Azione Cattolica Diocesi di Lodi «Si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39-56) LA PROPOSTA per L’ANNO 2015/2016 Coordinate, scelte, percorsi PRESENTAZIONE Il presente testo – elaborato come ogni anno dalla presidenza diocesana – contiene le indicazioni principali per l’anno associativo 2015-2016 e viene proposto all’inizio dell’anno a tutta l’associazione e in particolare alle Associazioni Territoriali per essere riferimento utile ad ogni singolo aderente e per tutte le componenti dell’associazione diocesana. Il testo rappresenta sicuramente la sintesi di un vissuto ecclesiale e associativo che costantemente mette in relazione la pregnanza della traditio con l’irruenza di un cambiamento sempre più profondo e veloce di stili, condizioni e visioni di vita, considera le nuove generazioni che si affacciano alla vita, si sostanzia anche di sensibilità diversificate e nuovi linguaggi. È quindi avvertita in modo forte l’urgenza di guardare oltre l’orizzonte e il confine del “si è fatto sempre così” per riuscire a discernere i passi adeguati per servire la missione profetica della Chiesa nel mondo ed in particolare per interpretare in modo autentico la vocazione propria dell’Azione Cattolica ad essere “scuola di santità” per laici, luogo propizio per educare la coscienza a vivere in profondità la propria umanità e la personale adesione a Cristo in tutti gli ambiti della quotidianità (famiglia, relazioni, lavoro, impegno civile, …). Leggiamo nel Progetto formativo dell’Ac: “Oggi siamo consapevoli che la missione costituisce una nuova urgenza, per la Chiesa e per la coscienza credente. Per i laici si tratta di riportare il Vangelo a contatto con la vita, affinché esplichi tutta la sua dirompente potenza salvifica. La comunicazione del Vangelo che avviene nei luoghi comuni della vita di ogni giorno può raggiungere tutti e arrivare dove le persone oggi vivono: con un linguaggio che solo i laici possono utilizzare; una “grammatica umana” che svela l’uomo all’uomo e, mostrando l’uomo, parla di Dio”. In questo orizzonte diventa fondamentale riaffermare l’attualità e popolarità della dimensione associativa, rinnovare “con estro e fantasia” la proposta formativa, dare significatività all’esperienza associativa nel suo complesso, perché sia sempre vicenda di persone che camminano insieme e, come popolo, sperimentano la misericordia di Dio. Ed anche l’unitarietà dell’associazione acquista una valenza sostanziale, non meramente organizzativa, consentendo all’associazione di essere realmente, nella molteplicità delle presenze e delle sensibilità, casa ospitale per chi è alla ricerca di senso e di accoglienza, strumento di cura dell’interiorità, luogo che sa educare ed aprire alla vita, occasione di testimonianza reciproca di “vita buona del Vangelo”, palestra di confronto e dialogo tra le generazioni. Con convinzione ed entusiasmo ci accingiamo quindi a intraprendere un nuovo anno associativo, disponibili a “lasciarci sorprendere” ma anche interpellare dalla vita nostra e di chi ci sta accanto, per lasciarci condurre con docilità là dove lo Spirito vorrà. 3 4 INDICE I - ALCUNE COORDINATE ECCLESIALI E ASSOCIATIVE p. 7 II - SCELTE DI FONDO 1. Per un’associazione “dentro la vita” e “in uscita” 2. “Ci sta a cuore”. Perché aderire è scegliere 3. Spiritualità: vita interiore, primato della vita e apertura al mondo 4. Formazione: rifacciamo la scelta 5. Un’ACR ancora protagonista p. 12 p. 12 p. 13 p. 14 p. 15 p. 16 III - PERCORSI E PROGETTI p. 22 1. Il cammino spirituale per giovani e adulti p. 22 2. Percorso inter-vicariale per AT: Famiglia, scelta educativa, genitorialità p. 22 3. Percorso per educatori p. 24 4. Percorso per Responsabili p. 25 5. BIG BANG: percorsi dedicati a giovani adulti per vivere bene la vita di coppia e di famiglia p. 26 6. Laboratorio per la partecipazione p. 27 7. Laboratorio “In dialogo” p. 28 IV - LE PROPOSTE DI MSAC, FUCI E MEIC p. 31 1. Movimento Studenti di Azione Cattolica p. 31 2. Federazione Universitari Cattolici Italiani p. 31 3. Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale p. 32 V - ADESIONE E SOSTEGNO ECONOMICO DELL’ASSOCIAZIONE (2015-2016) p. 34 VI - strumenti 1. Con il vangelo nelle periferie esistenziali 2. Un’Ac in uscita, impegnata a favore di una pastorale missionaria 3. La “ministerialità della soglia”: una pro-vocazione per l’AC p. 36 p. 36 p. 40 p. 40 5 6 I - ALCUNE COORDINATE ECCLESIALI E ASSOCIATIVE Abbiamo ancora vivo nella memoria l’incontro con Papa Francesco del 3 maggio dell’anno scorso e ciò che ha chiesto all’Azione Cattolica: rimanere con Gesù; andare per le strade e incontrare le persone; gioire ed esultare sempre nel Signore. Tre indicazioni che disegnano un’Azione Cattolica “in uscita” in una Chiesa “in uscita”. Con la volontà di rileggere e ampliare gli orizzonti del proprio impegno, l’associazione già da tempo si sta coralmente impegnando a comprendere nella loro profondità e concretezza questi indirizzi, superando comode schematizzazioni e abitudini, per essere al servizio della Chiesa e degli uomini di questo tempo, nella fedeltà al volere del Signore e al compito di essere presenza significativa e profetica, come storicamente interpretato dall’Ac. Con questi auspici e convinzioni, consapevoli dell’importanza che l’Ac ha avuto nella formazione di tante generazioni di questo Paese e nella nostra storia personale, ci prepariamo altresì a celebrare, tra poco più di un anno, i 150 anni dell’Azione Cattolica italiana: una ricorrenza che funge già come invito ad essere attenti ed in ascolto della vita delle persone, a costruire legami di amicizia con i sacerdoti, a vivere con generosità il nostro impegno laicale, a costruire ponti e non muri, a contribuire alla comunione nelle comunità particolari e ovunque ci troviamo ad agire. Tante sono le sfide che vediamo davanti a noi, che ci riguardano come uomini, come cristiani, come cittadini di questo mondo, come persone che scelgono ogni anno di condividere, nel Signore, un tratto di strada insieme, un comune discernimento, un comune progetto associativo. In questo cammino con e dentro la Chiesa, da uomini e donne di Chiesa, vogliamo volgere lo sguardo e modulare il passo su quello della Chiesa universale, del Papa, dei nostri Vescovi, in un tempo che vediamo ricco di problematiche ma anche di appuntamenti che portano con sé tante sollecitazioni e prospettive positive. Il Sinodo generale sulla famiglia (4-25 ottobre 2015) Il primo di questi appuntamenti sarà l’Assemblea Generale Ordinaria dei Vescovi del prossimo ottobre, che avrà come tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” e si propone come momento decisivo della riflessione della Chiesa tutta - iniziata nel 2013 - sulla “vocazione e missione della famiglia” quale realtà “chiamata da Dio a prendere sempre nuova coscienza della propria identità missionaria di Chiesa domestica anch’essa in uscita”. (INSTRUMENTUM LABORIS, n.5 - La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo INSTRUMENTUM LABORIS). Dopo l’ampia consultazione delle Chiese locali, comunità, Associazioni e Movimenti, il Sinodo sarà il luogo nel quale troveranno concretezza le riflessioni e gli approfondimenti giunti, per una valorizzazione (non solo difesa) della famiglia nella sua variegata ricchezza e nei suoi molteplici compiti. La famiglia risulta sempre più implicata nei processi sociali, educativi e culturali ed è un soggetto strategico in diversi ambiti (da quello dell’immigrazione, alla emergenza educativa, nelle varie “fragilità”). Ma è anche una realtà fragile, che necessita di un’attenzione specifica e 7 di uno sguardo misericordioso, per comprendere le nuove situazioni e le relative problematiche (famiglie allargate, famiglie disgregate, anziani soli, genitori separati, …). Un Sinodo, quindi, da seguire con attenzione, per imparare il giusto approccio alla comunità famigliare che deriva da uno sguardo benevolo e compassionevole e dalla presa d’atto di un contesto profondamente mutato rispetto a qualche decennio fa, ma soprattutto per le importanti indicazioni di carattere pastorale che ne potranno derivare per l’annuncio del “Vangelo della famiglia”. Il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015) Gli Orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana “Educare alla vita buona del Vangelo” hanno introdotto il tema dell’educazione come filo rosso dell’agire pastorale delle Chiese in Italia per questo decennio. Ora a metà decennio, la Chiesa italiana intende entrare nel merito della sfida e del compito educativo che famiglie, comunità, pastori e la Chiesa tutta avvertono come urgenza e talvolta come emergenza. Fa questo riallacciandosi con il precedente Convegno di Verona (quello dei 5 ambiti: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità personale e sociale, trasmissione educativa e comunicativa, cittadinanza), per continuare un percorso che ha alla sua origine una sfida alta: “riporre al centro del dibattito culturale della vita della Chiesa, della vita civile, un modo di guardare alla vita umana, di pensarla, di amarla”, cioè “la questione dell’autenticità della vita umana; del suo destino, della sua drammatica bellezza, della sua centratura in Cristo” (P. Triani). Il Convegno di novembre a Firenze dal titolo In Cristo Gesù il nuovo umanesimo – e tutto il percorso di avvicinamento all’evento - non avrà quindi il compito di disegnare in astratto i termini e i confini di un nuovo umanesimo, ma di porre sempre più la persona - la persona nel quotidiano, andando incontro ad essa nella quotidianità, con uno stile dinamico - al centro dell’agire ecclesiale. “Il nuovo umanesimo non è un’idea da applicare, ma un compito che la comunità cristiana si assume, un compito che si realizza lasciandosi interpellare dall’essere nuovi in Gesù” (P. Triani). Come si costruisce questo nuovo umanesimo? Provando ad esercitare cinque vie. Per questo sono stati scelti cinque verbi - uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare - sollecitati con chiarezza dal magistero di Papa Francesco, per indicare altrettante ‘vie’ e altrettante azioni. Riscoprendo il volto dell’umanità di Gesù Cristo, che ha “abitato” la vita e la propria umanità fino in fondo, interpretandola come risposta al suo essere figlio e come incontro con i fratelli. Cosa deve fare l’associazione per stare nel solco della riflessione proposta dal Convegno ecclesiale? Deve “lavorare perché le persone, le famiglie, le comunità coinvolte colgano sempre più in profondità che se siamo figli, siamo dunque fratelli, in una condivisione che non si aggiunge alla nostra identità ma la connota in radice”; il che significa “avvertirsi responsabili e corresponsabili della vita che ci è data, della vita di tutti e di ciascuno, della vita del mondo e della gioia cui aspira, della pienezza verso la quale ogni esistenza è protesa”; e concretamente “saper leggere la storia, sapersi coinvolgere nelle situazioni per dare il proprio contributo di umanizzazione ovunque si è, in ogni ambiente di vita” (M. Truffelli) L’Anno Santo della Misericordia (8 dicembre 2015 - 30 novembre 2016) Nel prossimo anno pastorale e associativo prenderà inoltre avvio l’Anno Santo della Misericordia, che inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione (e nel cinquantesi- 8 mo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II) e si concluderà il 20 novembre del 2016, domenica di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo. Nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, Misericordiae vultus, Papa Francesco, dopo aver ricordato che “Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio”, così spiega i motivi dell’anno giubilare: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti”. Ecco quindi anche il senso del motto che guiderà questo anno giubilare: “Misericordiosi come il Padre” (Lc) è l’invito da un lato ad accogliere l’azione misericordiosa di Dio attraverso gli uomini nei nostri confronti; dall’altro a vivere la misericordia sull’esempio del Padre che chiede di non giudicare e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono senza misura. Un invito a non rimanere immobili, ma ad agire affinché prevalga il bene sul male, attraverso dinamiche di amore gratuito, perché il tempo della misericordia è qui, tra noi, e sta a noi capirlo, interiorizzarlo, diffonderlo, praticarlo. Sotto la guida di Papa Francesco Il Convegno delle Presidenze diocesane di Azione Cattolica dello scorso maggio - La realtà “sorprende” l’idea. La missionarietà dell’Ac alla luce dall’Evangelii gaudium – ha reso esplicito l’impegno a prendere sul serio l’invito che Papa Francesco fa al n. 33 dell’Evangelii Gaudium ad “applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure”. L’associazione è dunque più che mai consapevole del fatto che, per continuare a camminare nel solco della storia che ci ha condotto fino a qui, sulle orme del Concilio, rigenerate da Francesco, “occorre avere – afferma il presidente Truffelli - il coraggio e la libertà di cercare strade nuove per arrivare a incrociare sempre di più il quotidiano delle persone”, cioè essere “in uscita” verso le periferie del mondo, dell’esistenza. L’Evangelii Gaudium – che ha significato per la Chiesa un momento di “svolta” e di “recupero” dello spirito conciliare – è un costante invito a “risignificare” tutto il nostro impegno in chiave missionaria, rileggendo con questo sguardo tutte le dimensioni della vita associativa, ma anche a verificare lo stile di fraternità con cui vivere e testimoniare le indicazioni dell’EG. Allo stesso modo vorremmo dare la più grande attenzione all’enciclica Laudato sii, che conferma l’attenzione che i Papi nel tempo hanno sempre avuto per il creato e la sua salvaguardia, anche paventando il rischio che “potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia”, in quanto “il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni”. Da qui l’appello – rivolto a tutti, ma in particolare a chi ha responsabilità educative, politiche ed economiche – a riconoscere che “la sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”, nella consapevolezza che “un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle 9 discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”. Con l’enciclica il Papa ci consegna anche la “grande sfida culturale, spirituale e educativa” di contribuire a maturare una “cittadinanza ecologica” a partire dalla “coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti”, per