Vol. 2, n. 3, September-December 2006 Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study Delia M. Colombo, Antonino Di Pietro Lipoatrophia semicircularis: a transient condition, mainly due to trauma, probably underextimated? Ivano Luppino, Giuseppe Noto The treatment of abdomen skin laxicity with non ablative radiofrequency using FACES technique Fabio Rinaldi, Elisabetta Sorbellini, Paola Bezzola Efficacy and skin tolerability of a new depigmenting cosmetic cream Federica Tamburi, Carolina Bussoletti, Alessandra D’Amore, Leonardo Celleno Topical treatment of actinic keratoses with 3% diclofenac in 2.5% hyaluronan gel Lucia Brambilla, Biancamaria Scoppio, Monica Bellinvia Poly-L-lactic-acid: our experience and future perspectives Piero Rosati, Stefano Corallini Proliferative and morphologic variations of the fibroblasts of human origin in cultivations added with jaluronic acid Maurizio Cavallini, Marco F. Papagni, Alberto Mangano, Mario Marazzi Clothing dermatitis Paolo D. Pigatto, Lucretia A. Frasin Phytotherapy in Dermatology: lights and shades Piera Fileccia Nutrition and oral cancer Antonio D’Alessandro, Antonella Barone, Annalisa Aggio, Mario Giannoni The doctor-patient communication. Verbal, para-verbal and non-verbal languages Elisabetta Perosino Indexed in: EMBASE, EMNursing, Compendex, GEOBASE Cari Amici, nel 2006 l’ISPLAD ha compiuto il suo sesto anno di vita. Come è noto l’ISPLAD è una Società Scientifica nata per aff e r m a re il ruolo primario del dermatologo nel campo di tutte le problematiche legate all’invecchiamento e agli inestetismi cutanei. Ad oggi l’ISPLAD ha circa 2.000 associati la cui età media è di circa 40 anni. Ciò vuol dire che il dermatologo di oggi ha interpretato le nuove esigenze dei pazienti ed ha voluto allinearsi alle richieste con scienza e competenza. Oltre alla patologia infatti, ha deciso di occuparsi di prevenzione e benessere cutaneo, di cosmetologia, di terapie dermoplastiche e di nuove tecnologie. Questo non può e non deve prescindere dalla formazione clinica in cui il dermatologo si è “specializzato”, anche perché occuparsi di invecchiamento cutaneo vuole dire, inevitabilmente, occuparsi anche di diagnostica differenziale con una particolare attenzione alla patologia oncologica spesso presente su una cute non più giovane. In linea con gli obiettivi di formazione scientifica Dear Friends, l’ISPLAD nel 2006 ha organizzato il I Congresso di In 2006, ISPLAD celebrated its sixth birthday. D e rmatologia Plastica a Stresa (VB), 7 Corsi di As everyone knows, ISPLAD is a scientific society that was established for the main purpose of Aggiornamento sulle terapie dermoplastiche, 2 affirming the primary role of dermatology in dealing with problems related to the aging process Meeting-Day sull’Ipertricosi e Irsutismo, 3 Corsi di and cutaneous aesthetics. Aggiornamento in Dermatologia Plastica nei Today, ISPLAD has approximately 2,000 members, in which the average age is around 40 years. Congressi ADOI a Recanati, ADMG a Giardini Naxos This shows that today’s dermatologists seek to understand their patients’ new needs and to (ME) e nelle XII Giornate di Terapia in Dermoalign themselves according to the related demands in a scientific and competent way. In fact, venereologia a Catania. in addition to pathology, they have decided to preoccupy themselves with prevention, cutaneous Molto importante è stata la partecipazione well-being, cosmetology, dermoplastic therapy, and new technologies. dell’ISPLAD al Congresso di Dermocosmetologia This cannot, and must not, diminish the importance of the core clinical aspect of the field of Spagnola svoltosi a Lanzarote il 26-28 Ottobre. In dermatology. Preoccupation with cutaneous aging inevitably means preoccupation with differquesta occasione si sono stabiliti importanti accordi ential diagnostics, with a particular emphasis on oncological pathology, which is often present di collaborazione tra i dermatologi spagnoli e italiani. in aged skin. Sempre nel 2006 L’ISPLAD ha creato due gruppi di In 2006, in line with its scientific objectives, ISPLAD organized the first Congress of Plastic ricerca e terapia: uno sulle lipodistrofie (cellulite, Dermatology in Stresa, seven supplementary courses on dermoplastic therapy, two Meeting lipomi, lipoatrofie, etc) ed uno sulle eritrosi; inoltre Days on Hypertrichosis and Hirsutism, three supplementary courses on plastic dermatology at ha potenziato il sito www.isplad.org ed ha effettuato the ADOI Congress in Recanati, the ADMG Congress in Giardini Naxos (ME), and at the una Campagna di sensibilizzazione sulla cute sana. Twelve Days of Therapy in Dermatovenereology in Catania. Cosa farà l’ISPLAD nei prossimi mesi? Secondo la ISPLAD’s participation at in Congress of Spanish Dermocosmetology in Lanzarote on 26-28 tradizione didattica dell’ISPLAD, nel 2007 verranno October was very important. On this occasion, significant agreements of collaboration between svolti 11 corsi di Aggiornamento sulle terapie Spanish and Italian dermatologists were established. Dermoplastiche; essi dureranno un giorno e si terAgain in 2006, ISPLAD has created two groups of research and therapy; one on lipodystrophy ranno in diverse città italiane. (cellulite, lipoms, lipoatrophy, etc.) and one on erythrosis. Furthermore, it has strengthened its Altre iniziative sono in via di definizione tra cui l’orwebsite www.isplad.org and has initiated an Awareness Campaign on Healthy Skin. ganizzazione del 2° Congresso ISPLAD che avverrà What will ISPLAD do in the upcoming months? In 2007, according to the tradition of ISPLAD, nel 2008 con una manifestazione a carattere internaeleven supplementary courses on dermoplastic therapy will take place, each lasting one day in zionale. a different Italian city. Ma non possiamo dimenticare il Master di II Livello Other initiatives will soon be precisely determined. Among them is the second ISPLAD in Dermatologia Plastica dell’Università di Tor Congress, which will take place in 2008 with an international touch to it. Vergata a Roma; sarà un’occasione molto import a nAlso, we must not forget the Master of Level II in Plastic Dermatology of the Tor Vergata te per ottenere un indiscusso riconoscimento uniUniversity in Rome. It will be a very important occasion for obtaining a valuable university versitario. acknowledgement. Per tutte le informazioni sui progetti futuri For information on all the future projects of ISPLAD, please visit our website at www.isplad.org. dell’ISPLAD potrai collegarTi sul nostro sito I wish you all peaceful Christmas holidays and a happy 2007 filled with success. www.isplad.org. Auguro a tutti i colleghi di trascorrere serene le prossime feste natalizie e un felicissimo 2007 ricco Antonino Di Pietro di successi. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 1 Sommario Journal of Plastic Dermatology pag. 5 Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study Delia M. Colombo, Antonino Di Pietro Editor Antonino Di Pietro (Italy) Editor in Chief pag. 13 Lipoatrophia semicircularis: a transient condition, mainly due to trauma, probably underextimated? Ivano Luppino, Giuseppe Noto Francesco Bruno (Italy) pag. 17 Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza Associate Editors Francesco Antonaccio (Italy) Mariuccia Bucci (Italy) Franco Buttafarro (Italy) Ornella De Pità (Italy) Giulio Ferranti (Italy) Andrea Giacomelli (Italy) Alda Malasoma (Italy) Steven Nisticò (Italy) Elisabetta Perosino (Italy) Andrea Romani (Italy) Nerys Roberts (UK) Editorial Board Lucio Andreassi (Italy) Kenneth Arndt (USA) Bernd Rüdiger Balda (Austria) H.S. Black (USA) Günter Burg (Switzerland) Michele Carruba (Italy) Vincenzo De Sanctis (Italy) Aldo Di Carlo (Italy) Paolo Fabbri (Italy) Salvador Gonzalez (USA) Ferdinando Ippolito (Italy) Giuseppe Micali (Italy) Martin Charles Jr Mihm (USA) Joe Pace (Malta) Lucio Pastore (Italy) Gerd Plewig (Germany) Eady Robin AJ (UK) Abel Torres (USA) Umberto Veronesi (Italy) non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES Fabio Rinaldi, Elisabetta Sorbellini, Paola Bezzola pag. 25 Valutazione della tollerabilità cutanea, dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee Federica Tamburi, Carolina Bussoletti, Alessandra D’Amore, Leonardo Celleno pag. 31 Trattamento topico delle cheratosi attiniche con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5% Lucia Brambilla, Biancamaria Scoppio, Monica Bellinvia pag. 39 Acido-L-polilattico: nostra esperienza e prospettive future Piero Rosati, Stefano Corallini pag. 43 Variazioni proliferative e morfologiche dei fibroblasti di origine umana in colture addizionate con acido jaluronico Maurizio Cavallini, Marco F. Papagni, Alberto Mangano, Mario Marazzi pag. 47 Patologie cutanee da tessuti Paolo D. Pigatto, Lucretia A. Frasin pag. 55 La fitoterapia in Dermatologia: luci ed ombre Piera Fileccia pag. 61 Nutrition and oral cancer Antonio D’Alessandro, Antonella Barone, Annalisa Aggio, Mario Giannoni pag. 67 La comunicazione medico-paziente. Linguaggio verbale, non verbale e paraverbale Elisabetta Perosino pag. 73 Corsi ISPLAD pag. 79 From PubMed. Selezione di articoli dalla Letteratura English editing Rewadee Anujapad Registr. Tribunale di Milano n. 102 del 14/02/2005 Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091/0270608060 - Fax 0270606917 E-mail: [email protected] Direttore Responsabile Direzione Marketing Rapporti con ISPLAD Consulenza grafica Impaginazione Pietro Cazzola Armando Mazzù Antonio Di Maio Piero Merlini Clementina Pasina Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 39,00 Pagamento: conto corrente postale n. 20350682 intestato a: Edizioni Scripta Manent s.n.c., via Bassini 41- 20133 Milano Stampa: Arti Grafiche Bazzi, Milano È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 3 Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study Delia M. Colombo Antonino Di Pietro SU M M A R Y Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study Background: Chronic idiopathic urticaria (CIU) is the most common form of urticaria (70-80% of cases). Conventional treatment with either anti-histamines and/or corticosteroids is often not satisfactory. A number of studies have suggested the efficacy of cyclosporine (CsA) administered orally in resistant CIU. We evaluated the efficacy and tolerability of CsA in the treatment of CIU over a 6 months period. Method: We performed an open, non comparative, collaborative multicenter study. One-hundred and twenty adult patients were treated with oral CsA: 5±1 mg/kg/day for 14 days; 4±1 mg/kg/day from day 15 to day 28; then 3±1mg/kg/day up to six months. Symptoms severity and pruritus were evaluated by the Breneman’s scale, a 100 mm visual analog scale (VAS) and a 4-point verbal rating scale (VRS). Results: The actual mean CsA dosage administered was 4.0 mg/kg/day at study beginning, 3.0 mg/kg/day after 1 month and 2.4 mg/kg/day up to 6 months. The Breneman’s total score improved significantly (-41%; p=0.0001) by day 14, with further progressive reductions at day 28 (-62% vs. baseline; p=0.0001), month 2 (-79% vs. baseline; p=0.0001) and month 5 (-88% vs. baseline; p=0.0001), then remained stable during month 6. Pruritus (VAS) decreased significantly (-38%; p=0.0001) at day 14 and continued decreasing (up to -86% vs. baseline; p=0.0001). CsA treatment was well tolerated, with only 2 patients discontinuing treatment due to adverse events, which were not severe (mild increase in systolic blood pressure; nausea). Conclusions: The results suggest good efficacy and tolerability of up to 6 month CsA treatment in resistant CIU. KEY WORDS: Breneman’s total score, Chronic Idiopathic Urticaria, Cyclosporine A, Pruritus, Verbal scale, Visual Analog Score Introduction Chronic idiopathic urticaria (CIU) is the most frequent form of urticaria, accounting for 70-80% of the cases (1). CIU is defined as a 6-week or longer history of urticaria in the absence of detectable physical, allergic, vasculitic, infectious or drug-induced causes (2). The presence of autoantibodies directed toward IgE or to the high-affinity IgE Fc receptor, detected by intradermal test with autologous serum, has been reported in approximately 30% of patients with CIU (3). A substantial proportion of patients with chronic urticaria and positive autologous serum skin test (ASST) could be recognized as an autoimmune urticaria autoreactive subgroup. Symptomatic treatment with antihistamines is the first choice for CIU but these drugs are not always effective. When symptoms are severe, corticosteroids are com- Dermatology Office Marchesi Hospital Inzago (MI), Italy Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 5 M.D. Colombo, A. Di Pietro monly used, but they are not suitable for chronic treatment due to the high incidence of adverse effects and the risk of inducing more severe attacks after drug discontinuation. The demonstration that chronic urticaria is frequently autoimmune has encouraged a more aggressive therapeutic approach. There is currently little experience in the treatment of chronic urticaria by removal of autoantibodies. Plasmapheresis has been shown to be of temp o r a rybenefit in severely affected patients (4). Alternatively, immunological approaches with high-dose immunoglobulin infusions (5) or agents inhibiting antibody production like CsA (6-7) have proven to be helpful. The short term use of CsA in severe CIU not responsive to first line treatments has been investigated by several authors in different countries (811). The efficacy of the treatment has always been very satisfactory: pruritus always rapidly decreased, and incidence of adverse events was generally low. Longer treatment courses, i.e. 2 to 4 months, were also studied showing good efficacy and tolerability, and in some cases also showing a trend toward reduction of incidence and severity of relapses (12-15). Further and even more prolonged experience with CsA therapy is required in order to determine the extent of efficacy and tolerability of this approach in the treatment of resistant CIU. This study was aimed at assessing the long term efficacy and safety of CsA treatment (up to 6 months) administered with decreasing dosages (from 5mg/kg/day to 3mg/kg/day) in severe resistan CIU. As severe cases are not so common, a number of centers decided to cooperate following a common treatment schedule and to collect data in a natural clinical setting, i.e. without deviating from each centerspecific treatment procedures except for the drug administration regimen and the duration of patients’ follow-up. Therefore, this is a collaborative study aimed at sharing experience to gather a body of data large enough to draw significant clinical conclusions on the use of CsA in severe resistant CIU. Subjects and methods Patients and treatment After signing a written informed consent, male and female patients, aged ≥ 18 years, 6 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Males (%) Females (%) Age, years (mean ± SD) Weight, kg (mean ± SD) Breneman score (mean ± SD) 53 (44.2) 67 (55.8) 44.9 ± 13.5 69.4 ± 12.1 10.4 ± 7.5 Table 1. Patients’ baseline characteristics (n=120). meeting the clinical diagnostic criteria for CIU and having failed to respond to first line antihistamines, were admitted to CsA tre a tment in 20 Italian centers. Patients were treated with oral CsA micro emulsion (Neoral®, Novartis) according to the following schedule: 5±1 mg/kg/day for 14 days; 4±1 mg/kg/day from day 15 to day 28; then 3±1 mg/kg/day up to six months. Study design and assessment criteria This was an open, non comparative, collaborative, multicentre study. Control visits were scheduled two and four weeks after treatment initiation and then monthly up to six months. The primary efficacy end-point was the reduction in the Breneman scale total score at week 4 as compared to baseline. S e c o n d a ry end-points were the Breneman’s total score reductions versus baseline at week 8 and at the end of the 6 - month follow-up. Safety and tolerability were evaluated by vital signs, laboratory tests and adverse events re p o rting. Patients’ history of CIU and demographic data were collected upon treatment initiation. At each visit, weight, diastolic blood p re s s u re (DBP), systolic blood pre s s u re (SBP) and routine laboratory parameters Figure 1. Mean CsA dosage at baseline and after 2, 4, 8 weeks and 6 months of treatment. Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study Results Patient population and treatment Figure 2. Severity of symptoms, evaluated through the Breneman total score, after 2, 4, 8 weeks, and 6 months of treatment. w e re evaluated and patients were scored on the Breneman scale (16). Briefly, this scale takes into account the number of lesions, number of separate episodes, average size of lesions, average duration of lesions and pruritus intensity as follows: 0=no symptoms; 1=mild urticaria (1–4 points); 2=moderate urticaria (5–9 points); 3=severe urticaria (10 points). Pruritus severity was also evaluated by means of a 100 mm VAS and a 4-point VRS (0=absent, 1=mild, 2=moderate, 3= severe). Statistical analysis Figure 3. Pruritus intensity evaluated by means of a 4-point VRS after 2, 4, 8 weeks and 6 months of treatment. Continuous variables have been described by mean, standard deviation, minimum and maximum value, while categorical variables by means of absolute and perc e n t age fre q u e n c y. Statistical comparisons have been performed by means of Wilcoxon test for paired data, continuous variables and ordinal categorical variables. SAS‚ statistical software (version 8.2) was used to perform statistical analysis. One-hundred and twenty adult patients (median age 44.8 years, range 16-83; 67 women) were enrolled (Table 1). We report the data collected by March 2003. A total of 17 patients withdrew from the study within the first 8 weeks: 2 withdrew due to adverse events, one for an intercurrent disease, one because of treatment failure and 13 were lost to follow-up. After week 8, a progressively increasing number of patients were lost to follow-up (n=65 at month 5, n=25 at month 6). Anyway, the analysis of efficacy refers to the actual population at each visit. The actual mean CsA dosage administered was 4.0 mg/kg/day at study beginning, 3.0 mg/kg/day after 1 month and 2.4 mg/kg/day up to 6 months (Figure 1). Efficacy results Severity of symptoms, evaluated by the Breneman scale total score (Figure 2), significantly improved in comparison to baseline as early as by week 2 (n=104): from 10.4±7.5 to 6.1±3.6 (p=0.0001). At week 4 (n=103), which was the primary end-point of the study, the total score dropped to 3.9±3.3 (p=0.0001 vs baseline). At the secondary end-point (week 8; n=103) the score further decreased to 2.1±3.0 (p=0.0001 vs baseline). After 5 months of tre a tment (n=65) the score was 1.2±1.9 (p=0.0001 vs baseline), and remained stable at 1.2±2.4 at 6 months (n=25) (p=0.0001 vs. baseline). All symptoms included in Breneman’s scale re f l e cted the general trend to a progressive decrease over time. Particularly noteworthy was the effect on pruritus, as evaluated both on a VRS and a VAS. On the VRS, at baseline, 91% of patients classified their pruritus as moderate/severe (36% and 55%, respectively), 2% as absent and 7% as mild at baseline (Figure 3). At week 2, 23% of patients were free from pruritus, 32% classified it as mild, 41% as moderate and only 4% as severe (p=0.0001). At week 4, 41% of patients had no pruritus, 39% classified it as mild; 18% as moderate and only 2% as severe (p=0.0001 vs baseline). A further decrease was re p o rted at week 8: 58% of patients had no pruritus, 32% had mild pruritus, 8% moderate and 2% severe (p=0.0001 vs baseline). After 6 months no patients had seve- Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 7 M.D. Colombo, A. Di Pietro re pruritus, in 84% pruritus was absent, in 12% mild and in 4% moderate (p=0.0001 vs baseline). Similar results were obtained on the VAS (Figure 4): the mean baseline value was 73.1±15.2 mm; after 2 weeks it decreased to 45.3±23 mm. At week 4, the mean further decreased to 31.5±25.0 mm and at week 8 to 19.9±23.3 mm (all decreases: p=0.0001 vs baseline). In one patient the Breneman’s score dropped from 10 at baseline to 1 after 2 weeks, but raised again to 7 after the first dose reduction and the patient was withdrawn from the study. Safety results Two patients interrupted the treatment due to adverse events (AE). One patient had an increase of arterial blood pressure after two weeks, which was not severe: baseline SBP/DBP 130-85 mmHg; 14th day 140-85 mmHg. At follow-up after CsA discontinuation, blood pressure was 140-80 mmHg. The second patient discontinued the treatment due to the onset of nausea. Another patient w i t h d rew due to an interc u r rent disease (influenza). A total of 35 AE were reported by 21 patients during the entire study. The most commonly reported AE possibly related to treatment was hypertension (6 patients, including one out of the drop-outs); the next in frequency (4 patients) was headache and the third (3 patients, including one drop-out) was nausea/vomiting. Mean SBP and DBP increased slightly during the study. The average increase was never >2-3 mmHg compared to baseline and was neither clinically nor statistically significant. DiscusThesionmanagement of CIU is often problematic in common clinical practice, and in many cases diff e rent treatment strategies should be attempted. Antihistamines are not always effective and corticosteroids are not advisable for long term therapies. Other proposed therapies have been studied in small populations or in not properly controlled trials. Since the early nineties, studies have been carried on CsA in CIU unresponsive to traditional treatments (8, 9). The mechanism of action of CsA in urticaria is due to its activity on mast cells. CsA blocks degranulation as well as the 8 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 transcriptional activation of several cytokine genes, such as interleukin 3 (IL-3) and IL-5 (4?), and also the genes involved in leukotriene synthesis. All these events require an incre ase in the concentration of intracellular Ca2+. F u rt h e r m o re, the cytokine genes that are blocked in mast cells are largely the same as those blocked in T cells, suggesting an effect on a regulatory protein common to mast cells and T cells. The efficacy and safety of CsA in severe resistant CIU have been demonstrated in several clinical studies, but data on more prolonged use are still needed. We investigated the effectiveness and tolerability of a 6 month course of oral CsA treatment at decre a s i n g doses in this non controlled clinical study involving 20 hospitals and outpatient clinics throughout Italy. The first observation concerns the actually administered dosage, which was in the lowest protocol range, i.e. 4 mg/kg/day at treatment start and 2.4 mg/kg/day during the long-term phase, possibly reflecting a prudent attitude of the investigators toward possible long-term side effects of CsA treatment. Anyway, it is worth underlying that