Introduzione
Avidi barbari in cotta di maglia?
Il 27 novembre 1095 papa Urbano II salì su una tribuna allestita su un prato poco fuori della cittadina francese di Clermont e circondata da ogni parte da una calca immensa. Uomo energico di 53 anni, Urbano II aveva avuto in dono una
voce straordinariamente potente ed espressiva, che gli permetteva di farsi udire anche a grande distanza. Rivolgendosi in quel momento memorabile a una folla in cui contadini
poveri si mescolavano ai rappresentanti della nobiltà e del
clero, il papa pronunciò un discorso destinato a mutare il
corso della storia.
Urbano II aveva indetto quell’adunata in risposta alla lettera che Alessio Comneno, imperatore di Bisanzio, aveva inviato dalla sua capitale in stato di guerra al conte delle Fiandre Roberto II, chiedendo a lui e agli altri nobili cristiani di
mandare truppe affinché i bizantini potessero respingere
l’attacco dei turchi selgiuchidi, che, da poco convertiti all’islām, avevano invaso il Medio Oriente, si erano impadroniti
di Gerusalemme e avevano continuato la loro avanzata, trovandosi ora a poco più di 100 chilometri da Costantinopoli.
Nella sua lettera l’imperatore descriveva nei particolari le
raccapriccianti torture a cui erano sottoposti i pellegrini cristiani diretti in Terra Santa e le spregevoli profanazioni di
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GLI ESERCITI DI DIO
chiese, altari e fonti battesimali. Se mai Costantinopoli fosse
caduta in mano ai turchi, non soltanto altre migliaia di cristiani sarebbero stati uccisi, torturati e stuprati ma sarebbero
andate irrimediabilmente perdute anche «le più sante reliquie del Redentore», raccolte nei secoli. «Nel nome di Dio,
pertanto […] vi imploro di portare a questa città tutti i soldati fedeli di Cristo […] Se verrete, riceverete il giusto guiderdone nell’alto dei Cieli; se non verrete, ricadrà su di voi il
castigo di Dio» 1.
Vi era più di una ragione per cui gli europei avrebbero
potuto ignorare ogni richiesta d’aiuto da parte di Bisanzio. Innanzi tutto, il loro patrimonio culturale, così come
il loro cristianesimo, aveva radici romane, mentre i bizantini erano greci, conducevano uno stile di vita che agli europei appariva decadente e si attenevano a una «ortodossia» cristiana che disprezzava il cattolicesimo latino, arrivando spesso a perseguitarne sacerdoti e fedeli. Ciò nonostante, dopo aver letto quella lettera, papa Urbano II
decise che a essa doveva seguire un’azione commisurata
alla gravità della situazione e indisse pertanto il concilio
di Clermont, dopo il quale pronunciò il suo famoso discorso alla folla 2.
Parlando in francese, il papa iniziò a descrivere nei minimi particolari le torture, gli stupri, gli assassini di pellegrini
cristiani e le sacrileghe profanazioni di chiese e luoghi sacri
perpetrate dai turchi (da lui chiamati «persiani»):
Abbattono gli altari dopo averli sconciamente profanati, circoncidono i cristiani e il sangue della circoncisione lo spargono
sopra gli altari o lo gettano nei fonti battesimali; e a quelli che
vogliono condannare a una morte vergognosa perforano l’ombelico, strappano i genitali, li legano a un palo e, percuotendo-
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li con sferze, li conducono in giro, finché, con le viscere strappate, cadono a terra prostrati. […] Che dire della nefanda violenza recata alle donne, della quale peggio è parlare che tacere?
[…] Su chi, dunque, incombe l’onere di vendicare tali orrori e
riconquistare quelle terre, se non su voi? 3
A quel punto Urbano II sollevò un secondo argomento, su
cui sia lui sia il suo illustre predecessore Gregorio VII avevano concentrato per anni i loro sforzi: le interminabili guerre
del Medioevo. I papi avevano cercato di far sì che tra i nobili feudatari, molti dei quali sembravano inclini alla guerra
anche contro i loro stessi amici, per il puro gusto dello scontro, si giungesse finalmente alla «pace in Dio». Del resto,
quei nobili erano stati addestrati a menare fendenti fin dalla
loro infanzia. Bene, ora ne avevano l’occasione!
