Giurisprudenza
Unione europea
Diritto di cittadinanza
La Corte di giustizia europea
e la cittadinanza dell’Unione
Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, sentenza 2 marzo 2010, Causa C-135/08 Pres. Skouris - Rel. Caoimh - Janko Rottmann c. Freistaat Bayern
Il diritto dell’Unione, e segnatamente l’art. 17 Ce, non osta a che uno Stato membro revochi ad un cittadino
dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita per naturalizzazione, qualora questa sia stata ottenuta in maniera fraudolenta, a condizione che tale decisione di revoca rispetti il principio di proporzionalità.
ORIENTAMENTI
Giurisprudenza
Difforme: Corte di giustizia Ce, 7 luglio 1992, causa C-369/90, Mario Vicente Michelletti c. Delegacion
del Gobierno en Cantabria; Corte di giustizia Ce, 12 maggio 1998, causa C- 85/96, Martinez Sala c.
Freistaat Bayern; Corte di giustizia Ce, 20 settembre 2001, causa C-184/99, Rudy Grzelczyk c. Centre
public d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-la-Neuve; Corte di giustizia Ce, 2 ottobre 2003, causa C-148/
02, Garcia Avello c. Etat belge; Corte di giustizia Ce, 12 settembre 2006, causa C- 300/04, Eman &
Sevinger c. College van burgemeester en wethouders van Den Haag (Aruba).
Dottrina
S. Hall, Loss of Union Citizenship in Breach of Fundamental Rights, in European Law Review, vol.
21(2), 1996, 129; B. Nascimbene, Toward a European Law on Citizenship and Nationality, in S. O’Leary
et al. (eds.), Citizenship and Nationality Status in the New Europe, 1998, 63; S. O’Leary, Putting Flesh
on the Bones of Eu Citizenship, in European Law Review, vol. 24(1), 1999, 68; G.R. de Groot, Towards
a European Nationality Law, in Electronic Journal of Comparative Law, vol. 8(3), 2004; V. Lippolis, Cittadinanza dell’Unione europea, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, vol. 2, Milano,
2006, ad vocem 925; D. Kochenov, Ius Tractum of Many Faces: European Citizenship and the Difficult
Relationship Between Status and Rights, in Columbia Journal of European Law, vol. 15, 2009, 197.
Omissis.
Il commento
di Federico Fabbrini
Il 2 marzo 2010 la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata nella causa C-135/08, Janko Rottmann c. Freistaat Bayern. La sentenza costituisce un’importante decisione in materia di cittadinanza europea. Nondimeno essa presenta diversi profili critici in ragione dell’atteggiamento prudente con il quale la
Corte di giustizia dell’Unione europea ha affrontato l’ipotesi della de-naturalizzazione di un cittadino europeo
da parte di uno Stato membro. Il sig. Rottmann lamentava infatti la revoca della propria cittadinanza tedesca
da parte del Land della Baviera e la consequenziale perdita dello status di cittadino europeo. La Corte di giustizia dell’Unione europea, tuttavia, ha rinunciato a sindacare la legittimità della revoca della cittadinanza disposta dalle autorità amministrative tedesche, riconoscendone in principio l’ammissibilità e delegando ai
giudici nazionali il compito di verificare la proporzionalità della misura disposta nei confronti del sig. Rottmann. La sentenza Rottmann costituisce quindi una occasione mancata per stabilire una maggiore autonomia della cittadinanza europea rispetto alla cittadinanza nazionale, parzialmente in contrasto con le più recenti riforme introdotte dal Trattato di Lisbona.
Il fatto
Il ricorrente nel giudizio principale, il sig. Rottmann, era nato a Graz, in Austria, ed era per nascita cittadino austriaco (e quindi, sin dal 1995 - data
di adesione dell’Austria all’Ue - cittadino europeo).
702
Nel 1995, dopo essere stato sottoposto ad indagini
preliminari da parte del Landesgericht für Strafsachen
di Graz, perché sospettato di truffa aggravata nell’esercizio della professione, il sig. Rottmann trasferiva
la sua residenza a Monaco di Baviera e nel 1998
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
Giurisprudenza
Unione europea
chiedeva di ottenere la cittadinanza tedesca. Nel
corso del processo di naturalizzazione, tuttavia, egli
ometteva di menzionare il fatto che un’azione penale era stata avviata nei suoi confronti in Austria.
Nel gennaio 1999 il sig. Rottmann acquistava la
cittadinanza tedesca e contestualmente, come previsto dalla legislazione austriaca che esclude ipotesi
di doppia nazionalità, perdeva quella austriaca.
Pochi mesi dopo, nell’agosto 1999, le autorità austriache comunicavano alle autorità bavaresi che
nei confronti del sig. Rottmann pendeva un mandato d’arresto, per effetto di un’azione penale risalente
al 1995. Alla luce di tali fatti, il Land della Baviera,
previa audizione del ricorrente nella causa principale, disponeva con decisione del 4 luglio 2000 la revoca della naturalizzazione con effetto ex tunc, in
quanto l’interessato aveva celato il fatto che a suo
carico era stata avviata un’istruttoria penale in Austria ed aveva dunque ottenuto fraudolentemente la
cittadinanza tedesca. Poiché tuttavia, il sig. Rottmann aveva già perduto l’originaria cittadinanza austriaca (né essa era destinata a rivivere una volta revocata quella tedesca), l’effetto della decisione dell’amministrazione bavarese era quella di rendere
apolide il ricorrente nel giudizio principale, privandolo altresı̀ dello status di cittadino dell’Ue.
Il sig. Rottmann impugnava quindi la decisione
dell’amministrazione dinnanzi al Verwaltungsgerichtshof bavarese, il quale tuttavia nel 2005 riconosceva la legittimità della revoca della naturalizzazione, anche nel caso in cui l’effetto definitivo del
provvedimento fosse quello di rendere apolide l’interessato. In appello il Bundesverwaltungsgericht decideva di sospendere la revoca in via cautelare e di
sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea due questioni pregiudiziali. Il supremo giudice
amministrativo tedesco domandava innanzi tutto se
fosse contraria al diritto comunitario la perdita della cittadinanza dell’Unione (e dei diritti e delle libertà fondamentali ad essa associati), derivante dalla revoca, in sé legittima ai sensi del diritto nazionale della Germania, di una naturalizzazione come
cittadino di tedesco ottenuta con la frode, in combinazione con la normativa nazionale sulla cittadinanza di un altro Stato membro (l’Austria).
