Azione Cattolica Diocesi di Lodi
«Si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39-56)
LA PROPOSTA per L’ANNO 2015/2016
Coordinate, scelte, percorsi
PRESENTAZIONE
Il presente testo – elaborato come ogni anno dalla presidenza diocesana – contiene le indicazioni principali per l’anno associativo 2015-2016 e viene proposto all’inizio dell’anno a
tutta l’associazione e in particolare alle Associazioni Territoriali per essere riferimento utile
ad ogni singolo aderente e per tutte le componenti dell’associazione diocesana.
Il testo rappresenta sicuramente la sintesi di un vissuto ecclesiale e associativo che costantemente mette in relazione la pregnanza della traditio con l’irruenza di un cambiamento sempre più profondo e veloce di stili, condizioni e visioni di vita, considera le nuove generazioni
che si affacciano alla vita, si sostanzia anche di sensibilità diversificate e nuovi linguaggi.
È quindi avvertita in modo forte l’urgenza di guardare oltre l’orizzonte e il confine del “si è
fatto sempre così” per riuscire a discernere i passi adeguati per servire la missione profetica
della Chiesa nel mondo ed in particolare per interpretare in modo autentico la vocazione
propria dell’Azione Cattolica ad essere “scuola di santità” per laici, luogo propizio per educare la coscienza a vivere in profondità la propria umanità e la personale adesione a Cristo
in tutti gli ambiti della quotidianità (famiglia, relazioni, lavoro, impegno civile, …).
Leggiamo nel Progetto formativo dell’Ac: “Oggi siamo consapevoli che la missione costituisce una nuova urgenza, per la Chiesa e per la coscienza credente. Per i laici si tratta di
riportare il Vangelo a contatto con la vita, affinché esplichi tutta la sua dirompente potenza
salvifica. La comunicazione del Vangelo che avviene nei luoghi comuni della vita di ogni
giorno può raggiungere tutti e arrivare dove le persone oggi vivono: con un linguaggio che
solo i laici possono utilizzare; una “grammatica umana” che svela l’uomo all’uomo e, mostrando l’uomo, parla di Dio”.
In questo orizzonte diventa fondamentale riaffermare l’attualità e popolarità della dimensione associativa, rinnovare “con estro e fantasia” la proposta formativa, dare significatività
all’esperienza associativa nel suo complesso, perché sia sempre vicenda di persone che camminano insieme e, come popolo, sperimentano la misericordia di Dio.
Ed anche l’unitarietà dell’associazione acquista una valenza sostanziale, non meramente
organizzativa, consentendo all’associazione di essere realmente, nella molteplicità delle presenze e delle sensibilità, casa ospitale per chi è alla ricerca di senso e di accoglienza, strumento di cura dell’interiorità, luogo che sa educare ed aprire alla vita, occasione di testimonianza
reciproca di “vita buona del Vangelo”, palestra di confronto e dialogo tra le generazioni.
Con convinzione ed entusiasmo ci accingiamo quindi a intraprendere un nuovo anno associativo, disponibili a “lasciarci sorprendere” ma anche interpellare dalla vita nostra e di chi
ci sta accanto, per lasciarci condurre con docilità là dove lo Spirito vorrà.
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INDICE
I - ALCUNE COORDINATE ECCLESIALI E ASSOCIATIVE
p. 7
II - SCELTE DI FONDO 1. Per un’associazione “dentro la vita” e “in uscita”
2. “Ci sta a cuore”. Perché aderire è scegliere
3. Spiritualità: vita interiore, primato della vita e apertura al mondo 4. Formazione: rifacciamo la scelta 5. Un’ACR ancora protagonista p. 12
p. 12
p. 13
p. 14
p. 15
p. 16
III - PERCORSI E PROGETTI p. 22
1. Il cammino spirituale per giovani e adulti p. 22
2. Percorso inter-vicariale per AT: Famiglia, scelta educativa, genitorialità p. 22
3. Percorso per educatori p. 24
4. Percorso per Responsabili p. 25
5. BIG BANG: percorsi dedicati a giovani adulti per vivere bene
la vita di coppia e di famiglia
p. 26
6. Laboratorio per la partecipazione p. 27
7. Laboratorio “In dialogo”
p. 28
IV - LE PROPOSTE DI MSAC, FUCI E MEIC
p. 31
1. Movimento Studenti di Azione Cattolica p. 31
2. Federazione Universitari Cattolici Italiani
p. 31
3. Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale
p. 32
V - ADESIONE E SOSTEGNO ECONOMICO
DELL’ASSOCIAZIONE (2015-2016) p. 34
VI - strumenti 1. Con il vangelo nelle periferie esistenziali 2. Un’Ac in uscita, impegnata a favore di una pastorale missionaria 3. La “ministerialità della soglia”: una pro-vocazione per l’AC
p. 36
p. 36
p. 40
p. 40
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I - ALCUNE COORDINATE ECCLESIALI E ASSOCIATIVE
Abbiamo ancora vivo nella memoria l’incontro con Papa Francesco del 3 maggio dell’anno
scorso e ciò che ha chiesto all’Azione Cattolica: rimanere con Gesù; andare per le strade e
incontrare le persone; gioire ed esultare sempre nel Signore.
Tre indicazioni che disegnano un’Azione Cattolica “in uscita” in una Chiesa “in uscita”.
Con la volontà di rileggere e ampliare gli orizzonti del proprio impegno, l’associazione già
da tempo si sta coralmente impegnando a comprendere nella loro profondità e concretezza
questi indirizzi, superando comode schematizzazioni e abitudini, per essere al servizio della
Chiesa e degli uomini di questo tempo, nella fedeltà al volere del Signore e al compito di
essere presenza significativa e profetica, come storicamente interpretato dall’Ac.
Con questi auspici e convinzioni, consapevoli dell’importanza che l’Ac ha avuto nella formazione di tante generazioni di questo Paese e nella nostra storia personale, ci prepariamo altresì
a celebrare, tra poco più di un anno, i 150 anni dell’Azione Cattolica italiana: una ricorrenza
che funge già come invito ad essere attenti ed in ascolto della vita delle persone, a costruire
legami di amicizia con i sacerdoti, a vivere con generosità il nostro impegno laicale, a costruire ponti e non muri, a contribuire alla comunione nelle comunità particolari e ovunque ci
troviamo ad agire.
Tante sono le sfide che vediamo davanti a noi, che ci riguardano come uomini, come cristiani, come cittadini di questo mondo, come persone che scelgono ogni anno di condividere,
nel Signore, un tratto di strada insieme, un comune discernimento, un comune progetto
associativo.
In questo cammino con e dentro la Chiesa, da uomini e donne di Chiesa, vogliamo volgere
lo sguardo e modulare il passo su quello della Chiesa universale, del Papa, dei nostri Vescovi,
in un tempo che vediamo ricco di problematiche ma anche di appuntamenti che portano
con sé tante sollecitazioni e prospettive positive.
Il Sinodo generale sulla famiglia (4-25 ottobre 2015)
Il primo di questi appuntamenti sarà l’Assemblea Generale Ordinaria dei Vescovi del prossimo ottobre, che avrà come tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel
mondo contemporaneo” e si propone come momento decisivo della riflessione della Chiesa
tutta - iniziata nel 2013 - sulla “vocazione e missione della famiglia” quale realtà “chiamata da Dio a prendere sempre nuova coscienza della propria identità missionaria di Chiesa
domestica anch’essa in uscita”. (INSTRUMENTUM LABORIS, n.5 - La vocazione e la
missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo INSTRUMENTUM
LABORIS).
Dopo l’ampia consultazione delle Chiese locali, comunità, Associazioni e Movimenti, il Sinodo sarà il luogo nel quale troveranno concretezza le riflessioni e gli approfondimenti giunti, per una valorizzazione (non solo difesa) della famiglia nella sua variegata ricchezza e nei
suoi molteplici compiti.
La famiglia risulta sempre più implicata nei processi sociali, educativi e culturali ed è un
soggetto strategico in diversi ambiti (da quello dell’immigrazione, alla emergenza educativa,
nelle varie “fragilità”). Ma è anche una realtà fragile, che necessita di un’attenzione specifica e
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di uno sguardo misericordioso, per comprendere le nuove situazioni e le relative problematiche (famiglie allargate, famiglie disgregate, anziani soli, genitori separati, …).
Un Sinodo, quindi, da seguire con attenzione, per imparare il giusto approccio alla comunità
famigliare che deriva da uno sguardo benevolo e compassionevole e dalla presa d’atto di un
contesto profondamente mutato rispetto a qualche decennio fa, ma soprattutto per le importanti indicazioni di carattere pastorale che ne potranno derivare per l’annuncio del “Vangelo
della famiglia”.
Il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015)
Gli Orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana “Educare alla vita buona del Vangelo”
hanno introdotto il tema dell’educazione come filo rosso dell’agire pastorale delle Chiese in
Italia per questo decennio. Ora a metà decennio, la Chiesa italiana intende entrare nel merito
della sfida e del compito educativo che famiglie, comunità, pastori e la Chiesa tutta avvertono
come urgenza e talvolta come emergenza. Fa questo riallacciandosi con il precedente Convegno di Verona (quello dei 5 ambiti: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità personale e sociale,
trasmissione educativa e comunicativa, cittadinanza), per continuare un percorso che ha alla
sua origine una sfida alta: “riporre al centro del dibattito culturale della vita della Chiesa, della
vita civile, un modo di guardare alla vita umana, di pensarla, di amarla”, cioè “la questione
dell’autenticità della vita umana; del suo destino, della sua drammatica bellezza, della sua
centratura in Cristo” (P. Triani).
Il Convegno di novembre a Firenze dal titolo In Cristo Gesù il nuovo umanesimo – e tutto
il percorso di avvicinamento all’evento - non avrà quindi il compito di disegnare in astratto
i termini e i confini di un nuovo umanesimo, ma di porre sempre più la persona - la persona
nel quotidiano, andando incontro ad essa nella quotidianità, con uno stile dinamico - al centro dell’agire ecclesiale. “Il nuovo umanesimo non è un’idea da applicare, ma un compito che
la comunità cristiana si assume, un compito che si realizza lasciandosi interpellare dall’essere
nuovi in Gesù” (P. Triani).
Come si costruisce questo nuovo umanesimo? Provando ad esercitare cinque vie. Per questo
sono stati scelti cinque verbi - uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare - sollecitati con
chiarezza dal magistero di Papa Francesco, per indicare altrettante ‘vie’ e altrettante azioni.
Riscoprendo il volto dell’umanità di Gesù Cristo, che ha “abitato” la vita e la propria umanità
fino in fondo, interpretandola come risposta al suo essere figlio e come incontro con i fratelli.
Cosa deve fare l’associazione per stare nel solco della riflessione proposta dal Convegno ecclesiale? Deve “lavorare perché le persone, le famiglie, le comunità coinvolte colgano sempre
più in profondità che se siamo figli, siamo dunque fratelli, in una condivisione che non si
aggiunge alla nostra identità ma la connota in radice”; il che significa “avvertirsi responsabili
e corresponsabili della vita che ci è data, della vita di tutti e di ciascuno, della vita del mondo
e della gioia cui aspira, della pienezza verso la quale ogni esistenza è protesa”; e concretamente
“saper leggere la storia, sapersi coinvolgere nelle situazioni per dare il proprio contributo di
umanizzazione ovunque si è, in ogni ambiente di vita” (M. Truffelli)
L’Anno Santo della Misericordia (8 dicembre 2015 - 30 novembre 2016)
Nel prossimo anno pastorale e associativo prenderà inoltre avvio l’Anno Santo della Misericordia, che inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione (e nel cinquantesi-
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mo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II) e si concluderà il 20
novembre del 2016, domenica di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo.
Nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, Misericordiae vultus,
Papa Francesco, dopo aver ricordato che “Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi
gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio”, così spiega i motivi dell’anno
giubilare: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso
lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per
questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole
per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti”.
Ecco quindi anche il senso del motto che guiderà questo anno giubilare: “Misericordiosi
come il Padre” (Lc) è l’invito da un lato ad accogliere l’azione misericordiosa di Dio attraverso
gli uomini nei nostri confronti; dall’altro a vivere la misericordia sull’esempio del Padre che
chiede di non giudicare e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono
senza misura.
Un invito a non rimanere immobili, ma ad agire affinché prevalga il bene sul male, attraverso
dinamiche di amore gratuito, perché il tempo della misericordia è qui, tra noi, e sta a noi
capirlo, interiorizzarlo, diffonderlo, praticarlo.
Sotto la guida di Papa Francesco
Il Convegno delle Presidenze diocesane di Azione Cattolica dello scorso maggio - La realtà
“sorprende” l’idea. La missionarietà dell’Ac alla luce dall’Evangelii gaudium – ha reso esplicito
l’impegno a prendere sul serio l’invito che Papa Francesco fa al n. 33 dell’Evangelii Gaudium ad “applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza
divieti né paure”.
L’associazione è dunque più che mai consapevole del fatto che, per continuare a camminare
nel solco della storia che ci ha condotto fino a qui, sulle orme del Concilio, rigenerate da
Francesco, “occorre avere – afferma il presidente Truffelli - il coraggio e la libertà di cercare
strade nuove per arrivare a incrociare sempre di più il quotidiano delle persone”, cioè essere
“in uscita” verso le periferie del mondo, dell’esistenza.
L’Evangelii Gaudium – che ha significato per la Chiesa un momento di “svolta” e di “recupero” dello spirito conciliare – è un costante invito a “risignificare” tutto il nostro impegno in
chiave missionaria, rileggendo con questo sguardo tutte le dimensioni della vita associativa,
ma anche a verificare lo stile di fraternità con cui vivere e testimoniare le indicazioni dell’EG.
Allo stesso modo vorremmo dare la più grande attenzione all’enciclica Laudato sii, che conferma l’attenzione che i Papi nel tempo hanno sempre avuto per il creato e la sua salvaguardia, anche paventando il rischio che “potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia”, in quanto “il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione
dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale,
essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo
periodicamente in diverse regioni”. Da qui l’appello – rivolto a tutti, ma in particolare a chi
ha responsabilità educative, politiche ed economiche – a riconoscere che “la sfida urgente
di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia
umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”, nella consapevolezza che “un vero
approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle
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discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”.
Con l’enciclica il Papa ci consegna anche la “grande sfida culturale, spirituale e educativa” di
contribuire a maturare una “cittadinanza ecologica” a partire dalla “coscienza di un’origine
comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti”, per avviare “lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita”.
