ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA LA DISCIPLINA DEGLI AIUTI DI STATO ALLE IMPRESE FRA SVILUPPO REGIONALE E PRINCIPIO DI COESIONE ECONOMICO SOCIALE ELISA GIUDICE INTRODUZIONE...........................................................................................................................3 1. La nozione di aiuto di Stato nel Trattato e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunita’ Europea. ......................................................................................................................11 2. Gli elementi essenziali degli aiuti di Stato. ..............................................................................17 3. I soggetti....................................................................................................................................19 3.1 Il soggetto attivo: la provenienza dell’aiuto. Il carattere pubblico degli aiuti.....................19 3.1.1 Le nozioni di “Stato” e di aiuto erogato tramite “risorse statali”................................20 3.2 Il soggetto passivo: la destinazione dell’aiuto.....................................................................25 3.2.1 Gli aiuti ai privati. La nozione di impresa comunitaria................................................25 3.2.2 Gli aiuti concessi a favore “di talune imprese o talune produzioni”. Il requisito della selettività. ..............................................................................................................................27 3.2.3 Gli aiuti alle imprese pubbliche: lo Stato imprenditore e il mercato comune..............32 4. L’oggetto dell’aiuto...................................................................................................................38 4.1 Aiuti sotto forma di erogazioni dirette. ....................................................................41 a) Aiuti sotto forma di sovvenzioni.......................................................................................41 b) Aiuti sotto forma di prestiti a tasso agevolato. .................................................................42 c) Aiuti mediante ripianamento di debiti...............................................................................42 4.2 Gli aiuti “negativi” o indiretti. ...................................................................................43 a) Aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali...........................................................................43 b) Aiuti mediante abbuono di interessi. ................................................................................45 c) Aiuti tramite rinuncia alla remunerazione del capitale investito. .....................................45 d) Aiuti tramite cessione di beni di proprieta’ pubblica a condizioni particolarmente favorevoli. .............................................................................................................................46 4.3 Aiuti tramite assunzione di garanzia. ..................................................................................47 4.4 Aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale...................................48 a) Aiuti tramite la realizzazione di infrastrutture. .................................................................49 b) Aiuti tramite propaganda di prodotti nazionali.................................................................50 c) Aiuti tramite determinazione autoritativa di prezzi o tariffe.............................................51 5. Gli effetti degli aiuti ..................................................................................................................53 Conclusioni. Libera concorrenza e riequilibrio territoriale nella disciplina sugli aiuti di Stato alla luce della “prospettiva comunitaria”: i diritti fondamentali e la costruzione del mercato comune europeo. .........................................................................................................................................64 BIBLIOGRAFIA...........................................................................................................................71 INTRODUZIONE La materia degli aiuti di Stato è disciplinata dal Titolo VI del Trattato istitutivo della Comunità europea, contenente “Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni”1. Il Capo I, in particolare, è dedicato alle regole di concorrenza ed è diviso in due sezioni: la