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I traumi chiusi del fegato:
efficacia del trattamento
conservativo
GAETANO LA GRECA, PIETRO CONTI, FRANCESCO BARBAGALLO, SAVERIO LATTERI, LUIGI GRECO,
ANDREA DI STEFANO, MARIO SCUDERI, DOMENICO RUSSELLO
Dipartimento di Chirurgia, Trapianti e Tecnologie Avanzate
Università degli Studi di Catania
Divisione Clinicizzata di Chirurgia d’Urgenza - Dipartimento d’Emergenza
Ospedale Cannizzaro - Catania
Riassunto
Tutti i pazienti emodinamicamente stabili con lesioni di organi solidi dell’addome possono
essere candidati al trattamento non operativo (TNO) che, nell’80% dei traumi epatici, rappresenta il trattamento di scelta. Quando possibile, il TNO produce ottimi risultati in termini di sopravvivenza, richiesta di trasfusioni, morbilità e riduzione della degenza. Gli Autori
hanno voluto analizzare retrospettivamente la loro recente esperienza relativa al trattamento dei traumi epatici. Di 53 pazienti con trauma chiuso del fegato, 36 sono stati trattati chirurgicamente mentre 17, emodinamicamente stabili, sono stati trattati conservativamente.
Dopo valutazione TC i pazienti del gruppo TNO sono stati sottoposti a monitoraggio emodinamico, ecografico ed ematochimico. Il 47.1% mostrava un trauma maggiore o uguale al
III grado. La mortalità è stata dello 0%, la morbilità d’organo dello 0% e nessun paziente è
stato emotrasfuso. L’efficacia del TNO è stata del 100% e nessun paziente del gruppo è stato successivamente sottoposto a trattamento chirurgico. L’esperienza clinica ha dimostrato
che il TNO dei traumi epatici è fattibile, efficace anche per traumi di grado maggiore, ma
richiede un’attenta selezione dei pazienti e un monitoraggio clinico, emodinamico ed ecografico scrupoloso. La letteratura e il progresso fanno intravedere ulteriori possibilità di sviluppo del TNO nei traumi epatici.
Parole chiave: traumi addominali chiusi, traumi del fegato, trattamento non operativo
Summary
Blunt liver trauma: efficacy of non-operative management. G. La Greca, P. Conti,
F. Barbagallo, S. Latteri, L. Greco, A. Di Stefano, M. Scuderi, D. Russello
All haemodynamically stable patients with blunt abdominal trauma can be managed conservatively by non-operative management which is the treatment of choice in 80% of liver
trauma. Non-operative management, when feasible, yields very good results in terms of survival, need for blood transfusions, morbidity and reduction of hospital stay. The Authors retrospectively analyse their recent experience with liver trauma. Of 53 patients with blunt liver trauma, 36 underwent surgical treatment whereas 17 haemodynamically stable patients
Corrispondenza a: Prof. Gaetano La Greca - Via Messina, 354 - 95126 Catania.
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received non-operative management. After CT scans, all patients on non-operative management underwent haemodynamic monitoring, US and blood examinations. A percentage
of 47.1% had a ≥ grade III trauma. The mortality and morbidity rates were 0% and no blood
transfusions were needed. The efficacy of non-operative management was 100% and none
of the patients needed subsequent surgical treatment. Our clinical experience demonstrates
that non-operative management is feasible and effective even for higher grade traumas, but
always requires strict clinical, haemodynamic and US monitoring and careful patient selection. Current progress in the field and recent evidence reported in the literature indicate the
likelihood of further developments and more widespread utilisation of non-operative management in liver trauma.
Key words: blunt abdominal trauma, liver trauma, non-operative management
Chir Ital 2005; 57, 3: 345-350
Introduzione
Negli ultimi decenni il trattamento delle lesioni
traumatiche del fegato ha mostrato un’evoluzione
notevole sia per il miglioramento complessivo dei protocolli diagnostico-terapeutici per il traumatizzato, sia
per il miglioramento delle tecniche di chirurgia epatobiliare, ma anche per la graduale limitazione delle
indicazioni al trattamento chirurgico con contestuale
aumento relativo dei pazienti trattati conservativamente. Tutti i pazienti con lesioni di organi solidi dell’addome che sono emodinamicamente stabili possono
essere candidati al trattamento non operativo (TNO);
in particolar modo, nell’80% dei traumi del fegato,
questo rappresenta oggi il trattamento di scelta in
pazienti selezionati1. È dimostrato che, quando possibile, la scelta di un trattamento non operativo è correlata con ottimi risultati in termini di sopravvivenza,
richiesta di trasfusioni e morbilità, soprattutto in termini di ascessi intraddominali, ma anche in termini di
riduzione della degenza ospedaliera2. Esistono tuttavia
ancora problematiche relative all’accettazione, diffusione e applicazione dei trattamenti non operativi
legate a questioni logistiche, diagnostiche e medicolegali in relazione alle difficoltà e rischi del monitoraggio di tali pazienti. Gli Autori hanno voluto analizzare
la loro recente esperienza clinica relativa al trattamento dei pazienti con trauma epatico mediante questo
studio retrospettivo di una recente serie di 53 traumi
chiusi del fegato per focalizzare soprattutto i risultati
ottenuti nei pazienti trattati conservativamente.
