17. Problematiche e prospettive della gestione dei suoli olivetati di Giuseppe Bombino∗, Vincenzo Tamburino∗, Santo Marcello Zimbone∗ 1. Introduzione In Calabria, in relazione alla complessa configurazione orografica, l’attività agricola interessa aree di limitata estensione localizzate prevalentemente in comprensori collinari e montani che, come è noto sono interessati da rilevanti fenomeni di dissesto idrogeologico. In passato l’oculata e costante opera degli agricoltori aveva consentito il mantenimento di un equilibrio dinamico tra l’attività agricola e l’ambiente, essenzialmente basato su adeguate opere di sistemazione idraulico-agraria. Negli ultimi decenni le profonde modificazioni socio-economiche hanno comportato l’esigenza di livelli di meccanizzazione sempre più elevati e, pertanto, il modellamento dei terreni declivi per consentire l’impiego delle macchine agricole e l’abbandono delle tecniche sistematorie tradizionali, che ne potevano intralciare le operazioni colturali. Ciò ha notevolmente incrementato i processi di ruscellamento ed erosione a causa sia della compattazione dei suoli, sia della eliminazione della copertura vegetale. La recente politica agricola comunitaria si è orientata a incentivare modalità di gestione del suolo che perseguano contemporaneamente alla produzione di biomassa diversi altri obiettivi, tra i quali l'ottenimento di idonee caratteristiche quantitative e qualitative delle risorse idriche ruscellate o percolate dai campi nonchè la conservazione del suolo e la laminazione delle piene (con la conseguente difesa dai dissesti idrogeologici). L'esigenza di disporre di idonee misure per il controllo dell'erosione idrica superficiale ha condotto a numerose indagini sperimentali finalizzate alla quantificazione del processo, allo studio dei principali fattori che lo determinano ed alla messa a punto di metodologie di previsione. Sebbene la letteratura in questo campo sia già molto vasta, la complessità dei processi di ruscellamento ed erosione, la molteplicità delle metodologie di ∗ Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-forestali ed Ambientali (DiSTAfA), Sezione di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. 459 sperimentazione adottate, la estrema diversità delle condizioni ambientali e la notevole variabilità spaziale e temporale rilevabile sia a piccola che a grande scala, richiedono specifiche indagini anche in relazione ai continui mutamenti dell'uso del suolo e delle tecniche colturali determinati dall'evolversi delle condizioni socio-economiche. Diversi studi condotti nell’ambiente Mediterraneo hanno evidenziato, ad esempio, gli effetti della gestione del suolo, anche su ruscellamento ed erosione, connessi sia alle diverse modalità di lavorazione del terreno, sia all’uso degli erbicidi (Guillerme et al., 1990; Moreira 1994; Dastgheib e Frampton, 2000; Hidalgo, 2002; Monteiro e Moreira, 2004; Delabays et al., 2005; Gago et al., 2007). D’altra parte è ampiamente riconosciuto che la presenza di un’adeguata copertura vegetale del suolo può ridurre notevolmente il ruscellamento e l’erosione, nonché aumentare l’infiltrazione, incrementando - specialmente nei climi semiaridi e nei terreni molto declivi la disponibilità di acqua per la coltura (Ramos e Martìnez-Casasnovas, 2004). Il problema della gestione del suolo nelle aree coltivate dell’ambiente semiarido mediterraneo, come quelle calabresi, può essere pertanto ricondotto all’individuazione di modelli colturali ecocompatibili a basso impatto idrologico ed energetico, in grado di coniugare le esigenze (tra loro contrastanti) di mantenere una sufficiente copertura del suolo durante il periodo piovoso e di contenerla durante il periodo siccitoso. Indagini recenti, condotte in territorio calabrese (Cinnirella et al., 1998; Bombino et al., 2002; 2004), hanno suggerito la possibilità di valutare isolatamente l’effetto della copertura vegetale sulla perdita di suolo mediante l’applicazione di modelli matematici appositamente tarati. Tali modelli, in accordo con esperienze analoghe condotte in differenti aree del globo, consentono di quantificare gli effetti sulla perdita di suolo di alcuni parametri caratteristici della vegetazione (grado di copertura e biomassa epigea). Con particolare riferimento alle aree olivetate che, come è noto, rappresentano un importante uso del suolo nel territorio reggino versante tirrenico, l’individuazione di sistemi colturali a basso impatto idrologico potrebbe contribuire alla mitigazione del rischio di dissesto del territorio, soprattutto in quelle aree collinari dove l’uliveto potrebbe rappresentare anche un presidio per la difesa del suolo. Nel comprensorio oggetto di studio la coltivazione dell’ulivo è destinata sempre più a rivestire un ruolo multifunzionale in cui agricoltura, territorio, ambiente, paesaggio, alimentazione e cultura concorrono alla formazione di un sistema integrato e complesso. In quest’ottica