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CENNI SUI PROCESSI DI
LAVORAZIONE PER DEFORMAZIONE
1. CENNI SUI PROCESSI DI LAVORAZIONE PER
DEFORMAZIONE
1.1. INTRODUZIONE
Fra i processi di produzione industriale, oggigiorno i processi di deformazioni plastica hanno
un’importanza maggiore e il loro campo di applicazione continua ad estendersi anche se nel
frattempo vengono sviluppati anche processi non convenzionali di produzione.
E’ possibile ormai produrre a freddo pezzi con precisione dimensionale paragonabile a
quella ottenibile con macchine utensili ad asportazione di truciolo. Ciò consente, evidentemente,
risparmi di materiale e di tempo di lavorazione i quali, specie nella produzione in serie, rendono
economicamente convenienti tali tecnologie.
Il gran vantaggio dei processi di lavorazione plastica dei metalli è quello di consentire la
produzione delle forme e dimensioni desiderate assieme ad un miglioramento delle caratteristiche
meccaniche del materiale. Questo caratteristica di processo per i materiali metallici è bene
evidenziato dal seguente diagramma, che riporta l’interdipendenza fra la deformazione e le
caratteristiche meccaniche (Rm, A5), fig.1.
Rm
L
A5
T
ε
Fig. 1. Influenza della deformazione sulle proprietà meccaniche
Si noti l’incremento delle caratteristiche meccaniche (resistenza di rottura e l’allungamento)
con l’aumento della deformazione che viene espressa attraverso il grado di deformazione.
Le due curve dalla fig.1, L e T, si riferiscono alle direzioni longitudinale e trasversale per i
provini sottoposti alle prove di trazione oppure compressione. La differenza del comportamento del
materiale lungo queste direzioni è sempre funzione del grado di anisotropia. Questo fenomeno di
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anisotropia è stato ampiamente analizzato e descritto da alcuni modelli, come e quello generalmente
conosciuto come metodo di Hill, per la resistenza di deformazione.
I principali procedimenti di deformazione plastica dei metalli si realizzano mediante azioni
che possono essere prevalentemente di compressione, di trazione, ovvero risultare da una
combinazione di esse, secondo la schema presentato nella fig. 2. In esso non sono compressi due
procedimenti: la tranciatura di bare o lamiere e l’asportazione di truciolo mediante utensile – che
pur realizzandosi mediante una deformazione plastica producono la separazione delle parti.
Fig. 2. Processi di deformazione
Le tecnologie di deformazione plastica possono anche suddividersi a seconda della
temperatura alla quale ha inizio il procedimento, ed anche a seconda il tipo di semilavorato su cui si
opera, ad es. su lamiere.
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1.2. FUCINATURA LIBERA
Con la fucinatura il materiale viene plasmato fino a ottenere la forma desiderata o una
prossima ad essa. Specialmente usando materiale ottenuto per fusione, con la deformazione della
struttura di fusione, nonché attraverso la chiusura e la saldatura delle cavità, si vogliono creare le
premesse per ottenere le proprietà richieste del materiale.
La fucinatura, secondo la definizione, avviene per mezzo d’utensili che si muovono in senso
tra loro opposto. La formatura libera – spesso definita semplicemente fucinatura – a differenza dello
stampaggio (fucinatura su stampa) avviene con utensili che non contengono, o contengono solo
parzialmente, la forma del pezzo da ottenere.
Nelle fucine accanto alla fucinatura libera, per la deformazione di pezzi anulari, si esegue
frequentemente, su laminatoi speciali, anche la laminazione d’anelli e la laminazione di ruote a
disco e di pulegge.
La gamma dei materiali lavorabili per fucinatura va dall’acciaio al carbonio agli acciai a
basso, medio ed alto contenuto di elementi in lega, come i materiali austenitici, fino ai materiali non
ferrosi, come il titanio, l’alluminio, il rame e loro leghe.
Come già detto in precedenza, la fucinatura impartisce al materiale una maggior resistenza
meccanica alle sollecitazioni dinamiche, in quanto la struttura del materiale viene affinata. Qui
possono essere individuate diverse operazioni semplici di formatura:
a) Ricalcatura
b) Stiratura
c) Foratura
d) Troncatura
Tutte queste lavorazioni, nonché le deformazioni per taglio e per torsione, si eseguono
prevalentemente dopo un riscaldamento del materiale a temperatura superiore a quella di
ricristalizzazione. Ciò è necessario sia per ridurre la forza e il lavoro necessari alla deformazione,
sia per migliorare la deformabilità del materiale. Materiali poco deformabili, specialmente allo stato
di getto, a causa delle loro tensioni interne, possono essere lavorati soltanto per fucinatura.
La fabbricazione di pezzi fucinati (senza stampi) avviene in più stadi. Questi comprendono
la preparazione del materiale di partenza, la deformazione vera e propria, il raffreddamento ed il
trattamento termico, nonché la lavorazione per asportazione di truciolo.
Per la fucinatura libera s’impiegano prevalentemente magli, presse idrauliche e meccaniche
e macchine fucinatrici. Negli impianti di fucinatura sono utilizzate presse idrauliche che possono
sviluppare una forza di 120MN. Secondo il processo e le dimensioni del pezzo, con esse si possono
fucinare pezzi fino a 350-400t di peso.
Di solito i sovrametalli di lavorazione e le tolleranze ammesse per pezzi non lavorati e barre
di acciaio, che vengono spesso forniti al cliente allo stato grezzo, sono stabiliti nelle norme. Per i
pezzi fucinati di forma complessa, i cui sovrametalli di lavorazione e le tolleranze ammesse, non
sono stabilite nelle norme, devono essere presi adeguati accordi tra committente e produttore.
In fig. 3 sono rappresentati alcuni importanti gruppi di prodotti realizzabili con la fucinatura.
