Il fisioterapista n.2, Marzo-Aprile 2001
Il controllo posturale statico e dinamico in appoggio
monopodalico
Dario Riva
Paola Trevisson
Roberto Minoletti Nicolò Venturin M. Carlotta Riccio
Centro Ricerche
Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie
Università di Torino
La postura è il mantenimento prolungato di una posizione del corpo. Per comprendere il
significato di postura è necessario ricordare che l’uomo è una struttura instabile che lotta
continuamente contro la forza di gravità per non cadere. Questa continua situazione di
instabilità favorisce una maggiore dinamicità, in quanto un oggetto in equilibrio instabile può
essere messo più facilmente in movimento rispetto ad uno in equilibrio stabile. Nell’uomo e in
molti animali è stata quindi privilegiata la mobilità a scapito della stabilità.
In condizioni statiche possiamo distinguere alcune posture principali:
•
la stazione eretta
•
la stazione seduta (considerata come una variante della precedente)
•
la stazione orizzontale
Ad eccezione della stazione orizzontale quindi, per postura possiamo intendere la modalità con
cui l’organismo si contrappone alla forza di gravità per mantenere una posizione del corpo e
interagire con l’ambiente.
Che cosa succederebbe se….
Venissero tagliate le fibre afferenti che portano i segnali propriocettivi, provenienti dai distretti
sotto il ginocchio, verso il midollo? Il soggetto in piedi cadrebbe al suolo, e cadrebbe in avanti
perché il nostro baricentro è spostato anteriormente per favorire la dinamicità.
Il mantenimento della postura richiede la contrazione continua, “tonica”, dei muscoli
antigravitari, per contrastare l’azione della forza di gravità. Questi muscoli si contraggono
infatti in risposta ai segnali provenienti dallo stiramento dei fusi neuromuscolari, per cui
interrompendo le vie afferenti, la contrazione riflessa diventerebbe impossibile e il soggetto in
stazione eretta o seduta si accascerebbe al suolo.
Negli ominidi (cioè nei primati che camminano eretti), sofisticati meccanismi sottocorticali
provvedono ad un continuo riassetto della situazione posturale sia in condizioni statiche sia
dinamiche.
Archeopropriocezione e propriopercezione
Per comprendere come questi meccanismi intervengano nel controllo posturale è necessario
ripercorrere brevemente come si è evoluto il concetto di propriocezione. Sherringhton nel 1906
ha introdotto il termine “propriocezione” definendola come il flusso di segnali che nasce dai
propriocettori e raggiunge il midollo per dare origine ai riflessi. Nei decenni successivi vari
Autori hanno attribuito alla parola propriocezione significati anche contrastanti (senso della
posizione, cinestesia, eccetera) limitandosi però sempre a considerare la componente cosciente
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e trascurando completamente quella incosciente, probabilmente per la mancanza di mezzi atti a
studiarla e comprenderla. Riva (2000) ha introdotto i concetti di archeopropriocezione e
propriopercezione distinguendo in tal modo anche terminologicamente le componenti
incosciente e cosciente del flusso propriocettivo afferente e sottolineando l’importanza delle
aree nervose di arrivo dei segnali. Per archeopropriocezione1 si intende il flusso di segnali che
nasce dai propriocettori periferici e raggiunge le strutture più primitive del sistema nervoso:
midollo spinale, tronco dell’encefalo e parte primordiale del cervelletto (figura 1). Tali
strutture vengono definite sottocorticali, in quanto non sono sotto il dominio della coscienza.
Figura 1: solo un segnale su un milione proveniente dalla periferia raggiunge il livello corticale (cosciente). Gli altri
999.999 si fermano a livello sottocorticale (incosciente).
La propriopercezione costituisce invece la rappresentazione a livello cosciente del senso della
posizione e del senso del movimento di una articolazione. I segnali che riescono a superare il
filtro sottocorticale e a raggiungere la corteccia dando origine alla propriopercezione,
rappresentano però solo la milionesima parte del flusso di segnali propriocettivi provenienti
dalla periferia. La componente cosciente ha pertanto un effetto trascurabile sulla qualità del
movimento e sulla stabilità funzionale delle articolazioni.
I sistemi di controllo posturale
Il controllo posturale e la gestione del disequilibrio, cioè la capacità di gestire situazioni ad alta
instabilità vicine al punto in cui l’equilibrio non è più recuperabile, si basano sull’intervento
coordinato e sinergico dei meccanismi archeopropriocettivi, visivi e vestibolari (figura 2).
1
Archeo sta per “arcaico” e vuole indicare le aree, filogeneticamente antichissime e comuni non solo ai mammiferi ma a tutti i
vertebrati, a cui sono diretti la maggior parte dei segnali propriocettivi.
