I classici • Ugo Foscolo Le Grazie, Inno a Venere VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo Ugo Foscolo Inno a Venere Opera: Le Grazie, I, vv. 1-81 Punti chiave: Metro: endecasillabi sciolti Il valore della bellezza Il fine etico-civile della poesia P rivolge poi allo scultore Antonio Canova, autore di una statua di Venere che dal 1812 era esposta alla Galleria degli Uffizi di Firenze, invitandolo a partecipare a una cerimonia in onore delle Grazie, quale portavoce (insieme al poeta stesso) di una rinnovata attenzione ai valori del mondo classico. L’inno celebra in seguito l’apparizione di Venere e delle tre Grazie. Riportiamo inoltre i versi in epigrafe che compaiono in alcune redazioni del poemetto. resentiamo la lettura dei primi versi dell’inno a Venere, il primo dei tre carmi dedicato alle Grazie, secondo la redazione del Quadernone, ossia il quaderno sul quale Foscolo tra il settembre e il novembre del 1813 raccolse la gran parte dei versi relativi alle Grazie composti fino a quel momento, dando a essi un ordinamento il più possibile stabile e completo. In questi versi assistiamo all’invocazione alle Grazie e alla definizione tanto della materia quanto del tono poetico. Il poeta si Schema metrico: l’epigrafe: aBB aCC dEE; l’Inno: endecasillabi sciolti. 1. Alle Grazie... gemelle: secondo il mito, le Grazie sono tre bellissime fanciulle che compongono il corteo di Venere insieme alle Ore e agli Amori. I loro nomi sono: Aglaia (dal greco aglaós: “splendido”, “brillante”), Eufrosine (euphrosynos: “lieto”, “allegro”) e Talia (thalía: “vitalità”, “prosperità”). Simboleggiano i raggi del sole e la bellezza che anima la vita, sono ispiratrici dell’arte e della poesia e vengono rappresentate in atto di danzare in cerchio. Esse sono figlie di Venere (chiamata Citerea, dal nome dell’isola di Citera in cui la dea approdò dopo la nascita dal mare) e sorelle di Amore (Cupido), anch’egli figlio della dea. 2. il tempio: si tratta dell’ara-tempietto sul colle di Bellosguardo che il poeta citerà ai vv. 9-13. 3. beltà ingegno virtù: sono i tre doni che furono concessi al mondo quando le Grazie nacquero. 4. onde perpetue... mondo: in modo che le Grazie (Dee) conservino per gli uomini (al mondo) questi tre doni divini, eterni e sempre nuovi. 5. Cantando... v’adorna: nel cantare in poesia, o Grazie, le facoltà divine delle quali il Cielo vi adorna. 6. vereconde: pure, modeste. Come per la successiva esclamazione (belle vergini!), Foscolo stabilisce fin dall’inizio del poema il carattere intrinseco delle Grazie: esse incarnano l’ideale della bellezza composta, sacra, divina, lontana dalle irrequiete e tormentate passioni umane. 7. a voi... beltà: chiedo (chieggio) a voi di infondermi con la vostra ispirazione la melodia (del verso), misteriosa (arcana) e armoniosa, capace di ritrarre (pittrice) in modo adeguato la vostra bellezza. La poe- CARME AD ANTONIO CANOVA Alle Grazie immortali le tre di Citerea figlie gemelle1 è sacro il tempio2, e son d’Amor sorelle; nate il dì che a’ mortali beltà ingegno virtù3 concesse Giove, onde perpetue sempre e sempre nuove le tre doti celesti e più lodate e più modeste ognora le Dee serbino al mondo4. Entra ed adora. 5 10 sia è qui intesa come armonïosa melodia, un dono che scende dall’alto – dunque è ignoto agli uomini (arcana) – ed è necessario per poter ritrarre in modo compiuto la bellezza incarnata dalle Grazie. 8. sì che... carme: così che il canto della poesia possa giungere a rallegrare l’Italia, oggi afflitta dai furori dei regnanti stranie- G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Fos_grazie_ven.indd 1 Cantando, o Grazie, degli eterei pregi di che il cielo v’adorna5, e della gioia che vereconde6 voi date alla terra, belle vergini! a voi chieggio l’arcana armonïosa melodia pittrice della vostra beltà7; sì che all’Italia afflitta di regali ire straniere voli improvviso a rallegrarla il carme8. Nella convalle fra gli aerei poggi di Bellosguardo9, ov’io cinta d’un fonte 1 ri. Il riferimento è probabilmente al timore che la disastrosa campagna di Russia di Napoleone del 1812 avrebbe avuto ripercussioni sulle sorti del Regno d’Italia. 9. Nella... Bellosguardo: nella valle tra le colline di Bellosguardo. Bellosguardo è una località vicina a Firenze dove Foscolo trascorse diversi mesi tra il 1812 e il 1813. Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. 24/05/13 12.25 I classici • Ugo Foscolo Le Grazie, Inno a Venere VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo 10. ov’io... innalzo: dove io elevo alle tre Grazie (Dive) un altare (ara), posto tra le ombre tranquille di mille giovani cipressi, circondato da un ruscello di acqua limpida. 11. e un fatidico... agl’inni: e un sacro (fatidico) bosco di allori nel quale si snoda la vite in un colore più tenue la protegge (il riferimento è all’ara) come un tempio; vieni qui, o Canova, per prendere parte ai riti che si compiono in questo tempio e agli inni che ivi si cantano. 12. Al cor... custode: me ne fece dono (sottointeso: di questi inni) la bella Dea che sulle rive dell’Arno hai consacrato quale custode delle belle arti. Foscolo fa preciso riferimento alla statua della Venere italica (qui definita la bella Dea) che Canova aveva scolpito nel marmo per sostituire la Venere medicea, sottratta dall’esercito di Napoleone, e che dal 1812 era esposta agli Uffizi di Firenze. La Venere italica verrà portata a Palazzo Pitti alla restituzione della Venere medicea da parte dei francesi. Foscolo la vide durante il suo soggiorno fiorentino e ne restò ammirato. 13. ed ella... precinse: ordina così: ed ella precinse (circondò) tutta la sua santa immago (scolpita nella statua di Canova) d[i] lume immortal e d’ambrosia. L’ambrosia è il particolare profumo che, insieme alla luce, rivela la presenza di una divinità. Secondo Foscolo, la statua di Canova è dunque a tal punto perfetta che Venere l’ha eletta quale esempio di bellezza divina (santa). 14. o ch’io spero!: quanto lo spero! 15. artefice di Numi: tanta è la perfezione delle sue opere che Canova è definito “creatore” (artefice) degli dèi. 16. nuovo... marmo: ordina così: meco (insieme a me) darai nuovo spirto (nuova vita) alle Grazie ch’or (adesso) sorgon (nascono) dal marmo di tua man (per opera tua). 17. Anch’io... eterna: ordina così: Anch’io pingo, e spiro (trasmetto, desto) anima eterna a’ fantasmi (alle mie immagini poetiche). Anche la poesia è una forma di “pittura” o di arte iconica: le immagini che essa crea sono però inconsistenti, ideali: ecco perché Foscolo usa la parola fantasmi. Del resto, già al v. 5, Foscolo chiedeva alle Grazie quella ispirazione in grado di essere pittrice della loro bellezza. 18. sdegno... crea: disdegno la poesia meramente melodiosa e armoniosa che non è in grado di creare immagini vive e significative nel lettore. Si tratta di una chiara ammissione di poetica. 19. perché... lira: Apollo (Febo) mi disse: “io per primo feci da guida con il mio canto a Fidia e ad Apelle”. Fidia (V sec. a.C.) e Apelle (IV sec. a.C.) furono tra i maggiori artisti dell’antichità, l’uno per la scultura, l’altro per la pittura. 20. Eran... Terra: un tempo vi erano gli dèi (l’Olimpo), Giove (il Fulminante) e il Destino (il Fato), e la madre Terra era sconvolta dal tridente di Nettuno (enosigeo). 21. Amor… feria: il periodo è ricco di sot- 15 20 25 30 35 40 45 tintesi: Amore colpiva (feria) con le sue frecce dal cielo (dagli astri) Plutone, il dio degli Inferi che si innamorò di Proserpina (ecco dunque perché è “ferito” da Amore). 22. Una Diva… mortali: una dea (Diva) percorreva tutto il creato per donare la vita (fecondarlo) ed era chiamata con il semplice nome di Natura. Ora le sono riservati più di cento troni tra gli essere celesti ed è venerata (le dan rito) dagli uomini con nomi e altari (are) diversi. “Natura” è il nome che nell’età antica, ancor prima della comparsa della civilizzazione, gli uomini davano alla divinità fecondatrice, che poi avrebbe assunto nomi diversi. La sovrapposizione tra questa forza naturale primordiale e la figura di Venere è stabilita a partire dal De rerum natura del poeta latino Lucrezio. 