REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
composta dai Sigg.ri Magistrati:
dott.ssa Luciana SAVAGNONE
- Presidente -
dott. Giuseppe COLAVECCHIO
- Consigliere relatore -
dott.ssa Igina MAIO
- Primo Referendario -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 793/2015
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 62103 del registro di
segreteria, promosso dalla Procura Regionale nei confronti di

Crocetta Rosario, nato a Gela (CL) il 08.02.1951,
rappresentato e difeso dall’avv. Attilio Luigi Maria Toscano, giusta
procura a margine della memoria di costituzione depositata il
03.04.2015, ed elettivamente domiciliato presso lo studio Immordino
in Palermo, via Libertà n. 171;

Bartolotta Antonino, nato a Taormina (ME), il 13.01.1970,
rappresentato e difeso dall’avv. Cecilia Nicita, giusta procura a
margine della memoria di costituzione depositata il 29.04.2015, ed
elettivamente
domiciliato
presso
lo
studio
dell’avv.
Rosaria
Zammataro in Palermo, via Pacini n. 5;

Bonafede
Esterina,
nata
a
Palermo
il
22.09.1960,
rappresentata e difesa dall’avv. Carmelo Carrara e dall’avv.
Giuseppe Cozzo, giusta procura a margine della memoria di
1
costituzione depositata il 24.04.2015, ed elettivamente domiciliata
presso lo studio del secondo in Palermo, viale Villa Heloise n. 21;

Cartabellotta
Dario,
nato
a
Palermo
il
14.09.1969,
rappresentato e difeso dall’avv. Carmelo Carrara e dall’avv.
Giuseppe Cozzo, giusta procura a margine della memoria di
costituzione depositata il 24.04.2015, ed elettivamente domiciliato
presso lo studio del secondo in Palermo, viale Villa Heloise n. 21;

Scilabra
Nella,
nata
a
Ribera
(AG)
il
11.06.1983,
rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Stallone, giusta procura
in calce alla memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed
elettivamente domiciliata presso il suo studio in Palermo, via Morello
n. 40;

Stancheris Michela, nata ad Alzano Lombardo (BG) il
16.10.1981, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Stallone,
giusta procura in calce alla memoria di costituzione depositata il
30.04.2015, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
Palermo, via Morello n. 40;

Valenti Patrizia, nata a Floridia (SR) il 15.01.1959,
rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Immordino, dall’avv.
Giuseppe Immordino e dall’avv. Giuseppe Nicastro, giusta procura a
margine della memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed
elettivamente domiciliata presso il loro studio in Palermo, via Libertà
n. 171;

Dell’Aira
Giuseppe,
nato
a
Palermo
il
12.01.1949,
rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Raimondi, giusta procura
2
in calce alla memoria di costituzione depositata il 06.05.2015, ed
elettivamente domiciliato presso il suo studio in Palermo, via Abela
n. 10;

Pisciotta Mariano, nato ad Agira (EN) il 15.12.1954,
rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Polizzotto, giusta procura a
margine della memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed
elettivamente domiciliato presso il suo studio in Palermo, via Tasso
n. 4;

Signorino
Rossana,
nata
a
Palermo
il
29.06.1966,
rappresentata e difesa dall’avv. Girolamo Rubino e dall’avv. Lucia
Alfieri, giusta procura a margine della memoria di costituzione
depositata il 12.01.2015 con riserva di illustrare successivamente le
tesi difensive, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del
primo in Palermo, via Oberdan n. 5;

Ingroia
Antonio,
nato
a
Palermo
il
31.03.1959,
rappresentato e difeso dall’avv. Mario Serio e dall’avv. Carmelo Elio
Costanza, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione
depositata il 18.05.2015, ed elettivamente domiciliato presso lo
studio del secondo in Palermo, via Terrasanta n. 24.
Visto l’atto di citazione.
Letti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 20.05.2015, il relatore cons.
Giuseppe Colavecchio, il pubblico ministero dott. Gianluca Albo,
vice procuratore generale, l’avv. Giuseppe Cozzo per Bonafede
Esterina e Cartabellotta Dario, l’avv. Attilio Toscano per Crocetta
3
Rosario, l’avv. Mario Serio per Ingroia Antonio, l’avv. Salvatore
Raimondi per Dell’Aira Giuseppe, l’avv. Cecilia Nicita per Bartolotta
Antonino, l’avv. Giovanni Immordino per Valenti Patrizia, l’avv.
Francesco Stallone per Scilabra Nella e Stancheris Michela, l’avv.
Stefano Polizzotto per Pisciotta Mariano e l’avv. Girolamo Rubino
per Signorino Rossana.
Ritenuto in
FATTO
1. La Procura Regionale, con atto di citazione depositato in
segreteria in data 07.11.2014 e ritualmente notificato, a seguito di
notizie apprese dalla stampa, conveniva in giudizio Crocetta
Rosario, Presidente della Regione Siciliana, Bartolotta Antonino,
Bonafede Esterina, Cartabellotta Dario, Scilabra Nella, Stancheris
Michela, componenti della Giunta Regionale, Valenti Patrizia,
Assessore alla Funzione Pubblica, Dell’Aira Giuseppe, Avvocato
Distrettuale dello Stato, Pisciotta Mariano, Ragioniere Generale,
Signorino Rossana, Dirigente del Servizio Partecipate, e Ingroia
Antonino Commissario Liquidatore di Sicilia e Servizi s.p.a., per
essere condannati al pagamento, secondo quote computate in base
al contributo eziologico di ciascuno, della complessiva somma di €
1.063.078,50, nonché degli incrementi retributivi a maturare con il
pagamento dei corrispettivi, oltre la rivalutazione monetaria e gli
interessi legali, a titolo di danno erariale patito da Sicilia e Servizi
s.p.a. nonché alle spese di giudizio da liquidarsi in favore dello
Stato, quale conseguenza dell’illegittimo reclutamento, con contratto
4
a tempo determinato, nella predetta società di personale che
prestava servizio presso Sicilia e Servizi Venture s.c.a.r.l., il socio
privato di Sicilia e Servizi s.p.a.
Articolati i fatti di causa descritti analiticamente nell’atto di
citazione e ricostruiti dal pubblico ministero a seguito delle indagini
istruttorie delegate alla Guardia di Finanza e compendiate nelle
relazioni del 07.04.2014, del 10.10.2014 e del 16.10.2014.
1.1. Il 20.12.2005 si costituiva, ai sensi dell’art. 78 della legge
regionale n. 6/2001, la società mista a prevalente partecipazione
pubblica denominata Sicilia e Servizi s.p.a., con capitale intestato
per il 51% a Sicilia e Innovazione s.p.a. (quota acquisita dalla
Regione Siciliana il 27.10.2006) e per il restante 49% al socio di
minoranza Sicilia e Servizi Venture s.c.r.l., avente come oggetto
sociale lo svolgimento delle attività informatiche di competenza
dell’amministrazione
regionale,
ivi
comprese
le
attività
per
l’attuazione della misura 6.05 del P.O.R. Sicilia 2000/2006.
Il 30.06.2006, la Regione Siciliana stipulava con Sicilia e
Servizi s.p.a. (in prosieguo SIeSE), Sicilia e Innovazione s.p.a.,
Sicilia e Servizi Venture s.c.r.l. (in prosieguo SISEV) la convenzione
quadro per la gestione delle attività informatiche di competenza
dell’amministrazione regionale; con l’ulteriore convenzione del
21.05.2007, si stabiliva che Sicilia e Innovazione s.p.a si occupasse
della fase di progettazione, direzione dei lavori e controllo dei
progetti, mentre SIeSE s.p.a. ne avrebbe curato solo la fase di
realizzazione.
5
La Regione a seguito della messa in liquidazione, il
26.10.2006, di Sicilia e Innovazione, acquisiva il 51% della
partecipazione azionaria in SIeSE s.p.a., affidataria delle attività di
gestione e conduzione della PTI (Piattaforma Telematica Integrata),
dei progetti e delle PIC (prese in carico).
1.2. Il pubblico ministero sosteneva che la suddetta società
SIeSE s.p.a. potesse “qualificarsi come organo indiretto a dotazione
erariale, previsto dalla legge” per una serie di ragioni.
La partecipazione maggioritaria della Regione Siciliana in
SIeSE era perdurante e intangibile (artt. 9.1. e 10.1. dello Statuto),
mentre il socio di minoranza, individuato con procedura di evidenza
pubblica, non avrebbe potuto cedere le azioni a terzi per cinque
anni dalla costituzione (art. 8), con prelazione in favore del socio
pubblico allo spirare del quinquennio (art. 9) e con clausola di
gradimento subordinata all’assenso del rispetto dei patti parasociali
(art. 10); poi, nei citati patti parasociali era previsto che, in caso di
scioglimento
anticipato
della
società,
il
socio
pubblico
di
maggioranza avrebbe avuto il diritto di riscatto coattivo della
partecipazione di ogni altro socio di minoranza, riscatto coercibile in
forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. (art. 6).
I rapporti tra Regione, SieSE e SISEV erano disciplinati da
apposita convenzione quadro, approvata con la delibera di Giunta
n. 165 del 09.05.2007, che, tra l’altro, prevedeva la remunerazione
delle attività informatiche (il fatturato era esclusivamente nei
confronti della Regione Siciliana) e i controlli che l’ente territoriale
6
poteva esercitare su SIeSE (art. 10) anche durante la fase attuativa
del servizio, con l’approvazione del piano operativo strategico
(P.O.S., art. 13) e del piano esecutivo annuale (P.E.A., art. 14).
In ultimo, SIeSE, come le altre società regionali strategiche,
era sottoposta al controllo analogo prescritto dall’art. 4 del Decreto
dell’Assessore all’Economia n. 1720 del 28.09.2011 che ribadiva le
modalità di esercizio del controllo analogo già previsto sub 4.2 del
paragrafo 6 rubricato “direttive per le società cosiddette in house”
della circolare n. 5 del 06.05.2011 dell’Assessore all’Economia,
denominata “atti di indirizzo per le società partecipate dalla Regione
Siciliana”.
Tale contesto giustificava, ad avviso del pubblico ministero,
la giurisdizione della Corte dei conti a conoscere le vicende oggetto
del presente giudizio, tenuto anche conto che la Regione Siciliana
era divenuta l’unico azionista di SIeSE in data 26.03.2014, con la
cessione delle quote da parte del socio privato SISEV.
1.3. Nella convenzione quadro del 21.05.2007, disciplinante i
rapporti tra Regione, SIeSE e SISEV, l’art. 11 prevedeva che il
socio di minoranza si obbligasse “a prestare in modo continuativo
alla Società il proprio know how nel campo delle attività
informatiche” e, a tal fine, a fornire anche “le qualificazioni
professionali necessarie”.
Nonostante la gara per la scelta del socio privato fosse stata
aggiudicata il 22.09.2005 alla SISEV, con successivo superamento
della fase di start-up prevista in 18 mesi, non risultava ad avviso
7
dell’organo requirente né una volontà della SISEV di adempiere
l’obbligazione di cui all’art. 11, né della SIeSE di pretenderne
l’adempimento, neanche in prossimità della fuoriuscita dalla
compagine associativa del socio privato, prevista per il 22.12.2013;
si manteneva, così, nel tempo una continua dipendenza tecnica di
SIeSE dal socio privato SISEV fonte di continui esborsi economici
per remunerare l’attività del socio privato.
Inoltre, benché nessun atto della procedura di evidenza
pubblica per la scelta del socio privato, della convenzione quadro,
del piano operativo strategico e del piano esecutivo di annuale
prevedesse, per adempiere al citato art. 11, un obbligo di far
transitare personale dal socio privato SISEV al socio pubblico
SIeSE (e tantomeno un transito di massa) si utilizzava il termine
“popolamento” per indicare il necessario transito del personale dal
socio
privato
SISEV
alla
SIeSE,
ritenuto
strumentale
all’adempimento dell’obbligazione di trasferimento del know-how.
Il
cosiddetto
“popolamento”
costituiva,
pertanto,
un
espediente per far transitare nella società regionale SIeSE persone
protette dalla politica, assunte dal socio privato a chiamata diretta,
in contrasto tra l’altro con quanto previsto dall’art. 18 del decreto
legge n. 112/2008.
La Giunta Regionale, però, con delibera n. 110 del
15.03.2013 (deliberanti Crocetta, Bartolotta, Bianchi, Bonafede,
Borsellino, Cartabellotta, Lo Bello e Valenti), recependo la proposta
dell’Assessore all’Economia, ribadiva “il divieto di assunzione per le
8
società partecipate e,
di conseguenza
qualsiasi ipotesi di
ripopolamento”.
1.4. L’art. 35 della legge regionale 15 maggio 2013, n. 9,
prevedeva poi l’istituzione, presso l’Assessorato Regionale delle
Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, dell’Ufficio per l’attività
di Coordinamento dei Sistemi Informativi Regionali e l’attività
Informatica della Regione e delle Pubbliche Amministrazioni
Regionali; seguiva la deliberazione n. 221 del 27 giugno 2013 che
istituiva il suddetto Ufficio Speciale, con compiti di gestione,
manutenzione e sviluppo dei sistemi informatici, di monitoraggio dei
programmi cofinanziati dai fondi strutturali comunitari unitamente ai
sistemi informatici relativi al fondo sviluppo e coesione, al FAS ante
2007 e al Piano azione e coesione; veniva nominato il responsabile
del citato Ufficio (decreto assessoriale n. 5833 del 10 ottobre 2013),
con assegnazione di 97 unità di personale (D.D.G. n. 5958 del
18.10.2013); il ragioniere generale, dott. Mariano Pisciotta, con le
note
n.
65366
e
n.
65368
del
21.11.2013,
comunicava
contestualmente al Responsabile dell’Ufficio Speciale, alla SIeSE
ed alla SISEV, un elenco di nove dipendenti regionali, cui ne
venivano aggiunti altri quindici (disposizioni di servizio n. 85/2013,
n. 97/2013, n. 98/2013, n. 101/2013, n. 102/2013, n. 103/2013, n.
122/2013, n. 123/2013 e n. 124/2013), che avrebbero effettuato dal
25.11.2013 l’affiancamento con il personale SIeSE e SISEV in vista
della cessazione della convenzione quadro di affidamento di attività
informatiche prevista per il 22.12.2013; ciò al fine di garantire senza
9
soluzione di continuità la piena funzionalità dei sistemi informativi
regionali.
1.5. L’attore pubblico sosteneva che da due note, una (prot.
n. 69840 del 13.12.2013) sottoscritta dal ragioniere generale (dott.