prima riguarda le <<regole applicabili alle imprese>>, tutte quelle norme, cioè, volte a vietare accordi, intese o pratiche che abbiano ad oggetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza e quelle che, in presenza di posizione dominante sul mercato di una o più imprese, vietano lo sfruttamento abusivo di tale posizione ovvero tutti quei comportamenti che danneggiano il mercato e i consumatori (tramite l’imposizione, per esempio, da parte dell’impresa monopolista, direttamente o indirettamente, di prezzi di acquisto, di vendita e di altre condizioni non eque, limitando la produzione). La sezione seconda, invece, riguarda gli <<aiuti concessi dagli Stati>> e sancisce come principio generale il divieto di concessione di aiuti alle imprese da parte degli Stati membri della Comunità europea in quanto tali aiuti <<favorendo talune imprese o talune produzioni falsano o minacciano di falsare la concorrenza>> (articolo 87 del Trattato). L’analisi delle disposizioni sulla concorrenza, in particolare della normativa sugli aiuti di Stato, che occupa il presente lavoro, non può prescindere da alcune considerazioni complessive sul processo di integrazione europea e sul significato che ha assunto l’obiettivo dell’instaurazione del mercato unico nel corso di questi quarantasette anni di storia comunitaria. E infatti, l’integrazione europea e’ un processo dinamico nel quale, attraverso i diversi atti istitutivi della Comunità - dai trattati di Roma del 1957, all’Atto Unico del 1986, al trattato di Maastricht del 1992 fino al trattato di Amsterdam del 1997l’integrazione fra gli Stati membri e gli obiettivi della Comunita’ si sono ampliati e sono sempre piu’ cresciuti a dispetto degli “euroscetticismi” e degli ostacoli non indifferenti di natura sia politica che economica. Già l’Atto Unico Europeo, nel 1986, apportava un significativo contributo all’instaurazione del mercato comune ma non rappresentava ancora una spinta decisa verso un livello qualitativamente diverso di integrazione; certamente, con l’adozione di tale Atto si colmavano vistose lacune presenti nei trattati istitutivi che rendevano difficile la realizzazione del mercato comune, avanzando cosi’ nel cammino dell’integrazione economica2. 1 Cosi’ nella nuova versione consolidata del Trattato, seguita al Trattato di Amsterdam; nel Trattato di Maastricht la norme sulla concorrenza erano contenute nel Titolo V. 2 Sull’Atto Unico Europeo e sul dibattito sull’apporto al processo di integrazione europea vedi EHLERMANN C.D., The internal market following the Single European Act, in Common Market Law Review, 1987, p.361 e ss.; critico e’ PESCATORE, Some critical remarks on the E’ invece con il Trattato di Maastricht che, seppure fra tante incertezze, si registra un vero e proprio cambiamento di segno nel processo d’integrazione poiche’ si prevede il passaggio dal mercato comune alla creazione di un’unione economica e monetaria. Si intensifica la collaborazione fra gli Sati membri al fine di coordinare le politiche economiche. Nuove politiche si aggiungono a quelle originariamente di competenza della Comunita’ - l’istruzione, la cultura, la sanita’, la protezione dei consumatori, le reti transeuropee, l’industria - e si delineano la politica estera e di sicurezza e la cooperazione negli affari interni e giudiziari come settori di comune interesse. Le disposizioni sulla cittadinanza dell’Unione aprono un varco per l‘approfondimento del’integrazione europea non soltanto sul piano strettamente economico ma anche su quello politico. L’evolversi del processo di integrazione ha ampi riflessi sul piano dell’interpretazione delle norme del diritto comunitario, di rango sia primario che secondario: la stessa norma, infatti, sarà interpretata diversamente dagli organi comunitari a seconda dello stadio cui e’ giunta l’integrazione europea, poiche’ determinate disposizioni che vietano ovvero consentono certi comportamenti, possono essere orientate nel modo che appare piu’ conforme al raggiungimento degli scopi della Comunita’. Un aspetto significativo dell’evoluzione del processo di integrazione comunitaria va riscontrato non soltanto nel progressivo aumento delle materie di competenza europea (alcune in via esclusiva, altre in via di coamministrazione con gli Stati membri) ma anche nel fatto che le istituzioni comunitarie orientano le politiche esercitate dagli Stati verso il perseguimento degli obiettivi comunitari piuttosto che verso gli