la tutela idrogeologica e la conservazione del suolo rappresentano un obiettivo strategico per il mantenimento dell’equilibrio di tale sistema, oltre che una misura di salvaguardia del comprensorio nella sua 460 globalità. Risulterebbe necessario, ad esempio, effettuare indagini finalizzate alla quantificazione degli effetti idrologici connessi a diverse modalità di uso del suolo anche per poter definire criteri di remunerazione per le aziende gestite in modo ecocompatibile. In relazione a quanto detto l’attività di cui si riferisce nel seguito è finalizzata a: - trarre indicazioni quantitative sugli effetti idrologici (volumi di deflusso superficiale, produzioni di sedimento) connessi a diverse possibili modalità di gestione del suolo negli uliveti. - individuare possibili criteri di quantificazione dei benefici idrogeologici extraziendali connessi a pratiche agricole ecocompatibili al fine di mettere a punto idonei sistemi di remunerazione dei benefici stessi. 2. Il ruolo dell’olivicoltura per la difesa del suolo nel comprensorio La coltivazione dell’olivo nel territorio del versante tirrenico reggino assume una particolare rilevanza ambientale, paesaggistica e socio-economica soprattutto in quella “regione del comprensorio” identificata con la locuzione di “Piana di Gioia Tauro”. In questa parte di territorio del versante tirrenico reggino, che rappresenta una unità morfologica ben definita (cfr. cap. 4), è ragionevole riferirsi per analizzare le problematiche e le prospettive della difesa del suolo negli oliveti e identificare modelli di gestione ecocompatibili adottando un approccio pressoché integrato a scala reale. La Superficie Agricola Utilizzata nella Piana di Gioia Tauro è pari a circa 38.450 ettari di cui 21.853 sono coltivati ad uliveto (tab. 1, fig. 1). Il portamento degli ulivi è fortemente assurgente con una produttività molto elevata, infatti la produzione media annua per pianta si aggira a 130-140 kg/pianta con delle eccezioni che raggiungono i 350-400 kg/pianta (Olivieri 2001). Dalla distribuzione della superficie per zona altimetrica, emerge che la SAU olivicola in montagna intercetta 10.836 ha (49,6% del totale) in collina 4.063 (26,1% del totale) e in pianura 5.336 (26,4% del totale). Se si considera l’incidenza della SAU investita ad Olivo rispetto alla SAU totale emerge l’olivicoltura interessa il 69% circa dalla superficie agricola utilizzata collinare, il 56,5% della SAU montana ed infine il 46% della SAU relativa alla pianura. L’importanza dell’olivicoltura in quest’area appare ancor più evidente se si considera che in alcuni comuni, quali quelli di San Procopio, Seminara, Cittanova, Oppido Mamertina, la SAU investita ad olivo interessa il 90% circa della SAU totale. Le dimensioni delle piante in una configurazione orografica del territorio non sempre favorevole e con superfici aziendali molto limitate, concorrono di fatto a pregiudicare l’introduzione di tecnologie innovative. 461 Le tecniche tradizionalmente praticate, si differenziano a seconda che ci si trovi nell’area in pianura o nell’area collinare, ma sostanzialmente tutti gli interventi, dalla lavorazione del terreno alla potatura, dalla concimazione alla difesa fitosanitaria, presentano un unico denominatore comune: ridurre e/o minimizzare i costi. L’intervento di potatura cosiddetta di mantenimento rappresenta un’operazione colturale abbastanza costosa considerato le tipologie di impianto presenti. Pertanto negli impianti tradizionali gli interventi di potatura sono effettuati ogni 10 anni circa. Le operazioni di potatura differiscono in relazione alla varietà di olivo su cui si interviene. Le due cultivar (Sinopolese e Ottobratica) sono molte rustiche e vigorose e presentano accentuate caratteristiche di omogeneità; in relazione alle dimensioni e all’altezza si distinguono per la conformazione del tronco e per l’altezza in cui cominciano a biforcarsi i primi rami. La Sinopolese è una cultivar caratterizzata da un fusto molto liscio, compatto e tal volta, le prime biforcazioni dal fusto possono manifestarsi anche a cinque o sei metri da terra. L’Ottobratica, al contrario, presenta un tronco nodoso, largo, con ramificazioni basse e di facile accesso. Ai fini dell’operazione di potatura, affrontare l’una o l’altra cultivar, presenta dunque gradi di difficoltà relativamente diversi, ma la diffusione della varietà Sinopolese, che ricopre il 70% dell’intera piantagione, in qualche misura omogeneizza il grado di difficoltà in tutto l’areale. 462 Tabella 1 - Individuazione della SAU per zone altimetriche della Piana di Gioia Tauro, rappresentativa del territorio del versante tirrenico reggino (*). 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% Seminativi uliveti agrumeti seminativi arborati consociazione eree a pascolo macchia ulivo-agrumi e/o incolti mediterranea bosco latifolie bosco conifere aree urbanizzate alvei fluviali impianti arboreti da legno Figura 1 - Distribuzione percentuale delle aree ricadenti all’interno del comprensorio della Piana di Gioia Tauro (rappresentativa del territorio del versante tirrenico reggino) per diversa destinazione di uso del suolo. 