Pisciotta) e dal responsabile del servizio partecipazioni (dott.ssa
Signorino) e l’altra (prot. n. 2981 dell’11.12.2013) sottoscritta dal
commissario liquidatore di SIeSE (avv. Ingroia), si desumeva che in
una riunione tenutasi il 10.12.2013 presso la sede sociale di SIeSE
il Presidente della Regione (Crocetta) avrebbe espresso un indirizzo
per valutare se, alla scadenza della convenzione, sussistessero i
presupposti tecnici e giuridici al fine di procedere al necessario
processo
di
ristrutturazione
societaria
e
le
modalità
di
implementazione.
Il dott. Mariano Pisciotta e la dott.ssa Signorino chiedevano,
pertanto, un parere (prot. n. 69839 del 13.12.2013) all’Avvocatura
dello Stato di Palermo, il cui contenuto ad avviso sempre
dell’organo requirente risultava giuridicamente e logicamente
stridente con quanto pochi giorni prima rassegnato dal medesimo
dott. Pisciotta nella precedente nota prot. 65955 del 26.11.2013 ove
lo stesso, rispondendo ai rilievi del collegio dei revisori di SIeSE,
aveva sostenuto che il processo di popolamento della citata società
fosse divenuto complesso a causa dei mutamenti normativi sia
regionali
(art.
35
della
legge
n.
9/2013
che
imponeva
l’internalizzazione del servizio informatico), sia nazionali (comma 9
dell’art. 4 del decreto legge n. 95/2012).
10
In
particolare,
Pisciotta
e
Signorino
chiedevano
all’Avvocatura dello Stato se la società SIeSE s.p.a. potesse
procedere, in deroga al divieto di assunzioni nelle partecipate
regionali, all’assunzione dei dipendenti SISEV che avevano gestito
il sistema informatico e la piattaforma telematica della Regione
Siciliana; in caso negativo, se dovesse trovare attuazione “la
procedura di cui all’art. 57, comma 1, lett. c, del D.lgvo 12 aprile
2006 n. 163” (affidamento diretto di un servizio nei casi di urgenza).
L’avvocato distrettuale dello Stato, avv. Dell’Aira Giuseppe,
con articolato parere (prot. n. 71243 del 20.12.2013), dopo aver
considerato sia il divieto di assunzione di personale previsto dall’art.
20 della legge regionale n. 11/2010, sia l’obbligo di evidenza
pubblica per il reclutamento nelle società pubbliche maggioritarie
previsto dall’art. 18 del decreto legge n. 112/2008, concludeva per
l’inoperatività sia del divieto legale di assunzione, sia dell’obbligo
legale
di
evidenza
pubblica,
ritenendo
che
sulle
esplicite
disposizioni di legge fosse, invece, prevalente la tutela dell’esigenza
occupazionale, desunta implicitamente dal comma 6 dell’art. 20
della legge regionale n. 11/2010, nonché l’acquisizione del knowhow previsto nel bando di gara e individuato nel popolamento;
richiamava, poi, l’art. 2112 c.c. in materia di trasferimento di azienda
per giustificare la conservazione del posto di lavoro dei dipendenti
SISEV nei confronti della società cessionaria SIeSE.
Il citato parere veniva trasmesso informalmente via email al
capo di gabinetto del presidente Crocetta, dott. Gianni Silvia, come
11
da quest’ultimo riferito in sede di audizione personale.
Acquisito il parere, il ragioniere generale dott. Mariano
Pisciotta e il dirigente del Servizio Partecipate dott.ssa Rossana
Signorino trasmettevano, per la relativa condivisione e impulso,
all’Assessore all’Economia la “proposta delibera di Giunta regionale
assorbimento ex SISEV da parte di Sicilia & Servizi SPA”; il
suddetto assessore, poi, trasmetteva per competenza al Presidente
della Regione ed all’Assessore per le Autonomie locali la citata
proposta di delibera affinché fosse quest’ultimo a pronunciarsi.
L’Assessore delle Autonomie Locali e della Funzione
Pubblica, dott.ssa Valenti, con nota prot. n. 5771/GAB del
15.01.2014 avente ad oggetto “proposta delibera della Giunta
regionale assorbimento personale ex SISEV da parte di Sicilia &
Servizi S.p.A.”, condivideva la nota di pari data dell’Assessore
dell’Economia e chiedeva che l’argomento venisse inserito all’ordine
del giorno dal Presidente della Regione per modificare l’ultimo
comma della deliberazione n. 110/2013, comma che aveva imposto
il divieto di assunzione nelle società partecipate.
La Giunta Regionale, con delibera n. 6 del 15.01.2014, con il
voto favorevole di Crocetta Rosario, Bartolotta Antonino, Bonafede
Esterina, Cartabellotta Dario, Scilabra Nella, Stancheris Michela,
Valenti Patrizia, richiamando il parere dell’Avvocatura dello Stato,
modificava “la deliberazione n. 110 del 15 marzo 2013 … nell’ultima
parte del dispositivo in cui risulta[va] in contrasto con il parere
dell’Avvocatura dello Stato di Palermo”, ed al contempo si
12
“rimette[va] al liquidatore della società Sicilia e Servizi S.p.A. in
liquidazione per gli adempimenti di competenza”.
Il commissario liquidatore di SIeSE, avv. Ingroia Antonino,
con nota prot. n. 83 del 16.01.2014, comunicava al Presidente della
Regione (Crocetta) e al Direttore Responsabile del Servizio
Partecipate
(Signorino)
che
in
considerazione
del
parere
dell’Avvocatura dello Stato e in ottemperanza alle direttive del
Governo contenute nella delibera di Giunta n. 6/2014, avrebbe
avviato
il
processo
di
popolamento
di
SIeSE
con
la
contrattualizzazione a tempo determinato del personale ex SISEV;
quindi, procedeva all’assunzione a tempo determinato (18 mesi) di
74 dipendenti ex SISEV, con decorrenza 23.01.2014, per alcuni, e
04.02.2014, per altri, e con un periodo di prova di quattro mesi.
Il
commissario
liquidatore,
con
determina
n.
1
del
04.02.2014, al fine di procedere alla verifica dell’idoneità del
personale ex SISEV assunto, nominava una commissione di verifica
composta dal prof. Filippo Sorbello, con funzioni di presidente, dal
Generale di Brigata Aus. Rocco Umberto e dal Generale di Brigata
Ris. Domenico Balsamo, entrambi con funzioni di componenti.
All’esito dei lavori della citata commissione, la SIeSE
licenziava per inidoneità 17 dipendenti tra quelli reclutati da SISEV.
Il costo complessivo per l’assunzione di tale personale,
tenuto conto anche dei licenziamenti intervenuti, ammontava a €
1.063.078,50 per gli esborsi sostenuti da gennaio a settembre 2014,
con una proiezione del costo finale del popolamento a €
13
2.133.752,49 (nota della Guardia di Finanza del 10.10.2014).
1.6.
Il
pubblico
ministero
riferiva
che
all’esito
delle
acquisizioni istruttorie, delle audizioni personali di alcuni dipendenti
regionali e assessori, emergeva come le riunioni della Giunta
Regionale fossero caratterizzate da improvvisazione incompatibile
con la delicatezza dei problemi da affrontare; inoltre, emergeva che
gli odierni convenuti inizialmente avevano voluto gestire la
fuoriuscita del socio privato SIESEV secondo il divieto legale di
assunzione previsto dal comma 6 dell’art. 20 della legge regionale
n. 11/2010 (delibera n. 110/2013), ma dopo la messa in liquidazione
di SIeSE (delibera del 23.09.2013) in ragione della perdurante
inadeguatezza strutturale al raggiungimento dello scopo sociale
(come da nota prot. n. 52045 del 20.09.2013 del presidente
Crocetta) avevano dovuto repentinamente rinnegare la scelta di
legalità per incapacità a gestirla.
Del resto neanche la scelta di assumere il personale di
SISEV era stata risolutiva perché anche dopo il reclutamento di
massa operato in esecuzione della delibera della Giunta Regionale
n. 6/2014, la SIeSE aveva continuato ad avvalersi dei servizi del
socio privato per prestazioni da quest’ultimo valorizzate in oltre 4
milioni di euro per il periodo tra il 22.12.2013 e il 30.6.2014
(dichiarazioni Bosco, Ingroia, nonché nota SISEV del 17.4.2014,
nota della Guardia di Finanza del 10.10.2014).
1.7. L’organo requirente richiamava il quadro normativo che
vietava
l’assunzione
di
personale
14
a
tempo
determinato
o
indeterminato nelle società partecipate: la delibera della Giunta
Regionale n. 221 del 30.09.2008; il comma 10 dell’art. 1 della legge
regionale 29 dicembre 2008, n. 25; il comma 6 dell’art. 20 della
legge regionale 12 maggio 2010, n. 11, l’art. 23 della legge
regionale 28 gennaio 2014, n. 5, che modificava, dal 31.01.2014,
l’art. 20 della legge regionale n. 11/2010, nel testo approvato a
seguito dell’impugnativa del Commissario dello Stato che aveva
ritenuto in contrasto con l’art. 97 della Costituzione la deroga al
divieto legale di assunzioni per salvaguardare le esigenze
occupazionali del personale delle società in liquidazione; l’art. 8 del
Decreto dell’Assessore all’Economia n. 1720 del 28.09.2011; il
comma 7 ter dell’art. 3 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101,
convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125.
Aggiungeva che l’art. 18 del decreto legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, aveva esteso anche
alle società a partecipazione pubblica maggioritaria l’obbligo del
reclutamento del personale mediante procedura ad evidenza
pubblica; richiamava, altresì, i commi 9, 10 dell’art. 4 del decreto
legge 6 luglio 2012, n. 95, nel testo vigente sino al 31.12.2013.
A fronte di un quadro normativo chiaro, in particolare
costituito dal comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010
(“divieto alle società a partecipazione … maggioritaria della Regione
di procedere a nuove assunzioni di personale sia a tempo
indeterminato, sia a tempo determinato … salvo quanto previsto da
procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica,
15
effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge”), il
pubblico ministro, dopo avere soffermato l’attenzione sulla natura
facoltativa del parere richiesto all’Avvocatura dello Stato, da cui
discendeva solo l’obbligo di motivare adeguatamente nel caso di
non recepimento, riteneva che le conclusioni contenute nel citato
parere - secondo le quali non solo la società SIeSE rientrasse
nell’eccezione di cui al citato comma 6 (“procedure contrattuali
discendenti da bandi ad evidenza pubblica, effettuati prima
dell’entrata in vigore della presente legge”), ma anche che non
fosse soggetta nel reclutamento di personale alle procedure di
evidenza pubblica mancando i requisiti della società in house collidessero con le puntuali disposizioni normative sopra citate.
In particolare, sosteneva che nessun elemento logico e
giuridico, desumibile anche dai lavori preparatori, consentisse di
ritenere che la gara per la scelta del socio privato della società
mista antecedente di circa 5 anni all’approvazione della legge
regionale n. 11/2010, potesse neutralizzare l’univoca volontà del
legislatore
di
contenere
la
spesa
pubblica
regionale
con
l’introduzione di un chiaro divieto di assunzione di personale, non
potendosi ritenere che il legislatore con la suddetta eccezione
(“salvo quanto previsto da procedure contrattuali discendenti da
bandi ad evidenza pubblica, effettuati prima dell’entrata in vigore
della presente legge”) si fosse preoccupato di “garantire il livello
occupazionale”;
riteneva,
inoltre,
che
l’obbligo
dell’evidenza
pubblica, introdotto dall’art. 18 del decreto legge n. 112/2008
16
(operante anche per le Regioni a statuto speciale), operasse
comunque per tutte le società a prevalente partecipazione pubblica,
a prescindere se in house o meno.
In ultimo, evidenziava che la paventata possibilità - sempre
adombrata nel parere dell’Avvocatura dello Stato - di un
contenzioso attivato da parte dei lavoratori SIESEV non trovasse
alcun appiglio poiché i citati lavoratori appartenevano ad una
società privata, la quale aveva solo l’obbligo di trasferimento del
know-how alla società pubblica SIeSE e non anche il diritto di
trasferire
il
proprio
personale
alla
SIeSE
perché
spettava
esclusivamente al socio Regione la scelta di come e se,
eventualmente, strutturare SIeSE.
Per quanto riguardava il richiamo all’art. 2112 c.c., contenuto
nel citato parere, disciplinante le sorti del rapporto di lavoro dei
dipendenti
in
ipotesi
di
trasferimento
di
azienda,
rinviava
all’ordinanza del Tribunale di Palermo del 22.09.2014 che ne aveva
escluso l’operatività, rigettando il ricorso di un ex lavoratore SISEV;
opinava, invece, che non potessero costituire fonte di ripensamento
le due successive ordinanze del 29.10.2014 con le quali il Tribunale
aveva ritenuto applicabile, invece, l’art. 2112 c.c., con conseguente
statuizione di reintegro dei lavoratori licenziati, sia perché adottate
verosimilmente per carenza di allegazioni delle parti di causa, sia
perché nelle stesse era stato considerato provato l’obbligo
contrattuale di trasferimento dell’intero personale di SISEV in SIeSE
senza indicare quale norma contrattuale avrebbe previsto la
17
coincidenza tra il concetto immateriale di know-how e il transito di
tutto il personale.
1.8. Le gravi violazioni di legge sopra esposte che
imponevano il divieto di assunzione e l’obbligo di attivare,
comunque, la procedura di evidenza pubblica, nonché l’avvenuta
assunzione “al buio” di personale di SISEV senza alcuna preventiva
pianificazione
e
verifica
nonostante
l’avviato
processo
di
internalizzazione delle attività informatiche con predisposizione di
una articolata struttura regionale, costituivano ad avviso dell’organo
requirente espressione di grave e inescusabile negligenza nella
gestione delle risorse pubbliche riscontrabile nelle condotte degli
odierni convenuti, la cui catena causale nella commissione
dell’illecito era individuabile in tutte le condotte funzionali di impulso
e/o di avallo del reclutamento illecito perfezionatosi con i contratti
sottoscritti dal liquidatore di SIeSE il 21.01.2014 e il 04.02.2014,
condotte che non solo non avevano tenuto conto delle precedenti
legittime scelte, ma che avevano recepito del tutto acriticamente il
parere
dell’Avvocatura
dello
Stato
senza
operare
alcun
approfondimento istruttorio, nonostante apparisse in contrasto con
le puntuali previsioni normative.
1.9. Il pubblico ministero, dopo avere replicato analiticamente
alle deduzioni difensive presentate in fase istruttoria dagli odierni
convenuti (Dell’Aira, Crocetta, Ingroia, Valenti, Pisciotta, Signotino),
riteneva che il danno erariale fosse pari ai costi sostenuti per il
reclutamento di personale in SIeSE; sul punto richiamava l’indirizzo
18
giurisprudenziale della locale Sezione di Appello (ex multis n.
