Cognitivismo Clinico (2004) 1, 1, 65-76
Rassegne
PERFEZIONISMO CLINICO
Sonia Guardini
A.I.D.A.P- Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso, Verona
Riassunto
L’articolo presenta le caratteristiche del perfezionismo, passa in rassegna studi e ricerche degli ultimi
decenni che hanno investigato il rapporto tra perfezionismo e psicopatologia: in specifico viene dato rilievo ad
una visione cognitivo-comportamentale del perfezionismo clinico, e infine considera l’impatto del perfezionismo sul trattamento. L’articolo offre una visione ampia di tale costrutto, le possibili origini e i fattori di mantenimento. Viene, inoltre, descritto un nuovo filone di ricerca che ha investigato la possibilità che gli stati emotivi
negativi non sono solo la conseguenza, ma anche una causa di una discrepanza tra aspettative e standard.
Viene, infine, sottolineata la necessità di nuove ipotesi testabili e trial di trattamento controllato. Esistono, infatti, protocolli di trattamento, ma mancano specifici modelli teoretici del perfezionismo che potrebbero guidare il trattamento e il suo sviluppo.
Parole chiave: perfezionismo, psicopatologia, terapia cognitivo-comportamentale
Summary
This article reviews the characteristics of perfectionism, reviews studies and researches of the last
years that have investigated the association between perfectionism and psychopathology: Specifically is
emphasized a cognitive-behavioural definition of the clinical perfectionism, and then considers the impact
of perfectionism on treatment. This article considers the origin and the processes that contribute to its
maintenance. Are described the researches that reveal that negative mood can induce discrepancies between
expectancies and standards of performances.
Finally, is emphasized the necessity of new testable hypotheses and controlled treatment trial. Despite
existing treatment protocols, there is a lack of specific theoretical models of perfectionism that could guide
treatment and its development.
Key words: perfectionism, psychopathology, cognitive-behavioural therapy
Il perfezionismo sembra svolgere un ruolo importante nello sviluppo e nel mantenimento di
alcuni stati psicopatologici. Malgrado questo, il perfezionismo è un fenomeno poco studiato e
scarsamente compreso.
Solo recentemente un’ampia quantità di studi ha investigato la specifica relazione tra perfezionismo e psicopatologia.
Diversi autori hanno cercato di promuovere una comprensione del concetto (vedi Hewitt e
Flett, 1991; Hewitt et al. 1996; Saboonchi et al. 1999; Juster e al.1996; Antony et al. 1998),
definendolo, inoltre, in molti differenti modi (Vedi Hollender 1965, 1978; Burns 1980; Horney
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1950; Hamachek 1978; Slade 1982; Bastiani et al. 1994; Frost et al.1990; Slade e Owen 1998;
Antony e Swinson 1998).
Recentemente l’Obsessive Compulsive Cognition Working Group (di cui Frost fa parte) ha
definito il perfezionismo “la tendenza a credere che ci sia una soluzione perfetta per ogni problema, che fare perfettamente (per esempio senza errori) non solo è possibile, ma anche necessario,
e che ogni minimo errore avrà serie conseguenze”. (OCCWG, 1997).
Shafran, Cooper e Fairburn offrono una definizione cognitivo comportamentale: eccessiva
dipendenza della valutazione di sé dalla risoluta ricerca di standard personali particolarmente
esigenti ed auto-imposti in almeno un dominio altamente saliente, nonostante le conseguenze
avverse. Le conseguenze avverse sono emotive (depressione), sociali (isolamento sociale), fisiche (insonnia), cognitive (ridotta concentrazione) o comportamentali (rifare più volte lo stesso
compito o impiegare un tempo eccessivo per fare un lavoro) (Rhèaume et al. 2000), e sono tollerate perché considerate l’evidenza oggettiva degli sforzi effettuati per raggiungere standard esigenti e quindi positivi. Cioè, non è importante solo raggiungere un determinato obiettivo, ma
l’impegno posto per perseguire tale meta. La definizione corrente del perfezionismo implica che
gli standard perseguiti sono, per una determinata situazione, oggettivamente alti o eccessivi. In
questa definizione, non sempre gli standard del perfezionista sono elevati, ma esigenti per l’individuo.