Gioite dunque guerrieri cristiani che cercate senza posa futili
pretesti per fare guerra, poiché oggi vi è data la più giusta delle motivazioni […] Se sarete sconfitti, godrete della gloria di perire là dove morì il Signore nostro Gesù Cristo, e Dio non dimenticherà mai di avervi visti marciare nei santi battaglioni
[…] Soldati dell’inferno, divenite dunque soldati del Dio vivente! 4
Il grido «Dieu li volt!» (Dio lo vuole!) cominciò allora a
diffondersi tra la folla, mentre gli uomini iniziavano a tagliare mantelli e stoffe per farne delle croci che poi si cucivano sul petto. Tutti erano concordi sul fatto che l’anno seguente sarebbero partiti per la Terra Santa. Cosa che infatti
fecero.
Quella che abbiamo riportato è la spiegazione tradizionalmente accettata di perché e di come ebbe inizio la prima
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GLI ESERCITI DI DIO
crociata. In tempi recenti, tuttavia, si è diffusa sempre più
un’interpretazione storica assai più cinica e sinistra. Subito
dopo la distruzione del World Trade Center da parte dei terroristi islamici, per esempio, si è accennato più volte alle crociate come alla causa prima della furia musulmana. Si è sostenuto che il rancore islamico per il trattamento subito dai
maomettani da parte dell’Occidente cristiano può essere fatto risalire alla prima crociata. Lungi dall’essere motivate da
sentimenti di religiosa devozione e dal desiderio di garantire l’incolumità dei pellegrini e la salvezza dei luoghi sacri di
Gerusalemme, le crociate non furono altro che il primo capitolo estremamente sanguinoso di una lunga storia di brutale
colonialismo europeo 5.
Nello specifico, sono state formulate varie accuse: che a
spingere i crociati verso Oriente non fu un ideale bensì la
brama di nuove terre e bottino; che le crociate furono promosse da pontefici avidi di potere e desiderosi di espandere
il cristianesimo convertendo le masse musulmane alla fede
in Cristo 6; che i cavalieri europei erano dei barbari che seviziavano chiunque si trovasse sul loro cammino, lasciando
«l’illuminata cultura islamica […] in rovina» 7. Come ha detto Akbar Ahmed, direttore del Dipartimento di studi islamici dell’American University di Washington, D.C., «le crociate hanno lasciato una memoria storica che ci accompagna
ancora oggi: quella di una lunga aggressione da parte dell’Europa» 8.
Due mesi dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 l’ex presidente Bill Clinton, riferendosi alle crociate come a un crimine commesso contro il mondo islamico, si rivolse all’uditorio della Georgetown University con queste parole:
«Quanti di noi discendono dalle più diverse progenie europee non sono immuni da colpe», dopodiché riassunse una
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9
cronaca medievale che parlava del sangue versato nel 1099,
durante la conquista di Gerusalemme da parte di Goffredo
di Buglione.
