi non sono vegetali (non contengono clorofilla e sono eterotrofi) e
costituiscono un Regno a sé stante. Il fatto che vengano venduti ed esposti
insieme ai prodotti ortofrutticoli (c’è ancora chi li definisce “ortaggi”) nasce
dalla consuetudine, basata su vecchie e sbagliate concezioni, che ha portato i
funghi in questa categoria “merceologica”;
b)I funghi contengono chitina, un carboidrato largamente presente anche nel
Regno Animale, che è complicato da digerire soprattutto dai bambini e da chi ha
problemi di fegato e/o di reni.
c)Il biochimismo di TUTTI i funghi è ancora in gran parte ignoto ed é soprattutto
per questo motivo che noi crediamo che i “funghi” non possano ancora essere
considerati alimenti: l’analogia più corretta è, eventualmente, con le “spezie”.
d)I funghi freschi (quasi tutti) contengono il 90% d’acqua. Qualche nutriente è
pure presente, ma non si possono considerare tutti i funghi “uguali”: nel Regno
dei Funghi c’è una biodiversità altissima e le diverse specie hanno caratteristiche
biochimiche anche molto diverse tra loro. Noi lo abbiamo verificato direttamente:
ad es. ci sono funghi, considerati commestibili anche ottimi, che concentrano
metalli pesanti (cadmio in particolare) in quantità molto elevate ed isotopi
radioattivi, ben oltre i limiti previsti (Reg. CE N. 1661/1999 sottocitato)
l punto 3: “Non somministrare ai bambini” il punto 3 è sempre disatteso, non se
ne parla mai, anzi ci sono molte immagini tratte dalle TV nelle quali si vedono
bambini che mangiano funghi. Il limite di età “consigliato” sono i 12/13 anni
quando nell’organismo umano si sono formati gli enzimi atti a “demolire” la chitina
(la questione è analoga a quella per cui non si debbono somministrare alcoolici a
minori). L’indicazione vale per tutti i funghi, anche per quelli commestibili. Nel
caso dei funghi velenosi, a maggior ragione, tale indicazione ha un’importante
significato preventivo: la pericolosità di una tossina è indicata dal rapporto tra la
quantità di tossina ingerita rispetto al peso corporeo ed è allora evidente, per es.,
che un bambino di 7 kg di peso è 10 volte più esposto, a parità di tossina ingerita,
59
l
l
l
l
l
di un adulto di 70 kg. In generale anche le donne (che hanno mediamente un peso
corporeo minore rispetto agli uomini) sono più esposte.
punto 4: “Non somministrare a donne gravide” questo punto è ovvia conseguenza
delle considerazioni precedenti, ma lo si trascura sempre. Vanno inoltre considerate
le persone con problemi al fegato ed ai reni, come già si è notato, per le quali è
altamente sconsigliabile il consumo di funghi, soprattutto se crudi.
punto 5: “Consumare solo funghi in perfetto stato di conservazione” il punto
5 è ovvio, ma anche questa indicazione corretta è trascurata dall’informazione
pubblica.
punto 6: “Consumare funghi ben cotti e masticare correttamente” il punto 6 è
molto spesso ed irresponsabilmente disatteso. Si sentono dire in TV frasi del tipo:
“La cottura peggiora sempre le qualità del cibo”. Vorremmo sapere perché, dopo
migliaia di anni, c’è ancora chi ce l’ha con la scoperta del fuoco !!!. Ma perché non
si provano a mangiare le patate crude?
punto 7: “Sbollentare i funghi prima del congelamento e consumarli entro 6 mesi”
il punto 7 è corretto e contiene, sulla questione della durata del “congelamento”dei
funghi un giusto principio di cautela che, anch’esso, non è chiaramente presente
nell’informazione.
punto 8: “Non consumare funghi raccolti lungo le strade o vicino a centri
industriali”. Questo punto è forse l’unico che viene diffuso, ma in modo troppo
generico. E’necessaria una precisazione: spesso si sente dire che “i funghi sono
spugne che assorbono tutto”. Anche con questa frase si mostra ignoranza in quanto,
come tutte le generalizzazioni, la frase è sbagliata: la ricerca, svolta anche in ambito
AMB, ha dimostrato, sia nel caso della radioattività che dei metalli pesanti, che
“l’assorbimento” non è generalizzato, ma “specie-specifico” al punto che si può
pensare che il comportamento di una specie fungina verso questi “contaminanti”
possa avere significato tassonomico e di bioindicazione. Per es., come si notava
più sopra, ci sono Specie del Genere Agaricus (nel Sottogenere Flavoagaricus),
considerate ottime commestibili, che concentrano cadmio in notevoli quantità
(spesso superiori ai limiti CE) anche se crescono in suoli non contaminati. Altre
Specie hanno mostrato concentrare il cesio radioattivo di Chernobyl mentre
altre Specie (cresciute in contemporanea, nello stesso habitat e molto vicine tra
loro) no. Inoltre il qualunquismo con cui si parla di funghi porta ad affermazioni
scorrette. Citiamo il caso del selenio: si dice che il selenio fa bene alla salute.
