IAB ITALIA
Rassegna Stampa del 15/01/2015
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INDICE
IAB ITALIA
14/01/2015 Media Key
Rocket Fuel: il 2014 è stato l'anno chiave del Programmatic Branding#
10
14/01/2015 Media Key
Sky Italia e Discovery Italia entrano in IAB Italia in qualità di soci#
11
14/01/2015 Media Key
Carlo Noseda
12
14/01/2015 Media Key
Take aderisce a IAB Italia#
13
ADVERTISING ONLINE
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
BREVI DALLA FINANZA
15
15/01/2015 ItaliaOggi
Caffaratti entra in Brand Portal#
16
15/01/2015 DailyNet
Hub09, nel 2014 ricavi a 2 milioni e nuovi clienti
17
15/01/2015 DailyNet
Il programmatic è la nuova normalità
18
15/01/2015 DailyNet
Alibaba Group acquisisce partecipazione di controllo in AdChina
20
15/01/2015 Pubblicita Today
SuL web SbarCa CoMuniCatiStaMpa.net, iL priMo Servizio di diStribuzione
CoMuniCati StaMpa 2.0
21
14/01/2015 360com
videology e stickyads.tv, c'è accordo per il mercato europeo del video programmatic
22
14/01/2015 360com
acqua group apre il 2015 con tre nuovi ingressi
23
14/01/2015 360com
immobiliare.it va alla ricerca della casa perfetta, l'on air è con picnic
24
14/01/2015 360com
La Branded Content Unit di Magnolia festeggia il suo primo anno di successo
25
14/01/2015 360com
Accordo operativo: HiMedia Group ora raccoglie per ilfattoquotidiano.it
26
14/01/2015 Media Key
Giorgio Brenna La creatività batterà la crisi
28
14/01/2015 Media Key
Lorenzo Marini La creatività al centro
30
14/01/2015 Media Key
Fabrizio Piscopo Rai Pubblicità uguale Rai
32
14/01/2015 Media Key
Enrico Quaroni L'importanza del fattore umano
35
14/01/2015 Media Key
Antonella La Carpia Onestà e trasparenza sono le mie regole
37
14/01/2015 ADV Express
GossipeTv.com entra nel network di AdvEntertainment
40
14/01/2015 ADV Express
DigitasLBi si apre all'E-Commerce con una nuova divisione globale
41
14/01/2015 ADV Express
Kleenex compie 90 anni e comunica 'un gesto di cura' su digital (vale 1/3 del budget),
social, stampa e con guerrilla. Con Ideal Com. Nurun
42
14/01/2015 Engage.it
Alibaba potenzia il marketing online con l'acquisizione di una quota in AdChina
44
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«La guerra è dentro l'Islam»
46
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«Quando nel 2013 mi disse: sai che non sto bene?»
49
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Quel pozzo senza fondo degli sperperi nei Comuni
51
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
IL PREMIER CERCA DI ESORCIZZARE LO SPETTRO DI UN PD LACERATO
55
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La rete del premier che mantiene i contatti con tutti i candidati
56
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Romani: si può chiudere alla quarta votazione Il dissenso interno? Spesso serve per
esistere
58
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Summit con Di Maio da Casaleggio Quirinarie congelate
60
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Malik: «I giovani islamici sono in crisi E la jihad dà loro un senso d'identità»
61
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Savona e i pericoli incalcolabili dei derivati
63
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Unicredit, i soci prenotano i posti L'ipotesi Biasi e la conferma di Vita
64
15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il fondo salva aziende e la partecipazione dei privati
65
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
L'europeista che ha difeso i conti
66
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
Spataro: «Serve una svolta politica sul coordinamento delle indagini Ue»
69
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
La buona stabilità necessaria
71
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
Ma resta il nodo tedesco
73
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
Falchi senza più artigli
74
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
Mayhoola rilancia Pal Zileri e la manifattura di Vicenza
76
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
Accordo Italia-Svizzera alla firma
78
15/01/2015 Il Sole 24 Ore
Sul contraddittorio preventivo la parola alle Sezioni Unite
80
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Draghi: "È l'ora del coraggio la Germania deve capire"
81
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Fitto, D'Alema e gli ex dc le correnti si pesano a cena Nel Pd 50 anti-premier
85
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Il toto-Colle della Pascale "Dico Letta, Casini e Amato ma sogno la Finocchiaro"
87
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
"Dopo il quarto scrutinio c'è soltanto Prodi Renzi ci chieda il voto"
88
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
"Non fa satira ma incita all'odio: bisogna fermarlo"
89
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Agamben: "Non siamo in guerra con una religione"
90
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Il grande valzer delle Popolari manovre in corso per la governance della Bpm
91
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Castellucci:"Noi pronti ad espanderci all'estero ma lo Stato torni ad agire
nell'interesse nazionale"
92
15/01/2015 La Repubblica - Nazionale
Mps, Profumo e Viola alla Bce per superare i dubbi sull'aumento
94
15/01/2015 La Stampa - Nazionale
«Così non va Siamo in venti, sarà battaglia»
95
15/01/2015 La Stampa - Nazionale
L'Europa avvisa l'Italia: a febbraio nuovo esame su conti e riforme
96
15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
«Fumata bianca al secondo giorno» Il piano di guerra di Palazzo Chigi
98
15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
«Quando dopo la vittoria al Mondiale festeggiò con i giocatori negli spogliatoi»
100
15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
«L'auspicio dell'Europa: un garante per le riforme»
102
15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
Il messaggio di Bergoglio e quei timori per la crisi
104
15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale
Ultima mediazione: salire a 750 miliardi con una manovra legata all'inflazione
105
15/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Per il Corano siamo malvagi «associatori»
106
15/01/2015 Il Giornale - Nazionale
Obama ha fatto un grosso sbaglio a non presenziare a Parigi
107
15/01/2015 Il Fatto Quotidiano
Mentana, 60 anni: "Cairo magari fa cazzate, però mi lascia libero"
108
15/01/2015 Avvenire - Nazionale
«Il mio dissenso su Eluana, lavoro e anomalia giudici»
112
15/01/2015 Il Foglio
PICCOLA POSTA
113
15/01/2015 ItaliaOggi
I mercati vogliono tagli alla spesa pubblica. E alla fi ne li otterranno
114
15/01/2015 ItaliaOggi
Lotta dura al nazismo musulmano
115
15/01/2015 ItaliaOggi
Soddisfazioni dalla finanziaria di Mediobanca (Fin.Priv.)
117
15/01/2015 MF - Nazionale
Montepaschi, oggi faccia a faccia Viola-Bce
118
15/01/2015 MF - Nazionale
Decolla il progetto UnipolSai Tower a Milano
119
15/01/2015 MF - Nazionale
Vaciago: penso già al Qe2
120
15/01/2015 MF - Nazionale
Mediobanca, c'è vita senza Ferrari
121
15/01/2015 MF - Nazionale
PORTOGHESI CHIAMATI A RACCOLTA (DI FONDI) PER IL NOVO BANCO
122
15/01/2015 Financial Times
Legal ruling paves way for eurozone easing
123
15/01/2015 Financial Times
Inquiry into 'sweetheart' tax deals is setback for Juncker
124
15/01/2015 Financial Times
Sweden central bank governor defends inflation strategy as price increases stall
125
15/01/2015 Financial Times
Draghi fights a battle for independence at the ECB
127
15/01/2015 Financial Times
Short View
128
15/01/2015 Financial Times
Worries over deflation have been puffed up by prophets of doom
129
15/01/2015 Financial Times
Alfa raises flag on zero to 150,000 sales dash
130
15/01/2015 International New York Times
Central bank set to buy bonds, but how?
132
15/01/2015 International New York Times
E.C.B. BOND PROGRAM DEEMED LEGAL
134
15/01/2015 International New York Times
Italian premier faces test after president's resignation
136
15/01/2015 International New York Times
Italy's economy could come to Renzi's aid
137
15/01/2015 International New York Times
Middle tier of luxury market gets squeezed
138
15/01/2015 The Guardian
Shares fall after World Bank warning on growth
139
15/01/2015 The Guardian
Davos mission Will.i.am to lobby leaders for charity
140
15/01/2015 La Tribune Quotidien
QUELS SONT LES PRODUITS DONT LES PRIX ONT LE PLUS RECULE EN 2014 ?
141
15/01/2015 La Tribune Quotidien
LE PRESIDENT ITALIEN GIORGIO NAPOLITANO DEMISSIONNE
142
15/01/2015 Le Figaro
L'euro retrouve son cours d'introduction de janvier 1999
143
15/01/2015 Le Figaro
Hollande maintient sa participation à Davos
145
15/01/2015 Le Monde
Déficits : la Commission Juncker sera plus souple
146
15/01/2015 Le Monde
Pourquoi un Patriot Act à la française est impossible
147
15/01/2015 Les Echos
Austérité : l'étau européen se desserre afin de relancer l'investissement public
149
15/01/2015 Les Echos
Gianni Pittella : « La nouvelle interprétation du Pacte de stabilité marque une réelle
rupture »
150
15/01/2015 Les Echos
Gaz : la tension monte entre Bruxelles et Moscou
151
15/01/2015 Les Echos
La famille Benetton prête à céder le contrôle de World Duty Free
152
15/01/2015 Les Echos
La BCE confortée dans ses projets d'achat de dette publique
153
15/01/2015 Liberation
La baisse de l'euro, une bonne nouvelle de mauvais augure ?
154
15/01/2015 Wall Street Journal
ECB Clears Stimulus Hurdle
156
15/01/2015 Wall Street Journal
Italy's President Napolitano Resigns
157
IAB ITALIA
4 articoli
14/01/2015
Media Key - Dicembre 2014 - genius
Pag. 114
(diffusione:10500, tiratura:10500)
Rocket Fuel: il 2014 è stato l'anno chiave del Programmatic Branding. Il programmatic buying ha cambiato il
volto del mercato del digital advertising. Secondo IDC, l'investimento in real time bidding per il display
advertising accelererà a un tasso di crescita del 59% entro il 2016, rendendolo il segmento della pubblicità
digitale in più rapida crescita nei prossimi anni. Inoltre, uno studio IAB dimostra che nei prossimi due anni il
91% degli inserzionisti e l'83% degli editori utilizzeranno il programmatic buying. Il successo del programmatic
buying è noto e il mercato sta pensando a ciò che verrà dopo. Facebook, Twitter, mobile, video e tv sono le
vie che sono state esplorate per le campagne di programmatic advertising, ma la convinzione di Rocket Fuel
è che il programmatic sarà adottato sempre di più anche per campagne di branding.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015
10
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Rocket Fuel: il 2014 è stato l'anno chiave del Programmatic Branding#
14/01/2015
Media Key - Dicembre 2014 - genius
Pag. 98
(diffusione:10500, tiratura:10500)
Sky Italia e Discovery Italia entrano in IAB Italia in qualità di soci. La scelta dei due big player del mercato
televisivo italiano di aderire a una delle principali associazioni di riferimento nell'ecosistema digitale si
inserisce nel quadro dello scenario evolutivo dei media. Il mercato registra, infatti, una crescente
convergenza tra piattaforme di distribuzione e contenuti, che si evolvono per rispondere alle nuove esigenze
e abitudini di fruizione personalizzata dei consumatori. Nel contesto attuale del nostro Paese la televisione
rappresenta ancora il media più amato, ma è affiancata da un sempre maggiore utilizzo di internet e da una
crescente partecipazione dei consumatori nell'ecosistema digitale, che stanno profondamente influenzando le
modalità di fruizione dei contenuti tv e rendendo l'utente sempre più evoluto, multi-screen e autore del proprio
palinsesto.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015
11
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Sky Italia e Discovery Italia entrano in IAB Italia in qualità di soci#
14/01/2015
Media Key - Dicembre 2014 - genius
Pag. 96
(diffusione:10500, tiratura:10500)
Carlo Noseda
Carlo Noseda, co-founder e Managing Partner di M&C Saatchi, è il nuovo Presidente di IAB Italia per il
triennio 2014- 2016. Lo affiancheranno Michele Marzan, Regional Director Southern Europe di Zanox, in
qualità di Vicepresidente, e Aldo Agostinelli, Digital Director di SKY Italia, che assume la carica di Tesoriere.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015
12
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MARZO
14/01/2015
Media Key - Dicembre 2014 - genius
Pag. 97
(diffusione:10500, tiratura:10500)
Take aderisce a IAB Italia#
Take aderisce a IAB Italia - Interactive Advertising Bureau, l'associazione impegnata nello sviluppo del
mercato della comunicazione interattiva. L'agenzia ha deciso di entrare a far parte di IAB Italia perché crede
nel ruolo sempre più importante che il mercato digitale avrà nei prossimi anni. Basti pensare che, secondo i
dati dell'Osservatorio New Media & New Internet del Politecnico di Milano, in un mercato complessivo dei
media in diminuzione del 5%, i mezzi di comunicazione via Internet crescono del 18% - per un valore nel
2013 pari a 1,9 miliardi di euro - e valgono il 12%del mercato. L'incremento maggiore riguarda i ricavi dei
media su smartphone (+167%), app (+120%), tablet (+94%), social network (+75%) e video (+37%), che
consolidano l'affermazione della 'nuova Internet'.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015
13
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APRILE
ADVERTISING ONLINE
20 articoli
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 28
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SIA
Riassetto dei servizi
per imprese e Pa
Il Cda di Sia ha approvato la fusione per incorporazione della controllata Ra Computer e ha anche approvato
la scissione parziale della controllata Tsp. La seconda operazione prevede, tra l'altro, il trasferimento nella
capogruppo del ramo d'azienda Gateway, la piattaforma tecnologica che gestisce servizi di incasso e
pagamento in multicanalità. Sia, per effetto di questa scissione, acquisisce inoltre il controllo diretto
dell'istituto di pagamento PI4PAY (attivo dal luglio 2011). Le due operazioni si inquadrano nel piano
strategico di Sia che prevede una maggior focalizzazione nello sviluppo dei segmenti di mercato dedicati alle
imprese e alla Pa.
ALIBABA
Rileva AdChina
(marketing sul web)
Il colosso cinese dell'e-commerce Alibaba Group ha comprato una quota di controllo nella società di
marketing su internet AdChina, nel tentativo di rafforzarsi sul fronte pubblicitario. Alibaba, che non ha
quantificato l'investimento, sarà azionista di maggioranza del gruppo con sede a Shanghai. AdChina lavorerà
con Alimama, la divisione di online marketing di Alibaba per sviluppare una nuova piattaforma di digitale per
fornire servizi di marketing alle aziende, a media online e fornitori di servizi terzi. La pubblicità catalizza più
della metà del fatturato di Alibaba, stando alle stime di iResearch.
SEAT
Guido De Vivo
non sarà sostituito
Facendo seguito a quanto reso noto in data 2 gennaio scorso, Seat annuncia che il Cda, preso atto delle
dimissioni rassegnate da parte del presidente del consiglio di amministrazione, tenuto anche conto del fatto
che il mandato dell'attuale organo amministrativo verrà a scadenza con l'approvazione del bilancio chiuso al
31 dicembre 2014, ha ritenuto di non assumere alcun provvedimento in ordine alla sostituzione dell'expresidente,
Guido de Vivo.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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BREVI DALLA FINANZA
15/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 4
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Caffaratti entra in Brand Portal#
Seguirà l'area di content marketing e ricoprirà il ruolo di responsabile publishing. Caffaratti affi ancherà
Giangiuseppe Bianchi, responsabile dell'area di media relations e comunicazione istituzionale di Brand Portal,
nella gestione e sviluppo di progetti di editoria aziendale e di content marketing per siti internet, magazine
aziendali, newsletter, blog e canali social. Prima di fare il suo ingresso nell'agenzia di comunicazione, dal
2011 Caffaratti è stata chief content web manager di News 3.0, società editrice di magazine esclusivamente
online (tra cui Lettera43), con la delega alla gestione di clienti istituzionali. In precedenza, dal 2002 è stata
vice caporedattore di Panorama Economy (gruppo Mondadori).
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
16
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CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA
15/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
dal 2015 l'agenzia ha iniziato a lavorare con hasbro e vecchia romagna. e adesso il focus è sulle social pr È
l'agenzia creativa italiana con il seguito social più nutrito, più di 170 mila fan su facebook. e ha chiuso il 2014
con un fatturato da 2 milioni di euro. stiamo parlando di Hub09, sigla torinese fondata ormai sei anni fa da
marco faccio, per diversi anni direttivo creativo di armando testa e con un leone d'oro vinto a cannes nel
2009. «dal 2015 ci occuperemo di alcuni importanti brand, Hasbro e Vecchia romagna su tutti», ha spiegato
faccio a dailynet. «abbiamo avuto un'ottima annata, nonostante il mercato pubblicitario abbia sofferto e la
situazione macroeconomica non sia migliorata. il fatturato è quasi raddoppiato a 2 milioni di euro e abbiamo
acquisito nuovi clienti». QuALI? «tra le new entry c'è Hasbro, per cui gestiamo diversi marchi come monopoli,
allegro chirurgo e indovina chi, occupandoci sia della parte social sia di quella digital. poi abbiamo acquisito i
social di Vecchia romagna, oltre a due altri clienti, che spero di poter annunciare a breve. ma le soddisfazioni
in questo senso sono arrivate anche nel corso dell'anno: ci siamo aggiudicati una consultazione tic tac e
un'altra magneti marelli. e all'inizio del 2015 la fanpage birra moretti, che gestiamo sin da quando è online, ha
raggiunto il traguardo del milione di fan, un caso eccezionale nel panorama social italiano. insomma, per
essere un'agenzia di piccole dimensioni direi che possiamo ritenerci soddisfatti». su QuALI fRoNTI sI
CoNCENTRERANNo MAGGIoRMENTE I VosTRI sfoRzI NEL CoRso DEL 2015? «Quando è nata Hub09 le
mie intenzioni erano quelle di concentrarsi esclusivamente sull'area social. poi l'anno scorso abbiamo
allargato le nostre competenze assorbendo la squadra di lavoro di carré noir, portando le competenze
branding del team all'interno della nostra struttura. d'altra parte, il social e il branding sono due mondi vicini: le
aziende necessitano, infatti, di immagine e relazione, due elementi ben riassunti dal social e dal branding. e
devo dire che ormai l'integrazione tra i due gruppi di lavoro è totale. non solo, i clienti carré noir ci hanno
confermati. per il 2015 esploreremo l'area delle social pr da un nuovo punto di vista». CoME INTERpRETATE
QuEsTo CoNCETTo? «social pr non significa digital pr. e non significa contattare un blogger o influecer
sporadicamente ma stabilirci una relazione duratura nel tempo. Quotidiana. che non sia solo economica.
Questa necessità è dettata dall'evoluzione dell'architettura social e implica un cambio di paradigma nel social
media marketing. Qualche tempo fa per avere successo bastava produrre contenuti di qualità. poi, in virtù
delle continue trasformazioni degli algoritmi, si è aggiunta la necessità di un investimento media. oggi occorre
immergersi nella dimensione social, vivendola. senza tralasciare contenuti ed investimenti media». HuB09 è
uN CAso DI suCCEsso su fACEBooK, CoN pIù DI 170MILA fAN. CoME sI spIEGA QuEsTo BooM? «Quando
abbiamo fondato Hub09 la mia fissazione era il social. Ho deciso così di rivolgermi a quattro ragazzi laureati
in comunicazione ma senza esperienza nel mondo pubblicitario. dopo un attento lavoro di studio abbiamo
lanciato la nostra prima pagina facebook con l'obiettivo di parlare direttamente alle persone in veste di vero e
proprio media. una cosa che facciamo anche su Hublog. i risultati sono stati impressionanti tant'è che
abbiamo usato alcune pagine facebook verticali come veicolo di promozione aziendale. con buona
soddisfazione dei clienti». sIETE ATTuALMENTE IMpEGNATI IN GARE? «no, la nostra attenzione è su due
grossi clienti diretti, che potrebbero essere svelati a breve». DuE pARoLE suL MERCATo DIGITALE? «Ho
vissuto gli albori del web in italia. Vedere oggi la maturità raggiunta dal settore mi rende davvero soddisfatto.
però bisogna smettere di contrapporre online e tradizionale, due campi ormai integrati. dalla nostra, noi
operatori dobbiamo pensare a fare buona comunicazione rischiando anche qualcosa. Quello dev'essere
l'obiettivo principale. e, ultimamente, è stato perso un po' di vista». <
Foto: marco faccio, fondatore di hub09, intervistato da dailynet
Foto: marco faccio
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Hub09, nel 2014 ricavi a 2 milioni e nuovi clienti
15/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Il programmatic è la nuova normalità
a cura di andrea campana, country manager italia di pubmatic
dailynet ospita un contributo di andrea campana, country manager pubmatic, sul futuro dell'industry digitale il
programmatic advertising è ormai un punto fermo per i media. a confermarlo è andrea campana, nominato lo
scorso novembre country manager italia di pubmatic, piattaforma tecnologica tra le più importanti nell'ambito
del programmatic adv per gli editori premium, che punta all'espansione all'interno del mercato italiano. il
manager, che vanta un'esperienza più che decennale nell'ambito del marketing digitale, attraverso questo
contributo fa il punto su come l'industria del digital advertising possa sfruttare il programmatic per manifestare
il vero potenziale delle risorse digitali degli editori. in un momento, come è questo, determinante per
l'evoluzione del mercato italiano dell'online advertising. di seguito l'intevento di campana. L'EVoLuzIoNE DEL
pANoRAMA MEDIA gli advertiser stanno guidando il passaggio al programmatic advertising, aumentando la
spesa e destinando porzioni maggiori dei propri budget al digital advertising in real-time, basato sulla
conoscenza dell'audience. emarketer prevede che il digital advertising su desktop, laptop, tablet e dispositivi
mobili raggiungerà oltre 200 miliardi di dollari a livello globale entro il 2018, con il 25% del display advertising
che diventerà programmatic in europa occidentale entro il 2015. in italia la spesa per il digital advertising si è
attestata l'anno scorso a circa 2 miliardi di dollari (emarketer, settembre 2014; groupm, agosto 2014;
Zenithoptimedia, settembre 2014). il programmatic non sta solo prendendo piede, è la nuova normalità. il
settore del digital advertising è in rapida evoluzione. più i consumatori utilizzano dispositivi mobili e tablet, più
il panorama dei media dovrà evolvere. editori e inserzionisti stanno esprimendo la necessità di campagne
digital altamente mirate e costruite in base all'audience su più canali, una realtà in cui desktop e mobile
advertising non sono più separati. inoltre si fanno chiari i vantaggi che la tecnologia presenta nell'arricchire i
dati e i target delle campagne, rendendo packaging e vendita dell'inventario più efficienti ed efficaci. editori ed
inserzionisti stanno ottimizzando, allo stesso modo, il valore di audience e contenuti. stanno combinando la
natura realtime della domanda da parte dei consumatori con la creazione e fornitura in tempo reale di
contenuti, distribuiti sui diversi device in modo programmatico. Questo cambiamento si sta traducendo in
nuove opportunità di monetizzazione per gli editori e campagne più performanti per gli inserzionisti.
ABILITAzIoNE DEL BusINEss DATA-DRIVEN la prossima ondata di programmatic continuerà ad essere
guidata dalla tecnologia, ma non riguarderà la tecnologia. sarà, piuttosto legato al business enablement. i dati
sono uno strumento potente e la tecnologia programmatic ha il potere di fornire informazioni preziose per
editori e brand sul comportamento in real-time dei consumatori, per contribuire a guidare ed ottimizzare al
meglio le esperienze adv e del consumatore. gli editori vogliono che i loro spazi pubblicitari digitali siano di
valore, perché il pubblico di riferimento visualizzi il contenuto giusto, in tempo reale, indipendentemente dal
dispositivo. inserzionisti ed editori, allo stesso modo, pretendono la migliore esperienza possibile per i
consumatori, indipendentemente dal canale utilizzato. il programmatic sta consentendo a editori e brand di
automatizzare le operazioni transazionali e, allo stesso tempo, anche di migliorare e favorire media buying e
selling decision più intelligenti. Questo è il motivo per cui stiamo assistendo a una grande crescita nel
programmatic advertising. guardando avanti, ci si può aspettare che la tecnologia programmatic diventi più
veloce, più intelligente e più completa in ciò che può offrire. per esempio, la pubblicazione degli annunci, in
futuro, non sarà come oggi. ciascun editore e inserzionista avrà bisogno di un unico sistema che unisca
perfettamente i due mondi, oggi separati, della pubblicazione diretta e di quella programmatic dell'adv. tale
sistema dovrà dare la priorità e fornire contenuti utilizzando i dati utenti in tempo reale. sarà inoltre necessario
consentire agli editori di avere controllo reale sugli annunci pubblicati, poiché la sicurezza del brand è
fondamentale. sarà inoltre necessario essere in grado di utilizzare tali dati in modo intelligente; generare
report per aiutare editori e inserzionisti a ottenere informazioni e rivolgersi al meglio agli utenti finali. non si
tratta semplicemente di targettizzare "donne sotto i 25 anni". È più come rivolgersi a "donne che vivono in
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il punto
15/01/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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città, sotto i 25 anni, laureate, che guadagnano più di 30.000 euro l'anno, che hanno recentemente acquistato
un nuovo paio di scarpe e lavorano a meno di due km dal punto vendita del brand". il real-time advertising
richiede analisi in tempo reale e intuizione. il programmatic sta aiutando gli inserzionisti e gli editori a
diventare più intelligenti. e ciò che è in atto oggi è solo l'inizio. IL pRoGRAMMATIC è pIù DEL RTB il
programmatic advertising è spesso chiamato real time bidding, o rtb, ma la sua rapida crescita consente a
tutti i tipi di media di essere comprati e venduti in modo efficiente. programmatic non è solo rtb, che permette
a compratori e venditori di effettuare transazioni nel corso di un'asta. il programmatic ha anche automatizzato
l'acquisto e la vendita diretta di spazi pubblicitari, a un prezzo definito, attraverso soluzioni come private
marketplace e automated guaranteed. Questi nuovi metodi programmatic diretto stanno giocando un ruolo
fondamentale nel portare l'automazione e l'efficienza del programmatic a tutti i canali media. di programmatic
advertising si è ampiamente discusso durante la recente "ad revenue europe conference" di londra. la
conferenza di pubmatic è l'unico raduno annuale del settore dei media incentrato su strategie di crescita dei
ricavi per gli editori premium. l'anno scorso l'incontro ha riunito i maggiori nomi nel settore del digital
advertising, e uno dei punti salienti dell'evento è stato che "il programmatic advertising non è più una parte
del media plan, ma è esso stesso il media plan." non si tratta solo di una tendenza, il programmatic è la
nuova normalità, che sta veramente cambiando il modo in cui compriamo e vendiamo media. per noi è il
fondamento del media business del futuro, che consentirà sia a inserzionisti che editori di crescere,
espandersi e prosperare. <
Foto: andrea campana
Foto: andrea campana
15/01/2015
DailyNet
Pag. 20
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Alibaba Group acquisisce partecipazione di controllo in AdChina
Specializzata in campagne web , contribuirà a sviluppare una piattaforma digitale per servizi mktg
alibaba group Holding non si ferma più: le sue operazioni si susseguono l'una a distanza dell'altra di pochi
giorni, quando non di poche ore. il gruppo presieduto da Jack ma ha infatti acquisito una partecipazione di
controllo in adchina, società specializzata in campagne pubblicitarie e marketing su internet. il colosso
ecommerce, intenzionato ad ampliare il sui business pubblicitario, non ha fornito i dettagli finanziari
dell'investimento effettuato per rilevare la partecipazione di controllo della società con sede a shanghai.
adchina lavorerà con la piattaforma tecnologica di alibaba denominata alimama per sviluppare una nuova
piattaforma digitale per servizi di marketing alle imprese, ai clienti del settore dei media online e ai fornitori di
servizi per conto terzi. secondo le stime di iresearch, la pubblicità rappresenta oltre la metà dei ricavi di
alibaba.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Mercato
15/01/2015
Pubblicita Today
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SuL web SbarCa CoMuniCatiStaMpa.net, iL priMo Servizio di diStribuzione
CoMuniCati StaMpa 2.0
Da ieri è online ComunicatiStampa. net , la nuova e rivoluzionaria piattaforma potenzia la visibilità delle
campagne stampa di agenzie, Pr e aziende e grazie ad un innovativo sistema che permette la diffusione di
comunicati stampa con un click a tutti i media italiani via email, blog e social media, aiuta allo stesso tempo i
giornalisti a ricevere comunicati stampa in un formato più corretto e fruibile. Un sistema creato per dare più
visibilità al mondo marketing e risolvere tutti i problemi degli addetti stampa e delle agenzie di comunicazione
come il recupero e l'aggiornamento degli indirizzi email di giornalisti e redazioni, i problemi dell'invio di email
in copia nascosta a migliaia di contatti di giornalisti e redazioni, le difficoltà di invio di allegati e foto pesanti
fino ad arrivare al problema dei comunicati che mai giungono alle redazioni perchè bloccati dai filtri antispam. Inviare comunicati con ComunicatiStampa.net è semplicissimo: basta inserire nella maschera apposita
il comunicato stampa completo di testo, foto e link, selezionare le categorie dei media a cui si vuole inviare il
comunicato stampa e cliccare sul tasto Pubblica per inviare in automatico il comunicato via email ai media
selezionati, pubblicarlo sull'ufficio stampa online e distribuirlo sui più diffusi social media come Fb, Twitter,
Google+ o Tumblr. "Abbiamo creato un sistema in grado di comprimere del 90% il peso delle email in modo
da renderne agevole lo scaricamento - spiega Michele rampino , fondatore della startup di
ComunicatiStampa.net che a sede a Trento -, in caso il giornalista volesse le foto in alta qualità gli
basterebbe solo cliccare sulle foto ricevute in email per essere rimandato alle foto in alta risoluzione residenti
nei nostri server che l'addetto stampa aveva originariamente incluso nel comunicato. E per far fronte al
problema dei contenuti abbiamo creato un blog con l'obiettivo di aiutare le aziende a capire cosa interessa
davvero ai giornalista". I prezzi si possono scegliere ed acquistare direttamente sul sito web della piattaforma
sia pack di singoli comunicati stampa, per chi ha esigenze di invio comunicati sporadici, e sia abbonamenti
mensili a partire da piccole quote mensili per chi spedisce comunicati con una certa regolarità.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Per dare massima visiBilità alle camPagne di comunicazione e marketing
14/01/2015
360com
Pag. 3
videology e stickyads.tv, c'è accordo per il mercato europeo del video
programmatic
La struttura di video advertising , leader di mercato, ha annunciato una partnership con la principale
piattaforma Supply-Side di video programmatic a livello mondiale
Videology, tra le piattaforme di video advertising leader di mercato, ha annunciato una partnership con
StickyADS. tv principale piattaforma Supply-Side di video programmatic a livello mondiale. L'accordo
consentirà ai clienti demand-side di Videology - alcuni tra i più importanti advertiser e agenzie in Europa - di
accedere alla piattaforma di StickyADS.tv per l'acquisto di inventory video di elevata qualità. Questa nuova
collaborazione offrirà agli utenti della tecnologia Videology l'accesso a una inventory di video premium su
oltre 55 Private Market Place disponibili sulla piattaforma StickyADS.tv in Europa, consentendo loro di
acquistare un'ampia gamma di contenuti di elevata qualità dai m i g l i o ri publisher. La flessibilità della
piattaforma di StickyADS. tv consente un'integrazione uida tra server con una inventory premium ed
esclusiva, e includerà inoltre integrazione completa dei Deal ID, permettendo a Videology di targetizzare con
precisione ogni mercato, audience o contesto a seconda delle esigenze pubblicitarie del cliente. «Advertiser e
agenzie, ora più che mai, cercano dai principali publisher, comprese le emittenti televisive, una inventory
esclusiva, di elevata qualità e sicura per il brand - spiega Anne de Kerckhove, Managing Director EMEA di
Videology -. Il numero di publisher e di Private Market Place premium disponibili sulla piattaforma di
StickyADS.tv è davvero importante, e questo consente ai nostri partner demand-side di accedere alla migliore
inventory in Europa per offrire ai propri clienti campagne in stile televisivo su tutti i device». La partnership è
ulteriormente rafforzata dai valori chiave di business che le due aziende condividono. Entrambe sono, infatti,
impegnate nel trattare in forma programmatic un inventario video sicuro per i brand, offrendo agli advertiser
contenuti di massima visibilità e impatto. Nel maggio dello scorso anno, Videology ha ricevuto la
certificazione del Media Rating Council (MRC) per la misurazione di video impression visualizzabili. Inoltre
StickyADS.tv e Videology promuovono trasparenza e controllo e sono attivamente impegnate nella lotta alle
frodi pubblicitarie. «Siamo lieti di questo accordo che abbiamo ufficializzato con Videology - commenta Hervé
Brunet, ceo e co-fondatore di StickyADS.tv -. Collaboriamo ormai da oltre due anni e questa partnership ci
consentirà di estendere le sinergie tra le due aziende a tutta l'Europa».
Chi è videology Videology (videologygroup.com) è una delle aziende leader mondiali nella fornitura di
tecnologia per aziende operanti nei media e nella pubblicità. Semplificando l'uso dei "Big Data", consentiamo
a publisher e media company di prendere decisioni più ponderate per le proprie campagne pubblicitarie al
fine di sfruttare completamente il valore della propria audience su tutti i dispositivi. La nostra tecnologia
basata su algoritmi matematici permette ai clienti di gestire, misurare e ottimizzare il video advertising digitale
e televisivo per ottenere i migliori risultati nel panorama convergente dei media. Videology è un'azienda
privata, controllata da un fondo i cui investitori includono Catalyst Investors, Comcast Ventures, NEA,
Pinnacle Ventures, e Valhalla Partners. Videology ha sede a New York, NY, con uffici a Baltimora, Austin,
Toronto, Londra, Parigi, Madrid, Tokio, Singapore e Sydney e team di vendita in tutto il Nord America.
Chi è stiCkyads.tv Sticky ADS.tv è la principale piattaforma pubblicitaria di video programmatico per editori
digitali premium. Con clienti che includono LaPlaceMedia, grandi gruppi editoriali e televisivi, StickyADS.tv
offre agli editori digitali un approccio innovativo per monetizzare la propria inventory di video digitale creando
il loro market place privato. Tramite la piattaforma di StikyADS.tv gli editori possono accedere agli
inserzionisti pubblicitari in tutto il mondo beneficiando del grande potenziale di una tecnologia specializzata
nel veicolare il formato video su tutti gli schermi in modalità controllata e trasparente. StickyADS.tv ha uffici in
Francia, UK, Germania, Italia e Spagna. La divisione R&D ha sede a Montpellier e sviluppa la tecnologia più
all'avanguardia di video SSP (Supply-Side Platform) utilizzata ad oggi in 132 paesi nel mondo.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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obiettivo: aiutare le aziende a pianificare campagne digitali nel momento clou dello shopping
14/01/2015
360com
Pag. 4
acqua group apre il 2015 con tre nuovi ingressi
Benedetta Bornigia in qualità di web & social media content manager; Corinna Colombo e Kiliam Rodini, che
vanno ad ingrossare le fila della sigla Pro&Go
Acqua Group, società di comunicazione integrata guidata da Davide Arduini e Andrea Cimenti, apre il nuovo
anno con tre nuovi ingressi: Benedetta Bornigia, Corinna Colombo e Kiliam Rodini. Laurea in Business
Economics all'Università Federico Caffè Roma 3, Benedetta Bornigia entra nel team di Key Digital - agenzia
web, digital e social marketing di Acqua Group - in qualità di web & social media content manager dopo
precedenti esperienze in Evolution People Milano dove ricopriva il ruolo di community manager e in Dlv Bbdo
Roma dove svolgeva quello di account executive. Benedetta, passione per le lingue ed esperienze di vita e
professionali a Londra e a Parigi, porta in Key Digital anche il suo impegno nel sociale come attivista
volontaria di Dynamo Camp. Colombo e Rodini vanno invece a ingrossare le fila di Pro&Go, agenzia di eventi
e marketing non convenzionale del gruppo. Corinna Colombo classe 1983 arriva da TheMadBox e Matrix
Group, laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione alla Libera Università di Lingue e Comunicazione
IULM di Milano. Kiliam Rodini si unisce a Pro&Go in qualità di Event Manager mettendo a disposizione
l'esperienza maturata nello sviluppo strategico-creativo, nel coordinamento e nella supervisione di varie
tipologie di eventi (dal food&beverage all'health&beauty, dalla musica allo sport) e la sua passione per il
teatro, la musica, l'arte e la moda, interessi ai quali si dedica nel tempo libero.
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poltrone si evolve l'organico dell'agenzia
14/01/2015
360com
Pag. 6
immobiliare.it va alla ricerca della casa perfetta, l'on air è con picnic
Nuova puntata della campagna ideata dall'agenzia di Niccolò Brioschi, a breve verrà presentata anche la
pianificazione online . Big Mama si è occupata della produzione
Immobiliare.it ritorna on air con la firma creativa dell'agenzia PicNic di Niccolò Brioschi; alla regia sono stati
riconfermati i fratelli Luca e Marcello Lucini, mentre cambia la casa di produzione, infatti è stata affidata a Big
Mama la produzione della campagna di pianificazione. Il nuovo episodio, intitolato "Una scelta condivisa",
rappresenta il proseguimento ideale di quello andato in onda fino a qualche settimana fa. Le esigenze della
famiglia protagonista cambiano: sta per nascere la piccola Sofia e tutti si mettono alla ricerca di una nuova
abitazione. Ciascuno inserisce su Immobiliare.it le caratteristiche della casa dei sogni: il piccolo Luigi vuole
una camera per sé e una per la sorellina, il papà vuole che il nuovo appartamento sia vicino all'ufficio in modo
da arrivare prima dai suoi familiari, la mamma invece sogna di avere un terrazzo. La campagna godrà
inizialmente di una pianificazione televisiva, ma a breve lo spot sarà disponibile e visibile anche sul web. Un
filmato che mostra non solo la possibilità di ricercare su Immobiliare.it tramite desktop, tablet e smartphone,
ma anche le funzionalità più importanti disponibili sul sito, come la ricerca personalizzata sulla mappa del
luogo selezionato. L'azienda rimane comunque costantemente online durante tutto l'arco dell'anno,
utilizzando banner e video, creando mini siti ad hoc, apparendo su portali di news che hanno all'interno la
sessione dedicata a casa e affini.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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advertising
14/01/2015
360com
Pag. 16
La Branded Content Unit di Magnolia festeggia il suo primo anno di
successo
il 2014 è stato un anno riCCo di lavori e di Produzioni Che sPaziano tra Contenuti Pensati ad hoC Per la tv e
Per il web , adv short Film e Progetti multiPiattaForma
Magnolia, la società di produzione televisiva guidata da Leonardo Pasquinelli, festeggia il primo anno di vita
della sua Branded Content Unit, la sezione dedicata alla ricerca, allo sviluppo e allo studio dei progetti di
branded entertainment nata alla fine del 2013. Per celebrare questo importante traguardo, all'interno del sito
www.magnoliatv.it è da poco online una nuova sezione interamente dedicata alle attività della Branded
Content Unit. Il minisito è non solo vetrina delle iniziative realizzate dal team guidato da Ludovica Federighi,
con aggiornamenti costanti su tutti i nuovi progetti, ma anche custode dei lavori attivati. Già oggi, infatti, è
possibile scoprire tutte le attività di unconventional marketing realizzate in poco più di un anno di vita da
Magnolia, ottimo esempio per tutti i clienti che vogliono investire su una nuova modalità vincente di racconto
attorno al proprio brand. Il 2014 è stato un anno ricco di lavori e di successi per la BCU Magnolia, spaziando
tra contenuti pensati ad hoc per la tv e per il web, Adv Short Film e progetti Multipiattaforma, e il nuovo anno
prende il via con molte novità e importanti progetti in fase di realizzazione. Si conferma la collaborazione con
Sky Pubblicità che si è adata a Magnolia per realizzare gli Adv Short Film, piccoli format che innovano la
modalità di pensare, realizzare e diondere le telepromozioni grazie a un'alta attenzione all'immagine e allo
sviluppo di un racconto attorno al brand. I primi brand che quest'anno hanno sperimentato con successo
questo nuovo formato pubblicitario sono Reckitt Benckiser (con il brand Finish Quantum), Granarolo e
Auricchio. Tra i brand che hanno scelto la creatività e la professionalità della BCU Magnolia c'è, però, anche
Voiello. Nell'ambito di un riposizionamento generale del marchio sul mercato, partendo dalla presenza dei
prodotti all'interno della quarta stagione di "MasterChef Italia" (attualmente in onda su SkyUno HD), è nato
Voiello Master Of Pasta, un originale contest culinario che coinvolge i concorrenti eliminati di ogni puntata di
"Master Chef" in sfide a base di pasta. Le clip con tutte le ricette, guidate da Spyros eodoridis (primo
MasterChef italiano), sono visibili su www.masterofpasta.it e sul minisito dedicato all'interno del sito uciale di
MasterChef Italia. Il vincitore di Voiello Master Of Pasta sarà scelto da tutti gli utenti appassionati di cucina
che valuteranno online i piatti a base di pasta realizzati dei concorrenti. L'attività della BCU Magnolia,
mettendo a disposizione delle marche tutte le proprie competenze nell'ambito della produzione televisiva, ha
dato vita nella scorsa stagione anche a programmi tv come "My Cake Design", branded content per
DeAgostini Publishing (pubblicazione editoriale Crea & Decora I Tuoi Dolci), realizzato con Discovery Real
Time, e a "La Casa degli Assi", branded content per Poker Stars in onda la scorsa primavera su Italia2, con
una seconda edizione in preparazione per Italia1. In primavera, invece, vedrà la luce un nuovo branded
content realizzato con Chicco, anch'esso per Discovery Real Time. Sul web, sono da ricordare le recenti
attività per Samsung (operazione "Ti Lascio" per la promozione del Galaxy Tab S con l'agenzia Cheil) e per
Rcs Gazzetta dello Sport (operazione #promessemondiali in occasione dell'ultima Fifa World Cup, incentrata
sull'amore degli italiani per il calcio e delle mille scommesse che ne derivano, con Italia Brand Group). A
certificare il successo del lavoro della BCU Magnolia, nel 2014 ci sono stati anche i tre premi conquistati al
Cannes Lions 2014 - International Festival Of Creativity con il progetto Samsung Maestros Academy
(www.maestrosacademy. it): Gold Lion nella categoria Pr, Bronze Lion nella categoria Direct Marketing e
Bronze Lion nella categoria Promo & Activation, per la piattaforma digitale. Un successo che premia l'ottimo
lavoro di squadra nato dalla sinergia tra Samsung Electronics Italia, LeoBurnett e Magnolia e che ha portato
nuovamente in alto il nome de ll'Italia nella creatività pubblicitaria.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Per Celebrare l'imPortante traguardo, all'interno del sito www.magnoliatv.it, è da PoCo online una nuova
sezione COM PANY
14/01/2015
360com
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Accordo operativo: HiMedia Group ora raccoglie per ilfattoquotidiano.it
adexChange.Com si oCCuPer à della vendita degli sPazi sul merCato rtb ; e mobvious gestirà gli sPazi su
deviC e mobili mentre il video advertising sarà aFFidato a FullsCreen; e inFine, magiC Curerà i Progetti
sPeCiali e di branded Content
HiMedia Group, società internazionale indipendente fra i leader europei in ambito advertising e e-payment, e
Ilfattoquotidiano.it, uno dei siti di news più innovativi nel panorama dei media italiani, annunciano l'esclusiva
partnership che ada, a partire dall'1 gennaio 2015, a HiMedia la gestione in esclusiva della raccolta
pubblicitaria del sito de ilfattoquotidiano.it sia in versione desktop che mobile. In un mercato advertising che
sta trasformando profondamente le logiche della gesti one degli spazi pubblicitari online, ilfattoquotidiano.it,
che in quattro anni è diventato, secondo le rilevazioni di Comscore, il terzo sito italiano di news, conferma la
via dell'innovazione anche nella scelta della concessionaria. HiMedia, per prima, ha saputo cogliere le sfide
della tecnologia applicata all'advertising, ad esempio nel mobile e nel "programmatic", consentendo ai propri
editori di valorizzare ogni spazio delle proprie inventory, puntando sulla vendita di target e non di semplici
spazi. HiMedia, specializzata nella vendita degli spazi Premium, metterà a disposizione de ilfattoquotidiano.it
tutte le business unit: Adexchange. com si occuperà della vendita degli spazi sul mercato RTB (sia in open
market che in programmatic tramite deal per gli spazi premium), Mobvious gestirà gli spazi su device mobili
mentre il video advertising sarà adato a Fullscreen; e infine, Magic curerà i progett i speciali e di branded
content. «Il 2015 rappresenta per L'Editoriale Il Fatto Quotidiano un anno di grandi cambiamenti e importanti
innovazioni su tutti i prodotti da noi editi, e, in particolare, sul sito web in cui sono previsti rilasci di sezioni e
prodotti nuovi e continui affinamenti del restyling andato online a fine ottobre 2014 . La scelta di HiMedia,
partner internazionale, fortemente tecnologico, mai fermo sul fronte dell'innovazione a livello di proposizione
commerciale, ci è sembrato, in questo momento così delicato e importante per noi, il partner ideale con cui
arontare le prossime sfide - aerma Cinzia Monteverdi amministratore delegato de Ilfattoquotidiano.it -.
HiMedia aancherà, nel lavoro di commercializzazione dei nostri spazi pubblicitari, Publishare, a cui rimane la
raccolta esclusiva del nostro quotidiano e dell'app Mia ad esso correlata». Carlo Poss, ceo di HiMedia Italia,
commenta a proposito della partnership: «Siamo orgogliosi della fiducia che ci ha dimostrato un publisher
così prestigioso e autorevole nel campo dell'editoria italiana. HiMedia ha colto i cambiamenti del mercato e ha
scelto di accompagnare i publisher in questo momento di evoluzione. Molti editori dimostrano ancora molta
didenza nei confronti del programmatic e del Real Time Bidding, Ilfattoquotidiano.it ha invece compreso il
cambiamento in atto e che potremo valorizzare le audience grazie a una completa integrazione delle attività
svolte dalle nostre business unit e a un know how specifico nel campo del programmatic, strumento in grado
di portare concreti benefici anche agli editori». Dunque, un accordo davvero importante per
Ilfattoquotidiano.it, una delle testate online di maggior successo degli ultimi anni in Italia. Diretta da Peter
Gomez fin dal suo esordio, nel giugno del 2010, la testata ha ra ggiunto nel giugno 2014 oltre 470 mila utenti
unici nel giorno medio secondo i dati Audiweb. Il sito è composto da più di trenta sezioni tra cui ilFattoTV, con
video news, dirette streaming, inchieste, speciali e rubriche. Elemento caratterizzante è la colonna blog con
oltre 700 blogger, dove si confrontano liberamente posizioni anche molto lontane fra loro. A ottobre 2014 è
andato online il restyling grafico e strutturale del sito, proponendo agli utenti un'esperienza multimediale a
tutto tondo, una migliore navigazione e fruibilità di contenuti sempre più dierenziati ed originali. A settembre
2014 è nat a Mia, la nuova app del quotidiano per tablet e smartphone. Unica sul mercato italiano, Mia ore ai
lettori la possibilità di sfogliare l'edizione digitale sia nella classica versione pdf, sia nella nuovissima versione
nativa, in cui gli articoli sono riproposti e riorganizzati in una classica navigazione web, arricchiti con
approfondimenti e contenuti multimediali. E per quanto riguarda HiMedia, è il principale network europeo,
esperto di pubblicità digitale. L'azienda offre ai propri clienti una vasta gamma di soluzioni pubblicitarie per
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
uFFiCializzata l'intesa Fra la ConCessionaria e uno dei siti di new s Più innovativi nel Panorama dei media
ital iani
14/01/2015
360com
Pag. 18
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
rafforzare e ottimizzare la loro strategia sull'online. Il network HiMedia conta di circa 400 milioni di
impressions mese - fonte AppNexus e oltre 7 milioni di utenti unici mese, fonte Audiweb.
14/01/2015
Media Key - Dicembre 2014 - genius
Pag. 60
(diffusione:10500, tiratura:10500)
Giorgio Brenna La creatività batterà la crisi
Oltre vent'anni di successi nel mondo della pubblicità , il Chairman e CEO di Leo Burnett Italia e Leo Burnett
Continental Western Europe non perde il sorriso nemmeno al termine dell'ennesimo anno difficile per il
settore: "Siamo la migliore agenzia italiana per fatturato e output creativo, e in tempi di crisi il mercato premia
la qualità, più che la quantità".
Stefano Fossati
'' Il mercato della pubblicità in Italia è ancora in piena crisi, in tre anni si sono persi 1,5 miliardi di euro di
investimenti in comunicazione mentre il nostro Paese che continua a perdere posizioni fra le piazze 'che
contano' a livello mondiale Ma le possibilità di tornare a livelli pre-crisi ci sono, anche se occorreranno non
meno di cinque anni. Ne è convinto Giorgio Brenna, Chairman e CEO di Leo Burnett Italia e Leo Burnett
Continental Western Europe, forte di risultati che autorizzano un certo ottimismo anche al termine di un 2014
tutt'altro che entusiasmante per il settore: "Siamo la migliore agenzia italiana per fatturato e output creativo. E
vogliamo diventare la migliore d'Europa. Perché, in tempi di crisi, il mercato premia la qualità, più che la
quantità". Più di vent'anni nel mondo della pubblicità (dal 1992 in Ogilvy & Mather, prima di approdare in Leo
Burnett quasi dieci anni fa), Brenna negli ultimi anni ha lavorato alla ristrutturazione del modello organizzativo
interno secondo la filosofia HumanKind che - spiega - "mette al centro le persone e i loro comportamenti". E
che oggi rappresenta il vero punto di forza di Leo Burnett, alla base dell'andamento positivo delle agenzie del
network (i dati del primo semestre dell'anno parlano di una crescita del fatturato del 2-3% per l'Italia, del 3-4%
per la Francia, del 4-5% per la Germania e del 5-7% la Svizzera), oltre che dei successi riportati anche
quest'anno da Leo Burnett Italia ai Cannes Lions: il progetto Samsung Maestros Academy (un Leone d'Oro e
due Bronzi) - brand platform che aiuta i giovani a imparare direttamente dalle parole dei maestri artigiani
attraverso un percorso formativo digitale che permette a chiunque di seguire online le lezioni - e lo spot tv Fiat
500 Cult (un Bronzo), che racconta il viaggio di due ragazzi a bordo di una 500 per mostrare, in tono
scherzoso e leggero, il carattere di un'auto iconica e ironica, accessibile a tutti eppure premium allo stesso
tempo, senza prendersi troppo sul serio. MK: Il mercato pubblicitario italiano si conferma in difficoltà anche
nei primi nove mesi del 2014, sebbene il calo sia più contenuto rispetto agli anni passati: qual è il bilancio di
Leo Burnett Italia per questo periodo? Giorgio Brenna: Effettivamente i numeri non sono confortanti: -3,2%
rispetto ai primi nove mesi del 2013, pari circa 142 milioni di euro in meno. Negli ultimi tre anni lo spending in
comunicazione è calato del 30% circa, il che significa circa 1,5 miliardi di euro in meno. L'Italia non ha
imboccato un percorso virtuoso. Nel mercato globale pubblicitario abbiamo perso quattro posizioni in tre anni,
nel 2009 l'Italia era tra la sesta e la settima posizione nel ranking e nel 2012 già decima, superata da
Canada, Brasile e Cina. Se continua questo andamento per il 2020 ci ritroveremo a occupare almeno la
quindicesima posizione. MK: E all'orizzonte non si vedono ancora segnali di un'inversione di tendenza sul
fronte degli investimenti in comunicazione... Giorgio Brenna: Il calo degli investimenti denota un cambiamento
strutturale all'interno del panorama pubblicitario che le agenzie e le aziende che vogliono fare comunicazione
non possono più ignorare. È dimostrato che le grandi idee hanno successo, indipendentemente anche dal
budget stanziato. Può sembrare una banalità, ma vi assicuro che non è così scontato: le idee devono essere
sempre il motore delle attività delle agenzie creative e devono essere sempre più globali, sia nella qualità
dell'idea sia nell'approccio. La Leo Burnett lavora sempre in questo senso, creando delle campagne globali
basate su grandi idee. Samsung Maestros Academy è la prova che le grandi idee sono anche vincenti. MK:
Quali prospettive vedete per il 2015, sia per quanto riguarda Leo Burnett Italia sia per il mercato in generale?
Giorgio Brenna: Nonostante il mercato pubblicitario non registri delle cifre che possano fare pensare a un
futuro roseo, io sono molto ottimista per il futuro di Leo Burnett Italia. Siamo un'agenzia creativa, la migliore in
Italia per fatturato e output creativo, e in tempi di crisi si sa, il mercato tende a premiare la qualità rispetto alla
quantità. Noi, grazie al team creativo e strategico che abbiamo la fortuna di avere, siamo in grado di offrire
un'ottima qualità creativa. Complice di tutto è la nostra filosofia HumanKind, che mette al centro le persone e i
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Key People
14/01/2015
Media Key - Dicembre 2014 - genius
Pag. 60
(diffusione:10500, tiratura:10500)
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
loro comportamenti. Lo HumanKind è la linfa dei nostri lavori, ed è per questo che siamo riusciti a produrre
case history di successo e lavori di qualità. MK: 2015 significherà anche Expo e fra i vostri clienti ci sono
alcuni sponsor della manifestazione (Fiat in primis). Quale impatto potrà avere Expo 2015 sul mercato della
comunicazione? E quale sul business della vostra agenzia? Giorgio Brenna: Sì, con l'Expo ci sono senz'altro
delle ottime opportunità di business con clienti già acquisiti e con nuovi... 3 2 MK: Expo a parte, molti
concordano sul fatto che il calo del mercato della comunicazione in Italia sia (almeno in parte) strutturale: lei è
di questa opinione oppure ritiene che si possa tornare, nei prossimi anni, ai livelli pre-crisi, anche per quanto
riguarda budget e numero di gare? Giorgio Brenna: No. Si può tornare ai livelli pre-crisi in almeno cinque
anni. MK: Fra i numerosi progetti che avete curato quest'anno, può citarne qualcuno di cui va particolarmente
orgoglioso? Giorgio Brenna: Samsung Maestros a parte, per cui i risultati parlano da soli, c'è il lavoro
nell'area Emea che abbiamo fatto con 500L e poi la piattaforma globale di Fiat 500 Cult. MK: Proprio
Samsung Maestros e Fiat 500 Cult hanno portato quest'anno quattro Cannes Lions a Leo Burnett Italia. Quali
sono i punti di forza della vostra agenzia dal punto di vista creativo? Giorgio Brenna: Il nostro punto di forza è
lo HumanKind. Noi cerchiamo sempre di interpretare i brief dei clienti in base alla nostra filosofia creando
idee e creatività che lavorino in questo senso: è un'idea in grado di cambiare il comportamento delle
persone? È un'idea che ha un purpose, uno scopo? Sono acts o semplicemente ads? MK: A proposito di
creatività e premi internazionali, qual è secondo lei il livello dell'Italia su questo fronte, rispetto ad altri Paesi?
La crisi uccide o stimola la creatività? Giorgio Brenna: L'Italia vive ancora nel retaggio culturale da 'prima
della classe'. Certo, siamo stati i primi per molto tempo, per secoli, e abbiamo sempre dimostrato di saper
uscire dalle crisi egregiamente, grazie anche alla creatività e all'eccellenza tipica del popolo italiano.