avviare “lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita”. Il Piano pastorale pluriennale 2015-2018 della diocesi di Lodi Il 4 luglio, Festa di S. Alberto, il Vescovo Maurizio Malvestiti ha fatto dono alla diocesi della sua prima Lettera pastorale. Nello Spirito del Risorto presenta un Piano pastorale pluriennale tutto proteso ad interpretare l’identità missionaria della Chiesa: “La Chiesa è missionaria di sua natura. Così l’ha pensata e voluta il Signore Gesù. Essa è per la missione o semplicemente non è. La connota un radicale carattere di apertura, di diaconia nei confronti del Regno che viene. L’azione missionaria non è un settore, un ambito, un “atto secondo”, rispetto all’essere, bensì ciò che lo realizza e lo esprime (Piano pastorale pluriennale 2015 - 2018. Nello Spirito del Risorto). L’auspicio per la Chiesa diocesana è perché sappia realizzare questa missionarietà interpretando il suo essere “chiesa in uscita”: vorremo essere, infatti, chiesa in uscita … “non a parole, ma nei fatti e nella verità” (Gv 3,10b) In concreto Mons. Vescovo invita a confermare l’attenzione a tre ambiti: la comunità familiare (oggetto e soggetto di pastorale), i giovani (e una pastorale che li ponga al centro), il lavoro (per l’apertura di vie nuove di equità e di solidarietà). Nella Lettera troviamo inoltre l’indicazione a privilegiare alcune scelte: il discernimento comunitario, la scelta per i poveri e gli ultimi, le missioni ad gentes, la ricerca di spazi di incontro e confronto, la formazione dei laici. A proposito di quest’ultima, Mons. Vescovo afferma: “Un’adeguata formazione dei laici, che per vocazione testimoniano il Vangelo nella storia quotidiana, è esigita, non potendosi esprimere altrimenti la missionarietà della Chiesa reale. L’Azione Cattolica ed ogni altra aggregazione o movimento laicali potranno svolgere un apprezzato ruolo in tale direzione” (Nello Spirito del Risorto - PIANO PASTORALE PLURIENNALE 2015-2018). La interpretiamo come una sollecitazione a dare maggior vigore alla vita associativa rafforzando e rinnovando l’impegno formativo che la contraddistingue. Le indicazioni della Presidenza nazionale per l’anno 2015-2016 Il secondo anno del triennio, secondo le indicazioni degli Orientamenti, è dedicato all’andare incontro all’uomo nella concretezza della vita quotidiana, animati da una passione per la città. Siamo chiamati a metterci in cammino per una missione che attraversa lo spazio e il tempo: parte dalla “casa” luogo intimo e quotidiano dove “accade la salvezza” e attraversa le strade andando incontro all’altro e facendo memoria delle grandi opere del Signore nella nostra vita e nella storia. Maria, che sceglie di andare verso la città, diventa l’ icona del cammino che Dio compie attraverso di lei. Secondo il paradigma dell’ “andare”, il Convegno delle presidenze dell’aprile scorso ha cercato di meglio definire la missionarietà dell’Ac alla luce dell’Evangelium gaudium, quindi le scelte che pone all’associazione per “risignificare” il suo impegno in chiave missionaria, a partire da alcune parole chiave: Poveri, Popolo, Misericordia, Gioia e Dialogo. 10 Una missionarietà che, secondo Matteo Truffelli, deve spingere l’associazione a relazionarsi con le periferie esistenziali del nostro quotidiano: “Le periferie che competono all’Ac sono sia quelle spirituali, sia quelle geografiche. Essere presenti anche nelle vere e proprie periferie è già una prima forma di missionarietà. Senza contare le forme di povertà materiali e spirituali di cui l’Ac è chiamata a prendersi cura” (Orientamenti triennali 2014-2017) Una presenza capace di ascoltare, decifrare, condividere la vita delle persone: “Accompagnare le persone nella loro vita concreta, nelle difficoltà e nei dubbi, nelle tristezze come nella ricerca di pienezza e di felicità. Credo che all’Ac, proprio come associazione che vive sul territorio, venga chiesto di stare vicino alla gente. E faccio notare che non c’è un solo modo possibile”. Rimangono sullo sfondo, come coordinate essenziali della natura e della missione dell’Azione Cattolica, le scelte di impegno consuete: l’importanza della parrocchia come realtà fondamentale per la missionarietà della Chiesa e la consapevolezza della necessità di fare in modo che queste riscoprano e approfondiscano la loro vocazione più autentica; la riaffermazione del ruolo della Chiesa particolare come soggetto dell’evangelizzazione, da cui consegue la necessità per ogni Chiesa particolare di sentirsi chiamata alla conversione missionaria; il ruolo fondamentale dei laici chiamati ad assumere le proprie responsabilità e offrire il proprio contributo sotto la guida, ma anche al fianco dei Pastori. 11 III - LE SCELTE PER L’ANNO 2015-2016 In questo tempo e momento ecclesiale che ci è dato di vivere, così denso di richiami e di pro-vocazioni, è chiesto all’Ac di giocare la propria partita con discernimento e con fiducia. «Fiducia significa anche non avere nessuna nostalgia dei tempi passati ma “gettare” il proprio contributo come fa il seminatore (icona di questo triennio), che non sceglie la stagione o il tipo di terreno, ma cui spetta una semina copiosa, generosa e a più mani» (Matteo Truffelli al Convegno Presidenze 2015) L’Ac diocesana e le Ac territoriali hanno il compito di ripensare se stesse, rimanendo convintamente e dinamicamente sulle scelte che da sempre caratterizzano l’esperienza associativa, ma aprendosi con altrettanta decisione e fantasia alle domande e ai vissuti delle persone , al primato della vita che “sorprende” sempre chi si pone in suo ascolto. La novità che vorremmo interpretare non sta quindi tanto nelle finalità o nei temi, ma nella disponibilità con la quale intendiamo ascoltare la Parola e guardare ai fratelli. Ci sentiamo interpellati ad agire con generosità e responsabilità per una associazione, per comunità e per una Chiesa che si pongono in reale ascolto del vissuto delle persone, per condividerne speranze e difficoltà, per un aiuto reciproco nel cammino di ricerca e di fedeltà a Dio Padre. Confermiamo quindi la centralità della dimensione spirituale e della cura dell’interiorità, per una vera educazione alla fede e all’incontro con Dio. Un’interiorità interpretata non come chiusura in se stessi, ma come condizione per un’apertura autentica a Dio, al prossimo, al mondo, cioè una autentica laicità. Come anche riaffermiamo la finalità e l’impegno formativo in ogni stagione della vita – a favore, quindi di ragazzi, adolescenti, giovani, adulti, terza età – per crescere come laici adulti e maturi nella fede. A partire da una riproposizione convinta ai ragazzi, tra i 6 e i14 anni, dell’esperienza ACR, una proposta che ha ancora presupposti e finalità attualissimi e che richiede un di più di determinazione, generosità e … fantasia. Ribadiamo la volontà di metterci al fianco della famiglia e del suo essere piccola Chiesa domestica, in ascolto e con i genitori, protagonisti e primi responsabili nella educazione alla fede dei figli. Riteniamo imprescindibile infine, per tutto quanto sopra, l’impegno a favore dell’adesione, perché sia compreso fino in fondo il valore dell’associazione e dell’esperienza che riesce ad esprimere: senza l’Ac – ne siamo convinti – la vita ecclesiale sarebbe sicuramente più povera. 1. Per un’associazione “dentro la vita” e “in uscita” Il primo impegno che vediamo davanti a noi riguarda il custodire e trafficare “il tesoro” rappresentato dalla vita associativa a tutti i livelli, ma in particolare al livello parrocchiale. Si tratta di avere attenzione principalmente per la qualità della proposta associativa, non esclusivamente per la sua continuità. Ac come luogo formativo. L’ottica con la quale occorre guardare alla vita associativa è quella di rendere l’Ac un luogo formativo capace di incidere e valorizzare la vita laicale, 12 il quotidiano (V. Soncini). L’impegno è quindi per esprimere una proposta per tutte le fasce di età, con un ritmo sostenibile e integrato con i ritmi della quotidianità, scelta e partecipata, capace di sollecitare il protagonismo e l’apporto di ciascuno, perché sia percepita e vissuta come un reale contributo che arricchisce e rende più bella la vita. Non è più il tempo di ripetere ritualmente azioni ancora valide in sé ma fortemente elitarie e a rischio di autoreferenzialità. Ci è chiesto oggi di reinventare luoghi, spazi e modalità di ascolto e di confronto con la Parola e con la vita per far sentire la voce dello Spirito e lasciare esprimere aspirazioni ed energie. Ci è chiesto di educare occhi, cuore e mente ad interrogare la vita, per un discernimento alla luce della Parola, valorizzando le dimensioni fondamentali della formazione cristiana: la spiritualità, la fraternità, l’ecclesialità, la missionarietà. Una educazione che passa attraverso azioni e scelte da vivere insieme, come associazione e con la comunità cristiana, coinvolgendo ad ampio raggio chi è disponibile a un tratto di cammino insieme. È importante il cosa, ma nella stessa misura il come. La vita di ogni giorno al centro dell’attenzione. La proposta formativa che l’Ac intende esprimere deve avere uno stretto rapporto con la vita delle persone. Ci interessa che la vita sia dentro l’Ac (sia provocazione continua), per un’Ac che sia dentro la vita (non spettatrice, ma protagonista). Ci interroghiamo: come la vita delle persone interessa e incide sulla esperienza associativa? Quanto è ascoltata, interrogata, compresa? L’orizzonte è rappresentato da un ascolto dell’altro – fratello, anche se apparentemente lontano o addirittura estraneo alla nostra vita - che interpella la nostra capacità di relazione, di dialogo e di accoglienza. La sfida è stare “dentro la vita”, ma “in uscita”, per stare al fianco dei viandanti nostri contemporanei, di chi consideriamo straniero ma ha tanto da insegnarci in umanità e compassione. “Viene chiesto ai laici di Ac di accorgersi che è il Signore stesso che abita la vita di ciascuna persona. Lasciarsi sorprendere e interrogare da questa vita, commuovere, scuotere, soffermarsi di più sulle domande della vita delle persone”(M. Truffelli) Elemento essenziale per questo esercizio di laicità è senza dubbio la volontà di andare in profondità nelle questioni, di non restare ai “si dice” o appiattirsi sulla opinione prevalente o benpensante, ma esprimere una capacità critica con la quale misurare anche i nostri atteggiamenti e le nostre scelte. Questo vale sempre, ma oggi in particolare in riferimento ad alcune questioni o ambiti: l’accoglienza degli immigrati e rifugiati, la solidarietà con chi ha difficoltà in termini di sussistenza economica, la considerazione e l’impegno per le famiglie, una cura educativa condita di pazienza e capacità di dialogo,… Passi da interpretare. Un aiuto per una proposta che non rischi di essere parziale o carente, ma contenga ed esprima tutti gli elementi essenziali per la formazione di una coscienza cristiana, può derivare dalla scansione dell’anno associativo in 4 passi, da compiere e da interpretare, per un approccio consueto ma sempre nuovo. Un riferimento che vorrebbe consentire all’associazione diocesana di camminare unitariamente e in sintonia con la Chiesa locale e particolare. Il passo dell’ecclesialità, sarà un tempo propizio per riflettere sul valore dell’adesione e dell’esperienza associativa e prepararci all’incontro con la presidenza nazionale il 22 no- 13 vembre a Brescia. Ma sarà anche un tempo contrassegnato da una dinamica associativa (vedi capitolo 2 in Percorsi e progetti) che vorremmo fosse realmente ecclesiale, cioè aperta, capace di ascolto e di fare rete, creativa, dialogante, capace di discernimento (da settembre all’8 dicembre). Il tempo successivo - passo della fraternità - ci vedrà tradizionalmente impegnati nella riflessione e testimonianza a favore del valore della Pace, per una fraternità concreta che non conosce preferenze se non chi è più debole e povero ( dicembre – febbraio). La Quaresima – passo della spiritualità – sarà tempo opportuno per una cura ancor più forte dell’interiorità e occasione per una riflessione sulla dimensione della fede (febbraio – marzo). Ed infine, dopo Pasqua, il passo della missionarietà, occasione per esercitare una laicità attenta all’oggi dell’uomo e della Chiesa (aprile – giugno). Una azione pastorale in rete. In una stagione di grande cambiamento culturale e sociale, è evidente che la Chiesa – ed in essa soprattutto le parrocchie - è chiamata a discernere i segni dei tempi per una pastorale che sia realmente missionaria e sappia quindi entrare in relazione, dialogare e coinvolgere mondi e persone apparentemente sempre più distanti dal fatto religioso. A questo proposito, l’attenzione insistita della Chiesa alla realtà della famiglia e alle famiglie concrete dimostra senza ombra di dubbio una volontà di reale dialogo per una comprensione profonda dei tempi, per essere all’altezza della missione di annuncio che le è affidata. L’impegno e le energie (di singoli aderenti o dell’AT) che da sempre l’Ac profonde a favore della pastorale parrocchiale non possono essere trascurate o abbandonate. Occorre però che l’associazione - in particolare le Ac territoriali - sappia trovare un nuovo posizionamento che da una parte valorizzi e metta a frutto l’elemento associativo (storia, percorsi, il fare insieme, l’intergenerazionalità, …), dall’altra ridefinisca ambiti e modalità della propria azione formativa alla luce del cambiamento sempre in atto. Di fatto l’azione pastorale che l’Ac può esprimere, non può che prendere spunto e sostegno da ciò che caratterizza l’esperienza associativa: “La profezia dell’Ac – come cammino di laici fieri di appartenere a quella casa ben identificata dal suo padrone di casa - il suo servizio contemporaneo, è quello dell’aggregazione, del fare e vivere la comunità (gruppo), di mostrare con verità convincente cos’è la famiglia cristiana, cosa significa essere Chiesa come casa ospitale e ben progettata. L’Ac ha la vocazione ad invitare, ad accogliere, ad attrarre dentro casa, attenta alla realtà che c’è fuori e a quella che la fa vivere dentro” (don Luca Anelli, parroco di Bertonico). Come a dire che gli elementi che caratterizzano l’associazione - l’attenzione alla persona nell’esercizio dell’ascolto, del dialogo e dell’accoglienza disponibile, l’educazione/ formazione umana e cristiana come forma di servizio, il protagonismo formativo, la formazione come attività esperienziale, l’attenzione alle soglie esistenziali e l’adesione di fede come questione centrale della formazione umana e cristiana, il coinvolgimento delle famiglie e non solo dei singoli, la comunione con i Pastori, l’attenzione ai poveri e alle diverse povertà che emarginano dalla vita, l’esercizio del discernimento, della responsabilità e della partecipazione, … - sono i medesimi paradigmi che definiscono una pastorale missionaria, che va incontro agli uomini e alle donne di oggi ed è aperta alla 14 novità di Dio. Da qui, da una consapevolezza di questi elementi fondamentali, può e deve partire una reinterpretazione della esperienza associativa, un’Ac in uscita a favore di un riposizionamento ecclesiale e pastorale che aiuti la comunità cristiana ad essere Chiesa in uscita. 