122/2008) secondo il quale quando “il legislatore pone agli
amministratori pubblici determinati vincoli di spesa, ritenendo
implicitamente non utile tutte quelle spese che non rispettino i limiti
da esso posti, è sufficiente che la spesa si effettui contra legem
perché si realizzi il danno”, principio applicato anche nel caso di
instaurazione di rapporti di lavoro di qualunque natura (ex plurimis
n. 2656/2013).
L’attore pubblico, quindi, contestava sia il danno erariale
maturato con l’effettiva erogazione delle retribuzioni pari a €
1.106.078,50, sia il danno erariale che sarebbe maturato con
l’erogazione periodica degli emolumenti derivanti dai contratti di
assunzione già perfezionati; tenuto conto dei singoli contributi
causali di ciascuno degli odierni convenuti nella causazione
dell’illecito erariale, ne chiedeva la condanna nei termini seguenti:
- on. Rosario Crocetta
euro 265.769,62
(= 25% di euro
- dott.ssa Patrizia Valenti euro 212.615,70
(= 20% di euro
1.063.078,50);
1.063.078,50);
- dott. Dell’Aira Giuseppe Massimo euro 106.307,85 (= 10% di euro
1.063.078,50);
- dott. Mariano Pisciotta
euro 106.307,85
(= 10% di euro
euro 106.307,85
(= 10% di euro
1.063.078,50);
- avv. Antonio Ingroia
1.063.078,50);
19
- dott. Antonino Bartolotta euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di euro
1.063.078,50);
- dott.ssa Esterina Bonafede
euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di
euro 1.063.078,50);
- dott. Dario Cartabellotta euro 52.553,93
(= 1/5 del 25% di euro
1.063.078,50);
- sig.ra Nella Scilabra
euro 52.553,93
(= 1/5 del 25% di euro
1.063.078,50);
- dott.ssa Michela Stancheris
euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di
euro 1.063.078,50);
- dott.ssa Rossana Signorino
euro
3.000,00
(danno
definitivo).
Sulla posizione della dott.ssa Signorino puntualizzava che
doveva ritenersi, all’esito delle deduzioni difensive, una minore
efficacia eziologia della sua condotta, nonché l’interruzione degli
effetti permanenti del danno già contestatole nell’invito a dedurre
per avere richiesto, dopo avere dato impulso all’adozione della
delibera di Giunta n. 6/2014, formalmente e con articolata
motivazione l’interruzione dei rapporti di lavoro illegittimamente
instaurati dalla società.
2. Bonafede Esterina e Cartabellotta Dario, componenti della
Giunta Regionale, si costituivano in giudizio con memoria
depositata in data 24.04.2015, con il patrocinio dall’avv. Carmelo
Carrara e dall’avv. Giuseppe Cozzo.
2.1. Preliminarmente eccepivano il difetto di giurisdizione.
20
Dopo avere richiamato l’indirizzo delle Sezioni Unite della
Corte di cassazione espresso nella sentenza n. 22609/2014
(società in house) e nella sentenza n. 15594/2014 (società
azionaria assimilabile per il particolare regime legale ad una
amministrazione pubblica), sostenevano che nessuna relazione di
servizio era ipotizzabile tra la Giunta Regionale e SIeSE sia perché
il comma 6 dell’art. 2 della legge regionale n. 19/2009 intestava al
Presidente della Regione le attribuzioni relative alla costituzione di
società e all’esercizio dei diritti inerenti la qualità di socio, sia perché
gli artt. 2380 bis e 2489 c.c. attribuivano agli amministratori e ai
liquidatori la gestione della società e la liquidazione; inoltre,
sostenevano che la giurisdizione contabile, da individuare al
momento della realizzazione della condotta, riguardava comunque
le sole azioni dirette a far valere la responsabilità degli organi sociali
per i danni da essi cagionati al patrimonio della società in house.
In ultimo, evidenziavano che SIeSE non poteva essere
assimilata ad una società in house sia perché società commerciale
che svolgeva prestazioni di servizi informatici a seguito di stipula di
un contratto di appalto a favore dell’amministrazione regionale
senza l’esercizio di funzioni o servizi destinati al perseguimento di
interessi collettivi (non comportando il comma 1 dell’art. 78 della
legge regionale n. 6/2001 la modifica della natura privatistica della
società), sia perché lo statuto prevedeva come indefettibile solo una
partecipazione maggioritaria pubblica, restando possibile per la
restante parte la sottoscrizione di azioni da parte di soggetti privati.
21
2.2. Nel merito chiedevano l’assoluzione da ogni addebito.
2.2.1. I citati convenuti sostenevano la mancanza di nesso
causale tra la loro condotta e il danno poiché con la delibera della
Giunta Regionale n. 6/2014 avevano solamente preso atto
dell’autorevole parere reso dall’Avvocatura dello Stato, rimettendo
al liquidatore ogni decisione sul da farsi poiché questi aveva la
responsabilità di ogni atto utile per la liquidazione della società,
secondo quanto previsto dall’art. 2489 c.c.
2.2.2. Poi, i dipendenti di SISEV, avendo svolto la loro
prestazione lavorativa nell’interesse di SIeSE s.p.a., datore di lavoro
sostanziale, avevano diritto, secondo la giurisprudenza della Corte
di cassazione, al mantenimento del loro rapporto di lavoro nei
confronti di detta società, stante il collegamento formale e
sostanziale tra le due società.
2.2.3. Inoltre, la dotazione di personale costituiva il contenuto
di una precipua obbligazione della SISEV nei confronti di SIeSE,
come desumibile dal capitolato di appalto (punti 1.3 e 1.3.2) poiché
il know how era costituito dalle conoscenze tecniche e dal
personale specializzato necessario per gestire l’intera rete dei
servizi informatici, senza i quali SIeSE non sarebbe stata in grado di
gestire l’intero servizio; a tali conclusioni era giunto anche il
Tribunale di Palermo (ordinanza del 29/10/2014) che aveva ritenuto
applicabile l’art. 2112 c.c. e riconosciuto il conseguente diritto del
lavoratore licenziato a mantenere il rapporto di lavoro con l’azienda
cessionaria (SIeSE).
22
2.2.4. Ai fini dell’insussistenza del danno, ritenevano che non
fosse applicabile quell’orientamento giurisprudenziale propugnante
l’inutilità delle spese effettuate fuori dai limiti imposti dalla legge
all’assunzione di personale da parte della pubblica amministrazione
poiché SieSE s.p.a., “soggetto che si assume essere danneggiato”,
era del tutto privo di personale qualificato e, pertanto, senza il
reclutamento di quello di SISEV non avrebbe potuto svolgere alcun
servizio, con danno alla Regione per il blocco delle attività
informatiche, non essendo operativo l’Ufficio Speciale all’uopo
costituito; poi, anche l’asserita violazione dell’obbligo legale di
evidenza pubblica nel reclutamento avrebbe potuto comportare solo
una danno ipotetico e non concreto.
In ogni caso, contestavano il principio dell’imputabilità del
danno riferito all’intera durata dei contratti poiché né prima, né dopo
la notifica degli inviti a dedurre potevano disporre la cessazione dei
rapporti contrattuali di durata, né potevano influire sul contenimento
del danno complessivo.
2.2.5. In ultimo, negavano la sussistenza dell’elemento
soggettivo della colpa grave poiché la delibera di Giunta n. 6/2014
aveva preso solamente atto del parere dell’Avvocatura dello Stato,
rimettendo al liquidatore l’applicazione dei suoi contenuti; inoltre, la
materia era particolarmente complessa tanto che erano intervenute
diverse pronunce del Tribunale di Palermo che avevano sancito il
diritto dei lavoratori SISEV ad essere assunti ai sensi dell’art. 2112
c.c.
23
La
dott.ssa
Bonafede
aggiungeva
di
avere
chiesto
esplicitamente che nel verbale della Giunta Regionale del
15.01.2014 venisse inserita la semplice presa atto del parere
dell’Avvocatura, ma accortasi del mancato inserimento delle sue
dichiarazioni ne chiedeva formalmente la modifica, non avvenuta
per la cessazione dalla carica il 14.04.2014.
2.3. In subordine, chiedevano l’esercizio “con maggiore
ampiezza possibile” del potere riduttivo.
3. Signorino Rossana, dirigente del Servizio Partecipazioni, si
costituiva in giudizio con memoria depositata in data 28.04.2015,
con il patrocinio dall’avv. Girolamo Rubino e dall’avv. Lucia Alfieri.
La predetta convenuta chiedeva l’assoluzione da ogni
addebito.
3.1. Evidenziava che la richiesta di parere all’Avvocatura
dello Stato, su esplicito impulso della SIeSE (nota prot. n. 0002981
dell’11.12.2013), era stata formulata sia al fine di evitare la paralisi
dell’azione amministrativa con il blocco dell’attività informatica, sia
per fugare
qualsivoglia dubbio in ordine alla correttezza
dell’interpretazione della normativa regionale e nazionale che, sia
pur non prestandosi ad una univoca interpretazione, sembrava
deporre per l’inapplicabilità del sopravvenuto divieto di assunzioni
alle ipotesi di procedure contrattuali discendenti “da bandi ad
evidenza pubblica effettuati prima della entrata in vigore della
normativa medesima”; tale richiesta, pertanto, non era orientata,
come
contestato
nell’atto
di
24
citazione,
per
suggerire
un’interpretazione elusiva del divieto di assunzione.
Del resto, lungi dall’acritico recepimento del parere reso
dall’Avvocatura dello Stato, nel mutuarne i contenuti nello schema
di delibera predisposto, aveva manifestato talune perplessità in
ordine alla sua esaustività poiché non aveva chiarito quali
procedure l’amministrazione regionale avrebbe dovuto attivare per
assumere il personale SISEV; tali perplessità erano state stoppate
dal commissario liquidatore di SieSE che, nel riscontrare l’email a lui
inviata, sosteneva non solo che la procedura di assunzione non
avrebbe dovuto essere avviata dall’amministrazione regionale bensì
proprio dalla SIeSE, ma anche che il parere reso dall’Avvocatura
appariva chiaro ed univoco nell’imporre l’avvio della procedura di
assunzione.
A tal fine nel predisporre lo schema di delibera introduceva
comunque una clausola di salvaguardia a mezzo della quale si
conferiva mandato al ragioniere generale e al Dirigente dell’Ufficio
Speciale informatica presso l’Assessorato alla Funzione Pubblica “di
controllare la legittimità degli adempimenti posti in capo al
liquidatore di Sicilia e Servizi spa”; tale schema di delibera, però,
veniva sostanzialmente modificato e rielaborato nella stesura finale
poi approvata, tanto da non avere apposto la firma al citato schema
di delibera modificato; tale circostanza, contrariamente all’assunto
attoreo, lungi dal concorrere ad un mero ridimensionamento della
responsabilità addebitata, costituiva una vera e propria esimente
dell’addebito,
con
conseguente
25
venir
meno
dell’elemento
psicologico del dolo e della colpa grave, avendo dimostrato grande
prudenza e perizia nell’affrontare la problematica di cui è causa.
3.2. Del resto, anche la condotta successivamente posta in
essere evidenziava la mancanza dei presupposti per l’addebito
della responsabilità con interruzione del nesso causale poiché,
dopo l’approvazione della delibera n. 6/2014 e il conseguente avvio
della procedura di assunzione del personale del socio privato, si era
tempestivamente attivata con la nota del 21.02.2014 nel chiedere al
commissario liquidatore di SIeSE di comunicare in base a quali
criteri e modalità era stato selezionato il personale assunto;
quest’ultimo affermava laconicamente di avere provveduto a
“contrattualizzare il personale ex SISEV in esecuzione alle
prescrizioni di cui alla Delibera di Giunta del 15.01.2014 sì da
garantire senza soluzione di continuità la gestione e l’erogazione di
servizi informatici per l’amministrazione regionale, e di avere altresì
previsto un periodo di prova pari a quattro mesi al fine di consentire
ad una qualificata commissione di verificare la reale idoneità delle
risorse”.
Poi, a fronte dei vaghi ed elusivi riscontri offerti dal
commissario liquidatore, nel contestare integralmente l’operato dello
stesso, ravvisava i presupposti per la revoca della carica e per
l’interruzione dei rapporti di lavoro “illegittimamente instaurati con la
società”.
4. Bartolotta Antonino, componente della Giunta Regionale,
si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 29.04.2015,
26
con il patrocinio dall’avv. Cecilia Nicita.
Preliminarmente, eccepiva il difetto di giurisdizione; nel
merito chiedeva l’assoluzione da ogni addebito per infondatezza
dell’atto di citazione, per mancanza dell’elemento soggettivo del
dolo o della colpa grave.
4.1. Con riferimento all’eccepito difetto di giurisdizione,
sosteneva che la società SIeSE, al momento dell’adozione della
delibera n. 6 del 15.01.2014 non aveva le caratteristiche della
società in house poiché era una società mista, il cui patrimonio era
del tutto separato da quello della Regione Siciliana; aggiungeva che
nessun rapporto di servizio si era instaurato tra la Giunta Regionale
e la predetta società.
4.2. Nel merito, sosteneva che il comma 6 dell’art. 2 della
legge regionale n. 19/2008 intestava al Presidente della Regione,
come anche riconosciuto nell’atto di citazione, ogni attribuzione in
materia di società partecipate, con la conseguenza che la delibera
n.
6/2014
era
espressione
solo
di
un
indirizzo
politico
amministrativo, economico e sociale.
Del resto, l’assunzione del personale SISEV nella società
SIeSE era avvenuto perché, come si poteva leggere nella nota della
Guardia di Finanza del 07.04.2014, i dirigenti responsabili non
avevano
fornito,
dopo
l’istituzione
dell’Ufficio
Speciale
per
l’informatica, le risorse economiche e professionali necessarie per il
suo funzionamento, con la conseguenza che SIeSE si era trovata,
in prossimità della data di scadenza della convenzione quadro
27
(22.12.2013), priva di idonee professionalità per garantire la
prosecuzione ordinaria delle attività; la Giunta, quindi, aveva preso
atto di tale situazione, basandosi anche sull’istruttoria compiuta e
culminata con il parere dell’Avvocatura dello Stato.
4.3.
Quanto
all’elemento
soggettivo
dell’illecito
ne
denunciava l’insussistenza.