Il Piano pastorale pluriennale 2015-2018 della diocesi di Lodi
Il 4 luglio, Festa di S. Alberto, il Vescovo Maurizio Malvestiti ha fatto dono alla diocesi della
sua prima Lettera pastorale. Nello Spirito del Risorto presenta un Piano pastorale pluriennale
tutto proteso ad interpretare l’identità missionaria della Chiesa: “La Chiesa è missionaria di
sua natura. Così l’ha pensata e voluta il Signore Gesù. Essa è per la missione o semplicemente
non è. La connota un radicale carattere di apertura, di diaconia nei confronti del Regno che
viene. L’azione missionaria non è un settore, un ambito, un “atto secondo”, rispetto all’essere, bensì ciò che lo realizza e lo esprime (Piano pastorale pluriennale 2015 - 2018. Nello
Spirito del Risorto).
L’auspicio per la Chiesa diocesana è perché sappia realizzare questa missionarietà interpretando il suo essere “chiesa in uscita”: vorremo essere, infatti, chiesa in uscita … “non a parole, ma
nei fatti e nella verità” (Gv 3,10b)
In concreto Mons. Vescovo invita a confermare l’attenzione a tre ambiti: la comunità familiare (oggetto e soggetto di pastorale), i giovani (e una pastorale che li ponga al centro), il lavoro
(per l’apertura di vie nuove di equità e di solidarietà).
Nella Lettera troviamo inoltre l’indicazione a privilegiare alcune scelte: il discernimento comunitario, la scelta per i poveri e gli ultimi, le missioni ad gentes, la ricerca di spazi di incontro
e confronto, la formazione dei laici.
A proposito di quest’ultima, Mons. Vescovo afferma: “Un’adeguata formazione dei laici, che
per vocazione testimoniano il Vangelo nella storia quotidiana, è esigita, non potendosi esprimere altrimenti la missionarietà della Chiesa reale. L’Azione Cattolica ed ogni altra aggregazione o movimento laicali potranno svolgere un apprezzato ruolo in tale direzione” (Nello
Spirito del Risorto - PIANO PASTORALE PLURIENNALE 2015-2018).
La interpretiamo come una sollecitazione a dare maggior vigore alla vita associativa rafforzando e rinnovando l’impegno formativo che la contraddistingue.
Le indicazioni della Presidenza nazionale per l’anno 2015-2016
Il secondo anno del triennio, secondo le indicazioni degli Orientamenti, è dedicato all’andare
incontro all’uomo nella concretezza della vita quotidiana, animati da una passione per la
città. Siamo chiamati a metterci in cammino per una missione che attraversa lo spazio e il
tempo: parte dalla “casa” luogo intimo e quotidiano dove “accade la salvezza” e attraversa le
strade andando incontro all’altro e facendo memoria delle grandi opere del Signore nella nostra vita e nella storia. Maria, che sceglie di andare verso la città, diventa l’ icona del cammino
che Dio compie attraverso di lei.
Secondo il paradigma dell’ “andare”, il Convegno delle presidenze dell’aprile scorso ha cercato di meglio definire la missionarietà dell’Ac alla luce dell’Evangelium gaudium, quindi
le scelte che pone all’associazione per “risignificare” il suo impegno in chiave missionaria, a
partire da alcune parole chiave: Poveri, Popolo, Misericordia, Gioia e Dialogo.
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Una missionarietà che, secondo Matteo Truffelli, deve spingere l’associazione a relazionarsi
con le periferie esistenziali del nostro quotidiano: “Le periferie che competono all’Ac sono sia
quelle spirituali, sia quelle geografiche. Essere presenti anche nelle vere e proprie periferie è
già una prima forma di missionarietà. Senza contare le forme di povertà materiali e spirituali
di cui l’Ac è chiamata a prendersi cura” (Orientamenti triennali 2014-2017)
Una presenza capace di ascoltare, decifrare, condividere la vita delle persone: “Accompagnare
le persone nella loro vita concreta, nelle difficoltà e nei dubbi, nelle tristezze come nella ricerca di pienezza e di felicità. Credo che all’Ac, proprio come associazione che vive sul territorio,
venga chiesto di stare vicino alla gente. E faccio notare che non c’è un solo modo possibile”.
Rimangono sullo sfondo, come coordinate essenziali della natura e della missione dell’Azione
Cattolica, le scelte di impegno consuete: l’importanza della parrocchia come realtà fondamentale per la missionarietà della Chiesa e la consapevolezza della necessità di fare in modo
che queste riscoprano e approfondiscano la loro vocazione più autentica; la riaffermazione
del ruolo della Chiesa particolare come soggetto dell’evangelizzazione, da cui consegue la
necessità per ogni Chiesa particolare di sentirsi chiamata alla conversione missionaria; il ruolo fondamentale dei laici chiamati ad assumere le proprie responsabilità e offrire il proprio
contributo sotto la guida, ma anche al fianco dei Pastori.
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III - LE SCELTE PER L’ANNO 2015-2016
In questo tempo e momento ecclesiale che ci è dato di vivere, così denso di richiami e
di pro-vocazioni, è chiesto all’Ac di giocare la propria partita con discernimento e con
fiducia.
«Fiducia significa anche non avere nessuna nostalgia dei tempi passati ma “gettare” il
proprio contributo come fa il seminatore (icona di questo triennio), che non sceglie la
stagione o il tipo di terreno, ma cui spetta una semina copiosa, generosa e a più mani»
(Matteo Truffelli al Convegno Presidenze 2015)
L’Ac diocesana e le Ac territoriali hanno il compito di ripensare se stesse, rimanendo
convintamente e dinamicamente sulle scelte che da sempre caratterizzano l’esperienza
associativa, ma aprendosi con altrettanta decisione e fantasia alle domande e ai vissuti
delle persone , al primato della vita che “sorprende” sempre chi si pone in suo ascolto.
La novità che vorremmo interpretare non sta quindi tanto nelle finalità o nei temi, ma
nella disponibilità con la quale intendiamo ascoltare la Parola e guardare ai fratelli. Ci
sentiamo interpellati ad agire con generosità e responsabilità per una associazione, per
comunità e per una Chiesa che si pongono in reale ascolto del vissuto delle persone, per
condividerne speranze e difficoltà, per un aiuto reciproco nel cammino di ricerca e di
fedeltà a Dio Padre.
Confermiamo quindi la centralità della dimensione spirituale e della cura dell’interiorità, per una vera educazione alla fede e all’incontro con Dio. Un’interiorità interpretata
non come chiusura in se stessi, ma come condizione per un’apertura autentica a Dio, al
prossimo, al mondo, cioè una autentica laicità.
Come anche riaffermiamo la finalità e l’impegno formativo in ogni stagione della vita
– a favore, quindi di ragazzi, adolescenti, giovani, adulti, terza età – per crescere come
laici adulti e maturi nella fede. A partire da una riproposizione convinta ai ragazzi, tra
i 6 e i14 anni, dell’esperienza ACR, una proposta che ha ancora presupposti e finalità
attualissimi e che richiede un di più di determinazione, generosità e … fantasia.
Ribadiamo la volontà di metterci al fianco della famiglia e del suo essere piccola Chiesa
domestica, in ascolto e con i genitori, protagonisti e primi responsabili nella educazione
alla fede dei figli.
Riteniamo imprescindibile infine, per tutto quanto sopra, l’impegno a favore dell’adesione, perché sia compreso fino in fondo il valore dell’associazione e dell’esperienza che
riesce ad esprimere: senza l’Ac – ne siamo convinti – la vita ecclesiale sarebbe sicuramente più povera.
1. Per un’associazione “dentro la vita” e “in uscita”
Il primo impegno che vediamo davanti a noi riguarda il custodire e trafficare “il tesoro”
rappresentato dalla vita associativa a tutti i livelli, ma in particolare al livello parrocchiale.
Si tratta di avere attenzione principalmente per la qualità della proposta associativa, non
esclusivamente per la sua continuità.
Ac come luogo formativo. L’ottica con la quale occorre guardare alla vita associativa è
quella di rendere l’Ac un luogo formativo capace di incidere e valorizzare la vita laicale,
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il quotidiano (V. Soncini). L’impegno è quindi per esprimere una proposta per tutte le
fasce di età, con un ritmo sostenibile e integrato con i ritmi della quotidianità, scelta
e partecipata, capace di sollecitare il protagonismo e l’apporto di ciascuno, perché sia
percepita e vissuta come un reale contributo che arricchisce e rende più bella la vita.
Non è più il tempo di ripetere ritualmente azioni ancora valide in sé ma fortemente
elitarie e a rischio di autoreferenzialità. Ci è chiesto oggi di reinventare luoghi, spazi e
modalità di ascolto e di confronto con la Parola e con la vita per far sentire la voce dello
Spirito e lasciare esprimere aspirazioni ed energie. Ci è chiesto di educare occhi, cuore
e mente ad interrogare la vita, per un discernimento alla luce della Parola, valorizzando
le dimensioni fondamentali della formazione cristiana: la spiritualità, la fraternità, l’ecclesialità, la missionarietà. Una educazione che passa attraverso azioni e scelte da vivere
insieme, come associazione e con la comunità cristiana, coinvolgendo ad ampio raggio
chi è disponibile a un tratto di cammino insieme. È importante il cosa, ma nella stessa
misura il come.
La vita di ogni giorno al centro dell’attenzione. La proposta formativa che l’Ac intende esprimere deve avere uno stretto rapporto con la vita delle persone. Ci interessa che
la vita sia dentro l’Ac (sia provocazione continua), per un’Ac che sia dentro la vita (non
spettatrice, ma protagonista). Ci interroghiamo: come la vita delle persone interessa e
incide sulla esperienza associativa? Quanto è ascoltata, interrogata, compresa?
L’orizzonte è rappresentato da un ascolto dell’altro – fratello, anche se apparentemente
lontano o addirittura estraneo alla nostra vita - che interpella la nostra capacità di relazione, di dialogo e di accoglienza.
La sfida è stare “dentro la vita”, ma “in uscita”, per stare al fianco dei viandanti nostri
contemporanei, di chi consideriamo straniero ma ha tanto da insegnarci in umanità e
compassione.
“Viene chiesto ai laici di Ac di accorgersi che è il Signore stesso che abita la vita di ciascuna persona. Lasciarsi sorprendere e interrogare da questa vita, commuovere, scuotere,
soffermarsi di più sulle domande della vita delle persone”(M. Truffelli)
Elemento essenziale per questo esercizio di laicità è senza dubbio la volontà di andare
in profondità nelle questioni, di non restare ai “si dice” o appiattirsi sulla opinione prevalente o benpensante, ma esprimere una capacità critica con la quale misurare anche i
nostri atteggiamenti e le nostre scelte.
Questo vale sempre, ma oggi in particolare in riferimento ad alcune questioni o ambiti:
l’accoglienza degli immigrati e rifugiati, la solidarietà con chi ha difficoltà in termini di
sussistenza economica, la considerazione e l’impegno per le famiglie, una cura educativa
condita di pazienza e capacità di dialogo,…
Passi da interpretare. Un aiuto per una proposta che non rischi di essere parziale o
carente, ma contenga ed esprima tutti gli elementi essenziali per la formazione di una
coscienza cristiana, può derivare dalla scansione dell’anno associativo in 4 passi, da compiere e da interpretare, per un approccio consueto ma sempre nuovo. Un riferimento che
vorrebbe consentire all’associazione diocesana di camminare unitariamente e in sintonia
con la Chiesa locale e particolare.
Il passo dell’ecclesialità, sarà un tempo propizio per riflettere sul valore dell’adesione e
dell’esperienza associativa e prepararci all’incontro con la presidenza nazionale il 22 no-
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vembre a Brescia. Ma sarà anche un tempo contrassegnato da una dinamica associativa
(vedi capitolo 2 in Percorsi e progetti) che vorremmo fosse realmente ecclesiale, cioè
aperta, capace di ascolto e di fare rete, creativa, dialogante, capace di discernimento (da
settembre all’8 dicembre).
Il tempo successivo - passo della fraternità - ci vedrà tradizionalmente impegnati nella
riflessione e testimonianza a favore del valore della Pace, per una fraternità concreta che
non conosce preferenze se non chi è più debole e povero ( dicembre – febbraio).
La Quaresima – passo della spiritualità – sarà tempo opportuno per una cura ancor più
forte dell’interiorità e occasione per una riflessione sulla dimensione della fede (febbraio
– marzo).
Ed infine, dopo Pasqua, il passo della missionarietà, occasione per esercitare una laicità
attenta all’oggi dell’uomo e della Chiesa (aprile – giugno).
Una azione pastorale in rete. In una stagione di grande cambiamento culturale e sociale, è evidente che la Chiesa – ed in essa soprattutto le parrocchie - è chiamata a discernere
i segni dei tempi per una pastorale che sia realmente missionaria e sappia quindi entrare
in relazione, dialogare e coinvolgere mondi e persone apparentemente sempre più distanti dal fatto religioso.
A questo proposito, l’attenzione insistita della Chiesa alla realtà della famiglia e alle
famiglie concrete dimostra senza ombra di dubbio una volontà di reale dialogo per una
comprensione profonda dei tempi, per essere all’altezza della missione di annuncio che
le è affidata.
L’impegno e le energie (di singoli aderenti o dell’AT) che da sempre l’Ac profonde a favore della pastorale parrocchiale non possono essere trascurate o abbandonate. Occorre
però che l’associazione - in particolare le Ac territoriali - sappia trovare un nuovo posizionamento che da una parte valorizzi e metta a frutto l’elemento associativo (storia,
percorsi, il fare insieme, l’intergenerazionalità, …), dall’altra ridefinisca ambiti e modalità della propria azione formativa alla luce del cambiamento sempre in atto.
Di fatto l’azione pastorale che l’Ac può esprimere, non può che prendere spunto e sostegno da ciò che caratterizza l’esperienza associativa: “La profezia dell’Ac – come cammino
di laici fieri di appartenere a quella casa ben identificata dal suo padrone di casa - il suo
servizio contemporaneo, è quello dell’aggregazione, del fare e vivere la comunità (gruppo), di mostrare con verità convincente cos’è la famiglia cristiana, cosa significa essere
Chiesa come casa ospitale e ben progettata. L’Ac ha la vocazione ad invitare, ad accogliere, ad attrarre dentro casa, attenta alla realtà che c’è fuori e a quella che la fa vivere
dentro” (don Luca Anelli, parroco di Bertonico).
Come a dire che gli elementi che caratterizzano l’associazione - l’attenzione alla persona nell’esercizio dell’ascolto, del dialogo e dell’accoglienza disponibile, l’educazione/
formazione umana e cristiana come forma di servizio, il protagonismo formativo, la
formazione come attività esperienziale, l’attenzione alle soglie esistenziali e l’adesione
di fede come questione centrale della formazione umana e cristiana, il coinvolgimento
delle famiglie e non solo dei singoli, la comunione con i Pastori, l’attenzione ai poveri
e alle diverse povertà che emarginano dalla vita, l’esercizio del discernimento, della responsabilità e della partecipazione, … - sono i medesimi paradigmi che definiscono una
pastorale missionaria, che va incontro agli uomini e alle donne di oggi ed è aperta alla
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novità di Dio. Da qui, da una consapevolezza di questi elementi fondamentali, può e
deve partire una reinterpretazione della esperienza associativa, un’Ac in uscita a favore
di un riposizionamento ecclesiale e pastorale che aiuti la comunità cristiana ad essere
Chiesa in uscita.
