Prof. Paolo Jedlowski
Teoria sociale
e modelli culturali europei
a.a. 2014/2015
• La parola «teoria» deriva dal verbo greco
theoréin, che significa grosso modo
«contemplare qualcosa riconoscendovi un
ordine».
• Per «teoria sociale» si intende spesso la parte
più astratta della sociologia: i concetti, i
modelli di certi processi, gli schemi di pensiero
generale proposti da autori e da scuole.
• La «teoria», che tende ad affermazioni valide
per un ampio numero di casi diversi, si
distingue in questo modo dalle ricerche
empiriche, il cui raggio di interesse è più
circoscritto.
Scrive Anthony Giddens:
«Lasciatemi sottolineare che io faccio uso
del termine ‘teoria sociale’ per
circoscrivere una serie di questioni che
ritengo riguardino tutte le scienze sociali.
Tali questioni hanno a che fare con la
natura dell’azione umana e del
soggetto agente; con il modo in cui
vanno concettualizzati l’interazione e i
suoi rapporti con le istituzioni; e con il
modo di affrontare le dimensioni
pratiche dell’analisi sociale.
Per converso, intendo la ‘sociologia’
non come una disciplina generica che
ha a che fare con lo studio delle
società umane, ma come quella branca
delle scienze sociali che si focalizza in
particolare sulle società moderne o
‘avanzate’».
In questo corso intenderò la teoria
sociale come la pratica attraverso cui si
mettono a punto e si discutono in
modo ricorrente i presupposti, i
concetti fondamentali e i procedimenti
conoscitivi delle scienze sociali.
La distinzione fra teoria e pratica va
presa con cautela: le pratiche sono
intrise di teoria, e fare teoria è pur
sempre una pratica.
La pratica teorica è determinata e
indeterminata ad un tempo.
Anthony Giddens sviluppa la concezione della
modernità offerta dai classici del pensiero
sociologico, ma resta anche all’interno del loro
modo di intenderla.
Il termine modernità si riferisce per Giddens a
quei «modi di vita e di organizzazione sociale»
che affiorarono in Europa fra il XVII e il XIX
secolo, e che successivamente si diffusero o
influenzarono ogni parte del globo.
Questa definizione associa la modernità ad
un’epoca e ad una collocazione geografica di
partenza determinate.
Per la situazione attuale, Giddens parla di una
modernità «radicale» o «riflessiva»: una
modernità che ha a che fare con gli esiti di
processi che essa stessa ha avviato.
La parola "globalizzazione". ha iniziato a
diffondersi negli anni Ottanta e da allora,
nonostante la sua genericità, ha un
incontrastato successo. Allude a un insieme di
processi composito, che comportano una
riconfigurazione delle attività economiche,
sociali, culturali e politiche che collegano gli
Stati e le società costituenti la comunità
mondiale, con l'effetto di intensificare sia la
loro interdipendenza, sia la diffusione di una
consapevolezza a riguardo.
Scrive Gerard Delanty:
“The critical question today as far as the social
theory of modernity is concerned is its relevance
to global transformations and whether it can
escape Eurocentrism.
One of the main objections to the notion of
modernity [is] its allegedly Eurocentric nature.”
“In the most straightforward and literal sense
of the term, Eurocentrism is the assumption
that Europe or the West constitutes the
centre of the world.”
Mappa di Al Idrisi («tabula rogeriana», 1154) (particolare)
“In a stronger sense, the term is an attack
on the claim to the inherent superiority of
Europe over the rest of the world. Identifying
imperialism as the dark side of European
civilization, proponents of antiEurocentricism argue that there is nothing
morally superior about the West”.
In another sense again, “Eurocentrism is an
ethnocentric way of thinking about the
Other”.
“Within the social sciences, Eurocentrism
has often been expressed in criticisms of the
‘rise of the West’ debate”.
“… the concept Eurocentrism is not
theoretically clear […]; it is best seen in the
context of a reflexive discourse of antiEurocentrism entailing to varying degrees a
critique of the West and in particular a
critique of ideologies that distort the relation
of the West to the rest of the world”.
“What is modernity? The term signals a
condition of self-confrontation,
incompleteness and renewal […]; it
expresses a self-confidence in the
transformative project of the present time as
a liberation from the past”.
“…the term ‘modernity’ […] did not arise until
the nineteenth-century. One of the most
famous uses of the term was in 1864 when
Baudelaire defined it: ‘By modernity I mean
the transitory, the fugitive, the contingent’.
This motif is also expressed in the
Communist Manifesto as the condition
‘all that is solid melts into air’.”
The bourgeoisie cannot exist without constantly
revolutionising the instruments of production,
and thereby the relations of production, and
with them the whole relations of society.
Conservation of the old modes of production in
unaltered form, was, on the contrary, the first
condition of existence for all earlier industrial
classes. Constant revolutionising of production,
uninterrupted disturbance of all social
conditions, everlasting uncertainty and agitation
distinguish the bourgeois epoch from all earlier
ones.
All fixed, fast-frozen relations, with their train of
ancient and venerable prejudices and opinions,
are swept away, all new-formed ones become
antiquated before they can ossify. All that is
solid melts into air, all that is holy is profaned,
and man is at last compelled to face with sober
senses his real conditions of life, and his
relations with his kind.
(Marx-Engels, Manifesto del partito comunista,
1848)
“Modernity may be described simply as the
loss of certainty and the realization that
certainty can never be established once and
for all. Whatever examples we take,
modernity in the most general refers to a
transformative project by which the present
time defines itself by reference to a past that
has been surmounted.”
“The notion of a radical rupture between
modernity and postmodernity must be
rejected. Modernity is an on-going process
that has many dimensions.
There has been a notable tendency in
recent times to view postmodernity as part
of modernity rather than a radical break from
it.”
In Italia, questa è la posizione fra gli altri di
Alberto Melucci, per il quale la diffusione del
termine post-modernità non indica
propriamente la nascita di un’epoca nuova, ma è
il sintomo della percezione della incipiente
inadeguatezza delle categorie con cui
interpretiamo il mondo.
«La situazione paradossale nella quale oggi ci
troviamo consiste nel fatto che non possiamo
non essere moderni, mentre nello stesso tempo
vivviamo il disagio concettuale e pratico di
applicare continuamente il linguaggio e le
categorie della modernità a fenomeni che
sempre meno vi si prestano. E tuttavia non
possiamo fare altro che questo: forse con un
grado via via più acuto di consapevolezza, che ci
permette non di oltrepassare, ma piuttosto di
spingere al limite le categorie della modernità».
• Marx: modo di produzione capitalistico; teoria del
mutamento; conflitti di classe (non usa la parola
«modernità»)
• Durkheim: crescita della differenziazione sociale
(complessità); rischio di anomia; secolarizzazione
• Weber: società capitalistica; razionalizzazione;
disincanto
• Simmel: la modernità come costellazione di
fattori interagenti: economia monetaria,
urbanizzazione e intellettualizzazione della vita
• Scuola di Francoforte: modernità come
promessa di emancipazione ma anche come
sua ricorrente negazione (Habermas: la
modernità come «progetto incompiuto»)
• Parsons:
- idea normativa e senza ambivalenze della
modernità;
- dicotomia: società tradizionali vs società
moderne.
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Slides teoria sociale 2014-15 UNO