Giurisprudenza Unione europea Diritto di cittadinanza La Corte di giustizia europea e la cittadinanza dell’Unione Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, sentenza 2 marzo 2010, Causa C-135/08 Pres. Skouris - Rel. Caoimh - Janko Rottmann c. Freistaat Bayern Il diritto dell’Unione, e segnatamente l’art. 17 Ce, non osta a che uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita per naturalizzazione, qualora questa sia stata ottenuta in maniera fraudolenta, a condizione che tale decisione di revoca rispetti il principio di proporzionalità. ORIENTAMENTI Giurisprudenza Difforme: Corte di giustizia Ce, 7 luglio 1992, causa C-369/90, Mario Vicente Michelletti c. Delegacion del Gobierno en Cantabria; Corte di giustizia Ce, 12 maggio 1998, causa C- 85/96, Martinez Sala c. Freistaat Bayern; Corte di giustizia Ce, 20 settembre 2001, causa C-184/99, Rudy Grzelczyk c. Centre public d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-la-Neuve; Corte di giustizia Ce, 2 ottobre 2003, causa C-148/ 02, Garcia Avello c. Etat belge; Corte di giustizia Ce, 12 settembre 2006, causa C- 300/04, Eman & Sevinger c. College van burgemeester en wethouders van Den Haag (Aruba). Dottrina S. Hall, Loss of Union Citizenship in Breach of Fundamental Rights, in European Law Review, vol. 21(2), 1996, 129; B. Nascimbene, Toward a European Law on Citizenship and Nationality, in S. O’Leary et al. (eds.), Citizenship and Nationality Status in the New Europe, 1998, 63; S. O’Leary, Putting Flesh on the Bones of Eu Citizenship, in European Law Review, vol. 24(1), 1999, 68; G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law, in Electronic Journal of Comparative Law, vol. 8(3), 2004; V. Lippolis, Cittadinanza dell’Unione europea, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, vol. 2, Milano, 2006, ad vocem 925; D. Kochenov, Ius Tractum of Many Faces: European Citizenship and the Difficult Relationship Between Status and Rights, in Columbia Journal of European Law, vol. 15, 2009, 197. Omissis. Il commento di Federico Fabbrini Il 2 marzo 2010 la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata nella causa C-135/08, Janko Rottmann c. Freistaat Bayern. La sentenza costituisce un’importante decisione in materia di cittadinanza europea. Nondimeno essa presenta diversi profili critici in ragione dell’atteggiamento prudente con il quale la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affrontato l’ipotesi della de-naturalizzazione di un cittadino europeo da parte di uno Stato membro. Il sig. Rottmann lamentava infatti la revoca della propria cittadinanza tedesca da parte del Land della Baviera e la consequenziale perdita dello status di cittadino europeo. La Corte di giustizia dell’Unione europea, tuttavia, ha rinunciato a sindacare la legittimità della revoca della cittadinanza disposta dalle autorità amministrative tedesche, riconoscendone in principio l’ammissibilità e delegando ai giudici nazionali il compito di verificare la proporzionalità della misura disposta nei confronti del sig. Rottmann. La sentenza Rottmann costituisce quindi una occasione mancata per stabilire una maggiore autonomia della cittadinanza europea rispetto alla cittadinanza nazionale, parzialmente in contrasto con le più recenti riforme introdotte dal Trattato di Lisbona. Il fatto Il ricorrente nel giudizio principale, il sig. Rottmann, era nato a Graz, in Austria, ed era per nascita cittadino austriaco (e quindi, sin dal 1995 - data di adesione dell’Austria all’Ue - cittadino europeo). 702 Nel 1995, dopo essere stato sottoposto ad indagini preliminari da parte del Landesgericht für Strafsachen di Graz, perché sospettato di truffa aggravata nell’esercizio della professione, il sig. Rottmann trasferiva la sua residenza a Monaco di Baviera e nel 1998 Giornale di diritto amministrativo 7/2010 Giurisprudenza Unione europea chiedeva di ottenere la cittadinanza tedesca. Nel corso del processo di naturalizzazione, tuttavia, egli ometteva di menzionare il fatto che un’azione penale era stata avviata nei suoi confronti in Austria. Nel gennaio 1999 il sig. Rottmann acquistava la cittadinanza tedesca e contestualmente, come previsto dalla legislazione austriaca che esclude ipotesi di doppia nazionalità, perdeva quella austriaca. Pochi mesi dopo, nell’agosto 1999, le autorità austriache comunicavano alle autorità bavaresi che nei confronti del sig. Rottmann pendeva un mandato d’arresto, per effetto di un’azione penale risalente al 1995. Alla luce di tali fatti, il Land della Baviera, previa audizione del ricorrente nella causa principale, disponeva con decisione del 4 luglio 2000 la revoca della naturalizzazione con effetto ex tunc, in quanto l’interessato aveva celato il fatto che a suo carico era stata avviata un’istruttoria penale in Austria ed aveva dunque ottenuto fraudolentemente la cittadinanza tedesca. Poiché tuttavia, il sig. Rottmann aveva già perduto l’originaria cittadinanza austriaca (né essa era destinata a rivivere una volta revocata quella tedesca), l’effetto della decisione dell’amministrazione bavarese era quella di rendere apolide il ricorrente nel giudizio principale, privandolo altresı̀ dello status di cittadino dell’Ue. Il sig. Rottmann impugnava quindi la decisione dell’amministrazione dinnanzi al Verwaltungsgerichtshof bavarese, il quale tuttavia nel 2005 riconosceva la legittimità della revoca della naturalizzazione, anche nel caso in cui l’effetto definitivo del provvedimento fosse quello di rendere apolide l’interessato. In appello il Bundesverwaltungsgericht decideva di sospendere la revoca in via cautelare e di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea due questioni pregiudiziali. Il supremo giudice amministrativo tedesco domandava innanzi tutto se fosse contraria al diritto comunitario la perdita della cittadinanza dell’Unione (e dei diritti e delle libertà fondamentali ad essa associati), derivante dalla revoca, in sé legittima ai sensi del diritto nazionale della Germania, di una naturalizzazione come cittadino di tedesco ottenuta con la frode, in combinazione con la normativa nazionale sulla cittadinanza di un altro Stato membro (l’Austria). In secondo luogo, per l’ipotesi in cui la prima domanda pregiudiziale fosse risolta nel senso affermativo, il giudice