Il perfezionismo va distinto dalla “salutare ricerca di eccellere” (Burns 1993); quest’ultima
è funzionale e positiva e spesso associata a soddisfazione personale, ad un aumentato senso di
autostima, creatività ed entusiasmo, in cui l’errore è visto come una possibilità di apprendimento.
Il perfezionismo malato, invece, è caratterizzato dalla paura di fallire, da un’insoddisfazione
costante per i propri risultati, da autocriticismo quando si sbaglia e interpretazione degli errori
come indicatori di fallimento come essere umano; il perfezionista si pone standard irrealistici e si
sforza per raggiungerli avendo spesso un’attenzione selettiva agli errori e non ai successi, ha
dubbi costanti sulla capacità di portare a conclusione un compito in modo corretto e il timore
delle critiche, e tutto ciò può causare ansia e depressione.
Seguendo la teoria di Skinner (1968), il perfezionismo “sano” si differenza da quello “malato” sulla base della storia dei rinforzi che hanno portato al suo costituirsi: il perfezionismo positivo sarebbe il frutto di una storia di rinforzi positivi, mentre il perfezionismo negativo di rinforzi
negativi.
Nei primi anni ottanta il perfezionismo era considerato un costrutto unidimensionale. Negli
anni ’90 il perfezionismo cominciò ad essere considerato come un costrutto multidimensionale
cioè come consistente di varie componenti o dimensioni associate. La visione multidimensionale
è stata fortemente sostenuta dal gruppo di Frost e da Hewitt e Flett (Frost et al. 1990; Hewitt e
Flett 1991).
Secondo Frost e colleghi il perfezionismo è caratterizzato da sei dimensioni:
Eccessiva preoccupazione per l’errore, Dubbi riguardo all’azione, Alti standard personali, Alte
aspettative dei genitori, Eccessivo criticismo familiare, Bisogno eccessivo di organizzazione.
Hewitt P. e G. Flett considerano invece, tre tipi di perfezionismo:
- Self-Oriented Perfectionism: porsi standard troppo elevati.
- Other-Oriented Perfectionism: avere aspettative troppo elevate riguardo agli altri.
- Socially Prescribed Perfectionism: credere che gli altri abbiano alte aspettative su di noi.
L’approccio multidimensionale è stato criticato da Fairburn, Shafran e Cooper (1999).
Secondo Shafran e colleghi (1999) la concettualizzazione multidimensionale del perfezionismo valuta un range di caratteristiche troppo ampio, rispetto a quelle descritte dai clinici e dai
primi teorici che lo hanno definito. Per gli autori inglesi solo il perfezionismo Self-oriented descrive con precisione il costrutto del perfezionismo, mentre other oriented e socially prescribed
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Perfezionismo clinico
sono due costrutti che possono essere associati al perfezionismo, ma non sono una parte integrante di esso. Allo stesso modo, i sintomi come i dubbi riguardo alle azioni, aspetti come il criticismo
familiare e le cognizioni associate al perfezionismo, come le preoccupazioni riguardo agli errori
non sono parte del perfezionismo, ma potrebbero essere associati ad essi. Come risultato del
confondere il perfezionismo con le sue variabili associate, gli autori concludono che le misure di
valutazione esistenti del perfezionismo sono difettose. Piuttosto che cambiare il costrutto di perfezionismo affinché esso sia in accordo con le misure di valutazione, gli autori propongono che ci
sia la necessità di nuove scale di valutazione che misurino il concetto
Fairburn, Shafran e Cooper, suggeriscono che il non aver distinto tra perfezionismo e le
caratteristiche associate è la principale ragione che spiega gli scarsi progressi negli ultimi anni sia
nella comprensione teorica sia nel trattamento clinico di specifici disturbi psichiatrici (come, ad
esempio, i disturbi dell’alimentazione) fortemente caratterizzati da questo costrutto. È noto che i
progressi nel trattamento psicologico sono derivati dalla comprensione di specifiche caratteristiche psicopatologiche del disturbi come nell’attacco di panico (Clark 1986) e nella bulimia nervosa (Fairburn 1981). Se il perfezionismo gioca un ruolo centrale nella psicopatologia necessitiamo
di una definizione più chiara e non confusa.