In secondo luogo, per l’ipotesi in cui la prima domanda pregiudiziale fosse risolta nel senso affermativo, il giudice rimettente domandava alla Corte di
giustizia dell’Unione europea di chiarire la questione se lo Stato membro che ha naturalizzato il cittadino dell’Unione e che intende revocare la naturalizzazione ottenuta in modo fraudolento debba, nel
rispetto del diritto comunitario, astenersi totalmen-
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
te o temporaneamente da tale revoca, qualora o
fintanto che quest’ultima abbia come giuridica conseguenza la perdita della cittadinanza dell’Unione
(e dei diritti e delle libertà fondamentali ad essa associati); oppure se lo Stato membro della precedente cittadinanza sia tenuto, nel rispetto del diritto
comunitario, ad interpretare ed applicare o anche a
modificare il proprio diritto nazionale in modo da
evitare il prodursi della suddetta conseguenza.
Il diritto applicabile
Nel sistema europeo multilivello le normative nazionali, sovranazionali ed internazionali si sovrappongono e si intrecciano a vicenda creando spazi di complessità e possibile tensione reciproca (1). In particolare, in materia di cittadinanza, come le vicende del
sig. Rottmann dimostrano, la pluralità di discipline
giuridiche che caratterizza l’ordine giuridico europeo
può produrre effetti inaspettati: accanto alle molteplici e diversificate disposizioni di legge statali ed internazionali sulla nazionalità (2), invero, da ormai
un ventennio anche l’Ue ha istituito una propria
cittadinanza (3). In questo contesto tanto i giudici
tedeschi, nel giudizio principale, quanto la Corte di
giustizia dell’Unione europea, in sede di rinvio pregiudiziale, dovevano confrontarsi sia con normative
nazionali (a) che con disposizioni di diritto europeo
(b) ed internazionale (c) rilevanti nel caso de quo.
(a) Sul piano del diritto interno, la legislazione austriaca in materia di cittadinanza contenuta nella
Note:
(1) E. Chiti, Consequences of Citizenship in Europe: Are New
Layers of Complexities Emerging?, in European Review of Public Law, 19(1), 2007, 99; A. Lansbergen - J. Shaw, National
Membership Models in a Multilevel Europe, in International
Journal of Constitutional Law, 8, 2010, 50
(2) Per una rassegna generale della normativa (nazionale, europea ed internazionale) in materia di cittadinanza cfr. B. Nascimbene, Toward a European Law on Citizenship and Nationality, in S.
O’Leary et al. (eds.), Citizenship and Nationality Status, in the
New Europe, Sweet & Maxwell, London, 1998, 63. Un utile database della legislazione e della giurisprudenza in materia è disponibile nel sito internet Eudo Citizenship: http://eudo-citizenship.eu/.
(3) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law, in Electronic Journal of Comparative Law, 8(3), 2004, 3 sottolinea acutamente che in italiano (diversamente da quanto accade in altre
lingue dell’Ue), con lo stesso termine (‘‘cittadinanza’’) si indica
sia la cittadinanza nazionale che la cittadinanza europea. Ciò facilita l’assimilazione tra i due istituti, che invece in altri sistemi
linguistici risultano più marcatamente separati (cfr. ad es. in inglese ‘‘nationality’’’ vs. ‘‘European citizenship’’; in francese ‘‘nationalité vs. citoyenneté européenne’’; in tedesco ‘‘Staatsangehörigkeit vs. Europaishe Bürgershaft’’). Sulla distinzione tra ‘‘cittadinanza’’ e ‘‘nazionalità’’ cfr. B. Guiget, Citizenship and Nationality: Tracing the French Roots of the Distinction, in M. La Torre (ed.), European Citizenship: an Institutional Challenge, Kluwer, The Hague, 1998, 95.
703
Giurisprudenza
Unione europea
Staatsbürgerschaftsgesetz (StbG) stabilisce che si diventa cittadini austriaci o per nascita da genitori
austriaci o per naturalizzazione, a condizione di aver
soggiornato legalmente e senza interruzioni nel territorio federale da almeno dieci anni, di non essere
stato condannato con sentenza definitiva ad una
pena detentiva o comunque di non essere sottoposto a procedimento penale per un reato punibile
con pena detentiva. In base all’art. 28 StbG, l’acquisto di una cittadinanza straniera determina invece de jure la perdita di quella austriaca, né quest’ultima rivive automaticamente nel caso in cui l’interessato successivamente perda l’altra cittadinanza
acquisita. Lo StbG, consente però all’ex cittadino
di riacquistare la cittadinanza austriaca a condizioni
di favore, e, in particolare, nonostante l’esistenza di
procedimenti o sentenze penali a suo carico.
In Germania, l’art. 16 della Legge fondamentale tedesca, con un chiaro intento reattivo rispetto alla
prassi della Germania nazista, stabilisce il divieto di
privare i cittadini tedeschi della cittadinanza (4):
«La perdita della cittadinanza può avvenire soltanto
in base ad una legge, e, nel caso in cui l’interessato si
opponga, solo se questi non divenga in conseguenza
di ciò apolide». I criteri d’acquisto della cittadinanza
tedesca sono invece disciplinati dalla Reichs und
Staatsangehörigkeitsgesetz, la quale (nel testo applicabile nella causa Rottmann ovvero precedente la novella legislativa entrata in vigore il 18 gennaio 2000)
codifica il principio dell’acquisto jure sanguinis, consentendo al contempo la naturalizzazione degli stranieri attraverso una procedura concessoria amministrata dai Länder federali, subordinata alla presenza di
alcuni requisiti - tra i quali la conoscenza della lingua
tedesca e la rinuncia alla cittadinanza di origine (5).
Configurandosi come atto amministrativo, d’altra
parte, la naturalizzazione dello straniero e le ipotesi
di revoca e perdita della cittadinanza sono regolate
dalle leggi generali sul procedimento amministrativo vigenti nei singoli Länder della Repubblica federale tedesca. Il Bayerisches Verwaltungsverfahrensgesetz, in particolare, prevede all’art. 48(1) che «un
atto amministrativo illegittimo, quand’anche divenuto definitivo, può essere revocato in tutto o in
parte con effetto ex nunc o ex tunc». La legge dispone che sono nondimeno salvi gli effetti dell’atto illegittimo qualora il beneficiario avesse fatto legittimo affidamento sulla validità dello stesso, salvo nei
casi in cui il beneficiario «abbia ottenuto l’adozione
dell’atto amministrativo mediante frode» ovvero
‘‘fornendo indicazioni essenzialmente inesatte o incomplete’’, nel qual caso l’atto amministrativo è di
norma revocato con effetto ex tunc.
