17. Problematiche e prospettive della gestione dei
suoli olivetati
di Giuseppe Bombino∗, Vincenzo Tamburino∗, Santo Marcello Zimbone∗
1. Introduzione
In Calabria, in relazione alla complessa configurazione orografica, l’attività
agricola interessa aree di limitata estensione localizzate prevalentemente in
comprensori collinari e montani che, come è noto sono interessati da rilevanti
fenomeni di dissesto idrogeologico.
In passato l’oculata e costante opera degli agricoltori aveva consentito il
mantenimento di un equilibrio dinamico tra l’attività agricola e l’ambiente,
essenzialmente basato su adeguate opere di sistemazione idraulico-agraria.
Negli ultimi decenni le profonde modificazioni socio-economiche hanno
comportato l’esigenza di livelli di meccanizzazione sempre più elevati e,
pertanto, il modellamento dei terreni declivi per consentire l’impiego delle
macchine agricole e l’abbandono delle tecniche sistematorie tradizionali, che
ne potevano intralciare le operazioni colturali. Ciò ha notevolmente
incrementato i processi di ruscellamento ed erosione a causa sia della
compattazione dei suoli, sia della eliminazione della copertura vegetale.
La recente politica agricola comunitaria si è orientata a incentivare modalità
di gestione del suolo che perseguano contemporaneamente alla produzione di
biomassa diversi altri obiettivi, tra i quali l'ottenimento di idonee
caratteristiche quantitative e qualitative delle risorse idriche ruscellate o
percolate dai campi nonchè la conservazione del suolo e la laminazione delle
piene (con la conseguente difesa dai dissesti idrogeologici).
L'esigenza di disporre di idonee misure per il controllo dell'erosione idrica
superficiale ha condotto a numerose indagini sperimentali finalizzate alla
quantificazione del processo, allo studio dei principali fattori che lo
determinano ed alla messa a punto di metodologie di previsione. Sebbene la
letteratura in questo campo sia già molto vasta, la complessità dei processi di
ruscellamento ed erosione, la molteplicità delle metodologie di
∗
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-forestali ed Ambientali (DiSTAfA), Sezione di
Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali, Università degli Studi Mediterranea di
Reggio Calabria.
459
sperimentazione adottate, la estrema diversità delle condizioni ambientali e la
notevole variabilità spaziale e temporale rilevabile sia a piccola che a grande
scala, richiedono specifiche indagini anche in relazione ai continui mutamenti
dell'uso del suolo e delle tecniche colturali determinati dall'evolversi delle
condizioni socio-economiche.
Diversi studi condotti nell’ambiente Mediterraneo hanno evidenziato, ad
esempio, gli effetti della gestione del suolo, anche su ruscellamento ed
erosione, connessi sia alle diverse modalità di lavorazione del terreno, sia
all’uso degli erbicidi (Guillerme et al., 1990; Moreira 1994; Dastgheib e
Frampton, 2000; Hidalgo, 2002; Monteiro e Moreira, 2004; Delabays et al.,
2005; Gago et al., 2007). D’altra parte è ampiamente riconosciuto che la
presenza di un’adeguata copertura vegetale del suolo può ridurre
notevolmente il ruscellamento e l’erosione, nonché aumentare l’infiltrazione,
incrementando - specialmente nei climi semiaridi e nei terreni molto declivi la disponibilità di acqua per la coltura (Ramos e Martìnez-Casasnovas, 2004).
Il problema della gestione del suolo nelle aree coltivate dell’ambiente semiarido mediterraneo, come quelle calabresi, può essere pertanto ricondotto
all’individuazione di modelli colturali ecocompatibili a basso impatto
idrologico ed energetico, in grado di coniugare le esigenze (tra loro
contrastanti) di mantenere una sufficiente copertura del suolo durante il
periodo piovoso e di contenerla durante il periodo siccitoso.
Indagini recenti, condotte in territorio calabrese (Cinnirella et al., 1998;
Bombino et al., 2002; 2004), hanno suggerito la possibilità di valutare
isolatamente l’effetto della copertura vegetale sulla perdita di suolo mediante
l’applicazione di modelli matematici appositamente tarati. Tali modelli, in
accordo con esperienze analoghe condotte in differenti aree del globo,
consentono di quantificare gli effetti sulla perdita di suolo di alcuni parametri
caratteristici della vegetazione (grado di copertura e biomassa epigea).
Con particolare riferimento alle aree olivetate che, come è noto, rappresentano
un importante uso del suolo nel territorio reggino versante tirrenico,
l’individuazione di sistemi colturali a basso impatto idrologico potrebbe
contribuire alla mitigazione del rischio di dissesto del territorio, soprattutto in
quelle aree collinari dove l’uliveto potrebbe rappresentare anche un presidio
per la difesa del suolo.
Nel comprensorio oggetto di studio la coltivazione dell’ulivo è destinata
sempre più a rivestire un ruolo multifunzionale in cui agricoltura, territorio,
ambiente, paesaggio, alimentazione e cultura concorrono alla formazione di
un sistema integrato e complesso.