Le origini del perfezionismo
Da dove ha origine il perfezionismo? È appreso o geneticamente determinato come gli occhi
e i capelli? È possibile che i fattori biologici e psicologici contribuiscano al perfezionismo, come
negli altri tratti di personalità.
Se la genetica ha un ruolo nel causare il perfezionismo ciò significa che il perfezionismo non
può essere cambiato? Non del tutto. È possibile cambiare il modo di pensare o di agire.
Vari modi in cui il perfezionismo può essere stato appreso include rinforzi, punizioni,
modeling, informazioni, istruzioni. Porsi standard elevati è spesso rinforzato dalla società, dai
genitori che spesso utilizzano il ritiro dell’affetto e la disapprovazione come punizione, e i loro
figli tendono a rispondere agli errori con ansia e paura come se qualcosa dovesse essere evitato.
Essere stati puniti o eccessivamente criticati per alcuni comportamenti può determinare lo sviluppo della convinzione che sia sempre necessario fare le cose perfettamente. L’apprendimento di
comportamenti perfezionisti può avvenire attraverso l’osservazione di comportamenti altrui o
dalle informazioni che riceviamo attraverso canali di comunicazione di massa.
Perché non siamo tutti perfezionisti dal momento che siamo tutti sottoposti a questi tipi di
esperienze? Gli psicologi non hanno ancora la risposta a questa domanda. È possibile che alcune
persone siano più vulnerabili a rispondere a queste esperienze in modi negativi, mentre altre
persone sono meno vulnerabili all’apprendimento di abitudini, forse ciò è dovuto a esperienze di
apprendimento che hanno contrastato gli effetti di esperienze che potrebbero aver contribuito a
credenze perfezionistiche. Comunque, appare chiaro che le esperienze di apprendimento sono
solo in parte responsabili delle attitudini perfezionistiche. Inoltre, per alcuni individui il ruolo di
specifiche esperienze di apprendimento potrebbe essere minimo.
Cosa mantiene il perfezionismo?
Vi sono particolari convinzioni e comportamenti che mantengono il perfezionismo creando
circoli viziosi. Alcune distorsioni più frequenti sono il pensiero tutto o nulla (“ogni cosa meno
che perfetta è un fallimento”); il filtro mentale che consiste nel magnificare i dettagli negativi a
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spese dei dettagli positivi; la lettura del pensiero comune nelle persone perfezioniste che spesso
può essere motivo di ansia, di depressione e di timidezza, per l’assunzione di essere valutati
negativamente dagli altri; la sovrastima delle probabilità; la visione a tunnel, cioè prestare attenzione ai dettagli non guardando il quadro generale; la sensibilità interpersonale (i perfezionisti
possono essere eccessivamente preoccupati delle opinioni altrui); il pensiero catastrofico; gli
standard eccessivamente rigidi ed inflessibili; l’eccesso di responsabilità e un bisogno eccessivo
di controllo (spesso le persone perfezioniste sono convinte di poter aver più controllo sugli eventi
di quello che in realtà hanno); le doverizzazioni; la difficoltà ad avere fiducia negli altri; i confronti sociali inappropriati, cioè i perfezionisti si confrontano con persone che sono abili in una
particolare dimensione, rafforzando la loro convinzione di dover soddisfare uno standard eccessivamente alto.
Vi sono, inoltre particolari comportamenti che mantengono le convinzioni perfezionistiche:
ipercompensazione, cioè ripetere più volte il compito per essere certi di non aver sbagliato; eccessivo controllo e ricerca di rassicurazioni; ripetere e correggere più volte; eccesso di organizzazione e di esecuzione di liste; difficoltà nel prendere decisioni per la possibilità di commettere un
errore che potrebbe essere irreversibile; procrastinazione per paura di non soddisfare gli obiettivi;
non saper quando terminare; abbandonare troppo presto per l’ansia di non essere in grado di
soddisfare un particolare standard; lentezza perché facendo le cose più lentamente e attentamente
si pensa di incorrere con meno probabilità in errori; difficoltà nel delegare a meno che non si sia
certi che l’altra persona completerà perfettamente il compito; tendenza all’accumulo perché l’oggetto un domani potrà servire, così come un più generale disagio dettato dal pensiero di buttar via
un oggetto; evitamento di quelle situazioni che potrebbero far provare l’impossibilità di soddisfare lo standard imposto; tentativi di cambiare gli altri perché eccessivamente preoccupati di come
dovrebbero essere fatte le cose.