23. e più… invoca: e maggiormente le piace (giova) l’inno che la invoca con il G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Fos_grazie_ven.indd 2 limpido fra le quete ombre di mille giovinetti cipressi alle tre Dive l’ara innalzo10, e un fatidico laureto in cui men verde serpeggia la vite la protegge di tempio, al vago rito vieni, o Canova, e agl’inni11. Al cor men fece dono la bella Dea che in riva d’Arno sacrasti alle tranquille arti custode12; ed ella d’immortal lume e d’ambrosia la santa immago sua tutta precinse13. Forse (o ch’io spero!14) artefice di Numi15, nuovo meco darai spirto alle Grazie ch’or di tua man sorgon dal marmo16. Anch’io pingo e spiro a’ fantasmi anima eterna17: sdegno il verso che suona e che non crea18; perché Febo mi disse: Io Fidia primo ed Apelle guidai con la mia lira19. Eran l’Olimpo e il Fulminante e il Fato, e del tridente enosigeo tremava la genitrice Terra20; Amor dagli astri Pluto feria21: né ancor v’eran le Grazie. Una Diva scorrea lungo il creato a fecondarlo, e di Natura avea l’austero nome: fra’ Celesti or gode di cento troni, e con più nomi ed are le dan rito i mortali22; e più le giova l’inno che bella Citerea la invoca23. Perché clemente a noi che mirò afflitti travagliarci e adirati, un dì la santa Diva, all’uscir de’ flutti ove s’immerse a ravvivar la gregge di Nereo, apparì con le Grazie24; e le raccolse l’onda Ionia primiera25, onda che amica del lito ameno e dell’ospite musco da Citera ogni dì vien desïosa 2 nome di bella Citerea (vedi nota 1). Venere è stata chiamata dai greci con diversi appellativi, per lo più in base ai luoghi dove la divinità era maggiormente venerata: Cipride, Antheia, Cnidia, Ericinia ecc. 24. Perché… Grazie: ordina così: Perché un dì clemente a (verso) noi che mirò (ci vide) travagliarci (soffrire) afflitti e adirati (tormentati dal dolore e dall’ira), la santa Diva (Venere) apparì con le Grazie all’uscir de’ flutti (uscendo dalle acque) ove s’immerse a ravvivar (infondere nuova vita) la gregge (alle figlie) di Nereo. Le figlie di Nereo – divinità marina – sono chiamate Nereidi e stanno qui a indicare le onde del mare. Le Grazie appaiono dunque al mondo quando Venere le fa emergere dalle onde del mare. 25. le raccolse… primiera: le (cioè le Grazie) raccolse per prima (primiera) l’onda del mare Ionio. Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. 24/05/13 12.25 I classici • Ugo Foscolo Le Grazie, Inno a Venere VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo 50 55 60 65 26. onda… adorai: ordina così: onda che ogni dì (tutti i giorni) da Citera vien desïosa (desiderosa) a’ miei materni colli (l’isola di Zacinto, dove nacque Foscolo), amica del lito ameno (delle belle spiagge) e dell’ospite musco (muschio accogliente): ivi fanciullo adorai la Deità (divinità) di Venere. 27. all’antenoree… obblia: ordina così: darò i carmi e l’ossa (lascerò le mie poesie e le mie ossa) all’antenoree prode (al Veneto, che prende il nome di Antenore, il troiano che fondò la città di Padova), ultimo albergo (rifugio) de’ santi Lari Idei (famiglie troiane; i “lari” sono gli spiriti protettori del focolare domestico) e de’ miei padri (antenati), e a te (o Zacinto, darò) il pensier; ché (poiché) a queste dee non favella pïamente (non può parlare con rispetto e venerazione) chi obblia (dimentica) la patria. L’amore verso la patria è per Foscolo condizione imprescindibile per entrare in contatto con il mondo divino. L’autore riprende il concetto latino di pietas, cioè il rispetto dei valori morali e civili ai quali un uomo deve assolvere per essere considerato un buon cittadino. 28. Eran: vi erano, esistevano. 29. era… guerra: vi era nelle sue colline l’ombra dei boschi ritenuti sacri per la danza e il canto in onore della dea Diana, prima che Nettuno edificasse per l’ingiusto re troiano Laomedonte le poderose torri sulle mura della città di Troia, allora già in guerra. Laomedonte è detto reo perché chiese al dio Nettuno di rafforzare le mura della sua città rifiutandosi poi di pagare il compenso che era stato pattuito. 30. angliche navi: le navi inglesi, che da Zacinto, così come da altre isole greche, avevano iniziato un’attività di importazione di prodotti agricoli in cambio del corrispettivo pagamento (tesori). 31. a lei… cedri: ordina così: l’eterno sole 70 75 80 manda dall’alto a lei i più vitali rai (raggi); Giove a lei concede candide nubi, e ampie (vaste) selve d’ulivi, e liberali i colli di Lïeo (ricchi raccolti d’uva: Lieo è un appellativo di Bacco): l’aure prometton (promanano) salute rosea (florida), alimentate (impreziosite) da’ spontanei fiori (una vegetazione spontanea di fiori), e da’ cedri perpetui (sempreverdi). 