Solo qualche hanno fa un composto che conteneva alte quantità di selenio era
da considerare un rifiuto tossico-nocivo. Poi si scopre che il selenio (in quantità
60
l
l
molto piccole) è necessario alle vita delle cellule epatiche che hanno proprietà
detossificanti. Il dato scientifico è che non è ancora nota con chiarezza la “soglia”
sopra la quale il selenio è dannoso e sotto la quale è benefico. Inoltre solo i funghi
del Gruppo “Boletus edulis” (i cosiddetti porcini) presentano quantità significative
di selenio (in media, attorno ad alcune decine di mg/kg sul secco): chi dice che
i funghi concentrano selenio mostrando per es. uno “champignon” (Agaricus
bisporus), come è effettivamente avvenuto, sta, scientemente o no, imbrogliando i
telespettatori perché in A. bisporus di selenio proprio non ce n’é.
punto 9: ”Non regalare i funghi raccolti se non controllati” anche questa
indicazione viene sempre disattesa: si corrono rischi di rilievo penale se si regalano
o si somministrano ad amici e/o a familiari funghi velenosi, come è troppo spesso
successo.
punto 10: “Nei funghi sott’olio si può sviluppare la tossina del botulino” il botulino
è la tossina più potente in natura. I rischi maggiori si corrono nella preparazione
casalinga di conserve (es. funghi sott’olio). Occorrono conoscenze ed informazioni
corrette, ma non se ne parla mai.
Un’altra problematica a cui la pubblica opinione dovrebbe essere molto sensibile ed
attenta (perché su questo tema abbondano “informazioni” pesantemente scorrette
diffuse anche da personaggi “titolati”) è che alcune Specie fungine (quelle considerate
nella cosiddetta “Micoterapia”) vengono “spacciate” per medicinali. Innanzitutto c’è
un netto contrasto con il DM del Ministero della Salute del 09 luglio 2012 sottocitato,
per il quale alcune di queste Specie debbono essere considerate solo come “integratori
alimentari” e questa è una differenza di fondo (gli integratori alimentari servono alle
persone sane, non sono medicine). I funghi considerati “integratori alimentari” sono
14 su oltre mille specie vegetali. Il nostro pensiero è bene espresso dalla seguente
frase che abbiamo desunto dalla relazione che il Prof. Orlando Petrini (Università
di Zurigo) ha tenuto al 5 Convegno Internazionale di Micotossicologia sul tema
“Micoterapia: tra fantasia e realtà: problemi e opportunità”:
“Non credo che noi possiamo veramente capire e implementare direttamente le
conoscenze dei medici asiatici. Le loro definizioni di malattie e le loro diagnosi sono
molto diverse dalle nostre, e quindi anche i trattamenti sono da interpretare nel
dovuto contesto. Nessuno dei vari gruppi che si occupano di fitoterapia (e funghi)
svolge, purtroppo, ricerche cliniche degne di questo nome. Questo è un grossissimo
problema, in quanto senza studi clinici eseguiti con tutte le regole del gioco non
arriveremo mai a dimostrare quanto io credo, e cioè che nei funghi e nelle piante vi
sono delle risorse mediche incomparabili.”
61
Sulla “Micoterapia”, in particolare, si manifesta, in modo impressionante, il vuoto di
professionalità, riguardo ai funghi, presente tra gli operatori dei media.
Da ultimo, non per importanza, si sentono ribadire nei media come “importantissime”
(questo è il termine usato da un famoso cuoco durante una trasmissione di larghissimo
ascolto) indicazioni false e senza nessun fondamento (nel caso specifico si diceva che
“…l’aglio va usato nel cucinare funghi, perché può dare importanti indicazioni circa
la loro velenosità…”). Bisogna ribadire con forza che non esistono metodi “empirici”
(frutto di reminiscenze di superstizioni anche molto antiche) per stabilire la velenosità
dei funghi: è solo con la sicura determinazione della specie fungina, secondo i metodi
della Micologia scientifica, che si evitano tutti i rischi!
C’è una vero e proprio ammasso di credenze fasulle presente nella pubblica opinione e
l’elenco sarebbe lungo. Nella nostra ricerca delle varie “credenze popolari” sui funghi
ci siamo imbattuti in un articolo, scritto nel 2007 da Marco Della Maggiora e Sergio
Matteucci per la Rivista “MicoPonte”1 dal titolo “Le credenze popolari sui funghi”
che risulta ancora molto attuale (il che significa, purtroppo, che queste credenze
superstiziose sono dure a morire…ma anche che noi non ci stancheremo mai di
denunciarne la falsità). Lo ripubblichiamo volentieri, ovviamente con l’autorizzazione
degli autori. Invitiamo i nostri lettori a fare tesoro e di ricordarsi bene i contenuti
esposti facendo molta attenzione: rischiare intossicazioni sulla base di queste credenze
ci sembra, con rispetto parlando, veramente stupido !!!
Fra i tanti facciamo solo due esempi fra i più significativi:
Cascina (PI) – ott 2012: marito, moglie e figlia (che era stata già sottoposta a trapianto
di fegato) sono deceduti per avere mangiato Amanita phalloides, creduta commestibile
perché al taglio la carne non aveva cambiato colore (era rimasta bianca, come è
normale che sia);
Cosenza (CS) – ott 2014: donna intossicata da Amanita phalloides ritenuta
commestibile perché, su dichiarazione della donna stessa, l’aglio con il quale i funghi
erano stati cucinati non aveva cambiato colore (come è normale che sia). In questo
caso, fortunatamente, l’esito dell’intossicazione è stato positivo.