Il
suddetto
convenuto,
infatti,
quale
Assessore
delle
Infrastrutture e della Mobilità, non aveva alcuna competenza in
materia e si era affidato all’istruttoria culminata con l’adozione del
parere dell’Avvocatura dello Stato, parere tra l’altro indirizzato ad
altri soggetti; aggiungeva che aveva avuto conoscenza della
proposta della delibera in questione all’inizio della seduta del
14.01.2014 poiché l’inserimento all’ordine del giorno era avvenuto,
nel pieno rispetto del regolamento, in via d’urgenza ad opera del
Presidente della Giunta che si era attivato a seguito di richiesta
degli assessori competenti (Economia e Funzione Pubblica).
Rilevava, poi, di avere fatto affidamento sul parere
dell’Avvocatura
giacché
nessuno
degli assessori competenti
(Economia e Funzione Pubblica), né il ragioniere generale - tra
l’altro quest’ultimo aveva informato che solo il personale SIESEV
era in grado di gestire il sistema informatico regionale - avevano
sollevato criticità.
4.4. Invocava, l’esimente dell’insindacabilità delle scelte
discrezionali di cui al comma 1 dell’art. 1 della legge n. 20/1994 per
avere compiuto, con l’adozione della delibera contestata, un atto di
28
indirizzo politico a tutela di interessi pubblici al fine di evitare
l’interruzione di servizi essenziali, il cui blocco avrebbe comportato il
rischio di paralizzare l’attività amministrativa.
Richiamava il principio di separazione tra l’indirizzo politicoamministrativo di competenza degli organi di governo e le funzioni
di gestione di competenza dei dirigenti (comma 1 ter dell’art. 1 della
legge n. 20/1994), tanto che l’istruttoria propedeutica all’adozione
della delibera n. 6/2014 era stata posta in essere dagli organi
burocratici, mentre gli adempimenti successivi erano stati rimessi al
liquidatore.
4.5. Nel ritenere, comunque, legittima la procedura di
assunzione dei lavoratori della SIESEV, che trovava il suo
fondamento nell’art. 11 della convenzione quadro e nel comma 6
dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010, richiamava uno stralcio
della relazione della Guardia di Finanza del 07.04.2014 ove era
possibile leggere: “Per quanto concerne il cosiddetto popolamento
aziendale, l’impresa aggiudicataria SISEV S.c.r.l. ha assunto
l’obbligo, espressamente previsto dalla documentazione di gara, di
provvedere al progressivo quanto stabile trasferimento in SIESE
S.p.A. di professionalità adeguatamente formate per consentire a
quest’ultima, a regime, di gestire autonomamente i sistemi
informatici regionali. Tale procedura, da ultimarsi entro e non oltre i
6/8 mesi antecedenti la fuoriuscita di SISEV S.c.r.I. dalla compagine
societaria della SIeSE S.p.A., avrebbe quindi dovuto dotare la
Regione Siciliana di una società in grado di affrontare, in piena
29
autonomia, le varie problematiche gestionali”.
Infine, riteneva che non fossero applicabili i principi per il
reclutamento del personale fissati dal comma 3 dell’art. 35 del
decreto legislativo n. 165/2001 (riferiti alle società che gestivano
servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica - art. 18,
comma 1, del decreto legge n. 112/2008), sia perché SIeSE, al
tempo del passaggio delle risorse da SISEV, non gestiva alcun
servizio pubblico locale, sia perché non era a totale partecipazione
pubblica.
In ogni caso, l’esigenza di scongiurare conteziosi con il
personale privato, come paventato nel parere dell’Avvocatura dello
Stato, non era inverosimile per i numerosi giudizi attivati, la maggior
parte dei quali si era concluso con il riconoscimento del diritto del
lavoratore licenziato al reintegro (Tribunale di Palermo, ordinanza n.
39099/2914 del 29.10.2014, confermata con sentenza n. 345/2015
dell’11.02.201537), giusta l’applicazione dell’art. 2112 c.c.
4.6. Escludeva, in ogni caso, la sussistenza dell’illecito
erariale poiché il passaggio di risorse umane da SISEV a SIeSE
non costituiva ex se prova di alcun danno, tenuto conto che
dovevano valutarsi anche i vantaggi acquisito dalla comunità
amministrata di cui al comma 1 bis dell’art. 1 della legge n. 20/1994;
negava, poi, il requisito della concretezza e dell’attualità per gli
emolumenti non ancora maturati.
5. Scilabra Nella, componente della Giunta Regionale, si
costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015,
30
con il patrocinio dall’avv. Francesco Stallone.
Chiedeva l’assoluzione di ogni addebito per carenza
dell’elemento soggettivo, per l’insussistenza del danno attesa
l’infungibilità del personale assunto e lo stato di necessità
scaturente dall’impellenza di non interrompere servizi essenziali,
ravvisando comunque le condizioni per la sussistenza della
compensatio lucri cum damno; in ogni caso riteneva non dovute le
somme corrisposte alla Regione Siciliana a titolo di i.r.p.e.f.; in
subordine, chiedeva l’esercizio del potere riduttivo.
5.1. Dopo avere ricostruito i termini fattuali della presente
vicenda, escludeva l’elemento soggettivo della responsabilità
poiché non era possibile pretendere un comportamento diverso; la
volontà, infatti, di esprimere il voto favorevole alla delibera n.
11/2014 si era formata dopo avere preso in esame una serie di
elementi forniti da soggetti posti al vertice dell’organizzazione
tecnica (Ragioneria generale), vagliati da un organo consultivo
particolarmente qualificato (Avvocatura distrettuale dello Stato) e
avallati
dall’Assessore
alla
Funzione
Pubblica
sulla
base
dell’istruttoria svolta dagli uffici tecnici di quest’ultimo; tali elementi
conducevano inequivocabilmente per l’assunzione in SIeSE dei
lavoratori di SIESEV al fine di scongiurare il blocco delle attività
informatiche, con paralisi non solo dell’attività amministrativa interna
ma anche di quella estera, tenuto conto che l’Ufficio Speciale non
era entrato in funzione in quanto su 97 figure professionali previste
solo 24 erano presenti e non erano in grado di gestire le attività
31
informatiche.
Del resto, una soluzione alternativa era stata effettivamente
adombrata dalla Ragioneria generale nel quesito del 13 dicembre
2013, con ricorso all’affidamento esterno ai sensi dell’art. 57 del
decreto legislativo n. 163/2006 che, però, avrebbe comportato costi
ben maggiori.
5.2. SIeSE, poi, non poteva essere qualificata come società a
controllo analogo, come ritenuto dal pubblico ministero, poiché
parte rilevante delle sue azioni apparteneva ad un socio privato; il
tal senso vi era una giurisprudenza consolidata delle Corte di
cassazione (ribadita anche di recente nella sentenza n. 5848/2015),
confortata dalle pronunce della Corte dei Conti (Sezione Controllo
Piemonte n. 159/2014), del Consiglio di Stato (Sezione V, n.
5079/2014) e dal Giudice europeo (19 giugno - 2014, C-574/12).
Solo in data 26.03.2014, la Regione Siciliana acquisiva
l’intero controllo della SieSE con la conseguenza che al momento
dell’adozione della delibera n. 6 del 06.01.2014 la predetta società
non poteva definirsi in house essendo società mista costituita
mediante gara a doppio oggetto (scelta del contraente privato e
affidamento della gestione dei servizi informatici), senza tra l’altro
necessità di rispettare la procedura di evidenza pubblica per
l’assunzione di personale prevista dall’art. 18 del decreto legge n.
112/2008 (Sezione Lombardia, parere n. 7/2012).
5.3. Sulla possibilità che la deroga di cui al comma 6 dell’art.
20 della legge regionale n. 11/2010 riguardasse il caso in esame
32
richiamava la prescrizione contenuta al punto 6.2.3. del capitolato di
appalto; in questa si leggeva che al fine della valutazione dell’offerta
“devono inoltre essere messe in evidenza le modalità con cui il
socio privato intende assumere l’obbligazione di trasferire il proprio
know how, nel campo delle attività di interesse della Società Mista;
l’organico di personale che nel tempo si ritiene sarà necessario
dotare la Società mista per lo svolgimento delle varie attività di
competenza, specificando il profilo professionale del personale da
impiegare nelle attività, ed in che modo si intende gestire le fasi di
transizione e di avvio della Società Mista e di conclusione del
rapporto di partecipazione del socio privalo alla Società Mista”.
Tale disposizione contrastava, ad avviso della dott.ssa
Scilabbra, con l’interpretazione fornita dal pubblico ministero che
escludeva nel trasferimento del know how il personale individuato
dal socio privato.
5.4. Sul danno riteneva sussistenti le condizioni per la
compensatio lucri cum damno poiché doveva tenersi conto delle
prestazioni rese dai dipendenti della SIeSE, la cui utilizzazione era
indispensabile e non sostituibile al fine di evitare l’interruzione di un
servizio indispensabile; aggiungeva che al danno dovevano sottrarsi
gli importi relativi all’imposizione fiscale poiché le somme dovute a
titolo di i.r.p.e.f. erano di competenza della Regione Siciliana.
6. Stancheris Michela, componente della Giunta Regionale,
si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015,
con il patrocinio dall’avv. Francesco Stallone.
33
La citata convenuta depositava una memoria difensiva di
contenuto identico a quella di Scilabbra Nella e reiterava le
conclusioni ivi formulate.
7. Valenti Patrizia, Assessore alla Funzione Pubblica, si
costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015,
con il patrocinio dall’avv. Giovanni Immordino, dell’avv. Giuseppe
Immordino e dell’avv. Giuseppe Nicastro.
Eccepiva, in via preliminare, il difetto di giurisdizione e nel
merito chiedeva di essere dichiarata esente da responsabilità
poiché non sussisteva alcun danno erariale e il comportamento da
cui scaturiva l’evento dannoso non era a lei imputabile; in ogni caso
sosteneva che la sua condotta non fosse connotata né da dolo né
da colpa grave.
7.1. Quanto al difetto di giurisdizione, rilevava che SIeSE
all’epoca dei fatti era una società mista, pubblico (51%) privato
(49%), e che solo il 26.03.2014 la Regione aveva acquistato l’intero
pacchetto azionario, con conseguente impossibilità, secondo la
stessa giurisprudenza citata dal pubblico ministero, di configurarla
come società in house; anche le assunzioni (23.01.2014 e
04.02.2014) erano avvenute prima che la Regione ne acquisisse il
controllo totalitario.
7.2. Nel merito, assumeva la mancanza di nesso causale tra
la sua condotta e le assunzioni del personale a tempo determinato
avvenute esclusivamente da parte del liquidatore di SIeSE al quale
erano stati rimessi gli adempimenti di competenza conseguenti
34
all’adozione della delibera n. 6/2014, senza che ciò comportasse
alcun obbligo di assunzione; del resto, ciò si evidenziava anche
dallo scambio di email, avvenuto il 20.12.2013, tra il dirigente del
Servizio Partecipate e il commissario liquidatore di SIeSE.
Contestava, poi, la quota di danno attribuita nella misura del
25% giacché gli altri soggetti coinvolti nella vicenda non avevano
rappresentato alcuna criticità sul parere reso dall’Avvocatura dello
Stato e lo stesso dirigente del Servizio Partecipate non aveva
esternato alcuna perplessità né alla Giunta, né al Commissario
liquidatore.
7.3. Negava la sussistenza dell’elemento psicologico poiché
non aveva alcun motivo di dubitare della correttezza del parere reso
dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, non contestato né dai
dirigenti responsabili dei Servizi coinvolti (convenuti in giudizio per
quote minime e addirittura inferiori) né dal dott. Ingroia, dotato di
notevole preparazione giuridica; del resto, la delibera contestata era
solo una presa d’atto del parere dell’Avvocatura dello Stato in
quanto si rimetteva al liquidatore per l’adozione degli atti di
competenza (atti dal contenuto non specificato e assolutamente da
determinare ad opera del medesimo Liquidatore e dagli organi di
gestione della società mista).
Che non vi fosse colpa grave emergeva anche dal fatto che
le conclusioni rassegnate nel citato parere erano state fatte proprie
dal Tribunale di Palermo (sentenza del 29.10.2014 nella causa
iscritta al n. 8092/2014 RGL; sentenza del 29.10.2014 nella causa
35
iscritta al n. 8688/2014 RGL; sentenza nella causa n. 7428/2014
RGL che dichiarava illegittimo il licenziamento intimato ad un
lavoratore da Sicilia e Servizi s.p.a.).
7.4. Riferiva, poi, che secondo l’art. 6.2.3 del capitolato
speciale d’appalto e i punti 5.4.3.3 e 5.4.4 del Piano Operativo
Strategico SISEV aveva assunto in sede di gara l’obbligo di
provvedere al progressivo, quanto stabile, trasferimento a SIeSE
delle professionalità via adeguatamente formate, e ciò per
consentirle l’autonoma gestione, a regime, dell’intera piattaforma
dei sistemi informatici; tale personale, però, veniva assunto con
notevole ritardo (e soltanto nel gennaio 2014) da parte di SIeSE
che, in prossimità della cessazione del vincolo societario con SISEV
si era trovata difronte ad un rischio di paralisi totale dell’attività
informatica; tali clausole rientravano nella deroga prevista dal
comma 6 dell’art. 20 della legge n. 11/2014 ed erano pienamente
legittime, come anche chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio
di Stato nell’ordinanza n. 9/2013 e nella sentenza n. 425/2012 del
T.A.R. Lecce.
Né tantomeno ricorreva la violazione del comma 2 dell’art. 18
del decreto legge n. 112/2008 che non era applicabile alla società
partecipata in questione.
7.5. Riteneva che per i vantaggi (art. 1 della legge n.
20/1994) conseguiti dalla SIeSE e dall’amministrazione dalle
assunzioni di personale, il danno sarebbe stato in ogni caso da
escludere, tenuto conto che l’Ufficio Speciale, come anche riferito
36
dal responsabile dello stesso, non sarebbe stato in grado di
funzionare per la carenza delle professionalità necessarie, non
avendo l’amministrazione bandito alcun concorso pubblico.
7.6. In ultimo, le assunzioni di cui è causa avevano
comportato un risparmio di spesa nell’ordirne di circa 16 milioni di
euro per mancati costi di intermediazione e mancati utili della
società privata; se il personale non fosse stato assunto, invero,
SIeSE o direttamente la Regione avrebbe dovuto pagare ben più
alte consulenze, professionalità e manodopera per evitare la paralisi
del sistema informatico regionale.
Il reclutamento, in ogni caso non era avvenuto a buio, poiché
il commissario liquidatore aveva istituito un’apposita commissione
per valutare il personale trasferito.
8. Pisciotta Mariano, Ragioniere Generale, si costituiva in
giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015, con il
patrocinio dall’avv. Stefano Polizzotto.