rimettente domandava alla Corte di giustizia dell’Unione europea di chiarire la questione se lo Stato membro che ha naturalizzato il cittadino dell’Unione e che intende revocare la naturalizzazione ottenuta in modo fraudolento debba, nel rispetto del diritto comunitario, astenersi totalmen- Giornale di diritto amministrativo 7/2010 te o temporaneamente da tale revoca, qualora o fintanto che quest’ultima abbia come giuridica conseguenza la perdita della cittadinanza dell’Unione (e dei diritti e delle libertà fondamentali ad essa associati); oppure se lo Stato membro della precedente cittadinanza sia tenuto, nel rispetto del diritto comunitario, ad interpretare ed applicare o anche a modificare il proprio diritto nazionale in modo da evitare il prodursi della suddetta conseguenza. Il diritto applicabile Nel sistema europeo multilivello le normative nazionali, sovranazionali ed internazionali si sovrappongono e si intrecciano a vicenda creando spazi di complessità e possibile tensione reciproca (1). In particolare, in materia di cittadinanza, come le vicende del sig. Rottmann dimostrano, la pluralità di discipline giuridiche che caratterizza l’ordine giuridico europeo può produrre effetti inaspettati: accanto alle molteplici e diversificate disposizioni di legge statali ed internazionali sulla nazionalità (2), invero, da ormai un ventennio anche l’Ue ha istituito una propria cittadinanza (3). In questo contesto tanto i giudici tedeschi, nel giudizio principale, quanto la Corte di giustizia dell’Unione europea, in sede di rinvio pregiudiziale, dovevano confrontarsi sia con normative nazionali (a) che con disposizioni di diritto europeo (b) ed internazionale (c) rilevanti nel caso de quo. (a) Sul piano del diritto interno, la legislazione austriaca in materia di cittadinanza contenuta nella Note: (1) E. Chiti, Consequences of Citizenship in Europe: Are New Layers of Complexities Emerging?, in European Review of Public Law, 19(1), 2007, 99; A. Lansbergen - J. Shaw, National Membership Models in a Multilevel Europe, in International Journal of Constitutional Law, 8, 2010, 50 (2) Per una rassegna generale della normativa (nazionale, europea ed internazionale) in materia di cittadinanza cfr. B. Nascimbene, Toward a European Law on Citizenship and Nationality, in S. O’Leary et al. (eds.), Citizenship and Nationality Status, in the New Europe, Sweet & Maxwell, London, 1998, 63. Un utile database della legislazione e della giurisprudenza in materia è disponibile nel sito internet Eudo Citizenship: http://eudo-citizenship.eu/. (3) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law, in Electronic Journal of Comparative Law, 8(3), 2004, 3 sottolinea acutamente che in italiano (diversamente da quanto accade in altre lingue dell’Ue), con lo stesso termine (‘‘cittadinanza’’) si indica sia la cittadinanza nazionale che la cittadinanza europea. Ciò facilita l’assimilazione tra i due istituti, che invece in altri sistemi linguistici risultano più marcatamente separati (cfr. ad es. in inglese ‘‘nationality’’’ vs. ‘‘European citizenship’’; in francese ‘‘nationalité vs. citoyenneté européenne’’; in tedesco ‘‘Staatsangehörigkeit vs. Europaishe Bürgershaft’’). Sulla distinzione tra ‘‘cittadinanza’’ e ‘‘nazionalità’’ cfr. B. Guiget, Citizenship and Nationality: Tracing the French Roots of the Distinction, in M. La Torre (ed.), European Citizenship: an Institutional Challenge, Kluwer, The Hague, 1998, 95. 703 Giurisprudenza Unione europea Staatsbürgerschaftsgesetz (StbG) stabilisce che si diventa cittadini austriaci o per nascita da genitori austriaci o per naturalizzazione, a condizione di aver soggiornato legalmente e senza interruzioni nel territorio federale da almeno dieci anni, di non essere stato condannato con sentenza definitiva ad una pena detentiva o comunque di non essere sottoposto a procedimento penale per un reato punibile con pena detentiva. In base all’art. 28 StbG, l’acquisto di una cittadinanza straniera determina invece de jure la perdita di quella austriaca, né quest’ultima rivive automaticamente nel caso in cui l’interessato successivamente perda l’altra cittadinanza acquisita. Lo StbG, consente però all’ex cittadino di riacquistare la cittadinanza austriaca a condizioni di favore, e, in particolare, nonostante l’esistenza di procedimenti o sentenze penali a suo carico. In Germania, l’art. 16 della Legge fondamentale tedesca, con un chiaro intento reattivo rispetto alla prassi della Germania nazista, stabilisce il divieto di privare i cittadini tedeschi della cittadinanza (4): «La perdita della cittadinanza può avvenire soltanto in base ad una legge, e, nel caso in cui l’interessato si opponga, solo se questi non divenga in conseguenza di ciò apolide». I criteri d’acquisto della cittadinanza tedesca sono invece disciplinati dalla Reichs und Staatsangehörigkeitsgesetz, la quale (nel testo applicabile nella causa Rottmann ovvero precedente la novella legislativa entrata in vigore il 18 gennaio 2000) codifica il principio dell’acquisto jure sanguinis, consentendo al contempo la naturalizzazione degli stranieri attraverso una procedura concessoria amministrata dai Länder federali, subordinata alla presenza di alcuni requisiti - tra i quali la conoscenza della lingua tedesca e la rinuncia alla cittadinanza di origine (5). Configurandosi come atto amministrativo, d’altra parte, la naturalizzazione dello straniero e le ipotesi di revoca e perdita della cittadinanza sono regolate dalle leggi generali sul procedimento amministrativo vigenti nei singoli Länder della Repubblica federale tedesca. Il Bayerisches Verwaltungsverfahrensgesetz, in particolare, prevede all’art. 48(1) che «un atto amministrativo illegittimo, quand’anche divenuto definitivo, può essere revocato in tutto o in parte con effetto ex nunc o ex tunc». La legge dispone che sono nondimeno salvi gli effetti dell’atto illegittimo qualora il beneficiario avesse fatto legittimo affidamento sulla validità dello stesso, salvo nei casi in cui il beneficiario «abbia ottenuto l’adozione dell’atto amministrativo mediante frode» ovvero ‘‘fornendo indicazioni essenzialmente inesatte o incomplete’’, nel qual caso l’atto amministrativo è di norma revocato con effetto ex tunc. 704 (b) Sin dall’adozione del Trattato di Maastricht