LE ATTIVITÀ ESTRATTIVE RECUPERATE COME ELEMENTI FUNZIONALI DELLA RETE ECOLOGICA:
DEFINIZIONE, IN COLLABORAZIONE CON L’UFFICIO CAVE, DELLE BUONE PRATICHE PER IL RECUPERO
AMBIENTALE DEI SITI ESTRATTIVI
SETTORE TUTELA RISORSE NATURALI
UFFICIO BIODIVERSITÀ E SVILUPPO SOSTENIBILE
Dott.ssa Vera Persico
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Attraverso l’attività estrattiva effettuata in cave e miniere l’uomo ha lasciato e lascia segni profondi nel
territorio. Se il problema del recupero di tali luoghi si è concretamente posto solamente negli ultimi
cinquant’anni, oggi le diffuse esigenze di carattere ambientale hanno spinto alcune regioni italiane a
dotarsi di politiche territoriali in merito.
CAVE E RETE ECOLOGICA
Nell’ambito delle connessioni che si possono realizzare tra piano di recupero di una cava ed il territorio
circostante vanno senz’altro considerate le reti ecologiche. Queste infatti rivestono un grande interesse
naturalistico, in particolare per la fauna selvatica, in difficoltà nelle aree fortemente popolate e sfruttate
dall’uomo, come, ad esempio, la pianura Padana. Per reti ecologiche si intende quell’insieme di spazi
naturali o seminaturali e degli elementi del territorio che ne assicurano una connessione, consentendo
così la diffusione delle specie selvatiche.
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Sovrapposizione tra ATE e elementi della Rete Ecologica (verde: primo livello, viola: secondo livello e varchi)
Nelle zone di pianura le vie principali di diffusione delle specie selvatiche sono costituite da elementi di
connessione come corsi d’acqua, siepi e filari, mentre sono ostacolate dalla presenza di barriere come
infrastrutture viarie, centri abitati e aree di agricoltura intensiva. Spesso ciò che rimane destinato a
piante e animali selvatici sono solo piccoli frammenti di habitat naturali immersi in un “mare” di
ambienti artificiali, barriere spesso insormontabili.
È quindi essenziale che i frammenti di territorio rimasti vengano potenziati e messi in collegamento tra
loro, con la creazione di passaggi e vie di connessione studiati e realizzati con l’obiettivo di formare una
rete estesa. In quest’ottica il recupero ambientale delle aree di cava può fornire un contributo
importante: modellando in modo opportuno le cave di ghiaia e di argilla, si creano zone umide con
caratteristiche simili a quelle naturali. Nell’immagine sopra riportata è evidente come le cave poste in
fregio al fiume Adda e Brembo possano svolgere un significativo ruolo di stepping stone (aree
puntiformi o frammentate che possono essere importanti per sostenere specie di passaggio, ad
esempio fornendo utili punti di appoggio durante la migrazione di avifauna) qualora fossero oggetto di
oculati interventi di rinaturalizzazione, in particolare attraverso la realizzazione di aree umide con
ambienti prativi e fasce boscate ripariali.
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Esempi di recupero ambientale di aree
dismesse con la creazione di nuovi nodi
della rete ecologica territoriale (tratto da
Conoscere e realizzare le reti ecologiche
2001. I.B.C. Regione Emilia-Romagna)
ESEMPI DI RECUPERO IN EUROPA
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NORMATIVA
R.D. 1443/1927
Articolo 1
La ricerca e la coltivazione di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo, industrialmente
utilizzabili, sotto qualsiasi forma o conduzione fisica, sono regolate dalla presente legge (1). (1) Articolo
così sostituito dall'art. 1, l. 7 novembre 1941, n. 1360.
Articolo 2
Le lavorazioni indicate nell'art. 1 si distinguono in due categorie: miniere e cave. Appartengono alla
prima categoria la ricerca e la coltivazione delle sostanze ed energie seguenti: a) minerali utilizzabili per
l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, anche se detti minerali siano impiegati direttamente;
b) grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi (1), rocce asfaltiche e bituminose; c) fosfati, sali alcalini e
magnesiaci, allumite, miche, feldspati, caolino e bentonite, terre da sbianca, argille per porcellana e
terraglia forte, terre con grado di refrattarietà superiore a 1630 gradi centigradi; d) pietre preziose,
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granati, corindone, bauxite, leucite, magnesite, fluorina, minerali di bario e di stronzio, talco, asbesto,
marna da cemento, pietre litografiche; e) sostanze radioattive, acque minerali e termali, vapori e gas.