704
(b) Sin dall’adozione del Trattato di Maastricht nel
1992, i cittadini degli Stati membri dell’Ue hanno
acquisito lo status di cittadini dell’Unione (6). Il
Trattato di Maastricht ha infatti inserito nel Trattato Ce una nuova Parte II rubricata ‘‘Cittadinanza
dell’Unione’’, che è oggi conservata con alcune
modifiche, dovute all’entrata in vigore del Trattato
di Lisbona, nel Trattato Fue (7). Ai sensi dell’art.
17 del Trattato Ce «è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato Membro».
Al possesso della cittadinanza europea è legato il
godimento di una serie di diritti previsti dai Trattati, dalla legislazione europea secondaria ed altresı̀
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (nonché oggi, dalla Carta dei Diritti
fondamentali) (8). Tuttavia, come precisato nel
Trattato di Amsterdam del 1997, al fine di prevenire i timori di alcuni Stati Membri, «la cittadinanza
dell’Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima».
La Dichiarazione n. 2 allegata al Trattato Ue, d’altra parte, afferma che ogniqualvolta nel Trattato Ce
si faccia «riferimento a cittadini degli Stati membri,
la questione se una persona abbia la nazionalità di
questo o quello Stato membro sarà definita soltanto
in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato». La stessa Corte di giustizia dell’Unione europea, nel caso Micheletti (relativo al diritto
di un cittadino italo-argentino a godere dei diritti
spettanti ai cittadini comunitari in Spagna) ha affermato che «la determinazione dei modi di acquisto e
Note:
(4) Cfr. P. Häberle, La cittadinanza come tema di una dottrina
europea della costituzione, in Riv. dir. cost., 1997, 23. La ratio
dell’art. 16 della Legge fondamentale tedesca ricorda da vicino
quella dell’art. 22 della Costituzione italiana. Cfr. anche V. Falzone - F. Palermo - F. Cosentino, La Costituzione della Repubblica
italiana illustrata con i lavori preparatori, Milano, 1976, 88.
(5) Sulla legislazione tedesca in materia di cittadinanza e sulla riforma introdotta dalla Gesetz 38/99 zur Reform des Staatsangehörigkeitsrechts cfr. K. Hailbronner, Citizenship Rights for Aliens
in Germany, in A. Kondo (ed.), Citizenship in a Global World:
Comparing Citizenship Rights for Aliens, Palgrave, New York,
2001, 100. In prospettiva comparata cfr. G. Neuman, Nationality
Law in the United States and Germany: Structure and Current
Problems, in P. Schuck et al. (eds.), Paths to Inclusion, Breghahn Books, Providence, 1998, 247.
(6) F. Goudappel, From National Citizenship to European Union
Citizenship: the Re-Invention of Citizenship?, in European Review of Public Law 19(1), 2007, 21; V. Lippolis, Cittadinanza dell’Unione europea, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto
pubblico, vol. 2, Milano, 2006, ad vocem 925.
(7) Cfr. infra il paragrafo conclusivo.
(8) M. Fraile Ortiz, Citizenship in Europe - Consequences of Citizenship, in European Review of Public Law, 19(1), 2007, 125;
D. Kostakopoulou, European Union Citizenship: Writing the Future, in European Law Journal, 13(5), 2007, 623.
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
Giurisprudenza
Unione europea
di perdita della cittadinanza rientra, in conformità
al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro» (9). Significativamente tuttavia,
i giudici di Lussemburgo hanno specificato che nel
peculiare sistema giuridico comunitario, gli Stati
membri trovano dei limiti, posto che le competenze
in materia di cittadinanza debbono essere esercitate
‘‘nel rispetto del diritto comunitario’’ (10).
In successive decisioni la Corte di giustizia dell’Unione europea non ha avuto modo di chiarire quali
potessero essere le ipotesi in cui «the nationality legislation of a Member State may conceivably violate general principles of Community law» (11). I
giudici europei hanno invece progressivamente
esplorato e valorizzato la dimensione civile (12),
politica (13) e sociale (14) dei diritti connessi alla
cittadinanza dell’Unione, giungendo al punto di affermare, in tempi recenti, che «lo status di cittadino
dell’Unione europea è destinato ad essere lo status
fondamentale dei cittadini degli Stati membri» (15). Forse al fine di codificare questo approccio innovativo, il Trattato di Lisbona (facendo salva una disposizione del Trattato costituzionale) ha
modificato le parole utilizzate dall’art. 17 Trattato
Ce per definire la cittadinanza dell’Unione (16):
l’art. 9 Trattato Ue e l’art. 20 Trattato Fue dichiarano oggi perciò che la cittadinanza europea ‘‘si aggiunge alla cittadinanza nazionale’’.
(c) La materia della cittadinanza è oggi regolata anche da fonti internazionali (17). Sebbene storicamente uno dei capisaldi dell’ordinamento internazionale è che «it is for every sovereign State, to settle
by its own legislation the rules relating to the acquisition of its nationality» (18), i trattati in materia di
diritti umani ed una serie di convenzioni internazionali e regionali adottate ad hoc hanno progressivamente posto limiti alla discrezionalità degli Stati in
materia di nazionalità: tradizionalmente, scopo degli
accordi internazionali in materia di nazionalità era
quello di prevenire ipotesi di doppia cittadinanza (19). Negli anni più recenti, tuttavia, gli Stati
hanno cercato di affrontare e risolvere il problema
dell’apolidia. A livello globale, cosı̀, l’art. 15 della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo riconosce che ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza
e non può esserne privato arbitrariamente (20).
La Convenzione Onu sulla riduzione dei casi di
apolidia, conclusa a New York il 30 agosto 1961 ed
entrata in vigore il 13 dicembre 1975 prevede più
nel dettaglio all’art. 8(1) che «a Contracting State
shall not deprive a person of its nationality if such
deprivation would render him stateless». Ciò nondimeno, ai sensi dell’art. 8(2) la revoca della citta-
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
dinanza è consentita «where the nationality has
been obtained by misrepresentation or fraud» e a
condizione che tale misura sia prevista dalla legge
al termine di un giusto procedimento dinnanzi ad
un giudice o un tribunale indipendente. Nel conteNote:
(9) Sentenza 7 luglio 1992, causa C- 369/90, Micheletti c. Delegacion del Gobierno en Cantabria, §10.