Materiali e metodi
Il trauma epatico è stato differenziato utilizzando
la classificazione proposta dalla Organ Injury Scaling
Committee dell’American Association for the Surgery
of Trauma3. Tutti i pazienti giunti e trattati, dal gennaio
1998 al novembre 2003, presso il Dipartimento
d’Emergenza dell’Azienda Ospedaliera Cannizzaro
di Catania con diagnosi di trauma epatico sono stati
valutati retrospettivamente. L’indicazione al trattamento chirurgico è stata: a) instabilità emodinamica;
b) coesistenza di lesioni associate, gravi, della milza,
intestinali o di altri organi non suscettibili di TNO;
c) versamento libero intra-addominale all’esame TC o
alla FAST (Focused Abdominal Sonography for
Trauma) in pazienti inizialmente non candidati al trattamento chirurgico. L’indicazione al trattamento non
operativo, in accordo con i protocolli dell’ATLS4, è
stata caratterizzata da: a) stabilità emodinamica e
b) lesione epatica con o senza altre lesioni dimostrata
all’esame TC. Di tutti questi pazienti sono stati analizzati i dati relativi alle condizioni cliniche, alla diagnostica utilizzata, alla presenza e tipologia delle
lesioni associate, alla sede e grado della lesione epatica, al trattamento chirurgico, ai dati di laboratorio
rilevanti nello specifico, alle complicanze postoperatorie e alla sopravvivenza.
Risultati
Pazienti
Sono stati trattati complessivamente 53 pazienti
con un rapporto M/F = 1.9/1, con un’età media di
31.8 anni (10-82). Di questi 36 (67.9%) sono stati sottoposti a intervento chirurgico immediato: trattasi di
24 maschi e 12 femmine con un’età media di 24.3
anni (10-61). A trattamento conservativo (TNO) sono
stati sottoposti 17 pazienti (32.1%), con un’età media
di 39.8 anni (14-82), di cui 11 maschi.
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Gruppo chirurgico
All’esame TC spirale il 62% dei traumi interessava
il lobo di destra. La distribuzione, in accordo con la
classificazione di Moore, è stata la seguente: 13 traumi di grado III (36.1%), 11 traumi di grado II (30.5%),
9 traumi di grado IV (25%), 2 traumi di grado V (5.5%)
e 1 trauma di grado I (2.8%) (il paziente presentava
una frattura splenica associata). In 2 casi è stata eseguita una “laparotomia inutile”, ascrivibile a un falso
positivo TC. La via di aggressione chirurgica è stata
sempre la laparotomia e solo in 1 caso si è utilizzato
l’approccio laparoscopico in un paziente emodinamicamente stabile, ma con segni TC di sospetta lesione intestinale che, comunque, non è stata riscontrata.
L’intervento è stato condotto a termine per via laparoscopica, con l’emostasi ottimale della lesione epatica.
L’esplorazione chirurgica ci ha permesso di evidenziare l’entità del trauma, di stabilirne l’esatta sede e di
identificare e trattare le eventuali lesioni extraepatiche associate.
Le procedure chirurgiche adottate per il trattamento della lesione epatica sono state le seguenti: 17 epatorrafie, 3 packing, 5 emostasi semplici, 1 sutura
vascolare cavale e 2 resezioni epatiche (1 epatectomia destra e 1 bisegmentectomia dei segmenti VI-VII).
In 24 casi (66.7%) vi erano lesioni extraepatiche associate, nello specifico 16 rotture di milza (44.4%), 3
rotture del rene di destra (8.3%), 1 rottura dell’emidiaframma di destra (2.8%), 1 lesione della vena cava
sovraepatica (2.8%), 1 rottura del surrene di destra e 2
lesioni dell’intestino tenue (5.5%). La presenza delle
suddette lesioni, non suscettibili di trattamento conservativo, ha reso necessario eseguire: 13 splenectomie, 1 nefrectomia destra, 1 surrenalectomia destra, 1
sutura del diaframma, 1 duodenorrafia e 1 resezione
ileale. Tre pazienti presentavano anche un pneumotorace, per cui è stato necessario eseguire 3 drenaggi
pleurici, di cui 1 bilaterale. In questo gruppo di
pazienti la mortalità intraopertoria è stata dell’8.3%
(3 casi); in 2 pazienti con un trauma epatico di V grado, inoltre, coesisteva una rottura splenica. La morbilità è stata del 5.5% in quanto si sono manifestate 2
complicanze: 1 versamento pleurico e 1 ascesso epatico postoperatorio, trattato con successo conservativamente, mediante duplice drenaggio TC guidato.