Appartiene alla seconda categoria la coltivazione: a) delle torbe; b) dei materiali per costruzioni edilizie,
stradali ed idrauliche; c) delle terre coloranti, delle farine fossili, del quarzo e delle sabbie silicee, delle
pietre molari, delle pietre coti; d) degli altri materiali industrialmente utilizzabili ai termini dell'art. 1 e
non compresi nella prima categoria (2). (1) Vedi, ora, l. 11 gennaio 1957, n. 6. (2) Articolo così sostituito
dall'art. 1, l. 7 novembre 1941, n. 1360.
L.R. 14/98
Art. 13
Contenuto dell’autorizzazione
1. Il provvedimento autorizzativo dispone:
a) la determinazione del tipo e della quantità di sostanze minerali di cava di cui è consentita la
coltivazione;
b) l’estensione e la profondità massima degli scavi previsti, riferite a specifici punti fissi di misurazione
ed ogni altra prescrizione e modalità da osservarsi nell’attività estrattiva, con riferimento al progetto di
coltivazione presentato dal richiedente;
c) gli obblighi assunti dal titolare dell’autorizzazione con riferimento alla convenzione di cui all’art. 15;
d) l’entità della cauzione o l’indicazione delle garanzie sostitutive disposte ai sensi dell’art. 16;
e) la durata, che non può essere superiore a 10 anni, salvo che per l’attività estrattiva di materiali lapidei,
per la quale la durata può essere aumentata sino a 20 anni secondo le previsioni del progetto attuativo
di cui all’art. 14, comma 1, lett. f);
f) i criteri per la mitigazione dell’impatto connesso all’attività estrattiva.
Art. 14
Domanda di autorizzazione
Alla domanda di autorizzazione, che deve contenere le generalità del richiedente e l’indicazione del suo
domicilio, devono essere allegati:
…
f3) il progetto delle opere di riassetto ambientale, con le indicazioni dei tempi per le diverse fasi delle
opere di recupero, nonché dei materiali utilizzabili e corredato di relazione tecnica contenente il
computo estimativo dei costi;
Art. 21
Esecuzione delle opere di riassetto
1. Per le opere di riassetto ambientale di cui all’art. 15, comma 1, lett. c) è consentito l’utilizzo di materiali
di scarico e di risulta provenienti dalle attività di cava, nonché di materiali inerti provenienti da scavi o
demolizioni.
2. Nel caso di mancata esecuzione da parte del titolare dell’autorizzazione delle opere necessarie al
riassetto ambientale della zona, nei tempi e nei modi previsti dall’autorizzazione, è disposta
l’esecuzione d’ufficio delle opere medesime a spese del contravventore, senza pregiudizio per la
dichiarazione di decadenza di cui all’art. 18.
3. L’esecuzione è disposta dal Comune competente per territorio, previa diffida all’interessato.
4. Per il rimborso delle spese inerenti all’esecuzione d’ufficio delle opere di riassetto il Comune si avvale
delle garanzie prestate ai sensi dell’art. 16.
5. In caso di mancata esecuzione da parte del contravventore, di cui all’art. 20, comma 3, delle opere
necessarie al ripristino ambientale, nei tempi e nei modi stabiliti dal Comune, quest’ultimo ne dispone
l’esecuzione d’ufficio, a spese del contravventore stesso.
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6. L’eventuale ripresa dell’attività estrattiva è subordinata al reintegro, da parte del titolare
dell’autorizzazione, della quota parte della cauzione impiegata per le opere di ripristino.
Convenzione Europea del paesaggio (2000)
Afferma che tutti i paesaggi hanno diritto alla salvaguardia e alla valorizzazione, cave incluse.
OBIETTIVI
Il progetto di recupero ambientale si pone l’obiettivo di ricollegare la cava al contesto territoriale e
paesaggistico, compensando e mitigando gli impatti negativi provocati dall’attività estrattiva,
attraverso:
la restituzione alla funzione originaria (laddove possibile);
il recupero all’uso agricolo o forestale del terreno su cui sorge la cava;
l’uso turistico-ricreativo o sportivo;
la realizzazione di laghi destinati all’itticoltura o pesca sportiva;
il recupero a uso naturalistico per instaurare habitat favorevoli alla fauna;
Le norme vigenti in Lombardia prevedono anche:
deposito di rifiuti;
formazione di aree per insediamenti residenziali o industriali.