(10) Id., §10.
(11) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law, cit.,
12. Cfr. invece in dottrina Stephen Hall, Loss of Union Citizenship in Breach of Fundamental Rights, in European Law Review,
21(2), 1996, 129.
(12) Cfr. ad es. le sentenze 24 novembre 1998, causa C- 274/
96, Bickel e Franz (sul diritto di un cittadino austriaco residente
in Italia ad ottenere che il procedimento penale a suo carico si
svolga in lingua tedesca cosı̀ come garantito dalla legislazione
italiana per gli appartenenti alla minoranza linguistica tirolese) e
2 ottobre 2003, causa C-148/02, Garcia Avello c. Belgio (sul diritto di un cittadino spagnolo residente in Belgio a registrare all’anagrafe un figlio con il nome che egli avrebbe in base alle regole
dello Stato di nazionalità dei genitori). Cfr. in generale D. Kochenov, Ius Tractum of Many Faces: European Citizenship and the
Difficult Relationship Between Status and Rights, in Columbia
Journal of European Law, 15, 2009, 169.
(13) Cfr. ad es. le sentenze del 12 settembre 2006, causa C300/04, Eman & Sevinger c. College van burgemeester en wethouders van Den Haag (Aruba) (sul diritto di un cittadino olandese residente nel territorio d’oltre mare di Aruba di esercitare il
diritto di voto per le elezioni del Parlamento Europeo), e 12 settembre 2006, causa C- 145/04, Spagna c. Regno Unito (Gibraltar) (sul diritto di un cittadino del Commonwealth residente a Gibilterra di esercitare il diritto di voto per le elezioni del Parlamento europeo). Cfr. J. Shaw, The Transformation of Citizenship in
the European Union: Electoral Rights and the Restructuring of
the Political Space, Cambridge U.P., Cambridge, 2007
(14) Cfr. ad es. la sentenza del 12 maggio 1998, causa C- 85/96,
Martinez Sala c. Freistaat Bayern (sul diritto di una cittadina spagnola residente in Germania a non essere discriminata sulla base della nazionalità nell’ottenimento di un’indennità di maternità). In dottrina si veda M. Wind, Post-National Citizenship in Europe: The Eu as a ‘‘Welfare Right Generator’’?, in Columbia
Journal of European Law, 15, 2009, 239.
(15) Sentenza del 20 settembre 2001, causa C-184/99, Rudy
Grzelczyk c. centre public d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-laNeuve §31. Cfr. S. O’Leary, Putting Flesh on the Bones of Eu
Citizenship, in European Law Review, 24, 1999, 68.
(16) Cfr. infra il paragrafo conclusivo.
(17) Rainer Hofmann, Overview of Nationality and Citizenship in
International Law, in S. O’Leary et al. (eds.), Citizenship and Nationality Status, in the New Europe, Sweet & Maxwell, London,
1998, 5
(18) International Court of Justice, Notthebohm Case (Lichtenstein v. Guatemala), judgment of 6 April 1955, ICJ Rep. 4
(19) Per una ricostruzione storica degli argomenti avanzati in
passato contro le ipotesi di doppia nazionalità ed altresı̀ per
un’analisi delle più recenti tendenze in materia che dimostrano
una progressiva propensione degli Stati a non considerare più la
doppia cittadinanza come un problema cfr. J. Spiro, Dual Citizenship as Human Rights, in International Journal of Constitutional Law, 8, 2010, 111.
(20) Cfr. V. Onida, Lo statuto costituzionale del non-cittadino:
Relazione introduttiva al Convegno dell’Associazione italiana dei
Costituzionalisti, Cagliari, 16-17 ottobre 2009, 18
705
Giurisprudenza
Unione europea
sto europeo, è di particolare rilevanza, infine, la recente Convenzione europea sulla cittadinanza,
adottata il 6 novembre 1997 nell’ambito del Consiglio d’Europa ed entrata in vigore il 18 marzo 2000.
Confermando un tradizionale principio di diritto internazionale, l’art. 3 della Convenzione europea afferma che «each State shall determine under its
own law who are its nationals». L’art. 4 stabilisce
che le norme sulla cittadinanza di ciascuno Stato
contraente devono assicurare i seguenti principi: «a.
everyone has the right to a nationality; b. statelessness shall be avoided; c. no one shall be arbitrarily
deprived of his or her nationality». Ai sensi dell’art.
7(1), tuttavia, «a State Party may not provide in its
internal law for the loss of its nationality ex lege or
at the initiative of the State Party except in the following cases: [...] acquisition of the nationality of
the State Party by means of fraudulent conduct, false information or concealment of any relevant fact
attributable to the applicant», e ciò anche laddove
la perdita della cittadinanza determini apolidia.
La decisione
La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea risponde essenzialmente alla prima questione
pregiudiziale ed alla prima parte della seconda questione sollevate dal giudice rimettente, ovvero: se
«l’art. 17 Ce, osti a che uno Stato membro revochi
ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale
Stato acquisita per naturalizzazione in maniera fraudolenta, qualora tale revoca privi l’interessato del
suo status di cittadino dell’Unione e del godimento
dei diritti ad esso correlati, rendendolo apolide, in
quanto l’acquisizione per naturalizzazione della cittadinanza dello Stato membro suddetto aveva determinato, in capo alla persona interessata, la perdita della cittadinanza del suo Stato membro di origine» (21). La parte in diritto della decisione sembra
seguire un ragionamento in tre fasi: inizialmente la
Corte di giustizia dell’Unione europea riafferma
con forza i principi cardine della cittadinanza europea (a); in seguito essa si mostra deferente nei confronti degli Stati Membri (b); ed infine essa adotta
un atteggiamento compromissorio - attraverso un
richiamo al principio di proporzionalità (c).