3. Modalità di gestione del suolo nelle aree olivetate Nel presente paragrafo vengono esaminate le principali modalità di gestione del suolo attuate nelle aree olivetate ricadenti nel territorio della Piana di Gioia Tauro e, congiuntamente alle analisi delle caratteristiche climatiche e morfologiche (cfr. Cap. 4), valutate le possibili implicazioni che esse possono generare in termini di ruscellamento ed erosione. Come evidenziato dalla tabella 1 l’olivicoltura, che come già detto rappresenta l’uso del suolo più importante nel comprensorio esaminato, è prevalentemente concentrata nelle aree collinari e montane, dove maggiore è il rischio di dissesto idrogeologico. Da ciò ne consegue che una parte consistente delle superfici olivetate presenti nelle aree oggetto di studio ricade nella classe di pendenza 15-25%. L’adozione di modelli colturali conservativi rappresenta quindi una irrinunciabile pratica per conseguire una efficace difesa del suolo Nei terreni in pendenza l’utilizzo di pratiche antierosive consegue l’obiettivo di proteggere il suolo dall’erosione mediante la modifica d’alcuni fattori quali la lunghezza della pendice, la pendenza e la copertura vegetale. Diverse sono le modalità di gestione del suolo riscontrate nelle aree oggetto di studio. La più comune è il terrazzamento, che rappresenta una sistemazione intensiva a superficie divisa, realizzata principalmente su terreni con pendenza elevata. Altra pratica antierosiva adottata è l’inerbimento spontaneo che presenta il vantaggio di migliorare la transitabilità e la protezione contro l’erosione, mantenendo la superficie del suolo costantemente coperta da vegetazione erbacea o seminata. Le operazioni di lavorazione del terreno sono generalmente eseguite meccanicamente e rivestono particolare importanza soprattutto perché legate alle modalità di raccolta. La fresatura, ad esempio, viene effettuata generalmente tra febbraio e marzo (alla fine della raccolta) con lo scopo di proteggere gli impianti dal rischio di incendi; la rullatura (settembre-ottobre), ha invece l’obiettivo di preparare il terreno per la raccolta (specialmente nelle zone di pianura in cui risulta maggiormente diffusa la raccolta con macchine raccattatrici o reti) (tab. 2). Tra i due momenti (generalmente in agosto), si attua l’operazione di pulitura dei tronchi dai nuovi polloni, operazione che generalmente è condotta manualmente. Sono spesso realizzati interventi di sistemazione dei canali di raccolta delle acque piovane. 464 Tabella 2 - Organigramma delle operazioni colturali realizzate nell’arco dell’anno in un impianto di uliveto caratteristico del versante tirrenico reggino. Cultivar: Ottobratica - Sinopolese Tecniche colturali Gen. Feb. Raccolta fresatura rullatura Interventi fitosanitari Bactocera oleae Spilocea oleaginea Mar. Apr. Mag. Giug. Lug. Agost. Sett. Ott. Nov. Dic. L’analisi climatica evidenzia che il periodo piovoso coincide in larga parte con quello della raccolta delle olive che, a seconda delle cultivar, va da novembre a marzo. Generalmente, per agevolare le operazioni di raccolta delle olive vengono adottate misure finalizzate alla predisposizione del terreno. In relazione al fatto che tali misure di preparazione del terreno potrebbero aumentare la vulnerabilità del suolo nei confronti dell’azione erosiva delle piogge, è apparso utile operare il confronto tra la precipitazione media annua e quella registrata durante il periodo della raccolta delle olive nell’area oggetto di studio. Il confronto ha evidenziato che circa il 70% delle piogge che si abbattono in un anno si concentrano proprio in tale periodo (fig. 2). Figura 2 - Valori medi (N=30) delle altezze di pioggia totali annue e del periodo della raccolta delle olive registrati in alcune località rappresentative del versante tirrenico reggino. 465 Le maggiori implicazioni del regime delle temperature e delle precipitazioni sulla vegetazione si osservano soprattutto alla fine del periodo piovoso. Infatti nelle aree in cui è assente una copertura arborea o arbustiva, (come ad esempio quelle marginali, ex coltivi, ecc.) la progressiva degradazione della gran parte delle specie erbacee durante il periodo estivo espone il suolo all’azione battente delle precipitazioni in coincidenza della ripresa della stagione piovosa con il conseguente aumento dei fenomeni erosivi (Basso, 1995). Nell’area oggetto di studio gli effetti appena descritti sono inoltre accentuati dai frequenti incendi. L’andamento dei dati appena illustrati ha suggerito la definizione di alcune utili indicazioni sui possibili adeguamenti di modelli e sistemi colturali per la mitigazione del rischio idraulico ed erosivo (di cui si riferirà nel seguito). D’altra parte studi sperimentali hanno inoltre confermato come, specialmente nell’agricoltura intensiva, la presenza di un’adeguata copertura erbacea del suolo può aumentare l’infiltrazione influenzando positivamente la disponibilità di acqua per la coltura specialmente nei climi semiaridi e nei terreni molto declivi (Gomez, 2005). 