Altri fattori mantengono il perfezionismo creando circoli viziosi. Per esempio, la paura di
fallire e un forte autocriticismo di fronte ad un fallimento che mantiene la visione negativa di sé;
ciò rafforza la dipendenza della visione di sé eccessivamente dipendente dal raggiungimento
degli obiettivi personali.
Fissare standard che includono il pensiero dicotomico e valutare in modo disfunzionale la
prestazione, cioè la prestazione viene valutata in base all’impegno posto per raggiungere l’ obiettivo usando le conseguenze avverse come evidenza che gli standard e la prestazione sono sufficientemente esigenti. È suggerito che i bias nel processo di informazione interagiscono aumentando la probabilità che le persone falliranno nel soddisfare gli standard. È inevitabile che per
alcune persone il perseguimento degli standard personali e la paura di fallire divengono così
avversivi che essi procrastinano perché gli standard perfezionistici non possono essere raggiunti
(Frost et al 1990), abbandonano il lavoro a metà o lo evitano completamente (Antony e Swinson
1998; Burns 1980; Frost et al. 1990; Slade e Owens 1995);
Quando una persona perfezionista riesce a soddisfare i propri standard vi è un aumento
temporaneo della valutazione di sé, che a sua volta agisce come rinforzo intermittente per inseguire tali standard (Burns 1980) e un’immediata rivalutazione degli standard che vengono considerati troppo bassi. Gli standard sono valutati insufficientemente esigenti se essi sono raggiunti.
Ciò facilita il fallimento e l’ auto-critica (per esempio, se raggiunge un obiettivo ritiene che
fosse semplice da raggiungere), quindi la persona sperimenterà, comunque, un fallimento.
Vi sono altre ragioni per la persistenza del perfezionismo clinico.Il perfezionismo si verifica
in un contesto sociale in cui la ricerca degli standard elevati è spesso condonata. Le persone che
inseguono e raggiungono standard elevati spesso sono lodate, e ricevono ricompense. Questi
aspetti positivi possono superare le conseguenze avverse del perfezionismo come ad esempio,
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l’ansia da prestazione, il restringimento degli interessi, l’isolamento sociale, l’ affaticamento ed
un pervasivo senso di fallimento. I pazienti con perfezionismo molte volte riportano di avere
avuto di genitori con alte aspettative ed elevati livelli di criticismo (Frost et al. 1991; Vieth e Trull
1999).
Perfezionismo clinico e comorbilità
È raro che il perfezionismo sia un problema clinico isolato. È tipico vederlo associato a
disturbi dell’asse I e II. Alcuni studi hanno suggerito che il perfezionismo potrebbe predire la
scarsa risposta al trattamento per la depressione, perchè interferisce con lo sviluppo di una alleanza terapeutica (Blatt et al. 1998; Zuroff 2000). Ciò mantiene una negativa valutazione di sé e un
umore depresso. Fairburn, Shafran e Cooper (1999) hanno suggerito che la risposta al trattamento
è più scarsa se il dominio in cui il perfezionismo è espresso si sovrappone a quello affetto dal
disturbo psichiatrico. Per esempio, se i pazienti sono perfezionisti nel dominio delle relazioni
sociali e il loro disturbo psichiatrico è la fobia sociale, la presenza del perfezionismo agisce come
meccanismo aggiuntivo di mantenimento, impedendo il successo del trattamento.
Alti livelli di perfezionismo sono stati dimostrati nei disturbi dell’alimentazione sia da ricerche caso-controllo sia da studi prospettici che hanno evidenziato la persistenza di questo tratto in
seguito alla normalizzazione del peso corporeo. Il perfezionismo nei disturbi dell’alimentazione
sembra avere un’origine multifattoriale genetica (Bastiani 1994; Halmi e collaboratori 2000),
legata alle relazioni con i genitori e sociale (Hamacheck 1978; Burns 1980; Brownell 1991; Antony
et al.1998) e sembra essere un importante fattore di rischio e di mantenimento dei disturbi dell’alimentazione (Fairburn 1997; Fairburn, Shafran e Cooper 1999; Slade 1982). Shafran e colleghi suggeriscono che l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa siano in molti casi l’espressione
del perfezionismo nel dominio del controllo del cibo, del peso e delle forme corporee.