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Fig. 3. A- disco; B- disco forato; C- anello; D- cilindro; E- barra; F- albero per turbina;
G- albero a flangia; H- albero a gomiti; J- lingotiera per colata centrifuga; K- bussola; L- carter
Le dimensioni dei pezzi producibili vanno da pochi centimetri a molti metri. Oltre alle
costruzioni meccaniche, che richiedono circa la metà dei pezzi fucinati, bisogna menzionare
l’elettrotecnica, il settore energetico, la cantieristica, le costruzioni di veicoli, l’industria mineraria,
l’edilizia in acciaio, l’industria chimica e quelle per le lavorazioni delle pietre e delle terre.
Con una giusta scelta del grado e della velocità di deformazione, della temperatura di
fucinatura e di un opportuno andamento delle fibre, è possibile raggiungere significativi
miglioramenti delle proprietà esistenti nel materiale dopo la fusione.
1.2.1. Stiratura
Con quest’operazione si può allungare ed assottigliare una barra cilindrica lavorandola fra
mazzette piane, oppure si può eseguire una serie di ricalcature perpendicolarmente alla direzione di
stiratura sopra elementi di barra prossimi l’uno all’altro. Dopo l’allungamento lungo l’asse del
pezzo, esso è ruotato di 90° intorno all’asse di caduta della mazza, in modo da costipare verso
l’interno il materiale defluito ai lati della mazza.
In fig. 4 viene illustrato l’abbinamento di utensili per la stiratura e il loro campo di impiego.
Come forme finali della sezione trasversale, le più frequenti sono la sezione tonda, quadrata
o quella piana. I pezzi con queste sezioni sono prodotti a forma di barra o semilavorati e ricevono la
loro forma definitiva in successive lavorazioni (lavorazione meccanica, la laminazione, lo
stampaggio, oppure successiva fucinatura libera). La stiratura fino ad una determinata forma della
sezione trasversale definitiva non è necessariamente abbinata alla geometria del lingotto.
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La stiratura può essere considerata semplicemente come una serie consecutiva di singole
parziali operazioni di ricalcatura, poiché ogni volta viene deformata sempre una zona ridotta del
pezzo.
Fig. 4. Tipi di utensili per la stiratura
In fig. 5 viene riportata la stiratura in piano con mazze a raggio con rotazione del pezzo.
Fig. 5. Esempio di stiratura in piano
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1.2.2. Ricalcatura
Ricalcatura è il procedimento più semplice tra i processi compresi nella fucinatura libera. Le
superfici della mazza e dell’incudine sono di solito piani, il pezzo, compresso, si dilata, ostacolato
solo dall’attrito con le superfici dei due utensili, fig. 6.
Fig. 6. Il processo di ricalcatura
A differenza della stiratura, nella quale il pezzo viene ogni volta deformato solo
parzialmente, nella ricalcatura si deforma prevalentemente il pezzo intero. Nel caso di forza di
pressione insufficiente s’impiega spesso una ricalcatura parziale. L’asse longitudinale del pezzo
nella ricalcatura è disposto nella direzione della forza.
Per la fabbricazione di pezzi fucinati liberamente la ricalcatura costituisce spesso soltanto
un’operazione del ciclo di lavorazione. La ricalcatura si effettua per tutte le sezioni prese in
considerazione per la stiratura (tondo, quadro, ottagono, poligonale). A causa della deformazione
geometrica del pezzo ricalcato, rispetto allo stiramento, si realizzano qui riduzioni di altezza
percentualmente molto superiori. Il volume rimosso dall’altezza provoca un aumento delle
dimensioni trasversali del pezzo. A causa dell’attrito tra pezzo ed utensile, il pezzo si spancia in
modo più o meno accentuato in funzione del rapporto altezza/diametro iniziale. Mentre nei corpi
inizialmente tozzi (h/d<1), si forma una semplice forma a botte, nei corpi più sottili si può
inizialmente constatare una forma a doppia botte, che si trasforma nella più semplice forma a botte
solo a più elevate riduzioni, fig. 6.
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Per influenzare questo rigonfiamento, descritto dal rapporto tra il diametro frontale ed il
diametro a ventre dmin/dmax, si possono impiegare stampi di ricalcatura sagomati. Nel caso di forme
tropo snelle, esiste il pericolo di flessione (carico di punta), sicché non bisognerebbe superare il
grado di snellezza h0/d0<2,5, fig. 7.
Fig. 7. Evoluzione delle dimensioni del pezzo
Per lingotti con sezione trasversale tonda si utilizza spesso la condizione di costanza del
volume.
h0
π 2
π
d 0 = h1 d 12 = V = ct.
4
4
(1)
Per caratterizzare la riduzione di altezza si usa la variazione percentuale di altezza:
εh =
h1 − h0
⋅ 100
h0
[%]
(2)
Il valore della deformazione che si utilizza nelle applicazioni di ricalcatura si esprime con la
seguente relazione:
ε = ln
h1
h0
(3)
Si possono definire anche le variazioni di dimensione in direzione radiale e assiale, ma non
sono tuttavia necessarie per la descrizione del processo di ricalcatura. Accanto alla indicazione della
variazione εh, si definisce un grado di ricalcatura λs, detto anche grado di deformazione su
fucinatura. Esso può essere calcolato per la costanza del volume, o mediante le altezze del pezzo,
oppure mediante le superfici della sezione trasversale prima e dopo la deformazione. Con le
superfici vale:
λs =
A1
A0
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Il grado di ricalcatura calcolato per mezzo delle superfici delle sezioni trasversale, coincide
con quello calcolato per mezzo delle superfici delle sezioni trasversali solo nel caso che il processo
di ricalcatura avvenga omogeneamente. A causa della presenza dell’attrito tra l’utensile e il pezzo
durante la deformazione, nel pezzo ricalcato si ottiene una distribuzione della deformazione
disomogenea; per il calcolo è importante sapere che i gradi di deformazioni derivati dalla geometria
esterna non possono descrivere la deformazione locale. La fig 8 mostra, per due differenti variazioni
di altezza, le zone di deformazione che si verificano.
Fig. 8.
La zona I, in corrispondenza delle superfici di contatto, e la zona III, presentano, rispetto alla
zona II, deformazioni considerevolmente più ridotte. Con l’aumento della velocità dell’utensile e
della variazione del εh, la distribuzione della deformazione diventa più uniforme.