4. Indicazioni per il controllo di ruscellamento ed erosione negli uliveti Nell’agricoltura intensiva, alla scarsità e all’elevato costo della mano d’opera si è posto rimedio con pratiche come il diserbo chimico per il controllo delle infestanti. Le piante infestanti determinano danni qualitativi e quantitativi quali: la riduzione della biomassa commerciabile, la riduzione della qualità della produzione, l’intralcio nelle operazioni colturali, la pericolosa diffusione di insetti e parassiti, il rischio di incendi e, aspetto fondamentale, la competizione con la coltura principale per l’acquisizione di luce, spazio, nutrienti e soprattutto acqua. L’introduzione dei diserbanti o erbicidi hanno ottenuto buoni esiti in appezzamenti olivetati. Di recente il diserbo in postemergenza con Glyphosate si è affermato come la pratica di gran lunga prevalente soprattutto negli oliveti. Di contro, studi sperimentali hanno più volte confermato come la presenza di un’adeguata copertura vegetale del suolo, può ridurre notevolmente il ruscellamento e l’erosione e aumentare l’infiltrazione influenzando positivamente la disponibilità di acqua per la coltura specialmente nei climi semiaridi e nei terreni molto declivi. La riduzione della copertura erbacea conseguente all’effetto del diserbante si traduce inevitabilmente in una maggiore esposizione del suolo nudo alle piogge. Anche in relazione a quanto emerso dalle analisi relative alle modalità di gestione del suolo sugli oliveti, mettere a punto pratiche di diserbo “minimo” 466 in grado di conciliare, grazie alle dosi ridotte e/o al periodo di intervento ritardato, l’obiettivo del controllo delle infestanti con quello di mantenere una sufficiente copertura del suolo costituita da vegetazione viva o morta. Altra pratica agronomica molto diffusa negli oliveti consiste nella fresatura e lisciatura autunnale del terreno. Allo stato attuale non si conoscono in dettaglio le conseguenze che tale pratica provoca per effetto della inevitabile esposizione del suolo nudo alle piogge e per la riduzione di rugosità superficiale. Potrebbe risultare di interesse quantificare questi effetti confrontando tale pratica (ad elevato impatto idrologico) con una modalità alternativa di intervento basata sul concetto di diserbo chimico “minimo” cioè a dosaggio contenuto ed a somministrazione ritardata. Quest’ultima pratica, garantendo maggiore copertura e rugosità del terreno, potrebbe assicurare un aumento di infiltrabilità del suolo e conseguentemente una diminuzione di ruscellamento ed erosione. Recenti indagini hanno evidenziato che l’utilizzo di bassissime concentrazioni di diserbante, (1.5‰ e 3‰ di prodotto commerciale al 34.45% di principio attivo Glyphosate), permette nel contempo di minimizzare la competizione delle infestanti e di evitare che il suolo risulti essere nudo ed estremamente sensibile al processo erosivo (non si sono registrate differenze significative tra i due trattamenti). Considerato che il potenziale erosivo delle precipitazioni è alto nei mesi compresi tra ottobre e febbraio (a cui anche si aggiunge una percentuale rilevante nel mese di marzo) e considerato che con i bassi dosaggi sperimentati una parte della vegetazione (10-30% in termini di copertura) si mantiene verde (e in qualche caso tende a ricrescere dopo un periodo di blocco o rallentamento), tali risultati potrebbero essere utili al fine di contrastare il fenomeno erosivo. Indagini condotte sulla risposta idrologica di parcelle trattate con le due diverse dosi di diserbo minimo evidenziano che il terreno mantiene in buona misura i benefici antierosivi di un terreno indisturbato. Pertanto l’utilizzo della pratica di diserbo “minimo” potrebbe consentire di ridurre i danni provocati dalle piante infestanti, mantenendo basso il rischio di erosione e l’entità del ruscellamento e rispettando gli equilibri biologici presenti nel terreno. Uno dei fattori limitanti lo sviluppo della vegetazione è la scarsa presenza di sostanza organica connessa alla degradazione del suolo a causa dei fenomeni erosivi (Jadvinder et al., 1992; Meelu et al., 1994). La sostanza organica ha infatti un ruolo importantissimo per la creazione di condizioni edafiche idonee all’insediamento ed allo sviluppo della vegetazione in relazione all’incremento della stabilità degli aggregati del suolo (Casermeiro et al., 2004), della resistenza all’azione battente delle piogge (Wischmeier et al., 1971; Hudson, 1989), della macroporosità e dell’infiltrabilità (Barthés e Roose, 2002) nonché della capacità di ritenzione di acqua e nutrienti. Diversi 467 studi condotti sull’utilizzo di residui