MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 L’INSUFFICIENZA ARTERIOSA PERIFERICA (IAP) E L’ ARTERIOPATIA OBLITERANTE CRONICA PERIFERICA (AOCP) La riduzione dell’apporto ematico nel distretto degli arti inferiori può riconoscere diversi momenti etiopatogenetici. Il più frequente è sicuramente l’aterosclerosi, ma non bisogna trascurare la frequenza non indifferente delle arteriopatie infiammatorie, degli ostacoli meccanici costituiti da trappole osteo – muscolo tendinee, oltre ai fatti traumatici (e post traumatici da ostacolo meccanico aderenziale). Per l’enorme prevalenza della malattia aterosclerotica rispetto alle altre possibilità di IAP, si identifica spesso l’AOCP con l’IAP. La claudicazione intermittente espressa dal paziente più frequentemente come dolore crampiforme che lo costringe ad interrompere la marcia, è il segno o sintomo fondamentale dell’insufficiente apporto ematico in un distretto muscolare, al pari dell’angina da sforzo, della claudicazione mandibolare ed in un certo senso dell’angina abdominis. Quando, come a volte accade, è il nervo a soffrire per primo dell’insufficienza perfusiva, il sintomo può essere la parestesia, l’impotenza funzionale, il bruciore o l’ipoestesia. La sede del sintomo anticipa al clinico con buona approssimazione, quale è il tratto arterioso più compromesso. Così la claudicazione di piede, tipica del diabetico o del buergeriano, indica una sofferenza molto distale, ai vasi tibiali bassi. La claudicazione di polpaccio, la più frequente, indica la stenosi dei vasi femorali superficiale / poplitei. La claudicazione di coscia /anca e natica una stenosi iliaca . Il deficit erettile è spesso presente nei soggetti con sindrome di Leriche (o di stenosi del carrefour aortico), oltre che nelle stenosi iliache alte o localizzate alle ipogastriche; costituisce uno dei primi sintomi nelle arteriopatia diabetiche ed infiammatorie come il m. di Buerger, patologie che tipicamente prediligono le arterie di piccolo calibro. 85 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 L’intervallo di marcia libero da dolore (intervallo di marcia libera relativo) varia molto in relazione al grado di riduzione perfusiva . L’intervallo di marcia assoluto (cioè il numero di metri che il paziente riesce a percorrere nonostante il dolore) dipende dal grado di allenamento al dolore e quindi all’ischemia, che il paziente possiede. Il tempo di recupero (tempo necessario perché il paziente possa riprendere la marcia) è variabile a seconda del grado di gravità e correlato inversamente con la distanza di marcia (comunque maggiore di 2 minuti). Tali parametri consentono di suddividere in stadi l’arteriopatia periferica. A oggi le classificazioni più seguite sono quella di Fontaine (4 stadi il secondo A e B) e quella di Rutheford (tre gradi e sei categorie) Molti degli elementi di clinica rilevabili con l’esame obiettivo risultano evidenti ed incontrovertibili allorché il Paziente presenta un solo arto ammalato o comunque nettamente più ammalato del controlaterale. Quando la patologia è simmetrica e soprattutto se non è in stadio avanzato, può risultare difficile, specie con i soli elementi ispettivi, porre il sospetto diagnostico. Ispettivamente l’arto affetto da IAP si presenta meno colorito in senso assoluto ed è più pallido del controlaterale, spesso è presente la rarefazione dei peli e degli annessi, le unghie sono ispessite e sfoglianti. La cute è poco idratata e spesso sottile. L’ipotrofia muscolare dell’arto ischemico non è un reperto costante: dipende anche dal grado di sofferenza ischemica del nervo. Alla palpazione si apprezza costantemente l’ipotermia, assoluta o relativa all’arto controlaterale. Spesso la differenziazione Aneurisma aortico trombizzato consiste in brevi tratti di asimmetria termica. La ricerca dei polsi tibiali dev’essere una costante nell’esame obiettivo dei pazienti arteriopatici. I punti di repere sono l’avampiede per l’arteria pedidia (continuazione dell’arteria tibiale anteriore) e la regione retromalleolare mediale per l’arteria tibiale posteriore. La valutazione dei polsi va eseguita contemporaneamente ai due arti, anche per poterne apprezzare una eventuale asimmetria oltre che nella validità, nel tempo di comparsa. Quando vi è una netta differenza perfusiva, si potrà apprezzare il ritardo dell’onda sfigmica all’arto più compromesso. I polsi tibiali sono scarsamente apprezzabili o addirittura non palpabili nelle fasi più avanzate della malattia. E’ buona norma estendere la valutazione dei polsi alle poplitee ed alle femorali, anche per valutare la presenza di masse pulsanti sincrone con il ritmo cardiaco, riferibili a dilatazioni aneurismatiche. In quest’ottica va eseguita la palpazione dell’addome, alla ricerca di dilatazioni aneurismatiche aorto – iliache. L’ascoltazione può essere limitata alla regione inguinale ed all’addome. La presenza di soffi svela la presenza di stenosi (il soffio si determina solo quando la stenosi è “emodinamicamente significativa”, cioè superiore al 50% del lume vasale). La determinazione della pressione sistolica alla tibiale posteriore o all’anteriore con metodica doppler è un parametro divenuto quasi clinico. Costituisce il 1° livello diagnostico. La determinazione va fatta con uno sfigmomanometro applicato alla caviglia, tenendo libero il malleolo. La scomparsa del segnale acustico arterioso in ascesa e la ricomparsa in discesa, indicano il valore pressorio sistolico dell’arteria. Il valore da tenere presente è sempre quello più basso. 