2. “Ci sta a cuore!”. Perché aderire è scegliere
Lo slogan della Campagna adesione per il 2015/2016 ci ricorda, in modo diretto e semplice, che aderire all’Ac è vivere una vita associativa bella e piena “Ci sta a cuore!”.
Ci sta a cuore per tanti motivi diversi, quanti sono i volti e i sorrisi dei nostri aderenti
piccolissimi, bambini, ragazzi, giovanissimi, giovani e adulti. Ci sta a cuore anche per tutti
coloro che l’esperienza associativa ci ha fatto, ci fa e ci farà incontrare. Ci sta a cuore perché
condividiamo con i nostri sacerdoti e i nostri pastori la sfida sempre nuova di fare bella la
Chiesa. Ci sta a cuore perché amiamo il nostro territorio e ci vogliamo impegnare per esso.
Ci sta a cuore perché scegliamo, ogni giorno ed in particolare quando rinnoviamo l’adesione, di essere “discepoli-missionari” con il compito di annunciare la Parola di salvezza
per le strade.
Nell’anno dell’“andare” siamo quindi chiamati a rinnovare con maggiore slancio la nostra
proposta di adesione, perché dobbiamo essere convinti che l’Ac sia un’esperienza che trasforma e rende più bella la vita attraverso i legami di vita buona e le relazioni autentiche.
Siamo quindi chiamati, come Maria con Elisabetta, ad alzarci e ad andare in fretta a raccontare la notizia bella che ci ha cambiato la vita: l’incontro con il Signore.
Come ogni buona esperienza ecclesiale che abbia una forte spinta alla corresponsabilità e al
servizio, anche la progettazione associativa si pone come snodo irrinunciabile per la qualità
e la bontà di quanto andremo a proporre e condividere .
Riteniamo quanto mai urgente e significativo recuperare, rivitalizzare e se occorre avviare
con realismo, fiducia e grande creatività i passi del discernimento comunitario in tutte le
sue fasi, per finalizzarlo a dare esplicitamente anche all’esperienza associativa quel riconoscimento di una ministerialità laicale veramente preziosa e necessaria per il bene della
comunità, del territorio, delle persone.
L’indole vocazionale dell’appartenenza associativa è senza dubbio un tratto distintivo che
va dichiarata e irrinunciabilmente supportato anzitutto da una esplicita cura della proposta
spirituale del gruppo o/e comunque di ciascuno. Una rete di relazioni durature, di cura
puntuale del vissuto e del cammino di fede e della vita di preghiera di chi già aderisce all’Ac
e di quanti ne sono potenziali protagonisti .
Come tutte le cose i segni di continuità e di perseveranza sono forza educativa e garanzia
di affidabilità che a lungo andare se non diventano vuote tradizioni disincarnate formano
meticolosamente un forte senso di appartenenza ecclesiale da cui far emergere frutti di
comunione insperati.
Quali suggerimenti in concreto alle associazioni territoriali?
Entro il mese di settembre, nella forma più opportuna e coinvolgente, il presidente e il
Consiglio territoriale -in accordo non solo formale ma ben definito, con il parroco assistente - convochino un pomeriggio associativo che abbia tutti i requisiti di una bella
esperienza di Ac parrocchiale : intergenerazionale, spirituale, conviviale, democratica e par-
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tecipativa, progettuale, concreta e sostenibile dalle realtà che la compone.
Di questo evento deve essere informata la comunità, coinvolti i responsabili dei gruppi di
servizio e animazione pastorale o di altre associazioni. Si tratta di partecipare a tutti cosa e
come l’Ac si pone nel vissuto della comunità, con la specificità che la caratterizza al servizio
di tutti e in stretto contatto con la chiesa diocesana e le proposte dell’Ac unitaria.
Si tratta di passare da iniziative spot a processi di accompagnamento che sappiano mettere
in campo figure di riferimento ed esperienze di qualità gustosamente formative, per stare
dentro il primato della vita delle persone, proprio nelle dimensioni più sensibili e mai sufficientemente intercettate dalla comunità (talvolta, anzi, disattese per una proposta pastorale
generica o incompatibile con il reale assetto di vita delle persone e delle famiglie).
Il profilo associativo dell’attenzione dovrà emergere non tanto dalla programmazione di
incontri o iniziative targati dall’associazione, quanto piuttosto dallo stile gustosamente ecclesiale, fortemente missionario dei gesti e delle proposte di prossimità che l’Ac territoriale
vorrà attivare con coraggio e determinazione.
Nei confronti dei simpatizzanti, cioè a favore delle persone per le quali la partecipazione
alle proposte associative territoriali, vicariali e diocesane - per interesse, amicizia e propensione - fosse già una buona prassi non ancora diventata una scelta di appartenenza e di
adesione, è necessario formalizzare la proposta di adesione dedicando a questo scopo uno
specifico spazio di dialogo e confronto in occasione delle iniziative e dichiarare una appartenenza di diritto come segno esplicito di accoglienza delle persone coinvolte.
La continuità dei legami, la valorizzazione anche di specifiche competenze e il coinvolgimento attivo alle successive esperienze sarà una ulteriore motivazione per una responsabile
adesione futura.
3. Spiritualità: vita interiore, primato della vita e apertura
al mondo
Il cammino annuale dell’esperienza associativa si connota, come ben sappiamo, non solo
di una continuità metodologica o organizzativa, bensì anche di un impegno condiviso a
mettere a frutto anzitutto ciò che abbiamo maturato nelle tappe precedenti. Dentro un
percorso che ci educa e ci introduce ad una fede pensata, incarnata e gioiosa, ci disponiamo ad acquisire nuovi elementi di stile per una vocazione laicale sempre più robusta,
perseverante, significativa per ciascuno e per coloro che ci sono affidati.
Se la coniugazione dell’invito evangelico a “Rimanere nel Signore”, in una interiorità
feconda della Parola, della grazia sacramentale, del Banchetto Eucaristico, dei tempi di
preghiera personale, famigliare e comunitaria, ci ha confermati nella gioia di lasciarci
plasmare nella vita spirituale che è essenza e identità di un quotidiano discepolato di
Gesù Maestro interiore e sommo bene, ora è tempo di muovere passi coraggiosi di comunione e di missione.
Come sempre i riferimenti ecclesiali che caratterizzano l’anno pastorale nelle parrocchie,
nella diocesi e nella Chiesa universale devono diventare prima di tutto ispirazione e motivo di grande sintonia spirituale, di partecipazione, d’intercessione e preghiera, di testimonianza generosa del dono della fede che anima e conduce ogni dimensione della vita.
L’icona evangelica scelta annualmente dall’associazione conduce i nostri passi nella cre-
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atività dello Spirito che sempre ci fa incontrare Gesù nel tempo, la sua Pasqua in mezzo
a noi come novità di Vita, la sua prossimità amorevole in cui nessuno è escluso dalla
misericordia del Padre.
Il percorso formativo ci offre una puntuale acquisizione di atteggiamenti in cui la fede
della Vergine Maria, narrata nel Vangelo della Visitazione, accompagna la proposta spirituale annuale per tutta l’Ac, perché camminando insieme sia intensa la percezione di
poter contare gli uni sugli altri, di poter fare corpo, di poter essere una casa accogliente
e affidabile. Crescere interiormente e formarsi alla scuola di Maria ci abilita a portare in
noi la presenza del Signore per essere dono nella vita di chi attraversa il tempo incerto
della solitudine, della malattia, del disagio sociale, della lontananza da casa, della precarietà economica, del dubbio, della delusione, riaffermando con la semplicità dei piccoli
gesti , il primato della vita.
La spiritualità è dunque una scelta ben definita dell’investimento che l’Azione Cattolica
può continuare ad essere nel servizio alle comunità, per tutte le età. A ciascuno, infatti,
ad ogni età e in ogni stato di vita, l’Ac rinnova e media l’invito ad un diretto e puntuale
coinvolgimento che possa suscitare vocazioni gioiose alla santità a beneficio di tutto
il corpo ecclesiale. Prendersi cura della vita spirituale significa chiedere e proporre la
direzione spirituale, educare e formare alla regola di vita, suggerire le esperienze forti
dell’Adorazione, degli Esercizi spirituale, dei ritiri, del pellegrinaggio; significa conoscere
insieme testimonianze luminose di vita Santa che hanno trasmesso il patrimonio di fede
e carità di cui siamo eredi e a sua volta missionari. Un aderente all’Ac che cammina nello
Spirito, non disattende e non disdegna mai le relazioni fraterne che chiedono ascolto,
preghiera, perdono, vicinanza, consiglio, qualunque sia l’occasione e la situazione di vita
anche al di fuori del particolare contesto di appartenenza e ancor più nelle situazioni
“soglia” dove talvolta la comunità stenta a farsi prossimo.
Sarà particolarmente utile il riferimento a quanto l’Ac nazionale vorrà segnalare alle
associazioni diocesane come invito alla preghiera e riflessione corale nel compiersi di
eventi ordinari e straordinari, spesso anche drammatici e pressanti per la Chiesa italiana
e per il mondo.
4. Formazione: rifacciamo la scelta
L’avvio di un nuovo anno associativo lascia alle spalle le verifiche e i bilanci dell’anno
precedente e apre lo spazio a nuove energie e idee. E’ il tempo per progettare, non a
partire dai calendari da riempire di attività, ma recuperando l’essenziale del nostro essere
associazione chiamata a far dialogare fede e vita negli ambiti in cui ci spendiamo da laici
testimoniando il Signore (nel lavoro, in famiglia, nello studio, nel gioco, in famiglia,
con gli amici, nell’impegno nel volontariato e nel socio-politico...). Per aiutarci a stare in
ascolto delle domande che la vita, proprio in quegli ambiti, pone alla nostra fede.
Dentro questo orizzonte, anche nel prossimo anno, si proseguirà nel ripensamento della
proposta formativa sollecitati dal forte invito di papa Francesco “Mai un’Azione ferma,
per favore!... Ci sia in voi il desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini, rinnovando così il vostro impegno a incontrare l’uomo ovunque si trovi …” (Udienza di Papa
Francesco all’Azione Cattolica, 3 maggio 2014). E l’aggiornamento della proposta for-
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mativa, l’esigenza di una seria riflessione intorno alla formazione, resta quindi all’ordine
del giorno, perché è anche un esercizio di stile associativo: ci aiuta a essere unitari, a tener
presente le dimensioni parrocchiale, vicariale e diocesana, a qualificare la formazione dei
responsabili e degli educatori e in più in generale la qualità della vita associativa in tutte
le sue articolazioni ed espressioni. E’ un esercizio che ogni realtà associativa è chiamata
a vivere tendendo presente alcune attenzioni/scelte che rappresentano dei punti fermi:
- l’elaborazione delle nostre proposte formative facciano della dimensione laicale, cioè
della storia personale quotidiana, il luogo di incontro con il vangelo di Gesù: ciascuno deve sentirsi innanzitutto chiamato ad una personale e continua formazione,
all’interno del gruppo di appartenenza, in parrocchia, in vicariato, e deve avvertire la
preoccupazione che questi percorsi ci siano e si rendano disponibili;
- riscopriamo il valore dell’intergenerazionalità, dedicando una particolare cura e attenzione ai motivi di incontro e di dialogo tra le generazioni: in Ac ognuno cammina con
il proprio passo, ora incerto, ora veloce, ma a tutti, nessuno escluso, è chiesto di fare
strada insieme;
- sosteniamo le esperienze/proposte già in atto che dicono l’attenzione dell’associazione alle diverse fasi della vita: i Nodi per i giovani, il Big Bang per i fidanzati e per
i giovani sposi, il percorso del MSAC e della FUCI quali luoghi privilegiati per la
formazione degli adolescenti come studenti e dei giovani universitari;
- adoperiamoci perché nelle nostre comunità, nei gruppi, nella diverse realtà di vita si
diffonda uno stile da credenti che profumi di famiglia, cioè con uno stile contraddistinto dal servizio vicendevole, dall’accoglienza, dal dialogo, dimensioni e valori che
si imparano proprio in famiglia;
- continuiamo a mantenere anche quest’anno una forte attenzione alla famiglia attraverso il percorso del Laboratorio culturale “In dialogo” (di cui trovate informazioni
più dettagliate di seguito);
- viviamo, secondo la nostra specifica vocazione, la corresponsabilità nella Chiesa locale, cioè una responsabilità diffusa e assunta insieme, una responsabilità che è aperta
al dibattito, al dialogo, all’assunzione di decisioni comuni; questo vuol dire promuovere una cultura dell’incontro. Essere forza di comunione nella Chiesa e nei luoghi
della vita quotidiana, significa in particolare in parrocchia coordinare e armonizzare
le tappe del cammino associativo con quello della vita comunitaria in un’ottica di
complementarietà e non di alternativa.
Alla luce di ciò sono ora tracciate le coordinate del percorso formativo dei giovani/
giovanissimi e degli adulti; esse non solo intendono orientare il percorso formativo del
singolo aderente e/o del gruppo, ma anche suscitare nuovi progetti e impegni formativi.
La proposta per i giovani mette a tema il bisogno di investire in un percorso formativo unitario diocesano che li aiuti a vivere con maggior convinzione e consapevolezza
l’identità associativa; questa nuova prospettiva, la cui organizzazione è in via di definizione, raccoglie le riflessioni, le sensibilità e le idee maturate in questi anni nei vari
incontri formativi (Nodi, Laboratorio per la Partecipazione Sociopolitica…) ed espresse
nel Convegno Diocesano dello scorso anno. E’ infatti il momento di unire non solo le
idee, ma anche le persone, è tempo di riaggregare. Infatti, nonostante ciascuno operi
per la propria specifica “vocazione”, coi tempi e le modalità che essa richiede, è forte
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nei giovani l’esigenza di sentirsi parte di un percorso comune, di camminare insieme,
perché è una bella ricchezza dalla quale non si può prescindere. Contemporaneamente
a ciò, si vuole proseguire il cammino spirituale della Tenda, che potrà diventare anche
un’esperienza “itinerante” in diocesi.
Si intende inoltre promuovere relazioni più strette con altre realtà e proposte che operano per e con i giovani; in particolare sarà instaurata una stretta collaborazione con
l’Ufficio di Pastorale Giovanile in vista della realizzazione del percorso in preparazione
alla Giornata Mondiale della Gioventù.