Ultimamente credo abbiamo perso un po' di fiducia nelle nostre capacità. Bisogna prendere come benchmark
i nuovi Paesi in via di sviluppo, che sono riemersi nonostante testimoni di situazioni politiche molto difficili, e
accettarli come competitor. Loro sono la prova che la crisi è uno dei motori della creatività, se saputa
interpretare come opportunità. Quindi sarà la creatività che ci farà uscire dalla crisi. MK: Come, secondo lei,
tecnologie digitali e social media hanno cambiato la comunicazione e la creatività negli ultimi anni? Giorgio
Brenna: L'avanzare e l'affermarsi delle nuove tecnologie digitali dimostrano che le modalità di fruizione della
comunicazione sono cambiate. Le persone hanno sviluppato un atteggiamento attivo e proattivo nei confronti
della marca abbandonando quello passivo, come potrebbe essere nei confronti della tv o della stampa. Sta
alle agenzie creative sapere intercettare i comportamenti delle persone all'interno di questi nuovi media e
studiare la migliore strategia per raggiungerli. A fronte della numerosa offerta in un contesto di multimedialità
e multicanalità, la tendenza è di premiare i contenuti e la qualità degli stessi, fattore che determina
l'engagement del consumatore. E il consumatore si ingaggia quando la comunicazione è a 360°, quando crea
sinergia tra tutti gli strumenti a disposizione. Le grandi idee sono tali se possono essere applicate
sinergicamente e trasversalmente su tutti i media (dal digitale, all'above the line al below the line) e arrivare al
consumatore, rendendolo soddisfatto del servizio nel suo complesso. Noi abbiamo le carte in regola per
creare le vere big ideas, forti della nostra tradizione culturale tipica dell'agenzia HumanKind, di Leo Burnett,
sempre orientata all'innovazione. Questo fa sì che ci possiamo porre come consulenti e partner per le
aziende. MK: A livello personale, quali sono gli obiettivi (non necessariamente professionali) che vorrebbe
vedere realizzati nel 2015? Giorgio Brenna: Il sogno per il 2015 è essere la migliore agenzia in Europa. I
sogni sono più potenti degli obiettivi, quindi faremo di tutto per realizzare questo sogno. Leo Burnett
Foto: 1. Un'immagine dello spot Fiat 500 Cult, vincitore di un Bronzo al Festival di Cannes 2014. 2. Samsung
Smart Bike è uno dei risultati ottenuti nell'ambito del progetto Samsung Maestros Academy. L'avveniristica
bicicletta è stata presentata durante l'ultima edizione di Milan Design Week. 3. Il progetto Samsung Maestros
Academy è uno dei successi riportati quest'anno a Cannes, dove si è aggiudicato un Leone d'Oro e due
Bronzi. La piattaforma aiuta i giovani a imparare dai maestri artigiani attraverso un percorso formativo
digitale.
14/01/2015
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Lorenzo Marini La creatività al centro
In un mercato della creatività dominato solo dai media occorre rimettere l'idea creativa al centro e darle il
giusto peso e il giusto valore. Perché sono i dipinti a fare la storia dell'arte e non le cornici. Ne è convinto il
famoso creativo italiano Lorenzo Marini, Presidente di Lorenzo Marini Group.
Gianni Martinelli
di Gianni Martinelli '' Lorenzo Marini Group appartiene al network indipendente TheNetworkOne, composto da
oltre 120 agenzie indipendenti con un'eccellente reputazione creativa nel proprio paese d'appartenza. Questo
garantisce un indispensabile supporto per la gestione di campagne e progetti di comunicazione internazionali
in 90 Paesi. Il supporto dell'internazionalità è ormai un must imprescindibile come ci conferma Lorenzo Marini
in questa intervista. MK: Dal suo osservatorio privilegiato può farci una panoramica su come sta andando il
mercato della comunicazione italiano confrontandolo con quello americano, visto che avete una sede anche a
New York? Lorenzo Marini: Il grande artista Bruno Munari era solito ripetere: "Il tramonto e l'alba sono la
stessa cosa, vista da un punto di vista diverso". Mi sento veramente fortunato a potere disporre di un doppio
punto di osservazione grazie alla nostra sede italiana di Milano e alla nostra sede americana di New York.
Quest'ultima l'abbiamo aperta ormai da oltre tre anni e, grazie a essa, riusciamo a sapere con circa due o tre
anni di anticipo quello che succederà anche in Italia. Le faccio un esempio. Mentre nel 2008 da noi la parola
'crisi' era ancora sconosciuta, oltre oceano se ne parlava già ampiamente e dopo poco sappiamo tutti quello
che è successo anche da noi. Quest'anno in America il mercato è tornato a segnare un trend positivo del
+3%: e ci sono decisi segnali di ripresa, abbiamo quindi speranza che tra un paio d'anni anche il mercato
italiano torni a migliorare. Ci aspetta ancora un 2015 non facile ma nel 2016 ci dovrebbe essere un'inversione
di tendenza. MK: Quali sono le principali differenze tra i due mercati, quello italiano e quello americano?
Lorenzo Marini: Nel mercato italiano a spadroneggiare sono i media, il driver è il mezzo. Ma questo è un
grande errore, è come se vivessimo al tempo delle cornici e non dei dipinti. Dobbiamo rimettere al centro il
dipinto, l'idea creativa vincente. In America lo si fa e la scelta paga. In Italia, al contrario, stiamo vivendo il
tempo del media e il centro di potere è il media stesso. Una seconda differenza sostanziale tra i due mercati
è la differente gestione delle gare. Ormai in Italia si indice una gara anche per spostare un budget di poche
migliaia di euro. Pensi che invece, in America, la Walt Disney ha spostato un budget di circa 900 milioni di
dollari da un centro media a un altro senza nemmeno indire una gara. Negli Stati Uniti la fedeltà di un'agenzia
a una marca viene considerata un valore imprescindibile mentre da noi tutto cambia per pochi euro in più o in
meno presentati nelle offerte. Nike lavora con W+K da 30 anni e Apple con Chiat\Day da 25 anni. MK: Ci
sono anche altre differenze che vuole evidenziare? Lorenzo Marini: Il terzo punto a favore del mercato
americano è il forte pragmatismo. Quando viene fornito un brief a un'agenzia c'è un timing preciso da
rispettare. In questo modo i creativi possono impegnarsi a produrre la migliore idea del caso senza sottostare
alle classiche tempistiche italiane che impongono che l'idea vincente venga presentata 'il giorno prima della
richiesta'. Nei briefing americani tutto viene schedulato in maniera precisa e c'è un budget di produzione. Da
noi in Italia, al contrario, le aziende spesso si rivolgono ai creativi per scoprire se qualcuno gli può proporre
un'idea divertente da sviluppare e, solo dopo, si decide se ci sono i soldi per attuarla. Al pragmatismo
americano si lega quindi anche un altro valore, quello della precisione. Nel nostro mondo pressappochista si
continua invece a considerare la pubblicità solo un lusso che serve principalmente a gratificare la società
emittente. Pensi che nel nostro mercato non è così strano sentire storie di agenzie a cui erano stati affidati
dei budget per delle campagne pubblicitarie per poi scoprire, successivamente, che tali budget non c'erano
più perché si era deciso di eliminarli in un fantomatico consiglio di amministrazione. Per concludere, quindi, il
nostro osservatorio americano ci fa vedere e comprendere che esistono 'forme di vita' migliori rispetto alla
nostra. MK: Quindi non ci sono proprio caratteristiche positive in Italia e nel suo mercato? Lorenzo Marini:
Non ho mai detto questo, anzi ritengo che in Italia la qualità della vita sia sicuramente migliore che negli Stati
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Uniti. In Italia si respira arte solo guardandosi intorno o alzando lo sguardo, il cibo è decisamente migliore,
così come il clima. A New York in inverno fa freddissimo mentre in estate si muore letteralmente dal caldo.
Noi italiani siamo un popolo fantasioso legato all'arte, all'istinto. Non ho volutamente citato la creatività perché
quest'ultima non deve essere legata all'istinto, ma al contrario alla logica, alla strategia e alla precisione. MK:
Ma come è andato il 2014 per la sua sede italiana? E per quella americana? Lorenzo Marini: La situazione
del mercato italiano è fondamentalmente statica, continuiamo a fatturare il solito milione di euro in consulenze
e ad avere più o meno gli stessi clienti dello scorso anno. Diversi, invece, sono i risultati che stiamo
ottenendo negli Stati Uniti dove cresciamo di circa il 25% e contiamo, a breve, di superare il fatturato della
sede italiana. Magari il sorpasso avverrà già quest'anno, se non fosse così sarà di sicuro nel 2015. 5 MK:
Quale è il modello di business che usate in America? Lorenzo Marini: Il modello di business è lo stesso che
usiamo anche in Italia. Puntiamo sul paradigma delle partecipazioni nelle piccole società: che siano di web,
below the line, media, ecc. La holding Lorenzo Marini Group ha una quota partecipativa in molte società e si
è dotata anche negli Stati Uniti di un team strutturato e professionale in grado di affrontare diverse attività
consulenziali. Non bisogna dimenticare, infatti, che oltre oceano l'obiettivo della customer satisfaction non è
pura teoria come da noi, ma un must imprescindibile per potere continuare a fare business. Come avrà
capito, ormai, sono davvero molto soddisfatto della decisione di aprire tre anni fa questa nostra nuova sede
perché riusciamo in questo modo a confrontarci con un mercato molto diverso dal nostro. In America non ci
sono le altre agenzie italiane ma molti clienti magari dai nomi poco conosciuti in Italia, desiderosi di crescere
e di emergere. Non dimentichiamo, infine, che lo stato di New York produce da solo circa la metà del Pil
italiano, sono dati che devono fare riflettere. MK: Quali sono i settori in cui lavorate maggiormente? Lorenzo
Marini: I principali settori in cui operiamo a New York sono quelli delle eccellenze italiane, il food e la moda.
Sono settori in cui anche i grandi marchi americani vogliono avere 'il tocco' creativo italiano che da sempre ci
contraddistingue. Nello stesso tempo abbiamo anche clienti italiani che sono negli Stati Uniti per fare
business, quindi operiamo a 360 gradi. MK: Quale è, secondo lei, la principale sfida che devono affrontare e
vincere le agenzie? Lorenzo Marini: Le agenzie non hanno sfide da affrontare e vincere in futuro perché sono
ormai morte o in procinto di morire nel breve periodo. È in atto un vero e proprio conto alla rovescia e le
cronache giornalistiche stanno già registrando questo processo ineluttabile. Secondo le solite 'voci di
corridoio' è in atto un fenomeno che prevede la riduzione delle sedi periferiche dei Paesi più deboli. Le posso
dare qualche dato. Il mercato della comunicazione tedesca è ormai il doppio di quello italiano; il sud
dell'Europa, di cui facciamo parte insieme a Spagna, Portogallo, Grecia, è in deciso ribasso. Quindi che sfida
possono vincere le agenzie se non quella dello smantellamento? Parliamo di cose più importanti, la vera sfida
da vincere è quella della creatività. I clienti, prima o poi, torneranno a rendersi conto che sono le idee vincenti
quelle che procurano i soldi. Invertiamo i processi come già le raccontavo. Torniamo a rimettere al centro gli
inventori dei messaggi, le idee, i dipinti e rimettiamo in secondo piano i media che li occupano, le cornici. In
Italia siamo ancora a discutere e a disquisire tra media online e offline, tra ciò che è digitale e ciò che non lo
è. Da noi se un brand propone una campagna social, sente ancora l'esigenza di pubblicare un comunicato
stampa per evidenziarla. Negli Stati Uniti non esiste più da anni, ormai, questa visione obsoleta tra nuovi e
vecchi media, sono le stesse agenzie di public relation che offrono normalmente pr online e offline, social,
web e app. Una comunicazione integrata dove non ha veramente più senso parlare di singolo medium e
singola pianificazione. La comunicazione è un continuum dove tutto si integra ed è integrato. MK: Per
concludere, come si immagina il futuro Lorenzo Marini? Lorenzo Marini: A questa domanda preferisco
rispondere con una citazione di Albert Einstein: "Non penso mai al futuro, arriva così presto!".
Foto: 1. Gli uffici della sede di New York della Lorenzo Marini Group. 2. La campagna realizzata per
xconcept. 3. L'affissione ideata dall'agenzia per Olio Monini. 4. L'annuncio firmato per il Berlucchi Rosé '61. 5.
Un'immagine della campagna creata per l'Ordine degli Psicologi.
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Fabrizio Piscopo Rai Pubblicità uguale Rai
L'equazione è immediata, e rappresenta la grande sinergia tra l'emittente e la sua concessionaria
pubblicitaria. Il nome è solo la punta dell'iceberg del cambiamento che ha portato da Sipra a Rai Pubblicità , e
che è coinciso con l'arrivo del nuovo Amministratore Delegato Fabrizio Piscopo.
Maurizio Ermisino
di Maurizio Ermisino 77 '' Si dice spesso che i numeri non raccontino tutto. Ma a volte dicono tantissimo. Per
spiegare com'è cambiata la concessionaria pubblicitaria della Rai, che da Sipra è diventata Rai Pubblicità,
basta citare un dato. Meno di due anni fa i clienti della Rai erano poco più di 400. Oggi sono 621. È un dato
che ci permette di capire come la potenzialità della tv di Stato fosse molto alta, e di come la nuova
concessionaria l'abbia saputa sfruttare al massimo. C'è un altro dato significativo: l'applicazione Rai.tv, che
permette agli spot tv di interagire con i nostri device mobili, è stata scaricata da sei milioni di persone. In
queste cifre non c'è solo un grande successo, ma la voglia di sperimentare nuovi formati. Ne abbiamo parlato
con Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato di Rai Pubblicità. MK: Quali sono state le sue esperienze
prima di Rai Pubblicità? Fabrizio Piscopo: Parto come giornalista della Mursia Editore. Poi sono andato in
Media Center, una piccola concessionaria di pubblicità, insieme a Silvio Mursia, poi in Publicitas. Ho lavorato
alla Mondadori dal 1982 al 1984, alla Manzoni dal 1984 al 1987 e alla grande Manzoni dal 1987 al 1993. Dal
1994 al 1997 sono stato alla Rusconi, dal 1997 al 2001 alla Class Editori, dove ho fatto lo startup della
concessionaria. Nel 2001 ho lavorato in CIA Mediaedge, nel 2002 sono ritornato in Class per un anno, e nel
2003 sono andato a fondare Sky Pubblicità. Nel novembre 2012 sono andato alla Sipra, che abbiamo
cambiato facendola diventare Rai Pubblicità. MK: Quali sono le sue passioni? Fabrizio Piscopo: L'analisi
tecnica di borsa è una passione intellettuale che influenza anche il lavoro: dietro alla finanza c'è un mondo
metafisico... E poi i viaggi sono da sempre la mia passione: appena posso prendo un aereo e vado, anche da
solo. MK: In un'ideale lettera di presentazione cosa scriverebbe? Fabrizio Piscopo: Creatività, passione e
pragmatismo sono le mie caratteristiche. MK: Cosa è cambiato quando è nata Rai Pubblicità e ha preso il
posto di Sipra? Fabrizio Piscopo: Ho lasciato Sky con grande rimpianto, perché era ed è una bellissima
società. È stato il mio capolavoro, una società bella perché presa dall'inizio: è molto più facile fare una startup
che non una ristrutturazione. In Rai c'era un enorme potenziale inespresso: è una società che ha 40 punti di
share televisivi, oltre alla radio, al web, al cinema. Ha una varietà di mezzi impressionante, e sono tutti molto
forti. Vedevo che dall'altra parte, da competitor, non incontravamo grande resistenza quando ci scontravamo
con la Rai. La sfida è stata questa: capire se si potesse sviluppare questo enorme potenziale. Il cambio di
nome è stata un'operazione molto elementare: Rai uguale Rai Pubblicità, è più immediato. Sipra era un nome
abbastanza inusitato. Rai e Sipra inoltre lavoravano in modo un po' più separato, Rai Pubblicità e Rai sono
davvero la stessa azienda. Il nome ha avuto anche un significato simbolico di un cambio, di una nuova
grande sinergia tra editore e concessionaria. Sipra era una società piuttosto vecchia come mentalità, struttura
e impostazione: era più abituata a raccogliere la pubblicità che ad andarla a prendere dagli inserzionisti. I
clienti erano poco più di 400: oggi siamo già a 621. I livelli erano troppo stratificati, e questa cosa
danneggiava la dinamicità; non innovava, e le iniziative speciali erano sempre le stesse; vendeva per fasce
orarie invece che in verticale, e non faceva sinergia su tutti i mezzi del gruppo. Non venivano valorizzate le tv
specializzate. Abbiamo lavorato su queste aree e abbiamo trasformato la concessionaria in una società in
grado di competere. Quest'anno finiremo intorno al pari in un anno in cui il mercato perde ancora più del 45%. MK: Come sta andando l'idea del Second Screen, che permette l'integrazione tra gli spot in tv e i device
mobili? Fabrizio Piscopo: Funziona un po' come Shazam, con un riconoscitore di suoni. L'ultimo spot del
break emette un suono - inudibile per l'orecchio umano - che colpisce tutti i device che lo spettatore ha a
disposizione - tablet, smartphone e così via - e basta avere l'applicazione Rai.tv per interagire, grazie allo
schermo del device mobile, con lo spot. Facciamo un esempio: passa in tv lo spot di un'automobile e sullo
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schermo del telefono si apre il sito della casa automobilistica che ci invita a fare una prova, un test drive, o ci
indica un concessionario che applica una particolare promozione. L'applicazione è stata scaricata finora da
sei milioni di persone. E abbiamo cinque clienti che hanno scelto di investire in questo prodotto e che hanno
avuto ottimi risultati: vengono dal settore immobiliare, da quello farmaceutico, dall'energia, dal food e
dall'arredamento. MK: E quali sono i risultati del Proxee, l'hardware che invia messaggi nelle sale del
cinema? Fabrizio Piscopo: Il Proxee funziona più o meno nello stesso modo, con la differenza 3 che il
segnale non arriva dallo spot televisivo ma da una macchinetta, che si chiama Beacon, e che emette un
ultrasuono. Una vetrofania all'ingresso dei cinema ci avvisa di scaricare l'applicazione Proxee per partecipare
al sorteggio per vincere biglietti, o ad altre promozioni. All'interno del cinema il suono colpisce il device che ci
avvisa se abbiamo vinto o meno, e che la promozione è stato offerta da un brand, con un roll con la
campagna del brand. È una forma molto innovativa e divertente per colpire il fruitore dovunque si trovi. La hall
di un cinema è l'ambiente ideale perché il Beacon funzioni: quando uno è in coda controlla costantemente il
telefonino. L'applicazione è stata scaricata da 3mila persone, e gli investitori vengono dal settore delle
banche e delle auto. MK: Che bilancio si può fare dell'operazione Carosello Reloaded, e come stanno
rispondendo gli investitori all'iniziativa? Fabrizio Piscopo: A gennaio scade il contratto per la miniserie
francese che abbiamo acquistato e stiamo studiando con AIR, la nostra agenzia interna, un format nuovo,
molto carino. Cambieremo format in modo che Carosello Reloaded sia sempre nuovo e sempre fresco. In
quella fascia oraria ci sarà sempre, perché è una fascia importante. MK: Tra le vostre tv tematiche, qual è
quella che ha dato i risultati più sorprendenti in termini di raccolta pubblicitaria legata a un target? Fabrizio
Piscopo: È Rai Yo Yo, che sta facendo + 60% di raccolta e cresce continuamente anche a livello di audience.
Ma grandi soddisfazioni ne abbiamo avute anche da Rai 5, che ha i migliori contenuti dal punto di vista
culturale di tutte le tv specializzate. Per capirci, è l'equivalente di Sky Arte. 5 MK: Come cambierà in futuro la
tv? Fabrizio Piscopo: In Italia c'è un grande sovraffollamento di tv digitali, sono circa 90 contro le 40 degli altri
Paesi europei. La prima cosa a cui assisteremo sarà una riduzione dei canali televisivi. La seconda è l'arrivo
di alcuni service provider come Netflix, Chili e Hulu, alcuni già presenti, che cambierà il sistema di fruizione e
lo sposterà sempre più verso l'on demand. Nel futuro prossimo vedo una Sky con un grande potenziale
economico, frutto della fusione delle tre Sky che permetterà di ottimizzare gli acquisti. E dovrà farlo perché
sarà insidiata dall'arrivo di questi provider di contenuti che sono molto validi. Vedo un importante
spostamento verso i content provider, visto che Chili ha quadruplicato il suo fatturato in un anno. Le
televisioni generaliste dovranno presidiare i loro target, e il presidio verrà consolidato dai contenuti: se le tv
avranno contenuti validi consolideranno i loro primati, altrimenti li perderanno. In questo periodo dell'anno le
fiction stanno avendo grandi ascolti, e questo è uno degli aspetti tipici della Rai che sta funzionando. L'altra
tendenza inarrestabile sarà la convergenza, nei prossimi 4-5 anni, di tutti i media in un unico schermo
digitale. Attenzione al mobile, perché rappresenta un'area di grande sviluppo: per la pubblicità sul mobile il
prossimo anno è prevista una crescita del 50%. Internet continuerà a valere molto: già adesso si può dire che
Google è la seconda concessionaria italiana dopo Mediaset.
AIR sta per Advertising In Rai, ma anche per 'aria': ci piace l'idea di portare aria fresca in pubblicità. Il claim è
'usciamo a prendere aria'. L'agenzia è un servizio in più per la vendita: non siamo in concorrenza con le
agenzie di pubblicità dei nostri clienti, ma diamo un servizio in più. Se un cliente ha bisogno di modificare uno
spot o di farne uno, noi ci siamo. Possiamo offrire la realizzazione dello spot, o il pacchetto chiavi in mano
dall'inizio alla fine. AIR è nata un anno e mezzo fa ed è cresciuta nel tempo, per tutti i clienti che pianificano
sulla Rai qualcosa abbiamo fatto. Oltre a lavorare sul brief del cliente siamo propositivi. Lavoriamo su un
doppio binario: o il cliente ci chiama, o siamo noi che andiamo a rompergli le scatole con idee che spesso
acquista. Tra queste ci sono le case histories migliori: come Intervallo 2.0, che è stato sposato da una
quindicina di clienti, o l'ultima versione di Carosello Reloaded.
Foto: 1-2. Il promo di Carosello Reloaded, spazio di 210 secondi andato in onda per la prima volta dal 6
maggio al 28 luglio 2013. 3-4. Second screen è un'iniziativa che permette l'integrazione tra gli spot tv e i
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della concessionaria della Rai.
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Enrico Quaroni L'importanza del fattore umano
Il giovane country manager di Rocket Fuel racconta le sue esperienze formative e professionali in un mercato
ad alto 'tasso tecnologico' e in continua evoluzione.
Barbara Tomasi
L'importanza del fattore umano '' Fondata da professionisti con una lunga esperienza nell'online adv, Rocket
Fuel impiega oltre 1000 dipendenti che lavorano in una ventina di uffici sparsi in diversi Paesi, tra cui anche in
Italia, dove nella sede milanese la filiale italiana mette a disposizione la propria offerta di programmatic
buying fondata su un algoritmo proprietario di intelligenza artificiale in grado di elaborare i Big Data in modo
efficace ed efficiente, includendo analisi e attribuzione avanzate. Alla guida della sede italiana il giovane
Country Manager Enrico Quaroni. MK: Qual è stata la sua formazione? Enrico Quaroni: Dopo il liceo, ho
frequentato l'università Bocconi dove mi sono laureato a 23 anni in economia aziendale. Subito dopo la
laurea ho deciso di intraprendere un'esperienza internazionale e con le Nazioni Unite sono andato a
Giacarta, capitale dell'Indonesia. Un'esperienza interessante ma, allo stesso tempo, difficile perché arrivai
subito dopo il terribile tsunami che aveva investito quella parte dell'Asia. Tuttavia la mia voglia di fare si è
'scontrata' con aspetti più politici e ho deciso di dedicarmi a una delle mie altre passioni, la comunicazione.
Ho fondato così una rivista free press di musica e cultura indipendente che mi ha fatto scoprire il mondo dell'
advertising ed è stato il mio trampolino di lancio nel magico mondo della pubblicità. Dopodiché ho scelto di
lavorare in una piccola concessionaria online - Smiling - dove mi occupavo soprattutto di siti verticali; sono
quindi passato a una società israeliana che proponeva una soluzione di retargeting e dopo quattro anni sono
sbarcato in Rocket Fuel, della quale sono oggi il country manager per l'Italia. MK: Quali erano le sue
aspirazioni di giovane studente? Enrico Quaroni: Il mio percorso professionale non è stato lineare, ma
piuttosto 'tortuoso'. In realtà nel mondo della pubblicità ci sono finito per caso, anche se mi ha sempre
interessato, mentre la tecnologia mi appassiona da sempre. Le esperienze fatte all'estero da giovane
laureato mi hanno fatto capire che la prospettiva dall'Italia era piuttosto limitata e che il mondo era un luogo
molto più vasto di quanto potessi percepire da casa. Anche la formazione economica mi è servita molto
perché mi ha permesso di capire che il denaro è il frutto di un processo concepito per produrre un valore e
per darmi una visione più pragmatica e meno teorica. Fuori dall'Italia non ho mai lavorato, ma ho interagito
con altre realtà professionali diverse da quelle nazionali e ho imparato differenti modi di pensare. Ad esempio
nel mercato italiano del lavoro si è portati a dare più peso all'età o ad altre 'caratteristiche' e meno al merito,
mentre in generale all'estero conta quello che effettivamente sai fare. MK: Lei è un country manager molto
giovane. Ha avuto problemi a causa della sua età? Enrico Quaroni: A 32 anni sono il più giovane country
manager all'interno di Rocket Fuel, ma posso dire di non aver mai avuto problemi per la mia età, anche se
talvolta sono stato al centro di esperienze divertenti. Amo infatti vestire in modo informale e talvolta,
nell'ambito di convegni o riunioni dove il dress code è più rigido, spesso sono i miei colleghi più grandi ad
essere scambiati per Enrico Quaroni. MK: Un capo molto giovane come sceglie i suoi collaboratori? Enrico
Quaroni: I miei collaboratori sono scelti in base al merito e non ho pregiudizi per quello che riguarda la loro
età - ci mancherebbe - e spesso imparo da colleghi che hanno più esperienza di me e spesso si dimostrano
ottimi consiglieri. Nelle aziende tecnologiche la struttura è poco verticistica e ogni elemento viene usato
senza guardare alle formalità o alle gerarchie. Io penso che un vero capo debba innanzitutto cercare il
benessere di chi lavora insieme a lui. Certo poi le decisioni e la responsabilità devono fare capo a una sola
persona. Posso comunque dire che, per funzionare, una struttura aziendale deve essere sempre basata sullo
spirito di squadra. MK: Quando è entrato in questo settore che cosa l'ha colpita di più? E, a distanza di anni,
cosa è cambiato nel modo di lavorare sia in generale che nel particolare? Enrico Quaroni: Quello che mi ha
colpito maggiormente è stata la bellissima sensazione di essere in una grande compagnia e dalla sensazione
di avere tra le mani uno strumento davvero unico e molto potente. Che cosa è cambiato? Sicuramente il
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modo di concepire il marketing, dieci anni fa era tutto più approssimativo, ora invece si misura ogni cosa.
Questo ha fatto sì che in questi anni tra i player si sia avviata una selezione naturale. Un percorso ancora in
atto che consente solo alle società più intraprendenti di rimanere sul mercato e di svilupparsi, Oserei dire che
si stanno sgretolando le vecchie strutture meno moderne a favore di quelle che hanno saputo stare al passo
con le nuove tecnologie. Operiamo in un mercato sempre più esigente e la crisi ha permesso alle società più
efficienti di continuare ad andare avanti. MK: Quali erano e quali sono ora i punti di forza di Rocket Fuel?
Enrico Quaroni: Sicuramente la possibilità di essere dotati di una vera tecnologia. È una società in continua
evoluzione con una grande 'fame' di crescita e non solo di fatturato, ma di qualità della propria offerta. Inoltre,
c'è una grandissima attenzione nella selezione delle persone che entrano nella famiglia di Rocket Fuel.
L'aspetto umano dei candidati è sempre messo in primo piano rispetto alle competenze tecniche: cosa più
unica che rara nel mondo delle tecnologie, ma che ha dimostrato essere la scelta giusta dati i risultati
stupefacenti della compagni. MK: C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare nella sua carriera? Enrico Quaroni:
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno lavorato con me e mi hanno fatto crescere nel tempo. Fondamentale è
stata l'esperienza di sales director vissuta nella società di retargeting myThings, dove i miei colleghi mi hanno
seguito e supportato nel periodo passato tra di loro. Ma soprattutto vorrei ringraziare i miei colleghi in Rocket
Fuel per aver avuto fiducia in me e per la grande passione e professionalità che mettono ogni giorno nel
lavoro che fanno, quindi vorrei di ringraziare personalmente quelli che si sono distinti quest'anno in Rocket
Fuel Italia: Andrea Pongan, Alessandro Stoppa, Massimo Brignole Genoni, Andrea Belletti, Davide
Tarabelloni e Michele Sabbatini. 1. Lo staff di Rocket Fuel. 2-3. Rocket Fuel è una piattaforma in grado di
aumentare i Roi degli investimenti pubblicitari online attraverso l'utilizzo dei Big Data e dell'intelligenza
artificiale. MK: Siamo alla fine del 2014, ci sono delle novità che hanno caratterizzato in particolare questo
anno? Enrico Quaroni: Nel 2014 Rocket Fuel ha giocato un ruolo primario nell'evangelizzazione del mercato
per quanto riguarda il programmatic buying e nella diffusione delle nozioni necessarie per poter comprendere
al meglio le potenzialità dell'advertising acquistato con l'ausilio della tecnologia. L'acquisto della piattaforma
DMP [X + 1] è stato un passo aggiuntivo per Rocket Fuel che ora offre anche una soluzione centralizzata per
gestire nel miglior modo possibile i dati interni dei clienti. . MK: Su quali valori deve basarsi il rapporto tra
aziende-clienti e partner di comunicazione alla luce del nuovo quadro economico? Enrico Quaroni: Vorrei
sottolineare innanzitutto che i principali top spender hanno creduto in noi e sono diventati nostri clienti nel
primo anno di apertura di Rocket Fuel Italia. Una scelta di cui siamo molto soddisfatti. Detto questo vorrei
precisare che il valore principale è quello di affidarsi a un partner che faccia 'veramente' il bene del cliente.
Altro valore è la capacità di sapere offrire ai clienti supporto nel tempo dando il maggior numero di
informazioni possibili sulla campagna per ottenere il massimo dalle evidenze che emergono dalla campagna
stessa. Abbiamo detto di no a clienti che ci chiedevano obiettivi che non ci sembravano plausibili e che
sapevamo di non poter raggiungere. Molti di questi clienti, nel tempo, sono tornati e hanno deciso di scendere
a miti consigli e cercare obbiettivi più 'umani'. MK: Una domanda obbligata a chi fa il suo lavoro: cosa le piace
di più in questo momento nella scena nazionale e internazionale? Enrico Quaroni: In questo momento quello
che mi piace di più è la grande vitalità che si sta registrando con le nuove soluzioni in ambito digitale e questo
lo percepisco un po' in tutta Europa, Italia compresa. L'avvento dei social non ha rivoluzionato il nostro
settore, lo ha semplicemente arricchito permettendo un'interazione continua e migliore con gli utenti. Il trend è
una maggior interazione con i propri clienti e la tecnologia consente alle aziende di ottenere una
comunicazione sempre più mirata e personalizzata. MK: Per concludere, quali le sfide più importanti che
dovrete affrontare e vincere in futuro? E quali obiettivi vi ponete per il 2015? Enrico Quaroni: Per il 2015 mi
aspetto un'ulteriore crescita nell'utilizzo delle tecnologia nella pubblicità e un'apertura maggiore da parte di
tutti gli operatori del mercato, che potranno godere di un reciproco vantaggio grazie all'utilizzo delle soluzioni
offerte da Rocket Fuel e della professionalità delle persone che lavorano presso la branch italiana della
società.
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Antonella La Carpia Onestà e trasparenza sono le mie regole
Informare e comunicare appartengono al Dna di Antonella La Carpia da prima del suo arrivo in Teads, dove è
a capo della divisione Marketing & Communications.
Babara Tomasi
Onestà e trasparenza sono le mie regole Dopo un 2014 che ha visto un global rebrand dell'azienda,
conosciuta fino a qualche mese fa come Ebuzzing e diventata ora Teads, il direttore Marketing &
Communications Antonella La Carpia racconta la sua carriera professionale, partita dalle aule de l'università
romana La Sapienza, e le sfide del nuovo anno. MK: Teads.it è un'azienda con molte sedi sparse nel mondo
e con un'offerta molto articolata nel settore del video adv. Come è arrivata in questa società, per scelta o
semplice 'casualità'? Antonella La Carpia: In ambito business non è mai possibile parlare di casualità. Le
nostre recenti scelte di prodotto, derivano sempre e solo da un'attenta e costante analisi del mercato. Come
si comportano gli utenti su internet o quali sono le esigenze dei publisher e dei brand sono i parametri che ci
hanno permesso di eleborare la nostra proposta di business nell'ambito del mercato del video advertising.
Teads, inoltre, è il risultato di un percorso graduale e articolato, di un progetto in ambito adversiting online
che è partito 'in cantina' otto anni fa. Vorrei sottolineare che fino a qualche mese fa ci chiamavamo Ebuzzing.
Infatti, lo scorso 6 ottobre, in seguito a una fusione, abbiamo realizzato un importante global rebrand che oggi
ci identifica proprio con il nome di Teads. Non solo 'trucco e parrucco' però, il cambiamento ha riguardato
anche il nostro posizionamento sul mercato. Oggi per essere scalabile qualsiasi business online deve avere
di base una forte componente tecnologica. In questo modo, quella che per noi non è una 'casualità' è prima di
tutto un punto di forza rilevante. MK: Qual è stata la sua formazione? Antonella La Carpia: La mia formazione
è iniziata a Roma. Ho studiato Scienze della Comunicazione a La Sapienza, dove mi sono laureata con una
tesi sulla comunicazione di crisi. Successivamente ho frequentato un prestigioso master in relazioni pubbliche
europee che mi ha dato una formazione anche in marketing online. Ma i veri stimoli, quelli più forti, sono nati
proprio nelle affollate aule di via Salaria 113. Nel 2000 è letteralmente esploso il nuovo trend dei
'comunicatori del futuro'; dando spazio a nuovi modi di pensare e a strategie alternative di fare informazione e
comunicazione. Sono state proprio le geniali visioni di Massimo Canevacci (il mio mentore), Mario Morcellini,
Domenico De Masi, Sara Bentivegna, Nicola Dusi, Enrico Pozzi, Alberto Marinelli e molti altri che mi hanno
fatto capire come dovevo impostate il mio lavoro. MK: Quali erano le sue aspirazioni di giovane studentessa?
Antonella La Carpia: Ho sempre aspirato a fare quello che faccio, ovvero informare e comunicare. Tutto
questo, in qualche modo, fa rima con 'formare' portare la conoscenza agli altri. Adesso sto educando il
mercato del digital che significa per noi rivoluzionare il mercato della pubblicità video online. Dopo essermi
laureata mi sono occupata di promozione discografica per ben cinque anni. Ho lavorato per una piccola label
indipendente. Ai tempi non c'erano risorse economiche per sostenere una vera e propria strategia di
marketing. In tal senso il web è stata la principale risorsa per le mie attività di ufficio stampa. La mia carriera
però è iniziata con alcune collaborazioni giornalistiche, che durano tutt'oggi. Questo è stato un grande
vantaggio perché mi ha dato una visione a 360° degli ambienti di comunicazione. MK: L'essere donna ha in
qualche maniera influenzato le sue scelte o l'ha penalizzata? Antonella La Carpia: Non posso nascondere di
avere un carattere molto forte e determinato. Spesso ho un approccio al lavoro molto maschile, che è stata la
mia forza quando ho dovuto costruire la mia credibilità di fronte ai colleghi uomini. Il fatto di essere donna non
mi ha mai influenzata nelle scelte, a volte forse svantaggiato più che penalizzato. Credo comunque che in
ambito lavorativo quello che conta sia la professionalità e la capacità di confrontarsi in maniera positiva con le
esigenze degli altri: dai giornalisti ai colleghi, dai clienti ai fornitori. 'Never give up', sorridere sempre e mai
scendere a compromessi. Onestà e trasparenza sono le mie regole. MK: Quando è entrata in questo settore
che cosa l'ha colpita di più? E, a distanza di anni, cosa è cambiato nel modo di lavorare sia in generale che
nel particolare? Antonella La Carpia: Mi sono tuffata in una nuova dimensione, priva di alcun parametro di
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Key People
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riferimento. Ho spesso 'nuotato' in mare aperto senza coordinate, mi sono affidata all'istinto e ho osservato
tanto quello che accadeva fuori dall'azienda in cui lavoro. Il web è un mondo che evolve alla velocità della
luce e l'innovazione tecnologica è una promessa costante che ho sempre ritrovato nelle aziende che lavorano
in questo settore. Sicuramente quello che è cambiato è la forma mentale di chi fa comunicazione. Un piano 2
di comunicazione dopo i primi tre mesi di attività di un'azienda, che opera nel settore digital, può essere
completamente sconvolto e stravolto a causa di una nuova 'rivoluzione, evoluzione'. Bisogna avere buono
spirito di improvvisazione rock'n'roll. Il web è rock! Decisamente. Chi lavora per questo settore oggi non può
permettersi di standardizzare le sue metodologie di lavoro. Studiare, studiare, analizzare, ricercare,
sviluppare è la mia preghiera quotidiana. MK: Quali erano e quali sono ora i punti di forza di Teads.tv?
Antonella La Carpia: OutStream, Scalabilità, Tecnologia avanzata, Viewability. Questo vuol dire che - grazie a
un tecnologia proprietaria che oggi giorno è migliorata e presidiata da cento ingegneri informatici - siamo in
grado di distribuire i migliori formati di adv online in ambito video, in tutto il mondo. Decliniamo campagne
fuori dalle logiche tradizionali inStream, meglio rappresentate dal pre roll. infine abbiamo un privilegio su tutti:
garantiamo la visulizzazione completa. MK: C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare nella sua carriera?
Antonella La Carpia: Pietro Dommarco, il direttore e la prima persona che mi ha dato fiducia affidandomi il
primo articolo giornalistico. Fabrizio 'Cinico' Brocchieri, label manager di una storica etichetta discografica a
cui ho dedicato cinque anni di mio impegno. Mi ha insegnato moltissime delle cose che so in ambito di
promozione online e di organizzazione eventi. Ringrazio anche Federico Luperi, direttore innovazione di
Adnkronos, per avermi pubblicamente e affettuosamente insultato di fronte a cinque giornalisti professionisti...
Confesso che avevo scritto un pessimo articolo (ero una stagista giovane e inesperta). Lui è lo stesso che,
sei anni dopo, mi ha introdotta nel mondo milanese, quando ho deciso lasciare Roma per lavorare per
Ebuzzing, oggi Teads. Ultimo, ma non meno importante, Andrea Febbraio, grazie al quale ho capito cosa
vuol dire avere passione e credere realmente in quello che si sta facendo. Lui mi ha fatto capire la differenza
tra l'essere capo e l'essere un leader. Lui ha creduto in me dandomi ampie responsabilità e contribuendo alla
mia importante crescita professionale degli ultimi anni. La lista sarebbe infinita. Mi sento anche di ringraziare
tutti i miei colleghi attuali che ogni giorno mi portano la loro esperienza, dando valore aggiunto alla mia
carriera. MK: Siamo alla fine del 2014, ci sono delle novità hanno caratterizzato in particolare questo anno?
Antonella La Carpia: È stato un anno intenso. Ho affrontato due rebranding, uno dei quali importante e
definitivo. In Teads è in atto anche una riorganizzazione dei reparti e un ulteriore potenziamento delle
strategie. Stiamo aprendoci a mercati nuovi come i Paesi dell'Est e l'Asia. Ci sarà tanto da fare. MK: Su quali
valori deve basarsi il rapporto tra aziende-clienti e partner di comunicazione alla luce del nuovo quadro
economico? Antonella La Carpia: Trasparenza e innovazione. Bisogna garantire una chiara lettura delle
attività di advertising dal primo minuto di delivering fino all'ultimo secondo di fine campagna promozionale.
Noi lo facciamo grazie alla forza tecnologica della nostra piattaforma che ogni giorno fornisce una vasta
gamma di informazioni, dati, statistiche, e qualità delle performance delle specifiche attività di adv online. MK:
Una domanda obbligata a chi fa il suo lavoro: cosa le piace di più in questo momento nella scena media
nazionale e internazionale? Antonella La Carpia: Mi piace la presa di coscienza. Sono felice di vedere che
tutti gli operatori del settore si sono allineati nel dire che oggi bisogna fare advertising online cercando di
garantire, a chi investe in questo settore, che i contenuti pubblicitari siano realmente visualizzati dagli utenti.
Uno degli argomenti più affrontati in questo periodo è proprio quello della viewability. Noi siamo stati tra i
primi promotori di questa filosofia e cioè garantire la visualizzazione completa dei contenuti pubblicitari. MK:
Per concludere, quali le sfide più importanti che dovrete affrontare e vincere in futuro? E quali obiettivi vi
ponete per il 2015? Antonella La Carpia: Quest'anno abbiamo inaugurato una nuova piattaforma RTB (RealTime Bidding) che ci apre a strategie di programmatic video. inRead e inBoard sono i nostri fiori all'occhiello
su cui puntiamo per offrire al mercato le migliori strategie di advertising premium. Nel 2015 saremmo
doppiamente concentrati per promuovere la nostra rivoluzione che si basa sui concetti di Outstream e
Viewability. Oggi non è possibile declinare campagne pubblicitarie su internet senza prendere in
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considerazione l'esperienza dell'utente. Ecco perché abbiamo deciso di uscire fuori dalle logiche tradizionali,
ormai obsolete, e abbiamo iniziato a interrogarci su quanti video vengono realmente visualizzati in Rete e
qual è il rapporto tra brand & user experience e come creare inventory incrementali per migliorare anche
l'offerta lato publisher. Con questi presupposti continueremo a sostenere il mercato del video advertising
online.
Foto: 1. Teads è il nuovo nome di Ebuzzing. Il cambio fa parte di un più ampio global rebrand. 2. Teads è il
risultato di un percorso articolato nell'ambito di un progetto di advertising. 3. L'inRead è il formato premium su
cui l'azienda sta puntando le nuove strategie di posizionamento. 4. Questo Rebrand ha consolidato le
partnership con i principali premium publisher mondiali, garantendo scalabilità al business e pianificazione
delle campagne su tutti i dispositivi mobile.
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ADV Express
Sito Web
Con l'ingresso del sito dedicato al gossip e allo Star System, il circuito "lifestyle" della concessionaria supera i
720mila utenti unici Audiweb. Con l'entrata del network di GossipeTv.com, sito dedicato mondo della
televisione e del gossip, advEntertainment va ad arricchire il suo circuito "Lifestyle" che raggiunge così gli
oltre 720mila utenti unici certificati Audiweb. GossipeTv, che da solo totalizza oltre 300mila utenti unici (
Audiweb), nasce nel 2011 dalla passione per il mondo femminile, il web e la comunicazione. Si occupa di
tutte le news, i rumors e il gossip sul mondo dello spettacolo: vip, moda, tendenze, oltre a tutta la
programmazione televisiva dell'anno. Un target, come è facile immaginare, composto dall'85% da donne, per
la maggior parte comprese in un range di età tra i 18 e i 34 anni. La policy che contraddistingue la linea
editoriale di Gossip&Tv è basata sulla qualità e originalità dei contenuti, scritti in ottica SEO per ottenere un
buon posizionamento sui motori di ricerca. Insieme a Oltreuomo, Dailybest, Leganerd e Woonko, GossipeTv
completa la rosa dei siti dedicati al lifestyle targati advE: un network che, grazie alla diversità degli argomenti
trattati, pur accomunati dalla loro natura di intrattenimento e curiosità, riesce a coprire un target eterogeneo,
sia maschile che femminile di una fascia di età estremamente attraente per il mercato.
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GossipeTv.com entra nel network di AdvEntertainment
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ADV Express
Sito Web
Si chiama DigitasLBi Commerce division, sarà guidata da George Brandie e Jim Herbert offrirà ai clienti
"esperienze connesse di e-commerce, a 360°" attraverso l'implementazione di piattaforme, sistemi integrati,
supporto alle applicazioni e servizi di gestione. Sarà articolata in diversi hub in Nord America, UK, Francia,
Paesi Nordici, Germania e Asia Pacific. DigitasLBi, l'agenzia specializzata in marketing e tecnologia parte di
Publicis Groupe ha deciso di investire nell'e-commerce e nel mobile shopping, settori in forte crescita, con il
lancio di una nuova divisione globale chiamata DigitasLBi Commerce. La divisione, che comprende mille
specialisti in retail, sarà articolata in diversi hub in vari mercati quali Nord America, UK, Francia, Paesi
Nordici, Germania e Asia Pacific. Come spiega l'agenzia, DigitasLBi Commerce offrirà ai clienti "esperienze
connesse di e-commerce, a 360°" attraverso l'implementazione di piattaforme, sistemi integrati, supporto alle
applicazioni e servizi di gestione. Sarà guidata da George Brandie e Jim Herbert, fondatori di Sceneric,
specializzato in ecommerce multicanale, acquisito da DigitasLBi nel 2012. Del team farà parte a breve anche
Jon Russell, global head of managed services and application support. DigitasLBi international chief
executive Ewen Sturgeon (nella foto), ha dichiarato: "DigitasLBi Commerce avrà un'offerta di nuova
generazione che combina le credential creative di DigitasLBi e gli skill nell'implementazione di piattaforme di
Sceneric, creando percorsi di e-commerce connessi e su misura per i consumatori e generando business
value per i brand a livello globale". EC
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DigitasLBi si apre all' E-Commerce con una nuova divisione globale
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ADV Express
Sito Web
In occasione dell'apertura del temporary shop Kleenex presso la Stazione Centrale di Milano (in
contemporanea con l'opening alla Stazione Porta Nuova a Torino), Francesco Paolo Ruffo, Senior Brand
Manager, ha raccontato ad ADVexpress le strategie del marchio di fazzoletti di Kimberly Clark. Quest'anno
focus sulla campagna ' 'Gesture of Care since 1924' declinata su digital e social (#sharethecare), stampa,
punto vendita, attivazioni outdoor e guerriglia. All'activation online verrà integrata quella offline, negli store, e
con il shop e-commerce (kimberlyclarkshop.it). Kleenex continua le celebrazioni legate ai 90 anni del brand e
al lancio dei nuovi pack di design e dedica un nuovo 'gesture of care' ai propri consumatori, che progranno
vivere un'esperienza interattiva all'interno dei due temporary store aperti dal 14 gennaio al 14 febbraio nella
Stazione Centrale di Milano e dal 14 febbraio per un mese nella Stazione Porta Nuova di Torino. La novità
sta nel contenuto che propone: un'esperienza social ed emozionante che rende i consumatori protagonisti
consentendo di relazionarsi con il brand in modo unico e soggettivo. All'interno degli store, infatti, sarà
possibile provare la PhotoBooth, una nuova applicazione digitale fresca e accattivante che offre agli user
l'opportunità di scattarsi una foto animata e condividerla in diretta su Facebook, Instagram e Twitter, ma
anche di vederla proiettata in tempo reale all'esterno del temporary store grazie a un Video-wall. La foto
inoltre sarà arricchita da una grafica personalizzata a tema, che associa la personalità degli utenti al nuovo
design del brand. Tutti coloro che scatteranno un kleek con Kleenex econdivideranno la foto con l'hashtag
#sharethecare vinceranno subito una card Snapfish del valore di 7 euro per stampare 50 foto e riceverle
direttamente a casa. Inoltre, tra tutte le gif postate dagli utenti, quella più votata sulla timeline Facebook di
Kleenex vincerà un premio finale. Francesco Paolo Ruffo (nella foto), Senior Brand Manager di Kleenex,
intervistato in occasione dell'inaugurazione milanese dello store, ha spiegato che i due opening sono una
delle numerose attività in programma quest'anno per il brand di Kimberly Clark. Tra queste una campagna
pubblicitaria basata sul concetto di "caring". "Dal 1924 anni Kleenex infatti si prende cura dei propri
consumatori e rappresenta un gesto di cura per se e per le persone che ci stanno a cuore e che sono intorno
a noi. Per questo il claim della nostra campagna è "Kleenex, Gesture of Care since 1924" ed è per questo
che proprio nel corso del 2014 e parte del 2015 vogliamo celebrare i 90 anni di Kleenex insieme ai milioni di
consumatori che ogni giorno ci scelgono" spiega Ruffo. "La campagna coinvolge il brand Kleenex e tutte le
sue varianti di prodotto, a parte la tv, coinvolge tutti i media e le modalità più efficaci per raggiungere e
coinvolgere il nostro target: social channel (FB, Instagram, Twitter, Youtube), stampa, punto vendita,
attivazioni outdoor e guerriglia marketing". La creatività è di Ideal Comunicazione, il digital è a cura di Nurun.
Proprio il digital ha un peso importante nelle strategie di comunicazione del marchio e rappresenta un terzo
degli investimenti complessivi in adv. " Il digital sarà protagonista della campagna "Kleenex, Gesture of Care
since 1924" grazie alla sua declinazione digital #sharethecare" sottolinea Ruffo. "La rete è il territorio elettivo
di Kleenex per massimizzare la potenza della sua vocazione alla condivisione del brand. Quindi sfrutteremo
tutti i social channels (FB, Instagram, Twitter, Youtube) e il sito kleenex.it per consentire ai nostri utenti di
condividere un gesto di cura. Quante volte ci è capitato di offrire un fazzoletto o una velina Kleenex a
qualcuno a noi caro o semplicemente un passante? Ecco questo è il massimo emblema del gesture of care e
la campagna #sharethecare permetterà a tutti i followers del marchio e a quelli che lo diventeranno di
condividere un gesto di cura in versione digital". Inoltre verrà integrata l'activation online con quella offline,
negli store, e con il shop e-commerce (kimberlyclarkshop.it) puntando a una forte brand awarness ma con
call to action mirate al punto vendita e allo shop. Infine, in occasione dei 90 anni, il marchio ha deciso di
festeggiare attuando anche un'importante azione di restyling dei pack di quelli che vengono considerati "i
fazzoletti di tutti" dal 1924. Riguardo poi al business, la categoria fazzoletti rappresenta il terzo business per
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Kleenex compie 90 anni e comunica 'un gesto di cura' su digital (vale 1/3
del budget), social, stampa e con guerrilla. Con Ideal Com. Nurun
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ADV Express
Sito Web
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Kimberly Clark Italia in termini di fatturato e il secondo in termini di profitto (dati interni 2014). EC
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Engage.it
Sito Web
Alibaba potenzia il marketing online con l'acquisizione di una quota in
AdChina
Sarà sviluppata una nuova piattaforma digitale per servizi di marketing alle imprese, ai clienti del settore dei
media online e ai fornitori di servizi per conto terzi
Alibaba Group Holding, colosso cinese operante nel campo dell'e-commerce, punta sempre di più sul
marketing online. La sigla, infatti, ha acquisito una partecipazione di controllo in AdChina, società cinese
specializzata nel settore. Non sono stati resi noti i dettagli dell'investimento effettuato. L'operazione è
orientata a migliorare gli sforzi pubblicitari online e mobile del Gruppo.L'accordo è il primo stretto da Alibaba
dopo le numerose acquisizioni dello scorso anno, pari a 6,2 miliardi dollari, e l'IPO da record da 25 miliardi
dollari.AdChina lavorerà con Alimama, la piattaforma tecnologica di Alibaba, per sviluppare una nuova
piattaforma digitale per servizi di marketing alle imprese, ai clienti del settore dei media online e ai fornitori di
servizi per conto terzi.Secondo le stime di iResearch, la pubblicità rappresenta oltre la metà dei ricavi di
Alibaba.
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Tecnologia
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
76 articoli
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«La guerra è dentro l'Islam»
Marco Garzonio
«Non è in atto uno scontro di civiltà. Questa è innanzitutto una guerra interna all'Islam», dice al Corriere
padre Pierbattista Pizzaballa, il francescano da 11 anni Custode di Terra Santa. a pagina 21
«Gli atti di terrorismo che insanguinano il Medio Oriente e l'Europa non sono frutto di uno scontro di civiltà.
Questa è innanzitutto una guerra interna all'Islam. È inoltre la risposta sbagliata e drammatica di una parte
dell'Islam alla modernità, ai problemi economici, morali, culturali che lo sviluppo pone. Nel mondo musulmano
questa riflessione non è ancora stata fatta». Parla padre Pierbattista Pizzaballa, 50 anni ad aprile, il
francescano Custode di Terra Santa da undici, cioè l'erede della capacità di incontro instaurata dal Santo di
Assisi con il Saladino: l'altra faccia rispetto alle Crociate.
Netanyahu e Abu Mazen in prima fila nella marcia di Parigi. Una circostanza dettata da un evento particolare
o l'indizio di un cambiamento nei rapporti tra Israele e i Palestinesi?
«Non mi sembra che spirino venti di cambiamento. La forza degli eventi li ha obbligati ad essere a Parigi. Ma
le relazioni tra Israele e palestinesi non sono cambiate, purtroppo. Le elezioni che ci saranno tra un paio di
mesi impongono un'attesa. Si capirà dopo».
Hamas ha condannato gli attacchi terroristici in Francia: una presa di distanza dopo il plauso all'assassinio di
4 rabbini in sinagoga?
«È una presa di posizione curiosa. Solo il tempo dirà se è mutata la strategia o se è stato un episodio. Resto
un po' freddo. Spesso in Medio Oriente ci sono due facce: una politica interna e la necessità di guadagnarsi
credito internazionale».
Gli attacchi di Parigi cambieranno il modo di pensare occidentale verso i conflitti che insanguinano il Medio
Oriente?
«Non sono i primi attacchi terroristici di matrice islamica in Europa. Si pensi a Madrid, a Londra, nella stessa
Francia. La novità è l'impatto sull'opinione pubblica. Si stanno determinando le condizioni perché l'Europa
compia un'opera di chiarimento su alcune parole lasciate nell'ambiguità. La parola integrazione. Cosa
significa? Ci sono valori al centro della convivenza. I diritti fondamentali della persona: libertà di coscienza,
uguaglianza uomo-donna, dignità e ruolo della donna, libertà di cultura, di espressione, legislazione sul
lavoro, distinzione tra politica e religione e così via. Chi viene in Europa non può metterli in discussione.
L'Europa deve chiarire la propria identità, sapendo che per poter integrare devi definire con chiarezza i punti
fermi irrinunciabili».
Diceva Martini che ci sarà pace nel mondo quando ci sarà pace a Gerusalemme. Solo un paradosso?
«Gerusalemme ha un valore simbolico altissimo e, insieme, una rete di relazioni e interdipendenze molto
strette col mondo. Le tensioni qui sono espressione di quelle mondiali. E viceversa. Se qui si dialoga si può
riverberare sul pianeta una capacità di incontro».
