Impostazione del programma di trattamento ortodontico VTO Visual Treatment Objectives Nella programmazione del caso ortodontico, è necessario prendere in considerazione una serie di fattori attraverso i quali impostare il trattamento e, quindi, arrivare a definire gli spostamenti dentari necessari ed, eventualmente, quelli ortopedici. Il primo fattore fondamentale, da valutare all’inizio dell’analisi, è la disarmonia dento-basale (DDB) che può essere definita come un rapporto alterato tra le dimensioni della strutture basali e quelle dentarie (che derivano dalla somma dei diametri m-d degli elementi dentari). Le possibilità cliniche in cui ci si può imbattere sono varie e derivano dalla combinazione dei due parametri che caratterizzano la DDB, quello scheletrico basale e quello dentario: si può avere un eccesso dentario (altrimenti definito affollamento dentario) oppure una situazione, apparentemente più favorevole, di difetto dentario puro. L’una e l’altra possibilità sono, comunque, correlate alle dimensioni delle basi scheletriche, che ugualmente variano da soggetto a soggetto (caso tipico è l’ipermandibolia di III classe, condizione caratterizzata dalla presenza di diastemi tra gli elementi dentari, che tuttavia hanno dimensioni normali). L’analisi della DDB, definita Analisi dello spazio, viene eseguita sui modelli in gesso delle arcate del paziente, e si effettua all’arcata inferiore, in quanto risulta meno modificabile rispetto alla superiore, dove l’espansione trasversale e la distalizzazione (impedita inferiormente dalla presenza del ramo mandibolare) permettono un aumento notevole dello spazio disponibile. Si distingue: • una prima valutazione statica della DDB che è nient’altro che la valutazione della dimensione degli elementi dentari da una parte e della dimensione della struttura basale dall’altra; 2 • una valutazione dinamica, che risulta essere più complessa in quanto intervengono una serie di fattori la cui valutazione spesso richiede un certa esperienza clinica. Un’attenta analisi delle due valutazioni, statica e dinamica, permetterà di arrivare alla definizione del LIMITE ANTERIORE DELLA DENTATURA, che è il punto nodale della pianificazione del trattamento, soprattutto oggi, alla luce del peso che l’estetica facciale ha assunto nella definizione del programma di trattamento. Alcuni autori preferiscono partire dal definire il limite anteriore della dentatura superiore; la nostra scuola, invece, in accordo con Tweed, parte dallo stabilire il limite anteriore della dentatura inferiore. Di fatto le due valutazioni sono in ogni caso collegate. La valutazione statica della DDB può essere effettuata intraoralmente, ma, per comodità, il più delle volte essa è eseguita sui modelli in gesso delle arcate del paziente. La metodica di esecuzione di questo tipo di valutazione è stata da alcuni autori definita “metodo pifometrico”: non vuol dire altro che “a occhio; in realtà la definizione del valore dell’arcata basale non è affatto facile, e, di conseguenza, è molto più facile integrare i dati con degli elementi di tipo clinico che ciascuno può calcolare nella valutazione pifometrica. Una modalità semplice per calcolare il grado di affollamento è fare una valutazione dei punti di contatto: osservare la posizione più o meno linguale o vestibolare dello stesso, la presenza di una inclinazione dell’elemento dentario, ma, soprattutto, il grado di sovrapposizione di due denti contigui; in seguito bisogna riportare per iscritto il valore di spazio necessario per riportare in una corretta posizione i due punti di contatto e così andando in ordine. Bisogna sottolineare che non è necessario calcolare lo spazio in decimi di mm, un errore di 1-2 mm non causa nessun tipo di insuccesso. Nella valutazione dinamica della DDB bisogna cominciare a prendere in considerazione una serie di elementi: presenza in arcata di elementi decidui possibilità di recupero dello spazio in arcata (in caso di DDB in difetto) 3 Espansione trasversale Vestibolarizzazione