PREVENZIONE ED INTERVENTO PRECOCE NEL DISAGIO GIOVANILE E PROMZIONE DEL BENESSERE PSICOLOGICO Nei giovani d’oggi si rispecchia la nuova società, che si è trasformata in un’incubatrice di malesseri e disagi. Si vive in una sorta di “deserto emozionale”, con elementi residuali di comunicazione interpersonale che vengono espressi tramite aggressività o sottomissione. Il Disagio Giovanile Con il termine “disagio” in psicologia e in pedagogia si considera una condizione psicologica legata soprattutto a percezioni soggettive di malessere, scaturite dalle difficoltà familiari, relazionali o scolastiche, connesse al processo di costruzione d’identità personale. Il disagio giovanile affonda le sue origini nei primi anni di vita del bambino, nelle sue più precoci esperienze affettive e relazionali. Durante il processo di crescita, per un equilibrato sviluppo psicologico, il giovane dovrà gradualmente essere in grado di attivare alcune nuove capacità definite compiti evolutivi, attività collocate tra un bisogno individuale ed una richiesta sociale e possono essere portate a termine solo con un compromesso psicologico interiore. Nell’età adolescenziale la devianza scaturita dal disagio è sostanzialmente un prodotto sociale, un etichettamento che può indicare comportamenti anticonformisti o condotte antisociali, gesti determinati da circostanze casuali e atti di deliberata ribellione. In questi anni di fragile strutturazione dell’identità è molto facile per un giovane in difficoltà aderire ad un qualsiasi ruolo socialmente definito anche se patologico. Diventa fondamentale per i genitori, gli educatori e gli insegnanti cogliere i segnali premonitori d’esordio del disagio utilizzati dal bambino come metodo comunicativo, e aiutarlo a fronteggiare questo periodo di crisi. Fattori di rischio e fattori protettivi Nelle cause del disagio giovanile si riscontrano i fattori di rischio che rappresentano una condizione di vulnerabilità bio-psicologica (Perris, 1993) che predispongono allo sviluppo di problematicità sia in un singolo individuo che in una popolazione; essendo di natura additiva il loro sommarsi ne accresce la potenza. Ci sono molteplici evidenze che l’esposizione al rischio può essere ridotta da una varietà di caratteristiche sociali o dei singoli individui che agiscono come fattori protettivi. Questi fattori espletano un azione preventiva in differenti modi: 1. Diretto, secondo un azione lineare; 2. Interagendo con i fattori di rischio per contrastare la disfunzione; 3. Prevedendo precocemente l’azione dei fattori di rischio. Questi metodi possono essere utilizzati precocemente per progettare strategie sviluppandole a livello di individuo, gruppo, comunità o su più livelli. Prevenzione e Promozione La prevenzione è l’atto di agire in anticipo su un evento o di impedire un fenomeno prima della sua manifestazione. Il fine è di modificare alcune variabili per preservare nei singoli individi o nei gruppi, un equilibrio stabile e funzionale, un mantenimento della qualità della vita. Gli interventi preventivi si collocano su un continum in una posizione intermedia tra la promozione della salute e il trattamento. Gli interventi preventivi si dimostrano verosimilmente più efficaci nell’evitare i problemi se questi sono distribuiti selettivamente a gruppi che versano in situazioni di palese e maggiore necessità. I trattamenti rispondono alla necessità di rimediare a problematicità conclamate o solo parzialmente manifeste. La promozione della salute rappresenta la prima possibilità d’intervento con l’obiettivo di costruire e sviluppare comportamenti, attitudini e stili di vita congrui e funzionali in tutti i membri di una popolazione. La promozione del benessere psicologico e la psicologia positiva La prevenzione dei problemi non è sufficiente da sola a promuovere uno sviluppo positivo; occorre costruire nell’individuo punti di forza e benessere. La promozione si presenta come una nuova concezione d’approccio al disagio giovanile con l’idea di un sostegno, di uno stimolo delle risorse e facendo leva sui fattori protettivi che tutelano gli equilibri psicologici e comportamentali di un individuo sopratutto in situzioni di stress. La Psicologia Positiva si basa sulla promozione del benessere psicologico come leva per la risoluzione delle problematiche che l’individuo deve affrontare nel corso della sua esistenza. La qualità della vita e il benessere psicologico sono concetti elaborati da parte dell’individuo con un’interpretazione personale, in base alle proprie condizioni fisiche, ruolo sociale, caratteristiche psicologiche e stile di interazione con l’ambiente. Gli indicatori soggettivi di benessere psicologico sono identificati da Ryff (1989): • Autoaccettazione: atteggiamento positivo verso se stessi, riconoscimento ed accettazione degli aspetti del sé e della propria storia passata; • Autonomia: autodeterminazione e indipendenza, abilità di