È stato suggerito che il perfezionismo sia una caratteristica necessaria per lo sviluppo del
DOC (Rhéaume et al. 1995). Molti pazienti con DOC riportano il bisogno di perfezione, del
certo, dell’esatto (Goodman et al 1989; Rasmussen e Eisen 1992). L’assenza di questa perfetta
certezza incrementa la possibilità che i pazienti dubitino di aver agito correttamente; tali dubbi
riguardo le azioni sono state considerate come parte del costrutto di perfezionismo (Frost et al.
1990) e fanno chiaramente parte della fenomenologia del DOC. Recenti studi (Bouchard et al.
1999; Salkovskis et al. 1998; Lopatka e Rachman 1995; Shafran 1997) dimostrano la stretta
relazione tra perfezionismo e responsabilità - un costrutto di rilevanza per il mantenimento del
DOC. Ciò indica che le conseguenze percepite di fallire nel raggiungere gli standard sono importanti .
La maggior parte delle persone con il solo perfezionismo, con più probabilità incontrano
criteri per la diagnosi di DOC ed hanno i requisiti per una diagnosi di DOCP. Si potrebbe sostenere che l’essenza del disturbo di personalità ossessivo compulsivo sia il perfezionismo centrato
sulla performance più la rigidità e che le altre caratteristiche siano una conseguenza di questo.
Sta aumentando l’evidenza empirica di una positiva associazione tra livelli di perfezionismo
e depressione e molti studi hanno trovato che il perfezionismo è una caratteristica della depressione (Hewitt e Flett 1991; 1993,1996 Lynd-Stevenson e Hearne 1999). I pensieri e i comportamenti perfezionistici sono spesso importanti nel mantenimento della depressione. Le persone
perfezioniste spesso stabiliscono standard molto alti per se stessi nel lavoro, nelle relazioni
interpersonali, o in altre aree. Se questi standard non sono raggiunti, queste persone possono
iniziare a sentirsi inadeguate, persino senza speranza o valore provando quindi emozioni negative
(Flett et al. 1991).
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È stato anche sostenuto che sforzarsi eccessivamente per il perfezionismo è una risposta
comune delle persone che hanno una visione negativa del proprio valore, una bassa autostima
(Ricce et al. 1998; Fennell 1997; Roberts e Monroe 1994; Hollender 1965; Horney 1950).
Studi hanno trovato che il perfezionismo self oriented e socially prescribed sono associati
con un aumento dell’ideazione suicidaria in studenti e campioni psichiatrici (Hamilton e Schweitzer
2000; Hewitt et al. 1994; Hewitt et al. 1997).
Un ulteriore studio con pazienti psichiatrici ha trovato che il perfezionismo socially prescribed,
piuttosto che il perfezionismo self oriented, era un significativo predittore della potenzialità di
commettere un suicidio (Hewitt et al. 1992). Potrebbe essere che le persone con perfezionismo
other oriented colpevolizzano gli altri per gli eventi negativi, il quale potrebbe proteggere contro
la depressione, e quindi il comportamento suicidario.
Il perfezionismo, inoltre, è stato mostrato essere associato al disturbo d’ansia. Le persone
ansiose sono molto più preoccupate di fare errori e di dare una buona impressione agli altri,
soprattutto in situazioni sociali (Antony et al 1998; Flett et al. 1989; Antony et al. 1998; Juster et
al 1996; Leary 1983; Heimberg et al. 1995).
Ci sono pochi studi controllati che confrontano il perfezionismo nei disturbi di personalità
rispetto ai controlli normali e psichiatrici. I pazienti borderline hanno riportato punteggi più alti
nel perfezionismo socially prescribe degli altri due gruppi. Il perfezionismo socially prescribe era
positivamente associato con tali disturbi di personalità: schizoide, evitante, schizotipico e
borderline. Il perfezionismo other-oriented era positivamente associato con il disturbo istrionico,
narcisistico (Hewitt et al. 1994).
Le persone con perfezionismo potrebbero sforzarsi per raggiungere standard eccessivamente elevati sviluppando così sintomi psicosomatici. Anche le malattie cardiache correlano altamente con il perfezionismo. L’incapacità percepita di raggiungere gli standard elevati potrebbe
condurre alla depressione psicosomatica (Spence e Robbins 1992; Flett et al. 1994; Martin et al.