degli incisivi Distalizzazione molari Estrazioni Presenza in arcata di elementi della serie decidua Spesso ci ritrova di fronte ad un paziente giovane con una dentatura mista o in una fase più precoce, con la presenza di III IV V, o in dentatura mista più tardiva, con la presenza del solo V. In questi casi deve essere valutato lo spazio fornito dalla fase di permuta, comunemente definito lee-way space o semplicemente E-space (facendo riferimento alla nomenclatura anglossassone alfabetica del V, se quest’ultimo è l’unico dente deciduo ancora presente). Il lee-way space è in grado di fornire circa 1,5 mm per emiarcata, mentre con l’E-space si ottengono circa 2 mm per emiarcata, in quanto, è proprio la discrepanza tra il V e il 5 a fornire la maggior parte dello spazio. Lo spazio ricavato dalla presenza dei quinti decidui va, quindi, sottratto a quello calcolato nella valutazione statica della DDB. Questa considerazione, tuttavia, è valida, se nel piano di trattamento è consentito bloccare i due sesti nella loro posizione, impedendo il late mesial shift (fisiologico scivolamento mesiale del sesto in fase di permuta del V). Recupero dello spazio in arcata Nell’ambito della valutazione dinamica della DDB con affollamento, si colloca il problema del recupero dello spazio in arcata, e della conseguente valutazione delle varie possibilità che si presentano: Espansione trasversale Vestibolarizzazione degli incisivi Distalizzazione molari Estrazioni 4 Espansione trasversale Studi di Ricketts sull’espansione hanno ottenuto i seguenti risultati: Denti sottoposti a espansione Entità dell’espansione Spazio guadagnato in arcata 4 mm 3 mm 2 mm 1 mm 1 mm 1 mm 1 mm 1 mm Molari Secondo premolari Primi premolari Canini Ciò vuol dire che lo stesso spazio di circa 1 mm, che si otterrebbe espandendo di 4 mm i molari, si guadagna espandendo di 1 mm i canini. Inoltre, va considerato che alcuni studi clinici, a 10 e 20 anni di distanza dal termine del trattamento,dimostrano che dove c’è stata espansione trasversale si verifica più frequentemente la recidiva. Da un punto di vista clinico, l’espansione è più favorevole e, quindi, indicata in presenza di elementi dentari che presentano una certa quota di linguoversione. Vestibolarizzazione degli incisivi Sarebbe preferibile parlare, in realtà, di vestibolarizzazione del gruppo frontale (da 3 a 3) ed è un tema che si inserisce direttamente nel problema del posizionamento del limite anteriore della dentatura. La vestibolarizzazione degli incisivi è una scelta terapeutica che si è affermata, in particolare, negli ultimi 10-15 anni, in quanto fortemente contestata dagli autori degli anni ‘50. Essa può fornire, con il conseguente avanzamento del limite anteriore della dentatura, spazio in arcata in misura maggiore rispetto all’espansione. La possibilità e l’entità della vestibolarizzazione dipende da una serie di parametri che vanno, indipendentemente dall’importanza di ciascuno di essi, attentamente valutati. Essi sono: 5 1. Tipologia facciale 2. Profilo 3. Labbra 4. Parodonto 5. Fattori occlusali 6. Età 1. Tipologia facciale La tipologia facciale è a sua volta caratterizzata da quattro elementi: a. verticalità b. struttura della sinfisi c. SMAS d. solco sublabiale Verticalità Si tratta di una caratteristica fondamentale della tipologia facciale, ed è individuata dal parametro cefalometrico dello gnomone orale ovvero la divergenza tra le basi scheletriche. Nella tipologia dolico, la verticalità è caratteristicamente aumentata nel 1/3 inferiore del volto, e questo comporta una serie di controindicazioni all’avanzamento del limite anteriore della dentatura in quanto è presente una naturale tendenza all’incompetenza orale: l’aumento del 1/3 inferiore dento-scheletrico, infatti, non sempre ha una corrispondenza nei tessuti molli. Avanzando il limite anteriore della dentatura, il paziente dolico si troverà ad affrontare una maggiore difficoltà a raggiungere il sigillo labiale. Al contrario in un paziente brachi, che ha una ridondanza dei tessuti molli, si ha maggiore possibilità di vestibolarizzare il limite anteriore della dentatura. Struttura della sinfisi Si tratta di un altro parametro fondamentale. Si distinguono due diverse tipologie di sinfisi: nel dolico si presenta lunga e poco larga, nel brachi è corta, globosa e spessa. 