I giovanissimi vivono nel Movimento Studenti una significativa esperienza di missionarietà nella scuola da promuovere anche in quelle realtà scolastiche del territorio che
ancora non la conoscono; anche per quest’anno un obiettivo prioritario sarà sostenere
la formazione di nuovi gruppi giovanissimi inter-parrocchiali secondo un format ideato
in collaborazione con il settore adulti e ACR e realizzato in forma sperimentale nel
vicariato di Lodivecchio e Lodi.
Il percorso formativo e missionario degli Adulti è tracciato nel sussidio nazionale #Viaggiando destinato sia a un gruppo già costituito e rodato, o in fase di creazione, ma anche
a un gruppo di non aderenti. Il titolo rimanda alla dimensione missionaria dell’ “andare”
a partire dall’icona dell’incontro tra Maria ed Elisabetta (Lc 1, 39-56) raccontato dal
Vangelo di Luca. Un viaggio profondamente umano, quello di Maria: una donna che
non aveva tutto chiaro dall’inizio, ma la cui fede e la capacità di fidarsi crescono lungo
il viaggio. Così anche gli adulti saranno invitati a percorrere un cammino di progressiva
consapevolezza della fede che è capace di fare “grandi cose” nella vita.
Un particolare percorso di riflessione e di confronto sulla formazione della fede degli adulti sarà proposto durante il terzo passo, dedicato all’interiorità: due incontri “delocalizzati” in due vicariati (Lodi e Casalpusterlengo) della nostra diocesi, per incontrare
le persone proprio nei luoghi in cui esse vivono, naturalmente aperte ai vicariati vicini e
a tutti quanti desiderano partecipare.
La proposta formativa dell’Ac si realizza anche attraverso altre esperienze che aiutano a
consolidare il proprio cammino:
- Goccia, il progetto on line per l’autoformazione
- Formato famiglia in collaborazione con l’ACR per accompagnare il percorso dei ragazzi dell’ACR e delle loro famiglie.
Per la meditazione e la preghiera personale si segnala il testo Si alzò e andò in fretta - Testo per la formazione personale di giovani e adulti, con il Vangelo del giorno e un breve
commento inviato dal Centro nazionale ad ogni aderente.
5. Un’ACR ancora protagonista
L’Azione Cattolica Ragazzi si colloca in uno scenario pastorale che vede nuove linee
di lavoro quali gli orientamenti per la catechesi e il rilancio degli oratori. In tutto ciò,
l’ACR porta i suoi elementi caratterizzanti: il metodo esperienziale, il protagonismo dei
ragazzi e la vita di gruppo.
L’Acr vuole stare in tale contesto proponendo una formazione di qualità, in cui vivere
esperienze di significati vitali, che incontrano e rimotivano l’esistenza dei ragazzi stessi
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nel proprio percorso di crescita e cambiamento.
Questa proposta vitale, coinvolgente e alta è da declinare con tre attenzioni: motivare,
fare qualcosa di completamente nuovo attraverso segni di discontinuità, rilanciare l’idealità.
Dentro questo orizzonte, la scelta del gruppo è essenziale perché la fede è un’esperienza
comunitaria.
L’esperienza associativa vuole essere il luogo in cui i ragazzi possono fare sintesi delle svariate esperienze che vivono, il luogo in cui fare esperienza di un gruppo qualificato, nel
quale e con il quale condividere la ricerca di senso per la vita, essere punto di riferimento
per tutte le altre esperienze, essere luogo in cui testimoniare le proprie scoperte agli altri
ragazzi che le condividono.
L’impegno a favore di una nuova missionarietà tra i ragazzi, il campo dell’integrazione
tra ragazzi di cultura e religioni diverse, l’apertura alle questioni della città e dei luoghi
di vita, pongono una sfida alta alla proposta e all’esperienza ACR, spingendola verso
un rinnovamento che le consenta di esplorare nuovi spazi in cui portare il proprio contributo.
Per cogliere appieno la portata di questa sfida e per interpretarla compiutamente, l’Azione Cattolica deve sempre tenere alta l’attenzione e la spinta per una pastorale dei ragazzi
che sia realmente progettata insieme, che sia veramente esperienziale, nella quale gli
stessi ragazzi diventino protagonisti.
“Spesso il protagonismo dei ragazzi si misura nell’essere visto, nello stare al centro della scena. La loro sete di conferme non è facilmente gestibile e spesso occorre trovare
strategie per non assecondare questi loro desideri, ma rassicurarli al contempo di una
accoglienza incondizionata.” (Alessandra Augelli, Due giorni regionale Educatori Acr,
Brescia, 25-26 ottobre 2014).
Ci rendiamo conto, però, che si tratta di parole tante volte utilizzate negli ambiti ecclesiali, ma non sempre messe in pratica nel loro significato profondo.
Allora ci domandiamo: cos’è realmente un progetto? Cosa serve per progettare? Quali
strumenti, competenze, attenzioni?
“Il progetto educativo è ben diverso dal programma: oggi viviamo molto di programmi
e di agende; i programmi sono attenti ai risultati e ai prodotti, più che ai processi, e
sono standardizzati, sono simili per molti e la persona deve, in qualche modo, adattarsi;
i programmi soddisfano le esigenze pratiche, mentre i progetti soddisfano l’esigenza
di senso e si pongono in ascolto dei bisogni profondi della persona, contemplando gli
spazi di errore, gli imprevisti, le azioni “provvidenziali”. (Alessandra Augelli, Due giorni
regionale Educatori Acr, Brescia, 25-26 ottobre 2014).
Tra le condizioni per un progetto (osservare i materiali a disposizione, pensare ai tempi,
mettere qualcosa a fondamento, ecc…) ne emerge una in particolare: l’esigenza di una
vision d’insieme. Questa vision spesso viene meno, è minata dai tempi rapidi, ma anche
da varie forme di egoismo. Se essa viene meno - e questo accade in molti ambiti del sociale - ci si riduce a esercizi adempistici, svuotati di senso. Tutto ci sembra ovvio e tutto
ciò che appare ovvio risulta non pensato, si sottrae cioè a quell’esercizio di riflessività così
indispensabile a riconoscere e orientare uno stile”.
L’équipe ACR - insieme a tutta l’Ac - guarda quindi alla prospettiva di un lavoro in
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rete di carattere progettuale, per un’ACR missionaria, protesa a diventare un luogo di
accoglienza e iniziatico ad un cammino di introduzione alla realtà e alla fede. Un’ACR
che possa essere esperienza bella, aperta e simpatica, con una dinamica relazionale (con
i coetanei, con gli educatori, con il contesto, …) capace di educare alla fraternità e alla
responsabilità, in sintonia e collaborazione con le famiglie.
Con tanta fiducia, tanto impegno, tante relazioni da sviluppare, tanta collaborazione da
realizzare, tanta fantasia da sprigionare, …. e la prospettiva domenica 22 maggio di una
bellissima Festa regionale dell’Acr a Lodi!
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III - Percorsi e Progetti
1. Il cammino spirituale per giovani e adulti
Concretamente potremo dare forma a queste peculiarità facendo tesoro di tutte le esperienze che nel triennio ci sembrano particolarmente capaci d’incarnare le scelte di stile e
di presenza dell’Ac nella vivace tradizione spirituale della nostra Chiesa locale:
- l’appuntamento di meditazione dell’Icona Evangelica dell’anno associativo a settembre al Carmelo
- le giornate di spiritualità per tutti i settori nella prima domenica di avvento e di quaresima
- le lectio d’avvento nella prossimità del Natale (quest’anno dislocate in due sedi vicariali)
- la preghiera di ringraziamento nel capodanno
- le veglie diocesane dell’anno liturgico e pastorale, alquanto significative per coltivare
appieno la spiritualità di comunione che consideriamo rilevante e irrinunciabile nel
riferimento costante al Vescovo che presiede il cammino della chiesa locale
- l’animazione delle marce per la pace nel mese di Gennaio espressive di una convergenza e collaborazione fra differenti protagonisti della vita ecclesiale e sociale del
territorio nei vicariati
- il percorso molteplice degli esercizi spirituali per tutte le età nei week end di Quaresima
- la Tenda della preghiera per i giovani in 4 sabati dell’anno pastorale, insieme alle
adorazioni eucaristiche animate dal Centro diocesano vocazioni e dalla comunità del
seminario
- il pellegrinaggio diocesano in un santuario mariano a metà Maggio e gli esercizi spirituali di fine maggio con la terza età.
Alcune novità per l’anno associativo 2015-2016:
- proponiamo di celebrare nei vicariati o nelle associazioni inter-parrocchiali una veglia
di preghiera in occasione della Giornata dell’Adesione nella vigilia dell’Immacolata (7
dicembre)
- riformuleremo, insieme all’Ufficio famiglia, la proposta per la spiritualità di coppia
rilanciando il percorso del Big Bang nei due ambiti di accompagnamento (fidanzati e
giovani sposi), il pomeriggio di spiritualità d’inizio avvento e quaresima e gli esercizi
quaresimali
- per giovanissimi e i giovani dell’associazione ci sta a cuore assumere e collaborare
all’intero percorso diocesano di preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù
della prossima estate in Polonia.
2. Percorso inter-vicariale per Associazioni Territoriali
Nella prospettiva di un andare che non si riduca a mero slogan ma diventi azione, come
anche di un’attenzione forte alla unitarietà e qualità della vita associativa, proponiamo
un percorso - come già prospettato e condiviso nel Consiglio diocesano del 12 giugno
scorso - che coinvolga tutte le AT attraverso una nuova articolazione inter-vicariale.
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Punti di partenza. Sono fondamentalmente due.
Innanzitutto, la scelta dell’associazione diocesana di essere presente sui temi che interessano la vita delle persone e che sono presenti nel dibattito culturale ed ecclesiale ci induce a dare una attenzione prioritaria ai temi dell’educazione e della famiglia attraverso una
dinamica che consenta un reale approfondimento e connessione con la vita quotidiana.
Per questo è nato il laboratorio culturale “IN DIALOGO”, che vuole essere un luogo
di confronto e di elaborazione di idee praticabili e operative su tematiche culturali di
grande attualità che possono interpellare e coinvolgere pastoralmente le nostre comunità
e associazioni (vedi presentazione nella Sez. II) e che nella sua prima fase ha scelto di
concentrarsi sui temi legati alla famiglia e più in particolare agli aspetti educativi della
genitorialità e delle sfide/minacce che oggi sono presenti (ad es. l’ideologia gender).
Secondariamente siamo convinti che l’associazione debba impegnarsi a realizzare dinamiche nuove, che sappiano esprimere una reale unitarietà di azione, che realizzino
un coinvolgimento più ampio possibile della base associativa, che diano la possibilità
all’associazione di mettersi e fare rete sul territorio, nelle parrocchie, con competenza e
incisività.
Centralità del tema famiglia. L’idea di fondo è quindi mettere al centro della riflessione dell’associazione diocesana e delle associazioni territoriali il tema della famiglia quale primario soggetto educativo e comunità che genera la vita e apre al mondo, favorendo
sul tema una presa di coscienza, un coinvolgimento capillare, che stimoli il protagonismo degli stessi responsabili sulle modalità più consone per attuare scelte e dinamiche ad
hoc nel contesto territoriale di appartenenza (dentro l’orizzonte della popolarità).
Ecco quindi che il primo passo (settembre-novembre) dell’anno associativo 2015-2016 è
contrassegnato dalla proposta di un percorso:
- che ambisce a coinvolgere tutte le Associazioni Territoriali
- su alcune tematiche familiari (3/4 incontri)
- a livello inter-vicariale (Lodi/Spino – Lodi V./Paullo – S. Angelo/S. Martino – Casale/Codogno)
- nello stile laboratoriale.
Elementi del percorso. I membri del Laboratorio “In dialogo” predisporranno del
materiale utile per affrontare i temi, con lo scopo anzitutto di attivare processi che aiutino i responsabili vicariali, insieme alle associazioni territoriali di riferimento, a far nascere bisogni, suscitare problematiche, creare la domande di formazione, approfondimento,
confronto. Non si vogliono istituire percorsi già strutturati e definiti nelle tappe e negli
esiti, quanto piuttosto stimolare percorsi in divenire, il cui sviluppo sarà determinato in
parte dalle esigenze che emergeranno dalle sollecitazioni territoriali. Ciò richiede quindi
l’impegno da parte delle varie realtà associative nel saper coinvolgere le persone dentro le
Comunità, altre associazioni, enti, perché la riflessione si sbricioli il più possibile dentro
le parrocchie e diventi motivo di convergenza e confronto responsabile e significativo.
Lo strumento iniziale sarà una scheda redatta che in riferimento alle parole-chiave individuate (famiglia, genitorialità, educazione) darà indicazioni essenziali di contenuto e di
approccio (taglio sociale, culturale, relazionale, pastorale).
Elemento comune dei percorsi deve essere quello di pervenire, dentro l’orizzonte della
condivisione, a idee, riflessioni, atteggiamenti espressi anche pubblicamente, in modo
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visibile ( volantino, articolo, convegno…). Il Laboratorio si impegna ad accompagnare i
percorsi, cercando di garantire, nei limiti delle proprie possibilità, il supporto necessario
sullo sviluppo delle tematiche.
Per realizzare un processo che coinvolga pienamente le AT creando relazioni fruttuose
con le parrocchie e i soggetti presenti (ecclesiali e non solo), un ruolo importante dovrà
essere svolto dai responsabili vicariali che con convinzione e determinazione coordineranno i lavori.
Gli incontri diocesani e inter-vicariali di inizio anno, a settembre, saranno l’occasione
per presentare l’iniziativa nei dettagli.
3. Percorso per educatori
Oltre ad invitare ciascuno a curare personalmente la propria formazione spirituale, proponiamo quattro incontri diocesani di formazione, nelle seguenti date: 27 settembre, 8 novembre, 7 febbraio, 3 aprile.
Sarà l’occasione per domandarci: quale è il profilo dell’educatore che possa dare gambe
all’Acr che abbiamo sopra decritto?
Certamente un educatore capace di fare un cammino di crescita con e per i ragazzi, non
solo animatore, ma educatore appassionato, attento alla vita dei bambini. Quindi una
persona che si mette in ascolto dei ragazzi e dei bambini, dei loro vissuti, che sa adeguare
l’attività a quel momento particolare, tenendo fermo il fine del percorso intero.
Un educatore che ha un gruppo di nomi propri, che considera il gruppo uno strumento
e non il fine del proprio servizio educativo, che rimane sempre la formazione cristiana
della coscienza.
Un educatore che mette a disposizione la propria esperienza a favore dei ragazzi per
accompagnarli nel loro percorso di crescita.