Chiedeva, in via principale, il proscioglimento da ogni
addebito e in via subordinata, la riduzione dello stesso.
8.1. Dopo avere ricostruito analiticamente le vicende
riguardanti la genesi di SIeSE, società regionale mista pubblico
(51%) e privato (49%), poneva l’attenzione, al fine di dirimere la
presenta controversia, sul Piano Strategico (punto 5.4.4.) che, in
armonia con le disposizioni del bando, prevedeva l’impegno del
socio privato di trasferire, negli ultimi 6/8 mesi di partenariato, a
SIeSE il know-how necessario alla gestione imprenditoriale, ivi
37
“inserendo nella struttura organizzativa tutte le risorse professionali
chiave sia dal punto di vista gestionale che operativo”; del resto,
anche nella convenzione quadro (art. 11), approvata con delibera di
Giunta del 21 maggio 2007, regolante i rapporti fra Regione e
SIeSE, era stato trasfuso il suddetto obbligo del socio privato di
trasferire tutte le risorse professionali formate che si fossero ritenute
necessarie al momento della fuoriuscita dalla compagine sociale
per garantire un’autonomia gestionale alla società pubblica.
In previsione dell’uscita del socio privato erano divenuti
sempre più attuali e gravosi per l’amministrazione regionale i
problemi attinenti, per un verso, alla continuità nell’erogazione delle
attività informatiche e, per altro, alla carenza di professionalità
qualificate necessarie a tale scopo.
Per tale ragione, il Presidente della Regione e la Giunta
avevano mostrato una chiara volontà politica tesa ad evitare
fenomeni di cd. “popolamento” con l’adozione della determina n.
110 del 15.03.2013 che imponeva il divieto di assunzione per le
società partecipate; veniva anche creato l’Ufficio Speciale per le
attività informatiche, con la previsione di formare i dipendenti da
parte della SISEV, nell’ottica della internalizzazione del servizio; di
tale intento, con nota prot. n. 65955 del 26.11.2013, il suddetto
convenuto informava il Collegio Sindacale di SIeSE, riscontrando
apposita richiesta, e solo incidentalmente, a differenza di quanto
contestato dal pubblico ministero, affermava che con l’approvazione
dell’art. 35 della legge regionale n. 9/2013 e con l’adozione della
38
delibera di Giunta n. 110/2013 si rendeva difficoltoso e complesso il
c.d. popolamento.
Cosicché appariva non conforme al vero che con la richiesta
di parere del 13.12.2013 all’Avvocatura dello Stato avrebbe
contraddetto quanto legittimamente sostenuto nella nota precedente
prot. n. 65955 del 26.11.2013; tale richiesta, poi, scaturiva da un
atto di impulso del Commissario Liquidatore di SIeSE (nota prot.
2981 dell’11.12.2013 in cui si richiedeva di valutare la fattibilità
tecnica e giuridica del c.d. popolamento) e dalla concreta difficoltà
se non addirittura impossibilità di dare seguito ai contenuti della
delibera di giunta n. 110/2013 che vietava il ripopolamento, per le
difficoltà connesse al mancato funzionamento dell’Ufficio Speciale.
Detta richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, lungi dal
condizionarne la risposta, da un lato era volta a conoscere se vi
fosse possibilità o meno di assumere il personale in questione, e
dall’altro, in caso di risposta negativa, la strada da seguire, in
particolare la procedura di evidenza pubblica da applicare.
Aggiungeva che, in ogni caso, non era configurabile nella sua
condotta alcuna grave negligenza per avere richiesto un parere ad
un organo consultivo altamente qualificato per comprendere meglio
come orientarsi.
8.2. Acquisto l’articolato parere, l’odierno convenuto lo
trasmetteva, unitamente al dirigente del Servizio partecipate
(Signorino), con nota prot. n. 71282 del 20.12.2013, all’Assessore
dell’Economia, con apposita proposta di delibera; tale proposta,
39
però, era ritrasmessa all’Assessore per le Autonomie Locali e la
Funzione
Pubblica
(Valenti)
in
quanto
unico
Assessorato
competente in materia.
Acquisito il parere dell’Assessore alla Funzione Pubblica, la
Giunta in piena autonomia riformulava il testo della delibera, non
tenendo più conto di quello originariamente predisposto dal dott.
Pisciotta e dalla dott.ssa Signorino; la Giunta modificava, altresì, il
testo della precedente delibera n. 110/2013 che imponeva il divieto
di
assunzione
per
le
società
partecipate,
rimettendosi
al
Commissario liquidatore per gli adempimenti di competenza.
Aggiungeva che l’assunzione dei lavoratori era stata rimessa
dalla Giunta alla scelta del Liquidatore della società non per
estraniarsi dal processo volitivo-gestionale finale, ma proprio per
competenza.
Le modalità sopra descritte escludevano, ad avviso del
convenuto, il nesso causale tra la sua condotta e il danno.
8.3. Infine, riteneva errato l’assunto attoreo secondo il quale
non avrebbe fatto nulla per rimediare all’arbitrario reclutamento
operato dal commissario liquidatore.
Ed invero, unitamente al dirigente del Servizio Partecipate
(Signorino), con nota prot. n. 9398 del 21.02.2014, chiedeva al
Commissario Liquidatore la trasmissione di tutti i contratti sottoscritti
e di illustrare la procedura seguita ai fini di pervenire alle assunzioni
in oggetto; non ritenuta esaustiva la risposta, con ulteriore nota prot.
n. 27450 del 12.05.2014, unitamente al dirigente del Servizio
40
Partecipate, chiedeva ulteriori chiarimenti che erano forniti con nota
prot. n. 934 del 16.05.2014.
Preso atto che nessuna procedura ad evidenza pubblica era
stata seguita nelle assunzioni, il dirigente del Servizio Partecipate
predisponeva un promemoria per chiedere la revoca dall’incarico
del Commissario liquidatore e l’interruzione dei rapporti di lavoro in
essere; di tale promemoria, continuava l’odierno convenuto, non
veniva a conoscenza a causa della cessazione dalla carica di
Ragioniere Generale (novembre 2014), con la conseguenza che
non gli era stato possibile concretizzare con una eventuale proposta
definitiva al Presidente della Regione.
9. Il pubblico ministero depositava, in data 30.04.2015,
memoria difensiva nella quale oltre a ribadire il contenuto del libello
introduttivo
del
presente
giudizio,
arricchendolo
di
ulteriori
argomentazioni e riscontri fattuali, dichiarava che il danno, al mese
di marzo 2015, ammontava ad € 1.923.805,25, con conseguente
aumento delle quote ai singoli convenuti che ripartiva nel seguente
modo:
- Rosario Crocetta euro 480.951,31 (= 25% di curo 1.923.805,25);
- Patrizia Valenti
euro 384.761,05 (= 20% di euro 1.923.805,25);
- Dell’Aira Giuseppe Massimo
euro 192.380,53 (= 10% di euro
1.923.805,25);
- Mariano Pisciotta euro 192.380,53 (= 10% di euro 1.923.805,25);
- Antonio Ingroia
euro 192.380,53 (= 10% di euro 1.923.805,25);
- Antonino Bartolotta
euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di
41
euro 1.923.805,25);
- Esterina Bonafedeeuro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di euro
1.923.805,25);
- Dario Cartabellotta
euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di
euro 1.923.805,25);
- Nella Scilabra
euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di euro
1.923.805,25);
- Michela Stancheris
euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di
euro 1.923.805,25);
- Rosanna Signorina
euro 3.000,00 (danno definitivo).
10. Crocetta Rosario, Presidente della Regione, si costituiva
in giudizio con memoria depositata in data 03.05.2015, con il
patrocinio dall’avv. Attilio Luigi Maria Toscano.
Eccepiva, in via preliminare, il difetto di giurisdizione; nel
merito chiedeva l’assoluzione da ogni addebito.
In via istruttoria, chiedeva l’acquisizione dei fascicoli del
personale
in
servizio
presso
l’ufficio
speciale
(Ufficio
di
Coordinamento) con l’indicazione dei profili professionali d’ingresso
presso l’amministrazione, con i relativi titoli di studio e le esperienze
pregresse; consulenza tecnica d’ufficio al fine di provare che
l’assunzione dei dipendenti in SIeSE avesse determinato un
risparmio di spesa per la Regione Siciliana; consulenza tecnica
d’ufficio al fine di provare che il valore della quota societaria della
Regione Siciliana in SIeSE non fosse mai diminuita in conseguenza
delle assunzioni dei dipendenti ex SISEV.
42
10.1. Riferiva che SIeSE, al tempo dei fatti contestati
(assunzioni del 15.02.2014 e del 04.02.2014), era una società
partecipata in misura prevalente dalla Regione (51%) e per il resto
(49%) dal socio privato (SISEV), e svolgeva le attività informatiche
di competenza della Regione.
Non trattandosi, pertanto, di società in house per la cui
esistenza era necessaria una partecipazione pubblica totalitaria,
sosteneva che la presente controversia esulasse dalla giurisdizione
della Corte dei conti, come da pacifica giurisprudenza della Corte di
Cassazione che richiamava.
10.2 Quanto al merito, sosteneva che l’Ufficio per “l’attività di
coordinamento dei sistemi informativi regionali e l’attività informatica
della Regione e delle pubbliche amministrazioni regionali” (Ufficio
Speciale), istituito con l’art. 35 della legge regionale n. 9/2013,
quale Ufficio speciale temporaneo “per il soddisfacimento di
esigenze particolari, per la realizzazione di specifici programmi e
progetti di rilevante entità e complessità per lo svolgimento di
particolari studi o elaborazioni” (comma 7 dell’art. 4 della legge
regionale n. 10/2000), non avesse in alcun modo, come ritenuto dal
requirente, funzioni “di svolgimento delle attività informatiche della
Regione e delle pubbliche amministrazioni”, restando queste
riservate ope legis alla società SIeSE, tanto che al personale da
assegnare
si
richiedeva
semplicemente
di
avere
“svolto
competenze informatiche e/o di gestione di centri elaborazione dati”
(comma 4 dell’art. 35 della legge regionale n. 9/2013), senza alcuna
43
procedura
selettiva
in
ordine
quantomeno
alle
specifiche
competenze richieste. Non vi era, quindi, alcuna sovrapposizione
funzionale tra le attribuzioni delle due strutture.
Il principio del reclutamento tramite procedura selettiva ex
art. 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001 si applicava
solo alle società che gestivano servizi
pubblici locali a totale
partecipazione pubblica (art. 18, comma 1, del decreto legge n.
112/2008), tra le quali non rientrava la SIeSE al tempo dei fatti
contestati sia perché non era a totale partecipazione pubblica, sia
perché non gestiva alcun servizio pubblico locale, svolgendo la sua
attività esclusivamente per la Regione; alla SIeSE poteva applicarsi
solo il comma 2 del citato art. 18 del decreto legge n. 112/2008 che
imponeva il “rispetto dei principi anche di derivazione comunitaria di
trasparenza, pubblicità e imparzialità”.
Inoltre, la Regione Siciliana aveva previsto una deroga al
divieto di assunzioni per le società partecipate operanti in aree
strategiche, quale SleSE operante ope legis nell’“area innovazione,
attività informatiche e I.C.T. della Regione” (art. 20, comma 1, lett. c
della legge regionale n. 11/2010), facendo espressamente “salvo
quanto previsto da procedure contrattuali discendenti da bandi di
evidenza pubblica, effettuati prima dell’entrata in vigore della
presente legge” (art. 20, comma 6, della legge citata).
10.3. Sosteneva, poi, che nel reclutamento del personale
erano stati rispettati i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità
di cui al comma 2 dell’art. 18 del decreto legge n. 112/2008 poiché il
44
Commissario liquidatore aveva istituito apposita commissione per la
verifica
delle
professionalità
del
personale
assunto,
non
confermandone, all’esito della verifica, ben 17 unità per giudizio di
inidoneità.
Aggiungeva che il capitolato speciale di appalto (punto 6.2),
espressamente richiamato dal bando (punto 6.2.3.), e la convezione
quadro (art. 11) prevedevano che il socio privato trasferisse a quello
pubblico il know how per la gestione in autonomia del servizio,
unitamente al personale necessario.
10.4. Premetteva che al momento del suo insediamento,
avvenuto il 10.11.2012, la situazione della gestione dei servizi
informatici da parte di SIeSE si presentava già particolarmente
complessa e caratterizzata da profili di urgenza per omissioni e
ritardi imputabili alla pregressa gestione, con la conseguenza che
residuava un tempo molto limitato per riorganizzare il servizio prima
della fuori uscita dalla compagine associativa del socio privato,
prevista per il 23.12.2013, tenuto conto che l’Ufficio speciale non
aveva alcuna competenza in materia, né professionalità interne
adeguate.
Il ragioniere generale (Pisciotta) e il dirigente del Servizio 12
(Corrao), con nota prot. n. 3983 del 09.07.2013, informavano
solamente l’Assessore alle Autonomie Locali e non il Presidente
della Regione, che la situazione complessiva dei rapporti tra la
Regione e SIeSE aveva di fatto impedito di internalizzare il servizio,
con il pericolo del blocco delle attività informatiche al momento della
45
fuori uscita di SISEV; gli stessi burocrati riferivano, inoltre, che
anche l’affiancamento di personale dipendente regionale poneva
gravi criticità per l’assenza di figure professionali specifiche e per la
necessità di garantire un servizio continuativo giornaliero.
Il Presidente della regione, quindi, non poteva supplire in
pochi mesi ad una inerzia protratta per 8 anni.
Il convenuto puntualizzava di essere stato del tutto estraneo
alla richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, aggiungendo che
tale richiesta era stata sorretta dalla risoluzione di complesse
questioni tecniche, aggravate dall’impellenza dell’intervento per
evitare il blocco delle attività informatiche, e non da esigenze
occupazionali.
Del resto, la contestata delibera n. 6/2014, meramente
riproduttiva del parere reso dall’Avvocatura dello Stato, era stata
emessa a seguito di proposta dei massimi vertici tecnici
dell’apparato burocratico, quali il ragioniere generale e il dirigente
del servizio partecipate, demandando al commissario liquidatore
l’adozione dei conseguenti provvedimenti di competenza.
10.5. Negava la sussistenza dell’elemento psicologico
dell’illecito erariale poiché si era trovato, dopo l’insediamento
avvenuto il 10.11.2012, a gestire una situazione particolarmente
complessa che presentava indubbi profili di urgenza con la
fuoriuscita del socio privato prevista per il 23.12.2013, originata
dall’inerzia precedente protratta per oltre otto anni, aggravata
dall’impossibilità di funzionamento dell’Ufficio, le cui 97 unità erano
46
state assegnate il 18.10.2013, il responsabile designato il
21.10.2013, mentre l’attivazione dei necessari incontri per rendere
operativo l’Ufficio si erano svolti il 16.12.2013; del resto, lo stesso
responsabile con nota dell’11.02.2014 segnalava la non piena
operatività del citato Ufficio speciale.