Conclusioni:
1) Chiunque voglia parlare di funghi, da chi scrive sul giornaletto di quartiere
fino ai media nazionali, dovrebbe sentire l’obbligo morale e professionale di
1
Rivista del Gruppo “Massimiliano Danesi” (AMB) di Ponte a Moriano (LU) - http://www.micoponte.it/
62
rivolgersi, preventivamente, a veri esperti (i Micologi degli Ispettorati Micologici,
i Tossicologi dei Centri Antiveleni, i Micologi dell’AMB e delle Associazioni
Micologiche riconosciute in campo nazionale)
2) Potrebbe essere utile uno spot su tutte le reti RAI, tipo “Pubblicità Progresso”
anche come “riparatoria” rispetto alla “Prova del Cuoco” (caso della Gyromitra
esculenta), per informare il largo pubblico della pericolosità dei funghi (tra l’altro
ci risulta che il Ministero della Salute ne abbia almeno uno già pronto).
3) Fare molta attenzione a tutto quel che si dice in riferimento alla cosiddetta
“Micoterapia”: prove scientificamente accertate dell’efficacia della Micoterapia
ancora non ci sono e per lo (tele) spettatore “ignaro” è molto difficile distinguere
tra chi fa ragionamenti seri ed i ciarlatani.
4) Fare molta attenzione a tutto quello che circola sul Web riguardo ai funghi: se non
si hanno le conoscenze adeguate è molto facile farsi ingannare.
5) Non dare mai ascolto ai consigli di chi non è vero esperto di Micologia: non è
sufficiente essere un frequentatore dei boschi o un “vecchio” raccoglitore di funghi
per essere considerati esperti!!!
Normative ed Atti istituzionali di riferimento (diamo i link di tutti i riferimenti
normativi. Tali documenti sono liberamente scaricabili dal WEB):
a) REGOLAMENTO (CE) N. 1661/1999 DELLA COMMISSIONE del 27 luglio
1999 che determina le modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 737/90
del Consiglio relativo alle condizioni d’importazione di prodotti agricoli originari
di paesi terzi a seguito dell’incidente verificatosi nella centrale di Cernobyl
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:31999R1661
b) REGOLAMENTO (CE) N. 629/2008 DELLA COMMISSIONE del 2 luglio 2008
che modifica il regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce i tenori massimi di
alcuni contaminanti nei prodotti alimentari
http://www.iss.it/binary/meta/cont/629_2008_CE_ita.pdf
c) EURreport: “Elementi chimici nei funghi superiori. I funghi di riferimento come
strumento di lavoro per la bioindicazione e la biodiversità” – EUR 24415 IT 2010.
d) http://eusoils.jrc.ec.europa.eu/ESDB_Archive/eusoils_docs/doc_other.html
e) DM del Ministero della Salute (Decreto 09 luglio 2012): “Disciplina dell’impiego
negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali.” (12A07895) - G.U.
Serie Generale, n. 169 del 21 luglio 2012
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2012/07/21/12A07895/sg
f) Decalogo di consigli (intitolato: Consumare funghi in sicurezza) preparato e
diffuso nel 2012 dal Ministero della Salute. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_
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opuscoliPoster_149_ulterioriallegati_ulterioreallegato_0_alleg.pdf
g) Opuscolo “I Funghi: guida alla prevenzione delle intossicazioni” preparato e
diffuso nel 2012 dal Ministero della Salute.
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_149_allegato.pdf
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LE CREDENZE POPOLARI SUI FUNGHI
(Pubblicato in versione integrale su MicoPonte 1 - 2007: 8-19)
di
Marco Della Maggiora
Via S. Ginese, 276i - 55012 Pieve di Compito - Capannori (LU)
e-mail: [email protected]
Sergio Matteucci
Via Per Gignano, 151 - 55050 Vinchiana (LU)
e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
Al cospetto dei fenomeni naturali sconosciuti, l’uomo si è sempre comportato con una
certa diffidenza che, nell’antichità, sfociava spesso in fantasiosi pregiudizi e superstizioni.
Questo è successo anche nei confronti dei funghi e forse in modo più esasperato rispetto
ad altri aspetti della Natura. I funghi, considerati un tempo componenti del regno vegetale1, erano infatti tra gli esseri più strani e misteriosi del mondo naturale a causa della
loro ignota funzione e della loro insolita forma rispetto a piante e fiori che, seppur in
modo rudimentale e sommario, venivano già da tempo osservati e studiati.
Il bisogno impellente di dare risposte all’ignoto, anche al costo del sacrificio della verità,
stimolò velocemente la fantasia umana; ben presto vennero così messe in circolazione
esagerate quanto infondate sentenze rivolte a spiegarne i vari aspetti, che trovarono
subito terreno fertile nella massa della popolazione che era solita accettare praticamente
qualunque versione senza chiedersi troppi perché.
Il noto filosofo e politico Seneca [4 A.C. - 65 D.C.], generalizzando a dismisura, scrisse:
«Fungus, qualiscumque sit, semper malignus est.» cioè: qualunque fungo è velenoso.