86 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 Fisiologicamente la pressione arteriosa sistolica alla caviglia è maggiore, o al massimo uguale, a quella omerale: ciò per semplice motivazione idraulica, in quanto l’angolo di origine delle arterie succlavie (circa a 90° rispetto all’arco aortico od al tronco anonimo) comporta una perdita di energia che invece viene quasi completamente conservata alla biforcazione aorto iliaca. L’indice di pressione residua (IPR) o Ankle/Brachial Pulsatile Index (ABPI) è il risultato del rapporto pressorio caviglia / braccio. Se tale rapporto viene espresso in percentuale si ottiene l’indice di Windsor. Questo indice, testato da numerosi studi, ha mostrato di correlare bene con la diagnostica clinica, con altri test anche invasivi (es. angiografia) e viene oramai unanimemente considerato sensibile per la diagnosi della IAP. E’ considerato patologico un valore di IPR inferiore a 0.9, dubbio se tra 0.9 e 0.95. Nei casi dubbi è consigliabile eseguire i test di attivazione come il treadmill – test (marcia su tappeto rotante con velocità di 2.5 Km/h e pendenza del 12%). Date le difficoltà organizzative che l’esecuzione di tale test richiede, per semplicità si preferisce oggi eseguire il 6 minutes walking corridor test (6MWT): il paziente viene invitato a camminare in piano, con passo regolare per sei minuti. Come al treadmill test vengono misurate la distanza che induce i primi fastidi, la distanza alla quale il paziente si deve arrestare ed il tempo necessario al recupero. Se non avverte alcun fastidio durante i sei minuti, il test è considerato negativo. Valori ancora più bassi esprimono una fase più evoluta della malattia. Le situazioni anatomiche / emodinamiche in cui la determinazione del rapporto pressorio può risultare inattendibile, sono molteplici. Nei diabetici in generale ad esempio, la pressione sistolica alla caviglia è scarsamente attendibile, a seconda del grado di mediocalcinosi presente. In questi soggetti, ad una situazione morfologica di parete di patologia molto avanzata, non sempre corrisponde un valore pressorio proporzionalmente alterato. A seconda del grado di mediocalcinosi, spesso correlata con l’età del diabete, la difficoltà a comprimere totalmente il vaso tibiale con il manicotto sfigmomanometrico può essere modesta come può essere assoluta. Nel diabetico di tipo 2 che abbia superato i 60 anni è sempre presente, ovviamente in misura variabile da caso a caso, una certa quota di mediocalcinosi. In ogni caso quindi, la pressione al manicotto necessaria ad occludere un vaso tibiale nel paziente diabetico non corrisponde alla pressione intravasale. Il mio parere personale è che nei diabetici, l’IPR non dev’essere considerato un parametro attendibile, non solo per la diagnosi di malattia ma anche e sopratutto (vista l’evolutività di questo tipo di danno di parete) per la valutazione della progressione delle lesioni . Comunque in ogni caso in cui l’indice superi 1.1, bisogna porsi due quesiti : mediocalcinosi e stenosi succlaveare. La possibile presenza di stenosi della succlavia e/o dell’ascellare e/o dell’omerale è il motivo per cui bisogna obbligatoriamente valutare entrambi gli arti superiori. Nei casi (rari) di stenosi simmetrica delle succlavie, l’affidabilità dell’IPR è inficiata e solo la morfologia d’onda ed il suono chiaramente monofasico reperito alla radiale (o all’ulnare) ci indirizzerà verso la corretta interpretazione. Nella gran parte dei casi comunque la stenosi posta all’arto superiore è monolaterale e sarà sufficiente determinare il valore pressorio dell’arto “sano”. 87 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 Cause di inattendibilità dell’IPR più frequenti • • • ABPI – IPR – IW. – Lesioni simmetriche delle succlavie – Mediocalcinosi diabetica – Lesione tibiale monovasale – Ipoplasia Pressioni segmentarie – Tempi – Difficoltà anatomiche – Dolore da compressione Treadmill – Cardiopatici – Insufficienza respiratoria – Artropatie La localizzazione della sede della stenosi, con buona approssimazione, si può determinare mediante la valutazione della pressione in vari segmenti dell’arto (tre segmenti alla coscia e tre segmenti alla gamba), con la stessa strumentazione utilizzata per determinare la pressione alla caviglia (manicotto sfigmomanometrico e doppler ascoltatorio c.w. con sonda da 8 MhZ). Un gradiente pressorio superiore ai 20 mmHg tra due segmenti contigui, indica con buona accuratezza la presenza di stenosi emodinamica in quel settore. Questa metodologia è più diffusa nei paesi anglosassoni in cui è il personale parasanitario ad eseguire le determinazioni. Nei casi di IPR tra 0.9 e 1.0 il Treadmill test in genere è in grado di dirimere il dubbio; il test consiste nel valutare la variazione della pressione sistolica alla caviglia, prima e dopo la marcia. Un calo significativo della pressione tibiale (almeno 20 mmHg) indicherà patologia perfusiva del distretto. Diagnostica differenziale più frequente - Ernia discale Stenosi del canale lombare Malattie degenerative articolari Displasia fibromuscolare Claudicazione venosa Ischemia midollare Intrappolamento popliteo nel cavo Sindrome della loggia tibiale anteriore 88 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 L’ISCHEMIA CRONICA CRITICA La rapida occlusione di un vaso non consente l’attivazione di alcun meccanismo di difesa da parte del tessuto in ischemia ed il deficit assoluto di ossigeno conduce più o meno rapidamente alla necrosi. Al contrario, nell’ischemia indotta da una ostruzione lenta e graduale c’è il tempo perché possano essere attivati tutti quei meccanismi volti al tentativo di compenso. . apertura di vasi collaterali . neoangiogenesi . modificazioni del trasporto di O2 . modificazioni del metabolismo tessutale Ripetute ma brevi situazioni di ipossia stimolano una serie di reazioni e di adattamenti che configurano il cosiddetto “precondizionamento ischemico” . Esistono fondamentalmente due modalità d’instaurazione dell’ischemia critica, l’acuta e la cronica. • Nella prima il peggioramento emodinamico e metabolico e’ dovuto ad una improvvisa, drastica riduzione della portata per un danno macrovasale, spesso una trombosi su placca; clinicamente ciò si traduce in una improvvisa riduzione dell’intervallo di marcia libera e degli indici di pressione residua. • Nel secondo caso il fulcro fisiopatologico e’ uno scompenso avvenuto prioritariamente nei vasi di scambio e nel microcircolo. I parametri che variano, oltre alla clinica ed alla sintomatologia, sono quelli emoreologici e soprattutto coagulativi. In entrambi i casi, nelle due modalità fisiopatologiche comunque, il comune denominatore e’ l’esplosione trombinica che e’ a sede differente: il macrocircolo nel primo caso, il microcircolo nel secondo. Ipotesi sullo sviluppo della CLI Patogenesi microcircolatoria (ARTERIOPATIA INSTABILE) - Squilibrio fra MFRS ed MDS λ Patogenesi macrocircolatoria (ARTERIOPATIA EVOLUTIVA) - Accrescimento della placca - Trombosi su placca - Ateroembolia L’ischemia critica quindi identifica un particolare momento evolutivo dell’insufficienza arteriosa periferica caratterizzato da una condizione di danno cellulare secondaria a ridotto flusso ematico distrettuale e/o a scompenso microcircolatorio. E’ potenzialmente evolvente verso la necrosi e l’amputazione, ma può ancora essere suscettibile di compenso. Al contrario l’ischemia acuta indotta dall’embolizzazione di un vaso