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esame US, a esame TC spirale dell’addome e del torace e a esami laboratoristici. All’esame TC, secondo la
classificazione di Moore, le lesioni epatiche erano di I
grado nel 23.5% dei casi, di II grado nel 29.4%, di III
grado nel 35.3%, mentre l’11.8% presentava una
lesione di IV grado (Fig. 1). Topograficamente e in
accordo con la classificazione di Couinaud, le lesioni
erano così distribuite: nel 53% il trauma interessava i
segmenti V, VI e VII nel 17.6% il segmento IV,
nell’11.8% i segmenti II, III e VIII e infine il 6 % dei
traumi era localizzato al lobo caudato. Complessivamente, nel 64.7% dei pazienti la lesione interessava due o più segmenti. Le lesioni associate più frequenti sono risultate essere le lesioni ossee e le contusioni polmonari: abbiamo registrato infatti 5 casi di
fratture costali multiple e 5 casi di contusioni polmonari. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a monitoraggio emodinamico mediante saturimetria continua,
rilevazione oraria della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della diuresi per le prime 6 ore e poi
ogni 4 ore per 48 ore. Inoltre i pazienti sono stati monitorati con l’esecuzione di un esame emocromocitometrico ripetuto ogni 6 ore per le prime 24 ore, e successivamente ogni 12 ore; gli indici di funzionalità
epatica sono stati valutati ogni 24 ore. L’esame ecografico dell’addome è stato eseguito all’accettazione e
ogni 24 ore. L’esame TC torace e addome è stato eseguito in tutti i pazienti al momento del ricovero, ma
non sempre si è ritenuto necessario eseguire un monitoraggio TC. Un controllo TC è stato eseguito in genere
a 1 settimana dal trauma o in relazione al quadro clinico. I valori minimi medi di emoglobina e di ematocrito
rilevati sono stati rispettivamente di 11.10 mg/dl e del
Gruppo TNO
Il 32.1% dei 53 pazienti con lesioni epatiche erano, al ricovero, emodinamicamente stabili e per tale
motivo in accordo con i protocolli dell’ATLS sono stati inseriti nel protocollo TNO. Questi pazienti sono stati sottoposti, al ricovero, a esame clinico obiettivo, a
Fig. 1. Quadro TC di paziente con trauma epatico di IV grado, trattato con successo mediante TNO.
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33.69%, malgrado valori minimi di 6.06 mg/dl e del
22.3%. La valutazione degli indici di epatocitolisi ha
mostrato valori massimi medi di 373 e 321 UI rispettivamente per ALT e AST. In nessun paziente è stato
necessario eseguire emotrasfusioni. In 2 casi è stato
necessario, per la coesistenza di un emopneumotorace, eseguire un drenaggio pleurico. La degenza media
è stata di 11.05 giorni (range 4-24) e l’assenza di complicanze sia locali sia generali ha determinato una
morbilità dello 0%. Non si è registrato alcun decesso
durante il ricovero.
Discussione
Dopo i primi successi ottenuti inizialmente da
Richie e Fonkalsrud5, e successivamente da Andersson e Bengmark6, il TNO dei traumi epatici chiusi è stato accolto sempre con maggiore entusiasmo.
Successivamente molti altri studi effettuati dal Trauma
Center di riferimento, hanno dimostrato l’efficacia e
la sicurezza di tale opzione terapeutica1,7,8. Questo
evidente progresso è stato reso possibile dal miglioramento delle diagnostiche e delle tecniche di imaging,
e in particolar modo dall’esecuzione routinaria, al
momento del ricovero, della FAST, che ha determinato un decremento delle laparotomie non terapeutiche. Complessivamente l’ecografia nella valutazione
dei traumi epatici e dell’emoperitoneo ha una sensibilità dell’88%, una specificità del 99% e un’accuratezza del 97%9. L’esame TC svolge un ruolo fondamentale nella stadiazione delle lesioni, nell’identificazione di lesioni associate e nella diagnosi quantitativa e qualitativa dell’emoperitoneo. Tale metodica
presenta in assoluto sensibilità, specificità e accuratezza diagnostica prossime al 100%, quindi superiori
anche al lavaggio peritoneale diagnostico (DPL), che
in passato rappresentava la metodica di scelta nel
sospetto di emoperitoneo. Come nella nostra serie, vi
può essere un’incidenza di falsi positivi che varia in
alcune casistiche tra il 3% e il 25%10.