2. “Ci sta a cuore!”. Perché aderire è scegliere Lo slogan della Campagna adesione per il 2015/2016 ci ricorda, in modo diretto e semplice, che aderire all’Ac è vivere una vita associativa bella e piena “Ci sta a cuore!”. Ci sta a cuore per tanti motivi diversi, quanti sono i volti e i sorrisi dei nostri aderenti piccolissimi, bambini, ragazzi, giovanissimi, giovani e adulti. Ci sta a cuore anche per tutti coloro che l’esperienza associativa ci ha fatto, ci fa e ci farà incontrare. Ci sta a cuore perché condividiamo con i nostri sacerdoti e i nostri pastori la sfida sempre nuova di fare bella la Chiesa. Ci sta a cuore perché amiamo il nostro territorio e ci vogliamo impegnare per esso. Ci sta a cuore perché scegliamo, ogni giorno ed in particolare quando rinnoviamo l’adesione, di essere “discepoli-missionari” con il compito di annunciare la Parola di salvezza per le strade. Nell’anno dell’“andare” siamo quindi chiamati a rinnovare con maggiore slancio la nostra proposta di adesione, perché dobbiamo essere convinti che l’Ac sia un’esperienza che trasforma e rende più bella la vita attraverso i legami di vita buona e le relazioni autentiche. Siamo quindi chiamati, come Maria con Elisabetta, ad alzarci e ad andare in fretta a raccontare la notizia bella che ci ha cambiato la vita: l’incontro con il Signore. Come ogni buona esperienza ecclesiale che abbia una forte spinta alla corresponsabilità e al servizio, anche la progettazione associativa si pone come snodo irrinunciabile per la qualità e la bontà di quanto andremo a proporre e condividere . Riteniamo quanto mai urgente e significativo recuperare, rivitalizzare e se occorre avviare con realismo, fiducia e grande creatività i passi del discernimento comunitario in tutte le sue fasi, per finalizzarlo a dare esplicitamente anche all’esperienza associativa quel riconoscimento di una ministerialità laicale veramente preziosa e necessaria per il bene della comunità, del territorio, delle persone. L’indole vocazionale dell’appartenenza associativa è senza dubbio un tratto distintivo che va dichiarata e irrinunciabilmente supportato anzitutto da una esplicita cura della proposta spirituale del gruppo o/e comunque di ciascuno. Una rete di relazioni durature, di cura puntuale del vissuto e del cammino di fede e della vita di preghiera di chi già aderisce all’Ac e di quanti ne sono potenziali protagonisti . Come tutte le cose i segni di continuità e di perseveranza sono forza educativa e garanzia di affidabilità che a lungo andare se non diventano vuote tradizioni disincarnate formano meticolosamente un forte senso di appartenenza ecclesiale da cui far emergere frutti di comunione insperati. Quali suggerimenti in concreto alle associazioni territoriali? Entro il mese di settembre, nella forma più opportuna e coinvolgente, il presidente e il Consiglio territoriale -in accordo non solo formale ma ben definito, con il parroco assistente - convochino un pomeriggio associativo che abbia tutti i requisiti di una bella esperienza di Ac parrocchiale : intergenerazionale, spirituale, conviviale, democratica e par- 15 tecipativa, progettuale, concreta e sostenibile dalle realtà che la compone. Di questo evento deve essere informata la comunità, coinvolti i responsabili dei gruppi di servizio e animazione pastorale o di altre associazioni. Si tratta di partecipare a tutti cosa e come l’Ac si pone nel vissuto della comunità, con la specificità che la caratterizza al servizio di tutti e in stretto contatto con la chiesa diocesana e le proposte dell’Ac unitaria. Si tratta di passare da iniziative spot a processi di accompagnamento che sappiano mettere in campo figure di riferimento ed esperienze di qualità gustosamente formative, per stare dentro il primato della vita delle persone, proprio nelle dimensioni più sensibili e mai sufficientemente intercettate dalla comunità (talvolta, anzi, disattese per una proposta pastorale generica o incompatibile con il reale assetto di vita delle persone e delle famiglie). Il profilo associativo dell’attenzione dovrà emergere non tanto dalla programmazione di incontri o iniziative targati dall’associazione, quanto piuttosto dallo stile gustosamente ecclesiale, fortemente missionario dei gesti e delle proposte di prossimità che l’Ac territoriale vorrà attivare con coraggio e determinazione. Nei confronti dei simpatizzanti, cioè a favore delle persone per le quali la partecipazione alle proposte associative territoriali, vicariali e diocesane - per interesse, amicizia e propensione - fosse già una buona prassi non ancora diventata una scelta di appartenenza e di adesione, è necessario formalizzare la proposta di adesione dedicando a questo scopo uno specifico spazio di dialogo e confronto in occasione delle iniziative e dichiarare una appartenenza di diritto come segno esplicito di accoglienza delle persone coinvolte. La continuità dei legami, la valorizzazione anche di specifiche competenze e il coinvolgimento attivo alle successive esperienze sarà una ulteriore motivazione per una responsabile adesione futura. 3. Spiritualità: vita interiore, primato della vita e apertura al mondo Il cammino annuale dell’esperienza associativa si connota, come ben sappiamo, non solo di una continuità metodologica o organizzativa, bensì anche di un impegno condiviso a mettere a frutto anzitutto ciò che abbiamo maturato nelle tappe precedenti. Dentro un percorso che ci educa e ci introduce ad una fede pensata, incarnata e gioiosa, ci disponiamo ad acquisire nuovi elementi di stile per una vocazione laicale sempre più robusta, perseverante, significativa per ciascuno e per coloro che ci sono affidati. Se la coniugazione dell’invito evangelico a “Rimanere nel Signore”, in una interiorità feconda della Parola, della grazia sacramentale, del Banchetto Eucaristico, dei tempi di preghiera personale, famigliare e comunitaria, ci ha confermati nella gioia di lasciarci plasmare nella vita spirituale che è essenza e identità di un quotidiano discepolato di Gesù Maestro interiore e sommo bene, ora è tempo di muovere passi coraggiosi di comunione e di missione. Come sempre i riferimenti ecclesiali che caratterizzano l’anno pastorale nelle parrocchie, nella diocesi e nella Chiesa universale devono diventare prima di tutto ispirazione e motivo di grande sintonia spirituale, di partecipazione, d’intercessione e preghiera, di testimonianza generosa del dono della fede che anima e conduce ogni dimensione della vita. L’icona evangelica scelta annualmente dall’associazione conduce i nostri passi nella cre- 16 atività dello Spirito che sempre ci fa incontrare Gesù nel tempo, la sua Pasqua in mezzo a noi come novità di Vita, la sua prossimità amorevole in cui nessuno è escluso dalla misericordia del Padre. Il percorso formativo ci offre una puntuale acquisizione di atteggiamenti in cui la fede della Vergine Maria, narrata nel Vangelo della Visitazione, accompagna la proposta spirituale annuale per tutta l’Ac, perché camminando insieme sia intensa la percezione di poter contare gli uni sugli altri, di poter fare corpo, di poter essere una casa accogliente e affidabile. Crescere interiormente e formarsi alla scuola di Maria ci abilita a portare in noi la presenza del Signore per essere dono nella vita di chi attraversa il tempo incerto della solitudine, della malattia, del disagio sociale, della lontananza da casa, della precarietà economica, del dubbio, della delusione, riaffermando con la semplicità dei piccoli gesti , il primato della vita. La spiritualità è dunque una scelta ben definita dell’investimento che l’Azione Cattolica può continuare ad essere nel servizio alle comunità, per tutte le età. A ciascuno, infatti, ad ogni età e in ogni stato di vita, l’Ac rinnova e media l’invito ad un diretto e puntuale coinvolgimento che possa suscitare vocazioni gioiose alla santità a beneficio di tutto il corpo ecclesiale. Prendersi cura della vita spirituale significa chiedere e proporre la direzione spirituale, educare e formare alla regola di vita, suggerire le esperienze forti dell’Adorazione, degli Esercizi spirituale, dei ritiri, del pellegrinaggio; significa conoscere insieme testimonianze luminose di vita Santa che hanno trasmesso il patrimonio di fede e carità di cui siamo eredi e a sua volta missionari. Un aderente all’Ac che cammina nello Spirito, non disattende e non disdegna mai le relazioni fraterne che chiedono ascolto, preghiera, perdono, vicinanza, consiglio, qualunque sia l’occasione e la situazione di vita anche al di fuori del particolare contesto di appartenenza e ancor più nelle situazioni “soglia” dove talvolta la comunità stenta a farsi prossimo. Sarà particolarmente utile il riferimento a quanto l’Ac nazionale vorrà segnalare alle associazioni diocesane come invito alla preghiera e riflessione corale nel compiersi di eventi ordinari e straordinari, spesso anche drammatici e pressanti per la Chiesa italiana e per il mondo. 4. Formazione: rifacciamo la scelta L’avvio di un nuovo anno associativo lascia alle spalle le verifiche e i bilanci dell’anno precedente e apre lo spazio a nuove energie e idee. E’ il tempo per progettare, non a partire dai calendari da riempire di attività, ma recuperando l’essenziale del nostro essere associazione chiamata a far dialogare fede e vita negli ambiti in cui ci spendiamo da laici testimoniando il Signore (nel lavoro, in famiglia, nello studio, nel gioco, in famiglia, con gli amici, nell’impegno nel volontariato e nel socio-politico...). Per aiutarci a stare in ascolto delle domande che la vita, proprio in quegli ambiti, pone alla nostra fede. Dentro questo orizzonte, anche nel prossimo anno, si proseguirà nel ripensamento della proposta formativa sollecitati dal forte invito di papa Francesco “Mai un’Azione ferma, per favore!... Ci sia in voi il desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini, rinnovando così il vostro impegno a incontrare l’uomo ovunque si trovi …” (Udienza di Papa Francesco all’Azione Cattolica, 3 maggio 2014). E l’aggiornamento della proposta for- 17 mativa, l’esigenza di una seria riflessione intorno alla formazione, resta quindi all’ordine del giorno, perché è anche un esercizio di stile associativo: ci aiuta a essere unitari, a tener presente le dimensioni parrocchiale, vicariale e diocesana, a qualificare la formazione dei responsabili e degli educatori e in più in generale la qualità della vita associativa in tutte le sue articolazioni ed espressioni. E’ un esercizio che ogni realtà associativa è chiamata a vivere tendendo presente alcune attenzioni/scelte che rappresentano dei punti fermi: - l’elaborazione delle nostre proposte formative facciano della dimensione laicale, cioè della storia personale quotidiana, il luogo di incontro con il vangelo di Gesù: ciascuno deve sentirsi innanzitutto chiamato ad una personale e continua formazione, all’interno del gruppo di appartenenza, in parrocchia, in vicariato, e deve avvertire la preoccupazione che questi percorsi ci siano e si rendano disponibili; - riscopriamo il valore dell’intergenerazionalità, dedicando una particolare cura e attenzione ai motivi di incontro e di dialogo tra le generazioni: in Ac ognuno cammina con il proprio passo, ora incerto, ora veloce, ma a tutti, nessuno escluso, è chiesto di fare strada insieme; - sosteniamo le esperienze/proposte già in atto che dicono l’attenzione dell’associazione alle diverse fasi della vita: i Nodi per i giovani, il Big Bang per i fidanzati e per i giovani sposi, il percorso del MSAC e della FUCI quali luoghi privilegiati per la formazione degli adolescenti come studenti e dei giovani universitari; - adoperiamoci perché nelle nostre comunità, nei gruppi, nella diverse realtà di vita si diffonda uno stile da credenti che profumi di famiglia, cioè con uno stile contraddistinto dal servizio vicendevole, dall’accoglienza, dal dialogo, dimensioni e valori che si imparano proprio in famiglia; - continuiamo a mantenere anche quest’anno una forte attenzione alla famiglia attraverso il percorso del Laboratorio culturale “In dialogo” (di cui trovate informazioni più dettagliate di seguito); - viviamo, secondo la nostra specifica vocazione, la corresponsabilità nella Chiesa locale, cioè una responsabilità diffusa e assunta insieme, una responsabilità che è aperta al dibattito, al dialogo, all’assunzione di decisioni comuni; questo vuol dire promuovere una cultura dell’incontro. Essere forza di comunione nella Chiesa e nei luoghi della vita quotidiana, significa in particolare in parrocchia coordinare e armonizzare le tappe del cammino associativo con quello della vita comunitaria in un’ottica di complementarietà e non di alternativa. Alla luce di ciò sono ora tracciate le coordinate del percorso formativo dei giovani/ giovanissimi e degli adulti; esse non solo intendono orientare il percorso formativo del singolo aderente e/o del gruppo, ma anche suscitare nuovi progetti e impegni formativi. La proposta per i giovani mette a tema il bisogno di investire in un percorso formativo unitario diocesano che li aiuti a vivere con maggior convinzione e consapevolezza l’identità associativa; questa nuova prospettiva, la cui organizzazione è in via di definizione, raccoglie le riflessioni, le sensibilità e le idee maturate in questi anni nei vari incontri formativi (Nodi, Laboratorio per la Partecipazione Sociopolitica…) ed espresse nel Convegno Diocesano dello scorso anno. E’ infatti il momento di unire non solo le idee, ma anche le persone, è tempo di riaggregare. Infatti, nonostante ciascuno operi per la propria specifica “vocazione”, coi tempi e le modalità che essa richiede, è forte 18 