Nella mobilitazione di Parigi c'è solo l'Europa dei Lumi che difende la libertà di manifestare le proprie idee, o
anche l'Europa che si ispira al solidarismo cristiano dei grandi leader nel dopoguerra?
«L'Europa di oggi è diversa dai momenti che l'han vista nascere. Non so quanto il solidarismo di ispirazione
cristiana animi oggi il Vecchio Continente. Basta guardare a come si è affrontato il tema dell'immigrazione, i
salvataggi in mare e le politiche collegate. Certo, ciò che è accaduto a Parigi ha mosso nuove dinamiche, a
partire dalla necessità di coordinarsi per rispondere al terrorismo».
Quindi si è messo in moto solo un meccanismo che garantisca l'ordine pubblico?
«Questa è una parte. C'è un'Europa che non fa notizia e lavora per l'integrazione, una rete di movimenti,
volontari, iniziative. Guardiamo a tale Europa, che conta più di quanto non si creda».
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INTERVISTA LE IDEE il custode di terra santa
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Lei è a contatto con i cristiani di tutte le confessioni in Israele, Egitto, Siria, Giordania, Iraq, Libano. Che
situazioni incontra?
«Sono Paesi diversissimi tra loro. Israele non è come la Siria e l'Iraq. L'Egitto, oggi più tranquillo, offre aspetti
e dinamiche interessanti e vivaci. Penso all'importante discorso del presidente Sisi dell'università Al Azhar. In
generale vedo una debolezza istituzionale diffusa. Certo, incontro situazioni umane drammatiche, ma scopro
anche tanta solidarietà, oltre a un'umanità negativa. Sono stato ad Aleppo. È una città da due anni sotto
assedio. C'è rimasto chi non sa dove andare. Non c'è acqua e la concessione di un po' di elettricità dipende
dai ribelli. Eppure, imam e parroco si aiutano. I gesuiti distribuiscono 10 mila pasti al giorno e giovani
volontari, cristiani e musulmani, li portano a chi ha bisogno. Ci sono tante realtà di cui i media non parlano.
Sono il contraltare al fanatismo e alle decapitazioni».
Molti cristiani affermano che stavano meglio sotto Saddam e Mubarak, che godevano di maggior libertà e
protezione: ha fondamento tale giudizio?
«Si trattava di regimi dittatoriali, che non sarò io certo a difendere. Ma ad essi sono subentrate dittature
peggiori, a cominciare dal fondamentalismo».
Che cosa dell'Isis attrae i giovani europei?
«Non so spiegarmi come il fanatismo possa attrarre. Molti parlano di giovani disperati che vengono dalle
periferie dove non c'è nulla. Ma poi vedi che accorrono anche persone istruite e ti chiedi se non vi sia un
problema di formazione, l'incapacità di abituare fin dalla scuola i giovani a pensare, confrontarsi,
problematizzare. L'Europa e soprattutto il Medio Oriente devono affrontare il tema dell'educazione».
In Medio Oriente, tra la gente, non si avvertono reazioni di tipo umano a torture ed esecuzioni?
«Sì, una reazione c'è, ma negli incontri personali. Mi aspettavo più fermezza da parte dei media in Medio
Oriente. Forse qualcosa si muove. Penso alla reazione agli attentati di Parigi e al mondo che li esprime da
parte di Al Azhar, l'università religiosa del Cairo, riferimento importante per l'Islam».
Il Papa è stato il primo ad evocare l'immagine di «terza guerra mondiale». Quali elementi hanno suggerito al
Pontefice quell'intuizione?
«Il Papa ha uno sguardo d'assieme sulla realtà mondiale che pochi altri possono avere. Ha colto il
cambiamento epocale e, in esso, la violenza che lo abita come nocciolo. Il fanatismo, il dire io sono nel
giusto; o diventi come noi, o devi sparire. Poi, a seconda delle situazioni, si avrà in Medio Oriente l'Isis e in
Africa Boko Haram. È un ritorno al punto più buio di secoli passati».
Il Papa ha invitato alla preghiera comune in Vaticano ebrei, cristiani, musulmani. Dicono che lei sia stato
regista. Possono fare qualcosa per la pace le tre religioni del Libro?
«Possono fare tantissimo. Ma parliamo di religiosi, non di religioni, parola astratta. I religiosi all'interno dei loro
mondi devono aver chiaro il ruolo dell'esperienza religiosa, le relazioni con Dio e tra questi e l'uomo e tra gli
uomini, evitando assolutizzazioni che portano ai fanatismi. In questo contesto è soprattutto l'Islam che ha un
grosso lavoro da fare in proposito. L'immagine di religiosi che dialogano tra loro è essenziale oggi. Non
possiamo restare solo con l'immagine che ci trasmettono i fondamentalismi».
L'Europa deve ora a fare i conti con la deriva antisemita. La comunità ebraica francese si è dimezzata, le
comunità cristiane del Medio Oriente emigrano. In alcuni Paesi d'Europa i musulmani raggiungono la metà
della popolazione. Che cosa sta accadendo?
«Occorre guardare al mondo in trasformazione e a questi spostamenti senza spaventarsi. Finisce un'epoca,
non il mondo. Le discriminazioni contro le minoranze sono la cartina di tornasole della nostra cecità e delle
nostre paure. Credevamo che l'antisemitismo fosse finito dopo le efferatezze del nazismo e abbiamo allentato
l'attenzione. Purtroppo c'è ancora il pregiudizio antiebraico e va combattuto. Bisogna distinguere aspetto
politico e religioso. Si può non condividere la politica dello Stato di Israele, ma tale valutazione non può
assumere connotazioni antiebraiche o diventare il pretesto per alimentare forme di antisemitismo».
C'è un Islam moderato o parlarne esorcizza la paura?
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«Islam moderato è un'espressione molto europea. Risponde ai nostri bisogni di semplificazione. Dobbiamo
imparare a conoscere meglio l'Islam, che è una realtà molto complessa. In quella galassia non tutto è
fanatismo, non tutto è Isis: per carità. Certo, ci vuole un grande sforzo da parte dell'Occidente».
Cosa non ha capito l'Occidente delle Primavere Arabe?
«L'Occidente non ha compreso molto la complessità del Medio Oriente. Prima l'ha visto sotto il profilo
dell'occupazione coloniale. Poi per soddisfare i propri bisogni economici ed energetici. Risultato? In Iraq e
Libia si son fatti errori. Si volevano fermare dei dittatori, con i quali s'erano avuti rapporti di convenienza? Ci
poteva stare, ma le iniziative si prendono se si ha in mente cosa può accadere. Le primavere arabe hanno
espresso un cambiamento, ma quando s'è trattato di definire il dopo movimenti spontanei sono stati
sequestrati dai fanatismi. I cambiamenti non sono finiti, ci aspetta un periodo di trasformazioni. Per esempio
l'Isis non proseguirà nel tempo. Dobbiamo sapere che non si può puntare alla situazione precedente, che non
ci saranno un Iraq o una Siria stati nazionali come in passato».
Il leader della Lega afferma che milioni di musulmani son pronti a ucciderci e fa breccia in molte periferie...
«Non dobbiamo rispondere a chiusure con altre chiusure. Il fanatismo si ferma con la prevenzione,
combattendo l'ignoranza. I fanatici ci vogliono contro per giustificare i loro attacchi».
Padre Pizzaballa, lei è ottimista?
«Nel breve no. Sul lungo periodo sì. C'è una guerra in corso, ma le guerre finiscono. E allora c'è solo da
ricostruire. Oggi magari non si intravvede una soluzione politica, ma non è finita la missione del Cristianesimo
in Medio Oriente. Molto è distrutto, il seme è rimasto. Quello di Gesù, figlio dell'uomo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Profilo Frate
Padre Pierbattista Pizzaballa (foto), teologo e biblista francescano,
è nato 49 anni fa a a Cologno al Serio, nella Bergamasca,
la terra di papa Giovanni Terzo mandato
È stato nominato custode di Terra Santa nel 2004, e riconfermato nel 2010 e poi ancora nel 2013 Nella Città
Santa
È arrivato a Gerusalemme 25 anni fa: un osservatorio privilegiato sul Medio Oriente e sulle vicende mondiali
che rimandano
ai conflitti regionali Regista
del dialogo
È stato il regista della preghiera comune per la pace in Medio Oriente tra ebrei, cristiani e musulmani voluta
dal Papa di ritorno dal viaggio in Terra Santa
L'incontro
Durante la quinta crociata, nel 1219, San Francesco incontrò vicino a Damietta, in Egitto, il Sultano, il capo
dell'esercito musulmano, avversario dei crociati nella lotta per i luoghi santi.
Il frate di Assisi, fautore del dialogo con il nemico e sbeffeggiato per questo dai crociati, fu invece ben accolto
dal Sultano.
Alla partenza, il capo dei saraceni lo colmò di doni, tra i quali il corno di avorio e argento conservato nella
Basilica del Santo ad Assisi. Si narra che tra i due nacque una lunga
e profonda amicizia.
Foto: Città santa Uno scorcio di Gerusalemme, città sacra per le tre religioni monoteistiche (Ap)
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«Quando nel 2013 mi disse: sai che non sto bene?»
Marzio Breda
I nove anni di presidenza? «Certo che ne è valsa la pena, c'era in gioco l'interesse nazionale e per lui
contava più di tutto». Così racconta al Corriere Arrigo Levi, giornalista, saggista e consigliere del Quirinale.
Spiega il senso dello Stato di Giorgio Napolitano. E poi: «Nell'aprile 2013 mi presentai per sentire che cosa
pensava delle molte pressioni affinché restasse al suo posto. Mi disse: ma non sai che non sto bene?». a
pagina 6
Giorgio Napolitano ha chiuso il secondo mandato in una condizione paradossale e amara. Dopo aver
accettato una rielezione che gli era stata chiesta da un largo fronte di partiti e che fu consacrata dagli
applausi dell'intero Parlamento, è stato quasi di continuo sotto attacco. Politicamente e mediaticamente.
Considerando a posteriori quella sua scelta, ne è valsa la pena?
«Certo che ne è valsa la pena, perché c'era in gioco l'interesse nazionale. Cioè qualcosa che per lui contava
più di qualsiasi prezzo ci fosse da pagare». Così dice Arrigo Levi, inviato e corrispondente nelle capitali di
mezzo mondo, saggista e infine consigliere del Quirinale nelle stagioni di Ciampi e Napolitano, essendo
amico di entrambi. Abituato a cogliere anche da piccoli dettagli la verità di un uomo, racconta un episodio
illuminante per capire in quale chiave il senso dello Stato sia da applicare all'azione di questo presidente
ormai vicinissimo al congedo.
«Era un giorno di metà aprile del 2013 e mi presentai nel suo studio per sentire che cosa pensava delle tante
pressioni, dei partiti ma non solo, affinché restasse al suo posto. Se insistono, come fai a dire di no?, gli
domandai. E lui, di solito molto misurato, quel giorno ebbe uno sfogo. Buttò sul tavolo un plico di referti
medici, e mi disse: ma allora non hai capito? Non sai che non sto bene? Che ho altro cui pensare? Ecco
perché sono indisponibile».
Poi però cambiò opinione.
«Sì, passate ventiquattr'ore si sentì obbligato a cedere. Sciolse la riserva e fu rieletto. Da allora sembrò
dimenticare tutto. Si rimise al lavoro e non ho mai più udito dalla sua bocca neppure un cenno alla
stanchezza o alle preoccupazioni personali. Né tantomeno alle polemiche venute dopo. Sono persone, lui
come Ciampi, di una stoffa particolare. Appartengono alla generazione che viene dall'antifascismo e che si
identifica in una concezione del dovere molto forte. Se si fosse sottratto a quella chiamata nel nome della
Patria - e so di usare un'espressione fuorimoda e spesso carica di valenze retoriche - Napolitano avrebbe
vissuto il proprio ritiro come una diserzione. Insomma, era indispensabile che rimanesse al suo posto per la
salute della Repubblica. Per fortuna, con grande sacrificio, ha onorato l'impegno».
Resta curioso che, nel Paese in cui trionfa l'epos giovanilistico e il premier Renzi cita di continuo il mito di
Telemaco, ci si sia affidati a una persona che viaggiava già verso i novant'anni. Quale significato simbolico si
può ricavarne?
«Mi mette un po' a disagio una questione del genere, dato che sono quasi coetaneo di Napolitano», dice
Levi, con una punta di civetteria. «Credo che nei momenti di svolta si riconosca il valore dell'esperienza e
della continuità. Non dimentichiamolo: un anno e mezzo fa l'Italia era paralizzata da una crisi politica senza
precedenti, una crisi di sistema. Era logico, dato che stavamo attraversando tempi eccezionali, ricorrere a
qualcuno che avesse vissuto una lunga parabola dentro le istituzioni, anche se il suo vecchio percorso
politico era lontano da quello di molti».
Inutile ricordarle che le radici di Napolitano nel Pci sono state il pretesto di intermittenti recriminazioni del
centrodestra. Mentre dalla sinistra più estrema gli si imputava un'eccessiva arrendevolezza verso Berlusconi,
con l'accusa di averlo salvato quando i suoi governi vacillavano.
«È trascorso molto tempo da quando il Pci era un problema in Italia e non lo è più da almeno vent'anni. In
ogni caso Napolitano non è mai stato condizionato da quel passato, a lui interessava la stabilità del Paese.
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INTERVISTA arrigo levi
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Perciò, evocare Berlusconi in un bilancio della sua doppia presidenza, significa parlare di cose
completamente irrilevanti. Berlusconi ha rappresentato un fenomeno politico interessante e originale, da
studiare perché ha coinvolto molti italiani, magari ossessionandoli per un verso o per l'altro. Ma credo di poter
dire che, per gente come Napolitano e Ciampi, l'ex Cavaliere non sia mai stato un'ossessione. Semmai,
verrebbe da dire, un incidente nella storia della Repubblica».
E lo stesso vale per Grillo e per altri protagonisti dell'antipolitica?
«Mi sembra che valgano gli stessi dubbi, che pongo senza arroganza. Quanto sono significative queste
figure, che hanno magari una presa sull'opinione pubblica, nella vicenda nazionale? Sono dei patrioti? Quale
impronta possono lasciare nell'identità di un Paese e nelle sue istituzioni? Davvero si può ritenere che la
Storia si esprima attraverso di loro? Non siamo forse troppo schiacciati sul presente e troppo pronti a
inventarci un mito, o un incubo, al giorno?».
Ragionamenti che Arrigo Levi estende alle critiche rivolte a Napolitano per la sfida con certi settori della
magistratura. Le liquida con un'alzata di spalle: «Non credo, assolutamente, che un uomo come lui abbia
fatto nulla che deragliasse dai principi repubblicani, che si sia mosso fuori da una piena consapevolezza dei
suoi doveri. Lo dimostra la tranquillità - in quel caso ben più che un dono di carattere - con cui ha affrontato
quella prova di forza». Che è stata «dura», e il consigliere Levi lo ammette, «ma che non va sovrastimata».
Per lui bisognerebbe dunque relativizzare e contestualizzare criticamente quegli snodi sui quali la politica si è
dilaniata. Quando Napolitano inventò il governo «tecnico» di Mario Monti e poi tenne a battesimo le «larghe
intese» di Enrico Letta e, per ultimo, l'esecutivo «di scopo» (e lo scopo erano le riforme) di Matteo Renzi. Tre
esempi in cui si è contestato al presidente di essere andato oltre i suoi poteri costituzionali. Polemiche
malposte pure queste, per Levi. Che le respinge perché maturate «nella mente di chi ha una memoria
breve». Basta riandare indietro nel tempo, spiega, per trovare «molti precedenti» di capi dello Stato che, nei
periodi di crisi, «hanno colmato i vuoti della politica con scelte penetranti e incisive». In definitiva: «Era, ed è,
loro compito prendere certe decisioni, senza curarsi di ciò che vorrebbero le maggioranze o le opposizioni,
ma avendo come unica bussola un'idea di patriottismo repubblicano».
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I messaggi François Hollande
«Mi sia consentito unire la voce della Francia all'omaggio unanime. Sei un amico. E la Francia è orgogliosa di
avere un amico come te» Angela Merkel
«Un presidente di grande significato per l'Italia, a cui il Paese deve molto. Un interlocutore tenuto in
considerazione dal popolo tedesco» Jean-Claude Juncker
«Il mio caro amico è un'àncora di stabilità, presenza solida e rassicurante, e grande europeo. Ha superato
ogni tempesta con equilibrio»
Chi è Arrigo Levi, 88 anni, direttore de La Stampa dal 1973 al 1978, editorialista del Corriere , è stato
consigliere per le relazioni esterne del Quirinale con Ciampi e Napolitano
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Quel pozzo senza fondo degli sperperi nei Comuni
Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
«Varie, eventuali e
generiche». Manca
solo questa dicitura, nelle
voci dei bilanci dei Comuni italiani. Per il resto c'è tutto. Con legende così fumose
che ti chiedi: cosa diavolo c'è sotto? Esempio: «Rimborso anticipazioni di cassa».
Cioè? Boh... Quattro miliardi
e mezzo di euro. Come l'Imu sulla prima casa. Lo rivela
un nuovo sito da oggi online. Dove i cittadini possono,
finalmente, confrontare
quanto spendono per le stesse cose, dal materiale di
cancelleria alle piante da
vivaio, gli oltre ottomila
municipi italiani. Alleluia! Purché questo lavoro
straordinario venga aggiustato con l'obbligo, su troppe voci,
di uscire dall'indefinito. continua alle pagine 32 e 33
È un pozzo senza fondo di informazioni fondamentali, numeri assurdi e curiosità, il sito soldipubblici.mgpf.it .
Navighi un po' e ti poni domande bizzarre: con chi sono in guerra a Micigliano, in provincia di Rieti, per
spendere in «liti e patrocinio legale» 356 euro pro capite contro il miserabile centesimo (un cent!) del comune
di Pisa o gli zero (zero carbonella) centesimi di altre migliaia di municipi?
Oppure: quali animali si sono comprati a Barengo, in provincia di Novara, per spendere 26 euro abbondanti a
testa contro i 2 centesimi di Nocera Inferiore? E cos'è questo «global service» che ha fatto scucire al Comune
di Spoleto quasi 217 euro per ogni cittadino se a Pavia non hanno tirato fuori una sola monetina?
Il pasticcio dei codici fiscali
In realtà, molti dati vanno presi con le pinze. È ovvio, ad esempio, che il Comune di Longarone non spende
un milione e mezzo di soldi pubblici per ogni cittadino: il guaio è che la banca dati originaria, il Siope (Sistema
Informativo Operazioni Enti Pubblici) di Bankitalia, non è stato ancora aggiornato di recenti ritocchi. Vedi
appunto Longarone, che dopo la fusione con Castellavazzo risulta avere 6 abitanti invece di 5.433. Peggio, la
nuova realtà comunale conserva il nome di prima ma con due codici Istat, due codici fiscali... E pasticci simili
sono segnalati per altri sei Comuni: Montoro, Fabbriche di Vergemoli, Scarperia, San Piero, Tremezzina e Val
Brembilla.
Un peccato, certo. Ma secondario rispetto alla massa enorme di numeri che consentono per la prima volta
agli abitanti di Portofino o Bergolo, Marsala o Luserna, come dicevamo, di fare dei paragoni. E capire se il
loro municipio, rispetto per esempio ai Comuni vicini, è amministrato bene o male. Per poterne poi chiedere
conto. Una trasparenza che, rimossi i piccoli errori iniziali grazie alle inevitabili precisazioni di questo o quel
municipio, dovrebbe consentire poi un maggiore controllo pubblico dei conti. E di conseguenza non solo
contenere le spese ma arginare la corruzione che conta proprio, per prosperare, sul caos totale dei bilanci.
La squadra e le falle del sistema
E dunque evviva Riccardo Luna, il giornalista esperto di startup innovative pubblicamente ringraziato per
questo lavoro anche da Matteo Renzi. Evviva l' équipe di Giovanni Menduni del Politecnico di Milano che
basandosi sui dati del Siope ha battezzato il sito soldipubblici.gov.it segnalando con onestà le iniziali
discrepanze. Ed evviva Matteo Flora, della «Thefool» di Milano (Monitoraggio, Moderazione, Gestione e
Tutela Legale della Reputazione Online) che ha fatto il passo successivo costruendo il portale
soldipubblici.mgpf.it per dare la possibilità a tutti di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie
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l'inchiesta
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spese.
Certo, il sistema zoppica sulle varie voci dei bilanci. Che differenza c'è tra gli «incarichi professionali esterni»
e gli «incarichi professionali»? Peggio ancora, certe caselle sono così generiche, come scrivevamo, da
lasciare spazio a ogni interpretazione: «altre spese per servizi», «altri tributi», «altre infrastrutture» e così via.
Prova provata della necessità di cambiare le regole definendo una volta per tutte per ministeri, Regioni,
Province (finché ci saranno) e Comuni le diciture che possono essere utilizzate. Così da permettere di capire
se sotto la dicitura «altri contratti di servizio» c'è una serata di fuochi artificiali, un cenone clientelare o
l'appalto per le fognature.
I miliardi «scomparsi»
Torniamo ai 4 miliardi e mezzo dei «Rimborsi anticipazioni di cassa», metà di quanto i Comuni hanno speso
nel 2014 per gli stipendi del personale, nove miliardi. Come sono stati impiegati? Non lo sa nessuno, tranne i
cassieri municipali. Si tratta infatti di somme loro affidate per pagamenti in contanti dei quali non esistono
riscontri immediati. Ci saranno magari il mese successivo, quando si scoprirà se sono stati usati ad esempio
per viaggi o formazione professionale. O si capirà, per intuizione, dal rendiconto del bilancio. Ma la
classificazione Siope non dice nulla di più.
Una follia: la trasparenza esclude zone grigie. Per non dire di altre sovrapposizioni e intrighi che appaiono
studiati apposta per non far capire nulla. Ci sono «trasferimenti correnti ad imprese di pubblici servizi» (253
milioni) e poi «trasferimenti correnti ad aziende speciali» (220 milioni), e poi «trasferimenti correnti ad altri enti
del settore pubblico» (1,3 miliardi!) e «trasferimenti correnti ad altri» e «trasferimenti in conto capitale ad altri»
e «trasferimenti correnti a imprese pubbliche»... Di cosa parliamo? Di cosa?
Le categorie «gemelle»
E cosa distingue i soldi per «Beni di valore culturale, storico, archeologico e artistico» e quelli per le «opere
artistiche»? E come vanno distinti i denari spesi per «fabbricati civili a uso abitativo, commerciale e
istituzionale» (1,3 miliardi!) e le «locazioni» (389 milioni) e gli «altri beni immobili» (un miliardo e 552 milioni!)
e la «manutenzione ordinaria e riparazione di immobili» (752 milioni!) e le «altre spese di manutenzione
ordinaria e riparazioni» pari a 571,6 milioni? E che differenza c'è fra «beni di rappresentanza» e i «servizi di
rappresentanza»?
Non esiste nemmeno la certezza che in quelle voci i Comuni mettano tutti le stesse cose. L'addetto che
materialmente compila i mandati ha sì l'obbligo di metterci un codice: ma lo sceglie lui. Lui! E il tesoriere che
stacca l'assegno non è tenuto a controllare che sia giusto, ma solo che un codice ci sia. E così sarà fino al
prossimo 15 marzo, quando l'obbligo di fattura elettronica per le pubbliche amministrazioni almeno questo
problema, Deo gratias , dovrebbe risolverlo.
Le spese dei più piccoli
Eppure, nonostante il guazzabuglio, qualcosa di come gli enti locali spendono i soldi si riesce finalmente a
capire, grazie soprattutto al numeretto che gli «hacker» hanno messo accanto a ogni cifra: il valore pro
capite, appunto. Quel numeretto dice, ad esempio, che certe dimensioni lillipuziane dei municipi non hanno
senso. Il Comune più piccolo d'Italia, Pedesina in Provincia di Sondrio, paga per le indennità del sindaco e
dei consiglieri comunali 9.358 euro: tanto quando spende (9.679 euro) alla voce «competenze per il
personale a tempo indeterminato», forse un unico impiegato part-time. Fanno 283 euro a testa. Ovvio, con 33
abitanti, un sindaco e 11 consiglieri comunali... Moncenisio di consiglieri ne ha 11 per 34 abitanti, e spende
ancora di più: 15.449 euro. Sono 454 euro a persona, che fanno di quel paese torinese il posto dove si
stanziano più soldi pro capite per mantenere i pubblici amministratori. E anche per le consulenze: sempre che
per «incarichi professionali» si intendano quelle. La spesa pro capite nell'ultimo anno è stata di 955 euro. Per
un totale di 32.495 euro.
Una cifra modesta, in assoluto. Neppure paragonabile con i 75,1 milioni (28 euro pro capite) di una città come
Roma. Ma la dice lunga su quanto l'accorpamento dei Comuni minuscoli, pur nel rispetto delle tradizioni
storiche e del diritto di rappresentanza, sia indispensabile per mettere sotto controllo la spesa.
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Pro capite a confronto
I confronti, sul pro capite, possono essere micidiali. Gli amministratori locali a Roma costano 7,8 milioni: due
euro per abitante. Che salgono a 3 a Milano, 5 a Napoli, 6 a Palermo, 11 a Cosenza, 12 a Siracusa e
Caserta, 13 euro a Bolzano, 14 a Messina, 15 a Chieti, 22 a Vibo Valentia, 24 ad Aosta... Per carità, è chiaro
che più piccola è una realtà e più lo stesso identico servizio costa. Ma una regolamentazione fissa sui gettoni
di presenza decisi a livello nazionale in rapporto anche agli abitanti appare indispensabile: i 498 milioni
stanziati nel 2014 per le indennità e i gettoni alle giunte e ai consiglieri comunali potrebbero essere spesi più
equamente.
Prendiamo una delle voci più grosse? Lo smaltimento dei rifiuti, che costa agli italiani quasi 8 miliardi e mezzo
l'anno. Il Comune di Napoli nel 2014 ha sborsato 305 euro per ogni cittadino, Venezia 318: ovvio, in una città
dove i turisti sono quotidianamente il triplo degli abitanti la raccolta differenziata è complicatissima. Ma si
possono spendere 684 euro pro capite a Porto Cesareo, 760 a Capri, 802 a Caorle?
Fermo restando, si capisce, che non sempre un'alta spesa pro capite denuncia una mancanza di efficienza.
Prendiamo il trasporto pubblico locale: il Comune dove il costo è più elevato è Milano: 621 euro per abitante,
contro i 265 di Roma, i 230 di Napoli, i 263 di Brescia e addirittura gli 85 di Palermo. La qualità del servizio di
trasporto nel capoluogo lombardo non è minimamente paragonabile, però, non solo con quella dei capoluoghi
siciliano o campano, ma neppure quella di Roma. Dove l'incasso dei biglietti è la metà rispetto a Milano e una
società come l'Atac, fosse privata, sarebbe già fallita.
E i servizi scolastici? A Milano si spendono 33 euro per abitante. Niente, in confronto ai 118 di Basiglio, il
Comune più ricco d'Italia, o ai 108 di Maranello, il paese della Ferrari. In confronto ai 21 di Potenza, però, si
tratta di un'enormità. Ma anche in rapporto ai 17 di Firenze, agli 11 di Livorno, agli 8 di Catania e Latina, ai 7
di Cagliari, ai 6 di Catanzaro... Onestamente: siamo sicuri che i servizi milanesi, in questo settore, valgano tre
volte quelli livornesi?
È qui che servono, i confronti. Com'è possibile che Milano nel 2014 per la voce «servizi ausiliari e pulizie»
abbia speso 23 euro per abitante e Roma solo 7? Risponderete: la differenza si vede. Ma come la mettiamo
con Potenza, che ne ha spesi 103? E Salerno: 120? E Muggia, che di euro ne ha investiti 138, può davvero
dimostrare che valeva la pena di stanziare il triplo pro capite di Trieste (44 euro) con la quale confina? È così
abissale, la differenza, o c'è qualcosa che non torna?
«Varie e generiche»
Della serie «varie e generiche»: a cosa si riferisce la voce «altri materiali di consumo» che assorbe in totale
518 milioni e vede in testa per numeri assoluti Ragusa e nel pro capite il borgo sudtirolese di Tires?
Pennarelli, fotocopiatrici o sci? E come mai alla voce «Mezzi di trasporto» Roma risulta avere speso
nell'ultimo anno 77,1 milioni contro 4,2 di Milano? Spese improvvise e non previste?
Una cosa è certa. Una volta messa a punto la banca dati online con le precisazioni e le contestazioni di
questo e quel Comune, nulla sarà più come prima. Già oggi i cittadini di Pomezia, per dire, hanno il diritto di
chiedere: come mai per «carta, cancelleria e stampati» la città spende 1,4 milioni e cioè più di Milano (988
mila), Catania (971 mila) o Roma (769 mila)? E perché, si interrogheranno a Roio del Sangro, il loro Comune
per «pubblicazioni, giornali e riviste» sborsa 53 euro pro capite contro i 2 di Trento? E come mai Cittareale ha
speso 186 euro pro capite di «derrate alimentari»?
Tempi duri, per gli amministratori spendaccioni. Purché non ci si accontenti di questo primo assaggio di
trasparenza e si metta mano infine al modo insensato di fare i bilanci. E purché, dopo quelli comunali,
vengano messi online, con la stessa chiarezza, i bilanci delle Regioni e dei ministeri. Che al momento, però,
sembrano un po' sordi...
© RIPRODUZIONE RISERVATA I dati Fonte: sportale "Soldipubblici-reloaded" (soldipubblici.mgpf.it) Cifre in
euro Totale Pro capite Spese per il trasporto pubblico locale (prime dieci città) Spese per lo smaltimento dei
rifiuti (prime dieci città) Spese per manifestazioni e convegni (prime dieci città) Salerno Roma Milano Venezia
Verona San Remo Trieste Prato Padova Jesolo 6.287.662,43 5.120.109,09 4.513.816,46 3.596.225,16
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3.118.703,94 2.252.818,91 1.641.599,02 1.634.112,53 1.621.423,0 1.542.072,39 47 1 3 13 12 41 8 8 7 62
Roma Milano Napoli Torino Genova Palermo Venezia Bologna Bari Padova 521.459.529,51 301.303.882,33
292.631.662,81 204.378.416,98 123.134.651,4 122.551.471,61 82.644.205,66 70.182.279,75 63.679.485,68
60.694.126,38 197 238 305 234 211 187 318 184 203 292 Milano Roma Napoli Genova Venezia Palermo
Brescia Bari Catania Padova 784.492.898,89 700.033.473,94 220.825.353,16 91.523.944,31 65.454.506,15
55.891.519,61 49.672.116,93 35.207.596,26 27.256.180,38 24.163.495,99 621 265 230 157 252 85 263 112
93 116 454,4 EURO Quanto paga all'anno ognuno degli abitanti di Moncenisio (Torino) per le indennità degli
organi istituzionali. È il comune con la cifra pro capite più alta d'Italia Le città che spendono di più Fonte:
portale «Soldipubblici-reloaded» (soldipubblici.mgpf.it) Corriere della Sera Milano 3.880.739.341,79 3.074
Napoli 2.038.637.057,48 2.125 Torino 1.670.748.859,38 1.915 Catania 1.009.464.206,89 3.472 Genova
998.080.801,55 1.713 Venezia 892.423.964,51 3.442 Palermo 847.127.849,02 1.293 Firenze 699.372.402,98
1.910 L'Aquila 688.958.963,54 10.086 Bologna 648.669.792,8 1.704 Brescia 540.536.709,37 2.867 Salerno
539.551.469,47 4.089 Messina 434.171.471,02 1.792 Padova 384.126.554,17 1.853 Bari 382.469.603,46
1.221 Trieste 366.629.922,07 1.822 Verona 360.420.093,07 1.422 Prato 338.309.667,25 1.807 Perugia
311.785.137,56 1.912 Modena 283.515.010,01 1.580 Parma 282.077.394,15 1.587 Cagliari 264.671.724,38
1.769 Trento 249.451.907,12 2.159 Bolzano 241.422.779,52 2.323 Roma 4.610.969.990,3 1.747 Alessandria
267.645.130,52 2.992 Dati in euro Totale Pro capite
In rete Matteo Flora, della «The Fool» di Milano (Monitoraggio, moderazione, gestione e tutela Legale della
reputazione online) ha realizzato il portale soldipubblici-reloaded (soldipubblici.mgpf.it) per dare la possibilità
a tutti gli italiani di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie spese Le cifre sono ottenute dalla
banca dati Siope (Sistema informativo operazioni pubblici enti) della Banca d'Italia, anche se non aggiornata
in ogni sua parte Alcuni giorni fa un'operazione «trasparenza» sulle spese delle amministrazio-ni locali è stata
lanciata anche dal governo con il sito soldipubbli-ci.gov.it A realizzare
il sito è stata l'équipe guidata da Giovanni Menduni del Politecnico di Milano basandosi «scrupolosa-mente
sui dati ufficiali» proprio del Siope
752 Milioni di euro Sono stati spesi dai Comuni in un anno alla voce «manutenzione ordinaria e riparazioni di
immobili»
I bilanci Più in profondità nella lettura dei bilanci dei Comuni italiani si scopre, per esempio, che quello di
Milano è - nel Paese - la realtà che spende di più per l'acquisto dei quotidiani. Il capoluogo lombardo spende
1,23 milioni di euro (questo stando all'ultimo rilevamento). Al secondo posto c'è il Comune di Reggio Emilia
che sborsa 603 mila euro. Quindi Trieste (460 mila euro), Campi Bisenzio (367 mila euro) e Bolzano (330
mila euro). Roma spende poco più di 47 mila euro Milano risulta anche
al primo posto per quanto riguarda l'indennità degli organi istituzionali
con una cifra che supera gli 88 milioni di euro. Segue Roma, che spende meno di un quarto rispetto al
capoluogo lombardo (20 milioni di euro). Al terzo gradino c'è Napoli (15,1 milioni di euro), seguita da Torino
(13,47 milioni), quindi Trento (12,5 milioni)
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IL PREMIER CERCA DI ESORCIZZARE LO SPETTRO DI UN PD LACERATO
Massimo Franco
M atteo Renzi conta sullo spauracchio della primavera del 2013. Sa che allora un Pd quasi vincente alle
elezioni politiche, non riuscì a trovare un nuovo capo dello Stato. E spera che quella vicenda, dalla quale il
partito emerse lacerato dai personalismi e dalle candidature «bruciate» nel segreto dell'urna, sia un monito
per i parlamentari; che li spinga a dare un segnale di unità da spendere soprattutto con l'opinione pubblica e il
proprio elettorato. Ma il passaggio dalla delegittimazione ad una rilegittimazione non è scontato. Molto
dipenderà da come il Pd arriverà alla vigilia del pomeriggio del 29 gennaio, quando si comincerà a votare. Le
incognite si chiamano soprattutto riforme.
Sia quella elettorale che del Senato appaiono in salita. Eppure, Renzi è convinto di strappare l'approvazione
di entrambe per la fine del mese. Il segnale è il «no» che ieri i gruppi di maggioranza e FI hanno risposto alla
richiesta delle opposizioni di bloccare tutto fino alla scelta del presidente della Repubblica. È vero che al
Senato sono planati alcune decine di migliaia di emendamenti. Eppure, l'iniziativa della Lega è considerata
tattica. E si dà per probabile che alla fine le modifiche possano essere ritirate o aggirate. Il problema, di
nuovo, è il Pd. Renzi dovrà trovare un compromesso sull' Italicum con la minoranza, che non vuole troppi
candidati «nominati» dal segretario.
Solo così può esorcizzare il fantasma del 2013; e sperare di ottenere l'elezione di un «suo» capo dello Stato
alla quarta votazione, quando basterà la maggioranza assoluta dei voti e non più quella di due terzi. A piazza
del Nazareno, sede del partito, concedono che solo un rapporto più disteso con gli avversari interni può
facilitare una soluzione rapida. Altrimenti, le manovre delle tribù dei tanti candidati democratici potrebbero
trascinare il nulla di fatto per giorni: col rischio di regalare al movimento di Beppe Grillo un ruolo perfino
maggiore di quello del 2013, quando riuscì a incunearsi nelle liti della sinistra con la candidatura del professor
Stefano Rodotà.
Renzi confida non tanto nella lealtà ma nella debolezza del centrodestra. La voce grossa fatta ieri da Silvio
Berlusconi per arringare le sue truppe a Roma, convince fino ad un certo punto. Attaccare il governo e
rispolverare lo spettro dei comunisti; o peggio dichiararsi forza risolutamente all'opposizione, suona più come
un tentativo di placare i malumori della base di FI che come un annuncio di guerra al premier. La realtà è che
Berlusconi ha margini ridotti di trattativa con l'attuale Pd. E l'asse istituzionale cementato dal patto del
Nazareno lo vede in posizione subalterna. Appoggiare un capo dello Stato espresso da Renzi è una strada
obbligata per non diventare marginale.
Il problema sarà la marcia di avvicinamento al 29 gennaio: un percorso nel quale il metodo viene presentato
come il passepartout per superare le resistenze soprattutto dentro il Pd. La Lega dice di temere che il
Quirinale «sia merce di scambio tra Renzi e Berlusconi». E con Movimento 5 Stelle e Sel bolla la fretta di dire
«sì» all' Italicum come l'ennesimo indizio di una gran voglia di elezioni anticipate. Ma la clausola che non
prevede l'entrata in vigore della riforma prima del luglio del 2016 sembra rinviare qualunque desiderio di urne
di almeno un anno e mezzo. Sempre che la successione a Giorgio Napolitano non diventi un incubo. Ma lo
diventerebbe per tutti.
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La Nota
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La rete del premier che mantiene i contatti con tutti i candidati
L'obiettivo Il leader: nessuno può fare un presidente contro di me, ma dovrò sceglierlo con gli altri
Francesco Verderami
ROMA Terrà fede al soprannome che gli hanno affibbiato in Consiglio dei ministri, perciò prima di lanciare un
nome per il Colle Renzi «last minute» aspetterà fino all'ultimo, fino all'ultimo studierà i candidati e i sondaggi
che sul loro conto ha commissionato. E siccome dai dati demoscopici emerge che nessun politico spicca oggi
negli indici di gradimento, non ha definitivamente accantonato l'idea della sorpresa.
Ma di questo il premier tace con i quirinabili, a cui dice o fa dire cose che non spengono le loro speranze. Per
Amato ha avuto parole commendevoli, a Del Rio ha spiegato che «tu saresti il mio ideale», a Casini non ha
opposto veti all'ipotesi di un esponente dell'area moderata al Quirinale. Tranne Cantone - a cui ieri ha
cancellato ogni aspirazione sostenendo in pubblico che «lui ha già tanto da fare all'Autorità anticorruzione» il leader del Pd fa sentire tutti in corsa. Se i candidati di Renzi si costituissero in Associazione, capirebbero
che a ognuno di loro è stata detta sostanzialmente la stessa cosa.
Sarà per via della sua indole o per la difficoltà politica di comporre al momento l'intricata faccenda, in ogni
caso il premier sta alimentando le ambizioni di quanti vorrebbero succedere a Napolitano. E li tiene stretti a
sé, grazie a un network di fedelissimi che risponde solo a lui e che ha il compito di monitorare i quirinabili e
riferirgli ogni dettaglio delle loro conversazioni.
Così a Delrio è stato assegnato il «fronte emiliano», dove sono di stanza Prodi e Castagnetti. Alla Boschi
sono toccate la Severino e la Finocchiaro. La Madia è stata facilitata, visto che parla ogni giorno con il figlio di
Mattarella, capo legislativo del suo dicastero. Nessuno si risparmia. Persino il sindaco di Firenze è coinvolto
da Renzi nella «rete»: è Nardella infatti a tenere in via riservata i rapporti con Amato.
Agli ex segretari del partito ci pensa invece il premier, conscio che «tutti i miei predecessori si sentono
candidati in pectore per il Quirinale». E con loro Renzi parla, più di frequente manda sms di lusinga o di
rassicurazione. Ma tra questi c'è chi ricorda com'era rassicurante il messaggio inviato dal segretario del Pd a
D'Alema quando era in ballo per una nomina in Europa: è un messaggio che l'ex premier ha tenuto nella
memoria del telefonino e che ogni tanto mostra ai suoi interlocutori per metterli sull'avviso.
In fondo però Renzi va capito. Deve gestire il passaggio più delicato della sua giovane carriera politica, con
avversari interni ed esterni al suo partito che - a scrutinio segreto - vorrebbero riservargli il trattamento della
rottamazione. Il premier però è convinto di partire nella corsa al Colle da una posizione di forza, e da lì poter
mediare: «Nessuno - spiega - potrà fare un presidente della Repubblica contro di me, anche se io dovrò farlo
insieme agli altri».
Gli «altri» sono Berlusconi, l'Area popolare di Alfano e la minoranza democratica. E pur di tenere dentro
l'accordo il Cavaliere, mette in conto di perdere un pezzo del suo stesso partito. Il problema è di non perdere
tanti pezzi del Pd e soprattutto di non ritrovarsi con una Forza Italia a pezzi. Questo è il maggior rischio,
evidenziato ieri nell'Aula della Camera e riassunto in un tweet dal renziano Giachetti: «Dal dibattito sulle
riforme si deduce che a giorni cadrà la giunta Maroni e che ad ore i fittiani usciranno da Forza Italia».
Nonostante Berlusconi faccia sfoggio dei «nostri 150 grandi elettori» per dire che «al Quirinale non voteremo
un capo dello Stato come gli ultimi tre», lo spettacolo offerto a Montecitorio non è stato un bel segnale per il
premier alla vigilia della partita per il Quirinale. E come non bastasse, in vista delle prime tre votazioni - le più
insidiose per Renzi - i dirigenti del Pd hanno segnalato a palazzo Chigi movimenti di truppe Cinquestelle,
pronte a votare Prodi per tentare di sabotare il patto del Nazareno. Come ammette il vice segretario del Pd
Guerini, il passaggio in cui è prevista la maggioranza dei due terzi dei grandi elettori, «sarà delicato».
Ecco spiegato l' endorsement per Veltroni, che di fatto viene contrapposto al fondatore dell'Ulivo. Guerini
confuta la tesi, spiegando che «comunque un candidato forte si misura poi alla prova del consenso».
Insomma, è solo l'inizio della sfida, non è pensabile sia già scritta la fine. Perciò al momento tutti nutrono
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Il retroscena
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speranze. Grasso, per esempio, agli occhi di Renzi si gioca la partita della vita con il «canguro», l'arma usata
per eliminare gli emendamenti di massa presentati dalle opposizioni per fare ostruzionismo. E il presidente
del Senato - pur da supplente di Napolitano - tiene la regia dell'Aula di palazzo Madama dov'è in gioco
l'approvazione dell'Italicum prima delle votazioni per il Colle.
Nell'attesa tutti si apprestano a manovre di posizionamento. Anche quello che un tempo fu il centrodestra cioè i gruppi di Forza Italia e di Area popolare - dovrà decidere: marcerà in ordine sparso verso l'intesa con il
premier o darà vita a un preventivo patto di consultazione? Alfano, puntando per il Colle su una personalità
«garante di tutti e con sensibilità cattolica» si schiera per Casini. E Berlusconi?
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415 i parlamentari del Pd che prenderanno parte al voto per il futuro capo dello Stato: a loro vanno
aggiunti i delegati regionali,
circa 35
137 i grandi elettori dei Cinque Stelle: rispetto al 2013 i pentastellati ne hanno persi 26, che sono stati espulsi
o si sono dimessi dai gruppi M5S
130 i parlamentari che fanno parte dei gruppi di Forza Italia: nel 2013 il Pdl aveva 97 deputati e 91 senatori. Il
gruppo poi si è scisso con la nascita di Ncd
15/01/2015
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Romani: si può chiudere alla quarta votazione Il dissenso interno? Spesso
serve per esistere
Il presidente deve avere il consenso di tutti. Andrà oltre la legislatura ammesso che arrivi a scadenza Il
dialogo «Non interrompiamo il dialogo sulle riforme. Anche se ci sono divergenze si va avanti»
Daria Gorodisky
ROMA Il mantra è «metodo condiviso». Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, lo ripete e lo
ripete quando parla di elezione del nuovo capo dello Stato. Sottolineando che il suo partito «è stato e resta
determinante». «Spero solo che sia un principio acquisito. Siamo al traguardo di una riforma epocale verso il
monocameralismo e di una nuova legge elettorale che darà più forza ai futuri governi: a maggior ragione
abbiamo bisogno di una personalità di alto profilo e di massima garanzia per tutti».
Una decina di giorni fa aveva escluso che questa figura potesse essere rappresentata da un tecnico...
«Avevo parlato a titolo personale, perché ritengo che difficilmente un tecnico possa avere forte capacità
politica, di mediazione. Però non è una regola assoluta, è difficile segnare questo tipo di demarcazioni. La
qualità più importante che il futuro presidente deve avere è quella di raccogliere il consenso di tutti. Perché
apparterrà anche alle stagioni che vanno oltre la legislatura attuale, ammesso poi che questa arrivi a
scadenza naturale».
...e non concepiva per il Quirinale nessuno che avesse la tessera del Partito democratico.
«Non sono disponibile a tratteggiare identikit. Né voglio partecipare a lotterie di proposte o veti».
Dunque il confronto fra voi e il Pd va avanti, si tratta, il patto del Nazareno continua a tenere.
«Noi non interrompiamo il dialogo. Siamo stati determinanti in agosto per la riforma del Senato e in dicembre
per incardinare la legge elettorale. Ora abbiamo ancora dei punti di dissenso sul nuovo sistema di voto, ma si
va avanti».
In particolare, continuate a essere contrari al voto di lista.
«Sì, perché le opposizioni ne uscirebbero tutte fortemente frammentate e deboli».
Prevede comunque che la legge elettorale verrà votata prima del 29, quando inizierà la procedura per
scegliere il sostituto di Giorgio Napolitano?
«Per quanto riguarda il Senato, il programma è questo. Poi, naturalmente, la legge dovrà tornare alla
Camera».
Le divisioni interne al vostro partito rientreranno, riuscirete a convincere i dissenzienti?
«C'è una larga maggioranza del gruppo che condivide la linea ribadita anche oggi (ieri per chi legge, ndr ) da
Berlusconi. Certo, anche in agosto e in dicembre ci sono stati voti in difformità rispetto alle indicazioni del
capogruppo. Spesso chi dissente lo fa per consentire a se stesso di esistere. Comunque ciascuno si
assumerà le proprie responsabilità».
Non temete franchi tiratori?
«In condizioni difficili abbiamo raggiunto comunque il risultato per il Csm e per la Corte costituzionale».
Crede che l'elezione per il Colle si concluderà in tempi rapidi? Il presidente del Consiglio Matteo Renzi
prevede che avverrà entro la fine del mese.
«Non ci sembra impossibile chiudere alla quarta votazione, e sarebbe anche un bel segnale di efficienza.
Vediamo, abbiamo davanti due settimane...» .
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Chi è
Paolo Romani,
67 anni, capogruppo
al Senato di FI, è stato editore televisivo.
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L'intervista
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Ha ricoperto l'incarico
di ministro
allo Sviluppo economico negli anni
2010 e 2011
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Summit con Di Maio da Casaleggio Quirinarie congelate
Emanuele Buzzi
Il ritorno ai territori, ai meet-up, all'«uno vale uno» da un lato e dall'altro la necessità - richiesta a gran voce
non solo da parte della base ma anche da qualche fedelissimo - di scelte di peso, di «volti forti» in grado di
catturare maggior appeal elettorale.I Cinque Stelle, dopoil post dello staff di Beppe Grillo sulle Regionaliin
Liguria («Non ci sono altre regole o salvatoridella patria o nomi noti, per "vincere"»)tornano a discutere.La
preparazione della campagna elettorale, intanto, incombe già e ieri a Milano si è tenuto un vertice alla
Casaleggio associati con - tra glialtri - Luigi Di Maioe il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque. «Questioni
territoriali legate all'organizzazione del territorio», liquida la questione il vicepresidente della Camera all'uscita
del meeting. Tuttavia è molto probabile che si sia discusso anche dell'argomento del giorno: le dimissioni di
Giorgio Napolitano e, di conseguenza, la strategia da adottare in vista della scelta dell'elezione del futuro
capo dello Stato. Punto fermo, si sa, le Quirinarie da svolgere in Rete, consultando gli attivisti. Ancora incerto,
però, il metodo da adottare. L'idea che sembra prevalere è quella di aspettare le mosse di Matteo Renzi,
senza scoprire le carte. Rispetto alla primavera 2013 l'atteggiamento è cambiato. E lo si può vedere anche
dalle parole di Danilo Toninelli, che precisa all'agenzia Adnkronos: «Non facciamo nomi non perché siamo
fermi sulle gambe ma perché è il sistema malato che non ce lo consente. Se li facciamo, ce li bruciano».
Anche sulla data delle Quirinarie vige il massimo riserbo: possibile che la consultazione sia successiva
all'ultima domenica di gennaio. Intanto, Beppe Grillo sarà a Roma giovedì prossimo, 22 gennaio, per
partecipare a una iniziativa sul reddito di cittadinanza insieme a don Ciotti. Lì avrà l'occasione per testare con
mano il puzzle sul destino del Quirinale.
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Il retroscena
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Malik: «I giovani islamici sono in crisi E la jihad dà loro un senso
d'identità»
L'errore della sinistra Ha usato l'illuminismo come arma di battaglia tra civiltà anziché come strumento di
progresso
Massimo Gaggi
NEW YORK «Quello che sta accadendo ci disorienta, ma bisogna stare attenti a non sbagliare analisi:
l'islamismo radicale non è un movimento religioso ma è il modo in cui alcuni gruppi esprimono la loro
barbarica rabbia politica utilizzando a questo fine una certa interpretazione della religione. I giovani jihadisti
crescono estraniati dalla società nelle nazioni europee nei quali sono emigrati i loro genitori. Ma la stessa
cosa avviene anche nelle comunità dei Paesi musulmani. Molti detestano costumi e tradizioni delle loro
famiglie: il motivo per cui si sentono disconnessi tanto dalle società occidentali quanto dalle comunità
musulmane e abbracciano l'islamismo radicale non è religioso. Ha più a che fare con la loro crisi di identità.
La jihad dà loro un senso di appartenenza, una nuova identità: si riconoscono in obiettivi comuni
spaventosamente chiari».
Kenan Malik è un intellettuale molto particolare. Neurobiologo e psicologo indiano trapiantato in Gran
Bretagna, ha insegnato storia della scienza e filosofia della biologia a Cambridge e Oxford, ma anche in varie
università europee, da Oslo a quella europea di Firenze.
I suoi studi su multiculturalismo, pluralismo e razza lo hanno portato a pubblicare diversi libri di successo
come Uomini, bestie e zombie e Dalla Fatwa alla Jihad , un saggio sulle conseguenze del caso Salman
Rushdie. E anche ad allontanarsi dalla sinistra europea marxista nella quale aveva militato per molti anni.
Oggi lo si può definire un difensore dei valori dell'illuminismo che rifiuta il multiculturalismo ma è anche deciso
a respingere ogni tentazione xenofoba.
Quali errori attribuisce alla sinistra europea?
«Da un lato una sua ampia parte ha abbracciato il multiculturalismo e il relativismo finendo per considerare
razzista l'universalismo: lo ha accusato di imporre anche agli altri popoli le idee euro-americane della
razionalità e della oggettività. In questo modo la sinistra ha rinunciato al suo impulso progressista nel nome
del rispetto e della tolleranza. Poi c'è una sezione della sinistra, pensatori come Martin Amis o Bernard-Henry
Lévy, che sono rimasti legati ai valori dell'illuminismo ma li hanno usati in modo tribale: non valori universali
sui quali costruire una vera politica progressista, ma un mito che serve a definire l'Occidente. In questo modo
l'illuminismo diventa un'arma nella battaglia tra le civiltà anziché essere lo strumento che definisce valori e
attitudini necessarie per far avanzare diritti politici e progresso sociale».
Lei quindi crede che stiamo andando verso uno «scontro di civiltà», secondo il celebre monito di Samuel
Huntington?
«No, quella nozione la consideravo falsa vent'anni fa, quando il saggio fu pubblicato, e la considero falsa
oggi. Questo non è uno scontro di civiltà tra Occidente e Islam ma un conflitto di valori sia all'interno
dell'Occidente che nelle società islamiche. Valori chiave dell'Occidente come uguaglianza, democrazia e
secolarismo sono contestati anche da molti non musulmani nelle nostre società, soprattutto in Europa. Basti
pensare che in Francia rischia di arrivare al ballottaggio delle presidenziali una Marine Le Pen che di certo
non incarna quei valori. I figli delle ex colonie nati in Francia vengono considerati tutti "africani" e "musulmani"
anche se la maggioranza di quella comunità è più secolare, meno religiosa della vecchia Francia. Conosco
gente venuta dal Bangladesh e dal Marocco più illuminista di chi ha genitori europei».
Dunque metterla in termini di scontro di civiltà è addirittura pericoloso?
«Esaspera l'aspetto religioso mentre il vero problema è quello dell'identità e il rifiuto della modernità. Se
fossero nati 30 anni fa, i movimenti radicali islamici sarebbero stati certamente più secolari e si sarebbero
espressi attraverso campagne e organizzazioni politiche, non con l'azione di cellule tribali, come vediamo
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L'intervista
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oggi. Il problema è il cambiamento della natura delle rivolte: quelle anti-imperialiste della seconda metà del
Novecento erano comunque basate sui valori dell'illuminismo europeo. I loro leader combattevano le potenze
coloniali ma volevano modernizzare gli altri Paesi non occidentali, portare libertà, industrie, sviluppo
economico. I vecchi movimenti rivoluzionari volevano godere dei frutti del progresso come gli europei, non
contestavano il metodo scientifico né l'esistenza di valori universali. Quella dei radicali di oggi è, invece, una
rivolta nichilista contro progresso e globalizzazione. Come ho scritto l'altro giorno sul New York Times ,
abbiamo vissuto l'orrore dei 148 bimbi massacrati dai talebani in una scuola pakistana come lo choc
improvviso di un atto "disumano e medievale". Ma quell'atto non è improvviso: negli ultimi cinque anni i
talebani hanno attaccato nello stesso modo, anche se con bilanci non così tragici, ben mille scuole
pakistane».
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Chi è
L'indiano Kenan Malik
ha insegnato storia della scienza e filosofia della biologia a Cambridge e Oxford. È un esperto di razza e
pluralismo Ha scritto Dalla Fatwa alla Jihad , sul caso Rushdie
15/01/2015
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Savona e i pericoli incalcolabili dei derivati
Antonella Baccaro
Prima regola per gestire i derivati: non crearli. L'economista Paolo Savona, ascoltato in commissione Finanze
della Camera per l'indagine su questi strumenti finanziari, è stato netto. «Qualsiasi regolamento sui derivati si
faccia, il mercato lo aggirerà». Quanto ai rischi, «nessuno è in grado di valutarli». Perciò sarebbe meglio
proibire l'uso dei derivati a chiunque oppure consentirlo a privati che operino con fondi propri. Nel pubblico,
dove le perdite ricadono sulla collettività, i derivati andrebbero evitati o almeno garantiti con un fondo di
riserva approvato dal Parlamento. Una nuova sezione della Corte dei conti potrebbe garantire controlli
«terzi».
