REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana composta dai Sigg.ri Magistrati: dott.ssa Luciana SAVAGNONE - Presidente - dott. Giuseppe COLAVECCHIO - Consigliere relatore - dott.ssa Igina MAIO - Primo Referendario - ha pronunciato la seguente SENTENZA 793/2015 nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 62103 del registro di segreteria, promosso dalla Procura Regionale nei confronti di Crocetta Rosario, nato a Gela (CL) il 08.02.1951, rappresentato e difeso dall’avv. Attilio Luigi Maria Toscano, giusta procura a margine della memoria di costituzione depositata il 03.04.2015, ed elettivamente domiciliato presso lo studio Immordino in Palermo, via Libertà n. 171; Bartolotta Antonino, nato a Taormina (ME), il 13.01.1970, rappresentato e difeso dall’avv. Cecilia Nicita, giusta procura a margine della memoria di costituzione depositata il 29.04.2015, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Rosaria Zammataro in Palermo, via Pacini n. 5; Bonafede Esterina, nata a Palermo il 22.09.1960, rappresentata e difesa dall’avv. Carmelo Carrara e dall’avv. Giuseppe Cozzo, giusta procura a margine della memoria di 1 costituzione depositata il 24.04.2015, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Palermo, viale Villa Heloise n. 21; Cartabellotta Dario, nato a Palermo il 14.09.1969, rappresentato e difeso dall’avv. Carmelo Carrara e dall’avv. Giuseppe Cozzo, giusta procura a margine della memoria di costituzione depositata il 24.04.2015, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Palermo, viale Villa Heloise n. 21; Scilabra Nella, nata a Ribera (AG) il 11.06.1983, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Stallone, giusta procura in calce alla memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Palermo, via Morello n. 40; Stancheris Michela, nata ad Alzano Lombardo (BG) il 16.10.1981, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Stallone, giusta procura in calce alla memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Palermo, via Morello n. 40; Valenti Patrizia, nata a Floridia (SR) il 15.01.1959, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Immordino, dall’avv. Giuseppe Immordino e dall’avv. Giuseppe Nicastro, giusta procura a margine della memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Palermo, via Libertà n. 171; Dell’Aira Giuseppe, nato a Palermo il 12.01.1949, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Raimondi, giusta procura 2 in calce alla memoria di costituzione depositata il 06.05.2015, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Palermo, via Abela n. 10; Pisciotta Mariano, nato ad Agira (EN) il 15.12.1954, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Polizzotto, giusta procura a margine della memoria di costituzione depositata il 30.04.2015, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Palermo, via Tasso n. 4; Signorino Rossana, nata a Palermo il 29.06.1966, rappresentata e difesa dall’avv. Girolamo Rubino e dall’avv. Lucia Alfieri, giusta procura a margine della memoria di costituzione depositata il 12.01.2015 con riserva di illustrare successivamente le tesi difensive, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Palermo, via Oberdan n. 5; Ingroia Antonio, nato a Palermo il 31.03.1959, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Serio e dall’avv. Carmelo Elio Costanza, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione depositata il 18.05.2015, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Palermo, via Terrasanta n. 24. Visto l’atto di citazione. Letti gli atti ed i documenti di causa. Uditi, nella pubblica udienza del 20.05.2015, il relatore cons. Giuseppe Colavecchio, il pubblico ministero dott. Gianluca Albo, vice procuratore generale, l’avv. Giuseppe Cozzo per Bonafede Esterina e Cartabellotta Dario, l’avv. Attilio Toscano per Crocetta 3 Rosario, l’avv. Mario Serio per Ingroia Antonio, l’avv. Salvatore Raimondi per Dell’Aira Giuseppe, l’avv. Cecilia Nicita per Bartolotta Antonino, l’avv. Giovanni Immordino per Valenti Patrizia, l’avv. Francesco Stallone per Scilabra Nella e Stancheris Michela, l’avv. Stefano Polizzotto per Pisciotta Mariano e l’avv. Girolamo Rubino per Signorino Rossana. Ritenuto in FATTO 1. La Procura Regionale, con atto di citazione depositato in segreteria in data 07.11.2014 e ritualmente notificato, a seguito di notizie apprese dalla stampa, conveniva in giudizio Crocetta Rosario, Presidente della Regione Siciliana, Bartolotta Antonino, Bonafede Esterina, Cartabellotta Dario, Scilabra Nella, Stancheris Michela, componenti della Giunta Regionale, Valenti Patrizia, Assessore alla Funzione Pubblica, Dell’Aira Giuseppe, Avvocato Distrettuale dello Stato, Pisciotta Mariano, Ragioniere Generale, Signorino Rossana, Dirigente del Servizio Partecipate, e Ingroia Antonino Commissario Liquidatore di Sicilia e Servizi s.p.a., per essere condannati al pagamento, secondo quote computate in base al contributo eziologico di ciascuno, della complessiva somma di € 1.063.078,50, nonché degli incrementi retributivi a maturare con il pagamento dei corrispettivi, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, a titolo di danno erariale patito da Sicilia e Servizi s.p.a. nonché alle spese di giudizio da liquidarsi in favore dello Stato, quale conseguenza dell’illegittimo reclutamento, con contratto 4 a tempo determinato, nella predetta società di personale che prestava servizio presso Sicilia e Servizi Venture s.c.a.r.l., il socio privato di Sicilia e Servizi s.p.a. Articolati i fatti di causa descritti analiticamente nell’atto di citazione e ricostruiti dal pubblico ministero a seguito delle indagini istruttorie delegate alla Guardia di Finanza e compendiate nelle relazioni del 07.04.2014, del 10.10.2014 e del 16.10.2014. 1.1. Il 20.12.2005 si costituiva, ai sensi dell’art. 78 della legge regionale n. 6/2001, la società mista a prevalente partecipazione pubblica denominata Sicilia e Servizi s.p.a., con capitale intestato per il 51% a Sicilia e Innovazione s.p.a. (quota acquisita dalla Regione Siciliana il 27.10.2006) e per il restante 49% al socio di minoranza Sicilia e Servizi Venture s.c.r.l., avente come oggetto sociale lo svolgimento delle attività informatiche di competenza dell’amministrazione regionale, ivi comprese le attività per l’attuazione della misura 6.05 del P.O.R. Sicilia 2000/2006. Il 30.06.2006, la Regione Siciliana stipulava con Sicilia e Servizi s.p.a. (in prosieguo SIeSE), Sicilia e Innovazione s.p.a., Sicilia e Servizi Venture s.c.r.l. (in prosieguo SISEV) la convenzione quadro per la gestione delle attività informatiche di competenza dell’amministrazione regionale; con l’ulteriore convenzione del 21.05.2007, si stabiliva che Sicilia e Innovazione s.p.a si occupasse della fase di progettazione, direzione dei lavori e controllo dei progetti, mentre SIeSE s.p.a. ne avrebbe curato solo la fase di realizzazione. 5 La Regione a seguito della messa in liquidazione, il 26.10.2006, di Sicilia e Innovazione, acquisiva il 51% della partecipazione azionaria in SIeSE s.p.a., affidataria delle attività di gestione e conduzione della PTI (Piattaforma Telematica Integrata), dei progetti e delle PIC (prese in carico). 1.2. Il pubblico ministero sosteneva che la suddetta società SIeSE s.p.a. potesse “qualificarsi come organo indiretto a dotazione erariale, previsto dalla legge” per una serie di ragioni. La partecipazione maggioritaria della Regione Siciliana in SIeSE era perdurante e intangibile (artt. 9.1. e 10.1. dello Statuto), mentre il socio di minoranza, individuato con procedura di evidenza pubblica, non avrebbe potuto cedere le azioni a terzi per cinque anni dalla costituzione (art. 8), con prelazione in favore del socio pubblico allo spirare del quinquennio (art. 9) e con clausola di gradimento subordinata all’assenso del rispetto dei patti parasociali (art. 10); poi, nei citati patti parasociali era previsto che, in caso di scioglimento anticipato della società, il socio pubblico di maggioranza avrebbe avuto il diritto di riscatto coattivo della partecipazione di ogni altro socio di minoranza, riscatto coercibile in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. (art. 6). I rapporti tra Regione, SieSE e SISEV erano disciplinati da apposita convenzione quadro, approvata con la delibera di Giunta n. 165 del 09.05.2007, che, tra l’altro, prevedeva la remunerazione delle attività informatiche (il fatturato era esclusivamente nei confronti della Regione Siciliana) e i controlli che l’ente territoriale 6 poteva esercitare su SIeSE (art. 10) anche durante la fase attuativa del servizio, con l’approvazione del piano operativo strategico (P.O.S., art. 13) e del piano esecutivo annuale (P.E.A., art. 14). In ultimo, SIeSE, come le altre società regionali strategiche, era sottoposta al controllo analogo prescritto dall’art. 4 del Decreto dell’Assessore all’Economia n. 1720 del 28.09.2011 che ribadiva le modalità di esercizio del controllo analogo già previsto sub 4.2 del paragrafo 6 rubricato “direttive per le società cosiddette in house” della circolare n. 5 del 06.05.2011 dell’Assessore all’Economia, denominata “atti di indirizzo per le società partecipate dalla Regione Siciliana”. Tale contesto giustificava, ad avviso del pubblico ministero, la giurisdizione della Corte dei conti a conoscere le vicende oggetto del presente giudizio, tenuto anche conto che la Regione Siciliana era divenuta l’unico azionista di SIeSE in data 26.03.2014, con la cessione delle quote da parte del socio privato SISEV. 1.3. Nella convenzione quadro del 21.05.2007, disciplinante i rapporti tra Regione, SIeSE e SISEV, l’art. 11 prevedeva che il socio di minoranza si obbligasse “a prestare in modo continuativo alla Società il proprio know how nel campo delle attività informatiche” e, a tal fine, a fornire anche “le qualificazioni professionali necessarie”. Nonostante la gara per la scelta del socio privato fosse stata aggiudicata il 22.09.2005 alla SISEV, con successivo superamento della fase di start-up prevista in 18 mesi, non risultava ad avviso 7 dell’organo requirente né una volontà della SISEV di adempiere l’obbligazione di cui all’art. 11, né della SIeSE di pretenderne l’adempimento, neanche in prossimità della fuoriuscita dalla compagine associativa del socio privato, prevista per il 22.12.2013; si manteneva, così, nel tempo una continua dipendenza tecnica di SIeSE dal socio privato SISEV fonte di continui esborsi economici per remunerare l’attività del socio privato. Inoltre, benché nessun atto della procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, della convenzione quadro, del piano operativo strategico e del piano esecutivo di annuale prevedesse, per adempiere al citato art. 11, un obbligo di far transitare personale dal socio privato SISEV al socio pubblico SIeSE (e tantomeno un transito di massa) si utilizzava il termine “popolamento” per indicare il necessario transito del personale dal socio privato SISEV alla SIeSE, ritenuto strumentale all’adempimento dell’obbligazione di trasferimento del know-how. Il cosiddetto “popolamento” costituiva, pertanto, un espediente per far transitare nella società regionale SIeSE persone protette dalla politica, assunte dal socio privato a chiamata diretta, in contrasto tra l’altro con quanto previsto dall’art. 18 del decreto legge n. 112/2008. La Giunta Regionale, però, con delibera n. 110 del 15.03.2013 (deliberanti Crocetta, Bartolotta, Bianchi, Bonafede, Borsellino, Cartabellotta, Lo Bello e Valenti), recependo la proposta dell’Assessore all’Economia, ribadiva “il divieto di assunzione per le 8 società partecipate e, di conseguenza qualsiasi ipotesi di ripopolamento”. 1.4. L’art. 35 della legge regionale 15 maggio 2013, n. 9, prevedeva poi l’istituzione, presso l’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, dell’Ufficio per l’attività di Coordinamento dei Sistemi Informativi Regionali e l’attività Informatica della Regione e delle Pubbliche Amministrazioni Regionali; seguiva la deliberazione n. 221 del 27 giugno 2013 che istituiva il suddetto Ufficio Speciale, con compiti di gestione, manutenzione e sviluppo dei sistemi informatici, di monitoraggio dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali comunitari unitamente ai sistemi informatici relativi al fondo sviluppo e coesione, al FAS ante 2007 e al Piano azione e coesione; veniva nominato il responsabile del citato Ufficio (decreto assessoriale n. 5833 del 10 ottobre 2013), con assegnazione di 97 unità di personale (D.D.G. n. 5958 del 18.10.2013); il ragioniere generale, dott. Mariano Pisciotta, con le note n. 65366 e n. 65368 del 21.11.2013, comunicava contestualmente al Responsabile dell’Ufficio Speciale, alla SIeSE ed alla SISEV, un elenco di nove dipendenti regionali, cui ne venivano aggiunti altri quindici (disposizioni di servizio n. 85/2013, n. 97/2013, n. 98/2013, n. 101/2013, n. 102/2013, n. 103/2013, n. 122/2013, n. 123/2013 e n. 124/2013), che avrebbero effettuato dal 25.11.2013 l’affiancamento con il personale SIeSE e SISEV in vista della cessazione della convenzione quadro di affidamento di attività informatiche prevista per il 22.12.2013; ciò al fine di garantire senza 9 soluzione di continuità la piena funzionalità dei sistemi informativi regionali. 1.5. L’attore pubblico sosteneva che da due note, una (prot. n. 69840 del 13.12.2013) sottoscritta dal ragioniere generale (dott. Pisciotta) e dal responsabile del servizio partecipazioni (dott.ssa Signorino) e l’altra (prot. n. 2981 dell’11.12.2013) sottoscritta dal commissario liquidatore di SIeSE (avv. Ingroia), si desumeva che in una riunione tenutasi il 10.12.2013 presso la sede sociale di SIeSE il Presidente della Regione (Crocetta) avrebbe espresso un indirizzo per valutare se, alla scadenza della convenzione, sussistessero i presupposti tecnici e giuridici al fine di procedere al necessario processo di ristrutturazione societaria e le modalità di implementazione. Il dott. Mariano Pisciotta e la dott.ssa Signorino chiedevano, pertanto, un parere (prot. n. 69839 del 13.12.2013) all’Avvocatura dello Stato di Palermo, il cui contenuto ad avviso sempre dell’organo requirente risultava giuridicamente e logicamente stridente con quanto pochi giorni prima rassegnato dal medesimo dott. Pisciotta nella precedente nota prot. 65955 del 26.11.2013 ove lo stesso, rispondendo ai rilievi del collegio dei revisori di SIeSE, aveva sostenuto che il processo di popolamento della citata società fosse divenuto complesso a causa dei mutamenti normativi sia regionali (art. 35 della legge n. 9/2013 che imponeva l’internalizzazione del servizio informatico), sia nazionali (comma 9 dell’art. 4 del decreto legge n. 95/2012). 