nel 1992, i cittadini degli Stati membri dell’Ue hanno acquisito lo status di cittadini dell’Unione (6). Il Trattato di Maastricht ha infatti inserito nel Trattato Ce una nuova Parte II rubricata ‘‘Cittadinanza dell’Unione’’, che è oggi conservata con alcune modifiche, dovute all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, nel Trattato Fue (7). Ai sensi dell’art. 17 del Trattato Ce «è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato Membro». Al possesso della cittadinanza europea è legato il godimento di una serie di diritti previsti dai Trattati, dalla legislazione europea secondaria ed altresı̀ dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (nonché oggi, dalla Carta dei Diritti fondamentali) (8). Tuttavia, come precisato nel Trattato di Amsterdam del 1997, al fine di prevenire i timori di alcuni Stati Membri, «la cittadinanza dell’Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima». La Dichiarazione n. 2 allegata al Trattato Ue, d’altra parte, afferma che ogniqualvolta nel Trattato Ce si faccia «riferimento a cittadini degli Stati membri, la questione se una persona abbia la nazionalità di questo o quello Stato membro sarà definita soltanto in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato». La stessa Corte di giustizia dell’Unione europea, nel caso Micheletti (relativo al diritto di un cittadino italo-argentino a godere dei diritti spettanti ai cittadini comunitari in Spagna) ha affermato che «la determinazione dei modi di acquisto e Note: (4) Cfr. P. Häberle, La cittadinanza come tema di una dottrina europea della costituzione, in Riv. dir. cost., 1997, 23. La ratio dell’art. 16 della Legge fondamentale tedesca ricorda da vicino quella dell’art. 22 della Costituzione italiana. Cfr. anche V. Falzone - F. Palermo - F. Cosentino, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatori, Milano, 1976, 88. (5) Sulla legislazione tedesca in materia di cittadinanza e sulla riforma introdotta dalla Gesetz 38/99 zur Reform des Staatsangehörigkeitsrechts cfr. K. Hailbronner, Citizenship Rights for Aliens in Germany, in A. Kondo (ed.), Citizenship in a Global World: Comparing Citizenship Rights for Aliens, Palgrave, New York, 2001, 100. In prospettiva comparata cfr. G. Neuman, Nationality Law in the United States and Germany: Structure and Current Problems, in P. Schuck et al. (eds.), Paths to Inclusion, Breghahn Books, Providence, 1998, 247. (6) F. Goudappel, From National Citizenship to European Union Citizenship: the Re-Invention of Citizenship?, in European Review of Public Law 19(1), 2007, 21; V. Lippolis, Cittadinanza dell’Unione europea, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, vol. 2, Milano, 2006, ad vocem 925. (7) Cfr. infra il paragrafo conclusivo. (8) M. Fraile Ortiz, Citizenship in Europe - Consequences of Citizenship, in European Review of Public Law, 19(1), 2007, 125; D. Kostakopoulou, European Union Citizenship: Writing the Future, in European Law Journal, 13(5), 2007, 623. Giornale di diritto amministrativo 7/2010 Giurisprudenza Unione europea di perdita della cittadinanza rientra, in conformità al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro» (9). Significativamente tuttavia, i giudici di Lussemburgo hanno specificato che nel peculiare sistema giuridico comunitario, gli Stati membri trovano dei limiti, posto che le competenze in materia di cittadinanza debbono essere esercitate ‘‘nel rispetto del diritto comunitario’’ (10). In successive decisioni la Corte di giustizia dell’Unione europea non ha avuto modo di chiarire quali potessero essere le ipotesi in cui «the nationality legislation of a Member State may conceivably violate general principles of Community law» (11). I giudici europei hanno invece progressivamente esplorato e valorizzato la dimensione civile (12), politica (13) e sociale (14) dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione, giungendo al punto di affermare, in tempi recenti, che «lo status di cittadino dell’Unione europea è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri» (15). Forse al fine di codificare questo approccio innovativo, il Trattato di Lisbona (facendo salva una disposizione del Trattato costituzionale) ha modificato le parole utilizzate dall’art. 17 Trattato Ce per definire la cittadinanza dell’Unione (16): l’art. 9 Trattato Ue e l’art. 20 Trattato Fue dichiarano oggi perciò che la cittadinanza europea ‘‘si aggiunge alla cittadinanza nazionale’’. (c) La materia della cittadinanza è oggi regolata anche da fonti internazionali (17). Sebbene storicamente uno dei capisaldi dell’ordinamento internazionale è che «it is for every sovereign State, to settle by its own legislation the rules relating to the acquisition of its nationality» (18), i trattati in materia di diritti umani ed una serie di convenzioni internazionali e regionali adottate ad hoc hanno progressivamente posto limiti alla discrezionalità degli Stati in materia di nazionalità: tradizionalmente, scopo degli accordi internazionali in materia di nazionalità era quello di prevenire ipotesi di doppia cittadinanza (19). Negli anni più recenti, tuttavia, gli Stati hanno cercato di affrontare e risolvere il problema dell’apolidia. A livello globale, cosı̀, l’art. 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo riconosce che ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza e non può esserne privato arbitrariamente (20). La Convenzione Onu sulla riduzione dei casi di apolidia, conclusa a New York il 30 agosto 1961 ed entrata in vigore il 13 dicembre 1975 prevede più nel dettaglio all’art. 8(1) che «a Contracting State shall not deprive a person of its nationality if such deprivation would render him stateless». Ciò nondimeno, ai sensi dell’art. 8(2) la revoca della citta- Giornale di diritto amministrativo 7/2010 dinanza è consentita «where the nationality has been obtained by misrepresentation or fraud» e a condizione che tale misura sia prevista dalla legge al termine di un giusto procedimento dinnanzi ad un giudice o un tribunale indipendente. Nel conteNote: (9) Sentenza 7 luglio 1992, causa C- 369/90, Micheletti c. Delegacion del Gobierno en Cantabria, §10. (10) Id., §10. (11) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law, cit., 12. Cfr. invece in dottrina