■ CLINICA Alimentazione e mente E’ difficile riconoscere una divoratrice pentita Ludovica Caputo Medicina generale Milano I disturbi del comportamento alimentare sono frequenti nella società occidentale, nelle loro due forme: anoressia e bulimia nervosa. Il medico di famiglia ha un ruolo fondamentale nel processo diagnostico e terapeutico. La lettura della storia scritta dal collega è l’invito a ciascun medico di medicina generale (o, ancor meglio detto, a ciascun medico di famiglia), di ripensare al gruppo dei propri assistiti adolescenti e giovani: è probabile che, in esso, almeno una Giulia, nota o ignota, ci sia. In Italia, la prevalenza di disturbi alimentari nelle popolazioni a rischio (adolescenti e LA STORIA Un segreto difeso a oltranza Conosco Giulia H. da quando faceva le scuole medie: una ragazzina studiosa, senza grilli per la testa, con due genitori attenti e una famiglia serena. Al liceo ha un’ottima media e così pure all’università. Non ha mai avuto altro che le solite malattie invernali da raffreddamento. Negli ultimi 4 o 5 anni, però, verso la fine del corso di laurea, comincia a venire spesso in studio lamentando malesseri vari, stanchezza, dolori addominali. Sta studiando molto ed è una perfezionista. La sua vita si svolge tra i libri e la palestra, perché non vuole acquistare peso. Ogni volta che viene in studio io cerco di capire con lei l’origine dei disturbi. L’esame obiettivo è sempre negativo e anche gli esami ematochimici sono sempre normali. Intuisco che ci deve essere qualche disagio che non è disposta ad ammettere. Anche la mamma è preoccupata dei malesseri della figlia, di cui nega di conoscere la causa: mi dice che la ragazza voleva andare a vivere con il suo compagno, ma che, dopo che hanno trovato la casa, lei ha interrotto il loro rapporto. A un certo punto perdo di vista Giulia sino a un anno fa, quando torna in studio e si scusa con me per avermi fatto perdere tanto tempo senza dirmi la cosa che più la tormentava e che finalmente ora ha risolto, ammettendo con se stessa di essere stata bulimica per molti anni. Finalmente ha trovato la forza di chiedere aiuto a un centro per i disturbi alimentari dove da quasi un anno segue assiduamente una terapia di gruppo, con notevole successo. 4 n. 3 / Marzo 2007 giovani adulti, nel 90 per cento dei casi femmine) per l’anoressia è dello 0,2-1,3 per cento, con due picchi di maggior frequenza a 14 e 18 anni e, per la bulimia, dall’uno al 3 per cento, con un picco a 17 anni circa (Cotrufo 1998). Un gruppo di ricercatori austriaci ha in realtà rilevato anche la loro distribuzione in età ben più matura, riscontrandone una prevalenza del 3,8 per cento in un campione di quasi 500 donne di età compresa tra 60 e 70 anni, a sottolineare la necessità di inserire questa possibilità nella diagnosi differenziale di situazioni di calo ponderale, vomito e ossessivo interesse per il proprio peso corporeo anche in età avanzata (MangwethMatzek 2006). Alle due principali entità ben definite dai criteri del DSM IV si aggiungono i disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati (EDNOS), che, pur essendo significativi dal punto di vista clinico, non soddisfano tutti i criteri diagnostici o presentano sintomi misti di entrambe le condizioni. Ciò che colpisce è la sfuggevolezza del quadro, la sua apparente insospettabilità: Giulia è la classica brava ragazza, con una famiglia descritta come attenta (forse troppo?), studiosa e diligente. Per questo motivo bisogna conoscere i campanelli di allarme: perfezionismo, attenzione eccessiva al mantenimento del proprio peso corporeo, malesseri vaghi e forse inconsciamente usati come richieste di aiuto. Il collega riferisce la normalità degli esami ematochimici; chissà se tra le analisi di routine erano state inserite indagini indicative di episodi di vomito autoindotto, abuso di lassativi o diuretici, quali sono la potassiemia e l’amilasemia (vedi la tabella 1)? Nell’obiettività clinica, a prescindere dalla valutazione dell’indice di