Solo educatori attenti alla dimensione spirituale, che fanno risuonare dentro sé stessi ciò
che i ragazzi vivono ponendolo in rapporto con il Vangelo, ma nel contempo hanno cura
della propria spiritualità, possono far incontrare ai ragazzi la Parola buona del Vangelo.
Soprattutto con i preadolescenti, un educatore deve saper essere un po’ teologo, ovvero
uno che ha pensato il suo credere, ha gli strumenti per far capire che la sua fede è pensata, anche nei dubbi. Educatore teologo è un educatore che riflette sulla sua vita, sul suo
credo, con uno stile attivo e contemplativo.
Il Percorso sarà anche l’occasione per considerare anche altre condizioni per un’ACR
davvero protagonista.
Infatti è indispensabile ci siano anche presidenti e responsabili parrocchiali che accompagnino questi educatori con una guida paziente, una particolare attenzione alle relazioni personali e il far sentire loro presenza, disponibilità e vicinanza costanti.
Come anche che gli educatori sperimentino un cammino associativo ampio, affinché
maturino sempre più il loro senso di appartenenza e sappiano coinvolgere al meglio i
loro gruppi nelle dinamiche associative.
Ma è altresì indispensabile un contesto pastorale e associativo nel quale l’educatore,
soprattutto nei momenti in cui incontra difficoltà, non si senta solo ma sostenuto e
incoraggiato.
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4. Percorso per i responsabili dell’associazione
Il percorso formativo che anche quest’anno viene proposto vuole essere un’opportunità
di crescita personale per tutti coloro che vivono una responsabilità a livello associativo,
un’occasione di ascolto reciproco per mettere a fuoco le dimensioni che contribuiscono a
sostenere la vita associativa e il servizio dei responsabili. Allo stesso tempo è un’occasione
per l’Ac diocesana per mettere in evidenza quei temi che rappresentano i punti nodali
della proposta annuale e che vanno compresi, meditati e attualizzati nella vita della
Chiesa e delle nostre comunità. Invitiamo pertanto i responsabili dell’associazione - in
primis i presidenti delle AT insieme ai componenti dei Consigli, ma anche i componenti
del Consiglio e delle Commissioni diocesane - a fare la scelta prioritaria di partecipare
alle iniziative predisposte per condividere un processo formativo a livello territoriale che
apre al confronto e offre contenuti e motivazioni all’impegno associativo.
La prima proposta rivolta ai responsabili è illustrata al punto 2. di questa stessa Sezione
(vedi Percorso inter-vicariale per AT). L’idea è quella di mettere il tema della famiglia,
realtà educativa e comunità che genera la vita e apre al mondo, al centro della riflessione
dell’associazione diocesana e delle associazioni territoriali, per interpellare e coinvolgere
pastoralmente le nostre comunità.
La seconda proposta del percorso per responsabili ha come punto d’arrivo l’incontro
di tutti i presidenti delle AT, il 22 Novembre a Brescia, con la Presidenza nazionale. Il
tema dell’incontro sarà “Per un’Ac vitale in Lombardia” e rappresenterà un’occasione per
interrogarsi sull’associazione, sul suo ruolo e spazio nella Chiesa e nel mondo.
Durante l’incontro del 22 novembre ci si soffermerà in particolare su tre verbi/azioni
per riqualificare la vita associativa: accompagnare (importanza della cura delle relazioni);
essenzializzare (centralità della vita di fede secondo lo Spirito); comunicare (saper parlare
al cuore delle persone, essere un’associazione che accompagna e parla alla vita). Verbi
per cui vale rischiare delle scelte per generare alla vita attraverso un’esperienza di AC di
qualità.
In vista dell’importante appuntamento regionale (per il quale auspichiamo una numerosa partecipazione!) sarà inviata a tutte le AT uno strumento di lavoro (una scheda per
un confronto a livello parrocchiale o vicariale) che aiuti l’associazione a mettere a fuoco
alcune idee utili a ripensare le modalità per proporre l’Ac senza smarrire il carisma della
nostra “singolare” ministerialità laicale e nello stesso tempo prepari al confronto con la
Presidenza nazionale.
La terza proposta riguarda alcuni incontri formativi per responsabili a livello diocesano.
L’obiettivo è dare sempre più sostanza ad una Ac in uscita impegnata a favore di una pastorale missionaria che si disegna sull’immagine evocativa ed efficace della Chiesa come
casa ospitale.
Vogliamo riflettere sulla vocazione della Chiesa e dell’Ac come l’atteggiamento di chi tiene la porta aperta, si spinge sulla soglia di casa propria, e di tutte le case abitate dall’uomo. Questa vocazione si compie e si realizza attraverso l’invito a sedersi a tavola insieme,
a condividere il dialogo in salotto, ma anche a farsi carico dei servizi e delle necessità
della casa comune che è il mondo e che è la Chiesa.
Per questo, in continuità con le tematiche affrontate lo scorso anno e con le modalità
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già sperimentate lo scorso anno, nel periodo febbraio-maggio verranno quindi proposti
alcuni incontri attraverso i quali compiere “Esercizi di laicità”. Il percorso si svilupperà in
tre momenti di riflessione nei quali individueremo ambiti o luoghi nei quali siamo chiamati ad essere misericordiosi vivendo il ministero della laicità o “ministero della soglia”.
Queste le tappe del percorso:
30/03: La povertà di chi è solo
06/04: Adulti e giovani in dialogo
18/05: Per una cultura della casa comune
5. BIG BANG: percorsi dedicati a giovani-adulti per vivere
bene la vita di coppia
Big Bang: il discernimento nel tempo del fidanzamento
Il tempo del fidanzamento è un tempo speciale e unico ma difficilmente definibile nei
suoi confini. Può avere una durata breve o lunga o addirittura non definita, e le persone possono attribuirvi svariati significati. In questa moltitudine di interpretazioni sono
emerse due considerazioni: la ricchezza di questo momento e l’importanza di non lasciar
sole le giovani coppie, affinché il loro cammino possa volare alto. Quello del fidanzamento
è infatti un tempo di grazia, nel quale la coppia si conosce, segue un percorso di discernimento vocazionale. Inoltre, a fronte dei tanti e diversi modelli di coppie e degli stimoli che
circondano i giovani, diventa prezioso l’accompagnamento nella fede per le giovani coppie
di fidanzati. Il Big Bang si propone dunque di accompagnare ciascuno nel cammino di
maturazione della propria vocazione accanto alla persona amata. Desidera offrire momenti
di riflessione individuale e di confronto sulle scelte, sullo stile per vivere al meglio insieme
e sul progetto di vita. Si distingue dai corsi della preparazione prossima al matrimonio in
quanto viene proposto in un momento diverso della storia della coppia.
Alcuni degli obiettivi che si propone:
- offrire un momento di confronto e riflessione sui temi della relazione nella coppia,
con l’aiuto della Parola e di testimonianze
- aiutare a riflettere sul proprio modo di vivere la coppia
- favorire il dialogo, la comunicazione
- accompagnare nella crescita umana e spirituale individuale e di coppia del cammino
di fede e d’amore
Il percorso si rivolge a coppie con una “relazione stabile”. Non stiamo ad indicare un
tempo minimo o massimo dall’inizio del loro cammino insieme perché ogni coppia ha
la sua storia, ma la proposta è per coloro che sentono il desiderio di percorrere questo
progetto di ricerca e confronto. Chi sceglie di partecipare al Big Bang vuole vivere la propria relazione con protagonismo e progettualità, senza lasciare che “le cose succedano”.
E’ una proposta diocesana che si articola in incontri mensili, che si tengono la domenica
sera, per un totale di 7 incontri all’anno, con attenzione alle altre opportunità promosse
con l’ufficio di pastorale familiare (percorsi di spiritualità nei tempi forti)
Big Bang 2.0: la coppia nel matrimonio
Dall’esperienza del Big Bang nasce il Big Bang 2.0, che si affianca alla proposta esistente
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rivolgendosi alle giovani famiglie, per offrire una opportunità ulteriore (rispetto ai cammini parrocchiali) a chi desidera un cammino di crescita condiviso per la costruzione
della propria famiglia nella fede.
Il matrimonio non è il punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova famiglia, un nuovo viaggio nella quale si vivono dinamiche nuove, ricche di esperienze significative, ma anche di
sfide a volte complicate. Il confronto con persone che vivono la medesima fase della vita
può essere fonte di arricchimento e occasione di vicinanza, indispensabile in una società
nella quale le opportunità di incontro sono sempre minori.
A maggior ragione per una famiglia che oggi, impegnata dalle esigenze della vita quotidiana, ha sempre meno tempo da dedicare alle relazioni, anche quelle più strette,.
Il Big Bang 2.0 offre una possibilità di confronto e riflessione sulle scelte che la famiglia
oggi si trova ad affrontare. Alcuni degli obiettivi che si propone:
- offrire la possibilità di sentirsi parte della Chiesa, anche in una fase della vita in cui
le possibilità di vivere il servizio è minima, in quanto la priorità è necessariamente la
famiglia stessa
- alimentare il confronto nella famiglia e fra persone che vivono esperienze simili
- alimentare la consapevolezza del fatto che non si è soli a vivere determinate esperienze
- affrontare e discutere tematiche che nascono da esigenze concrete di giovani famiglie
- proporre un percorso in cui i tempi e i luoghi siano a misura di famiglia
- riaffermare l’importanza del rapporto di coppia come centro della famiglia, fulcro da
cui origina il benessere della famiglia stessa
I ritmi di una famiglia sono tali da non concedere frequenti opportunità di incontro,
per tale ragione il gruppo si ritrova 4/5 volte all’anno, nel giorno dedicato alla famiglia:
la domenica.
Riteniamo che lo stare insieme per un paio di ore nel pomeriggio della domenica sia
un giusto compromesso per offrire una opportunità di condivisione di un percorso di
crescita comune, senza sacrificare una parte troppo consistente del tempo dedicato alla
famiglia.
La modalità di sviluppo degli incontri è similare al Big Bang, con la riflessione personale,
la condivisione in coppia e in gruppo e il confronto con la Parola.
Come nel Big Bang il gruppo condivide l’esperienza con un sacerdote e una coppia di
riferimento che accompagnano il percorso di crescita di ognuno e del gruppo.
Da soli, in due, con altri, con l’aiuto di chi ha un po’ più di esperienza, in confronto con
la Parola: questo è lo stile del Big Bang.
Come aderire: per partecipare valutare l’opportunità della proposta con il proprio sacerdote o con gli assistenti diocesani.
6. Laboratorio per la partecipazione
Idea di fondo. Il Laboratorio della Partecipazione nasce dall’esigenza espressa dagli adulti
ed in particolare dai giovani dell’Ac di Lodi di avere uno spazio specifico e libero di riflessione, formazione e confronto su tematiche riguardanti l’ambito socio-politico, quello
spazio d’azione e di pensiero che riguarda le molteplici questioni sociali (il lavoro, la migrazione, le questioni riguardanti l’alimentazione…), civili (il terzo settore, le realtà par-
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tecipative popolari…) e politiche (la crisi della politica, lo spazio dei giovani nella politica
oggi, la partecipazione dei cittadini…) che riguardano il nostro territorio europeo, italiano
e soprattutto lodigiano, in un’ottica di coniugazione dello sguardo più strettamente locale
alla realtà ed ai fenomeni globali.
Lo spazio vuole essere libero, cioè non guidato da alcun interesse parziale, critico, cioè
portatore di uno sguardo consapevole, competente e coraggioso sulla realtà, ed infine laboratoriale, cioè aperto ai contributi di chiunque voglia partecipare,
Azioni avviate. Con l’incontro del 29 maggio 2015 nella Sala Granata della Biblioteca
Comunale di Lodi è stato avviato “Exponiamoci. Osservatorio su EXPO”, con l’obiettivo
di portare al territorio del lodigiano una certa lettura dell’evento Expo, che sia attenta
alle sollecitazioni positive e che sia anche però critica nei confronti delle storture presenti
all’interno dell’evento e del messaggio finale. Nell’ambito di questo progetto, oltre alle
visite dei singoli aderenti alla proposta, si prevede una visita di gruppo ad Expo, guidata,
considerando la proposta di visita strutturata dalla Caritas Lodigiana. Infine, si prevede un
incontro pubblico in occasione della chiusura di Expo, che proponga una lettura conclusiva dell’evento ed il proseguo dell’Osservatorio, dedicato al monitoraggio degli impegni
presi da istituzioni e società civile nella Carta di Milano.
Progetti futuri. Per l’anno a venire, oltre a sostenere e sostanziare il progetto avviato, si
vuole mantenere viva l’attenzione alle tematiche più determinanti e importanti del nostro
territorio lodigiano, italiano ed europeo.
Inoltre, crediamo sia necessario compiere una operazione di ampliamento delle persone
coinvolte nel Laboratorio, al fine di rendere più vario e rappresentativo del territorio il
confronto.
7.Laboratorio culturale IN DIALOGO. Famiglia, genitorialità,
educazione
Il Laboratorio culturale nasce, almeno nelle intenzioni, con l’intento di dare attuazione a
questo impegno: provare a parlare, a discorrere, a confrontarsi con temi “caldi”, presenti
nel nostro contesto socio-culturale, leggendoli dal punto di vista cristiano, illuminandoli cioè con lo sguardo della fede.”
Così scrivevamo nella Proposta associativa dello scorso anno, accogliendo una precisa
indicazione dell’ultima Assemblea diocesana, quella di porsi in ascolto responsabile delle
sollecitazioni provenienti dalla realtà circostante, in particolare dal mondo culturale.
Il Laboratorio ha individuato nella tematica della famiglia, soprattutto declinata nelle
dimensioni della genitorialità e della valenza educativa, il primo tema a cui dedicare la
sua attenzione, sia in sintonia con la riflessione pastorale in atto nella Chiesa che confluirà nel Sinodo del prossimo Ottobre, sia per l’urgente problematicità di alcune questioni
sociali e civili che intersecano seriamente la riflessione sulla famiglia e che come Cristiani abbiamo il dovere di affrontare, attraverso un dialogo capace di ascolto paziente e
misericordioso, ma anche testimone convinto di un patrimonio di valori radicati nella
fede in Dio che per amore ci ha voluto e ci ha fatto suoi figli e per amore ogni giorno ci
ricorda che nella salvezza ottenuta mediante il Figlio, ciascuno di noi troverà la sua piena
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realizzazione umana.
“In dialogo” è l’espressione con cui nel corso dell’anno abbiamo definito il titolo “Laboratorio culturale”, perché questo vuole essere il nostro atteggiamento: saper entrare in
relazione aperta, disponibile e propositiva con tutti coloro che nelle diverse tematiche
affrontate, avranno a cuore la riflessione sul bene per l’uomo e l’intera Creazione.