10 In particolare, Pisciotta e Signorino chiedevano all’Avvocatura dello Stato se la società SIeSE s.p.a. potesse procedere, in deroga al divieto di assunzioni nelle partecipate regionali, all’assunzione dei dipendenti SISEV che avevano gestito il sistema informatico e la piattaforma telematica della Regione Siciliana; in caso negativo, se dovesse trovare attuazione “la procedura di cui all’art. 57, comma 1, lett. c, del D.lgvo 12 aprile 2006 n. 163” (affidamento diretto di un servizio nei casi di urgenza). L’avvocato distrettuale dello Stato, avv. Dell’Aira Giuseppe, con articolato parere (prot. n. 71243 del 20.12.2013), dopo aver considerato sia il divieto di assunzione di personale previsto dall’art. 20 della legge regionale n. 11/2010, sia l’obbligo di evidenza pubblica per il reclutamento nelle società pubbliche maggioritarie previsto dall’art. 18 del decreto legge n. 112/2008, concludeva per l’inoperatività sia del divieto legale di assunzione, sia dell’obbligo legale di evidenza pubblica, ritenendo che sulle esplicite disposizioni di legge fosse, invece, prevalente la tutela dell’esigenza occupazionale, desunta implicitamente dal comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010, nonché l’acquisizione del knowhow previsto nel bando di gara e individuato nel popolamento; richiamava, poi, l’art. 2112 c.c. in materia di trasferimento di azienda per giustificare la conservazione del posto di lavoro dei dipendenti SISEV nei confronti della società cessionaria SIeSE. Il citato parere veniva trasmesso informalmente via email al capo di gabinetto del presidente Crocetta, dott. Gianni Silvia, come 11 da quest’ultimo riferito in sede di audizione personale. Acquisito il parere, il ragioniere generale dott. Mariano Pisciotta e il dirigente del Servizio Partecipate dott.ssa Rossana Signorino trasmettevano, per la relativa condivisione e impulso, all’Assessore all’Economia la “proposta delibera di Giunta regionale assorbimento ex SISEV da parte di Sicilia & Servizi SPA”; il suddetto assessore, poi, trasmetteva per competenza al Presidente della Regione ed all’Assessore per le Autonomie locali la citata proposta di delibera affinché fosse quest’ultimo a pronunciarsi. L’Assessore delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, dott.ssa Valenti, con nota prot. n. 5771/GAB del 15.01.2014 avente ad oggetto “proposta delibera della Giunta regionale assorbimento personale ex SISEV da parte di Sicilia & Servizi S.p.A.”, condivideva la nota di pari data dell’Assessore dell’Economia e chiedeva che l’argomento venisse inserito all’ordine del giorno dal Presidente della Regione per modificare l’ultimo comma della deliberazione n. 110/2013, comma che aveva imposto il divieto di assunzione nelle società partecipate. La Giunta Regionale, con delibera n. 6 del 15.01.2014, con il voto favorevole di Crocetta Rosario, Bartolotta Antonino, Bonafede Esterina, Cartabellotta Dario, Scilabra Nella, Stancheris Michela, Valenti Patrizia, richiamando il parere dell’Avvocatura dello Stato, modificava “la deliberazione n. 110 del 15 marzo 2013 … nell’ultima parte del dispositivo in cui risulta[va] in contrasto con il parere dell’Avvocatura dello Stato di Palermo”, ed al contempo si 12 “rimette[va] al liquidatore della società Sicilia e Servizi S.p.A. in liquidazione per gli adempimenti di competenza”. Il commissario liquidatore di SIeSE, avv. Ingroia Antonino, con nota prot. n. 83 del 16.01.2014, comunicava al Presidente della Regione (Crocetta) e al Direttore Responsabile del Servizio Partecipate (Signorino) che in considerazione del parere dell’Avvocatura dello Stato e in ottemperanza alle direttive del Governo contenute nella delibera di Giunta n. 6/2014, avrebbe avviato il processo di popolamento di SIeSE con la contrattualizzazione a tempo determinato del personale ex SISEV; quindi, procedeva all’assunzione a tempo determinato (18 mesi) di 74 dipendenti ex SISEV, con decorrenza 23.01.2014, per alcuni, e 04.02.2014, per altri, e con un periodo di prova di quattro mesi. Il commissario liquidatore, con determina n. 1 del 04.02.2014, al fine di procedere alla verifica dell’idoneità del personale ex SISEV assunto, nominava una commissione di verifica composta dal prof. Filippo Sorbello, con funzioni di presidente, dal Generale di Brigata Aus. Rocco Umberto e dal Generale di Brigata Ris. Domenico Balsamo, entrambi con funzioni di componenti. All’esito dei lavori della citata commissione, la SIeSE licenziava per inidoneità 17 dipendenti tra quelli reclutati da SISEV. Il costo complessivo per l’assunzione di tale personale, tenuto conto anche dei licenziamenti intervenuti, ammontava a € 1.063.078,50 per gli esborsi sostenuti da gennaio a settembre 2014, con una proiezione del costo finale del popolamento a € 13 2.133.752,49 (nota della Guardia di Finanza del 10.10.2014). 1.6. Il pubblico ministero riferiva che all’esito delle acquisizioni istruttorie, delle audizioni personali di alcuni dipendenti regionali e assessori, emergeva come le riunioni della Giunta Regionale fossero caratterizzate da improvvisazione incompatibile con la delicatezza dei problemi da affrontare; inoltre, emergeva che gli odierni convenuti inizialmente avevano voluto gestire la fuoriuscita del socio privato SIESEV secondo il divieto legale di assunzione previsto dal comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010 (delibera n. 110/2013), ma dopo la messa in liquidazione di SIeSE (delibera del 23.09.2013) in ragione della perdurante inadeguatezza strutturale al raggiungimento dello scopo sociale (come da nota prot. n. 52045 del 20.09.2013 del presidente Crocetta) avevano dovuto repentinamente rinnegare la scelta di legalità per incapacità a gestirla. Del resto neanche la scelta di assumere il personale di SISEV era stata risolutiva perché anche dopo il reclutamento di massa operato in esecuzione della delibera della Giunta Regionale n. 6/2014, la SIeSE aveva continuato ad avvalersi dei servizi del socio privato per prestazioni da quest’ultimo valorizzate in oltre 4 milioni di euro per il periodo tra il 22.12.2013 e il 30.6.2014 (dichiarazioni Bosco, Ingroia, nonché nota SISEV del 17.4.2014, nota della Guardia di Finanza del 10.10.2014). 1.7. L’organo requirente richiamava il quadro normativo che vietava l’assunzione di personale 14 a tempo determinato o indeterminato nelle società partecipate: la delibera della Giunta Regionale n. 221 del 30.09.2008; il comma 10 dell’art. 1 della legge regionale 29 dicembre 2008, n. 25; il comma 6 dell’art. 20 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11, l’art. 23 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, che modificava, dal 31.01.2014, l’art. 20 della legge regionale n. 11/2010, nel testo approvato a seguito dell’impugnativa del Commissario dello Stato che aveva ritenuto in contrasto con l’art. 97 della Costituzione la deroga al divieto legale di assunzioni per salvaguardare le esigenze occupazionali del personale delle società in liquidazione; l’art. 8 del Decreto dell’Assessore all’Economia n. 1720 del 28.09.2011; il comma 7 ter dell’art. 3 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125. Aggiungeva che l’art. 18 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, aveva esteso anche alle società a partecipazione pubblica maggioritaria l’obbligo del reclutamento del personale mediante procedura ad evidenza pubblica; richiamava, altresì, i commi 9, 10 dell’art. 4 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, nel testo vigente sino al 31.12.2013. A fronte di un quadro normativo chiaro, in particolare costituito dal comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010 (“divieto alle società a partecipazione … maggioritaria della Regione di procedere a nuove assunzioni di personale sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato … salvo quanto previsto da procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica, 15 effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge”), il pubblico ministro, dopo avere soffermato l’attenzione sulla natura facoltativa del parere richiesto all’Avvocatura dello Stato, da cui discendeva solo l’obbligo di motivare adeguatamente nel caso di non recepimento, riteneva che le conclusioni contenute nel citato parere - secondo le quali non solo la società SIeSE rientrasse nell’eccezione di cui al citato comma 6 (“procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica, effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge”), ma anche che non fosse soggetta nel reclutamento di personale alle procedure di evidenza pubblica mancando i requisiti della società in house collidessero con le puntuali disposizioni normative sopra citate. In particolare, sosteneva che nessun elemento logico e giuridico, desumibile anche dai lavori preparatori, consentisse di ritenere che la gara per la scelta del socio privato della società mista antecedente di circa 5 anni all’approvazione della legge regionale n. 11/2010, potesse neutralizzare l’univoca volontà del legislatore di contenere la spesa pubblica regionale con l’introduzione di un chiaro divieto di assunzione di personale, non potendosi ritenere che il legislatore con la suddetta eccezione (“salvo quanto previsto da procedure contrattuali discendenti da bandi ad evidenza pubblica, effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge”) si fosse preoccupato di “garantire il livello occupazionale”; riteneva, inoltre, che l’obbligo dell’evidenza pubblica, introdotto dall’art. 18 del decreto legge n. 112/2008 16 (operante anche per le Regioni a statuto speciale), operasse comunque per tutte le società a prevalente partecipazione pubblica, a prescindere se in house o meno. In ultimo, evidenziava che la paventata possibilità - sempre adombrata nel parere dell’Avvocatura dello Stato - di un contenzioso attivato da parte dei lavoratori SIESEV non trovasse alcun appiglio poiché i citati lavoratori appartenevano ad una società privata, la quale aveva solo l’obbligo di trasferimento del know-how alla società pubblica SIeSE e non anche il diritto di trasferire il proprio personale alla SIeSE perché spettava esclusivamente al socio Regione la scelta di come e se, eventualmente, strutturare SIeSE. Per quanto riguardava il richiamo all’art. 2112 c.c., contenuto nel citato parere, disciplinante le sorti del rapporto di lavoro dei dipendenti in ipotesi di trasferimento di azienda, rinviava all’ordinanza del Tribunale di Palermo del 22.09.2014 che ne aveva escluso l’operatività, rigettando il ricorso di un ex lavoratore SISEV; opinava, invece, che non potessero costituire fonte di ripensamento le due successive ordinanze del 29.10.2014 con le quali il Tribunale aveva ritenuto applicabile, invece, l’art. 2112 c.c., con conseguente statuizione di reintegro dei lavoratori licenziati, sia perché adottate verosimilmente per carenza di allegazioni delle parti di causa, sia perché nelle stesse era stato considerato provato l’obbligo contrattuale di trasferimento dell’intero personale di SISEV in SIeSE senza indicare quale norma contrattuale avrebbe previsto la 17 coincidenza tra il concetto immateriale di know-how e il transito di tutto il personale. 1.8. Le gravi violazioni di legge sopra esposte che imponevano il divieto di assunzione e l’obbligo di attivare, comunque, la procedura di evidenza pubblica, nonché l’avvenuta assunzione “al buio” di personale di SISEV senza alcuna preventiva pianificazione e verifica nonostante l’avviato processo di internalizzazione delle attività informatiche con predisposizione di una articolata struttura regionale, costituivano ad avviso dell’organo requirente espressione di grave e inescusabile negligenza nella gestione delle risorse pubbliche riscontrabile nelle condotte degli odierni convenuti, la cui catena causale nella commissione dell’illecito era individuabile in tutte le condotte funzionali di impulso e/o di avallo del reclutamento illecito perfezionatosi con i contratti sottoscritti dal liquidatore di SIeSE il 21.01.2014 e il 04.02.2014, condotte che non solo non avevano tenuto conto delle precedenti legittime scelte, ma che avevano recepito del tutto acriticamente il parere dell’Avvocatura dello Stato senza operare alcun approfondimento istruttorio, nonostante apparisse in contrasto con le puntuali previsioni normative. 