sano evolve verso la necrosi in poche ore (se Mal perforante plantare : se non si interviene ulcera neuropatica da carico. completa) chirurgicamente con embolectomia. ANGIOPATIA DIABETICA λ 89 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 Nei pazienti portatori di diabete, così come in soggetti sani portatori di predisposizione genetica per il diabete di tipo2, sono stati già da molto tempo descritti l’alterata risposta agli stimoli vasodilatatori endotelio-dipendenti e l’alterata funzionalità della NOS (ossido nitrico sintasi). La patogenesi della disfunzione endoteliale è alla base della maggior parte delle complicanze del diabete. La perdita delle funzioni dell’endotelio e in particolare della produzione di NO (Ossido Nitrico), è seguita dalla degradazione dell’endothelial surface layer (ESL) che è una struttura costituita in gran parte da glicosaminoglicani che protegge la superficie luminale delle cellule endoteliali e che ha un gran numero di funzioni di tipo recettoriale. La riduzione o la distruzione di tale “surface” comporta l’aumentata esposizione di molecole di adesione come le ICAM-1 e le VCAM-1. L’aumentata produzione di ROS (radicali liberi dell’ossigeno: anione superossido, anione idrossilico, perossido di idrogeno e perossinitrito), è in grado di procurare importanti danni a tutte le strutture cellulari. Normalmente, i ROS sono rimossi dalle difese antiossidanti. La più caratteristica delle modificazioni indotte dalla disfunzione endoteliale nel paziente diabetico è senza dubbio l’ispessimento delle membrane basali. La conseguente alterata permeabilità è verosimilmente la causa della fibrosi perivascolare,della presenza di microaneurismi e di tortuosità. La presenza di ectasie capillari (sia della branca arteriosa che venosa) comporta un incremento medio del lume vasale ma di una contemporanea riduzione della densità capillare. Quindi la superficie disponibile agli scambi nel tessuto diabetico è sensibilmente ridotta e il transito di nutrienti ed ossigeno attraverso le pareti vascolari sensibilmente rallentato. A livello della parete delle arteriole, sono state osservate fibrosi ed alterazioni delle fibre elastiche. Al contrario di quello che avviene per le piccole molecole, si ritiene che la permeabilità per le grosse molecole sia aumentata nel diabete, probabilmente per effetto dell’aumento della pressione idrostatica capillare. L’aumentata permeabilità alle macromolecole porta a stravaso proteico. La fuoriuscita di fibronectina, in particolare, porta a fibrosi in un meccanismo simile a quello per la fisiopatologia delle ulcere da insufficienza venosa cronica. Il diabete è quindi causa di vasodilatazione arteriolare e venulare cronica. Oltre alle profonde alterazioni anatomiche e funzionali vascolari, nel diabetico sono osservate numerose modificazioni in tutte le cellule ematiche. Una caratteristica “rigidità” del globulo rosso del diabetico è la causa di una sindrome da iperviscosità secondaria che è coinvolta nella patogenesi e nella progressione delle complicanze microvascolari del diabete. I pazienti diabetici presentano un rischio nettamente maggiore di sviluppare CLI rispetto ai pazienti non diabetici. Nel diabete le lesioni ats dei grossi vasi sono in genere più estese e prediligono i vasi distali, in cui la possibilità di circolo collaterale è inferiore. La tipica localizzazione distale delle lesioni fa si che qualche volta il paziente diabetico possa andare incontro a gangrena in assenza di una chiara sintomatologia di claudicazione precedente. In più la pressoché costante mediocalcinosi, ancorché non ben visualizzabile all’eco color doppler (si descrive spesso una generica iperecogenicità di parete) impedisce una corretta valutazione dei valori pressori e quindi dell’ABI. Ancora il paziente diabetico può sviluppare lesioni dei medi e piccoli vasi in totale assenza di lesioni visualizzabili ai macrovasi. Tale condizione ci rende conto di una situazione tipica del paziente diabetico e cioè la possibilità di guarigione mediante amputazioni distali, a volte parcellari delle lesioni gangrenose. Nel soggetto non diabetico l’amputazione dev’essere in genere più alta, a monte della lesione significativa più alta. La microangiopatia diabetica, di contro, rende più difficoltosa la risposta terapeutica rispetto al paziente non diabetico. Le alterazioni anatomopatologiche della microangiopatia diabetica possono sintetizzarsi nell’ispessimento della membrana basale e nella maggiore permeabilità endoteliale . In più le alterazioni coagulative, metaboliche e dell’assetto lipidico tipiche del diabetico, spiegano del perché la malattia ischemica sia molto più grave e precoce in questi pazienti rispetto ai non diabetici. 90 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 In definitiva quindi l’ischemia critica del diabetico può presentare caratteristiche differenziali di notevole importanza rispetto al non diabetico, basti pensare all’influenza esercitata dalla neuropatia. Quando sono contemporaneamente presenti la microangiopatia e la neuropatia, il piede può presentare lesione trofica gangrenosa, assenza di dolore e temperatura addirittura più elevata rispetto al controlaterale. Ciò in quanto il riflesso veno arteriolare di vasocostrizione degli sfinteri arteriolari (VAR) che fisiologicamente avviene al passaggio dalla posizione distesa a quella ortostatica (dipendente dal sistema nervoso autonomo) è caratteristicamente alterato nel paziente con neuropatia diabetica. Per questo motivo spesso il piede diabetico è caratteristicamente edematoso, cianotico (assenza di costrizione arteriolare con ipertensione venosa congestiva) e caldo. La riduzione della sensibilità nocicettiva spiega l’assenza del dolore in presenza di lesione ed anche la scarsa sensibilità ai traumi che possono innescare lesioni ischemiche più estese. E’ anche possibile che la causa di marezzatura cianotica lesioni gangrenose del piede del Ischemia critica in diabetico paziente diabetico siano dovuti esclusivamente alla neuropatia (piede diabetico neuropatico) ciò in quanto l’assenza di dolore non inducendo i normali movimenti di spostamento del carico plantare, fa si che la pressione del piede sosti per tempi abnormemente prolungati su zone molto limitate, mettendole in ischemia e quindi inducendo una necrosi tessutale fisiopatologicamente indistinguibile dalle lesioni da decubito. ARTERIOPATIA DEGLI ARTI IN PAZIENTI DIABETICI E NON DIABETICI diabetico non diabetico