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La Lente
15/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 41
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Le fondazioni rinunciano a un seggio. Il ruolo di Aabar nella governance 29,7 miliardi la capitalizzazio-ne di
Unicredit a Piazza Affari. I soci italiani (fondazioni e privati) pesano ormai in totale per il 12% circa
Fabrizio Massaro
Il taglio degli amministratori nel prossimo consiglio di Unicredit da 19 a 17 comporta che due consiglieri si
facciano da parte: ma chi tra i grandi soci rinuncerà al posto? La discussione in Piazza Aulenti è appena
cominciata: a giocarsi quel posto sono le Fondazioni, ma anche i soci esteri. La partita non è semplice, né lo
è il lavoro del presidente Giuseppe Vita e del vice Vincenzo Calandra Bonaura, incaricati di sondare gli umori
degli azionisti.
In Unicredit le Fondazioni contano ormai solo per il 9%, mentre sono cresciuti i soci esteri. Primo azionista è
Aabar, fondo sovrano di Abu Dhabi, con il 5,02%, seguito dal fondo Usa BlackRock al 4,66%. Il fronte degli
enti è rappresentato da Cariverona al 3,46%, Crt al 2,5% e Carimonte al 2,1% mentre hanno quote minime le
fondazioni Manodori, Sicilia e Cr Treviso. Ci sono poi Del Vecchio (3%) e Caltagirone (1%).
Nei giorni scorsi - compreso il comitato governance di martedì 13 in vista del consiglio del 20 gennaio sul
budget 2015 - si è avviata un'analisi per individuare la strada migliore per accorpare i posti mantenendo al
contempo le varie professionalità richieste dalla Banca d'Italia. «Il dialogo mi sembra molto costruttivo»,
riferisce uno dei protagonisti.
Sembra ormai certo che le fondazioni, che tre anni fa indicarono 7 consiglieri, rinunceranno a un posto. Ma
non vogliono perderne un altro. Un passo indietro toccherebbe dunque agli stranieri (oggi sono 7 nel board,
compresi i due in quota Aabar). C'è anche l'ipotesi di un taglio da 4 a 3 alle vicepresidenze, attualmente
affidate a Fabrizio Palenzona (per Crt), al vicario Candido Fois (Cariverona), Calandra Bonaura (Carimonte) e
Luca Cordero di Montezemolo (Aabar). Per Verona poi è possibile che si candidi Paolo Biasi, se lasciasse in
anticipo la presidenza di Cariverona, in scadenza a novembre non rinnovabile.
Scontata la conferma del ceo Federico Ghizzoni, è aperto il tema del presidente. Gli italiani sono compatti
per un secondo mandato a Vita. Ma Aabar avrebbe sollevato l'esigenza di una figura internazionale alla
presidenza, che però sarebbe già soddisfatta da Vita: già tre anni fa fu scelto in quanto manager italiano con
carriera di successo tutta in Germania. Toccherà a Montezemolo mediare tra arabi e italiani. In realtà ciò che
interessa ai soci è che la banca abbia buona redditività e spinga sull'internazionalizzazione. L'11 febbraio il
board approverà i conti 2014 da cui dipende il dividendo: Ghizzoni vuole centrare l'obiettivo di 2 miliardi di
utile; la stima Ubs è di 2,1. Musica per gli azionisti.
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UNICREDIT Un anno a Piazza Affari d'Arco 5,15 6,60 gen feb mar apr mag giu lug set ott nov dic gen 2014
5,02 IERI -1,28%
Le tappe
Al prossimo consiglio di amministrazio-ne del 20 gennaio l'amministra-tore delegato di Unicredit Federico
Ghizzoni (nella foto ) presenterà la proposta di budget 2015. Al successivo board dell'11 febbraio saranno
invece presentati conti 2014. Ghizzoni punta a un utile annuo di 2 miliardi di euro. Il 13 maggio ci sarà
l'assemblea sul bilancio e sul rinnovo del board
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Unicredit, i soci prenotano i posti L'ipotesi Biasi e la conferma di Vita
15/01/2015
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Il fondo salva aziende e la partecipazione dei privati
( f.ta. ) Il nodo da sciogliere è se il nuovo strumento per il risanamento di aziende strategiche sarà
interamente pubblico oppure se, più probabilmente, coinvolgerà capitali privati. Il programma prevede che la
scelta venga fatta in tempo per presentare il provvedimento nel Consiglio dei ministri di martedì 20 gennaio,
che dovrà approvare il pacchetto del cosiddetto investment compact. Per questo sono al lavoro i tecnici del
ministero per l'Economia e del ministero per lo Sviluppo economico, i due coinvolti insieme ai consulenti della
presidenza del consiglio e alla Cassa depositi e prestiti. L'esordio della società sarà sul caso Ilva, per poi
estendere il modello ad altre realtà. Proprio l'Ilva guidata dal commissario straordinario Piero Gnudi ( foto )
richiede interventi d'emergenza, che potranno procedere più rapidamente se lo strumento sarà
esclusivamente pubblico. Lo chiedono, in particolare, le banche creditrici, rassicurate dall'intervento dello
Stato ma preoccupate di soluzioni più complesse che richiedano tempo e, di conseguenza, la necessità di
altri finanziamenti ponte. La più esposta è Intesa Sanpaolo, seguita da Unicredit e Banco popolare. In tutto
risultano finanziatrici per quasi 1,8 miliardi, di cui 250 milioni concessi nel settembre scorso ottenendo la
prededucibilità, corsia preferenziale nel rimborso rispetto agli altri creditori.
Il coinvolgimento di capitali privati rende più complessa l'operazione ma, come sottolineano sia il Mef sia la
Cassa depositi e prestiti, ha almeno due effetti importanti: ridurre l'eventualità di una bocciatura in sede
europea per violazione del divieto di aiuti di Stato alle aziende e innescare un effetto di leva finanziaria
permettendo di sommare capitali privati a quelli pubblici. Sicuramente sarà una società a cui ne faranno capo
altre, specializzate per tipologia d'intervento, anche se la ragione sociale potrà contenere la parola fondo. La
nuova iniziativa completa la gamma degli strumenti d'intervento pubblici per la crescita delle aziende
affiancando il Fondo strategico italiano (Fsi), la società Fondi italiani per le infrastrutture (F2i), il Fondo per le
piccole e medie imprese, i finanziamenti per il venture capital.
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Favini, stop alla Borsa
I soci vendono a Guido De Vivo
(d. pol. ) Seguirà la strada già battuta dalle ex matricole Rottapharm e Intercos anche la Favini di Vicenza.
Insieme a Fedrigoni doveva celebrare in Borsa l'anno delle ipo nel settore della carta. Il progetto sospeso lo
scorso 25 ottobre torna così in un cassetto. I soci Orlando Italy (62% del capitale) e Crédit Agricole negoziano
in esclusiva con un altro private equity. Si tratta di Progressio, società che fa capo ai manager Guido De Vivo
e Filippo Gaggini, Mittel, Caritrento e Isa, che ha già firmato una lettera d'intenti. Il valore è di circa sette volte
l'ebitda, pari a 16,5 milioni su 165 di ricavi. Una cifra stimata superiore a quella che sarebbe stata spuntata a
Piazza Affari. Progressio vuole rafforzare il settore delle «carte release», trame per la produzione di ecopelle, con applicazioni dal lusso all'abbigliamento sportivo. Il resto del business viene dalle carte grafiche per
il packaging per Gucci, Hermès e Cartier.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Sussurri & Grida
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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L'europeista che ha difeso i conti
Dino Pesole
Le riforme, in primo luogo, per sostenere crescita e occupazione che per il nostro paese restano una
«necessità assoluta». Il dramma dei giovani senza lavoro, un vero «assillo quotidiano». L'equilibrio dei conti
pubblici, fondamentale per un paese che deve far fronte a un enorme debito pubblico.
L'equità nella direzione di marcia della politica economica, a partire da una redistribuzione del carico fiscale
che passi attraverso la lotta senza quartiere all'evasione.
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La necessità di affrontare a viso aperto, con azioni mirate, lo storico squilibrio tra Nord e Sud, «perché se non
si sviluppa il Mezzogiorno non si sviluppa l'Italia». Il tutto all'interno di un'azione costante di stimolo da
condurre in Europa, la nostra «casa comune» al di fuori di inutili e dannosi scontri su alcuni decimali in più o
in meno di deficit.
Nei suoi quasi nove anni al Colle, Giorgio Napolitano ha focalizzato interventi pubblici sull'economia, missioni
in Italia e all'estero, azioni dirette o di «moral suasion» nei confronti dei cinque governi che si sono succeduti
a palazzo Chigi dal 2006 a oggi, avendo come stella polare prima di tutto il ripristino di quel bene prezioso
che si chiama fiducia. Valore che si declina con quello della stabilità e del recupero della perduta
competitività. Da europeista di lungo corso, Napolitano non ha esitato, soprattutto negli ultimi due anni di
permanenza al Quirinale, a spronare Bruxelles al pari delle capitali che contano nel vecchio continente a
dirigere con forza i propri sforzi in direzione del sostegno alla crescita e all'occupazione e al rilancio degli
investimenti su scala europea. S'impone una svolta, perché l'Europa è nata con ben altre ambizioni rispetto
all'eccesso di rigore che frena la ripresa. E la cultura è un fondamentale asset di sviluppo.
Nel pieno della crisi frontale che ha investito l'eurozona, quando si trattava di spegnere l'incendio e di
azionare l'estintore, non ha esitato a guidare e condividere passo dopo passo le necessarie politiche di
contenimento del deficit. Non vi erano alternative, con lo spread che nel novembre del 2011 aveva raggiunto i
575 punti base. L'emergenza si è materializzata nei numeri che con impressionante progressione si
riversavano sulla sua scrivania. L'allarme è scattato quando la disoccupazione giovanile ha superato il 44%.
Con questo esercito di senza lavoro non c'è futuro per il paese. Occorre reagire. L'intera costruzione europea
rischia di franare. Lo ha detto chiaramente nel suo intervento del 4 febbraio dello scorso anno al Parlamento
europeo di Strasburgo, quando ha definito "drammatica" l'impennata della disoccupazione giovanile. Così
come non ha mancato di far sentire la sua voce, in molteplici occasioni, per denunciare l'assurda piaga
nazionale delle morti bianche sul lavoro.
Alla crisi si reagisce con uno sforzo collettivo, con riforme coraggiose in grado di imprimere finalmente una
svolta rispetto a oltre un decennio di stagnazione. Da qui il costante pressing nei confronti del governo
(l'attuale come i precedenti) e del Parlamento. Non a caso, uno degli ultimissimi colloqui che ha avuto al Colle
prima di chiudere in anticipo il suo secondo mandato è stato con il ministro delle Riforme, Maria Elena
Boschi, che gli ha illustrato lo stato di avanzamento sia delle riforme istituzionali che di quelle in campo
economico e fiscale. In primissimo piano la riforma del lavoro, che Napolitano ha sollecitato e condiviso, ma
anche il fondamentale riordino della macchina burocratica e amministrativa.
Napolitano lascia il Colle con questo messaggio, contenuto nel suo recente discorso di fine anno agli italiani:
«Credo sia diffuso e dominante l'assillo per le condizioni della nostra economia, per l'arretramento dell'attività
produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l'emergere di gravi
fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto - questione chiave - per il dilagare della disoccupazione
giovanile e per la perdita di posti di lavoro». Non siamo ancora fuori dalla crisi mondiale in cui il paese è
precipitato dal 2009. Nemmeno nel 2014 «siamo riusciti a risollevarci». E tuttavia non mancano motivi di
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L'ECONOMIA
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
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ottimismo nel futuro, tra cui la «vitalità e la grande tenacia» del tessuto delle piccole e medie imprese, vera
struttura portante del nostro sistema produttivo.
Riforme fondamentali - ha avvertito Napolitano in più occasioni - per ridare dinamismo e competitività alla
nostra economia. Fondamentale il ruolo «di tutte le forze sociali». Reiterato l'appello a convergere «verso la
realizzazione di obiettivi comuni, di cui è un esempio significativo l'accordo sulla rappresentanza del maggio
2013, sottoscritto per la prima volta da tutte le parti sociali ed al quale ancora si stenta a dare conseguente
attuazione».
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Fonte: Istat
0 100 200 300 400 500 600 90 115 140 2009 G F M A M G L A S O N D 2008 G F M A M G L A S O N D
2007 G F M A M G L A S O N D 2006 M G L A S O N D 102,5 99,7 102,3 112,5 16 maggio 2006 GOVERNO
PRODI Napolitano affida a Prodi l'incarico di formare il governo 2 ELEZIONI POLITICHE Elezioni politiche:
vince il centrodestra 4 13-14 aprile 2008 PRIMA LEGGE RINVIATA ALLE CAMERE Napolitano rinvia per la
prima volta una legge alle camere: è la delega lavoro 6 31 marzo 2010 GOVERNO BERLUSCONI Entra i
carica il quarto governo Berlusconi 5 8 maggio 2008 ALLARME PER LO SPREAD A 390 PUNTI Dopo una
veloce crescita durante tutta l'estate, lo spread Btp-bund tocca l'apice dei 389 punti 7 4 agosto 2011 LA
LETTERA BCE La Bce manda all'Italia la lettera segreta in cui chiede l'anticipo del pareggio di bilancio dal
2014 al 2013 8 5 agosto 2011 32 1 CRISI GOVERNO PRODI Il governo Prodi entra in crisi: il Paese va verso
elezioni anticipate 3 24 gennaio 2008 L'ELEZIONE PER IL PRIMO MANDATO Il Parlamento elegge - dopo
Carlo Azeglio Ciampi - Giorgio Napolitano presidente della Repubblica con 543 voti su 990 1 10 maggio 2006
3 5 38 4 64 2 35 45 L'ANDAMENTO DEL DEBITO Debito/Pil - Valori in % Fonte: Istat e Commissione Ue LO
SPREAD Differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato decennali rispetto al Bund. In punti base Cambi di
governo, spread, conti: nove anni sul filo del rasoio 58,4 5/2006 55,5 11/2014 Il record di giovani senza lavoro
TASSO DI OCCUPAZIONE 6,9 5/2006 13,4 11/2014 TASSO DI DISOCCUPAZIONE TOTALE 22,2 5/2006
43,9 11/2014 TASSO DI DISOCCUPAZIONE 15-24 ANNI L'andamento del mercato del lavoro dal 2006 a
oggi - Dati destagionalizzati - Valori pecentuali 0 100 200 300 400 500 600 90 115 140 2015 G F 2014 G F M
A M G L A S O N D 2013 G F M A M G L A S O N D 2012 G F M A M G L A S O N D 2011 G F M A M G L A
S O N D 2010 G F M A M G L A S O N D 115,3 116,4 122,2 127,9 132,2* 133,8* CRISI GOVERNO
BERLUSCONI Il governo Berlusconi entra in crisi 9 8 novembre 2011 LO SPREAD TOCCA IL PICCO DI 575
PUNTI Lo spread Btp-bund tocca il picco mai raggiunto di 575 punti 10 9 novembre 2011 GOVERNO MONTI
Giura il governo Monti. Il rettore della Bocconi era stato nominato qualche giorno prima senatore a vita da
Giorgio Napolitano 11 16 novembre 2011 DIMISSIONI MONTI Mario Monti si dimette 12 21 dicembre 2012
ELEZIONI POLITICHE Si va al voto per le elezioni politiche 13 24-25 febbraio MANDATO A BERSANI
Napolitano conferisce un mandato esplorativo al segretario Pd Bersani che però non avrà i numeri per
formare l'esecutivo 14 22 marzo 2013 IL DISCORSO: VERSO GOVERNO DI LARGHE INTESE Nel discorso
d'insediamento bacchetta duramente i partiti e indica la strada di un governo di larghe intese 16 22 aprile
2013 GOVERNO RENZI Dopo le dimissioni di Letta, Matteo Renzi forma un nuovo governo 19 22 febbraio
2014 L'ANNUNCIO DELLE DIMISSIONI Durante il messaggio di fine anno Napolitano annuncia le dimissioni
imminenti 20 31 dicembre 2014 DIMISSIONI Giorgio Napolitano si dimette 21 14 gennaio 2015 127
GOVERNO LETTA Enrico Letta forma il nuovo governo 17 27 aprile 2013 RIELEZIONE NAPOLITANO PER
IL SECONDO MANDATO Dopo una fase di stallo Napolitano viene rieletto con 738 voti. È il primo presidente
rieletto 15 20 aprile 2013 DISCORSO DI NAPOLITANO A STRASBURGO Discorso di Napolitano a
Strasburgo: no alla deriva antieuro, l'austerity non regge più 18 4 febbraio 2014 6 78 309 12 298 15 285 16
214 18 194 18 286 17 135 20 21 315 14 281 13 8 380 10 575 9 491 11 520 7 396
Foto:
Rieletto
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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Nella foto a fianco il saluto il giorno della rielezione il 20 aprile 2013
Con Angela Merkel
A sinistra il presidente Napolitano con la cancelliera tedesca al Quirinale nel 2007
L'addio
Ieri la firma delle dimissioni e l'addio al Colle
(a destra)
Foto:
Incontri e visite.
Sopra Giorgio Napolitano con il premier Matteo Renzi, quinto presidente del Consiglio nei suoi nove anni al
Colle. A sinistra la visita ufficiale di Papa Francesco al Quirinale il 14 novembre 2013 dopo quella del Capo
dello Stato in Vaticano l'8 giugno. A destra l'incontro al Colle con il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama
alla vigilia del G8 dell'Aquila nel 2009
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Spataro: «Serve una svolta politica sul coordinamento delle indagini Ue»
Donatella Stasio
Donatella Stasiopagina 10
Il dopo-Parigi? La priorità è la creazione di una «virtuosa sinergia tra polizia giudiziaria, magistratura,
intelligence, governi, per coordinare al meglio le indagini». Non sempre avviene, tanto che, purtroppo,
«proprio con Francia e Gran Bretagna in passato ci sono state difficoltà di collaborazione». Perciò occorre
una «decisa svolta politica» e l'Italia deve recuperare «un ruolo da protagonista, senza subire passivamente
le altrui strategie, come quella della raccolta a strascico dei dati».
Armando Spataro, Procuratore della Repubblica a Torino da sei mesi, ha alle spalle una lunga esperienza,
maturata quando era alla Procura di Milano, nella lotta al terrorismo interno e internazionale. Martedì sera,
insieme ai capi delle 14 Procure più impegnate su questo fronte, era al ministero della Giustizia per discutere
della nascita di una Superprocura antiterrorismo. Dopo la riunione il ministro ha deciso di presentare un
proprio ddl (o addirittura decreto).
Procuratore, la Direzione nazionale antiterrorismo sarà inglobata da quella Antimafia, ma con quali
compiti?
Solo di coordinamento, non di vertice investigativo. Su questo punto c'è stata unanimità sulla base
dell'esperienza maturata fin dai tempi del sequestro Moro.
Quale può essere il suo ruolo a livello internazionale?
La Superprocura può essere portatrice di una cultura dell'investigazione. Bisogna vincere la persistente
convinzione di alcuni Stati di non mettere a disposizione degli altri le informazioni di cui dispongono se non
quando si sono esaurite le esigenze interne o secondo procedure burocratiche lente e tardive, quasi ne
fossero proprietari esclusivi. Purtroppo esistono troppe resistenze rispetto al principio che la collaborazione
dev'essere spontanea e immediata. Non bastano Eurojust, Europol, il mandato di arresto europeo, le squadre
investigative comuni: occorre una decisa svolta politica che orienti unitariamente l'azione antiterrorismo di tutti
i governi. L'Italia può dare una forte spinta, anche non accettando la pretesa di altri Paesi di imporre prassi
illegali.
A quali prassi si riferisce?
A quelle adottate dopo l'11 settembre, che hanno prodotto deroghe, strappi, lesioni del principio di legalità
senza risultati nella lotta al terrorismo. Penso al fermo per 28 giorni dei sospetti terroristi in Gran Bretagna;
alla pretesa di imporre il segreto sulle fonti di prova a carico dei terroristi processati; alla garde à vu che
consente alla polizia francese di trattenere per quattro giorni, e interrogare, i fermati per terrorismo senza la
presenza di magistrati e avvocati, utilizzando come prove nei processi le dichiarazioni così ottenute. Penso
alle extraordinary rendition e alle prigioni segrete che molti governi europei - come denunciato dal Parlamento
europeo e dal Consiglio d'Europa - hanno favorito o non ostacolato. Di più: le prassi illegali oltre a essere
inutili sono dannose, producono proselitismo. Non a caso nei video dell'Isis le vittime sgozzate indossano tute
arancioni, le stesse dei detenuti di Guantanamo...
C'è una confusione tra il ruolo dei Servizi e della polizia nel contrasto al terrorismo?
Assolutamente sì: la polizia deve individuare e acquisire prove destinate ai processi mentre ai Servizi
compete la prevenzione dei rischi, per cui le notizie raccolte, come previsto per legge, vanno comunicate alla
polizia. Evitare sovrapposizioni ed equivoci sui rispettivi compiti è un principio categorico - di cui la
Superprocura potrà essere vigile custode - e impedirà inutili e spesso infondati allarmi su ipotetici complotti o
attentati sventati, che generano insicurezza e danneggiano le indagini.
Può fare un esempio?
Mi è capitato di leggere sui giornali che sarebbero stati individuati 50 jihadisti italiani ma le Procure e gli
organi di polizia non hanno mai avuto quest'elenco. Se anche uno solo avesse commesso un reato, Pg e
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. L'INTERVISTA
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Il Sole 24 Ore
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Procure avrebbero dovuto essere informate. Altrimenti questi annunci generano solo insicurezza e possono
persino aizzare i folli di turno.
Il ministro Alfano è favorevole al Pnr (Passenger Name Record), l'elenco di notizie personali che
devono fornire i passeggeri in partenza per gli Usa da varie parti del mondo. È una misura utile?
No, la caccia a milioni di dati secondo una procedura che già nel 2008 l'organizzazione Statewatch aveva
definito lo «tsunami digitale» sull'Europa, secondo me è inutile. Vale la regola, come nel caso del Datagate,
che milioni di dati raccolti senza selezione a monte non servono a nulla e, anzi, danneggiano le indagini,
come hanno confermato molti tra i responsabili delle nostre forze di polizia antiterrorismo.
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Procuratore Armando Spataro
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
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La buona stabilità necessaria
Isabella Bufacchi
di Isabella Bufacchi
Inflazione e quantitative easing, Grexit ed elezioni greche, petrolio e tassi Usa. Di questo si stanno
occupando a tempo pieno i mercati, in questo inizio anno. L'uscita di scena di Napolitano e le elezioni del
presidente della Repubblica non risultano in cima alla lista degli investitori. Le dimissioni del capo dello Stato
e la scelta del successore al Quirinale in questo momento non sono considerati determinanti per le scelte di
investimento dei grandi portafogli, in senso negativo o positivo, per la loro portata destabilizzante o per le loro
aperture a nuove opportunità di profitto.
Continua pagina 5
Continua da pagina 1
Il rischio-Italia oltretutto è "neutralizzato" dalla prospettiva dell'avvio degli acquisti in BTp da parte della Bce
nell'ambito dell'allargamento del QE ai titoli di Stato: «Se nel peggiore dei casi la chiusura dell'era Napolitano
dovesse aprire una nuova fase di instabilità politica in Italia - ha tagliato corto ieri uno strategist - un eventuale
allargamento dello spread o un aumento del rendimento dei BTP sarebbero evitati del tutto se nel contempo
la Bce iniziasse ad acquistare i titoli di Stato italiani».
I mercati funzionano sulla base di scenari ipotetici. Lo scenario prevalente nelle strategie di investimento in
Italia e all'estero è attualmente anche quello più favorevole al rischio-Italia: il pericolo di instabilità politica in
Italia è considerato molto ridotto rispetto al passato perché Matteo Renzi è visto come un premier forte e
l'opposizione è invece molto debole, disorganizzata, frastagliata e alla ricerca di un leader a sua volta forte. In
questo contesto le elezioni del presidente della Repubblica, stando alle tesi prevalenti sui mercati,
difficilmente destabilizzeranno il sistema; in aggiunta, l'ipotesi che la Bce decida di rimandare ulteriormente gli
acquisti dei titoli di Stato nell'ambito del QE oppure di ridurli a poca cosa è considerata dai più marginale,
residuale.
I mercati tuttavia sanno anche di potersi sbagliare. Sanno che devono essere pronti a confrontarsi con
l'imprevisto o con i casi avversi. Ecco che anche per l'Italia (come per le elezioni in Grecia) si ponderano in
questi giorni anche le scelte di investimento in risposta agli scenari peggiori anche se meno probabili. Nel
caso in cui le votazioni per l'elezione del presidente della Repubblica dovessero protrarsi a oltranza (è già
capitato) facendo emergere un Renzi più debole delle attese, i mercati sarebbero di cattivo umore perché
inizierebbero a temere un rallentamento del cammino delle riforme strutturali (e istituzionali) e un
alleggerimento dell'agenda del governo sulle misure più controverse o politicamente più difficili da attuare ma
anche più necessarie ai fini di crescita e sostenibilità del debito pubblico (riforma del lavoro, della giustizia,
della pubblica amministrazione, taglio della spesa pubblica non produttiva, smantellamento delle
municipalizzate e partecipate a livello locale, snellimento della macchina pubblica). Ancor peggio verrebbe
accolto il rischio di elezioni anticipate.
Meno riforme, meno tagli improduttivi alla spesa pubblica, meno risorse per il rilancio dell'economia si
traducono in meno crescita. E tanto più la crescita potenziale italiana rimane asfittica, tanto più i mercati si
preoccupano per la sostenibilità del debito pubblico. Stando alle ultime statistiche pubblicate ieri dalla Banca
d'Italia, all'estero sono detenuti ancora oltre 700 miliardi di titoli di Stato italiani: un ammontare estremamente
elevato, che impone estrema cautela, anche quando lo scenario più probabile è anche quello migliore e più
favorevole al rischio-Italia.
L'Italia, dunque, non può permettersi colpi di testa proprio adesso in occasione dell'elezione del presidente
della Repubblica, anche se questo passaggio politico potrebbe coincidere con l'inizio degli acquisti di titoli di
Stato da parte della Bce nel QE allargato e proprio perché c'è l'attesa per questo quantitative easing.
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I MERCATI
15/01/2015
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Il segnale politico che i mercati, e i partner europei che con le loro banche centrali sosterranno il QE per
contrastare la deflazione, si attendono dall'Italia è che in qualsiasi circostanza prevarrà un senso di
responsabilità e di massima affidabilità che si traduce nel voler assicurare al mondo degli investitori, a tutti i
costi e in qualsiasi circostanza, un Paese sano e in crescita in grado di garantire il pagamento puntuale e
integrale del debito pubblico in scadenza.
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15/01/2015
Il Sole 24 Ore
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Ma resta il nodo tedesco
Alessandro Merli
di Alessandro Merli
Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e il canceliere tedesco Angela Merkel si sono
incontrati ieri a Berlino a un forum a porte chiuse organizzato dal quotidiano conservatore "Die Welt".
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FRANCOFORTE
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Ma è improbabile che il presidente della Bce abbia usato l'occasione per convincere il cancelleiere delle virtù
dell'acquisto di titoli di Stato dei Paesi dell'eurozona, che la Bce deciderà molto probabilmente la settimana
prossima.
Draghi è consapevole che, a differenza di due anni fa, quando il cancelliere gli venne immediatamente in
soccorso sostenendo il piano anti-crisi Omt, nel momento in cui l'area euro era a rischio spaccatura, stavolta
il meglio che ci si può attendere da Berlino è che eviti commenti pubblici stridenti sul Qe, quando certamente
si scatenerà contro Draghi la polemica di larga parte dei media e degli economisti tedeschi e di parte della
stessa maggioranza che sostiene la signora Merkel, oltre agli euroscettici di AfD.
Draghi sa che potrebbe essere controproducente lanciare un'iniziativa senza precedenti come il Qe contro
una minoranza importante del consiglio della Bce, della quale faranno quasi certamente parte il presidente
della Bundesbank, Jens Weidmann, e l'altro consigliere tedesco, Sabine Lautenschlaeger. Per minimizzare il
dissenso, può scegliere di ridurre l'importo degli acquisti, o di accettare che almeno parte dei rischi non venga
messa in comune. Uno scambio che è stato proposto più o meno esplicitamente dallo stesso Weidmann, ma
anche potenzialmente un segnale molto pericoloso di mancanza di fiducia nel progresso europeo che
potrebbe contagiare i mercati.
Intanto, Draghi si dedica a un'intensa attività di persuasione mediatica in Germania, cercando di toccare tutti i
tasti giusti per l'opinione pubblica locale, compreso, insolitamente, quello personale, ricordando, in
un'intervista al settimanale "Die Zeit" che, se la fobia dei tedeschi per l'inflazione risale agli anni 20, la perdita
dei risparmi della sua famiglia è molto più recente e quindi di non essere il solito italiano pronto a soffiare sul
fuoco dell'inflazione, affermando anzi di sentirsi «offeso» dall'insinuazione che usi il suo potere per favorire i
Paesi del sud Europa. Ma i tedeschi devono capire che il mandato della Bce, di garantire la stabilità dei
prezzi, è un'eredità della Bundesbank, non si riferisce solo alla Germania, ma a 19 Paesi. E che la politica
della banca centrale non è quella di punire i risparmiatori tedeschi, ma, con i tassi così bassi, di combattere la
deflazione. Quanto ai pericoli che il contribuente tedesco sia esposto a rischi eccessivi, Draghi ha ricordato
che finora la Bce non ha fatto perdite, ma profitti e questi sono stati redistribuiti a tutti, Germania compresa. E
all'accusa che, con la sua politica troppo accomodante, la Bce allenta la pressione sui Governi perché
facciano le riforme, il banchiere centrale ha risposto che può fare la sua parte, ma che poi anche i Governi
devono fare la loro se si vuole che la crescita economica riprenda. Ha toccato insomma le corde giuste, ma il
dissenso tedesco non si taciterà con qualche intervista ai giornali.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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FRANCOFORTE E BERLINO/2
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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Falchi senza più artigli
di Donato Masciandaro
Il comunicato della Corte europea di Giustizia, unito ai dati sulla deflazione in Europa, elimina ogni ragione
legale ed economica per opporsi ad una politica monetaria europea non convenzionale.
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Una politica basata su acquisti di titoli pubblici (Qe), che abbia come obiettivo un ritorno alla stabilità
monetaria. Anche i cosiddetti falchi dovrebbero volere un Qe, nell'interesse collettivo dell'Europa e dei singoli
Paesi, inclusa la Germania. La decisione dovrebbe concentrarsi sulle modalità del Qe, per gestire al meglio la
compresenza dei diversi rischi che tale operazione comporta.
Ieri è stata resa nota quella che sarà la posizione della Corte europea di Giustizia sulla legittimità dell'operato
della Banca centrale europea (Bce) se mai decidesse di attuare quando annunziato il 6 settembre 2012, vale
a dire un programma di intervento straordinario di politica monetaria, in una situazione di crisi finanziaria da
debito sovrano (operazioni Omt), al fine di perseguire il suo mandato, cioè tutelare il valore dell'euro - inclusa
l'esistenza stessa della moneta europea.
L'operazione Omt si tradurrebbe in acquisti sul mercato dei titoli pubblici dei Paesi sovrani in difficoltà, alle
stesse condizioni di qualunque altro acquirente e senza limiti quantitativi prefissati. Due paletti fondamentali:
per ridurre i rischi di perdite, le operazioni Omt privilegerebbero i titoli a più breve scadenza e, allo stesso
tempo, per ridurre il rischio inflazione, l'impatto sulla liquidità sarebbe completamente sterilizzato. Alla Corte
europea è stato chiesto - da parte di istituzioni e privati cittadini tedeschi - se una Omt possa essere
considerarsi una operazione di politica monetaria, e se essa non violi il divieto che la Bce finanzi un Stato
membro. La risposta della Corte è che l'Omt può essere una politica legittima, purché la Bce: a) chiarisca il
nesso tra l'operazione e il suo mandato; b) l'assunzione di rischio da parte della Bce non sia eccessiva; c) il
rischio di innescare comportamenti opportunistici nei mercati e quindi negli emittenti pubblici sia controllato;
d) non ci sia nessun finanziamento diretto del Paese (o i Paesi)in difficoltà.
La risposta della Corte dà direttive importanti anche per un possibile Qe. La Corte ci dice che acquisti di titoli
pubblici da parte della Bce possono essere legittimi, a una serie di condizioni. La condizione fondamentale è
la coerenza con il mandato della Bce, cioè la tutela della stabilità del valore dell'euro. Qual è oggi la
situazione?
Gli ultimi dati ci dicono innanzitutto che il tasso di inflazione europeo è negativo: è la prima volta che succede
dall'ottobre 2009. Inoltre sono 23 mesi di seguito che il tasso di inflazione è sotto l'obiettivo del 2%. La
disinflazione può essere buona, neutrale o cattiva a seconda che il rischio che inneschi una spirale negativa
nelle aspettative sia nullo, basso o alto. Se il 22 gennaio almeno la maggioranza del consiglio della Bce
valutasse questo rischio concreto, l'avvio di una operazione Qe soddisferebbe la prima condizione di
legittimità.
Ma come verrà valutato questo rischio? Tutta l'attenzione è puntata sui cosiddetti falchi. Se io fossi un falco,
continuerei a guardare la classica regola di politica monetaria che lega i tassi di interesse all'andamento
dell'inflazione e della crescita. Anche quando i tassi sono zero - come oggi - quella regola mi dice quanto è
espansiva la politica monetaria della Bce. Ebbene: con il prolungato ristagno dei prezzi e dell'economia la
regola mi dice che l'espansione monetaria nel periodo Draghi ha avuto il suo massimo all'inizio - novembre
2011 - e poi è andata affievolendosi, perché la situazione non migliorava, e i tassi al contempo
raggiungevano lo zero. Con gli ultimi dati congiunturali, l'espansione monetaria è nulla.
Quindi, anche se fossi un falco, dovrei riconoscere che, se l'intonazione della politica monetaria deve essere
espansiva - e questo neanche i falchi lo negano - occorre una operazione non convenzionale. Anche per una
altra ragione: l'altro indicatore primario di espansione monetaria - la moneta stampata dalla Bce - ha
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FRANCOFORTE E BERLINO/1
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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raggiunto il suo massimo nel luglio 2012 - quasi 1.800 miliardi - per poi continuare a contrarsi fino a meno di
1.200 miliardi. Se tassi e moneta primaria scendono insieme, vuole dire che il sistema è sempre più bloccato
dalla trappola della liquidità.
Se il rischio deflazione diventa rilevante, anche il falco tedesco dovrebbe preoccuparsi, per l'Europa ma
anche per la Germania: una sorpresa deflazionistica fa salire in modo inatteso i salari reali, e gli effetti su
competitività e crescita sono tutt'altro che scontati e positivi. A quel punto il Qe diviene una scelta di politica
monetaria di cui non va più discussa l'opportunità, ma piuttosto il disegno delle modalità, anche per rispettare
le altre condizioni evidenziate dalle Corte.
La vera sfida è riuscire a contemperare l'esigenza di affrontare il rischio deflazione - che porterebbe verso un
disegno "radicale" del Qe - con quella di evitare eccessivi rischi in termini di perdite attese per la Bce e/o di
distorsione nei comportamenti di mercati e governanti - che consiglierebbero approcci "standard" al Qe.
Staremo a vedere.
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Garanti del diritto. La Corte di giustizia dell'Unione Europea interpreta il diritto della Ue perché venga
applicato allo stesso modo nei Paesi membri. Giudica le controversie tra i governi e le istituzioni della Ue.
Anche i privati, imprese e organizzazioni possono rivolgersi alla Corte se ritengono che un'istituzione Ue
abbia leso i loro diritti.
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 11.15
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Mayhoola rilancia Pal Zileri e la manifattura di Vicenza
«Il marchio ha una grande storia che gli azionisti valorizzeranno»
Paola Bottelli
«La Pal Zileri è un'azienda con una grande storia e ha soltanto bisogno di essere rivitalizzata. La Mayhoola
for Investement ha un piano di medio termine non speculativo, che intende innanzitutto valorizzare gli 800
dipendenti di Quinto Vicentino e poi raddoppiare i ricavi sopra quota 210 milioni entro il 2019, con un ebitda a
doppia cifra».
Paolo Roviera è il nuovo ceo della Pal Zileri, il marchio controllato dalla vicentina Forall la cui maggioranza (il
65%) è stata rilevata lo scorso febbraio dal fondo del Qatar riconducibile alla famiglia dello sceicco Hamad
bin Kahlifa al Thani. È il fondo che aveva acquisito la maison Valentino, che sta realizzando un'impennata di
ricavi e redditività grazie all'iniezione di investimenti provenienti dal Medio Oriente. Per la Pal Zileri, secondo
ambienti finanziari, Mayhoola ha valutato il brand 16,5 volte l'ebitda del 2013 (stabile rispetto ai 5,73 milioni
del 2012), mantenendo come soci di minoranza gli egiziani di Arafa Holding.
Roviera, quella sulla Pal Zileri è una bella sfida.
Mayhoola ha scelto di rilanciare un marchio che ha un forte know how e grandi potenzialità di sviluppo:
l'intenzione è di riportarlo fra i cinque top player dell'abbigliamento, nel segmento del lusso aspirazionale: cioè
in una fascia alta, ma non nel lusso assoluto.
Prezzo al pubblico?
Per un abito fatto in Italia di fattura sartoriale partiamo da 1.300 euro per arrivare facilmente ai 3mila o,
addirittura, a 4mila nel caso di tessuti pregiati. Ovviamente ci sarà anche il su misura personalizzato, e quindi
i prezzi saranno anche più elevati.
Pal Zileri sarà dunque made in Italy?
A Quinto Vicentino abbiamo una fabbrica vera che occupa 800 persone nella confezione formale: durante gli
ultimi tre anni, quando i fatturati sono calati, sono stati utilizzati gli ammortizzatori sociali per evitare decisioni
drammatiche. Ma ora siamo pronti a gestire il rilancio, anche perché siamo legati a doppio filo con il territorio.
Come avete chiuso il 2014?
Il fatturato è di circa 100 milioni, escluse le licenze, rispetto ai 150,7 dell'anno precedente. L'export è l'80%.
L'ebitda del 2014, in percentuale sui ricavi, è lievemente inferiore a quello precedente. Bisogna pensare che
agli inizi del Duemila l'azienda era un benchmark nel settore e il fatturato si aggirava sui 220 milioni.
Dunque volete riconquistare la stessa posizione...
Sì, nel nostro segmento, con 210 milioni di ricavi, puntiamo a raddoppiare la quota di mercato all'1,6%. Lo
faremo con un marchio totalmente made in Italy, valorizzando la competenza ineguagliabile di chi cuce un
abito a mano e dunque firmerà l'etichetta con il proprio nome, mentre per la linea Pal Zileri Lab, più
contemporary, non sarà totalmente made in Italy.
Lavoreranno con voi dei terzisti?
Sì, abbiamo aggiunto ad esempio dei giubbotti in pelle morbidissima e lavorano per noi artigiani italiani di
altissimo livello, tra accessori e sportswear, dislocati tra Toscana Veneto, Marche e Lombardia.
Novità sulla distribuzione?
I monomarca a gestione diretta sono 30, inclusi i corner, e gradualmente faremo un upgrade per arrivare al
23% di ricavi nel retail nel 2019 . Nel wholesale abbiamo circa 500 punti vendita e scremeremo un po'.
Qual è il mercato da conquistare?
Gli Usa che pesano solo il 5% ma devono salire al 20% e dobbiamo spingere sui mercati occidentali. In
Medio Oriente siamo già forti.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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INTERVISTA PAOLO ROVIERA AMMINISTRATORE DELEGATO
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 11.15
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Preview. Un look Pal Zileri A-I 2015-16, che sarà presentato domenica, il ceo Paolo Roviera (sopra) e
un'etichetta firmata dal sarto che ha cucito il capo
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 37
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Accordo Italia-Svizzera alla firma
Verranno siglati due testi: contro le doppie imposizioni e sulla «trasparenza»
Alessandro Galimberti Lino Terlizzi
IL PUNTO
I Governi hanno
trovato un compromesso
sui dati da comunicare:
si andrà indietro
di tre anni
La prima firma sull'accordofiscale tra Italia e Svizzera, atteso da anni e "sbloccato" dalla legge sul rientro dei
capitali (186/2017 entrata in vigore il 2 gennaio) verrà apposta oggi. La conferma all'anticipazione (si veda Il
Sole 24 Ore di ieri) arriva da ambienti ministeriali italiani e svizzeri, da cui emergono le soluzioni di
compromesso - e di reciproco affidamento - raggiunte dalle delegazioni.
Se sulle questioni della doppia imposizione sui redditi, del trattamento dei frontalieri e dello status dell'enclave
di Campione d'Italia la partita era sostanzialmente risolta da tempo - anche se restano da definire dettagli,
rimessi a impegni politici futuri - lo sforzo di intesa delle ultime ore si è concentrato sulle sanzioni da
monitoraggio fiscale per mancata dichiarazione dei fondi esteri (che non beneficerebbero del dimezzamento
dei termini come effetto dell'uscita dalla black list), sull'autorizzazione per le banche svizzere a operare in
Italia e sulla retroattività dello scambio (non ancora «automatico») di informazioni fiscali.
Sul primo punto l'Italia ha garantito che nei futuri provvedimenti dell'agenzia delle Entrate ci sarà
un'interpretazione «autentica» del dimezzamento dei termini sul Quadro Rw. Del resto, dice al Sole 24 Ore il
relatore della legge sulla Vd, Giovanni Sanga , già dall'iter parlamentare risulta chiara l'intenzione (non
trasfusa però nel testo) di considerare «armonizzati» i tempi brevi dell'accertamento e delle sanzioni Rw. Sul
tavolo negoziale la Svizzera ha sempre rivendicato la «non discriminazione» della propria piazza finanziaria
nel momento della sua emersione white list, obiettivo che sembra raggiunto nel bilaterale.
Quanto alle autorizzazione alle banche svizzere in Italia, che Roma vorrebbe posticipare a un accordo quadro
con la Ue, la questione è stata risolta con un impegno dell'Italia a mutuare una parte dell'accordo Rubik tra
Svizzera e Germania (peraltro bocciato da un ramo del parlamento di Berlino e mai entrato in vigore) che
individua spazi di autonomia amministrativa degli Stati membri per agevolare l'ingresso di operatori stranieri.
La palla passa così ora a Bankitalia e Consob.
Sulla retroattività dello scambio di informazioni, invece, è probabile che alla fine si adotteranno i tre anni di
prassi nei trattati Ocse.
Anche sul versante elvetico Jacques de Watteville, che guida la Segreteria di Stato per le questioni
finanziarie internazionali (Sfi), ha confermato che l'accordo con l'Italia è ormai fatto. In un'intervista che il
Corriere del Ticino pubblica oggi, de Watteville spiega che l'esito del negoziato «viene inviato ora in
consultazione ai Cantoni, alle commissioni competenti, le associazioni economiche, secondo la procedura
normale. Ciò avviene dopo una prima consultazione presso gli uffici federali, che si è appena
conclusa».«Normalmente - spiega de Watteville - si comunica il risultato dei negoziati solo dopo che i Governi
hanno apposto la loro firma. Ma c'è una tensione talmente grande su questo tema, in particolare nel Canton
Ticino, che abbiamo deciso di anticipare l'informazione».
«Concretamente - aggiunge ancora de Watteville - verranno firmati due testi. Il primo è l'aggiornamento
dell'accordo di doppia imposizione, con l'introduzione dello scambio automatico di informazioni secondo lo
standard Ocse cui la Svizzera ha aderito. Il secondo testo invece è un documento politico, una sorta di road
map che contiene le soluzioni raggiunte per tutti gli altri dossier. Il documento contiene già tutte le soluzioni
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Lotta all'evasione. Le delegazioni hanno raggiunto l'intesa su monitoraggio, retroattività delle informazioni e
autorizzazione per le banche
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 37
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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chiave. Ora bisogna concretizzarle giuridicamente».
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LA ROAD MAP
01 EX «BLACK LIST»
La legge sul rientro dei capitali prevede una norma che, ai soli fini di questa procedura, consente l'uscita dalla
black list dei Paesi a scarsa trasparenza fiscale in relazione ai contribuenti stranieri ospitati (in sostanza, dei
Paesi con il segreto bancario). La legge 186/14 fissa però il termine di due mesi dall'entrata in vigore - quindi
il 2 marzo prossimo - per finalizzare «un accordo» sullo scambio di informazioni con l'Italia
02 IL BILATERALE
La previsione della legge sulla voluntary ha così sbloccato il trattato fiscale con la Svizzera che, per una serie
di vicissitudini politiche (tutte di parte italiana), era rimasto congelato negli ultimi anni, nonostante gli sforzi dei
tavoli negoziali tecnici
03 DOPPIA FIRMA
Oggi i negoziatori di Roma e di Berna firmeranno il primo pre-accordo della doppia intesa, che sarà
definitivamente siglata a metà febbraio, quasi certamente a Milano nel cantiere di Expo 2015
04 I TEMI DELL'ACCORDO
Il trattato riguarda la regolamentazione della doppia imposizione dei redditi, lo scambio di informazioni fiscali,
l'autorizzazione ad operare sul territorio italiano per le banche svizzere, il trattamento fiscale dei lavoratori
frontalieri e lo status doganale dell'enclave comasca di Campione d'Italia
05 I PROVVEDIMENTi
Per le questioni sensibili (sanzioni da Quadro RW e operatività delle banche) c'è l'impegno dell'Italia ad
adottare provvedimenti (Entrate e Consob) che «non discriminino» la Svizzera rispetto alle altre piazze
concorrenti
15/01/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 39
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Sul contraddittorio preventivo la parola alle Sezioni Unite
Laura Ambrosi
IL PUNTO
I giudici hanno sottolineato
che l'obbligo di confronto
per ora non è previsto
ma figura tra i principi
della delega fiscale
Saranno le Sezioni Unite della Corte di Cassazione a decidere se anche per gli accertamenti a tavolino vi sia
l'obbligo del contraddittorio preventivo e della redazione di un verbale conclusivo.
A rimettere la decisione al Primo Presidente della Suprema Corte è l'ordinanza interlocutoria n. 527
depositata ieri.
Negli ultimi anni, il contraddittorio preventivo ha assunto un ruolo centrale sul presupposto dell'articolo 12
comma 7 dello Statuto del contribuente e sui principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia europea.
In passato, le Sezioni Unite, con la sentenza 18184/2013, hanno affermato che la violazione del termine di 60
giorni previsto dallo Statuto, comporta l'illegittimità dell'atto emesso, ove questo sia discendente da un
accesso presso la sede del contribuente.
La Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato che il diritto al contraddittorio comporta che ogni individuo
debba essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo e,
quindi, postula la necessità che il contribuente sia messo al corrente delle contestazioni che l'amministrazione
finanziaria intenda muovergli, per poter manifestare utilmente il proprio punto di vista.
La Cassazione, sempre con una decisione assunta a Sezioni unite, (sentenza 19667/2014) ha affermato che
in materia tributaria, ogni volta che viene adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del
contribuente, l'amministrazione è tenuta ad attivare, a pena di invalidità dell'atto, il contraddittorio preventivo,
indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto espressamente da una norma.
Da questi principi si è così posto il dubbio se anche per gli accertamenti "a tavolino", per i quali non risulta
espressamente applicabile l'articolo 12 dello Statuto, esista, in via generale, il diritto al contraddittorio prima
dell'emissione dell'atto. La giurisprudenza formatasi sul punto non è univoca.
Il collegio rimettente ha innanzitutto evidenziato alcune perplessità, legate anche alla sentenza 19667/2014,
poiché in ambito tributario non esiste alcuna norma che impone, in via generalizzata, il contraddittorio
preventivo. E infatti il legislatore quando ha inteso introdurre tale fase, lo ha previsto espressamente. I giudici
hanno, comunque, precisato che tale diritto, teso a consentire al contribuente di "far sentire la propria voce"
su una parte importante del materiale probatorio, può ritenersi funzionale anche alla tutela del diritto di difesa
costituzionalmente garantito. Ciò in quanto, in caso di impugnazione, su quegli stessi elementi probatori si
baserà il convincimento del giudice.
Nella sentenza di rinvio è tuttavia rilevato che un'ulteriore conferma dell'attuale inesistenza di tale obbligo è
contenuta nella delega fiscale: tra i principi è prevista la necessità di introdurre forme di contraddittorio
propedeutiche all'adozione degli atti.
Infine, il collegio rimettente ha precisato che ove le Sezioni Unite ritenessero sussistente tale diritto nel nostro
ordinamento, pur in difetto di un'espressa disposizione di legge, devono essere precisate le concrete
modalità di esecuzione di questa fase.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Accertamenti «a tavolino». Nel rinvio la Corte si orienta a favore dei contribuenti
15/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
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Draghi: "È l'ora del coraggio la Germania deve capire"
GIOVANNI DI LORENZO
DI LORENZO A PAGINA 12 E 13 LUCA di Montezemolo, che ha frequentato la sua stessa scuola, la
descrive come un alunno serio e diligente: Mario, il primo della classe...
«Esagera. Non mi sono mai considerato il migliore, niente affatto. Andavo a scuola perché mi ci
mandavano» Forse però era più responsabile degli altri, visto che ha perso il padre a 15 anni e, poco dopo,
anche la madre. Improvvisamente si è ritrovato ad essere un giovanissimo capofamiglia.
«Ricordo che a sedici anni, dopo una vacanza al mare con un amico, lui tornò a casa e poteva fare quello
che voleva, io invece trovai ad aspettarmi un cumulo di corrispondenza da sbrigare e di bollette da pagare.
Ma i giovani non pensano a quello che gli succede e a come reagirvi. Reagiscono e basta. È molto
importante, salva dalla depressione anche in situazioni difficili» Magari capiscono anche in fretta qual è il
sistema per sopravvivere, ad esempio il lavoro.
«I nostri genitori ci hanno insegnato la religione del lavoro. Mio padre diceva sempre: il lavoroè la cosa più
importante nella vita di un uomo» Chi la conosce bene sostiene che gli anni più formativi della sua vita sono
stati quelli trascorsi negli USA, a partire dal 1971. È vero? «Esatto. Prima mi ha chiesto se c'è stato un
momento in cui ho capito il senso del lavoro. Bene, in America ho imparato cosa significa lavorare sodo e
come si deve lavorare» Aveva nostalgia dell'Italia, all'epoca? «Un po' sì. Ma negli anni Settanta in Italia non si
viveva bene, erano i tempi del terrorismo, dell'inflazione al 20 per cento» L'inflazione non ha divorato il
patrimonio ereditato da suo padre? «Non era un grosso patrimonio, però è stato sufficiente a far studiare i tre
figli. Quando tornai la prima volta in Italia, nel 1976, dell'eredità era rimasto l'equivalente di qualche centinaio
di euro. Il giudice tutelare aveva disposto a garanzia delle mie due sorelle minori che il denaro fosse investito
in buoni del tesoro a tasso fisso. Così tutto il patrimonio era evaporato» Le viene mai da pensare che in
Germania lei è il personaggio pubblico meno compreso in assoluto? «Credo sia vero....» Di chiè la colpa?
Della Germaniao di Mario Draghi? «La mia posizione è semplicissima. Noi abbiamo il compito di garantire la
stabilità dei prezzi. La BCE è stata istituita nella tradizione della Bundesbank, ma con una grande differenza,
perché la BCE nonè responsabile per un solo Paese, bensì per 19. Gli strumenti per assolvere a questo
mandato sono altri. È questo direi il messaggio che alcuni in Germania devono comprendere. Il compito non
cambia, ma i tempi e le circostanze sì. È importante. Comunque probabilmente ha ragione lei, certe persone
sotto questo aspetto non vogliono capirmi» In Germania la gente si chiede come sia possibile premiare Paesi
con una gestione economica fallimentare, che da decenni procrastinano le necessarie riforme, concedendo
loro crediti e bassi tassi di interesse a spese di quei Paesi che hanno lavorato sodo e si sono sacrificati.
«Non è così. Anche grazie alla stretta vigilanza ad opera dei governi questi Paesi laboriosi hanno dovuto
pagare poco o niente. Ma anche le istituzioni europee hanno avuto un ruolo. La BCE finora non ha passivi e
ogni anno distribuisce utili di miliardi ai suoi membri. Anche alla Bundesbank, che li trasferisce al ministero
delle Finanze e quindi ai cittadini tedeschi che ne traggono vantaggio tramite crediti pubblici e privati
straordinariamente favorevoli. E pensi anche ai saldi del sistema target 2» Però quello che più disturba i
tedeschi sono i bassi tassi di interesse e lei due settimane fa ha dichiarato all'Handesblatt che resteranno tali.
«Bisogna fare una distinzione tra gli interessi stabiliti dalla nostra politica monetaria e quelli dei titoli a lungo
termine, che vengono stabiliti dal mercato. Questi ultimi sono importanti per i risparmiatori. Oltre alle nostre
direttive esistono due motivi fondamentali per cui gli interessi a lungo termine sono bassi: In primo luogo
perché tutti i Paesi del mondo e soprattutto quelli dell'Eurozona portano denaro in Germania e investono in
questi titoli - di conseguenza gli interessi scendono. In tempo di crisi la Germania assume il ruolo di porto
sicuro. Quando tornerà la fiducia non dovrebbe essere più così. In secondo luogo gli interessi a lungo termine
sono bassi perché sfortunatamente l'inflazione e la crescita economica si prevedono molto ridotte. Non
appena la nostra politica monetaria porterà il tasso di inflazione nuovamente vicino al due per cento e
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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15/01/2015
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l'economia riprenderà a crescere si tornerà a tassi di interesse normali» Stando a quello che dice quindi la
BCE avrebbe fatto un buon lavoro! «Mi faccia dire chiaramente una cosa: la politica della Banca centrale non
mira a penalizzare i risparmiatori tedeschi, e nemmeno a compensare i Paesi deboli. Il mandato della Banca
Centrale Europea è un tasso di inflazione appena sotto il due per cento per l'intera eurozona. Per conseguire
un simile obiettivo in questa fase occorre tenere bassi gli interessi e puntare a una politica monetaria
espansiva, che accompagni la crescita. Questo è il punto - non punire o ricompensare. Ma qualche volta è
difficile spiegarlo in Germania, anche quando si parla con qualche politico».
Cosa le dicono? «Dicono: Così tu disincentivi i Paesi a introdurre riforme».
E non è così? L'Italia e la Francia sono due esempi.
«Il nostro compito non può e non deve consistere nel farci carico delle riforme che vanno intraprese dai
singoli governi - non ultimo perché ce ne manca la legittimazione democratica. Crede chei risparmiatori
tedeschi se la passerebbero meglio se cercassimo di aumentare il tasso di interesse?» Per come lo chiede,
la risposta è ovvia.
«La risposta è no!» Perché? «Perché poi creeremmo una deflazione e una recessione. È evidente per
chiunque che nella situazione economica presente occorre attuare una politica monetaria espansiva. Se si
praticasse una politica restrittiva, ancora più imprese fallirebbero.E allora gli interessia lungo termine - gli
interessi che influiscono sul risparmio dei tedeschi e più in generale di tutti gli europei- scenderebbero
ulteriormente» Se però il tasso di interesse scende quasi a zero e lei vuole portare l'inflazione attorno al due
per cento, allora verrà erosa una parte ancora più consistente die risparmi che i tedeschi hanno messo da
parte per la loro vecchiaia.