obiettivi nazionali. Va infatti osservato che le disposizioni del Trattato non solo necessitano di essere integrate dal diritto secondario, ma lasciano ampi margini di liberta’ alle istituzioni comunitarie deputate alla loro applicazione e/o interpretazione. Quanto detto e’ tanto piu’ vero se si ha riguardo alle norme relative alla concorrenza, trattandosi di un settore che, naturalmente, risente immediatamente di qualsiasi mutamento intervenuto nella struttura della Comunita’ e del mercato comune. Nell’ambito di tali disposizioni, la disciplina sugli aiuti di Stato costituisce un osservatorio particolarmente interessante del processo evolutivo del diritto comunitario e della sua interpretazione, poiche’ tali norme sono disegnate per determinati obiettivi –quali consentire lo sviluppo delle attivita’ d’impresa nelle regioni o nei settori meno favoriti senza alterare la concorrenza ma, al contrario, contribuendo al rafforzamento del mercato interno - il raggiungimento dei quali puo’ richiedere diversi tipi di interventi, che cambiano nel corso del tempo a seconda delle condizioni dell’economia e del mercato e, conseguentemente, un “Single Europea Act”, in Common Market Law Review, 1987, p.9 e ss.; in senso positivo sull’apporto dato dall’Atto Unico all’approfondimento del processo di integrazione BEUTLER, Struttura della Comunita’, in L’Unione europea, a cura di Beutler ed altri, Il Mulino, 1998; atteggiamento di maggiore o minore rigore da parte degli organi comunitari nella valutazione dell’ammissibilita’ degli aiuti. E’, fra l’altro, da sottolineare che gli articoli 87, 88 e 89 del Trattato3 sono caratterizzati da una certa indeterminatezza, poiche’ individuano solo i principi generali che regolano la materia, lasciando all’interprete il compito di riempire i contenuti della disciplina: basti pensare che l’articolo 87 non da’ una definizione di “aiuto”, e che tale nozione va quindi ricostruita attraverso un esame delle fattispecie concrete alla luce delle pronunce della Corte di giustizia e degli atti della Commissione. L’articolo 89 del Trattato al riguardo prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, possa adottare tutti i regolamenti utili al fine dell’applicazione degli articoli 87 e 88, in particolare per l’attuazione delle norme relative alla procedura di notifica degli aiuti alla Commissione di cui all’articolo 88 paragrafo 3 e per fissare le categorie di aiuti dispensati da tale procedura in quanto irrilevanti ai fini degli scambi comunitari. E tuttavia il Consiglio si è servito di tale possibilità per la prima volta solo nel 1998, con l’emanazione del regolamento “delega” alla Commissione per l’individuazione delle categorie di aiuti compatibili con il mercato comune non soggette all’obbligo di notifica nell’ambito di quelle stabilite dal regolamento stesso4, e nel 1999 con l’adozione del regolamento di procedura relativo alla notifica degli aiuti5. Va peraltro sottolineato che intercorrono altri tre anni fra la data di pubblicazione del regolamento delega sopra citato e quella dei primi regolamenti di esenzione, che dispensano dall’obbligo di notifica, a determinate condizioni, gli aiuti alla formazione, gli aiuti c.d. de minimis, quelli alle piccole e medie imprese e, dal 2002, gli aiuti all’occupazione6. Tale ritardo è dovuto al fatto che la Commissione è sempre stata restia ad effettuare questo tipo di elencazioni ritenendo che incoraggerebbe gli Stati a concedere gli aiuti con maggiore facilita’, abusando della possibilita’ di non notificarli. L’interprete che debba applicare le norme sugli aiuti ha, dunque, non poche difficoltà a orientarsi poiche’, a fronte di una disciplina che, come si e’ detto, appronta solo alcune norme di carattere generale, si trova a dovere mettere ordine in una materia estremamente complessa per la varietà di forma in cui si possono 3 Ex articoli 92, 93 e 94, nella versione precedente a quella consolidata del Trattato. Tenere presente la vecchia numerazione degli articoli è importante poiché ad essa fanno riferimento molti atti, decisioni e comunicazioni, della Commissione, sentenze della Corte di giustizia, nonché contributi della dottrina presi in esame in questo lavoro, salvo quelli più recenti. 4 Regolamento CE n.994/1998 del Consiglio del 7 Maggio 1998, in GUCE L 142 del 14/5/1998. 5 Regolamento CE n.659/1999 del Consiglio del 22 Marzo 1999, in GUCE L 83/1 del 27/3/1999. 