Distale Prossimale Sede della macroangiopatia Zone di carico del piede e dita Piedi e regioni malleolari Sede della lesione cutanea Comune Meno comune Microangiopatia Frequente Rara e limitata Mediocalcinosi Frequente Rara Neuropatia Scarsi Ben sviluppati Circoli collaterali 91 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 estesa gangrena aterosclerotica Definizione di Ischemia Cronica Critica (2nd European Consensus Document on Critical Limb Ischemia – CLI) L’aterosclerosi, processo fondamentale nella patogenesi dell’ischemia critica, può progredire a livello delle arterie di conduzione in misura tale da determinare, anche per l’intervento di complicanze trombotiche, una caduta del flusso ematico e della pressione di perfusione. Si realizza la condizione di ischemia critica nel momento in cui le lesioni steno-obliteranti prossimali riducono il flusso ematico ad un livello tale che, nonostante i meccanismi compensatori, le necessità trofiche del microcircolo periferico non possono essere soddisfatte. L’ischemia cronica critica è quindi l’evoluzione maligna dell’arteriopatia periferica. I primi stadi dell’insufficienza arteriosa periferica si caratterizzano per la presenza di uno scompenso tra la richiesta e l’offerta di ossigeno alle strutture muscolari degli arti inferiori durante la marcia. (claudicazione intermittente). Quando la quantità di ossigeno e di energia fornita dal torrente ematico non è più sufficiente a soddisfare le esigenze metaboliche basali, si verifica appunto l’ischemia cronica critica il cui sintomo fondamentale è il dolore a riposo, spesso scarsamente dominabile dagli analgesici, ad insorgenza prevalentemente notturna o delle prime ore del mattino. 92 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 DIAGNOSI DI ISCHEMIA CRONICA CRITICA Criteri principali (clinici): 1. Presenza di dolore a riposo persistente e richiedente un trattamento analgesico da almeno 2 settimane 2. Ulcerazione o gangrena del piede o delle dita 3. Pressione sistolica alla caviglia < 50 mmHg 1. 2. 3. 4. Criteri integrativi (emodinamici) Pressione sistolica al dito < 30 mmHg tcPO2 =/< 10 mmHg, con mancato incremento dopo inalazione di O2 Assenza di pulsatilità al 1° dito valutata con PSG o fotopletismografia Alterazioni strutturali e/o funzionali dei capillari cutanei nell’area ischemica L'arteriola terminale convoglia il sangue al letto capillare ed e’ responsabile della distribuzione ematica (apertura/chiusura degli sfinteri precapillari) e della concentrazione/diluizione ematica nel letto capillare. Il meccanismo attraverso cui si realizza è molto simile a quello di un “pace maker” periferico e cioè attraverso modificazioni nella frequenza di comandi vasocostrittori e vasodilatatori, fenomeno noto come "vasomotion". (Intaglietta – Allegra) Nell’ischemia critica si verificano alterazioni della vasomotion e conseguentemente della flowmotion, che comportano ipoperfusione di alcuni distretti capillari, assenza totale di flusso in altri, con conseguente sofferenza cellulare e successiva necrosi. In presenza di ischemia, l'arteriola deve mantenere sia la Evoluzione di CLI fase di vasocostrizione sia la fase di vasodilatazione, eventi ciclici che hanno inizio però da un elevato livello di tono basale. Si verifica inoltre una alterazione della distribuzione del flusso ematico nel microcircolo cutaneo, con riduzione del flusso nutrizionale ed aumento paradossale del flusso totale per vasodilatazione arteriolare. Come si verifica tale evento ? Un basso flusso determina, come già detto una alterazione della flowmotion, cioè una alterazione dei ritmi di costrizione / dilatazione dell’arteriola. L’ipertono basale da cui partono gli eventi costrittori e dilatatori comporta un dispendio energetico ed eccessiva utilizzazione di ATP ed ossigeno. L’evento finale è il blocco del rilascio endoteliale dei fattori che provocano contrazione e rilasciamento con un finale effetto di vasodilatazione definibile “stupor”. Si ha quindi una drammatica caduta della pressione di perfusione, lesioni endoteliali irreversibili e trombosi del letto microcircolatorio. (Allegra) Fattori ematici: L’attivazione piastrinica avviene durante il passaggio dei trombociti in prossimità di una placca ulcerata, per stimoli chimici (esposizione al collagene) o fisici (elevati shear stress nella sede di una stenosi arteriosa), ciò comporta la liberazione di diverse sostanze ad azione peggiorativa: - Trombossano A2, con effetto aggregante e vasocostrittore 93 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 - Serotonina (5-HT), con effetto vasocostrittore PDGF (fattore mitogeno) e BetaTG, con effetto favorente la progressione della aterosclerosi L’attivazione leucocitaria si esprime, tra l’altro con - Aumento numerico dei leucociti - Riduzione della filtrabilità leucocitaria - Deposizione di mononucleati sull’endotelio arterioso, con conseguente trasformazione in macrofagi ed attivazione leucocitaria Meccanismi endoteliali di difesa - Funzione di barriera - Permeabilità (equilibrio fra EDRF ed EDCF) - Funzione contrattile recettoriale (interazione leucociti-endotelio, citochine) - Meccanismi antitrombotici Dall’endotelio leso si ottiene la liberazione di diversi fattori ad azione protrombotica - Liberazione di fattore di Willebrand, con aumentata adesione piastrinica - Liberazione di EDCF, con effetto vasocostrittore - Liberazione di PAI-1, con effetto protettivo sui tappi di fibrina - Liberazione di EDGF, con stimolazione della proliferazione cellulare Fattori che intervengono nel determinismo della CLI Fattori emodinamici macrocircolatori Accrescimento della placca Trombosi su placca Rottura di placca Ateroembolia microcircolatori Vasomotion e flowmotion Deformabilità di membrana Sistema fibrinogeno-fibrina Viscosità Fattori ematici piastrine leucociti Fattori endoteliali Funzione di barriera Permeabilità (equilibrio EDRF ed EDCF) fra Funzione contrattile recettoriale (interazione leucociti-endotelio, citochine) Meccanismi antitrombotici * La sovrapposizione di trombosi arteriosa ad una placca ats rotta o ulcerata gioca un ruolo di primo piano nella patogenesi della CLI 94 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 VASOMOTION FLOWMOTION Attività ciclica di contrazione-rilasciamento che Variazione ciclica della quantità ematica interessa i miociti delle arteriole, le cellule microcircolatoria distrettuale endoteliali capillari e gli sfinteri precapillari Assicura un’uniforme, ciclica, perfusione