nei giovani l’esigenza di sentirsi parte di un percorso comune, di camminare insieme, perché è una bella ricchezza dalla quale non si può prescindere. Contemporaneamente a ciò, si vuole proseguire il cammino spirituale della Tenda, che potrà diventare anche un’esperienza “itinerante” in diocesi. Si intende inoltre promuovere relazioni più strette con altre realtà e proposte che operano per e con i giovani; in particolare sarà instaurata una stretta collaborazione con l’Ufficio di Pastorale Giovanile in vista della realizzazione del percorso in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù. I giovanissimi vivono nel Movimento Studenti una significativa esperienza di missionarietà nella scuola da promuovere anche in quelle realtà scolastiche del territorio che ancora non la conoscono; anche per quest’anno un obiettivo prioritario sarà sostenere la formazione di nuovi gruppi giovanissimi inter-parrocchiali secondo un format ideato in collaborazione con il settore adulti e ACR e realizzato in forma sperimentale nel vicariato di Lodivecchio e Lodi. Il percorso formativo e missionario degli Adulti è tracciato nel sussidio nazionale #Viaggiando destinato sia a un gruppo già costituito e rodato, o in fase di creazione, ma anche a un gruppo di non aderenti. Il titolo rimanda alla dimensione missionaria dell’ “andare” a partire dall’icona dell’incontro tra Maria ed Elisabetta (Lc 1, 39-56) raccontato dal Vangelo di Luca. Un viaggio profondamente umano, quello di Maria: una donna che non aveva tutto chiaro dall’inizio, ma la cui fede e la capacità di fidarsi crescono lungo il viaggio. Così anche gli adulti saranno invitati a percorrere un cammino di progressiva consapevolezza della fede che è capace di fare “grandi cose” nella vita. Un particolare percorso di riflessione e di confronto sulla formazione della fede degli adulti sarà proposto durante il terzo passo, dedicato all’interiorità: due incontri “delocalizzati” in due vicariati (Lodi e Casalpusterlengo) della nostra diocesi, per incontrare le persone proprio nei luoghi in cui esse vivono, naturalmente aperte ai vicariati vicini e a tutti quanti desiderano partecipare. La proposta formativa dell’Ac si realizza anche attraverso altre esperienze che aiutano a consolidare il proprio cammino: - Goccia, il progetto on line per l’autoformazione - Formato famiglia in collaborazione con l’ACR per accompagnare il percorso dei ragazzi dell’ACR e delle loro famiglie. Per la meditazione e la preghiera personale si segnala il testo Si alzò e andò in fretta - Testo per la formazione personale di giovani e adulti, con il Vangelo del giorno e un breve commento inviato dal Centro nazionale ad ogni aderente. 5. Un’ACR ancora protagonista L’Azione Cattolica Ragazzi si colloca in uno scenario pastorale che vede nuove linee di lavoro quali gli orientamenti per la catechesi e il rilancio degli oratori. In tutto ciò, l’ACR porta i suoi elementi caratterizzanti: il metodo esperienziale, il protagonismo dei ragazzi e la vita di gruppo. L’Acr vuole stare in tale contesto proponendo una formazione di qualità, in cui vivere esperienze di significati vitali, che incontrano e rimotivano l’esistenza dei ragazzi stessi 19 nel proprio percorso di crescita e cambiamento. Questa proposta vitale, coinvolgente e alta è da declinare con tre attenzioni: motivare, fare qualcosa di completamente nuovo attraverso segni di discontinuità, rilanciare l’idealità. Dentro questo orizzonte, la scelta del gruppo è essenziale perché la fede è un’esperienza comunitaria. L’esperienza associativa vuole essere il luogo in cui i ragazzi possono fare sintesi delle svariate esperienze che vivono, il luogo in cui fare esperienza di un gruppo qualificato, nel quale e con il quale condividere la ricerca di senso per la vita, essere punto di riferimento per tutte le altre esperienze, essere luogo in cui testimoniare le proprie scoperte agli altri ragazzi che le condividono. L’impegno a favore di una nuova missionarietà tra i ragazzi, il campo dell’integrazione tra ragazzi di cultura e religioni diverse, l’apertura alle questioni della città e dei luoghi di vita, pongono una sfida alta alla proposta e all’esperienza ACR, spingendola verso un rinnovamento che le consenta di esplorare nuovi spazi in cui portare il proprio contributo. Per cogliere appieno la portata di questa sfida e per interpretarla compiutamente, l’Azione Cattolica deve sempre tenere alta l’attenzione e la spinta per una pastorale dei ragazzi che sia realmente progettata insieme, che sia veramente esperienziale, nella quale gli stessi ragazzi diventino protagonisti. “Spesso il protagonismo dei ragazzi si misura nell’essere visto, nello stare al centro della scena. La loro sete di conferme non è facilmente gestibile e spesso occorre trovare strategie per non assecondare questi loro desideri, ma rassicurarli al contempo di una accoglienza incondizionata.” (Alessandra Augelli, Due giorni regionale Educatori Acr, Brescia, 25-26 ottobre 2014). Ci rendiamo conto, però, che si tratta di parole tante volte utilizzate negli ambiti ecclesiali, ma non sempre messe in pratica nel loro significato profondo. Allora ci domandiamo: cos’è realmente un progetto? Cosa serve per progettare? Quali strumenti, competenze, attenzioni? “Il progetto educativo è ben diverso dal programma: oggi viviamo molto di programmi e di agende; i programmi sono attenti ai risultati e ai prodotti, più che ai processi, e sono standardizzati, sono simili per molti e la persona deve, in qualche modo, adattarsi; i programmi soddisfano le esigenze pratiche, mentre i progetti soddisfano l’esigenza di senso e si pongono in ascolto dei bisogni profondi della persona, contemplando gli spazi di errore, gli imprevisti, le azioni “provvidenziali”. (Alessandra Augelli, Due giorni regionale Educatori Acr, Brescia, 25-26 ottobre 2014). Tra le condizioni per un progetto (osservare i materiali a disposizione, pensare ai tempi, mettere qualcosa a fondamento, ecc…) ne emerge una in particolare: l’esigenza di una vision d’insieme. Questa vision spesso viene meno, è minata dai tempi rapidi, ma anche da varie forme di egoismo. Se essa viene meno - e questo accade in molti ambiti del sociale - ci si riduce a esercizi adempistici, svuotati di senso. Tutto ci sembra ovvio e tutto ciò che appare ovvio risulta non pensato, si sottrae cioè a quell’esercizio di riflessività così indispensabile a riconoscere e orientare uno stile”. L’équipe ACR - insieme a tutta l’Ac - guarda quindi alla prospettiva di un lavoro in 20 rete di carattere progettuale, per un’ACR missionaria, protesa a diventare un luogo di accoglienza e iniziatico ad un cammino di introduzione alla realtà e alla fede. Un’ACR che possa essere esperienza bella, aperta e simpatica, con una dinamica relazionale (con i coetanei, con gli educatori, con il contesto, …) capace di educare alla fraternità e alla responsabilità, in sintonia e collaborazione con le famiglie. Con tanta fiducia, tanto impegno, tante relazioni da sviluppare, tanta collaborazione da realizzare, tanta fantasia da sprigionare, …. e la prospettiva domenica 22 maggio di una bellissima Festa regionale dell’Acr a Lodi! 21 III - Percorsi e Progetti 1. Il cammino spirituale per giovani e adulti Concretamente potremo dare forma a queste peculiarità facendo tesoro di tutte le esperienze che nel triennio ci sembrano particolarmente capaci d’incarnare le scelte di stile e di presenza dell’Ac nella vivace tradizione spirituale della nostra Chiesa locale: - l’appuntamento di meditazione dell’Icona Evangelica dell’anno associativo a settembre al Carmelo - le giornate di spiritualità per tutti i settori nella prima domenica di avvento e di quaresima - le lectio d’avvento nella prossimità del Natale (quest’anno dislocate in due sedi vicariali) - la preghiera di ringraziamento nel capodanno - le veglie diocesane dell’anno liturgico e pastorale, alquanto significative per coltivare appieno la spiritualità di comunione che consideriamo rilevante e irrinunciabile nel riferimento costante al Vescovo che presiede il cammino della chiesa locale - l’animazione delle marce per la pace nel mese di Gennaio espressive di una convergenza e collaborazione fra differenti protagonisti della vita ecclesiale e sociale del territorio nei vicariati - il percorso molteplice degli esercizi spirituali per tutte le età nei week end di Quaresima - la Tenda della preghiera per i giovani in 4 sabati dell’anno pastorale, insieme alle adorazioni eucaristiche animate dal Centro diocesano vocazioni e dalla comunità del seminario - il pellegrinaggio diocesano in un santuario mariano a metà Maggio e gli esercizi spirituali di fine maggio con la terza età. Alcune novità per l’anno associativo 2015-2016: - proponiamo di celebrare nei vicariati o nelle associazioni inter-parrocchiali una veglia di preghiera in occasione della Giornata dell’Adesione nella vigilia dell’Immacolata (7 dicembre) - riformuleremo, insieme all’Ufficio famiglia, la proposta per la spiritualità di coppia rilanciando il percorso del Big Bang nei due ambiti di accompagnamento (fidanzati e giovani sposi), il pomeriggio di spiritualità d’inizio avvento e quaresima e gli esercizi quaresimali - per giovanissimi e i giovani dell’associazione ci sta a cuore assumere e collaborare all’intero percorso diocesano di preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù della prossima estate in Polonia. 2. Percorso inter-vicariale per Associazioni Territoriali Nella prospettiva di un andare che non si riduca a mero slogan ma diventi azione, come anche di un’attenzione forte alla unitarietà e qualità della vita associativa, proponiamo un percorso - come già prospettato e condiviso nel Consiglio diocesano del 12 giugno scorso - che coinvolga tutte le AT attraverso una nuova articolazione inter-vicariale. 22 Punti di partenza. Sono fondamentalmente due. Innanzitutto, la scelta dell’associazione diocesana di essere presente sui temi che interessano la vita delle persone e che sono presenti nel dibattito culturale ed ecclesiale ci induce a dare una attenzione prioritaria ai temi dell’educazione e della famiglia attraverso una dinamica che consenta un reale approfondimento e connessione con la vita quotidiana. Per questo è nato il laboratorio culturale “IN DIALOGO”, che vuole essere un luogo di confronto e di elaborazione di idee praticabili e operative su tematiche culturali di grande attualità che possono interpellare e coinvolgere pastoralmente le nostre comunità e associazioni (vedi presentazione nella Sez. II) e che nella sua prima fase ha scelto di concentrarsi sui temi legati alla famiglia e più in particolare agli aspetti educativi della genitorialità e delle sfide/minacce che oggi sono presenti (ad es. l’ideologia gender). Secondariamente siamo convinti che l’associazione debba impegnarsi a realizzare dinamiche nuove, che sappiano esprimere una reale unitarietà di azione, che realizzino un coinvolgimento più ampio possibile della base associativa, che diano la possibilità all’associazione di mettersi e fare rete sul territorio, nelle parrocchie, con competenza e incisività. Centralità del tema famiglia. L’idea di fondo è quindi mettere al centro della riflessione dell’associazione diocesana e delle associazioni territoriali il tema della famiglia quale primario soggetto educativo e comunità che genera la vita e apre al mondo, favorendo sul tema una presa di coscienza, un coinvolgimento capillare, che stimoli il protagonismo degli stessi responsabili sulle modalità più consone per attuare scelte e dinamiche ad hoc nel contesto territoriale di appartenenza (dentro l’orizzonte della popolarità). Ecco quindi che il primo passo (settembre-novembre) dell’anno associativo 2015-2016 è contrassegnato dalla proposta di un percorso: - che ambisce a coinvolgere tutte le Associazioni Territoriali - su alcune tematiche familiari (3/4 incontri) - a livello inter-vicariale (Lodi/Spino – Lodi V./Paullo – S. Angelo/S. Martino – Casale/Codogno) - nello stile laboratoriale. Elementi del percorso. I membri del Laboratorio “In dialogo” predisporranno del materiale utile per affrontare i temi, con lo scopo anzitutto di attivare processi che aiutino i responsabili vicariali, insieme alle associazioni territoriali di riferimento, a far nascere bisogni, suscitare problematiche, creare la domande di formazione, approfondimento, confronto. Non si vogliono istituire percorsi già strutturati e definiti nelle tappe e negli esiti, quanto piuttosto stimolare percorsi in divenire, il cui sviluppo sarà determinato in parte dalle esigenze che emergeranno dalle sollecitazioni territoriali. Ciò richiede quindi l’impegno da parte delle varie realtà associative nel saper coinvolgere le persone dentro le Comunità, altre associazioni, enti, perché la riflessione si sbricioli il più possibile dentro le parrocchie e diventi motivo di convergenza e confronto responsabile e significativo. Lo strumento iniziale sarà una scheda redatta che in riferimento alle parole-chiave individuate (famiglia, genitorialità, educazione) darà indicazioni essenziali di contenuto e di approccio (taglio sociale, culturale, relazionale, pastorale). Elemento comune dei percorsi deve essere quello di pervenire, dentro l’orizzonte della condivisione, a idee, riflessioni, atteggiamenti espressi anche pubblicamente, in modo 23 visibile ( volantino, articolo, convegno…). Il Laboratorio si impegna ad accompagnare i percorsi, cercando di garantire, nei limiti delle proprie possibilità, il supporto necessario sullo sviluppo delle tematiche. Per realizzare un processo che coinvolga pienamente le AT creando relazioni fruttuose con le parrocchie e i soggetti presenti (ecclesiali e non solo), un ruolo importante dovrà essere svolto dai responsabili vicariali che con convinzione e determinazione coordineranno i lavori. Gli incontri diocesani e inter-vicariali di inizio anno, a settembre, saranno l’occasione per presentare l’iniziativa nei dettagli. 