1.9. Il pubblico ministero, dopo avere replicato analiticamente alle deduzioni difensive presentate in fase istruttoria dagli odierni convenuti (Dell’Aira, Crocetta, Ingroia, Valenti, Pisciotta, Signotino), riteneva che il danno erariale fosse pari ai costi sostenuti per il reclutamento di personale in SIeSE; sul punto richiamava l’indirizzo 18 giurisprudenziale della locale Sezione di Appello (ex multis n. 122/2008) secondo il quale quando “il legislatore pone agli amministratori pubblici determinati vincoli di spesa, ritenendo implicitamente non utile tutte quelle spese che non rispettino i limiti da esso posti, è sufficiente che la spesa si effettui contra legem perché si realizzi il danno”, principio applicato anche nel caso di instaurazione di rapporti di lavoro di qualunque natura (ex plurimis n. 2656/2013). L’attore pubblico, quindi, contestava sia il danno erariale maturato con l’effettiva erogazione delle retribuzioni pari a € 1.106.078,50, sia il danno erariale che sarebbe maturato con l’erogazione periodica degli emolumenti derivanti dai contratti di assunzione già perfezionati; tenuto conto dei singoli contributi causali di ciascuno degli odierni convenuti nella causazione dell’illecito erariale, ne chiedeva la condanna nei termini seguenti: - on. Rosario Crocetta euro 265.769,62 (= 25% di euro - dott.ssa Patrizia Valenti euro 212.615,70 (= 20% di euro 1.063.078,50); 1.063.078,50); - dott. Dell’Aira Giuseppe Massimo euro 106.307,85 (= 10% di euro 1.063.078,50); - dott. Mariano Pisciotta euro 106.307,85 (= 10% di euro euro 106.307,85 (= 10% di euro 1.063.078,50); - avv. Antonio Ingroia 1.063.078,50); 19 - dott. Antonino Bartolotta euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di euro 1.063.078,50); - dott.ssa Esterina Bonafede euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di euro 1.063.078,50); - dott. Dario Cartabellotta euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di euro 1.063.078,50); - sig.ra Nella Scilabra euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di euro 1.063.078,50); - dott.ssa Michela Stancheris euro 52.553,93 (= 1/5 del 25% di euro 1.063.078,50); - dott.ssa Rossana Signorino euro 3.000,00 (danno definitivo). Sulla posizione della dott.ssa Signorino puntualizzava che doveva ritenersi, all’esito delle deduzioni difensive, una minore efficacia eziologia della sua condotta, nonché l’interruzione degli effetti permanenti del danno già contestatole nell’invito a dedurre per avere richiesto, dopo avere dato impulso all’adozione della delibera di Giunta n. 6/2014, formalmente e con articolata motivazione l’interruzione dei rapporti di lavoro illegittimamente instaurati dalla società. 2. Bonafede Esterina e Cartabellotta Dario, componenti della Giunta Regionale, si costituivano in giudizio con memoria depositata in data 24.04.2015, con il patrocinio dall’avv. Carmelo Carrara e dall’avv. Giuseppe Cozzo. 2.1. Preliminarmente eccepivano il difetto di giurisdizione. 20 Dopo avere richiamato l’indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di cassazione espresso nella sentenza n. 22609/2014 (società in house) e nella sentenza n. 15594/2014 (società azionaria assimilabile per il particolare regime legale ad una amministrazione pubblica), sostenevano che nessuna relazione di servizio era ipotizzabile tra la Giunta Regionale e SIeSE sia perché il comma 6 dell’art. 2 della legge regionale n. 19/2009 intestava al Presidente della Regione le attribuzioni relative alla costituzione di società e all’esercizio dei diritti inerenti la qualità di socio, sia perché gli artt. 2380 bis e 2489 c.c. attribuivano agli amministratori e ai liquidatori la gestione della società e la liquidazione; inoltre, sostenevano che la giurisdizione contabile, da individuare al momento della realizzazione della condotta, riguardava comunque le sole azioni dirette a far valere la responsabilità degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio della società in house. In ultimo, evidenziavano che SIeSE non poteva essere assimilata ad una società in house sia perché società commerciale che svolgeva prestazioni di servizi informatici a seguito di stipula di un contratto di appalto a favore dell’amministrazione regionale senza l’esercizio di funzioni o servizi destinati al perseguimento di interessi collettivi (non comportando il comma 1 dell’art. 78 della legge regionale n. 6/2001 la modifica della natura privatistica della società), sia perché lo statuto prevedeva come indefettibile solo una partecipazione maggioritaria pubblica, restando possibile per la restante parte la sottoscrizione di azioni da parte di soggetti privati. 21 2.2. Nel merito chiedevano l’assoluzione da ogni addebito. 2.2.1. I citati convenuti sostenevano la mancanza di nesso causale tra la loro condotta e il danno poiché con la delibera della Giunta Regionale n. 6/2014 avevano solamente preso atto dell’autorevole parere reso dall’Avvocatura dello Stato, rimettendo al liquidatore ogni decisione sul da farsi poiché questi aveva la responsabilità di ogni atto utile per la liquidazione della società, secondo quanto previsto dall’art. 2489 c.c. 2.2.2. Poi, i dipendenti di SISEV, avendo svolto la loro prestazione lavorativa nell’interesse di SIeSE s.p.a., datore di lavoro sostanziale, avevano diritto, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, al mantenimento del loro rapporto di lavoro nei confronti di detta società, stante il collegamento formale e sostanziale tra le due società. 2.2.3. Inoltre, la dotazione di personale costituiva il contenuto di una precipua obbligazione della SISEV nei confronti di SIeSE, come desumibile dal capitolato di appalto (punti 1.3 e 1.3.2) poiché il know how era costituito dalle conoscenze tecniche e dal personale specializzato necessario per gestire l’intera rete dei servizi informatici, senza i quali SIeSE non sarebbe stata in grado di gestire l’intero servizio; a tali conclusioni era giunto anche il Tribunale di Palermo (ordinanza del 29/10/2014) che aveva ritenuto applicabile l’art. 2112 c.c. e riconosciuto il conseguente diritto del lavoratore licenziato a mantenere il rapporto di lavoro con l’azienda cessionaria (SIeSE). 22 2.2.4. Ai fini dell’insussistenza del danno, ritenevano che non fosse applicabile quell’orientamento giurisprudenziale propugnante l’inutilità delle spese effettuate fuori dai limiti imposti dalla legge all’assunzione di personale da parte della pubblica amministrazione poiché SieSE s.p.a., “soggetto che si assume essere danneggiato”, era del tutto privo di personale qualificato e, pertanto, senza il reclutamento di quello di SISEV non avrebbe potuto svolgere alcun servizio, con danno alla Regione per il blocco delle attività informatiche, non essendo operativo l’Ufficio Speciale all’uopo costituito; poi, anche l’asserita violazione dell’obbligo legale di evidenza pubblica nel reclutamento avrebbe potuto comportare solo una danno ipotetico e non concreto. In ogni caso, contestavano il principio dell’imputabilità del danno riferito all’intera durata dei contratti poiché né prima, né dopo la notifica degli inviti a dedurre potevano disporre la cessazione dei rapporti contrattuali di durata, né potevano influire sul contenimento del danno complessivo. 2.2.5. In ultimo, negavano la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave poiché la delibera di Giunta n. 6/2014 aveva preso solamente atto del parere dell’Avvocatura dello Stato, rimettendo al liquidatore l’applicazione dei suoi contenuti; inoltre, la materia era particolarmente complessa tanto che erano intervenute diverse pronunce del Tribunale di Palermo che avevano sancito il diritto dei lavoratori SISEV ad essere assunti ai sensi dell’art. 2112 c.c. 23 La dott.ssa Bonafede aggiungeva di avere chiesto esplicitamente che nel verbale della Giunta Regionale del 15.01.2014 venisse inserita la semplice presa atto del parere dell’Avvocatura, ma accortasi del mancato inserimento delle sue dichiarazioni ne chiedeva formalmente la modifica, non avvenuta per la cessazione dalla carica il 14.04.2014. 2.3. In subordine, chiedevano l’esercizio “con maggiore ampiezza possibile” del potere riduttivo. 3. Signorino Rossana, dirigente del Servizio Partecipazioni, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 28.04.2015, con il patrocinio dall’avv. Girolamo Rubino e dall’avv. Lucia Alfieri. La predetta convenuta chiedeva l’assoluzione da ogni addebito. 3.1. Evidenziava che la richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, su esplicito impulso della SIeSE (nota prot. n. 0002981 dell’11.12.2013), era stata formulata sia al fine di evitare la paralisi dell’azione amministrativa con il blocco dell’attività informatica, sia per fugare qualsivoglia dubbio in ordine alla correttezza dell’interpretazione della normativa regionale e nazionale che, sia pur non prestandosi ad una univoca interpretazione, sembrava deporre per l’inapplicabilità del sopravvenuto divieto di assunzioni alle ipotesi di procedure contrattuali discendenti “da bandi ad evidenza pubblica effettuati prima della entrata in vigore della normativa medesima”; tale richiesta, pertanto, non era orientata, come contestato nell’atto di 24 citazione, per suggerire un’interpretazione elusiva del divieto di assunzione. Del resto, lungi dall’acritico recepimento del parere reso dall’Avvocatura dello Stato, nel mutuarne i contenuti nello schema di delibera predisposto, aveva manifestato talune perplessità in ordine alla sua esaustività poiché non aveva chiarito quali procedure l’amministrazione regionale avrebbe dovuto attivare per assumere il personale SISEV; tali perplessità erano state stoppate dal commissario liquidatore di SieSE che, nel riscontrare l’email a lui inviata, sosteneva non solo che la procedura di assunzione non avrebbe dovuto essere avviata dall’amministrazione regionale bensì proprio dalla SIeSE, ma anche che il parere reso dall’Avvocatura appariva chiaro ed univoco nell’imporre l’avvio della procedura di assunzione. A tal fine nel predisporre lo schema di delibera introduceva comunque una clausola di salvaguardia a mezzo della quale si conferiva mandato al ragioniere generale e al Dirigente dell’Ufficio Speciale informatica presso l’Assessorato alla Funzione Pubblica “di controllare la legittimità degli adempimenti posti in capo al liquidatore di Sicilia e Servizi spa”; tale schema di delibera, però, veniva sostanzialmente modificato e rielaborato nella stesura finale poi approvata, tanto da non avere apposto la firma al citato schema di delibera modificato; tale circostanza, contrariamente all’assunto attoreo, lungi dal concorrere ad un mero ridimensionamento della responsabilità addebitata, costituiva una vera e propria esimente dell’addebito, con conseguente 25 venir meno dell’elemento psicologico del dolo e della colpa grave, avendo dimostrato grande prudenza e perizia nell’affrontare la problematica di cui è causa. 3.2. Del resto, anche la condotta successivamente posta in essere evidenziava la mancanza dei presupposti per l’addebito della responsabilità con interruzione del nesso causale poiché, dopo l’approvazione della delibera n. 6/2014 e il conseguente avvio della procedura di assunzione del personale del socio privato, si era tempestivamente attivata con la nota del 21.02.2014 nel chiedere al commissario liquidatore di SIeSE di comunicare in base a quali criteri e modalità era stato selezionato il personale assunto; quest’ultimo affermava laconicamente di avere provveduto a “contrattualizzare il personale ex SISEV in esecuzione alle prescrizioni di cui alla Delibera di Giunta del 15.01.2014 sì da garantire senza soluzione di continuità la gestione e l’erogazione di servizi informatici per l’amministrazione regionale, e di avere altresì previsto un periodo di prova pari a quattro mesi al fine di consentire ad una qualificata commissione di verificare la reale idoneità delle risorse”. Poi, a fronte dei vaghi ed elusivi riscontri offerti dal commissario liquidatore, nel contestare integralmente l’operato dello stesso, ravvisava i presupposti per la revoca della carica e per l’interruzione dei rapporti di lavoro “illegittimamente instaurati con la società”. 4. Bartolotta Antonino, componente della Giunta Regionale, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 29.04.2015, 26 con il patrocinio dall’avv. Cecilia Nicita. Preliminarmente, eccepiva il difetto di giurisdizione; nel merito chiedeva l’assoluzione da ogni addebito per infondatezza dell’atto di citazione, per mancanza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave. 4.1. Con riferimento all’eccepito difetto di giurisdizione, sosteneva che la società SIeSE, al momento dell’adozione della delibera n. 6 del 15.01.2014 non aveva le caratteristiche della società in house poiché era una società mista, il cui patrimonio era del tutto separato da quello della Regione Siciliana; aggiungeva che nessun rapporto di servizio si era instaurato tra la Giunta Regionale e la predetta società. 4.2. Nel merito, sosteneva che il comma 6 dell’art. 2 della legge regionale n. 19/2008 intestava al Presidente della Regione, come anche riconosciuto nell’atto di citazione, ogni attribuzione in materia di società partecipate, con la conseguenza che la delibera n. 6/2014 era espressione solo di un indirizzo politico amministrativo, economico e sociale. Del resto, l’assunzione del personale SISEV nella società SIeSE era avvenuto perché, come si poteva leggere nella nota della Guardia di Finanza del 07.04.2014, i dirigenti responsabili non avevano fornito, dopo l’istituzione dell’Ufficio Speciale per l’informatica, le risorse economiche e professionali necessarie per il suo funzionamento, con la conseguenza che SIeSE si era trovata, in prossimità della data di scadenza della convenzione quadro 27 (22.12.2013), priva di idonee professionalità per garantire la prosecuzione ordinaria delle attività; la Giunta, quindi, aveva preso atto di tale situazione, basandosi anche sull’istruttoria compiuta e culminata con il parere dell’Avvocatura dello Stato. 4.3. Quanto all’elemento soggettivo dell’illecito ne denunciava l’insussistenza. Il suddetto convenuto, infatti, quale Assessore delle Infrastrutture e della Mobilità, non aveva alcuna competenza in materia e si era affidato all’istruttoria culminata con l’adozione del parere dell’Avvocatura dello Stato, parere tra l’altro indirizzato ad altri soggetti; aggiungeva che aveva avuto conoscenza della proposta della delibera in questione all’inizio della seduta del 14.01.2014 poiché l’inserimento all’ordine del giorno era avvenuto, nel pieno rispetto del regolamento, in via d’urgenza ad opera del Presidente della Giunta che si era attivato a seguito di richiesta degli assessori competenti (Economia e Funzione Pubblica). Rilevava, poi, di avere fatto affidamento sul parere dell’Avvocatura giacché nessuno degli assessori competenti (Economia e Funzione Pubblica), né il ragioniere generale - tra l’altro quest’ultimo aveva informato che solo il personale SIESEV era in grado di gestire il sistema informatico regionale - avevano sollevato criticità. 