capillare MFRS (Microvascular Flow Regulating System) Sistema di regolazione del flusso microcircolatorio, costituito da: - Meccanismi neurogeni estrinseci - Prostaciclina - EDRF / NO - t-PA - EDCF 1 , EDCF 2, Endotelina MDS (Microvascular Defence System) Sistema di difesa destinato a fronteggiare situazioni di emergenza, costituito da: - Leucociti, Piastrine - EDCF 1, EDCF 2, Endotelina - Serotonina, ADP - PAI-1, Cascata coagulativa - Leucotrieni Regola la normale distribuzione del flusso Se non adeguatamente controllato dall’MFRS, si capillare mantenendo un ridotto tono vasale e un trasforma in fattore di danno endoteliale normale transito del sangue 95 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 ELEMENTI DI DIAGNOSTICA STRUMENTALE ECO (COLOR) DOPPLER Nella stragrande maggioranza dei casi di arteriopatia al 2° Stadio, la clinica e la determinazione del rapporto pressorio caviglia/braccio sono sufficiente per porre la diagnosi di IAP. A questo punto, dopo aver valutato le condizioni cliniche generali, di compenso dell’arteriopatia e prima di inviarlo ad eseguire un esame invasivo, si dovrà eseguire un esame eco color doppler.(2° livello). L’esame strettamente velocimetrico c.w. (cieco) è da considerarsi obsoleto per la carenza di informazioni anatomo strutturali che fornisce. Giova ricordare che l’ECD fornisce informazioni di tipo morfologico (sede, calibro, decorso, ecostruttura di parete, contenuto endoluminale, ecc.) e di tipo emodinamico (presenza, direzione e velocità del flusso). Nel territorio iliaco femoro popliteo i parametri morfologici relativi alla tipologia di placca, alla sua omo/disomogeneità ed al suo profilo endoluminale, valutabili con alta definizione con sonde lineari elettroniche da 7 – 11 mHz, sono considerati di minore importanza rispetto Direzione del flusso alle carotidi, soprattutto per la minore capacità devastante di eventuali complicanze di placca (fissurazione / rottura, ulcerazione, trombosi e frammentazione) rispetto alle carotidi e Zero flow per la maggior resistenza all’ischemia dei tessuti muscolo scheletrici rispetto ai tessuti parenchimali. Come già accennato, la velocimetria doppler (anche quando associata ad ecografia ed anche se codificata a colori) fornisce informazioni relative alla Flusso in avvicinamento = onda positiva presenza, direzione e velocità del flusso. Flusso in allontanamento = onda negativa La morfologia dell’onda velocimetrica ci potrà informare sullo stato della parete nel punto di valutazione ed in generale sulle condizioni emodinamiche a monte ed a valle. Così un flusso in avvicinamento produrrà un’onda velocimetrica positiva, la presenza di riduzione del calibro (stenosi) produrrà una accelerazione, la presenza di un rallentamento della velocità di flusso ci indicherà un aumento del calibro vasale, come fisiologicamente succede ad esempio al bulbo carotideo. Velocità del flusso accelerazione su stenosi 96 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 Secondo le Linee Guida del GIUV un corretto esame ECD degli arti inferiori deve iniziare dalla valutazione morfologica / velocimetrica del distretto aorto iliaco. (Eco color doppler aorto iliaco ) Raccomandazione 11-1 Grado A La prima procedura, oltre alla valutazione clinica, è ultrasonografica con Eco (Color) Doppler, estremamente attendibile nella patologia aneurismatica ma anche in quella ostruttiva Raccomandazione 11 – 2 Grado B L’eco Color Doppler consente di evidenziare il profilo della parete aortica ed il diametro nonché fornisce informazioni sull’origine dei principali rami di derivazione. In caso di ectasia aneurisma, consente di valutare il diametro a livello delle renali (sopra e sotto), il diametro massimo dell’aorta e dei suoi rami e se esiste un colletto rettilineo sotto le renali. Evidenzia ispessimenti parietali, la presenza di trombo endoluminale o la presenza di segni di dissecazione. In questa sede, l’addome, la capacità di definizione morfologica delle lesioni endoluminali è molto più bassa. Ciò a causa della profondità delle strutture da esplorare che costringono (tranne casi di particolare magrezza del soggetto) all’impiego di sonde convex da 5 – 3,5 mHz. Si porrà quindi maggiore attenzione al calibro aorto iliaco, all’eventuale presenza di lesioni di parete ma ectasia soprattutto alla morfologia del velocitogramma in sede iliaca. Anche se è vero che le sedi predilette delle lesioni Velocità del flusso arteriose sono rappresentate dalle rallentamento su ectasia biforcazioni (carrefour aortico, biforcazione femorale e tripode popliteo) e da alcune sedi particolari come il canale degli adduttori per la femorale superficiale, la localizzazione esatta di una lesione può non risultare agevole e A spesso l’emodinamicità del danno ats non è espresso da una singola lesione ma da una serie di lesioni successive. Per tali motivazioni di carattere generale gli elementi più importanti di valutazione B dovranno essere, oltre alla valutazione velocimetrica posta nella sede della A = Normale 1. Muscolare; 2. Ridotte resistenze; 3. Parenchimale; 4. Ipoplasia B = Patologia 1. Perdita elasticità; 2. Post stenosi; 3. Circolo collaterale stenosi, le eventuali variazioni della morfologia dei velocitogrammi tra sedi Morfologia dell’onda di velocità contigue. L’esame eco color doppler delle arterie degli arti inferiori ha quindi un obiettivo intermedio posto tra la diagnosi generica di insufficienza arteriosa periferica e la 97 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 diagnostica di 3° livello rappresentata dall’arteriografia. In questo senso l’ECD deve precedere l’esame invasivo che andrà eseguito (tranne nei casi di sospetta arteriopatia infiammatoria o trapping ) solo in caso di decisione - tutta clinica - di correzione chirurgica. Solo l’esame arteriografico è in grado di fornire al chirurgo quella serie di informazioni di repere, collateralità ecc. che servono al chirurgo per la migliore riuscita del suo intervento. LINEE GUIDA GIUV STUDIO ECO (COLOR) DOPPLER AORTA ADDOMINALE ED ARTERIE ILIACHE procedura • • • • • • Paziente supino 12 h di digiuno vescica piena sonda 3 - 4 MhZ Scansione longitudinale a partire dal processo xifoide scansione trasversale LINEE GUIDA GIUV STUDIO ECO (COLOR) DOPPLER CIRCOLO ARTERIOSO ARTI INFERIORI Riduzione del diametro - ø Nessuna < 50 % 50 – 79 % 80 – 99 % 100 % Caratteristiche Picco Velocità Sistolica PVS normale, solitamente < 120 cm/sec. PVS Stenosi/PVS Prox.