6 È importante sottolineare il parametro dell’altezza, in quanto si considera il valore dell’altezza dento-alveolare anteriore, ovvero sia la distanza tra il margine dell’incisivo e il Menton. Nel dolico tale valore è spesso aumentato per un effetto di compenso delle basi scheletriche, che porta gli incisivi inferiori ad iper-estrudere per contattare i superiori. L’incremento dell’altezza dento-alveolare anteriore spesso si accompagna ad un decremento dell’altezza dento-alveolare posteriore♣. Nel soggetto brachi, invece, la situazione è rovesciata: ad un incremento dell’altezza posteriore, corrisponde, infatti, un decremento dell’altezza anteriore. Nel paziente dolico, l’iper-eruzione fa si che la radice degli incisivi e dei canini si trovi spesso situata al di fuori dalla sinfisi e ricoperta da una corticale che presenta il minimo spessore possibile. Queste caratteristiche impediscono agli incisivi di avere la possibilità di adattarsi ad alcun tipo di vestibolarizzazione (ma anche ad una eccessiva lingualizzazione) che facilmente porterebbe fuori dalla corticale la radice con elevatissimi rischi di recessione. Una sinfisi brachi, spessa e globosa, al contrario, permette più ampi margini di movimento. SMAS SMAS è l’acronimo di Sistema Muscolo Aponeurotico Superficiale, definizione che individua un insieme di strutture non solo muscolari ma anche cutanee, localizzate nella regione del mento. Come già accennato precedentemente, affinché il paziente dolico, per la naturale incompetenza labiale, possa portare a contatto le labbra, è necessaria una partecipazione muscolare che si evidenzia clinicamente come una costante tensione dello SMAS. R.Martina; M.Farella; R.Tagliaferri; A.Michelotti; G.Quarembab; T.MGJ van Eijdene: The Relationship between Molar Dentoalveolar and Craniofacial Heights; Angle Orthodontist, vol 75, n 6, ♣ 2005. Questo lavoro contrariamente a quanto Profitt e parte della letteratura riporta, ma in accordo con gli studi di Bjork su singoli casi, smentisce la teoria secondo cui l’iperdivergenza deriva da un incremento dell’altezza dento-alveolare posteriore. 7 Uno SMAS, definito in questo caso Attivo, è responsabile, all’atto della vestibolarizzazione degli incisivi, di una maggiore probabilità di recidiva. Solco sublabiale È maggiormente visibile nel paziente con tipologia brachi, in quanto nel dolico, proprio per la contrazione dello SMAS, risulta essere appiattito e clinicamente poco individuabile. Nel soggetto brachi, una posizione alta del solco sublabiale va a rappresentare un ostacolo all’avanzamento del gruppo frontale, il che si riscontra tipicamente in una seconda classe seconda divisione. 2. Profilo I moderni canoni estetici, accettati e spesso richiesti dal paziente, consentono l’avanzamento del limite anteriore della dentatura che, di conseguenza, fornirà un maggiore sostegno del profilo. I parametri da analizzare nella valutazione del profilo sono la linea estetica di Ricketts e l’angolo naso-labiale; necessaria risulta essere, inoltre, l’effettuazione di foto extraorali laterali. Nella realtà clinica, tuttavia, non bisogna prescindere dalla valutazione soggettiva di ciascuno e, nel caso di pazienti giovani, da quello dei genitori, spiegando loro le modificazioni che il profilo subirà per la crescita del naso e del mento (specie in pazienti di sesso maschile). Quando il paziente presenta già un profilo protruso, l’avanzamento del limite anteriore della dentatura è fortemente controindicato, in quanto tale opzione aggraverà ulteriormente la condizione estetica e funzionale del soggetto. 