Una informazione molto importante per trovare la forza di ricalcatura si riferisce alla
distribuzione della pressione sulla interfaccia di contatto materiale - punzone. Una possibilità per
l’andamento delle sollecitazioni normali sulle superfici di corpi assial – simmetrici ricalcati con
attrito, in conformità con la teoria della plasticità, ha una forma presentata in fig. 9.
Fig. 9.
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Ricorrendo al metodo del elemento sottile di Siebel, la pressione media di contatto pezzopunzone ha la seguente formulazione:
 1 µ ⋅d 
p = k f 1 + ⋅

 3 h 
(5)
dove kf è la sollecitazione di riferimento (tensione di plasticizzazione corrispondente al
momento di calcolo).
Diventa immediato il calcolo della forza di ricalcatura utilizzando la pressione media e la
superficie di contatto istantanea.
F = p ⋅ A1
(6)
1.2.3. Troncatura
Nella fabbricazione di pezzi ottenuti per fucinatura libera, accanto alle operazioni di
deformazione, nella maggior parte dei casi, è anche necessaria un’operazione di separazione
(troncatura). Nella fucinatura libera si eseguano operazioni di separazioni normalmente a caldo. Si
separano le parti del materiale superflue o quelle destinate a rottame, oppure i diversi pezzi fucinati
tra loro. Nella pratica sono comuni i processi come: suddivisione, tranciatura, intaglio, strozzatura,
recisione, separazione, spuntatura, taglio ossiacetilenico, foratura ecc..
Le operazioni di troncatura possono aver luogo prima, durante e dopo fucinatura. Le
operazioni di separazione prima della fucinatura: nella troncatura a caldo, la cosiddetta testa del
lingotto ed il fondo vengono separati dalla parte intermedia da fucinare. Per quest’operazione
s’impiegano in misura crescente cannello ossiacetilenico e lancia al ossigeno. E’ possibile tagliare
diametri fino a 3000mm.
Nella troncatura a freddo l’operazione avviene su billette semplicemente solidificate o
prelaminate, mediante asportazione di truciolo, per es. per mezzo di sega, con distacco mediante
mola, esecuzione di gole e rottura.
Nelle operazioni di troncatura durante la fucinatura la separazione dei pezzi fucinati può
avvenire mediante tranciatura con cuneo, per mezzo di utensili speciali, durante oppure dopo la
fucinatura. In quest’ultimo caso si sfruttano il calore di fucinatura e la forza esercitata dalle stesse
macchine, per es. dalle presse o dai magli.
Per la determinazione del peso del pezzo da fucinare è necessario stabilire i sovrammetali di
lavorazione. Con l’aumento delle dimensioni del pezzo e quindi del loro peso, si aumentano le
aggiunte di sicurezza (sovrammetali) per la lavorazione con asportazione di truciolo. Se si formano
più pezzi fucinati da un solo sbozzato o da un lingotto, bisogna anche considerare un’adeguata
aggiunta di materiale per l’operazione di separazione.
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In fig. 10 è rappresentato come esempio il principio di una operazione di taglio con cuneo.
Fig. 10.
1.2.4. Foratura
Nella produzione di anelli, cilindri e altre forme di corpi cavi, il materiale da asportare viene
tolto mediante foratura assiale o più di rado eccentrica, dal pezzo precedentemente ricalcato. Nel
caso di forme speciali si usa occasionalmente la tecnologia della foratura parziale, che si distingue
in foratura libera e foratura con estrusione inversa.
Nel primo processo il flusso del materiale in direzione radiale ed assiale non viene impedito
dagli utensili, mentre nel secondo avviene una estrusione inversa fra il mandrino e il recipiente il
cui diametro è appena superiore a quello del pezzo introdotto.
La fig. 11 presenta un disco, un mandrino pieno ed un mandrino cavo (anello di taglio), che
rappresentano tipici utensili di foratura. Per la foratura con estrusione s’impiegano principalmente
mandrini pieni.
Fig. 11.
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Un esempio di foratura parziale libera (incisione) e propriamente della zona esterna di un
disco, è rappresentato in fig. 12. In essa un utensile a forma di anello viene impresso nel materiale e
la zona così delimitata viene poi ulteriormente deformata, in modo che ne derivi un disco con
mozzo.
Fig. 12.
La fig. 13a mostra la foratura libera con un mandrino massiccio e con un disco per forare.
Con questa operazione, facendo penetrare il mandrino, la maggior parte del materiale della zona del
nucleo viene spostata e soltanto una piccola percentuale di essa viene tolta mediante foratura.
Fig. 13. a- mandrino; b- pezzo ricalcato; c- disco di taglio
La foratura con anello o mandrino cavo è rappresentata in fig. 13b. Questo metodo viene
impiegato prevalentemente per i pezzi più grandi. La foratura con il mandrino cavo serve ad
asportare la maggior parte delle disomogeneità metallurgiche in corrispondenza dell’asse del
lingotto. Il materiale del nucleo viene asportato dall’utensile per forare per il 50% circa del volume
del foro e il restante 50% viene spinto nel pezzo fucinato.
1.2.5. Applicazione – ricalcatura libera di rame ricotto
Descrizione del problema:
Si vuole realizzare una ricalcatura libera di un cilindro di rame ricotto di altezza e diametro
pari a 10 millimetri, fino ad un'altezza di 7 millimetri.
Calcolare la forza e il lavoro necessari per eseguire l'operazione, sapendo che:
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!
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il materiale in questione presenta una caratteristica tensione - deformazione approssimabile con
una legge del tipo:
σ = Kε n (fig. 14)
in cui: K=460 N/mm2, n=0.54
σ
σ=Kε
σ= εn
ε
Fig. 14. Dipendenmza σ-ε
!