< 2. Mantenimento Reverse Flow Lieve allargamento dell’onda PVS Stenosi/PVS Prox. > 2. PVS Stenosi 120 – 250 cm/s Reverse Flow assente Turbolenza post stenotica Onda monofasica post stenotica PVS post stenotico nettamente ridotto PVS Stenosi/PVS Prox. > 2. PVS Stenosi > 250 cm/s Reverse Flow assente Turbolenza post stenotica Onda monofasica post stenotica PVS post stenotico nettamente ridotto Assenza di flusso Onda monofasica preocclusiva Colpo preocclusivo Onda monofasica distale con velocità ridotta 98 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 Procedura • Paziente supino Esplorazione della fem. com. (scansione longitudinale e trasversale). Valutazione color. • • Valutazione della biforcazione in superficiale e profonda. Valutazione color • Scansioni L e T della femorale superficiale con valutazione color Scansioni L e T della poplitea e biforcazione tibiale. Valutazione color • • Scansioni delle tibiali (n.d.r.) Flusso intraparenchimale renale: normali le velocità e l’indice di resistenza Ascesso periprotesico in by pass femoro popliteo 99 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 IMPIEGO DELLA CAPILLAROSCOPIA NELL’IAP La metodica capillaroscopica trova poco spazio nell’ambito diagnostico in senso stretto. Può essere di una certa utilità nel monitoraggio dell’evoluzione del danno microcircolatorio e per la valutazione dell’efficacia terapeutica. Il flusso trofico cutaneo, cioè la quota di flusso destinata alle esigenze metaboliche del tessuto è solo del 15% circa del totale. La nota positiva è rappresentata dal fatto che tale quota è localizzata quasi esclusivamente nella Flusso trofico Microcircolazione cutanea parte più superficiale dell’organo, ben 15% circa esplorabile dalla metodica capillaroscopica, dalla tensiometria transcutanea di CO2 ed O2 (TcpCO2/O2) e dal laser doppler Flusso termoregolatorio 85% circa Nella stadiazione della microangiopatia ischemica, Fagrell ha distinto tre fasi (A – B - C), contraddistinte ognuna da due diverse fasi evolutive: Nella prima fase (A1) si osserva solamente una diminuzione del tono capillare (che è indistinguibile da una situazione normale - n.d.r.) ed una moderata dilatazione del capillare (A2), sia al versante arterioso che venoso. Nella fase successiva (B1) si osserva la presenza di edema che rende quasi indistinguibili le anse capillari e poi (B2) la presenza Fase B3 Aumento del n° dei capillari visibili, ectasici e con stasi venulare Edema connettivale delle microemorragie, segno di sofferenza ischemica del microcircolo. La terza fase (C), di maggiore rischio necrotico, è caratterizzata dalla netta riduzione del numero dei capillari (C 1) sino ai quadri di assenza di capillari visibili in ampie aree di desertificazione (C2). Tra la fase B e la fase prenecrotica, nella nostra esperienza, abbiamo avuto modo di descrivere la presenza di una situazione caratterizzata dall’aumento importante del numero di capillari reclutati. Ciò potrebbe spiegarsi con l’iniziale disregolazione dei meccanismi di distribuzione del flusso per la presenza, nel tessuto connettivo, di cataboliti ed iperCO2, che inducono l’apertura massiva degli sfinteri precapillari provocando l’inondazione stagnante del letto capillare. La presenza di marcata stasi venulare sarebbe la logica conseguenza del deficit della vis a tergo. La fase A, secondo Fagrell è gravata da una percentuale di rischio necrotico del 5%; la seconda fase da un rischio più elevato, superiore al 20%. La fase C, definibile prenecrotica, presenta un rischio per morte tessutale del 95%. 100 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 STADIAZIONE CAPILLAROSCOPICA DI FAGRELL MODIFICATA FASE A (5%) 1. diminuito tono capillare ma normale morfologia 2. dilatazione capillare (sia versante arterioso che venoso) FASE B (20%) 1. capillari indistinti per edema interstiziale 2. emorragie capillari 3 reclutamento capillare massivo con stasi venulare (ndr) FASE C (95%) 1. netta riduzione del numero dei capillari 2. assenza di capillari visibili Cute dell’avampiede in AOP: fase A 101 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 ELEMENTI DI TERAPIA DELL’ I.A.P. I fattori di rischio per lo sviluppo di arteriopatia Obliterante Cronica Periferica sono quelli dell’aterosclerosi in generale: - familiarità - fumo - obesità - dislipidemia - ipertensione - diabete Sulla familiarità naturalmente non è possibile intervenire ed il fumo dev’essere assolutamente interrotto, magari con l’ausilio farmacologico di bupropione e/o nicotina a cessione transdermica per evitare i fastidiosi sintomi da astinenza. Gli antidislipidemici utilizzabili sono gli inibitori della sintesi delle lipoproteine, i farmaci che aumentano la rimozione di queste ultime e gli inibitori della sintesi del colesterolo. Del primo gruppo fanno parte - Acipimox (derivato dell’ac. Nicotinico) riduce i livelli di colesterolo LDL e VLDL - Derivati dell’ac. Fibrico(clofibrato, fenofibrato, ecc.) riducono soprattutto le VLDL. Il gemfibrozil riduce i livelli di trigliceridi ed innalza i valori di HDL I farmaci più importanti del secondo gruppo, sequestranti gli ac. Biliari, sono la colestiramina e l’ac. Ursodesossicolico. Un cenno a parte meritano i farmaci inibitori della sintesi del colesterolo. Essi inibiscono l’azione del Coenzima A,3 idrossi 3 metil glutaril reduttasi (HMGCoA) (simvastatina, atorvastatina e Pravastatina i più studiati). Il loro range terapeutico varia da 10 - 40 mg/die. I principali effetti collaterali sono la stipsi, meteorismo, dolori addominali, ipertransaminasemia, dolori muscolari, astenia e cefalea, ma tali sintomi regrediscono prontamente alla sospensione. L’interesse relativamente recente suscitato da questa categoria di farmaci è dovuta alla loro azione diretta sull’endotelio. Dai dati derivabili dai trial con ipocolesterolemizzanti si estrapolano con certezza alcune considerazioni: - Correlazione esistente tra disfunzione endoteliale ed ipercolesterolemia - La correzione dell’ipercolesterolemia coincide con una correzione della funzione endoteliale - Stabilizzazione di placca (azione tramite la riduzione della colesterolemia ed azione diretta sulle cellule endoteliali ). Il diabete mellito rappresenta il principale fattore di rischio per le patologie macrovascolari. Per accettare questo concetto basti considerare che dei pazienti diabetici adulti il 75 – 80% muore a causa di complicanze vascolari; il rischio di amputazioni è nel paziente diabetico 10 – 15 volte più elevato rispetto ad un paziente non diabetico; la claudicatio intermittens è 3 – 4 volte più frequente in soggetti diabetici di età tra 30 e 59 anni. In condizioni d’iperglicemia l’esochinasi viene rapidamente saturata ed il glucosio in eccesso alimenta la via dei polioli: viene infatti trasformato in sorbitolo dall'Aldoso reduttasi. Il sorbitolo, depositato nei tessuti, ne aumenta la pressione osmotica producendo un rigonfiamento cellulare. Inoltre la glicazione proteica non enzimatica produce la sintesi dei cosiddetti prodotti avanzati della glicosilazione (AGE), prodotti che hanno la caratteristica di creare ponti intercellulari e col tessuto che li ospita, producendo in questo un sovvertimento morfologico e funzionale. L’accumulo nella membrana basale dei capillari ne produce l’alterata permeabilità e la deformazione morfologica. 