3. Labbra 8 In presenza di labbra larghe e spesse, tipiche dei soggetti brachi, è possibile effettuare senza eccessivi problemi una proinclinazione degli incisivi inferiori; il fattore “larghezza”, inoltre, impone una controindicazione all’estrazione, in quanto un sorriso ampio necessita di maggiore sostanza dentaria. In presenza di labbra corte e sottili, come nei dolico, è sconsigliabile effettuare la proinclinazione degli incisivi inferiori perché si avrebbe una complicazione della tendenza all’incompetenza labiale. In questo caso, l’orientamento sarà verso una terapia estrattiva. 4. Parodonto In presenza di una teca ossea di spessore ridotto e con una struttura meno compatta, frequente nel paziente dolico, si cercherà di modificare il meno possibile la posizione degli incisivi inferiori. Spesso, inoltre, a questa struttura ossea sia associa anche una ridotta quota connettivale nei tessuti molli e, quindi, una struttura gengivale estremamente sottile in cui si apprezzano più facilmente i capillari e le strutture radicolari che si collocano subito sotto la sottile teca ossea. Questi soggetti, nel complesso, sono predisposti più frequentemente a recessione, e quindi vanno considerati con maggiore attenzione. 5. Fattori occlusali In particolare vanno valutati i valori dell’OVJ e del’OVB. La presenza di un OVJ diminuito, potrebbe avere come soluzione un arretramento del limite anteriore della dentatura (inferiore), o in ogni caso non è auspicabile un ulteriore avanzamento del limite anteriore della dentatura. Scelta invece possibile in presenza di una seconda classe, I o II divisione, in cui l’avanzamento del limite anteriore della dentatura è un obiettivo coerente con l’avanzamento dell’intera arcata e con la correzione del rapporto di classe; tuttavia, è necessario aver valutato prima gli altri parametri precedentemente discussi. 9 Se, invece, si presenta un OVB diminuito, la proclinazione incontrollata degli incisivi causerà uno spostamento apicale del margine incisale il che risulterà un effetto incoerente con gli altri obiettivi del trattamento, in quando si avrà una diminuzione ulteriore dell’OVB e quindi una tendenza all’apertura del morso. 6. Età Il fattore età è strettamente collegato al metabolismo dell’osso. Con il passare degli anni la capacità di adattamento del tessuto osseo diminuisce, e il metabolismo rallenta notevolmente. Nella struttura ossea, si assiste ad un aumento della quota calcificata, il che in termini ortodontici vuol dire più limiti allo spostamento dentario. La seguente tabella clinica proposta da Langlade (che, tuttavia, non è supportata da alcuno studio scientifico) può fornire delle indicazioni di massima delle variazioni biologiche che si verificano con l’età. Sesso M Spostamento Spostamento Sesso F coronale radicolare < 12 anni 6 mm 2 mm <10 anni 12-18 anni 5 mm 1 mm 10-14 anni > 18 anni 4 mm 0 mm > 14 anni Volendo, cioè, spostare una corona sotto i 12 anni è possibile farlo per 6mm, nell’adulto, invece, è possibile uno spostamento solo di 4 mm coronali. Distalizzazione dei molari La distalizzazione pura dei molari può avvenire quando il dente si è inclinato mesialmente per la precoce esfoliazione o per la mancanza patologica del quinto 10 deciduo. Inoltre, è realizzabile, se si decide per una terapia estrattiva dei secondi o terzi molari, ma questa indicazione è più valida nella teoria che nella pratica. Estrazioni L’argomento estrazioni è particolarmente delicato, esso può essere una indicazione in caso di : profilo protruso; soggetto dolico con affollamento; DDB con carenza di spazio di entità rilevante. Per giungere a stabilire un programma di trattamento, è opportuno iniziare dal definire una lista dei problemi oggettivi (ma redatti sulla base delle osservazioni soggettive dell’ortodontista) e una lista di problemi soggettivi (dei pazienti o dei genitori del piccolo paziente). Di queste indicazioni bisogna tener presente in quanto possono influenzare profondamente le scelte terapeutiche. Si tratta di una prima fase di approccio al programma terapeutico, per arrivare ad analizzare la sequenza