!
il coefficiente di attrito tra il pezzo e le pareti degli stampi è stimabile ad un valore di 0.1
il rendimento dell'operazione può essere ritenuto pari a 0.7
Risoluzione:
Viste le dimensioni del pezzo risulta impossibile l'eventualità di inflessione laterale dello
stesso, non bisogna verificare il rapporto di ricalcatura.
Tenendo conto della conservazione del volume, tipica dello stato plastico, è immediato
ricavare il diametro del pezzo al termine dell'operazione di ricalcatura; nell'ipotesi che il pezzo
rimanga cilindrico il suo diametro varrà quindi:
h0
π 2
π
d 0 = h1 d 12 = V = ct.
4
4
d 0 ⋅ h0
10 2 ⋅ 10
=
= 11,95mm
h1
7
2
d1 =
La deformazione del materiale a fine operazione avrà raggiunto il valore:
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ε F = ln
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h1
7
= ln = −0,356
h0
10
Come è noto questo valore di deformazione corrisponde, a meno del segno, alla
deformazione equivalente:
ε F* = ε F
A tale valore di deformazione corrisponde un carico di plasticizzazione, ricavabile dalla
caratteristica del materiale σ-εdi:
n
σ F ≡ σ F = K ⋅ ε F* = 460 ⋅ 0,356 0.54 = 263,6 N / mm 2
Diventa quindi immediato ricorrendo alla relazione di Siebel per il calcolo della pressione
media di contatto, al termine dell'operazione (valore massimo):
_
 1 µ ⋅ d1 
 1 0,1 ⋅ 11,95 
2
 = 263,6 ⋅ 1 + ⋅
p F = σ F ⋅ 1 + ⋅
 = 278,6 N / mm
7

 3
 3 h1 
La forza di ricalcatura nel medesimo istante sarà:
π
π
2
⋅ d 1 = 278,6 ⋅ ⋅ 11,95 2 = 31,25 kN
4
4
Il lavoro di deformazione ideale per eseguire l'operazione può essere facilmente calcolato
integrando l'espressione della caratteristica tensione-deformazione del materiale. Il lavoro di
deformazione ideale per unità di volume vale:
_
FF = p F ⋅
l ID =
εF
∫
σ ⋅ dε * (fig. 15.)
εI
σ
σ=Kε
σ= εn
l ID
ε
Fig. 15. Il lavoro di deformazione ideale per unità di volume
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Nel caso particolare della legge costitutiva considerata l'espressione del lavoro di
deformazione diventa:
LID
n +1
 εF

K ⋅ ε F*
π
2
*n
*

= ∫ K ⋅ ε ⋅ dε ⋅ VPEZZO =
⋅ ⋅ d1 ⋅ h1 =
ε

n +1
4
 I

=
460 ⋅ 0,356 0.54 +1 π


⋅ ⋅ 11,95 2 ⋅ 7 = 47772 Nmm  47,7 J 
0,54 + 1
4


Il lavoro reale si ottiene da quello ideale dividendo per l'opportuno rendimento
dell'operazione:
LREALE = LID / η = 68,25 J
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1.3. STAMPAGGIO
1.3.1. Elementi generali
Lo stampaggio viene definito come formatura a compressione con utensili caratterizzati da
cavità – gli stampi – che si muovono in senso opposto. Il pezzo si deforma in direzioni definite e
non più liberamente come durante la fucinatura.
Gli utensili circondano il pezzo completamente o quasi e ne contengono la sua forma.
Solitamente la deformazione avviene entro campi di temperatura, per i quali si possono sviluppare
processi di ricristallizzazione. Alte temperature servono a migliorare la deformabilità del materiale,
nonché a ridurre le forze necessarie alla deformazione e le sollecitazioni. Il processo di
deformazione eseguito a temperatura ambiente, si definisce stampaggio a freddo. Ad eccezione di
alcuni acciai, si deformano a freddo principalmente i materiali metallici non ferrosi.
Lo stampaggio si presenta generalmente assieme ad altri processi di formatura: accanto alla
troncatura ed alla saldatura, troviamo altri processi di deformazione, quali la laminazione e la
fucinatura libera.
Lo stampaggio costituisce un importante settore dei processi di lavorazione dei materiali
metallici. I pezzi stampati trovano impiego in molti campi e vanno dal semplice organo di
collegamento (viti, dadi, bulloni ecc.) fino a componenti per l’industria automobilistica ed
aeronautica (bielle, ruote dentate ecc.). Le quantità prodotte vanno da piccoli quantitativi a serie di
milioni. Secondo valutazioni effettuate, esistono oltre 600.000 tipi di pezzi ottenuti per stampaggio
e il loro peso può variare da alcuni grammi ad una tonnellata. La gamma degli stampati abbraccia
sia pezzi semplici, per quali è prevista una successiva lavorazione ad asportazione del truciolo, sia
pezzi di elevata precisione, come per esempio le pale di turbine, che devono essere successivamente
lavorate solo in corrispondenza dell’attacco.
Proprio nelle costruzioni dei veicoli, dove sono richieste resistenze e gradi di sicurezza
elevati per le parti dinamicamente sollecitate, il pezzo stampato svolge il suo compito in modo
eccellente. L’acciaio fucinato sopporta elevate sollecitazioni statiche e dinamiche; grazie
all’assenza di difetti interni – assenza di cavità, struttura compatta e omogenea – un pezzo stampato
può essere facilmente controllato. Inoltre, a causa della sua duttilità, può sopportare anche
sovraccarichi.
La gamma dei materiali che ben si prestano allo stampaggio è molto estesa (dagli acciai ai
materiali metallici non ferrosi); una loro corretta scelta nonché un appropriato trattamento termico
successivo, permette di realizzare un pezzo con caratteristiche idonee a soddisfare la maggior parte
delle esigenze qualitative e funzionali.
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In questi processi il pezzo è completamente racchiuso fra gli stampi. Fanno parte di questo
gruppo di processi:
- stampaggio di sbozzatura: sul pezzo si verificano locali aumenti di sezione, senza
formazione di bava;
- stampaggio con bava: il pezzo viene deformato con compressione fra due utensili, e il
materiale eccedente fluisce verso la camera scartabava;
- stampaggio senza bava: il materiale in questo processo non può fluire all’esterno della cavità
dello stampo;
- coniatura con stampo: sotto l’azione degli utensili il pezzo subisce solo piccole riduzioni di
altezza o di spessore.