organici come ammendanti hanno infatti dimostrato un miglioramento delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche del suolo nonché della stabilità strutturale (Tamburino e Zimbone, 2002). Altra possibile pratica è l’impiego del pastazzo di agrumi essiccato che potrebbe pertanto rappresentare un modo economicamente sostenibile per apportare sostanza organica al suolo, migliorare la stabilità degli aggregati, favorire condizioni più idonee per l’insediamento e lo sviluppo della vegetazione erbacea, aumentare l’infiltrabilità superficiale del suolo, ridurre il ruscellamento e l’erosione (Andiloro et al., 2004). E’ stato infatti dimostrato che la somministrazione di 3 kg/m2 di pastazzo di arancia essiccato, evidenzia un effetto positivo sia sul volume di deflusso superficiale che sulla produzione di sedimento con una leggera riduzione (in condizioni di suolo nudo) del deflusso superficiale (mediamente del 10%) ed una più consistente riduzione della produzione di sedimento (mediamente circa il 60%) connessa ai minori valori di concentrazione di sedimento nel deflusso. Tale effetto protettivo tende a consolidarsi grazie alla migliore copertura vegetale connessa alle più favorevoli condizioni edafiche indotte dalla somministrazione del pastazzo di arancia essiccato. 5. L’indagine sperimentale condotta in un’area del versante tirrenico reggino Il presente paragrafo illustra una metodologia messa a punto ai fini della quantificazione degli effetti idrologici di una possibile modalità di gestione del suolo, basata sulla pratica del “diserbo minimo” (ossia mediante dosi contenute ed interventi di somministrazione ritardati), confrontandola con alcune tecniche tradizionalmente praticate negli uliveti, al fine di fornire utili indicazioni per la mitigazione dei fenomeni di ruscellamento ed erosione. Le indagini sono state condotte presso il sito sperimentale della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, ubicato in località Gallina. L’area di studio è situata in zona collinare ad un’altitudine media di circa 250 m s.l.m. Il suolo ricade nelle categorie “sabbioso franco” e “franco sabbioso” secondo la classificazione USDA; la struttura del suolo è mediamente granulare. All’interno del sito sono state individuati sei appezzamenti di dimensioni planimetriche pari a 4 x 7 m, caratterizzati da una copertura erbacea omogenea costituita da specie spontanee tipiche dei coltivi e dei terreni marginali in ambiente semi-arido mediterraneo; su di esse si è proceduto al diserbo chimico in tre differenti date (prima decade di febbraio, seconda decade di marzo e terza decade di aprile), somministrando 450 l ha-1 di 468 soluzione di diserbante con due differenti dosi (prodotto commerciale al 34,45% di principio attivo glyphosate acido): - 3,0‰, pari a 1,350 l ha-1 di prodotto commerciale e a 0,465 kg ha-1 di principio attivo; - 1,5‰, pari a 0,675 l ha-1 di prodotto commerciale e 0,232 kg ha-1 di principio attivo. Prima e dopo ogni trattamento si è proceduto su ciascuna parcella al riconoscimento delle specie erbacee ed alla valutazione in termini percentuali della copertura vegetale con il metodo della griglia. Su nove parcelle di tipo Wischmeier e Smith (1978), caratterizzate da diversa pendenza e lunghezza della pendice ed opportunamente attrezzate per il monitoraggio di ruscellamento ed erosione idrica (figg. 3 e 4), sono stati misurati i valori di deflusso e perdita di suolo relativi ad un triennio; tali condizioni sperimentali, che prevedevano una copertura erbacea spontanea sottoposta ad un’operazione di sfalcio effettuata alla fine dell’anno solare, è stata assunta quale condizione di riferimento (tesi A). Mediante l’applicazione del modello RUSLE (Renard et al., 1991) alle stesse parcelle su scala mensile sono state simulate le seguenti quattro modalità di gestione del suolo, assimilabili a quelle tipiche degli uliveti calabresi: - eliminazione totale della copertura vegetale mediante mezzi meccanici nel mese di novembre (tesi B); - diserbo chimico “minimo” mediante somministrazione di soluzione di diserbante con la medesima dose nella prima decade di febbraio (tesi C), nella seconda decade di marzo (tesi D) e nella terza decade di aprile (tesi E). Figura 3 - Layout planimetrico delle parcelle sperimentali. 