Che le crociate fossero state un orrendo crimine da espiare era un argomento alquanto diffuso già prima che i terroristi islamici dirottassero gli aerei scagliandoli contro le Torri Gemelle. Nel 1999 il «New York Times» aveva proposto
austeramente di considerare le crociate un genocidio paragonabile alle atrocità hitleriane o alla pulizia etnica nel Kosovo 9. Lo stesso anno, per ricordare i 900 anni dalla conquista di Gerusalemme, centinaia di fedeli della congregazione
protestante parteciparono a una «marcia di riconciliazione»
che partì dalla Germania e si concluse in Terra Santa. I partecipanti indossavano delle magliette con la scritta in lingua
araba «Chiedo perdono». Nel loro comunicato ufficiale
spiegavano quanto fossero necessarie le scuse da parte di
tutta la cristianità:
Novecento anni fa i nostri avi portarono in battaglia il nome
di Gesù Cristo in tutto il Medio Oriente. Spinti da paura, avidità e odio […] i crociati innalzarono lo stendardo con la croce sul vostro popolo […]. In questo anniversario della prima
crociata […] è nostro desiderio ripercorrere le orme dei crociati domandando perdono per le loro azioni […]. Profondo è
il nostro rammarico per le atrocità commesse dai nostri antenati nel nome di Cristo. Noi rifiutiamo la paura, l’avidità e l’odio e condanniamo tutta la violenza commessa nel nome di
Gesù Cristo. 10
Sempre nel 1999 Karen Armstrong, un’ex suora nonché
popolare scrittrice di libri su temi religiosi, sosteneva che
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GLI ESERCITI DI DIO
l’impresa delle crociate rispondeva a profondi bisogni dei cristiani d’Europa. Oggi, tuttavia, la maggior parte di noi non esiterebbe a condannare le crociate come fatti estranei allo spirito
cristiano. Non dimentichiamo che Gesù disse ai suoi discepoli
di amare i loro nemici, non di sterminarli. Cristo era un pacifista, forse più vicino a Gandhi che a papa Urbano.
La Armstrong proseguiva asserendo che «nonostante il
pacifismo di Gesù», la «guerra santa» è in realtà «un fatto
profondamente cristiano», poiché il cristianesimo possiede
«una vocazione intrinseca alla violenza» 11. James Carroll, che
abbandonò il sacerdozio per divenire un eminente scrittore e
pubblicista, concordava con la tesi di Karen Armstrong, accusando i crociati di aver lasciato dietro di sé «una scia di
violenza che ancora oggi deturpa come una cicatrice il nostro pianeta e la memoria umana» 12.
Non sono nuove queste accuse. La disapprovazione delle
crociate da parte dell’Occidente era alquanto diffusa durante
l’Illuminismo, quell’epoca (definita con un termine assolutamente inappropriato) in cui intellettuali francesi e britannici
inventarono la nozione dei cosiddetti «secoli bui» al solo fine
di glorificare se stessi e vilipendere la Chiesa cattolica (si veda il capitolo 3). Voltaire (1694-1778), per esempio, definì le
crociate «un’epidemia di violenza che durò due secoli e fu segnata in ogni suo momento da crudeltà di ogni sorta, perfidie
di ogni genere, dissolutezze di ogni tipo, e da ogni follia di
cui la natura umana sia capace» 13. Secondo David Hume
(1711-1776), le crociate furono «il monumento più duraturo e
consistente alla pazzia dell’uomo che mai sia apparso in ogni
epoca o nazione» 14. Denis Diderot (1713-1784) descrisse le
crociate come «l’epoca della tenebra più profonda e della follia più grande […] che trascinò una parte considerevole del
AVIDI BARBARI IN COTTA DI MAGLIA?
11
mondo in una piccola e sventurata terra, al solo fine di sgozzarne gli abitanti e prendere possesso di un picco roccioso
che non valeva una sola goccia di sangue» 15. Gli attacchi dei
filosofi illuministi rafforzarono inoltre «la convinzione diffusa nel mondo protestante che le crociate non fossero che l’ennesima espressione della crudeltà e del fanatismo cattolico» 16.
Lo storico inglese Thomas Fuller (1608-1661) sostenne a sua
volta che le crociate non erano state che un’iniziativa papale
e che quelle guerre, nel loro tentativo di strappare ai musulmani il legittimo possesso della Palestina, «sarebbero divenute la cloaca della cristianità» 17.
L’idea che i crociati furono i primi rappresentanti dell’imperialismo occidentale, pronti a usare un pretesto religioso
per arricchirsi di terre e bottino, fu avanzata probabilmente
dallo storico della Chiesa luterana tedesca Johann Lorenz
von Mosheim (1693-1755), che scrisse:
I pontefici di Roma e i principi europei furono trascinati dapprima in queste crociate per pura superstizione, poi, allorché
col passare del tempo impararono dall’esperienza che quelle
guerre sante contribuivano ad accrescere enormemente la loro
opulenza e a estendere il loro potere […], l’ambizione e la cupidigia presero il sopravvento e imposero i dettami del fanatismo
e della superstizione. 18
Alle opinioni di Mosheim fecero eco quelle di Edward
Gibbon (1737-1794), secondo cui i crociati partirono realmente alla ricerca «di miniere di tesori, di oro e diamanti, di
palazzi di marmo e diaspro, di boschi avvolti nella fragranza di cannella e incenso» 19.