Sempre prima dell’anno 100, Gaio Plinio Secondo [23 D.C. - 79 D.C. ], conosciuto
come Plinio il Vecchio, nella sua grande opera “Naturalis Historiæ”, composta da ben
37 libri, scrisse: «...se nascono i funghi in vicinanza di bottoni metallici, chiodi da
scarpa, ferri arrugginiti, panni fradici, assorbendo i succhi impregnati di tali sostanze
li trasformano in veleno ...», e ancora: «...se nelle vicinanze vi è qualche tana di serpente, o se uno di questi nel suo passaggio vi soffia sopra, il fungo diventa velenoso,
perché la sua natura è di assorbire qualunque tipo di sostanza velenosa...» e arriva
addirittura a concludere: «...nascono i funghi non solamente sul terreno, ma anche sugli
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alberi. E questi non sono pericolosi come quelli di terra, perché così non vi è pericolo
che nascano su ferro, né su panno, né su serpente morto o altro animale velenoso ...».
Queste idee, seppur fantasiose, riscossero credito per centinaia di anni, visto che il medico toscano Pier Andrea Mattioli [1500 - 1577] nella sua importante opera di medicina
del 1554 intitolata “Commentarii in Pedacii Dioscoridis Anazarbei da Materia Medica”
[ANTONINI & ANTONINI, 2004] scrisse: «Le cause perché nascono funghi velenosi
sono molte. E ciò qualora nascono ove senno chiovi rugginosi o panni fradici, o che
sieno appresso a qualche caverna di serpenti o su gli alberi che producono li frutti
loro velenosi e mortiferi.»
Mentre nell’antichità un atteggiamento del genere poteva in qualche modo essere
giustificato dalla mancanza di mezzi di studio, dalla poca esperienza, da una società
scientificamente poco evoluta e dall’abitudine di voler spiegare ciò che non si conosceva come qualcosa frutto dell’aldilà, oggi questo non è più ammissibile. La realtà del
mondo che ci circonda dovrebbe aver insegnato che le risposte non possono essere date
a caso, che ciò che non conosciamo deve essere prima studiato a fondo e poi spiegato
con prove aventi un certo fondamento scientifico e che i funghi non sono frutto del
demonio, malattie della terra o altro ancora.
È incredibile come in una società moderna e tecnologicamente avanzata come la
nostra risulti ancora così difficile “estirpare” dalla mente di molti le solite ostinate
convinzioni, anche quelle smentite da banali constatazioni logiche che tutti possono
comprendere. Ce ne accorgiamo puntualmente ad ogni mostra micologica dove seppur
con tutta la buona volontà nell’essere a disposizione per illustrare e spiegare la realtà
dei fatti, ci troviamo spesso di fronte a idee così assurde da non poter nemmeno
essere trascritte.
A prescindere dal fatto che negare le prove scientifiche a favore di mere “dicerie da
bar” vuol dire porsi in modo sbagliato di fronte ad un problema (qualunque esso sia),
dimostrando un atteggiamento che non merita di essere giudicato, sottolineiamo che
alcune delle credenze popolari sui funghi sono oltremodo pericolose [AA.VV., 2001]; ci
riferiamo a quelle che dettano metodi empirici per testare la commestibilità degli esemplari raccolti, così profondamente infondate da risultare il più delle volte fallimentari.
Dopo questa severa, ma dovuta, premessa, passiamo ad elencare le credenze popolari
che nel corso degli anni abbiamo più volte riscontrato tra la gente delle nostre zone;
per ognuna di queste ne spiegheremo brevemente l’infondatezzza scientifica, anche se
in certi casi è palesemente scontata, portando quando possibile degli esempi pratici.
LE CREDENZE POPOLARI
Cominciamo dalle credenze popolari pericolose, che possono cioè portare al consumo
di specie tossiche:
I funghi nati nei prati - Si continua a crede che i funghi nati nei prati siano tutti com-
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mestibili, ma non è così. Oltre al fatto che esistono specie tossiche che prediligono
ambienti prativi, come ad esempio l’Agaricus xanthodermus o la Lepiota cristata,
anche specie legate alle varie essenze arboree possono nascere nei prati; un fungo può
infatti legarsi ad una pianta anche a decine di metri di distanza tramite il micelio o le
radici della pianta stessa, così che, ad esempio, possiamo trovare in un prato anche la
mortale Amanita phalloides come altri funghi velenosi ritenuti boschivi.
I funghi nati su legno - La credenza secondo cui i funghi nati su legno non sono tossici
è molto pericolosa. Ci sono infatti specie velenose, anche in modo grave, che nascono
su legno. Le più note sono le tossiche Omphalotus olearius, Psilocybe fascicularis e
Psilocybe sublateritia, ma anche la Galerina marginata, difficilmente raccolta perché
di piccole dimensioni ma potenzialmente mortale.
I funghi nati su piante viventi - Secondo un’altra credenza popolare, non molto diffusa
ma anch’essa molto pericolosa, i funghi nati su piante viventi sono tutti commestibili.
Abbiamo già spiegato che su legno nascono anche specie tossiche e aggiungiamo qui
che alcune di queste possono nascere da parassite su piante viventi, come il già citato
Omphalotus olearius. Dobbiamo inoltre far notare che specie lignicole saprofite, cioè
che necessitano di substrato di legno morto, possono trovarsi ugualmente su piante
viventi, nate in punti localizzati dove il legno è ormai privo di vita, anche se noi non
ce ne accorgiamo.