4.4. Invocava, l’esimente dell’insindacabilità delle scelte discrezionali di cui al comma 1 dell’art. 1 della legge n. 20/1994 per avere compiuto, con l’adozione della delibera contestata, un atto di 28 indirizzo politico a tutela di interessi pubblici al fine di evitare l’interruzione di servizi essenziali, il cui blocco avrebbe comportato il rischio di paralizzare l’attività amministrativa. Richiamava il principio di separazione tra l’indirizzo politicoamministrativo di competenza degli organi di governo e le funzioni di gestione di competenza dei dirigenti (comma 1 ter dell’art. 1 della legge n. 20/1994), tanto che l’istruttoria propedeutica all’adozione della delibera n. 6/2014 era stata posta in essere dagli organi burocratici, mentre gli adempimenti successivi erano stati rimessi al liquidatore. 4.5. Nel ritenere, comunque, legittima la procedura di assunzione dei lavoratori della SIESEV, che trovava il suo fondamento nell’art. 11 della convenzione quadro e nel comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010, richiamava uno stralcio della relazione della Guardia di Finanza del 07.04.2014 ove era possibile leggere: “Per quanto concerne il cosiddetto popolamento aziendale, l’impresa aggiudicataria SISEV S.c.r.l. ha assunto l’obbligo, espressamente previsto dalla documentazione di gara, di provvedere al progressivo quanto stabile trasferimento in SIESE S.p.A. di professionalità adeguatamente formate per consentire a quest’ultima, a regime, di gestire autonomamente i sistemi informatici regionali. Tale procedura, da ultimarsi entro e non oltre i 6/8 mesi antecedenti la fuoriuscita di SISEV S.c.r.I. dalla compagine societaria della SIeSE S.p.A., avrebbe quindi dovuto dotare la Regione Siciliana di una società in grado di affrontare, in piena 29 autonomia, le varie problematiche gestionali”. Infine, riteneva che non fossero applicabili i principi per il reclutamento del personale fissati dal comma 3 dell’art. 35 del decreto legislativo n. 165/2001 (riferiti alle società che gestivano servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica - art. 18, comma 1, del decreto legge n. 112/2008), sia perché SIeSE, al tempo del passaggio delle risorse da SISEV, non gestiva alcun servizio pubblico locale, sia perché non era a totale partecipazione pubblica. In ogni caso, l’esigenza di scongiurare conteziosi con il personale privato, come paventato nel parere dell’Avvocatura dello Stato, non era inverosimile per i numerosi giudizi attivati, la maggior parte dei quali si era concluso con il riconoscimento del diritto del lavoratore licenziato al reintegro (Tribunale di Palermo, ordinanza n. 39099/2914 del 29.10.2014, confermata con sentenza n. 345/2015 dell’11.02.201537), giusta l’applicazione dell’art. 2112 c.c. 4.6. Escludeva, in ogni caso, la sussistenza dell’illecito erariale poiché il passaggio di risorse umane da SISEV a SIeSE non costituiva ex se prova di alcun danno, tenuto conto che dovevano valutarsi anche i vantaggi acquisito dalla comunità amministrata di cui al comma 1 bis dell’art. 1 della legge n. 20/1994; negava, poi, il requisito della concretezza e dell’attualità per gli emolumenti non ancora maturati. 5. Scilabra Nella, componente della Giunta Regionale, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015, 30 con il patrocinio dall’avv. Francesco Stallone. Chiedeva l’assoluzione di ogni addebito per carenza dell’elemento soggettivo, per l’insussistenza del danno attesa l’infungibilità del personale assunto e lo stato di necessità scaturente dall’impellenza di non interrompere servizi essenziali, ravvisando comunque le condizioni per la sussistenza della compensatio lucri cum damno; in ogni caso riteneva non dovute le somme corrisposte alla Regione Siciliana a titolo di i.r.p.e.f.; in subordine, chiedeva l’esercizio del potere riduttivo. 5.1. Dopo avere ricostruito i termini fattuali della presente vicenda, escludeva l’elemento soggettivo della responsabilità poiché non era possibile pretendere un comportamento diverso; la volontà, infatti, di esprimere il voto favorevole alla delibera n. 11/2014 si era formata dopo avere preso in esame una serie di elementi forniti da soggetti posti al vertice dell’organizzazione tecnica (Ragioneria generale), vagliati da un organo consultivo particolarmente qualificato (Avvocatura distrettuale dello Stato) e avallati dall’Assessore alla Funzione Pubblica sulla base dell’istruttoria svolta dagli uffici tecnici di quest’ultimo; tali elementi conducevano inequivocabilmente per l’assunzione in SIeSE dei lavoratori di SIESEV al fine di scongiurare il blocco delle attività informatiche, con paralisi non solo dell’attività amministrativa interna ma anche di quella estera, tenuto conto che l’Ufficio Speciale non era entrato in funzione in quanto su 97 figure professionali previste solo 24 erano presenti e non erano in grado di gestire le attività 31 informatiche. Del resto, una soluzione alternativa era stata effettivamente adombrata dalla Ragioneria generale nel quesito del 13 dicembre 2013, con ricorso all’affidamento esterno ai sensi dell’art. 57 del decreto legislativo n. 163/2006 che, però, avrebbe comportato costi ben maggiori. 5.2. SIeSE, poi, non poteva essere qualificata come società a controllo analogo, come ritenuto dal pubblico ministero, poiché parte rilevante delle sue azioni apparteneva ad un socio privato; il tal senso vi era una giurisprudenza consolidata delle Corte di cassazione (ribadita anche di recente nella sentenza n. 5848/2015), confortata dalle pronunce della Corte dei Conti (Sezione Controllo Piemonte n. 159/2014), del Consiglio di Stato (Sezione V, n. 5079/2014) e dal Giudice europeo (19 giugno - 2014, C-574/12). Solo in data 26.03.2014, la Regione Siciliana acquisiva l’intero controllo della SieSE con la conseguenza che al momento dell’adozione della delibera n. 6 del 06.01.2014 la predetta società non poteva definirsi in house essendo società mista costituita mediante gara a doppio oggetto (scelta del contraente privato e affidamento della gestione dei servizi informatici), senza tra l’altro necessità di rispettare la procedura di evidenza pubblica per l’assunzione di personale prevista dall’art. 18 del decreto legge n. 112/2008 (Sezione Lombardia, parere n. 7/2012). 5.3. Sulla possibilità che la deroga di cui al comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010 riguardasse il caso in esame 32 richiamava la prescrizione contenuta al punto 6.2.3. del capitolato di appalto; in questa si leggeva che al fine della valutazione dell’offerta “devono inoltre essere messe in evidenza le modalità con cui il socio privato intende assumere l’obbligazione di trasferire il proprio know how, nel campo delle attività di interesse della Società Mista; l’organico di personale che nel tempo si ritiene sarà necessario dotare la Società mista per lo svolgimento delle varie attività di competenza, specificando il profilo professionale del personale da impiegare nelle attività, ed in che modo si intende gestire le fasi di transizione e di avvio della Società Mista e di conclusione del rapporto di partecipazione del socio privalo alla Società Mista”. Tale disposizione contrastava, ad avviso della dott.ssa Scilabbra, con l’interpretazione fornita dal pubblico ministero che escludeva nel trasferimento del know how il personale individuato dal socio privato. 5.4. Sul danno riteneva sussistenti le condizioni per la compensatio lucri cum damno poiché doveva tenersi conto delle prestazioni rese dai dipendenti della SIeSE, la cui utilizzazione era indispensabile e non sostituibile al fine di evitare l’interruzione di un servizio indispensabile; aggiungeva che al danno dovevano sottrarsi gli importi relativi all’imposizione fiscale poiché le somme dovute a titolo di i.r.p.e.f. erano di competenza della Regione Siciliana. 6. Stancheris Michela, componente della Giunta Regionale, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015, con il patrocinio dall’avv. Francesco Stallone. 33 La citata convenuta depositava una memoria difensiva di contenuto identico a quella di Scilabbra Nella e reiterava le conclusioni ivi formulate. 7. Valenti Patrizia, Assessore alla Funzione Pubblica, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015, con il patrocinio dall’avv. Giovanni Immordino, dell’avv. Giuseppe Immordino e dell’avv. Giuseppe Nicastro. Eccepiva, in via preliminare, il difetto di giurisdizione e nel merito chiedeva di essere dichiarata esente da responsabilità poiché non sussisteva alcun danno erariale e il comportamento da cui scaturiva l’evento dannoso non era a lei imputabile; in ogni caso sosteneva che la sua condotta non fosse connotata né da dolo né da colpa grave. 7.1. Quanto al difetto di giurisdizione, rilevava che SIeSE all’epoca dei fatti era una società mista, pubblico (51%) privato (49%), e che solo il 26.03.2014 la Regione aveva acquistato l’intero pacchetto azionario, con conseguente impossibilità, secondo la stessa giurisprudenza citata dal pubblico ministero, di configurarla come società in house; anche le assunzioni (23.01.2014 e 04.02.2014) erano avvenute prima che la Regione ne acquisisse il controllo totalitario. 7.2. Nel merito, assumeva la mancanza di nesso causale tra la sua condotta e le assunzioni del personale a tempo determinato avvenute esclusivamente da parte del liquidatore di SIeSE al quale erano stati rimessi gli adempimenti di competenza conseguenti 34 all’adozione della delibera n. 6/2014, senza che ciò comportasse alcun obbligo di assunzione; del resto, ciò si evidenziava anche dallo scambio di email, avvenuto il 20.12.2013, tra il dirigente del Servizio Partecipate e il commissario liquidatore di SIeSE. Contestava, poi, la quota di danno attribuita nella misura del 25% giacché gli altri soggetti coinvolti nella vicenda non avevano rappresentato alcuna criticità sul parere reso dall’Avvocatura dello Stato e lo stesso dirigente del Servizio Partecipate non aveva esternato alcuna perplessità né alla Giunta, né al Commissario liquidatore. 7.3. Negava la sussistenza dell’elemento psicologico poiché non aveva alcun motivo di dubitare della correttezza del parere reso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, non contestato né dai dirigenti responsabili dei Servizi coinvolti (convenuti in giudizio per quote minime e addirittura inferiori) né dal dott. Ingroia, dotato di notevole preparazione giuridica; del resto, la delibera contestata era solo una presa d’atto del parere dell’Avvocatura dello Stato in quanto si rimetteva al liquidatore per l’adozione degli atti di competenza (atti dal contenuto non specificato e assolutamente da determinare ad opera del medesimo Liquidatore e dagli organi di gestione della società mista). Che non vi fosse colpa grave emergeva anche dal fatto che le conclusioni rassegnate nel citato parere erano state fatte proprie dal Tribunale di Palermo (sentenza del 29.10.2014 nella causa iscritta al n. 8092/2014 RGL; sentenza del 29.10.2014 nella causa 35 iscritta al n. 8688/2014 RGL; sentenza nella causa n. 7428/2014 RGL che dichiarava illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore da Sicilia e Servizi s.p.a.). 7.4. Riferiva, poi, che secondo l’art. 6.2.3 del capitolato speciale d’appalto e i punti 5.4.3.3 e 5.4.4 del Piano Operativo Strategico SISEV aveva assunto in sede di gara l’obbligo di provvedere al progressivo, quanto stabile, trasferimento a SIeSE delle professionalità via adeguatamente formate, e ciò per consentirle l’autonoma gestione, a regime, dell’intera piattaforma dei sistemi informatici; tale personale, però, veniva assunto con notevole ritardo (e soltanto nel gennaio 2014) da parte di SIeSE che, in prossimità della cessazione del vincolo societario con SISEV si era trovata difronte ad un rischio di paralisi totale dell’attività informatica; tali clausole rientravano nella deroga prevista dal comma 6 dell’art. 20 della legge n. 11/2014 ed erano pienamente legittime, come anche chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 9/2013 e nella sentenza n. 425/2012 del T.A.R. Lecce. Né tantomeno ricorreva la violazione del comma 2 dell’art. 18 del decreto legge n. 112/2008 che non era applicabile alla società partecipata in questione. 7.5. Riteneva che per i vantaggi (art. 1 della legge n. 20/1994) conseguiti dalla SIeSE e dall’amministrazione dalle assunzioni di personale, il danno sarebbe stato in ogni caso da escludere, tenuto conto che l’Ufficio Speciale, come anche riferito 36 dal responsabile dello stesso, non sarebbe stato in grado di funzionare per la carenza delle professionalità necessarie, non avendo l’amministrazione bandito alcun concorso pubblico. 7.6. In ultimo, le assunzioni di cui è causa avevano comportato un risparmio di spesa nell’ordirne di circa 16 milioni di euro per mancati costi di intermediazione e mancati utili della società privata; se il personale non fosse stato assunto, invero, SIeSE o direttamente la Regione avrebbe dovuto pagare ben più alte consulenze, professionalità e manodopera per evitare la paralisi del sistema informatico regionale. Il reclutamento, in ogni caso non era avvenuto a buio, poiché il commissario liquidatore aveva istituito un’apposita commissione per valutare il personale trasferito. 8. Pisciotta Mariano, Ragioniere Generale, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 30.04.2015, con il patrocinio dall’avv. Stefano Polizzotto. Chiedeva, in via principale, il proscioglimento da ogni addebito e in via subordinata, la riduzione dello stesso. 