1996).
Stato emotivo, autoefficacia e standard di prestazione
Un nuovo filone di ricerca ha investigato la possibilità che gli stati emotivi negativi non solo
sono la conseguenza, ma anche una causa di una discrepanza tra aspettative e standard.
L’effetto dell’emozione sugli obiettivi personali e sugli standard hanno ricevuto poca attenzione in letteratura. Sebbene c’è scarsità di evidenze empiriche, ci sono ragioni teoretiche per
aspettarsi che lo stato emotivo possa influire sugli obiettivi di prestazione e sugli standard. Una
possibilità è che lo stato emotivo influenzi gli standard attraverso il suo effetto sull’autoefficacia
percepita. Le persone con emozione negativa possono stabilire alti standard come strategia per
alleviare l’emozione negativa
Stabilire standard personali può implicare il considerare i risultati futuri e valutare quanto
soddisfatta una persona dovrebbe essere se ha agito a quei livelli. I soggetti esposti ad emozioni
negative possono avere la sensazione di dover raggiungere livelli di performance più elevati per
essere personalmente soddisfatti dei loro traguardi. Cioè, il livello di soddisfazione percepita in
seguito al raggiungimento degli obiettivi sembra dipendere dallo stato d’animo presente. Cervone,
Kopp, Schaumann e Scott propongono, quindi, che gli stati emotivi possono abbassare la soddisfazione per i risultati potenziali e, quindi, come risultato innalzare gli standard. È emerso che,
persino in attività altamente familiari, le persone con stati emotivi negativi si pongono standard
più alti di performance rispetto alle persone con stati emotivi neutri o positivi.
Dalle ricerche è emerso che a differenza della maggior parte della persone che si pongono
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standard di prestazione che pensano di poter raggiungere, gli individui disforici si pongono standard
di prestazione elevati e hanno una percezione di bassa autoefficacia.
Per un maggior approfondimento vedi Rotter 1954; Ahrens 1987; Cervone et al 1994; Bandura
1997; 1999; Schwarz 1990; Cunningham 1988; Cervone, Kopp, Schaumann & Scott 1994;
Schwarz, Bless e Bohner 1991; Clark e Isen 1982; Kavanagh 1985: Kavanagh e Hausfeld 1986.
Trattamento
Evidenze basate sul trattamento del perfezionismo
Il perfezionismo rende difficile il trattamento dei disturbi dell’Asse I, se il dominio in cui il
perfezionismo è espresso si sovrappone a quello del dominio del disturbo dell’Asse I.
Ci sono pochi studi che dimostrano il trattamento efficace per il perfezionismo, nonostante
le molte ricerche sull’associazione tra perfezionismo e psicopatologia, nonostante il negativo
impatto del perfezionismo sul trattamento della depressione (Blatt et al. 1995) e probabilmente
sul trattamento di altri disturbi (vedi Hirsch e Hayward 1998). Solo uno studio empirico ha esaminato il trattamento del perfezionismo (Ferguson e Rodway 1994). Gli stessi principi standard
della terapia cognitiva sono stati applicati al trattamento del perfezionismo in un libro di auto
aiuto per superare il perfezionismo di Antony e Swinson (1998), sebbene il trattamento non è
stato valutato. Il libro suggerisce delle strategie per combattere sia i pensieri che i comportamenti
perfezionistici.
Purtroppo, non sono stati effettuati studi sistematici per valutare l’efficacia di specifici interventi psicoterapeutici o farmacologici sulla modificazione dei livelli di perfezionismo nei disturbi dell’alimentazione. Alcuni clinici famosi di scuola cognitivo-comportamentale danno dei consigli: favorire l’acquisizione da parte del paziente di una maggiore consapevolezza dei propri
tratti perfezionistici, e individuando gli ambiti della vita quotidiana in cui ha standard eccessivamente elevati, esplorare come il perfezionismo influenzi l’opinione di se stessi, le relazioni e le
situazioni al lavoro ed a scuola e focalizzare i fattori, individuali e sociali, presenti o passati, che
possono aver influito sullo sviluppo e sul mantenimento di tendenze perfezionistiche.