32. quando… Grazie: quando fece affiorare dall’acqua, sostenendole, le Grazie sedute su una conchiglia e adorate (vezzeggiate) da Venere (dalla Diva). 33. a sommo il flutto: sulla superficie delle acque. 34. quante… oceanine: i vv. 69-77 sono un lungo paragone tra le api e le Nereidi: quanto numerosi sono gli sciami delle api vaganti che al primo alitare della prima- G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Fos_grazie_ven.indd 3 a’ materni miei colli: ivi fanciullo la Deità di Venere adorai26. Salve, Zacinto! all’antenoree prode, de’ santi Lari Idei ultimo albergo e de’ miei padri, darò i carmi e l’ossa, e a te il pensier; ché pïamente a queste Dee non favella chi la patria obblia27. Sacra città è Zacinto. Eran28 suoi templi, era ne’ colli suoi l’ombra de’ boschi sacri al tripudio di Dïana e al coro; pria che Nettuno al reo Laomedonte munisse Ilio di torri inclite in guerra29. Bella è Zacinto. A lei versan tesori l’angliche navi30; a lei dall’alto manda i più vitali rai l’eterno sole; candide nubi a lei Giove concede, e selve ampie d’ulivi, e liberali i colli di Lïeo: rosea salute prometton l’aure, da’ spontanei fiori alimentate, e da’ perpetui cedri31. Splendea tutto quel mar quando sostenne su la conchiglia assise e vezzeggiate dalla Diva le Grazie32: e a sommo il flutto33, quante alla prima prima aura di Zefiro le frotte delle vaghe api prorompono, e più e più succedenti invide ronzano a far lunghi di sé aerei grappoli, van alïando su’ nettarei calici e del mele futuro in cor s’allegrano, tante a fior dell’immensa onda raggiante ardian mostrarsi a mezzo il petto ignude le amorose Nereidi oceanine34; e a drappelli35 agilissime seguendo la Gioia alata, degli Dei foriera36, gittavan perle, dell’ingenue Grazie il bacio le Nereidi sospirando37. 3 vera (alla prima aura di Zefiro) appaiono (prorompono) e, in una continua successione, ronzano quasi gareggiando (invide) facendo di sé oblunghi grappoli nel cielo, volano sui calici dei fiori colmi di nettare (nettarei) e si rallegrano del miele che in questo modo potranno produrre, altrettanto numerose le Nereidi abitatrici del mare (Oceanine), colme d’amore, osarono mostrarsi nude con il petto scoperto al pelo dell’acqua vibrante dei raggi del sole (raggiante). 35. a drappelli: in gruppo. 36. la Gioia... foriera: la Gioia, una divinità alata, messaggera (foriera) degli dei. 37. dell’ingenue… sospirando: bramando (sospirando) di essere baciate dalle libere (ingenue, dal latino ingenuus, “naturale”, “libero”) Grazie. Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. 24/05/13 12.25 I classici • Ugo Foscolo Le Grazie, Inno a Venere VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo IN PRIMO PIANO I temi ANALISI DEL TESTO L’armonïosa melodia che ritrae la bellezza Il poemetto inizia con un proemio (vv.1-27), suddiviso in due parti ben riconoscibili. La prima parte del proemio (vv. 1-8) è dedicata all’invocazione alle Grazie, alle quali il poeta chiede l’ispirazione per il suo canto, al fine di poter esprimere adeguatamente nei suoi versi le loro qualità, ossia gli eterei pregi, che esse ricevono dal cielo, e la gioia, che donano alla terra. Foscolo impiega lo stilema tradizionale dell’invocazione alla Musa, ma lo rimodula indirizzandolo in modo specifico alle Grazie, poiché esse soltanto possono garantire quella arcana armonïosa melodia in grado di ritrarre la loro bellezza. Il poeta sottolinea la forza ispirativa delle Grazie enfatizzandola con la ripetizione, in posizione centrale nei primi quattro versi, del loro nome e dei pronomi a esse relativi (Grazie... v’adorna... voi... a voi...). Inoltre, sempre per quel che riguarda la struttura di questi versi, si può notare che questa prima porzione del proemio è sapientemente costruita attorno a due termini che aprono e chiudono l’invocazione: Cantando e carme; e che la parola melodia costituisce il centro visivo, oltre che semantico, dell’intera invocazione. Foscolo sta suggerendo al lettore che la poesia è qui intesa anzitutto come musica, canto, armonia in grado di “riprodurre” (pittrice) con gli strumenti tipici del verso la bellezza delle Grazie. Già in questa parte del proemio si delinea il fine etico-civile