these dosages, lower than those usually re p o rted in CIU clinical trials, showed to be effective. Actually, only 2 patients dropped out due adverse events. One patient withdrew because of an increase in blood pressure after two weeks, which however was not severe. The average increase of SBP and DBP was neither clinically nor statistically significant. All other adverse reactions were mild to moderate in severity and did not require treatment discontinuation, except for one case of nausea. The analysis of efficacy revealed a dramatic effect of CsA on symptoms severity, as assessed Figure 4. Pruritus severity evaluated by means of a 100 mm VAS after 2, 4, 8 weeks and 6 months of treatment. Efficacy and tolerability of cyclosporine microemulsion in chronic idiopathic urticaria. An Italian multicentre collaborative study Collaborating centres: Centre Responsible Dermatologia - Arezzo Dr. Greco M. Cristina Dr. Mazzoli Sabrina Università degli Studi Magnagrecia - Cosenza Ambulatorio Immunologia e Allergologia - Ospedale M. Fazzi - Lecce Clinica Dermatologica - Ancona Dermatologia IDI Capranica - Viterbo Dermatologia - Ospedale di Treviso Istituto di Immunologia e Allergologia Clinica - Policlinico di Bari Casalnuovo di Napoli ASL Presidio Ospedale Polla e Sant’Arsenio - Salerno Dermatologia Ospedale Lanciano - Chieti Clinica Dermatologica Università Federico II - Napoli U.O. Dermatologico - Prato Clinica Dermatologica Policlinico - Pisa Medicina B - Policlinico Verona Dermatologia Ospedale di Belluno Medicina B - Policlinico Verona Clinica Dermatologica - Università di Genova Servizio Medicina Osp. - Divisione Dermatologia - Palermo Clinica Dermatologica Universitaria “La Sapienza” - Roma Clinica Dermatologica 2° Facoltà Medicina “La Sapienza” - Roma Divisione Dermatologica Ospedale Frascati - Roma Dr. Bottoni U. Dr. Muratore L. Dr. Cataldi I. Dr. Laurenti G. Dr. Simonetto D. Dr. Nettis E. Dr. Cerbone l. Dr. De Paola S. Dr. Mazzocchetti G. Dr. Procaccini E.M. Dr. Salvatore E. Dr. Nannipieri G. Prof. Pacor M.L. Dr. Carrabba E. Prof. Lunardi C. Prof. Drago Dr. Scuderi G. D.ssa Grieco T. Dr. Persichino S. Dr. Del Brocco by the Breneman’s total score, as early as after 2 weeks and a continuous further improvement until the 5th month. At the 6th month, the score remained stable around 1. Other reports had suggested the efficacy and safety of CsA on CIU during 2 to 4 months of treatment (12, 14, 15). Anecdotal positive experiences were reported up to 6-8 months of low dose CsA treatment (13). On the other hand, Baskan et al. suggested that CsA therapy for more than one month provides little further benefit (17). Our results seem to confirm that prolonged CsA administration induces continuous improvement in CIU symptoms, at least up to 5 months. On the other hand, we think that the early clinical response to CsA t reatment probably induced a number of patients to discontinue the drug before the 6 months end-point and not to attend the further scheduled visits. Our patients were not tested for autologous serum skin test (ASST) at the beginning of the study because some authors re p o rted that CsA works very well in all types of patients (12). Our data seem to confirm this observ a t i o n . We are aware that this survey suffers from the limitations of an open non controlled design and of the lack of rigorous study procedures. However, as stated before, we aimed at obtaining a very large number of patients treated in a natural clinical practice setting to evaluate the current management of CIU in Italy. Unfortunately, a small number of patients reached the 6-month treatment end-point, but it is a quite common experience in outpatient studies to lose patients to follow-up upon the resolution of symptoms. For the above mentioned reasons our results do not allow to draw definite conclusions, however they reflect the every day clinical practice in CIU and suggest that CsA can be effectively and safely used up to 6 months in patients with CIU not re s p o nding to antihistamines. A further large properly controlled clinical trial is required to confirm the efficacy and safety of long-term CsA in the treatment of resistant CIU, which also addre sses the issue of the relapse rate after treatment discontinuation. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 9 M.D. Colombo, A. Di Pietro References 1. Pigatto PD, Valsecchi RH. Chronic urticaria: a mystery. Allergy 2000; 55:306-308 2. Kozel MM, Sabroe RA. Chronic urticaria: aetiology, management and current and future treatment options. Drugs 2004; 64:2515-2536 3. Hide M, Francis DM, Grattan CEH, Hakimi J, Kochan JP, Greaves MW. Autoantibodies against the high-affinity IgE receptor as a cause of histamine release in chronic urticaria. 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Lipoatrophia semicircularis (LS) is is thought to be a very uncommon condition usually presenting as transient semiannular depressions, usually appearing on the anterior aspects of thighs of young women, due to loss of subcutaneous fat. Mechanical trauma has been suggested as a main pathogenic event. We describe two cases of LS, probably to be viewed, in our opinion, as an underestimated condition. KEY WORDS: Lipoatrophy, Lipoatrophia semicircularis Introduction Lipoatrophia semicircularis (LS) is due to loss of subcutaneous fat, presenting as semiannular depressions usually located on the anterior aspects of thighs. Young women a re most commonly affected. Mechanical trauma has been postulated as a major pathogenic factor. LS is thought to be a very uncommon condition. We describe two cases of LS, probably an underestimated disease, occured in young women. Report of two cases healthy areas, appeared not inflamed or thickened and without any sign of trauma or previous infiltration of metabolically active compounds. Palpation revealed a marked re d u ction of fat tissue. Routine blood laboratory test and urinalysis were within the normal range. An accurate anamnesis revealed a prolonged use of self blocking collants during pregnancy. Ecotomography with a 10 MHz probe showed a marked reduction of the subcutaneous fat. Patient refused biopsy. After six months both lesions resolved without any treatment. Case 1 A 38-year-old woman in otherwise good health presented with two semicircular depressions, with horizontal disposition, located bilaterally on the anteromedial aspect of thighs (Figure 1). Both lesions measure d about 5 x 20 cm, had developed during a recent pregnancy, about ten months before, and were asymptomatic. The patient had a strong psychologic discomfort due to aesthetic problems determined by LS. Lesional skin, as well as the sorrounding Figure 1. Semicircular depression, with horizontal disposition, located on the anteromedial aspect of the thigh. Servizio di Dermatologia Terme Acireale, ASL 3, Catania, Italy 2 U.O. Dermatologia, Dipartimento Oncologico "La Maddalena", Palermo, Italy 1 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 13 I. Luppino, G. Noto Case 2 A 23-year-old woman, presenting for a dermatological consultation for other causes, showed, on the antero-medial aspect of both thighs, two elongated depressed areas, measuring about 4 x 15 cm. Lesional skin did not show any sign of inflammation or thickening. At physical examination, palpation showed marked loss of subcutaneous fat. The patient, in otherwise good health, did not remember any potential factor or event which could be indicated as responsible for the lipoatrophy. A more accurated anamnesis revealed that she had repeated daily traumas on the same areas of thighs standing up from her working desk. She refused further clinical or laboratory investigations. Lesions disappeared about 9 months later without any treatment. Discussion LS was first described by Gschwandtner and Munzberg in 1974 (1) in three patients presenting with circular or semicircular depressed areas, disposed on the anteromedial aspect of thighs, clinically presenting atrophy of the subcutaneous fat. LS must be clinically distinguished fro m annular lipoatrophy as described by FerreiraMarques (2) and Shelley and Izumi (3), for lacking of complete ring formed by fat atrophy, and also from lipoatrophia centrifugalis abdominalis infantilis (4). LS seems to show a marked predilection for women (5) and although LS is considered a very uncommon condition, as only about 50 cases have been published in western literature, probably the clinical prevalence of this condition can be higher (6). Two paediatric cases have been described (7, 8). Clinically LS is a very particular condition, presenting as atrophic areas, with semicircular, ovoidal shape, mainly located on the thighs of young women, usually with horizontal disposition, quite often symmetrical, with a normal skin surface, asymptomatic (9). Other areas can be involved, namely legs (7), arms and trunk (10). In the major part of published cases LS resolved spontaneously in a range from 9 months to 4 years, rarely up to 8 years, uncommonly with a tendence to relapse (9). 14 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Figure 2. Lipoatrophia semicircularis of the hips. Aetiology of LS is actually unknown (11). A number of factors (neurologic, muscular metabolic) have been indicated as pathogenic, and in two sisters diabete was present (12). Mascàro and Ferrando (12) stated that a repeated mechanical trauma can give rise to subcutaneous fat atrophy showing as an example the wearing of tight jeans. Other authors suggested that direct pressure on the affcted area is responsible of LS, which can resolve after the identified trauma has been avoided (6, 9, 12). Repeated microtraumas could give rise to imflammation with sclerosis and subsequent atrophy (13). Bloch and Runne (14) suggested a reduction of blood flow, observed in individuals with a variation of the course of arteria femoralis circumflexa lateralis; this artery starts in the posterior area of the thigh and serves fat tissue of the latero-medial aspect of the thigh alimented by a number of anastomotic branchs, for this reason chronic micro ischemia could cause LS, after repeated traumas, in predisposed subjects. The detection of inflammation in the hypodermal microcirculation during the early phases of LS support this hypothesis (15). Concluding, in our opinion, LS can be viewed as a transient atrophy of the subcutaneous fat, in predisposed individuals, mainly due to repeated trauma. References 1. 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Ann Dermatol Venereol 1980; 107:421-6 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 15 Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES Fabio Rinaldi Elisabetta Sorbellini Paola Bezzola SU M M A R Y The treatment of abdomen skin laxicity with non ablative radiofrequency using FACES technique Abdominoplasty represents the elective treatment of abdomen skin laxicity. Now non ablative radiofrequency is a valid alternative to the surgery. In this article we report the results of a study in 50 female patients with abdomen skyn laxicity treated with non ablative radiofre q u e n c y. The results were positive in 80% of cases, without re l evant side-effects. KEY WORDS: Skin laxity, Non invasive radiofrequency, Aluma FACES Introduzione Uno dei sintomi dell’invecchiamento più difficili da trattare è la lassità cutanea, sia utilizzando tecniche invasive che, ancor di più, non invasive. Esistono molte metodiche in grado di curare i segni epidermici e dermici dell’invecchiamento cutaneo (dalla intense pulse light a specifici laser, ai peeling), ma poche capaci di determinare una contrazione del collagene così significativa da determinare una evidente riduzione della lassità (resurfacing con Co2 ultra pulsato, radiofrequenza non ablativa). Tra queste, però, solo la radiofrequenza non ablativa (NARF) è una tecnica non invasiva e priva, fondamentalmente, di effetti collaterali. L’efficacia e la non invasività della NARF ne hanno fatto una metodica di prima scelta per il trattamento della lassità cutanea del viso e del collo. La radiofrequenza non ablativa si è dimostrata una delle tecniche più efficaci per questo scopo da ormai qualche anno, e numerose pubblicazioni hanno ben evidenziato il suo meccanismo d’azione e gli effetti sul collagene. L’energia elettromagnetica trasmessa dalla corrente a radiofrequenza di uno strumento apposito determina una modificazione delle cariche elettriche con un movimento di elettroni attraverso le varie strutture cutanee, producendo un aumento della temperatura a livello del derma, del tessuto adiposo fino alla fascia del muscolo sottostante. Questo fenomeno è governato dalla legge di Ohm: E = I2 x Z x T, dove l’impedenza (Z) al movimento degli elettroni crea calore (joule) relativo al passaggio di corrente (I2) in relazione al tempo (secondi). Quanto maggiore è l’impedenza del tessuto (cioè la resistenza al movimento degli elettroni) tanto maggiore è il calore prodotto. Il calore prodotto stimola una contrazione volumetrica del collagene e, di conseguenza, anche uno stimolo di formazione di nuovo collagene. Nella cute il livello massimo di impedenza si produce nel tessuto adiposo: dove il tessuto adiposo è più spesso si sviluppa il maggior effetto del danno termico necessario, e quindi la maggior efficacia del trattamento. La capacità della radiofrequenza di determinare calo- Specialisti in Dermatologia Milano Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 17 F. Rinaldi, E. Sorbellini, P. Bezzola re negli strati profondi è alla base della sua efficacia nel trattamento della lassità, a differenza del calore provocato con tecniche di fototermolisi selettiva (laser o IPL) anche con lunghezze d’onda elevate capaci di colpire target non oltre il derma. La lassità della cute dell’addome pre s e n t a ancora più difficoltà di quella del viso, ed è, peraltro, uno dei sintomi di invecchiamento cutaneo che un numero sempre maggiore di donne desidera trattare. In questo caso la scelta di trattamento si riduce tra un intervento di addominoplastica (altamente invasivo, down-time importante, alti rischi di effetti collaterali) e, a nostro parere, il trattamento con NARF. Il grado di lassità, la scelta individuale del soggetto, la facilità di esecuzione, i risultati soddisfacenti ci portano a considerare la radiofrequenza non ablativa una tecnica indicata per il trattamento della lassità cutanea dell’addome. Il meccanismo d’azione della radiofrequenza trova una particolare indicazione a livello addominale, dal momento che in questa area lo spessore del tessuto adiposo varia solitamente dai 4.3 mm ai 10.6 mm, come facilmente dimostrabile con una valutazione ecografica. L’impedenza del tessuto prodotta dal campo elettrico della NARF determina un significativo aumento della temperatura a livello dei tessuti fino alla fascia del muscolo. La contrazione del collagene e la sintesi di neocollagene provocano una importante riduzione della lassità cutanea. Abbiamo condotto uno studio clinico su 50 donne affette da lassità cutanea addominale conseguente a gravidanza, dimagrimento i m p o rtante, invecchiamento, per verificare l’efficacia della NARF con manipolo bipolare Aluma FACES (Functional Aspiration Controlled Electrothermal Stimulation) (Aluma, Lumenis). L’emissione della corrente a radiofrequenza con manipolo bipolare determina un’alta stimolazione del collagene dell’area trattata, dal momento che l’impedenza dei tessuti è localizzata tutta ed esclusivamente tra i due elettrodi del manipolo bipolare. Al contrario, come dimostrato da Lack et al., l’emissione di radiofrequenza con manipolo monopolare determina la quasi totalità di impedenza in tutti i tessuti del corpo attraversati dalla corrente dalla punta del manipolo all’antenna di raccolta (tessuto adiposo in minima parte, muscoli e ossa in gran parte). 18 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Grazie a questo effetto è possibile effettuare trattamenti di NARF in assenza totale di dolore, con passaggi multipli per seduta a fluenze basse (da 2 a 10 Watts divisi in 5 livelli, con durata dell’impulso da 1 a 5 secondi, 3 vacuum), secondo un protocollo da noi definito. e metodi Materiali Un gruppo di 50 donne, sane, di età compresa tra 35 e 60 anni, sono state trattate per ridurre la lassità cutanea della regione addominale mediante applicazione di NARF dal luglio 2005 al luglio 2006, utilizzando un nuovo strumento per radiofrequenza con una frequenza di 468 kHz in modo non ablativo con manipolo bipolare (Aluma, Lumenis Co.). Tutti i soggetti trattati sono stati informati sulla natura sperimentale del pro c e d imento e tutte hanno controfirmato il consenso informato. Le donne in età fertile sono state sottoposte a test urinario di gravidanza prima del trattamento, che si è continuato solo in seguito alla comparsa del successivo ciclo mestruale. Di queste 50 donne, 30 mostravano segni importanti di lassità cutanea sia al quadrante superiore che inferiore dell’addome in seguito a gravidanze (18 una singola gravidanza, 12 ripetute), 7 presentavano i sintomi in seguito a forte dimagrimento, 13 in seguito a fisiologica perdita di tono cutaneo per invecchiamento (età tra 48 e 60 anni). Le condizioni cliniche della lassità erano fondamentalmente uguali in tutti i soggetti rispetto all’età, con una situazione lievemente peggiore nei soggetti più anziani. Non esistendo una specifica classificazione dell’invecchiamento addominale, abbiamo approntato un protocollo di studio per valutare gli eventuali miglioramenti mediante: 1) Valutazione fotografica basale, dopo 1, 3, 6, 8 mesi, mediante camera digitale ad alta risoluzione, illuminazione, distanza e posizione del soggetto standardizzate. Tutti i soggetti sono stati fotografati in posizione eretta per evitare immagini artefatte della lassità cutanea dovute alla posizione distesa. Tutte le immagini fotografiche sono state valutate da personale indipendente allo studio, e le modificazioni sono state classificate in un sistema grafico secondo 4 Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES PRIMA DOPO Figura 1. Radiofrequenza non ablativa: risultati del trattamento effettuato sull’addome. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 19 F. Rinaldi, E. Sorbellini, P. Bezzola parametri di modificazione: invariato, minimo, buono, ottimo. 2) Valutazione ecografica con Ecografo Esaote Technos MP, con sonda da 13 MHz e 10 MHz per valutare le modificazioni dello strato dermico, adiposo, prima del trattamento dopo 3, 6, 8 mesi. Nessun soggetto assumeva farmaci, né seguiva diete particolari. Il 40% delle donne trattate si sottoponeva ad un’attività fisica moderata. Il trattamento è consistito in 6 sedute consecutive di NARF con Aluma, effettuate a 7-10 giorni di distanza una dall’altra, erogando una potenza media tra 10 e 18 J/cm2, (4-6 Watts per 2.5-3 sec), e un valore di vacuum tra 3 e 4. Mediamente sono stati erogati tra i 130 e i 200 impulsi per ogni seduta, a seconda della grandezza dell’area da trattare, con 1 passaggio singolo e passaggi multipli (3) nelle zone in cui la lassità era maggiore. La ripetizione dei passaggi seguiva le linee di trazione cutanea. I trattamenti sono stati effettuati indipendentemente dal fototipo dei soggetti, dal periodo dell’anno. In nessun caso è stato necessario utilizzare nessun tipo di anestesia né di antidolorifico. Il down-time è stato immediato per tutti i soggetti, senza bisogno di medicazione e periodi di riposo post-trattamento. Il tempo medio di ogni seduta è stato di 30 minuti circa (range tra 20 e 40 minuti), e il trattamento completo si è concluso mediamente in 7 settimane (range tra 6 e 9 settimane). Ogni soggetto ha espresso un grado di autosoddisfazione del risultato rispetto al basale dopo 1, 3, 8 mesi, con due soli gradi di valutazione: soddisfatto, non soddisfatto. belico e la texture cutanea sono un marker molto evidente del miglioramento. La valutazione ecografica mostra dei segni sufficientemente omogenei, con un leggero ispessimento dello strato dermico, un ricompattamento dello strato adiposo e una diminuzione dei setti fibrosi al suo interno. La contrazione del collagene e la sintesi di neocollagene avvengono in modo graduale a part ire dalle settimane successive il trattamento. I dati di letteratura indicano che il massimo della contrazione si verifica normalmente entro il sesto mese dal trattamento. Con la tecnica di NARF bipolare si evidenzia un miglioramento costante nei mesi successivi, e una stabilizzazione delle modificazioni a part i re dal sesto mese. Il controllo all’ottavo mese ha evidenziato un mantenimento dei risultati ottenuti. La linea di miglioramento clinico sembra essere progressiva, con un aumento dell’effetto maggiore tra la terza e la quinta seduta (Figura 2). Figura 1. Risultati La valutazione dei risultati fotografici ha rivelato modificazioni giudicate tra buone e ottime in 40 soggetti su 50 (80%), minime in 4 soggetti (8%), invariate in 6 soggetti (12%) (Figura 1). In particolare è interessante notare che nel 34% si è ottenuto un risultato considerato ottimo, e nel 46% buono. A livello dell’addome il trattamento, nei casi favorevoli, dà una considerevole diminuzione della lassità e un evidente aumento del tono cutaneo, facilmente obiettivabile paragonando la presenza di rughe profonde, solchi, smagliature prima e dopo il trattamento. Anche la forma dell’om- 20 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Figura 2. Figura 3. Trattamento della lassità cutanea dell’addome mediante radiofrequenza non ablativa con manipolo bipolare con tecnica FACES Le risposte al test di auto-soddisfazione sono state fondamentalmente in linea con i risultati, anche se 3 delle donne che hanno ottenuto risultati minimi hanno manifestato una buona soddisfazione al risultato, come riportato nella Figura 5. In 2 soggetti si sono manifestate poche lesioni simili a leggere ecchimosi a seguito del trattamento. Si trattava di una donna di 54 anni (3 lesioni) e di 59 anni (4 lesioni) con cute particolarmente sottile. Discussione Il trattamento più comune, fino ad Figura 4. Figura 5. Il trend di miglioramento clinico dal tempo basale del reclutamento, al follow-up dopo 8 mesi è indicato nella Figura 3. Le caratteristiche delle donne che hanno riportato un risultato tra ottimo e buono è riportato nella Figura 3, dove A: 1 gravidanza, B: 2 gravidanze, C: > 2 gravidanze, D: dimagrimento. Nell’8% dei casi trattati si sono potute apprezzare minime modificazioni, clinicamente non significative, anche se fotograficamente evidenziabili. In questo gruppo la condizione clinica di partenza non era diversa dal gruppo con risultati positivi, così come la distribuzione dell’età era ugualmente rappresentata. È interessante notare che in questo gruppo di risultati minimi una modificazione dei parametri ecografici, simile a quella notata nel gruppo dei risultati positivi è stata apprezzabile. Nel 12% dei casi trattati non si è registrata alcuna variazione rispetto al basale in nessuno dei tempi di controllo. Anche in questo caso non è possibile individuare una possibile causa che ha determinato il risultato invariato. ora, per la