Stephen Hall, Loss of Union Citizenship in Breach of Fundamental Rights, in European Law Review, 21(2), 1996, 129. (12) Cfr. ad es. le sentenze 24 novembre 1998, causa C- 274/ 96, Bickel e Franz (sul diritto di un cittadino austriaco residente in Italia ad ottenere che il procedimento penale a suo carico si svolga in lingua tedesca cosı̀ come garantito dalla legislazione italiana per gli appartenenti alla minoranza linguistica tirolese) e 2 ottobre 2003, causa C-148/02, Garcia Avello c. Belgio (sul diritto di un cittadino spagnolo residente in Belgio a registrare all’anagrafe un figlio con il nome che egli avrebbe in base alle regole dello Stato di nazionalità dei genitori). Cfr. in generale D. Kochenov, Ius Tractum of Many Faces: European Citizenship and the Difficult Relationship Between Status and Rights, in Columbia Journal of European Law, 15, 2009, 169. (13) Cfr. ad es. le sentenze del 12 settembre 2006, causa C300/04, Eman & Sevinger c. College van burgemeester en wethouders van Den Haag (Aruba) (sul diritto di un cittadino olandese residente nel territorio d’oltre mare di Aruba di esercitare il diritto di voto per le elezioni del Parlamento Europeo), e 12 settembre 2006, causa C- 145/04, Spagna c. Regno Unito (Gibraltar) (sul diritto di un cittadino del Commonwealth residente a Gibilterra di esercitare il diritto di voto per le elezioni del Parlamento europeo). Cfr. J. Shaw, The Transformation of Citizenship in the European Union: Electoral Rights and the Restructuring of the Political Space, Cambridge U.P., Cambridge, 2007 (14) Cfr. ad es. la sentenza del 12 maggio 1998, causa C- 85/96, Martinez Sala c. Freistaat Bayern (sul diritto di una cittadina spagnola residente in Germania a non essere discriminata sulla base della nazionalità nell’ottenimento di un’indennità di maternità). In dottrina si veda M. Wind, Post-National Citizenship in Europe: The Eu as a ‘‘Welfare Right Generator’’?, in Columbia Journal of European Law, 15, 2009, 239. (15) Sentenza del 20 settembre 2001, causa C-184/99, Rudy Grzelczyk c. centre public d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-laNeuve §31. Cfr. S. O’Leary, Putting Flesh on the Bones of Eu Citizenship, in European Law Review, 24, 1999, 68. (16) Cfr. infra il paragrafo conclusivo. (17) Rainer Hofmann, Overview of Nationality and Citizenship in International Law, in S. O’Leary et al. (eds.), Citizenship and Nationality Status, in the New Europe, Sweet & Maxwell, London, 1998, 5 (18) International Court of Justice, Notthebohm Case (Lichtenstein v. Guatemala), judgment of 6 April 1955, ICJ Rep. 4 (19) Per una ricostruzione storica degli argomenti avanzati in passato contro le ipotesi di doppia nazionalità ed altresı̀ per un’analisi delle più recenti tendenze in materia che dimostrano una progressiva propensione degli Stati a non considerare più la doppia cittadinanza come un problema cfr. J. Spiro, Dual Citizenship as Human Rights, in International Journal of Constitutional Law, 8, 2010, 111. (20) Cfr. V. Onida, Lo statuto costituzionale del non-cittadino: Relazione introduttiva al Convegno dell’Associazione italiana dei Costituzionalisti, Cagliari, 16-17 ottobre 2009, 18 705 Giurisprudenza Unione europea sto europeo, è di particolare rilevanza, infine, la recente Convenzione europea sulla cittadinanza, adottata il 6 novembre 1997 nell’ambito del Consiglio d’Europa ed entrata in vigore il 18 marzo 2000. Confermando un tradizionale principio di diritto internazionale, l’art. 3 della Convenzione europea afferma che «each State shall determine under its own law who are its nationals». L’art. 4 stabilisce che le norme sulla cittadinanza di ciascuno Stato contraente devono assicurare i seguenti principi: «a. everyone has the right to a nationality; b. statelessness shall be avoided; c. no one shall be arbitrarily deprived of his or her nationality». Ai sensi dell’art. 7(1), tuttavia, «a State Party may not provide in its internal law for the loss of its nationality ex lege or at the initiative of the State Party except in the following cases: [...] acquisition of the nationality of the State Party by means of fraudulent conduct, false information or concealment of any relevant fact attributable to the applicant», e ciò anche laddove la perdita della cittadinanza determini apolidia. La decisione La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea risponde essenzialmente alla prima questione pregiudiziale ed alla prima parte della seconda questione sollevate dal giudice rimettente, ovvero: se «l’art. 17 Ce, osti a che uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita per naturalizzazione in maniera fraudolenta, qualora tale revoca privi l’interessato del suo status di cittadino dell’Unione e del godimento dei diritti ad esso correlati, rendendolo apolide, in quanto l’acquisizione per naturalizzazione della cittadinanza dello Stato membro suddetto aveva determinato, in capo alla persona interessata, la perdita della cittadinanza del suo Stato membro di origine» (21). La parte in diritto della decisione sembra seguire un ragionamento in tre fasi: inizialmente la Corte di giustizia dell’Unione europea riafferma con forza i principi cardine della cittadinanza europea (a); in seguito essa si mostra deferente nei confronti degli Stati Membri (b); ed infine essa adotta un atteggiamento compromissorio - attraverso un richiamo al principio di proporzionalità (c). (a) La Corte di giustizia dell’Unione europea apre la sua motivazione «ricord[ando] che, secondo una costante giurisprudenza, la determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza rientra nella competenza di ciascuno Stato membro, in conformità al diritto comunitario» (22). Ciò consente ai giudici europei di sgombrare il campo dalle argomenta- 706 zioni dei governi austriaco e tedesco, i quali (sostenuti dalla Commissione [sic]) ritenevano che il caso del sig. Rottmann costituisse una situazione puramente interna priva di qualsiasi collegamento con il diritto dell’Ue. Sebbene la Dichiarazione n. 2 annessa al Trattato Ue dovesse essere presa in considerazione quale strumento interpretativo, a giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea, «il fatto che una materia rientri nella competenza degli Stati membri non impedisce che, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi debbano rispettare quest’ultimo» (23). Secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea, anzi, «con tutta evidenza, la situazione di un cittadino dell’Unione che - come il ricorrente nella causa principale - si trovi alle prese con una decisione di revoca della naturalizzazione adottata dalle autorità di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la perdita della cittadinanza di un altro Stato membro da lui posseduta in origine, in una situazione idonea a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad esso correlati, ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto dell’Unione» (24). La Corte di Lussemburgo ribadisce quindi con forza che proprio il fatto che «lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri» (25) fa si che «gli Stati membri de[bba]no, nell’esercizio della loro competenza in materia di cittadinanza, rispettare il diritto dell’Unione» (26). La necessità di rispettare il diritto dell’Unione europea «non pregiudica il principio di diritto internazionale già riconosciuto dalla Corte [...] secondo cui gli Stati membri sono competenti a determinare i modi di acquisto e di perdita della cittadinanza, ma consacra il principio in virtù del quale, quando si tratti di cittadini dell’Unione, l’esercizio di tale competenza - qualora leda i diritti riconosciuti e tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione, come in particolare nel caso di una decisione di revoca Note: (21) Sentenza 2 marzo 2010, causa C- 135/08, Janko Rottmann c. Freistaat Bayern, § 36. (22) Id., § 39 che richiama la sentenza Micheletti. Si noti che il testo in italiano della sentenza Rottmann disponibile all’indirizzo www.curia.europa.eu presenta un grave errore al § 39, dal momento che traduce erroneamente l’espressione in inglese ‘‘having due regard to Community Law’’ con ‘‘in conformità al diritto internazionale’’ [sic]. (23) Id., § 41 che cita le sentenze Garcia Avello, Bickel e Franz, e Spagna c. Regno Unito (Gibraltar). (24) Rottmann, § 42 (enfasi aggiunta). (25) Id., § 43 che cita la sentenza Grzelczyk. (26) Rottmann, § 45 che cita la sentenza Micheletti. Giornale di diritto amministrativo 7/2010 Giurisprudenza Unione europea della naturalizzazione quale quella in questione nella causa principale - può essere sottoposto a un controllo giurisdizionale condotto alla luce del diritto dell’Unione» (27). È quindi necessario che lo status di cittadino europeo ed i diritti ad esso correlati siano tutelati mediante sindacato giurisdizionale da illegittime violazioni derivanti dell’azione degli Stati membri. (b) Una volta affermato formalmente la necessità di un sindacato giurisdizionale sulle decisioni degli Stati Membri in materia di cittadinanza, tuttavia, la Corte di giustizia dell’Unione europea cambia tono e - con una frase avversativa - riconosce che «come evidenziato da vari governi nelle loro osservazioni presentate alla Corte, qualora una decisione di revoca della naturalizzazione, quale quella in questione nella causa principale, sia fondata sulla frode commessa dall’interessato nell’ambito della procedura di acquisizione della cittadinanza di cui trattasi, una simile decisione potrebbe risultare conforme al diritto dell’Unione» (28). Mostrandosi particolarmente sensibile alle rivendicazioni di competenza degli Stati Membri, la Corte di giustizia dell’Unione europea introduce quindi forti limitazioni al proprio ruolo di garante della cittadinanza dell’Unione. Per i giudici di Lussemburgo, la revoca della cittadinanza nazionale con conseguente perdita della cittadinanza europea in una situazione quale quella del sign. Rottmann può essere giustificata dall’esigenza di garantire un’autonomia agli Stati nella definizione dell’appartenenza alla propria comunità politica. «Infatti, una decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti corrisponde ad un motivo di pubblico interesse. Al riguardo, è legittimo che uno Stato membro voglia proteggere il particolare rapporto di solidarietà e di lealtà tra esso e i propri cittadini nonché la reciprocità di diritti e di doveri, che stanno alla base del vincolo di cittadinanza» (29). D’altra parte - continua la Corte di giustizia dell’Unione europea - la legittimità, in via di principio, di una decisione di revoca della naturalizzazione adottata in circostanze quali quelle di cui alla causa principale risulta corroborata dalle pertinenti disposizioni del diritto internazionale. Innanzi tutto, l’art. 8(2) della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia stabilisce che una persona può vedersi privata della cittadinanza di uno Stato contraente qualora l’abbia ottenuta mediante false dichiarazioni o qualsiasi altro atto fraudolento. In secondo luogo, l’art. 7 della Convenzione europea sulla cittadinanza non vieta ad uno Stato contraente di privare taluno della sua cittadinanza, quand’anche questi diventi in tal modo apolide, nel caso in cui tale cittadinanza sia stata ottenuta dall’inte- Giornale di diritto amministrativo 7/2010 ressato mediante una condotta fraudolenta, fornendo false dichiarazioni oppure dissimulando un fatto rilevante. Infine, il diritto internazionale generale riconosce il principio per cui allorché uno Stato priva una persona della sua cittadinanza a motivo della condotta fraudolenta, legalmente accertata, da essa posta in essere, una simile privazione non può essere considerata come un atto arbitrario. (c) Nell’ultima parte della decisione, la Corte di giustizia dell’Unione europea adotta una posizione di compromesso, nella quale i diversi argomenti discussi in precedenza trovano un punto di sintesi. Infatti, se per i giudici di Lussemburgo le «considerazioni in merito alla legittimità, in via di principio, di una decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti conservano, di massima, la loro validità nel caso in cui tale revoca determini come conseguenza che l’interessato perda, oltre alla cittadinanza dello Stato membro di naturalizzazione, la cittadinanza dell’Unione» (30), tuttavia, in una simile ipotesi «spetta al giudice del rinvio verificare se la decisione di revoca in questione nella causa principale rispetti il principio di proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze che essa