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Figura 2: complesso dei meccanismi che interagiscono nel controllo posturale.
Il sistema archeopropriocettivo rappresenta l’intelligence, cioè un capillare servizio
informativo periferico con sensori presenti in ogni distretto muscolo-tendineo-articolare, in
grado di informare ad altissima velocità (utilizza le fibre nervose più grandi e veloci: 80-120
m/s) i centri nervosi a livello spinale e tronco-encefalico. Al tempo stesso questo sistema è
coinvolto nella risposta effettrice, perché dai fusi neuromuscolari dipende la possibilità di
modulare finemente la risposta muscolare. Le reazioni posturali più precoci sono attivate dalle
afferenze archeopropriocettive e vengono a mancare quando queste afferenze sono annullate.
Il sistema visivo è un vero e proprio sistema di puntamento che consente di “ancorare” il corpo
a punti di fissazione, migliorando la precisione del controllo posturale, basato sulle sole
informazioni archeopropriocettive. A occhi aperti, infatti, le oscillazioni laterali del capo non
superano qualche millimetro, mentre ad occhi chiusi aumentano in ampiezza e frequenza. Le
oscillazioni latero-laterali o antero-posteriori della testa comportano microspostamenti della
rappresentazione sulla retina del punto di ancoraggio visivo. Il sistema visivo rileva i
microspostamenti e attiva gli aggiustamenti posturali per riportare l’immagine nella posizione
di partenza.
Il sistema vestibolare è il meccanismo più tardivo a entrare in gioco, perché presenta una
soglia di attivazione più elevata. La maggior latenza di questo sistema consente al “sistema di
precisione” (archeopropriocettivo + visivo) di gestire gran parte delle situazioni posturali in
modo più raffinato. Rappresenta pertanto un mezzo di “emergenza” che sovrasta gli altri due
sistemi quando i movimenti del capo superano una certa ampiezza e velocità.
Il controllo posturale dinamico
Per controllo posturale dinamico si intende una condizione artificiale, che consente di valutare
(posturometria dinamica) il livello del controllo posturale mentre il soggetto è in appoggio
monopodalico su un punto di appoggio al suolo che tende a traslare continuamente (figura 7),
rappresentato da una tavola basculante-traslante (figura 3-A) con feed-back visivo (figura 3-B).
Questo tipo di condizione, che non riproduce alcun tipo di movimento o attività umana, è in
realtà altamente specifico per valutare e riprogrammare la funzionalità dei centri sottocorticali
deputati al controllo del movimento e al controllo posturale in tutte le condizioni.
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Figura 3A: posturometria dinamica con DVC in appoggio monopodalico destro su DEB.
Figura 3B: il feedback visivo.
Le strategie posturali
Limitarsi a valutare i comportamenti posturali in appoggio bipodalico e in condizioni statiche è
un po’ come voler testare una formula uno nel cortile di casa. E’ evidente infatti che i momenti
mission critical del sistema di controllo posturale sono le fasi di appoggio monopodalico in
situazioni dinamiche.
In passato le strategie posturali sono state definite di “caviglia” o di “anca” in base alla zona
anatomica coinvolta in modo prevalente. Riteniamo che oggi sia invece possibile, e soprattutto
più corretto, differenziarle in base ai sistemi funzionali coinvolti. Utilizzando un sistema
(Delos Postural System, figura 3-A e 3-B) composto dalla tavola basculante-traslante Delos
Equilibrium Board (DEB) e da un lettore del controllo posturale denominato Delos Vertical
Controller (DVC), entrambi con feed-back visivo in tempo reale, è possibile in pochi minuti
scoprire le caratteristiche del controllo posturale statico e dinamico di un soggetto e
quantificare il livello di stabilità funzionale dei suoi arti inferiori e del suo sistema colonnabacino. Il DVC è uno strumento che, applicato anteriormente sullo sterno (figura 4) o
posteriormente al di sotto della settima vertebra cervicale, registra e visualizza in tempo reale i
movimenti angolari del tronco in senso latero-laterale e antero-posteriore. Oltre a fornire le
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informazioni tipiche degli stabilometri utilizzabili in appoggio bipodalico in condizioni
statiche, consente l’analisi in appoggio monopodalico in situazione dinamica. Il monitoraggio
simultaneo ed in tempo reale del basculogramma della tavola e del posturogramma del tronco,
con la possibilità di fornire al soggetto uno o più feed-back visivi relativi alle componenti del
movimento che l’operatore ritiene più utile visualizzare, consente di comprendere il
comportamento del sistema ed individuare distretti funzionalmente carenti.