In fig. 16. È illustrata l’evoluzione del processo e della forza di stampaggio, funzione delle
fasi distinte dell’operazione, per ottenere un pezzo cilindrico semplice.
Stampo superiore
a- Ricalcatura libera fino al contatto con i
pareti laterali dello stampo
Materiale da stampare
Stampo inferiore
b- Deformazione nella cavità dello stampo
del materiale fino alla uscita di esso nel
canale di bava
Canale di bava
c- Riempimento totale della cavità e uscita
del sovrametallo nel canale di bava
Fig. 16.
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La deformazione della belletta può avvenire attraverso una ricalcatura, una estrusione
oppure tutte due, funzione della differenza di configurazione tra la belletta e la cavità dello stampo.
In fig. 17. sono presentati due tipi di stampaggio, con ricalcatura (a) e con estrusione (b), per lo
stesso pezzo finale.
Fig. 17. a- stampaggio con ricalcatura; b- stampaggio con estrusione
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Per ottenere il pezzo stampato a caldo, dal disegno del pezzo finito, è necessario prevedere
alcune tappe, e dimensionare i sovrametalli richiesti dalle esigenze tecnologiche del processo. Fig.
18 presenta questo percorso per una ruota dentata.
A- pezzo finale
e scelta del piano di
divisione
B- sovrametalli
previsti nella zona
dei denti e dal
canale laterale
C- sovrametalli
previsti per la
successiva lavorazione
ad asportazione di
truciolo
D- sovrametalli
previsti per l’angolo di
sformo e per la
foratura parziale
E- pezzo stampato
Fig. 18.
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Il canale di bava presenta in pratica diverse forme costruttive, fig.19.
Fig. 19.
Il dimensionamento del canale di bava si fa attraverso relazioni empiriche e tabelle.
Il ciclo di lavorazione completo di un’operazione di stampaggio per un pezzo complesso
comprende:
-una lavorazione intermedia con cui si ottengono una disposizione più conveniente delle masse di
materiale, l’eventuale piegamento dell’asse del pezzo, sezioni prossime a quelle definitive;
-lo stampaggio finale con il raggiungimento delle quote previste, la formazione del cordone di
sbavatura.
-la sbavatura.
1.3.2. Applicazione – Stampaggio a caldo di una billetta cilindrica
Descrizione del problema:
Si vuole stampare a caldo (1120°C) il pezzo illustrato in fig. 20. Partendo da una billetta
cilindrica di acciaio ( ρ=7850kg/m3)
Fig. 20.
Calcolare la billetta di partenza (corrispondente allo stampaggio con ricalcatura e con
estrusione) e la forza necessaria ad ottenere il pezzo conoscendo:
! il diametro del pezzo in piano di divisione e di 66mm
! il peso del pezzo stampato e sbavato e pari a 1,124 kg
! il materiale stampato ha una limite di snervamento nelle condizioni di deformazione di:
σF=120 N/mm2
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Risoluzione
Occorre innanzi tutto calcolare il pezzo del massello grezzo, necessario per ottenere il pezzo
stampato. Se indichiamo con M il peso del massello, questi varrà:
M = (m P + mB ) ⋅ A
con:
! mP peso del pezzo finito
! mB peso del materiale destinato al canale scartabava
! A coefficiente che tiene conto delle perdite per ossidazione
In funzione della complessità del pezzo il peso del materiale destinato al canale di bava si
trova in un intervallo di circa 5%-15% rispetto al peso del pezzo stampato. Il peso del cordone di
bava può essere calcolato partendo anche dalle dimensioni del canale scartabava, utilizzando un
coefficiente di riempimento di esso.
Dal momento che la complessità del pezzo in discussione è abbastanza bassa, si considera in
questo caso un valore medio per il materiale nel canale di bava del 7% mp.
mb = 0,07 ⋅ m p = 0,07 ⋅ 1,124 = 0,08 Kg
È possibile perciò calcolare il peso del massello grezzo, considerando che le perdite per
ossidazione nel processo di riscaldamento sono di circa 3-5% dal peso del materiale riscaldato.
M = (m P + m B ) ⋅ A = (1,124 + 0,08) ⋅ 1,05 = 1,26 kg
E’ possibile ora calcolare il volume della billetta da utilizzare per lo stampaggio.
V=
M 1,26
=
= 160868 mm 3
ρ 7850
Per effettuare uno stampaggio con ricalcatura, il diametro della belletta deve corrispondere
ad un valore che è minore dal diametro della cavità inferiore (45 mm)
π
⋅ Db2 ⋅ H
4
4 ⋅V
4 ⋅ 160868
Hr =
=
= 100 mm
2
π ⋅ Db
π ⋅ 45 2
V=
Quando si fa uno stampaggio con estrusione il diametro del massello deve essere maggiore
dal diametro della cavità piccola e minore del diametro del pezzo in piano di divisione:
Db ≈ 0,8 ÷ 0,9 ⋅ D = 0,9 ⋅ 66 = 60 mm
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Risulta in questo caso come lunghezza del massello:
He =
4 ⋅V
4 ⋅ 160868
= 57 mm
=
2
π ⋅ Db
π ⋅ 60 2
La forza di stampaggio può essere trovata con una relazione semplice empirica:
F = K p ⋅σ F ⋅ S p
In cui:
Kp è un coefficiente di complessità che dipendente dalla configurazione del pezzo:
3-5 per lo stampaggio di pezzi semplici senza canale di bava;
5-8 per pezzi semplici con canale di bava;
8-12 per pezzi complessi con canale di bava;
σF è il limite di snervamento del materiale nelle condizioni di processo;
Sp è la superficie del pezzo nel piano di divisione, incluso canale di bava.