I funghi con morsicature di animali - A volte si sente dire che se un fungo è stato
mangiato in parte da animali, come ad esempio lumache, ghiri, topi, insetti, ecc..., è
sicuramente commestibile. È falso! Gli animali hanno un apparato digerente completamente diverso dal nostro e quindi alcuni di loro possono digerire senza complicazioni
sostanze per noi tossiche. Questo è il motivo per cui anche funghi velenosi per l’uomo
possono riportare morsicature di animali ed essere invasi da larve. È vero che ci sono
specie fungine, tossiche o commestibili per l’uomo, difficilmente mangiate da animali,
ma questo accade per altri motivi tra cui ad esempio la stagione di crescita o la consistenza della carne del fungo, non certo per il loro grado di commestibilità.
Uso del gatto come cavia - Usare il gatto per testare la commestibilità dei funghi è
inutile e crudele. A parte la crudeltà di mettere in pericolo la vita dell’animale pensando
che i funghi siano tossici, come già detto sopra gli animali hanno un apparato digerente
diverso dal nostro e quindi il risultato della prova non è significativo. Inoltre l’attesa
dovrebbe essere molto lunga vista la lunga incubazione di alcune sindromi mortali,
giorni o anche settimane.
La prova dell’argento, dell’aglio o della cipolla - Non è vero che l’argento, l’aglio
o la cipolla diventano neri se cucinati insieme a specie tossiche, come molti ancora
pensano. Il test non funziona ad esempio per le specie mortali appartenenti al genere
Amanita, e non funziona per la maggior parte dei funghi tossici.
La commestibilità dopo bollitura - Molti credono che qualunque fungo, dopo prolunga-
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ta cottura, diventi commestibile. Ci sono in effetti specie contenenti tossine termolabili,
che cioè vengono eliminate a circa 70° C, e che quindi possono essere consumate dopo
lunga cottura; la maggior parte dei funghi tossici, però, restano tali dopo qualsiasi tipo
di preparazione, specialmente le specie più pericolose come le solite Amanita, ma anche
il mortale Cortinarius orellanus o l’Entoloma sinuatum e tanti altri ancora.
Ci sono poi altre credenze popolari che, anche se non pericolose, sono comunque infondate e si riferiscono sempre alla commestibilità dei funghi:
I funghi nati vicino a oggetti particolari - Tra le credenze popolari con origine più
antica, incredibilmente non ancora completamente superata, c’è quella secondo cui sono
velenosi i funghi nati e cresciuti vicino a particolari oggetti quali ferri arrugginiti, cuoio
o stracci. Non sappiamo come chi crede a ciò riesca a giustificare un influsso venefico
da tali oggetti, che di per sé non possono considerarsi velenosi, verso i funghi, che
comunque dovrebbero avere la proprietà di assorbire tali ipotetiche sostanze. Proprietà
di assorbimento sono state dimostrate solo in epoche recenti riguardo l’accumulo di
sostanze inquinanti costantemente presenti nell’ambiente di crescita, come ad esempio
il piombo rilasciato dagli scarichi delle auto, ma questa è tutta un’altra cosa.
Funghi velenosi e commestibili a contatto tra loro - È diffusa l’idea secondo cui
se funghi commestibili si trovano a contatto con specie velenose, come ad esempio
mescolate in un cesto, possono diventare anch’essi velenosi. Questo non è possibile
perchè i funghi non spruzzano veleno e le tossine non saltano, quindi nessun contatto
di questo tipo può avvelenare funghi commestibili; i funghi sono velenosi solo se ingeriti. A patto che gli esemplari raccolti rimangano integri, l’unica traccia delle specie
tossiche sulle altre potrebbe essere una certa quantità di spore che, una volta rilasciate,
si depositano ovunque; queste, però, oltre a non essere dannose in tali quantità, non
comportano alcun problema visto che i funghi vanno comunque accuratamente lavati
prima di essere cucinati, se non altro per eliminare polvere, terriccio, tracce di animali
e chissà cos’altro depositatosi durante la crescita ... altro che tossine.
I funghi con colori particolari o sgargianti - C’è chi pensa che i funghi con colori
sgargianti come rosso, viola, ecc... siano tutti velenosi. Se questo fosse vero sarebbe
un grosso problema perchè il colore di molti funghi è estremamente variabile, oltre
che intrinsecamente, anche a causa delle condizioni climatiche come ad esempio la
pioggia che li dilava o il sole che ne altera le tonalità. La verità è che il colore non ha
niente a che fare con la commestibilità. Ad esempio ci sono specie commestibili di
colore rosso (Amanita caesarea, Leccinum quercinum e simili, Xerocomus rubellus
e simili, specie appartenenti al genere Russula, ecc...), con colorazioni violacee (Lepista nuda, Laccaria amethystina, Gomphus clavatus, Russula cyanoxantha, ecc...),
oppure di colore giallo (Cantharellus cibarius), come ci sono anche specie di colore
bruno, grigio o bianco tossiche come Entoloma sinuatum, Amanita pantherina, Galerina marginata, Tricholoma josserandii, Paxillus involutus, Cortinarius orellanus,
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Amanita verna, ecc...
I funghi che al taglio o al tocco cambiano colore - La credenza popolare che vuole
velenosi i funghi che cambiano colore al tocco o al taglio è una delle più diffuse e difficili
da “estirpare”. Tranne che dalla fantasia, non sappiamo da dove tale convinzione possa
avere avuto origine, visto che non ci risultano veleni, naturali o artificiali, riconoscibili
per questa caratteristica. Quello che sappiamo con certezza è che ciò è scientificamente
infondato. Il cambiamento di colore della carne, tecnicamente viraggio, è dato da particolari sostanze che si ossidano a contatto con l’aria; queste non hanno niente a che fare,
ma proprio niente, con la commestibilità. Lo stesso fenomeno accade ad una mela o ad
una banana tagliate e lasciate esposte all’aria, ma non ci risulta che, per questo motivo,
siano mai state ritenute velenose.