Cosa abbiamo fatto. In questo primo anno, dopo aver costituito la commissione, abbiamo dedicato un tempo significativo, prima alla formazione personale, attraverso
lettura approfondita dei contributi di esperte nell’ambito delle tematiche familiari, e
successivamente al confronto tra i membri del Laboratorio per raggiungere una consapevolezza condivisa dei temi affrontati e per affinare una prospettiva e un linguaggio
comune.
In un secondo momento ci siamo proposti di rilevare le sensibilità e i bisogni sulla tematica famiglia nelle Associazioni territoriali attraverso la somministrazione di un questionario.
Val la pena in questo contesto, considerata la diffusione “popolare” della Proposta diocesana, riportare in sintesi qualche dato emerso, perché uno dei nostri principali obiettivi
è quello di sviluppare un percorso che sia il più possibile radicato nelle Associazioni di
base, che sia condiviso e fatto proprio dagli associati, quali protagonisti e interlocutori
significativi nella vita pastorale delle proprie comunità parrocchiali.
Il sondaggio ha dunque evidenziato quanto segue:
- mancanza di formazione adeguata e diffuso timore di non essere adeguatamente
pronti e preparati a sostenere un dialogo aperto sulle problematiche che riguardano
oggi la famiglia, soprattutto per quanto concerne le questioni educative;
- disinteresse a riflettere, con facile delega acritica e mancanza di convinta testimonianza cristiana ( in particolar modo c’è un appiattimento scontato sui contenuti diffusi
dai mass media che avvallano concezioni distorte oggi diffuse sulla famiglia);
- prevalere di una cultura dell’emergenza che fa venir meno la dimensione della prevenzione o quella profetica
- mancanza di spazi in cui dialogare/confrontarsi ed entro il quale portare i propri dubbi/difficoltà/speranze senza censure e pregiudizi;
- esigenza di attività formative, rivolte soprattutto a giovani e adulti/genitori (valorizzando la collaborazione con altri soggetti attenti alla dimensione educativa ), che
permettano di uscire da schemi e percorsi finalizzati all’immediatezza e favoriscano
invece il confronto su nodi cruciali e questioni scottanti, nella consapevolezza che i
processi avviati possono aprire itinerari e orizzonti non scontati, reclamanti discernimento evangelico e disponibilità al coinvolgimento.
Cosa vorremmo fare. Ripartendo dal quadro sopra delineato che conferma l’importanza di porre al centro della riflessione dell’associazione diocesana e delle associazioni
territoriali il tema della famiglia come realtà educativa, come comunità che genera la vita
e apre al mondo e accogliendo le indicazioni della Presidenza e del Consiglio diocesano,
il lavoro si svilupperà secondo due direttrici:
1 - Nel periodo ottobre-dicembre il Laboratorio sarà di supporto al Percorso inter-vicariale su alcuni temi afferenti l’ambito della famiglia: rischio educativo, relazioni famigliari, questione del gender, … (vedi Cap. 2 in questa stessa Sezione)
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2 - Da Ottobre inoltre si vorrebbe istituire un Tavolo di confronto con Associazioni
ecclesiali e civili che, a vario titolo, si occupano di famiglia, genitorialità, educazione. E’
questo un altro obiettivo importante che l’Associazione si pone per arrivare ad entrare
in dialogo e favorire positive sinergie con chi ha a cuore queste significative tematiche.
Il tavolo di confronto vuole anzitutto essere uno spazio di ascolto di quanto già esiste o
è in programma sul territorio, senza escludere la possibilità di giungere in futuro anche
a progettare esperienze e iniziative in collaborazione.
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IV - LE PROPOSTE DI MSAC, FUCI E MEIC
1. La Proposta 2015/2016 del Movimento Studenti
di Azione Cattolica
Il Movimento Studenti di Azione Cattolica di Lodi è un circolo di studenti provenienti
da alcuni paesi della Diocesi e appartenenti a diverse scuole della Provincia di Lodi, di
Piacenza e Pavia.
Responsabili del MSAC sono due segretari affiancati da un équipe, eletti democraticamente ogni tre anni durante il Congresso MSAC, con il compito di organizzare, coordinare le attività del movimento e tenere i contatti con e tra gli msacchini. Questo
rappresenta il secondo anno di mandato per i segretari e l’equipe eletta lo scorso anno
che si vedrà’ in parte rinnovata. Tre dei precedenti membri hanno infatti affrontato l’esame di maturità quest’anno e il primo appuntamento importante per il nostro circolo
saranno le elezioni democratiche dei nuovi membri scelti tra i ragazzi che stanno ancora
frequentando le scuole superiori.
Il secondo momento fondamentale che vorremmo migliorare quest’anno è l’Oktober
Fest, 25 ottobre 2015, l’incontro organizzato direttamente all’interno di una scuola del
Lodigiano. L’obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere gli insegnanti e il dirigente della
scuola stessa, ma soprattutto gli studenti partendo da quelli che hanno un incarico nelle
classi e a livello d’istituto o regionale.
Un appuntamento nuovo con cui ci confronteremo dal 2 al 5 Gennaio sarà invece il
Campo Invernale diocesano. Si tratta di un camposcuola dedicato ai ragazzi del circolo
per poter rafforzare meglio i legami divertendosi insieme e far nascere e crescere nuove
proposte per l’anno a venire.
La meta dovrebbe essere Bologna, centro anche raggiungibile dai vari circoli dell’EmiliaRomagna per permettere anche un confronto interregionale.
Due belle esperienze di collaborazione che speriamo di portare avanti anche in questo
nuovo anno sono le Officine della Partecipazione Giovanile in collaborazione con il Comune di Lodi e l’Umanità Lodigiana in Cammino con cui abbiamo organizzato l’evento
“Io sto con la sposa”. Anche sul fronte del volontariato vorremmo continuare a far crescere il legame iniziato quest’anno con il centro di accoglienza della Caritas e l’Arsenale
dell’Accoglienza di Borghetto Lodigiano. Resta sempre fondamentale l’attenzione che il
nostro circolo riserva agli obiettivi concreti all’interno delle scuole.
Prima di tutto l’organizzazione di incontri e assemblee che trattino tematiche importanti per gli studenti e che possano favorire la partecipazione anche in orario extrascolastico.
Una proposta già diffusa, ma che si vorrebbe potenziare, è quella del Giornalino (anche
in collaborazione con le redazioni già presenti nelle realtà scolastiche) e della testimonianze nei momenti forti dell’anno, come Avvento e Quaresima. Un altro aspetto importante che è stato preso in esame è la relazione con le parrocchie, luogo primario di
incontro e formazione dei ragazzi, con cui si auspica di creare un rapporto saldo.
2. La Proposta formativa 2015/2016 della Federazione
Universitari Cattolici Italiani - diocesi di lodi
La proposta della Fuci della Diocesi di Lodi è costituita sia dal percorso seguito dal
gruppo durante gli incontri di ogni venerdì sera (a partire da venerdì 9 ottobre 2015),
sia dalle proposte provenienti dal livello regionale e nazionale.
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Gli incontri del venerdì. Nel corso degli incontri diocesani, il gruppo approfondirà
temi di carattere biblico, teologico e culturale.
• biblici: nel Nuovo Testamento si incontrano svariati personaggi, ognuno con la propria storia ed il proprio messaggio. Grazie all’aiuto di don Cesare Pagazzi, ad ogni
incontro analizzeremo alcune tra le figure più importanti.
• culturali: partendo dall’Enciclica Laudato Sii, il gruppo si soffermerà sul tema “La
custodia del Creato”. La prima parte dell’anno sarà dedicata in particolare alla formazione sul tema grazie all’apporto che ognuno saprà dare, mentre la seconda parte sarà
più concentrata all’organizzazione di un evento pubblico previsto al termine dell’anno associativo.
• teologici: in occasione del Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco, guidati
da don Cesare Pagazzi tratteremo il tema della Misericordia intesa sia come opere
corporali sia come opere spirituali.
Altre proposte di carattere locale. In occasione della Settimana dell’Università vogliamo
organizzare una Messa per universitari, fucini ed ex-fucini e a seguito un rinfresco con gli
ex-fucini (domenica 22 novembre alle 18:30 alla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Lodi)
per incontrare coloro che prima di noi hanno seguito un percorso interno alla FUCI.
Anche quest’anno il gruppo parteciperà all’iniziativa di orientamento universitario proposto dall’Ufficio Scolastico Provinciale della provincia di Lodi, proponendo un incontro tra studenti di quarta e quinta superiore e studenti universitari all’interno delle
scuole superiori di Lodi.
Durante questo incontro, il gruppo, con il contributo di altri universitari, risponderà
alle domande degli studenti per aiutarli nella scelta che stanno per compiere.
Come tutti gli anni la FUCI parteciperà alle Giornate di Spiritualità di Avvento e Quaresima, organizzate a livello diocesano.
La FUCI è membro delle Officine della partecipazione giovanile grazie al quale potrà
collaborare con altre associazioni alla realizzazione di iniziative e/o progetti a livello locale.
Proposte nazionali e regionali. La Fuci ha già in calendario diverse iniziative che possono essere d’aiuto alla riflessione personale, come le giornate che si tengono a Camaldoli in occasione della fine dell’anno (28 dicembre 2015 - 1 gennaio 2016) e momenti
per formarsi nella fede, in occasione delle settimane teologiche, che si tengono anch’esse
a Camaldoli (24-30 luglio 2016 - 1° settimana teologica; 31 luglio-6 agosto 2016 2°
settimana teologica)
Dal 5 all’8 maggio 2016 la FUCI si riunirà a Chieti per il 65° Congresso Nazionale. In
queste giornate si terranno l’assemblea federale e momenti di riflessione sul tema “Impegno e responsabilità, essere un segno nel tempo”.
Oltre a questi incontri sono previsti nel periodo della Quaresima tre giorni (venerdì,
sabato e domenica) nel monastero di Bose per gli esercizi spirituali organizzati dalla
FUCI regionale.
3. Proposta del Movimento Ecclesiale di Impegno
Culturale per anno pastorale 2015/2016
Il gruppo Meic conferma per il 2015-2016 il metodo e lo stile di proposta già sperimentati negli scorsi anni.
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Con cadenza mensile verranno promossi incontri pubblici, guidati da testimoni ed
esperti, su temi di particolare rilevanza per la vita sociale, civile ed ecclesiale, con il coinvolgimento, dove possibile, di altri soggetti e realtà che operano nel nostro territorio.
Gli incontri, dove non diversamente comunicato, si svolgeranno a Lodi il secondo lunedì di ogni mese, da ottobre a maggio.
Proseguirà anche quest’anno l’attenzione sui progetti partiti gli anni scorsi:
- “I lunedì de Meic” continueranno ad essere il punto di forza del programma annuale;
- “Con occhi di donna”, nel ricordo di Isa Veluti, proseguirà con la quarta edizione
cercando di allargare il più possibile la collaborazione con altre realtà che operano nel
territorio;
- Il Laboratorio “Scientificamente” proseguirà la sua attività di approfondimento di
tematiche scientifiche a partire dall’attualità cercando di favorire soprattutto il coinvolgimento dei giovani;
- Il Laboratorio di “Impegno Civile” - che in questo anno ha contribuito in modo
determinante alla nascita, in seno alla Provincia di Lodi, dell’Assemblea del Lodigiano - continuerà i suoi sforzi nel sostegno dei Tavoli tematici che verranno costituiti
dall’Assemblea allo scopo di dare voce ai cittadini sulle questioni più rilevanti per il
nostro territorio.
Infine anche quest’anno un’attenzione particolare sarà rivolta, in accordo con altre realtà
ecclesiali e civili lodigiane, alla prosecuzione dell’esperienza dell’Umanità Lodigiana in
cammino iniziata a gennaio 2015 con la proiezione del film “Io sto con la sposa” sul
tema dell’immigrazione.
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V - ADESIONE E SOSTEGNO ECONOMICO
DELL’ASSOCIAZIONE (2015-2016)
Alcune note tecniche
L’adesione è una tappa importante del cammino di ognuno nell’Ac.
Cammino che inizia conoscendo l’associazione attraverso la partecipazione a una delle
sue iniziative (campi, mattinate, incontri...) e prosegue grazie all’interesse che l’esperienza suscita, prende forma nel momento dell’adesione e si concretizza con la partecipazione attiva e l’impegno associativo.
Aderire all’Ac non significa quindi solo pagare una quota, ma :
impegnarsi a partecipare e a sostenere l’associazione.
Essere aderenti dà diritto a:
• partecipazione attiva e passiva alle assemblee
• assicurazione (indispensabile per le attività diocesane, ma anche vicariali e parrocchiali)
• stampa associativa (rivista nazionale e Dialogo)
• sussidi per il cammino personale
• sconto di 5€ sull’iscrizione agli Esercizi Spirituali
• sconto di 10€ sull’iscrizione ai campi scuola diocesani
• uno sconto del 12% sul prezzo dell’abbonamento a “Il Cittadino”
Adempimenti per le associazioni parrocchiali (da assolvere entro la fine di dicembre)
• Sensibilizzare i Soci a rinnovare l’adesione e contemporaneamente promuovere la
stessa a nuove persone.
• Porre particolare attenzione alla compilazione dei moduli adesioni affinché questo
faciliti il compito degli incaricati Web diocesani e parrocchiali per l’aggiornamento
del database nazionale e contemporaneamente sia offerto un miglior servizio ai Soci
stessi. Per questo ultimo motivo, è estremamente importante per la comunicazione
associativa, che siano aggiornati i campi richiesti, in particolare l’indicazione dell’incarico istituzionale ricoperto a vari livelli, l’indirizzo e-mail e la professione del
socio: Avvocato, Tributarista, Commercialista, Medico, Ingegnere (professioni
inserite negli ultimi anni).
• L’8 dicembre è il giorno della festa dell’adesione con la consegna delle tessere (pertanto anche i moduli dovrebbero essere già aggiornati).
• Restituire entro Dicembre i moduli adesioni al Centro diocesano - per le ATB non
connesse al sistema Dalì. Nello stesso mese, per le ATB che invece adoperano il sw
Dalì, effettuare l’aggiornamento, l’acquisizione e il riscontro finale dei dati aggiornati.
• RAMMENTIAMO LA DISDETTA ADESIONE ENTRO IL 30 APRILE N.B.:
come per gli anni passati gli aderenti (2014/2015) saranno considerati confermati sin
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dall’inizio dell’anno 2015/2016 (1° Ottobre). L’operazione di DISDETTA ADESIONE si potrà effettuare sul sistema Dalì obbligatoriamente fino alla data del 30 aprile
2016. Dopo tale data tutte le funzioni di disdetta di adesione presenti nel sistema
“Dalì” saranno automaticamente disabilitate; di conseguenza le anagrafiche con l’adesione attiva alla data del 1° Maggio rimarranno confermate e conteggiate economicamente a tutti i livelli, per la chiusura dell’esercizio 2015/2016. Le modifiche dei dati
dei soci e l’inserimento dei nuovi iscritti si potranno effettuare come in passato fino
alla data del 30 settembre 2016.