resistere alle pressioni sociali di pensare o agire in modi non convenzionali; • Crescita Personale: apertura alle esperienze, capacità di provare sentimenti di crescita per la realizzazione del proprio potenziale, di valorizzare e migliorare il comportamento nel corso degli anni; • Scopo di Vita: volizione e intenzionalità, sensazione che le esperienze di vita presenti,passate e future, abbiano un significato; • Rapporti Positivi con gli Altri: avere calorose, soddisfacenti, fiduciose relazioni interpersonali; • Dominio sull’Ambiente: senso di padronanza, controllo e competenza nel gestire l’ambiente; • Convinzioni di Autoefficenza: quanto le persone ritengono di essere in grado di far fronte alle varie situazioni; determinano gli obiettivi perseguiti, gli sforzi profondi, la perseveranza di fronte le difficoltà e le reazioni ai fallimenti. La promozione del benessere psicologico e la scuola L’interesse per lo Sviluppo Giovanile Positivo è cresciuto grazie a degli studi che hanno dimostrato come gli stessi fattori individuali, familiari, scolastici e comunitari, predìcano spesso sia risultati positivi (come il successo a scuola) che negativi (come la delinquenza) nei giovani. La scuola è considerata uno strumento fondamentale nella prevenzione e nella promozione della salute psicologica, guidando i giovani nella formazione della loro identità focalizzando l’attenzione su determinati obiettivi: Garantire figure adulte serie che sostituiscono l’assenza del genitore (nel dopo scuola); Scoprire se ci sono già stati danni all’autostima dell’individuo e lavorare allo scopo di rafforzarla valorizzando ogni minimo successo; I compiti da svolgere devono essere proporzionali alle capacità, lavorare soprattutto sulla motivazione, sui rinforzi positivi e sull’autodeterminazione; Promuovere la socializzazione tra i ragazzi; Dare spazio alla responsabilità individuale, all’interdipendenza positiva (pensare al gruppo come una squadra); Organizzare laboratori teatrali, di disegno e di musica per valorizzare altre abilità. Nel campo delle ricerche sulla promozione del benessere in Italia, ha contibuito il Dottor Carlo Di Berardino sviluppando un progetto nella scuola di “prevenzione ed inclusione”. Si tratta di un intervento psicoeducazionale con lo scopo di formare nei ragazzi una maggiore autoconoscenza personale e sociale. La “competenza sociale” è un particolare sistema comportamentale che si realizza dall’interazione tra una predisposizione innata allo sviluppo di programmi comportamentali e l’apprendimento che avviene dall’integrazione con il proprio ambiente sociale. La “competenza sociale” consente di raggiungere e di definire l’identità personale e sociale. Il modello psicoeducativo integrato d’intervento è finalizzato allo sviluppo delle abilità cognitivo comportamentali relative alla capacità di assumere decisioni e di migliorare le capacità di conoscenza di sé e di autovalutazione. Il modello è stato chiamato “integrato” perchè, oltre ad una dimensione sociale, considera anche quella personale epistemologica legata al sgnificato dell’esperienza e dell’organizzazione del sè. I giovani che vivono una situazione di disagio sono privi di quelle abilità cognitive “trasversali” che consentono un utilizzo adeguato delle conoscenze acquisite e che risultano indispensabili per l’inserimento positivo nella società. Bisogna considerare con molta importanza l’area dell’autostima e delle abilità cognitive quali: Abilità nella definizione e soluzione dei problemi; Abilità decisionali (decision-making) e di pianificazione; Abilità di autocontrollo dette di “coping” finalizzate alla soluzione di specifici problemi personali; Abilità progettuali legate alla storia personale ed alla consapevolezza di sé. Si ha l’esigenza di programmare percorsi psicoeducativi che prevedano la partecipazione attiva all’esperienza di gruppo e la necessità di adottare specifiche procedure di apprendimento strutturato, di autosservazione e autodescrizione in grado di attivare un processo di autoconoscenza e di sviluppo del senso di sé a livello personale e sociale. Conclusioni L’intervento preventivo dovrebbe rappresentare un momento contenitivo degli aspetti di vulnerabilità dei giovani, da realizzare attraverso il coinvolgimento attivo delle istituzioni come la scuola, la famiglia e la cooperazione di varie strutture sociosanitarie. Risulta fondamentale consolidare l’approccio preventivo con una strategia di promozione che stimoli l’individuo a sviluppare in maniera positiva le proprie potenzialità. Considerare tutti gli aspetti relativi al problema nella giusta misura, valutare tutti gli elementi rilevanti per lo sviluppo positivo dei giovani, quindi i vari aspetti inerenti al loro comportamento e i vari fattori di protezione e di rischio, è il modo che ci permette d’incrementare le nostre conoscenze riguardo i diversi processi legati al complesso sviluppo giovanile.