In quest’ottica la tutela idrogeologica e la conservazione del suolo
rappresentano un obiettivo strategico per il mantenimento dell’equilibrio di
tale sistema, oltre che una misura di salvaguardia del comprensorio nella sua
460
globalità. Risulterebbe necessario, ad esempio, effettuare indagini finalizzate
alla quantificazione degli effetti idrologici connessi a diverse modalità di uso
del suolo anche per poter definire criteri di remunerazione per le aziende
gestite in modo ecocompatibile.
In relazione a quanto detto l’attività di cui si riferisce nel seguito è finalizzata
a:
- trarre indicazioni quantitative sugli effetti idrologici (volumi di deflusso
superficiale, produzioni di sedimento) connessi a diverse possibili modalità di
gestione del suolo negli uliveti.
- individuare possibili criteri di quantificazione dei benefici idrogeologici
extraziendali connessi a pratiche agricole ecocompatibili al fine di mettere a
punto idonei sistemi di remunerazione dei benefici stessi.
2. Il ruolo dell’olivicoltura per la difesa del suolo nel comprensorio
La coltivazione dell’olivo nel territorio del versante tirrenico reggino assume
una particolare rilevanza ambientale, paesaggistica e socio-economica
soprattutto in quella “regione del comprensorio” identificata con la locuzione
di “Piana di Gioia Tauro”. In questa parte di territorio del versante tirrenico
reggino, che rappresenta una unità morfologica ben definita (cfr. cap. 4), è
ragionevole riferirsi per analizzare le problematiche e le prospettive della
difesa del suolo negli oliveti e identificare modelli di gestione ecocompatibili
adottando un approccio pressoché integrato a scala reale.
La Superficie Agricola Utilizzata nella Piana di Gioia Tauro è pari a circa
38.450 ettari di cui 21.853 sono coltivati ad uliveto (tab. 1, fig. 1). Il
portamento degli ulivi è fortemente assurgente con una produttività molto
elevata, infatti la produzione media annua per pianta si aggira a 130-140
kg/pianta con delle eccezioni che raggiungono i 350-400 kg/pianta (Olivieri
2001). Dalla distribuzione della superficie per zona altimetrica, emerge che la
SAU olivicola in montagna intercetta 10.836 ha (49,6% del totale) in collina
4.063 (26,1% del totale) e in pianura 5.336 (26,4% del totale). Se si considera
l’incidenza della SAU investita ad Olivo rispetto alla SAU totale emerge
l’olivicoltura interessa il 69% circa dalla superficie agricola utilizzata
collinare, il 56,5% della SAU montana ed infine il 46% della SAU relativa
alla pianura. L’importanza dell’olivicoltura in quest’area appare ancor più
evidente se si considera che in alcuni comuni, quali quelli di San Procopio,
Seminara, Cittanova, Oppido Mamertina, la SAU investita ad olivo interessa
il 90% circa della SAU totale.
Le dimensioni delle piante in una configurazione orografica del territorio non
sempre favorevole e con superfici aziendali molto limitate, concorrono di
fatto a pregiudicare l’introduzione di tecnologie innovative.
461
Le tecniche tradizionalmente praticate, si differenziano a seconda che ci si
trovi nell’area in pianura o nell’area collinare, ma sostanzialmente tutti gli
interventi, dalla lavorazione del terreno alla potatura, dalla concimazione alla
difesa fitosanitaria, presentano un unico denominatore comune: ridurre e/o
minimizzare i costi. L’intervento di potatura cosiddetta di mantenimento
rappresenta un’operazione colturale abbastanza costosa considerato le
tipologie di impianto presenti. Pertanto negli impianti tradizionali gli
interventi di potatura sono effettuati ogni 10 anni circa. Le operazioni di
potatura differiscono in relazione alla varietà di olivo su cui si interviene. Le
due cultivar (Sinopolese e Ottobratica) sono molte rustiche e vigorose e
presentano accentuate caratteristiche di omogeneità; in relazione alle
dimensioni e all’altezza si distinguono per la conformazione del tronco e per
l’altezza in cui cominciano a biforcarsi i primi rami. La Sinopolese è una
cultivar caratterizzata da un fusto molto liscio, compatto e tal volta, le prime
biforcazioni dal fusto possono manifestarsi anche a cinque o sei metri da terra.
L’Ottobratica, al contrario, presenta un tronco nodoso, largo, con
ramificazioni basse e di facile accesso. Ai fini dell’operazione di potatura,
affrontare l’una o l’altra cultivar, presenta dunque gradi di difficoltà
relativamente diversi, ma la diffusione della varietà Sinopolese, che ricopre il
70% dell’intera piantagione, in qualche misura omogeneizza il grado di
difficoltà in tutto l’areale.
462
Tabella 1 - Individuazione della SAU per zone altimetriche della Piana di Gioia
Tauro, rappresentativa del territorio del versante tirrenico reggino (*).
40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Seminativi
uliveti
agrumeti
seminativi
arborati
consociazione eree a pascolo
macchia
ulivo-agrumi
e/o incolti
mediterranea
bosco latifolie bosco conifere
aree
urbanizzate
alvei fluviali
impianti
arboreti da
legno
Figura 1 - Distribuzione percentuale delle aree ricadenti all’interno del comprensorio della Piana di Gioia Tauro
(rappresentativa del territorio del versante tirrenico reggino) per diversa destinazione di uso del suolo.