Nel corso del XX secolo la tesi del tornaconto personale
venne sviluppata in un’elaborata spiegazione «materialista»
12
GLI ESERCITI DI DIO
delle ragioni per cui ebbero luogo le crociate 20. Il prolifico
storico britannico Geoffrey Barraclough (1908-1984) ha scritto: «Il nostro verdetto sulle crociate [è che esse equivalsero a]
uno sfruttamento coloniale» 21, vale a dire, come riconosceva
Karen Armstrong, «quelle furono le nostre prime colonie» 22.
Una spiegazione «materialista» più ampia e sofisticata delle
ragioni che spinsero verso Oriente i sovrani europei è stata
formulata da Hans Eberhard Mayer, per il quale le crociate
recarono sollievo alla «classe monarchica» europea, stretta
da una grave crisi finanziaria. Secondo Mayer, e altri storici
che ne condividono le tesi, in quell’epoca si ebbe un rapido
e sostanziale aumento dei figli «in eccesso», cioè membri di
famiglie nobili che non avrebbero ereditato né patrimoni né
terre e ai quali il primogenito riusciva a garantire con sempre maggiori difficoltà anche la rendita più modesta. Per
tutto ciò, come sostiene Mayer, «le crociate agirono come
una valvola di sicurezza della classe nobiliare […], un ceto
che iniziò a considerare le spedizioni in Terra Santa come un
modo per risolvere i suoi problemi di ordine materiale» 23. In
effetti, un gruppo di economisti americani ha ipotizzato di
recente che i crociati sperassero di arricchirsi grazie al flusso di pellegrini (paragonando i santuari di Gerusalemme ai
moderni parchi dei divertimenti) e che il papa avesse mandato in Oriente i battaglioni di Dio per aprire «nuovi mercati» alla Chiesa cristiana, a cui avrebbero dovuto presumibilmente aderire i musulmani strappati all’islām 24. Non sorprende pertanto che, da uno dei testi universitari canonici
sulla civiltà occidentale, gli studenti apprendano che «dal
punto di vista del papa e dei regnanti europei le crociate offrirono un modo per sgombrare l’Europa da giovani signorotti litigiosi […] [che] videro in esse un’opportunità per
conquistare terre e ricchezze, un nuovo status sociale, forse
AVIDI BARBARI IN COTTA DI MAGLIA?
13
anche un titolo nobiliare, assicurandosi perfino la salvezza
dell’anima» 25.
Per riassumere l’opinione corrente, potremmo dire che
durante le crociate un mondo cristiano imperialista ed espansionista devastò, saccheggiò e colonizzò un islām pacifico e tollerante.
Non fu così. Come vedremo, le crociate ebbero un immediato impulso dalle provocazioni dei musulmani, da secoli
di sanguinosi tentativi di colonizzare l’Occidente e da improvvisi e nuovi attacchi contro i pellegrini cristiani in Terra
Santa. Anche se a dare inizio alle crociate fu la richiesta pronunciata a gran voce da un papa, tutto questo non aveva
niente a che vedere con le speranze di convertire alla fede
cristiana il mondo musulmano. Né, tanto meno, le crociate
furono organizzate e condotte da rampolli nobili «in eccesso», bensì dai capi di grandi famiglie aristocratiche, pienamente consapevoli del fatto che i costi di quell’impresa militare avrebbero superato di gran lunga le ricompense materiali alquanto modeste che potevano attendersi; la maggior
parte di loro partì infatti per le crociate sostenendo di persona spese enormi, alcuni affrontando coscientemente perfino
la bancarotta pur di recarsi in Terra Santa. Inoltre, i regni crociati che essi vi crearono, e che sopravvissero per quasi due
secoli, non furono affatto colonie sostenute dai tributi estorti alla popolazione locale, anzi, richiesero immensi sussidi da
parte dell’Europa.