«Questa osservazioneè sbagliata. Infatti, se l'inflazione crescesse dovremmo alzare di nuovo gli interessi»
Che bisogno c'è di un'inflazione, se ne abbiamo una bassa? «Già, perché? Questa lezione l'abbiamo
imparata dal Giappone. Là non c'è questo obiettivo del due per cento, e negli anni Novanta i prezzi hanno
cominciato a scendere. Il problema, pero, non era che i prezzi scendevano, ma che la gente credeva che non
sarebbero mai più risaliti e avrebbero continuato a scendere.
Perciò hanno smesso di comperare perché credevano che più tardi le cose sarebbero state ancora più a
buon mercato. Di conseguenza, la produzione è scesa, i prezzi sono ulteriormente diminuitie l'economia ha
rallentato sempre più» Questa si chiama deflazione.
«Sì. Noi non siamo ancora in questa situazione. Quella che ho descritto, è una spirale negativa
deflazionistica. L'unico fattore che la possa contrastare è la credibilità del nostro obiettivo di inflazione. Per
conseguirlo, è necessario proseguire nella nostra politica monetaria espansiva. Essa ha già favorito un
deciso aumento delle erogazioni di crediti alle imprese. Ma non basta. Se le imprese non aumentano la loro
produttività, non saranno competitive» Questo significa che i Paesi e le imprese devono riformarsi.
«Giusto. La produttività deve crescere soprattutto nei Paesi del cosiddetto Sud. Già prima della crisi qui
molte imprese non erano più produttive, in parte perché non avevano investito nella nuova tecnologia, in
parte perché, nell'insieme, questi Paesi non erano più competitivi. Per molti anni le condizioni di credito
favorevoli gli avevano consentito di importare dal resto dell'eurozona, mentrei loro debiti privati e pubblici
crescevano. La crisi ha chiarito che la crescita può essere mantenuta solo se non è accompagnata da un
livello di indebitamento insostenibile. Se questa condizione non è soddisfatta, a brevi fasi di crescita
seguiranno profonde recessioni, come dimostra la storia più recente degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei.
Questi Paesi devono attuare le loro riforme strutturali per rendere di nuovo convenienti gli investimenti. Lo
dico da anni: noi facciamo la nostra parte, ma i governi devono adempiere ai loro compiti» Vuole dire che qui
cessa la sua influenza? «Noi possiamo soltanto procurare alle banche un accesso al finanziamento; cioè
possiamo soltanto rimuovere gli ostacoli, nient'altro» Allora: abbiamo i crediti a interesse quasi zero. E in più,
l'incredibile fortuna costituita per molti Paesi dal calo del prezzo del petrolio, che peraltro non è dovuta a lei.
Ciò nonostante, i Paesi in crisi stentanoa venirne fuori. Non le viene qualche volta da chiedersi se le sue
misure aiutino davvero? «Vede, il calo dei prezzi del petrolio è una buona cosa, ma nella misura in cui esso
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ha un'influenza negativa sulle aspettative per l'inflazione, è tutt'altro che buono. Il pericolo è che la gente
cominci a credere che il tasso di inflazione non salirà molto presto al due per cento, perlomeno nei prossimi
cinque anni. E questo basterebbe ad accrescere il rischio di una recessione. Il rischio di deflazioneè ancora
basso, ma è comunque maggiore di un anno fa» Teme la deflazione più dell'inflazione? «Né l'una né l'altra
sono desiderabili. Ma dal punto di vista di un banchiere centrale l'inflazione è più facile da combattere della
deflazione. Perché? nel caso di un'inflazione si alzano gli interessi. In questo modo aumenta il prezzo del
denaro, il volume dei mezzi di pagamento in economia si riduce e la pressione sui prezzi e i salari si
alleggerisce. Con la deflazione è molto più difficile. Ora ci troviamo in una situazione nella quale dovremmo
abbassare ulteriormente il tasso di interesse, ma non è più possibile. A questo punto siamo costretti a
ricorrere a mezzi non convenzionali, cioè a modificare le dimensionie la composizione del bilancio della
Banca Centrale Europea» Intende quei mille miliardi che lei nei prossimi anni vuole spendere
prevalentemente acquistando titoli di Statoe sui quali la prossima settimana la BCE prenderà una decisione.
«Non ho mai detto "mille", ma ho soltanto citato come valore indicativo il volume di bilancio che la Banca
Centrale Europea aveva all'inizio del 2012» Ci sarà una maggioranza per il suo piano? «Tutti i membri del
Consiglio della Banca Centrale Europea sono decisia tener fede al nostro mandato. Naturalmente ci sono
differenze su come questo dovrebbe avvenire. Ma le nostre possibilità non sono infinite» Molti tedeschi
temono che gli Stati debitori non possano pagare i loro crediti.
Le opzioni rimanenti in una situazione del genere sono effettivamente terrificanti: bancarotta di Stato, crediti
prorogati in eterno, debiti che accolleremo alle generazioni future ... «In una unione monetaria, questi timori e
la pressione che ne risulta sono uno stimolo in più per i Paesi indebitati ad attuare riforme strutturali
necessarie per la crescita e per il pagamento die loro crediti. Un crollo dell'Unione monetaria non sarebbe
nell'interesse della Germania» Dove sta scritto che tutti i Paesi devono restare ad ogni costo nell'Eurozona?
Non esiste alternativa? Nel 2010 quando si discuteva se intervenire o meno a favore della Grecia, Angela
Merkel definì il salvataggio dell'euro senza alternative'. Da allora l'espressione ha assunto una valenza
particolare in Germania. La denominazione del movimento Alternativa per la Germania nasce da qui.
«I nostri Paesi hanno voluto l'euro. Doveva rappresentare un passo verso una maggiore e più significativa
unità d'Europa. Dall'euro non si torna indietro» Che male ci sarebbe se la Grecia, che tra dieci giorni va alle
urne, uscisse dall'euro, dato che una grossa fetta della popolazione non lo vuole? La UE non potrebbe
digerire la cosa? «Come comprenderà non posso esprimermi ora su questo argomento, perché di qualunque
dichiarazione, in questa fase, potrebbe essere fatto un uso politico. Parlare di un possibile esito elettorale non
ha senso».
In Germania la considerano particolarmente comprensivo nei confronti del Sud. Si trova mai nella condizione
di dover difendere la Germania di fronte agli italiani? «In Italia esistono dei pregiudizi nei confronti della
Germania che sono forti e irrazionali quanto quelli nutriti in Germania verso l'Italia.È compito di noi tutti
cittadini d'Europa combattere i pregiudizi e comportarci in maniera tale che non trovino conferma» Pregiudizio
vuole che la Germania intenda mettere in ginocchio l'Europa.
«In Italia e anche in molti altri Paesi non si capisce che in seno ad una unione monetaria le decisioni politiche
dei singoli hanno effetti sugli altri membri. Non possiamo più comportarci come se fossimo soli al mondo»
Cosa cerca quindi di far capire agli italiani e agli altri Paesi del sud? «Ci siamo dati regole comuni, che vanno
rispettate. In caso contrario cade anche la fiducia. E in assenza di fiducia si mettono in discussione le
premesse della moneta unica» L'accusa di essere un agente dei Paesi del sud la ferisce? Si. Cosa c'è di
male nell'essere considerato uno dei possibili candidati alla presidenza della Repubblica italiana? «Ripeto,
non vorrei alimentare nessuna ipotesi di questo genere. Naturalmente è un grande onore per me essere
preso in considerazione, ma non è il mio lavoro. È importante il mestiere che faccio adesso. Sono lieto di
poterlo esercitare e continuerò a farlo» Ha mai la sensazione di dover fare da capro espiatorio - in un modo o
nell'altro? «Se è questo il prezzo da pagare per svolgere bene il mio compito lo pago volentieri. Ma una cosa
è certa: nessuno in Europa finora ha vinto le elezioni invocando il mio nome».
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copyright Die Zeit (Traduzione di Emilia Benghi e Carlo Sandrelli)
MANDATO EUROPEO La Germania deve comprendere che la Bce ha un mandato europeo che è quello
della stabilità dei prezzi NÉ PREMI NÉ PUNIZIONI Non siamo qui a provocare vantaggi a questo o a quel
Paese, o a punire i contribuenti tedeschi DIFFERENZE SUI MODI Tutti i membri del consiglio vogliono
adempiere al nostro mandato, è sul come che ci sono le differenzeDIE ZEIT OGGI IN EDICOLA Die Zeit
dedica tre pagine a Mario Draghi. L'autore è il direttore Giovanni di Lorenzo "PRIMO DELLA CLASSE
Non mi sono mai considerato il migliore Andavo a scuola solo perché mi ci mandavano ETICA DEL LAVORO
I miei genitori mi hanno insegnato la religione del lavoro Ma è in America che ho capito cosa significa CAPRO
ESPIATORIO "Se questo è il prezzo per svolgere bene il mio compito lo pago volentieri Non sono un agente
dei Paesi del sud
Foto: IL BANCHIERE Mario Draghi, presidente della Bce e, nelle foto a sinistra, la cancelliera Angela Merkel
e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann
Foto:
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Fitto, D'Alema e gli ex dc le correnti si pesano a cena Nel Pd 50 antipremier
FRANCESCO BEI GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA. Ieri sera la cena di Raffaele Fitto con i suoi parlamentari. Lunedì a porte chiuse Massimo D'Alema
riunisce i fedelissimi alla fondazione Italianieuropei. Gli ex democristiani del Pd si sono già contati martedì
sera vicino al Pantheon con qualche ora di anticipo sulle dimissioni di Giorgio Napolitano.
Erano 57. «Ma ne mancavano 4 o 5», aggiunge Beppe Fioroni.
Come dire: non facciamo nomi ma siamo una sessantina abbondante, Renzi dovrà fare i conti anche con
noi. È un calendario dell'avvento molto particolare. La data finale non è quella di Natale ma il giorno della
prima seduta per l'elezione del capo dello Stato, il 29 gennaio. È il calendario delle cene, degli incontri
segreti, delle riunioni di corrente. Per contare di più al momento della scelta, per sedersi al tavolo di chi
decide un protagonista assoluto della politica. Per ben 7 anni.
Luca Lotti, per aggiornare il pallottoliere dei grandi elettori ed evitare i rischi del voto segreto, deve
monitorare anche questi appuntamenti. Sapere chi c'era e chi non c'era, quanti erano i partecipanti e quanti i
curiosi, quale indirizzo è stato deciso. Per fare il punto, due giorni fa, Lotti ha organizzato a sua volta una
cena. Numeri piccoli: erano lui, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e il braccio destro di Franceschini
Ettore Rosato. La corrente del ministro della Cultura (che da qualche giorno nella sede del dicastero
organizza incontri con vista Quirinale) vanta un buon numero di parlamentari, conosce bene i meccanismi
che regolano i gruppi del Pd e gli equilibri per piazzare il nome giusto.
Renzi ha affidato a questo terzetto un mandato preciso: lavorare sull'ascolto dei grandi elettori, «stavolta non
si scherza, non possiamo sbagliare». Lotti ha tirato fuori la sua lista, l'hanno guardata assieme. La
conclusione: si calcolano 50 dem sicuramente pronti ad andare contro il governo e contro il premier, 20 in
bilico ma recuperabili. La verità però è che neanche le correnti scoprono le carte sui candidati. Esattamente
come fa Renzi. Lasciano che trapeli il peso delle rispettive truppe, ma non avanzano proposte. «Non ci
impicchiamo per avere un cattolico», dice per esempio Fioroni. «Basta che sia autorevole». E condiviso dal
gruppetto degli ex Popolari, questo il sottinteso.
Loro spingono per un cattolico come Sergio Mattarella. Senza dirlo però.
Tra i renziani pesa anche l'incognita dell'atteggiamento che terranno i bersaniani. Tolti i "turchi", che si sono
riuniti martedì sera al ristorante davanti al teatro Quirino (con il ministro Orlando) e di nuovo ieri sera, i
seguaci dell'ex segretario Pd si vedranno oggi in vista della direzione. Cesare Damiano, esponente dell'ala
più dialogante, invita il premier a non forzare: «Se si dimostra flessibilità su alcuni temi, come i capilista
bloccati nella legge elettorale, qualche ritocco alla riforma costituzionale, alcune cose ancora aperte sul Jobs
Act - riflette Damiano in Transatlantico - allora anche sul Quirinale Renzi potrà correre su un tappeto rosso.
Se invece ci si irrigidisce...».
Di sicuro peserà anche la partita della legge elettorale, dove lo scontro è a livelli preoccupanti.
Miguel Gotor già preannuncia un voto contrario all'Italicum se resteranno i cento capolista bloccati voluti da
Berlusconi. E sulle sue posizioni sono attestati 40 senatori, tanto che senza il soccorso azzurro difficilmente
la legge elettorale vedrà la luce.
Anche Berlusconi ha iniziato a muovere le sue pedine. Ieri sera a palazzo Grazioli una prima riunione
dedicata proprio al Quirinale ha visto insieme, allo stesso tavolo, sia i forzisti che Gal e i popolari di Mario
Mauro.
«La prima mossa la deve fare Renzi - spiega Mauro uscendo dal vertice - ma abbiamo deciso di coordinarci
per mettere tutto il nostro peso sulla stessa mattonella». Renzi aspetta. La riunione dei dalemiani è un
passaggio di svolta. Si capirà quante truppe ha ancora l'ex premier in Parlamento. Il coordinamento dei
dissidenti Francesco Boccia, Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e Pippo Civati è sempre attivo. E oggi Angelino
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IL RETROSCENA
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Alfano batterà un colpo riunendo Ncd, Udc sotto la sigla Area popolare.
Se Renzi vuole arrivare al traguardo deve fare i conti anche con loro. I numeri dei grandi elettori 63 Ncd 15
Gal 143 Forza Italia 39 Lega 28 Per L'Italia-Udc 33 Scelta civica 28 AutonomiePsi-Pli 446 Pd Fdl 34 Sel 136
M5s 26 Ex M5s Altri Totale 1008CHI SONO
630 DEPUTATI La quota più rilevante dei "grandi elettori" è formata dai 630 deputati 320 SENATORI Dal
Senato arrivano alla seduta comune 320 grandi elettori: Grasso resta fuori ENATORI A VITA Oltre a
Napolitano, sono Ciampi, Monti, Piano, Rubbia e Elena Cattaneo 58 DELEGATI REGIONALI Ogni Regione
invia a Roma 3 rappresentanti, salvo la Val d'Aosta che ha diritto a uno
Foto: RADUNO DEI CLUB Silvio Berlusconi ieri ha parlato ai militanti forzisti
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Il toto-Colle della Pascale "Dico Letta, Casini e Amato ma sogno la
Finocchiaro"
Di Napolitano apprezzo solo che sia nato e cresciuto nella mia città e che sia legato alle sue sorti
CONCHITA SANNINO
"DEL presidente emerito Giorgio Napolitano salva solo un requisito. «È partenopeo come me, un figlio illustre
della città, uno che ha a cuore Napoli, e soffre se le cose non vanno bene. E quello vorrei ricordare»,
sentenzia Francesca Pascale.
Con una sua singolare riflessione sul presidente che verrà, la ventinovenne fidanzata di Silvio Berlusconi
esce dal riserbo delle ultime settimane, un periodo di inusuale sottrazione - neanche un servizio sulle riviste
patinate o di gossip della casa editrice di famiglia- che sembrava coincidere con una crisi definitiva tra i due,
un allontanamento temporaneo o definitivo: evento poi smentito da entrambi.
«Il resto dei nove anni di "re Giorgio"? Un disastro», per lei. Lady B. respinge quindi l'idea di «un Veltroni o
un Prodi» al Quirinale, come «il diavolo con l'acqua santa. Peccato che nessuno sia acqua santa». Poi
snocciola: «Letta, Casini, Amato», come triade da portare avanti perché «presidente e coalizione» hanno
deciso così. E infine, a sorpresa, si fa sfuggire un sospiro di ammirazione per una signora eventuale outsider.
Quasi un piccolo sogno (istituzionale) proibito: Anna Finocchiaro. Amante delle boutade? O sta prendendo
gusto a giocare da amazzone della dialettica politica? «Io dico quello che penso, da militante convinta e da
cittadina che prova a pensare. Ma poi le scelte toccano al partito, al leader, mi sembra scontato».
Francesca Pascale, si assiste a un coro di saluti riconoscenti e calorosi per Giorgio Napolitano, il Capo dello
Stato più longevo. E lei che viene dalla stessa città, cosa ne pensa? «Devo essere finta, diplomatica,
ipocrita?». Possibilmente, no. Rispettosa, sì.
«Allora devo dire che apprezzo tantissimo solo il fatto che sia nato e cresciuto nella mia stessa cittàe che
obiettivamente sia legato, in particolare, alle sorti di Napoli, del sud. Per il resto penso che non si sia mai
liberato della sua cultura comunista. Ricordo in particolare il saluto, sì quello strano innaturale saluto, tra lui e
il neo-premier Mario Monti. Un altro governo non eletto dal popolo».
Non vale. È propaganda ed è anche datata. Non pensa? «Io penso che lui non abbia rappresentato tutta
l'Italia, che non l'abbia amata tutta».
Il paradosso, comunque, è che oggi ha più fairplay lei, che lo definisce "figlio illustre di Napoli", rispetto al
sindaco de Magistris che ieri, dopo i noti attacchi lanciati verso il Quirinale, ha ignorato le dimissioni di
Napolitano.
«Scusi, vuole mettermi a paragone con de Magistris? Quel sindaco con la bandana è un disastro».
Guardiamo al futuro, parliamo del presidente che verrà. Se proprio fosse costretta a scegliere tra Prodi o
Veltroni? «Mica sono matta».
Scelga.
«Dico Letta. Anzi dico i tre nomi della coalizione, Gianni Letta, Pierferdinando Casini o Giuliano Amato».
Non è troppo paludato come profilo, per lei? Se parlassimo di una donna, per esempio: Anna Finocchiaro?
«Eh , mi piacerebbe».
Lo ha detto al "suo" presidente Berlusconi? «Non scherziamo. Sta sull'altro schieramento, ovvio. Però non
posso negare che sia una donna di carattere, indipendente, con una sua storia. Ed elegante, sì. Il che non
guasta». Si potrebbe leggere, tra queste sue poche parole: "noi del centrodestra non ce l'abbiamo un nome di
donna così, da spendere al Quirinale".
Sorride. «Guardi, già mi massacreranno.
Vuole che non ne esca viva?» PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.forzaitalia.it
Foto: IL RITORNO Francesca Pascale è tornata al fianco di Berlusconi al comizio del leader al Divino Amore
vicino Roma
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IL PERSONAGGIO / Le interviste
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"Dopo il quarto scrutinio c'è soltanto Prodi Renzi ci chieda il voto"
ANNALISA CUZZOCREA
ROMA. «Sul Quirinale è troppo presto per nomi e strategie». Danilo Toninelli sceglie la linea della cautela. Il
vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali alla Camera, plenipotenziario dei 5 stelle sulle
questioni istituzionali, dice di non avere fretta: «Non facciamo nomi, ma non perché siamo fermi sulle gambe.
È questo sistema malato che non ce lo consente. Un sistema per cui appena indichi una persona - anche se
è quella giusta - la bruci».
Alle prossime quirinarie proporrete una rosa di nomi? «Nonè stato deciso. Quello che faremo dipende anche
da cosa farà Renzi. Perché se partissimo adesso, e tra i nostri nomi ce ne fosse qualcuno buono per il Pd,
solo per il fatto di averlo fatto al momento sbagliato sarebbe fuori dai giochi».
Mancano 15 giorni alle votazioni. Non rischiate di arrivare impreparati? «Per niente. Loro hanno la
maggioranza, sono loro che devono fare una mossa. Noi non abbiamo preclusioni: se un nome è buono lo
mettiamo sul blog e lasciamo che sia la rete a decidere». Mettereste sul blog anche il nome di Pierluigi
Castagnetti? «Sceglieremo dei requisiti minimi, nonè detto che Castagnetti li abbia».
Forse Sabino Cassese, o Sergio Mattarella? «Ho visto su Internet un'intervista di Cassese che era
un'autocandidatura, di fatto diceva che il presidente della Repubblica dev'essere un notaio».
Perfetto, per voi che avete giudicato Napolitano troppo interventista.
«Sarebbe perfetto per Renzi. Cassese è una copia di Amato, un tecnocrate prostrato al premier e garante
delle banche e della finanza europea».
E Mattarella? «È un democristiano di lungo corso, in piena continuità con il passato. Sono entrambi
pericolosissimi, il contrario di ciò che servirebbe al Paese».
Potreste anticipare il Pd proponendo Romano Prodi - tra i più votati alle scorse quirinarie - e mettendo così in
difficoltà Renzi. Ci avete pensato? «Guardi, se a loro non va bene la quarta votazione, dopo - per il Pd - c'è
solo Prodi.
Se Renzi vuole tenere in piedi questa legislatura, venga a chiederci il voto. Stiamo aspettando».
Foto: Danilo Toninelli, deputato del M5S
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TONINELLI (MOVIMENTO 5STELLE) INTERVISTA
15/01/2015
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"Non fa satira ma incita all'odio: bisogna fermarlo"
L'AUTOCENSURA Dopo la strage corriamo il rischio dell'autocensura, ma dobbiamo difendere la nostra
identità
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANAIS GINORI
PARIGI. «La libertà di espressione ha un limite evidente: la legge». Il direttore di Le Monde , Gilles Van Kote,
ha aperto sulle colonne del giornale il dibattito intorno al fermo di Dieudonné e alla solidarietà manifestata
invece ai vignettisti di Charlie Hebdo . «Ci sono ovviamente molte differenze tra le persone coinvolte, anche
alla luce dei tragici eventi della settimana scorsa» nota Van Kote. «Ma nel momento in cui vogliamo difendere
un principio, dobbiamo anche domandarci quali sono i suoi confini». Fin dove si può arrivare? «In Francia ci
sono leggi che puniscono l'incitamento all'odio razzista, l'antisemitismo e l'apologia del terrorismo. Dieudonné
ha infranto diverse volte queste leggi in passato. E' recidivo. Nel momento in cui si dichiara solidale con un
terrorista il suo fermo sembra piuttosto giustificato». Dieudonné si giustifica dicendo che sono battute, è
umorismo.
«C'è una differenza tra fare battute sugli ebrei e incitare all'antisemitismo. Gli ebrei per primi scherzano tra di
loro, sono un popolo con humor. Se l'ironia sconfina nell'odio o nel negazionismo allora si infrange la legge.
Nel caso della presunta battuta su Coulibaly il reato è ancora più evidente». L'ironia di Charlie è diversa?
«Nel nostro paese non esiste il reato di blasfemia. Per le vignette di Maometto è difficile parlare di
incitamento all'odio razzista, a meno di non considerare i musulmani un gruppo etnico.
Charlie Hebdo ha avuto diversi processi in passato ma per altri reati, soprattutto la diffamazione». Oltre al
rispetto della legge, come direttore di giornale lei si pone altri limiti? « Le Monde non è giornale come Charlie
. Non pubblichiamo commenti o vignette che ci sembrano inutilmente offensive della religione altrui. Il giorno
dopo l'attacco al settimanale abbiamo ripubblicato una delle vignette di Maometto sotto accusa. L'abbiamo
fatto, come la maggior parte dei giornali, perché era parte della notizia».
Nessun dubbio sul pubblicare la vignetta in copertina del nuovo Charlie ? «No. Tra l'altro mi sembra che
vada nel senso giusto. Riesce miracolosamente a fare dell'ironia su una tragedia. Contiene una parola,
perdono, in cui tutti i credenti si possono riconoscere. Il nostro vignettista Plantu ha disegnato i rappresentanti
delle tre religioni monoteiste che tengono in mano questa copertina».
La minaccia del terrorismo rischia di provocare una forma di autocensura nei giornali? «E' il rischio che
corriamo, passata l'emozione di questi giorni. Ma non dobbiamo cedere e continuare a difendere la nostra
identità, i nostri valori democratici e repubblicani sotto attacco». Capisce alcuni giornali, come il New York
Times , che hanno deciso di non ripubblicare la nuova vignetta di Charlie Hebdo ? «Il posto della religione
negli Stati Uniti è indubbiamente diverso che in Francia. Noi non diremmo God Bless France. Siamo un
paese laico da molto tempo e continueremo ad esserlo».
Foto: IL DIRETTORE Gilles Van Kote dirige Le Monde da maggio del 2014, è succeduto a Nathalie
Nougayrède
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L'INTERVISTA. GILLES VAN KOTE, DIRETTORE DI LE MONDE: "C'È UN LIMITE EVIDENTE: LA LEGGE"
15/01/2015
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Agamben: "Non siamo in guerra con una religione"
(i.v.)
GIORGIO Agamben, filosofo, studioso del potere, docente a Parigi, cosa pensa dei fatti francesi? Siamo
davvero in guerra come sostengono molti? «Mantenere la lucidità davanti a un delitto così atroce è difficile,
ma non per questo meno necessario. Dunque mi sembra irresponsabile che alcuni abbiano potuto parlare
apertamente di guerra. "Guerra" significa un conflitto fra Statio potenze che si possono identificare e
chiamare per nome, il che in questo caso, come in ogni atto di terrorismo, è ovviamente impossibile.
Proprio noi in Italia - dove dopo decenni non conosciamo ancora chi siano i mandanti dell'attentato di piazza
Fontana - dovremmo essere i primi a saperlo. Ed è proprio questo equivoco tra terrorismo e guerra che ha
permesso a Bush dopo l'11 settembre di scatenare quella guerra contro l'Iraq cheè costata la vitaa decine di
migliaia di persone e senza la quale forse non avremmo avuto la strage che la Francia sta oggi piangendo».
Eppure molti pensano che per l'Occidente il conflitto con l'Islam sia inevitabile.
«Invece io penso che sia non meno irresponsabile e odioso identificare genericamente nell'Islam il mandante
e il nemico da combattere. Quelli che lo hanno fatto sono senza accorgersene solidali con coloro che
vorrebbero condannare. Mi sembra che la manifestazione di domenica mostri che è possibile una reazione
ferma e politicamente consapevole, ma che non cade in questi errori. Tanto più che occorre non dimenticare
che in un atto di terrorismo, in cui a volte servizi segreti e fanatismo lavorano insieme, è sempre difficile
accertare con chiarezza i responsabili ultimi».
Sta dicendo che c'è qualcosa che è stato tenuto nascosto? «Non sono tra quelli che vedono ovunque
possibili complotti, ma la versione dei fatti cheè stata riferita presenta delle oscuritàe delle incongruenze.E
temo che ora diventi sempre più difficile accertare le responsabilità». Ma ci sono le telefonate registrate dalla
tv francese e i video di rivendicazione che sembrano spiegare tutto in maniera inequivocabile.
«Si parla molto di libertà di stampa ma dovremmo parlare anche delle conseguenze che questo crimine avrà
sulla nostra vita quotidiana e sulle libertà politiche, su cui, col pretesto del tutto illusorio di difenderci dal
terrorismo, pesa già una legislazione più restrittiva di quella che vigeva sotto il fascismo. Anche perché dopo
l'11 settembre in molti paesi, fra cui la Francia, i delitti di terrorismo sono stati sottratti alla magistratura
ordinaria. Inoltre come si è potuto vedere in Francia con l'affare Tarnac e in Italia col processo NoTav, il
rischioè che ogni dissenso politico radicale possa essere classificato come terrorismo. Non tutti sanno che il
Tulps, il Testo unico sulla pubblica sicurezza emanato sotto il fascismo, è per l'essenziale ancora in vigore,
ma che le leggi contro il terrorismo, dagli anni di piombo a oggi, hanno sensibilmente diminuito e
diminuiranno sempre più le garanzie che ancora conteneva». Ma se la società civileè così vulnerabile, a
maggior ragione abbiamo bisogno di leggi che governino la nostra sicurezza.
«La sorveglianza quasi senza limiti che, grazie anche ai dispositivi digitali, vengono esercitate in nome della
sicurezza sui cittadini sono incompatibili con una vera democrazia. Da questo punto di vista oggi senza
accorgersene stiamo scivolando in quello che i politologi americani chiamano Security State, cioè in uno
Stato in cui una vera esistenza politica è semplicemente impossibile. Di qui il progressivo declino della
partecipazione alla vita politica che caratterizza le società postindustriali. Temo che, dopo quello che è
successo a Parigi, questa situazione peggiorerà ulteriormente».
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L'INTERVISTA
15/01/2015
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 30
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Il grande valzer delle Popolari manovre in corso per la governance della
Bpm
Nell'istituto milanese posizioni diverse per l'ad Castagna e il presidente Giarda L'idea di una Fondazione dei
dipendenti
VITTORIA PULEDDA
MILANO. L'artiglieria pesante deve ancora scendere in campo ma le grandi manovre sono sicuramente in
corso da tempo.
Quello che manca, semmai, è il cantiere ufficiale, quello del consiglio di gestione della Bpm, che si è preso
ancora un paio di settimane di tempo prima di rimboccarsi le maniche (lo farà a partire da fine mese).
Gli schieramenti di massima sono comunque già noti: la gestione, guidata da Giuseppe Castagna e Mario
Anolli, punta ad una nuova governance per la popolare che ricalchi nelle linee guida lo schema già bocciato
nella precedente assemblea (più peso ai soci di capitale, consiglieri di sorveglianza ridotti da 17 a 13 e quelli
di gestione accresciuti da 5 a 7) e che continui a prevedere la netta divisione dei compiti tra consigli di
sorveglianza e di gestione, con quest'ultimo responsabile della linea strategica della banca.
Di tutt'altro avviso sulla divisione dei ruoli una parte consistente dei consiglieri di sorveglianza (e forse dello
stesso presidente Piero Giarda) che tuttavia si scontrano in questo caso con un ben preciso indirizzo voluto a
suo tempo da Bankitalia. Sullo sfondo, ben tre nuove Associazioni (che coagulano facce molto note in banca
ed ex consiglieri) e per sovramercato un'idea emergente, partorita in casa Cgil-Fisac nazionale con il
gradimento della Fabi (e sembra molto meno della Uilca) di promuovere una Fondazione tra i dipendenti, che
abbia un impatto sul consiglio di sorveglianza ma al contempo abbia come faro di cacciare il passato come il
diavolo (i tempi dell'Associazione Amici).
Siamo solo agli inizi dei giochi, che andranno avanti almeno per un mese (il nuovo Statuto dovrà passare al
vaglio di BceBankitalia, prima di approdare in assemblea ad aprile). Sempre che i mal di pancia della Bpm
non vengano risolti d'autorità, dall'esterno, con un intervento legislativo che riordini il settore delle popolari. Se
non altro, di quelle quotate, come si sente da qualche parte ventilare.
Superando anche il tentativo di autoriforma, affidato ad un gruppo di lavoro presieduto da Angelo Tantazzi.
Foto: AL TIMONE Piero Giarda è presidente della Banca popolare di Milano
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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IL PUNTO
15/01/2015
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Castellucci:"Noi pronti ad espanderci all'estero ma lo Stato torni ad agire
nell'interesse nazionale"
L'ad di Atlantia: cediamo il 30% di Adr e investiremo risorse negli aeroporti stranieri
ROBERTO MANIA
ROMA. «Solo per farle un esempio, noi ci abbiamo messo cinque anni per ottenere l'autorizzazione per aprire
l'asilo nido aziendale al quale, ovviamente, possono iscriversi anche i bambini del quartiere.
Questo è il nostro Paese: è come se la pubblica amministrazione fosse in una trappola». Roma, quartiere
popolare del Tiburtino, headquarter di Atlantia, con azionista di riferimento la famiglia Benetton e una
capitalizzazione superiore ai 16 miliardi di euro. Giovanni Castellucci, dal 2006 amministratore delegato,
ricorda come Atlantia, con le controllate Autostrade per l'Italia e Aeroporti di Roma sia oggi il primo investitore
privato in Italia e al mondo nel settore delle infrastrutture. E pensa di continuare a espandersi all'estero.
«Siamo pronti a far entrare partner fino al 30 % del capitale di Adr - dice Castellucci - e utilizzare le nuove
risorse finanziare per crescere più velocemente nel settore degli aeroporti nel mondo». Dove? «Dove si
presenteranno opportunità su scali con forte potenziale di sviluppo». Intanto, però, avete dovuto lasciare la
Francia. Il governo di Parigi ha fatto dietrofront sull'ecotassa ed è saltato il contratto con voi, vinto con una
gara, per la gestione del telepedaggio. Il governo francese vi restituirà più di 400 milioni. Cosa ci farete? «Li
impegneremo in altri progetti, saranno di supporto ad altri investimenti in Italia e nel mondo». In poco tempo
avete risolto il contenzioso. In Italia sarebbe andato allo stesso modo? Qual è la differenza per un investitore?
«Praticamente il contenzioso non c'è stato. La differenzaè che all'estero la pubblica amministrazione ha la
possibilità di esercitare un certo livello di discrezionalità, ovviamente rendendone puntualmente conto. La
discrezionalità è normale mentre da noi il sistema di norme sembra fatto apposta affinche la PA non possa
decidere».
Nella decisione francese è prevalso l'interesse nazionale o il potere di veto della lobby dei trasportatori?
«Non penso che in questo caso la Francia abbia agito in funzione dell'interesse nazionale. Semplicemente un
progetto che era nato con il supporto di tutti l'ha via via perso. E con una decisione legittima il governo
francese ha fatto marcia indietro onorando con noi tutti gli impegni. Una decisione costosa nella quale non è
estranea la volontà di mantenere con l'Italia un rapporto privilegiato. Tra Hollande, Valls e Renzi mi sembra
esserci un rinnovato rapporto di forte collaborazione. I cui primi frutti in Europa sono già visibili. C'è una cosa
che però vorrei dire sull'interesse nazionale».
Quale? «Che in Francia, e lo stesso vale in altre grandi nazioni europee, tutto il Paese si uniforma
all'interesse nazionale. Reale, non di facciata. Ogni progetto o decisione viene valutato in funzione delle
ricadute sul sistema Paese. ».
E da noi? Sta dicendo che in Italia non è così? «Da noi nel passato parlare pubblicamente di interesse
nazionale creava un certo imbarazzo. Il pragmatismo con cui il governo Renzi ha affrontato alcune questioni
industriali segna un cambio di prospettiva». Quali operazioni industriali? «L'Alitalia ad esempio è stata
un'operazione di politica industriale di successo senza che lo Stato, questa volta, sborsasse un euro. Una
vera operazione di sistema.E poi anche l'approccio su Ilva, anche se molto differente, punta
pragmaticamente alla sostanza dei problemi».
Nei giorni scorsi si è scritto di un piano di riassetto di Autostrade con la cessione di una quota. È vero? «No,
non c'è alcun progetto in corso di cessione di quote di Autostrade. Mentre confermo che puntiamo a cedere
fino al 30% di Adr, per avere piu risorse per crescere nel mondo, non per accrescere il dividendo agli
azionisti. La nostra è da anni una strategia di crescita accelerata nel mondo, ma che lasci nell'azienda
adeguate risorse finanziarie». Quali sono i tempi della cessione della quota di minoranza di Adre il vostro
ingresso in altri aeroporti internazionali? «Entro la prossima primavera ma solo se troveremo partner disposti
a riconoscere il giusto valore di Adr. Trovare nuove risorse non è una necessità per un gruppo come il nostro
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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15/01/2015
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che gode di un rating superiore di due livelli rispetto a quello assegnato alla Repubblica italiana».
C'era bisogno di un nuovo aumento delle tariffe autostradali? «Abbiamo le tariffe più basse d'Europae quelle
di Autostrade sono al di sotto della media italiana.
Aggiungo che siamo il gruppo che, in Europa, investe di più nel potenziamento e nell'ampliamento della rete.
Dopodiché l'aumento delle tariffe, peraltro sotto l'inflazione programmata, fa parte della applicazione di un
contratto».
Lei, come Marchionne, assumerà applicando il Jobs act? «Noi, a differenza di molti altri, dal 2007 a oggi
abbiamo aumentato l'occupazione diretta. Nella sola Italia da 8.300 persone a 9 mila (a cui vanno aggiunti
qualche decina di migliaia di lavoratori dell'indotto). Per noi il fattore lavoro non è un vincolo o un fastidio
bensì un valore. E l'abbiamo fatto aumentando l'efficienza e internalizzando molte attività. La parola
"outsourcing" non fa parte da anni del nostro vocabolario». "LE TARIFFE Abbiamo le tariffe più basse
d'Europa e le nostre sono sotto la media italiana. Ma noi investiamo di più AUTOSTRADE Non c'è alcun
progetto in corso di cessione di quote di minoranza di Autostrade IL JOBS ACT Noi a differenza di molti altri
dal 2007 a oggi abbiamo aumentato l'occupazione di 700 persone POLITICA INDUSTRIALE "Alitalia-Etiahd
operazione di politica industriale di successo Bene anche l'approccio sull'Ilva
Foto: IL MANAGER Giovanni Castellucci è dal 2006 l'amministra-tore delegato di Autostrade e poi anche di
Atlantia, holding del gruppo facente capo alla famiglia Benetton, che presenta, tra le aziende controllate,
anche Aeroporti di Roma
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La Repubblica - Ed. nazionale
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
Mps, Profumo e Viola alla Bce per superare i dubbi sull'aumento
I manager e la Nouy dibattono sulle rettifiche Ma il mercato è scettico e il governo cerca partner
ANDREA GRECO
MILANO. «L'aumento di Mps è un sesto grado: e il manager deve scalare con la Bce contraria, Bankitalia
fuori gioco, il mercato scettico, il cda in scadenza, e Renzi che si guarda bene dal salvare la banca del Pd».
Così un esperto banchiere vede la situazione alla vigilia dell'incontro cruciale di Alessandro Profumo e
Fabrizio Viola con Daniéle Nouy, presidente della vigilanza bancaria.
Altri protagonisti della finanza italiana condividono in parte o in toto il giudizio, per questo l'incontro di oggi a
Francoforte, e il cda di domani a Siena per informare i consiglieri, hanno una delicata importanza.
Entro fine gennaio, come da richiesta Bce del 9 dicembre, il management Mps deve redigere il piano per
colmare il deficit da 2,11 miliardi emerso nei test Bce tre mesi fa, e che si impernia su una ricapitalizzazione
da 2,5 miliardi (quarta in quattro annie superiore al valore della banca in Borsa). Ma l'effetto perverso dei test
sugli attivi (Aqr) e quelli di stress, i cui parametri la Bce chiede di applicare a tutto il libro crediti senese (120
miliardi), potrebbero ampliare le perdite del bilancio 2014. Nei primi nove mesi il rosso fu 1 miliardo, e
spesare tutto l'esito dei test di vigilanza potrebbe più che triplicare il saldo, con l'effetto di consumare più
capitale del previsto e ingrandirne il fabbisogno. Una prima avvisaglia l'ha data la stessa Bce con la capital
guidance fornitaa Siena un mese fa: il 14,3% di Cet1, superiore di circa 1,2 miliardi al 12,8% attuale. Il
14,3%è un obiettivo che nessuna banca in Italia ha, e si spiega con la particolare vulnerabilità legata al libro
crediti, al portafoglio Btp e al modello di business di Mps. Viola e Profumo contano di limare quell'obiettivo,
perché i forti accantonamenti in cantiere riducono anche gli attivi ponderati (Rwa). Solo a febbraio, quando
l'aspra dialettica tra Siena e l'Eurotower sarà chiusa, si capirà l'entità del problema, e delle soluzioni. Ma nel
consorzio che garantisce l'aumento, guidato da Ubs e Citi, cresce lo scetticismo: «Nei disegni della Banca
d'Italia Mps doveva prima risolvere i problemi patrimoniali e poi cercare un'operazione di fusione - spiega un
banchiere - ma qualche volta diventa più opportuno invertire i fattori: prima un'integrazione, poi l'aumento».
Sia come sia il "mercato", che sei mesi fa investì 5 miliardi su Mps e li ha persi, oggi scansa l'azione, caduta
del 19% l'ultimo mese. Gli investitori istituzionali Blackrock e York hanno venduto,i tre pattisti Fondazione
Mps, Btg e Fintech si leccano le ferite. E una schiera di fondi opportunisti affila le armi in vista degli eventi,
malgrado perduri il divieto di vendite allo scoperto. In questa situazione la mossa più logica sarebbe chiamare
la conversione del prestito Monti bond da un miliardo, che ai prezzi d'oggi darebbe al Tesoro circa metà delle
azioni Mps. Ma siamo in Italia. E sulla banca del "vecchio" Pd, Matteo Renzi non vuole prestare il fianco a
critiche politiche. Tuttavia Palazzo Chigi da settimane studia il dossier e le possibili ricadute occupazionali e
sulla stabilità di un sistema provato da sette anni di crisi. Nell'incertezza è difficile trovare un partner per la
fusione con Mps.
Ma dietro le quinte si preparano, discrete, Ubi bancae Bnp Paribas.
La popolare lombarda potrebbe rilevare la rete Antonveneta, i francesi forse anche il boccone intero. E in
caso di soluzione spezzatino ai fondi specializzati o alla futura bad bank andrebbe qualche credito in mora,
per lasciare a Siena il nucleo toscano del Monte.
Foto: AL BIVIO Da sinistra, l'ad del Monte dei Paschi Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo, oggi
a un bivio importante nel rapporto con la nuova vigilanza bancaria europea
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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IL RETROSCENA
15/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 5
(diffusione:309253, tiratura:418328)
«Così non va Siamo in venti, sarà battaglia»
[FRA. MAE.]
A metà mattinata Maurizio Bianconi, tesoriere del Pdl in liquidazione, ora in Forza Italia, prende la parola in
aula e sbotta: «Ci vuole una commissione d'inchiesta sul Patto del Nazareno». Si candida a presiederla? «E
dai, era una provocazione. Non mi fanno mai parlare, per una volta che sono riuscito a prendere la parola...».
Per dire? «Per dire che ad alcuni di noi che vengono dal Pdl la Forza Italia che c'è ora non piace. Non è mica
questa roba qui quel che ci avevano promesso quando ci siamo venuti». Alcuni di voi. «Sì, siamo una ventina
e non riteniamo quell'accordo un patto sulle riforme ma un aiuto alla maggioranza. E così si viene meno al
mandato popolare che era quello di fare opposizione». In quello c'è chi vi supera? «Certo. Lega, Sel, e poi il
M5S: loro sono proprio bravi, nomi non ne faccio ma sono forti». Vi farete sentire sul Quirinale? «Vediamo.
Se si trovasse un nome subito come con Ciampi non sarebbe male».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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5 domande a Maurizio Bianconi (Fi)
15/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 12
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Padoan dovrà inviare un aggiornamento sul bilancio per avere l'ok alla Legge di Stabilità
ALESSANDRO BARBERA MARCO ZATTERIN
Chiamatela pure flessibilità, ma gli esami per il governo Renzi non sono finiti. Le procedure europee
rafforzate richiedono un ulteriore, approfondito monitoraggio della situazione economica italiana. Per poter
ottenere uno sconto sull'entità del risanamento necessario, ed ottenere così una piena promozione della
Legge di Stabilità del 2015, entro febbraio il Tesoro dovrà inviare a Bruxelles un nuovo e corposo pacchetto
di informazioni su crescita, bilancio, riforme. La Commissione Juncker, i cui tecnici in queste ore sono in
missione a Roma, sta preparando il verdetto di fine marzo anche sulla base delle previsioni economiche
previste per il cinque febbraio. Oggi a Roma ci sarà il vicepresidente Katainen, e non solo per presentare il
piano europeo sugli investimenti: in agenda c'è un incontro con il ministro Orlando sulla riforma della giustizia.
A Palazzo Chigi sono « fiduciosi» che tutto andrà per il verso giusto e che il giudizio della Commissione sarà
positivo. Le cifre Nell'impianto che chiarisce i margini di flessibilità destinati a rendere «meno stupido» il Patto
di Stabilità Ue - dossier approvato martedì dalla Commissione - una matrice (ebbene sì, quella usata in
matematica) combina fra loro crescita effettiva e potenziale. In questo modo si punta ad attribuire ai Paesi la
facoltà di correggere il deficit strutturale (al netto di ciclo e una tantum) secondo le effettive possibilità offerte
dalla congiuntura economica. Nel 2015 l'Italia potrebbe ambire ad una frenata di 0,25 punti contro gli 0,5
richiesti dai Trattati. Una soglia inferiore allo 0,3 al quale il governo si era impegnato. Conferma Roberto
Gualtieri, presidente della commissione Ecfin dell'Europarlamento: «La Commissione dovrà controllare se lo
sforzo di bilancio è corretto e se i risultati delle misure strutturali sono coerenti con le promesse. La matrice
dice chiaramente che l'aggiustamento deve essere dello 0,25». In sintesi: alla fine il governo avrà a
disposizione un miliardo extra di spesa strutturale, sempre che Bruxelles non abbia da ridire sulla versione
corretta del Piano di Stabilità e del Piano nazionale delle riforme. Se tutto andrà come previsto, se dunque
l'Italia tornerà a crescere come spera il governo Renzi, il 2015 sarà l'unico anno in cui potrà beneficiare
dell'«effetto matrice». Dal 2016 infatti la riduzione del divario fra crescita effettiva e potenziale (il famigerato
output gap) riproietterà Roma nella normalità, ovvero sarà obbligata ad un aggiustamento strutturale di
mezzo punto di prodotto l'anno. Posto che il deficit dovrà restare sotto il 3%, vuol dire che i margini per il
Tesoro saranno nuovamente stretti. Insomma, il 2015 è un'occasione da non perdere, nonostante l'aumento,
inesorabile e per ora inarrestabile del debito pubblico. Il debito A novembre, secondo le rilevazioni della
Banca d'Italia, l'ammontare complessivo del debito è arrivato a 2.160 miliardi di euro, 2,6 in più rispetto ad
ottobre e poco sotto i 2.168 miliardi toccati a giugno e luglio, il massimo di sempre. L'esame di marzo «non è
un problema», minimizza il ministro dell'Economia Padoan. E non lo sarà «indipendentemente dall'esistenza
di nuovi meccanismi di valutazione delle regole». Lo spettro di una manovra aggiuntiva, cui è stato costretto a
fare ricorso lo scorso anno il governo Letta, è «del tutto fuori luogo». Le nuove linee guida sono «favorevoli
per l'Italia, perché la politica economica italiana è basata sulle riforme e sugli investimenti», ora svincolati da
eccessive rigidità, «in una situazione di finanza pubblica sotto controllo». Il governo promette, a parole, il
rispetto del 3 per cento. L'Europa, fino a prova contraria, gli crede. Twitter @alexbarbera @straneuropa
Panorama economico nella Ue Inflazione ai minimi dal '59 n Il tasso medio d'inflazione in Italia è stato dello
0,2% nel 2014. L'Istat fa notare che si tratta del minimo dal 1959. Il dato è frutto del rallentamento dei
consumi Aumenta la produzione n Cresce la produzione industriale in Italia a novembre rispetto a ottobre
(+0,3%) mentre in confronto con novembre 2013 c'è un calo dell'1,8% Consumi elettrici in calo n Nel 2014 la
domanda di energia elettrica ha registrato (a parità di calendario) una flessione del 2,1% rispetto al 2013 Ne
dà notizia Terna. È un segno di rallentamento economico Lo scandalo LuxLeaks n All'Europarlamento i Verdi
hanno raccolto le firme per una commissione d'inchiesta su Juncker per i favori fiscali alle multinazionali.
Decide la presidenza
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L'Europa avvisa l'Italia: a febbraio nuovo esame su conti e riforme
15/01/2015
La Stampa - Ed. nazionale
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Il debito pubblico italiano Livello toccato dal debito delle pubbliche amministrazioni nel corso dell'ultimo
triennio. Cifre in miliardi di euro 2013 2012 2014 OTT DIC GEN 1.996 2.016 2.104 2.170 2.140 2.110 2.080
2.050 2.020 2.000 1.990 1.960 1.930 2.107,2 2.089,5 2.022,7 1.943,4 2.120,0 2.017,6 2.146,4 1.955,1
1.936,2 2.166,3 1.974,7 1.957,4 2.168,4 2.148,4 2.168,6 1.975,6 2.134,0 2.085,3 2.068,6 2.157,5 2.020,6
2.160,1 2.068,9 1.988,36 2.034,7 2.041,3 2.072,8 2.060 1.982,2 1.977,5 - LA STAMPA Fonte: Banca d'Italia
2.074,7 2.075,1 AGO SET NOV FEB APR MAR MAG LUG GIU
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
«Fumata bianca al secondo giorno» Il piano di guerra di Palazzo Chigi
Marco Conti
Non si sbottona mentre benedice riunioni su riunioni. Ed è dal suo articolatissimo partito che da solo - o quasi
- potrebbe eleggere il successore di Napolitano, che Matteo Renzi parte per la conta della vita: l'elezione del
presidente della Repubblica. A pag. 3
IL RETROSCENA R O M A Non si sbottona e saltella sul posto mentre benedice riunioni su riunioni, cene su
cene di deputati e senatori le cui conversazioni il super fidato Luca Lotti trasforma in appunti preziosi per
disegnare la geografia interna al Pd. E' da qui, dal suo articolatissimo partito che da solo - o quasi - potrebbe
eleggere il successore di Napolitano, che Matteo Renzi parte per la conta della vita: l'elezione del presidente
della Repubblica.
MASSIMO Dettagliatissimi report all'americana degni di "House of Cards", accompagnati da "alberi
genealogici" delle amicizie e delle inimicizie di ogni singolo potenziale candidato al Quirinale, sono i
misuratori di pressione della temperatura interna al partito affidati al vicesegretario Lorenzo Guerini al quale il
premier ha chiesto di «non perdersi una riunione e una cena». Un metodo, quello di Renzi, che - oltre a
mettere in crisi la dieta di Guerini - capovolge quello a suo tempo adottato da Pier Luigi Bersani. «Nessun
nome calato dall'alto o frutto di riunioni a quattro o cinque», spiegano a palazzo Chigi dove raccontano anche
della volontà di Renzi di accelerare al massimo. «Avremo un presidente della Repubblica entro gennaio»,
continua a ripetere il premier che è infatti pronto a chiedere ai presidenti delle Camere di intensificare il
numero delle votazioni. Renzi la prossima settimana vuole che le Camere - riunite in seduta comune facciano due votazioni giovedì e tre venerdì, e non una il 29 e due il 30 come invece stabilito ieri dalla
riunione dei capigruppo. «Si decide tutti insieme e si chiude», sostiene Renzi che solo dopo aver
"tranquillizzato" il Pd, incontrerà con i vicesegretari Serracchiani e Guerini, tutte le delegazioni dei partiti.
Berlusconi compreso. Preoccupato e attento più alle mosse degli altri che a proporne di proprie, Renzi ha
iniziato con molta cautela la partita del Quirinale sulla quale in Italia, e soprattutto all'estero, misureranno la
stoffa della sua leadership. Rispetto ai tentativi di Bersani, Renzi parte da una maggioranza di governo
consolidata da un anno e da un'opposizione - interna ed esterna - molto più frastagliata e incapace di
proporre un candidato unitario fin dalle prime tre votazioni. Tenuta del Pd e tenuta della maggioranza, sono
sempre stati per il presidente del Consiglio i due capisaldi dai quali partire. «Sarebbe assurdo che un
Parlamento che ha dato la fiducia a questo governo eleggesse un presidente della Repubbli
ca con una maggioranza diversa», chiosa il senatore del Pd Giorgio Tonini che a palazzo Madama è
impegnato nel rush finale sull'Italicum. Quindi non un presidente "creatura" di Renzi, ma nemmeno un
presidente contro l'attuale assetto e il programma di riforme in calendario in Parlamento. Solo dalla quarta
votazione, nella quale sono sufficienti 505 voti su 1009, Renzi proporrà a Forza Italia una ristrettissima rosa di
candidati chiedendo invece di votare scheda bianca nelle prime tre votazioni. Analoga offerta verrà rivolta al
M5S e agli ex grillini, ma le conclusioni della ricognizione le tirerà personalmente Matteo Renzi all'ora di
pranzo di venerdì e prima della quarta chiama.
SEGNALI Venerdì, alla riunione della direzione del suo partito il premier insisterà molto sul metodo e sul
coordinamento stretto che la segreteria intende avere con i gruppi parlamentari. Stavolta «niente sms»,
assicurano dal Nazareno, ma «dialogo e confronto», come sostengono i capigruppo Zanda e Speranza. E
che al premier interessi ora dare segnali più al suo partito che a Berlusconi lo dimostrano le parole usate
dallo stesso Renzi ieri sera in tv alle "Invasioni Barbariche": «Se Silvio Berlusconi dice no al nostro candidato
per il Quirinale, ce lo eleggiamo da soli». In realtà il Patto del Nazareno regge e anche il Cavaliere ieri ha
voluto tranquillizzare i suoi dando prova di "opposizione" con la manifestazione di ieri al Divino Amore.
Pantomime a parte, l'intesa regge anche per il ritrovato dialogo tra Ncd e FI che profila una ricomposizione
del centrodestra utile anche a chi nel Pd sostiene sia la volta di un cattolico. Sarà anche per questo che nel
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La tela per il successore
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
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fanta-borsino del Quirinale i nomi di Sergio Mattarella e Pierluigi Castagnetti sono in rapida ascesa seguiti da
esponenti degli ex Ds come Fassino e Finocchiaro.
La "supplenza"
Istituto regolamentato dall'ar ticolo 86 della Costituzione è via del Cor so ANSA palazzo Giustiniani
Monteranno la guardia davanti al por tone di palazzo Giustiniani Pietro Grasso Presidente del Senato
L'UFFICIO Il "Miniquirinale" è palazzo ' COSA PREVEDE Le funzioni del presidente della Repubblica, ove
egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato fino al giuramento del nuovo Capo
dello Stato POTERI DEL SUPPLENTE Emanare leggi Promulgare leggi Accreditare diplomatici Ricevere
credenziali ambasciatori Sciogliere le Camere SIMBOLI I CORAZZIERI Lo Stendardo del Supplente
sventolerà,insieme al Tricolore e alla bandiera europea, fuori da palazzo Giustiniani
Foto: Sopra, Matteo Renzi segue da palazzo Chigi le cerimonie per Napolitano. A destra la bandiera del
presidente supplente. Sotto, il vessillo presidenziale ammainato
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 3
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«Quando dopo la vittoria al Mondiale festeggiò con i giocatori negli
spogliatoi»
NON È MAI STATO UN UOMO FREDDO E LE MANIFESTAZIONI DI ITALIA 150 LO HANNO
DIMOSTRATO RICORDO IL SUO SFORZO PER COMPORRE LE FRATTURE NAZIONALI, L'INCONTRO
TRA LE VEDOVE CALABRESI E PINELLI
Mario Ajello
Pasquale Cascella, visto dall'interno, Napolitano com'era? «Come dall'esterno. Un personaggio di grande
caratura istituzionale. E dotato di una sottile ironia». L'episodio che più le è rimasto impresso della sua vita
accanto al presidente? «Mi colpisce, ancora adesso, la vicenda della finale della nazionale ai mondiali di
calcio. Andare o non andare a Berlino? Il precedente di Sandro Pertini in Spagna, nel 1982, destava in me
qualche preoccupazione legata al paragone. Pertini era un tipo travolgente e un tifoso accanito, e fu quello
che tornando da Madrid si mise a giocare a scopone sull'aereo con i campioni azzurri. Saremmo riusciti a
stare all'altezza di quel precedente? I dubbi erano nostri - a cominciare dal fatto che non era scontato che
avremmo vinto la partita - e non del presidente. Il quale decise di andare e andammo». E che cosa accadde?