3. Percorso per educatori Oltre ad invitare ciascuno a curare personalmente la propria formazione spirituale, proponiamo quattro incontri diocesani di formazione, nelle seguenti date: 27 settembre, 8 novembre, 7 febbraio, 3 aprile. Sarà l’occasione per domandarci: quale è il profilo dell’educatore che possa dare gambe all’Acr che abbiamo sopra decritto? Certamente un educatore capace di fare un cammino di crescita con e per i ragazzi, non solo animatore, ma educatore appassionato, attento alla vita dei bambini. Quindi una persona che si mette in ascolto dei ragazzi e dei bambini, dei loro vissuti, che sa adeguare l’attività a quel momento particolare, tenendo fermo il fine del percorso intero. Un educatore che ha un gruppo di nomi propri, che considera il gruppo uno strumento e non il fine del proprio servizio educativo, che rimane sempre la formazione cristiana della coscienza. Un educatore che mette a disposizione la propria esperienza a favore dei ragazzi per accompagnarli nel loro percorso di crescita. Solo educatori attenti alla dimensione spirituale, che fanno risuonare dentro sé stessi ciò che i ragazzi vivono ponendolo in rapporto con il Vangelo, ma nel contempo hanno cura della propria spiritualità, possono far incontrare ai ragazzi la Parola buona del Vangelo. Soprattutto con i preadolescenti, un educatore deve saper essere un po’ teologo, ovvero uno che ha pensato il suo credere, ha gli strumenti per far capire che la sua fede è pensata, anche nei dubbi. Educatore teologo è un educatore che riflette sulla sua vita, sul suo credo, con uno stile attivo e contemplativo. Il Percorso sarà anche l’occasione per considerare anche altre condizioni per un’ACR davvero protagonista. Infatti è indispensabile ci siano anche presidenti e responsabili parrocchiali che accompagnino questi educatori con una guida paziente, una particolare attenzione alle relazioni personali e il far sentire loro presenza, disponibilità e vicinanza costanti. Come anche che gli educatori sperimentino un cammino associativo ampio, affinché maturino sempre più il loro senso di appartenenza e sappiano coinvolgere al meglio i loro gruppi nelle dinamiche associative. Ma è altresì indispensabile un contesto pastorale e associativo nel quale l’educatore, soprattutto nei momenti in cui incontra difficoltà, non si senta solo ma sostenuto e incoraggiato. 24 4. Percorso per i responsabili dell’associazione Il percorso formativo che anche quest’anno viene proposto vuole essere un’opportunità di crescita personale per tutti coloro che vivono una responsabilità a livello associativo, un’occasione di ascolto reciproco per mettere a fuoco le dimensioni che contribuiscono a sostenere la vita associativa e il servizio dei responsabili. Allo stesso tempo è un’occasione per l’Ac diocesana per mettere in evidenza quei temi che rappresentano i punti nodali della proposta annuale e che vanno compresi, meditati e attualizzati nella vita della Chiesa e delle nostre comunità. Invitiamo pertanto i responsabili dell’associazione - in primis i presidenti delle AT insieme ai componenti dei Consigli, ma anche i componenti del Consiglio e delle Commissioni diocesane - a fare la scelta prioritaria di partecipare alle iniziative predisposte per condividere un processo formativo a livello territoriale che apre al confronto e offre contenuti e motivazioni all’impegno associativo. La prima proposta rivolta ai responsabili è illustrata al punto 2. di questa stessa Sezione (vedi Percorso inter-vicariale per AT). L’idea è quella di mettere il tema della famiglia, realtà educativa e comunità che genera la vita e apre al mondo, al centro della riflessione dell’associazione diocesana e delle associazioni territoriali, per interpellare e coinvolgere pastoralmente le nostre comunità. La seconda proposta del percorso per responsabili ha come punto d’arrivo l’incontro di tutti i presidenti delle AT, il 22 Novembre a Brescia, con la Presidenza nazionale. Il tema dell’incontro sarà “Per un’Ac vitale in Lombardia” e rappresenterà un’occasione per interrogarsi sull’associazione, sul suo ruolo e spazio nella Chiesa e nel mondo. Durante l’incontro del 22 novembre ci si soffermerà in particolare su tre verbi/azioni per riqualificare la vita associativa: accompagnare (importanza della cura delle relazioni); essenzializzare (centralità della vita di fede secondo lo Spirito); comunicare (saper parlare al cuore delle persone, essere un’associazione che accompagna e parla alla vita). Verbi per cui vale rischiare delle scelte per generare alla vita attraverso un’esperienza di AC di qualità. In vista dell’importante appuntamento regionale (per il quale auspichiamo una numerosa partecipazione!) sarà inviata a tutte le AT uno strumento di lavoro (una scheda per un confronto a livello parrocchiale o vicariale) che aiuti l’associazione a mettere a fuoco alcune idee utili a ripensare le modalità per proporre l’Ac senza smarrire il carisma della nostra “singolare” ministerialità laicale e nello stesso tempo prepari al confronto con la Presidenza nazionale. La terza proposta riguarda alcuni incontri formativi per responsabili a livello diocesano. L’obiettivo è dare sempre più sostanza ad una Ac in uscita impegnata a favore di una pastorale missionaria che si disegna sull’immagine evocativa ed efficace della Chiesa come casa ospitale. Vogliamo riflettere sulla vocazione della Chiesa e dell’Ac come l’atteggiamento di chi tiene la porta aperta, si spinge sulla soglia di casa propria, e di tutte le case abitate dall’uomo. Questa vocazione si compie e si realizza attraverso l’invito a sedersi a tavola insieme, a condividere il dialogo in salotto, ma anche a farsi carico dei servizi e delle necessità della casa comune che è il mondo e che è la Chiesa. Per questo, in continuità con le tematiche affrontate lo scorso anno e con le modalità 25 già sperimentate lo scorso anno, nel periodo febbraio-maggio verranno quindi proposti alcuni incontri attraverso i quali compiere “Esercizi di laicità”. Il percorso si svilupperà in tre momenti di riflessione nei quali individueremo ambiti o luoghi nei quali siamo chiamati ad essere misericordiosi vivendo il ministero della laicità o “ministero della soglia”. Queste le tappe del percorso: 30/03: La povertà di chi è solo 06/04: Adulti e giovani in dialogo 18/05: Per una cultura della casa comune 5. BIG BANG: percorsi dedicati a giovani-adulti per vivere bene la vita di coppia Big Bang: il discernimento nel tempo del fidanzamento Il tempo del fidanzamento è un tempo speciale e unico ma difficilmente definibile nei suoi confini. Può avere una durata breve o lunga o addirittura non definita, e le persone possono attribuirvi svariati significati. In questa moltitudine di interpretazioni sono emerse due considerazioni: la ricchezza di questo momento e l’importanza di non lasciar sole le giovani coppie, affinché il loro cammino possa volare alto. Quello del fidanzamento è infatti un tempo di grazia, nel quale la coppia si conosce, segue un percorso di discernimento vocazionale. Inoltre, a fronte dei tanti e diversi modelli di coppie e degli stimoli che circondano i giovani, diventa prezioso l’accompagnamento nella fede per le giovani coppie di fidanzati. Il Big Bang si propone dunque di accompagnare ciascuno nel cammino di maturazione della propria vocazione accanto alla persona amata. Desidera offrire momenti di riflessione individuale e di confronto sulle scelte, sullo stile per vivere al meglio insieme e sul progetto di vita. Si distingue dai corsi della preparazione prossima al matrimonio in quanto viene proposto in un momento diverso della storia della coppia. Alcuni degli obiettivi che si propone: - offrire un momento di confronto e riflessione sui temi della relazione nella coppia, con l’aiuto della Parola e di testimonianze - aiutare a riflettere sul proprio modo di vivere la coppia - favorire il dialogo, la comunicazione - accompagnare nella crescita umana e spirituale individuale e di coppia del cammino di fede e d’amore Il percorso si rivolge a coppie con una “relazione stabile”. Non stiamo ad indicare un tempo minimo o massimo dall’inizio del loro cammino insieme perché ogni coppia ha la sua storia, ma la proposta è per coloro che sentono il desiderio di percorrere questo progetto di ricerca e confronto. Chi sceglie di partecipare al Big Bang vuole vivere la propria relazione con protagonismo e progettualità, senza lasciare che “le cose succedano”. E’ una proposta diocesana che si articola in incontri mensili, che si tengono la domenica sera, per un totale di 7 incontri all’anno, con attenzione alle altre opportunità promosse con l’ufficio di pastorale familiare (percorsi di spiritualità nei tempi forti) Big Bang 2.0: la coppia nel matrimonio Dall’esperienza del Big Bang nasce il Big Bang 2.0, che si affianca alla proposta esistente 26 rivolgendosi alle giovani famiglie, per offrire una opportunità ulteriore (rispetto ai cammini parrocchiali) a chi desidera un cammino di crescita condiviso per la costruzione della propria famiglia nella fede. Il matrimonio non è il punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova famiglia, un nuovo viaggio nella quale si vivono dinamiche nuove, ricche di esperienze significative, ma anche di sfide a volte complicate. Il confronto con persone che vivono la medesima fase della vita può essere fonte di arricchimento e occasione di vicinanza, indispensabile in una società nella quale le opportunità di incontro sono sempre minori. A maggior ragione per una famiglia che oggi, impegnata dalle esigenze della vita quotidiana, ha sempre meno tempo da dedicare alle relazioni, anche quelle più strette,. Il Big Bang 2.0 offre una possibilità di confronto e riflessione sulle scelte che la famiglia oggi si trova ad affrontare. Alcuni degli obiettivi che si propone: - offrire la possibilità di sentirsi parte della Chiesa, anche in una fase della vita in cui le possibilità di vivere il servizio è minima, in quanto la priorità è necessariamente la famiglia stessa - alimentare il confronto nella famiglia e fra persone che vivono esperienze simili - alimentare la consapevolezza del fatto che non si è soli a vivere determinate esperienze - affrontare e discutere tematiche che nascono da esigenze concrete di giovani famiglie - proporre un percorso in cui i tempi e i luoghi siano a misura di famiglia - riaffermare l’importanza del rapporto di coppia come centro della famiglia, fulcro da cui origina il benessere della famiglia stessa I ritmi di una famiglia sono tali da non concedere frequenti opportunità di incontro, per tale ragione il gruppo si ritrova 4/5 volte all’anno, nel giorno dedicato alla famiglia: la domenica. Riteniamo che lo stare insieme per un paio di ore nel pomeriggio della domenica sia un giusto compromesso per offrire una opportunità di condivisione di un percorso di crescita comune, senza sacrificare una parte troppo consistente del tempo dedicato alla famiglia. La modalità di sviluppo degli incontri è similare al Big Bang, con la riflessione personale, la condivisione in coppia e in gruppo e il confronto con la Parola. Come nel Big Bang il gruppo condivide l’esperienza con un sacerdote e una coppia di riferimento che accompagnano il percorso di crescita di ognuno e del gruppo. Da soli, in due, con altri, con l’aiuto di chi ha un po’ più di esperienza, in confronto con la Parola: questo è lo stile del Big Bang. Come aderire: per partecipare valutare l’opportunità della proposta con il proprio sacerdote o con gli assistenti diocesani. 6. Laboratorio per la partecipazione Idea di fondo. Il Laboratorio della Partecipazione nasce dall’esigenza espressa dagli adulti ed in particolare dai giovani dell’Ac di Lodi di avere uno spazio specifico e libero di riflessione, formazione e confronto su tematiche riguardanti l’ambito socio-politico, quello spazio d’azione e di pensiero che riguarda le molteplici questioni sociali (il lavoro, la migrazione, le questioni riguardanti l’alimentazione…), civili (il terzo settore, le realtà par- 27 tecipative popolari…) e politiche (la crisi della politica, lo spazio dei giovani nella politica oggi, la partecipazione dei cittadini…) che riguardano il nostro territorio europeo, italiano e soprattutto lodigiano, in un’ottica di coniugazione dello sguardo più strettamente locale alla realtà ed ai fenomeni globali. Lo spazio vuole essere libero, cioè non guidato da alcun interesse parziale, critico, cioè portatore di uno sguardo consapevole, competente e coraggioso sulla realtà, ed infine laboratoriale, cioè aperto ai contributi di chiunque voglia partecipare, Azioni avviate. Con l’incontro del 29 maggio 2015 nella Sala Granata della Biblioteca Comunale di Lodi è stato avviato “Exponiamoci. Osservatorio su EXPO”, con l’obiettivo di portare al territorio del lodigiano una certa lettura dell’evento Expo, che sia attenta alle sollecitazioni positive e che sia anche però critica nei confronti delle storture presenti all’interno dell’evento e del messaggio finale. Nell’ambito di questo progetto, oltre alle visite dei singoli aderenti alla proposta, si prevede una visita di gruppo ad Expo, guidata, considerando la proposta di visita strutturata dalla Caritas Lodigiana. Infine, si prevede un incontro pubblico in occasione della chiusura di Expo, che proponga una lettura conclusiva dell’evento ed il proseguo dell’Osservatorio, dedicato al monitoraggio degli impegni presi da istituzioni e società civile nella Carta di Milano. Progetti futuri. Per l’anno a venire, oltre a sostenere e sostanziare il progetto avviato, si vuole mantenere viva l’attenzione alle tematiche più determinanti e importanti del nostro territorio lodigiano, italiano ed europeo. Inoltre, crediamo sia necessario compiere una operazione di ampliamento delle persone coinvolte nel Laboratorio, al fine di rendere più vario e rappresentativo del territorio il confronto. 