GESTIONE DELL’ATTIVITA’ ESTRATTIVA
Una corretta gestione dell’attività estrattiva deve puntare a minimizzare l’impatto nelle fasi di lavoro. In
particolare limitando gli impatti:
1. sull’atmosfera;
2. sull’ambiente idrico;
3. su suolo e sottosuolo;
4. indotti da rumore e vibrazioni;
5. su paesaggio e intervisibilità;
6. su flora e fauna;
RECUPERO AMBIENTALE DEI SITI ESTRATTIVI
Gli obiettivi prioritari del recupero ambientale dei siti estrattivi devono essere:
a. garantire la stabilità dei luoghi;
b. rimodellare l’area e integrarla nel contesto attraverso l’utilizzo di piante autoctone e del
materiale sterile di scopertura;
c. ricostituire e potenziare gli habitat con particolare attenzione al ciclo dell’acqua;
d. valorizzare l’area recuperata;
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QUADRO GENERALE DI RIFERIMENTO
La progettazione di un intervento di recupero ambientale richiede la conoscenza di un quadro di
riferimento ambientale ben preciso. È necessario caratterizzare ecologicamente l’ambito territoriale di
intervento definendo le condizioni generali dell’area ed i caratteri peculiari della stazione nei suoi diversi
aspetti (clima, microclima, litologia, pedologia, vegetazione, ecc.). A queste vanno poi associate tutte le
informazioni relative agli aspetti antropici: uso del suolo, pianificazione territoriale, progetto di
coltivazione, aspettative economiche sul sito, vincoli e servitù.
IL PROGETTO
INTERVENTI SULLA MORFOLOGIA
Rimodellamento delle superfici di escavazione al fine di assicurare una stabilità meccanica permanente,
sia strutturale che superficiale, ricreando nel contempo forme diversificate, facilmente accessibili e in
stretta connessione con il paesaggio circostante:
1. Progettazione dei profili di abbandono
Il problema della valutazione della stabilità dei profili di abbandono è fortemente dipendente dai
materiali coinvolti, dalla scala del problema oltre che dalle Norme Tecniche del Piano Cave
Provinciale. In primo luogo occorre considerare separatamente la stabilità del substrato (terre e
rocce) e del terreno di copertura, nel breve e nel lungo periodo. In secondo luogo va
considerato il concetto di “settori di progetto”, ossia settori dove i parametri che influenzano le
condizioni di stabilità sono costanti. La loro definizione comporta la conoscenza dei principali
parametri che influenzano le condizioni di stabilità (litologia, discontinuità, geometria del
versante, ecc.) e la formulazione di ipotesi riguardanti il cinematismo di rottura potenzialmente
più pericoloso.
Qualunque sia l’obiettivo finale prescelto, è necessario che il progetto individui le condizioni
migliori per assicurare un’adeguata stabilità meccanica nel lungo periodo, affinchè si possano
attivare ed esplicitare tutti i processi ecologici o gli investimenti economici determinati dal riuso,
pena il blocco di questi processi o la perdita di risorse.
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A. Aree strutturalmente e
superficialmente stabili
B. Aree strutturalmente stabili e
superficialmente metastabili
C. Aree strutturalmente stabili e
superficialmente instabili
Interventi di stabilizzazione di tipo attivo
A. Controllo delle acque superficiali
B. Controllo delle acque in profondità
C. Controllo della vegetazione
arborea.
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Interventi di stabilizzazione di tipo attivo
E. Materassi drenanti
F. Gabbionate parzialmente o
totalmente interrate
G. palizzate
Confronto tra due diverse tipologie di
rimodellamento: sistemazione a gradoni e
sistemazione a pendio uniforme.
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RIMODELLAMENTO MORFOLOGICO E GESTIONE DELLE ACQUE
La risistemazione morfologica gioca un ruolo molto importante anche nella gestione dell’acqua e nel
controllo dei suoi effetti, sia dal punto di vista ecologico (disponibilità idrica) che tecnico (erosione
superficiale).
Rete di scolo e accessibilità a sito
risistemato: schema tipo
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SICUREZZA
La progettazione morfologica deve infine cercare di massimizzare il grado di sicurezza dell’area
risistemata.
Messa in sicurezza di scarpate e pareti:
A. Interdizione
B. Isolamento idraulico
C. Scoronamento e raccordo
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Messa in sicurezza di scarpate e pareti con
interventi di tipo passivo:
A. Reti di protezione
B. Barriere paramassi
C. Valli/rilevati paramassi
INTERVENTI SUL SUBSTRATO
Insieme degli interventi necessari per ripristinare o ricostruire, in tutte le situazioni morfologicamente
stabili, un adeguato substrato pedologico, per consentire un efficace isolamento di eventuali materiali
tossici, un ripristino della fertilità, un efficace reimpianto della vegetazione ed un veloce riavvio
dell’evoluzione biologica generale del sito.