massa corporea, sarebbe importante ricercare segni clinici sospetti (vedi la tabella 2), dato che un soggetto bulimico si potrebbe infatti presentare normopeso, lievemente sottopeso o addirittura sovrappeso. OCCHIO CLINICO ESAMI EMATOCHIMICI ALTERATI ■ (Modificato da Mitchell 2004 ) PIÙ TIPICI DELLA BULIMIA NERVOSA ■ • riduzione degli elettroliti plasmatici: potassio, cloro, magnesio, calcio, fosforo • alcalosi metabolica (bicarbonato sierico > 38 mEq/L è indicativo di vomito) • iperamilasemia (da ipertrofia parotidea, secondaria al vomito indotto o alla malnutrizione) • aumento di transaminasi,GGT, fosfatasi alcalina (da abuso di lassativi) ■ • • tare, alterazioni tiroidee, estrogeniche e cortisoniche) alcalosi metabolica (bicarbonato sierico: 30-40 mEq/L) riduzione delle proteine plasmatiche e delle colinesterasi diminuzione del testosterone (nei maschi) aumento del cortisolo plasmatico e del GH Proposte per il trattamento Un recente articolo sulle proposte di trattamento della bulimia nervosa (vedi il riquadro 1), conferma come la terapia cognitivocomportamentale, soprattutto con sedute di gruppo, sia la prima scelta: è la soluzione per cui ha optato anche Giulia. Le terapie di gruppo permettono infatti ai singoli (Modificato da Debate 2006, Casiero 2006) PIÙ TIPICI DELLA BULIMIA NERVOSA liti e scalfiti in superficie) ipertrofia delle parotidi bradicardia, ipotensione, aritmie (da allungamento dell’intervallo QT), per squilibri elettrolitici, ipovolemia eritema fisso (da abuso di lassativi) calli sul dorso delle mani (da induzione del vomito) OCCHIO CLINICO • leucopenia, anemia, piastrinopenia • sindrome da T3 basso (o del malato eutiroideo) • aumento del colesterolo LDL e HDL (da restrizione alimen- 2004; 6: 15) di cui in uno studio è stata riscontrata una prevalenza del 40 per cento circa e la fobia sociale (in un quinto dei casi), spesso a esordio antecedente il disturbo dell’alimentazione (Kaye 2004). Nei soggetti bulimici, rispetto ai loro coetanei, sono inoltre più frequenti i tentativi di suicidio. La mortalità annua è circa dello 0,5 per cento; dopo 20 anni di malattia, quindi, si registrano in media 10 casi di decesso ogni 100 ragazze affette. Nell’anoressia, la mortalità raggiunge una proporzione variabile tra il 5 e il 20 per cento (con analoga percentuale di suicidio, Pompili 2006). • erosione dello smalto dei denti (denti consumati, rimpiccio• • steatosi epatica) ▲ ▲ ▲ Manifestazioni psichiche Accanto alle manifestazioni più strettamente fisiche, va tenuto d’occhio l’aspetto psichico: l’ansia e la depressione sono spesso associate al disturbo bulimico e, in un sottogruppo di soggetti, si nascondono abuso di sostanze o comportamenti autolesionistici. Tra i disturbi d’ansia prevalgono il disturbo ossessivo-compulsivo (vedi Occhio Clinico PIÙ TIPICI DELL’ ANORESSIA NERVOSA • ipoglicemia • aumento di transaminasi, gammaGT, fosfatasi alcalina (da • • • • Sono da ricercare i sintomi gastrici: • bruciore retrosternale ed epigastralgie (da esofagite indotta dal vomito ripetuto nella bulimia nervosa); • digestione difficoltosa e senso di ripienezza gastrico (da atonia e atrofia della muscolatura dello stomaco per i digiuni prolungati nell’anoressia nervosa). Nell’anoressia nervosa, invece, sono frequenti (Mitchell 2006): • l’amenorrea; • l’osteopenia; • l’osteoporosi. INDIZI CLINICI TABELLA 1 TABELLA 2 ■ PIÙ TIPICI DELL’ ANORESSIA NERVOSA • indice di massa corporea < 17,5 • colore giallo-arancio di mani e piedi, lanugo, fragilità delle • • • • unghie e dei capelli, alopecia, petecchie, acrocianosi edemi declivi, bradicardia, ipotensione (squilibri elettrolitici) prolasso della mitrale (per atrofia cardiaca da riduzione delle pareti muscolari) ipotermia epatomegalia n. 3 / Marzo 2007 5 ■ CLINICA Bulimia and eating disorders Occhio Clinico 2007; 3: 4 Key words Bulimia; Eating disorder Summary Behavioural eating disorders are common in Western societies, in both their forms: anorexia and bulimia nervosa. The family doctor plays