7.Laboratorio culturale IN DIALOGO. Famiglia, genitorialità, educazione Il Laboratorio culturale nasce, almeno nelle intenzioni, con l’intento di dare attuazione a questo impegno: provare a parlare, a discorrere, a confrontarsi con temi “caldi”, presenti nel nostro contesto socio-culturale, leggendoli dal punto di vista cristiano, illuminandoli cioè con lo sguardo della fede.” Così scrivevamo nella Proposta associativa dello scorso anno, accogliendo una precisa indicazione dell’ultima Assemblea diocesana, quella di porsi in ascolto responsabile delle sollecitazioni provenienti dalla realtà circostante, in particolare dal mondo culturale. Il Laboratorio ha individuato nella tematica della famiglia, soprattutto declinata nelle dimensioni della genitorialità e della valenza educativa, il primo tema a cui dedicare la sua attenzione, sia in sintonia con la riflessione pastorale in atto nella Chiesa che confluirà nel Sinodo del prossimo Ottobre, sia per l’urgente problematicità di alcune questioni sociali e civili che intersecano seriamente la riflessione sulla famiglia e che come Cristiani abbiamo il dovere di affrontare, attraverso un dialogo capace di ascolto paziente e misericordioso, ma anche testimone convinto di un patrimonio di valori radicati nella fede in Dio che per amore ci ha voluto e ci ha fatto suoi figli e per amore ogni giorno ci ricorda che nella salvezza ottenuta mediante il Figlio, ciascuno di noi troverà la sua piena 28 realizzazione umana. “In dialogo” è l’espressione con cui nel corso dell’anno abbiamo definito il titolo “Laboratorio culturale”, perché questo vuole essere il nostro atteggiamento: saper entrare in relazione aperta, disponibile e propositiva con tutti coloro che nelle diverse tematiche affrontate, avranno a cuore la riflessione sul bene per l’uomo e l’intera Creazione. Cosa abbiamo fatto. In questo primo anno, dopo aver costituito la commissione, abbiamo dedicato un tempo significativo, prima alla formazione personale, attraverso lettura approfondita dei contributi di esperte nell’ambito delle tematiche familiari, e successivamente al confronto tra i membri del Laboratorio per raggiungere una consapevolezza condivisa dei temi affrontati e per affinare una prospettiva e un linguaggio comune. In un secondo momento ci siamo proposti di rilevare le sensibilità e i bisogni sulla tematica famiglia nelle Associazioni territoriali attraverso la somministrazione di un questionario. Val la pena in questo contesto, considerata la diffusione “popolare” della Proposta diocesana, riportare in sintesi qualche dato emerso, perché uno dei nostri principali obiettivi è quello di sviluppare un percorso che sia il più possibile radicato nelle Associazioni di base, che sia condiviso e fatto proprio dagli associati, quali protagonisti e interlocutori significativi nella vita pastorale delle proprie comunità parrocchiali. Il sondaggio ha dunque evidenziato quanto segue: - mancanza di formazione adeguata e diffuso timore di non essere adeguatamente pronti e preparati a sostenere un dialogo aperto sulle problematiche che riguardano oggi la famiglia, soprattutto per quanto concerne le questioni educative; - disinteresse a riflettere, con facile delega acritica e mancanza di convinta testimonianza cristiana ( in particolar modo c’è un appiattimento scontato sui contenuti diffusi dai mass media che avvallano concezioni distorte oggi diffuse sulla famiglia); - prevalere di una cultura dell’emergenza che fa venir meno la dimensione della prevenzione o quella profetica - mancanza di spazi in cui dialogare/confrontarsi ed entro il quale portare i propri dubbi/difficoltà/speranze senza censure e pregiudizi; - esigenza di attività formative, rivolte soprattutto a giovani e adulti/genitori (valorizzando la collaborazione con altri soggetti attenti alla dimensione educativa ), che permettano di uscire da schemi e percorsi finalizzati all’immediatezza e favoriscano invece il confronto su nodi cruciali e questioni scottanti, nella consapevolezza che i processi avviati possono aprire itinerari e orizzonti non scontati, reclamanti discernimento evangelico e disponibilità al coinvolgimento. Cosa vorremmo fare. Ripartendo dal quadro sopra delineato che conferma l’importanza di porre al centro della riflessione dell’associazione diocesana e delle associazioni territoriali il tema della famiglia come realtà educativa, come comunità che genera la vita e apre al mondo e accogliendo le indicazioni della Presidenza e del Consiglio diocesano, il lavoro si svilupperà secondo due direttrici: 1 - Nel periodo ottobre-dicembre il Laboratorio sarà di supporto al Percorso inter-vicariale su alcuni temi afferenti l’ambito della famiglia: rischio educativo, relazioni famigliari, questione del gender, … (vedi Cap. 2 in questa stessa Sezione) 29 2 - Da Ottobre inoltre si vorrebbe istituire un Tavolo di confronto con Associazioni ecclesiali e civili che, a vario titolo, si occupano di famiglia, genitorialità, educazione. E’ questo un altro obiettivo importante che l’Associazione si pone per arrivare ad entrare in dialogo e favorire positive sinergie con chi ha a cuore queste significative tematiche. Il tavolo di confronto vuole anzitutto essere uno spazio di ascolto di quanto già esiste o è in programma sul territorio, senza escludere la possibilità di giungere in futuro anche a progettare esperienze e iniziative in collaborazione. 30 IV - LE PROPOSTE DI MSAC, FUCI E MEIC 1. La Proposta 2015/2016 del Movimento Studenti di Azione Cattolica Il Movimento Studenti di Azione Cattolica di Lodi è un circolo di studenti provenienti da alcuni paesi della Diocesi e appartenenti a diverse scuole della Provincia di Lodi, di Piacenza e Pavia. Responsabili del MSAC sono due segretari affiancati da un équipe, eletti democraticamente ogni tre anni durante il Congresso MSAC, con il compito di organizzare, coordinare le attività del movimento e tenere i contatti con e tra gli msacchini. Questo rappresenta il secondo anno di mandato per i segretari e l’equipe eletta lo scorso anno che si vedrà’ in parte rinnovata. Tre dei precedenti membri hanno infatti affrontato l’esame di maturità quest’anno e il primo appuntamento importante per il nostro circolo saranno le elezioni democratiche dei nuovi membri scelti tra i ragazzi che stanno ancora frequentando le scuole superiori. Il secondo momento fondamentale che vorremmo migliorare quest’anno è l’Oktober Fest, 25 ottobre 2015, l’incontro organizzato direttamente all’interno di una scuola del Lodigiano. L’obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere gli insegnanti e il dirigente della scuola stessa, ma soprattutto gli studenti partendo da quelli che hanno un incarico nelle classi e a livello d’istituto o regionale. Un appuntamento nuovo con cui ci confronteremo dal 2 al 5 Gennaio sarà invece il Campo Invernale diocesano. Si tratta di un camposcuola dedicato ai ragazzi del circolo per poter rafforzare meglio i legami divertendosi insieme e far nascere e crescere nuove proposte per l’anno a venire. La meta dovrebbe essere Bologna, centro anche raggiungibile dai vari circoli dell’EmiliaRomagna per permettere anche un confronto interregionale. Due belle esperienze di collaborazione che speriamo di portare avanti anche in questo nuovo anno sono le Officine della Partecipazione Giovanile in collaborazione con il Comune di Lodi e l’Umanità Lodigiana in Cammino con cui abbiamo organizzato l’evento “Io sto con la sposa”. Anche sul fronte del volontariato vorremmo continuare a far crescere il legame iniziato quest’anno con il centro di accoglienza della Caritas e l’Arsenale dell’Accoglienza di Borghetto Lodigiano. Resta sempre fondamentale l’attenzione che il nostro circolo riserva agli obiettivi concreti all’interno delle scuole. Prima di tutto l’organizzazione di incontri e assemblee che trattino tematiche importanti per gli studenti e che possano favorire la partecipazione anche in orario extrascolastico. Una proposta già diffusa, ma che si vorrebbe potenziare, è quella del Giornalino (anche in collaborazione con le redazioni già presenti nelle realtà scolastiche) e della testimonianze nei momenti forti dell’anno, come Avvento e Quaresima. Un altro aspetto importante che è stato preso in esame è la relazione con le parrocchie, luogo primario di incontro e formazione dei ragazzi, con cui si auspica di creare un rapporto saldo. 2. La Proposta formativa 2015/2016 della Federazione Universitari Cattolici Italiani - diocesi di lodi La proposta della Fuci della Diocesi di Lodi è costituita sia dal percorso seguito dal gruppo durante gli incontri di ogni venerdì sera (a partire da venerdì 9 ottobre 2015), sia dalle proposte provenienti dal livello regionale e nazionale. 31 Gli incontri del venerdì. Nel corso degli incontri diocesani, il gruppo approfondirà temi di carattere biblico, teologico e culturale. • biblici: nel Nuovo Testamento si incontrano svariati personaggi, ognuno con la propria storia ed il proprio messaggio. Grazie all’aiuto di don Cesare Pagazzi, ad ogni incontro analizzeremo alcune tra le figure più importanti. • culturali: partendo dall’Enciclica Laudato Sii, il gruppo si soffermerà sul tema “La custodia del Creato”. La prima parte dell’anno sarà dedicata in particolare alla formazione sul tema grazie all’apporto che ognuno saprà dare, mentre la seconda parte sarà più concentrata all’organizzazione di un evento pubblico previsto al termine dell’anno associativo. • teologici: in occasione del Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco, guidati da don Cesare Pagazzi tratteremo il tema della Misericordia intesa sia come opere corporali sia come opere spirituali. Altre proposte di carattere locale. In occasione della Settimana dell’Università vogliamo organizzare una Messa per universitari, fucini ed ex-fucini e a seguito un rinfresco con gli ex-fucini (domenica 22 novembre alle 18:30 alla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Lodi) per incontrare coloro che prima di noi hanno seguito un percorso interno alla FUCI. Anche quest’anno il gruppo parteciperà all’iniziativa di orientamento universitario proposto dall’Ufficio Scolastico Provinciale della provincia di Lodi, proponendo un incontro tra studenti di quarta e quinta superiore e studenti universitari all’interno delle scuole superiori di Lodi. Durante questo incontro, il gruppo, con il contributo di altri universitari, risponderà alle domande degli studenti per aiutarli nella scelta che stanno per compiere. Come tutti gli anni la FUCI parteciperà alle Giornate di Spiritualità di Avvento e Quaresima, organizzate a livello diocesano. La FUCI è membro delle Officine della partecipazione giovanile grazie al quale potrà collaborare con altre associazioni alla realizzazione di iniziative e/o progetti a livello locale. Proposte nazionali e regionali. La Fuci ha già in calendario diverse iniziative che possono essere d’aiuto alla riflessione personale, come le giornate che si tengono a Camaldoli in occasione della fine dell’anno (28 dicembre 2015 - 1 gennaio 2016) e momenti per formarsi nella fede, in occasione delle settimane teologiche, che si tengono anch’esse a Camaldoli (24-30 luglio 2016 - 1° settimana teologica; 31 luglio-6 agosto 2016 2° settimana teologica) Dal 5 all’8 maggio 2016 la FUCI si riunirà a Chieti per il 65° Congresso Nazionale. In queste giornate si terranno l’assemblea federale e momenti di riflessione sul tema “Impegno e responsabilità, essere un segno nel tempo”. Oltre a questi incontri sono previsti nel periodo della Quaresima tre giorni (venerdì, sabato e domenica) nel monastero di Bose per gli esercizi spirituali organizzati dalla FUCI regionale. 3. Proposta del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale per anno pastorale 2015/2016 Il gruppo Meic conferma per il 2015-2016 il metodo e lo stile di proposta già sperimentati negli scorsi anni. 32 Con cadenza mensile verranno promossi incontri pubblici, guidati da testimoni ed esperti, su temi di particolare rilevanza per la vita sociale, civile ed ecclesiale, con il coinvolgimento, dove possibile, di altri soggetti e realtà che operano nel nostro territorio. Gli incontri, dove non diversamente comunicato, si svolgeranno a Lodi il secondo lunedì di ogni mese, da ottobre a maggio. Proseguirà anche quest’anno l’attenzione sui progetti partiti gli anni scorsi: - “I lunedì de Meic” continueranno ad essere il punto di forza del programma annuale; - “Con occhi di donna”, nel ricordo di Isa Veluti, proseguirà con la quarta edizione cercando di allargare il più possibile la collaborazione con altre realtà che operano nel territorio; - Il Laboratorio “Scientificamente” proseguirà la sua attività di approfondimento di tematiche scientifiche a partire dall’attualità cercando di favorire soprattutto il coinvolgimento dei giovani; - Il Laboratorio di “Impegno Civile” - che in questo anno ha contribuito in modo determinante alla nascita, in seno alla Provincia di Lodi, dell’Assemblea del Lodigiano - continuerà i suoi sforzi nel sostegno dei Tavoli tematici che verranno costituiti dall’Assemblea allo scopo di dare voce ai cittadini sulle questioni più rilevanti per il nostro territorio. Infine anche quest’anno un’attenzione particolare sarà rivolta, in accordo con altre realtà ecclesiali e civili lodigiane, alla prosecuzione dell’esperienza dell’Umanità Lodigiana in cammino iniziata a gennaio 2015 con la proiezione del film “Io sto con la sposa” sul tema dell’immigrazione. 