469 a b Figura 4 - Vista aerea (a) e particolare del sito sperimentale (b) attrezzato per il monitoraggio di deflussi e perdita di suolo della Facoltà di Agraria (Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria) in località Gallina. I fattori R, LS, K e P del modello RUSLE, assunti identici per le diverse modalità di gestione del suolo messe a confronto, sono stati ricavati in precedenti indagini sulle stesse parcelle (Bombino et al., 2002; 2004). Il 470 fattore colturale C è stato determinato in funzione della biomassa secca presente sulla parcella ed opportunamente corretto secondo la distribuzione percentuale mensile del fattore R rispetto al suo valore medio annuo, per tener conto della distribuzione stagionale delle piogge (fig. 5). Figura 5 - Valori percentuali mensili del fattore di erosività della pioggia R (Wischmeier e Smith, 1978) determinato dagli eventi pluviometrici registrati nella stazione di Gallina di Reggio Calabria nel periodo 1991-2004. Il valore di biomassa secca è rappresentabile analiticamente mediante la seguente equazione (Bombino et al., 2002; 2004): B = −0.1215 J 2 + 50.479 J r2 = 0,99, [1] avendo indicato con B (kg ha-1) la biomassa secca prodotta nella parcella oggetto di indagine e con J il giorno dell’anno; onde consentire l’applicazione dell’espressione [1] in aree di studio a diversa produttività, è stata effettuata la standardizzazione della biomassa secca B rispetto al valore massimo prodotto nella parcella oggetto di indagine: B = −2.306 ×10−5 J 2 + 9.577 ×10−3 J dove B è espresso in percentuale. 471 r2 = 0,99, [2] Gli stessi autori hanno evidenziato, inoltre, che il fattore colturale C è ben correlato con la percentuale di biomassa secca B fornita dalla [2]. Tale relazione, rappresentata analiticamente mediante un’espressione del tipo: C = a e−b B [3] con a e b coefficienti empirici, è stata impiegata per la determinazione del fattore colturale C nelle differenti modalità di gestione del suolo indagate. Per il terreno sottoposto a lavorazione meccanica nel mese di novembre i valori di biomassa sono stati calcolati ipotizzando un accrescimento mensile lineare della vegetazione nel corso dell’anno fra il valore minimo pari a zero nel momento in cui viene attuata la lavorazione ed il valore massimo pari ad uno nella condizione di riferimento. Per tutte le modalità di gestione del suolo il fattore C è stato determinato mensilmente nel periodo che intercorreva fra la data di somministrazione del diserbante o l’effettuazione della lavorazione meccanica del terreno ed il mese di agosto. 6. Risultati Le indagini sperimentali hanno evidenziato, come atteso, valori più elevati di biomassa disseccata con somministrazione di diserbante alla dose del 3‰; la differenza negli effetti tra le due dosi di somministrazione è da ritenersi contenuta, con differenze nella percentuale di biomassa disseccata generalmente inferiori al 30%. Indipendentemente dalla dose somministrata il periodo di intervento più opportuno è risultato la seconda decade di marzo, in quanto dopo solo un mese dal trattamento sono stati registrati valori percentuali di biomassa disseccata compresi fra 69% (con dose del 1,5‰) ed 88% (con dose del 3‰); intervenendo con il diserbo chimico in tale periodo, i valori di biomassa secca perdurano (tabella 3). Non sembra, peraltro, opportuno ritardare ulteriormente il trattamento, poiché la vegetazione tende spontaneamente ad essiccare per effetto delle condizioni climatiche; inoltre, interventi troppo ritardati potrebbero causare competizione idrica con la coltura principale. Nel prosieguo si riportano i risultati del confronto tra le perdite di suolo misurate (tesi A) e quelle simulate per la tesi B (eliminazione totale della copertura vegetale mediante mezzi meccanici nel mese di novembre) e quelle relative al diserbo chimico con somministrazione della dose inferiore di diserbante (1,5‰), in considerazione della contenuta differenza nei valori di biomassa secca registrata con le due dosi sperimentate. 472 Tabella 3 - Andamento temporale della percentuale di copertura della biomassa secca con due differenti dosi di diserbante somministrate in tre periodi. Concentrazione del diserbante Data di rilevazione 07-feb 17-mar 31-mar 28-apr 28-mag 26-giu 01-ago 0,675 l ha -1 (1,5‰) 1,350 l ha -1 (3‰) Periodo di somministrazione del diserbante Febbraio Marzo Aprile Febbraio Marzo Aprile 0 0 53,2 0 63,8 0 76,1 66,3 89,4 85,4 69,5 68,9 0 82,7 87,9 0 49,8 69,7 15,2 72,6 80 14,2 43,2 62,3 31,8 67,3 75 29,9 50 71,6 51,1 70,9 72,4 64,3 Le Figure 6, 7 e 8 evidenziano, come atteso, i maggiori valori di perdita di suolo nella tesi B; nelle tesi relative al trattamento di diserbo chimico in differenti periodi di somministrazione la perdita di suolo simulata è simile a quella misurata nella condizione di riferimento (tesi A); l’applicazione della RUSLE fornisce i valori massimi in corrispondenza dei mesi di novembrefebbraio, caratterizzati da valori dell’indice di aggressività delle piogge maggiori (cfr. fig.5) e copertura vegetale del suolo inferiore. L’intervento di diserbo chimico “minino” determina perdite di suolo maggiori della condizione di riferimento nei mesi dopo l’effettuazione del trattamento, a causa dell’esposizione del suolo, privato di parte della copertura vegetale, all’azione della pioggia. Il confronto fra i differenti periodi di intervento mediante diserbo chimico “minimo” evidenzia quanto segue (Figure 6, 7 e 8): - la somministrazione del diserbante nella seconda decade di marzo (tesi D) consente di ottenere perdite di suolo inferiori rispetto alla tesi C (prima decade di febbraio) nei mesi di marzo ed aprile; - nei mesi estivi le perdite di suolo simulate, sostanzialmente simili per le tre tesi, non risentono del momento di intervento con diserbo chimico “minimo”, in relazione alla spontanea degradazione della vegetazione erbacea; in tale periodo, comunque, l’azione erosiva della pioggia risulta minima. 