Figura 4: DVC applicato in regione sternale.
Un soggetto in appoggio monopodalico gestisce le situazioni di instabilità utilizzando tre
possibili strategie (figura 5):
1. archeopropriocettivo-visiva
2. di compenso con gli arti superiori
3. vestibolare
Figura 5: le possibili strategie utilizzabili da un soggetto in appoggio monopodalico.
Strategia archeopropriocettiva-visiva
La strategia archeopropriocettivo-visiva è quella che consente il controllo posturale più
raffinato. E’ una caratteristica costante dei grandi campioni dello sport, ma può essere
facilmente acquisita da tutti.
Il soggetto mantiene la testa ed il tronco quasi immobili mentre l’arto inferiore in appoggio
trasla ad alta frequenza per gestire la situazione di instabilità (figura 6-A). L’apparato
vestibolare viene così messo in stato di quiete e non interferisce con la raffinata gestione del
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comportamento motorio basata sulla congruenza dei segnali provenienti dagli altri due sistemi
informativi.
Strategia vestibolare
Nella strategia vestibolare, i rapidi cambiamenti di posizione e le accelerazioni a cui è
sottoposta la testa fanno prendere il sopravvento a questo sistema che diventa pertanto il
gestore primario dell’instabilità. Si tratta di un controllo impreciso, con latenze superiori,
basato su continui movimenti e contromovimenti del tronco, delle anche e degli arti superiori,
sempre eccessivi rispetto alla situazione biomeccanica da gestire (figura 6-B).
Strategia di compenso con gli arti superiori
Nella strategia di compenso con gli arti superiori il soggetto mantiene in quiete relativa il
tronco usando le braccia come timone (figura 6-C). Questa strategia viene utilizzata in
presenza di una strategia archeopropriocettivo-visiva inadeguata, per stabilizzare il sistema e
limitare l’intervento vestibolare.
Figura 6: strategie di controllo posturale. La traccia blu (posturogramma dinamico) rappresenta le inclinazioni del
tronco sul piano frontale registrate dal DVC (prove di 30”: le finestre rappresentano 10”). I soggetti sono in
appoggio monopodalico su tavola basculante-traslante elettronica DEB (il basculogramma della tavola non è
visualizzato, ma viene sempre registrato dal sistema). Il soggetto effettua le prove in presenza del solo feed-back
visivo relativo alle traslazioni della tavola. A e B hanno le mani ai fianchi (da Riva D., Trevisson P.:
Sport&Medicina, 4, 2000). Il riquadro con l’asterisco è rappresentato ingrandito nella figura 7
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Il movimento della tavola basculante-traslante è illustrato nella figura 7.
Figura 7: il feed-back visivo aggancia il soggetto ai centri sottocorticali aumentando la frequenza e la precisione
delle correzioni. L’alta frequenza di traslazioni del punto di appoggio mette in crisi e contemporaneamente
riprogramma il sistema di controllo posturale.
Feed-back e tracking visivo-sottocorticale
E’ opportuno a questo punto chiarire il significato del feed-back visivo in tempo reale
proveniente dalla tavola basculante-traslante e dal vertical controller durante la gestione di
situazioni di instabilità.
Il feed-back visivo (=informazione visiva di ritorno) aumenta notevolmente il numero di
situazioni biomeccaniche che il soggetto in appoggio deve gestire nell’unità di tempo.
L’inclinazione-traslazione della tavola, che ad ogni istante viene comunicata attraverso la
traccia sul monitor, “aggancia” (tracking=aggancio, inseguimento di tracce) infatti i centri
sottocorticali ad una nuova situazione da gestire (figura 3-B e 7). Una tavola di Freeman senza
feed-back visivo consente di lavorare soltanto a basse frequenze. Conseguenza della gestione
di traslazioni ad alta frequenza è l’elevato flusso di segnali diretto verso i centri nervosi, che
vengono addestrati ad interpretarli in modo corretto e a fornire risposte adeguate sempre più
rapidamente. Per i centri nervosi si tratta di un efficacissimo esercizio di traduzione simultanea
dei segnali propriocettivi. E’ un vero e proprio corso di lingua full immersion. In modo simile
un pilota di Formula uno migliora le sue prestazioni solo se guida un’auto che consenta di
raggiungere le alte velocità di gara. Percorrere lo stesso circuito con un’utilitaria sarebbe
invece inutile per il basso numero di situazioni da gestire nell’unità di tempo.
I feed-back della tavola e del DVC possono essere visualizzati in tempo reale singolarmente o
simultaneamente, a seconda dell’obbiettivo dell’esercizio o del test.