lassità della cute dell’addome consisteva in un intervento chirurgico di addomino-plastica. Tale tecnica è decisamente invasiva, richiede un’adeguata anestesia, il ricovero per qualche giorno, un down-time estremamente lungo e complesso, e non è certamente scevra da effetti collaterali di una certa importanza. La possibilità di effettuare un trattamento ambulatoriale, non invasivo, assolutamente non doloroso, e che non richiede alcuna medicazione post-intervento, rappre s e n t a un’importante possibilità terapeutica. A nostro parere, un trattamento cosmetico di una zona del corpo di grandi dimensioni, come l’addome, può essere considerato di prima scelta se è in grado di ottenere risultati clinici significativi in modo totalmente noninvasivo. L’efficacia della radiofrequenza non ablativa è ormai ben dimostrata, e il suo effetto sul collagene documentato da numerosi Autori. La tecnica di NARF con manipolo bipolare permette di sfruttare l’efficacia della radiofrequenza, concentrando il massimo del meccanismo d’azione (la resistenza elettrica delle molecole dei tessuti attraversati con la conseguente formazione di calore) nell’area trattata, senza dispersioni non controllabili a livello del resto del corpo. Nella regione addominale lo spessore del tessuto adiposo è particolarmente abbondante, e forse questa potrebbe essere la ragione per cui la radiofrequenza porta a risultati nella maggior parte positivi in questa area. Il controllo dell’impedenza nell’area trattata permette anche di utilizzare livelli di potenza bassi, riducendo così la sensazione di calore e quindi di dolore o di effetti indesi- Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 21 F. Rinaldi, E. Sorbellini, P. Bezzola derati. La contrazione del collagene e la formazione di nuovo collagene a livello del derma, ma soprattutto della fascia del muscolo determina un aumento del tono cutaneo. Il miglioramento della lassità avviene nell’arco di 2 - 3 mesi, e fino a 6 mesi dopo il trattamento. Le modificazioni evidenziabili con ecografia cutanea mostrano un compattamento del tessuto adiposo delle aree trattate rispetto alla situazione basale, ma anche a zone limitrofe non trattate. Le valutazioni ecografiche hanno dimostrato un modesto aumento dello spessore del tessuto adiposo (2.4 mm circa), ma soprattutto un’evidente modificazione della struttura, che dopo il trattamento appare più organizzato, con minori setti fibrosi disposti longitudinalmente. Questo aspetto si manifesta pro g ressivamente durante il trattamento e perdura anche all’ottavo mese dalla sospensione, segno che non si tratta di una semplice contrazione transitoria da calore. La lassità della cute diminuisce, come dimostrato dalle foto cliniche, ma anche la qualità della pelle in generale migliora, così come è stato possibile rilevare una diminuzione di cellulite e di smagliature là dove presenti. L’esperienza clinica con radiofrequenza bipolare ci ha fatto scegliere un protocollo che prevedesse almeno 6 sedute, distanziate di 7 giorni una dall’altra, con margine massimo di 10 giorni di intervallo. Secondo la nostra opinione questa tecnica determina una modificazione del collagene più marcata se le sedute sono vicine. La progressione del risultato ci è parsa infatti maggiore, rispetto a quando si effettuano sedute intervallate di 15 o 21 giorni una dall’altra. Sono stati segnalati solo due casi che hanno riportato l’effetto indesiderato di formazione di lesioni ecchimotiche provocate dal meccanismo di vacuum dell’apparecchio. Si è trattato di lesioni di minima importanza, che si sono autorisolte spontaneamente nel giro di 5 giorni circa. La suzione esercitata dalla punta 22 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 su cute parzialmente atrofica per l’età è la causa del disturbo. Non è mai stato necessario ricorrere a medicazioni o alla sospensione del trattamento. Bibliografia 1. Lack EB, Rachel JD, D'Andrea L, Corres J. Relationship of energy settings and impedance in different anatomic areas using a radiofrequency device. Dermatol Surg. 2005; 31:1668-70 2. F. Rinaldi, P. Bezzola, E. Sorbellini. Radiofrequenza non ablativa nel ringiovanimento cutaneo. Poletto Editore, Ottobre 2004 3. Rinaldi F. Nuove frontiere della Radiofrequenza. Incontri di Dermocosmetologia Medica e Chirurgica Saint Vincent 9 - 12 Novembre 2005 4. Aster T, Tanzi E.Improvement of Neck and Cheek Laxity With a Nonablative Radiofrequency Device: A Lifting Experience. Dermatol Surg 2004; 30:503-507 5. J. Ruiz-Esparza. Noninvasive Lower Eyelid Blepharoplasty: A New Technique Using Nonablative Radiofrequency on Periorbital Skin. 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Rinaldi Studio critico retrospettivo sull’eff i c a c i a della Radiofrequenza non ablativa nel ringiovanimento cutaneo. Journal of Plastic Dermatology 2006 2: (2) 64-69 Valutazione della tollerabilità cutanea, dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee Federica Tamburi Carolina Bussoletti Alessandra D’Amore Leonardo Celleno SU M M A R Y Efficacy and skin tolerability of a new depigmenting cosmetic cream Epidermal hyperpigmentation (melanoderma) is a common disorder in day-to-day dermatologic practice, due to an increase in the melanin pigment, secondary to different causes. The most common causes are solar exposure, genetics and hormones. Other implicated causes are estrogens, progesterone and cosmetics. It usually develops during pregnancy or with the use of oral contraceptives. Various chemical agents produce depigmentation of the skin. Most cases of hypermelanosis during the past 2 decades have been treated with hydroquinone. The knowledge of melanocyte biology and processes in melaninogenesis has made remarkable progresses over recent years. In this article we describe a study for the evaluation of a new depigmenting cosmetic cream containing alpha-arbutin. KEY WORDS: Hyperpigmentation, Hydroquinone, Bleaching agents Introduzione Le “macchie” cutanee da iperpigmentazione melanica costituiscono uno dei problemi più importanti della dermatologia cosmetologica. La loro eziopatogenesi è riconducibile a diverse cause (1). Esse possono essere distinte in ipermelanosi dermiche ed epidermiche (Tabella 1). Tra le iperpigmentazioni di più comune riscontro ricordiamo soprattutto quelle conseguenti alle dermatiti fototossiche e, in misura minore, fotoallergiche. Queste patologie sono infatti in grande crescita, sia per un aumentato uso di sostanze topiche fotosensibilizzanti, ma anche per il sempre maggiore impiego di associazioni estro- progestiniche a scopo anticoncezionale. Ovviamente la gravidanza rimane la condizione fisiologica più importante durante la quale molte donne, nonostante i possibili accorgimenti fotoprotettivi, sviluppano più o meno intense iperpigmentazioni del volto (2, 3). Albert Kligman codificò nel 1975 l’uso dell’idrochinone per il trattamento “schiarente” delle iperpigmentazioni cutanee. Per molti anni il dermatologo è ricorso all’uso di questa sostanza sia nelle formulazioni galeniche che nei prodotti cosmetici, per il trattamento di tali patologie. Tuttavia, da tempo questa sostanza è stata vietata all’uso cosmetico a livello europeo per le sue potenzialità carcinogenetiche. Clinica Dermatologica Università Cattolica, Roma Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 25 F. Tamburi, C. Bussoletti, A. D’amore, L. Celleno Ipermelanosi epidermiche Melasma: chiazze marrone-grigiastre localizzate prevalentemente al volto. Efelidi: chiazze bruno-chiaro ocra di piccole dimensioni localizzate sul viso e parti scoperte. Lentiggini: chiazze bruno-nerastre localizzate su pelle e/o mucose. Lentigo senili: chiazze tondeggianti brunastre non confluenti localizzate prevalentemente su viso e mani, compaiono dopo i 50 anni Macchie caffelatte: chiazze bruno chiaro ovalari a contorni regolari o seghettati sul torace, cute lombare e a volte gli arti, presenti alla nascita, alcune volte osservate in sindromi multimalformative. Iperpigmentazioni: di estensione e colorito variabile, secondarie a: farmaci, traumi, post-infiammatorie, raggi UV, radioterapia, endocrinopatie. Ipermelanosi dermiche Macchie mongoliche: macule grigio-blu, presenti alla nascita, prediligono la regione lombare ed i glutei. Nevo di Ota: ipermelanosi di strutture oculari e della regione fronto-orbito-parietale. Nevo di Ito: iperpigmentazione della regione acromio-deltoido-scapolare. Tabella 1. Tale divieto ha suscitato non poche perplessità tra i dermatologi, soprattutto italiani, visto che al di là di ipopigmentazione da prolungato trattamento, non si erano mai riscontrati altri seri effetti collaterali correlabili all’uso dell’idro c h i n o n e . Il divieto di impiego di tale sostanza quale i n g rediente di cosmetici ad uso depigmentante, formulato su pare re del Comitato Scientifico di Cosmetologia dell’Unione Europea, fu motivato dal suo uso massivo da p a rte della popolazione di colore per ottenere e ffetti depigmentanti diffusi e marcati. In tali individui si era verificata la comparsa di e ffetti collaterali gravi quali la ocronosi, una dermatite granulomatosa deturpante. Questo, unito alla reale potenzialità carcinogenetica dell’idrochinone (se impiegato a concentrazioni superiori a quelle consentite e su vaste aree cutanee) determinò il divieto di uso dell’idrochinone nei prodotti depigmentanti (e non in altri prodotti cosmetici) (4). Da allora la ricerca cosmetologica si è attivata per tro v a re un valido sostituto di tale molecola che fosse al pari efficace, ma che garantisse un’elevata sicurezza d’impiego. Luminosità t0-t30 +2,69% t0-t60 +4,31% Nel tempo sono state proposte molte sostanze come l’Arbutina, l’acido Cogico, l’acido Glicirretico, con lo stesso scopo dell’idro c h inone, cioè di bloccare le tirosinasi, enzimi chiave nella produzione della melanina. Sebbene siano stati realizzati molti pro d o t t i con questi ed altri principi funzionali, il trattamento delle macchie cutanee rimane ancora un problema di difficile trattamento. Stimolati da questo abbiamo condotto uno studio, allo scopo di valutare il possibile impiego di un nuovo prodotto a base di alfaarbutina* (5-8) nella terapia delle iperpigmentazioni cutanee. e metodi Materiali Lo studio è stato eseguito in cieco singolo. Sono stati reclutati 20 pazienti, di età compresa tra 30 e 65 anni, di sesso femminile, che presentavano iperpigmentazioni cutanee al viso e alle mani, con fototipo (Fitzpatrick) da I a IV. Venivano inclusi soggetti che riferivano assenza di trattamenti farmacologici in atto topici e/o sistemici, anamnesi Variazioni percentuali Rossore t0-t30 -6,19% t0-t60 -10,31% Iperpigmentazione t0-t30 -6,22% t0-t60 9,20% Tabella 2. 26 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Valutazione della tollerabilità cutanea, dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee Legenda: 1: il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni 2: il prodotto non secca la pelle Figura 1. negativa per DAC (dermatite allergica da contatto). Si richiedeva l’impegno a non esporsi a fonti di luce UV naturali e/o artificiali per tutta la durata del test, a non utilizzare sulla cute del viso o delle mani altri prodotti ad attività schiarente, a non variare le proprie abitudini (sport, alimentazione etc.), e a non partecipare a test analoghi nei tre mesi precedenti lo studio. Venivano esclusi coloro che pre s e n t a v a n o manifestazioni cutanee sull’area in esame (ipertricosi, efelidi, eritema solare) che potevano interferire con la valutazione delle reazioni, donne in gravidanza e/o allattamento e coloro che riferivano allergie o reattività cutanea a prodotti cosmetici. Un controllo dermatologico è stato eseguito prima, dopo la prima applicazione, dopo 30 e dopo 60 giorni di trattamento. Ai volontari è stato fornito un diario giornaliero nel quale riportare l’eventuale comparsa di effetti indesiderati, descrivendone la localizzazione, l’intensità, il momento di comparsa, la durata e la eventuale correlazione con il prodotto in esame. L’efficacia cosmetica è stata valutata con le seguenti valutazioni strumentali di colorimetria e macrofotografia, eseguite prima (t0), dopo 30 (t30) e dopo 60 giorni di trattamento (t60). La colorimetria permette di valutare il colore della cute sulle iperpigmentazioni, tramite la rivelazione della luminosità (L), la quantità di rosso (a) e l’intensità del colore della cute (b), utilizzando il Chromameter CR200 (Minolta). In particolare, la luminosità (L) consente di misurare le differenze di chiaro/scuro che possono riscontrarsi prima e dopo il trattamento; la quantità di rosso (a) permette di individuare eventuali modifiche della componente di questo colore, oltre a monitorare l’eventuale comparsa di irritazione nell’area trattata; l’intensità del colore (b), espresso come quantità di giallo/ blu, consente di misurare le eventuali differenze di pigmentazione prima e dopo il trattamento. Sono state eseguite inoltre macrofotografie delle aree cutanee con iperpigmentazioni, con apparecchio fotografico Canon PowerShot G2 e supporto per immagini standard. Risultati I risultati ottenuti dopo 30 giorni di trattamento nella misurazione strumentale di colorimetria hanno mostrato che il prodotto in esame ha indotto un aumento del 2,69% della luminosità cutanea (L), una diminuzione del 6,19% della quantità di rosso (a) ed una diminuzione del 6,22% dell’intensità del colore della cute (b). Dopo 60 giorni è stato riscontrato un aumento del 4,31% della luminosità cutanea (L), una diminuzione del 10,31% della quantità di rosso (a) ed una diminuzione del 9,20% dell’intensità del colore della cute (b) (Tabella 2). Il confronto delle immagini fotografiche ottenute ai diversi tempi sperimentali hanno messo in evidenza un’attenuazione delle iperpigmentazioni. Sono state eseguite stampe dei casi più significativi, di differenze cliniche riscontrate nel confronto pre e post-trattamento. Efficacia cosmetica dopo 30 giorni di trattamento Relativamente all’efficacia cosmetica del prodotto in esame, dopo 30 giorni di trattamento, è stato messo in evidenza quanto segue (Figura 1): il 75% dei volontari ha riferito che il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni; l’85% dei volontari ha riferito che il prodotto non secca la pelle. Efficacia cosmetica dopo 60 giorni di trattamento Relativamente all’efficacia cosmetica del prodotto in esame, dopo 60 giorni di trat- Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 27 F. Tamburi, C. Bussoletti, A. D’amore, L. Celleno tamento, è stato messo in evidenza quanto segue (Figura 2): il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni; l ’85% dei volontari ha riferito che il prodotto non secca la pelle. Sulla base della misurazione colorimetrica, possiamo inoltre affermare che il trattamento dermoschiarente ha dimostrato una buona efficacia cosmetica schiarente, inducendo un aumento della luminosità e una diminuzione della quantità di rosso e dell’intensità del colore della Figura 2. Valutazione delle qualità cosmetiche dopo 4 settimane di trattamento (valutazione soggettiva) In relazione alle qualità cosmetiche del prodotto in esame è stato messo in evidenza quanto segue (Figurao 3): il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto ha un profumo gradevole; il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto si assorbe facilmente; il 100% dei volontari ha riferito che il prodotto non unge la pelle. Legenda: 1: il prodotto induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni 2: il prodotto non secca la pelle Valutazione della tollerabilità cutanea a 30 e 60 giorni Relativamente alla tollerabilità cutanea, il controllo dermatologico dopo 30 e 60 giorni di trattamento non ha evidenziato alcuna reazione cutanea al prodotto in esame, né riscontro di segni clinici ascrivibili al prodotto in esame; i volontari non hanno riportato effetti indesiderati relativi al prodotto in esame (Tabelle 3 e 4). sioni ConcluSecondo le condizioni sperimentali adottate in questo studio, sulla base del contro llo dermatologico e della valutazione soggettiva dei volontari, il trattamento dermoschiarente* ha dimostrato un’ottima tollerabilità cutanea. Tollerabilità Legenda: 1: il prodotto ha un profumo gradevole 2: il prodotto si assorbe facilmente 3: il prodotto non unge la pelle % di volontari nei quali è stata riscontrata la presenza di segni clinici ascrivibili al prodotto in esame (controllo dermatologico) % di volontari che hanno riferito presenza di effetti indesiderati ascrivibili al prodotto in esame (valutazione soggettiva) 0% 0% < 10 % 0% ≥ 10% 0% 0% < 25% +/dal 25 al 50% +/> 50% Ottima Buona Sufficiente Scarsa Tabella 3. 28 Figura 3. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Valutazione della tollerabilità cutanea, dell’efficacia e delle qualità cosmetiche di un prodotto cosmetico coadiuvante nel trattamento delle iperpigmentazioni cutanee Tipo di reazione cutanea ascrivibile al prodotto in esame (controllo dermatologico) % di volontari nei quali è stata riscontrata la presenza di segni clinici ascrivibili al prodotto in esame (controllo dermatologico) Tipo di effetto indesiderato ascrivibile al prodotto in esame (valutazione soggettiva) % di volontari che hanno riferito presenza di effetti indesiderati ascrivibili al prodotto in esame (valutazione soggettiva) Nessuna 0% Nessuno 0% Tabella 4. cute. Tali risultati sono stati confermati dalle macrofotografie eseguite ai diversi tempi di o s s e rvazione, che hanno evidenziato un’attenuazione delle iperpigmentazioni. I giudizi dei volontari relativi all’efficacia cosmetica di tale prodotto, hanno messo in evidenza che questo è stato apprezzato perché induce un’attenuazione delle iperpigmentazioni senza seccare la pelle. Va segnalato che in nes- Appendice 1 - Immagini relative al trattamento suno dei volontari partecipanti allo studio il prodotto ha indotto effetti collaterali. Il trattamento è stato apprezzato per le sue qualità cosmetiche perché ha un profumo gradevole, si assorbe facilmente e non unge la pelle. Possiamo perciò concludere che questo trattamento dermoschiarente si è dimostrato una buona alternativa terapeutica all’utilizzo dell’idrochinone nel trattamento depigmentante delle macchie cutanee, scevro dagli effetti collaterali tipici di quest’ultimo. Bibliografia 1. Ortonne J-P, Bahadoran P, fitzpatrick TB et al. Hypomelanoses and hypermelanoses. Dermatology in general medicine, 6th edn. New-York, Mc Graw-Hill, 2003:836-80 2. Kligman AM, Willis I. A new formula for depigmenting human skin. Arch. Dermat. 1975; 111:40-8 Paz. 1, sesso femminile, immagini all’inizio e al termine del trattamento (t0 e t60). 3. Mahe A, Ly F, Aymard G, Dangou JM. Skin diseases associated with the cosmetic use of bleaching products in women from Dakar, Senegal. Br J Dermatol 2003; 148: 493-500 4. Bulengo Ransby SM, griffiths CEM, Kimbrouugh-Green CK et al. Topical tretinoin for hypermaìented lesions caused by inflammation of the skin in black patients. N Eng J Med 1993;129:415-21 5. Sugimoto K, Nomura K, Nishimura T, Kiso T, Sugimoto K, Kuriki T. Syntheses of alpha-arbutin-alpha-glycosides and their inhibitory effects on human tyrosinase. J Biosci Bioeng 2005; 99:272-6 Paz. 2, sesso femminile, immagini all’inizio e al termine del trattamento (t0 e t60). 6. Kurosu J, Sato T, Yoshida K, Tsugane T, Shimura S, Kirimura K, Kino K, Usami S. Enzymatic synthesis of alpha-arbutin by alpha-anomer-selective glucosylation of hydroquinone using lyophilized cells of Xanthomonas campestris WU-9701. J Biosci Bioeng 2002; 93:328-30. 7. Sugimoto K, Nishimura T, Nomura K, Sugimoto K, Kuriki T. Syntheses of arbutin-alpha-glycosides and a comparison of their inhibitory effects with those of alphaarbutin and arbutin on human tyrosinase. Chem Pharm Bull (Tokyo). 2003; 51:798-801. Paz. 3, sesso femminile, immagini all’inizio e al termine del trattamento (t0 e t60). 