Ci sono molte specie di funghi commestibili tra quelle che presentano viraggio, ad
esempio nei generi Xerocomus e Leccinum, ma anche tra i Boletus come il Boletus
pulverulentus la cui carne diventa intensamente e in pochi secondi blu-nera; dobbiamo
poi ricordare che la maggior parte delle specie tossiche, e soprattutto quelle mortali,
presentano invece carne immutabile.
L’analisi in laboratorio dei funghi - Ci dicono spesso durante le mostre: «voi sapete
se una specie è velenosa, perché l’analizzate». No! Non è affatto così. Analizzando
un esemplare lo si può determinare, cioè riconoscere; da qui possiamo poi risalire alla
sua commestibilità in base alle conoscenze circa il suo utilizzo per scopi alimentari
oppure riguardo agli effetti tossici che ha provocato in passato. L’analisi di una specie,
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di per sé, non porta alcuna informazione sulla sua tossicità. A dimostrazione di questo
ci sono ancora molte specie di sospetta tossicità e altrettante di commestibilità ignota,
nonostante siano state più volte analizzate, solo perchè non ci sono dati storici sufficienti per stabilirlo.
Terminiamo con le credenze popolari che mirano a dettare leggi sulla nascita o sulla
crescita dei funghi, anch’esse prive di fondamento:
I funghi come malattia del terreno o del bosco in cui vivono - Alcuni credono che
i funghi siano una malattia del bosco e che quindi un bosco ricco di funghi sia malato.
A parte il fatto che essi nascono anche in altri habitat come nei prati, su escrementi e
su legno vivo o morto, i funghi sono invece molto utili all’ambiente di crescita. Quelli
micorrizici (come ad esempio i comuni porcini) scambiano sostanze nutritive con le
piante superiori favorendosi reciprocamente nella crescita, mentre quelli saprofiti contribuiscono a decomporre e riciclare le sostanze morte (legno, foglie, frutti, escrementi,
ecc...) di cui si nutrono. Ci sono poi i funghi parassiti, apparentemente dannosi per il
fatto di crescere a discapito di piante viventi, ma in realtà anch’essi utili all’ambiente
perché contribuiscono all’equilibrio che regola il cambio generazionale tra componenti
del regno vegetale.
L’origine dei funghi dalla muffa - Quelli che vengono chiamati impropriamente funghi
non sono muffe e non sono originati dalla muffa, ma sono i frutti (corpi fruttiferi) di
una “pianta” chiamata micelio, che si estende e vive nel substrato di crescita. Le tracce
di muffa che troviamo nei boschi possono dare una indicazione sull’umidità del terreno
ma non c’entrano niente con la nascita dei funghi.
L’influenza delle fasi lunari - La convinzione secondo cui le fasi lunari influenzerebbero la crescita dei funghi è molto diffusa. Per la verità questa fa parte di una
credenza popolare più generale cha attribuisce alla luna il potere di condizionare tutto
ciò che nasce e cresce, come ad esempio ortaggi, funghi, piante, fiori, capelli, unghie,
ecc..., e avrebbe una certa influenza anche su vino, olio, clima, terremoti, gravidanze e parti, incidenti, suicidi, stati di pazzia, malattie e tanti altri aspetti. Tutto ciò è
semplicemente una credenza popolare priva di fondamento scientifico, totalmente
inconsistente; la sua profonda infondatezza è stata dimostrata sia scientificamente che
attraverso la valutazione statistica degli eventi del passato [FUSO, 2000; PELLEGRI,
2000; VOLPINI, 2006]. La luna può avere effetto solo sugli oceani dando luogo alle
maree, perché fa leva su punti collegati e molto lontani tra loro; nessun altro aspetto
della nostra vita e di ciò che ci circonda risente passivamente delle fasi lunari, quindi
nemmeno i funghi.
La timidezza dei funghi - Si diceva un tempo, e qualcuno ci crede ancora, che i funghi
visti (soprattutto porcini), timidamente non crescono più; in verità è un’ottima scusa per
raccoglierli anche da piccoli. Essendo delicato il micelio, la loro crescita può semmai
essere bloccata toccandoli o smuovendo il terreno circostante, non certo guardandoli.
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La nascita improvvisa e la crescita velocissima dei funghi - Tanto tempo fa un certo Galileo disse «Eppur si muove» parlando della Terra, ma nessuno gli credette e lo
passarono per eretico. Qualcun’altro ha detto, parlando dei funghi, «Eppur si gonfiano
e si formano in poche ore» e gli hanno creduto in molti. Questo ci insegna che ci piace
credere a ciò che più ci aggrada senza porci troppe domande. Allora un porcino di 1,5
Kg dovrebbe formarsi a vista d’occhio! Possibile che nessuno l’abbia mai visto crescere? Inoltre, perchè questo varrebbe solo per i porcini visto che altri funghi restano nel
bosco e li vediamo per giorni crescere e marcire? La verità è che il fungo che vediamo
è il frutto (corpo fruttifero) di una “pianta” (micelio) che fruttifica più o meno velocemente a seconda della specie e delle condizioni climatiche; la stessa cosa accade ai
frutti di meli, peri, pomodori, ecc... che, anche sulla stessa pianta, maturano con tempi
e dimensioni diverse. La credenza nasce dal fatto che troviamo grossi porcini dove
siamo passati poco prima; semplicemente non li avevamo visti ma forse è più facile
dire «... un’ora fa non c’erano».