a crucial role in the diagnostic and therapeutic process. In Italy, the prevalence of eating disorders in the groups at risk (adolescents and young adults, female in 90% of cases) is 0.2-1.3 percent for anorexia, with two peaks of greater frequency at the ages of 14 and 18; while for bulimia it is from 1 to 3 percent, with a peak at around 17 years old. In fact, a group of Austrian researchers found that these disorders were also present at a much older age, with a prevalence of 3.8 percent found in a sample of almost 500 women aged between 60 and 70. This underlines the need to include this possibility when making a differential diagnosis of situations of weight loss, vomiting and excessive interest in one’s own weight, even at an older age. 6 n. 3 / Marzo 2007 di confrontarsi con altre persone aventi la stessa patologia, dando un sostegno al progetto individuale, alleviando il peso dei sensi di colpa e l’ansia connessa al difficile compito di modificare abitudini perseguite, ma odiate (Mitchell 2006). Si tratta di una forma specifica di terapia cognitivo-comportamentale, caratterizzata da tre fasi che tendono a sovrapporsi nel corso di sedute settimanali che si possono protrarre per anni. La prima fase è finalizzata a normalizzare il peso e abbandonare i comportamenti per il suo controllo: il soggetto è aiutato ad avere un’alimentazione regolare e a resistere all’impulso di abbuffarsi per poi eliminare il cibo ingoiato. La seconda fase tende a migliorare l’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali e ad ampliare la scelta dei cibi: vengono impiegate procedure cognitive sostenute da esperimenti comportamentali al fine di identificare e correggere gli at- teggiamenti e le convinzioni disfunzionali e i comportamenti di evitamento. La terza fase è quella della strategia di prevenzione delle ricadute (Fairburn 1993). Tra le altre terapie non farmacologiche proposte per la bulimia, ha dimostrato una certa efficacia la psicotera pia inter personale (anche se meno attuata della della terapia cognitivo-comportamentale). Il ricorso agli antidepressivi, triciclici, serotoninergici (la più studiata è la fluoxetina), inibitori delle monoaminossidasi (IMAO) o atipici, da soli o in associazione alla psicoterapia, può aumentare i tassi di remissione, ma è elevato il numero di casi di abbandono del trattamento (Bacaltchuk 2003). Giulia già da quasi un anno segue la terapia di gruppo con successo. Successo significa remissione dalla malattia, cioè l’astensione persistente – per più di un mese – dagli abusi alimentari. Quale può essere la prognosi della ragazza? Buona, forse: uno studio sul decorso TUTTE LE TERAPIE ■ TERAPIA COGNITIVO- COMPORTAMENTALE ANCHE CON SEDUTE DI GRUPPO Prevede uno sviluppo in tre fasi: • educazione alimentare del soggetto; • procedure cognitive per migliorare l’immagine corporea; • trategia di mantenimento. BOX 1 controllo del peso (come il vomito dopo l’assunzione del cibo). ■ TERAPIA DI ORIENTAMENTO COGNITIVO Si focalizza sul cambiamento sistematico delle convinzioni connesse a questi temi, non delle convinzioni direttamente correlate al comportamento alimentare. ■ TERAPIA INTERPERSONALE Non viene fatto alcun tentativo per convincere i pazienti che le Consiste in 3 fasi (Agras 2000): loro credenze sono errate o malaanalisi in dettaglio del conte• dattive. sto interpersonale • sostegno del soggetto nelle sue modificazioni interperso- ■ TERAPIA DI RAFFORZAMENTO MOTIVAZIONALE (MET) nali. esplorazione di vie per risol• Lo scopo della terapia è far pasvere future difficoltà interper- sare i soggetti allo stadio dell’asonali. Non viene mai data at- zione, utilizzando strategie cognitenzione alle abitudini ali- tive ed emozionali. (vedi anche mentari. Occhio Clinico 1998; 4: 28): • in fase precontemplativa non ■ TERAPIA DI ESPOSIZIONE c’è l’intenzione di cambiare; Tecnica di prevenzione delle ri- • in fase contemplativa si riconosce la necessità di cambiasposte che comporta l’esposire, ma non si prende un impezione