8. Nishimura T, Kometani T, Okada S, Ueno N, Yamamoto T. [Inhibitory effects of hydroquinone-alpha-glucoside on melanin synthesis] Yakugaku Zasshi 1995; 115:626-32, Japanese. *(D-White trattamento dermoschiarente-VIVIFARMA) Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 29 Trattamento topico delle cheratosi attiniche con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5% Lucia Brambilla Biancamaria Scoppio Monica Bellinvia SU M M A R Y Topical treatment of actinic keratoses with 3% diclofenac in 2.5% hyaluronan gel Actinic keratoses are premalignant skin lesions recently considered as real carcinoma in situ. Several physical and local treatments can be used with different efficacy and adverse events. In this article, we consider the efficacy and tolerability of 3% diclofenac in 2.5% hyaluronan gel in 20 patients with extensive and often relapsing lesions. The treatment was well tolerated; only 2 patients interrupted the protocol, the former due to irritant contact dermatitis, the latter for non-compliance. In the remaining subjects, we observed a complete or significant remission in 44.4% and 38.8% of the patients, respectively, with a clinical benefit in more than 80% (83.2%) of the patients. KEY WORDS: Actinic keratoses, Diclofenac, Topical treatment Introduzione Le cheratosi attiniche (CA), sono lesioni precancerose da considerare, secondo diversi Autori (1), come veri e propri carcinomi in situ, a causa della potenzialità ad evolvere in carcinoma squamocellulare, e per analogia con altre displasie severe limitate all’epitelio (come il CIN della cervice uterina). Le CA insorgono per un’eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette; altri fattori di rischio sono secondari (esposizione a composti arsenicali, radiazioni ionizzanti) (2). La prevalenza è maggiore nei soggetti di razza caucasica. Tra i fattori di rischio più importanti ricordiamo la combinazione di fototipi I/II con esposizione cronica alle radiazioni ultraviolette; ma anche l’immunosoppressione esogena e le anomalie genetiche come l’albinismo o lo xeroderma pigmentoso sono predisponenti. La prevalenza delle CA è maggiore nel sesso maschile ed aumenta con l’avanzare dell’età (3). Clinicamente le CA sono rappresentate da piccole aree cheratosiche a contorni indistinti, eritematose o dello stesso colore della cute, talora pigmentate, apprezzabili al tatto per la loro ruvidezza. Le squame aderenti, se molto spesse, possono dare origine ad un corno cutaneo. Le atipie cellulari delle discheratosi prevalgono negli strati basali dell’epidermide senza invasione del derma e si caratterizzano per disordini architetturali, affastellamento dei cheratinociti che presentano atipie nucleo-citoplasmatiche. Tali alterazioni tendono ad approfondirsi negli osti follicolari, il che può determinare la comparsa di recidive dopo trattamento incompleto. La comparsa di infiltrazione o erosione deve far sospettare l’evoluzione della CA verso un carcinoma squamocellulare invasivo, che corrisponde istologicamente all’estensione delle atipie cellulari in profondità oltre la membrana basale (2). Tali lesioni rappresentano stadi diversi di evoluzione di una stessa patologia, manifestando entrambe eguali atipie citologiche e mutazioni geniche, come l’alterata espressione di geni oncosoppressori come p53, riscontrata in molte forme tumorali umane. Per questo motivo le CA sono da considerare come veri e propri carcinomi squamocellulari in situ, la cui capacità evolutiva è pari al 10% circa dei casi e si realizza in un periodo di 10-20 anni (4, 5). Tali lesioni infatti possono anche rimanere sta- Istituto di Scienze Dermatologiche Università degli Studi di Milano Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena, IRCCS - Milano Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 31 L. Brambilla, B. Scoppio, M. Bellinvia Tabella 1. N. pz Sesso Età 32 Sede Manifestazioni cliniche all’ingresso nello studio Lesioni multiple confluenti eritematose ricoperte da squame giallastre ruvide al tatto Singola lesione di 0,6 mm Eritematosa ed ipercheratosica ruvida al tatto Singola lesione di 0,7 mm ruvida al tatto in pz con 3 by-pass aorto-coronarici Singola lesione di 0,4 mm eritematosa ricoperta da squame giallastre ruvida al tatto recidiva post crioterapia Singola lesione di 0,7 mm eritematosa ricoperta da squame giallastre ruvida al tatto Tre lesioni di circa 0,4 mm eritematose ricoperte da squame giallastre ruvide al tatto Singola lesione di 0,5 mm eritematosa ed ipercheratosica ruvida al tatto Recidiva post crioterapia Singola lesione di 0,8 mm eritematosa ricoperta da squame giallastre ruvida al tatto in pz con M. Parkinson Tre lesioni di circa 0,4 mm eritematose ruvide al tatto 90 Risposta parziale Nessuno 90 Risposta parziale Nessuno 90 Risposta parziale Rash e prurito 90 Risposta completa Nessuno 90 Risposta parziale Nessuno 90 Risposta assente Prurito 90 Risposta completa Xerosi 90 Risposta parziale Rash 90 Risposta completa Nessuno Singola lesione di 0,4 mm eritematosa ricoperta da squame giallastre ruvida al tatto Recidiva post crioterapia Singola lesione di 0,7 mm eritematosa ed ipercheratosica ruvida al tatto Due lesioni di circa 0,4 mm ruvide al tatto Quattro lesioni di circa 0,5 mm eritematose ricoperte da squame giallastre ruvide al tatto 90 Risposta completa Nessuno 90 Risposta parziale Nessuno 90 Risposta completa Prurito 45 Dermatite irritativa Singola lesione di 0,6 mm eritematosa ed ipercheratosica ruvida al tatto in pz con pacemaker Volto Singola lesione di 0,6 mm eritematosa (dorso naso) ed ipercheratosica ruvida al tatto in pz con sindrome ansioso-depressiva Arti Cinque lesioni di circa 0,4 mm eritematose (dorso mani) ricoperte da squame brune ruvide al tatto Arti Tre lesioni di circa 0,5 mm eritematose (avambracci) ricoperte da squame giallastre ruvide al tatto Volto Singola lesione di 0,4 mm eritematosa (fronte) ed ipercheratosica ruvida al tatto Recidiva post crioterapia Capillizio Tre lesioni di circa 0,5 mm ruvide al tatto in pz con iniziale decadimento cognitivo 90 Non valutabile per anticipata sospensione trattamento Risposta assente 90 Risposta parziale Nessuno 90 Risposta assente Prurito 90 Risposta completa Nessuno 90 Risposta completa Rash e prurito 30 Non valutabile per anticipata sospensione trattamento Risposta completa Nessuno 1 M 72 Volto (fronte) 2 M 80 Volto (tempia dx) 3 F 60 Décolleté 4 F 64 Décolletté 5 M 79 Capillizio 6 M 68 Arti (dorso mani) 7 F 54 Volto (dorso naso) 8 M 73 Capillizio 9 M 65 10 M 62 Volto (padiglione auricolare) Capillizio 11 M 78 Capillizio 12 F 58 Décolleté 13 F 70 Arti (gambe) 14 M 58 Capillizio 15 F 62 16 M 63 17 F 76 18 F 74 19 M 69 20 M 70 Capillizio Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Singola lesione di 0,4 mm eritematosa ed ipercheratosica ruvida al tatto recidiva post crioterapia Durata Risposta clinica a 30g Effetti terapia da sospensione collaterali giorni terapia 90 Nessuno Xerosi Trattamento topico delle cheratosi attiniche con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5% bili per anni o regredire modificando le modalità di fotoesposizione (4, 5). In considerazione di tale capacità evolutiva le discheratosi necessitano di un precoce trattamento. Sono attualmente disponibili numerosi trattamenti fisici e topici efficaci nella terapia delle CA (crioterapia, DTC, chirurgia, terapia fotodinamica, 5-fluorouracile 2% crema, imiquimod 5% crema, diclofenac 3% in gel di ialuronato al 2,5%); pertanto il dermatologo può scegliere a seconda dei casi la cura più opportuna sulla base del tipo di lesione e delle condizioni di salute del paziente. In particolare, le terapie topiche consentono di ottenere una buona risposta con elevata compliance del paziente per la possibilità di un trattamento domiciliare. Tali cure si rivelano utili soprattutto nei casi di lesioni multiple o recidivanti, meno elegibili a trattamenti fisici anche per l’età avanzata o per le condizioni di salute generale del paziente. Tra i topici disponibili ricordiamo il 5-fluoro uracile, utilizzabile come galenico al 2%, e l’imiquimod crema al 5%, ancora “off-label” per le CA, (le indicazione registrate ne prevedono l’uso al momento solo per i condilomi acuminati e il carcinoma basocellulare superficiale). L’ e fficacia di tali preparati tuttavia è accompagnata da effetti collaterali, con irritazione cutanea a volte anche molto intensa, che possono causare la sospensione del trattamento (6). Minori effetti collaterali cutanei si accompagnano all’utilizzo del diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5%, farmaco antinfiammatorio non steroideo efficace nel trattamento delle CA (che ne rappresentano l’indicazione specifica). L’ e fficacia del farmaco si basa sulla sua capacità di inibire l’enzima ciclossigenasi, in particolare nella sua forma inducibile (COX-2). La COX-2 è un enzima proinfiammatorio coinvolto nel metabolismo dell’acido arachidonico, indotto da stimoli mitogeni e in grado di promuovere la carcinogenesi mediante meccanismi vari quali stimolazione dell’angiogenesi, incremento dell’invasività delle cellule tumorali e della proliferazione cellulare e inibizione della sorveglianza immunitaria (7). Tale ruolo è stato di recente avvalorato dall’evidenza dell’espressione di COX-2 nelle CA e nei carcinomi squamocellulari, isoenzima assente invece nella cute normale (8). L’azione del diclofenac risulta mediata dall’acido ialuronico, un glucosaminoglicano che ne facilita il passaggio attraverso la cute e forma un deposito intraepidermico, da cui rilascia gradualmente il farmaco prolungandone l’emivita (9, 10) ed evitando il realizzarsi di effetti di tipo sistemico o di sensibilizzazione, fotosensibilizzazione e fototossicità. Due recenti studi realizzati da Ortonne et al. (11, 12), hanno verificato come l’utilizzo del diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5% nel trattamento delle cheratosi attiniche non causi reazioni di sensibilizzazione, fotosensibilizzazione e fototossicità con o senza il concomitante utilizzo di filtri solari. Obiettivo del presente studio è quello di valutare l’efficacia e la tollerabilità del diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5% nel trattamento topico delle CA, riportando l’esperienza acquisita su una casistica personale di 20 pazienti con CA multiple o singole, spesso recidivanti, in soggetti in cui altri trattamenti fossero meno indicati per le condizioni generali del paziente o perché risultati fallimentari. e metodi Materiali Sono stati inclusi nello studio 20 soggetti con diagnosi clinica di CA, giunti alla nostra osservazione presso l’Istituto di Dermatologia dell’Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano tra maggio e luglio 2006. Sono stati esclusi pazienti con allergia al diclofenac, acido acetil salicilico o ad altri FANS, alcol benzilico, polietilenglicol-monometiletere-350-sodio-ialuro n ato o con malattie dermatologiche, come la psoriasi, che potessero interferire con l’assorbimento cutaneo del farmaco (13). Nella Tabella 1 sono riassunte le caratteristiche dei pazienti. La casistica comprende 20 pazienti di cui 12 uomini e 8 donne, con età compresa tra 54 e 80 anni (media 67,75). Le sedi corporee interessate mostrano un maggior interessamento del capillizio (7 casi) e del viso (6 casi), minor p revalenza su arti (4 casi) e decolletè (3 casi). 12/20 casi presentavano lesioni singole, di cui 5 recidivanti; 8/20 soggetti erano affetti da lesioni multiple e confluenti. 5 pazienti presentavano condizioni generali scadute, tra cui 2 casi di decadimento cognitivo e 4 pazienti avevano un’età superiore ai 75 anni. Lo studio ha previsto un esame clinico completo all’arruolamento, una visita a 90 giorni dall’inizio della terapia ed un follow up a 30 giorni dalla sospensione della stessa. I partecipanti allo studio, hanno applicato il diclofenac al 3% in Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 33 L. Brambilla, B. Scoppio, M. Bellinvia gel di ialuronato al 2,5%, 2 volte al dì per 3 mesi, in quantità di circa 0,5 g per 5 cm2 di area interessata, in associazione ad uno schermo solare. Un paziente su due è stato seguito anche mediante documentazione fotografica. Durante ogni visita tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame obiettivo dermatologico che evidenziava il numero di CA e le caratteristiche cliniche delle lesioni, quali dimensioni, eritema, ipercheratosi e ruvidezza al tatto. Allo scopo di facilitare la penetrazione del farmaco, tutte le lesioni con ipercheratosi sono state p reparate rimuovendo squame e/o croste mediante curettage. Sono stati registrati gli eventuali eventi avversi a 90 giorni o prima, nel caso di interruzione di terapia. La risposta clinica è stata valutata dopo un mese dalla sospensione del trattamento. Si è considerata risposta completa (RC) la scomparsa clinica della discheratosi; risposta p a rziale (RP) una riduzione della lesione superiore al 40%; risposta assente (RA) una riduzione inferiore al 40%. RisultatiDei 20 pazienti arruolati, 2 si sono ritirati dallo studio: un primo per la comparsa di dermatite irritativa da contatto (DIC) nell’area di applicazione, con test epicutanei negativi per il diclofenac 3% in ialuronato 2,5% gel, un secondo per scarsa compliance in paziente con decadimento cognitivo. Il risultato finale è stato valutato a 30 giorni dalla sospensione della terapia nei 18 pazienti che hanno portato a termine il trattamento, con RC osservata in 8 su 18 pazienti (44,4 %), RP in 7 su 18 pazienti (38,8 %) e RA in 3 su 18 pazienti (16,6 %). Per quanto riguarda la sede, la mancata risposta si è registrata in tutti i casi per lesioni localizzate agli arti superiori, probabilmente per il loro maggiore spessore in tali sedi. Ottima risposta hanno invece mostrato volto e capillizio (risposta parziale o completa in 11 pazienti su 12 che hanno portato a termine il trattamento). 8/20 pazienti trattati (40%) hanno lamentato almeno un effetto collaterale a livello cutaneo quali eritema, prurito, xerosi di lieve e media entità, tutti risoltisi spontaneamente senza alcun trattamento. Solo in un caso di DIC imponente in paziente con lesioni agli arti (pz n°13), l’intensità della reazione ha 34 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 p o rtato alla sospensione della terapia. Nonostante lo studio si sia svolto in mesi con irraggiamento solare, nessun paziente ha manifestato reazioni di fotosensibilizzazione e/o fototossicità. Conclusioni In questo studio l’uso del diclofenac 3% in ialuronato 2,5% gel è risultato efficace e ben tollerato nel trattamento topico delle CA. Tale terapia topica ha infatti indotto una RC o un miglioramento significativo, rispettivamente nel 44,4% e nel 38,8% dei pazienti, con una miglioramento clinico complessivo in oltre l’80% (83,2%) dei soggetti che hanno portato a termine il trattamento (15/18 pazienti), comportando effetti avversi solo a livello cutaneo, perlopiù di lieve e media entità. In un solo soggetto si rendeva necessaria la sospensione del trattamento per la comparsa di una DIC nell’area di applicazione con test epicutanei negativi, mentre in un secondo soggetto l’applicazione è stata interrotta prematuramente per scarsa compliance. La possibilità di un trattamento domiciliare e la sua buona tollerabilità fa sì che tale terapia sia ben accetta ai pazienti, permettendo un trattamento precoce ed efficace di CA in cui, per estensione o caratteristiche generali del paziente, trattamenti maggiormente invasivi sarebbero meno indicati. Tale trattamento è probabilmente più indicato per lesioni situate a livello di volto, capillizio e decolleté, mentre i risultati sembrano meno p romettenti per le lesioni degli arti o comunque in queste sedi è, a nostro parere, da pre nd e re in considerazione un periodo più lungo di trattamento o l’associazione con cheratolitici. Il vantaggio del diclofenac 3% in ialuronato 2,5% gel è inoltre, a nostro parere, la possibilità di trattare in modo semplice ed efficace non solo le lesioni clinicamente evidenti ma, tutta l’area su cui le CA si sviluppano, riprendendo il concetto di “area di cancerizzazione”, introdotto per la prima volta nel 1953 da Slaughter et al. (14) per spiegare lo sviluppo di tumori primari multipli e di recidive neoplastiche locali su aree precedentemente trattate. Quest’area, delimitante alcuni tumori epiteliali (come quelli cutanei, orali, polmonari, intestinali, vescicali e uterini), è costituita da cheratinociti con differenti livelli di alterazioni Trattamento topico delle cheratosi attiniche con diclofenac al 3% in gel di ialuronato al 2,5% PRIMA Figura 1. Paziente n. 1: risposta parziale a 90 giorni di lesioni multiple confluenti in sede frontale. Figura 2. Paziente n. 10: risposta completa a 90 giorni di singola lesione del capillizio. Figura 3. Paziente n. 18: risposta completa a 90 giorni di singola lesione frontale. DOPO 1a 1b 2a 2b 3a 3b genetiche (interessanti inizialmente P53) e talora istologiche. L’area di cancerizzazione, pur essendo priva di potenziale metastatico, presenta origine monoclonale e alta capacità proliferativa, tale da poter sostituire vaste aree di epitelio normale; questo aumenta il rischio di insorgenza di neoplasie secondarie nell’area di sviluppo del tumore primario dopo asportazione (15). Pertanto la diagnosi e la terapia delle CA, necessaria per la loro capacità evolutiva, deve tener conto non solo del tumore ma anche dell’area di insorgenza: il trattamento, è importante anche come prevenzione e l’applicazione di topici come il diclofenac 3% in ialuronato 2,5% gel consente ottimi risultati non solo sulle lesioni clinicamente visibili, ma è anche in grado di contrastare tali effetti “di area”. Bibliografia 1. Ackerman AB, Mones JM. Solar (actinic) keratosis is squamous cell carcinoma. Br J Dermatol. 2006; 155:9-222) 2. Saurat J, Grosshans E et al. Dermatologia e malattie sessualmente trasmesse. Edz 2. 2000 3. Salasche SJ. 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Kleyn CE, Bharati A et al. Contact dermatitis from 3 different allergens in solaraze gel. Contact Dermatitis 2004; 51:215-6 14. Slaughter DP et al. «Field cancerization» in oral stratified squamous epithelium. Cancer (Phila.) 1953; 6:963-968 15. Boudewijn J et al. A genetic explanation of Slaughter’s concept of field cancerization: evidence and clinical implications. Cancer Res 2003; 63:1727-30 Acido-L-polilattico: nostra esperienza e prospettive future Piero Rosati1 Stefano Corallini2 SU M M A R Y Poly-L-lactic-acid: our experience and future perspectives Facial ageing displays a loss in muscle tone, fat tissue distrophy, jaw line laxity, mid and lower facial volume loss and folds. In the aesthetical correction of such defects, the use of Poly-L-lactic-acid (PLLA) has given excellent results, due to its capacity to re-construct soft tissues and to its long-lasting effects. The authors, in the light of the obtained results, suggest for the future prospects, the association of PLLA as completing to the mini-invasive surgery of the facial ageing. KEY WORDS: Poly-L-Lactic-Acid, Facial ageing, Skin rejuvination, Minimal invasive surgery aratteristiche Introduzione C Una cute invecchiata presenPolimero dell’acido lattico ta perdita di tono muscolare, distrofia del tessuto adiposo, riassorbimento delle strutture ossee con conseguente dermatocalasi del secondo e terzo medio del volto, assottigliamento o ispessimento del derma e formazione di rughe o solchi (1). Nella correzione estetica di tali dismorfismi, l’uso di acido-L-polilattico (PLLA) ha dato risultati ottimali, poiché in grado di ricostituire i tessuti molli (2). PLLA, presente in Italia dal 2000 e autorizzato FDA dal 2004 per lipoatrofia del volto da terapia antiretrovirale nel paziente HIV positivo, è stato largamente usato in Europa dal 1999, USA e Australia, dimostrando validità di meccanismo d’azione, tollerabilità e scarsi effetti indesiderati (>1%), comunque non superiori a quelli riferiti con altri fillers (3). sintetico, biodegradabile, bioriassorbibile (emivita 18 mesi), immunologicamente inerte. Altri utilizzi in medicina: fili di sutura, placche, viti, vettori, impianti. Eccipienti: mannitolo apirogeno, caramellosi sodica. Preparazione: almeno 12 ore prima dell’impianto, aggiungere al liofilizzato presente in boccetta acqua sterile PPI in quantità variabile (da 4 a 6 cc); 1 cc di acqua può essere sostituito con lidocaina; utilizzare siringa da 2 ml con ago da 26 g. Conservazione della sospensione: temperatura ambiente; iniettare entro le 72 ore. Meccanismo d’azione: stimolazione dei fibroblasti e formazione indotta di endocollagene. Non richiede test. 1 Professore di Chirurgia Plastica ed Estetica della Testa e del Collo 2 Aiuto Tecnico-Chirurgico Università degli Studi di Ferrara Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 39 P. Rosati, S. Corallini PRIMA Metodi Selezione del paziente Sono stati trattati 78 pazienti di età compresa tra i 35 ed i 65 anni, maschi e femmine, con un follow-up da 12 a 48 mesi. Gli impianti sono stati distanziati di 4/5 settimane gli uni dagli altri ed il numero degli stessi è stato da un minimo di due ad un massimo di quattro . Tecniche di impianto La sospensione è stata iniettata subdermica in intere aree su cute perfettamente detersa e disinfettata, con tecnica a tunnel e a rete. Trattamenti post-impianto Di basilare importanza ai fini del risultato è il massaggio, da e s e g u i re energicamente per circa 15 minuti (subito dopo l’impianto) allo scopo di garantire la corretta distribuzione delle microparticelle di PLLA in tutta l’area trattata. Indispensabile la collaborazione del paziente, che deve massaggiare la stessa area due volte al giorno per almeno dieci giorni, più delicatamente e per un tempo inferiore . Effetti secondari Edema, arrossamenti, ecchimosi possono talvolta comparire transitoriamente; si possono facilmenbe risolvere con l’applicazione locale di ghiaccio. 40 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 DOPO Acido-L-polilattico: nostra esperienza e prospettive future PRIMA DOPO Alcuni pazienti hanno riferito senso di calore e di tensione da attribuire allo sfregamento del massaggio ed al volume dell’acqua usata come vettore. Valutazione dei risultati La valutazione dei risultati si è basata sulla comparazione delle foto scattate prima e dopo i trattamenti. In tutti i casi sono stati riferiti miglioramenti della zona trattata, in part i c o l are dal punto di vista del maggior turg ore acquisito, del riposizionamento dei volumi e della “consistenza” del derma. Discussione Sulla base dei risultati ottenuti ed in risposta alla sempre crescente domanda di chirurgia dell’invecchiamento facciale conservativo e più rispettoso dell’anatomia, questa metodica appare in prospettiva futura un ottimo completamento del gesto chirurgico. Bibliografia 1. Gilchrest BA., A review of the skin ageing and its medical therapy. Br J Dermatol. 1996, 135(6):867-7 2. Gilchrest BA., Skin ageing 2003: recent advances and current concepts. Cutis. 