«Ancora ricordo come si lasciò trascinare, dopo la vittoria, dall'entusiasmo dei giocatori che ballavano in
mutande e sudati nello spogliatoio. E lui lì in mezzo, con giacca, cravatta e il suo aplomb. Credo che fosse la
prima volta che Napolitano sia entrato nello spogliatoio di una squadra di calcio. Anche attraverso quel
momento dei mondiali, cominciò ad uscire fuori l'immagine di Napolitano per quella che è e i cittadini si sono
riconosciuti in questo uomo delle istituzioni che ha saputo rappresentare i sentimenti del Paese». Non è un
tipo freddo? «Tutt'altro. E le manifestazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia hanno trasmesso il suo calore. Se
uno non ha una sintonia vera con gli italiani, non potrebbe raggiungere i livelli di popolarità e di consenso che
il presidente ha toccato». E' stata una costruzione pianificata? «Con un uomo così non ci può essere la
costruzione di un personaggio da marketing. Ma il dato più importante è questo. La sua vera preoccupazione
è stata quella di ricomporre le fratture storiche dell'Italia. La frattura tra Nord e Sud. Quella tra le forze
politiche travolte dall'incapacità di rinnovamento». In questo sforzo è riuscito? «Non dimentichiamo che nel
2006, quando è stato eletto la prima volta, era palpabile il rischio di una dissoluzione del sistema politico.
Questa dissoluzione in atto avrebbe potuto travolgere le istituzioni. La sua capacità d'interpretare la massima
istituzione del Paese, che è un'istituzione monocratica, ha consentito allo Stato in quanto tale di non essere
schiacciato dall'anti-politica». Un altro episodio che le è rimasto impresso? «L'incontro al Quirinale tra le due
vedove, la signora Calabresi e la signora Pinelli. Anche qui il discorso è lo stesso: riguarda lo sforzo del
presidente per ricomporre le fratture nazionali. C'erano due mondi separati e contrapposti, quello delle vittime
del terrorismo di destra e quello delle vittime del terrorismo di sinistra, e in mezzo i servitori dello Stato. Con
molta tenacia, Napolitano cercò di far crollare quel muro e quando le due vedove - che avevano viaggiato
insieme in aereo da Milano - arrivarono al Quirinale la distanza tra quei due mondi ancora si percepiva. Ma
poi, ricordo perfettamente che le due signore andarono a salutare il presidente e si abbracciarono tra di loro.
Cominciando a parlare l'una con l'altra, e non lo avevano mai fatto prima. Quello fu un momento di grande
svolta». La pacificazione? «No, qualcosa di più. Quell'abbraccio rappresenta la comprensione tra ragioni
contrapposte. Senza nulla concedere alla rimozione e cercando invece un impegno consapevole nella ricerca
della verità storica». Altra frattura ricomposta? «Quella tra le generazioni. Anche su questo Napolitano si è
impegnato allo stremo. Ricordo ancora la scena di una ragazza la quale, arrivata con una delegazione di
studenti al Quirinale per parlare con il presidente durante le proteste universitarie nel 2010, uscì dallo studio
di Napolitano e esclamò contenta: "Il presidente ci ha trattati da adulti!"». Non è stato troppo tenero con
Berlusconi? «Guarda caso, è stato accusato da una parte e dall'altra, dai berlusconiani e dagli antiberlusconiani, per avere compiuto scelte rigorosamente istituzionali. Che di volta in volta non andavano bene
agli uni o agli altri». E con Renzi? «Un uomo come Napolitano, con la sua età, avverte l'affanno del mancato
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L'intervista Pasquale Cascella (ex portavoce)
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 3
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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cambiamento e vede in Renzi la voglia di correre. Ma il cambiamento bisogna costruirlo mettendo mattone
dopo mattone».
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 7
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Parla l'ambasciatore di Berlino Schaefers: «Napolitano è stato un'ancora L'Italia è in una navigazione difficile,
serve un successore che dia stabilità»
Alessandro Di Lellis
L'INTERVISTA Con Giorgio Napolitano lascia il Quirinale il garante della stabilità italiana; la Germania, come
successore di quello che considera un amico, si augura una figura altrettanto autorevole che, in stretta
collaborazione col governo Renzi, faccia camminare le riforme. Anche perché la crisi italiana è tutt'altro che
superata. È quanto dice, in questa intervista, l'ambasciatore tedesco Reinhard Schaefers. E nel giorno delle
dimissioni, il presidente tedesco Joachim Gauck vuole ricordare la visita congiunta a Sant'Anna di Stazzema,
teatro di una delle più gravi stragi naziste in Italia: «Le sono profondamente grato per aver percorso insieme a
me questo cammino», scrive Gauck al collega italiano con il quale ha sempre avuto una vera sintonia.
Ambasciatore Schaefers, qual è il giudizio della Germania su Napolitano? «La considerazione verso di lui, in
Germania, senza esagerazione, è superiore a quella verso quasi ogni altro politico italiano degli ultimi anni;
da quando sono ambasciatore a Roma non ricordo alcun visitatore dal mio Paese che non abbia cercato un
incontro con Napolitano; non è la norma, per un presidente non esecutivo, ed è un indizio di quanto sia stata
ampia la sua fama entro e oltre i confini della classe politica, economica e culturale da noi e non solo. L'ho
potuto constatare personalmente durante la visita di febbraio 2013 che era nata come la sua ultima visita di
Stato in Germania (poi le cose sono andate diversamente)». E il suo giudizio? «Agli occhi di tutti i tedeschi
Napolitano è stato un'ancora di stabilità per l'Italia in questi anni. I tedeschi, ben al di là della classe politica,
hanno visto Napolitano come colui del quale, in tempi di crisi, ci si poteva fidare. Un grande europeo, che ha
sempre puntato all'integrazione dal punto di vista dell'Italia. E in secondo luogo un grande amico della
Germania e del rapporto italo-tedesco, come si è visto a dicembre a Torino nell'incontro con il nostro
presidente Joachim Gauck». Si è molto parlato del ruolo del presidente nelle dimissioni di Berlusconi. E dei
contatti con la Germania. «E' fuori discussione che Napolitano abbia esercitato le prerogative del suo ruolo
fino agli estremi limiti previsti dalla Costituzione, non per ambizione personale ma perché lo richiedevano
difficili circostanze. E quei limiti non li ha mai oltrepassati. Per tornare al novembre 2011, ciò che talvolta
viene raccontato è falso. Napolitano non ha avuto alcun contatto o accordo con la Cancelliera Merkel prima
del ritiro di Berlusconi. E' una favola. Non è possibile in alcun modo attribuire un comportamento del genere a
Napolitano, né questo è lo stile della Cancelliera». E subito dopo le dimissioni di Berlusconi, ci sono stati
contatti tra Quirinale e Cancelleria? «Non saprei. Angela Merkel in genere ha avuto molto raramente contatti
diretti con Napolitano. Subito dopo la nomina a premier di Monti, la Cancelliera ha avuto colloqui diretti con
quest'ultimo, in virtù dei buoni contatti con lui, che durano anche oggi. Ma questo non autorizza nessuno a
dire che ci sia stato un complotto». Che cosa vi aspettate dal prossimo presidente italiano? «Che sia
altrettanto valido come Napolitano». Vale a dire? «Che sia un'ancora di stabilità. Nel caso la crisi continui,
che ci sia un uomo o una donna di profilo (come credo si augurino tutti gli italiani e tutti gli europei) che
rappresenti l'unità del Paese. L'Italia non è ancora fuori dalla crisi; che il vostro Paese sia in una navigazione
difficile dal punto di vista economico e sociale è obiettivo, per questo è importante avere un presidente
fortemente integrativo. Poi, ci auguriamo che sia un motore per le riforme, giocando sia in modo discreto, sia
talvolta in primo piano, come ha fatto Napolitano». E se, di fronte alla crisi, il prossimo presidente metterà
l'accento piuttosto sulla flessibilità e meno sulle riforme? «Adesso non possiamo dirlo. Noi tedeschi speriamo
in un ruolo stabilizzante, integratore, che smussi i contrasti. E che si concentri sulla necessità di riforme, di
concerto con il governo e il presidente del Consiglio, perché lì c'è una chiara agenda riformista. Napolitano,
sia in privato che in pubblico, spesso è uscito allo scoperto dicendo ai connazionali e anche a chi in
Parlamento non era convinto di certe misure: qui abbiamo necessità di cambiare le cose, lasciatevelo dire
dall'alto della mia esperienza. Sarebbe eccellente se il prossimo presidente facesse lo stesso». Renzi è una
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«L'auspicio dell'Europa: un garante per le riforme»
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 7
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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garanzia di riforma per Germania? «Come minimo di sforzi di riforma. E' in carica da meno di un anno.
Vediamo un'agenda di riforme chiara, plausibile, politicamente importante e giusta; ci possono essere ritardi e
discussioni; ma vediamo un'agenda di riforme che sistematicamente viene elaborata. E di questo parleranno
il 22 a Firenze il premier e Angela Merkel, nell'incontro bilaterale? «Certo, di che cos'altro dovrebbero
parlare?»
Foto: Reinhard Schaefers
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 7
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Fra.gia.
IL RETROSCENA dal nostro inviato Colombo ( Sri Lanka ) La notizia gli è stata riferita mentre si trovava nel
santuario della Madonna di Madhu, nel cuore dello Sri Lanka. «Santità il presidente Napolitano si è dimesso».
Bergoglio ha dato subito disposizioni perché gli venisse inoltrato un messaggio affettuoso. «Le sono
spiritualmente vicino, desidero esprimerle sentimenti di sincera stima e vivo apprezzamento» per «il generoso
ed esemplare servizio all'Italia». Bergoglio gli riconosce «l'autorevolezza, la fedeltà e l'instancabile dedizione
al bene comune». Si è trattato di una «azione illuminata e saggia» che «ha contribuito a rafforzare» negli
italiani gli ideali di «solidarietà, unità e concordia» in un periodo difficile, segnato da parecchie difficoltà. Il
Papa ha condiviso con Napolitano alcune preoccupazioni sulla tenuta del tessuto sociale, reso fragile dalle
conseguenze della crisi. Tre giorni fa, parlando al corpo diplomatico aveva denunciato «il perdurante clima di
incertezza sociale, politica ed economica». La sua speranza è che «il popolo non ceda al disimpegno e alla
tentazione dello scontro».
Foto: Il Papa con Napolitano
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Il messaggio di Bergoglio e quei timori per la crisi
15/01/2015
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 8
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QUALCHE BANCHIERE ITALIANO HA PARLATO CON IL LEADER BCE RISCHIO CONDIVISO SUL
TAVOLO C'È L'ARMA DI EMERGENZA
Rosario Dimito
IL RETROSCENA R O M A Prima, tra fine novembre 2008 e marzo 2010, poi fra novembre 2010 e maggio
2011, la Fed allora guidata da Ben Bernanke spese in tutto 2.000 miliardi di dollari in titoli di stato Usa a lunga
scadenza: l'obiettivo, disse il governatore, non era finanziare l'amministrazione, ma contrastare i rischi del
crollo dei prezzi. In queste settimane nell'eurozona, i prezzi sono caduti vicino allo zero, siamo in deflazione,
l'imminente blitz della Bce di Mario Draghi vuol essere un toccasana per stabilizzare i prezzi. C'è chi fa un
parallelo con le due manovre dell'ex numero uno della banca centrale Usa di qualche anno fa, per trovare
una chiave di lettura sulla mossa che il consiglio direttivo di Eurotower varerà giovedì 22. I giochi sono aperti,
di sicuro il presidente della Bce sta alla finestra a guardare, mentre per suo conto, altri stanno conducendo
sondaggi per confezionare una posizione unitaria o di larga maggioranza. INVESTMENT GRADE Draghi
potrebbe spendere anche più dei 500 miliardi in agenda, arrivare a quota 750, con un'operazione di
condivisione del rischio che verrebbe ripartito in proporzione alle quote di capitale detenute dai singoli stati (la
Germania ha il 26%, l'Italia il 18%), scegliendo titoli investment grade e con una durata degli acquisti non
prefissata ma indicizzata all'inflazione: quindi fino a quando non si dovesse raggiungere un livello prefissato
(per esempio 1,8%) il programma resterebbe in piedi. Ci sono 2-3 banchieri italiani che hanno frequentazioni
regolari con Draghi. E chi ha avuto modo di parlargli di recente a Francoforte, dove si è recato in occasione
degli incontri bilaterali banche-Bce sugli sprep (processo di revisione della vigilanza) ha capito le sue
intenzioni. Ma il capo dei banchieri centrali si sarebbe mantenuto una soluzione alternativa o «di emergenza»
che sfocerebbe nell'ultimo dei compromessi ai quali vorrebbe ricorrere perchè lascerebbe con l'amaro in
bocca i mercati: annunciare la decisione del varo di un programma di acquisto di titoli di stato, rinviando a un
secondo tempo, le modalità. Questa soluzione estrema consentirebbe di scavalcare le elezioni in Grecia del
nuovo presidente della Repubblica, in programma domenica 25 ed evitare che la scelta di una tipologia di
titoli o dell'altra (in pratica comprare Sirtaki bond o non comprarli) possa condizionare l'esito della tornata
elettorale. «I tedeschi devono capire che la Bce fa una politica pan europea», ha spiegato ieri il banchiere
italiano che, ormai con cadenza quotidiana, sta distillando l'intenzione di non voler perdere altro tempo e
utilizzare il bazooka che, per la prima volta, ha annunciato nell'estate 2012. Il 26 luglio da Londra, infatti,
proclamò: «La Bce farà di tutto per salvare l'euro». E poi, poco prima di San Silvestro dello stesso anno con
tre parole («Credetemi, sarà abbastanza») galvanizzò le borse per qualche settimana nell'aspettativa di
un'iniezione di liquidità pari almeno a 1.000 miliardi di euro. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti, il
fronte guidato da Jens Weidmann ha sempre contrastato ogni azione. A parte il governatore tedesco e
qualche altro adepto, gli altri potrebbero accettare soluzioni mediane. Ed è quello che stanno cercando di
confezionare l'economista Peter Praet, nato a Herchen (Nord Reno) da padre belga e madre tedesca, uno
dei 20 membri del consiglio della Bce e Vitor Constancio, vicepresidente: entrambi appartenenti alla
maggioranza di Draghi, sarebbero al lavoro per uscire dal guado.
Foto: Victor Costancio, vicepresidente della Bce
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Ultima mediazione: salire a 750 miliardi con una manovra legata
all'inflazione
15/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 30
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Per il Corano siamo malvagi «associatori»
Paolo Granzotto
Caro Granzotto, sono disgustato dall'ignoranza, o dalla falsità del politicamente corretto, di tante persone
(compreso Papa Francesco) che affermano che l'islam condanna questi omicidi. Ma il Corano , libro sacro
dell'Islam, intima invece di uccidere gli idolatri (compreso Papa Francesco). Nella IX sura si legge: «Uccidete
questi associatori ovunque li incontriate». Così nella traduzione, da lei ripotata, a cura di Hamza Piccardo. Un
po' ambigua perché il vocabolo «associatore» l'ho trovato solo nel Dizionario Enciclopedico col significato: di
«chi procura nuovi associati ad un'opera in corso di stampa». Siamo nel ridicolo. In una traduzione in inglese,
con a fianco il testo in arabo, si legge: idolatri. Antonio Sabatini e-mail Pur essendo di non immediata
comprensione il termine è legittimo, caro Sabatini. «Dicono i giudei: "Esdra è figlio di Allah"; e i nazareni
dicono: "Il Messia è figlio di Allah". Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di quanti già
prima di loro furono miscredenti. Li annienti Allah» si legge nel Corano . Giudei e cristiani sono dunque
miscredenti per aver associato - ed ecco gli «associatori» altri dei all'unicità di Allah. Questo è uno dei versetti
che creano imbarazzo («Li annienti Allah»!) a quanti, musulmani e non, si prodigano per sostenere il Corano
monumento alla pace, alla tolleranza e al dialogo. Ed è anche argomento a sostegno delle argomentazioni di
Matteo Salvini - se ne parlava ieri - circa l'errata interpretazione musulmana della Torah . Affermazione che
parendogli bischera fece sbellicare dalle risate Marco Travaglio. In nessun passo della Torah Esdra viene
infatti indicato quale figlio di Dio. Figura eminentissima per l'ebraismo, scriba e custode dei libri sacri Esdra
salva il suo popolo dall'ignoranza della Torah assicurandone la rinascita spirituale. Ma da figlio dell'uomo, non
di Allah.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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L'angolo di Granzotto
15/01/2015
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 30
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Obama ha fatto un grosso sbaglio a non presenziare a Parigi
Mario Cervi
Sta passando in cavalleria l'evidente sgarbo di Obama alla Francia e all'Europa. I giornali americani si sono
scandalizzati per la mancanza di peso politico americano alla manifestazione di Parigi. Non siamo analistidi
politica internazionale,ma èevidente che l'assenzaUsa aParigi voglia dire ben altro. Nessuno sembra
interessato a scoprire il perché dell' assenza. Causato dalla politica nazionale e internazionale della Francia
che va per conto suo? Forse per l'azione in Libia nonostante Obama avesse chiesto l'intervento, che non
doveva andare come gli Usa speravano? Variazioni e decisoni in Mali o qualcosa d'altro che non
conosciamo? insomma qual'è il motivo dell'assenza del Presidente Usa? Roberto Zanella e-mail Caro
Zanella, ho probabilmente il vizio di semplificare e banalizzare i problemi. Incluso oggi anche quello
dell'assenza Usa, o d'una presenza di modesto livello, che è quasi peggio, alla grande manifestazione di
Parigi. Secondo me non è necessario scomodare retroscena complicati, sofisticati e magari tenebrosi per
spiegare la decisione della Casa Bianca e delle sue maggiori propaggini. Obama ha sbagliato
grossolanamente disertando la straordinaria marcia per la libertà e contro il terrorismo. Non è che volesse
deliberatamente offendere quanti alla marcia hanno partecipato. Semplicemente non aveva capito il valore
simbolico e l'importanza politica del corteo: con una quarantina di capi di Stato e di governo: tranne lui. Lo
statista più potente del globo non è nuovo a errori internazionali e a gaffes clamorose che gli sono valsi un
crollo dei consensi elettorali: e che evidentemente hanno pesato di più d'un bilancio economico positivo e
quasi trionfale. A quanto pare non è vero che gli interessi bottegai prevalgono sempre sulle motivazioni ideali.
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la stanza di Mario Cervi
15/01/2015
Il Fatto Quotidiano
Pag. 1
(tiratura:100000)
Mentana, 60 anni: "Cairo magari fa cazzate, però mi lascia libero"
Malcom Pagani
IL GIORNALISTA Mentana, 60 anni: " Cairo magari fa cazzate, però mi lascia libero " Pagani » pag. 22 - 23
Sansa tutto il rispetto, vediamo riforme figlie dei dissidi tra il ministro Boschi e Corradino Mineo. Sarà un ' altra
cosa o no? Assistiamo alla dipartita del merito? È scomparso il merito e la gavetta è considerata
inessenziale. È un peccato perché è ancora imprescindibile. Ai pochi giovani che ho in redazione dico che
bisogna essere concentratissimi e umili nel fare tutto. Dal titolo alla didascalia. Il tipico giornalista di mezza
tacca di oggi è quello che non essendo più l ' ultimo della fila, si monta la testa, storce il naso e si rifiuta di
fare ciò che improvvisamente considera sminuente. Senza capire che non c ' è nulla di più appagante del
lavoro giornalistico in comune. Un gusto antico che è al tempo stesso individuale e collettivo. Un gusto che si
è perso. Ha molti amici giornalisti? Ho pochi amici in generale e nessun giornalista tra loro. Ho buoni rapporti
con i miei Gli occhiali sono finiti in un cassetto: " Non li metto da un paio di mesi. Ormai la vita la conosco e
non ho più bisogno di guardare i dettagli. Intuisco le cose. Le percepisco. Mi oriento e tanto mi basta " . Oggi
Enrico Mentana compie 60 anni. Dal Villaggio dei giornalisti, periferia a Nord di Milano, complice una patente
mai conseguita: " Continuo a camminare molto e non mi pesa " , Mentana è arrivato a raccontare quello
globale con un certo anticipo sui tempi, senza credere che la rotta prevedesse tappe o liturgie obbligate: "
Non ho preso neanche la laurea " . Ragazzo di bottega appena maggiorenne a La Gazzetta dello Sport : "
Correggevo bozze " . Praticante al Tg1 a 25 anni: " Facevo le brevi con una felicità che non so dirle e da
milanese in trasferta romana dormivo negli alberghetti. Spendevo di meno e annullavo le incombenze. Aprivo
una porta, mi buttavo sul letto e la mattina dopo ripartivo senza dover controllare se il gas fosse chiuso " .
Direttore a 36: " Il Tg5 partì proprio a gennaio, in queste ore, nel ' 92 " . Con le sigarette sotto chiave e un
primo caffè a cui seguirà corposa replica, Mentana non aspira più a niente: " C ' erano illustri colleghi che
avevano un difetto terribile: appena si sedevano in un posto, pensavano alla poltrona successiva. Non l ' ho
mai fatto e non inizio adesso. Sono a La7 e anche se dire ' non lo farò mai ' è un indizio di cretineria,
proiettandomi in un ipotetico domani non mi vedo in un ' altra tv, ma ai giardinetti. Sono sincero. Conduco un
Tg quasi tutti i giorni, scrivo su un settimanale, collaboro in radio. Ma a un dato punto devi smettere di correre
e - suggeriva Goethe - ricordarti anche di vivere " . Sulla strada del bar scelto per l ' incontro passano coppie
di bucanieri pomeridiani, Marco Giusti e Freccero: " Carlo, ma è vero che vai in tv per farti lavare i capelli? " ,
avvocati che un tempo duellarono per Valpreda e Pasolini di nome Guido Calvi: " Salve santità! " , colleghi,
ammiratori occasionali. A tutti una battuta, un abbraccio, una stretta di mano. In sottofondo la risata di
Mentana. Rumorosa. Coinvolgente. Vagamente cavallina: " Tutto ciò che ti fa staccare almeno per un istante
dalla serietà porta con sé dei meriti. Non mi sono mai fatto una canna, se non per provare, più di 30 anni fa,
ma amo l ' aspetto ludico dell ' esistenza e non me lo sono mai negato. Scherzo, gioco alla Playstation e ho
imparato che l ' ironia è importante, ma l ' autoironia è fondamentale. L ' ho sempre praticata e applicata
anche alle mie manie " . R a cco n t i . Da ragazzo leggevo i giornali dalla prima all ' ultima riga e proprio
come lo stolto di C r isto si è fermato a Eboli sapeva le formazioni di calcio a memoria, io conoscevo anche le
firme dei corrispondenti più oscuri. Ero uno scemo simile. I compagni di Liceo mi prendevano in giro: ' Enrico,
chi scrive da Biella oggi? ' . Quell ' ossessione a qualcosa è servita. Forse era una forma di autismo, ma al
tempo stesso era vera passione. Mio padre Franco lavorava alla Gazzetta dello Sport , tornava a casa per
cenare tutte le sante sere e la domenica mi portava a San Siro. Era il nostro rito. Lo pagavano per scrivere di
calcio. A me sembrava facesse il mestiere più bello del mondo. In breve tempo divenne anche il suo. Sapevo
che non avrei mai fatto il giornalista sportivo. Quello era il lavoro di mio padre. E tutto può fare un figlio nella
vita tranne che calcare i suoi stessi passi. Mi sono comportato di conseguenza. Per due volte mi hanno
offerto di dirigere la G a zze t ta e per due volte ho detto no. Sono pazzo dello sport, ma esistono confini che
non vanno superati. Alla fine degli Anni 70 lei si trasferì a Roma e trovò occupazione in Rai. Mio padre cercò
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intervista IL GIORNALISTA
15/01/2015
Il Fatto Quotidiano
Pag. 1
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un equilibrio tra stima e disappunto. Vedermi partire lo addolorava, ma considerava lo strappo inevitabile. A
vent ' anni, provare a costruire il tuo futuro più che un diritto è un dovere. I miei lo sapevano e avevano
vissuto ben altro. Mia madre era ebrea e a 12 era rimasta chiusa e nascosta per molti mesi in un casolare
isolato. Papà, sorpreso dall ' 8 settembre era andato con i partigiani in montagna. Relativizzare, a casa mia,
rappresentava più di una filosofia. Cosa altro c ' era a casa Mentana? La semplicità dello stupore. Quando mi
regalarono il mio primo registratore, il Geloso, mi sembrò di essere in rampa di lancio a Cape Canaveral.
Oggi i bambini sono ipertecnologizzati e hanno lo smartphone a 7 anni. È meglio? È peggio? Non lo so. So
che la mia generazione è cresciuta in un mondo diverso. C ' era la politica. C ' erano le assemblee. C ' era
una gara a conoscere di più e a primeggiare con la parola per smania di sapere, bisogno di autostima,
necessità di far colpo sulle ragazze. C ' era un bagaglio di nozioni e di ideali da mettere al servizio di
qualcosa. Abbiamo fatto l ' unico lavoro che ci permetteva di non sapere un cazzo di niente e tutto di tutto. Il
mio. Sognavate di cambiare il mondo? Non abbiamo cambiato il mondo, ma ci siamo dati gli strumenti per
raccontarlo. In fin dei conti, un prolungamento e un ' appendice di quel sogno. Siamo a contatto con i fatti. E
con la crisi del mestiere. C ' è un rattrappimento, una regressione che accomuna tv e carta stampata. Il
giornalismo si trova in una situazione terrificante. È arroccato, in difesa, terrorizzato dal cambiamento. È un
prodotto fatto da sessantenni che parlano solo ai sessantenni. In parallelo cresce una generazione che ha
dimostrato di avere un altro calendario e di non ritenere più rilevanti le messe che officiamo. È un passaggio
epocale davanti al quale siamo disarmati. Sembra disarmata anche la politica. Come alla fine del
Rinascimento, l ' Italia somiglia a un paese appassito e preso alla sprovvista dalla modernità. Dal passaggio
all ' euro come dalla rivoluzione digitale. La politica, poi, è finita. Sono cambiati i riferimenti. Crollate le sezioni
e il sistema di cooptazione. Oggi siamo alla democrazia rappresentativa svuotata dalla politica. Un tempo, a
prezzo di notevoli abomini, i partiti coltivavano un ' idea di società che era discriminante. O di qua, o di là. Per
affermare la propria identità ci si scannava. Oggi è tutto liquido. Indistinto. Il Pd governa con il delfino di
Berlusconi. E la verità è che, al di là della capacità operativa di ognuno, nessuno percepisce grandi differenze
tra i leader delle nostre formazioni politiche. Ma idea di come si confrontassero sui modelli alternativi di
società quei meravigliosi pazzi dei nostri padri costituenti? Oggi, con EDITORI colleghi, ma gli amici veri sono
un ' altra cosa. Nel nostro mestiere è tutto un ' ciao, come va? ' . Non ho mai creduto a quelli che hanno 100
amici. Amico è una parola seria. Per contare i miei, basta la mano destra. Ribalto il sillogismo. Colpa del
mestiere che f a? Nel giornalismo funziona così: quel che hai fatto è merito tuo, quel che non sei riuscito a
fare è sempre colpa di qualcun altro. Il sacramento principale, il primo comandamento della professione, è l '
autoassoluzione. E anche con la gratitudine, soprattutto con chi è stato miracolato, non siamo messi tanto
bene. È stato ingrato anche lei? Possibile. Ad alcune persone, penso a Emilio Rossi, già fondatore e direttore
del Tg1, l ' u omo pudico, schivo e coraggioso che mi assunse nel ' 79, sono stato sempre grato. Ma per me è
più semplice. Ho avuto successo e mi sono potuto permettere di dividerne la paternità. Quando resti a metà
del guado, essere generosi è più difficile. Mentana, dicono, è vanesio. Verissimo. Anzi, a tratti direi molto
vanesio. Ma, credo, capace di moderazione. Devi stare attento alle trappole. Amare te stesso non significa
amare il giornalismo. Io ad esempio non mi rivedo mai. Il 13 gennaio 1992 se lo ricorda? Prima edizione del
Tg5. Mi venne offerta un ' occasione incredibile. Potevo assumere chi mi pareva e lo feci. Puntai sui giovani
ed edificammo un telegiornale alternativo a quelli paludati e prigionieri della politica che andavano in onda
sulla Rai. Erano attaccabili. Erodibili. bisognava solo trovare qualcuno che lo facesse. Avevo due regole che
valevano per tutti. Quali? La prima era che i miei giornalisti, 40 in tutto, per usare un termine orrendo,
dovevano essere m u l t i ta s k i n g . Scambiarsi di ruolo. Saper fare ogni cosa. E la seconda? Dovevano
stare lontani dal corridoio. Il vero nemico del giornalismo è il corridoio. L ' antro in cui ci si lamenta e si parla
male del collega per noia o frustrazione. Io li mandavo in onda dalle 6 di mattina alle 9 di sera. L '
occupazione è un ottimo antidoto alla cattiveria gratuita sussurrata di fronte alla macchinetta del caffè. Da
Mani pulite ai sequestri di persona, dalla Guerra in Serbia alle Torri Gemelle, il suo Tg raccontò un decennio
rivoluzionario. Diedi grande spazio alla cronaca. Alle storie eccezionali che capitavano alle persone normali.
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C ' era quello spazio e lo occupammo. Poi la cronaca venne monopolizzata da Mario Chiesa, dalle tangenti e
dal crollo della Prima Repubblica e ci trovammo a lavorare su tutto un altro film. Raccontammo tutto senza
guardare in faccia a nessuno che era esattamente ciò che la Rai, per ovvie ragioni politiche, non era in grado
di fare. Superaste il Tg1 fin dalla prima sera. Dopo un anno, Adriano Galliani, un signore che più in là del suo
ruolo nel Milan, disbrigava per Mediaset anche alcune questioni operative, mi chiese di cosa avessi bisogno.
Se volevo un aumento. ' Vorrei un corrispondente a Torino e uno a Bari ' risposi. Non avevamo abbastanza
elementi. Pensi che a Palermo, nel ' 92, per coprire la stagione delle stragi di mafia, fummo costretti a
ingaggiare un ragazzino. Quel ragazzino era Salvo Sottile. Con Berlusconi il rapporto è stato alterno. Nelle
pieghe di una lunga dialettica tra editore e dipendente, c ' è stato spazio anche per una guerra non dichiarata
a bassa intensità? Abbiamo assistito a una gara di celodurismo tra lei e l ' ex premier? I risvolti psicologici,
anche senza scomodare Freud, esistono. E le cose sono sempre più complicate di quanto appaiano in prima
battuta. Pensi a quest ' uomo, ai tempi già molto spregiudicato, che mi assume per fare un telegiornale da
zero e non mi dice ' aiutiamo Bettino ' ma soltanto: ' Faccia il giornale più libero che può ' . E poi pensi a
questa stessa persona che due anni dopo scende in campo e si candida alla guida del Paese. Berlusconi è
sempre stato ambivalente. Lo è tuttora. In cosa consiste l ' a m b i va l e n za? Nel provare a convincerti dell '
esattezza del suo punto di vista. Nel godere a sostenere la genuinità della sua ascendenza libertaria. ' Sì,
sono Berlusconi, ma sono anche l ' editore di G o m o r ra , lo stesso che ha messo Mentana a dirigere il mio
telegiornale di punta ' . Le dava fastidio? No, nella mia situazione specifica caso e necessità si sono
mischiati. Il caso è stato il successo. Andavamo bene e nessuno come il padrone di una società calcistica sa
che ' squadra che vince non si cambia ' . La necessità invece confinava con la paraculaggine. Se hai una rete
in cui si muovono Ricci e Costanzo, con un Tg che dà prima di tutti gli altri la notizia che il tuo editore è
indagato per mafia, farti passare per illiberale è dura. Quindi si è sentito libero in Med i a s e t? Fino a un
certo punto del percorso, con Confalonieri come garante, ho fatto il cazzo che mi pareva. Per questa ragione
non ce l ' ho mai avuta con l ' e d itore Berlusconi e fino a quando è stato possibile, pur essendo stato
destituito dal Tg5, rimasi in azienda e mi diedi un ' altra occasione con Matrix . Solo dopo il quadro si
immalinconì e si corruppe. Come succede in una coppia non più felice in cui ogni pretesto può portare alla
separazione. Vi separaste infatti. Ma sono testimone del fatto che Berlusconi non è un angelo e non è un
diavolo. Senza di lui non avrei fatto il Tg5 e sarei probabilmente finito nel gorgo della lottizzazione Rai. Se
non ci fosse stata alternativa all ' i n f o r m azione canonica, ne avremmo patito tutti. Un ruolo trainante,
Berlusconi l ' ha avuto eccome. Stupisce sentirglielo dire. Il dopo condiziona sempre il prima, quindi se oggi
dici una cosa del genere ti prendono per pazzo, ma fu così. Garantisco. Per fortuna oggi non mi chiedono più
da che parte sto. Non voto e non sono più visto come disertore. Faccio ormai parte della maggioranza
assoluta. Il futuro di Renzi è in salita? Renzi è stato un vero crac, ma oggi ha il problema di maturare e
presentarsi in una veste diversa. L ' effetto iniziale della novità sta svanendo. Anche Aldo Giovanni e
Giacomo erano straordinari quando apparvero a Mai Dire Gol , poi però arriva un momento in cui devi
rivedere il repertorio. Quel momento è giunto anche per Renzi. Non mi dirà che Berlusconi potrebbe persino r
i v i n ce re? Tecnicamente può accadere. Ora tra i due schieramenti ci sono 5 punti di distanza, domani può
succedere di tutto. Quante volte nella nostra storia recente abbiamo visto personaggi destinati al
dimenticatoio riemergere e affermarsi? Non so se sarà il caso di Berlusconi, ma so che abbiamo passato anni
a tentare di prevedere cosa avrebbe fatto e abbiamo sbagliato spesso. Nessuno di noi lo votava e nessuno
faceva parte del suo ' p opolo ' . Ergo, nessuno può dirlo oggi con certezza. Ora a La7 è felice? Quando ho
preso in mano il Tg ero consapevole di dover fare il contrario di quello che avevo fatto nel ' 92. Lasciare la
cronaca per dare spazio anche ad altri mondi. È avvenuto. Come sono i suoi rapporti con Cairo? È vero che
la spending review di La7 è selvaggia? L ' ho visto con i miei occhi, in situazioni delicate e con i potenti
infuriati alla porta, prendere senza titubare le parti dei giornalisti e degli autori. Mi offre libertà assoluta e la
cosa incredibile è che rompiamo le palle da sempre lamentandoci dell ' assenza di un editore puro e io l ' ho
trovato dopo 35 anni di televisione. Magari fa delle cazzate, ma si occupa di carta stampata, editoria e
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televisione. Non di altro. Ci sarebbe anche il Torino Fc, ma è un ' altra storia. Però taglia i costi, giusto? Non è
prodigo e tra uno con le mani bucate e Scrooge, il secondo gli è più affine. Ma con i numeri de La7 si poteva
operare drasticamente e lui ha evitato. È vero, siamo in spending review, ma chiedo? Conta più la libertà o l '
optional? A me di guadagnare un po ' di meno frega zero. Anche perché noi ' vecchi ' a bbiamo una
responsabilità della Madonna. Q u a l e? Redistribuire un po ' dei soldi che guadagniamo. Noi lavoriamo e i
giovani no. Per giustificarci ci diciamo che li manteniamo noi, ma forse, se potessero scegliere, i ragazzi
farebbero per conto loro. Cosa propone? Un atto di solidarietà generazionale. Se ci dicessimo davvero '
guadagniamo un decimo in meno e assumiamo altre 3 o 4 persone tra i 25 e i 30 anni ' firmerei subito.
Quante cose si potrebbero fare con quei soldi? Si faranno? Non lo so. Lo spero. Andrebbe invertita la
tendenza. Lei sa quanto guadagna un direttore di giornale? Sfiora il milione di euro. Con la metà starebbe
peggio? La verità è che certi giornalisti passano la vita a fare i giornalisti dipendenti e, anche se non lo
ammetterebbero neanche sotto tortura, sono assetati di soldi. Eppure potrebbero fare un gesto importante e
rendere un servizio serio. Si lavora per la gloria, per il potere, soprattutto per non stare a casa. Non certo solo
per la pecunia. Lei per che cosa lavora? Compatisco gli schiavi della mondanità, quelli che trovi a tutte le
feste. Io riesco ad andare al cinema un paio di volte l ' anno e cerco di essere un uomo del mio tempo. Non è
facile. Me ne sono reso conto quando mi hanno indicato una ragazza ' quella somiglia a Lady Gaga ' . Non
sapevo chi fosse. Qualcosa per strada te la perdi, tutto non puoi inseguire. A scuola non ero un secchione,
ma quello che studiava affannato la notte prima degli esami. Umberto Eco sostiene che invecchiare sia
merav i g l i o s o. È presto per dirlo. Quando comincerò a invecchiare le darò la mia opinione.
A Mediaset, fino a quando Confalonieri è stato il mio garante, ho fatto quello che mi pareva. Per questo non
ce l ' ho con l ' imprenditore Berlusconi e fino a quando è stato possibile, pur destituito dal Tg5, rimasi in
azienda con Matrix. Solo dopo il quadro si corruppe
Cairo mi offre libertà assoluta e la cosa incredibile è che rompiamo le palle da sempre lamentandoci dell '
assenza di un editore puro e io l ' ho trovato dopo 35 anni. Magari fa delle cazzate, ma si occupa di editoria e
televisione. Non di altro. Ci sarebbe anche il Torino, ma è un ' altra storia
Ai pochi giovani che ho dico di rimanere concentrati e umili nel fare tutto. Il tipico giornalista di mezza tacca si
monta la testa, storce il naso, si rifiuta di fare ciò che considera sminuente. Senza capire che non c ' è nulla di
più appagante del lavoro giornalistico in comune
Foto: IN TELEVISIONE DAL 1980 Dal Tg2 a La7, passando per il Tg5 Enrico Mentana è nato a Milano il 15
gennaio 1955. Assunto in Rai nel 1980, ha fondato e diretto il Tg5 dal 1992 al 2004. Lascia Mediaset nel
2009; dal 30 giugno 2010 è direttore del telegiornale de La7 Ansa A fianco, Silvio Berlusconi in una foto dei
primi Anni 90 e Urbano Cairo, proprietario de La7. Nella pagina a fianco, Enrico Mentana e la prima
redazione del Tg5 Ansa
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Avvenire - Ed. nazionale
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«Il mio dissenso su Eluana, lavoro e anomalia giudici»
Intervista/2 Il capogruppo Ncd in Senato: «Onoro una grande personalità della politica, anche se non sono
stato sempre d'accordo con lui»
Giovanni Grasso
"Napolitano è stato un grande presidente, che onoro. Senza però dimenticare anche i grandi dissensi che ho
avuto con lui». Il capogruppo di Ncd al Senato, Maurizio Sacconi, socialista di lungo corso, spiega: «In un
giorno come questo, in cui prevalgono sentimentalismi e retorica, credo che una personalità come Napolitano
non possa che apprezzare anche un po' di sano, franco e rispettoso esercizio della critica». Un ritratto in
chiaro-scuro? Conosco e stimo Napolitano da molto tempo, da quando era all'interno del Pci il riferimento
dell'area migliorista, che sosteneva la necessità di un confronto ravvicinato con il partito socialista di Craxi.
Ho sempre apprezzato il suo posizionamento nel partito avendo egli partecipato con spirito critico ai suoi
errori storici. E da capo dello Stato che giudizio ne dà? Un uomo sicuramente dotato di una grande
intelligenza politica, merce rara nella cosiddetta Seconda Repubblica. Ha esercitato le funzioni di capo dello
Stato svolgendo con forza il suo ruolo di garante della Costituzione, che lo ha portato anche a intervenire nel
merito dei provvedimenti. Devo dire che a me non dispiace un ruolo forte del capo dello Stato e mi auguro
che il Parlamento trovi un successore altrettanto autorevole. Quanto ai dissensi? Innanzitutto ricordo quando
noi, con il governo Berlusconi, tentammo di salvare la vita di Eluana Englaro, con un provvedimento urgente
perfettamente rispondente al nostro ordinamento costituzionale e a quello del nostro Servizio Sanitario
Nazionale che è istituzionalmente orientato alla vita. Come è noto, con una iniziativa senza precedenti,
Napolitano ci fece sapere che non avrebbe controfirmato la legge. Si trattò di uno stop preventivo senza
precedenti che non ci impedì tuttavia di deliberare il decreto poi bloccato al Quirinale. Ce ne sono stati altri?
Essenzialmente altri due. Non ho condiviso le posizioni del presidente sulle riforme del lavoro: Napolitano è
stato a mio giudizio troppo attento a difendere e conservare il vecchio impianto lavoristico e delle relazioni
industriali. Poi devo dire che avrei sperato di più dal suo ruolo di presidente del Csm per risolvere l'anomalia
giudiziaria che ancora persiste nel nostro Paese e che Napolitano ha sperimentato su se stesso durante
alcune fasi di indagine sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Proviamo a fare un bilancio conclusivo? Un
politico a tutto tondo, una personalità autorevole, che continuerà, ne sono sicuro, anche nel suo nuovo ruolo
di senatore a vita, a essere operoso sulla base delle sue forti convinzioni.
Foto: CRITICO. Maurizio Sacconi
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Sacconi
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Il Foglio
Pag. 2
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Adriano Sofri
Il Quirinale è un po' una prigione, ha detto Napolitano a una bambina. Alle bambine si dicono le cose più
importanti. Per una volta i carcerati italiani si saranno rammaricati dell'uscita di uno di loro.
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PICCOLA POSTA
15/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 2
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I mercati vogliono tagli alla spesa pubblica. E alla fi ne li otterranno
La prudenza di Padon non porta fuori dalla stagnazione
EDOARDO NARDUZZI
Pier Carlo Padoan ha fatto sapere che nel 2015 la recessione, entrata nel suo quarantatreesimo mese,
dovrebbe terminare. Nessuna, purtroppo, dichiarazione un minimo più coraggiosa, come la situazione
richiederebbe, sulla crescita attesa nel 2015 post forte deprezzamento dell'euro e calo del barile, lasciando il
serio dubbio che senza il soccorso inaspettato della congiuntura internazionale il pil sarebbe restato ancora al
palo anche nell'anno appena iniziato. Padoan si augura anche la partenza del Qe, acquisto di titoli di stato,
da parte della Bce per arginare il pericolo deflazione. Cosa effettivamente succederà il 22 gennaio al board
della banca centrale europea è difficile da prevedere, ma è sicuro che i falchi anti quantitative easing avranno
facili argomenti da mettere sul tavolo: non è ancora chiaro se si tratta di un calo dei prezzi o di vera de azione
perché le aspettative non sono facilmente decifrabili; non è ancora chiaro quanta in azione sarà importata dal
deprezzamento dell'euro; non è per nulla intellegibile il ciclo dei prezzi del barile petrolifero. In più ci sono le
elezioni greche del 25 gennaio. Insomma tanti argomenti per sterilizzare ogni decisione ed evitare un Qe che
per dimensioni annunciate servirebbe a poco e sarebbe ancor più nocivo per l'eurozona se attuato per singoli
paesi con le banche centrali nazionali incaricate di comprare i loro titoli di stato. In questo modo tutto il premio
per il rischio fi nirebbe sui loro bilanci. La Bce sarebbe un consolidatore non il vero compratore dei Btp.
L'impressione è che ci sia un'eccessiva timidezza, in primis da parte del ministro dell'economia Padoan, nel
dire con la necessaria chiarezza e determinazione la verità che si sta già incorporando nelle aspettative del
mercato: l'eurozona rischia la stagnazione secolare e rischia più di ogni altra area economica del globo,
perché offre degli arbitraggi con guadagno sicuro a chiunque vuole muoversi all'interno del suo mercato. La
stagnazione secolare è un evento dalla probabilità molto vicina a 1, senza un Qe all'inglese o riforme alla
lituana in Italia e in Francia, mentre è un'ipotesi molto remota in Germania. Il pil tedesco potrà anche
rallentare ma diffi cilmente entrerà in stagnazione prolungata, mentre quello italiano ci è già da quasi quattro
anni. Il rischio della stagnazione secolare necessiterebbe in Italia di una capacità di azione e di intervento
nelle riforme di gran lunga più incisiva di quella che l'accademico Padoan riesce a produrre. Tutti gli investitori
sanno che nella contabilità del pil il costo della spesa corrente pubblica entra al nominale: senza la partita di
giro dell'intermediazione pubblica il pil sarebbe perfi no più basso di quanto non sia oggi. E i mercati il taglio
della spesa improduttiva lo vogliono e, Padoan o meno, lo otterranno. Altrimenti sarà stagnazione secolare.
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IL PUNTO
15/01/2015
ItaliaOggi
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Lotta dura al nazismo musulmano
In caso contrario, fi niremo sottomessi a una religione I musulmani hanno diritto a costruirsi le loro moschee.
Oggi però, chi le gestisce, deve dare sempre la massima collaborazione nella lotta all'estremismo tra le loro fi
la I "no euro" vogliono "meno Europa". E invece le gravissime sfi de che ci attendono oggi, esigono, anche in
questo campo, molta più integrazione fra le varie polizie nazionali I cristiani, anche se nel Vangelo si predica
l'amore, hanno commesso tante persecuzioni. I
GOFFREDO PISTELLI
Nei giorni scorsi ha pubblicato, via Twitter, un estratto del Palestinian Information Center, organo di Hamas,
che lanciava la stessa accusa di doppiopesismo circolata in questi giorni da più parti: silenzio sui «milioni di
morti musulmani» e l'indignazione per i 12 uccisi di Parigi, oltretutto «coinvolti nell'oltraggio al Profeta
dell'Islam». Marco Taradash, livornese, classe 1950, consigliere regionale del Ncd in Toscana, ha voluto così
ricordare che c'è tutto un mondo, per così dire «terzista», che fra i terroristi e le democrazie europee e
occidentali decide di non schierarsi. Domanda. È un pensiero che tenta anche un po' di Europei,
ammettiamolo... Risposta. Corre per l'Europa (e c'è fra gli europei) una voglia di venire sottomessi più di
quanto ne abbiano certi musulmani di sottometterci. D. Già all'indomani delle raffiche dei kalanshnikov e
mentre i due killer erano i fuga e un terzo arraffava ostaggi, la preoccupazione di molti, specialmente a
sinistra, pareva unicamente quella di dire che non esiste una questione islamica. Tanto che Francois
Hollande, la sera della strage, è riuscito a non pronunciare questo aggettivo. R. Qui occorre una
digressione... D. Facciamola pure... R. Dio è Dio, che ci si creda o no. Ora la religione è il tentativo degli
uomini di interpretare la divinità, socialmente, statualmente, e di promuovere il loro credo. Insomma si parla di
uomini, chiaro? D. Chiarissimo, sin qui... R. Bene, è un fatto che ci siano uomini i quali danno una lettura del
Corano che è violenta e militare, e ambiscono a una diffusione di tipo imperiale dell'Islam. Un fatto non
controvertibile. È un po' come se da noi, 30 anni fa, si fosse voluto parlare del rapimento e dell'uccisione di
Aldo Moro, tacendo del desiderio delle Br di costruire il comunismo. E infatti c'era chi parlava di «sedicenti
Brigate rosse». Ora sappiamo bene che non è la sola lettura dell'Islam e del Corano possibili. E d'altra parte...
D. D'altra parte? R. Anche noi cristiani, nell'accezione culturale, di civiltà intendo, sappiamo bene come il
cristianesimo sia stato una concausa di veri e propri massacri, nonostante nel Vangelo non si trovi una riga
che giustifi ca l'uccisione ma che, anzi, Gesù Cristo abbia predicato l'amore cioè l'esatto contrario della
violenza. Eppure, nonostante questo, uomini cristiani hanno lasciato una lunga scia di persecuzione e di
morte. Figurarsi, allora, che cosa può provocare la lettura di certi versetti coranici che inneggiando
chiaramente alla guerra santa. D. E dunque che cosa si deve fare, o non fare? R. Si deve distinguere. Credo
che valga l'insegnamento di Karl Popper: dialogare con chi vuole dialogare e nessuna tolleranza contro gli
intolleranti. D. Cos'altro scorge nell'atteggiamento europeo di cui stiamo parlando? R. C'è un senso di colpa,
tutto occidentale, di chi è diventato abbastanza liberale e abbastanza democratico sconfiggendo, via via, i
nemici della libertà e della democrazia. Una lotta fra bene e male, anche sanguinosa. E oggi si sarebbe
disposti a sacrifi care il bene conquistato, in nome del male. Un convulsione ideologica, un paradosso che
porterebbe a volere la sottomissione a una religione. Una cosa che non vuole neppure minimamente la
maggioranza dei musulmani europei, per esempio. D. Lei, poc'anzi, ricordava gli anni '70 e certi Italiani
dinnanzi al terrorismo rosso. A me pare che siamo un po' ritornati a quell'affermazione di Leonardo Sciascia,
caro a lei come a tutti i radicali, che tuttavia disse: «Né con lo Stato né con le Br». R. No, innanzitutto
Sciascia non disse quella frase, ma gli fu attribuita dai suoi detrattori. D. Puntualizzazione utile ma era la
frase, più che il suo effettivo autore, che mi interessava... R. In ogni caso a quell'atteggiamento, che c'è, ha
risposto molto bene il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio sabato scorso... D. E cioè? R. A un lettore, un
sacerdote, che gli scriveva di non voler essere « Charlie », perché non poteva accettare quelle vignette
blasfeme, il direttore del quotidiano dei vescovi rispondeva che era legittimo ma che, di fronte a una carnefi
cina, non ci poteva essere incertezza. I n s o m m a che neutralità, oggi, s i g n i f i c a giustificazionismo. Ora
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Marco Taradash: dobbiamo difenderci, non solo dai terroristi, ma anche dalla loro cultura
15/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 9
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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è chiaro che la satira, mi perdoni, è fatta per rompere i coglioni. Dopodiché la risposta è, eventualmente, di
non leggerla. D. Veniamo ai ri essi sulla politica italiana. La Lega e altre forze hanno utilizzato temi da sempre
a loro cari, come la necessità di bloccare l'apertura di nuove moschee o centri islamici. Che ne pensa? R.
Che bisogna calare tutto nelle realtà e nel tempo che viviamo. Oggi si richiede a chi guida le moschee
qualcosa di più, vale a dire che siano nostri fratelli nella lotta all'estremismo islamico. Bisogna cioè chiedere l
la loro collaborazione m a s s i m a nella lotta al nazismo musulmano, chiamiamolo pure così, dato che ci
sono presenze di nazismo vero e proprio e non si può far fi nta che non sia così. D. Viene chiesta una lealtà
ancora maggiore, lei dice? R. Dico che se viene data questa collaborazione, in modo chiaro e trasparente,
non c'è nessuna ragione per limitare la diffusione dei centri di culto islamici. Ma ci deve essere. D. Un'intesa
con lo Stato, come avviene con altre religioni, sarebbe utile? R. Sì lo sarebbe. Il problema è che il mondo
islamico appare molto frazionato e ci sono problemi di rappresentanza. Purché, ripeto, la lotta a questo
nazismo sia al centro di ogni accordo con la parte musulmana: devono farsi sentire e non chiudere gli occhi.
D. Che cosa le è piaciuto e cosa no della manifestazione parigina di domenica. R. Abbiamo visto sfi lare fra i
capi di Stato anche personaggi che non sono campioni di libertà. D. Beh, secondo i nostri canoni non è
semplice mettere insieme troppi Paesi. R. Sì, per capirlo, basta prendere come criterio la persecuzione dei
cristiani: tra i 20 stati che lo fanno, oggi, tolti Vietnam e Corea del Nord, tutti gli altri sono musulmani. D. E
quindi, che facciamo? R. Fra questi ultimi stati, tutti illiberali, ci sono i nazisti veri e propri e poi i fascisti, che
sono la maggior parte. Ossia illiberali ma meno fanatici che dicono: all'interno dei nostri confi ni facciamo i
fatti nostri, ma voi usateci come alleati. In effetti la manifestazione di Parigi metteva in mostra questa
ipocrisia. D. Infatti torna di moda il generale egiziano Al Sisi, oggi visto come uno statista moderno, pur
essendo un golpista... R. Viviamo nell'anno 2015, e bisogna accettare di vivere nelle contraddizioni.
Chiuderle è più facile. D. Veniamo alle soluzioni pratiche. Si parla di fare dietrofront rispetto al Trattato di
Schengen. Che ne pensa? R. Signifi ca rinunciare all'Europa. Come se gli Stati Uniti, l'11 settembre avessero
chiuso la frontiera fra New York e il New Jersey. Saremmo il nulla assoluto, allora meglio cedere alla
sottomissione islamica. D. Si parla di rivedere il diritto alla privacy, per acquisire le liste passeggeri degli aerei
da e per l'Europa. R. Mi paiono cose che si possano fare uffi cialmente o non uffi cialmente, cioè a livello di
servizi di intelligence. Io spero ci pensino questi ultimi e, se non lo fanno, sbagliano: tener sotto controllo
persone che potrebbe dar luogo a una militarizzazione dell'Islam è necessario. Se una cosa emerge in questi
giorni è proprio quella che i «No euro» sbeffeggiano e cioè più Europa: più integrazione, più polizia servizi e
più polizia continentali.E mi faccia dire un'altra cosa... D. Prego... R. Non è possibile nessun cedimento
culturale, neppure in nome della lotta al terrorismo, sarebbe una sconfitta. Siamo l'Europa e dobbiamo
difenderci non solo dai terroristi ma anche dalla loro cultura. twitter @pistelligoffr © Riproduzione riservata
15/01/2015
ItaliaOggi
Pag. 14
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Soddisfazioni dalla finanziaria di Mediobanca (Fin.Priv.)