determina sulla situazione dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione» (31). Nel ragionamento della Corte di giustizia dell’Unione europea è compito del giudice nazionale, attraverso l’applicazione del principio di proporzionalità risolvere il caso del sig. Rottmann. Nondimeno, vista l’importanza che il diritto primario annette allo status di cittadino dell’Unione, è necessario - a giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea - che il tribunale amministrativo tedesco, nell’esaminare una decisione di revoca della naturalizzazione, tenga conto delle possibili conseguenze che tale decisione comporta per l’interessato e, eventualmente, per i suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti di cui gode ogni cittadino dell’Unione. A questo proposito, è importante verificare, in particolare, se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa dall’interessato, al tempo trascorso tra la decisione di naturalizzazione e la decisione di revoca, nonché alla possibilità per l’interessato di recuperare la propria cittadinanza di origine. In conclusione, per la Corte di giustizia dell’Unione europea «uno Stato membro del quale sia stata acNote: (27) Rottmann, § 48 (enfasi aggiunta). (28) § 50. (29) § 51. (30) § 54. (31) § 55. 707 Giurisprudenza Unione europea quisita la cittadinanza in maniera fraudolenta non può essere ritenuto obbligato, in forza dell’art. 17 CE, ad astenersi dalla revoca della naturalizzazione» (32). Spetta tuttavia al giudice nazionale valutare se il rispetto del principio di proporzionalità esiga che, prima che una siffatta decisione di revoca della naturalizzazione divenga efficace, venga concesso all’interessato un termine ragionevole affinché egli possa tentare di recuperare la cittadinanza del suo Stato membro di origine. Invece non è necessario per la Corte di giustizia dell’Unione europea statuire sulla questione (pure sollevata dal giudice del rinvio, ma per il momento ancora ipotetica) se il diritto comunitario imponga all’Austria di interpretare la propria normativa nazionale in modo da evitare la perdita suddetta, consentendo all’interessato di recuperare la propria cittadinanza d’origine. La cittadinanza europea, il diritto comparato ed il Trattato di Lisbona La decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea, pur contenendo affermazioni di indubbia importanza e capaci un domani di ridare slancio al concetto di cittadinanza dell’Unione, appare nel suo complesso un po’ pilatesca. Rinviando tout court al giudice amministrativo tedesco il compito di valutare la proporzionalità dell’atto con cui il Land della Baviera ha revocato la cittadinanza al sig. Rottmann, la Corte di Lussemburgo rinuncia a definire i confini entro cui la condotta degli Stati lesiva dello status dei cittadini europei può considerarsi legittima (a). In una prospettiva comparata, d’altra parte, è interessante confrontare la posizione della Corte di giustizia dell’Unione europea con quella adottata da altri organi giudiziari chiamati a dirimere conflitti in ordinamenti compositi nei quali una cittadinanza federale coesiste accanto ad una cittadinanza degli Stati federati (b). L’atteggiamento prudente dei giudici europei merita poi di essere valutato alla luce delle più recenti riforme contenute nel Trattato di Lisbona (c). (a) La decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea di non considerare contrario al diritto dell’Ue l’atto con cui uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita (fraudolentemente) per naturalizzazione, privandolo altresı̀ dello status di cittadino europeo - e di rinviare ai giudici nazionali il compito di valutare se la misura de qua sia in violazione del principio di proporzionalità - sembra criticabile sotto diversi profili. «The approach embraced by the Court in Rottmann is a clear departure from its previous case law 708 on nationality, exemplified by the sound Micheletti tradition» (33). In quella decisione, in effetti, i giudici di Lussemburgo avevano chiaramente affermato che nel contesto giuridico dell’Ue «the Member States have entered into obligations with each other of such a nature as to limit their entitlement to have their dispositions of nationality unquestioningly recognized for Community law purposes» (34). Pertanto, diversi autori - anticipando il verificarsi di ipotesi simili al caso Rottmann - avevano argomentato in modo convincente che «once an individual has obtained the status of European citizen, judicial control by the ECJ of cases of deprivation of Member States nationality is perfectly admissible in the light of the effects that this measure will produce on European citizenship rights» (35). D’altro canto, la necessità di sottoporre la revoca della cittadinanza di uno Stato membro «to Community law supervision for consistency with the fundamental rights which Community law protects» (36) era considerato in dottrina opportuno, tenuto conto dello spazio di libera circolazione ormai creatosi in Europa: «it [would be] remarkable that a European citizen loses this status as a consequence of criminal behaviour, in spite of the fact that he continues to reside within the territory of the Union» (37). Nella sentenza Rottmann, invece, la Corte di giustizia dell’Unione europea, trovandosi di fronte alle contrapposte esigenze di assicurare la competenza degli Stati membri in materia di nazionalità e di tutelare le posizioni giuridiche soggettive dei cittadini europei, si è interamente sbilanciata a favore del principio di sovranità. «The perspective of an ordinary human being caught between two omnipotent sovereign States able to destroy lives entirely without even noticing is completely missing from the judgment» (38). Rinviando ai giudici nazionali il Note: (32) § 57. (33) D. Kochenov, Two Sovereign States vs. A Human Being: ECJ as a Guardian or Arbitrariness in Citizenship Matters, in EUI EUDO Citizenship Forum Debate, disponibile all’indirizzo http:// eudo-citizenship.eu/citizenship-forum/254-has-the-europeancourt-of-justice-challenged-member-state-sovereignty-in-nationality-law? start=3 o all’indirizzo http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm? abstract_id=1593220, 4. (34) S. Hall, Loss of Union Citizenship cit., 132. (35) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law