L’elemento soggettivo era anche escluso dal parere reso
dall’Avvocatura dello Stato che aveva risolto questioni tecniche
particolarmente complesse.
L’adozione della delibera n. 6/2014, quindi, era avvenuta nel
pieno rispetto dell’art. 97 della Costituzione per garantire lo
svolgimento di un servizio essenziale, e con risparmi di spesa,
come da prospetto che indicava.
10.6. Quanto al danno, comunque non provato dal pubblico
ministero, ne sosteneva l’insussistenza sia perché la Regione
Siciliana non aveva sborsato alcunché per i compensi ai lavoratori
della
SIeSE,
gravando
esclusivamente
sul
patrimonio
di
quest’ultima, sia perché la remunerazione di un servizio svolto non
comportava alcun vulnus alle casse pubbliche; invocava il comma 1
bis dell’art. 1 della legge n. 20/1994.
11. Dell’Aira Giuseppe, Avvocato dello Stato, si costituiva in
giudizio con memoria depositata in data 06.05.2015, con il
patrocinio dall’avv. Salvatore Raimondi.
Chiedeva, in via principale, di dichiarare la nullità della
citazione, in via subordinata di dichiarare il difetto di giurisdizione, in
via ulteriormente subordinata l’assoluzione da ogni addebito per
47
mancanza del requisito soggettivo e del danno.
11.1. Dopo avere dettagliatamente esposto i fatti riguardanti
la genesi di SIeSE, eccepiva la nullità degli atti istruttori per
violazione del comma 30 ter dell’art. 17 del decreto legge n.
78/2009 convertito nella legge n. 141/2009 per mancanza di una
specifica e concreta notizia di danno.
In particolare, sosteneva che la vicenda del presunto danno
erariale avesse avuto diffusione nella stampa locale e nazionale in
data prossima al 18.04.2014, mentre già il 03.02.2014 la Procura
aveva avviato le indagini, chiedendo copia della delibera n. 6/2014,
in assenza di una specifica e concreta notizia di danno.
All’uopo, elencava minuziosamente e cronologicamente,
riportandone il contenuto, le diverse notizie di stampa riguardanti la
vicenda in questione.
11.2. Quanto al difetto di giurisdizione osservava che
all’epoca del rilascio del parere e delle successive assunzioni da
parte del Liquidatore, fatti asseritamente produttivi del danno
erariale, la società Sicilia e Servizi s.p.a. era partecipata solo al 51%
dalla Regione Siciliana, tramite la società Sicilia e Innovazione
s.p.a., e per il restante 49% dal socio privato Sicilia e Servizi
Venture s.c.r.l.; solo il 26.03.2014 la Regione acquisiva l’intero
pacchetto azionario.
All’epoca dei fatti SIeSE, quindi, non era configurabile come
società in house a causa della mancanza della partecipazione
totalitaria pubblica e ciò escludeva la giurisdizione della Corte dei
48
conti, come del resto anche chiarito nella recente sentenza n.
22608/2014 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, essendo
sulla questione del tutto irrilevante il richiamo operato dall’attore
pubblico all’art. 78 della legge regionale n. 6/2001.
11.3. Contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del
danno
poiché
la
questione
oggetto
del
parere
era
stata
approfonditamente valutata, al fine di prevenire anche possibili
contenziosi,
giungendo
ad
una
soluzione
giuridicamente
argomentata sia sulla base di un’attenta analisi della normativa
nazionale e regionale, sia in base all’art. 2112 c.c.
Del resto, che la questione trattata fosse particolarmente
complessa poteva desumersi dalla lettura di altri pareri richiesti nel
2011 ad esperti giuristi.
Ciò
evidenziava
che
le
soluzioni
potevano
essere
tecnicamente e motivatamente condivisibili, e nello stesso tempo
giuridicamente opinabili, ma non per questo - in quanto non
condivise dall’organo requirente - frutto di “soggettiva deviazione
dalle primarie regole di comportamento”.
Del resto, a queste iniziali oscillazioni interpretative seguiva
un
altrettanto
oscillante
orientamento
giurisprudenziale
del
Tribunale di Palermo.
I giudici ritenevano ora condivisibile le conclusioni contenute
nel parere dell’Avvocatura dello Stato, accogliendo in base all’art.
2112 c.c. i ricorsi di lavoratori SISEV licenziati, ora pronunciandosi
in modo difforme, con il rigetto delle domande dei lavoratori;
49
aggiungeva che la Corte di Appello aveva invece ritenuto di
accogliere le domande di un lavoratore SISEV licenziato per
inidoneità, ordinando a SIeSE di procedere all’assunzione con
contratto a tempo indeterminato, e affermando che nel rapporto
doveva trovare piena applicazione l’art. 2112 c.c., previo richiamo a
stralci del parere reso dall’Avvocatura.
Aggiungeva che non sussisteva alcun possibile margine di
efficienza causale tra il parere emesso e gli atti adottati dalla
Regione e dalla società, come del resto anche segnalato dalla
Guardia di Finanza nella relazione del 07.04.2014.
11.4. Riteneva, poi, non sussistente il danno poiché le
prestazioni lavorative erano state realmente rese ed erano state
necessarie per evitare il blocco delle attività informatiche, con
conseguente paralisi dell’azione amministrativa; del resto, il comma
1 bis dell’art. 1 della legge n. 20/1994 imponeva di tenere
comunque conto dei vantaggi acquisti dalla comunità amministrata.
Aggiugeva che l’assunzione dei lavoratori SISEV da parte
della SIeSE aveva avuto un costo minore poiché in precedenza
quelle stesse prestazioni, a causa dell’intermediazione e dell’utile
del socio privato, erano state remunerate ad un costo ben
maggiore.
Si soffermava anche sull’istituzione dell’Ufficio Speciale e,
dopo un’attenta disamina della normativa, riteneva che la sua
istituzione non fosse avvenuta per la gestione delle attività
informatiche di competenza esclusiva di SIeSE; in ogni caso per i
50
ritardi burocratici non era idoneo a gestire tali attività informatiche.
11.5. Quanto alla normativa richiamata nel libello introduttivo
del presente giudizio, sosteneva, con ampie argomentazioni
giuridiche arricchite da riferimenti giurisprudenziali, che, per la
particolarità di SIeSE non potessero trovare applicazione le norme
nazionali, quali l’art. 18 (sia il comma 1 che il comma 2) del decreto
legge n. 112/2008, che l’art. 4 del decreto legge n. 95/2012,
richiamando in quest’ultimo caso anche la sentenza n. 229/2013
della Corte costituzionale.
Quanto alla normativa regionale, dopo avere ricordato che
l’incipit del testo del comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n.
11/2010 vigente alla data del 31 dicembre 2013 conteneva esplicito
riferimento alla “salvaguardia dei livelli occupazionali in essere”, e
dopo avere riportato ampi stralci dei lavori preparatoti di
approvazione del testo di legge, richiamava - per ritenere operante
la clausola di salvaguardia di cui in precedenza - i contenuti
vincolanti del capitolato e degli atti programmatori, dai quali
emergeva che allo scopo di realizzare il trasferimento del know how,
imposto dal piano operativo strategico e dall’accettazione del
capitolato speciale di gara (punti 1.3. e 1.3.2.), era necessario
anche trasferire le necessarie professionalità; aggiungeva che
l’apposita
Commissione
parlamentare,
nella
relazione
del
22.12.2011, aveva evidenziato svariate “inadempienze del socio
privato” tra le quali “il processo di trasferimento e consolidamento
del know how (alias popolamento)”.
51
Del resto, il ritardo nel trasferimento di questo personale
aveva comportato la liquidazione di notevoli e ingiustificati compensi
a favore di SISEV.
Aggiungeva che tale questione del popolamento, a differenza
di quanto sostenuto dal pubblico ministero, era stata sempre attuale
già con la costituzione della SIeSE e si era ripresentata con la
nuova convenzione quadro del 2007, nonché in prossimità della
fuoriuscita
del
socio
privato
SISEV;
all’uopo
tracciava
un
approfondito excursus di tale vicenda.
Poi, lo stesso regolamento adottato dal consiglio di
amministrazione della SieSE nella seduta del 03.03.2010 era
destinato ad operare nella sola fase del popolamento prevista dagli
atti contrattuali e procedimentalizzata nelle successive fasi,
condizionando l’idoneità del personale, aspirante a singoli ruoli e
funzioni, agli esiti di colloquio individuale davanti a competenti
Commissioni di validazione.
In fine, richiamava la giurisprudenza amministrativa che
riconosceva la legittimità della clausola contrattuale di diretta
assunzione a tempo indeterminato di chi fosse già utilizzato da
precedenti gestori del servizio “internalizzato”, ritenendo vincolante
(anche in coerenza ad orientamenti espressi proprio dalla Corte
Costituzionale) la c.d. “clausola sociale di protezione, salvaguardia
o assorbimento”.
11.6. Infine, negava che il parere reso avesse alcun vincolo
di
consequenzialità
con
le
scelte
52
concretamente
effettuate
dall’amministrazione poiché l’attività consultiva non poteva in alcun
modo interferire con le scelte di competenza dell’amministrazione
stessa.
Rilevava, poi, che il pubblico ministero aveva premiato il
comportamento della dott.ssa Signorino che, dopo avere chiesto il
parere,
aveva
manifestato
perplessità
e
aveva
chiesto
la
cessazione degli effetti dei rapporti contrattuali stipulati; ciò aveva
comportato secondo l’avviso attoreo una minore efficacia eziologica
della condotta e l’interruzione degli effetti permanenti del danno,
con una riduzione del quantum a lei contestato. Ne conseguiva che
applicando lo stesso parametro, non potendo il convenuto in
questione elidere le conseguenze dannose dopo avere reso il
parere, trattandosi la sua di una mera funzione consultiva, il danno
avrebbe dovuto essere quantificato esclusivamente con gli esborsi
iniziali e non anche con quelli successivi.
12. Ingroia Antonio si costituiva in giudizio con memoria
depositata in data 18.05.2015, con il patrocinio dall’avv. Mario Serio
e dell’avv. Carmelo Elio Costanza.
Eccepiva, in via preliminare, il difetto di giurisdizione e nel
merito chiedeva l’assoluzione da ogni addebito; in via subordinata,
chiedeva la graduazione della responsabilità limitandola pro quota
all’apporto residuale nella causazione dell’evento.
12.1. Sulla giurisdizione escludeva l’assenza del controllo
analogo da parte dell’amministrazione regionale su SIeSE al
momento della contrattualizzazione dell’ex personale SISEV,
53
ponendo altresì l’accento sulla netta separazione del patrimonio
societario da quello pubblico; richiamava anche la sentenza del
24.03.2015 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione che aveva
confermato il principio della non assoggettabilità alla giurisdizione
contabile delle condotte asseritamente pregiudizievoli poste in
essere dagli amministratori di società miste (pubblico/privato) prima
della loro trasformazione in società in house (nel caso in esame i
contratti dell’ex personale SISEV erano stati stipulati in data
antecedente l’acquisizione dell’intero pacchetto azionario da parte
della Regione, avvenuto in data 26.03.2014, e l’avvio del controllo
analogo, deliberato dall’assemblea dei soci il 18.11.2014).
Sosteneva di avere agito iure privatorum nell’ambito di
apposito
mandato
ricevuto
dall’amministrazione
regionale
e
richiamava l’art. 6.2.3 del capitolato speciale di appalto, l’art. 11
della schema di convenzione, gli artt. 2.2.3.2., 5.3.2., 5.4.3.3.,
5.4.4.1., 5.4.4., 5.5.3. del piano strategico dai quali si poteva
desumere
che
il
cosiddetto
popolamento
era
avvenuto
in
esecuzione di un obbligo assunto dal socio privato in sede di gara,
consistente nella formazione e nel trasferimento di apposite risorse,
con l’obiettivo finale di consegnare all’amministrazione regionale
una
società
in
grado
di affrontare
tutte
le
problematiche
imprenditoriali in piena autonomia gestionale, con una struttura
organizzativa stabile.
12.2. Riferiva che la contrattualizzazione del personale
SISEV non fosse avvenuta in violazione al divieto di assunzione
54
sancito dalla normativa nazionale e regionale ma in applicazione
alle prescrizioni contenute nel comma 6 dell’art. 20 della legge n.
11/2010 ed al principio generale del tempus regit actum; infatti, con
delibera del consiglio di amministrazione del 10.03.2008, in
conformità agli atti di gara e su espressa sollecitazione del
Dipartimento Regionale Bilancio e Tesoro (nota n. 39649/2007),
terminata la fase iniziale di start up, veniva avviato il processo di
strutturazione
societaria
di
SIeSE
(c.d.
popolamento)
con
l’inserimento stabile delle prime 11 risorse a tempo indeterminato,
proseguito con 74 assunzioni a tempo determinato nel gennaio e
febbraio 2014; ciò non costituiva un processo di assunzione di
nuovo di personale (e quindi ovviamente sottoposto alle disposizioni
normative sopravvenute) ma adempimento di uno specifico obbligo
di gara in corso di esecuzione, sul quale le prescrizioni normative
sopravvenute, richiamate nell’atto di citazione (comma 2 dell’art. 18
del decreto legge n. 112/2008; delibera di Giunta n. 221/2008; art. 1
comma 10 della legge regionale n. 25/2008), non potevano trovare
applicazione poiché avrebbero inciso sul sinallagma contrattuale,
come anche riconosciuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato
(Sezione V, 12.06.2009, n. 3750; 29.01.2009 n. 498) e della Corte
dei conti (Sezione Controllo Puglia, deliberazione n. 41/2010), con
l’impossibilità del socio privato di ottemperare correttamente
all’obbligo assunto in sede di gara circa il trasferimento del know
how, tanto che per evitare tale infausto effetto era stato emanato il
comma 6 dell’art. 20 della suddetta legge regionale n. 11/2010,
55
disposizione confermata dal comma 2 dell’art. 23 della legge
regionale n. 5/2014.