Restyling del Gruppo di Renzo Rosso (jeans)
ANDREA GIACOBINO
Finalmente buone soddisfazioni di fine anno per i sei grandi soci di Fin.Priv., la finanziaria che detiene
l'1,66% di Mediobanca e che è presente nel patto di sindacato dell'istituto. Qualche giorno prima della fine
dello scorso anno, infatti, l'assemblea della società, presieduta dall'amministratore unico Franco Zambon, ha
deciso di distribuire agli azionisti un dividendo di 2,1 milioni di euro in misura proporzionale alle quote
possedute, quasi triplicato rispetto alla cedola di 720 mila euro dello scorso esercizio. Fin.Priv. con un
capitale di 20 milioni vede come soci Fonsai (Unipol) col 20% mentre Assicurazioni Generali, Fca,
Italmobiliare, Pirelli & C.e Telecom Italia si spartiscono equamente il resto delle quote. Si tratta di soggetti
che, ad esclusione del gruppo tlc, sono già anche azionisti diretti, nonché pattisti, dell'istituto di Piazzetta
Cuccia. Il dividendo è stato attinto per metà circa dagli utili portati a nuovo (pari a 1 milione circa) e per il
restante dai 2,1 milioni di profi tto d'esercizio, chiuso a fi ne dello scorso novembre, frutto dell'incasso della
cedola della quota in Mediobanca. Fin. Priv. che nell'attivo evidenzia crediti verso enti creditizi sotto forma di
liquidità depositata temporaneamente su c/c bancari e depositi vincolati per 6,4 milioni, ha mantenuto in
carico i 14,34 milioni di titoli dell'istituto di Piazzetta Cuccia a 91,09 milioni pari a 6,35 euro ad azione, in linea
con le attuali quotazioni. Tra le voci dell'attivo di Fin.Priv., che fu costituita nel 1996 e la cui sede legale è la
stessa dell'istituto di Piazzetta Cuccia, compare un fi nanziamento soci in conto capitale, invariato rispetto
all'esercizio precedente e pari a 94,24 milioni. Renzo Rosso mette ordine nel suo gruppo. Il «re del jeans»,
infatti, ha trasferito alcuni asset dalla capogruppo industriale Diesel alla holding Otb attraverso un atto di
scissione parziale semplifi cata. In particolare alla cassaforte sono fi niti il ramo information & technology,
l'area della prestazione di servizi contabili, di bilancio, tesoreria e fi scali, gli acquisti generali, il safety &
facility, il travel offi ce e il centralino di Diesel.I cespiti oggetto di scissione presentano attività per 15,1 milioni
di euro a fronte di passività per 10 milioni e impiegano 160 addetti. Conseguentemente alla scissione il
patrimonio netto di Diesel, interamente controllata da Otb, si è ridotto di 5,1 milioni mentre il capitale si
contrae da 25 a 22,5 milioni per effetto di annullamento di azioni proprie. La cassaforte dal re del jeans ha
registrato nel 2013 un utile civilistico di 15,1 milioni e 4 milioni di profi tto nel consolidato.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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CARTA CANTA
15/01/2015
MF - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Luca Gualtieri
(Gualtieri a pagina 11) Montepaschi, oggi faccia a faccia Viola-Bce L'appuntamento è di quelli più attesi,
anche se le comunicazioni ufficiali potrebbero non essere immediate. Oggi i vertici del Monte di Paschi l'amministratore delegato Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo - dovrebbero essere a
Francoforte per incontrare gli emissari del supervisory board della Banca centrale europea in relazione all'iter
autorizzativo del capital plan. Nel novembre scorso, infatti, Rocca Salimbeni ha messo in cantiere una serie di
interventi che dovrebbero colmare ampiamente il deficit di capitale da 2,11 miliardi calcolato da Francoforte a
seguito del comprehensive assessment. Il piatto forte è rappresentato da un aumento di capitale fino a 2,5
miliardi che dovrebbe servire anche per il rimborso anticipato degli 1,07 miliardi di Monti bond ancora in
portafoglio in largo anticipo rispetto alla scadenza del 2017. La scelta di raccogliere sul mercato capitale di
elevata qualità («un'operazione trasparente e semplice», come l'ha definita l'amministratore delegato Fabrizio
Viola in una recente intervista a MF-Milano Finanza) va proprio nella direzione suggerita da Francoforte e
difficilmente ci saranno intoppi su questo aspetto. Meno scontata sembra invece la luce verde sulla richiesta
di mitigazione del deficit per 390 milioni avanzata dalla banca. Questo valore rappresenta infatti la differenza
positiva tra gli utili operativi stimati per il 2014 e i medesimi valori stimati nello scenario avverso dello stress
test della Bce. Oggi dovrebbe insomma concludersi il round negoziale, mentre il via libera ufficiale del
direttivo Bce dovrebbe arrivare soltanto il prossimo 4 febbraio. A quel punto, se tutto andrà come previsto,
dovrebbe partire il conto alla rovescia per l'assemblea. Per domani, intanto, è attesa una riunione del
consiglio di amministrazione da cui potrebbero uscire indicazioni preziose in merito al capital plan. Sul
mercato continua a tenere banco l'anticipazione riportata da MF-Milano Finanza in merito a un piano
antisofferenze dell'istituto. Mps dovrebbe infatti esternalizzare la gestione operativa delle pratiche con un
taglio medio inferiore ai 150 mila euro che rappresentano circa l'80% del numero complessivo di pratiche. Per
Equita «l'operazione, qualora finalizzata, avrebbe un forte razionale strategico per rendere più efficiente la
gestione dei non performing loan». (riproduzione riservata)
MONTE PASCHI SIENA
14 ott '14 14 gen '15 Quotazioni in euro 0,46 € -0,63% IERI
Foto: Fabrizio Viola Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/mps
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Montepaschi, oggi faccia a faccia Viola-Bce
15/01/2015
MF - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Andrea Montanari
(Montanari a pagina 13) Decolla il progetto UnipolSai Tower a Milano Il concetto di tower, come sede unica e
unificata di lavoro, lanciato a Milano nel comparto bancario e finanziario da Unicredit, inizia a fare scuola. E
così dopo il maxi progetto dell'istituto di credito guidato da Federico Ghizzoni che ha rilanciato l'intera area di
sviluppo residenziale e commerciale Porta NuovaGaribaldi-Varesine, sviluppata da Hines, ecco che anche
UnipolSai sta studiando con attenzione il progetto. La compagnia assicurativa bolognese, secondo quanto
appreso da MF-Milano Finanza da più fonti del settore immobiliare, sta per definire il rendering della nuova
sede centrale da erigere nel capoluogo lombardo. Individuata la zona di competenza, ovvero lo spazio di
3.300 metri quadrati tuttora vuoto che si è venuto a trovare tra piazza Gae Aulenti e l'area dove sorgono le
torri Solaria e Diamond e lungo via Melchiorre Gioia. Spazio che è di proprietà di UnipolSai e che deriva
dall'acquisizione e fusione della vecchia Fondiaria-Sai della famiglia Ligresti. Dove ora c'è di fatto un cratere,
sovrastato dalla passarella pedonale inaugurata nei mesi scorsi, sorgeva il Gilli Cube, progetto voluto da
Giulia Ligresti per valorizzare il brand di moda che aveva creato e che aveva lo showroom principale in via
della Spiga, nel Quadrilatero della moda milanese, per celebrare gli eventi del settore in città. Si tratta,
secondo indiscrezioni, di un progetto rilevante che una volta completato avrà un valore di almeno 100 milioni,
anche se qualche esperto del settore suppone che la cifra alla fine possa anche lievitare. In questo modo si
chiude il cerchio anche sullo scontro in atto da tempo tra la stessa UnipolSai e la Hines sgr gestita da
Manfredi Catella, della quale aveva riferito MF-Milano Finanza lo scorso 5 agosto. Il fondo che ha sviluppato
tutto il progetto miliardario aveva minacciato di portare in tribunale la controparte. Ma ora tutto è rientrato
visto che la piena proprietà dell'area oggetto del contendere è ed è sempre stata del gruppo assicurativo
presieduto da Fabio Cerchiai e guidato dall'amministratore delegato Carlo Cimbri, che quindi intende gestirla
direttamente. Ora, dopo mesi di riflessioni sulle modalità di destinazione della superficie, da Bologna è
arrivato il via non ancora formale al progetto di costruzione della torre direzionale. Se sarà approvato il
progetto iniziale, il building potrebbe avere un'altezza compresa tra 70 e 90 metri rispetto ai 143 metri della
torre residenziale Solaria e i 231 metri (contando gli 85 metri di pennone) della Unicredit Tower, il grattacielo
più alto di Milano. Ma l'arrivo futuro di Unipol completerà la presenza di aziende nella zona, dopo appunto la
stessa Unicredit (tre torri direzionali) in Gae Aulenti, Google e Pandora (gioielli) che hanno già preso
possesso degli spazi a ridosso del Bosco Verticale nel quartiere Isola e Samsung, che di recente ha stretto
un accordo con Hines per occupare a breve la Diamond Tower con l'intero quartier generale italiano. Ora per
la sgr guidata da Catella l'obiettivo è completare l'occupazione degli appartamenti nelle torri delle tre aree di
riferimento e anche le palazzine circostanti. Nel frattempo in piazza Gae Aulenti ha inaugurato il nuovo Illy
Caffè. (riproduzione riservata)
UNIPOLSAI
14 ott '14 14 gen '15 quotazioni in euro 2,17 € -0,91% IERI
Foto: L'area dove sorgerà la nuova torre Unipol Quotazioni, altre news e analisi su
www.milanofinanza.it/unipol
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Decolla il progetto UnipolSai Tower a Milano
15/01/2015
MF - Ed. nazionale
Pag. 3
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Vaciago: penso già al Qe2
Elisa Strada (MF-DOW JONES)
Il programma Outright Monetary Transactions (Omt) della Bce è compatibile con la legislazione europea,
secondo l'avvocato generale della Corte europea di Giustizia. Alla luce di questo parere, Giacomo Vaciago,
docente di Economia politica all'Università Cattolica di Milano, spiega che l'Eurotower ha ampio spazio di
manovra, purché motivi bene le proprie azioni e le ancori strettamente all'obiettivo del mandato, cioè la
stabilità dei prezzi. Questo vale anche per il Qe, che appare sempre più imminente e che potrebbe essere
seguito da altri programmi simili di allentamento quantitativo. Domanda. Professor Vaciago, che impatto
avranno le conclusioni della Corte sulle decisioni della Bce di giovedì prossimo circa il possibile Qe?
Risposta. Il parere dell'avvocato generale è importante e utile anche al board della Bce e a Draghi, ma
riguarda una cosa molto diversa da quella di cui stiamo discutendo oggi. Le Omt del 2012 erano finalizzate a
preservare l'euro: servivano con interventi illimitati (e questa era la principale critica della Bundesbank alla
Corte Costituzionale tedesca), ma limitati al caso di un Paese che veniva sottoposto a vigilanza politica.
Diciamo che la Bce - in situazioni di emergenza e quindi ben giustificate e con una copertura politica
adeguata - avrebbe fatto tutto quanto necessario, e quindi senza limiti, per evitare un rischio di dissolvimento
dell'euro. Secondo la Buba, così veniva meno al dovere di essere indipendente dai governi. L'avvocato
Villalon si limita a dire che l'Eurotower può fare tutto ciò, ma lo deve motivare bene. D. Ora l'Eurotower può
sentirsi più libera nell'ideazione di un allentamento quantitativo? R. Il Qe di cui si parla oggi è completamente
diverso. La maggioranza del board della Bce ritiene infatti che serve a rispettare il mandato incontestabile di
mantenere l'inflazione nell'Eurozona vicina al 2%. Cosa che al momento nessuno prevede per i prossimi anni.
La Bce continua a dimenticarsi del suo primo dovere: la stabilità monetaria non significa solo evitare
l'inflazione, ma significa anche evitare la deflazione, ed è questo che i tedeschi faticano a capire. D. Le
conclusioni condizioneranno le modalità dell'eventuale programma di acquisto di titoli di Stato? Come
verranno organizzati gli acquisti? R. La Bce deve dunque costruire un provvedimento che sia molto efficace
all'obiettivo incontestabile di garantire un'inflazione vicina al 2% nella media europea, senza lasciarsi distrarre
da differenze all'interno di questa media. Inoltre, l'istituto non deve discriminare tra Paesi più o meno
bisognosi di aiuto, come invece insito nello spirito e nell'obiettivo delle Omt. Nel caso del Qe è vero l'opposto.
Anche il concetto di unlimited, esplicito in Draghi 2012, non ha senso oggi: nel Qe fatto dalla Fed e dalla BoE
erano chiari l'obiettivo finale e la quantità dell'intervento annunciato. Nell'Eurozona però se non basterà un
Qe1, si potrà poi fare un Qe2 e un Qe3. D. In definitiva quanto deve spendere la Bce per risollevare
l'inflazione dell'Eurozona? R. Partirei con i primi 500 miliardi di euro, in tre mesi, e valuterei in seguito se e
quanto ancora fare, anche alla luce del modificarsi delle aspettative di mercato. In altre parole, occorre
vedere quanto ci vorrà affinché il valore atteso (a tre anni) dell'inflazione dell'Eurozona torni prossimo al 2%.
(riproduzione riservata)
Foto: Giacomo Vaciago
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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ORA L'EUROTOWER HA AMPI SPAZI DI MANOVRA INTERVISTA
15/01/2015
MF - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Mediobanca, c'è vita senza Ferrari
La separazione del Cavallino non pregiudica le opportunità di crescita in borsa. Il nuovo target price è fissato
a 13,2 euro, mentre Marchionne ha confermato che tra qualche anno lascerà l'incarico
Francesca Gerosa
Un divorzio indolore. In un report intitolato La vita dopo la Ferrari Mediobanca ha alzato il prezzo obiettivo del
titolo Fca da 12 a 13,2 euro, confermando la raccomandazione outperform. «Un divorzio indolore» quello del
Cavallino da Fiat Chrysler, spiega la nota, visto che rimangono brand del gruppo ancora da sfruttare. La
banca d'affari ritiene, infatti, che in virtù di un debito molto più leggero, Fiat Chrysler possa completare il piano
industriale presentato a maggio 2014, volto a rifocalizzare il gruppo verso i segmenti premium (da Maserati a
Jeep) lontano dal mercato di massa, un business con bassi margini. Mentre a prima vista, scrive la nota, il
salto da 4,4 milioni di unità vendute nel 2013 a 7 milioni di unità entro il 2018 può sembrare troppo ambizioso,
questi due numeri non sono comparabili. I 2,6 milioni di unità supplementari sono equamente divisi tra i
prodotti completamente nuovi (Renegade, Levante, Alfa, per citarne alcuni), i nuovi mercati (Jeep in Asia e in
America Latina) e la crescita del mercato sottostante o il miglioramento della quota di mercato. Le stime degli
esperti di Mediobanca indicano 6 milioni di unità entro il 2018. Ancora una volta le stime di Mediobanca su
Fca sono al di sopra di quelle del consenso. Le stime degli analisti sulla spesa per investimenti sono
addirittura al di sotto delle ipotesi della società. La banca ha anche stimato, dopo una riduzione del debito per
1,5 miliardi di euro, che la separazione-ipo della Ferrari diluirà l'utile per azione di Fca di circa il 10%.
«Questo non è male considerando che la casa di Maranello rappresenta il 21% dell'enterprise value di Fca e
il 33% del valore del patrimonio netto». Il Cavallino Rampante per Mediobanca vale 4,7 euro per ogni azione
Fca (enterprise value di 8 miliardi di euro), mentre Fca senza la Ferrari ora vale di più: da 7,3 a 8,5 euro. La
società che rimane - quindi ex Ferrari - sulla base dei numeri 2015 vale dunque 5,2 volte il multiplo
prezzo/utile. Nella notte, intanto, l'amministratore delegato di Fca , Sergio Marchionne, parlando a una
conferenza di Automotive News ha confermato di voler lasciare l'incarico tra 4 anni notando che «sono meno
di 10» i candidati in corsa alla sua successione. Il manager ha assicurato inoltre che la Ferrari non costruirà
un suv né entrerà in questa nicchia. (riproduzione riservata)
FIAT CHRYSLER 14 ott '14 14 gen '15 quotazioni Italia in euro 10,2 € -1,83% IERI
Foto: Sergio Marchionne
Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/fca
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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FCA LA BANCA ALZA IL PREZZO OBIETTIVO DEL TITOLO CONFERMANDO L'OVERWEIGHT
15/01/2015
MF - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:104189, tiratura:173386)
PORTOGHESI CHIAMATI A RACCOLTA (DI FONDI) PER IL NOVO BANCO
Per salvare una banca storica del Paese, in ortogallo si pensa anche a una mobilitazione popolare e a una
raccolta fondi alla portata di tutte le tasche. La partita per la vendita del Novo Banco (dove sono confluiti i
crediti sani dell'ex Espirito Santo) si è arricchito di un nuovo capitolo. Dopo che finora si sono registrate 15
manifestazioni di interesse e si sono messi in lizza pesi massimi quali gli spagnoli del Santander, il fondo di
private equity Apollo global management, la quarta banca del Portogallo Bpi e la banca iberica Popoluar,
ecco che ora si affaccia al tavolo della trattativa un nuovo soggetto. Si tratta dell'Associazione nazionale dei
cittadini per l'acquisto del Novo Banco (Ananob) che fa quadrato attorno a quella che fu la prima banca del
Paese, almeno prima dello scandalo che portò al crack finanziario e coinvolse i vertici in pesanti vicende
giudiziarie. L'associazione è sostenuta da una cordata di imprenditori prevalentemente del nord del Paese e
si è rivolta ai portoghesi chiedendo a ogni cittadino 25 euro per sostenere l'acquisto della banca. Chi
partecipa all'iniziativa potrebbe diventare azionista del Novo Banco in modo proporzionale alla quota
sottoscritta, qualora il progetto andasse a buon fine. «Con la partecipazione dei portoghesi i 500 milioni di
euro di patrimonio netto necessari per salvare il Novo Banco e impedire l'ingresso di un socio finanziario
esterno appariranno velocemente», ha detto al quotidiano economico portoghese Negocios uno degli
imprenditori che stanno promuovendo l'iniziativa. Il manifesto di Ananob è già stato inviato a tutti i partiti
politici dai quale l'associazione si attende un sostegno. Il denaro raccolto sarà impiegato per l'acquisto del
Novo Banco e, nel caso in cui non venisse raggiunta la somma necessaria per essere della partita, sarà
devoluto in beneficienza. Come è sorto questo movimento? Molti imprenditori del Nord del Paese sono clienti
del Novo Banco da tre, quattro, in alcuni casi cinque generazioni. I promotori dell'iniziativa dichiarano di
essere stati, negli anni, sostenuti con forza dalla banca che ha immesso liquidità nelle imprese e non si è
tirata indietro sul fronte dei prestiti. Per quanto possa sembrare in parte ambiziosa e in parte bizzarra, quella
imbastita da Ananob non è la prima iniziativa nata in Portogallo a sostegno di una banca locale da parte di
investitori privati. Nel 2011 la Strategic Investor Center è arrivata alle battute finali nel processo di vendita di
Bpn (Nuestro Banco), ma la sua proposta è stata messa fuori combattimento dalla mancanza di capacità
finanziaria per garantire prestazioni. Nel Novo Banco, come detto, sono confluiti i crediti sani dell'ex Espirito
Santo. Il piano, come comunicato il 5 agosto, ha previsto la scissione dell'istituto di credito in due realtà. Al
Novo Banco fanno capo tutte le attività core e i depositi. Il capitale, pari a 4,9 miliardi di euro, è stato
sottoscritto dal Fondo di risoluzione bancaria predisposto nel 2012. Tale fondo aveva però in cassa soltanto
185 milioni, e a intervenire è stato quindi lo Stato portoghese attraverso un prestito. Il vecchio Banco Espirito
Santo si è trasformato in una bad bank nella quale sono rimaste le attività in sofferenza. La bad bank è
destinata a essere chiusa e le perdite a ricadere sugli azionisti, in primo luogo la famiglia Espirito.
Foto: Una filiale del Banco Espirito Santo
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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CONTRARIAN
15/01/2015
Financial Times
Pag. 3
(diffusione:265676, tiratura:903298)
European Court of Justice
CLAIRE JONES - FRANKFURT
The removal of a big legal hurdle to government bond buying by the European Central Bank pushed the euro
to a nine-year low yesterday and paved the way for policy makers to press ahead with quantitative easing
next week. A top adviser to the European Court of Justice bolstered the case for aggressive action by the
ECB next Thursday, after he said an earlier, more controversial sovereign debt-buying plan lay within the
ECB's mandate. Pedro Cruz Villalón, an ECJ advocate-general, said the ECB's pledge in the summer of 2012
to do "whatever it takes" to save the region from economic ruin by buying government bonds was compatible
with EU law. The final decision on the Outright Monetary Transactions programme, expected in four to six
months, is likely to follow the advocate-general's opinion. The euro fell to $1.1731 against the dollar in early
trading as investors increased bets the ECB would soon buy government bonds in bulk, but later recouped its
losses after disappointing signs on US consumer spending sent the dollar down. Challenges to the OMT's
legality would have exacerbated investors' fears that a government bond-buying package the market is
expecting from the ECB next week could underwhelm. Instead of undermining the chances of a strong
quantitative easing programme, the advocate-general's opinion was viewed as weakening the case of
German opposition to purchases of sovereign debt. "The opinion provides that little bit of extra comfort for the
ECB," said Stephanie Flanders of JPMorgan. "It will add to the sense that the central bank is winning the
political debate with Germany." Hans-Werner Sinn, president of the Ifo think-tank and a fierce critic of
quantitative easing, said the EU prosecutor had "blatantly contradicted" the opinion of the German
Constitutional Court in Karlsruhe, which referred the decision to the ECJ in Luxembourg. "This is tantamount
to a carte blanche for the ECB, provided that it justifies its behaviour," said Mr Sinn. Karlsruhe said last
February that OMT exceeded the ECB's monetary policy mandate. Berlin claimed that the advocate-general's
ruling "fundamentally supported" the government's position on OMT, with a finance ministry spokesperson
adding that the ECJ had yet to rule on the final decision. With prices in the eurozone falling for the first time in
more than five years, the case for buying government bonds is more clear-cut than in 2012. The ECB's
primary mandate is to keep inflation below but close to 2 per cent. Mario Draghi, ECB president, has
championed quantitative easing as a way to prevent the eurozone from falling into a damaging spell of
deflation, which would raise debt burdens and wipe out demand. The advocate-general said the OMT
programme was "an unconventional monetary policy measure", which had been "necessary" and
"proportionate in the strict sense". Mr Cruz Villalón's insistence that certain conditions are met - including that
the ECB refrain from "direct involvement in a financial assistance programme" for a country receiving OMT
support - opens the way for a possible compromise between the central bank and the German court. The
advocate-general insisted the ECB give a "proper account" of the "extraordinary circumstances" that would
trigger OMT. While Karlsruhe viewed the OMT as illegal, it conceded it would be "possible that, if the . . .
decision were interpreted restrictively", it could conform with the law. There could still be some wrangling
among the eight German Constitutional Court judges involved in the OMT ruling. Two of them opposed the
referral to the ECJ on the grounds that the decision was one for Germany's sovereign authorities: the
government and parliament. The Karlsruhe-based court will wait for the ECJ's final ruling before beginning its
own review. Additional reporting by Alice Ross in Washington, Peter Spiegel in Brussels, Stefan Wagstyl in
Berlin and Jamie Chisholm in London Editorial Comment page 8
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Legal ruling paves way for eurozone easing
15/01/2015
Financial Times
Pag. 4
(diffusione:265676, tiratura:903298)
European Parliament
ALEX BARKER - BRUSSELS
The European Parliament is poised to launch a full inquiry into "sweetheart" tax deals with multinational
companies, in a political setback for Jean-Claude Juncker, the European Commission president and former
premier of Luxembourg. More than a quarter of MEPs - many in defiance of their party leaders - have called
for a thorough probe into state-facilitated tax avoidance across the EU, sufficient to trigger a formal request
for a committee of inquiry. Senior MEPs say the groundswell of opinion makes it all but impossible to stop a
full inquiry, which is likely to include public hearings with top politicians and chief executives. Mr Juncker has
denied being the "architect" of Luxembourg tax system and insisted the Grand Duchy's tax deals were signed
off by an independent authority. Last year he saw off a motion of censure over the issue, led by the anti-EU
UK Independence party and France's rightwing National Front. Sven Giegold, one of the Green MEP who led
efforts to gather the 189 signatures, said: "The fact that it is the pro-European forces that have supported the
inquiry committee, and not the far right or Ukip, underlines that this is not an exercise in Europe or Juncker
bashing but an attempt to ensure a credible EU response." Parliament's main political group leaders had
assured Mr Juncker privately last year that they would stop an inquiry that might politically embarrass him
over Luxembourg's hosting of large-scale tax avoidance. Yet dozens of MEPs rebelled to demand a full
committee investigation, including senior MEPs from Mr Juncker's own political family. Any parliamentary
inquiry would not focus solely on Luxembourg or Mr Juncker but examine tax arrangement for multinationals
in many EU states. It would run in parallel to the existing commission state aid investigations into tax
arrangements between Ireland and Apple, the Netherlands and Starbucks and Luxembourg's rulings for Fiat
and Amazon. Martin Schulz, president of the parliament, is known to have private concerns over the legal
basis for the inquiry. Gianni Pittella, the Socialist group leader, said he would "accept the will of the
parliament" but added: "We do not believe a committee looking at the past is the best way to tackle future tax
fraud and avoidance." If formed, the inquiry committee, whose mandate and make-up would be decided by a
majority vote in parliament, would be the first in almost a decade. Philippe Lamberts, leader of the Greens,
said parliament should "move swiftly and take relevant steps to ensure the committee is set up, so no more
time is lost". MEPs from the economics and monetary affairs committee were tasked last year with looking
into tax avoidance and drawing up proposals, but the initiative was low key and did not involve a special
committee.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Inquiry into 'sweetheart' tax deals is setback for Juncker
15/01/2015
Financial Times
Pag. 4
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Stefan Ingves
RICHARD MILNE - STOCKHOLM
Sweden's central bank governor is no stranger to controversy. The decision by Stefan Ingves and his
colleagues to raise interest rates seven times in 2010-11 has been criticised for pushing Sweden towards
deflation. But despite negative inflation rates in 18 of the past 26 months, even as interest rates fell to zero in
October, Mr Ingves cuts a defiant figure. Figures released yesterday showed headline inflation at minus 0.3
per cent in December. However, the Riksbank's preferred measure of core inflation, which excludes the
impact of falling interest rates, has not yet been negative and was 0.5 per cent in 2014, the lowest since
records began. Speaking to the Financial Times before the latest inflation figures, he said: "We don't think
that [deflation] is going to happen. Essentially, given where we are in the cycle - given that global growth
seems to be reasonably OK - that means inflation is going to go up over the coming couple of years." Mr
Ingves expects Swedish growth of about 2 per cent this year and 3.3 per cent in 2015. If global growth also
held up, he said, "then eventually there will be enough demand to make it easier to pass price increases on to
consumers". He talks of a "highly unusual" combination of numbers: relatively strong growth (Sweden's
economy has expanded more since the financial crisis than that of almost any other western country); falling
unemployment and improving labour participation; and much lower inflation. "You just cannot say that things
are bad, except that inflation is low," he added. The Riksbank is not the only central bank fighting falling
prices. The euro-zone sank into deflation in December for the first time in five years. Inflation rates have also
fallen in recent months in the US, UK and Japan. The Riksbank says it will leave interest rates at zero until
2016. If that is not enough to boost prices, it could introduce quantitative easing, extend cheap loans to banks
or even consider negative interest rates. The bank will next update markets on its plans on February 12. But
each of the potential extraordinary measures has its pitfalls. QE, or buying sovereign bonds, could be of
limited impact with Sweden's benchmark 10-year bond yields at a record low of 0.83 per cent. Companies
and households are also borrowing at historically very low rates. Negative deposit rates have been tried,
including in Sweden, but taking the main policy rate below zero would be unprecedented. Mr Ingves stressed
that zero interest rates should be enough to lift inflation up to 2 per cent. "So something quite dramatic would
have to happen either in the country or around us for us to have to change tack completely. But, if that were
to happen, we are ready to do whatever it takes to get the inflation rate up," he added, in an echo of
comments on the eurozone by Mario Draghi, president of the European Central Bank. But he said those
options were not on the horizon just yet. "If we are wrong, then we have to do these other things, expand our
balance sheet in one way or the other but I'm not ordering these measures as of today." The Riksbank has
certainly been wrong in its inflation forecasts before. Core inflation fell consistently after the central bank
began raising rates in 2010, a decision Paul Krugman, the Nobel Prize-winning economist, has called
"possibly the most gratuitous" policy error after the financial crisis. The US Federal Reserve, seen as the
western central bank most likely to raise rates first, is known to have studied what happened in Sweden
closely. Mr Ingves is weary of the criticism: "People can have all sorts of views on what to do and what not to
do." In his defence, he said economic growth was 6 per cent in 2010 while core inflation was about 2 per
cent, the Riksbank's target, and there was a consensus among economists that rate rises were needed. "It
was very, very reasonable back then to assume we would move to some kind of normalisation. Then what
happened was that normalisation took a lot longer than we and many others expected and that we just have
to live with." Unlike the US and UK, Sweden did not have "to put the pieces back together after a catastrophe"
in the banking sector. The Riksbank's mistake was that it thought global growth would recover quicker than it
did. External events could blow the Riksbank off course again, he said. The rapidly falling oil price helped the
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Sweden central bank governor defends inflation strategy as price
increases stall
15/01/2015
Financial Times
Pag. 4
(diffusione:265676, tiratura:903298)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
economy as a whole but made inflation lower. And global growth could disappoint again. "As a central banker,
you always try to do your best and if the world changes, you have to change . . . you just have to live with
that."
15/01/2015
Financial Times
Pag. 8
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Combating deflation requires the central bank to be unshackled
Monetary policy making is usually portrayed as a fine judgment that balances the risk of inflation against the
demand for growth. But this has long ceased to be the case for the European Central Bank. The need for
economic stimulus has never been more glaring. Unemployment is high and inflation in negative territory.
Europe still has not regained the ground lost since 2008. Fiscal policy is largely constrained, by fears of
insolvency in weak economies and plain ideological obstinacy in the strong. Further monetary ease is the
best that can be hoped for. Mario Draghi, the president of the ECB, understands this. Yet instead of plotting a
dose of stimulus he has had to waste efforts wrestling with the law. This week the European Court of Justice
came to his rescue when it issued an opinion that monetary policy is the exclusive competence of the ECB.
This should be uncontroversial, but courts such as Germany's Karlsruhe had sought to constrain the ECB
with accusations of illegal monetary financing. The ECJ has declared that these naysayers are overstepping
the mark. In particular, there is nothing illegal about Mr Draghi's "outright monetary transactions", the weapon
he unveiled in 2012 when promising to do whatever it takes to bring order to sovereign debt markets. Despite
keeping this bazooka holstered - the ECB has not bought a single sovereign bond under the programme - the
mere announcement of OMT did indeed achieve its aim. It should not have taken an ECJ decision to confirm
that the ECB can act like a fully independent central bank. This news is nevertheless welcome and helps
bring closer full-blown quantitative easing. In taking such a step Europe would be following in the footsteps of
the US and UK. Not coincidentally, each have long enjoyed stronger growth than the EU. Mr Draghi's task still
remains difficult. His international peers can carry out QE by purchasing debt from just one sovereign nation,
but the ECB needs to divide its operations between many different markets. This inevitably leads to difficult
questions that stray into politics. It is not clear whether purchases should be determined by the size of each
respective economy, their bond market or who should bear the risk of default. Finding an acceptable answer
to these questions is hindered by the ECB's tradition of consensus. A bare five-four majority was all Haruhiko
Kuroda needed to unleash shock-and-awe on Japanese markets but Mr Draghi has to win over dissenting
colleagues on the governing council. A quarter have already opposed steps preparatory to further stimulus.
Even if Mr Draghi went ahead regardless, monetary policy is less effective when temporary or constrained, a
likely consequence of vocal Germanic dissent. Finally, there are doubts about whether QE would work as well
in the eurozone as elsewhere. Monetary policy is transmitted differently across the world. The US has deep
and varied bond markets, whereas the European economy is still dependent on large troubled banks that
have little ability or inclination to boost economic activity. Ideally, any monetary stimulus should be bolstered
with fiscal support - something Mr Draghi has appeared to demand in the past. It is difficult to remember that
the ECB was once to the fore in taking bold action to grapple with the credit crunch. Now it has become a
laggard. Rather than waste time on pedantry about the definition of monetary financing, Europe's policy
makers could best preserve the integrity of the euro by getting behind Mr Draghi. It is high time the shackles
came off.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
127
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Draghi fights a battle for independence at the ECB
15/01/2015
Financial Times
Pag. 13
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Ralph Atkins
Trust them, they are central bankers. That, in essence, will be the European Court of Justice's thinking on
government bond buying by the European Central Bank - at least if, as expected, it follows the opinion of its
top adviser, published yesterday. With admirable humility (for a lawyer), Pedro Cruz Villalón, an advocategeneral, urged courts to "exercise a considerable degree of caution when reviewing the ECB's activities"
because they lacked the central bank's expertise and experience. His opinion was a dig at Germany's
constitutional court, which referred the case. More importantly for markets, it gave Mario Draghi, ECB
president, the legal all clear to launch - possibly as early as next week - a quantitative easing programme to
avert eurozone deflation. The result was a further lurch downwards in government bond yields, which move
inversely to prices. French five-year bonds are close to joining the universe of negative yielding assets, and
the effects are seeping beyond the eurozone. US government borrowing costs were tumbling before
yesterday's weak US retail data. Yields on 30-year US Treasuries dropped to just 2.4 per cent - the lowest
ever. But while eurozone QE is seen as increasingly likely, markets are increasingly sceptical that it will work.
Yields are not only falling because central banks are heavy bond buyers, as in Japan, or might become heavy
buyers, as in the eurozone. They are also falling because tumbling oil prices mean inflation is expected to
remain low for longer - despite all central bankers' efforts. Just how powerful the latter effects are becoming is
shown by sharp drops this week in markets' long-term inflation expectations. The ECB's preferred gauge of
expected eurozone inflation rates over five years, starting in five years, hit another record low yesterday. A
similar US gauge watched by the Federal Reserve is lower even than it was after the collapse of Lehman
Brothers in 2008 and when the Fed launched its QE programmes. The falls are largely related to oil prices,
but also suggest markets are losing faith in central bankers to lift inflation back within safe levels. They are
central bankers, trust them - but for how long?
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
128
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Short View
15/01/2015
Financial Times
Pag. 14
(diffusione:265676, tiratura:903298)
INSIDE BUSINESS EUROPE
Sarah Gordon
The Cassandras have finally been proved right. After months of predictions to that effect, the eurozone has
finally fallen into deflation. Despite the hand-wringing, though, this is not necessarily bad news for Europe's
companies. Price falls affect companies' costs, as well as what they can charge for their products. The key
thing for any business is whether it can maintain its margin - the difference between costs and revenues.
European companies' net income margins, though low, are actually rising, rather than falling, from 4.2 per
cent in 2013 to 5.4 per cent now, according to UBS's European equity strategists. The Cassandras argue that
a period of sustained deflation is negative for demand as consumers delay purchases in the expectation of
lower prices tomorrow. However, given the performance of the different components of the inflation index,
there is no sign that the price of products that shoppers buy is falling in a sustained manner. The consumer
price index may have dropped 0.2 per cent in December, but this was almost entirely due to the oil price, and
core CPI actually increased by 0.8 per cent. "Good" deflation - which lowers the prices of essentials like fuel could actually free up household spending power. It is true that a rise in the latter has been long promised.
But if Europe's consumers are hanging on to their pennies it is not because of deflation. Rather, they remain
highly indebted, worried about their jobs and pinpricked by political uncertainties. Deflation will not make any
of these factors any better. But motorists filling their tanks have not had this much encouragement to spend in
years. The news from Europe's companies also supports a more positive scenario than the gloomy
prognostications from the European Central Bank and elsewhere would suggest. Metro, Europe's fourthlargest retailer by sales, said on Tuesday that Christmas trading had been strong and sales of consumer
electronics were the highest since 2006. Amazon announced it had created 6,000 new jobs in Europe in 2014
to respond to booming demand, and had every expectation that this would continue into 2015. Fiat Chrysler is
even reopening idled plants in Italy and taking on new workers. The falling oil price is, of course, negative for
some of Europe's largest companies. Earnings of the listed European energy sector are expected to fall by 13
per cent in 2015. But even for some of the mining companies, energy accounts for some of their highest input
costs, and for other sectors - cars, retailers, leisure, airline and transport - falling oil prices are an unequivocal
positive. Deflation is also playing out against a backdrop of small improvements in other key leading
economic indicators, such as money supply and industrial activity measures. Euro-area industrial production
increased more than expected in November (and was revised up in October) and the German Ifo index rose
in November and December, after six consecutive months of decline. European retail sales, meanwhile, rose
2 per cent in the fourth quarter. Finally, if the ECB responded to deflation with full-blown quantitative easing in the form of sovereign bond buying, or even corporate bond buying - this could have positive effects on
companies. Even if corporate bond purchases seem less likely than they once did, falling sovereign bond
yields would lower the cost of borrowing by large listed companies in the public debt markets even further.
And corporate bond buying by the ECB - while likely to skew further any realistic pricing of risk in the
eurozone - would be even more positive. JPMorgan Cazenove, for one, still expects any sovereign bond
buying to be paired with €50bn of non-financial investment grade corporate bond purchases. The biggest
impact of QE could be on the euro. It is already down 15 per cent against the dollar since its peak last year,
and about 6 per cent on a trade-weighted basis. A year ago, one of the main reasons why so many
companies missed consensus revenue forecasts was because of the - then - relatively strong euro, and it is
reasonable to expect a currency-related fillip to earnings as the next quarterly reporting season gets under
way in Europe. The region's companies face significant challenges. But the prophets of doom are wrong to
suggest that deflation looms largest in their list. [email protected]
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
129
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Worries over deflation have been puffed up by prophets of doom
15/01/2015
Financial Times
Pag. 17
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Cars
ANDY SHARMAN - DETROIT
Alfa Romeo's stand at the Detroit motor show recalled past glories, with the Italian marque showing off
models from 1932, 1951 and 1967. Those cars helped create many fans, known as Alfisti. Then, like much of
Alfa's model line-up, they largely disappeared. "The real Alfisti, those who fell in love with the beauty of the
cars, the performance, the power-to-weight ratios - they are driving something else today," says Harald
Wester, head of Alfa and sister brand Maserati, speaking on the sidelines of the show. The jamboree marked
Alfa's first appearance at the show since it pulled out of the US market in 1995. Then, it was selling models in
the country through a venture with Chrysler. Twenty years on, and part of Fiat Chrysler Automobiles, Alfa is
back. It has big plans. These include eight new models over the next four years, including a sport utility
vehicle built on a new manufacturing platform and with new engines, part of a €5bn investment. It wants sales
of 400,000 units by 2018, almost twice the previous peak in the late 1980s. This compares with expected
volume sales of about 65,000 for 2014. "Is that ambitious? It's more than ambitious, particularly within the
time-frame," says Stefano Aversa, co-president at the AlixPartners consultancy. The rebirth of Alfa is part of a
plan set out in May by FCA chief executive Sergio Marchionne, who wants the wider group to take sales up
more than 50 per cent to 7m by 2018. He sees Alfa and Jeep, the US 4x4 maker, as the two most important
pieces of that puzzle. Investors may feel they have been here before. Plans in 2006 and 2010 - eyeing Alfa
sales of 300,000 and 500,000 respectively - flopped. The current range extends to two models and the
limited-run two-door 4C coupe, a version of which was shown in Detroit. "Over the past decade there have
always been expectations of big things from Alfa," says Ian Fletcher, analyst at IHS Automotive. "But every
time, for one reason or another, Fiat has choked." In 2013, 45 per cent of Alfas were sold in Italy. It has scant
presence in the two biggest car markets, the US and China. Alfa needs the US to bring in the bulk of its
targeted 150,000 North American sales by 2018. That would take the brand from close to zero sales in the
US to a share twice that of Jaguar Land Rover. Alfa is driving into a crowded market. There is no shortage of
candidates vying to compete with the German premium manufacturers, with JLR, Volvo, Lexus and Infiniti
jockeying for position. By the time Alfa enters the crossover SUV market - possibly as late as 2018 - that
category will be close to saturation, according to analysts. Mr Wester says Alfa's customer base will be
"anybody who loves cars and is tired of the other stuff out there. We are only waiting for the day we are no
longer forced to only buy premium and top cars from Germans". But the company has ground to make up if it
is to rival the likes of BMW, Mercedes-Benz and Audi. "To succeed, Alfa needs to achieve in four years what
it took Audi 20 years to do in the US, and what it took JLR 10 years to do in China," Stuart Pearson, analyst
at Exane BNP Paribas, wrote in a research note last year. Yet Maserati has shown that rapid growth is
possible. The marque has found success over the past 18 months ahead of the release of its Levante sport
utility vehicle. Maserati sold 15,400 vehicles in 2013, is expected to have delivered more than 35,000 units
last year, and is planning 50,000 this year. FCA is taking the turnround of Alfa so seriously that it has 600
designers and engineers working on the product plan at a so-called skunk works in Modena, an experimental
lab split off from the rest of the FCA group. The first of the new models - offering the Alfisti-favoured rearwheel drive architecture - will be unveiled in June to coincide with the 105th anniversary of the Turin-based
brand's founding. The eventual model range is expected to compete with the Volkswagen Golf and the Audi
TT. All vehicles will be made in Italy. FCA wants its Italian plants focused on premium models, which are
profit drivers in Europe, where margins are wafer-thin and much production has moved away from high-cost
countries. "It's a very pragmatic approach," says Mr Wester. "We have investments not utilised, we have the
culture, we have the competence, we have the people, we have everything in place. Why the hell should we
do it elsewhere?" Alfa Romeo has made its first appearance at the Detroit motor show since it pulled out of
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Alfa raises flag on zero to 150,000 sales dash
15/01/2015
Financial Times
Pag. 17
(diffusione:265676, tiratura:903298)
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the US in 1995, with the Alfa Romeo 4C convertible - Scott Olson/Getty
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
131
15/01/2015
International New York Times
Pag. 1.16
(diffusione:222930, tiratura:500000)
BY JACK EWING
A court opinion issued Wednesday makes it all but certain that, after months of contentious internal debate,
the European Central Bank will announce next week that it is ready to begin, in effect, printing money in
hopes of reviving the eurozone economy.But much mystery remains about how the bank will deploy so-called
quantitative easing - a large-scale program of buying government bonds to pump money into the
economy.The questions include whose bonds the central bank should buy, and how many; whether risky
nations like Greece should be avoided; and how to avoid an explosive reaction from Germany, whose
opposition to E.C.B. bond buying has long been the main impediment to action.If it is not big or broad enough,
the program might not work to revive the region. And many economists, who have been advocating for a year
or more for the European Central Bank to take this stimulus step, contend that when the move finally comes,
it could be too little, too late. Some even predict that at its much anticipated meeting next week, the central
bank will announce only its intention to engage in bond buying and wait until the next meeting, in March, to
provide the details.It is a moment of truth for the central bank and a test of whether its president, Mario
Draghi, can finesse the details while leaving no doubt about its resolve to kick-start the eurozone economy.In
his favor, a solid majority on the central bank's 25-member Governing Council appears, based on recent
public statements, to favor broad-based bond buying. Their position was strengthened by the opinion
submitted to the highest European appeals court on Wednesday in response to a lawsuit by German citizens
seeking to block a previously planned bond-buying program that Mr. Draghi announced in 2012 but never
deployed.Investors on Wednesday were betting that the court opinion would open the door to significant
central bank bond buying, snapping up 10-year bonds of eurozone governments in hopes that their value
would soon increase.The opinion, by an adviser who considers legal arguments for the court, affirmed the
European Central Bank's freedom to intervene in bond markets, with only minor restrictions. The opinion - it is
not binding, but the court typically follows such guidance - could also help insulate the E.C.B. from lawsuits by
warning lower courts to be cautious about interfering in monetary policy.In principle, quantitative easing is
simple and well tested. It has been used by the Federal Reserve in the United States, which began a series of
bondbuying programs in 2008 in the aftermath of the financial crisis that are credited with helping to revive the
American economy. Britain, too, has used quantitative easing to similar effect.Under such a program, the
central bank buys large amounts of government bonds and other assets, paid for with newly created money,
as a way to drive down market interest rates, injecting money into the economy and pushing inflation up from
dangerously low levels considered incompatible with growth. After that it gets complicated. Should the central
bank buy bonds from all 19 eurozone countries, and in what proportions? If from all members, then how
should it handle Greece? The country is poised to elect a new government that could repudiate someof the
billions of euros of loans the country owes as part of its international bailout. And how to keep the Germans
on board?Mr. Draghi has resolved to jolt inflation back to the bank's official target of ''below, but close to'' 2
percent. And yet, consumer prices fell at an annual rate of minus 0.2 percent in December, raising the specter
of a downward price spiral that could undercut wages and growth.Critics say that the European Central Bank,
which has not hit its inflation target for two years, has itself to blame for the complexity of the task it now
faces.''They have always been too late,'' said Adalbert Winkler, a former economist at the central bank who is
now a professor at the Frankfurt School of Finance and Management and an advocate of quantitative easing.
''The last five years, if they had been more aggressive, maybe we could have avoided this
discussion.''Because of the large number of unanswered questions, the European Central Bank may not be
ready to announce details of a bond-buying program next week. The Governing Council could simply express
a general intention to buy government bonds but wait until March to fill in the fine print.''It's almost impossible
for the E.C.B. in this environment not to act,'' said Mujtaba Rahman, an analyst at Eurasia Group. But, he
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Central bank set to buy bonds, but how?
15/01/2015
International New York Times
Pag. 1.16
(diffusione:222930, tiratura:500000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
133
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said, ''We think it's a two-step move - announcement in January, further details in March.''Some elements of
such a program are a given. The central bank would buy bonds on the open market - not directly from
governments, which would be a violation of its charter.But the bank will have to figure out how to deal with the
lack of a Pan-European asset comparable to the United States Treasury bonds that the Fed purchased in its
quantitative easing program.The simplest and most likely option would be for the European Central Bank to
buy bonds in proportion to each eurozone country's share of central bank capital, which is calculated
according to each member state's population and gross domestic product.The drawback to this method is that
it would mean buying large quantities of German government bonds, which are already in heavy demand - so
much so that on Wednesday the yield, or interest rate, on the 10-year German bond, which falls as the price
goes up, reached a new low.Germany accounts for 18 percent of European Central Bank's capital, more than
any other country. (Malta, with 0.65 percent of bank's capital, has the smallest share.) Market interest rates
on some other German government bonds are already below zero. So it is not clear what purpose, if any,
would be served by pushing the rates even lower, as would happen if the European Central Bank started
buying.A second option would be to buy only highly rated government bonds - those of France, Finland and
Germany, say, while avoiding the bonds of governments with riskier finances, like Portugal or Greece. That
approach would answer German concerns that taxpayers could be stuck with the bill if some eurozone
governments later defaulted on their debt.In theory, if the European Central Bank drove up prices of highly
rated bonds, private investors would turn to bonds of weaker countries instead and push down their rates lowering their borrowing costs, in other words. But it is not certain that would happen. If not, the E.C.B. would
not achieve its goal of providing relief in countries like Italy, where individuals and businesses have trouble
getting credit at interest rates they can afford.A third option would be to buy bonds in proportion to the
outstanding debt of each eurozone country - the higher the debt level, the more bonds the bank would buy.
This alternative would favor countries that are most deeply in debt and need the most help, like Italy. But
conservative critics in Germany would probably rail that these countries were being rewarded for irresponsibly
running up huge debts.Every option has negative side effects. But Mr. Adalbert of the Frankfurt School said
that did not mean the central bank should sit on its hands. ''If you are about to drown,'' he said, ''you don't
worry about the possibility of having a heart attack a week later.''Whatever the method, the next big question
is how much to buy. The central bank has implicitly set a target of expanding its balance sheet, a measure of
the volume of its stimulus, by 1 trillion euros, or about $1.18 trillion.The bank has already been buying privatesector assets, including bundles of real estate loans. But the amount so far, about ¤33 billion, is clearly
inadequate to meet the balance-sheet goal. Most of the rest would have to come from government bonds, the
most abundant asset available.Analysts at Nomura in London estimate that the European Central Bank would
have to spend at least ¤700 billion on eurozone government bonds. But rather than setting the long-range
target, Nomura analysts said in a note to clients last week, the central bank will probably announce monthly
targets of around ¤55 billion, which could be adjusted to reflect changes in the inflation rate or other economic
data.Among economists, there is widespread skepticism whether any amount of bond buying will solve the
eurozone's growth and inflation problem. There is already plenty of money in the system, they say. The
problems, many economists argue, lay in economic drags beyond the control of Mr. Draghi and the central
bank - that it takes too long to get a building permit in Italy, for example, or that there are too many restrictions
on hiring and firing in France.''I don't think what he does,'' said Carl Weinberg, chief economist at High
Frequency Economics in Valhalla, N.Y., ''is going to make any difference for the economy.''
15/01/2015
International New York Times
Pag. 1,14,16
(diffusione:222930, tiratura:500000)
Early ruling on purchases to bolster euro economies seen as victory for Draghi
BY JAMES KANTER AND JACK EWING
A preliminary appeals-court ruling is a victory for the European Central Bank president, Mario Draghi. An
adviser to Europe's highest appeals court on Wednesday broadly endorsed the authority of the European
Central Bank to buy unlimited quantities of eurozone countries' bonds to stabilize their economies during a
crisis.The preliminary ruling represented a victory for Mario Draghi, the president of the central bank, as he
considers a major round of stimulus.The opinion involved a bond-buying program that Mr. Draghi outlined in
2012, although he has yet to deploy it. The bank is expected to unveil plans soon for an even broader
program of large-scale buying of government debt, or so-called quantitative easing. The adviser's decision
could diminish the potential legal hurdles to the plan.Many economists have long advocated that the
European Central Bank begin a quantitative easing program as a way to stimulate growth in the eurozone.
The United States and Britain have used such methods to bolster their economies.On the expectation that Mr.
Draghi will announce such a plan when the central bank meets next week in Frankfurt, investors on
Wednesday bid up eurozone bonds. German 10-year government bonds rose, driving their yields, which
move in the opposition direction of their prices, to a low just above 0.4 percent. The bonds of a number of
other eurozone members, including Finland, France and the Netherlands, also touched new lows.The euro,
which would be relatively less attractive if the central bank pumped many more of them into the market
through a bond-buying program, continued its fall of recent weeks, dropping on Wednesday to $1.18, the
lowest since the end of 2005.The preliminary ruling was made by one of the advocates general at the Court of
Justice of the European Union in Luxembourg, Pedro Cruz Villalón, who said that the bond-buying plan Mr.
Draghi proposed in 2012 was ''compatible'' with European Union treaties. Mr. Cruz Villalón wrote that the
program would be ''suitable for bringing about a reduction in the interest rates on government bonds'' and
said the central bank would not be assuming ''a risk that will necessarily make it vulnerable to insolvency.''But
he also warned that the central bank should ''proceed with particular caution'' when buying government
bonds, to avoid creating speculative behavior in the market.Judges at the Court of Justice endorse the advice
of their advocates general in a majority of cases, although their decisions typically come months later.For
now, though, the ruling seems to validate the broader powers that the European Central Bank has taken on,
and aspires to, under Mr. Draghi, who became its president in late 2011. Besides seeking the ability to take
potentially powerful steps to stimulate the economy, the central bank has taken on main oversight of the
eurozone's biggest banks - a regulatory role that was previously parceled out among member states.Mr. Cruz
Villalón did not suggest any explicit limits on the size of the central bank's bond buying. Nor did he say that
the European Central Bank should have priority over other bondholders if a debtor defaulted, a point that is
likely to be viewed favorably by the central bank.If the central bank were a so-called senior bondholder,
private investors might have been reluctant to buy the bonds. That, in turn, could undercut the aim of the
bond-buying program, which is to create more demand and push down market interest rates.The opinion did
warn the German constitutional court, which had referred the case to the Court of Justice, against meddling
too much with European Central Bank-policy. ''The courts must exercise a considerable degree of caution
when reviewing the E.C.B.'s activity, since they lack the expertise and experience which the E.C.B. has in this
area,'' it said.The opinion did, however, admonish the European Central Bank to better explain the rationale
behind its policies. It also said the central bank should not buy government bonds immediately after they are
issued, but should wait to allow markets to determine a price.The bond-buying program that the court was
assessing is one that Mr. Draghi announced at the height of the European sovereign debt crisis as part of his
effort to do ''whatever it takes'' to save the euro.The program, called Outright Monetary Transactions, has
never been deployed. But its mere announcement is widely credited with helping to rescue the currency by
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
134
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E.C.B. BOND PROGRAM DEEMED LEGAL
15/01/2015
International New York Times
Pag. 1,14,16
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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calming market forces that were pushing bond rates in Italy and Spain to dangerously high levels.The
program drew consternation from a group of German lawyers and academics, who sued at their country's
constitutional court. They argued that the program opened the way to sharing the debt of member states in
danger of defaulting. The German court then referred the case to the top European court for further
guidance.Yves Mersch, a member of the executive board of the European Central Bank, called the opinion
announced on Wednesday ''an important milestone.''''We have always been convinced'' that the bond-buying
programat issue is ''legally sound and in line with our mandate,'' Mr. Mersch said in a statement.Jonathan
Loynes, the chief European economist at Capital Economics in London, wrote in a research note that the
ruling ''would seem to clear the path for the implementation of a full-blown quantitative easing'' at the bank's
policy meeting on Jan. 22.Some elements of the opinion could affect the way the program intended to help
individual distressed economies would operate, but ''there seems little here to prevent a Q.E. program aimed
at loosening monetary policy across the eurozone as a whole,'' Mr. Loynes wrote, referring to quantitative
easing.Even though the adviser effectively said an expanded program could go ahead, Mr. Draghi still faces
challenges from the central bank's ''natural caution'' and from Germany's objections, Mr. Loynes wrote. Many
Germans fear that they will be stuck with the bill if eurozone countries like Greece or Italy are unable to pay
their debts.Proponents of quantitative easing are concerned that limits on the program could undercut its
psychological impact on financial markets by raising doubts about how far the central bank would be able to
go to restore inflation.Consumer prices fell at an annual rate of 0.2 percent in December, according to an
official estimate, raising concerns that the eurozone could sink into deflation, an economic condition where
people delay purchases because they expect prices to fall further. Deflation eventually undermines company
profits and leads to higher unemployment.The central bank's official target for inflation is below, but close to,
2 percent.The core inflation rate, which excludes energy and food prices, ticked up to 0.8 percent in
December from 0.7 percent the month before.
15/01/2015
International New York Times
Pag. 3
(diffusione:222930, tiratura:500000)
(AP)
Italy's president resigned on Wednesday, setting off a scramble for a new head of state that will test Prime
Minister Matteo Renzi's ability to unite his own party without losing support of opposition parties for electoral
overhauls.Two years ago, President Giorgio Napolitano reluctantly accepted a second term after lawmakers
could not agree on a successor. But citing his advanced age, Mr. Napolitano, who is now 89, said he did not
plan to serve all seven years of the term.Parliament and regional electors must now hold a special election
within 15 days for a new president. The largely ceremonial office is traditionally held by someone considered
above the political fray.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Italian premier faces test after president's resignation
15/01/2015
International New York Times
Pag. 18
(diffusione:222930, tiratura:500000)
International New York Times
Matteo Renzi has achieved more in his 11 months as Italy's prime minister than skeptics had feared. But his
weak position in Parliament is holding him back. The election of a new president and another year of low
growth could throw doubt on Mr. Renzi's ability to end Italy's long crisis.Having seized power last February,
Mr. Renzi has delivered on some but not all of his promises. To be fair, he has a slim parliamentary majority
and enemies in his own center-left party. His labor overhaul cut the cost of firings, with the goal of making
hiring more attractive. His fiscal policy has been less impressive, relying on tax giveaways without equivalent
spending cuts. And he has spent much time trying to come up with an overhaul of the electoral system, a
necessary step before he can implement his program in full.Barring a major crisis in Greece, the economy
could give Mr. Renzi a breather in 2015. Italy would benefit from the bond-buying program the European
Central Bank may begin this month or next. The weaker euro makes Italian exports more competitive, and
lower oil prices will spur the economy. The European Commission expects growth in Italy of 0.6 percent next
year, a slight improvement from the two-year recession.If Parliament finally passes Mr. Renzi's changes to
the political system, he could go on the offensive and seek a mandate for more meaningful overhauls by
calling elections in late 2015 or early 2016. These aren't bad times to try: The older political class has lost
credibility.But recent months have seen a resurgence of the Northern League, an antieuro party. And the
election of the next president by Parliament could be a roadblock, if it is used by Mr. Renzi's opponents to
vent their frustration - all the more easily because the vote is secret.That would undermine the prime
minister's authority and compromise his drive for change. Another year of fragile growth and half measures
would leave in tatters his claim to change Italy. Then Italians might start looking for more radical choices.