Burns (1980) suggerisce di fare un’analisi dei costi e dei benefici, cioè di individuare alcune
credenze disfunzionali alla base delle tendenze perfezionistiche valutando vantaggi e svantaggi
nel mantenerle. Vanderlinden (2001), infine, propone alcuni esercizi comportamentali, ad esempio, individuare le attività che ci si sente obbligati a svolgere in modo quasi compulsivo e pianificare dei cambiamenti in cui, gradualmente, si diminuisce la quantità di tempo dedicato ad esse.
Un altro esercizio è quello della “sfida al perfezionismo” che consiste nel mettere in atto comportamenti che vanno nella direzione opposta a quella abituale (es.: gettare deliberatamente i vestiti
nei cassetti in modo disordinato, non rifare volutamente il letto, studiare volutamente di meno).
Fairburn, Shafran e Cooper (1999) suggeriscono che il trattamento del perfezionismo clinico debba consistere nell’ aiutare il paziente ad identificare il perfezionismo come un problema e
di porlo all’interno di una formulazione cognitivo-comportamentale, che abbia senso per il paziente.
Allargare lo schema di auto-valutazione del paziente aiutandolo ad identificare e a praticare
modi alternativi di pensare e di comportarsi che gli permettano di allargare la valutazione di sé
scegliendo domini non disfunzionali. Si suggerisce che aumentare il numero dei domini che contribuiscono alla valutazione di sé migliori la stessa valutazione.
Usare esperimenti comportamentali per testare ipotesi in competizione e utilizzare tecniche
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cognitivo comportamentale per affrontare gli standard personali del paziente e l’auto-critica in
generale. Va posta attenzione ai bias cognitivi che mantengono il perfezionismo, in modo particolare l’attenzione selettiva sulla possibilità di fallire e il monitoraggio ipervigilante della prestazione (vedi Antony e Swinson 1998).
Impatto del perfezionismo nel trattamento della depressione
Ci sono dati empirici che dimostrano che il perfezionismo impedisce il successo del trattamento della depressione, indipendentemente dalla modalità del trattamento (Blatt et al. 1995;
Blatt et al 1998). Il risultato terapeutico al termine era significativamente correlato con i livelli di
perfezionismo e auto–criticismo prima del trattamento, indipendentemente dal trattamento. Il
grado di perfezionismo prima del trattamento era significativamente correlato con relazioni
interpersonali meno soddisfacenti, minori abilità di coping e continue auto critiche nel follow up
a 18 mesi. (Blatt et al 1998). Le analisi hanno mostrato che il perfezionismo impedisce il miglioramento terapeutico principalmente nella seconda parte del processo terapeutico (settimana 8-16)
e ciò potrebbe non essere attribuito alla severità della depressione prima dell’inizio del trattamento (Blatt et al 1998). Una spiegazione dell’impatto negativo del perfezionismo è che questi pazienti non sviluppano una forte alleanza terapeutica nella seconda parte del trattamento rispetto ai
pazienti non perfezionisti (Zurof et al 2000). Un’altra possibilità è che i pazienti con alti livelli di
perfezionismo possano sperimentare un senso di fallimento nel trattamento quando iniziano ad
intravedere la fase terminale delle terapie (Blatt et al. 1998). Un’altra possibilità è che le credenze
delle persone perfezioniste sono mantenute rigidamente ed è la rigidità delle assunzioni e delle
credenze che interferisce con il progresso del trattamento.
Shafran e colleghi sottolineano che nessuno studio ha investigato se il perfezionismo impedisce il trattamento di altri disturbi psicologici, e così questo appare essere un’area saliente per
ulteriori ricerche. Nonostante i protocolli di trattamento esistenti (Antony e Swinson 1998) nessun trial di trattamento controllato è stato condotto. C’è anche la mancanza di specifici modelli
teoretici del perfezionismo che potrebbero guidare il trattamento e il suo sviluppo. Oltre a questo,
un modello cognitivo di mantenimento del perfezionismo è stato proposto (Shafran e al. in press)
e ridefinisce il perfezionismo, genera ipotesi testabili ed ha chiare implicazioni per il trattamento.
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Autore per la corrispondenza: Sonia Guardini, A.I.D.A.P.-Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso. Via Sansovino, 16, Verona Tel 045- 8103915.
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