8.1. Dopo avere ricostruito analiticamente le vicende riguardanti la genesi di SIeSE, società regionale mista pubblico (51%) e privato (49%), poneva l’attenzione, al fine di dirimere la presenta controversia, sul Piano Strategico (punto 5.4.4.) che, in armonia con le disposizioni del bando, prevedeva l’impegno del socio privato di trasferire, negli ultimi 6/8 mesi di partenariato, a SIeSE il know-how necessario alla gestione imprenditoriale, ivi 37 “inserendo nella struttura organizzativa tutte le risorse professionali chiave sia dal punto di vista gestionale che operativo”; del resto, anche nella convenzione quadro (art. 11), approvata con delibera di Giunta del 21 maggio 2007, regolante i rapporti fra Regione e SIeSE, era stato trasfuso il suddetto obbligo del socio privato di trasferire tutte le risorse professionali formate che si fossero ritenute necessarie al momento della fuoriuscita dalla compagine sociale per garantire un’autonomia gestionale alla società pubblica. In previsione dell’uscita del socio privato erano divenuti sempre più attuali e gravosi per l’amministrazione regionale i problemi attinenti, per un verso, alla continuità nell’erogazione delle attività informatiche e, per altro, alla carenza di professionalità qualificate necessarie a tale scopo. Per tale ragione, il Presidente della Regione e la Giunta avevano mostrato una chiara volontà politica tesa ad evitare fenomeni di cd. “popolamento” con l’adozione della determina n. 110 del 15.03.2013 che imponeva il divieto di assunzione per le società partecipate; veniva anche creato l’Ufficio Speciale per le attività informatiche, con la previsione di formare i dipendenti da parte della SISEV, nell’ottica della internalizzazione del servizio; di tale intento, con nota prot. n. 65955 del 26.11.2013, il suddetto convenuto informava il Collegio Sindacale di SIeSE, riscontrando apposita richiesta, e solo incidentalmente, a differenza di quanto contestato dal pubblico ministero, affermava che con l’approvazione dell’art. 35 della legge regionale n. 9/2013 e con l’adozione della 38 delibera di Giunta n. 110/2013 si rendeva difficoltoso e complesso il c.d. popolamento. Cosicché appariva non conforme al vero che con la richiesta di parere del 13.12.2013 all’Avvocatura dello Stato avrebbe contraddetto quanto legittimamente sostenuto nella nota precedente prot. n. 65955 del 26.11.2013; tale richiesta, poi, scaturiva da un atto di impulso del Commissario Liquidatore di SIeSE (nota prot. 2981 dell’11.12.2013 in cui si richiedeva di valutare la fattibilità tecnica e giuridica del c.d. popolamento) e dalla concreta difficoltà se non addirittura impossibilità di dare seguito ai contenuti della delibera di giunta n. 110/2013 che vietava il ripopolamento, per le difficoltà connesse al mancato funzionamento dell’Ufficio Speciale. Detta richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, lungi dal condizionarne la risposta, da un lato era volta a conoscere se vi fosse possibilità o meno di assumere il personale in questione, e dall’altro, in caso di risposta negativa, la strada da seguire, in particolare la procedura di evidenza pubblica da applicare. Aggiungeva che, in ogni caso, non era configurabile nella sua condotta alcuna grave negligenza per avere richiesto un parere ad un organo consultivo altamente qualificato per comprendere meglio come orientarsi. 8.2. Acquisto l’articolato parere, l’odierno convenuto lo trasmetteva, unitamente al dirigente del Servizio partecipate (Signorino), con nota prot. n. 71282 del 20.12.2013, all’Assessore dell’Economia, con apposita proposta di delibera; tale proposta, 39 però, era ritrasmessa all’Assessore per le Autonomie Locali e la Funzione Pubblica (Valenti) in quanto unico Assessorato competente in materia. Acquisito il parere dell’Assessore alla Funzione Pubblica, la Giunta in piena autonomia riformulava il testo della delibera, non tenendo più conto di quello originariamente predisposto dal dott. Pisciotta e dalla dott.ssa Signorino; la Giunta modificava, altresì, il testo della precedente delibera n. 110/2013 che imponeva il divieto di assunzione per le società partecipate, rimettendosi al Commissario liquidatore per gli adempimenti di competenza. Aggiungeva che l’assunzione dei lavoratori era stata rimessa dalla Giunta alla scelta del Liquidatore della società non per estraniarsi dal processo volitivo-gestionale finale, ma proprio per competenza. Le modalità sopra descritte escludevano, ad avviso del convenuto, il nesso causale tra la sua condotta e il danno. 8.3. Infine, riteneva errato l’assunto attoreo secondo il quale non avrebbe fatto nulla per rimediare all’arbitrario reclutamento operato dal commissario liquidatore. Ed invero, unitamente al dirigente del Servizio Partecipate (Signorino), con nota prot. n. 9398 del 21.02.2014, chiedeva al Commissario Liquidatore la trasmissione di tutti i contratti sottoscritti e di illustrare la procedura seguita ai fini di pervenire alle assunzioni in oggetto; non ritenuta esaustiva la risposta, con ulteriore nota prot. n. 27450 del 12.05.2014, unitamente al dirigente del Servizio 40 Partecipate, chiedeva ulteriori chiarimenti che erano forniti con nota prot. n. 934 del 16.05.2014. Preso atto che nessuna procedura ad evidenza pubblica era stata seguita nelle assunzioni, il dirigente del Servizio Partecipate predisponeva un promemoria per chiedere la revoca dall’incarico del Commissario liquidatore e l’interruzione dei rapporti di lavoro in essere; di tale promemoria, continuava l’odierno convenuto, non veniva a conoscenza a causa della cessazione dalla carica di Ragioniere Generale (novembre 2014), con la conseguenza che non gli era stato possibile concretizzare con una eventuale proposta definitiva al Presidente della Regione. 9. Il pubblico ministero depositava, in data 30.04.2015, memoria difensiva nella quale oltre a ribadire il contenuto del libello introduttivo del presente giudizio, arricchendolo di ulteriori argomentazioni e riscontri fattuali, dichiarava che il danno, al mese di marzo 2015, ammontava ad € 1.923.805,25, con conseguente aumento delle quote ai singoli convenuti che ripartiva nel seguente modo: - Rosario Crocetta euro 480.951,31 (= 25% di curo 1.923.805,25); - Patrizia Valenti euro 384.761,05 (= 20% di euro 1.923.805,25); - Dell’Aira Giuseppe Massimo euro 192.380,53 (= 10% di euro 1.923.805,25); - Mariano Pisciotta euro 192.380,53 (= 10% di euro 1.923.805,25); - Antonio Ingroia euro 192.380,53 (= 10% di euro 1.923.805,25); - Antonino Bartolotta euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di 41 euro 1.923.805,25); - Esterina Bonafedeeuro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di euro 1.923.805,25); - Dario Cartabellotta euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di euro 1.923.805,25); - Nella Scilabra euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di euro 1.923.805,25); - Michela Stancheris euro 95.590,26 (= 1/5 del 25%-3.000 di euro 1.923.805,25); - Rosanna Signorina euro 3.000,00 (danno definitivo). 10. Crocetta Rosario, Presidente della Regione, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 03.05.2015, con il patrocinio dall’avv. Attilio Luigi Maria Toscano. Eccepiva, in via preliminare, il difetto di giurisdizione; nel merito chiedeva l’assoluzione da ogni addebito. In via istruttoria, chiedeva l’acquisizione dei fascicoli del personale in servizio presso l’ufficio speciale (Ufficio di Coordinamento) con l’indicazione dei profili professionali d’ingresso presso l’amministrazione, con i relativi titoli di studio e le esperienze pregresse; consulenza tecnica d’ufficio al fine di provare che l’assunzione dei dipendenti in SIeSE avesse determinato un risparmio di spesa per la Regione Siciliana; consulenza tecnica d’ufficio al fine di provare che il valore della quota societaria della Regione Siciliana in SIeSE non fosse mai diminuita in conseguenza delle assunzioni dei dipendenti ex SISEV. 42 10.1. Riferiva che SIeSE, al tempo dei fatti contestati (assunzioni del 15.02.2014 e del 04.02.2014), era una società partecipata in misura prevalente dalla Regione (51%) e per il resto (49%) dal socio privato (SISEV), e svolgeva le attività informatiche di competenza della Regione. Non trattandosi, pertanto, di società in house per la cui esistenza era necessaria una partecipazione pubblica totalitaria, sosteneva che la presente controversia esulasse dalla giurisdizione della Corte dei conti, come da pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione che richiamava. 10.2 Quanto al merito, sosteneva che l’Ufficio per “l’attività di coordinamento dei sistemi informativi regionali e l’attività informatica della Regione e delle pubbliche amministrazioni regionali” (Ufficio Speciale), istituito con l’art. 35 della legge regionale n. 9/2013, quale Ufficio speciale temporaneo “per il soddisfacimento di esigenze particolari, per la realizzazione di specifici programmi e progetti di rilevante entità e complessità per lo svolgimento di particolari studi o elaborazioni” (comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 10/2000), non avesse in alcun modo, come ritenuto dal requirente, funzioni “di svolgimento delle attività informatiche della Regione e delle pubbliche amministrazioni”, restando queste riservate ope legis alla società SIeSE, tanto che al personale da assegnare si richiedeva semplicemente di avere “svolto competenze informatiche e/o di gestione di centri elaborazione dati” (comma 4 dell’art. 35 della legge regionale n. 9/2013), senza alcuna 43 procedura selettiva in ordine quantomeno alle specifiche competenze richieste. Non vi era, quindi, alcuna sovrapposizione funzionale tra le attribuzioni delle due strutture. Il principio del reclutamento tramite procedura selettiva ex art. 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001 si applicava solo alle società che gestivano servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica (art. 18, comma 1, del decreto legge n. 112/2008), tra le quali non rientrava la SIeSE al tempo dei fatti contestati sia perché non era a totale partecipazione pubblica, sia perché non gestiva alcun servizio pubblico locale, svolgendo la sua attività esclusivamente per la Regione; alla SIeSE poteva applicarsi solo il comma 2 del citato art. 18 del decreto legge n. 112/2008 che imponeva il “rispetto dei principi anche di derivazione comunitaria di trasparenza, pubblicità e imparzialità”. Inoltre, la Regione Siciliana aveva previsto una deroga al divieto di assunzioni per le società partecipate operanti in aree strategiche, quale SleSE operante ope legis nell’“area innovazione, attività informatiche e I.C.T. della Regione” (art. 20, comma 1, lett. c della legge regionale n. 11/2010), facendo espressamente “salvo quanto previsto da procedure contrattuali discendenti da bandi di evidenza pubblica, effettuati prima dell’entrata in vigore della presente legge” (art. 20, comma 6, della legge citata). 10.3. Sosteneva, poi, che nel reclutamento del personale erano stati rispettati i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità di cui al comma 2 dell’art. 18 del decreto legge n. 112/2008 poiché il 44 Commissario liquidatore aveva istituito apposita commissione per la verifica delle professionalità del personale assunto, non confermandone, all’esito della verifica, ben 17 unità per giudizio di inidoneità. Aggiungeva che il capitolato speciale di appalto (punto 6.2), espressamente richiamato dal bando (punto 6.2.3.), e la convezione quadro (art. 11) prevedevano che il socio privato trasferisse a quello pubblico il know how per la gestione in autonomia del servizio, unitamente al personale necessario. 10.4. Premetteva che al momento del suo insediamento, avvenuto il 10.11.2012, la situazione della gestione dei servizi informatici da parte di SIeSE si presentava già particolarmente complessa e caratterizzata da profili di urgenza per omissioni e ritardi imputabili alla pregressa gestione, con la conseguenza che residuava un tempo molto limitato per riorganizzare il servizio prima della fuori uscita dalla compagine associativa del socio privato, prevista per il 23.12.2013, tenuto conto che l’Ufficio speciale non aveva alcuna competenza in materia, né professionalità interne adeguate. Il ragioniere generale (Pisciotta) e il dirigente del Servizio 12 (Corrao), con nota prot. n. 3983 del 09.07.2013, informavano solamente l’Assessore alle Autonomie Locali e non il Presidente della Regione, che la situazione complessiva dei rapporti tra la Regione e SIeSE aveva di fatto impedito di internalizzare il servizio, con il pericolo del blocco delle attività informatiche al momento della 45 fuori uscita di SISEV; gli stessi burocrati riferivano, inoltre, che anche l’affiancamento di personale dipendente regionale poneva gravi criticità per l’assenza di figure professionali specifiche e per la necessità di garantire un servizio continuativo giornaliero. Il Presidente della regione, quindi, non poteva supplire in pochi mesi ad una inerzia protratta per 8 anni. Il convenuto puntualizzava di essere stato del tutto estraneo alla richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, aggiungendo che tale richiesta era stata sorretta dalla risoluzione di complesse questioni tecniche, aggravate dall’impellenza dell’intervento per evitare il blocco delle attività informatiche, e non da esigenze occupazionali. Del resto, la contestata delibera n. 6/2014, meramente riproduttiva del parere reso dall’Avvocatura dello Stato, era stata emessa a seguito di proposta dei massimi vertici tecnici dell’apparato burocratico, quali il ragioniere generale e il dirigente del servizio partecipate, demandando al commissario liquidatore l’adozione dei conseguenti provvedimenti di competenza. 10.5. Negava la sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito erariale poiché si era trovato, dopo l’insediamento avvenuto il 10.11.2012, a gestire una situazione particolarmente complessa che presentava indubbi profili di urgenza con la fuoriuscita del socio privato prevista per il 23.12.2013, originata dall’inerzia precedente protratta per oltre otto anni, aggravata dall’impossibilità di funzionamento dell’Ufficio, le cui 97 unità erano 46 state assegnate il 18.10.2013, il responsabile designato il 21.10.2013, mentre l’attivazione dei necessari incontri per rendere operativo l’Ufficio si erano svolti il 16.12.2013; del resto, lo stesso responsabile con nota dell’11.02.2014 segnalava la non piena operatività del citato Ufficio speciale. L’elemento soggettivo era anche escluso dal parere reso dall’Avvocatura dello Stato che aveva risolto questioni tecniche particolarmente complesse. L’adozione della delibera n. 6/2014, quindi, era avvenuta nel pieno rispetto dell’art. 97 della Costituzione per garantire lo svolgimento di un servizio essenziale, e con risparmi di spesa, come da prospetto che indicava. 