terapeutica e i tipi di spostamenti dento-ortopedici con cui cercare di risolvere i problemi prima individuati. Un aiuto per arrivare a definire il tipo di programma terapeutico per un determinato paziente, nel quale sono stati individuati una serie di problemi è il VTO (visual treatment objectives) cioè una visualizzazione degli obiettivi di trattamento. Il VTO nella sua impostazione originale, proposta da Ricketts e dagli altri autori dell’ortodonzia bioprogressiva, prevedeva una serie di manovre che includevano una previsione di crescita delle strutture scheletriche all’interno delle quali si andavano poi a collocare la posizione degli elementi dentari senza trattamento e poi con il trattamento previsto. 11 Nella pratica clinica della nostra scuola, in realtà, si utilizza solo quella che C. Gugino chiama la fase di “Individualizzazione del VTO”: vale una fase conclusiva che cerca di porre attenzione alle problematiche ortopediche e dentarie. Uno dei vantaggi fondamentali del VTO è quella di mettere per iscritto all’interno della cartella clinica, elettronica o cartacea che sia, quella che è sembrata la soluzione più razionale e ragionata per risolvere la lista dei problemi. La registrazione del VTO non è un momento indispensabile se si possiede una certa esperienza clinica; anche in questo caso, tuttavia, si rischia di essere costretti a modificare il proprio trattamento “alla poltrona” perché si è dimenticato quanto inizialmente programmato, anche con il rischio di ignorare dei campanelli di allarme che con il VTO vengono (anche visivamente) individuati. Il VTO presenta quattro aree di sovrapposizione♣ o, oggi diremo, di analisi: Due aree sono definite “ortopediche”: Area 1S: riguarda il mascellare superiore, e risulta rappresentato da una grafica che ne schematizza la porzione anteriore con una linea orizzontale che è parte del piano bispinale, la SNA e una linea curva comprendente il punto A. Su questa area si fanno dei ragionamenti di tipo ortopedico che riguardano il mascellare superiore. Area 2S: in questa area si analizza la mandibola; graficamente è rappresentata dalla sinfisi e dall’asse facciale passante per essa. la dicitura “aree di sovrapposizione”, deriva dalla concezione originale del VTO in cui si aveva la sovrapposizione della cefalometria iniziale a quella costruita in base alle variazioni conseguenti la crescita. ♣ 12 Due aree sono definite “dentarie”: Area 3S: è l’area dentaria inferiore che viene graficamente rappresentata dall’incisivo inferiore più avanzato ed dal primo molare inferiore. Area 4S: che riguarda, invece, l’area dentaria superiore con l’incisivo superiore più avanzato e il primo molare superiore. Sia per il molare superiore che per l’inferiore, è possibile aver effettuato un movimento diverso tra il dente destro e sinistro: in questi casi può essere necessario riportare in grafica sia il molare dx che sx. Aree ortopediche Le due aree ortopediche vanno analizzate in maniera differente rispetto alle due aree dentarie; in queste ultime, infatti, va riportata soltanto la posizione che i denti assumeranno dopo il trattamento. Nelle aree ortopediche, invece, da una parte, vengono analizzati gli effetti che uno trattamento ortopedico può avere a livello delle strutture scheletriche mascellare e mandibolare, dall’altra, si visualizzano anche i possibili segnali di allarme dovuti agli effetti non desiderati che gli spostamenti dentari possono determinare. Area 1S Nell’affrontare questa analisi, bisogna tener presente che, rispetto alla sella turcica di riferimento (la cui posizione si considera poco modificata dalla crescita), il mascellare superiore presenta una crescita normale in avanti e verso il basso (fig 1). Vuol dire che, nel tempo, si realizza uno spostamento che, grosso modo, segue una direzione parallela all’asse facciale di trattamento riferimento. Con il ortopedico, è possibile interferire con questo avanzamento 13 Figura 1 causando un rallentamento o una accelerazione della crescita. Ai fini della