A questo si aggiunga il fatto che sarebbe totalmente assurdo leggere una guerra medievale secondo le moderne nozioni di un’adeguata condotta militare; all’epoca, infatti, tanto i cristiani quanto i musulmani si attenevano a regole di
guerra ben diverse da quelle che conosciamo oggi. Sfortunatamente, perfino molti tra gli storici delle crociate meno intransigenti e di norma più attenti fanno fatica ad accettare ta-
14
GLI ESERCITI DI DIO
le verità e finiscono per tormentarsi sull’idea stessa che una
guerra possa mai essere «giusta», rivelando in tal modo
quell’impostazione pacifista tanto diffusa nel mondo accademico. Infine, la tesi che i musulmani abbiano covato per
un millennio risentimento e rancore per le crociate è semplicemente priva di senso: l’odio islamico verso le crociate non
apparve che verso il 1900, come reazione al declino dell’Impero Ottomano e al reale esordio di un colonialismo europeo
in Medio Oriente. I sentimenti di ostilità verso le crociate,
inoltre, si intensificarono soltanto dopo la fondazione dello
stato di Israele. Sono appunto questi i temi principali che saranno affrontati nei capitoli seguenti.
Tra gli storici non vi è pieno accordo su quali eventi storici
vadano riconosciuti come crociate e, quindi, sul periodo in cui
esse ebbero luogo 26. Personalmente, non attribuisco il termine
«crociate» alle campagne condotte contro gli eretici in Europa
e mi attengo piuttosto alla definizione tradizionale, secondo
cui le vere crociate comportarono una serie di conflitti armati
tra il mondo cristiano e quello islamico per il controllo della
Terra Santa, mi riferisco cioè alle campagne militari avvenute
tra il 1095 e il 1291. A differenza della maggior parte degli storici tradizionali, tuttavia, io non partirò dall’appello lanciato
da Urbano II a Clermont bensì dall’avvento stesso dell’islām
e dall’inizio dell’invasione del mondo cristiano da parte musulmana. Fu allora infatti che tutto cominciò, cioè nel VII secolo, quando le armate islamiche dilagarono su una porzione
considerevole di quello che allora era territorio cristiano, conquistando il Medio Oriente, l’Egitto, tutto il Nord Africa,
quindi la Spagna e l’Italia meridionale nonché le grandi isole
del Mediterraneo, come Sicilia, Corsica, Cipro, Rodi, Creta,
Malta e Sardegna. È altrettanto importante a mio giudizio
analizzare la serie di contrattacchi che la parte cristiana sferrò
AVIDI BARBARI IN COTTA DI MAGLIA?
15
a partire dall’VIII secolo e che portarono alla «liberazione» di
molte zone occupate dai musulmani, in quanto proprio questa controffensiva fu il preludio del grande confronto militare
avvenuto in seguito in Terra Santa. Non mi limiterò neppure
a riportare un semplice elenco di battaglie, poiché ritengo che
esse possano essere comprese nella loro reale importanza solo analizzando quella superiorità culturale e tecnologica che
permise ai cavalieri europei di marciare per quasi 4000 chilometri, subendo gravi perdite lungo il cammino e riuscendo
poi a mettere in rotta le forze musulmane.
Molti storici di eccellente levatura hanno dedicato la loro
vita professionale allo studio dei vari aspetti delle crociate 27.
Io non mi annovero tra questi. La mia opera è stata piuttosto
quella di condensare il lavoro di questi specialisti per offrire
una visione più globale, mantenendo nel mio libro uno stile
che lo renda accessibile al grande pubblico dei lettori. È stata mia cura, tuttavia, citare tutti i contributi offerti dai molti
esperti dalle cui fatiche è dipeso questo mio lavoro, riportandoli ora nel corpo del testo ora nelle note.