12.3. La contrattualizzazione delle risorse ex SISEV era
avvenuta sulla base di una preventiva e ponderata valutazione del
fabbisogno aziendale e non “al buio”, come contestato; infatti, se
con nota prot. n. 74 del 15.01.2014 era stata anticipata alla
Presidenza della Regione una “relazione di sintesi sul processo di
transizione e strutturazione”, con successiva nota prot. n. 84 del
17.01.2014, al termine di una articolata attività ricognitiva, era stato
presentato un dettagliato piano, contenente l’elencazione dei servizi
gestiti e da gestire, con particolare riferimento: ad alcune attività
strategiche (infrastruttura 118, gestione del bilancio, anagrafe
assistiti della regione siciliana, gestione dei titoli di spesa, sistema di
gestione del personale, gestione posta elettronica gestione del
sistema di fonia, gestione della rete ed apparati, gestione buste
paga dei medici e pediatri, gestione dei portali, protocollo
informatico), agli obiettivi da conseguire, alla struttura organizzativa
e al personale (per un totale di n. 91 risorse); il citato piano, senza
ricevere indicazione contraria dalla Presidenza della Regione, era
poi inviato al Dipartimento Regionale Bilancio e Tesoro - Ragioneria
Generale - per il controllo di competenza.
12.4. Non vi era, poi, alcuna incompatibilità tra SIeSE e
l’Ufficio Speciale di cui all’art. 35 della legge regionale n. 9/2013
poiché le rispettive funzionalità riguardavano differenti e convergenti
competenze: un ruolo operativo ed esecutivo in capo alla società
56
strumentale (SIeSE) ed un ruolo di coordinamento strategico e
controllo in capo all’amministrazione regionale (Ufficio Speciale).
Del resto, se il legislatore regionale avesse voluto sostituire
SIeSE avrebbe dovuto abrogare l’art. 78 della legge regionale n.
6/2001 che invece è ancora vigente, come anche confermato dalle
prescrizioni di cui all’art. 23 della legge regionale n. 5/2014.
Con riferimento al contestato recepimento acritico del parere
dell’Avvocatura dello Stato sosteneva da un lato che non era stato il
destinatario diretto o indiretto del citato parere e dall’altro che
proprio il ruolo di imparzialità ricoperto dall’autore dello stesso
dispensava da uno specifico obbligo di motivazione nell’ipotesi di
suo recepimento.
12.5. Negava l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa
grave sulla base delle altalenanti pronunce del Tribunale del
Lavoro, con particolare riguardo a quelle che avevano riconosciuto il
diritto dei lavoratori ex SIeSE, licenziati a seguito del giudizio di non
idoneità espresso dall’apposita commissione di valutazione, ad
essere assunti non a tempo determinato ma addirittura a tempo
indeterminato.
12.6. In ultimo, sosteneva che non vi fosse alcun danno
erariale che al contrario sarebbe scaturito proprio dal mancato
popolamento, ossia dalla mancata acquisizione al patrimonio
regionale del know how posseduto dal personale appositamente
formato dal socio privato (in ottemperanza ad un preciso - e tutt’altro
che
travisato
-
obbligo
di
57
gara);
aggiungeva
che
la
contrattualizzazione di detto personale aveva consentito una
drastica riduzione dei costi ed un contestuale contenimento della
spesa giacché prima del 23.01.2014, una risorsa remunerata per il
tramite di SISEV costava all’amministrazione regionale circa €
155.000,00 l’anno, mentre la stessa risorsa contrattualizzata
costava non giù di € 40.000,00 l’anno.
13. Il pubblico ministero depositava, in data 18.05.2015,
memoria con la quale replicava sul difetto di giurisdizione,
sull’eccezione di nullità della citazione, sull’insussistenza della
volontà di internalizzazione del servizio, sull’insussistenza di un
regime restrittivo nel reclutamento di personale nelle società
partecipate,
sull’utilitas
conseguita
dall’amministrazione,
sull’insussistenza dell’elemento psicologico degli assessori.
14. Il Presidente Crocetta depositava, in data 19.05.2015,
ulteriore
memoria
a
sostegno
delle
proprie
argomentazioni
difensive.
15. All’udienza del 20.05.2015, le parti discutevano la causa,
confermando le conclusioni contenute nei propri scritti difensivi;
l’avv. Girolamo Rubino per la convenuta Signorino Rossana, l’avv.
Francesco Stallone per le convenute Scilabra Nella e Stancheris
Michela, l’avv. Stefano Polizzotto per il convenuto Pisciotta Mariano
si associavano all’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle
difese degli altri convenuti.
Considerato in
DIRITTO
58
1. Il pubblico ministero ha convenuto in giudizio Crocetta
Rosario, Presidente della Regione Siciliana, Bartolotta Antonino,
Bonafede Esterina, Cartabellotta Dario, Scilabra Nella, Stancheris
Michela, componenti della Giunta Regionale, Valenti Patrizia,
Assessore alla Funzioni Pubblica, Dell’Aira Giuseppe, Avvocato
Distrettuale dello Stato, Pisciotta Mariano, Ragioniere Generale,
Signorino Rossana, Dirigente del Servizio Partecipate, e Ingroia
Antonino Commissario Liquidatore di Sicilia e Servizi s.p.a., per
sentirli condannare al pagamento, secondo quote computate in
base al contributo eziologico di ciascuno e sopra specificate, della
complessiva somma di € 1.063.078,50, nonché degli ulteriori
incrementi a maturare nel tempo e quantificati nella memoria
depositata in data 30.04.2015 in € 1.923.805,25 con riferimento agli
esborsi effettuati fino al mese di marzo 2015, oltre la rivalutazione
monetaria e gli interessi legali; la citata condanna è stata richiesta a
titolo di danno erariale patito da Sicilia e Servizi s.p.a. quale
conseguenza dell’illegittimo reclutamento nella predetta società, con
contratti a tempo determinato stipulati il 23.01.2014 e il 04.02.2014,
di 74 unità di personale che prestavano servizio presso Sicilia e
Servizi Venture s.c.a.r.l, socio privato di Sicilia e Servizi s.p.a.,
società quest’ultima partecipata al 51% dalla Regione Siciliana (al
100% dal 26.03.2014) e avente ad oggetto lo svolgimento delle
attività informatiche per conto dell’amministrazione regionale.
2. Compito iniziale del Collegio è vagliare le eccezioni
preliminari che sono state sollevate dalle difese dei convenuti.
59
Tutti hanno eccepito, nelle memorie difensive e/o durante la
discussione orale, il difetto di giurisdizione.
La difesa dell’avv. Dell’Aira Giuseppe ha eccepito anche la
nullità degli atti istruttori per violazione del comma 30 ter dell’art. 17
del decreto legge n. 78/2009 convertito in legge n. 102/2009,
anteponendola al difetto di giurisdizione.
Essendo compito del Collegio individuare l’ordine logico delle
questioni preliminari da esaminare, non può condividersi quello
individuato dalla difesa del citato convenuto perché l’eccezione di
nullità, tesa a paralizzare in nuce l’azione di responsabilità del
pubblico ministero, presuppone proprio il radicamento della
giurisdizione contabile; ne consegue che preliminarmente è
necessario vagliare l’eccezione di giurisdizione.
3. Ai fini della disamina della suddetta eccezione deve
richiamarsi il quadro normativo e fattuale di riferimento.
3.1. L’art. 78 della legge regionale n. 6/2001, come anche
modificato dall’art. 15 della legge regionale n. 21/2001, ha previsto
la costituzione di un’apposita struttura societaria per lo svolgimento
delle attività informatiche di competenza delle amministrazioni
regionali, con partecipazione prevalente della Regione, con l’unica
ed esclusiva funzione di servizio nei confronti di quest’ultima; il
citato organismo societario, chiamato ad operare secondo gli
indirizzi strategici del Governo, “è equiparato, per gli effetti di cui al
decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, alle pubbliche
amministrazioni previste dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo
60
medesimo”.
3.2. E’ stata bandita, conseguentemente, una gara pubblica
(appalto concorso) a doppio oggetto sia per fornire e realizzare un
complesso
sistema
denominato
info-telematico
“Piattaforma
Telematica Integrata” (P.T.I. Sicilia) secondo le modalità indicate nel
capitolato speciale di appalto, sia per individuare il socio privato
della costituenda società mista cui affidare la gestione della citata
piattaforma
competenza
e
lo
delle
svolgimento
delle
amministrazioni
attività
regionali;
informatiche
di
l’aggiudicazione
definitiva è avvenuta con D.D.G. n. 1135 del 22.09.2005.
3.3. Il 20.12.2005 è stata costituita la società mista Sicilia e
Servizi s.p.a. (SIeSE) con capitale intestato per il 51% a Sicilia e
Innovazione s.p.a., la cui quota societaria è stata poi interamente
acquisita in data 27.10.2006 dalla Regione Siciliana, e per il
restante 49% al socio di minoranza privato Sicilia e Servizi Venture
s.c.r.l. (SISEV), come si legge nella relazione della Guardia di
Finanza prot. n. 0193238/14 del 07.04.2014.
3.4. Nello statuto (aff. 67 ss) di SIeSE agli atti si legge:
- art. 5: “la Società ha unica ed esclusiva funzione di servizio per la
Regione Siciliana” (comma 3); “essa svolge attività informatiche …
anche in favore di altre amministrazioni pubbliche e di soggetti
giuridici privati (persone fisiche, persone giuridiche, altri soggetti ed
enti giuridici privati) solo previo consenso del socio di maggioranza
e alle condizioni e secondo le modalità dallo stesso socio indicate,
nella misura in cui tale attività realizzi comunque una funzione di
61
servizio per la Regione stessa” (comma 4); “la società potrà …
compiere tutte le operazioni commerciali, industriali e finanziarie,
mobiliari
e
immobiliari,
conseguimento
dello
Amministrazione
…
ritenute
scopo
attuare
necessarie
sociale,
rapporti
di
dal
o
utili,
per
il
Consiglio
di
collaborazione
e/o
rappresentanza con altre imprese, società o organizzazioni aventi
oggetto analogo, affine, connesso o complementare al proprio, nel
rispetto delle vigenti disposizioni di legge” (comma 5); “la società,
ferma la rilevanza del servizio, è governata con criteri imprenditoriali
ed ha scopo di lucro” (comma 5 rectius 6 - aff. 71);
- art. 8: “fino allo scadere del quinto anno dalla data di costituzione
della società non potranno essere compiuti atti di cessione di azioni
o di costituzione di diritti sulle stesse da parte dei soci diversi dal
socio pubblico di maggioranza”;
- art. 9: scaduto il quinquennio, il socio di minoranza che intenda
trasferire la titolarità delle azioni deve darne comunicazione con
lettera raccomandata al socio pubblico che può esercitare, entro
precisi termini decadenziali, il diritto di prelazione; tale diritto qualora
non esercitato consente il compimento del negozio di trasferimento
delle azioni “con le limitazioni di cui al successivo articolo 10 del
presente Statuto”;
- art. 10: la cessione della titolarità delle azioni, qualora non sia
esercitata la prelazione, è comunque soggetta al “preventivo
assenso del Consiglio di Amministrazione” da pervenire entro
espressi termini decadenziali e il “gradimento o il suo diniego dovrà
62
essere motivato … con esclusivo riferimento al rispetto dei criteri e
alla verifica dei presupposti” tesi a comprovare l’esperienza
dell’acquirente nel campo informatico, l’accettazione dei patti
parasociali e delle obbligazioni gravanti sul socio alienante.
4. Per accertare la sussistenza o meno della giurisdizione
della Corte dei conti, come ripetutamente ribadito dalle Sezioni
Unite della Corte di cassazione (ex multis n. 5848/2015, n.
15942/2014, n. 5491/2014, n. 14957/2011, n. 19662/2003 e n.
1180/2000), occorre verificare la sussistenza dei relativi presupposti
con riferimento al momento della causazione del danno erariale,
ovverosia al tempo della condotta posta in essere, a nulla rilevando
che, per successivi cambiamenti normativi, l’ente danneggiato abbia
mutato natura.
Nella fattispecie in esame, quindi, deve farsi riferimento al
momento in cui alle condotte a vario titolo contestate agli odierni
convenuti (secondo la prospettazione attorea il comportamento
contra ius è iniziato con la richiesta di parere all’Avvocatura dello
Stato da parte del ragioniere generale e del dirigente del Servizio
partecipate, effettuata con la nota prot. n. 69839 del 13.12.2013) è
seguita la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato,
avvenuta il 23.01.2014 e il 04.02.2014, per l’assunzione in Sicilia e
Servizi s.p.a. di 74 unità di personale che prestavano servizio
presso Sicilia e Servizi Venture s.c.a.r.l.
5. Tutti i convenuti, con eccezione del liquidatore di SIeSE,
sono dipendenti o amministratori della Regione Siciliana e
63
dell’Avvocatura dello Stato e, quindi, per costoro viene anche in
rilievo il comma 4 dell’art. 1 della legge n. 20/1994 secondo il quale
“la Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli
amministratori e dei dipendenti pubblici anche quando il danno sia
stato cagionato ad amministrazioni o ad enti pubblici diversi da
quelli di appartenenza”.
Ciò posto, il Collegio deve valutare, preliminarmente, se
SIeSE possa qualificarsi come amministrazione pubblica, ente
pubblico o società in house; in altri termini, deve verificare se
sussista il presupposto sulla cui base sia poi possibile accertare se
esistente e come articolare la relazione funzionale tra gli autori
dell’illecito (gli odierni convenuti) e l’ente danneggiato (SIeSE) per
ulteriormente radicare la giurisdizione contabile.
5.1. Il pubblico ministero, nel libello introduttivo del presente
giudizio, ha sostenuto che “SIeSE può …. qualificarsi come organo
indiretto a dotazione erariale, previsto dalla legge” giacché è la
legge regionale che attribuisce alla società mista lo svolgimento
delle attività informatiche, qualificandola anche come pubblica
amministrazione; inoltre, ha soggiunto che la predetta società opera
solo per la Regione Siciliana a seguito dell’art. 13 del decreto legge
n. 223/2006 (la riduzione dell’oggetto sociale sarebbe stata
formalizzata il 24.07.2007), la provvista deriva unicamente dai
corrispettivi regionali per la remunerazione del servizio offerto,
l’attività è regolamentata dalla convenzione quadro e dagli atti a
valle (POS e PEA) approvati dalla Regione e sottoposti a penetranti
64
controlli tecnici e funzionali da parte di quest’ultima; in ultimo, al pari
delle altre società strategiche è sottoposta al controllo analogo
prescritto dall’art. 4 del D.A. n. 1720 del 28.09.2011.