6 Rispettivamente regolamenti CE n. 68/2001, 69/2001 e 70/2001 della Commissione del 12 gennaio 2001, in GUCE L 10 del 13/1/2001 e regolamento CE n. 2204 /2002 della Commissione del 12 dicembre 2002 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti a favore dell’occupazione, in GUCE L 337 del 13 dicembre 2002. presentare gli aiuti7, i quali peraltro sono spesso mascherati o comunque di difficile individuazione. La necessita’ di capire se un intervento costituisca o meno un aiuto non risponde solo ad esigenze di carattere teorico ma ha soprattutto dei rilevantissimi risvolti sul piano pratico: dalla classificazione di una disposizione come norma di aiuto derivano infatti una serie di obblighi per le istituzioni nazionali - il Parlamento o le assemblee legislative regionali, ovvero anche l’amministrazione attiva a seconda dei casi - l’inadempimento dei quali comporta l’irrogazione di sanzioni da parte della Comunita’. Ci si riferisce, innanzitutto, all’obbligo di notifica alla Commissione europea delle norme che concedono aiuti, la violazione del quale comporta l’iscrizione della norma nel registro degli aiuti non notificati con la conseguenza che la Commissione non ha un termine entro il quale e’ tenuta a pronunciarsi sulla compatibilita’ dell’aiuto con il mercato comune, lasciando in sospeso l’efficacia della norma potenzialmente sine die. Quanto appena detto offre lo spunto per sottolineare che la disciplina degli aiuti costituisce un osservatorio privilegiato per cogliere certi aspetti dell’integrazione europea che mettono in gioco alcune categorie fondamentali dello Stato nazione sovranita’, funzione legislativa - e inducono a qualche considerazione sulla validita’ di tali categorie e sulla possibilita’ di continuare a utilizzarle. Si e’ accennato al fatto che le norme che istituiscono aiuti di Stato vanno notificate alla Commissione europea, l’articolo 88 paragrafo 3 del Trattato infatti stabilisce che << alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perche’ presenti le sue osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare aiuti >>. La disposizione prescrive dunque un obbligo – quello di comunicare alla Commissione i progetti di aiuto - ma non chiarisce ne’ le modalita’ con cui deve avvenire tale comunicazione8 ne’ il momento in cui l’aiuto va comunicato9. Sia la Corte di giustizia che la Commissione hanno poi precisato che non basta che l’aiuto in qualche modo sia noto alla Commissione ma che e’ necessario che lo Stato proceda ad una formale notifica10 e che la comunicazione deve avere carattere preventivo11. L’aiuto va dunque notificato quando ancora la norma non e’ divenuta legge (così, 7 Un aiuto puo’ infatti essere erogato in forma di sovvenzione diretta, con prestiti di danaro a tassi particolarmente bassi, ovvero anche indirettamente, sotto forma di garanzia dell’attivita’ d’inpresa da parte dell’ente pubblico, o ancora in altri modi meno trasparenti (sul punto si tornera’ piu’ avanti). 8 Se sia sufficiente, per esempio, una comunicazione informale, o il fatto della notorieta’ dell’aiuto; v. al riguardo ORLANDI, “Aiuti di Stato mediante conferimento di capitale alle imprese”, nota alla sentenza “Alfa Romeo”, in Giurisprudenza di merito, n.2, 1993, p.543. 9 Se durante il procedimento legislativo, ovvero prima che il disegno di legge venga inviato alle Camere, ovvero ancora in un altro momento. 10 Cosi’ la Corte di giustizia nella sentenza “Lorenz” dell’11 dicembre 1973, in causa 120/73, in Raccolta 1973, p.1471, punto 4 della motivazione; v. anche la sentenza “Boussac” del 14 febbraio 1990, in causa C 301/87, in Raccolta 1990-2, p.307. 11 La Commissione ha invitato esplicitamente gli Stati membri a notificare gli aiuti ancora allo stadio di progetto nella lettera loro inviata il 4 marzo 1991, SG (91) 4576. per esempio, se si tratta di un disegno di legge di iniziativa governativa, si potrebbe stabilire che deve esso essere notificato dopo che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, ovvero in un momento successivo, quale potrebbe essere quello dell’approvazione definitiva del testo da parte della Commissione legislativa competente12) al fine di consentire alla Commissione di esaminare la norma, raccogliere tutte le informazioni necessarie e inviare le sue osservazioni allo Stato per suggerire eventualmente la modifica o la soppressione della disposizione qualora ritenga che l’aiuto non sia compatibile con il mercato comune13. Cio’ vuol dire che la Commissione interviene attivamente