3. Modalità di gestione del suolo nelle aree olivetate
Nel presente paragrafo vengono esaminate le principali modalità di gestione
del suolo attuate nelle aree olivetate ricadenti nel territorio della Piana di
Gioia Tauro e, congiuntamente alle analisi delle caratteristiche climatiche e
morfologiche (cfr. Cap. 4), valutate le possibili implicazioni che esse possono
generare in termini di ruscellamento ed erosione. Come evidenziato dalla
tabella 1 l’olivicoltura, che come già detto rappresenta l’uso del suolo più
importante nel comprensorio esaminato, è prevalentemente concentrata nelle
aree collinari e montane, dove maggiore è il rischio di dissesto idrogeologico.
Da ciò ne consegue che una parte consistente delle superfici olivetate presenti
nelle aree oggetto di studio ricade nella classe di pendenza 15-25%.
L’adozione di modelli colturali conservativi rappresenta quindi una
irrinunciabile pratica per conseguire una efficace difesa del suolo Nei terreni
in pendenza l’utilizzo di pratiche antierosive consegue l’obiettivo di
proteggere il suolo dall’erosione mediante la modifica d’alcuni fattori quali la
lunghezza della pendice, la pendenza e la copertura vegetale. Diverse sono le
modalità di gestione del suolo riscontrate nelle aree oggetto di studio. La più
comune è il terrazzamento, che rappresenta una sistemazione intensiva a
superficie divisa, realizzata principalmente su terreni con pendenza elevata.
Altra pratica antierosiva adottata è l’inerbimento spontaneo che presenta il
vantaggio di migliorare la transitabilità e la protezione contro l’erosione,
mantenendo la superficie del suolo costantemente coperta da vegetazione
erbacea o seminata.
Le operazioni di lavorazione del terreno sono generalmente eseguite
meccanicamente e rivestono particolare importanza soprattutto perché legate
alle modalità di raccolta. La fresatura, ad esempio, viene effettuata
generalmente tra febbraio e marzo (alla fine della raccolta) con lo scopo di
proteggere gli impianti dal rischio di incendi; la rullatura (settembre-ottobre),
ha invece l’obiettivo di preparare il terreno per la raccolta (specialmente nelle
zone di pianura in cui risulta maggiormente diffusa la raccolta con macchine
raccattatrici o reti) (tab. 2). Tra i due momenti (generalmente in agosto), si
attua l’operazione di pulitura dei tronchi dai nuovi polloni, operazione che
generalmente è condotta manualmente. Sono spesso realizzati interventi di
sistemazione dei canali di raccolta delle acque piovane.
464
Tabella 2 - Organigramma delle operazioni colturali realizzate nell’arco
dell’anno in un impianto di uliveto caratteristico del versante tirrenico
reggino.
Cultivar: Ottobratica - Sinopolese
Tecniche colturali
Gen.
Feb.
Raccolta
fresatura
rullatura
Interventi fitosanitari
Bactocera oleae
Spilocea oleaginea
Mar.
Apr.
Mag.
Giug.
Lug.
Agost.
Sett.
Ott.
Nov.
Dic.
L’analisi climatica evidenzia che il periodo piovoso coincide in larga parte
con quello della raccolta delle olive che, a seconda delle cultivar, va da
novembre a marzo. Generalmente, per agevolare le operazioni di raccolta
delle olive vengono adottate misure finalizzate alla predisposizione del
terreno. In relazione al fatto che tali misure di preparazione del terreno
potrebbero aumentare la vulnerabilità del suolo nei confronti dell’azione
erosiva delle piogge, è apparso utile operare il confronto tra la precipitazione
media annua e quella registrata durante il periodo della raccolta delle olive
nell’area oggetto di studio. Il confronto ha evidenziato che circa il 70% delle
piogge che si abbattono in un anno si concentrano proprio in tale periodo (fig.
2).
Figura 2 - Valori medi (N=30) delle altezze di pioggia totali annue e del
periodo della raccolta delle olive registrati in alcune località rappresentative
del versante tirrenico reggino.
465
Le maggiori implicazioni del regime delle temperature e delle precipitazioni
sulla vegetazione si osservano soprattutto alla fine del periodo piovoso. Infatti
nelle aree in cui è assente una copertura arborea o arbustiva, (come ad
esempio quelle marginali, ex coltivi, ecc.) la progressiva degradazione della
gran parte delle specie erbacee durante il periodo estivo espone il suolo
all’azione battente delle precipitazioni in coincidenza della ripresa della
stagione piovosa con il conseguente aumento dei fenomeni erosivi (Basso,
1995).
Nell’area oggetto di studio gli effetti appena descritti sono inoltre accentuati
dai frequenti incendi.
L’andamento dei dati appena illustrati ha suggerito la definizione di alcune
utili indicazioni sui possibili adeguamenti di modelli e sistemi colturali per la
mitigazione del rischio idraulico ed erosivo (di cui si riferirà nel seguito).