2003; 72(3 suppl): 5-10 3. Lemperle G, Romano JJ, Busso M., Soft tissue argumantation with artecoll: 10-year h i s t o ry, indications, techniques. Dermatol Surg. 2003; 29:573-87 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 41 Variazioni proliferative e morfologiche dei fibroblasti di origine umana in colture addizionate con acido jaluronico Maurizio Cavallini1 Marco F. Papagni1 Alberto Mangano1 Mario Marazzi2 SU M M A R Y Proliferative and morphologic variations of the fibroblasts of human origin in cultivations added with jaluronic acid The hyaluronic acid has conquered the confidence of all, medical staff and patients, becoming the leader in the world of fillers. Purpose: To determine the existence and the modalities of interaction between the hyaluronic acid commonly used in aesthetic medicine treatments and fibroblastic cells of human origin. Patients and Methods: in this experimental study hyaluronic acid was placed in human fibroblast cultivatives obtained from 10 patients of female sex with age between 25 and 45 years. For every patient a triple fibroblast cultive was created with a control group and others with an increasing concentration of hyaluronic acid. The cultivation mediums were subsequently controlled with the use of optical microscopy and haemocitometry. Results: the fibroblast reproduction speed is not influenced by the presence of stabilized hyaluronic acid in the cultive medium; no morphologic variations or proliferative changes were observed in the fibroblastic cells of human origin placed in the cultive medium with an increased amount of hyaluronic acid. Conclusion: the hyaluronic acid implants do not interfere with the metabolic cellular processes of fibroblasts; thus we can conclude that hyaluronic acid has a safe biocompatibility profile. KEY WORDS: Hyaluronic acid, Human fibroblast cultures Introduzione L’uso di acido jaluronico in medicina estetica è relativamente recente e molto diffuso. Viene impiegato per appianare le rughe e quindi cancellare questi inevitabili segni di invecchiamento cutaneo, per aumentare il volume delle labbra e donare maggior armonia ad un viso con labbra piccole o poco pronunciate. Il successo dell’acido jaluro n i c o deriva dalla relativa semplicità di applicazione, dalla sua totale biocompatibilità, dall’assenza di effetti collaterali del trattamento, Unità Operativa di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva IRCCS Galeazzi - Milano, Italia 2 Centro di Riferimento Regionale Lombardia per le Colture Cellulari Ospedale Niguarda Milano, Italia dalla reversibilità nell’arco di pochi mesi del trattamento stesso, e dalla sua versatilità. Inoltre i risultati ottenuti con l’applicazione di acido jaluronico come filler sulle rughe e nelle labbra sono molto buoni e sempre graditi dai pazienti. Esistono due tipi di molecole di acido jaluronico; uno a catena lineare che ha effetti rivitalizzanti e idratanti sulla cute, il secondo tipo a legami crociati che ha invece effetto di riempimento sia diretto che indiretto per azione osmotica. La quantità di legami 1 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 43 M. Cavallini, M.F. Papagni, M. Marazzi, A. Mangano crociati tra le due catene di acido jaluronico cross-linkato è direttamente pro p o rz i o n a l e a l l ’ e ffetto riempitivo e all’emivita di questa sostanza una volta iniettata. In letteratura scientifica esistono innumerevoli pubblicazioni sull’acido jaluronico, ne abbiamo analizzate 1700, finalizzate alla descrizione della molecola, alle sue caratteristiche funzionali e di biocompatibilità. Ciò di cui la letteratura internazionale è carente, e che è anche lo scopo dello studio che è stato condotto, è di ricerche mirate a verificare se esistono e quali siano le interazioni che l’acido jaluronico esercita nei confronti di cellule f i b roblastiche di origine umana, quando viene addizionato ai terreni di coltura di queste cellule. Figura 1. Terreno di coltura di controllo. Figura 2. Coltura 0,5 ml. Frammenti di acido jaluronico come zone di rifrangenza luminosa. e metodi Materiali Nello studio condotto è stato utilizzato acido jaluronico stabilizzato (sotto forma di molecole incrociate di jaluro n a t o ) . Le caratteristiche della sostanza utilizzata sono l’origine non animale, e quella di essere una molecola poco modificata (1%), stabilizzata, sotto forma di gel sterile viscoelastico alla concentrazione di 24 mg\ml. È stato posto l’acido jaluronico in colture di fibroblasti umani provenienti da 10 pazienti di sesso femminile con età compresa tra i 25 e i 45 anni. La tecnica sperimentale che è stata utilizzata prevedeva la separazione dermo-epidermica da cute sana; dal derma così ottenuto sono stati selezionati, da cellule bancate in azoto liquido, cellule fibroblastiche candidate allo studio sperimentale. A questo punto, attraverso la digestione in collagenasi della matrice intercellulare del derma e la separazione delle cellule mediante tripsinizzazione, sono stati isolati i fibroblasti umani. In un secondo tempo le cellule fibroblastiche sono state poste in coltura primaria in DMEM che è stato sostituito ogni tre giorni. Dopo un nuovo processo di tripsinizzazione, i fibroblasti sono stati contati e riseminati in capsula di Petri da 6 mm. Ottenuta quindi una coltura cellulare di fibroblasti di origine umana si è passati alla seconda fase dello studio. Per ogni paziente sono stati eseguiti in triplicato una semina con terreno di coltura di 44 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Figura 3. Coltura da 1 ml. Frammenti di acido jaluronico come zone di rifrangenza luminosa. Figura 4. Coltura da 2 ml. Frammenti di acido jaluronico come zone di rifrangenza luminosa. base come controllo (Figura 1) e semine con medium addizionato con acido jaluronico a concentrazioni crescenti: 0,5 ml, 1 ml, 2 ml. Gli obbiettivi di questo studio sperimentale erano di accert a re eventuali variazioni morf ologiche, proliferative e della velocità di pro l iferazione cellulare dei fibroblasti posti in un t e r reno di coltura arricchito con acido jaluronico. Variazioni proliferative e morfologiche dei fibroblasti di origine umana in colture addizionate con acido jaluronico Risultati La terza fase dello studio prevedeva, per un periodo continuativo di 15 giorni, l’osservazione quotidiana della semina sui terreni di coltura e la conta dei fibroblasti. Questa operazione veniva effettuata con l’uso della microscopia ottica a contrasto di fase con ingrandimento 10x e con un’apparecchiatura emocitometrica. I dati ottenuti dallo studio condotto sull’effetto che produce l’acido jaluronico addizionato a t e r reni di coltura di fibroblasti di origine umana sono stati i seguenti: la velocità di riproduzione fibroblastica non viene influenzata dalla presenza sul terreno di coltura di acido jaluronico stabilizzato; non sono state osservate variazioni morfologiche né pro l i f e r ative delle cellule fibroblastiche di origine umana poste in colture addizionate con acido jaluronico a quantità crescente (Figure 2-4). D iscussione Sulla base dei risultati ottenuti da questo studio sperimentale è possibile affermare che la replicazione dei fibroblasti non subisce alcuna inibizione di crescita, in senso proliferativo e/o da contatto, dalla presenza di acido jaluronico. Ciò significa che nelle procedure di riempimento delle rughe facciali l’acido jaluronico crosslinkato non interferisce con i processi di turnover cellulare e che viene mantenuta l’ortodermia cutanea. L’acido jaluronico inoltre ha dimostrato di non produrre effetti citotossici sulle cellule fibroblastiche, suggerendo una totale sicurezza clinica degli impianti. Le cellule fibroblastiche a contatto con acido jaluronico non subiscono modificazioni morfologiche ipo o iperplastiche, e il ciclo cel- lulare di queste cellule non viene influenzato. Pertanto si può affermare che l’acido jaluronico sia dotato di ottime caratteristiche di biocompatibilità cutanea, svolgendo la sua funzione di “filler” senza interferire sui processi metabolici cellulari fibroblastici. Letture consigliate Andre P, Lowe NJ, Parc A, Clerici TH, Zimmermann U. Adverse reactions to dermal fillers: a review of European experiences. J Cosmet Laser Ther 2005; 7:171-6 Wise JB, Greco T. Injectable treatments for the aging face. Facial Plast Surg. 2006; 22:140-6 Epply BL, Dadvand B. Injectable soft-tissue fillers: clinical overview. Plast Reconstr Surg. 2006 15; 118:98e106e Andre P. Evaluation of the safety of a non-animal stabilized hyaluronic acid (NASHA - Q-Medical, Sweden) in European countries: a retrospective study from 1997 to 2001. J Eur Acad Dermatol Venereol 2004; 18:422-5 Lambros V - The use of hyaluronidase to reverse the effects of hyaluronic acid filler. Plast Reconstr Surg 2004; 114:277 Laeschke K - Biocompatibility of microparticles into soft tissue fillers. Semin Cutan Med Surg 2004; 23:214-7 Andre P. Hyaluronic acid and its use as a “rejuvenation” agent in cosmetic dermatology. Semin Cutan Med Surg 2004; 23:218-22 Narins RS, Bowman PH. Injectable skin fillers. Clin Plast Surg. 2005; 32:151-62 Carruthers J, Klein AW, Carruthers A, Glogau RG, Canfield D. Safety and efficacy of nonanimal stabilized hyaluronic acid for improvement of mouth corners. Dermatol Surg 2005; 31:276-80 Homiez MR, Watson D - Review of injectable materials for soft tissue augmentation. Facial Plast Surg 2004; 20:21-9 Day AJ, de la Motte CA. Hyaluronan cross-linking: a protective mechanism in inflammation? Trends Immunol. 2005; 26:637-43. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 45 Patologie cutanee da tessuti Paolo D. Pigatto Lucretia A. Frasin SU M M A R Y Clothing dermatitis Clothes and clothing accessories are one of the most frequent causes of contact dermatitis. There are many data showing that the frequency of textile-dye allergy is increasing, however the exact incidence of clothing dermatitis is unknown (from 1% to 15%). Recent studies from Germany, Austria and North America demonstrate that contact dermatitis produced by allergic or irritant reactions to clothing is more frequent than previously thought. In the second half of nineties in Italy the GIRDCA (Gruppo Italiano Ricerca Dermatiti da Contatto e Ambientali) extimed that the incidence of clothing dermatitis in Italy was 10% of all extraprofessional allergic contact dermatitis. In the future, for the increasing skin sensitisation of European population and the elevated commercialization of non controlled products from other countries, contact dermatitis will be a public health problem. This context requests some new prevention strategies. KEY WORDS: Clothing dermatitis, Textile-dye allergy, Prevention Introduzione La cute ha un ruolo fondamentale nel proteggere l’organismo umano dall’ambiente esterno, tanto è vero che la vita non è possibile quando ampie aree del mantello cutaneo sono gravemente danneggiate, come si verifica ad esempio per i grandi ustionati. Questo ruolo globale di protezione si esplica in diverse modalità che, considerate singolarmente, costituiscono altrettante funzioni della cute. Le stesse funzioni protettive sono espletate dagli indumenti che da tempi remoti vengono utilizzati dall’uomo sovrapposti direttamente sulla cute in ogni periodo della sua vita. Durante i primi periodi di vita sulla terra l’uomo si è coperto con pelli di animali utili per proteggersi dal freddo notturno o invernale. Il periodo e le ragioni in cui gli uomini hanno cominciato a vestirsi intrecciando fibre vegetali ed animali, rimangono ancora oggi sconosciuti. Per millenni gli uomini hanno utilizzato fibre naturali di tipo cellulosico e quindi di derivazione vegetale (cotone, canapa e lino) e di tipo proteico e pertanto di derivazione animale (lana e seta). Alla fine del secolo scorso i chimici sono stati in grado di copiare i polimeri naturali in forma fibrosa e di formare polimeri da sostanze chimiche semplici arrivando a sintetizzarne ben 21 tipi di fibre differenti e in ogni modo ben distinte le une dalle altre (fibre artificiali). Le fibre sintetiche sono ottenute da polimeri sintetici lineari di condensazione (poliammidi, poliesteri, etc) e di addizione (acriliche). Questi polimeri formano “la spina dorsale” della fibra: essa è però costituita da numerosi prodotti chimici che si formano come fattori collaterali nel processo di polimerizzazione e con la presenza di numerosissimi additivi chimici. Molti di questi additivi sono aggiunti per conferire alcune caratteristiche ai singoli tessuti quali l’idrorepellenza, l’ingualcibilità, la resistenza alle fiamme e l’anti-staticità. Tutti questi procedimenti vengono definiti genericamente finissaggio. Istituto di Scienze Dermatologiche FRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli Regina Elena Mlano Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 47 P.D. Pigatto, A.L. Frasin tossiche presenti tessuti Cute eneisostanze La valutazione dei rischi legati alla esposizione della cute a sostanze tossiche, c a n c e rogene, presenti nei prodotti tessili sono state oggetto di numerose ricerche a livello internazionale ma non hanno ancora permesso di definire correlazioni dimostrabili scientificamente con alcune patologie croniche. I riferimenti scientifici che hanno permesso l’individuazione di sostanze pericolose da eliminare tramite le norme o tramite marchi volontari sono di tipo pre c a u z i o n a l e e fanno riferimento a pubblicazioni scientifiche relative all’esposizione durante il pro c e sso produttivo o al loro impatto sull’ambiente (1-10). Manca tuttora una formulazione condivisa dal mondo scientifico di un modello per la valutazione dell’esposizione della cute ai prodotti tessili indossati e uno studio accurato sulle sostanze che effettivamente rimangono nel prodotto tessile finale. Non vi è un flusso continuo, aggiornato ed utilizzabile dei i risultati della ricerca scientifica sulle esposizioni professionali nel settore tessile ed i possibili effetti di quelle sostanze sui consumatori e mancano pro f e s s i o n alità in grado di integrare le conoscenze di c a r a t t e re sanitario con quelle relative ai prodotti tessili (11-14). Le correlazioni tra le sostanze irritanti e sensibilizzanti presenti nei prodotti tessili e patologie quali le dermatiti da contatto irritanti acute e croniche (DIC), le dermatiti allergiche da contatto (DAC), le esacerbazione delle dermatiti atopiche e le orticarie da contatto sono state invece maggiormente studiate soprattutto in Italia grazie al contributo del Gruppo Italiano Ricerca Dermatiti da Contatto e Ambientali (GIRDCA poi divenuta SIDAPA) che ha studiato oltre 42.000 casi negli anni 1984-1993 (5). In tale studio si stimava, che la Dermatite Allergica da Contatto ( DAC) da indumenti rappre s e n t a sse circa il 10% delle DAC extraprofessionali, dati confermati da uno studio effettuato dall’Associazione Tessile e Salute utilizzando pubblicazioni scientifiche della Società Italiana di Dermatologia Allerg o l o g i c a P rofessionale e Ambientale (SIDAPA). La stessa SIDAPA calcola che oggi, in Italia, siano circa 60.000 i soggetti sensibilizzati da 48 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 sostanze presenti nei tessuti; tale aumento sembra dovuto sia al miglioramento degli strumenti e dei criteri di diagnosi sia all’aumento di patologie predisponenti soprattutto nelle fasce giovanili. Nel contempo, tali prevalenze possono essere sottostimate, perché pur migliorando la diagnosi di dermatite da contatto con tessuti, ancora persistono n u m e rose difficoltà tecniche relativamente agli strumenti e ai criteri di diagnosi. I punti critici sono che l’indagine anamnestica è, in genere, di modesto aiuto dal momento che manifestazioni cliniche possono essere atipiche con quadri non eczematosi. Scarse sono le indicazioni bibliografiche e le informazioni merceologiche sugli allergeni e alcuni coloranti non sono elencati nel Color Index o mancano di formula chimica nota oppure hanno diff e renti nomi commerciali; non si conoscono gli effetti, nel pro d o t t o finito, dei composti che si formano durante il processo produttivo, sui singoli potenziali allergeni. I test diagnostici di routine sono poi eseguiti solo con alcuni allergeni e può essere diff i c ile verificare la rilevanza delle positività riscontrate ai patch test. Da ultimo gli studi di prevalenza sulle dermatiti da contatto sono effettuati solo nella popolazione che afferisce agli ambulatori dermatologici, per cui non si conosce l’attuale reale dimensione del problema sull’intero territorio nazionale. Dermatite da contatto allergica Dermatite da contatto irritante Orticaria da contatto Dermatite da contatto come eritema multiforme Dermatite da contatto tipo purpurica Dermatite da contatto tipo pigmentaria Dermatite da contatto tipo pustolare Eritroderma Dermatite da contatto come lichen amiloidosico Dermatite fototossica da tessuti Miliaria Follicolite Orticaria da pressione Dermatite atopica Tabella 1. Dermatiti da tessuti. Patologie cutanee da tessuti Figura 1. Dermatite da contatto in sede ascellare da tessuti (notare il risparmio della parte più profonda del cavo ascellare). Figura 2. Tipico aspetto della dermatite da contatto da tessuti: interessamento delle aree realmente a contatto con i tessuti in soggetto di sesso femminile ed obeso. (Gentile concessione del Prof. Paolo Lisi, Università di Perugia) e indumenti Fibre tessili Gli indumenti sono confezionati con pezze di tessuto che vengono colorate o stampate, quindi trattate con varie sostanze chimiche. Le singole fibre presentano poi caratteristiche di superficie notevolmente differenti. Il nylon e le fibre in poliestere sono lisci, mentre il rayon, il cotone e il poliestere trattato con agenti alcalini presentano superfici irregolari. Alcune fibre sono conosciute per la loro morbidezza (Cashmere) mentre altre sono grossolane e ruvide come la lana grezza e la fibra di vetro. Le medesime fibre prodotte persino dallo stesso gruppo industriale possono variare nelle qualità fisiche e a maggior ragione fibre dello stesso tipo ma utilizzate da diversi produttori possono variare per l’uso maggiore o minore di additivi e di sostanze chimiche. Gli indumenti devono sovrapporsi in modo armonico al mantello cutaneo aiutando le varie attività fisiologiche della cute, agendo in modo complementare: per essere buono un tessuto deve proteggere senza modificare in modo negativo la qualità del rapporto cuteambiente esterno. Attraverso il contatto diretto con la pelle, i tessuti possono prevenire alcune patologie (cosiddette “fibre intelligenti” per esempio, per prevenire danni da agenti esterni), migliorare patologie esistenti (tessuti elastocompressivi per le patologie venose) o al contrario provocare patologie della cute. Dal punto di vista clinico le dermatiti causate da contatto con gli abiti possono variare per aspetto e/o localizzazione. Generalmente il quadro clinico delle dermatiti connesse ai prodotti tessili è rappresentato dalla dermatite allergica da contatto (DAC) ma nella letteratura sono state descritte diverse varianti cliniche come risulta dalla Tabella 1. Le zone dove gli abiti sono più a stretto contatto con la pelle sono le più esposte al rischio di sviluppare una DAC. In genere è localizzata nelle regioni non protette dagli indumenti intimi ed è particolarmente presente alle ascelle (con il risparmio del cavo), al collo, nella fossa antecubitale o cavo popliteo, al torace ed al tronco (Figure 1 e 2). Quando la dermatite è causata dalle calze, le più interessate sono le regioni posteriore ed interna delle cosce, la fossa poplitea ed il dorso dei piedi. Gli indumenti intimi più in causa sono le calze nel sesso femminile mentre i calzini difficilmente inducono allergia nei maschi. Al secondo posto si segnala una discreta frequenza di allergia ai coloranti delle mutande, mentre i costumi da bagno come tali sono molto raramente in causa nelle dermatiti da indumenti intimi. Quindi sono suggestivi per una Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 49 P.D. Pigatto, A.L. Frasin Figura 3. Prodotti in causa nella dermatite da contatto extraprofessionale. DAC da indumenti l’interessamento di aree non protette dalla biancheria intima, aree a contatto con parti “speciali” di biancheria intima, aree a contatto con fodere, aree di maggior sudorazione e aree di maggior attrito con indumenti. La reale incidenza di tali patologie è poco conosciuta; i dati attualmente disponibili suggeriscono che questa dermatite sia più comune di quello che precedentemente si credeva, cioè l’interessamento di una piccola parte della popolazione, soprattutto quella femminile tra i 24 e 34 anni ma sono descritti anche numerosi casi in età avanzata. In un’indagine epidemiologica GIRDCA sulle dermatiti da contatto in Italia (1994-1998) Lisi P et al. (5), tra le cause di dermatite da contatto di natura extraprofessionale un ruolo importante viene dato all’abbigliamento (Figura 3). L’incidenza delle dermopatie allergiche da tessuti non è aumentata negli ultimi anni, nonostante il notevole uso di tessuti provenienti dall’area extra UE, soprattutto da paesi dove non esiste una normativa sul controllo delle sostanze immesse nel ciclo produttivo e dove le tecnologie utilizzate sono vetuste, riducendo il grado di adesività degli apteni. Molti consumatori dichiarano problemi cutanei vari, asserendo di essere in modo non evidenziabile allergici, mentre in realtà presentano semplicemente solo irritazione al tessuto: l’evento negativo più frequente prodotto da un tessuto è quella sensazione di sconforto che il calore, la scarsa circolazione d’aria 50 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 all’interno del vestito e l’eccesso di sudore che si raccoglie sulla superficie cutanea induce un tipico fastidio cutaneo. Le singole fibre possono indurre specifici e differenti quadri clinici: 1) La lana causa irritazione acuta e cronica, aggrava la dermatite atopica e induce dermatite allergica da contatto (DAC) e orticaria da contatto. 2) La seta è in grado di aggravare una dermatite atopica e raramente induce orticaria da contatto. Non sono invece mai state notate reazioni allergiche da contatto e neppure reazioni irritative. 3) Il Nylon può causare DAC e orticaria da contatto. 4) Le fibre di vetro non vengono usate per vestiti normali ma gli indumenti possono e s s e re occasionalmente contaminati dal lavaggio degli indumenti in macchine lavatrici che hanno lavato delle tende. 5) Lo Spandex è utilizzato soprattutto nei reggiseni e lingerie e determina soltanto DAC. 6) La gomma è contenuta in numerosi prodotti e per questo motivo costituisce una causa frequente d’allergia. Pertanto considerando tutte le numerose fibre disponibili per l’uso negli abiti solo 2 naturali e 4 sintetiche sono responsabili di problemi dermatologici. Le manifestazioni dermatologiche causate da contatto con gli abiti sono così attribuite a sostanze chimiche e coloranti che vengono aggiunti alle fibre tessili durante la loro mani- Patologie cutanee da tessuti fattura e assemblaggio in indumenti. In particolare, gli agenti responsabili sono rappresentati da prodotti per le tinture e il finissaggio, i metalli, la gomma e le colle. Occasionalmente anche gli sbiancanti ottici, i biocidi, i materiali ignifughi ed altri agenti sono responsabili dell’insorgenza del quadro clinico cutaneo. I coloranti sono le sostanze chimiche più usate e possono essere classificate in acidi, diretti, reattivi, dispersi e vengono legati al mordente per diffondere più facilmente tra le fibre. Dal punto di vista della classe chimica il 40% dei coloranti tessili sono azoici ma non tutti sono altamente allergizzanti. Tra questi coloranti quelli che più facilmente determinano sensibilizzazioni appartengono al gruppo dei dispersi: questi formano legami stabili con le fibre naturali, si legano meno stabilmente con le fibre sintetiche ed essendo liposolubili penetrano bene attraverso la cute. I dati epidemiologici riportano la loro prevalenza di sensibilizzazione tra 3,1% e 5,2%. In particolare, i coloranti blu dispersi sono stati selezionati nel 2000 come “allergeni da contatto dell’anno” anche se la diagnosi di allergia ai coloranti dispersi è difficile per le numero s e sostanze impiegate e la difficoltà ad avere un colorante come marker. In passato si riteneva che la PFD fosse una spia attendibile della sensibilizzazione a coloranti in genere e a quelli azoici in modo particolare ma questo dato non è stato più confermato. Altro gruppo responsabile di allergie agli indumenti sono le resine, usate per dare certe proprietà specifiche ai tessuti come sofficità, resistenza ai colori, etc. L’incidenza di sensibilizzazione alle resine nella popolazione generale è poco accertata e dovrebbe essere più bassa rispetto ai coloranti. Come sostanza mordente il più impiegato è il bicromato di potassio ma anche con analoga funzione vengono impiegati coloranti metallo complessi che contengono cobalto o nichel all’interno della molecola. Gli strumenti a nostra disposizione per una appropriata diagnosi di una sospetta DAC con tessuti di indumenti sono: anamnesi, valutazione clinica delle localizzazioni, i patch test, l’esame merceologico e alcune metodiche analitiche di laboratorio. L’esecuzione del patch test è lo strumento fondamentale per la conferma della diagnosi e per l’individuazione delle sostanze responsabili. I patch test possono essere effettuati con serie standard, serie addizionali, miscele di coloranti o indumenti sospettati. L’esame merceologico valuta l’esame dell’etichetta del capo incriminato che può fornire utili indicazioni mentre le metodiche analitiche possono essere utili per verificare la presenza di resine di finissaggio a base di formaldeide e per individuare i coloranti realmente presenti. Per quanto detto sopra, si ritiene che l’istituzione di un sistema di sorveglianza (banca dati delle sostanze, osservatorio dermatologico) possa costituire uno strumento valido e fattibile per la protezione della salute dei lavoratori e dei consumatori attraverso la determinazione della prevalenza delle dermatiti da contatto da prodotti tessili sul territorio nazionale, di un sistema di controllo nei prodotti tessili, ad iniziare da quelli importati (prodotti in paesi con minori o nulle restrizioni normative) sia delle sostanze vietate dalle normative vigenti, sia di quelle sostanze pericolose e/o sensibilizzanti, non normate ma fatte proprie da alcuni paesi europei e dai maggiori marchi volontari. Bibliografia 1. Lazarov A. Textile dermatitis in patients with contact sensitization in Israel: a 4-year prospective study. J Eur Acad Dermatol Venereol 2004; 18: 531-7 2. Hatch KL, Motschi H, Maibach HI. Disperse dyes in fabrics of patients patch-test-positive to disperse dyes. 