Risulta perciò necessario determinare le dimensioni del cordone di bavatura. Lo spessore del
canale di bava è dato dalla relazione empirica (Vieregge):
1
s = 0.017 ⋅ D +
D+5
D e il diametro nel piano di divisione del pezzo
s = 0,017 ⋅ 66 +
1
66 + 5
= 1,25mm
A tale valore corrisponde uno spessore del canale scartabava data della relazione:
b 62,5
=
s
D
b 62,5
=
= 7,07
s
66
b = 8,8mm
Noto lo spessore del canale scartabava, è immediato il dimensionamento dell'intero canale
utilizzando le tabelle disponibili nei libri di testo.
La forza di stampaggio è:
π (D + 2 ⋅ b )
4
2
π ⋅ (66 + 2 ⋅ 8,8)
F = 6 ⋅ 120 ⋅
= 3950 KN
4
F = K p ⋅σ F ⋅
2
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1.4. ESTRUSIONE
1.4.1. Considerazioni generali
L’estrusione è un procedimento di deformazione che consiste nel disporre una belletta
ottenuta per fusione od uno spezzone di barra entro una matrice e nel sottoporli, tramite uno
spintore, ad una pressione così elevata da costringere il materiale ad uscire attraverso un’apertura
praticata o nella matrice (estrusione diretta) o nello spintore (estrusione inversa) od in entrambi
(estrusione mista). Questo processo è economicamente conveniente quando i profili da ottenere
sono tanto complessi da non consentire la laminazione e la lavorazione ad asportazione di truciolo
non è economica.
Si potrebbe distinguere due processi diversi di estrusione: il primo è quello di estrusione
continua di manufatti di lunghezza variabile e sezione generalmente costante; il secondo è quello di
estrusione per pezzi singoli che opera sui semilavorati.
L’estrusione continua si fa solitamente a caldo ed a velocità relativamente basse, per le
billette di fusione per i metalli non ferrosi oppure di laminazione di acciaio. Per l’estrusione
continua si usano presse orizzontali capaci di esercitare forze rilevanti. In fig. 21 sono indicati vari
procedimenti di estrusione continua: a- estrusione diretta di barre; b- estrusione diretta di tubi; cestrusione inversa di barre; d- estrusione inversa di tubi.
Fig. 21.
1-spintore; 2-matrice; 3-cilindro contenitore; 4-massello
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L’estrusione permette di ottenere sezioni particolarmente complesse che non possono essere
prodotte con nessun altro processo per deformazione plastica. Inoltre la qualità delle superfici
ottenute nel processo di estrusione è molto alta (rugosità bassa). In fig. 22 vengono illustrati diversi
tipi di profilati estrusi in alluminio debolmente legato per l’industria edilizia ed elettrica.
Fig. 22. Tipi di profili ottenuti per estrusione
1.4.2. Flusso di materiale e le deformazioni locali nel processo di estrusione
La complessità dei processi di lavorazione plastica necessita di analisi e studio con metodi e
tecniche diverse. Fra questi metodi e tecniche si possono distinguere: metodi sperimentali; metodi
sperimental - teorici e metodi teorici. Nel caso dei metodi sperimentali si realizza una simulazione
fisica dei processi di lavorazione plastica.
Un materiale che viene spesso utilizzato per la simulazione fisica dei processi di lavorazione
plastiche a caldo è il piombo. La ragione per quale il piombo può essere usato per la simulazione
fisica, dei processi di lavorazione plastica a caldo, deriva dal fatto che il piombo è un metallo con
struttura cristallina che ha la temperatura di ricristallizzazione a ca. “-350C”. Per questa, il piombo
deformato alla temperatura di 20 °C si deforma a caldo è nel processo sono presenti tutti due
fenomeni dalla deformazione plastica a caldo: incrudimento e ricristallizzazione della struttura nello
stesso tempo.
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Un esempio di metodo sperimental- teorico, è quella della visioplasticità mediante reticolo
per l’analisi del flusso di materiale e della deformazione locale durante l’estrusione. In questo caso
si usa una prova di piombo composta da due semicilindri. Sulla faccia interiore di uno dei due
semicilindri, viene serigrafata (tracciata) un reticolo equidistante ad un intervallo uguale con l0,
fig.23.
D)
Fig. 23.
A- billetta intera; B- billetta sezionata con reticolo
C- billetta sezionata e ricomposta; D- dim. reticolo
Il provino viene estruso inverso o diretto, in funzione del tipo di processo che si desidera
analizzare, e successivamente si possono misurare le deformazioni della retta iniziale per trovare le
deformazioni locali nel prodotto estruso. Per il caso di un’estrusione diretta la forma finale della
retta è illustrata in fig. 24.
Fig. 24. Forma del reticolo dopo l’estrusione
Certamente che le dimensioni e la forma del reticolo dopo l’estrusione dipendono dai
parametri utilizzati nel processo d’estrusione: angolo della matrice, coefficiente di attrito, forma del
punzone, dimensioni iniziale del provino, etc. In fig. 25 sono presentati diverse forme ottenibili per
il reticolo nel massello che viene deformato.
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Fig. 25.
La deformazione locale può essere trovata usando la prossima relazione:
ln − l0
l0
Dove ln e la lunghezza delle celle dopo l’estrusione.
La non uniformità della deformazione può essere calcolata con la seguente relazione:
∆l n =
(7)
∆ε n = ∆l n − ∆l min
(8)
L’andamento della non uniformità di deformazione nell’asse longitudinale del prodotto
estruso ha una forma che viene riportata in fig.26.
Curva torica
Curva
Fig. 26.
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Alla fine si osserva una differenza tra la curva teorica e quella che si ottiene
sperimentalmente. Questa differenza è dovuta al fatto che, sempre nei processi di estrusione, rimane
alla fine una parte di billetta non estrusa e quindi le ultime celle del reticolo non sono deformate
completamente.