D’altra parte studi sperimentali hanno inoltre confermato come, specialmente
nell’agricoltura intensiva, la presenza di un’adeguata copertura erbacea del
suolo può aumentare l’infiltrazione influenzando positivamente la
disponibilità di acqua per la coltura specialmente nei climi semiaridi e nei
terreni molto declivi (Gomez, 2005).
4. Indicazioni per il controllo di ruscellamento ed erosione negli uliveti
Nell’agricoltura intensiva, alla scarsità e all’elevato costo della mano d’opera
si è posto rimedio con pratiche come il diserbo chimico per il controllo delle
infestanti. Le piante infestanti determinano danni qualitativi e quantitativi
quali: la riduzione della biomassa commerciabile, la riduzione della qualità
della produzione, l’intralcio nelle operazioni colturali, la pericolosa diffusione
di insetti e parassiti, il rischio di incendi e, aspetto fondamentale, la
competizione con la coltura principale per l’acquisizione di luce, spazio,
nutrienti e soprattutto acqua. L’introduzione dei diserbanti o erbicidi hanno
ottenuto buoni esiti in appezzamenti olivetati. Di recente il diserbo in postemergenza con Glyphosate si è affermato come la pratica di gran lunga
prevalente soprattutto negli oliveti.
Di contro, studi sperimentali hanno più volte confermato come la presenza di
un’adeguata copertura vegetale del suolo, può ridurre notevolmente il
ruscellamento e l’erosione e aumentare l’infiltrazione influenzando
positivamente la disponibilità di acqua per la coltura specialmente nei climi
semiaridi e nei terreni molto declivi. La riduzione della copertura erbacea
conseguente all’effetto del diserbante si traduce inevitabilmente in una
maggiore esposizione del suolo nudo alle piogge.
Anche in relazione a quanto emerso dalle analisi relative alle modalità di
gestione del suolo sugli oliveti, mettere a punto pratiche di diserbo “minimo”
466
in grado di conciliare, grazie alle dosi ridotte e/o al periodo di intervento
ritardato, l’obiettivo del controllo delle infestanti con quello di mantenere una
sufficiente copertura del suolo costituita da vegetazione viva o morta.
Altra pratica agronomica molto diffusa negli oliveti consiste nella fresatura e
lisciatura autunnale del terreno. Allo stato attuale non si conoscono in
dettaglio le conseguenze che tale pratica provoca per effetto della inevitabile
esposizione del suolo nudo alle piogge e per la riduzione di rugosità
superficiale. Potrebbe risultare di interesse quantificare questi effetti
confrontando tale pratica (ad elevato impatto idrologico) con una modalità
alternativa di intervento basata sul concetto di diserbo chimico “minimo” cioè
a dosaggio contenuto ed a somministrazione ritardata. Quest’ultima pratica,
garantendo maggiore copertura e rugosità del terreno, potrebbe assicurare un
aumento di infiltrabilità del suolo e conseguentemente una diminuzione di
ruscellamento ed erosione. Recenti indagini hanno evidenziato che l’utilizzo
di bassissime concentrazioni di diserbante, (1.5‰ e 3‰ di prodotto
commerciale al 34.45% di principio attivo Glyphosate), permette nel
contempo di minimizzare la competizione delle infestanti e di evitare che il
suolo risulti essere nudo ed estremamente sensibile al processo erosivo (non si
sono registrate differenze significative tra i due trattamenti). Considerato che
il potenziale erosivo delle precipitazioni è alto nei mesi compresi tra ottobre e
febbraio (a cui anche si aggiunge una percentuale rilevante nel mese di marzo)
e considerato che con i bassi dosaggi sperimentati una parte della vegetazione
(10-30% in termini di copertura) si mantiene verde (e in qualche caso tende a
ricrescere dopo un periodo di blocco o rallentamento), tali risultati potrebbero
essere utili al fine di contrastare il fenomeno erosivo. Indagini condotte sulla
risposta idrologica di parcelle trattate con le due diverse dosi di diserbo
minimo evidenziano che il terreno mantiene in buona misura i benefici
antierosivi di un terreno indisturbato.
Pertanto l’utilizzo della pratica di diserbo “minimo” potrebbe consentire di
ridurre i danni provocati dalle piante infestanti, mantenendo basso il rischio di
erosione e l’entità del ruscellamento e rispettando gli equilibri biologici
presenti nel terreno.
Uno dei fattori limitanti lo sviluppo della vegetazione è la scarsa presenza di
sostanza organica connessa alla degradazione del suolo a causa dei fenomeni
erosivi (Jadvinder et al., 1992; Meelu et al., 1994). La sostanza organica ha
infatti un ruolo importantissimo per la creazione di condizioni edafiche idonee
all’insediamento ed allo sviluppo della vegetazione in relazione
all’incremento della stabilità degli aggregati del suolo (Casermeiro et al.,
2004), della resistenza all’azione battente delle piogge (Wischmeier et al.,
1971; Hudson, 1989), della macroporosità e dell’infiltrabilità (Barthés e
Roose, 2002) nonché della capacità di ritenzione di acqua e nutrienti. Diversi
467
studi condotti sull’utilizzo di residui organici come ammendanti hanno infatti
dimostrato un miglioramento delle caratteristiche chimiche, fisiche e
biologiche del suolo nonché della stabilità strutturale (Tamburino e Zimbone,
2002).