cit., 14 n. 68. (36) S. Hall, Loss of Union Citizenship cit., 142. (37) G.R. de Groot, Towards a European Nationality Law cit., 17, n. 80. (38) D. Kochenov, Two Sovereign States vs. A Human Being, cit., 6. Giornale di diritto amministrativo 7/2010 Giurisprudenza Unione europea compito di stabilire i limiti dell’azione legittima degli Stati membri nei confronti dei cittadini europei - «notwithstanding the fact that the case specifically concerned the loss of the EU-level legal status» (39) - la Corte di giustizia dell’Unione europea ha perso un’opportunità per meglio definire i rapporti tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea, riducendosi ad un «powerful guardian of arbitrariness in citizenship matters» (40). (b) Le problematiche legate all’esistenza di una cittadinanza sovranazionale aggiunta a quella degli Stati membri non sono una peculiarità dell’Europa contemporanea: da questo punto di vista può essere interessante comparare (41) il caso europeo con «the early federal experiences of countries like the US [...] founded in their respective beginnings on a voluntary association of their Member States» (42). L’esempio degli Usa, invero, fornisce un utile strumento per comprendere le difficoltà con cui la questione della cittadinanza duale è affrontata da organi giurisdizionali operanti in ordinamenti costituzionali di tipo composito (43). La Costituzione Usa del 1787 originariamente prevedeva l’esistenza di due cittadinanze, una federale ed una statale. Essa, tuttavia, ‘‘non si faceva carico di definirle e non chiariva il loro rapporto, cioè se esse fossero tra loro indipendenti e coordinate oppure se una delle due fosse il requisito per l’acquisto dell’altra’’ (44). L’ambiguità del testo costituzionale (45) sopravvisse sino alla metà del XIX secolo quando «i problemi di definizione della cittadinanza e del rapporto tra i due livelli di essa si posero, con drammaticità, in relazione a questioni riguardanti la condizione giuridica degli schiavi» (46). Nel 1857 Dred Scott, uno schiavo del Missouri, ricorse alla Corte Suprema ponendo la questione se uno schiavo transitato in uno Stato libero potesse far valere la cittadinanza federale acquisita (in via derivata) in quello Stato una volta ritornato in uno Stato che invece riconosce la schiavitù. Mentre la minoranza della Corte argomentò che ogni cittadino degli Stati era ipso facto un cittadino degli USA, nell’infame decisione di maggioranza il Chief Justice Taney negò che Scott potesse essere cittadino degli Usa in quanto egli era «a negro of African descent, whose ancestors were of pure African blood, and who were brought into this country and sold as slaves» (47). L’intransigenza della Corte Suprema «dealt a heavy blow to the structure of American federalism that ultimately culminated in the civil war» (48). La vittoria degli Stati nordisti condusse però all’abolizione della schiavitù e all’adozione di un nuovo emendamento costituzionale nel quale Dred Scott «was effec- Giornale di diritto amministrativo 7/2010 tively, which is to say constitutionally, overruled by a definition of citizenship in which race played no part» (49). Stabilendo che «all persons born or naturalized in the US and subject to the jurisdiction thereof, are citizens of the US and of the State wherein they reside», il XIV emendamento chiarı̀ infatti definitivamente che la cittadinanza federale «era primaria, mentre la cittadinanza statale era da essa derivata e quindi secondaria» (50) e di conseguenza limitò «the power of States to withhold State citizensNote: (39) Id., 5. (40) Id., 7. Per una diversa prospettiva cfr. tuttavia J. Shaw, Has the European Court of Justice Challenged Member State Sovereignty in Nationality Law?, in Eui Eudo Citizenship Forum Debate, disponibile all’indirizzo http://eudo-citizenship.eu/citizenshipforum/254-has-the-european-court-of-justice-challenged-memberstate-sovereignty-in-nationality-law secondo la quale la sentenza Rottmann «increase[s] the effects of Eu citizenship vis-à-vis national citizenship. Rottmann opens the way for further potential incursions in the sphere of nationality sovereignty, as aspects of nationality laws are held up for scrutiny against the standards inherent in Eu law». (41) Sull’utilità della comparazione cfr. R. Hirshl, The Question of Case Selection in Comparative Constitutional Law, in American Journal of Comparative Law, 53, 2005, 125 il quale opportunamente distingue il ‘metodo’ della comparazione (in sé utilizzabile in ogni ipotesi) dal ’risultato’ della comparazione - il quale non è in nessun modo predeterminato dalla metodologia impiegata ma dipende dai casi analizzati: la comparazione, cosı̀ come può rilevare somiglianze, può anche mettere in luce divergenze. (42) C. Schönberger, European Citizenship as Federal Citizenship: Some Citizenship Lessons of Comparative Federalism, in European Review of Public Law, 19(1), 2007, 64. (43) Sull’utilità di un approccio comparato allo studio delle problematiche legate alla cittadinanza europea e sull’interesse che al riguardo può costituire l’esperienza costituzionale degli USA e la giurisprudenza della Corte Suprema cfr. E. Mehan, European Integration and Citizens’ Rights: a Comparative Perspective, in Publius - Journal of Federalism, 26(4), 1996, 99. Cfr. anche E. Delaney e L. Barani, The Promotion of ‘Symmetrical’European Citizenship: a Federal Perspective, in European Integration, 25(2), 2003, 96 i quali affermano che «the experience of the early US, though markedly different from that of the EU in many respects, nevertheless sheds light on the difficulties of creating and promoting supranational citizenship in Europe». (44) V. Lippolis, La cittadinanza europea, Bologna, 1994, 78. (45) Cfr. L. Friedman Goldstein, Constituting Federal Sovereignty: The European Union, in Comparative Context, Johns Hopkins U.P., Baltimore, 2001. (46) V. Lippolis, La cittadinanza europea, cit., 79. (47) Dred Scott v. Sandford, 19 US (How.) 393 (1857), at 404. Per una ricostruzione storica degli eventi che precedettero la decisione e per un’analisi della stessa cfr. P. Finkelman, Dred Scott v. Sandford. A Brief History with Documents, Bedford/St. Martin’s, Boston, 1997. (48) J. Bierbach, Who’s Afraid of Union Citizenship, in European Constitutional Law Review, 5, 2009, 520 reviewing C. Schönberger, Unionsbürger, Europas föderales Bürgerrecht in vergleichender Sicht, Mohr Siebeck, Tubingen, 2005. (49) A. Bickel, Citizenship in the American Constitution, in Arizona Law Review, 15, 1973, 374. (50) V. Lippolis, La cittadinanza europea, cit., 84. 