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Am J Contact Dermat 2001; 12: 203-7 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 51 P.D. Pigatto, A.L. Frasin 8. Uter W, Geier J, Lessmann H, Hausen BM; IVDK and the German Contact Dermatitis Research Grooup. Information Network of Departments of Dermatology. Contact allergy to Disperse Blue 106 and Disperse Blue 124 in German and Austrian patients, 1995 to 1999. Contact Dermatitis 2001; 44: 173-7 contact dermatitis in a North Italian population. Eur J Dermatol 2000; 10: 128-32 9. Lazarov A, Cordoba M. Purpuric contact dermatitis in patients with allergic reaction to textile dyes and resins. J Eur Acad Dermatol Venereol 2000; 14: 101-5 13. Lazarov A, Trattner A, David M, Ingber A. Textile dermatitis in Israel: a retrospective study. Am J Contact Dermat 2000; 11: 26-9 10. Hatch KL, Maibach HI. Textile dye allergic contact dermatitis prevalence. Contact Dermatitis 2000; 42: 187-95 14. Rietschel RL. Experience with supplemental allergens in the diagnosis of contact dermatitis. 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Dermatology is full of herbal remedies in its therapeutic history and nowadays is very spread the prescription of ‘cosmeceuticals’ which contain very active herbal extracts without certain elements on tolerability. It’s important for the dermatologist to be aware of this ‘by mouth’ medicine and to improve scientific knowledge, so he can recuperate the responsibility of his own prescription. KEY WORDS: Phytotherapy, Self-prescription, Dermatology, Adverse reaction Introduzione Il termine “f i t o t e r a p i a” è stato introdotto all’inizio del ‘900 dal medico francese Henri Leclerc, ma l’impiego di prodotti vegetali a scopo curativo è una pratica diffusa in tutto il mondo da tempi antichissimi. Per intenderci, la fitoterapia è quella branca della medicina che si avvale di piante medicinali e loro derivati a scopo curativo e pre v e ntivo. Per secoli gli effetti delle piante sono stati attribuiti a forze divine o spirituali. Oggi la fitoterapia non solo è uscita dal misticismo ma sta progressivamente conquistando la dignità di scienza, sfatando alcuni miti ed enfatizzandone altri. Ciò è passato attraverso un interesse totale verso il mondo delle piante (XVI-XVIII sec.), essendo esse l’unico mezzo terapeutico disponibile, per poi scemare a favore dell’industria biochimica che, partendo dal mondo delle piante, si accorse che i loro effetti sono spesso dovuti a molecole specifiche, riproducibili ed in grado di mimare l’attività che allora si riconosceva a tutta la pianta. Ciò determinò che il mondo medico si indirizzasse maggiormente verso il mondo farmaceutico di sintesi, sottraendo interesse alle piante medicinali. Il motivo di tutto questo è da attribuirsi a: 1. difficoltà di reperire nuove fonti vegetali; 2. la lentezza dei procedimenti estrattivi conf rontata con la velocità dei processi sintetici; 3. costi elevati. Ma negli ultimi decenni è tornato in auge progressivamente l’interesse per le piante, nuovamente apprezzate da un numero sempre più consistente di estimatori che, per la cura del loro corpo e per la prevenzione delle malattie, scelgono di tornare alla “natura” (1). La riscoperta delle sostanze naturali è una realtà sociale che coinvolge sia il produttore che il consumatore, basti pensare che circa l’80% della popolazione mondiale preferisce ricorre re alla medicina tradizionale a base di erbe. Diversi sono i motivi di questa nuova affezione all’utilizzo della fitoterapia a scopo farmacologico: 1. peso della tradizione; 2. timore degli effetti collaterali delle terapie “convenzionali” con farmaci sintetici; 3. problemi cronici con puntuale ripresentazione di una scelta terapeutica; 4. insoddisfazione dei trattamenti convenzionali; Specialista in Dermatologia, Roma Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 55 P. Fileccia 5. desiderio di personalizzazione delle cure, con maggiore attenzione alla persona; 6. gestione autonoma della salute (2). in Italia La richiesta Le stime italiane, che derivano da un’indagine multiscopo sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari 1999-2000”, condotta dall’ISTAT nel periodo settembredicembre 1999 su un campione di circa 30000 famiglie, pari a oltre 70000 individui, mostrano che la fitoterapia è utilizzata dal 4,8% della popolazione. In genere viene utilizzata per: disturbi o patologie minori ma ad alta prevalenza; quadri morbosi a notevole componente psicosomatica; malattie gravi che implicano terapie gravate da pesanti effetti collaterali; migliorare la qualità di vita (3). I dati attuali ci dicono che la fitoterapia è uti- 56 lizzata dal 10% circa della popolazione, con un incremento del 10% annuo. Esiste una notevole diff e renza di uso tra uomini e donne (3,7% vs 5,9%). Il 75% degli utilizzatori della fitoterapia ha dichiarato di essere rimasto molto soddisfatto dai risultati ottenuti. La situazione normativa Come si inquadra in Italia la commercializzazione di un prodotto a base di erbe? Può trattarsi di un farmaco, un integratore alimentare, un prodotto erboristico, un cosmetico. Farmaco Un prodotto fitoterapico può essere un farmaco a tutti gli effetti (DLvo 29 maggio 1991 n.178) oppure un medicinale vegetale tradizionale per il quale è prevista una procedura semplificata di registrazione (Direttiva Parlamento Europeo 2004/24/CE del 31 marzo 2004) che ne permette l’assunzione senza controllo medico, la somministrazione solo a Tabella 1. Fitoderivati di interesse dermatologico. Nome Parte utilizzata Contenuto Attività Usi clinici Aloe vera Foglia Mucopolisaccaridi, glucomannani, antraceni, flavonoidi Antibatterica, antiherpes, Dermatite da stasi, antiimmunosoppressione da UV, radiodermite, prurito, dolore, collagenopoietica DAC Matricaria recutita Fiore Alfa-bisabololo, camazulene, levomenolo, matricina Inibizione - lipox e ciclox, - perossidazione lipidica, - rilascio istamina Infiammazione ed eczema, ustioni, ferite torpide Serenoa repens Bacca Estratto lipofilico Inibizione - attività 5 alfa reduttasi, - blocco dei recettori periferici degli androgeni Iperandrogenismi nella donna, alopecia androgenica e acne nell’uomo Glicine soja Germoglio Fosfolipidi, isoflavoni Promuove sintesi collagene, antiossidante, depigmentante antiphotoaging Photoaging Vitis vinifera Foglia Proantocianidine, flavonoidi, Potente antiossidante, antivirale, Fotodermatiti, eczemi, stilbeni, acidi fruttati, fitoestrogenica, antiaging, disturbi del tocoferoli inibitrice metalloproteinasi microcircolo Camellia sinensis Foglia Polifenoli, caffeina, catechine (EGCG) Antiossidante, anticarcinogenica, Aging, fotoprotettivo, antiandrogenica, antiistaminica, iperandrogenismi, DA, antimicrobica prevenzione infezioni Echium plantagineum Seme EFA, in particolare acido stearidonico (12-14%) Inibizione della sintesi di leucotrieni, rilascio PGE2 Olivella spinosa Bacca Vitamine, carotenoidi, acidi fruttati, flavonoidi, carboidrati, acidi grassi Antiossidante, antiinfiammatoria Aging, wound healing, antimicrobica, antidolorifica, dermatiti, fotoprotezione immunomodulatrice Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Disturbi della cheratinizzazione, eczema, after sun La fitoterapia in Dermatologia: luci ed ombre determinate concentrazioni e posologie, l’utilizzo orale, inalatorio o topico cutaneo. Integratore alimentare Un prodotto a base di erbe si considera integratore alimentare se è destinato ad integrare la comune dieta come fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia mono che pluricomposti, in forme predosate (DLvo 169, 21 maggio 2004). Prodotto erboristico Un prodotto vegetale può essere erboristico se la sua formulazione a base di piante non è addizionata a prodotti di sintesi, è diversa dal medicinale, integratore, prodotto cosmetico, ed è intesa a favorire lo stato di benessere dell’organismo umano. Alla dose utilizzata non può vantare attività terapeutica o nutrizionale. Cosmetico Anche se su base vegetale, per cosmetico si intende qualsiasi sostanza o pre p a r a z i o n e diversa dai medicinali, destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, capelli, unghie, labbra e genitali esterni) oppure sui denti o sulla mucosa orale, esclusivamente con lo scopo di pulirle, profumarle, modificarne l’aspetto, proteggerle o mantenerle in buono stato (Legge 7131986, DLvo 300-1991,DL 126-1997). e Fitoterapia Dermatologia Alcune premesse che emergono dall’esame della letteratura scientifica disponibile. Tra i pazienti che chiedono terapie non convenzionali ai loro medici di medicina generale, 12% soffrono di eczema (4). Tra 410 pazienti ambulatoriali tedeschi, il 52% preferisce consultare “un dottore di medicine naturali” piuttosto che un dermatologo convenzionale per i problemi cutanei (5). Un terzo dei pazienti ambulatoriali con dermatosi in 2 regioni distanti del Regno Unito utilizza CM. Il 45% le utilizza per un problema dermatologico (6). Solo il 40% di coloro che assumono CM ne discutono con il medico (7). In una popolazione di studenti americani con psoriasi, 51% si era rivolto a CM (8). Studi norvegesi riportano che il 51% di pazienti con DA e 43% di pazienti con psoriasi utilizzano CM (9). Le iniziali CM indicano Complementary Medicine, intendendo quel corpo terapeutico che affianca la medicina ufficiale nel suo scopo finale, la salute e il benessere del paziente, soddisfacendo una domanda non risolta dall’ortodossia o diversificando lo schema medico. Tra le pratiche eterogenee che compongono questo vasto campo della terapia medica “globale”, la fitoterapia e l’omeopatia sono le più seguite nel mondo occidentale. La dermatologia, di per sé, è una specialità che si avvale molto delle terapie naturali, sia perché il paziente, frequentemente deluso e disilluso sull’efficacia delle terapie allopatiche, facilmente si sottopone alle terapie più disparate per la cura della sua dermatosi, sia perché da sempre, le piante sono state una fonte importante di benefici per la pelle. Basti pensare alla categoria sempre più nota di “cosmeceutico”, valido complemento della prescrizione farmacologica, che deve all’inserimento di derivati vegetali la sua attività. Si definisce sempre di più il concetto di fitocosmetico, sia per la scoperta delle virtù di molecole bioattive vegetali o marine, sia per l’influsso di culture immigrate, che fanno riscoprire alla luce delle attuali conoscenze sulla biochimica cutanea il valore di alcune piante. Si aggiunga la problematica BSE, che ha alienato i produttori all’utilizzo di derivati animali. La pelle ha una prerogativa che la rende “green-friend”: la lipofilia della sua superficie permette un ottimo assorbimento degli oli e grassi vegetali, alcuni dei quali forniscono costituenti chimici della cute, assumendo un vero e proprio ruolo di integratori di “superficie” (Tabella 1). E le ombre? Se partiamo dalla considerazione che le piante, in quanto naturali, non possono arrecare danno all’uomo, comprendiamo bene quanto questo atteggiamento fidelistico, che è alla base della diffusione popolare di questi rimedi, possa essere pericoloso. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 57 P. Fileccia Le piante sono da sempre fonte di molecole farmacologicamente attive, quasi sempre miscele complesse di composti chimici, che possiedono caratteristiche terapeutiche proprie dovute sia alla presenza contemporanea di principi con attività biologiche distinte, sia a interazioni che possono avvenire tra questi composti: molto spesso ne è difficile l’identificazione precisa e la standardizzazione. Ne deriva una scarsa farmacovigilanza, con rarissima segnalazione di eventi avversi. Altro elemento critico è l’esotismo che è spesso alla base di queste prescrizioni, con utilizzazione di rimedi di ignota provenienza, con scarso standard produttivo, sia per l’estraneità del paese d’origine alle norme che vincolano la produzione di qualunque sostanza destinata all’uso umano nel mondo occidentale, sia per il contenimento dei costi del prodotto finito. Ancora, vista la sostanziale impreparazione della classe medica italiana rispetto a queste “nuove” prescrizioni, c’è un’autogestione forzata da parte dei pazienti, con associazione scriteriata dei più svariati rimedi, dando origine a interazioni assolutamente sconosciute. L’aumentato impiego di derivati vegetali per problematiche dermatologiche comporta un incremento della comparsa di reazione cutanee, che si possono così riassumere: Dermatite allergica; Orticaria da contatto; Fitofotodermatite; Dermatite irritativa da contatto. In un articolo di revisione (9) vengono elencati i quadri dermatologici che sono stati segnalati come eventi avversi a terapie con derivati vegetali. È un elenco diffuso, che spazia dalle neoplasie alle dermatiti, dalle ustioni a sindromi lupus-like. Poiché si tratta di una revisione su casistica clinica, è difficile tracciare un rapporto causa-effetto tra i quadri segnalati, ma la loro eterogeneità e il costante incremento dell’utilizzo di questi derivati “organici” tra i pazienti dermatologici stimola ricerche sistematiche in quest’area complessa. Conclusioni Il mondo della piante è un componente critico per la vita dell’uomo sulla terra. Negli anni l’uomo si è adattato al mondo vegetale e le piante, a loro volta, si sono sforzate di evolvere con lui, essendo molto più ricche 58 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 nella loro diversità biochimica: almeno i quattro quinti dei metaboliti secondari oggi conosciuti sono di origine vegetale. Come risultato di questa complessa interazione evoluzionistica le piante hanno sviluppato sistemi metabolici molto intricati, da cui risultano prodotti biologici dotati di straordinaria attività terapeutica. Così fino a 100 anni fa, le piante sono state le uniche risorse medicamentose per l’uomo, sostituite progressivamente dai loro derivati, sintetizzati industrialmente e standardizzati nei dosaggi e negli effetti. All’inizio del nuovo millennio si assiste paradossalmente ad uno scollegamento tra la richiesta di salute e la risposta terapeutica: il paziente chiede una medicina a sua portata, che tenga conto del complesso legame mentecorpo che lo individualizza, e la medicina cerca sempre più di standardizzarsi, costringendosi ad uniformi risposte terapeutiche, riproducibili e standardizzabili per tutti. Ecco, pertanto, il ritorno ad una gestione più autonoma e personale della salute, che sfugge al terapeuta, creando una pericolosa situazione di interferenza alle terapie prescritte. Il medico non può ignorare questa confusione che lo coinvolge e che non gli permette di essere il depositario unico della risposta alla sua prescrizione. È richiesto alla sua professionalità: Aumentare la consapevolezza del paziente rispetto alle sollecitazioni alternative, indicandogli strade diverse ma degne di fiducia anche da parte del suo medico curante. Qualificare la sua competenza in questo settore, seguendo la guida di quelle nazioni, come la Germania e la Francia, che hanno codificato le erbe con proprietà medicinali, ne hanno fatto oggetti normativi ed hanno creato un registro di segnalazione di reazioni avverse tra prodotti naturali e terapie convenzionali, di automedicazioni errate, di allergie ed intolleranze. Affidarsi alla competenza di quelle aziende che trattano i fitoterapici con la competenza ed il rigore dovuti al farmaco allopatico, che investono in ricerca e standard produttivi, che corredano i loro prodotti con studi clinici e con procedure industriali validate. Con l’acquisizione di questa nuova competenza il medico, ed in particolare il Dermatologo, potrà dare una connotazione tecnica ad una medicina che si alimenta solo di tradizione La fitoterapia in Dermatologia: luci ed ombre orale, che ha molti adepti in quei mondi che bussano alle nostre porte e chiedono riconoscimento delle loro diverse identità. Sarà anche uno stimolo alla standardizzazione di quelle metodologie di sintesi ed isolamento che porteranno a principi attivi nuovi, puri e anche di costi più contenuti. Potrebbe essere questa la sfida che si propone alla terapia medica alle soglie del terzo millennio! Bibliografia 1. Federici E., Multari G., Gallo F.R., Palazzino G. Le droghe vegetali: dall’uso tradizionale alla normativa. Ann Ist Super Sanità 2005; 41:49-54 2. Eisenberg DM, Kessler RC, Foster C, et al. Unconventional medicine in the United States. Prevalence, costs, and patterns of use. N Engl J Med 1993; 328:246-252 3. 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Maintaining a correct body weight, frequently alternating foods, eating fruits and vegetables many times a day, eating fibres, consuming fats that are no more than 30% of daily energy intake, eliminating alcohol, and reducing the consumption of salt and preserved foods re p resent a very effective primary prevention. Good nutrition is the primary clinical goal in two critical steps of cancer therapy: presurgical treatment (to reduce the risk of surgical mortality and morbidity), and postsurgical treatment, because radio and/or chemotherapy are better tolerated in well nourished patients. Spoon feeding may be carried out by the patient him/herself or by the nurse, with natural, homogenized foods, and formulas. The enteral nutrition (NE) is to be chosen to favour total parenteral nutrition (TPN), because intestinal functions and intestinal villi are preserved, the risk of complications is reduced and costs are lower. TPN must carried out when the gastrointestinal tract has no residual function and/or transit capacity, by inserting a large catheter in a central vein. KEY WORDS: Nutrition, Cancer, Oral diseases Oral cancer Oral cancer is a widely diffuse neoplasia in the world and it represents a significant medical and social problem, because of its high prevalence, increasing incidence and the high mortality rates it produces. Men are affected 6:1 vs. women, and even more within the 50-70 year age range. The parts most frequently affected are the tongue, gums, oral floor, pharynx; in 90% of all cases the neoplasia is a squamocellular carcinoma (1). Pre-cancer conditions are leucoplakia, erithroplasia and l i c h e n, whose correct identification by the dentist is necessary for an effective early diagnosis (2). The main related risk factors are tobacco smoking and chewing, alcohol consumption, bad dental prosthesis, dental fractures, poor oral hygiene and bad nutrition (3). Poor eating habits and nutritional deficiencies can favour the onset of oral cancer, as nutri- tion plays an important role in tissue function, immune response, perioperative and postoperative complications, and in patients’ response to radiotherapy and chemotherapy (4). prevention Oral cancer For cancer prevention the NCI (National Cancer Institute) and the ACS (American Cancer Society) suggest maintaining a correct body weight, frequently alternating foods, eating fruits and vegetables many times a day, eating fibres, consuming fats that are no more than 30% of daily energy intake, eliminating alcohol, and reducing the consumption of salt and pre s e rved foods. Particularly, tongue and esophagus cancer seem to be related to a lack of zinc in the diet, as this condition induces an increase of cyclooxigenase-2 (COX-2), linked to hyper- Università degli Studi dell’Aquila Dipartimento di Scienze Chirurgiche Dipartimento di Medicina Interna e Sanità Pubblica 1 2 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 61 A. D’Alessandro, A. Barone, A. Aggio, M. Giannoni plasia and multifocal cancers in the animal model (5). An example of cancer prevention through proper nutritional habits seems to have been demonstrated in Greece where, despite a very high consumption of tobacco and alcohol, oral cancer rates are among the lowest in Europe. This was explained by a high consumption of cereals, fruit, milk and olive oil in Greece. Riboflavin, iron and magnesium are important in preventing oral cancer, as well. On the c o n t r a ry, frequent consumption of roasted meat seems to increase the prevalence of oral cancer (6). Therefore, the “Mediterranean diet” seems to be determinant for both prevention of card i ovascular disease (CVD) and of cancer (7). Olive oil must be used raw, because a high consumption of fried foods seems to be linked to a higher prevalence of oral, pharynx and esophageal cancers (8). Hot foods induce the incidence of squamocellular carc i n o m a, both in the oral and pharynx epithelium, mostly when combined with spices (9). A multicentric study carried out in Spain between 1996 and 1999 demonstrated an inverse relationship between vegetables/fruits and oral/pharyngeal cancer, especially in male drinkers and smokers (10). In northeast Italy it was reported that fruits and vegetables prevent oral cancer, mainly in heavy drinkers and smokers (11). Citrus fruits are the most effective in pre v e ntion, probably because of their high vitamin C content. Vitamin E seems to be the protective element of vegetables. Though the role of vitamin A is not yet well defined, it seems to actively contribute to cellular integrity, to the stimulation of immune response and to the regulation of DNA synthesis. A prolonged iron deficiency might promote cancer, due to its depressing effect on macrophage enzyme activity (12). An incorrect omega-6/omega-3 ratio incre a s e s the synthesis of prostaglandins, thromboxane and leukotriene,which are soluble mediators of inflammations that are potentially pro-cancerogenetic. Some nutrients can promote cancer by modifying the composition of the cell membrane phospholipids, by provoking an oxidative 62 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 response and eicosanoid synthesis and, consequently, inducing inflammation. On the contrary, a correct use of omega-3 polyunsaturated fatty acids can reduce cancer angiogenesis and promote apoptosis. From the point of view of general nutrition, it was found that BMI (Body Mass Index) (kg/m2) is inversely related to oral cancer (no relation was demonstrated between a high BMI and cancer). Nevertheless, similar evidence was not found in obese smokers eating few vegetables. Fish, eggs, vegetables and fruit seem to have a protective effect in obese smokers, whereas meat and cold cuts have a major promoting effect (13). In any case, the risk is higher in the general population that does not consume fruits and vegetables (14). nutrition and treatment Oral cancer Nutrition also has a determinant effect on the prognosis of treated oral cancer. Good nutrition is the primary clinical goal in two critical steps of cancer therapy: pre-surg ical treatment, (to reduce the risk of mort a l i t y and morbidity), and post-surgical treatment, because radio and/or chemotherapy are better tolerated in well nourished patients. Post surgical weight loss is lower overall after radiotherapy in head-neck cancer patients fed under the supervision of a Head-Neck Nutrition Team vs patients fed in a conventional way (15). Nutrition and oral cancer Nutrition is more difficult to maintain in oral cancer patient vs general cancer patients, because of the difficulties linked to the oral and esophageal transit of food. Cancer patients need an accurate assessment of their nutritional state and daily nutrient allowances, as well as adequate nutritional s u p p o rt, in order to minimize perioperative and postoperative weight-loss. Surgical stress is lower in well-nourished cancer patients, who have a lower prevalence of infective and surgical complications. To evaluate the nutritional status in patients undergoing surg e ry, the BMI, hemochrome, total cholesterol, HDL-c, LDL-c, triglycerides, glycemia, azotemia, creatininemia, uricemia, protidemia, T3, T4, TSH, ALS, ALT, LDH, !