Un aspetto molto importante che bisogna prendere in considerazione nella simulazione fisica
dei processi di lavorazione plastica, è quello che è descritto dalla legge di similitudine. Questa legge
e stata formulata in 1885 dal tedesco F. Kick come una legge della proporzionalità delle resistenze,
verificandola alla deformazione per trazione. Per applicare questa legge ai materiali metallici le
prove devono essere simili dal punto di vista geometrico, ed avere la stessa composizione chimica e
struttura, essere deformati nelle stesse condizioni di temperatura, grado di deformazione, velocità di
deformazione e condizioni di attrito sulla superficie di contatto. La legge della similitudine ha una
grande importanza pratica, perché su questa base possono essere simulate in condizioni di
laboratorio diversi processi di lavorazioni plastiche industriali, oppure possono essere estrapolati
risultati ottenuti in sperimenti di laboratorio per condizioni industriali.
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1.5. LAMINAZIONE
1.5.1. Elementi teorici
Con la laminazione si riduce la sezione trasversale del pezzo esercitando contro di esso
un’azione di schiacciamento accompagnata da allungamento e sovente da allargamento. La
deformazione è imposta generalmente attraverso due rulli che si ruotano in senso opposto, fig. 27.
HI
HF
Fig. 27. Il processo di laminazione piana
Per laminazione si produce una vasta gamma di prodotti industriali, fra cui barre, profilati,
lamiere, rotaie, tubi. L’operazione avviene di solito al disopra della temperatura di
ricristallizzazione, cioè a caldo, quando le riduzioni di sezione sono molto forti (laminazione di
lingotti e billette), oppure al disotto della suddetta temperatura, cioè a freddo allorché la sezione del
pezzo da laminare è prossima a quella del pezzo finito, con i vantaggi di attribuire migliori proprietà
meccaniche al pezzo e più elevata precisione.
Per questo processo si ricordano i termini seguenti:
-rapporto di riduzione :
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1
∆l n =
ln − l0
l0
(9)
oppure:
ε=
-
-
ho − h1 ∆h
=
h0
h0
;
ε = ln
h1
h0
(10)
pressione di laminazione: pressione esistente alla superficie di contatto fra cilindri e il materiale;
la pressione di laminazione è normale alla superficie di contatto e si fa sovente coincidere con la
propria componente verticale, data l’esiguità dell’angolo di contatto fra cilindro e materiale;
forza di laminazione: forza verticale complessiva (per cilindri orizzontali) interagente fra
ciascun cilindro ed il laminato.
lunghezza del arco di contatto fra rullo e lamiera determinata da considerazioni geometriche:
lc = R∆h
-
(11)
coppia di laminazione necessario per trovare il momento motore applicato ai rulli. Il momento
motore comprende la coppia di laminazione per deformazione, il momento per vincere diversi
attriti ed il momento equilibratore delle forze di inerzia. Trascurando le ultime, il rendimento di
un laminatoio è dipendente in larga misura dalle perdite per attrito nei supporti dei rulli e può
oscillare fra 0,3 e 0,9
Quando si conosce l’entità della forza trasmessa dai rulli al semilavorato, il calcolo della
coppia di laminazione viene a dipendere dalla direzione e posizione di essa. Nel caso normale di
laminazione, le forze esercitate dai due rulli sono dirette perpendicolarmente alla superficie del
laminato.
Il punto di applicazione di queste forze, si individua, sul arco di contatto, mediante l’angolo
α1 corrispondente al punto neutro, fig. 28.
O
F
Punto
neutro
α
b
R
LD
HI/2
HF/2
Fig. 28. Il punto neutro
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Rispetto all angolo α del arco di contatto si trova:
a=
α1
= 0,5
α
per laminazione a caldo
a=
α1
= 0,35......0,45
α
per laminazione a freddo
Il braccio di leva rispetto all’asse di rotazione dei cilindri si ottiene con la seguente
relazione:
b=
α1
R∆h
α
In conseguenza la coppia (il momento) di laminazione si ricava dalla seguente equazione:
C = 2F
α1
R∆h
α
(12)
1.5.2. Applicazione – laminazione a freddo di una lamiera di alluminio
Descrizione del problema
Si vuole laminare a freddo una lamiera di alluminio (ρ=2700 kg/m3) di spessore pari a 6
millimetri e larghezza 1600 millimetri, fino a portarla ad uno spessore di 3 millimetri.
Calcolare la coppia necessaria per eseguire l'operazione, la forza agente sui rulli e la
produzione oraria di materiale sapendo che:
! il materiale laminato presenta una caratteristica tensione - deformazione descritta con una legge
del tipo:
σ = Kε n
in cui: K=160 N/mm2, n=0.16
! i rulli del laminatoio hanno un diametro di 400 millimetri e presentano una velocità periferica di
120 m/min
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Risoluzione
La deformazione lungo lo spessore della lamiera a fine operazione raggiunge il valore:
ε F = ln
A0
h
6
= ln 0 = ln = 0.693
AF
hF
3
A tale valore di deformazione corrisponde una tensione media durante il processo, fig. 29,
che si può ricavare partendo dalla considerazione che il lavoro di deformazione nei due casi deve
essere uguale:
εF
∫ K ⋅ε
*n
⋅ dε * = σ ⋅ ε F
εI
K ⋅ ε Fn +1
= σ ⋅εF
n +1
E quindi la tensione media durante il processo sarà:
K ⋅εF
160 ⋅ 0,69 0.3
=
= 130 N / mm 2
σ =
n +1
0,16 + 1
n
σ
σ=Kε
σ= εn
σ
εF
ε
Fig. 29. Il valore della tensione media
La lunghezza dell'arco di contatto rullo–materiale si ricava da considerazioni geometriche,
ovvero:
l c = R ⋅ ∆h = 200 ⋅ 3 = 24.49 mm
La forza verticale risultante su di un rullo vale:
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F = p ⋅ Ac
La pressione media di contatto in questo caso si considera pari alla tensione media. L’area di
contatto rullo – materiale Ac si determina dalla lunghezza dell’arco di contatto e la larghezza della
lamiera b.
F = σ ⋅ l c ⋅ b = 130 ⋅ 24,49 ⋅ 1600 = 5093920 N
La coppia necessaria ai fini dell'operazione risulta:
C = 2 ⋅ (F ⋅ a ⋅ l c )
Si considera il coefficiente a al valore massima di 0,45 dell’intervallo per la laminazione a
freddo.