programmazione del trattamento, si può ipotizzare, ad esempio, l’uso di una biomeccanica (fig 2) che scarichi sul mascellare una forza prevalentemente orizzontale (freccia): essa determinerà un cambiamento sulla posizione sagittale del mascellare al t1 (al termine della crescita) con il trattamento (linea punteggiata) che, rispetto al t1 senza trattamento (linea tratteggiata), ha consentito una crescita verticale del mascellare, bloccando la componente Figura 2 orizzontale del normale vettore di crescita. Una trazione ortopedica di questo tipo sarà, ad esempio, adottata nel caso di pazienti che presentano già una spiccata crescita orizzontale del mascellare. C’è comunque da precisare che molti autori sono scettici riguardo gli effettivi risultati ottenuti con tali modificazioni. Si deciderà, invece, (fig 3) di bloccare, con una forza con direzione dal basso verso l’alto (freccia), entrambe le componenti del vettore di crescita ed avere così un controllo di crescita sia orizzontale che verticale, nel caso di pazienti con anterotazione di crescita accentuata del mascellare (es paziente brachi con morso coperto) che possono giovarsi di Figura 3 un controllo della discesa dell’osso. Il concetto, precedentemente espresso, riguardo la coerenza degli obiettivi del trattamento, deve essere tenuto presente anche nella scelta della corretta trazione ortopedica. Una forza con direzione all’indietro e verso il basso, infatti, se utilizzata nell’esempio precedente (paziente brachi con morso coperto), avrebbe favorito la crescita verticale con un peggioramento della situazione del morso coperto. Essa, 14 invece, può risultare utile nella correzione di un morso aperto: grazie all’effeto di abbassamento del piano bispinale (linea punteggiata) ottenuta con questo tipo di trazione (freccia), si riesce mantenere la coerenza con gli Figura 4 obiettivi del trattamento. Non bisogna dimenticare che il mascellare rimane di per sé più arretrato rispetto al piano Na-Pg in base alla crescita differenziale tra mascellare e mandibola; il che potrebbe non risultare da queste schematizzazioni. Quello che si realizza è un controllo di crescita, e quindi al massimo si otterrà un rallentamento ,ma, molto difficilmente, un blocco di crescita; e quindi schematicamente una posizione intermedia tra t0 (inizio del trattamento) e t1 (fine crescita) senza trattamento. Il mascellare, che, in seguito alla trazione applicata, rimane bloccato nella sua crescita rispetto alle strutture circostanti che nel frattempo sono progredite, risulterà effettivamente più arretrato e va letto come arretrato, nonostante sarà solo rallentato nella sua crescita in una posizione intermedia tra t0 e t1 senza trattamento a fine crescita. Quindi, l’effetto di arretramento è relativo alle altre strutture che non subiscono l’azione ortopedica; questo discorso è valido sia per il mascellare che per la mandibola. Potrebbe, tuttavia presentarsi la necessità di un avanzamento del mascellare, necessario in alcuni casi di terze classi scheletriche, che si ottiene grazie all’applicazione di trazioni postero-anteriori (Delaire). Come visualizzato nella fig 5 la Delaire offre una trazione prevalentemente orizzontale (freccia), ma con una minima componente verso il basso. All’interno della cartella clinica, è visualizzato il t1 senza 15 Figura 5 trattamento (linea tratteggiata) al quale si aggiungerà in rosso la direzione della trazione cercata e gli effetti sperati a fine trattamento (linea punteggiata). L’incremento dell’avanzamento del mascellare può essere ottenuto utilizzando: • Trazioni extraorali postero-anteriori; • Elastici intermascellari di III classe (in parte); • Procedure espansive (l’espansione rapida del palato dà anche un certo grado di avanzamento del punto A). Come prima specificato, anche un movimento dentario può determinare un cambiamento della posizione del punto A: risulta intuitivo che per ottenere un avanzamento dello stesso è necessario che, questa volta, la radice degli incisivi