473 Tesi B Tesi C Tesi D Tesi E Tesi A 100.0000 100.0000 10.0000 10.0000 3 Perdita di suolo (10 kg ha-1)___ 3 Perdita di suolo (10 kg ha-1)___ Tesi A 1.0000 0.1000 0.0100 0.0010 Tesi B Tesi C Tesi D Tesi E 1.0000 0.1000 0.0100 0.0010 0.0001 0.0001 Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Tempo (mesi) Figura 6 - Valori medi di perdita di suolo (n = 3) nelle tesi relative sperimentali a cinque modalità di gestione del suolo (parcelle di lunghezza 33 m, larghezza 7,5 m e pendenza 9%). Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Tempo (mesi) Figura 7 - Valori medi di perdita di suolo (n = 3) nelle tesi relative sperimentali a cinque modalità di gestione del suolo (parcelle di lunghezza 22 m, larghezza 5 m e pendenza 9%). Tesi A Tesi B Tesi C Tesi D Tesi E 10.0000 -1 Perdita di suolo (10 kg ha )___ 100.0000 3 1.0000 0.1000 0.0100 0.0010 0.0001 Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Tempo (mesi) Figura 8 - Valori medi di perdita di suolo (n = 3) nelle tesi relative sperimentali a cinque modalità di gestione del suolo (parcelle di lunghezza 22 m, larghezza 5 m e pendenza 18%). 7. Prospettive di innovazione nella pianificazione territoriale per la mitigazione del dissesto idrogeologico L’efficacia della Pianificazione Territoriale ai fini della difesa del suolo potrebbe essere migliorata ove si perseguisse l’adozione di idonee misure, a carattere estensivo ed intensivo, sia in ambito urbano che nelle aree agroforestali. Le misure estensive potrebbero riguardare, ad esempio: - il contenimento dell’incremento del consumo di suolo1 (connesso all’espansione delle aree urbanizzate) e l’uso di pratiche e sistemi costruttivi che favoriscano, nel contesto urbano, l’infiltrazione locale delle acque (aree a verde, pavimentazioni drenanti per parcheggi, superfici pubbliche e complessi residenziali, ecc.) limitando lo scarico nei corpi idrici o nelle reti di scolo e, quindi, nelle aree di valle; 1 Alcuni indicatori evidenziano un allarmante incremento del consumo di suolo negli ultimi decenni. La problematica è oggetto di specifiche attenzioni e orienterà i futuri strumenti di pianificazione territoriale messi a punto dalla Comunità Europea (European Environment Agency (2003). Europe’s environment: the third assessment. Environmental Assessment Report n. 10). 475 - l’adozione, nelle aree agricole, di modelli colturali a basso impatto idrologico ed erosivo (ad esempio le lavorazioni del terreno che incrementano la rugosità e la capacità di invaso superficiale); - la valorizzazione del ruolo protettivo della vegetazione conseguibile con la ricostituzione degli ecosistemi naturali, i rimboschimenti e l’impiego di tecniche naturalistiche di protezione dei versanti (ad esempio idrosemina, fascinate, graticciate, biostuoie, ecc.). Le misure intensive potrebbero invece riguardare: - la stabilizzazione di scarpate artificiali e pendii in prossimità dei centri abitati e di infrastrutture (autostrade, strade provinciali, comunali, ecc.); nel contesto ambientale calabrese si potrebbe, ad esempio, promuovere l’irrigazione (eventualmente anche con acque reflue) e il riutilizzo dei sottoprodotti dell’industria agro-alimentare per favorire lo sviluppo della vegetazione che contribuisce ad una forte riduzione dei deflussi (fino al 65%) e produzione di sedimenti (fino al 70%), (Andiloro et al., 2004; 2005); - la realizzazione di sistemazioni agrarie (finalizzate alla riduzione di pendenza e lunghezza della pendice) e la manutenzione di quelle già realizzate; - la realizzazione di sistemazioni fluviali ecocompatibili (briglie e argini in legname o in gabbioni rinverditi con specie autoctone) e la rinaturalizzazione di quelle esistenti; ciò al fine di innescare dinamiche evolutive delle formazioni vegetali naturali e coniugare, quindi, le finalità di conservazione del suolo e sistemazione con l’ottimizzazione dell’inserimento delle opere nel contesto paesaggistico e ambientale (Bombino et al., 2006; 2007 a; 2007b; 2007c). Tali misure potrebbero conseguire benefici quali: - la laminazione dei deflussi e incremento dei volumi idrici immagazzinati nel terreno, a cui consegue una riduzione delle sollecitazioni alle infrastrutture per lo smaltimento dei deflussi (rete fognaria, canali di scolo) e ai corpi idrici; - la riduzione di ruscellamento ed erosione (e quindi della perdita di suolo). È auspicabile che in futuro, nell’ambito della redazione dei Piani Territoriali, sia maggiormente riconosciuta l’importanza di simulare gli effetti idrologici ed erosivi (sia in loco che a valle) connessi a