(a) La Corte di giustizia dell’Unione europea apre la
sua motivazione «ricord[ando] che, secondo una costante giurisprudenza, la determinazione dei modi di
acquisto e di perdita della cittadinanza rientra nella
competenza di ciascuno Stato membro, in conformità al diritto comunitario» (22). Ciò consente ai giudici europei di sgombrare il campo dalle argomenta-
706
zioni dei governi austriaco e tedesco, i quali (sostenuti dalla Commissione [sic]) ritenevano che il caso del
sig. Rottmann costituisse una situazione puramente
interna priva di qualsiasi collegamento con il diritto
dell’Ue. Sebbene la Dichiarazione n. 2 annessa al
Trattato Ue dovesse essere presa in considerazione
quale strumento interpretativo, a giudizio della Corte
di giustizia dell’Unione europea, «il fatto che una
materia rientri nella competenza degli Stati membri
non impedisce che, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui
trattasi debbano rispettare quest’ultimo» (23).
Secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea,
anzi, «con tutta evidenza, la situazione di un cittadino dell’Unione che - come il ricorrente nella causa
principale - si trovi alle prese con una decisione di
revoca della naturalizzazione adottata dalle autorità
di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la
perdita della cittadinanza di un altro Stato membro
da lui posseduta in origine, in una situazione idonea
a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad esso correlati, ricade, per
sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera
del diritto dell’Unione» (24). La Corte di Lussemburgo ribadisce quindi con forza che proprio il fatto
che «lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad
essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati
membri» (25) fa si che «gli Stati membri de[bba]no,
nell’esercizio della loro competenza in materia di cittadinanza, rispettare il diritto dell’Unione» (26).
La necessità di rispettare il diritto dell’Unione europea «non pregiudica il principio di diritto internazionale già riconosciuto dalla Corte [...] secondo cui
gli Stati membri sono competenti a determinare i
modi di acquisto e di perdita della cittadinanza, ma
consacra il principio in virtù del quale, quando si
tratti di cittadini dell’Unione, l’esercizio di tale
competenza - qualora leda i diritti riconosciuti e tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione, come
in particolare nel caso di una decisione di revoca
Note:
(21) Sentenza 2 marzo 2010, causa C- 135/08, Janko Rottmann
c. Freistaat Bayern, § 36.
(22) Id., § 39 che richiama la sentenza Micheletti. Si noti che il
testo in italiano della sentenza Rottmann disponibile all’indirizzo
www.curia.europa.eu presenta un grave errore al § 39, dal momento che traduce erroneamente l’espressione in inglese ‘‘having due regard to Community Law’’ con ‘‘in conformità al diritto internazionale’’ [sic].
(23) Id., § 41 che cita le sentenze Garcia Avello, Bickel e Franz,
e Spagna c. Regno Unito (Gibraltar).
(24) Rottmann, § 42 (enfasi aggiunta).
(25) Id., § 43 che cita la sentenza Grzelczyk.
(26) Rottmann, § 45 che cita la sentenza Micheletti.
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
Giurisprudenza
Unione europea
della naturalizzazione quale quella in questione nella
causa principale - può essere sottoposto a un controllo giurisdizionale condotto alla luce del diritto dell’Unione» (27). È quindi necessario che lo status di cittadino europeo ed i diritti ad esso correlati siano tutelati mediante sindacato giurisdizionale da illegittime
violazioni derivanti dell’azione degli Stati membri.
(b) Una volta affermato formalmente la necessità di
un sindacato giurisdizionale sulle decisioni degli Stati Membri in materia di cittadinanza, tuttavia, la
Corte di giustizia dell’Unione europea cambia tono
e - con una frase avversativa - riconosce che «come
evidenziato da vari governi nelle loro osservazioni
presentate alla Corte, qualora una decisione di revoca della naturalizzazione, quale quella in questione
nella causa principale, sia fondata sulla frode commessa dall’interessato nell’ambito della procedura di
acquisizione della cittadinanza di cui trattasi, una simile decisione potrebbe risultare conforme al diritto
dell’Unione» (28). Mostrandosi particolarmente
sensibile alle rivendicazioni di competenza degli
Stati Membri, la Corte di giustizia dell’Unione europea introduce quindi forti limitazioni al proprio
ruolo di garante della cittadinanza dell’Unione.
Per i giudici di Lussemburgo, la revoca della cittadinanza nazionale con conseguente perdita della cittadinanza europea in una situazione quale quella del
sign. Rottmann può essere giustificata dall’esigenza
di garantire un’autonomia agli Stati nella definizione dell’appartenenza alla propria comunità politica.
«Infatti, una decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti corrisponde ad un
motivo di pubblico interesse. Al riguardo, è legittimo che uno Stato membro voglia proteggere il particolare rapporto di solidarietà e di lealtà tra esso e i
propri cittadini nonché la reciprocità di diritti e di
doveri, che stanno alla base del vincolo di cittadinanza» (29). D’altra parte - continua la Corte di
giustizia dell’Unione europea - la legittimità, in via
di principio, di una decisione di revoca della naturalizzazione adottata in circostanze quali quelle di cui
alla causa principale risulta corroborata dalle pertinenti disposizioni del diritto internazionale.
Innanzi tutto, l’art. 8(2) della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia stabilisce che una persona può vedersi privata della cittadinanza di uno Stato contraente qualora l’abbia ottenuta mediante false dichiarazioni o qualsiasi altro atto fraudolento. In
secondo luogo, l’art. 7 della Convenzione europea
sulla cittadinanza non vieta ad uno Stato contraente di privare taluno della sua cittadinanza, quand’anche questi diventi in tal modo apolide, nel caso
in cui tale cittadinanza sia stata ottenuta dall’inte-
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
ressato mediante una condotta fraudolenta, fornendo false dichiarazioni oppure dissimulando un fatto
rilevante. Infine, il diritto internazionale generale
riconosce il principio per cui allorché uno Stato priva una persona della sua cittadinanza a motivo della
condotta fraudolenta, legalmente accertata, da essa
posta in essere, una simile privazione non può essere
considerata come un atto arbitrario.
(c) Nell’ultima parte della decisione, la Corte di giustizia dell’Unione europea adotta una posizione di
compromesso, nella quale i diversi argomenti discussi
in precedenza trovano un punto di sintesi. Infatti, se
per i giudici di Lussemburgo le «considerazioni in merito alla legittimità, in via di principio, di una decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti
fraudolenti conservano, di massima, la loro validità
nel caso in cui tale revoca determini come conseguenza che l’interessato perda, oltre alla cittadinanza
dello Stato membro di naturalizzazione, la cittadinanza dell’Unione» (30), tuttavia, in una simile ipotesi
«spetta al giudice del rinvio verificare se la decisione
di revoca in questione nella causa principale rispetti
il principio di proporzionalità per quanto riguarda le
conseguenze che essa determina sulla situazione dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione» (31).