INTERVENTI SULLA RETE IDRAULICA
La rete idraulica dve consentire l’allontanamento veloce ed in sicurezza delle acque in eccesso, sia
superficiali che profonde. Questo obiettivo si realizza limitando l’effetto meccanico di scavo dovuto
all’acqua superficiale (diminuendo la velocità e quindi l’erosione ed il trasporto solido), e all’opposto,
velocizzando il deflusso dell’acqua presente in profondità (limitando così l’azione gravitativa e la
lubrificazione degli strati). Non tutta l’acqua dovrà comunque essere allontanata, in quanto essa è
indispensabile al mantenimento di una copertura vegetale.
Questa azione di controllo delle acque dovrà essere mantenuta nel breve e nel lungo periodo, al fine di
rendere stabile l’area sistemata, nonostante le modificazioni a cui questa andrà incontro.
Queste finalità si raggiungono attraverso:
1. Un’adeguata progettazione e dimensionamento della rete di scolo
2. Una corretta realizzazione della rete di scolo.
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Affossatura di ordine superiore presidiata
con briglie in tondame o geotessuto.
Sotto: scoline con pietrame
CONTROLLO DELL’EROSIONE E DEI MOVIMENTI DI MASSA SUPERFICIALI
Insieme degli interventi necessari per stabilizzare le pendici, limitare i fenomeni erosivi, ridurre l’impatto
visivo dell’attività estrattiva, attraverso un uso associato di materiali inerti e viventi:
1. Metodi di stabilizzazione superficiale:
• Pacciamatura
• Nero verde
• Geotessili
• Graticciate – viminate
• Stecconate – palizzate
2. Metodi di stabilizzazione interrati sottosuperficiali
• Fascinate
• Gradonate
3. Sistemi di stabilizzazione profonda
• Muri a secco
• Cunei filtranti
• Gabbionate
• Palificate
INTERVENTI AGRONOMICI
Riattivare il ciclo della fertilità del suolo e creare condizioni favorevoli all’impianto e allo sviluppo iniziale
della vegetazione e favorire l’evoluzione dell’ecosistema ricostruito, nel breve e nel medio periodo.
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VEGETAZIONE
Dopo aver ripristinato il substrato, dotandolo anche di un’adeguata rete idraulica, gli interventi da
prevedere avranno lo scopo di ricreare una copertura vegetale, in sintonia con le caratteristiche
ambientali del sito, gli obiettivi del progetto e il paesaggio circostante. A tal fine è
opportuno/necessario:
a. Definire le finalità degli interventi ricostruttivi della vegetazione, che potranno essere tecnicofunzionali (agricoli, paesaggistici o urbani) o naturalistici (in relazione con le diverse componenti
ambientali);
b. Definire la lista delle specie da impiegare per ogni unità di paesaggio, sulla base degli elementi
conoscitivi raccolti nel sito e degli indirizzi adottati, integrati da informazioni relative ad:
aspetti climatici;
aspetti pedologici;
aspetti morfologici della stazione;
aspetti biologici;
aspetti biotecnici;
aspetti ingegneristici;
aspetti legislativi o consuetudini;
aspetti commerciali, legati al reperimento dei vari materiali;
c. definire la distribuzione spaziale e temporale delle piante, a piccola scala, al fine di formare delle
“unità ecologiche” il più possibile autosufficienti;
d. organizzare queste unità in una distribuzione spaziale e temporale a grande scala, tale da
formare un mosaico in cui risolvere le connessioni con il paesaggio circostante, la rete ecologica
di riferimento, le difese antincendio, le quinte ed i mascheramenti temporanei e definitivi;
e. definire il tipo di materiale biologico da impiegare (semi, talea, piantine radicate ecc.) e le
relative tecniche di impianto, acquisendo informazioni circa la possibilità di reperimento del
materiale, trasporto e conservazione, scelta del tipo di impianto, tecniche e metodi di
manutenzione del materiale messo a dimora.
FAUNA
Creare condizioni favorevoli all’insediamento e alla presenza stabile di fauna selvatica o introdotta, con
lo scopo di raggiungere un rapporto equilibrato tra le diverse componenti dell’ecosistema ricostruito.
Margine del bosco o siepe e sua
biodiversità in flora e fauna
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Successione di alcune delle specie
ornitiche, caratteristiche di
differenti fasce di vegetazione, al
confine tra due ambienti diversi, a
partire dal prato aperto e fino al
bosco fitto.
