LA LEZIONE
monocromatica che attraversa il sistema
ottico (l’ipotesi tacita è che la larghezza
Il potere risolutivo di un sistema
della fenditura sia maggiore della
ottico
lunghezza d’onda). Dividendo in n parti
Un’esperienza classica sulle capacità di una uguali la larghezza della fenditura si
persona di distinguere due oggetti vicini si considerano n onde che raggiungono lo
realizza osservando a quale distanza r due schermo a partire dalle nuove sorgenti
linee verticali, parallele e vicine, disegnate (principio di Huygens). In tal modo si
su un foglio (diciamo distanti x) appaiono ottiene per l’ennesima frangia scura:
come un’unica linea. L’angolo min che parte sen(n)=n/a con n=±1, ±2,…..
dal centro della pupilla e raggiunge le due Nell’esempio della figura precedente è
indicato l’angolo  (individuato dalla
linee, misurato in radianti, può essere
approssimato allora al rapporto: x/r. Esso perpendicolare allo schermo passante per il
è prossimo a 3 10-4 rad (all’incirca 1’) ed è centro della fenditura) sotto al quale è
chiamato acuità o acutezza visiva. L’occhio visto il primo minimo, corrispondente a
n=1. La dimostrazione è basata sul
schematicamente equivale a un foro (la
pupilla) seguita da una lente convergente. principio della sovrapposizione delle onde
secondarie provenienti da ogni punto della
fenditura e presuppone che a non sia più
piccola di  poiché in tal caso, per n=1,
sen( sarebbe uguale a un numero
maggiore di 1.
Il profilo delle intensità della figura di
Fig.1 Acuità visiva
diffrazione non è perfettamente simmetrico
e i massimi secondari non si trovano (a
La diffrazione di un’onda piana che
parte il primo definito dall’angolo zero) al
attraversa una fenditura (che per ora
centro tra due minimi equidistanti (fig.3).
consideriamo rettangolare) seguita da una
lente produce su uno schermo un massimo
centrale a cui seguono minimi e massimi
secondari meno intensi.
Fig.3 Profilo dell’intensità dell’onda diffratta espresso
in funzione della quantità a·sin(θ)/λ
Fig.2 Diffrazione da una fenditura
In tutti i testi delle scuole superiori sono
riportati i valori dell’angolo che
determinano le posizioni dei minimi
(interferenza distruttiva) in funzione
dell’ampiezza a della fenditura e della
lunghezza d’onda d’onda  della radiazione
La determinazione dei massimi secondari
non può essere ridotta a una
dimostrazione elementare e quindi i testi
liceali non danno un’espressione
equivalente a quella dei minimi. Si noti che
il primo massimo =0 esclude anche il caso
=a.
Se si osservano due sorgenti luminose
vicine, la diffrazione limita la capacità di
distinguerle sullo schermo. Consideriamo il
caso in cui le due sorgenti puntiformi
portino a due figure di diffrazione tali che il
massimo centrale dell’una coincida con il
primo minimo dell’altra (criterio di
Rayleigh) come illustrato in fig.4.
Il reticolo di diffrazione
La luce bianca riflessa o trasmessa
attraverso una serie di sottili fili o lamine
(tipica di lamelle di mica o vetro, delle ali
di insetti o delle penne di uccelli) mostra le
sue diverse componenti spettrali. I primi
reticoli di diffrazione sono stati realizzati
meccanicamente nell’Ottocento quando le
tecniche di incisione con diamante
permisero di tracciare, su un sottilissimo
strato metallico, depositato su una
superficie piana, centinaia di scalanature
equidistanti su superfici larghe un
millimetro.
Anche i CD o i DVD odierni hanno proprietà
simili a quelle di un reticolo a riflessione e
diffrangono la luce.1 I reticoli a
Fig.4 Due sorgenti luminose sono risolte dalla lente trasmissione (privi dello strato metallico)
se il massimo principale della prima figura di
invece di riflettere hanno delle incisioni a
diffrazione coincide con il primo minimo della
passo costante su vetro ottico con profilo
seconda figura di diffrazione
definito.
Per soddisfare il criterio di Rayleigh e
risolvere le immagini di due puntini
luminosi vicini si ha bisogno dunque di un
angolo minimo min≃ /a. Sostituendo la
fenditura rettangolare con una circolare, il
criterio di Rayleigh porta a una relazione
Fig.5 Due esempi di profili della superficie di un
simile alla precedente ma corretta di un
reticolo
fattore 1,22. La nuova espressione
diviene: min≃ 1,22/a. Ritornando al caso
dell’occhio, ponendo il diametro della
pupilla a=3 mm e =550 nm si ottiene
min=2,24 10-4 rad≃46’’.
Il reciproco dell’angolo minimo di
separazione (nel caso dell’apertura
circolare a/1,22) è chiamato potere
risolvente o risolutivo del sistema ottico.
Dalle considerazioni precedenti si può
affermare che il potere risolutivo è
inversamente proporzionale alla lunghezza
d’onda. Uno dei modi quindi per accrescere Fig.6 Reticolo lineare di diffrazione (nel telaio sono
la risoluzione del sistema ottico è utilizzare indicate il numero di linee al millimetro)
una radiazione con minor lunghezza d’onda
(ad esempio radiazione ultravioletta) come Le macchine odierne per la produzione dei
campioni dei reticoli operano in ambienti a
accade nella microscopia.
temperatura costante, controllate con
tecniche interferometriche, sono dotate di
supporti antivibranti. Industrialmente sono
1
Misurando con un CD la diffrazione della luce è
possibile allora calcolare il numero di tracce del
disco. Al proposito si può vedere a esempio:
http://oldphysicscom.unimore.it/materiale_didatt
ico/diffrazione/scheda_lab3.pdf.
creati campioni da poche decine di linee al
millimetro fino a migliaia di linee al
millimetro. Inoltre essi sono affiancati da
reticoli prodotti con tecniche olografiche in
cui una speciale resina fotosensibile
(photoresist) è incisa chimicamente.