102 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 L’iperinsulinismo è una condizione nota per essere un potente stimolante la proliferazione delle cml e della sintesi lpidica intraparietale. lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche spesso precede la diagnosi di Diabete di tipo 2 • • nei soggetti con Alterata Tolleranza al Glucosio (IGT), (normale glicemia a digiuno ed iperglicemia post prandiale), si riscontra una maggiore incidenza di complicanze macrovascolari. Altri fattori di rischio cardiovascolare connessi col diabete sono rappresentati dalla dislipidemia, caratterizzata da un aumento dei trigliceridi e delle LDL piccole e dense; dalla iperinsulinemia ed insulino – resistenza che giocano un ruolo centrale nella aumentata produzione epatica delle VLDL e quindi dei trigliceridi; e dalla ipertrigliceridemia che ha un effetto aterogeno diretto. Vi sono anche delle alterazioni dei fattori della coagulazione, di comune riscontro nei soggetti con diabete di tipo 2: • aumento del fibrinogeno, aumentata attività del PAI – 1, • • aumento del fattore VII aumento del fattore di Von Willebrand • Nel diabetico quindi l’obiettivo dev’essere quello di un controllo metabolico ottimale e cioè la quasi normoglicemia + minima incidenza di episodi ipoglicemici. La riduzione del colesterolo LDL si traduce in una significativa riduzione del rischio cardiovascolare. Per i pazienti diabetici con macroangiopatia l’obiettivo da raggiungere è un colesterolo LDL < a 100 mg/dl; opportuno colesterolo totale < 190 mg/dl Impiego di Antiaggreganti piastrinici Formazione di trombossano e PGI In presenza di danno vasale il collagene esposto attiva la fosfolipasi C e la Fosfolipasi A2. Questi due enzimi catalizzano il rilascio dell’acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana. Ad opera della cicloossigenasi l’ac. Arachidonico viene trasformato in endoperossidi ciclici e questi ad opera della trombossano Eparina sintetasi in TxA2. A livello extrapiastrinico gli endoperossidi ciclici, ad opera della prostaciclino sintetasi • Effetto anticoagulante vengono trasformati anche in prostaciclina. Vengono quindi • Inibizione della reattività piastrinica prodotti da un’unica origine, l’ac. Arachidonico, da un lato • Normalizzazione della permeabilità della un potente aggregante e vasocostrittore come il trombossano parete vasale • Ruolo nel meccanismo dell’angiogenesi e dall’altro un potente antiaggregante e vasodilatatore come la prostaciclina. L’attivazione piastrinica è presente in tutte le fasi dell’ats e quindi dell’insufficienza arteriosa periferica ed è molto più evidente se a questa si somma il diabete. In questo contesto fisiopatologico appare corretto l’impiego di farmaci che siano in grado sia di agire sulla cascata coagulativa sia di farmaci in grado di ricondurre alla norma l'attivazione piastrinica alterata. Quindi è opportuno da un lato l'impiego di eparina a dosi antitrombotiche (non anticoagulanti) dall'altro l'impiego degli antiaggreganti piastrinici. Aspirina e fans (dipiridamolo e sulfinpirazone soprattutto) agiscono tramite un blocco alto della cicloossigenasi. Il limite degli inibitori della cicloossigenasi è evidentemente quello di inibire contemporaneamente la produzione di prostaciclina, estremamente utile nell’arteriopatico. Il limite degli inibitori specifici della trombossano sintetasi è che gli endoperossidi ciclici sono in grado di agire con meccanismo recettoriale come se fossero trombossano. 103 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 La picotamide possiede un duplice meccanismo d’azione: inibizione della trombossano sintetasi ed inibizione selettiva dei recettori piastrinici del trombossano A2. La picotamide non agisce solo come antiaggregante in senso stretto ma soprattutto, a livello generale come inibitore del trombossano e quindi aumenta ubiquitariamente i livelli di prostaciclina. Il clopidogrel ha mostrato di ridurre rispetto ad ASA il rischio di ictus ed infarto del miocardio del 28,3%. Tra gli antitrombotici assumono un significato terapeutico concreto, specie nei trattamenti a Eparina e coagulazione lungo termine di situazioni pressochè stabili, i glucosoaminoglicani, di cui fanno parte il sulodexide e gli eparan solfati o mesoglicani. Il • Accelera l’inibizione dell’antitrombina su fattori loro meccanismo antitrombotico si esplica attivati (XIIa, XXIa, IXa e IIa) mediante un’azione eparino simile di inibizione • Inibizione selettiva della trombina (interazione col cofattore eparinico II, a dosi elevate) dose – dipendente del fattore X° attivato ma • Inibizione della protrombina (da parte del fattore possiedono anche una certa azione fibrinolitica Xa in assenza di antitrombina) minore ed antiaggregante. Tra i fibrinolitici minori il defibrotide esplica la sua azione profibrinolitica inducendo un incremento della produzione dell’attivatore del plasminogeno endoteliale (tPA). Ha anche azione antitrombotica in quanto riduce la concentrazione ematica degli inibitori del plasminogeno (alfa 2 antiplasmina ed alfa uno antitripsina). Mediante azione sul metabolismo dell’acido arachidonico ad origine endoteliale, aumenta i livelli plasmatici di PGI2, contribuendo ad una azione antiaggregante e vasodilatatrice mediata proprio dalla PGI2. Tra i calcio antagonisti i più utilizzati sono l’amlodipina, la nifedipina Tra i farmaci metabolici la L-Propionil Carnitina (vedi dopo in CLI) L’Iloprost è riservato alle fasi critiche (3° e 4° stadio non rivascolarizzabile o in attesa di rivascolarizzazione) ma l’Alprostadil è spesso impiegato nelle fasi di peggioramento della malattia, al passaggio da uno stadio al successivo. 