Nel ragionamento della Corte di giustizia dell’Unione europea è compito del giudice nazionale, attraverso l’applicazione del principio di proporzionalità risolvere il caso del sig. Rottmann. Nondimeno, vista
l’importanza che il diritto primario annette allo status
di cittadino dell’Unione, è necessario - a giudizio
della Corte di giustizia dell’Unione europea - che il
tribunale amministrativo tedesco, nell’esaminare una
decisione di revoca della naturalizzazione, tenga conto delle possibili conseguenze che tale decisione
comporta per l’interessato e, eventualmente, per i
suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti
di cui gode ogni cittadino dell’Unione. A questo
proposito, è importante verificare, in particolare, se
tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità
dell’infrazione commessa dall’interessato, al tempo
trascorso tra la decisione di naturalizzazione e la decisione di revoca, nonché alla possibilità per l’interessato di recuperare la propria cittadinanza di origine.
In conclusione, per la Corte di giustizia dell’Unione
europea «uno Stato membro del quale sia stata acNote:
(27) Rottmann, § 48 (enfasi aggiunta).
(28) § 50.
(29) § 51.
(30) § 54.
(31) § 55.
707
Giurisprudenza
Unione europea
quisita la cittadinanza in maniera fraudolenta non
può essere ritenuto obbligato, in forza dell’art. 17 CE, ad astenersi dalla revoca della naturalizzazione» (32). Spetta tuttavia al giudice nazionale valutare se il rispetto del principio di proporzionalità esiga che, prima che una siffatta decisione di revoca
della naturalizzazione divenga efficace, venga concesso all’interessato un termine ragionevole affinché
egli possa tentare di recuperare la cittadinanza del
suo Stato membro di origine. Invece non è necessario per la Corte di giustizia dell’Unione europea statuire sulla questione (pure sollevata dal giudice del
rinvio, ma per il momento ancora ipotetica) se il diritto comunitario imponga all’Austria di interpretare
la propria normativa nazionale in modo da evitare
la perdita suddetta, consentendo all’interessato di
recuperare la propria cittadinanza d’origine.
La cittadinanza europea, il diritto
comparato ed il Trattato di Lisbona
La decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea, pur contenendo affermazioni di indubbia importanza e capaci un domani di ridare slancio al
concetto di cittadinanza dell’Unione, appare nel
suo complesso un po’ pilatesca. Rinviando tout
court al giudice amministrativo tedesco il compito
di valutare la proporzionalità dell’atto con cui il
Land della Baviera ha revocato la cittadinanza al
sig. Rottmann, la Corte di Lussemburgo rinuncia a
definire i confini entro cui la condotta degli Stati
lesiva dello status dei cittadini europei può considerarsi legittima (a). In una prospettiva comparata,
d’altra parte, è interessante confrontare la posizione
della Corte di giustizia dell’Unione europea con
quella adottata da altri organi giudiziari chiamati a
dirimere conflitti in ordinamenti compositi nei
quali una cittadinanza federale coesiste accanto ad
una cittadinanza degli Stati federati (b). L’atteggiamento prudente dei giudici europei merita poi di
essere valutato alla luce delle più recenti riforme
contenute nel Trattato di Lisbona (c).
(a) La decisione della Corte di giustizia dell’Unione
europea di non considerare contrario al diritto dell’Ue l’atto con cui uno Stato membro revochi ad un
cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita (fraudolentemente) per naturalizzazione, privandolo altresı̀ dello status di cittadino europeo - e di
rinviare ai giudici nazionali il compito di valutare se
la misura de qua sia in violazione del principio di
proporzionalità - sembra criticabile sotto diversi profili. «The approach embraced by the Court in Rottmann is a clear departure from its previous case law
708
on nationality, exemplified by the sound Micheletti
tradition» (33). In quella decisione, in effetti, i giudici di Lussemburgo avevano chiaramente affermato
che nel contesto giuridico dell’Ue «the Member States have entered into obligations with each other of
such a nature as to limit their entitlement to have
their dispositions of nationality unquestioningly recognized for Community law purposes» (34).
Pertanto, diversi autori - anticipando il verificarsi
di ipotesi simili al caso Rottmann - avevano argomentato in modo convincente che «once an individual has obtained the status of European citizen,
judicial control by the ECJ of cases of deprivation
of Member States nationality is perfectly admissible
in the light of the effects that this measure will produce on European citizenship rights» (35). D’altro
canto, la necessità di sottoporre la revoca della cittadinanza di uno Stato membro «to Community
law supervision for consistency with the fundamental rights which Community law protects» (36) era
considerato in dottrina opportuno, tenuto conto
dello spazio di libera circolazione ormai creatosi in
Europa: «it [would be] remarkable that a European
citizen loses this status as a consequence of criminal
behaviour, in spite of the fact that he continues to
reside within the territory of the Union» (37).
Nella sentenza Rottmann, invece, la Corte di giustizia dell’Unione europea, trovandosi di fronte alle
contrapposte esigenze di assicurare la competenza
degli Stati membri in materia di nazionalità e di tutelare le posizioni giuridiche soggettive dei cittadini
europei, si è interamente sbilanciata a favore del
principio di sovranità. «The perspective of an ordinary human being caught between two omnipotent
sovereign States able to destroy lives entirely without even noticing is completely missing from the
judgment» (38). Rinviando ai giudici nazionali il
Note:
(32) § 57.
(33) D. Kochenov, Two Sovereign States vs. A Human Being:
ECJ as a Guardian or Arbitrariness in Citizenship Matters, in EUI
EUDO Citizenship Forum Debate, disponibile all’indirizzo http://
eudo-citizenship.eu/citizenship-forum/254-has-the-europeancourt-of-justice-challenged-member-state-sovereignty-in-nationality-law? start=3 o all’indirizzo http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm? abstract_id=1593220, 4.
(34) S. Hall, Loss of Union Citizenship cit., 132.
(35) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law cit., 14
n. 68.
(36) S. Hall, Loss of Union Citizenship cit., 142.