Dal punto di vista economico, come gli altri anni indichiamo due tempi per la raccolta
del contributo, con l’obiettivo di separare la scelta associativa dalle operazioni legate al
versamento delle quote di adesione:
• un versamento prestabilito nella misura dell’80% con riferimento agli aderenti
dell’anno precedente, entro il 31 gennaio 2016
• un saldo alla fine dell’anno associativo, entro il 30 giugno 2016.
I versamenti dovranno essere effettuati tramite bonifico bancario alle seguenti coordinate:
Banca Popolare Etica - Filiale di Brescia
intestato a: Azione Cattolica - Diocesi di Lodi
IBAN: IT48Y0501811200000000512480
Specificare la causale: “Adesioni 2015 associazione di...”
Il sistema di quote per l’adesione è approvato dal Consiglio Diocesano di settembre, e
verrà portato a conoscenza dei presidenti territoriali negli incontri di inizio anno e con
comunicazioni ed invii appositi con maggiori istruzioni nella seconda metà di ottobre.
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VI - STRUMENTI
Con il Vangelo nelle periferie esistenziali1
di don Cristiano Alrossi
Papa Francesco usa un espressione per descrivere come debba avvenire l’evangelizzazione: “Andare con il vangelo fino alle periferie esistenziali2”. Quali sono queste periferie
esistenziali?
- Le periferie esistenziali sono i luoghi in cui “c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni” (messa crismale);
- Le periferie sono i luoghi abitati “da tutti coloro che sono segnati da povertà fisica e
intellettuale” (Convegno di Roma);
- Le periferie sono i luoghi dove sta “chi sembra più lontano, più indifferente” (Omelia
nella giornata mondiale della gioventù, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013).
- Le periferie sono i luoghi dove “Dio non c’è” (Visita pastorale ad Assisi, Incontro con
il clero e i religiosi, 4 ottobre 2013); ecc….
Questa espressione di Papa Francesco indica gli estremi confini, là dove forse noi cristiani non vorrebbero andare. Il termine “periferie” è presente nelle Scritture sotto altre
forme: “le isole lontane”, “gli estremi confini della terra”… In particolare è il Vangelo,
è soprattutto il Signore Gesù a indicarci, attraverso i suoi incontri con uomini e donne,
dove sono riconoscibili queste periferie esistenziali. A patto però di non definirle prima.
Qui faccio un discorso esigente per noi cristiani: sono convinto che, se vogliamo veramente interpretare la parola e l’azione di Gesù testimoniate nel Vangelo e se vogliamo
essere suoi imitatori, dobbiamo smettere di predefinire, di pre-eleggere gli uomini e le
donne verso i quali vogliamo andare.
Noi in qualche modo continuiamo a farci una domanda sbagliata, anche nell’evangelizzazione : “Chi è il mio prossimo?”. Questa è la domanda sbagliata che nel vangelo
secondo Luca risuona, rivolta a Gesù, sulla bocca di un dottore della Legge (Lc 10,29).
E oggi, in parallelo, le domande sbagliate sono: “Chi sono i poveri? Chi sono i bisognosi? Quali sono le periferie esistenziali?”.
Sappiamo bene che Gesù capovolge questa domanda in: “Chi si è fatto prossimo?” (Lc
10,36), perché il prossimo è colui che io decido di incontrare3.
Questa precisazione di Gesù è decisiva. Se uno si immette nella logica del ricercare chi è
il prossimo, sbaglia, perché finirà per prestabilire chi vuole incontrare, finirà per decidere
lui il bisogno del prossimo, mentre la necessità è quella di farsi, di rendersi prossimo a
chiunque si incontri, a ogni uomo o donna che ci passa accanto.
1. Relazione teologico-pastorale di Enzo Bianchi, Priore della Comunità di Bose
2. Per più di diciassette volte Papa Francesco è ritornato nei suoi interventi su questa espressione, già enunciata nella
messa crismale del 28 marzo 2013 e ben spiegata nel discorso al convegno ecclesiale della diocesi di Roma il 17 giugno
2013.
3. Sussidio per i Gruppi di Ascolto della Parola di Dio - Anno Pastorale 2013-2014 “Risplendete come astri nel cielo”
Chi è il mio prossimo pp.7-10 “ Gesù cambia i termini della domanda; il problema non sta nel sapere chi è il mio prossimo;
ma nel sapere come e di chi io devo essere prossimo...”
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La vera necessità è la decisione della prossimità verso l’altro, non importa chi lui o lei
sia; non dobbiamo avvicinarci all’altro perché è nel bisogno, ma l’altro deve essere reso
prossimo in quanto uomo o donna, fratello o sorella in umanità. Nell’incontro poi conosceremo il suo eventuale bisogno: solo così si può fare un cammino che umanizza chi
incontriamo e noi stessi. È la fraternità o la sonorità ( la comunione tra fratelli e sorelle)
che ci stabilisce quali persone e soggetti, perché nessuno può diventare soggetto, può
umanizzarsi, senza la relazione con gli altri.
Gesù: incontrava uomini e donne –ci raccontano i vangeli –,sovente anonimi. Persone
che Gesù “vede” e “guarda” nel suo vivere quotidiano, nel suo camminare per le vie della
sua terra. E proprio da questo vedere, guardare, nasce la prossimità: Gesù si fa vicino
o accetta che l’altro si faccia vicino a lui e, ascoltandolo, “volto contro volto”, “occhio
contro occhio”, “mano nella mano”, conosce la precisa situazione di bisogno, di sofferenza in cui l’altro si trova, e così, di solito, inizia a porgli domande. A volte incontra un
malato nel corpo, altre volte un malato nella mente, altre volte un malato nello spirito,
altre volte un peccatore… In ogni caso, Gesù vuole incontrare l’altro .
Questo itinerario deve essere l’itinerario del discepolo, di chiunque alla sequela del Signore è chiamato ad annunciare e testimoniare il Vangelo.
Il cammino dell’evangelizzazione. Il soggetto assoluto dell’evangelizzazione è Dio, che
invia il Figlio nel mondo, il quale nella forza dello Spirito santo consegna la buona notizia del Vangelo all’umanità intera.
E la chiesa è chiamata, nella storia e nella compagnia degli uomini, a predisporre tutto
perché questa missione del Figlio possa raggiungere gli uomini.
Per essere dunque fedele a questa sua vocazione la chiesa deve innanzitutto sentirsi non
al centro, bensì decentrata (come Gesù, che parlava di sé quale “Figlio dell’uomo” sempre alla terza persona, mettendo al centro solo l’annuncio del Regno di Dio!).
Una chiesa in uscita. Il primo passo da compiere è cercare di essere “una chiesa in uscita” (cf. Evangelii gaudium 20-24), in modo da lasciare Cristo al centro e da annunciare
il Vangelo a tutti, in tutte le situazioni, senza repulsioni e senza paure.
Troppo spesso abbiamo dato l’immagine di una chiesa che, come la chiesa nei giorni successivi al fallimento umano del suo profeta e rabbi, appare una comunità che ha paura
del mondo, e perciò è rinchiusa (cf. Gv 20,19), tesa a conservare la memoria piuttosto
che a sentirla come una buona notizia.
Papa Francesco è ricorso addirittura a un’esegesi “fantasiosa” ma eloquente di un passo
dell’Apocalisse. “Ecco, io sto alla porta e busso” (Ap 3,20), sarebbero parole di Gesù
dette alla chiesa dal di dentro, per chiedere che la chiesa, invece di rinchiuderlo, gli
apra la porta affinché egli possa percorrere le strade del mondo. Le abitudini, una certa
dilezione nei confronti della tradizione, una certa inerzia dovuta alla nostalgia per quello
che si è sempre fatto: tutto questo, unito al timore di ciò che appare nuovo, inaspettato,
inedito, paralizza la chiesa fino a renderla asfittica.
Abbiamo paura perché siamo diventati una minoranza? Ma Gesù non ci ha chiesto di
guardarci e misurarci come minoranza o maggioranza, ma di sentirci sempre “piccolo
gregge” (Lc 12,32), perché capace di essere “sale della terra” (Mt 5,13) e “luce del mondo” (Mt 5,14).
La chiesa e anche noi che siamo nella chiesa dobbiamo sentire di nuovo la “sete di dia-
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logare”, perché altrimenti non può incontrare la sete degli uomini.
Al pozzo di Sicar, l’evangelizzazione è stata possibile perché si sono incontrate due seti,
due assetati, Gesù e la donna samaritana (cf. Gv 4,5-42). Ecco perché il dialogo non è
un’opzione possibile, ma è il modo di essere della chiesa.
Una chiesa capace di prossimità. Oggi più che mai siamo immersi in una cultura nella
quale è dominante la comunicazione virtuale. “Siamo sempre connessi”, e dunque ci
sentiamo sempre in relazione, anzi oberati da troppe relazioni, al punto che non riusciamo a viverle adeguatamente e con il discernimento necessario, eppure sono gli stessi
sociologi che ci mettono in guardia e denunciano “la morte del prossimo”.
Luigi Zoja ( psico analista che ha compiuto le prime ricerche sociologiche negli anni
70)- giustamente avverte- : “Nietzsche aveva profetizzato la morte di Dio, ma oggi in
realtà è arrivata la morte del prossimo”. E io aggiungo che se è morto Dio ed è morto il
prossimo, allora è impossibile vivere il comandamento cristiano sintesi di tutti gli altri
(cf. Mc 12,28-34 e par.).
Sì, oggi dobbiamo essere consapevoli delle difficoltà che abbiamo nei confronti della
prossimità, del farci prossimi e del renderci vicini gli uni agli altri. Mi permetto di dire
che, nella parabola del buon samaritano raccontata da Gesù (cf. Lc 10,30-35), il non
fare la carità da parte del sacerdote e del levita è dovuto non a una particolare cattiveria,
non all’appartenenza a una casta, bensì al fatto che non si sono resi prossimi dell’uomo
bisognoso, vittima dei briganti.
Se si fossero fermati e si fossero fatti vicini a lui, se avessero guardato negli occhi quel disgraziato, “volto contro volto”, anche loro avrebbero sentito compassione, sarebbero stati presi da una stretta alle viscere, dalla compassione, e gli avrebbero usato misericordia.
Noi oggi, come chiesa, “facciamo la carità” più che in altre epoche, ne possiamo essere
certi; ma siamo sicuri di vivere la carità evangelica che non è solo donare e condividere i
beni, ma è innanzitutto prossimità per incontrare, per poter ascoltare, per poter accendere una relazione nella quale poi operare con responsabilità e amore, secondo i bisogni
di chi incontriamo?
Dal cuore della vita ecclesiale che è l’eucaristia, dobbiamo andare incontro all’uomo,
scoprire il suo bisogno e saperlo leggere come carne di Cristo. “… l’eucaristia non sopporta la sedentarietà. Non tollera la siesta. Ci obbliga a un certo punto ad abbandonare
la mensa. Ci sollecita all’azione.(…) Se non ci si alza da tavola, l’eucaristia rimane un
sacramento incompiuto”4.
Quali sono i luoghi delle periferie? “Qualsiasi luogo dove nasce una relazione in
cui si opera con responsabilità e amore!”. Si tratta di avere una conversione dello
sguardo5 e dell’atteggiamento nei confronti dell’altro. La riorganizzazione viene dopo !
E’ una maniera di essere in relazione …
Ciò che sorprende nei discorsi di papa Francesco è lo sguardo che proietta “ fuori le
mura “, che pensa la chiesa a partire dal mondo e non viceversa. E’ un pensiero che ha
di mira unicamente il bene del mondo e questo permette di cogliere le varie sfumature
4. A. Bello, Stola e Grembiule, Ed. Insieme 1993 pp. 23-24
5. P. BACQ - C. theobald, Une nouvelle chance pour l’évangile - Vers une pastorale d’engendrement, Lumen vitae 2004
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di periferie o frontiere.
Parole ad effetto ed estremamente eloquenti. La sua apertura alle periferie, non si manifesta in melense elemosine che saziano la falsa coscienza e lasciano l’ingiustizia intriga
e perversamente operante; ma si esprime nella lotta contro le ingiustizie, nell’impegno
per la costruzione di una società di uguaglianza, di giustizia sociale, in una prospettiva
puramente evangelica.
Siamo invitati da Francesco a fare memoria del mandato ad extra, nella consapevolezza
che,ognuno di noi, con modalità diverse, secondo il proprio carisma, deve uscire fuori
le mura della chiesa di origine, per raggiungere le periferie, le frontiere, tutto ciò che è
distante, fisicamente e spiritualmente; senza dimenticare che c’è una distanza che nasce
appena finisco io ! Non è solo e unicamente un luogo distante da me, può essere vicinissimo a me ! La periferia inizia , la dove io finisco.
La missione non può ridursi a un insieme di cose da fare, ad un organizzazione umanitaria molto efficace, ma a volte poco credibile dal punto di vista testimoniale. Ciò che
evangelizza non sarà, pertanto, il fascino delle opere, né le promesse di sviluppo e di
progresso, ma la fede del discepolo, a fianco degli ultimi.
Tonino bello scriveva: “Se essere cristiani fosse un delitto e voi foste condannati in tribunale e accusati di questo delitto, riuscireste a farvi condannare ? Chissà, forse molti
di noi, per mancanza di testimonianza – commentava provocatoriamente – sarebbero
prosciolti da ogni addebito, senza ulteriore rinvio a giudizio, per insufficienza di prove”.
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La “ministerialità della soglia”: una pro-vocazione per l’ AC
di Marco Zanoncelli
L’invito di papa Francesco ad uscire, per abitare le “periferie esistenziali” del mondo di
oggi, interpella tutta la Chiesa, ma credo in modo particolare l’Ac, che ha sempre fatto
dell’evangelizzazione un tratto identitario essenziale.
Ma come tradurre tutto questo nella normale prassi pastorale? Andare verso dove e
come?
Mi sembra utile raccogliere un’interessante sollecitazione11 che don Antonio Torresin ci
offre sulla rivista Il Regno. Egli rilegge questo spirito di estroversione che Francesco invita
a compiere attraverso l’esperienza dell’ospitalità: le comunità cristiane sono chiamate
ad essere “casa ospitale” per gli uomini di oggi, luoghi nei quali si sperimentano quelle
“accoglienze planetarie” di cui ci parlava don Tonino Bello.