Sponda di corpo idrico artificiale
con corretta sagomatura del
fondo e insediamento definitivo di
vegetazione acquatica e palustre
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CONCLUSIONI
I risultati ancora incerti finora ottenuti, a fronte dei metodi e del quadro normativo individuati per
disciplinare l’attività estrattiva, non sono ragionevolmente da imputare solo a inevitabili carenze
normative o all’ìnesperienza o inadeguatezza di progettisti e/o controllori del recupero. È opportuno
riconsiderare l’approccio iniziale a questi tipi di intervento scartando la lettura per comparti stagni degli
elementi ambientali sui quali si deve intervenire. In altri termini, ignorando l’organicità delle relazioni
che compongono il quadro ambientale, si limita l’attenzione agli elementi naturali suscettibili di
compromissione afferenti l’area e il suo intorno. Infine si adottano le norme generali che fissano le
soglie minime della ragionevolezza degli interventi senza alcuno sforzo interpretativo e con scarsa
relazione con il progetto di reinserimento delle aree manomesse nelle dinamiche territoriali.
CRITICITÀ
Durante il periodo di sfruttamento del giacimento, le cave determinano un rilevante impatto
ambientale. I principali problemi di degrado e criticità sono dovuti a:
•
•
•
•
•
•
sottrazione diretta di habitat disponibile;
frammentazione degli habitat;
scotico del terreno vegetale;
inquinamento acustico;
immissione di polveri;
traffico dovuto al trasporto dei materiali sulla viabilità ordinaria.
OPPORTUNITÀ
Gli interventi di recupero ambientale rappresentano preziose opportunità per il potenziamento della
biodiversità di un’area. La varietà di tipologia di cava, per localizzazione, conformazione, profondità,
tipo di substrato, consente di scegliere tra una rosa di interventi finalizzati ad ottenere diversi tipi di
habitat in cui ricreare comunità ricche e specializzate.
Il progetto di recupero dovrebbe riportare aree, private dei caratteri ambientali originari, a nuove
condizioni di vivibilità complessiva nelle dinamiche attuali del territorio e in prospettiva della loro
evoluzione.
Sulla base di alcuni principi evidenziati nel presente documento, tale obiettivo può essere raggiunto sia
a seguito di un auspicato e deciso miglioramento qualitativo e quantitativo degli interventi di recupero
ambientale previsti in fase progettuale che, vista la molteplicità di aspetti tecnici e ambientali da trattare
richiede la partecipazione attiva di tecnici abilitati iscritti al relativo albo professionale o tecnici
qualificati appartenenti ad associazioni riconosciute in conformità alla normativa vigente, per le
discipline di rispettiva competenza, sia adottando piccoli accorgimenti quali ad esempio:
•
•
la corretta conservazione del terreno vegetale, sul quale non vengono effettuati interventi di
pacciamatura e concimazione prima della sua stesura;
la progettazione e gestione efficace della raccolta delle acque meteoriche, che dilavano terreni
spesso profilati con terre e rocce da scavo e ricoperti con lo strato di terreno vegetale
precedentemente asportato ed avente una capacità drenante molto inferiore;
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•
l’utilizzo dei fanghi di lavaggio degli inerti per gli interventi di recupero ambientale.
Saranno pertanto individuate le iniziative da attuare, (quali ad esempio una specifica campagna
informativa), per incentivare l’utilizzo di buone pratiche per il recupero ambientale dei siti estrattivi, al
fine di ottenere l’auspicato miglioramento quantitativo e qualitativo di tali interventi di recupero che
possono divenire importanti elementi costitutivi della Rete ecologica regionale.
Il lavoro svolto all’interno dello scrivente Servizio pone le basi per una futura pubblicazione da divulgare
alle aziende, ai progettisti e agli Enti interessati.
BIBLIOGRAFIA
Rete Ecologica Regionale – Regione Lombardia
Acer n. 3/2012
Linee guida Progettazione Gestione Recupero delle aree estrattive – AITEC e Legambiente
Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia Romagna – Regione Emilia
Romagna
Ecologia del paesaggio – Ingegnoli e Giglio
Quaderni della scuola di Ingegneria naturalistica – Centro regionale per la Flora autoctona
Il riuso e il recupero ambientale delle cave di pietra – Provincia di Brescia Ufficio Ecologia
Piano di settore provinciale di miglioramento ambientale a fini faunistici – Provincia di Bergamo
Documento preliminare del Piano di settore della rete ecologica provinciale
Progettare per la biodiversità – Agire nel territorio – Dossier di buone pratiche in materia di
biodiversità Provincia di Bergamo e CST – Università di Bergamo
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Le attività estrattive recuperate come elementi funzionali della rete