NEIL UNMACK
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Italy's economy could come to Renzi's aid
15/01/2015
International New York Times
Pag. 18
(diffusione:222930, tiratura:500000)
International New York Times
Demand for $5,000 cashmere sweaters kept Brunello Cucinelli's looms busy last year. The company, based
in the Italian province of Umbria, reported double-digit sales growth in 2014, with more of the same forecast
for the next 12 months. Burberry's third-quarter numbers were also robust, a rarity in today's luxury sector.As
these companies demonstrate, the fortunes of high-end brands are becoming increasingly polarized.
Cucinelli, and other super-exclusive labels like Bottega Veneta, are shrugging off the troubles afflicting the
rest of the sector. There's also demand at the ''accessible'' end of the market, with companies like Michael
Kors shifting $450 handbags by the thousand. But those in the middle, including Kering's flagship brand,
Gucci, and the Louis Vuitton label of LVMH-Moët-Hennessy Louis Vuitton, are looking squeezed.Since
floating in April 2012, Cucinelli's shares have jumped more than 140 percent. Compare this with the fortunes
of Prada, one of its prominent Italian peers. Prada floated a year earlier in Hong Kong, and despite pinning its
hopes on the Chinese consumer, its latest sales figures show a 6 percent drop. Shares are up 8 percent
compared to the float price, and down 50 percent from their March 2013 peak.Cucinelli's eye-watering prices
mean its products are in little danger of joining the ranks of mass luxury. That means it should avoid the
problem of overexposure that is punishing some of the industry's biggest names. But Cucinelli's premium
valuation, as measured on a price-to-earnings basis, may be sustained only if it retains the ability to sell at the
pinnacle of the market while pushing sales forward. Cucinelli's forward price-to-earnings ratio is 33 compared
to Hermès's 29. The industry average is 22.Burberry, meanwhile, is leagues ahead of most of its peers in
digital innovation, and its slick marketing is powering sales. It will have to work hard to protect its edge with
other players waking up to the potential of e-commerce. Clothing lines look more vulnerable than branded
accessories, too. Burberry's task is to avoid slipping into luxury's squeezed middle ground. That's where the
pain is being felt. CAROL RYAN
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Middle tier of luxury market gets squeezed
15/01/2015
The Guardian
Pag. 26
Mining firms that supply metals take biggest hit Poor US retail sales sap confidence in recovery
Court backs QE
Standard Chartered, which has a large number of clients in the far east and China, lost almost 5% of its value
yesterday to 886p, pushing its shares down more than a quarter on a year ago.Poor retail sales data in the
US compounded the loss of confidence among traders worried that China, the eurozone and the US still have
some way to go before achieving a stable recovery. The Dow Jones index of leading US shares was heading
for a fourth straight loss at 6pm after falling 256 points or 1.5%.Rob Carnell, an economist at ING Financial
Markets, said the month- onmonth drop in US retail sales in December showed the US recovery was facing
difficulties. "Worryingly, with the US about the only beacon of growth globally, if even this engine is spluttering
then a more substantial market correction than we have already seen may well be on the cards," he said.The
German Dax also fell, dropping 1%, and the French CAC slipped 1.2%. Political instability in the eurozone
has also unnerved markets since the announcement of snap elections in Greece raised the prospect of
Athens pulling the plug on its membership and potentially triggering a break up of the single currency.While
most investors have accounted for the prospect of another year of stagnation in the eurozone, the continuing
credit squeeze in China and lacklustre consumer spending in the US have proved surprising drags on the
world's two biggest economies.The influential twice-yearly World Bank forecast said on Tuesday the US
would continue to expand along with the UK, but blamed reduced prospects for growth in the eurozone,
spiralling debts in Japan and weak growth in some emerging economies for a decision to cut its 2015 global
growth estimate to 3% from 3.4%. An adviser to the European court of justice has ruled that a bond-buying
programme by the European Central Bank is legal in principle - clearing the way for the ECB to make big
purchases of government bonds, spending billions to fight deflation in the eurozone. The advocate general's
opinion, likely to be endorsed by the court, said bond-buying could be considered legal so long as it was
proportionate and the ECB explained its reasons for the action. No upper limits were placed on the scale of
the operation that would be allowed.ECB boss Mario Draghi is now expected to launch a substantial
quantitative easing-style operation to kickstart the economy.Speaking to an all-party group of MPs, the deputy
governor of the Bank of England, Sir Jon Cunliffe, said there was a political will inside the eurozone to keep
the membership together, but he recognised that should the currency bloc break up it would create a "very
major disturbance" in financial markets.Bank of England governor Mark Carney said he expected the
European Central Bank (ECB) to step in to ensure inflation in the eurozone pushes back up to its 2% target
and that this mattered to the UK.The governor, who will have to write a letter to Chancellor George Osborne
to explain a fall in UK inflation to 0.5%, said the eurozone has experienced persistently low inflation which
was different to the UK experience.The World Bank urged eurozone policymakers to embark on a large-scale
programme of economic stimulus to boost demand and prevent a period of deflation.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Shares fall after World Bank warning on growth
15/01/2015
The Guardian
Pag. 27
The Guardian Domestic edition
Will.i.am will swap his big chair on The Voice UK for the snowy peaks of Davos next week, to seek support
from world leaders for his charitable foundation.The rapper and music producerturned-tech investor will rub
shoulders with more than 40 heads of state and government as the Swiss resort hosts the 45th World
Economic Forum.Will.i.am, or William Adams, will be promoting his i.am.angel Foundation, a charity that aims
to transform lives through "education, inspiration and opportunity". Adams will lobby the rich and powerful to
embrace philanthropy to improve local communities.Will.i.am is following in the footsteps of the Hollywood
star Matt Damon, who attended WEF 2014 to seek funding for his charity Water.org.Leaders of Europe's
leading economies will also be attending the event. Angela Merkel returns to the throng after missing last
year. France's president, François Hollande, has been lured up the mountains for the first time, and Italy's
prime minister, Matteo Renzi, is breaking his own Davos duck. David Cameron, though, is not attending, the
first time Britain's prime minister has skipped a Forum meeting since 2007.Facebook's Sheryl Sandberg,
Yahoo's Marissa Mayer, Satya Nadella, of Microsoft, and Eric Schmidt, of Google, are all attending, as is Jack
Ma, founder of China's web firm Alibaba. Despite the presence of Merkel, Sandberg and Mayer, just 17% of
the Davos delegates are female. WEF is trying to improve its gender balance, offering delegations an extra
place if they bring at least one woman. Last year about 16% of the delegates were women.The 2015 event,
entitled The New Global Context, focuses on climate change, economic growth, social inclusion, and the
internet.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Davos mission Will.i.am to lobby leaders for charity
15/01/2015
La Tribune Quotidien
Pag. 13,14
FABIEN PILIU
Selon l'Insee, l'indice des prix à la consommation n'a progressé que de 0,1% en décembre sur un an.
Certains produits ont vu leur prix chuter. Lesquels ? Quel est l'impact de cette très faible inflation sur l'activité
? La période où la Banque centrale européenne (BCE) s'inquiétait du niveau de l'inflation en France et dans
la zone euro est actuellement révolue. En janvier 2008, quelques mois avant le déclenchement de la crise
des subprimes aux Etats-Unis et la faillite de Lehman Brothers, cet indice affichait une progression de 2,9%
sur un an. Cinq ans plus tard, la BCE n'a plus les mêmes craintes. Le spectre de la déflation étant dans tous
les esprits, la banque centrale se démène pour relancer l'inflation et la porter à un niveau annuel fixé à 2%. "
Tous les membres du conseil des gouverneurs sont déterminés à remplir leur mandat. Bien sûr, il y a des
divergences sur la manière de le faire. Mais ce n'est pas comme si nos possibilités étaient infinies ", a déclaré
jeudi Mario Draghi, le président de la BCE dans un entretien accordé à l'hebdomadaire allemand Die Zeit,
offrant ainsi un signal supplémentaire de l'imminence de rachats massifs de detteUNE INFLATION QUASI
NULLE SUR UN ANEn effet, en décembre, l'indice des prix n'a progressé que de 0,1% en France selon
l'Insee. Sur un an, il signe une hausse identique, quasi nulle donc.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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QUELS SONT LES PRODUITS DONT LES PRIX ONT LE PLUS RECULE EN
2014 ?
15/01/2015
La Tribune Quotidien
Pag. 41,42
GIULIETTA GAMBERINI
Pendant ses neuf années à la tête du pays, ce communiste et ancien antifasciste a su se construire une vraie
légitimité. Comme attendu, Giorgio Napolitano a quitté le palais du Quirinal mercredi. Son dernier souhait:
que "le pays soit uni et serein". Il est redevenu un citoyen comme les autres. Mercredi 14 janvier, à 10h35, le
président de la République italienne Giorgio Napolitano a signé sa lettre de démission. Après presque neuf
ans à la tête du pays, il a quitté autour de midi le palais présidentiel du Quirinal pour regagner son
appartement privé à Rome. Le départ de Napolitano, âgé de 89 ans, était attendu. Elu une première fois
président de la Répulique en 2006, il avait accepté d'être réélu en 2013, faute d'accord entre les partis sur un
successeur. Il avait toutefois dès les débuts manifesté son intention d'abandonner ses fonctions bien avant la
fin de son mandat en 2020, pour des raisons d'âge et de santé. Mardi, alors qu'il assistait à une cérémonie
publique, à la question d'un enfant qui lui demandait s'il était content de "rentrer chez lui", Giorgio Napolitano
avait d'ailleurs sincèrement répondu: "Bien sûr que je suis content. Ici [au Quirinal: NDLR] on est bien, tout
est très beau, mais c'est un peu une prison. A la maison je serai bien et je me promenerai".LE PREMIER
ANCIEN COMMUNISTE ÉLU AUPALAIS DU QUIRINAL Vedi pagina 42Da pagina 41 Né à Naples en 1925,
titulaire d'une maîtrise en droit, Giorgio Napolitano intègre dès 1942 un groupe de jeunes antifascistes. Il
adhère ensuite en 1945 au Parti communiste italien, dont il sera l'un des acteurs de la réfondation dans les
années 90. Il est élu pour la première fois député en 1953 et est membre de 1989 à 1992, puis de 1999 à
2004, du Parlement européen. De 1992 à 1994, il est président de la Chambre des députés, puis, de 1996 à
1998, il est ministre de l'Intérieur dans le gouvernement Prodi, se distinguant comme le premier titulaire de ce
ministère issu des rangs communistes. En 2006, il devient le premier ancien communiste élu au palais du
Quirinal et, en 2013, le seul président de l'histoire de la République italienne à avoir été réélu à la fonction de
chef de l'Etat. Il conférera la charge de former un nouveau gouvernement respectivement à Prodi en 2006 et
à Berlusconi en 2008, puis à Monti en 2011, Letta en 2013 et Renzi en 2014).UN VOEU D'UNITÉ ET DE
SÉRÉNITÉAprès avoir exercé pendant près d'une décennie son rôle présidentiel de garant de la stabilité
constitutionnelle, avec... ... un sens de l'équilibre unanimement salué ( y compris par le New York Times en
2011), Giorgio Napolitano a tenu sa dernière rencontre avec Matteo Renzi lundi 12 janvier.Son dernier
souhait: que "le pays soit uni et serein". Une référence aux évènements tragiques qui ont frappé la semaine
dernière Paris et l'Europe toute entière. mais aussi une mise en garde aux forces politiques qui doivent
désormais élire son successeur. La présidente de la Chambre des députés doit en effet convoquer dans les
15 jours l'assemblée des "grands électeurs" (députés, sénateurs et 58 représentants des régions) pour
l'élection du nouveau chef de l'Etat, dont l'issue est très incertaine. Dans l'attente, les fonctions de chef de
l'Etat seront exercées par le président du sénat, Pietro Grasso.SÉNATEUR À VIEPar sa démission, Giorgio
Napolitano retrouve, lui, son titre de sénateur à vie, qu'il avait acquis en 2005. Selon ses proches, cités par Il
Sole 24 Ore, si son départ représente un vrai soulagement pour l'ancien président, qui souffrait du poids de
ses fonctions en raison de son grand âge, Giorgio Napolitano n'arrêtera pas pour autant la politique. Et en
raison de la légitimité qu'il a su se construire pendant les 9 ans de son mandat, ses choix pourraient peser
lourd dans les arbitrages à venir.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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LE PRESIDENT ITALIEN GIORGIO NAPOLITANO DEMISSIONNE
15/01/2015
Le Figaro
Pag. 20
La monnaie européenne est tombée à un nouveau plus bas depuis neuf ans. La perspective d'une action de
la BCE est confortée par les propos de Mario Draghi et une décision favorable de la Cour de justice
européenne.
ALEXANDRINE BOUILHET
L'euro a pris un coup de jeune. Il est passé mercredi à 1,1727 dollar, sous son cours d'introduction du 4
janvier 1999 à 1,1747 dollar, sur les écrans des salles de marchés du monde entier. « C'est plus symbolique
qu'autre chose » , estime Gilles Moec, économiste à Bank of America. L'euro est à son plus bas niveau face
au dollar depuis neuf ans, mais il est loin de son point bas historique, de 0,8272 dollar, atteint en octobre
2000. À l'époque, la devise européenne, balbutiante, avait été sauvée par une action concertée des banques
centrales du G7.Si l'euro baisse aujourd'hui, c'est en raison de l'action envisagée par la BCE, visant à sortir le
Vieux Continent du piège de la déflation renforcé par la chute du pétrole. La Banque centrale européenne
envisage de faire marcher sa « planche à billets » pour racheter des dettes d'État, comme le font la Fed, la
Banque d'Angleterre et la Banque du Japon, dans les situations de crise. Cette technique controversée de
politique monétaire, dite « QE » - quantitative easing en anglais -, revient à créer des euros supplémentaires,
ce qui se traduit toujours par une dépréciation du change.L'hypothèse d'un QE a été renforcée par Mario
Draghi, qui plaide à nouveau pour une politique monétaire « expansive » dans un entretien à la presse
allemande, ce mercredi. Une action est attendue dès la semaine prochaine, le 22 janvier.Un autre élément
important a pesé sur le cours de l'euro : la décision de la Cour de justice européenne (CEJ) qui a validé, dans
ses réquisitions, le fameux « bazooka » de la BCE, brandi en 2012, par Mario Draghi pour venir au secours
des États, attaqués sur les marchés. D'après l'avocat général de la CEJ, ce programme de rachat de dettes
d'État, baptisé « OMT » (opérations monétaires sur titres), est compatible avec les traités européens. Aux
yeux des investisseurs, cela lève la dernière hypothèque légale sur l'action attendue de la BCE, « même si le
QE et l'OMT sont deux animaux très différents » , rappelle Gilles Moec.Réticences allemandesLa BCE a
salué la décision de la Cour sur son compte Twitter. Mais l'OMT n'a encore jamais été utilisée. Cette arme de
« prêteur en dernier ressort », qui permet à la BCE de racheter des dettes d'État en quantité « illimitée », est
restée dans les tiroirs de la banque. Son existence même a suffi à éloigner les spéculateurs, mi-2012,
lorsque la zone euro était sur le point d'exploser.En Allemagne, où l'action de Mario Draghi est contestée, des
personnalités politiques et économiques, des professeurs de droit, ainsi que le parti de gauche Die Linke ont
attaqué le programme OMT de la BCE devant la Cour constitutionnelle allemande, laquelle s'est déclarée
incompétente au profit de la Cour de justice européenne, en 2014.Ce qui pose problème aux Allemands,
c'est le financement monétaire des États par la BCE, interdit par le traité de Maastricht. Argument balayé par
le parquet de la Cour de justice européenne : les opérations sur le marché secondaire sont légales, dit la
CEJ, « faute de quoi l'Eurosystème serait privé d'un outil crucial pour la conduite ordinaire de la politique
monétaire ».La Cour pose aussi quelques bornes à l'action de la BCE en temps de crise. Si elle utilise l'OMT,
elle devra se justifier en détail et faire preuve de « prudence » afin d'éviter « les comportements spéculatifs »
. D'après l'avocat général, il faut qu'une différence de prix existe entre le marché primaire (émission de
dettes) et le marché secondaire (achat de dettes déjà émises). Il s'agit de garantir « la formation d'un prix de
marché des dettes publiques » . La BCE devra aussi s'abstenir de participer à un programme de type troïka
si elle déclenche une OMT, dans le but de bien limiter son rôle à la politique monétaire, afin que la BCE ne
s'immisce pas aussi dans la politique économique des États. Chef économiste de Goldman Sachs, Jan
Hatzius est spécialiste des États-Unis, et de la recherche macrointernationale. Il explique l'impact positif de la
baisse des prix du pétrole, alors que Goldman Sachs a révisé en forte baisse ses prévisions pour 2015 et
2016, anticipant un baril de Brent sous les 50 dollars sur l'essentiel de cette année. Ce qui a contribué à la
baisse des prix de marchés. LE FIGARO.La baisse des prix du pétrole sera-t-elle aussi bénéfique à l'Europe
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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L'euro retrouve son cours d'introduction de janvier 1999
15/01/2015
Le Figaro
Pag. 20
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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qu'aux États-Unis ? Jan HATZIUS. - Le prix du brut a chuté de 60 % en dollar. C'est considérable. À moins
de 50 dollars le baril, on n'est plus très loin des prix de 2009, en pleine crise financière. La baisse du pétrole,
c'est l'événement économique le plus important pour 2015. Cela devrait apporter un surcroît de croissance
similaire en Europe et aux États-Unis, de l'ordre de 0,6 % à 0,7 % du PIB sur les quatre prochains trimestres.
Car si les Européens consomment moins de pétrole que les Américains, ils ne subiront pas, comme les
producteurs américains de pétrole de schiste, l'effet négatif de la baisse des prix du brut. En zone euro, le
pétrole fera-t-il plus pour la croissance que la dépréciation de l'euro ? C'est en effet un moteur plus puissant.
Le prix du pétrole en euro a baissé de 40 %. Le taux de change effectif de l'euro - contre toutes les monnaies
partenaires - n'a baissé que de 10 % environ, alors que, face au dollar, l'euro a baissé de 20 %. Ce surcroît
de croissance empêchera-t-il la déflation en zone euro ? Nous ne le pensons pas, car le chômage élevé et la
faible production potentielle tirent tous les prix vers le bas. L'inflation sousjacente - hors prix de l'énergie - est
très faible à 0,7 % sur un an, et très éloignée de l'objectif d'inflation de la BCE, qui est d'être en dessous ou
proche de 2 % à moyen terme. Les anticipations d'inflation sont en baisse. Il y a un doute sur la capacité de
la BCE à atteindre son objectif d'inflation... Elle doit donc agir vite et fort.
15/01/2015
Le Figaro
Pag. 22
Le Figaro
Plus de 300 dirigeants politiques de premier plan vont participer la semaine prochaine au 45e Forum
économique mondial de Davos. Parmi les participants : la chancelière allemande Angela Merkel, le président
français François Hollande (qui maintient sa participation), le premier ministre italien Massimo Renzi, le
premier ministre chinois Li Keqiang et le secrétaire d'État américain John Kerry.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Hollande maintient sa participation à Davos
15/01/2015
Le Monde - Dossier
Pag. 1
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Cécile Ducourtieux
C'était dit et répété depuis plusieurs mois déjà. C'est désormais formalisé par écrit : la Commission de JeanClaude Juncker veut changer le " logiciel " économique européen.Mardi 13 janvier, devant les eurodéputés
réunis en plénière à Strasbourg, le président de l'institution communautaire a présenté " une dose
supplémentaire de flexibilité " dans le pacte de stabilité et de croissance - qui fixe un déficit public ne devant
pas dépasser 3 % du produit intérieur brut (PIB) et une dette sous les 60 % du PIB.La priorité de Bruxelles
n'est désormais plus seulement la discipline budgétaire - certains diraient l'austérité. Elle acte le fait que la
réduction des déficits à elle seule n'a pas suffi à relancer la croissance.L'heure est aux réformes de structure
et à l'investissement. Pour relancer la croissance et pour créer à nouveau des emplois, dans une Union
européenne (UE) où le chômage, notamment des jeunes, atteint des niveaux alarmants. Et tant pis - dans
une certaine mesure évidemment - si les Etats membres qui investissent et qui se réforment s'éloignent un
peu des " clous " du pacte de stabilité et de croissance ou mettent plus de temps pour y revenir.Cette
nouvelle grille de lecture devrait, logiquement, être bien accueillie à Paris et à Rome, où depuis des mois, le
président français, François Hollande et le premier ministre italien, Matteo Renzi, plaident pour plus de
flexibilité. Pour autant, la " Commission européenne ne leur donne pas un chèque en blanc ", précise aussitôt
une source européenne.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Déficits : la Commission Juncker sera plus souple
15/01/2015
Le Monde
Pag. 4
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Jacques Follorou, et Franck Johannès
voix contre le " PNR "En avril 2013, au sein de la commission des libertés civiles du Parlement européen, la
proposition de création d'un fichier commun des données des passagers aériens (PNR, pour " passenger
name record "), présentée en 2011 par la Commission européenne, a reçu 30 voix contre et 25 pour.inscrits
sur la " no fly list "Un demi-million de personnes du monde entier sont inscrites par les autorités américaines
sur la liste d'interdiction de séjour sur le sol américain, appelée la " no fly list ".Quelques heures, à peine,
après la tuerie perpétrée, mercredi 7 janvier, dans les locaux de Charlie Hebdo, le mot " Patriot act "
apparaissait déjà dans les échanges informels entre certains conseillers présidentiels et ministériels sur les
conséquences politiques d'une telle violence pour le pays. Cette loi, votée aux Etats-Unis, dans la foulée des
attentats du 11 septembre 2001, donnait, notamment, tout pouvoir au monde du renseignement face au
judiciaire. Le deuxième pilier du " Patriot act " consistait à réviser en profondeur le contrôle des frontières de
manière à empêcher la menace de rentrer sur le sol américain.Quatre jours après le dénouement d'une crise
qui a fait vingt morts (dont les trois terroristes), Manuel Valls a livré, mardi 13 janvier, devant les députés, une
première réponse visant à mieux protéger le pays du terrorisme. Son intervention a montré que la France
n'était pas en mesure de dupliquer une forme de " Patriot act " à l'américaine car une bonne partie de sa
sécurité ne dépend plus de Paris mais de Bruxelles et de ses partenaires occidentaux.M. Valls a ainsi prié,
avec insistance, les parlementaires européens d'adopter le système sur les échanges de données des
passagers européens dit " PNR " (Passenger name record). " J'appelle solennellement le Parlement
européen à prendre enfin toute la mesure de ces enjeux, et à voter, comme nous le lui demandons depuis
deux ans, avec l'ensemble des gouvernements, ce dispositif qui est indispensable ", a-t-il lancé avant d'en
souligner l'urgence, " nous ne pouvons plus perdre de temps ".Fin novembre, le Parlement européen a gelé
l'accord conclu avec le Canada dans l'attente d'un avis de la justice européenne, montrant ainsi sa défiance
envers cet instrument réclamé pour lutter contre les djihadistes. Il a été accepté, sous conditions, en 2012,
avec les Etats-Unis. Les données " PNR " comportent des informations sur les passagers aériens, noms,
dates et itinéraire du voyage, adresses, numéros de téléphone, moyens de paiement, numéro de carte de
crédit et de siège ainsi que des éléments sur les bagages.La commission des libertés civiles, de la justice et
des affaires intérieures du Parlement européen a expliqué, le 21 février 2014, les raisons de cette méfiance
dans son rapport d'enquête sur " l'incidence des programmes de surveillance de la NSA et des Etats
membres sur les droits fondamentaux des citoyens européens ". Selon elle, " les mesures de sécurité,
notamment dans le cadre de la lutte contre le terrorisme, doivent s'inscrire dans l'Etat de droit et respecter les
obligations en matière de droits de l'homme, y compris celles qui ont trait à la vie privée et à la protection des
données ".Les traités relatifs aux transferts de données personnelles ou financières européennes vers les
Etats-Unis sont jugés " dépassés " par la commission. " Le cadre juridique des Etats-Unis en matière de
protection des données, dit-elle, ne garantit pas à un niveau adéquat les citoyens de l'Union européenne ".
Pour cette commission, souvent en pointe sur le terrain des libertés, les quinze dernières années
d'antiterrorisme ont vu surgir des " programmes de surveillance - qui - constituent une nouvelle étape vers la
mise en place d'un Etat ultra-préventif s'éloignant du modèle du droit pénal en vigueur dans les sociétés
démocratiques ". Pour les rapporteurs de l'enquête, " un mélange d'activités de répression et de
renseignement avec des garanties juridiques floues et affaiblies allant bien souvent à l'encontre des freins et
contrepoids démocratiques se substitue à la loi ".De dépit, M. Valls a annoncé que la France lancerait son
propre système " PNR " en septembre avant d'appeler aussi l'Europe " à une plus forte contribution aux
opérations militaires menées par la France contre le djihadisme au Sahel ". Interrogé par Le Monde, Gilles de
Kerchove, coordinateur européen de la lutte contre le terrorisme, a soutenu la demande de M. Valls sur le "
PNR " mais rappelé que " l'Europe fait déjà beaucoup pour le Sahel avec des centaines de millions d'euros
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Pourquoi un Patriot Act à la française est impossible
15/01/2015
Le Monde
Pag. 4
(diffusione:30179, tiratura:91840)
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pour le développement " qui ont un impact sur la sécurité des pays en les stabilisant. Bruxelles dépense
aussi, dit-il, " des dizaines de millions d'euros pour soutenir les polices et les armées régionales ".Enfin, si le
Premier ministre ne l'a pas évoqué directement, le contrôle des entrées et sorties dans l'espace Schengen,
au sein duquel 26 Etats européens ont déclaré la totale liberté de circulation, sous-tend le débat. Paris
reproche aux frontières extérieures d'être poreuses. " Schengen est une affaire européenne, ce n'est pas un
problème, c'est la solution, répond M. de Kerchove. C'est le cadre dans lequel on doit bâtir cette sécurité
européenne en harmonisant tout d'abord les indicateurs de risque. "Pour être complète, la liste de M. Valls
des moyens nécessaires à une lutte plus efficace contre le terrorisme aurait dû mentionner la question
centrale du renseignement. Le silence du premier ministre illustre la situation de porte-à-faux dans lequel se
trouvent les Etats-membres. Si le président du conseil italien Matteo Renzi a souhaité, vendredi 9 janvier, la "
création d'une agence européenne du renseignement ", ses partenaires ne veulent pas en entendre parler. Ils
ont fait inscrire, en 2007, dans le Traité de Lisbonne, que cette matière relevait de la stricte souveraineté
nationale.Interrogé par Le Monde, Jean-Paul Laborde, directeur du Comité contre le terrorisme au Conseil de
sécurité des Nations unies, constate également que " les Etats ont chacun leurs méthodes et privilégient la
coopération bilatérale " en matière de renseignement. Ce qui compte, ajoute-t-il, " c'est qu'ils mettent cette
menace au premier rang de leur travail national de renseignement. Ne serait-il donc pas plus judicieux, si
cela est nécessaire, de renforcer les structures existantes plutôt que d'en créer de nouvelles et d'ajuster leurs
méthodes de travail aux menaces actuelles. (...) Personne n'a le monopole de la lutte contre le terrorisme,
mais tout le monde doit faire face à ses responsabilités ".
15/01/2015
Les Echos
Pag. 7
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Anne Bauer
L'adaptation du Pacte de stabilité a été le fruit d'une intense bagarre politique. Les Allemands font bonne
figure même si le texte leur paraît généreux. La Commission européenne a clairement chaussé de nouvelles
lunettes. Elle revisite le Pacte de stabilité, qui impose aux Etats de ramener leur déficit public sous la barre
des 3 % et leurs dettes sous les 60 % du PIB, en desserrant les écrous. Au point qu'il est désormais
improbable que la Commission européenne se voit contrainte à la mi-mars de sanctionner la France et l'Italie
sur leur inaptitude à respecter les règles. Seuls les députés socialistes européens ont crié hier victoire sur le
texte adopté par l'exécutif européen en catimini à la suite d'une bataille d'experts qui s'est déroulée porte
fermée. Une bagarre menée notamment par le chef de gouvernement italien Matteo Renzi et par son ministre
des Finances, Pier Carlo Padoan. Tourner la page Mardi, Matteo Renzi n'a pourtant rien dit lors d'une
conférence de presse au Parlement européen, alors même que ce texte répond à ses demandes répétées de
relâcher l'austérité pour permettre la relance de l'investissement public. De fait, lors de sa conférence,
organisée à la mi-journée, la menace d'un veto allemand n'était pas encore totalement levée. Au même
moment, le président de la Commission, Jean-Claude Juncker défendait le texte face au collège des 28
commissaires européens et s'appuyait sur ses membres socialistes pour trancher en faveur de la proposition
soigneusement cuisinée par le commissaire aux Affaires économiques Pierre Moscovici et le vice-président
en charge de l'euro, Valdis Dombrovskis. Un texte gardé au secret jusqu'à la dernière minute. « Il y a eu une
intense bagarre, certains voulaient reporter son adoption, raconte un acteur des négociations, mais
heureusement, Jean-Claude Juncker a arbitré en sa faveur contre les faucons, en en minorant l'importance. »
En décembre dernier, une première version avait alerté la France et l'Italie. Pour obtenir que les réformes
structurelles soient prises en compte, certains proposaient de passer par une procédure très contraignante et
le gouvernement italien ne s'y retrouvait pas sur le dossier des investissements. Pier Carlo Padoan a alors
fait campagne, prenant contact avec ses homologues français, britannique, polonais et néerlandais pour
obtenir davantage. Rassemblé, le camp socialiste a menacé le président Juncker de lui retirer son soutien si
la version n'était pas assouplie. Fragilisé par l'affaire Luxleaks et convaincu de la nécessité de tourner la
page de la stricte austérité pour donner une chance de réussite à son plan de relance de l'investissement,
Jean-Claude Juncker a été facilement convaincu. Hier, le gouvernement allemand tentait de faire bonne
figure. « Pour le gouvernement fédéral, l'important est que la crédibilité, la fiabilité du Pacte de stabilité et de
croissance reste garantie », a déclaré son porte-parole Steffen Seibert. Mais au ministère des Finances,
certains points font déjà grincer des dents, par exemple la possibilité de tenir compte de réformes
structurelles annoncées, mais pas encore en vigueur.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Austérité : l'étau européen se desserre afin de relancer l'investissement
public
15/01/2015
Les Echos
Pag. 7
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Gianni Pittella : « La nouvelle interprétation du Pacte de stabilité marque
une réelle rupture »
Anne Bauer
La communication sur le Pacte de stabilité marque-t-elle un changement important ? Elle marque une réelle
rupture, celle que nous, socialistes et démocrates, réclamons depuis des années par rapport à la politique
d'austérité suivie par le passé. Le Pacte de stabilité devient enfin aussi un pacte de croissance. Il devient plus
intelligent. Je remercie donc les commissaires Pierre Moscovici et Valdis Dombrovskis d'avoir réussi à
convaincre leurs pairs d'insuffler un tel changement. En attendez-vous une relance des investissements en
Europe ? Oui, nombre de pays vont bénéficier de ces changements de règles et pourront ainsi financer des
programmes qu'ils s'interdisaient jusqu'à présent afin de maintenir coûte que coûte leur déficit sous la barre
de 3 % du PIB. La neutralisation des contributions des Etats dans le Fonds européen d'investissement
stratégique (FEIS) devrait permettre aux Etats de l'abonder et de lui donner davantage de crédibilité. Ensuite,
les investissements publics nationaux dans des projets d'infrastructures également financés par Bruxelles
pourront être soustraits dans certaines conditions du calcul de la trajectoire d'ajustement budgétaire ou de la
dette. Cela aura des conséquences pratiques immédiates. Par exemple, un pays comme l'Italie a du mal à
financer la lutte contre les catastrophes naturelles depuis longtemps, à cause des limites imposées par une
lecture rigide du Pacte de stabilité. Elle pourra désormais participer à des programmes européens jugés
importants à Bruxelles. Globalement, d'après le commissaire Dombrovskis, cette « flexibilité » pourrait lui
rendre une marge de manoeuvre d'investissements supplémentaires de l'ordre de 5 milliards d'euros par an.
Mais cette nouvelle règle bénéficiera d'après nos estimations aussi aux Pays-Bas, à la Finlande, au
Luxembourg, à la Slovaquie au sein de la zone euro, ainsi qu'à la Suède, au Danemark et à la République
tchèque hors de la zone euro. Tous ces pays respectent le Pacte de stabilité mais souffrent d'un déficit de
croissance supérieur à 1,5 %. Le débat a été rude, craignez-vous encore une contre-offensive ? Le débat est
tranché, ce qui va ouvrir un dialogue serein avec la France, l'Italie et la Belgique, qui attendent de Bruxelles
un verdict final sur leur trajectoire budgétaire. Mais ce débat a duré longtemps. Il a commencé dès l'élection
du président de la Commission européenne. La famille socialiste a alors conditionné son soutien à la
candidature de Jean-Claude Juncker à une vraie relance de l'investissement et à une plus grande « flexibilité
». Ensuite, la présidence italienne de l'Union européenne a mené un combat incessant pour cette flexibilité
depuis l'été dernier. Enfin, Jean-Claude Juncker a tranché en faveur de la souplesse, afin de défendre son
plan de relance des investissements. L'incertitude sur la Grèce peut-elle raviver les tensions ? Au contraire,
cette communication apaise car elle permet de ne pas stigmatiser la Grèce. Nous attendons la décision
souveraine du peuple grec mais discuter de la renégociation de la dette grecque ne doit plus être un sujet
tabou.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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intervista
15/01/2015
Les Echos
Pag. 17
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La Russie a décidé de hausser le ton. Moscou a averti hier les Européens qu'ils devraient construire au plus
vite et à leurs frais des gazoducs s'ils voulaient continuer de lui acheter du gaz, car la Russie de Vladimir
Poutine n'a plus l'intention de les approvisionner via l'Ukraine. Une déclaration faite à l'issue de la première
visite à Moscou du nouveau vice-président de la Commission européenne chargé de l'Energie, Maros Sefovi.
Cette rencontre intervient après un an de discussions tendues, marqué par une nouvelle guerre du gaz entre
Moscou et Kiev et l'abandon du projet de gazoduc South Stream, remplacé par un tuyau entre la Russie et la
Turquie. Le patron de Gazprom, Alexeï Miller, a signifié au représentant de Bruxelles que cette réorientation
était la conséquence directe des projets de création d'une Union énergétique européenne, censée justement
permettre aux pays membres de resserrer les rangs face au groupe russe. « Le gazoduc Turkish Stream
constitue le seul itinéraire par lequel seront livrés les 63 milliards de mètres cubes de gaz russe qui transitent
actuellement par l'Ukraine », a sèchement affirmé Alexeï Miller après la rencontre. « Il n'y a pas d'autre
possibilité. » Autrement dit : il faudra aller chercher ce gaz en Turquie et charge aux Européens de « créer les
infrastructures gazières nécessaires à partir de la frontière gréco-turque », a assuré le patron de Gazprom.
Ce dernier estime que les travaux devaient commencer « tout de suite ». « Dans le cas inverse ces volumes
de gaz iront vers d'autres pays », a-t-il averti. L'annonce de l'abandon de South Stream le 1er décembre par
Vladimir Poutine a constitué une surprise, à peine un an avant son ouverture prévue et alors que des
sommes importantes avaient déjà été investies. Estimé au total à 16 milliards d'euros, ce projet de Gazprom,
mené avec l'italien ENI et le français EDF, devait relier sur 3.600 kilomètres la Russie à la Bulgarie par la mer
Noire pour se diriger ensuite vers l'Europe occidentale via la Serbie, la Hongrie et la Slovénie. A la place, la
Russie compte construire un nouveau gazoduc vers la Turquie via la mer Noire et faire du pays un important
centre de transit pour le gaz russe. Pour Moscou, l'objectif est de tourner la page de son histoire gazière avec
l'Ukraine, après l'arrivée au pouvoir de pro-Européens à Kiev. Il s'agit aussi de montrer que la Russie a de
nouveaux clients en Chine et Turquie, et qu'elle compte se libérer de règles européennes qu'elle dénonce
depuis longtemps. Bruxelles a tenté d'imposer à Gazprom d'ouvrir ses gazoducs à d'autres producteurs, ce
que refuse le groupe russe, invoquant les sommes massives investies pour leur construction.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Gaz : la tension monte entre Bruxelles et Moscou
15/01/2015
Les Echos
Pag. 19
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Pierre de Gasquet
World Duty Free cherche un partenaire. Aelia (Lagardère) et le sud-coréen Lotte DF figurent parmi les
partenaires potentiels. La consolidation semble s'accélérer dans le secteur du « travel retail ». Six mois après
la reprise de l'opérateur Nuance par le numéro un mondial du commerce hors taxes Dufry, l'italien World Duty
Free (contrôlé à 50,1 % par le groupe Edizione Holding de la famille Benetton) est à la recherche d'un
partenaire. Dans la foulée de l'arrivée de son nouveau patron espagnol, Eugenio Andrades, WDF présentera
aujourd'hui son plan de développement 2015-2017, à Milan, dans l'optique d'une consolidation éventuelle.
Outre le sud-coréen Lotte, la société Aelia du groupe Lagardère, qui a déjà repris la concession des
boutiques hors taxes des aéroports de Rome en 2012, fait figure de candidat potentiel. « La famille Benetton
est prête à se laisser diluer pour favoriser une alliance avec un autre opérateur. Il n'y a pas encore de
discussions formelles, mais nous sommes ouverts aux propositions », indiquait-on, hier, dans l'entourage de
Gilberto Benetton. Selon la presse italienne, des contacts ont déjà été pris avec le numéro un mondial, Dufry,
et le sud-coréen Lotte Duty Free. L'objectif est de créer un poids lourd du « travel retail » dans les aéroports,
véritable métier de WDF qui tire 60 % de ses résultats des aéroports britanniques (hors zone euro).
Eventuelles alliances En revanche, bien que la famille Benetton ait récemment conclu un accord avec la
filiale DFS du groupe LVMH (propriétaire des « Echos ») pour ouvrir un mégamagasin de luxe dans la
Fondaco dei Tedeschi, à Venise, une alliance dans le duty free avec le groupe français est jugée «
improbable », du fait du virage de ce dernier dans les « department stores », estime un proche du dossier.
Dès l'annonce de la scission de WDF du groupe Edizione Holding en 2013, les Benetton n'avaient pas caché
leur intention de réduire leurs intérêts. Aujourd'hui, ils sont prêts à réduire de moitié leur participation, voire à
15 %. Avec un réseau de 490 points de vente dans 19 pays, WDF a enregistré un résultat net de 111 millions
d'euros sur un chiffre d'affaires de 2,07 milliards d'euros en 2013. Mais son endettement a pratiquement
doublé en un an, à plus de 1 milliard d'euros. « Le plan industriel sera un élément essentiel sur lequel
construire d'éventuelles alliances », souligne-t-on au siège de l'opérateur italien. Deux mois après la
démission de son ex-patron - José Maria Palencia -, pour désaccord stratégique, WDF se fixe pour objectifs
prioritaires de redresser les comptes de sa filiale espagnole et d'améliorer la rentabilité de ses activités aux
Etats-Unis. Sur la base du cours actuel (8,40 euros le titre), la valorisation de WDF est proche de 2 milliards
d'euros. Mais la famille Benetton estime que sa valeur intrinsèque serait plus proche de 3 milliards.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La famille Benetton prête à céder le contrôle de World Duty Free
15/01/2015
Les Echos
Pag. 27
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Jean-Philippe Lacour
L'avocat général de la Cour de justice européenne a dégagé la voie légale pour un QE. La Banque centrale
européenne (BCE) peut désormais lancer son programme d'achats de dette souveraine (« quantitative
easing », QE) avec la quasi-bénédiction de la justice européenne. Le précédent programme, conçu en 2012
et baptisé « OMT », est compatible « en principe » avec le droit européen, a déclaré hier l'avocat général de
la Cour de justice européenne, dont l'avis est généralement suivi par la Cour quelques mois après. Très
attendue, cette opinion équivaut à un feu vert assorti de conditions formelles. Elle devrait en tout cas
permettre à Mario Draghi, le président de la BCE, d'annoncer un QE dès le 22 janvier prochain. Rejet des
critiques allemandes En se rangeant du côté de l'institut d'émission, le magistrat a démonté les critiques de la
Cour constitutionnelle allemande dans sa décision de février 2014. Selon lui, le flou laissé sur le volume de
titres à racheter, le fait d'avoir opté pour un statut de créancier non privilégié et d'avoir ciblé des titres de pays
en crise, avec le risque d'insolvabilité afférent, ne permettent pas de conclure à du financement d'Etat de la
part de la BCE (ce qui est interdit par le traité). Surtout, il importe que le prix des titres souverains sur le
marché se forme sans que les interventions de l'institut monétaire ne provoquent de distorsions. Pour cela, la
BCE ne devrait pas s'engager à détenir jusqu'à échéance les titres amassés sur le marché secondaire. Elle
devrait aussi laisser du temps entre ses achats et ceux effectués par les investisseurs sur le marché primaire.
Les discussions sur les modalités d'un QE à venir seront donc surtout politiques et techniques, commente
Gilles Moec, chez Bank of America. En particulier, l'opinion émise hier « ne règle en rien le débat sur la
mutualisation des risques entre banques centrales qui se pose aujourd'hui dans le cadre du probable QE à
venir », note Olivier Garnier, économiste de la Société Générale. Il faut dire que cette question n'avait pas été
posée par la cour allemande... En attendant l'arrêt de la Cour du Luxembourg (probablement au début de
l'été), Mario Draghi s'est engagé hier à mener une stratégie qui garantisse l'objectif d'une inflation de
quasiment 2 % sur le moyen terme. La BCE « doit travailler à une politique monétaire expansive qui
accompagne la croissance », a-t-il déclaré à l'hebdomadaire « Die Zeit ». Un premier obstacle est levé. La
BCE va maintenant devoir résoudre l'équation compliquée liée aux élections en Grèce...
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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La BCE confortée dans ses projets d'achat de dette publique
15/01/2015
Liberation
Pag. 18
La baisse de l'euro, une bonne nouvelle de mauvais augure ?
Économie - Par Vittorio de Filippis
C'est une épée de Damoclès en moins sur la tête de la BCE. C'est surtout la (quasi) certitude de voir l'euro
perdre de sa valeur. Mercredi, il est passé sous 1,1747 dollar pour rejoindre son niveau d'introduction du
début 1999. A l'origine de cette nouvelle glisse ? L'avis de l'avocat général de la Cour de justice de l'Union
européenne. Ce dernier, dont les conclusions seront certainement suivies par la Cour de justice européenne,
estime que le fameux «bazooka» de la Banque centrale européenne (BCE), agité en 2012, par Mario Draghi
pour venir au secours de la zone euro attaquée par les marchés est compatible avec le droit européen.
Déflation. Plus rien n'empêche la BCE de passer à la vitesse supérieure en soutenant la zone euro à travers
un nouveau programme d'assouplissement quantitatif (QE), par des rachats massifs d'actifs financiers, en
particulier de dette publique. Mario Draghi, le président de la BCE, a donné mercredi un nouveau signal de
l'imminence de cette offensive monétaire, tout en pointant que la BCE n'avait «pas des possibilités infinies»
de soutien à une zone guettée par la déflation. Une telle mesure aurait pour effet d'inonder les marchés de
liquidités. Ce sont près de 500 milliards d'euros qui pourraient être déversés par la BCE dès le 22 janvier. Or,
plus la masse monétaire augmente, plus la valeur d'une monnaie se déprécie. La baisse de la valeur de
l'euro est d'autant plus spectaculaire qu'elle est rapide. Depuis un mois, elle a perdu 5% face au dollar après
un plongeon de près de 12% en un an. «C'est une bonne chose pour l'économie française et pour la zone
euro dans son ensemble», estime Céline Antonin de l'Observatoire français des conjonctures économiques
(OFCE). Et de rappeler qu'une dépréciation de 10% de l'euro devrait se traduire (en théorie) par une hausse
des exportations made in France de 1,1% hors zone euro et d'une baisse des importations de près de 2%.
Quant à la zone euro, le gain de croissance pourrait être de 0,5% sur un an (soit 1,5% fin 2015). Ceux qui
vont jusqu'à parier sur une parité euro-dollar préfèrent se contenter d'un «pourvu que ça dure» évitant toute
prévision de croissance. Si nombre d'économistes estiment que l'horizon se dégage, d'autres estiment qu'«il
faut raison garder». Selon eux, la politique de la BCE n'explique pas tout. Ils pointent la politique monétaire
de la banque centrale américaine, la Réserve fédérale. Ou plutôt des petites phrases prononcées par Janet
Yellen. La présidente de la Fed ne cesse de préparer les marchés à une remontée des taux d'intérêt, lorsque
la BCE les fait au contraire baisser. Mais comme son prédécesseur, Ben Bernanke, Janet Yellen le laisse
entendre dans la novlangue des banquiers centraux... sans agir. Qu'importe. Les marchés font comme si.
Censés anticiper l'avenir, ils ont déjà intégré une prochaine remontée des taux américains. Résultat : les
opérations de change de l'euro au profit du dollar s'accélèrent. Inflation. Rassurés par ce mouvement, de
nombreux économistes estiment qu'un euro faible, c'est aussi une petite dose d'antidote contre le mal qui
menace l'Europe : la déflation. Pourtant, même si un euro faible renchérit mécaniquement le prix des produits
importés, pas sûr qu'il suffise à inoculer un peu d'inflation dans le niveau général des prix. Les plus dubitatifs
ne manquent pas de souligner que la baisse de l'euro sera d'autant plus bénéfique que la demande adressée
à la zone euro sera forte. Et là, rien ne garantit qu'un euro faible se traduise par une relance des
exportations. Il y a d'abord le commerce mondial. Voilà trois ans que les pays émergents sont à la traîne. Il y
a la Chine, mais aussi le Brésil, la Russie, la Turquie ou encore l'Afrique du Sud... tout le monde accuse une
baisse de régime. La tentation pour ces pays de relancer leur économie en jouant sur une baisse des taux
d'intérêt, et donc de la valeur de leur monnaie, est de plus en plus forte. Le Japon l'a déjà fait. «Il existe un
risque que les marchés imaginent ce scénario. Si cela devait être le cas, alors les marchés européens,
asiatiques et sud-américains chercheront à se prémunir d'une érosion de la valeur de leurs devises
respectives en achetant des billets verts», souligne un analyste financier. Avec, en prime, le risque de voir la
Fed repousser aux calendes grecques une remontée des taux d'intérêt. «Certes, rien n'exclut une guerre
monétaire où chaque grand pays exportateur cherchera à en s'en sortir en jouant sur la valeur de sa
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Analyse. La chute de la devise européenne, qui s'accélère à mesure que se profile une injection de liquidités
par la BCE, ne suffit pas à dissiper les doutes sur la reprise.
15/01/2015
Liberation
Pag. 18
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
155
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monnaie, donc de son taux de change. Mais c'est peu probable, estime Philippe Waechter de Natixis Asset
Management. Nous allons bénéficier de la baisse de la valeur de l'euro.» Un scénario valable à condition que
les partenaires de la zone euro, c'est-à-dire le reste du monde, acceptent que la zone euro ait un excédent
commercial encore plus élevé qu'aujourd'hui. Or, ce dernier atteint déjà les 250 milliards d'euros (2,5% du
PIB). A ceux qui doutent des possibilités d'une reprise grâce à la BCE et à la baisse de l'euro, beaucoup
répondent que ces deux facteurs se conjuguent désormais à la baisse du pétrole. Depuis juin, le prix du baril
s'est effondré de près de 50%, soit moins de 50 dollars le baril. De quoi booster l'économie européenne de
0,7 point de croissance cette année. Puisqu'on vous dit que tout va mieux...
15/01/2015
Wall Street Journal
Pag. 1.6
BY MATTHEW DALTON -Todd Buell contributed to this article.
LUXEMBOURG-An adviser to Europe's top court said the European Central Bank can legally buy large
quantities of eurozone government debt to stabilize the currency area's economy, delivering a key
endorsement for the bank as it prepares another round of stimulus measures.The opinion from the European
Court of Justice's advocate general, Pedro Cruz Villalón, comes in response to a lawsuit brought by German
opponents of loose monetary policy claiming that the ECB's Outright Monetary Transactions program,
announced in August 2012 and widely credited with saving the euro, violates the European Union treaty.
While Wednesday's opinion isn't binding on the court, the judges usually follow the advocate general's
reasoning. A ruling is expected in four to six months.A negative opinion could have thrown the ECB's next
stimulus efforts into turmoil. ECB President Mario Draghi and other officials have been drawing up
quantitativeeasing plans, in which the bank would buy large amounts of eurozone government debt, to boost
the economy of the 19-nation currency area and prevent an extended period of deflation, a broad-based
decline in prices that can have disastrous economic consequences."The opinion removes another
inconvenient obstacle to Draghi's big quantitative-easing gamble, which will now almost certainly be
announced next week," said Wolfgang Kuhn, head of the European debt division at Aberdeen Asset
Management.Soon after the ECJ announcement, the ECB posted on its Twitter page that the advocate
general's opinion "is an important milestone in request for preliminary ruling. OMT is ready and available."At a
news briefing later, ECB Executive Board member Yves Mersch sidestepped the question of whether the
opinion meant the ECB could now embark on unlimited sovereigndebt purchases. "This is an opinion of the
advocate general in the OMT case, and it is constrained by the questions that were asked" pertaining to that
case, he said.Falling energy prices, which are pushing the eurozone's inflation rate into negative territory,
have added pressure on the ECB to act. The eurozone's stagnant growth and stubbornly high unemployment
have also become more glaring recently, as the U. S. economy has been growing swiftly and adding jobs at a
strong clip over the past year.Yet German officials at the central bank, led by hawk Jens Weidmann, have
warned that quantitative easing would violate provisions in the EU treaty that prevent the ECB from directly
financing the bloc's national governments. Wednesday's opinion from Mr. Villalón challenges that view,
though it does propose restrictions on the ECB's bond-buying activities that could limit its stimulus efforts.The
EU treaty gives extensive leeway to the ECB to conduct monetary policy, Mr. Villalón noted. "The courts,
when reviewing the ECB's activity, must therefore avoid the risk of supplanting the bank, by venturing into
highly technical terrain in which it is necessary to have an expertise and experience which, according to the
treaties, devolves solely upon the ECB."The OMT program allows the ECB to purchase large quantities of the
bonds of any eurozone government that agrees to accept emergency loans from the eurozone's bailout funds
and adopt economic overhauls. The German plaintiffs said these purchases could expose the bank to take on
huge risks, including insolvency, if governments defaulted on bonds held by the ECB.Mr. Villalón responded
that large sovereign-bond purchases wouldn't necessarily cause the ECB to run unacceptable risks."Precisely
because of activation of the OMT program, it may be assumed that the state concerned will be able to issue
debt on terms which are more sustainable for its finances and which, as a consequence, will increase its
chances of meeting its obligations," he wrote.Though the ECB wouldn't be a preferred creditor of the
governments under the OMT program, Mr. Villalón wrote that this feature would limit distortions in the
government-bond markets caused by the OMT program. The fact that the bank has the same status as other
creditors "may be regarded as a means that seeks to ensure that the ECB disrupts the normal functioning of
the market as little as possible," he wrote.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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ECB Clears Stimulus Hurdle
15/01/2015
Wall Street Journal
Pag. 6
BY GIADA ZAMPANO
ROME-President Giorgio Napolitano, who led Italy through one of its stormiest political periods, resigned
Wednesday, opening a phase of political uncertainty that will test the strength of Prime Minister Matteo
Renzi's young government.Mr. Napolitano, who turns 90 in June, announced in December that he had
decided to end his second mandate ahead of time due to his age and increasing "signs of fatigue," which
made it increasingly difficult for him to fulfill his duties."I'm happy to go back home," he said while greeting the
public in front of the presidential palace on Tuesday.Mr. Napolitano has been a crucial ally as Mr. Renzi
pushes institutional and economic changes in a country that suffers from poor competitiveness and is locked
in a tripledip recession, often helping to prod its quarrelsome parties into supporting Mr. Renzi's plans,
including a new electoral law and constitutional overhaul aimed at making the country's cumbersome
legislative process more efficient.Mr. Napolitano has helped to steer Italian politics since 2011, when the
country was almost pushed to the center of the eurozone crisis amid spiraling borrowing costs and prolonged
political instability. He spearheaded the creation of two consecutive reform-minded governments, led by Mario
Monti and, in 2013, by Enrico Letta. In February 2014, he backed the ascent of Mr. Renzi.The election of the
next president is likely to have a big impact on the future of Mr. Renzi's government and the outcome of his
reformist push.Under the Italian constitution, the two chambers of Parliament, along with regional
representatives, elect the head of state.An expanded parliamentary session will start to vote on Mr.
Napolitano's successor on Jan. 29. The election will involve more than 1,000 voters from the upper house,
the lower house and representatives nominated by regional councils. In the first three votes, a super-majority
of two-thirds is needed to elect the new president, while a simple majority suffices after that.Smooth elections
are fairly rare in Italy, and in one- third of cases it takes more than 10 days to strike a compromise on a
credible candidate, analysts say."We'll reasonably have the name of the new president by the end of the
month," Mr. Renzi said Wednesday, indicating that he will try to speed up the election process as much as
possible.The Italian premier has repeatedly said he wants his center- left Democratic Party and the other
political parties to coalesce around a presidential candidate who is able to attract large support, given his
nonpartisan role as guarantor of the Italian constitution.Mr. Renzi relies on a fragile majority. He has been
forced repeatedly to call confidence votes in Parliament to force the passage of legislation. He depends on a
pact with his longtime political foe and centerright party leader Silvio Berlusconi to push through electoral and
institutional overhauls. The presidential election could test this alliance."Renzi comes to the election process
numerically strong but politically weakened," said Wolfango Piccoli, managing director of consulting firm
Teneo Intelligence. "A messy outcome would be problematic for [ the premier's] authority within the governing
coalition and may destabilize his reform pact."Some analysts say that if Mr. Renzi and his coalition partners
succeed in electing a suitable candidate in the fourth or fifth round of voting, the premier's leadership will be
reaffirmed and the balance of power in Parliament will remain substantially unchanged. But if the presidential
election drags on past the fifth round, with internal defections within Mr. Renzi's governing coalition, that
would spell trouble for the 40- year- old leader.Names of possible candidates have emerged in the Italian
press in recent weeks, including former prime ministers Giuliano Amato and Romano Prodi. Mr. Prodi,
however, already suffered a failure in the 2013 presidential election due to last-minute defections among
Democratic Party voters, making his candidacy unlikely.Democratic Party veteran and former party secretary
Walter Veltroni is also among the possible candidates, along with Anna Finocchiaro, a senior member of Mr.
Renzi's center-left party, who would be the first woman in the role, if elected.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015
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Italy's President Napolitano Resigns
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