Robert Payne, The Dream and the Tomb: A History of the Crusade, Stein &
Day, New York 1984, pp. 28-29.
2
Esistono quattro diverse versioni del discorso del papa, tutte redatte parecchi anni più tardi. Pur sovrapponendosi in vari passi, esse presentano
differenze consistenti. Esistono inoltre numerose traduzioni in inglese tra
loro molto diverse.
3
Versione di Roberto di Reims, riportata in Edward Peters, The First Crusade; The Chronicle of Fulcher of Chartres and Other Source Materials, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1998 2, p. 27.
4
Citato in J.F. Michaud, The History of the Crusades, Redfield, New York
1855, p. 51.
5
Cfr. Karen Armstrong, Holy War: The Crusades and Their Impact on Today’s
1
16
GLI ESERCITI DI DIO
World, Random House, New York 2001 2, e Joshua Prawer, The Crusaders’
Kingdom: European Colonialism in the Middle Ages, Praeger, New York 1972
(ed. it. Colonialismo medievale. Il regno latino di Gerusalemme, Jouvence Editoriale, Roma 1982).
6
Si veda Robert Ekelund et al., Sacred Trust: The Medieval Church as an Economic Firm, Oxford University Press, New York 1999.
7
Cito da Thomas F. Madden, The Real History of the Crusades, «Crisis Magazine», 1 aprile 2002, edizione online.
8
Citato in Andrew Curry, The Crusades, the First Holy War, «U.S. News and
World Report», 8 aprile 2002, p. 36.
9
«New York Times», 20 giugno 1999, sez. 4, p. 15.
10
Ontario Consultants on Religious Tolerance, www.religioustolerance.org/
chr_cr1r.htm
11
Armstrong, Holy War cit., p. 4.
12
James Carroll, Crusade: Chronicles of an Unjust War, Metropolitan Books,
New York 2004, p. 5.
13
Citato in Jean Richard, The Crusades, c. 1071-c. 1291, Cambridge University Press, Cambridge 1999, p. 475 [trad. mia N.d.T.] (ed. it. La grande storia
delle crociate, Newton & Compton Editori, Roma 1999).
14
David Hume, History of England, Liberty Fund, Indianapolis [1761] 1984,
vol. I, p. 209.
15
Citato in Richard, The Crusades cit., p. 475.
16
Jonathan Riley-Smith, Islam and the Crusades in History and Imagination, 8
November 1898-11 September 2001, «Crusades», n. 2, 2003, p. 154.
17
Citato in J.J. Saunders, Aspects of the Crusades, University of Canterbury
Press, Christchurch 1962, p. 11.
18
Ivi, pp. 11-12.
19
Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, 3
voll., Allen Lane-Penguin Press, London 1994, 6, cap. 58 [trad. mia N.d.T.]
(ed. it. Declino e caduta dell’impero romano, Mondadori, Milano 1998 5).
20
Cfr. Georges Duby, The Chivalrous Society, University of California Press,
Berkeley 1977; John France, Victory in the East, Cambridge University
Press, Cambridge 1997; Hans Eberhard Mayer, The Crusades, Oxford University Press, Oxford 1972.
21
Riley-Smith, Islam and the Crusades cit., p. 159.
22
Armstrong, Holy War cit., p. XII.
23
Mayer, The Crusades cit., pp. 22-25.
24
Ekelund, Sacred Trust cit. Si tratta di uno dei tentativi più sciocchi e disinformati di applicare dei principi economici in base a presunte analogie.
AVIDI BARBARI IN COTTA DI MAGLIA?
17
Jackson J. Spielvogel, Western Civilization, Wadsworth, Belmont 2000 4, p.
259.
26
Si veda Christopher Tyerman, The Invention of the Crusades, University of
Toronto Press, Toronto 1998 (ed. it. L’invenzione delle crociate, Einaudi, Torino 2000).
27
Per elencarli tutti occorrerebbe ben più di una pagina. Alcuni saranno
menzionati nel testo, gli altri compariranno nelle note.
25
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