(37) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law cit.,
17, n. 80.
(38) D. Kochenov, Two Sovereign States vs. A Human Being,
cit., 6.
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
Giurisprudenza
Unione europea
compito di stabilire i limiti dell’azione legittima degli Stati membri nei confronti dei cittadini europei
- «notwithstanding the fact that the case specifically concerned the loss of the EU-level legal status» (39) - la Corte di giustizia dell’Unione europea
ha perso un’opportunità per meglio definire i rapporti tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea, riducendosi ad un «powerful guardian of arbitrariness in citizenship matters» (40).
(b) Le problematiche legate all’esistenza di una cittadinanza sovranazionale aggiunta a quella degli
Stati membri non sono una peculiarità dell’Europa
contemporanea: da questo punto di vista può essere
interessante comparare (41) il caso europeo con
«the early federal experiences of countries like the
US [...] founded in their respective beginnings on a
voluntary association of their Member States» (42).
L’esempio degli Usa, invero, fornisce un utile strumento per comprendere le difficoltà con cui la questione della cittadinanza duale è affrontata da organi
giurisdizionali operanti in ordinamenti costituzionali
di tipo composito (43). La Costituzione Usa del
1787 originariamente prevedeva l’esistenza di due
cittadinanze, una federale ed una statale. Essa, tuttavia, ‘‘non si faceva carico di definirle e non chiariva
il loro rapporto, cioè se esse fossero tra loro indipendenti e coordinate oppure se una delle due fosse il
requisito per l’acquisto dell’altra’’ (44).
L’ambiguità del testo costituzionale (45) sopravvisse sino alla metà del XIX secolo quando «i problemi di definizione della cittadinanza e del rapporto
tra i due livelli di essa si posero, con drammaticità,
in relazione a questioni riguardanti la condizione
giuridica degli schiavi» (46). Nel 1857 Dred Scott,
uno schiavo del Missouri, ricorse alla Corte Suprema ponendo la questione se uno schiavo transitato
in uno Stato libero potesse far valere la cittadinanza federale acquisita (in via derivata) in quello Stato una volta ritornato in uno Stato che invece riconosce la schiavitù. Mentre la minoranza della Corte
argomentò che ogni cittadino degli Stati era ipso
facto un cittadino degli USA, nell’infame decisione
di maggioranza il Chief Justice Taney negò che
Scott potesse essere cittadino degli Usa in quanto
egli era «a negro of African descent, whose ancestors were of pure African blood, and who were
brought into this country and sold as slaves» (47).
L’intransigenza della Corte Suprema «dealt a heavy
blow to the structure of American federalism that
ultimately culminated in the civil war» (48). La vittoria degli Stati nordisti condusse però all’abolizione
della schiavitù e all’adozione di un nuovo emendamento costituzionale nel quale Dred Scott «was effec-
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
tively, which is to say constitutionally, overruled by
a definition of citizenship in which race played no
part» (49). Stabilendo che «all persons born or naturalized in the US and subject to the jurisdiction
thereof, are citizens of the US and of the State wherein they reside», il XIV emendamento chiarı̀ infatti
definitivamente che la cittadinanza federale «era primaria, mentre la cittadinanza statale era da essa derivata e quindi secondaria» (50) e di conseguenza limitò «the power of States to withhold State citizensNote:
(39) Id., 5.
(40) Id., 7. Per una diversa prospettiva cfr. tuttavia J. Shaw, Has
the European Court of Justice Challenged Member State Sovereignty in Nationality Law?, in Eui Eudo Citizenship Forum Debate, disponibile all’indirizzo http://eudo-citizenship.eu/citizenshipforum/254-has-the-european-court-of-justice-challenged-memberstate-sovereignty-in-nationality-law secondo la quale la sentenza
Rottmann «increase[s] the effects of Eu citizenship vis-à-vis national citizenship. Rottmann opens the way for further potential
incursions in the sphere of nationality sovereignty, as aspects of
nationality laws are held up for scrutiny against the standards inherent in Eu law».
(41) Sull’utilità della comparazione cfr. R. Hirshl, The Question
of Case Selection in Comparative Constitutional Law, in American Journal of Comparative Law, 53, 2005, 125 il quale opportunamente distingue il ‘metodo’ della comparazione (in sé utilizzabile in ogni ipotesi) dal ’risultato’ della comparazione - il quale
non è in nessun modo predeterminato dalla metodologia impiegata ma dipende dai casi analizzati: la comparazione, cosı̀ come
può rilevare somiglianze, può anche mettere in luce divergenze.
(42) C. Schönberger, European Citizenship as Federal Citizenship: Some Citizenship Lessons of Comparative Federalism, in
European Review of Public Law, 19(1), 2007, 64.
(43) Sull’utilità di un approccio comparato allo studio delle problematiche legate alla cittadinanza europea e sull’interesse che
al riguardo può costituire l’esperienza costituzionale degli USA e
la giurisprudenza della Corte Suprema cfr. E. Mehan, European
Integration and Citizens’ Rights: a Comparative Perspective, in
Publius - Journal of Federalism, 26(4), 1996, 99. Cfr. anche E.
Delaney e L. Barani, The Promotion of ‘Symmetrical’European
Citizenship: a Federal Perspective, in European Integration,
25(2), 2003, 96 i quali affermano che «the experience of the
early US, though markedly different from that of the EU in many
respects, nevertheless sheds light on the difficulties of creating
and promoting supranational citizenship in Europe».
(44) V. Lippolis, La cittadinanza europea, Bologna, 1994, 78.
(45) Cfr. L. Friedman Goldstein, Constituting Federal Sovereignty: The European Union, in Comparative Context, Johns Hopkins U.P., Baltimore, 2001.
(46) V. Lippolis, La cittadinanza europea, cit., 79.
(47) Dred Scott v. Sandford, 19 US (How.) 393 (1857), at 404.
Per una ricostruzione storica degli eventi che precedettero la decisione e per un’analisi della stessa cfr. P. Finkelman, Dred
Scott v. Sandford. A Brief History with Documents, Bedford/St.
Martin’s, Boston, 1997.
(48) J. Bierbach, Who’s Afraid of Union Citizenship, in European
Constitutional Law Review, 5, 2009, 520 reviewing C. Schönberger, Unionsbürger, Europas föderales Bürgerrecht in vergleichender Sicht, Mohr Siebeck, Tubingen, 2005.