E’ suggestivo cogliere questa dinamica dell’ospitalità nell’ampiezza semantica che la lingua italiana ci consegna: da un lato la parrocchia è chiamata a diventare casa ospitante
l’umanità di oggi, comunità in cui è possibile fare l’esperienza dell’abitare un luogo
capace di propiziare l’emersione dell’identità personale e di incoraggiare una fiduciosa
apertura al mondo2; dall’altro le comunità cristiane sono chiamate a vivere la grazia di
essere ospitate da questa umanità. Il primo passo di ogni evangelizzazione è segnato da
un gesto originario di passività, ossia dall’essere accolti da coloro ai quali si va (cfr. Mt
10); essere accolti è poi esperienza che espone inevitabilmente al rischio del rifiuto, che
ogni accoglienza libera necessariamente comporta.
La parrocchia potrà diventare realmente casa ospitale se qualcuno, all’interno della comunità cristiana, si sentirà interpellato a vivere la “ministerialità della soglia”, cioè l’impegno a custodire quei tempi e quei luoghi esistenziali che propiziano l’incontro tra il
dentro ed il fuori, potremmo dire tra la chiesa ed il mondo, tra la vita e la fede. Il compito della custodia della soglia non è né semplice né comodo: la soglia infatti è il posto
di chi è disponibile a lasciare il tepore del focolare per esporsi agli “spifferi” della porta, a
lasciarsi contaminare da quanto si muove oltre l’uscio di casa, a sopportare i rumori ed i
suoni , talvolta molesti, che la strada porta con sé, esercitando pazienza e tolleranza per
i profumi e gli olezzi di cui il mondo “fuori” è ricco. Chiunque abbia sperimentato l’ingresso in un nuovo luogo (come un albergo o una casa di amici) conosce l’importanza
della persona che accoglie e fa gli onori di casa…
Vorrei qui semplicemente accennare a due “maturità” che questa ministerialità della
soglia esige. Anzitutto lo stare “sul confine” richiede la capacità non solo di conoscere
ma anche di vivere e promuovere l’economia (oikos-nomos, letteralmente la “legge della
casa”) del dentro e del fuori; le “persone della soglia” sono cioè coloro che hanno interiorizzato la legge della casa-comunità e della casa-mondo, che ne conoscono le regole di
funzionamento, i linguaggi, l’universo simbolico, le potenzialità ed i limiti. Sono gente
“dal doppio passaporto”, persone che si sentono a casa nella comunità cristiana così
1. A. TORRESINI, «Chiesa in Italia: la parrocchia ospitale. L’annuncio del Vangelo oltre la retorica» in Il Regno LV
(2014) 2 - p. 8-13.
2. Cfr G.C. PAGAZZI, Sentirsi a casa. Abitare il mondo da figli, EDB, Bologna 2010.
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come in tutti gli ambienti di vita, perché ne riconoscono la natura intimamente filiale.
Proprio in virtù di questa duplice appartenenza, essi sono coloro che sanno fare della
loro vita una suggestiva “porta-girevole”, capace di im-mettere e di con-durre. Sono
persone che amano profumare d’incenso, quando serve, e di quell’odore tipico delle
periferie, quando è necessario. Gente normale, senza pretese né titoli, consapevole che
talvolta “tenere il piede in due scarpe” può essere una grazia.
Questi uomini e donne della soglia sono poi coloro che hanno occhi per stimare il
bene che è negli altri. L’etimologia della parola “amore” richiama anzitutto il gesto dello
stimare, dell’apprezzare e onorare: ti amo perché prima di tutto riconosco ed onoro il
bene che è in te e che sei te. Un amore senza onore sa presto di arroganza e superiorità.
I servitori della soglia sono dunque persone che hanno occhi “simpatici” e profondi,
pronti a scrutare e stimare il bene di chiunque si avvicina all’ingresso e di chiunque, da
quella porta, decide di prendere il largo. E’ gente che dolcemente e con delicatezza sa
introdurre in casa e accompagnare nel mondo.
Se ripenso alla mia esperienza, credo che la vita associativa ci abbia sempre educato,
talvolta implicitamente, ad occupare questo posto liminare e a sentirci con orgoglio
cittadini delle due città. Mi chiedo: l’invito di Francesco ad uscire (accompagnato dal
paradigma dell’ospitalità e della ministerialità della soglia) può forse rappresentare una
propizia pro-vocazione per investire questo talento che l’Ac ha già nel suo DNA?
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Un’Ac in uscita, impegnata a favore di una pastorale
missionaria
di don Luca Anelli
Prendiamo le mosse dall’efficace immagine della casa ospitale.
La missionarietà della comunità cristiana e, in essa, dell’Azione Cattolica, si può manifestare con la tensione a creare della comunità cristiana l’immagine e, naturalmente,
dietro essa, la realtà e la consistenza di una casa ospitale. Finora potremmo dire che per
molte persone, la comunità cristiana è stata posta alla periferia della loro esistenza, come
una rocca inarrivabile e ostile o come una casa degli orrori o, più semplicemente come
una stamberga mezzo diroccata, piena di spifferi e ad un passo da definitivo disastroso
crollo. La stessa Chiesa costituisce, nell’ideale e nel vissuto di molti contemporanei, una
periferia, un luogo lontano per inaccessibilità, ostilità o vecchiezza invincibile.
La nostra conversione verso un dialogo e un contatto più feriale e costante con la società, con tutti i suoi poveri e lontani, con tutte le sue complesse periferie esistenziali,
può opportunamente prendere le mosse dalla felice intuizione di proporsi come casa
accogliente e ospitale. In questa forma si ravvisano alcune caratteristiche interessanti:
- la casa come luogo di identità e di identificazione (indirizzo, nome sulla porta)
- la casa come luogo di progetto e di costruzione (in senso materiale e in senso familiare/personale)
In tal modo possiamo riconoscere un punto fermo nell’identità della casa/Chiesa e della
casa/Ac che è quello di avere una identificazione precisa e un progetto, una proposta di
costruzione dell’umanità che in essa cresce. Tale identificazione non va perduta e si identifica con la missione di evangelizzare e proporre la via di Cristo, forti della sua costante
presenza e supervisione (Mt 28,19-20).
La casa che ha un’identità precisa, un’identità che coincide con la propria missione, cioè
l’annuncio del Vangelo, è casa ospitale:
- offre spazio per entrare, cioè per conoscere, riconoscere e accogliere il disegno
- offre modo di dialogare, cioè di ascoltare e parlare: il che comporta (ascolto) l’avere
stima e apprezzamento per ogni espressione di umanità che – magari attraverso aspetti problematici – si pone alla ricerca di un progetto, di un senso di un disegno; ma
comporta anche (parola) la franca e serena consapevolezza di avere un progetto, un
senso, un disegno preciso da proporre
- offre spazio per “lasciar entrare” cioè sa creare le condizioni culturali e pastorali affinché l’accoglienza ospitale non si limiti ad un primo approccio funzionale, interessato,
materiale, ma possa diventare coinvolgimento e partecipazione alla “vita di casa” cioè
al cammino della comunità cristiana. Non si discute sulla necessità della gradualità,
della differenziazione dei cammini, della molteplicità di approcci e proposte, ma si
deve aver coscienza che – anche a fronte di un cosciente rifiuto, la vera ospitalità è
creare le condizioni per un ingresso lieto e consapevole nella casa della comunità dei
credenti, ovvero dell’ingresso di Cristo nella vita delle persone che incontriamo e
accogliamo (W. Hunt, Light of the world).
- in tal senso diviene determinante la capacità di discernimento della comunità cristiana in genere e, in essa, di quella “falange avanzata” che è l’Ac. La qualità del discerni-
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mento è quella che consente di cogliere tutte le possibili soglie di accesso alla fede che
le situazioni degli uomini di oggi manifestano. Ci sono momenti di vita che divengono particolarmente sensibili per la possibilità di offrire un approccio alla vita della
comunità cristiana. Essi sono dati senza dubbio dalle occasioni di crisi, dalla povertà
che – non va dimenticato – nella proposta evangelica è una categoria non sociologica,
ma teologica. Ma quei momenti di vita, quelle soglie, sono offerti (CEL, La sfida
della fede: il primo annuncio, 2009) da alcuni snodi dell’esistenza che comprendono
l’esperienza della fragilità e del dolore, insieme alle scelte fondamentali della vita da
compiere nell’adolescenza e nella giovinezza, alle scelte di responsabilità da rinnovare
quotidianamente nella vocazione familiare, nella fedeltà agli impegni assunti nel proprio ruolo professionale e sociale, nella perseveranza a servizio di un progetto di vita
maturo e consapevole. (nel video: “ci si aspetta”)
La vocazione della Chiesa e dell’Ac è tenere la porta aperta, è spingersi sulla soglia di casa
propria, e di tutte le case abitate dall’uomo. Però non si vive sulla soglia. Questa vocazione si compie e si realizza attraverso l’invito a sedersi a tavola insieme, a condividere il
dialogo in salotto, ma anche a farsi carico dei servizi e delle necessità della casa comune
che è il mondo e che è la Chiesa.
La Chiesa ha una chiara connotazione missionaria che fornisce la precisa identità della
comunità nel duplice riferimento sostanziale e dinamico: il vangelo posseduto e il vangelo da annunciare. Come dire: la casa ospitale dei cristiani – segnatamente dei cristiani di
Ac – è la casa che si identifica con chiarezza per l’identità del “padrone di casa” e per l’innata vocazione/propensione dei suoi coinquilini a farsi prossimo di ogni uomo. Il vangelo lo possediamo in pienezza, perché Gesù è con noi, ed è lui che abbiamo da consegnare
e da annunciare. L’uscita, come ama chiamarla papa Francesco, non avviene chiudendosi
la porta alle spalle, ma sapendo quale sia il senso del nostro movimento: non si esce per
uscire, ma per servire l’uomo e il mondo attraverso l’annuncio del vangelo, la qual cosa
ci identifica e ci sospinge. (vedi l’idea di “uscita” descritta da papa Francesco nel contesto
dinamico della vita della comunità: “discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che
si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”: dal “cercare i lontani” al festeggiare nella liturgia che è “celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di
un rinnovato impulso a donarsi” vedi EG, n. 24)
Non si vive sulla soglia e non si vive di emergenze. Ecco perché occorre ricordare cosa
significa “poveri” per il vangelo: non si tratta solo di correre in soccorso degli immigrati,
dei disoccupati, dei senzatetto, dei malati… povero è chiunque non ha altri che il Signore per redimere la propria vita: non definisce una condizione economica, ma esistenziale.
Poveri sono dapprima i missionari, gli evangelizzatori, noi, mandati senza bisaccia, né
pane, né bastone e con una sola tunica (Lc 9,2-3 e 10,2-3), agnelli in un mondo di lupi.
Poveri sono i peccatori. Poveri sono i mendicanti, i lebbrosi, i ciechi e i derelitti. Poveri
sono i ricchi che presumono di salvarsi con i loro beni. Poveri sono i capi religiosi che si
ritengono al di là della necessità di convertirsi. Povero è il centurione e povero è Pilato,
Caifa e Zaccheo. (vedi Sarcofago della passione e risurrezione: perplessità di Pilato e
giudizio di Gesù – in senso attivo e passivo: il Giudicato è Giudice)
L’Ac non è la Croce rossa, né la Caritas, non è questo il suo specifico, anche se ciascun
credente di Ac può impegnarsi con vera dedizione in ogni servizio che può venir richie-
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sto. L’Ac non vale meno di Save the children o delle Missionarie di Madre Teresa: nella
casa ospitale che è la Chiesa, l’Ac lavora per servire l’incontro tra ogni genere di povertà
e la proposta evangelica. Non vale di meno se non realizza case di accoglienza o mense
per i senza fissa dimora.
L’Ac, insieme ai pastori del gregge ha la vocazione di riconoscere ogni genere di povertà e
di affrontare con gli strumenti che ha a disposizione l’annuncio evangelico nei loro confronti. La dinamica del discernimento è quella più preziosa insieme a quella della testimonianza. Un “discernimento domestico”: vivace nel cogliere le possibilità di incontro,
servizio, formazione, cammino di fede. La profezia dell’Ac – come cammino di laici fieri
di appartenere a quella casa ben identificata dal suo “padrone di casa” – il suo servizio
“contemporaneo”, è quello dell’aggregazione, del fare e vivere la comunità (gruppo), di
mostrare con verità convincente cos’è la famiglia cristiana, cosa significa essere Chiesa
come casa ospitale e ben progettata. L’Ac ha la vocazione ad invitare, ad accogliere, ad
attrarre dentro casa, attenta alla realtà che c’è fuori e a quella che la fa vivere dentro.
Tre azioni concrete per avviare una attenzione non episodica al tema, cioè per essere
associazione a sostegno di una pastorale missionaria.
1. Nel Consiglio Pastorale i rappresentanti dell’Ac sono promotori di una pastorale
dallo sguardo ampio e profondo? Quando c’è la riunione del CP, i membri dell’Ac
si consultano per avanzare proposte non episodiche ma ragionate nel contesto del
consiglio associativo territoriale? Se il CP non è consultato o convocato in modo significativo, gli aderenti di Ac cercano e trovano il modo per esprimere una mentalità
“di Chiesa”, cioè di comunità aperta al mondo per portarvi l’annuncio della salvezza?
Sono propositivi o acquiescenti? Rassegnati o intraprendenti nel creare comunione e
missione? Creano “comunità parallele” o si sforzano di rendere vivibile e credibile la
testimonianza nella propria parrocchia, pur con possibili tratti di sofferenza?
2. Gli aderenti dell’Ac hanno uno sguardo limpido e realistico sulla situazione della
propria comunità? Si informano sulle situazioni “di soglia” o “di lontananza” o “di
povertà” e cercano di conoscerle al di là dei pregiudizi di paese o delle frettolose sistemazioni in categorie predeterminate? Conoscono i poveri per scarsità di mezzi, i
poveri per scarsità di relazioni, i poveri per scarsità di riflessione e discernimento, i
poveri per scarsità di stimoli alla conversione…?
3. Gli aderenti dell’Ac sono protagonisti nella “actuosa participatio” (SC 14) alla liturgia? Sono impegnati a rendere vivo e vero il legame tra vita e celebrazione domenicale dell’Eucaristia? Collaborano a rendere accogliente, festosa, serena la celebrazione?
Aiutano i preti a non inventare la liturgia (=conoscenza delle regole) e aiutano i fratelli
a non subire le celebrazioni? Partecipano con gioia e in modo continuativo alle celebrazioni della propria parrocchia? Sono disposti a servizi liturgici anche poco “visibili”
ma significativi per la qualità della celebrazione (preparazione della liturgia, letture,
monizioni, canti, gruppo liturgico, formazione liturgica, ecc.)?
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Grafica e stampa
SOLLICITUDO arti grafiche - Lodi
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