L’utilizzo di uno specchio come mezzo di feed-back visivo delle inclinazioni-traslazioni della
tavola non ha alcuna utilità in quanto si tratta di una informazione complessa, anziché
puntiforme, che richiede i lunghi tempi della elaborazione corticale per essere utilizzata. In
questa condizione non ci può essere quindi l’aggancio sottocorticale e la sincronizzazione delle
informazioni visive con quelle propriocettive.
Ipocinesi
Studi condotti da Riva et coll., in corso presso il Centro Ricerche della Scuola Universitaria
Interfacoltà in Scienze Motorie dell’Università di Torino, consentono di ipotizzare come la
progressiva riduzione delle esperienze motorie (ipocinesi) che caratterizza la popolazione
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occidentale possa condurre, anche in assenza di lesioni legamentose e articolari, ad un
progressivo deficit propriocettivo con instabilità funzionale delle articolazioni, ridotta capacità
di equilibrio e conseguente insicurezza posturale e dei movimenti. Questa situazione comporta
la scelta di compiti motori semplificati ed un ulteriore peggioramento dell’ipocinesi (figura 8).
Figura 8: il deficit propriocettivo da non uso.
La regressione da non uso è confermata dal fatto che brevissimi periodi di allenamento (per un
totale di pochi minuti per arto in appoggio monopodalico) con una tavola basculante
elettronica con feed-back visivo, consentono di migliorare il controllo posturale statico e
dinamico, con un importante recupero dell’autonomia e della sicurezza di movimento.
Lo sviluppo della capacità di utilizzare a livello incosciente i segnali propriocettivi rappresenta
un importante strumento non solo di tipo riabilitativo postraumatico o postchirurgico, ma
anche un efficace mezzo di prevenzione o ripristino delle capacità motorie in regressione da
non uso (progressiva riduzione dell’autonomia di movimento, scelta di compiti motori
semplificati, rischio di caduta, osteoporosi).
Atleti e regressione funzionale
Una regressione da non uso, con scelta di compiti motori semplificati, può verificarsi anche
negli atleti di alto livello che si allenano molte ore al giorno.
In uno studio presentato al III International Congress on Medicine and Sciences on Figure
Skating (marzo 2001) Riva e coll. dimostrano come il semplice cambiamento dei regolamenti
di gara possa portare anche i grandi campioni dello sport ad una regressione funzionale per la
mancanza di stimoli specifici, in grado di sollecitare i sistemi di controllo posturale più
raffinati (figura 9). Come conseguenza gli atleti tendono a scegliere compiti che non
coinvolgono i sistemi di controllo posturale in regressione (archeopropriocettivo-visivo),
aumentando invece il livello di difficoltà degli esercizi che coinvolgono il sistema più
grossolano (vestibolare).
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Figura 9: regressione da “non uso” negli atleti.
Controllo posturale dinamico e stabilità funzionale dell’arto inferiore
Il livello di controllo posturale dinamico in appoggio monopodalico rappresenta la cartina di
tornasole della stabilità funzionale dell’arto inferiore: non può esserci infatti un controllo
posturale dinamico raffinato in presenza di una compromissione della stabilità funzionale
dell’arto di appoggio. L’instabilità funzionale comporta infatti una regressione nella qualità del
controllo posturale, con utilizzo di strategie di tipo “vestibolare” (Riva 2000).
Al tempo stesso in presenza di un controllo posturale grossolano, qualunque ne sia l'origine,
sarà presente una stabilità funzionale inadeguata dell’arto inferiore. In presenza di strategie
posturali grossolane, anche se l’arto è anatomicamente sano, non può infatti avvenire una
taratura raffinata dei meccanismi stabilizzatori dell’arto inferiore. Quindi un controllo
posturale inadeguato è sempre indice di una instabilità funzionale dell’arto inferiore anche in
assenza di patologia distrettuale.
Riprogrammare il sistema archeopropriocettivo-visivo
L’utilizzo della strategia vestibolare dipende in realtà da una inadeguata funzionalità del
sistema di controllo archeopropriocettivo-visivo. La valutazione e la riprogrammazione di
questo sistema richiedono il rispetto di alcune specifiche caratteristiche nella progettazione
della proposta valutativa-riabilitativa-allenante (tabella 1).
Tabella 1
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Le condizioni più importanti sono l’abbinamento dell’instabilità in appoggio monopodalico al
feed-back visivo, per aumentare la frequenza delle traslazioni e stabilizzare il tronco riducendo
così l’intervento del sistema vestibolare.