La copiosa crescita fungina dopo un inverno molto nevoso - Qualcuno pensa, e non si
capisce con quale fondamento, che se nevica molto in inverno, nell’autunno successivo
nasceranno molti funghi (intendendo porcini). Vivendo la “pianta” del fungo (micelio)
nel substrato, essa è sensibile agli stimoli di umidità e calore nel breve periodo, infatti
accade spesso che se dopo la pioggia tira molto vento il micelio fruttifica poco o niente.
Sicuramente non può “ricordarsi” dell’umidità rilasciata mesi prima per lo scioglimento
della neve; infatti il proverbio dice: sotto la neve pane .... non funghi!
CONCLUSIONI
Riassumendo, possiamo senza dubbio affermare che:
l Nei prati, su legno e anche su piante viventi, possono nascere funghi velenosi.
l Anche funghi velenosi possono riportare morsicature di animali.
l Usare il gatto come cavia, nonchè altri espedienti come aglio, argento o cipolla, è
inutile al fine di testare la commestibilità dei funghi.
l La prebollitura non basta a rendere commestibili la maggior parte dei funghi velenosi.
l La tossicità dei funghi non può essere dovuta ad oggetti particolari nelle vicinanze.
l I funghi commestibili non diventano tossici se si trovano a contatto con quelli velenosi.
l Ci sono molti funghi commestibili anche tra quelli di colore rosso, viola, giallo,
ecc..., e anche tra quelli che cambiano colore al taglio.
l L’analisi di laboratorio non porta informazioni dirette sulla tossicità.
l I funghi non sono una malattia del bosco o del terreno e non sono generati dalla
muffa.
l La luna non ha influenza su nascita e crescita dei funghi.
l Guardare un fungo non blocca la sua crescita.
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I funghi non nascono e crescono improvvisamente, a volte sono molto lenti.
La quantità di neve caduta in inverno non influisce sulla quantità di funghi dell’autunno successivo.
Per quanto riguarda l’uso alimentare dei funghi, ricordiamo infine che l’unico modo
per essere sicuri della loro commestibilità è conoscerli.
l l Bibliografia
AA.VV. - 2001: Manuale per la prevenzione delle intossicazioni da funghi. Edit. Regione
Lombardia, Capriate S.G. –
I. Antonini D. & M. Antonini - 2004: Storia della micologia in Toscana. Edit. A.R.S.I.A.
e Regione Toscana, San Giovanni Valdarno – Arezzo – I.
Fuso S. - 2000: La Luna tra scienza e mito. Comitato Italiano per il Controllo delle
Affermazioni sul Paranormale (CICAP), 1 gennaio 2000 - http://www.cicap.org/new/
index.php.
Pellegri G. - 2000: La Luna: tra credenze popolari e influssi reali. Giornale del Popolo, giovedì
7 dicembre 2000.
Volpini P. - 2006: DOSSIER - Gli influssi lunari. SCIS, Servizio per la Cultura e L’informazione Scientifica dell’UAI (Unione Astrofili Italiani) - http://scis.uai.it/.
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DUE POESIE DI AUTORI REGGIANI
SUI FUNGHI
di
Giacomo Borgatti
Via Mirabello, 4 - 42100 Reggio Emilia
Quest’anno ho reperito per ‘II Fungo” due poesie (una in italiano e una in vernacolo)
che trattano dei funghi. Le presenterò con un breve commento e con il profilo degli
autori che sono entrambi originari della montagna reggiana.
ANGIOLINA CASONI
IL TEMPO DEI FUNGHI
E’ tempo di tornare
in quel verde mare d’abeti
ch’or tanto parmi nuovo
per lo stupor che reca.
Non muta sorpresa
1’avvistar di funghi
sul morbido tappeto
che di svariate tinte s’incolora;
e d’armonie e di suoni
la brezza inonda
il sacro e fresco mattutino.
Son palpiti di luce
e guizzi diamantini
che la rugiada stende
in quel primo
apparir di sole,
creando spettacolari
adorni alberi di Natale. Tra i bei colori s’erge
1’Amanita muscaria
a rimembrar di fate e gnomi
a chi ancor d’infanzia porta i sogni.
In questo testo la poetessa mette in rilievo che il ritorno a “quel verde mare d’abeti”
le procura, ogni volta, uno stupore sempre nuovo come se fosse la prima volta che si
reca in quel luogo d’incanto. Nella seconda strofa la luce e la rugiada creano effetti i
spettacolari sugli alberi da farli apparire alberi di Natale. Nella terza strofa appaiono,
grande sorpresa, i funghi “sul morbido tappeto” in un gioco di colori e di suoni nel
fresco del mattino. Nell’ultima strofa fa la sua apparizione 1’Amanita muscaria come
in una favola che stupisce chi “ancor d’infanzia porta i sogni”.
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Profilo biografico
Nata a Casteldaldo di Carpineti, vive a Felina nella suggestiva montagna reggiana.