superiori sia vestibolarizzata. Se nella lista dei problemi non è stato evidenziato alcun problema che esige un controllo nella crescita del mascellare, occorre valutare gli effetti indesiderati nell’area 1S ed, in particolare, gli effetti retrusivi sul mascellare. È opportuno prestare attenzione all’arretramento quando il paziente presenta un mascellare già normoposizionato o retruso. Quando occorre segnalare il possibile arretramento indesiderato del mascellare? Quando le misure terapeutiche prescelte per correggere i rapporti occlusali possono determinare un effetto sul mascellare nella direzione di arretramento; in particolare occorre effettuare delle valutazioni in caso di utilizzo di: • Trazioni extraorali distalizzanti. Questo tipo di trazione extraorale usata per correggere il rapporto di classe, è responsabile del massimo effetto di arretramento del mascellare; • Elastici intermascellari di II classe. Gli elastici di classe II hanno un’azione di arretramento dell’arcata superiore e avanzamento di quella inferiore, quindi si avrà una correzione del rapporto di classe in una posizione intermedia. È 16 comunque presente una componente di arretramento del punto A, ma l’effetto sarà minore rispetto al precedente; • Terapia funzionale. • Procedure estrattive. Per segnalare graficamente sulla cartella clinica tale effetti retrusivi sul mascellare, si ricorre ad uno o, nei casi più gravi, due asterischi rossi, tracciati accanto alla rappresentazione del t1 con e t1 senza trattamento. Area 2S Anche per quest’area, che riguarda la posizione della mandibola nel trattamento, è necessario distinguere una considerazione legata ad obiettivi specifici del trattamento ed una che evidenzi gli effetti indesiderati del trattamento Gli obiettivi specifici possono essere: Avanzamento mandibolare richiesto in tutti i casi di seconde classi da retrusione mandibolare; questo effetto è dovuto all’applicazione di apparecchiature funzionali (terapia funzionale). Può richiedere il mantenimento della verticalità e l’aumento della sagittalità; l’obiettivo da raggiungere con il trattamento, viene riportato in cartella come t1 senza trattamento (fig 6, linea Figura 6 tratteggiata) e t1 con trattamento (fig 6, linea punteggiata). È possibile inserire un avanzamento mandibolare di 2 mm della sinfisi, cui corrisponde un analogo avanzamento dellìarcata dentaria inferiore. Arretramento mandibolare terapeutico, può essere ottenuto con l’utilizzo di: 17 • Trazioni extraorali postero-anteriori (Delaire). Oltre che sul mascellare, la Delaire esercita un certo controllo sulla mandibola, esercitando un effetto di post-rotazione; • Mentoniera. Sugli effetti della mentoniera, la letteratura riporta vari studi in cui si spiega che l’effetto di controllo sagittale, con un reale arretramento della mandibola, è praticamente inesistente. La mentoniera, oggi, può essere un valido ausilio nel controllo della verticalità, per controbilanciare gli effetti di post-rotazione derivanti dall’uso di elastici intermascellari (vedi dopo). Per quanto riguarda gli effetti indesiderati, a livello mandibolare essi sono quelli che più facilmente si realizzano. In particolare, gli effetti di arretramento e post-rotazione mandibolare rappresentano un grosso rischio nei pazienti dolico, nei quali la mandibola si presenta già in postrotazione e, quindi, in parte già arretrata. Si provvederà, allora, a segnalare con un asterisco questi effetti di post-rotazione, che possono derivare dall’utilizzo di: • Trazione extra-orale bassa distalizzante. • Trazione extra-orale postero anteriore. • Mentoniera (tranne quelle ad effetto verticale alto). • Elastici intermascellari. Il prof. Ferro utilizza una mentoniera verticale per controllare gli effetti di post rotazione conseguenti all’uso degli elastici. • Procedure espansive ortodontiche e ortopediche. • Correzione di un deep bite. L’effetto di post-rotazione è dovuto all’estrusione dei settori posteriori. • Apparecchiature funzionali. Si tratta, in ogni caso, di procedure alle quali, spesso, è necessario ricorrere, ma, con opportuni meccanismi di controllo, è possibile evitare gli effetti indesiderati. In pochi casi, al contrario, può essere necessario segnalare il rischio di una anterotazione mandibolare, in particolare, in quei pazienti che presentano una tipologia fortemente brachi. 