Altra possibile pratica è l’impiego del pastazzo di agrumi essiccato che
potrebbe pertanto rappresentare un modo economicamente sostenibile per
apportare sostanza organica al suolo, migliorare la stabilità degli aggregati,
favorire condizioni più idonee per l’insediamento e lo sviluppo della
vegetazione erbacea, aumentare l’infiltrabilità superficiale del suolo, ridurre il
ruscellamento e l’erosione (Andiloro et al., 2004). E’ stato infatti dimostrato
che la somministrazione di 3 kg/m2 di pastazzo di arancia essiccato, evidenzia
un effetto positivo sia sul volume di deflusso superficiale che sulla produzione
di sedimento con una leggera riduzione (in condizioni di suolo nudo) del
deflusso superficiale (mediamente del 10%) ed una più consistente riduzione
della produzione di sedimento (mediamente circa il 60%) connessa ai minori
valori di concentrazione di sedimento nel deflusso. Tale effetto protettivo
tende a consolidarsi grazie alla migliore copertura vegetale connessa alle più
favorevoli condizioni edafiche indotte dalla somministrazione del pastazzo di
arancia essiccato.
5. L’indagine sperimentale condotta in un’area del versante tirrenico
reggino
Il presente paragrafo illustra una metodologia messa a punto ai fini della
quantificazione degli effetti idrologici di una possibile modalità di gestione
del suolo, basata sulla pratica del “diserbo minimo” (ossia mediante dosi
contenute ed interventi di somministrazione ritardati), confrontandola con
alcune tecniche tradizionalmente praticate negli uliveti, al fine di fornire utili
indicazioni per la mitigazione dei fenomeni di ruscellamento ed erosione.
Le indagini sono state condotte presso il sito sperimentale della Facoltà di
Agraria dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, ubicato
in località Gallina. L’area di studio è situata in zona collinare ad un’altitudine
media di circa 250 m s.l.m. Il suolo ricade nelle categorie “sabbioso franco” e
“franco sabbioso” secondo la classificazione USDA; la struttura del suolo è
mediamente granulare.
All’interno del sito sono state individuati sei appezzamenti di dimensioni
planimetriche pari a 4 x 7 m, caratterizzati da una copertura erbacea
omogenea costituita da specie spontanee tipiche dei coltivi e dei terreni
marginali in ambiente semi-arido mediterraneo; su di esse si è proceduto al
diserbo chimico in tre differenti date (prima decade di febbraio, seconda
decade di marzo e terza decade di aprile), somministrando 450 l ha-1 di
468
soluzione di diserbante con due differenti dosi (prodotto commerciale al
34,45% di principio attivo glyphosate acido):
- 3,0‰, pari a 1,350 l ha-1 di prodotto commerciale e a 0,465 kg ha-1 di
principio attivo;
- 1,5‰, pari a 0,675 l ha-1 di prodotto commerciale e 0,232 kg ha-1 di principio
attivo.
Prima e dopo ogni trattamento si è proceduto su ciascuna parcella al
riconoscimento delle specie erbacee ed alla valutazione in termini percentuali
della copertura vegetale con il metodo della griglia.
Su nove parcelle di tipo Wischmeier e Smith (1978), caratterizzate da diversa
pendenza e lunghezza della pendice ed opportunamente attrezzate per il
monitoraggio di ruscellamento ed erosione idrica (figg. 3 e 4), sono stati
misurati i valori di deflusso e perdita di suolo relativi ad un triennio; tali
condizioni sperimentali, che prevedevano una copertura erbacea spontanea
sottoposta ad un’operazione di sfalcio effettuata alla fine dell’anno solare, è
stata assunta quale condizione di riferimento (tesi A).
Mediante l’applicazione del modello RUSLE (Renard et al., 1991) alle stesse
parcelle su scala mensile sono state simulate le seguenti quattro modalità di
gestione del suolo, assimilabili a quelle tipiche degli uliveti calabresi:
- eliminazione totale della copertura vegetale mediante mezzi meccanici nel
mese di novembre (tesi B);
- diserbo chimico “minimo” mediante somministrazione di soluzione di
diserbante con la medesima dose nella prima decade di febbraio (tesi C), nella
seconda decade di marzo (tesi D) e nella terza decade di aprile (tesi E).
Figura 3 - Layout planimetrico delle parcelle sperimentali.
469
a
b
Figura 4 - Vista aerea (a) e particolare del sito sperimentale (b) attrezzato per
il monitoraggio di deflussi e perdita di suolo della Facoltà di Agraria
(Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria) in località Gallina.
I fattori R, LS, K e P del modello RUSLE, assunti identici per le diverse
modalità di gestione del suolo messe a confronto, sono stati ricavati in
precedenti indagini sulle stesse parcelle (Bombino et al., 2002; 2004). Il
470
fattore colturale C è stato determinato in funzione della biomassa secca
presente sulla parcella ed opportunamente corretto secondo la distribuzione
percentuale mensile del fattore R rispetto al suo valore medio annuo, per tener
conto della distribuzione stagionale delle piogge (fig. 5).