(49) A. Bickel, Citizenship in the American Constitution, in Arizona Law Review, 15, 1973, 374.
(50) V. Lippolis, La cittadinanza europea, cit., 84.
709
Giurisprudenza
Unione europea
hip from national citizens» (51), rendendo di fatto
la cittadinanza degli Stati un equivalente della residenza (52).
(c) Naturalmente un’analisi comparata delle vicende
storiche della cittadinanza negli Usa «does not imply that the Eu would have to follow [the Usa] on
their path to becoming [a] consolidated federal state» (53); né, d’altro canto, sarebbe giustificato vedere nella decisione Rottmann un equivalente funzionale della sentenza Dred Scott della Corte Suprema
Usa (54). Resta nondimeno il fatto che lo stato attuale della cittadinanza europea ricorda quello della
cittadinanza Usa antecedente il XIV emendamento,
e che la Corte di giustizia dell’Unione europea nella
decisione Rottmann non ha compiuto alcun passo
coraggioso per riconoscere una qualche autonomia
alla cittadinanza dell’Unione rispetto alla cittadinanza degli Stati Membri. Laddove il diritto interno degli Stati membri (suffragato dalle regole di diritto internazionale) consente di privare un cittadino della
nazionalità, l’interessato non dispone di rimedio dinnanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea per
tutelare il proprio status di cittadino europeo.
Da questo punto di vista, la decisione della Corte di
giustizia dell’Unione europea sembra in parte contrastare con le più recenti riforme del diritto primario
dell’Ue. Il Trattato di Lisbona (55) ha infatti sostituito l’art. 17 Trattato Ce (che definiva la cittadinanza
dell’Unione come «un complemento della cittadinanza nazionale») con una nuova formulazione contenuta nell’art. 9 Trattato Ue e nell’art. 20 Trattato
Fue, ai sensi dei quali la cittadinanza europea «si aggiunge alla cittadinanza nazionale». «This seems a very small and cosmetic amendment. It was however
done for a reason and it is submitted that this modification supports a move towards a more independent
Union citizenship» (56). Se infatti la cittadinanza europea è complementare a quella nazionale, essa non
può esistere in assenza di una cittadinanza nazionale (57); al contrario, «if Union citizenship is additional
to national citizenship, then there might one day be
Union citizenship without national citizenship» (58).
Inutile dire, comunque, che un cambiamento di
questa portata - ovvero l’inversione del rapporto genetico tra cittadinanza degli Stati nazionali e cittadinanza europea - richiederebbe una trasformazione
costituzionale ben più rilevante di quella contenuta
nel Trattato di Lisbona (59). Allo stato attuale, la
cittadinanza europea ha ancora un carattere ‘‘ancillare’’ (60), mentre continua a rimanere centrale la
cittadinanza degli Stati membri dell’Ue. Tuttavia,
«più l’Ue procederà sulla strada dell’integrazione fra
Stati che la compongono, più la cittadinanza euro-
710
pea potrà riempirsi di contenuti che oggi sono propri della cittadinanza nazionale» (61). In fondo, se
è vero che l’Ue è come «l’aurora, in cui la notte
non c’è più (la piena sovranità degli Stati) ma il
giorno non è ancora arrivato (la costituzione europea)» (62), non si deve disperare.
Qualche anno or sono l’Avvocato generale Jacobs
scriveva profeticamente che un cittadino comunitario che si muove attraverso l’Ue dovrebbe poter
«contare sul fatto che, dovunque egli si rechi per
guadagnarsi da vivere all’interno della Comunità
europea, egli sarà trattato in conformità ad un codice comune di valori fondamentali [...]. In altre parole, egli ha il diritto di dichiarare civis europeus
sum e di invocare tale status per opporsi a qualunque violazione dei suoi diritti fondamentali» (63).
Affinché un simile scenario possa diventare realtà è
necessario però che ciascuno in Europa faccia la
sua parte: gli Stati membri, i cittadini europei, ma
anche la Corte di giustizia dell’Unione europea.
Note:
(51) G. Neuman, Strangers to the Constitution. Immigrants, Borders and Fundamental Law, Princeton U.P., New Haven, 1996, 64.
(52) A. Aleinikoff, American Citizenship: an Introduction, in Citizenship Studies, 5(1), 2001, 5.
(53) C. Schönberger, European Citizenship as Federal Citizenship cit., 64.
(54) B. De Witte, The Past and Future Role of the European
Court of Justice in the Protection of Human Rights, in P. Alston
(ed.), The EU and Human Rights, Oxford U.P., Oxford, 1999,
873 scriveva qualche anno fa che «there is no justification for
going beyond and undertaking the full-scale ‘incorporation’ of
Community fundamental rights into the national legal orders, as
happened in the United States. Indeed there is no glaring human rights deficit in the legal orders of the Member States,
which the ECJ should set out to remedy». Fortunatamente la
schiavitù non è oggi un problema in Europa ...
(55) Cfr. M. Cartabia, I diritti fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in F. Bassanini et al. (eds.), Le nuove istituzioni europee: commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008, 81.
(56) A. Schrauwen, European Union Citizenship in the Treaty of
Lisbon: Any Change at All?, in Maastricht Journal of European
& Comparative Law, 15(1), 2008, 59.
(57) A.M. Guerra Martins, Citizenship of the European Union:
Conditions of Citizenship, in European Review of Public Law,
19(1), 2007, 83.
(58) A. Schrauwen, European Union Citizenship in the Treaty of
Lisbon, cit., 60 (enfasi nell’originale).
(59) Sulle sfide future della cittadinanza europea cfr. S. Besson A. Utzinger, Introduction: Future Challenges of European Citizenship - Facing a Wide-Open Pandora’s Box, in European Law
Journal, 13(5), 2007, 573.
(60) S. Cassese, La cittadinanza europea e le prospettive di sviluppo dell’Europa, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 870.
(61) V. Lippolis, La cittadinanza europea, cit., 140.
(62) A. Barbera, Esiste una ‘‘costituzione europea’’?, in Quaderni costituzionali, 2000, 81.
(63) Conclusioni dell’Avvocato Generale F. Jacobs, 9 dicembre
1992, causa C- 168/91, Konstantinidis c. Stadt Altensteig, § 46.
Giornale di diritto amministrativo 7/2010
Scarica

La Corte di giustizia europea e la cittadinanza dell`Unione