Sorprende come, ancora una volta, il Presidente dell’ANTOI torni alla carica su una questione, quella della prescrizione, realizzazione e applicazione delle ortesi plantari da parte del Podologo, chiusa ormai da anni e definita ultimamente con una pronuncia del Consiglio Superiore di Sanità chiaramente favorevole alle tesi da sempre sostenute dai Podologi: pronuncia provocata, peraltro, proprio dai Tecnici Ortopedici. Allora mi si permetta di esporre, una volta per tutte, i concetti essenziali sulla materia. Orbene, il Consiglio Superiore di Sanità con il parere del 18.10.2011 ha fornito risposte nitide e perentorie, in primis, ineccepibilmente, richiamando il Decreto Legislativo n. 502 del 30.12.1992 e, in particolare l’art. 6 che regola la formazione del personale sanitario, nonché, in particolare, il Decreto del Ministro della Sanità n. 666 del 14.9.1994 contenente il profilo professionale del podologo. Altrettanto inappuntabilmente, il Consiglio Superiore di Sanità ha citato, poi, il Decreto Legislativo n.46 del 24.2.1997, a mezzo del quale si è avuta l’“Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici”, con particolare riferimento ai “dispositivi medici su misura” (definiti, in tale normativa, “qualsiasi dispositivo fabbricato appositamente, sulla base della prescrizione di un medico debitamente qualificato e indicante, sotto la responsabilità del medesimo, le caratteristiche specifiche di progettazione del dispositivo e destinato ad essere utilizzato solo per un determinato paziente. La prescrizione può essere redatta anche da altra persona la quale vi sia autorizzata in virtù della propria qualificazione professionale”). Di non minore importanza è il rinvio, operato dal medesimo Consiglio Superiore, alla Legge n. 251/2000, nella parte in cui attribuisce alle cosiddette nuove Professioni sanitarie la corrispondente “titolarità e autonomia professionale, nei confronti dei singoli individui e della collettività ... al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali”. È stato, poi, richiamato, nel medesimo parere, il Decreto Interministeriale 2.4.2001 sulla “Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie” che nell’allegato 2 inserisce il Podologo fra le professioni sanitarie dell’area della riabilitazione, ne fissa gli obiettivi formativi qualificanti, le attività formative indispensabili e ne delinea le competenze ai sensi del D.M. 666/1994 e nell’allegato 3 inserisce il Tecnico ortopedico fra le professioni sanitarie dell’area tecnico-assistenziale. Svolte tali essenziali premesse, il Consiglio Superiore di Sanità ha affrontato il punto nodale del quesito sottoposto, vale a dire la definizione della “ORTESI” e ha rimarcato che l’Organizzazione Internazionale degli Standard (ISO) ha descritto la “ortesi” quale “dispositivo esterno utilizzato al fine di modificare le caratteristiche strutturali o funzionali dell’apparato neuro-muscoloscheletrico” e che, inoltre, secondo la classificazione ISO le ortesi sono distinte in base ai segmenti corporei coinvolti; le ortesi per il piede sono denominate FO (Foot Orthosis). Da ciò le conclusioni adottate dal Consiglio Superiore di Sanità, vale a dire che: a) per “ortesi” deve intendersi un “dispositivo esterno utilizzato al fine di modificare le caratteristiche strutturali o funzionali dell’apparato neuro-muscolo-scheletrico” e che sono ortesi del piede i plantari e i rialzi; b) la funzione dell’ortesi del piede è correggere, in maniera conservativa, alterazioni morfofunzionali del piede e/o delle catene cinetiche dell’arto inferiore dovute a patologie congenite e/o acquisite del piede stesso e/o dei segmenti articolari e scheletrici a monte; c) l’ “ortesi del piede” è fabbricata sulla base della prescrizione di un medico debitamente qualificato o da un podologo; d) sono di competenza del Tecnico ortopedico le ortesi correttive e di sostegno dell’apparato locomotore, di natura funzionale ed estetica, di tipo meccanico o che