Figura 5 - Valori percentuali mensili del fattore di erosività della pioggia R
(Wischmeier e Smith, 1978) determinato dagli eventi pluviometrici registrati
nella stazione di Gallina di Reggio Calabria nel periodo 1991-2004.
Il valore di biomassa secca è rappresentabile analiticamente mediante la
seguente equazione (Bombino et al., 2002; 2004):
B = −0.1215 J 2 + 50.479 J
r2 = 0,99,
[1]
avendo indicato con B (kg ha-1) la biomassa secca prodotta nella parcella
oggetto di indagine e con J il giorno dell’anno; onde consentire l’applicazione
dell’espressione [1] in aree di studio a diversa produttività, è stata effettuata la
standardizzazione della biomassa secca B rispetto al valore massimo prodotto
nella parcella oggetto di indagine:
B = −2.306 ×10−5 J 2 + 9.577 ×10−3 J
dove B è espresso in percentuale.
471
r2 = 0,99,
[2]
Gli stessi autori hanno evidenziato, inoltre, che il fattore colturale C è ben
correlato con la percentuale di biomassa secca B fornita dalla [2]. Tale
relazione, rappresentata analiticamente mediante un’espressione del tipo:
C = a e−b B
[3]
con a e b coefficienti empirici, è stata impiegata per la determinazione del
fattore colturale C nelle differenti modalità di gestione del suolo indagate. Per
il terreno sottoposto a lavorazione meccanica nel mese di novembre i valori di
biomassa sono stati calcolati ipotizzando un accrescimento mensile lineare
della vegetazione nel corso dell’anno fra il valore minimo pari a zero nel
momento in cui viene attuata la lavorazione ed il valore massimo pari ad uno
nella condizione di riferimento. Per tutte le modalità di gestione del suolo il
fattore C è stato determinato mensilmente nel periodo che intercorreva fra la
data di somministrazione del diserbante o l’effettuazione della lavorazione
meccanica del terreno ed il mese di agosto.
6. Risultati
Le indagini sperimentali hanno evidenziato, come atteso, valori più elevati di
biomassa disseccata con somministrazione di diserbante alla dose del 3‰; la
differenza negli effetti tra le due dosi di somministrazione è da ritenersi
contenuta, con differenze nella percentuale di biomassa disseccata
generalmente inferiori al 30%. Indipendentemente dalla dose somministrata il
periodo di intervento più opportuno è risultato la seconda decade di marzo, in
quanto dopo solo un mese dal trattamento sono stati registrati valori
percentuali di biomassa disseccata compresi fra 69% (con dose del 1,5‰) ed
88% (con dose del 3‰); intervenendo con il diserbo chimico in tale periodo, i
valori di biomassa secca perdurano (tabella 3). Non sembra, peraltro,
opportuno ritardare ulteriormente il trattamento, poiché la vegetazione tende
spontaneamente ad essiccare per effetto delle condizioni climatiche; inoltre,
interventi troppo ritardati potrebbero causare competizione idrica con la
coltura principale.
Nel prosieguo si riportano i risultati del confronto tra le perdite di suolo
misurate (tesi A) e quelle simulate per la tesi B (eliminazione totale della
copertura vegetale mediante mezzi meccanici nel mese di novembre) e quelle
relative al diserbo chimico con somministrazione della dose inferiore di
diserbante (1,5‰), in considerazione della contenuta differenza nei valori di
biomassa secca registrata con le due dosi sperimentate.
472
Tabella 3 - Andamento temporale della percentuale di copertura della
biomassa secca con due differenti dosi di diserbante somministrate in tre
periodi.
Concentrazione del diserbante
Data di
rilevazione
07-feb
17-mar
31-mar
28-apr
28-mag
26-giu
01-ago
0,675 l ha -1 (1,5‰)
1,350 l ha -1 (3‰)
Periodo di somministrazione del diserbante
Febbraio
Marzo
Aprile
Febbraio
Marzo
Aprile
0
0
53,2
0
63,8
0
76,1
66,3
89,4
85,4
69,5
68,9
0
82,7
87,9
0
49,8
69,7
15,2
72,6
80
14,2
43,2
62,3
31,8
67,3
75
29,9
50
71,6
51,1
70,9
72,4
64,3
Le Figure 6, 7 e 8 evidenziano, come atteso, i maggiori valori di perdita di
suolo nella tesi B; nelle tesi relative al trattamento di diserbo chimico in
differenti periodi di somministrazione la perdita di suolo simulata è simile a
quella misurata nella condizione di riferimento (tesi A); l’applicazione della
RUSLE fornisce i valori massimi in corrispondenza dei mesi di novembrefebbraio, caratterizzati da valori dell’indice di aggressività delle piogge
maggiori (cfr. fig.5) e copertura vegetale del suolo inferiore.