diverse modalità di gestione del suolo. Un contributo in tal senso potrebbe essere fornito dall’impiego dei modelli matematici per la stima dei deflussi e produzione di sedimenti a scala di bacino. Tali modelli, seppure ampiamente utilizzati e oggetto di specifiche sperimentazioni anche in ambiente semi-arido mediterraneo (Licciardello et al., 2007), necessitano di procedure di taratura e verifica relativamente complesse. A livello regionale tale limite potrebbe essere superato mediante la promozione di indagini pilota a scala di bacino e/o a più piccola scala (ad 476 esempio di versante o parcella, anche al fine di agevolare la taratura dei modelli. Ciò consentirebbe di: - trasferire (previa verifica) i risultati delle osservazioni a realtà diverse e supportare le scelte di classificazione ed uso del territorio in sede di redazione di un Piano; - ottimizzare l’uso delle risorse finanziarie disponibili (che risultano insufficienti per studi approfonditi ed estesi); - individuare criteri di remunerazione per i comuni che adottano una pianificazione compatibile con la difesa del suolo (Tamburino e Zimbone, 1996; Bombino et al., 2007d); - promuovere pianificazioni coordinate tra i territori ricadenti in un medesimo bacino idrografico per giungere, coerentemente con quanto stabilito dalla normativa in materia, ad una pianificazione unitaria della difesa del suolo. 8. Conclusioni L’area PIAR è caratterizzata da una notevole valenza ambientale, paesaggistica e agro-forestale. Nel comprensorio oggetto di studio, comprendente quella “regione della provincia di Reggio Calabria” identificata con la locuzione “Piana di Gioia Tauro”, la coltivazione dell’ulivo è destinata sempre più a rivestire un ruolo multifunzionale in cui agricoltura, territorio, ambiente, paesaggio, alimentazione e cultura concorrono alla formazione di un sistema integrato e complesso. La tutela idrogeologica e la conservazione del suolo rappresentano pertanto un obiettivo strategico per il mantenimento dell’equilibrio di tale sistema, oltre che una misura di salvaguardia del comprensorio nella sua globalità. In questa ottica il problema della gestione del suolo negli oliveti può essere ricondotto all’individuazione di modelli colturali ecocompatibili a basso impatto idrologico ed energetico, in grado di coniugare le esigenze (tra loro contrastanti) di mantenere una sufficiente copertura del suolo durante il periodo piovoso e di contenerla durante il periodo siccitoso. Specifiche indagini, condotte confrontando una pratica a basso impatto idrologico (“diserbo minimo”) con uno dei modelli colturali tradizionalmente adottati nell’olivicoltura dell’area in oggetto, ha evidenziato che la somministrazione di diserbante anche con dosi molto contenute (1,5‰ e 3,0‰ di prodotto commerciale al 34,45% di principio attivo glyphosate) consente di minimizzare la competizione delle infestanti e di evitare l’esposizione del suolo nudo all’azione dei processi erosivi. Nelle condizioni sperimentali gli effetti rilevati sulla copertura vegetale nelle differenti dosi di somministrazione è risultata contenuta; il periodo di intervento più idoneo ai 477 fini della protezione del suolo è risultato la seconda decade di marzo in quanto ciò garantisce da un lato la permanenza della vegetazione spontanea durante i mesi più piovosi, dall’altro una maggiore effetto di degradazione delle infestanti ad opera del diserbante in periodi estivi, caratterizzati da limitati valori di erosività delle precipitazioni. In tale ottica, il diserbo chimico “minimo”, basato cioè sul contenimento della dose e sul ritardo della somministrazione, potrebbe rappresentare una valida alternativa rispetto alle lavorazioni meccaniche e ad altre pratiche conservative tradizionalmente adottate (minimum/tillage, no/tillage, eliminazione delle infestanti su file alterne per il mantenimento di strisce di vegetazione). Ulteriori studi a conferma dei risultati della presente indagine sperimentale potrebbero prospettare l’adozione del diserbo “minimo” tra le migliori pratiche in termini di benefici idrologici a sostegno di un’agricoltura ecosostenibile. - Riferimenti bibliografici Andiloro S., Bombino G., Tamburino V., Zimbone S.M. (2005). Protezione dall’erosione di scarpate artificiali mediante impiego di residui organici. Atti del VIII Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana di Ingegneria Agraria, Catania, 27-30 Giugno. Andiloro S., Bombino G., Tamburino V., Zimbone S.M. (2004). Risposta idrologica di scarpate artificiali trattate con pastazzo di arancia essiccato naturalmente. In “Valorizzazione delle acque reflue e dei sottoprodotti dell’industria agrumaria e olearia”, Laruffa Editore, Reggio Calabria, Settembre. Bombino G., Gurnell A., Tamburino V., Zema D., Zimbone S.M. (2007a). A method for assessing channelization effects on riparian vegetation in a mediterranean environment. 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