Autodidatta, scrive da molto tempo racconti e poesie (anche in dialetto). Ha preso parte
a svariati concorsi di poesie ottenendo riconoscimenti. I temi che preferisce sono la
natura, le persone, le cose, la fede, le vicende degli oppressi. Parla poco ma legge e
medita molto. Ha pubblicato nel 2010 “Vento d’autunno” che contiene poesie in lingua
e in dialetto e immagini dei suoi quadri.
INNOCENZO FONTANA
ANDEER PER BOLĖE
E som partî prest da Montèc
con una squèdra ed poca ginta
bein combinée, szòven e vecc
tutt decis e con d’la grinta.
Sérca, sérca sti bolée
in mesa al bosch e in ti prèe
A gh’era sol di bisacàan
da tochèria gnan col màan;
tut al dì senza magnèer
sòol da bever e andéer, andéer!
Un nostr’amig al s’iva spieghée
che in Pradarena a gh’era i bolée.
Lasù e vinen perché 1’aria mareina
I’evita al gel a la mateina.
L’éra ancora nót quand som partî
lasù gh’era un fredd c’al slèva i pée,
i oss, al man, la ghigna e i dìi,
e 1’aria 1’at taieva agli oreci e al nes.
E som rivèe prest a la matéina
ch’es gh’evdiva a peina a peina. Anca la multa i’ om ciapèe
e acsè e s’àan bein smarinèe
come a fa al sòol con la breina
quand al nàas a la matéina.
E dòp aveir fàat tanta fadiga,
paghèe la multa senza n’a pìga
per fèer veder che n’iven catèe
int ‘na boteiga e iòm comprèe.
Il testo di Innocenzo Fontana reca il significativo titolo “Andeer per bolée”. E’ composto di sette quartine in cui sono presenti quasi sempre le rime. La lettura della poesia è
piacevole per il ritmo impresso ai versi dalla rima e dal procedere degli eventi che sono
evidenziati con efficacia narrativa. L’incipit è rappresentato dalla partenza da Montecchio di un piccolo gruppo di appassionati di miceli che hanno intenzione di raggiungere
il passo di Pradarena con la speranza di trovare i porcini. La partenza avviene quando
era ancora notte e 1’arrivo quando ci si vedeva appena. Lassù il freddo era intenso.
I cercatori trovano soltanto funghi non commestibili (bisacàan). Il finale sorprende: i
cercatori acquistano funghi per fare vedere agli amici che sono stati fortunati.
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Profilo biografico
Nasce nel 1939 a Selva di Monchio nel Comune di Canossa da genitori contadini.
Compie gli studi a Brescia e a Milano diplomandosi in ragioneria a Reggio Emilia.
E stato dirigente di azienda, ora è in pensione.
Ha sempre avuto la passione per le lingue; ha studiato per parecchi anni il latino, il
greco antico, il francese e 1’inglese.
Oltre che dai viaggi e dalla conoscenza dei popoli è stato attratto dalla poesia, dalla
letteratura, dal teatro e dall’opera.
Il suo interesse per la scrittura è iniziato molto tempo fa con la stesura di versi satirici,
ma soltanto dopo la pensione si è applicato più intensamente a scrivere in lingua e in
dialetto riprendendo 1’antica passione dopo la parentesi tecnico – professionale.
Bosco della Cervara (Viano) dove in primavera abbondano la Verpa bohemica (Kromdh.) Schröt., la Mitrophora semilibera D.C.: Fr. e la Calocybe
gambosa (Fr.: Fr.) Donk. Forse ora avranno un habitat migliore???
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L’AMBIENTE
NON È UNA DISCARICA:
NOI LO PULIAMO
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INDICE
Programma manifestazioni 10 – 11 ottobre 2015 .....................................................Pag.
1
Calendario di massima delle attività 2015/2016 del
Gruppo “R. FRANCHI” Reggio E.............................................................................“
2
Boletus mendax, una specie recentemente descritta in Italia ed i nuovi
orientamenti sulla sistematica della sez. Luridi del genere Boletus di
Giampaolo Simonini e Alfredo Vizzini......................................................................“
3
40 anni non sono pochi di Ulderico Bonazzi.............................................................“
25
Agevolazione per i soci .............................................................................................“
28
Tuber bellonae Quèlet 1887 di Amer Montecchi......................................................“
30
Nuovo ritrovamento di Parnassius mnemosyne (Linneus, 1758) e
aggiornamento dello status della specie nel Reggiano di Mauro Bertozzi,
Paolo Gallingani, Massimo Gigante, Fernando Menozzi .........................................“
33
Osservazioni su due Russula poco comuni di Giuseppe Donelli .............................“
37
Credevo fosse una vespina di Ulderico Bonazzi .......................................................“
45
Melanoleuca friesii nella R.N.O. “Pino D’Aleppo”- Ragusa
di Emanuele Brugaletta .............................................................................................“
48
Amanita excelsa var. valida di Mauro Comuzzi .......................................................“
53
Tesseramento 2016 e i libri pubblicati da noi o dai nostri soci .................................“
55
Mangiare funghi? Anche l’informazione può essere velenosa
di Luigi Cocchi e Carmine Siniscalco.......................................................................“
57
Le credenze popolari sui funghi di Marco Della Maggiore e Sergio Matteucci .......“
65
Due poesie di autori reggiani sui funghi di Giacomo Borgatti..................................“
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XL MOSTRA REGGIANA DEL FUNGO