10.6. Quanto al danno, comunque non provato dal pubblico ministero, ne sosteneva l’insussistenza sia perché la Regione Siciliana non aveva sborsato alcunché per i compensi ai lavoratori della SIeSE, gravando esclusivamente sul patrimonio di quest’ultima, sia perché la remunerazione di un servizio svolto non comportava alcun vulnus alle casse pubbliche; invocava il comma 1 bis dell’art. 1 della legge n. 20/1994. 11. Dell’Aira Giuseppe, Avvocato dello Stato, si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 06.05.2015, con il patrocinio dall’avv. Salvatore Raimondi. Chiedeva, in via principale, di dichiarare la nullità della citazione, in via subordinata di dichiarare il difetto di giurisdizione, in via ulteriormente subordinata l’assoluzione da ogni addebito per 47 mancanza del requisito soggettivo e del danno. 11.1. Dopo avere dettagliatamente esposto i fatti riguardanti la genesi di SIeSE, eccepiva la nullità degli atti istruttori per violazione del comma 30 ter dell’art. 17 del decreto legge n. 78/2009 convertito nella legge n. 141/2009 per mancanza di una specifica e concreta notizia di danno. In particolare, sosteneva che la vicenda del presunto danno erariale avesse avuto diffusione nella stampa locale e nazionale in data prossima al 18.04.2014, mentre già il 03.02.2014 la Procura aveva avviato le indagini, chiedendo copia della delibera n. 6/2014, in assenza di una specifica e concreta notizia di danno. All’uopo, elencava minuziosamente e cronologicamente, riportandone il contenuto, le diverse notizie di stampa riguardanti la vicenda in questione. 11.2. Quanto al difetto di giurisdizione osservava che all’epoca del rilascio del parere e delle successive assunzioni da parte del Liquidatore, fatti asseritamente produttivi del danno erariale, la società Sicilia e Servizi s.p.a. era partecipata solo al 51% dalla Regione Siciliana, tramite la società Sicilia e Innovazione s.p.a., e per il restante 49% dal socio privato Sicilia e Servizi Venture s.c.r.l.; solo il 26.03.2014 la Regione acquisiva l’intero pacchetto azionario. All’epoca dei fatti SIeSE, quindi, non era configurabile come società in house a causa della mancanza della partecipazione totalitaria pubblica e ciò escludeva la giurisdizione della Corte dei 48 conti, come del resto anche chiarito nella recente sentenza n. 22608/2014 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, essendo sulla questione del tutto irrilevante il richiamo operato dall’attore pubblico all’art. 78 della legge regionale n. 6/2001. 11.3. Contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del danno poiché la questione oggetto del parere era stata approfonditamente valutata, al fine di prevenire anche possibili contenziosi, giungendo ad una soluzione giuridicamente argomentata sia sulla base di un’attenta analisi della normativa nazionale e regionale, sia in base all’art. 2112 c.c. Del resto, che la questione trattata fosse particolarmente complessa poteva desumersi dalla lettura di altri pareri richiesti nel 2011 ad esperti giuristi. Ciò evidenziava che le soluzioni potevano essere tecnicamente e motivatamente condivisibili, e nello stesso tempo giuridicamente opinabili, ma non per questo - in quanto non condivise dall’organo requirente - frutto di “soggettiva deviazione dalle primarie regole di comportamento”. Del resto, a queste iniziali oscillazioni interpretative seguiva un altrettanto oscillante orientamento giurisprudenziale del Tribunale di Palermo. I giudici ritenevano ora condivisibile le conclusioni contenute nel parere dell’Avvocatura dello Stato, accogliendo in base all’art. 2112 c.c. i ricorsi di lavoratori SISEV licenziati, ora pronunciandosi in modo difforme, con il rigetto delle domande dei lavoratori; 49 aggiungeva che la Corte di Appello aveva invece ritenuto di accogliere le domande di un lavoratore SISEV licenziato per inidoneità, ordinando a SIeSE di procedere all’assunzione con contratto a tempo indeterminato, e affermando che nel rapporto doveva trovare piena applicazione l’art. 2112 c.c., previo richiamo a stralci del parere reso dall’Avvocatura. Aggiungeva che non sussisteva alcun possibile margine di efficienza causale tra il parere emesso e gli atti adottati dalla Regione e dalla società, come del resto anche segnalato dalla Guardia di Finanza nella relazione del 07.04.2014. 11.4. Riteneva, poi, non sussistente il danno poiché le prestazioni lavorative erano state realmente rese ed erano state necessarie per evitare il blocco delle attività informatiche, con conseguente paralisi dell’azione amministrativa; del resto, il comma 1 bis dell’art. 1 della legge n. 20/1994 imponeva di tenere comunque conto dei vantaggi acquisti dalla comunità amministrata. Aggiugeva che l’assunzione dei lavoratori SISEV da parte della SIeSE aveva avuto un costo minore poiché in precedenza quelle stesse prestazioni, a causa dell’intermediazione e dell’utile del socio privato, erano state remunerate ad un costo ben maggiore. Si soffermava anche sull’istituzione dell’Ufficio Speciale e, dopo un’attenta disamina della normativa, riteneva che la sua istituzione non fosse avvenuta per la gestione delle attività informatiche di competenza esclusiva di SIeSE; in ogni caso per i 50 ritardi burocratici non era idoneo a gestire tali attività informatiche. 11.5. Quanto alla normativa richiamata nel libello introduttivo del presente giudizio, sosteneva, con ampie argomentazioni giuridiche arricchite da riferimenti giurisprudenziali, che, per la particolarità di SIeSE non potessero trovare applicazione le norme nazionali, quali l’art. 18 (sia il comma 1 che il comma 2) del decreto legge n. 112/2008, che l’art. 4 del decreto legge n. 95/2012, richiamando in quest’ultimo caso anche la sentenza n. 229/2013 della Corte costituzionale. Quanto alla normativa regionale, dopo avere ricordato che l’incipit del testo del comma 6 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010 vigente alla data del 31 dicembre 2013 conteneva esplicito riferimento alla “salvaguardia dei livelli occupazionali in essere”, e dopo avere riportato ampi stralci dei lavori preparatoti di approvazione del testo di legge, richiamava - per ritenere operante la clausola di salvaguardia di cui in precedenza - i contenuti vincolanti del capitolato e degli atti programmatori, dai quali emergeva che allo scopo di realizzare il trasferimento del know how, imposto dal piano operativo strategico e dall’accettazione del capitolato speciale di gara (punti 1.3. e 1.3.2.), era necessario anche trasferire le necessarie professionalità; aggiungeva che l’apposita Commissione parlamentare, nella relazione del 22.12.2011, aveva evidenziato svariate “inadempienze del socio privato” tra le quali “il processo di trasferimento e consolidamento del know how (alias popolamento)”. 51 Del resto, il ritardo nel trasferimento di questo personale aveva comportato la liquidazione di notevoli e ingiustificati compensi a favore di SISEV. Aggiungeva che tale questione del popolamento, a differenza di quanto sostenuto dal pubblico ministero, era stata sempre attuale già con la costituzione della SIeSE e si era ripresentata con la nuova convenzione quadro del 2007, nonché in prossimità della fuoriuscita del socio privato SISEV; all’uopo tracciava un approfondito excursus di tale vicenda. Poi, lo stesso regolamento adottato dal consiglio di amministrazione della SieSE nella seduta del 03.03.2010 era destinato ad operare nella sola fase del popolamento prevista dagli atti contrattuali e procedimentalizzata nelle successive fasi, condizionando l’idoneità del personale, aspirante a singoli ruoli e funzioni, agli esiti di colloquio individuale davanti a competenti Commissioni di validazione. In fine, richiamava la giurisprudenza amministrativa che riconosceva la legittimità della clausola contrattuale di diretta assunzione a tempo indeterminato di chi fosse già utilizzato da precedenti gestori del servizio “internalizzato”, ritenendo vincolante (anche in coerenza ad orientamenti espressi proprio dalla Corte Costituzionale) la c.d. “clausola sociale di protezione, salvaguardia o assorbimento”. 11.6. Infine, negava che il parere reso avesse alcun vincolo di consequenzialità con le scelte 52 concretamente effettuate dall’amministrazione poiché l’attività consultiva non poteva in alcun modo interferire con le scelte di competenza dell’amministrazione stessa. Rilevava, poi, che il pubblico ministero aveva premiato il comportamento della dott.ssa Signorino che, dopo avere chiesto il parere, aveva manifestato perplessità e aveva chiesto la cessazione degli effetti dei rapporti contrattuali stipulati; ciò aveva comportato secondo l’avviso attoreo una minore efficacia eziologica della condotta e l’interruzione degli effetti permanenti del danno, con una riduzione del quantum a lei contestato. Ne conseguiva che applicando lo stesso parametro, non potendo il convenuto in questione elidere le conseguenze dannose dopo avere reso il parere, trattandosi la sua di una mera funzione consultiva, il danno avrebbe dovuto essere quantificato esclusivamente con gli esborsi iniziali e non anche con quelli successivi. 12. Ingroia Antonio si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 18.05.2015, con il patrocinio dall’avv. Mario Serio e dell’avv. Carmelo Elio Costanza. Eccepiva, in via preliminare, il difetto di giurisdizione e nel merito chiedeva l’assoluzione da ogni addebito; in via subordinata, chiedeva la graduazione della responsabilità limitandola pro quota all’apporto residuale nella causazione dell’evento. 12.1. Sulla giurisdizione escludeva l’assenza del controllo analogo da parte dell’amministrazione regionale su SIeSE al momento della contrattualizzazione dell’ex personale SISEV, 53 ponendo altresì l’accento sulla netta separazione del patrimonio societario da quello pubblico; richiamava anche la sentenza del 24.03.2015 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione che aveva confermato il principio della non assoggettabilità alla giurisdizione contabile delle condotte asseritamente pregiudizievoli poste in essere dagli amministratori di società miste (pubblico/privato) prima della loro trasformazione in società in house (nel caso in esame i contratti dell’ex personale SISEV erano stati stipulati in data antecedente l’acquisizione dell’intero pacchetto azionario da parte della Regione, avvenuto in data 26.03.2014, e l’avvio del controllo analogo, deliberato dall’assemblea dei soci il 18.11.2014). Sosteneva di avere agito iure privatorum nell’ambito di apposito mandato ricevuto dall’amministrazione regionale e richiamava l’art. 6.2.3 del capitolato speciale di appalto, l’art. 11 della schema di convenzione, gli artt. 2.2.3.2., 5.3.2., 5.4.3.3., 5.4.4.1., 5.4.4., 5.5.3. del piano strategico dai quali si poteva desumere che il cosiddetto popolamento era avvenuto in esecuzione di un obbligo assunto dal socio privato in sede di gara, consistente nella formazione e nel trasferimento di apposite risorse, con l’obiettivo finale di consegnare all’amministrazione regionale una società in grado di affrontare tutte le problematiche imprenditoriali in piena autonomia gestionale, con una struttura organizzativa stabile. 12.2. Riferiva che la contrattualizzazione del personale SISEV non fosse avvenuta in violazione al divieto di assunzione 54 sancito dalla normativa nazionale e regionale ma in applicazione alle prescrizioni contenute nel comma 6 dell’art. 20 della legge n. 11/2010 ed al principio generale del tempus regit actum; infatti, con delibera del consiglio di amministrazione del 10.03.2008, in conformità agli atti di gara e su espressa sollecitazione del Dipartimento Regionale Bilancio e Tesoro (nota n. 39649/2007), terminata la fase iniziale di start up, veniva avviato il processo di strutturazione societaria di SIeSE (c.d. popolamento) con l’inserimento stabile delle prime 11 risorse a tempo indeterminato, proseguito con 74 assunzioni a tempo determinato nel gennaio e febbraio 2014; ciò non costituiva un processo di assunzione di nuovo di personale (e quindi ovviamente sottoposto alle disposizioni normative sopravvenute) ma adempimento di uno specifico obbligo di gara in corso di esecuzione, sul quale le prescrizioni normative sopravvenute, richiamate nell’atto di citazione (comma 2 dell’art. 18 del decreto legge n. 112/2008; delibera di Giunta n. 221/2008; art. 1 comma 10 della legge regionale n. 25/2008), non potevano trovare applicazione poiché avrebbero inciso sul sinallagma contrattuale, come anche riconosciuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sezione V, 12.06.2009, n. 3750; 29.01.2009 n. 498) e della Corte dei conti (Sezione Controllo Puglia, deliberazione n. 41/2010), con l’impossibilità del socio privato di ottemperare correttamente all’obbligo assunto in sede di gara circa il trasferimento del know how, tanto che per evitare tale infausto effetto era stato emanato il comma 6 dell’art. 20 della suddetta legge regionale n. 11/2010, 55 disposizione confermata dal comma 2 dell’art. 23 della legge regionale n. 5/2014. 12.3. La contrattualizzazione delle risorse ex SISEV era avvenuta sulla base di una preventiva e ponderata valutazione del fabbisogno aziendale e non “al buio”, come contestato; infatti, se con nota prot. n. 74 del 15.01.2014 era stata anticipata alla Presidenza della Regione una “relazione di sintesi sul processo di transizione e strutturazione”, con successiva nota prot. n. 84 del 17.01.2014, al termine di una articolata attività ricognitiva, era stato presentato un dettagliato piano, contenente l’elencazione dei servizi gestiti e da gestire, con particolare riferimento: ad alcune attività strategiche (infrastruttura 118, gestione del bilancio, anagrafe assistiti della regione siciliana, gestione dei titoli di spesa, sistema di gestione del personale, gestione posta elettronica gestione del sistema di fonia, gestione della rete ed apparati, gestione buste paga dei medici e pediatri, gestione dei portali, protocollo informatico), agli obiettivi da conseguire, alla struttura organizzativa e al personale (per un totale di n. 91 risorse); il citato piano, senza ricevere indicazione contraria dalla Presidenza della Regione, era poi inviato al Dipartimento Regionale Bilancio e Tesoro - Ragioneria Generale - per il controllo di competenza. 