La priorità degli obiettivi nella riprogrammazione sarà:
•
gestire in modo raffinato la verticale in condizioni di instabilità (ridurre l’ampiezza
delle oscillazioni del tronco fino a metterlo in stato di quiete mantenendolo sulla
verticale);
•
migliorare progressivamente la gestione della tavola basculante-traslante in tutti i
range articolari, con microampiezze di traslazioni-inclinazioni.
Test di posturometria statica
Per procedere alla valutazione e alla riprogrammazione del sistema archeopropriocettivo–
visivo è però importante escludere la presenza di difetti del sistema di puntamento visivo o del
sistema vestibolare.
Il test denominato “posturometria statica” viene effettuato in appoggio monopodalico su
superficie stabile (figura 10) in tre tipi di condizione:
-
a occhi aperti senza feed-back visivo
-
a occhi chiusi
-
a occhi aperti con feed-back visivo
In condizioni normali le oscillazioni aumentano di frequenza e ampiezza a occhi chiusi (figura
11). La miglior prestazione rispetto ad un asse-bersaglio si ha di solito con il feed-back visivo.
Il massimo livello di stabilità posturale è invece riscontrabile in assenza di feed-back visivo
quando il soggetto può posizionarsi sul suo asse posturale abituale ed ancorarsi ad un punto di
fissazione statico.
Figura 10: posturometria statica con DVC in appoggio monopodalico destro.
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Figura 11: posturometria statica. Soggetto in appoggio monopodalico a terra con DVC in posizione sternale o
dorsale in varie condizioni di informazione visiva. Sono rappresentate le inclinazioni sul piano frontale (X), sagittale
(Y) e bidimensionale (2D). A occhi chiusi l’ampiezza delle inclinazioni aumenta su tutti i piani.
Escludere problemi vestibolari
Il test bipodalico nelle tre condizioni consente di evidenziare problemi di tipo vestibolare. In
questi casi infatti l’ampiezza delle oscillazioni è maggiore e aumenta ancor di più a occhi
chiusi.
Ancor più sensibile è il test monopodalico che difficilmente riesce ad essere eseguito a occhi
chiusi nei soggetti con problemi vestibolari.
Nel test di posturometria dinamica (DEB+DVC) questi soggetti possono presentare buone
prestazioni, perché essendo allenati ad evitare il coinvolgimento del sistema vestibolare e le
sue risposte patologiche, privilegiano spontaneamente l’uso del sistema archeopropriocettivovisivo.
Escludere problemi visivi
Oscillazioni minori, registrate dal DVC ad occhi chiusi rispetto alla situazione ad occhi aperti,
indicano una possibile azione di disturbo dei segnali visivi sul controllo archeopropriocettivo,
con un peggioramento anziché un miglioramento della stabilità posturale in condizioni
statiche. Occorre ricordare infatti che è sufficiente una riduzione dell’acuità visiva per
provocare un aumento delle oscillazioni posturali. Negli anziani i problemi di vista possono
avere un effetto destabilizzante superiore a quello di una concomitante patologia degenerativa
dell’arto inferiore.
Conclusioni
•
Il controllo posturale dipende dall’intervento
archeopropriocettivi, visivi e vestibolari.
11
coordinato
dei
meccanismi
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•
L’analisi posturale in appoggio bipodalico e in situazione statica non consente la
valutazione del sistema di controllo archeopropriocettivo-visivo.
•
Per una corretta valutazione ed un efficace intervento riabilitativo è indispensabile
proporre situazioni di instabilità in appoggio monopodalico e in presenza di feed-back
visivo, come attivatore funzionale ad alta frequenza dei sistemi coinvolti (posturometria
dinamica).
•
Il feed-back visivo può riguardare sia il controllo posturale, sia quello del mezzo che
induce la situazione di instabilità, o entrambi.
•
Nella ritaratura del sistema archeopropriocettivo-visivo viene privilegiato il feed-back
della tavola (difficoltà del compito); la registrazione del DVC legge invece la qualità del
controllo posturale dinamico
•
Nei soggetti con prevalente strategia vestibolare viene proposto inizialmente il feed-back
del controllo posturale (DVC) per ridurre l’intervento del sistema vestibolare,
successivamente al feed-back posturale viene abbinato quello della DEB per aumentare
l’effetto destabilizzante (difficoltà del compito) e affinare il sistema
archeopropriocettivo-visivo.
Le varie combinazioni di feed-back in condizioni statiche e dinamiche rappresentano quindi un
mezzo valutativo e riabilitativo, di tutti i sistemi coinvolti nel controllo posturale, molto
potente e flessibile e in grado di ritarare i meccanismi di controllo sottocorticale e di stabilità
articolare.
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