33 V - ADESIONE E SOSTEGNO ECONOMICO DELL’ASSOCIAZIONE (2015-2016) Alcune note tecniche L’adesione è una tappa importante del cammino di ognuno nell’Ac. Cammino che inizia conoscendo l’associazione attraverso la partecipazione a una delle sue iniziative (campi, mattinate, incontri...) e prosegue grazie all’interesse che l’esperienza suscita, prende forma nel momento dell’adesione e si concretizza con la partecipazione attiva e l’impegno associativo. Aderire all’Ac non significa quindi solo pagare una quota, ma : impegnarsi a partecipare e a sostenere l’associazione. Essere aderenti dà diritto a: • partecipazione attiva e passiva alle assemblee • assicurazione (indispensabile per le attività diocesane, ma anche vicariali e parrocchiali) • stampa associativa (rivista nazionale e Dialogo) • sussidi per il cammino personale • sconto di 5€ sull’iscrizione agli Esercizi Spirituali • sconto di 10€ sull’iscrizione ai campi scuola diocesani • uno sconto del 12% sul prezzo dell’abbonamento a “Il Cittadino” Adempimenti per le associazioni parrocchiali (da assolvere entro la fine di dicembre) • Sensibilizzare i Soci a rinnovare l’adesione e contemporaneamente promuovere la stessa a nuove persone. • Porre particolare attenzione alla compilazione dei moduli adesioni affinché questo faciliti il compito degli incaricati Web diocesani e parrocchiali per l’aggiornamento del database nazionale e contemporaneamente sia offerto un miglior servizio ai Soci stessi. Per questo ultimo motivo, è estremamente importante per la comunicazione associativa, che siano aggiornati i campi richiesti, in particolare l’indicazione dell’incarico istituzionale ricoperto a vari livelli, l’indirizzo e-mail e la professione del socio: Avvocato, Tributarista, Commercialista, Medico, Ingegnere (professioni inserite negli ultimi anni). • L’8 dicembre è il giorno della festa dell’adesione con la consegna delle tessere (pertanto anche i moduli dovrebbero essere già aggiornati). • Restituire entro Dicembre i moduli adesioni al Centro diocesano - per le ATB non connesse al sistema Dalì. Nello stesso mese, per le ATB che invece adoperano il sw Dalì, effettuare l’aggiornamento, l’acquisizione e il riscontro finale dei dati aggiornati. • RAMMENTIAMO LA DISDETTA ADESIONE ENTRO IL 30 APRILE N.B.: come per gli anni passati gli aderenti (2014/2015) saranno considerati confermati sin 34 dall’inizio dell’anno 2015/2016 (1° Ottobre). L’operazione di DISDETTA ADESIONE si potrà effettuare sul sistema Dalì obbligatoriamente fino alla data del 30 aprile 2016. Dopo tale data tutte le funzioni di disdetta di adesione presenti nel sistema “Dalì” saranno automaticamente disabilitate; di conseguenza le anagrafiche con l’adesione attiva alla data del 1° Maggio rimarranno confermate e conteggiate economicamente a tutti i livelli, per la chiusura dell’esercizio 2015/2016. Le modifiche dei dati dei soci e l’inserimento dei nuovi iscritti si potranno effettuare come in passato fino alla data del 30 settembre 2016. Dal punto di vista economico, come gli altri anni indichiamo due tempi per la raccolta del contributo, con l’obiettivo di separare la scelta associativa dalle operazioni legate al versamento delle quote di adesione: • un versamento prestabilito nella misura dell’80% con riferimento agli aderenti dell’anno precedente, entro il 31 gennaio 2016 • un saldo alla fine dell’anno associativo, entro il 30 giugno 2016. I versamenti dovranno essere effettuati tramite bonifico bancario alle seguenti coordinate: Banca Popolare Etica - Filiale di Brescia intestato a: Azione Cattolica - Diocesi di Lodi IBAN: IT48Y0501811200000000512480 Specificare la causale: “Adesioni 2015 associazione di...” Il sistema di quote per l’adesione è approvato dal Consiglio Diocesano di settembre, e verrà portato a conoscenza dei presidenti territoriali negli incontri di inizio anno e con comunicazioni ed invii appositi con maggiori istruzioni nella seconda metà di ottobre. 35 VI - STRUMENTI Con il Vangelo nelle periferie esistenziali1 di don Cristiano Alrossi Papa Francesco usa un espressione per descrivere come debba avvenire l’evangelizzazione: “Andare con il vangelo fino alle periferie esistenziali2”. Quali sono queste periferie esistenziali? - Le periferie esistenziali sono i luoghi in cui “c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni” (messa crismale); - Le periferie sono i luoghi abitati “da tutti coloro che sono segnati da povertà fisica e intellettuale” (Convegno di Roma); - Le periferie sono i luoghi dove sta “chi sembra più lontano, più indifferente” (Omelia nella giornata mondiale della gioventù, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013). - Le periferie sono i luoghi dove “Dio non c’è” (Visita pastorale ad Assisi, Incontro con il clero e i religiosi, 4 ottobre 2013); ecc…. Questa espressione di Papa Francesco indica gli estremi confini, là dove forse noi cristiani non vorrebbero andare. Il termine “periferie” è presente nelle Scritture sotto altre forme: “le isole lontane”, “gli estremi confini della terra”… In particolare è il Vangelo, è soprattutto il Signore Gesù a indicarci, attraverso i suoi incontri con uomini e donne, dove sono riconoscibili queste periferie esistenziali. A patto però di non definirle prima. Qui faccio un discorso esigente per noi cristiani: sono convinto che, se vogliamo veramente interpretare la parola e l’azione di Gesù testimoniate nel Vangelo e se vogliamo essere suoi imitatori, dobbiamo smettere di predefinire, di pre-eleggere gli uomini e le donne verso i quali vogliamo andare. Noi in qualche modo continuiamo a farci una domanda sbagliata, anche nell’evangelizzazione : “Chi è il mio prossimo?”. Questa è la domanda sbagliata che nel vangelo secondo Luca risuona, rivolta a Gesù, sulla bocca di un dottore della Legge (Lc 10,29). E oggi, in parallelo, le domande sbagliate sono: “Chi sono i poveri? Chi sono i bisognosi? Quali sono le periferie esistenziali?”. Sappiamo bene che Gesù capovolge questa domanda in: “Chi si è fatto prossimo?” (Lc 10,36), perché il prossimo è colui che io decido di incontrare3. Questa precisazione di Gesù è decisiva. Se uno si immette nella logica del ricercare chi è il prossimo, sbaglia, perché finirà per prestabilire chi vuole incontrare, finirà per decidere lui il bisogno del prossimo, mentre la necessità è quella di farsi, di rendersi prossimo a chiunque si incontri, a ogni uomo o donna che ci passa accanto. 1. Relazione teologico-pastorale di Enzo Bianchi, Priore della Comunità di Bose 2. Per più di diciassette volte Papa Francesco è ritornato nei suoi interventi su questa espressione, già enunciata nella messa crismale del 28 marzo 2013 e ben spiegata nel discorso al convegno ecclesiale della diocesi di Roma il 17 giugno 2013. 3. Sussidio per i Gruppi di Ascolto della Parola di Dio - Anno Pastorale 2013-2014 “Risplendete come astri nel cielo” Chi è il mio prossimo pp.7-10 “ Gesù cambia i termini della domanda; il problema non sta nel sapere chi è il mio prossimo; ma nel sapere come e di chi io devo essere prossimo...” 36 La vera necessità è la decisione della prossimità verso l’altro, non importa chi lui o lei sia; non dobbiamo avvicinarci all’altro perché è nel bisogno, ma l’altro deve essere reso prossimo in quanto uomo o donna, fratello o sorella in umanità. Nell’incontro poi conosceremo il suo eventuale bisogno: solo così si può fare un cammino che umanizza chi incontriamo e noi stessi. È la fraternità o la sonorità ( la comunione tra fratelli e sorelle) che ci stabilisce quali persone e soggetti, perché nessuno può diventare soggetto, può umanizzarsi, senza la relazione con gli altri. Gesù: incontrava uomini e donne –ci raccontano i vangeli –,sovente anonimi. Persone che Gesù “vede” e “guarda” nel suo vivere quotidiano, nel suo camminare per le vie della sua terra. E proprio da questo vedere, guardare, nasce la prossimità: Gesù si fa vicino o accetta che l’altro si faccia vicino a lui e, ascoltandolo, “volto contro volto”, “occhio contro occhio”, “mano nella mano”, conosce la precisa situazione di bisogno, di sofferenza in cui l’altro si trova, e così, di solito, inizia a porgli domande. A volte incontra un malato nel corpo, altre volte un malato nella mente, altre volte un malato nello spirito, altre volte un peccatore… In ogni caso, Gesù vuole incontrare l’altro . Questo itinerario deve essere l’itinerario del discepolo, di chiunque alla sequela del Signore è chiamato ad annunciare e testimoniare il Vangelo. Il cammino dell’evangelizzazione. Il soggetto assoluto dell’evangelizzazione è Dio, che invia il Figlio nel mondo, il quale nella forza dello Spirito santo consegna la buona notizia del Vangelo all’umanità intera. E la chiesa è chiamata, nella storia e nella compagnia degli uomini, a predisporre tutto perché questa missione del Figlio possa raggiungere gli uomini. Per essere dunque fedele a questa sua vocazione la chiesa deve innanzitutto sentirsi non al centro, bensì decentrata (come Gesù, che parlava di sé quale “Figlio dell’uomo” sempre alla terza persona, mettendo al centro solo l’annuncio del Regno di Dio!). Una chiesa in uscita. Il primo passo da compiere è cercare di essere “una chiesa in uscita” (cf. Evangelii gaudium 20-24), in modo da lasciare Cristo al centro e da annunciare il Vangelo a tutti, in tutte le situazioni, senza repulsioni e senza paure. Troppo spesso abbiamo dato l’immagine di una chiesa che, come la chiesa nei giorni successivi al fallimento umano del suo profeta e rabbi, appare una comunità che ha paura del mondo, e perciò è rinchiusa (cf. Gv 20,19), tesa a conservare la memoria piuttosto che a sentirla come una buona notizia. Papa Francesco è ricorso addirittura a un’esegesi “fantasiosa” ma eloquente di un passo dell’Apocalisse. “Ecco, io sto alla porta e busso” (Ap 3,20), sarebbero parole di Gesù dette alla chiesa dal di dentro, per chiedere che la chiesa, invece di rinchiuderlo, gli apra la porta affinché egli possa percorrere le strade del mondo. Le abitudini, una certa dilezione nei confronti della tradizione, una certa inerzia dovuta alla nostalgia per quello che si è sempre fatto: tutto questo, unito al timore di ciò che appare nuovo, inaspettato, inedito, paralizza la chiesa fino a renderla asfittica. Abbiamo paura perché siamo diventati una minoranza? Ma Gesù non ci ha chiesto di guardarci e misurarci come minoranza o maggioranza, ma di sentirci sempre “piccolo gregge” (Lc 12,32), perché capace di essere “sale della terra” (Mt 5,13) e “luce del mondo” (Mt 5,14). La chiesa e anche noi che siamo nella chiesa dobbiamo sentire di nuovo la “sete di dia- 37 logare”, perché altrimenti non può incontrare la sete degli uomini. Al pozzo di Sicar, l’evangelizzazione è stata possibile perché si sono incontrate due seti, due assetati, Gesù e la donna samaritana (cf. Gv 4,5-42). Ecco perché il dialogo non è un’opzione possibile, ma è il modo di essere della chiesa. Una chiesa capace di prossimità. Oggi più che mai siamo immersi in una cultura nella quale è dominante la comunicazione virtuale. “Siamo sempre connessi”, e dunque ci sentiamo sempre in relazione, anzi oberati da troppe relazioni, al punto che non riusciamo a viverle adeguatamente e con il discernimento necessario, eppure sono gli stessi sociologi che ci mettono in guardia e denunciano “la morte del prossimo”. Luigi Zoja ( psico analista che ha compiuto le prime ricerche sociologiche negli anni 70)- giustamente avverte- : “Nietzsche aveva profetizzato la morte di Dio, ma oggi in realtà è arrivata la morte del prossimo”. E io aggiungo che se è morto Dio ed è morto il prossimo, allora è impossibile vivere il comandamento cristiano sintesi di tutti gli altri (cf. Mc 12,28-34 e par.). Sì, oggi dobbiamo essere consapevoli delle difficoltà che abbiamo nei confronti della prossimità, del farci prossimi e del renderci vicini gli uni agli altri. Mi permetto di dire che, nella parabola del buon samaritano raccontata da Gesù (cf. Lc 10,30-35), il non fare la carità da parte del sacerdote e del levita è dovuto non a una particolare cattiveria, non all’appartenenza a una casta, bensì al fatto che non si sono resi prossimi dell’uomo bisognoso, vittima dei briganti. Se si fossero fermati e si fossero fatti vicini a lui, se avessero guardato negli occhi quel disgraziato, “volto contro volto”, anche loro avrebbero sentito compassione, sarebbero stati presi da una stretta alle viscere, dalla compassione, e gli avrebbero usato misericordia. Noi oggi, come chiesa, “facciamo la carità” più che in altre epoche, ne possiamo essere certi; ma siamo sicuri di vivere la carità evangelica che non è solo donare e condividere i beni, ma è innanzitutto prossimità per incontrare, per poter ascoltare, per poter accendere una relazione nella quale poi operare con responsabilità e amore, secondo i bisogni di chi incontriamo? Dal cuore della vita ecclesiale che è l’eucaristia, dobbiamo andare incontro all’uomo, scoprire il suo bisogno e saperlo leggere come carne di Cristo. “… l’eucaristia non sopporta la sedentarietà. Non tollera la siesta. Ci obbliga a un certo punto ad abbandonare la mensa. Ci sollecita all’azione.(…) Se non ci si alza da tavola, l’eucaristia rimane un sacramento incompiuto”4. Quali sono i luoghi delle periferie? “Qualsiasi luogo dove nasce una relazione in cui si opera con responsabilità e amore!”. Si tratta di avere una conversione dello sguardo5 e dell’atteggiamento nei confronti dell’altro. La riorganizzazione viene dopo ! E’ una maniera di essere in relazione … Ciò che sorprende nei discorsi di papa Francesco è lo sguardo che proietta “ fuori le mura “, che pensa la chiesa a partire dal mondo e non viceversa. E’ un pensiero che ha di mira unicamente il bene del mondo e questo permette di cogliere le varie sfumature 4. A. Bello, Stola e Grembiule, Ed. Insieme 1993 pp. 23-24 5. P. BACQ - C. theobald, Une nouvelle chance pour l’évangile - Vers une pastorale d’engendrement, Lumen vitae 2004 38 di periferie o frontiere. Parole ad effetto ed estremamente eloquenti. La sua apertura alle periferie, non si manifesta in melense elemosine che saziano la falsa coscienza e lasciano l’ingiustizia intriga e perversamente operante; ma si esprime nella lotta contro le ingiustizie, nell’impegno per la costruzione di una società di uguaglianza, di giustizia sociale, in una prospettiva puramente evangelica. Siamo invitati da Francesco a fare memoria del mandato ad extra, nella consapevolezza che,ognuno di noi, con modalità diverse, secondo il proprio carisma, deve uscire fuori le mura della chiesa di origine, per raggiungere le periferie, le frontiere, tutto ciò che è distante, fisicamente e spiritualmente; senza dimenticare che c’è una distanza che nasce appena finisco io ! Non è solo e unicamente un luogo distante da me, può essere vicinissimo a me ! La periferia inizia , la dove io finisco. La missione non può ridursi a un insieme di cose da fare, ad un organizzazione umanitaria molto efficace, ma a volte poco credibile dal punto di vista testimoniale. Ciò che evangelizza non sarà, pertanto, il fascino delle opere, né le promesse di sviluppo e di progresso, ma la fede del discepolo, a fianco degli ultimi. Tonino bello scriveva: “Se essere cristiani fosse un delitto e voi foste condannati in tribunale e accusati di questo delitto, riuscireste a farvi condannare ? Chissà, forse molti di noi, per mancanza di testimonianza – commentava provocatoriamente – sarebbero prosciolti da ogni addebito, senza ulteriore rinvio a giudizio, per insufficienza di prove”. 