C=
2 ⋅ (5093920 ⋅ 0,45 ⋅ 24,49)
= 1122753 N ⋅ m = 112,3 KNm
10 3
La portata in massa di materiale prodotta dal laminatoio si esprime nella forma:
⋅
m = ρ ⋅ h1 ⋅ b ⋅ v F
!
!
ρ densità del materiale laminato ( 2700 kg/m3)
vF velocità della lamiera in uscita dal rullo, che vale:
vF =
!
!
v R ⋅ hN
h1
vR velocità tangenziale del rullo
hN altezza della lamiera in corrispondenza del punto neutro.
L’altezza della lamiera nel punto neutro si trova con la seguente relazione:
hN = h1 + 2( R − R ⋅ cos α )
con:
sinα =
lc
2⋅ R
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con i dati del problema in oggetto si ottiene:
α = arcsin
lc
24,49
= arcsin
= 0,0612 rad
2⋅ R
2 ⋅ 200
hN = h1 + 2( R − R ⋅ cos α ) = h1 + 2( R − R ⋅ 0,998) = 3,75 mm
vF =
⋅
v R ⋅ hN 120 ⋅ 1000 ⋅ 3,75
mm
= 2500
=
h1
s
60 ⋅ 3
m = ρ ⋅ h1 ⋅ b ⋅ v F =
2700
⋅ 3 ⋅ 1600 ⋅ 2500 ⋅ 3.6 = 117 t / h
10 9
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1.6. TRAFILATURA
1.6.1. Generalità
La trafilatura consiste nel far passare attraverso un utensile (filiera o matrice) il materiale da
deformare riducendone la sezione. La forza di trafilatura viene applicata mediante un organo di
pressa sul lato di uscita del pezzo. In questo modo nella zona di deformazione si instaura uno stato
di sollecitazione sia di trazione sia di compressione. La deformazione viene eseguita solitamente a
temperatura ambiente. In fig. 30 è illustrato lo schema del processo per barre e tubi.
Fig. 30. a- filiera o matrice; b- direzione di trafilatura; c- pezzo
La trafilatura può avvenire a secco, usando lubrificanti in polvere con grassi o ad umido,
mediante lubrificanti liquidi in cui il materiale viene completamente immerso.
Nel caso della produzione di filo di acciaio si trafila a freddo un filo proveniente dalla
laminazione, di diametro non inferiore a 5mm, e non superiore a 16mm, oppure fili a sezione
quadra di lato compreso fra 5 e 15 mm. A secondo degli scopi cui viene destinato si usa acciaio con
contenuto in carbonio variabile in percentuale da pochi decimi ad 1,6. L’utilizzazione del filo
trafilato d’acciaio può dipendere dalla sua elevata temprabilità (filo per aghi) oppure dalla
possibilità di ottenere, mediante patentamento e trafilatura, buone resistenze combinate con
caratteristiche di tenacità (filo per funi, molle, corde per pianoforti).
Prima di essere introdotta in filiera la vergella viene disossidata e appuntita. Dopo la
trafilatura i fili di acciaio sono ancora sottoposti a trattamenti termici onde accrescerne la duttilità o
la durezza.
Attualmente i processi di trafilatura non trovano solo applicazioni nella fabbricazione di fili
e barre o tubi a sezione assialsimmetrica, ma anche nella fabbricazione dei profilati. Si lavorano
materiali metallici di tutti i tipi, cioè acciai e materiali non ferrosi. I materiali di alta resistenza
vengono lavorati a caldo.
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1.6.2. Applicazione - Trafilatura di una barra di acciaio
Descrizione del problema
Si vuole trafilare una barra di acciaio di diametro pari a 10 millimetri , fino a portarla ad un
diametro di 8 millimetri, fig. 31.
vI
vF
DF
DI
FILIERA
Fig. 31
Calcolare la forza e la potenza necessaria per eseguire l'operazione, nonché la pressione
all'uscita della filiera , sapendo che:
! il materiale in questione presenta una caratteristica tensione deformazione ben approssimabile
con una legge del tipo:
σ = Kε n
in cui: K=1300 N/mm2, n=0,3
!
!
la velocità del materiale all'ingresso della filiera vale 1 m/s
il rendimento dell'operazione può essere ritenuto pari a 0.7
Risoluzione del problema
La deformazione del materiale a fine operazione avrà raggiunto il valore:
ε F = ln
AI
D
10
= 2 ln I = 2 ln = 0,45
AF
DF
8
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e coincide con la deformazione equivalente.
A questo valore di deformazione corrisponde una tensione media durante il processo che si
può ricavare dalla caratteristica del materiale di:
K ⋅εF
1300 ⋅ 0,45 0.3
=
= 785 N / mm 2
σ =
n +1
0,3 + 1
n
σ
σ=Kε
σ= εn
σ
εF
ε
Fig. 32.
La forza ideale di trafilatura è data dalla seguente equazione:
A
FTR − ID = A1 ⋅ σ ⋅ ln 0 ⋅
A1
e quindi:
π
π
2
FTR − ID = σ ⋅ ε F ⋅ ⋅ DF = 785 ⋅ 0,45 ⋅ ⋅ 8 2 = 17,5 kN
4
4
Introducendo il rendimento della lavorazione si ottiene la forza reale di trafilatura:
F
17,5
FTR = TR − ID =
= 25 kN
0.7
η
Ai fini del calcolo della potenza necessaria per l'operazione è necessario calcolare la velocità
del materiale all'uscita della filiera; applichiamo la conservazione della portata volumica ( siamo in
campo plastico) :
v I ⋅ AI = v F ⋅ AF
per cui:
AI
10 2
⋅ v I = 2 ⋅ 1 = 1,55 m / s
AF
8
ne deriva una potenza di trafilatura pari a:
vF =
PTR = FTR ⋅ v F = 25 ⋅ 1,55 = 37 kW
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