La TC, in pazienti emodinamicamente stabili ha,
rispetto alla US, una sensibilità maggiore, sia per la
classificazione del trauma epatico, sia per l’identificazione di lesioni intestinali o di organi retroperitoneali, risultando fondamentale per la scelta terapeutica del chirurgo11. La severità della lesione influisce
sul tipo di monitoraggio del traumatizzato: i pazienti
con lesioni di I, II e III grado non necessitano, infatti,
a differenza di quelli con lesioni più gravi, di un ricovero in un’unità di Terapia Intensiva12.
In uno studio retrospettivo, inoltre, è stato valutato come l’incremento dei valori di AST > 360 UI/l si
associ a una maggiore probabilità di lesioni epatiche
di grado uguale o superiore al III13. In accordo con
tale rilievo della letteratura, abbiamo evidenziato
nella nostra casistica che il 50% dei pazienti con
trauma di III e IV grado avevano livelli di AST maggiori di 360 UI/l con picco massimo di 829 UI/l. In
passato si riteneva sicuro il TNO solo in presenza di
lesioni di grado minore: lavori recenti hanno invece
dimostrato come questo sia applicabile anche in
pazienti con lesioni di IV e V grado1,12.
Croce1 nel 1995 ha pubblicato i risultati di un trial
prospettico su 112 pazienti con trauma epatico trattati conservativamente, di questi addirittura il 70% presentava una lesione maggiore di III o IV grado, dimostrando che l’instabilità emodinamica è il principale
fattore per l’esclusione dal TNO. L’Autore ha inoltre
confrontato i risultati del gruppo TNO con quelli di
un gruppo di controllo, costituito da pazienti con
trauma epatico suscettibile di TNO ma trattati chirurgicamente, dimostrando nel gruppo TNO una minor
necessità di trasfusioni (1.9 vs 4.0 unità, p < 0.02) e un
minor tasso di complicanze addominali (3% vs 11%,
p < 0.04).
Nei pazienti con trauma epatico grave un’approccio multidisciplinare, caratterizzato dall’esecuzione
di una tempestiva angiografia con embolizzazione di
uno o più rami dell’arteria epatica, può risultare
un’ulteriore possibilità di trattamento conservativo14,15. La nostra esperienza clinica, con risultati ottimali, conferma l’importanza della valutazione iniziale per la scelta dell’opzione TNO, che è risultata giusta nel 100% dei casi, di cui peraltro il 47.1% era di
III e IV grado. L’alto tasso di procedure chirurgiche
riscontrato nella nostra serie è da attribuire soprattutto alla coesistenza di lesioni associate, prime fra tutte
le lesioni spleniche. La coesistenza della duplice
lesione epatica e splenica è un fattore che influisce in
maniera rilevante sull’alta incidenza di fallimento del
TNO8,12,16.
Tra le lesioni associate bisogna annoverare anche
le perforazioni di visceri cavi, che incidono nell’12% dei casi e le lesioni diaframmatiche e pancreatiche maggiori che possono essere spesso misconosciute a un primo esame TC.
In un recente studio prospettico osservazionale di
Velmahos7 sono stati identificati quattro fattori di
rischio che influenzano il fallimento del TNO: lesioni
extraepatiche associate (spleniche e/o renali), segni
ecografici positivi, versamento libero addominale
valutato superiore a 300 ml mediante TC e la necessità di eseguire emotrasfusioni. L’assenza di tutti e quattro i segni si associa al 98% di successo. La percentuale di insuccesso del TNO varia nelle casistiche dal
2% al 10%17,18 e questa differenza non trascurabile è
probabilmente in relazione anche con i criteri di
arruolamento al TNO che possono variare da strutture a strutture.
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È interessante rilevare che l’incidenza di complicanze epatiche, soprattutto ascessi post-traumatici, è
maggiore nei pazienti trattati operativamente rispetto
a quelli inseriti nei protocolli TNO, con un range
compreso tra lo 0% e il 7.1%, a seconda delle diverse casistiche1,19,20.
In conclusione la nostra recente esperienza evidenzia che il successo ottenuto con il TNO addirittura nel 100% dei casi è legato principalmente ai
criteri di selezione, probabilmente restrittivi. Sic-
Bibliografia
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uramente il problema principale nel complesso
campo del trattamento dei traumi addominali chiusi, soprattutto dei traumi epatici, rimane il giusto
equilibrio tra applicazione di protocolli validati e
giudizio clinico; è indubbio, inoltre, che per l’ottimizzazione dei risultati è fondamentale che tali
pazienti siano trattati in centri di riferimento con
adeguato volume di pazienti, competenza e disponibilità di diagnostica integrata fondamentale per il
monitoraggio.
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