39 La “ministerialità della soglia”: una pro-vocazione per l’ AC di Marco Zanoncelli L’invito di papa Francesco ad uscire, per abitare le “periferie esistenziali” del mondo di oggi, interpella tutta la Chiesa, ma credo in modo particolare l’Ac, che ha sempre fatto dell’evangelizzazione un tratto identitario essenziale. Ma come tradurre tutto questo nella normale prassi pastorale? Andare verso dove e come? Mi sembra utile raccogliere un’interessante sollecitazione11 che don Antonio Torresin ci offre sulla rivista Il Regno. Egli rilegge questo spirito di estroversione che Francesco invita a compiere attraverso l’esperienza dell’ospitalità: le comunità cristiane sono chiamate ad essere “casa ospitale” per gli uomini di oggi, luoghi nei quali si sperimentano quelle “accoglienze planetarie” di cui ci parlava don Tonino Bello. E’ suggestivo cogliere questa dinamica dell’ospitalità nell’ampiezza semantica che la lingua italiana ci consegna: da un lato la parrocchia è chiamata a diventare casa ospitante l’umanità di oggi, comunità in cui è possibile fare l’esperienza dell’abitare un luogo capace di propiziare l’emersione dell’identità personale e di incoraggiare una fiduciosa apertura al mondo2; dall’altro le comunità cristiane sono chiamate a vivere la grazia di essere ospitate da questa umanità. Il primo passo di ogni evangelizzazione è segnato da un gesto originario di passività, ossia dall’essere accolti da coloro ai quali si va (cfr. Mt 10); essere accolti è poi esperienza che espone inevitabilmente al rischio del rifiuto, che ogni accoglienza libera necessariamente comporta. La parrocchia potrà diventare realmente casa ospitale se qualcuno, all’interno della comunità cristiana, si sentirà interpellato a vivere la “ministerialità della soglia”, cioè l’impegno a custodire quei tempi e quei luoghi esistenziali che propiziano l’incontro tra il dentro ed il fuori, potremmo dire tra la chiesa ed il mondo, tra la vita e la fede. Il compito della custodia della soglia non è né semplice né comodo: la soglia infatti è il posto di chi è disponibile a lasciare il tepore del focolare per esporsi agli “spifferi” della porta, a lasciarsi contaminare da quanto si muove oltre l’uscio di casa, a sopportare i rumori ed i suoni , talvolta molesti, che la strada porta con sé, esercitando pazienza e tolleranza per i profumi e gli olezzi di cui il mondo “fuori” è ricco. Chiunque abbia sperimentato l’ingresso in un nuovo luogo (come un albergo o una casa di amici) conosce l’importanza della persona che accoglie e fa gli onori di casa… Vorrei qui semplicemente accennare a due “maturità” che questa ministerialità della soglia esige. Anzitutto lo stare “sul confine” richiede la capacità non solo di conoscere ma anche di vivere e promuovere l’economia (oikos-nomos, letteralmente la “legge della casa”) del dentro e del fuori; le “persone della soglia” sono cioè coloro che hanno interiorizzato la legge della casa-comunità e della casa-mondo, che ne conoscono le regole di funzionamento, i linguaggi, l’universo simbolico, le potenzialità ed i limiti. Sono gente “dal doppio passaporto”, persone che si sentono a casa nella comunità cristiana così 1. A. TORRESINI, «Chiesa in Italia: la parrocchia ospitale. L’annuncio del Vangelo oltre la retorica» in Il Regno LV (2014) 2 - p. 8-13. 2. Cfr G.C. PAGAZZI, Sentirsi a casa. Abitare il mondo da figli, EDB, Bologna 2010. 40 come in tutti gli ambienti di vita, perché ne riconoscono la natura intimamente filiale. Proprio in virtù di questa duplice appartenenza, essi sono coloro che sanno fare della loro vita una suggestiva “porta-girevole”, capace di im-mettere e di con-durre. Sono persone che amano profumare d’incenso, quando serve, e di quell’odore tipico delle periferie, quando è necessario. Gente normale, senza pretese né titoli, consapevole che talvolta “tenere il piede in due scarpe” può essere una grazia. Questi uomini e donne della soglia sono poi coloro che hanno occhi per stimare il bene che è negli altri. L’etimologia della parola “amore” richiama anzitutto il gesto dello stimare, dell’apprezzare e onorare: ti amo perché prima di tutto riconosco ed onoro il bene che è in te e che sei te. Un amore senza onore sa presto di arroganza e superiorità. I servitori della soglia sono dunque persone che hanno occhi “simpatici” e profondi, pronti a scrutare e stimare il bene di chiunque si avvicina all’ingresso e di chiunque, da quella porta, decide di prendere il largo. E’ gente che dolcemente e con delicatezza sa introdurre in casa e accompagnare nel mondo. Se ripenso alla mia esperienza, credo che la vita associativa ci abbia sempre educato, talvolta implicitamente, ad occupare questo posto liminare e a sentirci con orgoglio cittadini delle due città. Mi chiedo: l’invito di Francesco ad uscire (accompagnato dal paradigma dell’ospitalità e della ministerialità della soglia) può forse rappresentare una propizia pro-vocazione per investire questo talento che l’Ac ha già nel suo DNA? 41 Un’Ac in uscita, impegnata a favore di una pastorale missionaria di don Luca Anelli Prendiamo le mosse dall’efficace immagine della casa ospitale. La missionarietà della comunità cristiana e, in essa, dell’Azione Cattolica, si può manifestare con la tensione a creare della comunità cristiana l’immagine e, naturalmente, dietro essa, la realtà e la consistenza di una casa ospitale. Finora potremmo dire che per molte persone, la comunità cristiana è stata posta alla periferia della loro esistenza, come una rocca inarrivabile e ostile o come una casa degli orrori o, più semplicemente come una stamberga mezzo diroccata, piena di spifferi e ad un passo da definitivo disastroso crollo. La stessa Chiesa costituisce, nell’ideale e nel vissuto di molti contemporanei, una periferia, un luogo lontano per inaccessibilità, ostilità o vecchiezza invincibile. La nostra conversione verso un dialogo e un contatto più feriale e costante con la società, con tutti i suoi poveri e lontani, con tutte le sue complesse periferie esistenziali, può opportunamente prendere le mosse dalla felice intuizione di proporsi come casa accogliente e ospitale. In questa forma si ravvisano alcune caratteristiche interessanti: - la casa come luogo di identità e di identificazione (indirizzo, nome sulla porta) - la casa come luogo di progetto e di costruzione (in senso materiale e in senso familiare/personale) In tal modo possiamo riconoscere un punto fermo nell’identità della casa/Chiesa e della casa/Ac che è quello di avere una identificazione precisa e un progetto, una proposta di costruzione dell’umanità che in essa cresce. Tale identificazione non va perduta e si identifica con la missione di evangelizzare e proporre la via di Cristo, forti della sua costante presenza e supervisione (Mt 28,19-20). La casa che ha un’identità precisa, un’identità che coincide con la propria missione, cioè l’annuncio del Vangelo, è casa ospitale: - offre spazio per entrare, cioè per conoscere, riconoscere e accogliere il disegno - offre modo di dialogare, cioè di ascoltare e parlare: il che comporta (ascolto) l’avere stima e apprezzamento per ogni espressione di umanità che – magari attraverso aspetti problematici – si pone alla ricerca di un progetto, di un senso di un disegno; ma comporta anche (parola) la franca e serena consapevolezza di avere un progetto, un senso, un disegno preciso da proporre - offre spazio per “lasciar entrare” cioè sa creare le condizioni culturali e pastorali affinché l’accoglienza ospitale non si limiti ad un primo approccio funzionale, interessato, materiale, ma possa diventare coinvolgimento e partecipazione alla “vita di casa” cioè al cammino della comunità cristiana. Non si discute sulla necessità della gradualità, della differenziazione dei cammini, della molteplicità di approcci e proposte, ma si deve aver coscienza che – anche a fronte di un cosciente rifiuto, la vera ospitalità è creare le condizioni per un ingresso lieto e consapevole nella casa della comunità dei credenti, ovvero dell’ingresso di Cristo nella vita delle persone che incontriamo e accogliamo (W. Hunt, Light of the world). - in tal senso diviene determinante la capacità di discernimento della comunità cristiana in genere e, in essa, di quella “falange avanzata” che è l’Ac. La qualità del discerni- 42 mento è quella che consente di cogliere tutte le possibili soglie di accesso alla fede che le situazioni degli uomini di oggi manifestano. Ci sono momenti di vita che divengono particolarmente sensibili per la possibilità di offrire un approccio alla vita della comunità cristiana. Essi sono dati senza dubbio dalle occasioni di crisi, dalla povertà che – non va dimenticato – nella proposta evangelica è una categoria non sociologica, ma teologica. Ma quei momenti di vita, quelle soglie, sono offerti (CEL, La sfida della fede: il primo annuncio, 2009) da alcuni snodi dell’esistenza che comprendono l’esperienza della fragilità e del dolore, insieme alle scelte fondamentali della vita da compiere nell’adolescenza e nella giovinezza, alle scelte di responsabilità da rinnovare quotidianamente nella vocazione familiare, nella fedeltà agli impegni assunti nel proprio ruolo professionale e sociale, nella perseveranza a servizio di un progetto di vita maturo e consapevole. (nel video: “ci si aspetta”) La vocazione della Chiesa e dell’Ac è tenere la porta aperta, è spingersi sulla soglia di casa propria, e di tutte le case abitate dall’uomo. Però non si vive sulla soglia. Questa vocazione si compie e si realizza attraverso l’invito a sedersi a tavola insieme, a condividere il dialogo in salotto, ma anche a farsi carico dei servizi e delle necessità della casa comune che è il mondo e che è la Chiesa. La Chiesa ha una chiara connotazione missionaria che fornisce la precisa identità della comunità nel duplice riferimento sostanziale e dinamico: il vangelo posseduto e il vangelo da annunciare. Come dire: la casa ospitale dei cristiani – segnatamente dei cristiani di Ac – è la casa che si identifica con chiarezza per l’identità del “padrone di casa” e per l’innata vocazione/propensione dei suoi coinquilini a farsi prossimo di ogni uomo. Il vangelo lo possediamo in pienezza, perché Gesù è con noi, ed è lui che abbiamo da consegnare e da annunciare. L’uscita, come ama chiamarla papa Francesco, non avviene chiudendosi la porta alle spalle, ma sapendo quale sia il senso del nostro movimento: non si esce per uscire, ma per servire l’uomo e il mondo attraverso l’annuncio del vangelo, la qual cosa ci identifica e ci sospinge. (vedi l’idea di “uscita” descritta da papa Francesco nel contesto dinamico della vita della comunità: “discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”: dal “cercare i lontani” al festeggiare nella liturgia che è “celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi” vedi EG, n. 24) Non si vive sulla soglia e non si vive di emergenze. Ecco perché occorre ricordare cosa significa “poveri” per il vangelo: non si tratta solo di correre in soccorso degli immigrati, dei disoccupati, dei senzatetto, dei malati… povero è chiunque non ha altri che il Signore per redimere la propria vita: non definisce una condizione economica, ma esistenziale. Poveri sono dapprima i missionari, gli evangelizzatori, noi, mandati senza bisaccia, né pane, né bastone e con una sola tunica (Lc 9,2-3 e 10,2-3), agnelli in un mondo di lupi. Poveri sono i peccatori. Poveri sono i mendicanti, i lebbrosi, i ciechi e i derelitti. Poveri sono i ricchi che presumono di salvarsi con i loro beni. Poveri sono i capi religiosi che si ritengono al di là della necessità di convertirsi. Povero è il centurione e povero è Pilato, Caifa e Zaccheo. (vedi Sarcofago della passione e risurrezione: perplessità di Pilato e giudizio di Gesù – in senso attivo e passivo: il Giudicato è Giudice) L’Ac non è la Croce rossa, né la Caritas, non è questo il suo specifico, anche se ciascun credente di Ac può impegnarsi con vera dedizione in ogni servizio che può venir richie- 43 sto. L’Ac non vale meno di Save the children o delle Missionarie di Madre Teresa: nella casa ospitale che è la Chiesa, l’Ac lavora per servire l’incontro tra ogni genere di povertà e la proposta evangelica. Non vale di meno se non realizza case di accoglienza o mense per i senza fissa dimora. L’Ac, insieme ai pastori del gregge ha la vocazione di riconoscere ogni genere di povertà e di affrontare con gli strumenti che ha a disposizione l’annuncio evangelico nei loro confronti. La dinamica del discernimento è quella più preziosa insieme a quella della testimonianza. Un “discernimento domestico”: vivace nel cogliere le possibilità di incontro, servizio, formazione, cammino di fede. La profezia dell’Ac – come cammino di laici fieri di appartenere a quella casa ben identificata dal suo “padrone di casa” – il suo servizio “contemporaneo”, è quello dell’aggregazione, del fare e vivere la comunità (gruppo), di mostrare con verità convincente cos’è la famiglia cristiana, cosa significa essere Chiesa come casa ospitale e ben progettata. L’Ac ha la vocazione ad invitare, ad accogliere, ad attrarre dentro casa, attenta alla realtà che c’è fuori e a quella che la fa vivere dentro. Tre azioni concrete per avviare una attenzione non episodica al tema, cioè per essere associazione a sostegno di una pastorale missionaria. 1. Nel Consiglio Pastorale i rappresentanti dell’Ac sono promotori di una pastorale dallo sguardo ampio e profondo? Quando c’è la riunione del CP, i membri dell’Ac si consultano per avanzare proposte non episodiche ma ragionate nel contesto del consiglio associativo territoriale? Se il CP non è consultato o convocato in modo significativo, gli aderenti di Ac cercano e trovano il modo per esprimere una mentalità “di Chiesa”, cioè di comunità aperta al mondo per portarvi l’annuncio della salvezza? Sono propositivi o acquiescenti? Rassegnati o intraprendenti nel creare comunione e missione? Creano “comunità parallele” o si sforzano di rendere vivibile e credibile la testimonianza nella propria parrocchia, pur con possibili tratti di sofferenza? 2. Gli aderenti dell’Ac hanno uno sguardo limpido e realistico sulla situazione della propria comunità? Si informano sulle situazioni “di soglia” o “di lontananza” o “di povertà” e cercano di conoscerle al di là dei pregiudizi di paese o delle frettolose sistemazioni in categorie predeterminate? Conoscono i poveri per scarsità di mezzi, i poveri per scarsità di relazioni, i poveri per scarsità di riflessione e discernimento, i poveri per scarsità di stimoli alla conversione…? 3. Gli aderenti dell’Ac sono protagonisti nella “actuosa participatio” (SC 14) alla liturgia? Sono impegnati a rendere vivo e vero il legame tra vita e celebrazione domenicale dell’Eucaristia? Collaborano a rendere accogliente, festosa, serena la celebrazione? Aiutano i preti a non inventare la liturgia (=conoscenza delle regole) e aiutano i fratelli a non subire le celebrazioni? Partecipano con gioia e in modo continuativo alle celebrazioni della propria parrocchia? Sono disposti a servizi liturgici anche poco “visibili” ma significativi per la qualità della celebrazione (preparazione della liturgia, letture, monizioni, canti, gruppo liturgico, formazione liturgica, ecc.)? 44 45 Grafica e stampa SOLLICITUDO arti grafiche - Lodi 46 47