L’intervento di diserbo chimico “minino” determina perdite di suolo maggiori
della condizione di riferimento nei mesi dopo l’effettuazione del trattamento,
a causa dell’esposizione del suolo, privato di parte della copertura vegetale,
all’azione della pioggia. Il confronto fra i differenti periodi di intervento
mediante diserbo chimico “minimo” evidenzia quanto segue (Figure 6, 7 e 8):
- la somministrazione del diserbante nella seconda decade di marzo (tesi D)
consente di ottenere perdite di suolo inferiori rispetto alla tesi C (prima
decade di febbraio) nei mesi di marzo ed aprile;
- nei mesi estivi le perdite di suolo simulate, sostanzialmente simili per le tre
tesi, non risentono del momento di intervento con diserbo chimico
“minimo”, in relazione alla spontanea degradazione della vegetazione
erbacea; in tale periodo, comunque, l’azione erosiva della pioggia risulta
minima.
473
Tesi B
Tesi C
Tesi D
Tesi E
Tesi A
100.0000
100.0000
10.0000
10.0000
3
Perdita di suolo (10
kg ha-1)___
3
Perdita di suolo (10
kg ha-1)___
Tesi A
1.0000
0.1000
0.0100
0.0010
Tesi B
Tesi C
Tesi D
Tesi E
1.0000
0.1000
0.0100
0.0010
0.0001
0.0001
Nov
Dic
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Tempo (mesi)
Figura 6 - Valori medi di perdita di suolo (n = 3) nelle
tesi relative sperimentali a cinque modalità di gestione
del suolo (parcelle di lunghezza 33 m, larghezza 7,5 m
e pendenza 9%).
Nov
Dic
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Tempo (mesi)
Figura 7 - Valori medi di perdita di suolo (n = 3) nelle
tesi relative sperimentali a cinque modalità di gestione
del suolo (parcelle di lunghezza 22 m, larghezza 5 m e
pendenza 9%).
Tesi A
Tesi B
Tesi C
Tesi D
Tesi E
10.0000
-1
Perdita di suolo (10 kg ha )___
100.0000
3
1.0000
0.1000
0.0100
0.0010
0.0001
Nov
Dic
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Tempo (mesi)
Figura 8 - Valori medi di perdita di suolo (n = 3) nelle tesi relative
sperimentali a cinque modalità di gestione del suolo (parcelle di lunghezza 22
m, larghezza 5 m e pendenza 18%).
7. Prospettive di innovazione nella pianificazione territoriale per la
mitigazione del dissesto idrogeologico
L’efficacia della Pianificazione Territoriale ai fini della difesa del suolo
potrebbe essere migliorata ove si perseguisse l’adozione di idonee misure, a
carattere estensivo ed intensivo, sia in ambito urbano che nelle aree agroforestali.
Le misure estensive potrebbero riguardare, ad esempio:
- il contenimento dell’incremento del consumo di suolo1 (connesso
all’espansione delle aree urbanizzate) e l’uso di pratiche e sistemi costruttivi
che favoriscano, nel contesto urbano, l’infiltrazione locale delle acque (aree a
verde, pavimentazioni drenanti per parcheggi, superfici pubbliche e complessi
residenziali, ecc.) limitando lo scarico nei corpi idrici o nelle reti di scolo e,
quindi, nelle aree di valle;
1
Alcuni indicatori evidenziano un allarmante incremento del consumo di suolo negli ultimi
decenni. La problematica è oggetto di specifiche attenzioni e orienterà i futuri strumenti di
pianificazione territoriale messi a punto dalla Comunità Europea (European Environment
Agency (2003). Europe’s environment: the third assessment. Environmental Assessment Report
n. 10).
475
- l’adozione, nelle aree agricole, di modelli colturali a basso impatto
idrologico ed erosivo (ad esempio le lavorazioni del terreno che incrementano
la rugosità e la capacità di invaso superficiale);
- la valorizzazione del ruolo protettivo della vegetazione conseguibile con la
ricostituzione degli ecosistemi naturali, i rimboschimenti e l’impiego di
tecniche naturalistiche di protezione dei versanti (ad esempio idrosemina,
fascinate, graticciate, biostuoie, ecc.).
Le misure intensive potrebbero invece riguardare:
- la stabilizzazione di scarpate artificiali e pendii in prossimità dei centri
abitati e di infrastrutture (autostrade, strade provinciali, comunali, ecc.); nel
contesto ambientale calabrese si potrebbe, ad esempio, promuovere
l’irrigazione (eventualmente anche con acque reflue) e il riutilizzo dei
sottoprodotti dell’industria agro-alimentare per favorire lo sviluppo della
vegetazione che contribuisce ad una forte riduzione dei deflussi (fino al 65%)
e produzione di sedimenti (fino al 70%), (Andiloro et al., 2004; 2005);
- la realizzazione di sistemazioni agrarie (finalizzate alla riduzione di
pendenza e lunghezza della pendice) e la manutenzione di quelle già
realizzate;
- la realizzazione di sistemazioni fluviali ecocompatibili (briglie e argini in
legname o in gabbioni rinverditi con specie autoctone) e la rinaturalizzazione
di quelle esistenti; ciò al fine di innescare dinamiche evolutive delle
formazioni vegetali naturali e coniugare, quindi, le finalità di conservazione
del suolo e sistemazione con l’ottimizzazione dell’inserimento delle opere nel
contesto paesaggistico e ambientale (Bombino et al., 2006; 2007 a; 2007b;
2007c).