709 Giurisprudenza Unione europea hip from national citizens» (51), rendendo di fatto la cittadinanza degli Stati un equivalente della residenza (52). (c) Naturalmente un’analisi comparata delle vicende storiche della cittadinanza negli Usa «does not imply that the Eu would have to follow [the Usa] on their path to becoming [a] consolidated federal state» (53); né, d’altro canto, sarebbe giustificato vedere nella decisione Rottmann un equivalente funzionale della sentenza Dred Scott della Corte Suprema Usa (54). Resta nondimeno il fatto che lo stato attuale della cittadinanza europea ricorda quello della cittadinanza Usa antecedente il XIV emendamento, e che la Corte di giustizia dell’Unione europea nella decisione Rottmann non ha compiuto alcun passo coraggioso per riconoscere una qualche autonomia alla cittadinanza dell’Unione rispetto alla cittadinanza degli Stati Membri. Laddove il diritto interno degli Stati membri (suffragato dalle regole di diritto internazionale) consente di privare un cittadino della nazionalità, l’interessato non dispone di rimedio dinnanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea per tutelare il proprio status di cittadino europeo. Da questo punto di vista, la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea sembra in parte contrastare con le più recenti riforme del diritto primario dell’Ue. Il Trattato di Lisbona (55) ha infatti sostituito l’art. 17 Trattato Ce (che definiva la cittadinanza dell’Unione come «un complemento della cittadinanza nazionale») con una nuova formulazione contenuta nell’art. 9 Trattato Ue e nell’art. 20 Trattato Fue, ai sensi dei quali la cittadinanza europea «si aggiunge alla cittadinanza nazionale». «This seems a very small and cosmetic amendment. It was however done for a reason and it is submitted that this modification supports a move towards a more independent Union citizenship» (56). Se infatti la cittadinanza europea è complementare a quella nazionale, essa non può esistere in assenza di una cittadinanza nazionale (57); al contrario, «if Union citizenship is additional to national citizenship, then there might one day be Union citizenship without national citizenship» (58). Inutile dire, comunque, che un cambiamento di questa portata - ovvero l’inversione del rapporto genetico tra cittadinanza degli Stati nazionali e cittadinanza europea - richiederebbe una trasformazione costituzionale ben più rilevante di quella contenuta nel Trattato di Lisbona (59). Allo stato attuale, la cittadinanza europea ha ancora un carattere ‘‘ancillare’’ (60), mentre continua a rimanere centrale la cittadinanza degli Stati membri dell’Ue. Tuttavia, «più l’Ue procederà sulla strada dell’integrazione fra Stati che la compongono, più la cittadinanza euro- 710 pea potrà riempirsi di contenuti che oggi sono propri della cittadinanza nazionale» (61). In fondo, se è vero che l’Ue è come «l’aurora, in cui la notte non c’è più (la piena sovranità degli Stati) ma il giorno non è ancora arrivato (la costituzione europea)» (62), non si deve disperare. Qualche anno or sono l’Avvocato generale Jacobs scriveva profeticamente che un cittadino comunitario che si muove attraverso l’Ue dovrebbe poter «contare sul fatto che, dovunque egli si rechi per guadagnarsi da vivere all’interno della Comunità europea, egli sarà trattato in conformità ad un codice comune di valori fondamentali [...]. In altre parole, egli ha il diritto di dichiarare civis europeus sum e di invocare tale status per opporsi a qualunque violazione dei suoi diritti fondamentali» (63). Affinché un simile scenario possa diventare realtà è necessario però che ciascuno in Europa faccia la sua parte: gli Stati membri, i cittadini europei, ma anche la Corte di giustizia dell’Unione europea. Note: (51) G. Neuman, Strangers to the Constitution. Immigrants, Borders and Fundamental Law, Princeton U.P., New Haven, 1996, 64. (52) A. Aleinikoff, American Citizenship: an Introduction, in Citizenship Studies, 5(1), 2001, 5. (53) C. Schönberger, European Citizenship as Federal Citizenship cit., 64. (54) B. De Witte, The Past and Future Role of the European Court of Justice in the Protection of Human Rights, in P. Alston (ed.), The EU and Human Rights, Oxford U.P., Oxford, 1999, 873 scriveva qualche anno fa che «there is no justification for going beyond and undertaking the full-scale ‘incorporation’ of Community fundamental rights into the national legal orders, as happened in the United States. Indeed there is no glaring human rights deficit in the legal orders of the Member States, which the ECJ should set out to remedy». Fortunatamente la schiavitù non è oggi un problema in Europa ... (55) Cfr. M. Cartabia, I diritti fondamentali e la cittadinanza dell’Unione, in F. Bassanini et al. (eds.), Le nuove istituzioni europee: commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008, 81. (56) A. Schrauwen, European Union Citizenship in the Treaty of Lisbon: Any Change at All?, in Maastricht Journal of European & Comparative Law, 15(1), 2008, 59. (57) A.M. Guerra Martins, Citizenship of the European Union: Conditions of Citizenship, in European Review of Public Law, 19(1), 2007, 83. (58) A. Schrauwen, European Union Citizenship in the Treaty of Lisbon, cit., 60 (enfasi nell’originale). (59) Sulle sfide future della cittadinanza europea cfr. S. Besson A. Utzinger, Introduction: Future Challenges of European Citizenship - Facing a Wide-Open Pandora’s Box, in European Law Journal, 13(5), 2007, 573. (60) S. Cassese, La cittadinanza europea e le prospettive di sviluppo dell’Europa, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 870. (61) V. Lippolis, La cittadinanza europea, cit., 140. (62) A. Barbera, Esiste una ‘‘costituzione europea’’?, in Quaderni costituzionali, 2000, 81. (63) Conclusioni dell’Avvocato Generale F. Jacobs, 9 dicembre 1992, causa C- 168/91, Konstantinidis c. Stadt Altensteig, § 46. Giornale di diritto amministrativo 7/2010