18 Aree dentarie Nel fare la valutazione delle aree dentarie, si passa alla programmazione dei movimenti dentari da effettuare nel trattamento. Tutto ha la base nella scelta del limite anteriore della dentatura all’arcata inferiore (perché considerata meno modificabile); il percorso si svolge in senso orario partendo dall’incisivo inferiore, passando al sesto inferiore, poi al superiore, per terminare con l’incisivo superiore. Questo percorso può essere eseguito anche più di una volta, in quanto può capitare di partire dalla scelta di una posizione dell’incisivo inferiore, più o meno avanzata o arretrata, per poi scoprire che essa non è coerente con gli altri obiettivi del trattamento. Area 3S Riguarda il posizionamento dell’arcata dentaria inferiore e prevede: Prima fase: posizionamento dell’incisivo inferiore È necessario prendere in considerazione che per ogni mm di lingualizzazione degli incisivi inferiori sono necessari 2 mm di spazio in arcata, e, viceversa, per ogni mm di vestibolarizzazione si ottengono 2 mm di spazio in arcata. La scelta della posizione dell’incisivo inferiore, ovviamente, va fatta considerando tutti i parametri. Seconda fase: posizionamento del molare inferiore nel caso in cui il paziente sia già in I classe molare e non abbia subito estrazioni terapeutiche, ma lo spazio sia stato recuperato mediante vestibolarizzazione degli incisivi, il molare dovrà rimanere nella stessa posizione: non bisogna far altro che ricalcarne il contorno o colorare l’area del dente in rosso, per ricordare che quel molare non deve essere spostato. In una seconda classe, invece, nel correggere l’OVJ 19 si può programmare un avanzamento della arcata e, quindi, anche il molare andrà mesializzato. La posizione del sesto inferiore dipende da: • Disarmonia dentobasale (in presenza di affollamento, si ha la necessità di vestibolarizzare gli incisivi, ma anche che il molare mantenga la sua posizione, per non perdere lo spazio guadagnato); • Entità e direzione dello spostamento degli incisivi • Procedure espansive • Estrazioni (in caso di estrazione di premolari, sarà l’entità dell’affollamento anteriore a decidere di una eventuale mesializzazione dei molari); Area 4S Riguarda la posizione dei denti dell’arcata superiore, come per la precedente, si distingue: Prima fase: posizionamento del molare superiore La posizione dei denti dell’arcata superiore, in generale, dipende dalle scelte operate all’arcata inferiore. Per riposizionare il sesto superiore, si seguiranno i seguenti criteri: • Rapporto di classe. Il raggiungimento di una corretta classe dentale rappresenta la principale guida al posizionamento del sesto superiore, tenendo presente, in alcuni casi la possibilità di chiusura in classe 2 o 3; • Rotazione/derotazione. La derotazione dei molari superiori, effettuata facendo perno sulla radice palatale, permette il guadagno di una certa quota di spazio in arcata; • Espansione/contrazione. Da valutare in caso di rapporto di testa a testa molare. Seconda fase: posizionamento dell’incisivo superiore Questa fase è dipendente da: 20 • Normalizzazione dell'OVJ. È una valutazione fatta tenendo presente oltre alla posizione degli altri elementi dentari, anche la posizione e conformazione delle labbra; • Normalizzazione dell’OVB. Si valuta una eventuale possibilità di intrusione, che deve tenere conto della posizione del labbro superiore rispetto al dente, considerando che normalmente l’incisivo è esposto di ben ⅔ o ½ della corona; • Normalizzazione dell’orientamento dell’asse incisivo. Secondo Ricketts, l’asse dell’incisivo superiore deve essere parallelo o lievemente convergente rispetto all’asse facciale. 21