104 MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 ELEMENTI DI TERAPIA DELL’ISCHEMIA CRONICA CRITICA L’impiego dell’eparina non frazionata e frazionata (eparina a basso peso molecolare) nell’IAP è opportuna in quasi tutte le sue fasi cliniche. Dai cicli di dosi antitrombotiche in cui s’impiega non solo per le sue proprietà antitrombotiche, ma per l’azione sulla permeabilità della parete vasale, per l’inibizione della funzione piastrinica e per l’attività antiproliferativa sulle MCL e per la capacità sulla modulazione dell’angiogenesi, alle dosi anticoagulanti in cui il parametro di riferimento dev’essere come sempre l’aPTT aggiustato a 2.0 – 2.5 volte il valore controllo Necrosi secca (eparina non frazionata). E’ sempre opportuno considerare che vi possono essere delle condizioni per cui l’aPTT è aumentato di base come per presenza di fattore anticoagulante lupico, per carenza di alcuni fattori della coagulazione come il XII^, l’XI^, il IX^ e l’VII^, nella malattia di Von Willebrandt, nella CID e nelle epatopatie. Nel trattamento con eparina a basso peso molecolare è opportuno comunque il monitoraggio dell’aPTT in caso di elevato rischio di emorragie, nei neonati e nei bambini piccoli, in gravidanza, nell’insufficienza renale e nei casi di obesità o magrezza eccessive. Tra i farmaci metabolici la L-Propionil Carnitina ha suscitato notevole interesse per i notevoli risultati ottenuti in vasti trial sull’intervallo di marcia libera ed anche per i risultati ottenuti negli stadi più avanzati della malattia (riduzione del dolore a riposo valutato tramite consumo di analgesici, miglioramento dei livelli di tensione trans cutanea di O2 e CO2, parametri Laser doppler). Lo stress ischemico induce nell’endotelio una perturbazione metabolica che può essere riassunta nell’aumento del consumo di ossigeno da parte dell’endotelio stesso (privandone ulteriormente il tessuto muscolare), con accumulo di Acil CoA e netta riduzione della carnitina libera (che serve per la beta ossidazione degli acidi grassi) sia a livello endoteliale sia muscolare . A questo punto, nell’omeostasi tessutale metabolica interviene la L-PC, un estere naturale della carnitina dotata di attività metabolica propria. Questa partecipa al processo metabolico donando il gruppo propionile al mitocondrio per la produzione di ATP, incrementando la disponibilità di carnitina libera per la beta ossidazione degli acidi grassi. In tal modo il tessuto muscolare è in grado di sopportare meglio la riduzione perfusiva di O2 e di continuare a svolgere il suo compito. La LPC appare anche in grado di svolgere un ruolo importante nella profilassi dei danni vascolari da ipertensione, dislipidemia e da agenti protrombotici. Si ottiene una concreta riduzione della proliferazione cellulare, sia a livello della tunica media sia della miointima dei grossi vasi, in modelli stressati con ipertensione e dislipidemia. In modelli sottoposti ad agenti protrombotici si è ottenuto la riduzione dell’ispessimento miointimale nei vasi di medio e piccolo calibro. Ma la più importante delle azioni della LPC si evidenzia con il miglioramento delle capacità del muscolo scheletrico a lavorare in condizioni di ridotto apporto ematico, per una migliore e maggiore capacità di estrazione dell’ossigeno. Nel 1990 abbiamo pubblicato una esperienza di terapia di salvataggio d’arto alternativa. In questo lavoro abbiamo trattato pazienti in ICC senza lesioni trofiche e soprattutto con sintomatologia dolorosa di recente insorgenza (meno delle tre settimane canoniche) con l’infusione endovenosa di un cocktail di buflomedile, defibrotide, naftidrofurile e creatin fosfato in un volume di 250 ml x 2 di soluzione 105 Cute dell’avampiede in soggetto con CLI Riduzione del n° delle anse, congestione MANUALE DI ANGIOLOGIA PER LO STUDENTE DI MEDICINA - 2007 salina, in associazione con eparina calcica sottocutanea bis in die. I risultati furono molto incoraggianti solo in quei pazienti in cui l’esordio del dolore era inferiore ad una settimana e limitata alle ore notturne ed alle prime ore del mattino. Nei pazienti in cui la sintomatologia dolorosa risaliva ad un periodo superiore ai 14 giorni non abbiamo ottenuto in nessun caso la regressione della sintomatologia ma solo la stabilizzazione che, naturalmente, non abbiamo ritenuto soddisfacente. Il farmaco di prima scelta nella terapia • Iloprost (PGI2) • Alprostadil (PGE2) medica della CLI in cui non è possibile una rivascolarizzazione 2 ηg/Kg/min x 6 ore 60 ηg e.v. in 5 h x 5 giorni chirurgica, è certamente l’Iloprost, analogo continuativi e poi un dose iniziale 0.5 ηg stabile della giorno la settimana prostaciclina (PGI2.). Il per 5 gg continuativi suo impiego è riservato agli ambienti ospedalieri 1 volta/settimana / 6 in quanto la settimane somministrazione deve avvenire tramite pompa peristaltica d’infusione, per un periodo di 4 – 6 ore. Il dosaggio (corrispondente alla velocità d’infusione) è quanto mai personale. Dalla minima velocità terapeutica di 0.5 ηg/Kg/min. si aumenta in genere di 5 – 10 ηg, sino a che compaiono i sintomi da sovradosaggio (arrossamento della vena, rossore al volto, senso di calore). A questo punto si ritorna al dosaggio immediatamente inferiore. Molta attenzione bisogna prestare ai valori tensivi (possibilità di ipo / ipertensione) alla frequenza cardiaca (bradi / tachicardia). Possibile l’insorgenza di angina. Molta più maneggevolezza e meno effetti collaterali con l’Alprostadil-α-ciclodestrina (PGE1). Il dosaggio medio è di 60 ηg /die, secondo schemi variabili a seconda della situazione generale del paziente e dello stadio della patologia. La modalità di somministrazione è molto più semplice (una fiala da 60 ηg in soluzione fisiologica da da 250 ml). Durata media 2.5 – 3 ore. Il protocollo utilizzato dal nostro e da molti altri gruppi prevede un ciclo di somministrazione continuo per 5 – 7 giorni seguito da una infusione settimanale per sei – otto settimane. ILOPROST I nibisce la pr oduzione e la liber azione del tr ombossano piastr inico I nibisce la pr oduzione del fattor e V I nibisce la inter azione tra piastr ina e endotelio I nibisce la pr olifer azione miointimale sulla lesione endoteliale stessa I nibisce l adesione leucocitar ia in condizioni di flogosi e di iper pr oduzione di r adicali liber i Riduce l upatake piastrinico sulla placca stessa Vasodilatante, con aumento del numer o dei capillari perfusi Riduzione dell aumento di per meabilit indotta dai mediatori della flogosi 106