- G T, and bilirubin all have to be studied. Leptin and IGF-I (Insulin-like Growth Factor-I) seem to be good indicators of nutritional status and of the efficacy of nutritional support (16). In any case, a pre-surg e ry administration of vit. K is recommended to reduce post-surg e ry haemorrhaging, and it is known that well-fed patients can tolerate the exclusive administration of liquid i.v. better for the first 2-3 days after surg e ry (17). After this period, 87% of them are fed by enteral nutrition (NE), 6% by total parenteral nutrition (TPN), and 7% by spoon, also because oral oncologic patients are particularly exposed to chewing and deglutition failure and to food inhalation. Head and neck radiation reduces salivary flow rate and increases salivary viscosity, because of gland inflammation and sclerosis, which induce xerostomia, dysphagia, and nausea. Head/neck accelerated radiotherapy induces the higher reduction of saliva flow rate, and the treated patients need more care in managing oral complications. Hyposalivation induces missing of the mucoproteic salivary film, increase of salivary pH, lower bacterial and virus clearance, paro d o n t itis, and xerostomia. It causes bad breath too, because the lower bacterial clearance increases oral plaque and, in absence of salivary film, fermentation of volatizing fetid catabolites. Hyposalivation promotes post-radiogen cavities, via modifications of oral flora. Patients are induced to frequently suck sweets to reduce xerostomia, but the habit contributes to increase the incidence cavities. Cancer and/or radiogenic oral lesions can cause pain after contact with food (during chewing and deglutition), which contribute to malnutrition and weight loss. Radiotherapy can induce ray enteritis, bowel mucosa inflammation, anorexia, and caloric and protein malnutrition (sometimes for a long time after the end of therapy). It provokes dysgeusia too, for example, for meat, and for food in general. Chemotherapy can induce anorexia, nausea, vomiting and mucositis (gastrointestinal and oral mucositis might provoke ulcerations, bleeding, and bacterial superinfections), which are further causes of malnutrition. These conditions usually disappear at the end of therapy (18). Chemotherapy can favour oral candidosis and other kinds of mycosis, and a worsening dysphagia. Nevertheless, at the end of chemotherapy, 98% of patients are able to feed themselves by spoon, with natural foods; the rest are nourished by home NED (19). A correct body weight is the main goal of postcancer nutritional support . Spoon feeding may be carried out by the patient him/herself or by the nurse, with natural, homogenized foods, and formulas, even though dysgeusia can induce selective or total lack of appetite. Cancer-induced mental stress might lead to n e rvous anorexia, independently of mechanic or antalgic mechanisms; it requires nutrition supplementation by home NED. NED is the best nutritional method when the Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 63 A. D’Alessandro, A. Barone, A. Aggio, M. Giannoni patient unable to be fed by spoon, but it is not always proposed in terminal cases, because it is merely palliative (20). The enteral option is to be chosen to favour TPN, because intestinal functions and intestinal villi are pre s e rved, the risk of complications is reduced and costs are lower (21). TPN must carried out when the gastrointestinal tract has no residual function and/or transit capacity, by inserting a large catheter in a central vein. The C.P.S. (Central Port System), C.V.C. (Central Venous Catheter), and T.C.V.C. (Tunneled Central Venous Catheter) are curre n tly the most frequent techniques used. The main complications are linked to catheter insertion, and are: bad catheter positioning, embolism, and lesions of the pulmonary art e ry, the brachial plexus, the lung and pleura (22). In conclusion, no smoking and no drinking and good food habits represent a very effective prim a ry prevention. Early diagnosis is an important part of secondary prevention. An adequate nutritional condition is an important component of tert i a ry prevention: although identifying and treating malnutrition is a primary goal. References 1. Beltran D, Faquin WC, Gallagher G, August M. Selective immunohistochemical comparison of polymorphous low-grade adenocarcinoma and adenoid cystic carcinoma. J Oral Maxillofac Surg 2006; 64: 415-23 2. Cianfriglia F, Cianfriglia C, De Rossi B, D’Alessandro A, Galeota G.D, Lattanzi A, Capogreco M. Maxillodontostomatological problems in the oncologic patients. International Journal of Maxillo Odontostomatology 2004; 3: 79-86 3. Accortt NA, Waterbor JW, Beall C, Howard G, Brooks CM. Need to educate primary caregivers about the risk factor profile of smokeless tobacco users. J Cancer Educ 2005; 20: 222-8 4. Day TA, Davis BK, Gillespie MB, Joe JK, Kibbey M, M a r t i n - H a rris B, Neville B, Richardson MS, Rosenzweig S, Sharma AK, Smith MM, Stewart S, Stuart RK. Oral cancer treatment.Curr Treat Options Oncol. 2003; 4: 27-41 5. Fong LY, Zhang L, Jiang Y, Farber JL. Dietary zinc modulation of COX-2 expression and lingual and esophageal carcinogenesis in rats. J Natl Cancer Inst 2005; 97: 40-50 6. Norman HA, Go VL, Butrum RR. Review of the International Research Conference on Food, Nutrition, and Cancer, 2004. J Nutr 2004; 134: 3391-3393 64 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 7. Larsson SC, Kumlin M, Ingelman-Sundberg M, Wolk A. Dietary long-chain n-3 fatty acids for the prevention of cancer: a review of potential mechanisms. Am J Clin Nutr 2004; 79: 935-45 8. Galeone C, Pelucchi C, Talamini R, Levi F, Bosetti C, Negri E, Franceschi S, La Vecchia C. Role of fried foods and oral/pharyngeal and oesophageal cancers. Br J Cancer 2005; 6: :2065-9 9. 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Sanchez MJ, Martinez C, Nieto A, Castellsague X, Quintana MJ, Bosch FX, Munoz N, Herrero R, Franceschi S. Oral and oro p h a ryngeal cancer in Spain: influence of dietary patterns. Eur J Cancer Prev 2003; 12: 49-56 15. Dawson ER, Morley SE, Robertson AG, Soutar DS. Increasing dietary supervision can reduce weight loss in oral cancer patients. Nutr Cancer 2001; 41: 70-4 16. Lo HC, Yang CS, Tsai LJ. Simultaneous measurements of serum insulin-like growth factor-I and leptin reflect the postoperative nutrition status of oral tumor patients. Nutrition 2003;19: 327-31 17. Wood RM, Lander VL, Mosby EL, Hiatt Wr. Nutrition and the head and neck cancer patient. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1989; 68: 391-5 18. Kokal Wa. The impact of antitumor therapy on nutrition. Cancer 1985; 55:273-8 19. Loprinzi Cl, GoldbergRM, Burnham NL. Cancerassociated anorexia and cachexia. Drugs 1992; 43:499506 20. Morrow GR. Chemotherapy-related nausea and vomiting: etiology and management. Cancer 1983; 52:346-352 21. Seri S, Cocchi M. Nutrizione in Odontoiatria. Masson, Milano, 1985 22. Pavia R, Barresi P, Piermanni V, Mondello B, Urgesi R. Role of artificial nutrition in patients undergoing surg e ry for esophageal cancer. Rays 2006; 31: 25-9 La comunicazione medico-paziente. Linguaggio verbale, non verbale e paraverbale Elisabetta Perosino SU M M A R Y The doctor-patient communication. Verbal, para-verbal and non-verbal languages The doctor-patient communication plays an important role in patient’s satisfation. To build a better relationship with the patient, there are some communication tools: verbal, para-verbal and non-verbal languages. Verbal language indicates all the communications forms based on oral message “tout court”. Para-verbal language defines the message transferring modalities such as tone, volume and rythm of the speech. Non-verbal language is characterized by body’s posture, movements and miming. Communication doctrine shows that the interactive efficacy is due to verbal language only for the 7%, while the remaining 93% comes from para-verbal (38%) and nonverbal (55%) laguages. KEY WORDS: Doctor-patient communication, Languages Introduzione Come abbiamo avuto modo di sottolineare nel precedente articolo, i processi di comunicazione rivestono un ruolo importante nella soddisfazione globale del paziente rispetto alla visita medica e ne determinano i successivi comportamenti quali: la comprensione e il ricordo delle informazioni ricevute, l’aderenza alle prescrizioni terapeutiche e la conseguente compliance della cura, la riduzione delle preoccupazioni e, soprattutto, lo sviluppo di un rapporto collaborativo e appagante con il medico. Da questo si evince che l’uso consapevole e appropriato di tecniche di comunicazione adeguate consente non solo un aumento dell’efficacia comunicativa durante l’interazione, ma anche l’instaurarsi di una relazione terapeutica ottimale nel tempo. Per poter utilizzare al meglio gli “strumenti” che la scienza della comunicazione mette a nostra disposizione il primo passo deve essere rappresentato dalla razionalizzazione e dall’utilizzo “consapevole” di alcuni meccanismi che utilizziamo quotidianamente nel rapporto interpersonale: il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale. La loro definizione ci aiuterà a comprenderne il ruolo nella trasmissione efficace delle informazioni. Con il termine linguaggio verbale intendiamo tutte quelle forme di comunicazione sottese a un messaggio orale “tout court” come la scelta delle parole, degli esempi o della tipologia di domande da porsi, questa parte della comunicazione è ovviamente quella con il maggior grado di consapevolezza. Per comunicazione paraverbale, invece, intendiamo definire le modalità con cui il messaggio viene trasferito attraverso la voce in modo più o meno consapevole come ad esempio il tono, il volume o il ritmo del discorso. Infine con il temine comunicazione non verbale ci riferiamo a tutte quelle forme di comunicative che non rientrano nell’ambito della scelta razionale dei termini o delle modalità di trasmissione degli stessi ma che attengono a movimenti, consapevoli o meno, del nostro corpo come la postura, la gestualità o la mimica. Spesso si pensa che l’efficacia sia dovuta a una buona dialettica o a un’eccellente capacità Dermatologa, Roma Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 67 E. Perosino oratoria. Queste due componenti, che rientrano nella comunicazione verbale, pur essendo essenziali, rappresentano, tuttavia, solo una minima parte nel complesso processo di sintonizzazione con l’interlocutore. La dottrina della comunicazione infatti ci dice che solo il 7% dell’efficacia interattiva è rappresentato dal linguaggio verbale mentre il rimanente 93% è costituito per il 38% dalla comunicazione paraverbale e per ben il 55% dalla comunicazione non verbale (Figura 1). Ecco quindi identificato un primo ostacolo verso una comunicazione efficace: la parte predominante del processo di trasmissione e di ricezione delle informazioni è costituita da aspetti comportamentali inconsci. La loro conoscenza, il loro controllo ed in particolar modo la consapevolezza di utilizzare dei veri e propri strumenti, non casuali ma strutturati è quindi un elemento di successo per il raggiungimento di una sintonia profonda con l’interlocutore. In questo articolo inizieremo a analizzare gli aspetti non verbali della comunicazione e cercheremo di spiegare come utilizzarli per i fini che ci siamo posti. Per poter comprendere al meglio quello che diremo è necessario fare una piccola premessa teorica enunciando quelli che sono stati definiti “assiomi della comunicazione” ovvero quei principi che presiedono a tutte le forme di comunicazione e che sono assunti come veri per evidenza o perché punto di riferimento della dottrina. Essi vennero enunciati per la prima volta da Paul Watzlawick ne “La pragmatica della comunicazione” del 1967. Assiomi 1. Non si può non comunicare Chiunque si trovi in un contesto sociale è suo malgrado origine di un flusso informativo, indipendente dall’intenzione, dall’efficacia dell’atto comunicativo o dalla comprensione reciproca. Il comportamento non ha un suo opposto, non esiste qualcosa che sia un non comportamento o, per dirla anche più semplicemente, non è possibile non avere un comportamento. Comunque ci si sforzi quindi, non si può non comunicare. Vediamo di chiarire il concetto con un esempio. Un uomo che guardi fisso davanti a sé mentre fa colazione in una tavola 68 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 calda affollata, o un passeggero d’aereo che sieda con gli occhi chiusi, comunicano entrambi una chiusura comunicativa nei confronti del contesto ed esprimono la volontà di non essere disturbati. 2. Ogni comunicazione ha un aspetto di conte nuto e un aspetto di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione Questo assioma identifica, invece, i livelli attraverso i quali un messaggio viene emesso e percepito. Un messaggio è infatti composto dall’aspetto informativo (contenuto) e dal grado di imposizione percepito (relazione). Uno stesso concetto avrà quindi implicazioni differenti a seconda della relazione tra emittente e destinatario divenendo comando, consiglio, informazione e avendo di conseguenza un valore diverso a seconda del rapporto esistente tra le persone che stanno comunicando. Ecco perché si parla di metacomunicazione ovvero di qualcosa che va oltre la mera comunicazione e che cambia di incisività a seconda dei casi. 3. Gli esseri umani comunicano sia col modulo numerico che con quello analogico Il cervello umano è suddiviso in due emisferi, destro e sinistro: il primo presiede Figura 1. La comunicazione medico-paziente. Linguaggio verbale, non verbale e paraverbale 1. Perplesso 2. Indifferente 3. Accogliente 1 2 3 4 7 8 4. Risoluto 5. Furtivo 6. In collera 7. Disteso 8. Timido (Sarbin Hardyck 1965) 5 6 Figura 2. all’intuito, al sogno, all’arte, alla creatività, al sentimento, al pensiero non verbale; il secondo invece è sede di caratteristiche quali la razionalità, la tecnica, la ragione, il linguaggio, la scrittura, il calcolo. A seconda quindi della predominanza di utilizzo di un emisfero rispetto all’altro si identificano due diverse modalità di comunicazione: analogica la prima, numerica la seconda. Tutte le modalità non verbali attengono alla dimensione “analogica” e riguardano normalmente l’aspetto di relazione della comunicazione; linguaggi che invece facciano riferimento a oggetti o che attengano ad aspetti di contenuto della comunicazione sono riconducibili al modulo “numerico”. Per entrare in sintonia con l’interlocutore si dovranno quindi modulare i messaggi fornendo a un interlocutore numerico una comunicazione razionale e ordinata e al destinatario analogico una comunicazione empatica ed emotiva. 4. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza Nella relazione simmetrica i soggetti tendono a rispecchiare il comportamento dell’altro (uguaglianza o minimizzazione delle differenze). Nella relazione complementare il comportamento dell’uno completa quello dell’altro . Uno scambio simmetrico avviene fra interlocutori che si considerano sullo stesso piano, svolgendo funzioni comunicative e ruoli sociali analoghi. Uno scambio complementare fa incontrare persone che hanno una relazione ma non sono sullo stesso piano per potere, ruolo comunicativo, autorità sociale, interessi (per esempio il rapporto medico-paziente, madre-figlio, insegnante-allievo). Discussione Dall’analisi degli assiomi esposti si evince un concetto fondamentale: ogni individuo percepisce il mondo attraverso filtri individuali, ed ha quindi una rappresentazione soggettiva degli avvenimenti. Comprendere il sistema cognitivo di riferimento per l’interlocutore e utilizzarlo per entrarvi in sintonia diventa, quindi, importante così come prima ancora diventa fondamentale la comprensione dei “propri” modelli di riferimento. Un primo passo verso la comprensione del contesto di riferimento è riconoscere e capire i messaggi non verbali che questi pone in essere. La postura ad esempio ha una funzione comunicativa importante ed esprime solitamente atteggiamenti emozioni stati d’animo. La posizione sulla sedia, delle braccia, della testa comunicano al paziente l’attenzione e la disponibilità all’ascolto. Proprio perché parte del sistema di comunicazione irrazionale, questi messaggi sono immediatamente recepiti e decodificati dal nostro interlocutore e per questo è necessario prestarvi molta attenzio- Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 69 E. Perosino ne. La Figura 2 illustra alcune posizioni e gli stati d’animo che le determinano. Altro importante aspetto della comunicazione non verbale è il comportamento visivo. Lo sguardo infatti è rilevante nel processo comunicativo in quanto attiva l’emittente e la relazione ed è in grado di coinvolgere l’interlocutore. Nella decodificazione del comportamento visivo ci vengono in aiuto i CLEM (Conjugate Lateral Eye Movement), essi possono essere definiti come movimenti involontari degli occhi che segnalano l’elaborazione delle informazioni, la riflessione e il pensiero. Poiché spesso riflettono anche un dubbio non verbalizzato, i CLEM possono essere utilizzati come indizi significativi per l’analisi, l’ascolto e la comprensione del paziente; se l’interlocutore ad esempio, evita il contatto visivo si trova probabilmente in una situazione di disagio, se distoglie lo sguardo durante una conversazione è probabile che stia facendo un’asserzione falsa, così come un interlocutore che abbassa continuamente lo sguardo esprime una situazione di sottomissione, colpevolezza o tensione. Mantenere il “contatto visivo” con il paziente, inoltre, aiuta a far comprendere il coinvolgimento del medico alle problematiche espresse dall’interlocutore; molto spesso i medici scrivono o preparano gli strumenti mentre il paziente spiega il problema trasmettendo così involontariamente una sensazione di scarso interesse. Infine essere coscienti delle potenzialità comunicative del comportamento visivo aiuta a regolare e veicolare meglio situazioni quali la percezione di sé agli altri, la richiesta o accettazione del consenso, l’intensità delle emozioni. 70 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Conclusione In conclusione, quindi, possiamo affermare che comprendere i segnali inconsci che il nostro interlocutore emette ci permette di identificare il contesto così come percepito da quest’ultimo e di porre le basi per modulare il messaggio da veicolare nel modo più consono alle sue esigenze. Identificare il suo stato emotivo inespresso aiuta a individuare il modo migliore per abbattere le difese del paziente e permette di ottenere più facilmente la fiducia necessaria per l’instaurarsi di una relazione reciprocamente utile e appagante. Sottolineiamo, come già accennato, che lo studio della scienza della comunicazione prevede un percorso personale di conoscenza e di approfondimento della consapevolezza del sé, punto di partenza indispensabile per la conoscenza della struttura comunicativa dell’interlocutore. Letture consigliate P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson. Pragmatica della comunicazione umana, Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi Astrolabio, 1971 Zani B, Selleri P, David D. La comunicazione. Carocci Editore, 2000 Kotler P. Marketing Management. Longman, 1988 Valli B. Comunicazione media. Modelli e processi. Carrocci Editore 1999 Sarbin, T. R., & Hardyck, C.D. Conformance in role perception as a personality variable. Journal of Consulting Psychology 1955; 19:109-111 ISPLAD 2007 - Corsi di Aggiornamento in Dermatologia Plastica Caro Collega, anche quest’anno L’ISPLAD (International-Italian Society of Plastic-Aesthetic and Oncologic Dermatology), come nei precedenti anni, organizza degli Incontri di aggiornamento in Dermatologia Plastica, occasione di incontro, scambio e condivisione di esperienze tra Colleghi che dedicano da anni la loro attività professionale allo studio e all’innovazione delle tecniche dermoplastiche, per i suoi circa 2.000 Soci e per tutti i medici cultori della materia. Gli argomenti trattati saranno come sempre di grande attualità e interesse per i partecipanti. Nel 2007 ci saranno 11 Corsi di cui: n. 6 Corsi della durata di 1 giorno (sabato) dal titolo Trattamento degli inestetismi degli arti inferiori Programma: Ore 8.00 Registrazione dei Partecipanti Prima sessione: Dermatologia vascolare Ore 9.00 Ore 9.20 Ore 9.40 Ore 10.00 Emodinanica del circolo venoso: fisiopatologia del microcircolo Terapia sclerosante Laser, IPL e teleangectasie degli arti inferiori Discussione Seconda sessione: Trattamento fisico della ipertricosi Ore 10.15 Ore 10.30 Ore 10.45 Ore 11.00 Epilazione con laser Epilazione con IPL Discussione Coffee Break Terza Sessione: Trattamento della cellulite ed adiposità localizzate Ore 11.30 Ore 11.45 Cosmetologia nella cellulite Integratori nella cellulite Ore 12.00 Ore 12.15 Ore 12.30 Ore 12.45 Ore 13.00 Ore 13.15 Terapie strumentali: Radiofrequenza unita ad altre tecnologie Carbossiterapia Veicolazione transdermica Trattamento delle adiposità localizzate con ultrasuoni focalizzati non invasivi Discussione Lunch Quarta sessione: La fosfatidilcolina e Lecilisi Ore 14.30 Ore 15.00 Ore 15.30 Ore 16.30 Ore 16.45 Ore 17.00 Ore 17.00 Fosfatidilcolina ed adipocita La leci-lisi (video) Legislazione e protocollo di studio multicentrico osservazionale sull’utilizzo di fosfatidilcolina per il trattamento delle adiposità localizzate Discussione Questionario ECM Termine lavori Elezione Responsabili Regionali e n. 5 Corsi della durata di 1 giorno (sabato) dal titolo Eritrosi e Dintorni Programma: Ore 8.00 Registrazione dei Partecipanti Prima sessione: Clinica e Complicanze ore 9.00 ore 9.20 ore 9.40 ore 10.00 ore 10.20 ore 10.40 ore 11.00 Istopatologia e diagnosi differenziale, quadri rosaceiformi Dall’eritrosi alla rosacea: quadri clinici Complicanze oculistiche Complicanze psicologiche Terapia farmacologica Discussione Coffee Break Seconda sessione: Terapie cosmetologiche ore 11.30 ore 11.50 ore 12.10 Camouflage Terapia cosmetologica Maschere occlusive ore 12.30 ore 12.50 ore 13.00 Peeling Discussione Lunch Terza Sessione: Terapie strumentali Ore 14.30 Ore 14.50 Ore 15.10 Ore 15.30 Ore 15.50 Ore 16.10 Ore 16.30 Ore 16.50 Ore 17.00 Ore 17.00 Laser vascolari IPL Crioterapia Radiofrequenza Dermoabrasione, laser ablativi e terapia chirurgica del rinofima Dermocosmesi post-laser Discussione Questionario ECM Termine dei Lavori Elezione Responsabili Regionali I programmi definitivi con i relatori saranno pubblicati sulle pagine del sito www.isplad.org. Tutti gli incontri verranno sottoposti alla Commissione ECM del Ministero della Salute per l’assegnazione di crediti formativi validi per l’aggiornamento continuo del medico; per tutti i corsi è previsto un numero massimo di 150 partecipanti. Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 73 Scheda Iscrizione: Quote di Partecipazione (IVA Inclusa): Ä 60,00 IVA Inclusa per i SOCI ISPLAD se in regola con la quota associativa Ä 150,00 IVA Inclusa per i NON SOCI Gli incontri sono gratuiti per gli specializzandi in Dermatologia e Venereologia iscritti all’ISPLAD purché in regola con il pagamento della quota associativa per l’anno 2007. Tutti gli incontri verranno sottoposti alla Commissione ECM del Ministero della Salute per l’assegnazione di crediti formativi validi per l’aggiornamento continuo del medico; per tutti i corsi è previsto un numero massimo di 150 partecipanti. Per qualsiasi chiarimento è a disposizione la Segreteria Organizzativa ISPLAD, ai seguenti numeri: tel. 02.20404227, fax 02.29526964 o al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected]. Per poter partecipare ai Corsi è necessario compilare ed inviare al più presto via fax il modulo allegato, inclusa la copia dell’avvenuto pagamento o, in alternativa, collegarsi al sito www.isplad.org, accedere alla sezione Le Attività – Corsi di Aggiornamento, compilare il modulo di adesione direttamente on line, inviando via fax la copia dell’avvenuto pagamento. Corso/i a cui intendo partecipare: Roma, 3 Febbraio Parma, 17 Marzo Trattamento degli inestetismi Alghero (SS), 14 Aprile degli arti inferiori Tirrenia (PI), 22 Settembre Napoli, 24 Novembre Milano, 1 Dicembre Bari, 17 Febbraio Torino, 31 Marzo Verona, 8 Settembre Genova, 20 Ottobre Catania, 10 Novembre Rinnovo/Iscrizione ISPLAD Iscrizione ai Corsi Indicare la modalità di pagamento (€ 50,00) Visa/CartaSì American Express Eurocard/Mastercard Diners Eritrosi Indicare la modalità di pagamento Visa/CartaSì American Express Eurocard/Mastercard Diners Numero carta __________________________________________________ Numero carta __________________________________________________ Scadenza _ _ / _ _ intestata a ____________________________________ Scadenza _ _ / _ _ intestata a ____________________________________ Firma _________________________________________________________ Firma _________________________________________________________ Bonifico bancario: Banco di Roma Pisa 1 - Lungarno Galilei, 17 - Pisa c.c. 65187736 - ABI 3002 - CAB 14000 intestato a ISPLAD Bonifico bancario: Banco di Roma Pisa 1 - Lungarno Galilei, 17 - Pisa c.c. 652546/54 - ABI 3002 - CAB 14000 intestato a Derplast Service Srl Modulo di Adesione compilare in ogni sua parte ed inviare via fax al n. 02.29526964 Consenso al trattamento dei dati personali. Con la presente acconsento al trattamento degli unici dati personali ai sensi del testo unico sulla privacy (D.L. 196/2003, art. 7 e 13). Nome _____________________________________________________________________ Cognome ____________________________________________________ Nato/a a __________________________________________________ (prov._____) Il (gg/mm/aaaa) ____________________________________________________ Codice Fiscale ____________________________________________________ P .IVA _________________________________________________________________ Indirizzo ____________________________________________________________________________________________________ C.A.P. _______________________ Città ___________________________________________________________ Prov. _________ Telefono _______________________Fax _______________________ Cellulare __________________________________________________ E-mail ________________________________________________________________________ Specialista in Dermatologia dal: (anno) ___________________________________________ Università _________________________________________________ Specializzando in Dermatologia: (anno di corso) _____________________________________ Università ______________________________________________ Socio ISPLAD: SI Altra Specializzazione 74 NO Versamento quota ISPLAD 2007: già in regola in modulo allegato SI __________________________________________________________________________________________________________ Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 Protein oxidation and degradation during aging: role in skin aging and neurodegeneration. Free Radic Res. 2006; 40(12):1259-68. Widmer R Ziaja I Grune T Research Institute of Environmental Medicine, Heinrich Heine University Dusseldorf, Germany S During aging, the products of oxidative processes accumulate and might disturb cellular metabolism. UMMARY Among them are oxidized proteins and protein aggregates. On the other hand, in a functioning metabolic system oxidized proteins are degraded, mainly by the proteasome. During aging, however, proteasome activity declines. Therefore, the ability to degrade oxidized proteins is attenuated. The following review summarises the accumulation of oxidized proteins and the decline of the proteasomal system during skin and brain aging including some age-related neurodegenerative processes. The role of protein aggregates will be discussed as a potential reason for the accelerated dysfunction of tissue during aging. Fluorescence diagnosis and photodynamic therapy in dermatology from experimental state to clinic standard methods. J Environ Pathol Toxicol Oncol. 2006; 25(1-2):425-39. Fritsch C Ruzicka T Private Dermatological Clinic, Bank-Str. 6 - Arztehaus, 40476 Dusseldorf, Germany SU M M A R Y The role of photodynamic therapy (PDT) in the treatment of in situ neoplasias and tumors of the skin is steadily increasing. An intratumoral enriched photosensitizer and its activation by light are the principles of photodynamic action. Aminolevulinic acid (ALA) has been shown to be the drug with most experimental and clinical use in the past. The highest efficacy with most selectivity in topical PDT is postulated for methyl aminolevulinate or methyl aminooxopenoat (MAL, MAOP, Metvix). For solar keratoses, topical PDT using MAL is already considered to be the treatment of choice. Epithelial skin tumors such as basal cell carcinomas also respond very well, however, a debulking procedure of the exophytic tumor tissue is an absolute prerequisite to a successful cure. In addition to functioning as a novel therapeutic tool, photodynamic sensitization of skin cancer cells is increasingly used for fluorescence diagnosis (FD) (also known as photodynamic diagnosis or PDD). The fluorescence of induced porphyrins is effective in detecting and delineating neoplastic skin areas. Future approaches of FD and PDT are nontumoral applications, especially psoriasis, viral-induced diseases, or acne vulgaris. Topical PDT is well tolerated and leads to excellent aesthetic results with only minor side effects Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 79 Effects of moisturization on epidermal homeostasis and differentiation. Clin Exp Dermatol. Published article online: 27 Nov 2006 SU M M A R Y Short RW Chan JL Choi JM Egbert BM Rehmus WE Kimball AB Moisturizers are commonly used for routine skin care. This study assessed the effects of a moisturizer on barrier function, epidermal architecture, keratinocyte proliferation, and physiological regulation of the epidermis in photoaged but otherwise normal skin. Fifteen women with moderately photoaged forearms were treated twice a day for 4 weeks with a moisturizer containing dimethicone and glycerine. Baseline and post-treatment transepidermal water loss (TEWL) and ipsilateral forearm biopsies were obtained. Epidermal thickness, melanin levels, keratinocyte proliferation, and expression of keratins were evaluated. Induction of keratins 6 and 16, commonly associated with keratinocyte proliferation and wound healing, was observed. Epidermal thickness increased by 0.019 mm (P = 0.005), barrier function improved (TEWL decreased by 13%) and melanin intensity decreased (P = 0.004). Even nonxerotic, photoaged skin may appear younger, benefiting structurally and functionally from routine use of moisturizers containing dimethicone and glycerine. Department of Dermatology, Stanford University Medical Center, Stanford, CA, USA. Prognosis for cutaneous melanoma according to surgical department: comparative study at a tertiary care hospital. Actas Dermosifiliogr. 2006 May; 97(4):247-52. Aviles JA Lazaro P Servicio de Dermatologia, Hospital General Universitario Gregorio Maranon, Madrid, Espana. 80 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 SU M M A R Y Introduction: Surgical treatment of melanoma is performed by dermatologists and general or plastic surgeons. It is not known whether the type of specialist treating the melanoma results in a diffe- rent prognosis for these patients. Material and Methods: A retrospective study was carried out on the epidemiological, clinical/histological and evolutional characteristics of all patients diagnosed with melanoma at Hospital Gregorio Maranon over a 10-year period (1994-2003). The differences by hospital department where the patients were treated (dermatology, general surgery and plastic surgery) were noted. Results: Over 90 % of the patients with melanoma were treated by the Dermatology Department. The thickness of the tumors and the presence of histologic ulceration were significantly higher in the melanomas treated by general and plastic surgeons (p <0.05). The differences in overall average survival (105, 55 and 77 months) and disease-free time (88, 24 and 51.3 months) in the melanomas operated on by dermatologists, general surgeons and plastic surgeons, respectively, were significant (p <0.001). Conclusions: This study confirms that there are significant differences in the clinical and histological characteristics and the life prognosis of patients with cutaneous melanoma treated by different specialists. The melanomas treated by general or plastic surgeons have usually been developing for a longer time, and therefore are thicker and more often ulcerated than those treated by dermatologists, resulting in a lower survival period. With appropriate medical and surgical training, dermatologists are the most suitable specialists for early diagnosis and treatment. Differences in biopsy techniques of actinic keratoses by plastic surgeons and dermatologists: a histologically controlled pilot study. Arch Dermatol. 2006 Apr; 142(4):455-9. Comment in: Arch Dermatol. 2006 Oct; 142(10):1363-4. S Objective: To compare differences in biopsy techniques of actinic keratoses between dermatologists UMMARY and plastic surgeons. Design: Blinded, comparative, retrospective study. Setting: Dermatopathology laboratory at a major academic medical center with referral of outside cases.Intervention We reexamined the histopathologic slides of 405 actinic keratosis biopsy specimens obtained by plastic surgeons and dermatologists from January 1, 1992, through May 31, 2002. We were specifically interested in the type of biopsy technique (shave, punch, or excisional biopsy) used for the surgical management of actinic keratoses by both groups of physicians. We also recorded the clinical diagnoses rendered on the dermatopathology request form and compared them with the histopathologic diagnoses. Results: Excisional biopsies were performed by plastic surgeons in 50.0% of the cases, compared with only 1.4% by dermatologists. In contrast, shave biopsies of actinic keratoses were performed by plastic surgeons in only 32.4% of the cases, compared with 89.4% by dermatologists. Only 1 (0.5%) of the 198 dermatopathology request forms submitted by the plastic surgeons mentioned actinic keratosis, compared with 82 (39.6%) of 207 histopathologic evaluation requests submitted by dermatologists. Conclusions: The predominance of excisional biopsies of actinic keratoses by plastic surgeons may be related to a different ability in the clinical recognition of actinic keratoses compared with that of dermatologists. The surgical approach of dermatologists to shave diagnostically uncertain cutaneous lesions is less invasive than that of plastic surgeons and is more likely to achieve a better cosmetic outcome Sellheyer K Bergfeld WF Department of Anatomic Pathology, Section of Dermatopathology, The Cleveland Clinic Foundation, OH 44195, USA. Management of injected hyaluronic acid induced Tyndall effects. Lasers Surg Med. 2006 Mar; 38(3):202-4. Hirsch RJ Narurkar V Carruthers J Skincare Doctors, Cambridge, Massachusetts 02138, USA. 82 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 3 SU M M A R Y Background and Objectives: Soft tissue augmentation represents a cosmetic procedure performed with increasing frequency. Study Design/Materials and Methods: Correct utilization permits precise correction of facial rhytids and scars. Novice injectors occasionally inject too superficially in tissue with the resultant appearance of discoloration secondary to the Tyndall effect. Results and Conclusion: In this article, we will review the Tyndall effect in the skin and management options for this growing problem in aesthetic dermatology. Informazione editoriale L’enigma dell’Impact Factor L’ Impact Factor (IF) è un importante criterio di misurazione obiettiva per giudicare il valore di una qualsiasi pubblicazione scientifica (2). Come è nato l’IF? L’IF è un prodotto dell’Institute of Scientific Information (ISI) di Philadelphia, Pennsylvania, USA, che è un ente privato. L’ISI ha iniziato la sua attività negli anni ’50 e possiede un database delle riviste registrate mediante il Science Citation Index (SCI) (3, 4). Lo scopo del database dell’ISI era di creare prodotti per la vendita, come per esempio ricerche bibliografiche, o di permettere l’identificazione dei singoli ricercatori impegnati in argomenti particolari. Più tardi, negli anni ’60, Garfield e Sher (1) hanno sviluppato il concetto di IF, un indice utilizzato internamente all’ISI per stabilire la qualità relativa di una rivista al fine della sua inclusione nel loro database. Che cos’è l’IF? Se un articolo è stato citato molte volte in letteratura, si può concludere indirettamente che questo articolo ha avuto un certo impatto sulla comunità dei ricercatori. Per meglio comprendere il concetto è necessario un breve glossario: Rivista “citante”: la rivista che cita una voce bibliografica. Rivista “citata”: la rivista che è stata citata nella voce bibliografica. Fonti bibliografiche: sono definite tali tutti gli articoli citabili. Sono considerate voci bibliografiche gli articoli originali, le review, i casi clinici, gli articoli dei supplementi di simposi. Non sono considerate fonti bibliografiche le lettere (con l’eccezione dei casi in cui in realtà sono articoli, come in Nature), gli abstract, i commenti e gli editoriali. L’IF di una rivista, relativo a un dato anno, può essere definito come il rapporto tra il numero totale di citazioni ricevute in quell’anno dagli articoli pubblicati su quella rivista nei due anni precedent e il numero totale delle fonti bibliografiche pubblicate nello stesso periodo (i due anni precedenti) dalla stessa rivista. Pertanto: (1) (1) articoli sulla ricerca di base sono in grado di attrarre numerosi autori/ricercatori di un’ampia gamma di settori. - Le riviste accessibili liberamente on line sono lette da più persone, per cui hanno maggiori possibilità di essere citate (5, 6). - Eccessiva auto-citazione sia da parte dell’autore, sia da parte della rivista stessa. A volte gli “editor” di una rivista sono stati accusati di obbligare gli autori a citare voci bibliografiche tratte dalla loro stessa rivista (7). La scelta editoriale di accettare articoli sulla base della possibilità di attrarre delle citazioni può essere considerata come un altro possibile elemento di distorsione. Limiti dell’IF L’IF ha molti limiti che appaiono evidenti se si considerano gli elementi di distorsione e di pregiudizio sopra citati. L’IF è specifico per rivista e non per articolo o per autore. Soltanto pochi articoli di una rivista su un argomento di grande interesse possono incrementare l’IF in modo sostanziale. Secondo il database dell’ISI, sono soltanto 150 le riviste di riferimento per il 50% delle citazioni fatte su tutte le riviste in circolazione e per il 25% degli a rticoli pubblicati (9). Anche se alcuni articoli possono essere citati negativamente, tuttavia queste citazioni sono conteggiate nel calcolo dell’IF. Analogamente le citazioni di maggiore e quelle di minore importanza non sono considerate diversamente nel calcolo dell’IF. Le citazioni riflettono soltanto l’interesse per l’articolo da parte dei ricercatori e non l’utilità o la qualità degli articoli, pertanto un articolo controverso godrà di molte più citazioni. Il periodo di due anni considerato nel calcolo dell’IF può essere appropriato per gli argomenti di principale interesse, ma lo è molto meno per la maggior parte degli argomenti che hanno un’evoluzione lenta. Non tutte le riviste “p e e r-reviewed” sono inserite nel database dell’ISI, per cui le escluse non possono ricevere un IF pubblicato sul JCR. Quando una rivista inoltra richiesta di inserimento nel database dell’ISI, essa viene valutata da un apposito team editoriale. I principali parametri di valutazione utilizzati sono: 1. Regolarità della pubblicazione. 2. Profilo del comitato editoriale. 3. Se la rivista è basata sulla “peer-review”. 4. Pertinenza e attualità dei contenuti. Citazioni ricevute nel 2006 degli articoli pubblicati nel 2005 e 2004 su quella rivista IF della rivista nel 2006 = Numero di fonti bibliografiche pubblicate nel 2005 e 2004 su quella rivista Ogni anno a luglio/agosto l’IF dell’anno precedente di una rivista viene pubblicato dal Journal of Citation Report (JCR). Distorsioni nella valutazione dell’IF - Viene preferita la lingua inglese. - L’inserimento delle riviste nel database ISI ha un limite numerico. - Alcuni articoli sono più citabili di altri. Per esempio, una review ha la possibilità di essere citata molte più volte rispetto a un caso clinico, che potrebbe non essere mai citato. La review potrebbe non a g g i u n g e renulla di nuovo alla letteratura scientifica, ciò nonostante è in grado di incrementare l’IF di una rivista. Una rivista che non pubblica casi clinici ha maggiori possibilità di avere un IF più alto. Un argomento altamente specializzato all’interno di una sotto-specialità ha una possibilità molto limitata di essere citato, mentre gli Bibliografia 1. Nayak BK. The enigma of impact factor. Indian J Ophthalmol 2006; 54:225-6. 2. Garfield E, Sher M. New factors in the evaluation of scientific literature through citation indexing. American Documentation 1963, p. 195-201. 3. Science Citation Index. http: / /www.isinet.com/products/ citation/ sci/ Accessed on 24 October, 2006. 4. Garfield E. Citation indexes for science: A new dimension in documentation through association of ideas. Science 1955; 122:108-11. 5. Eysenbach C. Citation advantage of open access articles. PLoS Biol 2006; 4:e157. 6. Bavdekar SB, Sahu DR. Path of progress: Report of an eventful year for the journal of postgraduate medicine. J Postgrad Med 2005; 51:5-8. 7. Smith R. Journal accused of manipulating impact factor. BMJ 1997; 314:463. 8. O’Neill J. The significance of an impact factor: Implications for the publishing community. Learned Pub 2000; 13:105-9. Obiettivo della rivista Articoli in supplementi al fascicolo Il Journal of Plastic Dermatology, organo ufficiale dell’International-Italian Society of PlasticAesthetic Dermatology, si rivolge a tutti i dermatologi (e cultori della materia) che vogliono mantenersi aggiornati sia sugli aspetti patogenetici degli inestetismi e dell’invecchiamento della cute, sia sull’uso delle nuove tecnologie (laser, radiofrequenza, luce pulsata, ecc), delle sostanze esfolianti, dei materiali iniettivi per la supplementazione dermica, dei dermocosmetici, degli integratori, ecc. Il Journal of Plastic Dermatology pubblica, articoli originali, casi clinici, rassegne, report congressuali e monografie. Payne DK, Sullivan MD, Massie MJ. Women’s psychological reactions to breast cancer. Semin Oncol 1996; 23 (Suppl 2):89 Preparazione degli articoli Gli articoli devono essere dattiloscritti con doppio spazio su fogli A4 (210 x 297 mm), lasciando 20 mm per i margini superiore, inferiore e laterali. La prima pagina deve contenere: titolo, nome e cognome degli autori, istituzione di appartenenza e relativo indirizzo. La seconda pagina deve contenere un riassunto in italiano ed in inglese e 2-5 parole chiave in italiano ed in inglese. Per la bibliografia, che deve essere essenziale, attenersi agli “Uniform Requirements for Manuscript submitted to Biomedical Journals” (New Eng J Med 1997; 336:309). Più precisamente, le referenze bibliografiche devono essere numerate progressivamente nell’ordine in cui sono citate nel testo (in numeri arabi tra parentesi). I titoli delle riviste devono essere abbreviate secondo lo stile utilizzato da PubMed (la lista può essere eventualmente ottenuta al seguente sito web: http://www.nlm.nih.gov). Articoli standard di riviste Parkin MD, Clayton D, Black RJ, Masuyer E, Friedl HP, Ivanov E, et al. Childhood leukaemia in Europe after Chernobil: 5 year follow-up. Br J Cancer 1996; 73:1006 Articoli con organizzazioni come autore The Cardiac Society of Australia and New Zealand. Clinical exercise stress testing. Safety and performance guidelines. Med J Aust 1996; 164:282 84 Journal of Plastic Dermatology 2006; 2, 2 Libri Ringsven MK, Bond D. Gerontology and leadership skill for nurses. 2nd ed. Albany (NY): Delmar Publisher; 1996 Capitolo di un libro Phillips SJ, Whisnant JP. Hypertension and stroke. In: Laragh JH, Brenner BM, editors. Hypertension: pathophysiology, diagnosis, and management. 2nd ed. New York: Raven Press; 1995, p.465 Figure e Tabelle Per favorire la comprensione e la memorizzazione del testo è raccomandato l’impiego di figure e tabelle. Per illustrazioni tratte da altre pubblicazioni è necessario che l’Autore fornisca il permesso scritto di riproduzione. Le figure (disegni, grafici, schemi, fotografie) devono essere numerate con numeri arabi secondo l’ordine con cui vengono citate nel testo ed accompagnate da didascalie redatte su un foglio separato. Le fotografie possono essere inviate come stampe, come diapositive, o come immagini elettroniche (formato JPEG, EPS, o TIFF). Ciascuna tabella deve essere redatta su un singolo foglio, recare una didascalia ed essere numerata con numeri arabi secondo l’ordine con cui viene citata nel testo Come e dove inviare gli articoli Oltre al dattiloscritto in duplice copia, è necessario inviare anche il dischetto magnetico (formato PC o Mac) contenente il file con il testo e le tabelle. Gli articoli vanno spediti al seguente indirizzo: Dott. Pietro Cazzola Edizioni Scripta Manent Via Bassini 41 20133 Milano E-mail: [email protected] [email protected]