della poesia attraverso la creazione del bello. La poesia non è infatti mero ornamento retorico che attraverso il riuso degli stilemi classici e mitologici crei un’evasione dalla realtà: auspicando che l’Italia – afflitta di regali ire straniere – si rallegri della bellezza, il poeta mostra di voler riattualizzare il mito in funzione della rinascita morale di un popolo e di una nazione, perché a ciò la contemplazione della bellezza può portare. possano dare spirto alle Grazie, facendone rinascere nuovamente la bellezza. Come nei tempi antichi l’arrivo delle Grazie donò agli uomini la civiltà sottraendoli alla barbarie, allo stesso modo la “rinascita” delle Grazie può migliorare nuovamente la natura umana, infondendole un nuovo stimolo verso la civiltà. Come Canova, artefice di Numi, anche Foscolo è un creatore (pingo) e infonde anima eterna a’ [suoi] fantasmi, cioè alle immagini che egli produce. E qui – rendendo esplicito quanto era suggerito nei versi iniziali – il poeta afferma: sdegno il verso che suona e non crea. La poesia, cioè, non è suono fine a se stesso, ma è “creazione” della bellezza, che per il suo impatto rigeneratore sul cuore umano può dare un nuovo slancio alla società intera. La bellezza porta la civiltà fra gli uomini Concluso il proemio, Foscolo dà inizio alla narrazione dell’evento: la nascita delle Grazie. I toni sono tipici dell’innologia sacra pagana e ricordano i primi versi del De rerum natura di Lucrezio, che inizia proprio con un inno a Venere genitrice, identificata con la bellezza e il desiderio di vita di uomini e dèi. Tale incipit sacrale è evidente nel v. 28, con il verbo in posizione iniziale e a seguire la terna di soggetti: Eran l’Olimpo e il Fulminante e il Fato. L’inno – per la parte qui antologizzata – si articola in due fasi temporali: un tempo “prima” della nascita delle Grazie (né ancora v’eran le Grazie) e un tempo contemporaneo al loro arrivo. “Prima” Venere (una Diva), dagli uomini chiamata e conosciuta semplicemente come Natura, fecondava il creato. “Poi”, mossasi a pietà del genere umano, che viveva in uno stato selvaggio e soffriva in preda alla tristezza e all’ira, apparì con le Grazie: è solo a questo punto che Venere, generando le Grazie mediatrici tra gli uomini e gli dèi, consente agli uomini di riconoscere la bellezza della natura e dare in tal modo vita alla civiltà. È la bellezza dunque che porta la civiltà fra gli uomini. Contemporaneamente al sorgere delle Grazie dalle acque, inizia la celebrazione di Zacinto, su cui per oltre venti versi il poeta focalizza l’attenzione del lettore. La celebrazione della propria patria corrisponde qui all’esaltazione dell’io del poeta: Foscolo, figlio della terra che ha salutato la nascita di Venere, è colui che legittimamente può cantare il valore supremo della bellezza e in questo modo farsi mediatore di un processo di rinascita morale volto a nobilitare l’animo umano. Canova e il poeta creatore La seconda parte del proemio (vv. 9-27) è incentrata sulla figura di Canova (che in quegli anni stava componendo il gruppo scultoreo delle Grazie), invitato dal poeta a partecipare a un rito in onore delle Grazie sui colli di Bellosguardo, in prossimità di Firenze, città dove era esposta la sua Venere marmorea (oggi a Palazzo Pitti). Alla evocazione con toni idilliaci di quel luogo consacrato alla bellezza, segue la speranza che Foscolo e Canova, i massimi esponenti della cultura neoclassica nelle lettere e nelle arti plastiche, SPAZIO Per tornare al testo COMPETENZE Comprensione e analisi 1. Per quale motivo il poeta chiede di essere ispirato dalla Grazie? 2. Chi è Canova? Perché il poeta lo cita in questo carme? 3. Che cosa intende il poeta con la parola fantasmi? 4. In quali punti del proemio è particolarmente evidente il valore etico-civile della poesia? 5. Perché viene citata ripetutamente l’isola di Zacinto? Quale significato ha nel testo? E quale, in generale, nella poetica di Foscolo? Approfondimenti 6. Alla luce della poetica foscoliana spiega il significato del seguente verso: sdegno il verso che suona e non crea. (massimo 10-15 righe) G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Fos_grazie_ven.indd 4 4 Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. 24/05/13 12.25