5.2. Innanzitutto, a parere del Collegio il comma 1 dell’art. 78
della legge regionale n. 6/2001 non qualifica l’organismo societario
de quo come pubblica amministrazione ma lo equipara “per gli
effetti di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, alle
pubbliche amministrazioni previste dall’art. 1, comma 1, del decreto
legislativo medesimo” (amministrazioni autonome dello Stato ed enti
pubblici non economici nazionali) che detta norme in materia di
sistemi informativi automatizzati; l’equiparazione non avviene,
pertanto, sulla natura pubblica ma sullo svolgimento delle attività
informatiche e del resto non si comprenderebbe come una società
di capitali, con partecipazione del privato nella misura del 49%, che
per statuto ha scopo di lucro ed è governata con criteri
imprenditoriali, possa qualificarsi come pubblica amministrazione,
mancando tra l’altro ogni possibilità di porre in essere gli atti
autoritativi che connotano peculiarmente gli enti di cui al comma 1
del decreto legislativo n. 39/1993 (amministrazioni autonome dello
Stato ed enti pubblici non economici nazionali); inoltre, non
potrebbe ritenersi, comunque, che un organismo societario
regionale possa essere qualificato come amministrazione autonoma
dello Stato o come ente pubblico non economico nazionale.
5.3. Né per la società in questione, partecipata solo in
prevalenza dalla Regione Siciliana (51%), viene in rilievo quel
65
particolare statuto legale che ha consentito alle Sezioni Unite della
Corte di cassazione di riconoscere la giurisdizione contabile nei
confronti di società per azioni con partecipazione totalitaria dello
Stato, riconoscendone la natura sostanziale di enti pubblici, quali la
R.A.I. s.p.a. (ordinanza n. 24092/2009), l’E.N.A.V. s.p.a. (ordinanza
n. 5032/2010), l’A.N.A.S. s.p.a. (sentenza n. 15594/2014).
Nelle suddette fattispecie, infatti, hanno acquistato rilevanza
una seria di indici, tra i quali la partecipazione totalitaria dello Stato,
l’esercizio di poteri autoritativi e la sottoposizione al controllo della
Corte dei conti, che non si rinvengono nella SIeSE, nonostante la
costituzione della stessa sia stata prevista dall’art. 78 della legge
regionale n. 6/2001.
Per una fattispecie similare si richiama anche la sentenza n.
385/2013 della locale Sezione di Appello che ha escluso l’A.S.T.,
società istituita con legge regionale n. 7/1947 e con partecipazione
pubblica totalitaria, dal novero degli enti pubblici economici proprio tra l’altro - sul presupposto della mancata intestazione di poteri
pubblicistici e dell’impossibilità di porre in essere atti autoritativi, con
conseguente declino della giurisdizione contabile.
5.4. In ultimo, è necessario verificare se SIeSE possa
qualificarsi come società in house, tenendo ben presente che le
recenti aperture della Corte di cassazione hanno riguardato i danni
che i dipendenti e/o gli amministratori di dette società hanno
causato direttamente al patrimonio delle stesse; in altri termini, è
necessario verificare preliminarmente se il presunto danno arrecato
66
a SIeSE da tutti gli odierni convenuti possa essere qualificato come
erariale, inteso come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio
pubblico in modo da giustificare l’azione di responsabilità del
pubblico ministero, o se invece debba considerarsi come danno
sofferto da un soggetto privato (la società in questione), “riferibile al
patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non certo a
singoli soci - pubblici o privati - i quali sono unicamente titolari delle
rispettive quote di partecipazione ed i cui originari conferimenti
restano
confusi
ed
assorbiti
nell’unico
patrimonio
sociale”
(Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza n. 4309/2010).
La Suprema corte ha puntualizzato, con giurisprudenza
costante (ex multis n. 26283/2013, n. 26936/2013 e n. 5491/2014),
che ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile una società
è da qualificarsi in house solo se costituita da uno o più enti pubblici
per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti
possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività
prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per
statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello
esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. In particolare, “è
necessaria la contemporanea presenza di tre requisiti: 1) il capitale
sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per
l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti la cessione delle
partecipazioni a privati; 2) la società esplichi statutariamente la
propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo
che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa
67
presenza
sul
mercato
e
rivesta
una
valenza
meramente
strumentale; 3) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di
controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri
uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle
facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile”; in altre parole, le
società in house - ricorrendo tutti e tre i requisiti sopra esposti hanno della società solo la forma esteriore, costituendo in realtà
delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano
e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi,
tanto da essere sottoposte agli stessi controlli cui sono assoggettati
i propri organi interni.
Gli indici di cui sopra, si ribadisce, devono però ricorrere
cumulativamente e non in via alternativa tra di loro.
Orbene, balza subito in evidenza che - come più volte riferito
- la partecipazione della Regione in SIeSE non è totalitaria ma solo
maggioritaria, più precisamente nella misura del 51%; tale
circostanza escluderebbe di per sé e in radice la possibilità di
qualificare in house la società in questione (in tal senso si è anche
pronunciata da sempre la Corte di Giustizia: ex multis Sezione I,
sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03; Sezione I, sentenza 6
aprile 2006, causa C-410/04).
Né a tale scopo può acquistare valenza quell’indirizzo
giurisprudenziale (Corte dei conti, Sezione I Centrale di Appello,
sentenza n. 178/2015) che ritiene irrilevante, ai fini della
qualificazione di una società per azioni come in house, una
68
partecipazione minimale al capitale sociale da parte dei privati (nella
fattispecie esaminata si trattava di una partecipazione pari a 0,03%
del capitale sociale) proprio perché la partecipazione del privato al
capitale sociale di SIeSE è notevolmente rilevante (49%).
5.4.1. Nonostante la circostanza di cui sopra sia dirimente, il
Collegio ritiene sussistenti ulteriori elementi sintomatici che non
consentono di giungere ad un approccio ermeneutico tale da potere
annoverare SIeSE tra le società in house ai fini del riconoscimento
della giurisdizione della Corte dei conti.
5.4.1.1. Lo statuto sociale prevede la possibilità, sia pure con
limitazioni, di trasferire la titolarità delle azioni in capo al socio di
minoranza a terzi nel caso in cui l’amministrazione non eserciti, nel
termine decadenziale, il diritto di prelazione; in tal caso l’eventuale
mancato gradimento da parte del consiglio di amministrazione, che
potrebbe paralizzare il trasferimento, è subordinato a rigorosi
presupposti (non costituisce, quindi, frutto di una mera valutazione
discrezionale): l’acquirente deve essere un imprenditore e accettare
le obbligazioni sociali e i patti parasociali a quel momento vigenti tra
i soci.
Rispettati i limiti di cui sopra, sia pure stringenti, vige il
principio della cedibilità delle azioni a terzi.
5.4.1.2. Lo statuto non esclude la possibilità che la società
svolga, sia pure al fine di perseguire lo scopo sociale, attività
meramente commerciali, industriali e finanziarie, mobiliari e
immobiliari (art. 5) che si presentano incompatibili con il fine
69
pubblico che deve caratterizzare l’attività di una società in house
provading.
5.4.1.3. SIeSE non ha ricevuto dalla Regione Siciliana un
contributo a fondo perduto per lo svolgimento delle sue funzioni,
come invece è accaduto nella diversa fattispecie esaminata dalla
citata sentenza n. 178/2015 della I Sezione Centrale della Corte dei
conti; la provvista erogata non è altro che il corrispettivo delle
prestazioni rese e ha costituito anche il rendimento del capitale
privato investito nella società.
In tale contesto la circostanza, messa in luce dall’attore
pubblico, che la Regione Siciliana sia stato l’unico ente che
concretamente abbia erogato corrispettivi a SIeSE per i servizi
svolti, fornendo così la relativa provvista, non è dirimente per fare
acquistare a tale organismo la natura di società in house.
5.4.1.5. L’affidamento della realizzazione della Piattaforma
Telematica Integrata non è avvenuto in via diretta a SIeSE ma,
come sopra esposto sub 3.2., a seguito di gara pubblica a doppio
oggetto.
5.4.1.6. In data 26.03.2014, in epoca successiva ai fatti
contestati, la Regione Siciliana ha acquistato il 100% del pacchetto
azionario e in data 18.11.2014 l’assemblea dei soci ha deliberato
l’introduzione del controllo analogo con la modifica dell’art. 14 dello
statuto, come si legge nella relazione prot. n. 226333/15 del
23.04.2015 della Guardia di Finanza e nell’allegato n. 17, con
l’istituzione di un “Comitato di Controllo Analogo costituito presso la
70
Presidenza della Regione Siciliana” e l’indicazione dei compiti allo
stesso spettanti; è stato previsto in capo al predetto comitato, tra
l’altro, un “controllo preventivo sull’ordinaria attività della società con
particolare riguardo ai principali atti di amministrazione e alle
decisioni gestionali di particolare rilievo”.
Il pubblico ministero ha sostenuto: SIeSE “al pari delle altre
società strategiche della Regione Siciliana … è sottoposta al
controllo analogo prescritto dall’art. 4 D.A. (Economia) 1720 del
28.9.2011, che ha ribadito le modalità di esercizio del controllo
analogo già previsto sub 4.2 del paragrafo 6 direttive per le società
in house della circolare nr. 5 dell’Assessore all’Economia del
6.5.2011, denominata atti di indirizzo per le società partecipate dalla
Regione Siciliana”.
Innanzitutto osserva il Collegio che la partecipazione della
Regione Siciliana in società per azioni non ne comporta,
ovviamente, la loro automatica sussumibilità nell’ambito delle
società in house, essendo necessario che ricorrano i requisiti
menzionati sub 5.4. per il riconoscimento della giurisdizione
contabile.
Poi, il D.A. n. 1720 del 28.09.2011 riguarda il ricordino di tutte
le società partecipate dalla Regione Siciliana nelle aree strategiche
individuate dal comma 1 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010
che non ne comporta, anche in questo caso, la loro automatica
inclusione nel novero delle società in house, tanto è vero che
nell’art. 1 del suddetto decreto sono elencate anche società con
71
partecipazione
regionale
minoritaria
(IRFIS
s.p.a.
con
partecipazione del 21%, Siciliacque s.p.a. con partecipazione del
25% ecc…) che certamente, non rispettando i requisiti individuati
dalla giurisprudenza della Corte di cassazione ed esposti sub 5.4.,
non sono soggette alla giurisdizione contabile (la partecipazione
della Regione Siciliana nelle società elencate nell’art. 1 del citato
decreto assessoriale è compresa tra il 21% e il 100% come ivi si
legge). Inoltre, sempre nel citato art. 1 è menzionata la società
A.S.T. s.p.a. che, pur partecipata al 100%, non è stata riconosciuta
soggetta alla giurisdizione contabile dalla sentenza n. 385/2013
della locale Sezione di Appello, come già esposto sub 5.3.
In ultimo, l’art. 4 del suddetto D.A. n. 1720 del 28.09.2011
prescrive che le società partecipate ivi indicate “adeguano i propri
statuti alla normativa vigente nonché alle seguenti disposizioni,
anche al fine di inverare, se del caso, le condizioni dell’affidamento
secondo i principi dell’in house providing: …”; in altri termini, ad
avviso del Collegio e contrariamente a quanto sostenuto dall’organo
requirente, dalla lettura del citato decreto non si evince che “al pari
delle altre società strategiche della Regione Siciliana, SIeSE è
sottoposta al controllo analogo prescritto dall’art. 4 D.A. (Economia)
1720 del 28.9.2011” poiché anche nel caso di adeguamento dello
statuto ai principi ivi enucleati (nella fattispecie in esame non è dato,
poi, conoscere se lo statuto sia stato e meno adeguato poiché la
copia agli atti nulla dice al riguardo) si dovrà comunque accertare se
sussistano i presupposti per l’affidamento in house provading.
72
Lo stesso dicasi per il comma 3 del citato art. 4 del D.A. n.
1720 del 28.09.2011 ove è richiamata la circolare n. 5 del 6 maggio
2011 dell’Assessorato dell’Economia; anche in questo caso non vi è
alcun automatismo, essendo necessario verificare se la società
interessata possa qualificarsi o meno in house per l’affidamento
diretto del relativo servizio.
In conclusione, rileva il Collegio che la menzione di SIeSE
nel novero delle società strategiche della Regione Siciliana
richiamate nell’art. 1 del D.A. n. 1720 del 28.09.2011 non ne
comporta di per sé il suo assoggettamento alla giurisdizione
contabile, né da tale menzione è possibile ricavare, in assenza degli
ulteriori requisiti esposti sub 5.4., indizi per giungere ad una
soluzione contraria.
5.4.1.7. In ultimo e del tutto marginalmente, prima dell’entrata
in vigore dell’art. 13 del decreto legge n. 223/2006 convertito in
legge n. 248/2006, lo statuto prevedeva anche la possibilità che
l’attività di erogazione dei servizi informatici avvenisse a favore di
soggetti giuridici privati, sia pure dietro consenso del socio di
maggioranza; l’organo requirente ha riferito, però, che a seguito
dell’entrata in vigore del citato testo normativo è stato ridotto in data
24.07.2007 l’oggetto sociale (relazione prot. n. 0528245/14 del
10.10.2014 della Guardia di Finanza che richiama quanto
comunicato da SIeSE con la nota prot. n. 1655 del 23.09.2014).
6. Il pubblico ministero, del resto, al fine di sottoporre SIeSE
alla giurisdizione contabile la qualifica “come organo indiretto a
73
dotazione erariale” che sembrerebbe, ad avviso del Collegio,
ipotizzare una sorta di tertium genus tra l’ente pubblico e la società
in house che non trova riscontro nella giurisprudenza della Corte di
cassazione, né in quella contabile.
In conclusione, al di là degli inquadramenti dogmatici, il
patrimonio di SIeSE non può ritenersi pubblico al momento delle
condotte contestate a tutti gli odierni convenuti con la conseguenza
che il presente giudizio esula dalla giurisdizione di questa Corte
rientrando in quella ordinaria.
7. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese ai sensi del
combinato disposto dell’art. 10 bis, comma 10, del decreto-legge 30
settembre 2005, n. 203, converto con legge 2 dicembre 2005, n.
248, come modificato dall’art. 17, comma 30 quinquies, del decretolegge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con legge 3 agosto 2009, n.
102, che ha interpretato autenticamente l’art. 3, comma 2 bis, del
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni,
dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, nonché l’art. 18, comma 1,
del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135.
P. Q. M.
La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione
Siciliana - definitivamente pronunciando, dichiara il difetto di
giurisdizione
sulla
controversia
in
esame
spettando
questa
all’Autorità giudiziaria ordinaria competente per territorio e materia;
non luogo a provvedere sulle spese.
74
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 20
maggio 2015.
L’ Estensore
Il Presidente
F.to Dott. Giuseppe Colavecchio F.to Dott.ssa Luciana Savagnone
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 16 settembre 2015
Il Funzionario Responsabile
F.to Dott.ssa Claudia Chiarello
75
Scarica

sentenza corte dei conti crocetta