12.4. Non vi era, poi, alcuna incompatibilità tra SIeSE e l’Ufficio Speciale di cui all’art. 35 della legge regionale n. 9/2013 poiché le rispettive funzionalità riguardavano differenti e convergenti competenze: un ruolo operativo ed esecutivo in capo alla società 56 strumentale (SIeSE) ed un ruolo di coordinamento strategico e controllo in capo all’amministrazione regionale (Ufficio Speciale). Del resto, se il legislatore regionale avesse voluto sostituire SIeSE avrebbe dovuto abrogare l’art. 78 della legge regionale n. 6/2001 che invece è ancora vigente, come anche confermato dalle prescrizioni di cui all’art. 23 della legge regionale n. 5/2014. Con riferimento al contestato recepimento acritico del parere dell’Avvocatura dello Stato sosteneva da un lato che non era stato il destinatario diretto o indiretto del citato parere e dall’altro che proprio il ruolo di imparzialità ricoperto dall’autore dello stesso dispensava da uno specifico obbligo di motivazione nell’ipotesi di suo recepimento. 12.5. Negava l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave sulla base delle altalenanti pronunce del Tribunale del Lavoro, con particolare riguardo a quelle che avevano riconosciuto il diritto dei lavoratori ex SIeSE, licenziati a seguito del giudizio di non idoneità espresso dall’apposita commissione di valutazione, ad essere assunti non a tempo determinato ma addirittura a tempo indeterminato. 12.6. In ultimo, sosteneva che non vi fosse alcun danno erariale che al contrario sarebbe scaturito proprio dal mancato popolamento, ossia dalla mancata acquisizione al patrimonio regionale del know how posseduto dal personale appositamente formato dal socio privato (in ottemperanza ad un preciso - e tutt’altro che travisato - obbligo di 57 gara); aggiungeva che la contrattualizzazione di detto personale aveva consentito una drastica riduzione dei costi ed un contestuale contenimento della spesa giacché prima del 23.01.2014, una risorsa remunerata per il tramite di SISEV costava all’amministrazione regionale circa € 155.000,00 l’anno, mentre la stessa risorsa contrattualizzata costava non giù di € 40.000,00 l’anno. 13. Il pubblico ministero depositava, in data 18.05.2015, memoria con la quale replicava sul difetto di giurisdizione, sull’eccezione di nullità della citazione, sull’insussistenza della volontà di internalizzazione del servizio, sull’insussistenza di un regime restrittivo nel reclutamento di personale nelle società partecipate, sull’utilitas conseguita dall’amministrazione, sull’insussistenza dell’elemento psicologico degli assessori. 14. Il Presidente Crocetta depositava, in data 19.05.2015, ulteriore memoria a sostegno delle proprie argomentazioni difensive. 15. All’udienza del 20.05.2015, le parti discutevano la causa, confermando le conclusioni contenute nei propri scritti difensivi; l’avv. Girolamo Rubino per la convenuta Signorino Rossana, l’avv. Francesco Stallone per le convenute Scilabra Nella e Stancheris Michela, l’avv. Stefano Polizzotto per il convenuto Pisciotta Mariano si associavano all’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle difese degli altri convenuti. Considerato in DIRITTO 58 1. Il pubblico ministero ha convenuto in giudizio Crocetta Rosario, Presidente della Regione Siciliana, Bartolotta Antonino, Bonafede Esterina, Cartabellotta Dario, Scilabra Nella, Stancheris Michela, componenti della Giunta Regionale, Valenti Patrizia, Assessore alla Funzioni Pubblica, Dell’Aira Giuseppe, Avvocato Distrettuale dello Stato, Pisciotta Mariano, Ragioniere Generale, Signorino Rossana, Dirigente del Servizio Partecipate, e Ingroia Antonino Commissario Liquidatore di Sicilia e Servizi s.p.a., per sentirli condannare al pagamento, secondo quote computate in base al contributo eziologico di ciascuno e sopra specificate, della complessiva somma di € 1.063.078,50, nonché degli ulteriori incrementi a maturare nel tempo e quantificati nella memoria depositata in data 30.04.2015 in € 1.923.805,25 con riferimento agli esborsi effettuati fino al mese di marzo 2015, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali; la citata condanna è stata richiesta a titolo di danno erariale patito da Sicilia e Servizi s.p.a. quale conseguenza dell’illegittimo reclutamento nella predetta società, con contratti a tempo determinato stipulati il 23.01.2014 e il 04.02.2014, di 74 unità di personale che prestavano servizio presso Sicilia e Servizi Venture s.c.a.r.l, socio privato di Sicilia e Servizi s.p.a., società quest’ultima partecipata al 51% dalla Regione Siciliana (al 100% dal 26.03.2014) e avente ad oggetto lo svolgimento delle attività informatiche per conto dell’amministrazione regionale. 2. Compito iniziale del Collegio è vagliare le eccezioni preliminari che sono state sollevate dalle difese dei convenuti. 59 Tutti hanno eccepito, nelle memorie difensive e/o durante la discussione orale, il difetto di giurisdizione. La difesa dell’avv. Dell’Aira Giuseppe ha eccepito anche la nullità degli atti istruttori per violazione del comma 30 ter dell’art. 17 del decreto legge n. 78/2009 convertito in legge n. 102/2009, anteponendola al difetto di giurisdizione. Essendo compito del Collegio individuare l’ordine logico delle questioni preliminari da esaminare, non può condividersi quello individuato dalla difesa del citato convenuto perché l’eccezione di nullità, tesa a paralizzare in nuce l’azione di responsabilità del pubblico ministero, presuppone proprio il radicamento della giurisdizione contabile; ne consegue che preliminarmente è necessario vagliare l’eccezione di giurisdizione. 3. Ai fini della disamina della suddetta eccezione deve richiamarsi il quadro normativo e fattuale di riferimento. 3.1. L’art. 78 della legge regionale n. 6/2001, come anche modificato dall’art. 15 della legge regionale n. 21/2001, ha previsto la costituzione di un’apposita struttura societaria per lo svolgimento delle attività informatiche di competenza delle amministrazioni regionali, con partecipazione prevalente della Regione, con l’unica ed esclusiva funzione di servizio nei confronti di quest’ultima; il citato organismo societario, chiamato ad operare secondo gli indirizzi strategici del Governo, “è equiparato, per gli effetti di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, alle pubbliche amministrazioni previste dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 60 medesimo”. 3.2. E’ stata bandita, conseguentemente, una gara pubblica (appalto concorso) a doppio oggetto sia per fornire e realizzare un complesso sistema denominato info-telematico “Piattaforma Telematica Integrata” (P.T.I. Sicilia) secondo le modalità indicate nel capitolato speciale di appalto, sia per individuare il socio privato della costituenda società mista cui affidare la gestione della citata piattaforma competenza e lo delle svolgimento delle amministrazioni attività regionali; informatiche di l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con D.D.G. n. 1135 del 22.09.2005. 3.3. Il 20.12.2005 è stata costituita la società mista Sicilia e Servizi s.p.a. (SIeSE) con capitale intestato per il 51% a Sicilia e Innovazione s.p.a., la cui quota societaria è stata poi interamente acquisita in data 27.10.2006 dalla Regione Siciliana, e per il restante 49% al socio di minoranza privato Sicilia e Servizi Venture s.c.r.l. (SISEV), come si legge nella relazione della Guardia di Finanza prot. n. 0193238/14 del 07.04.2014. 3.4. Nello statuto (aff. 67 ss) di SIeSE agli atti si legge: - art. 5: “la Società ha unica ed esclusiva funzione di servizio per la Regione Siciliana” (comma 3); “essa svolge attività informatiche … anche in favore di altre amministrazioni pubbliche e di soggetti giuridici privati (persone fisiche, persone giuridiche, altri soggetti ed enti giuridici privati) solo previo consenso del socio di maggioranza e alle condizioni e secondo le modalità dallo stesso socio indicate, nella misura in cui tale attività realizzi comunque una funzione di 61 servizio per la Regione stessa” (comma 4); “la società potrà … compiere tutte le operazioni commerciali, industriali e finanziarie, mobiliari e immobiliari, conseguimento dello Amministrazione … ritenute scopo attuare necessarie sociale, rapporti di dal o utili, per il Consiglio di collaborazione e/o rappresentanza con altre imprese, società o organizzazioni aventi oggetto analogo, affine, connesso o complementare al proprio, nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge” (comma 5); “la società, ferma la rilevanza del servizio, è governata con criteri imprenditoriali ed ha scopo di lucro” (comma 5 rectius 6 - aff. 71); - art. 8: “fino allo scadere del quinto anno dalla data di costituzione della società non potranno essere compiuti atti di cessione di azioni o di costituzione di diritti sulle stesse da parte dei soci diversi dal socio pubblico di maggioranza”; - art. 9: scaduto il quinquennio, il socio di minoranza che intenda trasferire la titolarità delle azioni deve darne comunicazione con lettera raccomandata al socio pubblico che può esercitare, entro precisi termini decadenziali, il diritto di prelazione; tale diritto qualora non esercitato consente il compimento del negozio di trasferimento delle azioni “con le limitazioni di cui al successivo articolo 10 del presente Statuto”; - art. 10: la cessione della titolarità delle azioni, qualora non sia esercitata la prelazione, è comunque soggetta al “preventivo assenso del Consiglio di Amministrazione” da pervenire entro espressi termini decadenziali e il “gradimento o il suo diniego dovrà 62 essere motivato … con esclusivo riferimento al rispetto dei criteri e alla verifica dei presupposti” tesi a comprovare l’esperienza dell’acquirente nel campo informatico, l’accettazione dei patti parasociali e delle obbligazioni gravanti sul socio alienante. 4. Per accertare la sussistenza o meno della giurisdizione della Corte dei conti, come ripetutamente ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (ex multis n. 5848/2015, n. 15942/2014, n. 5491/2014, n. 14957/2011, n. 19662/2003 e n. 1180/2000), occorre verificare la sussistenza dei relativi presupposti con riferimento al momento della causazione del danno erariale, ovverosia al tempo della condotta posta in essere, a nulla rilevando che, per successivi cambiamenti normativi, l’ente danneggiato abbia mutato natura. Nella fattispecie in esame, quindi, deve farsi riferimento al momento in cui alle condotte a vario titolo contestate agli odierni convenuti (secondo la prospettazione attorea il comportamento contra ius è iniziato con la richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato da parte del ragioniere generale e del dirigente del Servizio partecipate, effettuata con la nota prot. n. 69839 del 13.12.2013) è seguita la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato, avvenuta il 23.01.2014 e il 04.02.2014, per l’assunzione in Sicilia e Servizi s.p.a. di 74 unità di personale che prestavano servizio presso Sicilia e Servizi Venture s.c.a.r.l. 5. Tutti i convenuti, con eccezione del liquidatore di SIeSE, sono dipendenti o amministratori della Regione Siciliana e 63 dell’Avvocatura dello Stato e, quindi, per costoro viene anche in rilievo il comma 4 dell’art. 1 della legge n. 20/1994 secondo il quale “la Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dei dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o ad enti pubblici diversi da quelli di appartenenza”. Ciò posto, il Collegio deve valutare, preliminarmente, se SIeSE possa qualificarsi come amministrazione pubblica, ente pubblico o società in house; in altri termini, deve verificare se sussista il presupposto sulla cui base sia poi possibile accertare se esistente e come articolare la relazione funzionale tra gli autori dell’illecito (gli odierni convenuti) e l’ente danneggiato (SIeSE) per ulteriormente radicare la giurisdizione contabile. 5.1. Il pubblico ministero, nel libello introduttivo del presente giudizio, ha sostenuto che “SIeSE può …. qualificarsi come organo indiretto a dotazione erariale, previsto dalla legge” giacché è la legge regionale che attribuisce alla società mista lo svolgimento delle attività informatiche, qualificandola anche come pubblica amministrazione; inoltre, ha soggiunto che la predetta società opera solo per la Regione Siciliana a seguito dell’art. 13 del decreto legge n. 223/2006 (la riduzione dell’oggetto sociale sarebbe stata formalizzata il 24.07.2007), la provvista deriva unicamente dai corrispettivi regionali per la remunerazione del servizio offerto, l’attività è regolamentata dalla convenzione quadro e dagli atti a valle (POS e PEA) approvati dalla Regione e sottoposti a penetranti 64 controlli tecnici e funzionali da parte di quest’ultima; in ultimo, al pari delle altre società strategiche è sottoposta al controllo analogo prescritto dall’art. 4 del D.A. n. 1720 del 28.09.2011. 5.2. Innanzitutto, a parere del Collegio il comma 1 dell’art. 78 della legge regionale n. 6/2001 non qualifica l’organismo societario de quo come pubblica amministrazione ma lo equipara “per gli effetti di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, alle pubbliche amministrazioni previste dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo medesimo” (amministrazioni autonome dello Stato ed enti pubblici non economici nazionali) che detta norme in materia di sistemi informativi automatizzati; l’equiparazione non avviene, pertanto, sulla natura pubblica ma sullo svolgimento delle attività informatiche e del resto non si comprenderebbe come una società di capitali, con partecipazione del privato nella misura del 49%, che per statuto ha scopo di lucro ed è governata con criteri imprenditoriali, possa qualificarsi come pubblica amministrazione, mancando tra l’altro ogni possibilità di porre in essere gli atti autoritativi che connotano peculiarmente gli enti di cui al comma 1 del decreto legislativo n. 39/1993 (amministrazioni autonome dello Stato ed enti pubblici non economici nazionali); inoltre, non potrebbe ritenersi, comunque, che un organismo societario regionale possa essere qualificato come amministrazione autonoma dello Stato o come ente pubblico non economico nazionale. 