I reticoli con N righe (o fenditure)
producono un’interferenza di N onde
coerenti. Le fenditure sono larghe a e sono
distanti l’una dall’altra d. Se l’angolo di
incidenza è zero (la luce monocromatica è
normale al reticolo) e la distanza tra i due
solchi successivi è d, i massimi sono
Fig.8 Spettroscopio con reticolo a trasmissione e
individuati da un angolo di diffrazione  chelampada
soddisfa la stessa equazione valida per
l’interferenza di due fenditure:
Un “microscopio” per i cristalli: la
sen(m)=md, con m=0, ±1, ±2,…..
diffrazione dei raggi X
Per m=±1 si hanno massimi del primo
ordine di diffrazione e così via. Nella figura
I cristalli rappresentano reticoli di
che segue la curva dell’intensità ha i
diffrazione naturale per radiazione di
minimi dovuti alla diffrazione sen(n)=n/a
lunghezza d’onda dell’ordine di 10-10 m.
ed è modulata dall’interferenza con i
Ovvero la distanza tra due atomi del
massimi sen(m)=md.
reticolo costituisce il passo d del reticolo ed
Osservando la luce emessa da una
è dello stesso ordine di grandezza della
sostanza (lampada a vapori di sodio o
lunghezza d’onda dei raggi X.
mercurio, ecc.) con uno spettroscopio che
impiega un reticolo di diffrazione è facile
risalire alla lunghezza d’onda dello spettro
(a righe o continuo) a partire dal passo del
reticolo (distanza d) e alla misura
dell’angolo . La capacità di distinguere
due diverse lunghezze d’onda è misurata
dal potere risolutivo del reticolo che, in
base al criterio di Rayleigh, è proporzionale
al numero di righe N e a m.
Fig.9 Diffrazione di raggi X in un cristallo
Fig.7 Diffrazione da due fenditure
William Lawrence Bragg fu il primo a
ottenere figure di diffrazione con i raggi X.
Egli rovesciò il problema tipico del reticolo
di diffrazione: dalla conoscenza dell’angolo
di diffrazione e dalla lunghezza d’onda dei
raggi analizzò la struttura microscopica del
cristallo. Se il cristallo è costituito da
strutture complesse (molecole o
macromolecole) e se la dimensione della
lunghezza d’onda è sufficientemente
piccola, tali da essere confrontabile con le
distanze atomiche, i fenomeni di
interferenza costituiscono la base per lo
studio della struttura delle molecole. Negli
anni Cinquanta, James Watson e Francis
Crick scoprirono, proprio a partire dalla
cristallizzazione di macromolecole e dalle
immagini della diffrazione dei raggi X, la
figura.
struttura della doppia elica del DNA. Nel
1962 Max Perutz e John Cowdery Kendrew
ricevettero il premio Nobel per la chimica
per la prima definizione della struttura
delle proteine (mioglobina ed emoglobina
del capodoglio) grazie agli studi sulla
diffrazione cristallografica dei raggi X. Le
banche dati attuali aggiornano decine di
migliaia di strutture tridimensionali di
proteine (si veda il sito della Protein Data
Bank) che in gran parte sono riconducibili
a studi di biocristallografia a raggi X.
La molecola di una proteina è composta da
103 atomi e può arrivare anche a 105
atomi. Essa può essere cristallizzata senza
variare in modo significativo la sua
struttura.
Impiegando raggi X monocromatici
(generatore a tubo fisso e anodo rotante) o
raggi X policromatici con lunghezze d’onda
molto piccole (radiazione da sincrotrone e
laser a elettroni liberi capaci di generare
intensi impulsi di raggi X) il cristallo viene
irradiato e si ottiene la figura di diffrazione
che, per lunghezze d’onda opportune,
contiene informazioni sugli atomi che
compongono la molecola. Con la radiazione
di sincrotrone si devono ridurre i tempi di
esposizione e il cristallo va raffreddato.
Alcune tecniche consentono di analizzare
impulsi brevissimi che distruggono il
campione. In tutti i casi, anche per i raggi
Fig.10 Biocristallografia a raggi X
X meno energetici, dopo alcune ore di
esposizione, il cristallo non diffrange più.
Ciascun atomo delle N macromolecole della
celletta di un cristallo produce per
interferenza sul detector una macchia di
diffrazione, la cui intensità e posizione
concorrono alla figura completa della
diffrazione (diffraction pattern). Risalire da
questa a una mappa alla reale
distribuzione spaziale degli elettroni
comporta l’utilizzo di tecniche matematiche
(trasformata di Fourier) e nuove prove di
diffrazione. Ad esempio, sostituendo alcuni
atomi della molecola con altri atomi
pesanti che funzionano come marcatori. Il
modello della struttura della proteina è poi
confrontato con le conoscenze biologiche,
fisiche e chimiche, corretto e di nuovo
testato con le figure di diffrazione. Infine
esso è depositato nella Protein Data Bank,
come illustrato nello schema dell’ultima
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