Tali misure potrebbero conseguire benefici quali:
- la laminazione dei deflussi e incremento dei volumi idrici immagazzinati
nel terreno, a cui consegue una riduzione delle sollecitazioni alle infrastrutture
per lo smaltimento dei deflussi (rete fognaria, canali di scolo) e ai corpi idrici;
- la riduzione di ruscellamento ed erosione (e quindi della perdita di suolo).
È auspicabile che in futuro, nell’ambito della redazione dei Piani Territoriali,
sia maggiormente riconosciuta l’importanza di simulare gli effetti idrologici
ed erosivi (sia in loco che a valle) connessi a diverse modalità di gestione del
suolo. Un contributo in tal senso potrebbe essere fornito dall’impiego dei
modelli matematici per la stima dei deflussi e produzione di sedimenti a scala
di bacino. Tali modelli, seppure ampiamente utilizzati e oggetto di specifiche
sperimentazioni anche in ambiente semi-arido mediterraneo (Licciardello et
al., 2007), necessitano di procedure di taratura e verifica relativamente
complesse. A livello regionale tale limite potrebbe essere superato mediante la
promozione di indagini pilota a scala di bacino e/o a più piccola scala (ad
476
esempio di versante o parcella, anche al fine di agevolare la taratura dei
modelli. Ciò consentirebbe di:
- trasferire (previa verifica) i risultati delle osservazioni a realtà diverse e
supportare le scelte di classificazione ed uso del territorio in sede di redazione
di un Piano;
- ottimizzare l’uso delle risorse finanziarie disponibili (che risultano
insufficienti per studi approfonditi ed estesi);
- individuare criteri di remunerazione per i comuni che adottano una
pianificazione compatibile con la difesa del suolo (Tamburino e Zimbone,
1996; Bombino et al., 2007d);
- promuovere pianificazioni coordinate tra i territori ricadenti in un medesimo
bacino idrografico per giungere, coerentemente con quanto stabilito dalla
normativa in materia, ad una pianificazione unitaria della difesa del suolo.
8. Conclusioni
L’area PIAR è caratterizzata da una notevole valenza ambientale,
paesaggistica e agro-forestale.
Nel comprensorio oggetto di studio, comprendente quella “regione della
provincia di Reggio Calabria” identificata con la locuzione “Piana di Gioia
Tauro”, la coltivazione dell’ulivo è destinata sempre più a rivestire un ruolo
multifunzionale in cui agricoltura, territorio, ambiente, paesaggio,
alimentazione e cultura concorrono alla formazione di un sistema integrato e
complesso.
La tutela idrogeologica e la conservazione del suolo rappresentano pertanto un
obiettivo strategico per il mantenimento dell’equilibrio di tale sistema, oltre
che una misura di salvaguardia del comprensorio nella sua globalità.
In questa ottica il problema della gestione del suolo negli oliveti può essere
ricondotto all’individuazione di modelli colturali ecocompatibili a basso
impatto idrologico ed energetico, in grado di coniugare le esigenze (tra loro
contrastanti) di mantenere una sufficiente copertura del suolo durante il
periodo piovoso e di contenerla durante il periodo siccitoso.
Specifiche indagini, condotte confrontando una pratica a basso impatto
idrologico (“diserbo minimo”) con uno dei modelli colturali tradizionalmente
adottati nell’olivicoltura dell’area in oggetto, ha evidenziato che la
somministrazione di diserbante anche con dosi molto contenute (1,5‰ e 3,0‰
di prodotto commerciale al 34,45% di principio attivo glyphosate) consente di
minimizzare la competizione delle infestanti e di evitare l’esposizione del
suolo nudo all’azione dei processi erosivi. Nelle condizioni sperimentali gli
effetti rilevati sulla copertura vegetale nelle differenti dosi di
somministrazione è risultata contenuta; il periodo di intervento più idoneo ai
477
fini della protezione del suolo è risultato la seconda decade di marzo in quanto
ciò garantisce da un lato la permanenza della vegetazione spontanea durante i
mesi più piovosi, dall’altro una maggiore effetto di degradazione delle
infestanti ad opera del diserbante in periodi estivi, caratterizzati da limitati
valori di erosività delle precipitazioni.
In tale ottica, il diserbo chimico “minimo”, basato cioè sul contenimento della
dose e sul ritardo della somministrazione, potrebbe rappresentare una valida
alternativa rispetto alle lavorazioni meccaniche e ad altre pratiche
conservative tradizionalmente adottate (minimum/tillage, no/tillage,
eliminazione delle infestanti su file alterne per il mantenimento di strisce di
vegetazione). Ulteriori studi a conferma dei risultati della presente indagine
sperimentale potrebbero prospettare l’adozione del diserbo “minimo” tra le
migliori pratiche in termini di benefici idrologici a sostegno di un’agricoltura
ecosostenibile.
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17. Problematiche e prospettive della gestione dei suoli olivetati