5.3. Né per la società in questione, partecipata solo in prevalenza dalla Regione Siciliana (51%), viene in rilievo quel 65 particolare statuto legale che ha consentito alle Sezioni Unite della Corte di cassazione di riconoscere la giurisdizione contabile nei confronti di società per azioni con partecipazione totalitaria dello Stato, riconoscendone la natura sostanziale di enti pubblici, quali la R.A.I. s.p.a. (ordinanza n. 24092/2009), l’E.N.A.V. s.p.a. (ordinanza n. 5032/2010), l’A.N.A.S. s.p.a. (sentenza n. 15594/2014). Nelle suddette fattispecie, infatti, hanno acquistato rilevanza una seria di indici, tra i quali la partecipazione totalitaria dello Stato, l’esercizio di poteri autoritativi e la sottoposizione al controllo della Corte dei conti, che non si rinvengono nella SIeSE, nonostante la costituzione della stessa sia stata prevista dall’art. 78 della legge regionale n. 6/2001. Per una fattispecie similare si richiama anche la sentenza n. 385/2013 della locale Sezione di Appello che ha escluso l’A.S.T., società istituita con legge regionale n. 7/1947 e con partecipazione pubblica totalitaria, dal novero degli enti pubblici economici proprio tra l’altro - sul presupposto della mancata intestazione di poteri pubblicistici e dell’impossibilità di porre in essere atti autoritativi, con conseguente declino della giurisdizione contabile. 5.4. In ultimo, è necessario verificare se SIeSE possa qualificarsi come società in house, tenendo ben presente che le recenti aperture della Corte di cassazione hanno riguardato i danni che i dipendenti e/o gli amministratori di dette società hanno causato direttamente al patrimonio delle stesse; in altri termini, è necessario verificare preliminarmente se il presunto danno arrecato 66 a SIeSE da tutti gli odierni convenuti possa essere qualificato come erariale, inteso come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio pubblico in modo da giustificare l’azione di responsabilità del pubblico ministero, o se invece debba considerarsi come danno sofferto da un soggetto privato (la società in questione), “riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non certo a singoli soci - pubblici o privati - i quali sono unicamente titolari delle rispettive quote di partecipazione ed i cui originari conferimenti restano confusi ed assorbiti nell’unico patrimonio sociale” (Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza n. 4309/2010). La Suprema corte ha puntualizzato, con giurisprudenza costante (ex multis n. 26283/2013, n. 26936/2013 e n. 5491/2014), che ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile una società è da qualificarsi in house solo se costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. In particolare, “è necessaria la contemporanea presenza di tre requisiti: 1) il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti la cessione delle partecipazioni a privati; 2) la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa 67 presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; 3) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile”; in altre parole, le società in house - ricorrendo tutti e tre i requisiti sopra esposti hanno della società solo la forma esteriore, costituendo in realtà delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi, tanto da essere sottoposte agli stessi controlli cui sono assoggettati i propri organi interni. Gli indici di cui sopra, si ribadisce, devono però ricorrere cumulativamente e non in via alternativa tra di loro. Orbene, balza subito in evidenza che - come più volte riferito - la partecipazione della Regione in SIeSE non è totalitaria ma solo maggioritaria, più precisamente nella misura del 51%; tale circostanza escluderebbe di per sé e in radice la possibilità di qualificare in house la società in questione (in tal senso si è anche pronunciata da sempre la Corte di Giustizia: ex multis Sezione I, sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03; Sezione I, sentenza 6 aprile 2006, causa C-410/04). Né a tale scopo può acquistare valenza quell’indirizzo giurisprudenziale (Corte dei conti, Sezione I Centrale di Appello, sentenza n. 178/2015) che ritiene irrilevante, ai fini della qualificazione di una società per azioni come in house, una 68 partecipazione minimale al capitale sociale da parte dei privati (nella fattispecie esaminata si trattava di una partecipazione pari a 0,03% del capitale sociale) proprio perché la partecipazione del privato al capitale sociale di SIeSE è notevolmente rilevante (49%). 5.4.1. Nonostante la circostanza di cui sopra sia dirimente, il Collegio ritiene sussistenti ulteriori elementi sintomatici che non consentono di giungere ad un approccio ermeneutico tale da potere annoverare SIeSE tra le società in house ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti. 5.4.1.1. Lo statuto sociale prevede la possibilità, sia pure con limitazioni, di trasferire la titolarità delle azioni in capo al socio di minoranza a terzi nel caso in cui l’amministrazione non eserciti, nel termine decadenziale, il diritto di prelazione; in tal caso l’eventuale mancato gradimento da parte del consiglio di amministrazione, che potrebbe paralizzare il trasferimento, è subordinato a rigorosi presupposti (non costituisce, quindi, frutto di una mera valutazione discrezionale): l’acquirente deve essere un imprenditore e accettare le obbligazioni sociali e i patti parasociali a quel momento vigenti tra i soci. Rispettati i limiti di cui sopra, sia pure stringenti, vige il principio della cedibilità delle azioni a terzi. 5.4.1.2. Lo statuto non esclude la possibilità che la società svolga, sia pure al fine di perseguire lo scopo sociale, attività meramente commerciali, industriali e finanziarie, mobiliari e immobiliari (art. 5) che si presentano incompatibili con il fine 69 pubblico che deve caratterizzare l’attività di una società in house provading. 5.4.1.3. SIeSE non ha ricevuto dalla Regione Siciliana un contributo a fondo perduto per lo svolgimento delle sue funzioni, come invece è accaduto nella diversa fattispecie esaminata dalla citata sentenza n. 178/2015 della I Sezione Centrale della Corte dei conti; la provvista erogata non è altro che il corrispettivo delle prestazioni rese e ha costituito anche il rendimento del capitale privato investito nella società. In tale contesto la circostanza, messa in luce dall’attore pubblico, che la Regione Siciliana sia stato l’unico ente che concretamente abbia erogato corrispettivi a SIeSE per i servizi svolti, fornendo così la relativa provvista, non è dirimente per fare acquistare a tale organismo la natura di società in house. 5.4.1.5. L’affidamento della realizzazione della Piattaforma Telematica Integrata non è avvenuto in via diretta a SIeSE ma, come sopra esposto sub 3.2., a seguito di gara pubblica a doppio oggetto. 5.4.1.6. In data 26.03.2014, in epoca successiva ai fatti contestati, la Regione Siciliana ha acquistato il 100% del pacchetto azionario e in data 18.11.2014 l’assemblea dei soci ha deliberato l’introduzione del controllo analogo con la modifica dell’art. 14 dello statuto, come si legge nella relazione prot. n. 226333/15 del 23.04.2015 della Guardia di Finanza e nell’allegato n. 17, con l’istituzione di un “Comitato di Controllo Analogo costituito presso la 70 Presidenza della Regione Siciliana” e l’indicazione dei compiti allo stesso spettanti; è stato previsto in capo al predetto comitato, tra l’altro, un “controllo preventivo sull’ordinaria attività della società con particolare riguardo ai principali atti di amministrazione e alle decisioni gestionali di particolare rilievo”. Il pubblico ministero ha sostenuto: SIeSE “al pari delle altre società strategiche della Regione Siciliana … è sottoposta al controllo analogo prescritto dall’art. 4 D.A. (Economia) 1720 del 28.9.2011, che ha ribadito le modalità di esercizio del controllo analogo già previsto sub 4.2 del paragrafo 6 direttive per le società in house della circolare nr. 5 dell’Assessore all’Economia del 6.5.2011, denominata atti di indirizzo per le società partecipate dalla Regione Siciliana”. Innanzitutto osserva il Collegio che la partecipazione della Regione Siciliana in società per azioni non ne comporta, ovviamente, la loro automatica sussumibilità nell’ambito delle società in house, essendo necessario che ricorrano i requisiti menzionati sub 5.4. per il riconoscimento della giurisdizione contabile. Poi, il D.A. n. 1720 del 28.09.2011 riguarda il ricordino di tutte le società partecipate dalla Regione Siciliana nelle aree strategiche individuate dal comma 1 dell’art. 20 della legge regionale n. 11/2010 che non ne comporta, anche in questo caso, la loro automatica inclusione nel novero delle società in house, tanto è vero che nell’art. 1 del suddetto decreto sono elencate anche società con 71 partecipazione regionale minoritaria (IRFIS s.p.a. con partecipazione del 21%, Siciliacque s.p.a. con partecipazione del 25% ecc…) che certamente, non rispettando i requisiti individuati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione ed esposti sub 5.4., non sono soggette alla giurisdizione contabile (la partecipazione della Regione Siciliana nelle società elencate nell’art. 1 del citato decreto assessoriale è compresa tra il 21% e il 100% come ivi si legge). Inoltre, sempre nel citato art. 1 è menzionata la società A.S.T. s.p.a. che, pur partecipata al 100%, non è stata riconosciuta soggetta alla giurisdizione contabile dalla sentenza n. 385/2013 della locale Sezione di Appello, come già esposto sub 5.3. In ultimo, l’art. 4 del suddetto D.A. n. 1720 del 28.09.2011 prescrive che le società partecipate ivi indicate “adeguano i propri statuti alla normativa vigente nonché alle seguenti disposizioni, anche al fine di inverare, se del caso, le condizioni dell’affidamento secondo i principi dell’in house providing: …”; in altri termini, ad avviso del Collegio e contrariamente a quanto sostenuto dall’organo requirente, dalla lettura del citato decreto non si evince che “al pari delle altre società strategiche della Regione Siciliana, SIeSE è sottoposta al controllo analogo prescritto dall’art. 4 D.A. (Economia) 1720 del 28.9.2011” poiché anche nel caso di adeguamento dello statuto ai principi ivi enucleati (nella fattispecie in esame non è dato, poi, conoscere se lo statuto sia stato e meno adeguato poiché la copia agli atti nulla dice al riguardo) si dovrà comunque accertare se sussistano i presupposti per l’affidamento in house provading. 72 Lo stesso dicasi per il comma 3 del citato art. 4 del D.A. n. 1720 del 28.09.2011 ove è richiamata la circolare n. 5 del 6 maggio 2011 dell’Assessorato dell’Economia; anche in questo caso non vi è alcun automatismo, essendo necessario verificare se la società interessata possa qualificarsi o meno in house per l’affidamento diretto del relativo servizio. In conclusione, rileva il Collegio che la menzione di SIeSE nel novero delle società strategiche della Regione Siciliana richiamate nell’art. 1 del D.A. n. 1720 del 28.09.2011 non ne comporta di per sé il suo assoggettamento alla giurisdizione contabile, né da tale menzione è possibile ricavare, in assenza degli ulteriori requisiti esposti sub 5.4., indizi per giungere ad una soluzione contraria. 5.4.1.7. In ultimo e del tutto marginalmente, prima dell’entrata in vigore dell’art. 13 del decreto legge n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006, lo statuto prevedeva anche la possibilità che l’attività di erogazione dei servizi informatici avvenisse a favore di soggetti giuridici privati, sia pure dietro consenso del socio di maggioranza; l’organo requirente ha riferito, però, che a seguito dell’entrata in vigore del citato testo normativo è stato ridotto in data 24.07.2007 l’oggetto sociale (relazione prot. n. 0528245/14 del 10.10.2014 della Guardia di Finanza che richiama quanto comunicato da SIeSE con la nota prot. n. 1655 del 23.09.2014). 6. Il pubblico ministero, del resto, al fine di sottoporre SIeSE alla giurisdizione contabile la qualifica “come organo indiretto a 73 dotazione erariale” che sembrerebbe, ad avviso del Collegio, ipotizzare una sorta di tertium genus tra l’ente pubblico e la società in house che non trova riscontro nella giurisprudenza della Corte di cassazione, né in quella contabile. In conclusione, al di là degli inquadramenti dogmatici, il patrimonio di SIeSE non può ritenersi pubblico al momento delle condotte contestate a tutti gli odierni convenuti con la conseguenza che il presente giudizio esula dalla giurisdizione di questa Corte rientrando in quella ordinaria. 7. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese ai sensi del combinato disposto dell’art. 10 bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, converto con legge 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dall’art. 17, comma 30 quinquies, del decretolegge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con legge 3 agosto 2009, n. 102, che ha interpretato autenticamente l’art. 3, comma 2 bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, nonché l’art. 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135. P. Q. M. La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana - definitivamente pronunciando, dichiara il difetto di giurisdizione sulla controversia in esame spettando questa all’Autorità giudiziaria ordinaria competente per territorio e materia; non luogo a provvedere sulle spese. 74 Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 20 maggio 2015. L’ Estensore Il Presidente F.to Dott. Giuseppe Colavecchio F.to Dott.ssa Luciana Savagnone Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge. Palermo, 16 settembre 2015 Il Funzionario Responsabile F.to Dott.ssa Claudia Chiarello 75