al cibo con strategie psicologiche per eliminare i mezzi di gno definito a farlo; • nel terzo stadio dell’azione si è attivamente impegnati nel superamento dei problemi; • in mantenimento si lavora per prevenire eventuali ricadute. Si dà enfasi all’alleanza terapeutica. Dopo una valutazione strutturata, nel corso delle sedute iniziali il terapeuta dedica la maggior parte del tempo alla spiegazione dei meccanismi di feedback. In seguito l’attenzione è rivolta a sviluppare e consolidare un programma di cambiamento. ■ TERAPIA DIALETTICO- COMPORTAMENTALE E’ una forma di terapia comportamentale che individua nella disregolazione delle emozioni il problema centrale della bulimia nervosa. Gli abusi alimentari e le condotte di eliminazione sono interpretati come tentativi di influenzare, modificare o controllare stati emozionali dolorosi. I pazienti apprendono una serie di metodi per sopperire alle disfunzioni comportamentali. OCCHIO CLINICO naturale della bulimia nervosa ha riportato che il 31 per cento dei 102 soggetti osservati presentava ancora il disturbo a distanza di 15 mesi e il 15 per cento a 5 anni. Quattro sembrerebbero i predittori affidabili di esiti sfavorevoli nel trattamento della bulimia nervo- sa: la presenza di caratteristiche tipiche del disturbo borderline di personalità; l’abuso di sostanze; la scarsa motivazione al cambiamento; una storia di obesità (NICE 2004). Per fortuna, nessuno di questi elementi fa parte della storia di Giulia. ■ Bibliografia Agras WS, et al. A multicenter comparison of cognitive-behavioral therapy and interpersonal psychotherapy. Arch Gen Psychiatry 2000; 54: 459. Bacaltchuk J et al. 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RECENSIONE L’insostenibile leggerezza del cancro ■ Engelberg M Il cancro mi ha reso più frivola Milano:TEA, 2007 120 pagine • 9 euro Una donna colta e intelligente, con una famiglia felice e un buon lavoro, apprende a 43 anni di avere il cancro al seno e decide di raccontare tutta la sua vicenda con disegni a fumetti: ne esce un libro commovente, che fa sorridere (e, a volte, ridere) dall’ini- OCCHIO CLINICO zio alla fine, quando, sulla quarta di copertina, si scopre che questa donna ha già concluso la sua vicenda, morendo nell’ottobre del 2006. Nella sua testimonianza, profonda e lieve al tempo stesso, l’ironia è lo strumento per maneggiare un dolore estremo: vi si riconosce la capacità propria dell’essere umano di rivalersi sugli aspetti tragici dell’esistenza prendendosi gioco dei tiri mancini della sorte e focalizzando l’attenzione su ciò che, sembrando piccolo e banale, si rivela un forte legame alla vita. Dal momento della prima scoperta di microcalcificazioni a quello della diagnosi di metastasi cerebrali, tutti i pensieri, le contraddizioni, i terrori che entrano nella testa di Miriam, ne escono nella nuvoletta del fumetto con parole quotidiane, reali, riconoscibili: qualunque donna può essere Miriam e Miriam riesce a vivere, nel corso dei lunghi mesi da malata, l’esperienza di tutte le donne, la preoccupazione per il figlio, la complicità con il marito, l’af- fetto «sulla difensiva» per gli ossessivi genitori. Intanto, riesamina il proprio percorso: i disegni del racconto hanno continui flash back sul passato (le speranze, i progetti e la spiritualità, un po’ sperimentale, della gioventù) seguiti da ritorni al presente e alla sua frivolezza nuova di pacca, «regalo della chemioterapia», come l’autrice stessa dice. Miriam ammette la necessità di pensare alla morte, ma la rimanda continuamente ad altro momento, nell’inconscia, epicurea, convinzione di poter sbeffeggiare la signora con la falce, tanto, fino a quando lei e il suo male continueranno a essere presenti, quella non potrà arrivare. La mancanza del lieto fine forse rende il libro difficilmente proponibile alle malate, ma l’intelligente e umana miscela di comico e tragico che lo imbeve potrebbe essere d’aiuto a molti medici per comprenderle meglio. Simonetta Pagliani Occhio Clinico n. 3 / Marzo 2007 7