utilizzano l’energia esterna o energia mista corporea ed esterna; è di competenza del podologo il trattamento, con metodi ortesici, di callosità, unghie deformi e incarnite, piede doloroso. Naturalmente, come già rilevato dal T.A.R. Lazio con la sentenza n. 2337 del 1998, il Tecnico ortopedico costruisce i plantari necessariamente annessi alla calzatura e su prescrizione del Medico e con relativo collaudo da parte dello stesso Medico, mentre il Podologo realizza l’ortesi plantare o digitale direttamente ed autonomamente. Del resto, già nel corso del procedimento volto alla produzione normativa dei profili professionali, il Consiglio di Stato, Sezione I, con parere del 4.7.1994 stabilì che non sussisteva il “rischio di una parziale sovrapposizione della figura professionale del podologo rispetto a quella del tecnico ortopedico”. Inoltre, con la citata sentenza n. 2337 del 26.1.1998 il T.A.R. Lazio, Sezione I bis, respingendo un ricorso proposto dalla “F.I.O.T.O. - Federazione Italiana Operatori nella Tecnica Ortopedica” -, ha affermato che la formulazione normativa del D.M. n. 666 del 16.9.1994 “non si presta ad equivoci ed è idonea a delimitare in modo congruo la sfera di competenza professionale della figura del podologo rispetto a quella del tecnico ortopedico”. Ancora, nel senso della piena legittimità dell’applicazione sui pazienti di specifici ausili ortesici da parte del Podologo e della non assoggettabilità di tali interventi sanitari alla previa prescrizione del Medico ortopedico si è già pronunciato il Ministero della Sanità, ora Ministero della Salute, con nota D.P.S./VI del 23.11.1998; con tale condivisibile atto il Direttore Generale del Dipartimento delle Professioni Sanitarie del Dicastero competente nella materia della Sanità/Salute respingeva l’istanza, formulata sempre dalla F.I.O.T.O., volta ad ottenere la sospensione della registrazione della categoria professionale dei Podologi nell’elenco dei fabbricanti dei dispositivi medici su misura di cui agli articoli 11 e 13 del summenzionato Decreto Legislativo n. 46 del 24.2.1997. Tale posizione del Ministero veniva riaffermata con note del 1°.3.2000 prot. DPS/III/POQU/00709 e del 4.2.2003 prot. 03/DIRP/V/4.7.1/1107. L’applicazione di ortesi podaliche rappresenta, dunque, come riconosciuto sia dal Giudice Amministrativo, sia dal Ministero competente, sia, infine, dal Consiglio Superiore di Sanità, uno degli interventi tipici effettuati dal Podologo. Alla luce di tutto quanto precede, non si comprende da dove la rappresentanza dei Tecnici ortopedici voglia trarre elementi limitativi del campo di intervento e dell’autonomia del Podologo, il quale tratta direttamente (D.M. n. 666/1994) le patologie podaliche, anche attraverso i plantari! Preme ribadire che il Podologo non invierà mai al Tecnico ortopedico una prescrizione per un plantare: il collega che lo facesse violerebbe immediatamente la normativa vigente; così come violerebbe le norme quel Tecnico ortopedico che applicasse alla calzatura un plantare non prescritto esclusivamente dal Medico. In definitiva non si parli - ci rivolgiamo al Presidente Ricci - di “mancanza di certezze per gli operatori ed i pazienti”, in quanto, posso assicurare, mai tema è stato affrontato e risolto con tanta sicurezza e aderenza al disposto giuridico. Proprio per la tranquillità dei pazienti, si prenda atto finalmente che la questione è chiusa e non può essere ancora riaperta presso Organi Istituzionali (come auspicato dall’ANTOI), dal momento che anche l’ultimo eminente Organo Istituzionale adito, il CSS - composto da luminari Medici - ha già dato il suo dirimente parere. Quanto ai “più cordiali saluti” del Presidente Ricci, li accetto volentieri e li ricambio con altrettanta cordialità; con l’intesa, però, che i prossimi contatti e quindi i prossimi saluti riguardino temi più concreti e di vero interesse per la salute dei cittadini. Mauro Montesi Presidente dell’Associazione Italiana Podologi