nel procedimento legislativo con un ruolo che non e’ affatto secondario, poiche’ i “suggerimenti” allo Stato si profilano in punto di fatto (anche se non in diritto) obbligatori, in quanto il loro mancato rispetto darebbe certamente luogo a censura da parte della Commissione in un secondo momento. E’ allora da chiedersi se il procedimento legislativo sia ancora quello delineato dagli articoli 70 e seguenti della Costituzione o se invece non abbia subito dei mutamenti profondi a seguito del processo di integrazione europea. E’ noto che la ratifica dei Trattati di Roma ha comportato una cessione di sovranita’ da parte degli Stati membri nei confronti delle istituzioni comunitarie, e tuttavia e’ da chiedersi fino a che punto i mutamenti avvenuti a seguito dell’approfondimento del processo di integrazione abbiano lasciato inalterata la struttura costituzionale dello Stato e se sia ancora possibile continuare a utilizzare le categorie classiche che danno conto dei poteri e delle funzioni dello Stato nazione14. << La funzione legislativa e’ esercitata collettivamente dalle due Camere (art.70 Cost.) >> : si puo’ ancora considerare questa disposizione rispondente a vero se, come si e’ visto, fra gli attori del procedimento legislativo entra a far parte a pieno titolo, in una condizione quasi di supremazia, la Commissione europea15? Senza contare che la Commissione e’ un organo non elettivo, poiche’ i suoi membri sono designati dai Governi degli Stati, e dunque in qualche modo espressione dell’esecutivo, sebbene sia un organo caratterizzato da assoluta indipendenza. Sembra cosi’ incrinarsi uno dei cardini dello Stato moderno, il nesso fra rappresentativita’ e funzione legislativa, e puo’ affermarsi che di potesta’ legislativa in senso pieno si puo’ ancora parlare soltanto per quelle materie non attratte dalla competenza della 12 L’individuazione, nell’ambito del procedimento legislativo, del momento in cui va notificato l’aiuto è lasciata naturalmente alla disciplina interna degli Stati membri o delle autonomie territoriali che concedono gli aiuti. 13 Vedi sentenze della Corte di giustizia 30 giugno 1992 in causa C 312/90 <<Royaume d’Espagne contre Commission des Communautes europeennes>> , e 30 giugno 1992 in causa C 47/91 << Republique italienne contre Commission des Communautes europeennes>>, in Raccolta 1992. 14 Vedi in tal senso CASSESE S., Gli Stati nella rete internazionale dei poteri pubblici, in Riv.trim.dir.pubbl., 1999. 15 Sempre più frequentemente infatti, prima dell’approvazione, ha luogo una vera e propria negoziazione dei testi legislativi da parte dell’istituzione legislativa coinvolta e i funzionari della Commissione, con una commistione fra l’esercizio del potere politico da parte dei rappresentanti eletti dal popolo e lo svolgimento della funzione “di controllo” da parte dei tecnici. Comunita’ europea. Non va trascurata al riguardo la capacita’ autoespansiva delle competenze comunitarie, in virtu’ del carattere elastico di molte norme del Trattato e di alcuni suoi principi (per esempio quello di sussidiarieta’) talche’ e’ stato detto che “no core activity of state function could be seen any longer as still constitutionally immune from Community action and also no sphere of the material competence could be excluded from the Community acting under Article 235”16 E’ da dire, inoltre, che spesso il Parlamento approva le leggi che istituiscono aiuti prima che la Commissione europea ne abbia completato l’esame. Si pone cosi’ il problema di stabilire quale sia l’efficacia da attribuire alle norme che prevedono regimi di aiuto: si tratta infatti di norme formalmente perfette e che pero’ non solo non possono entrare in vigore finche’ la Commissione non abbia dato il suo assenso, ma che espongono lo Stato a serie conseguenze per il fatto stesso della loro approvazione. Infatti, anche se quest’ultimo non ha dato luogo all’erogazione dell’aiuto, la Commissione ha il potere di attivarsi d’ufficio e iscrivere la norma nel registro degli aiuti non notificati con la conseguenza che non e’ piu’ tenuta a pronunciarsi entro un termine determinato sull’ammissibilita’ dell’aiuto, sospendendo l’efficacia della norma indefinitamente17; la Corte di giustizia ha inoltre condannato lo Stato italiano per non avere abrogato formalmente una legge che istituiva alcuni aiuti anche se questi di fatto non erano stati versati “poiche’ rimarrebbe sempre il rischio che essi lo siano a posteriori”18: il mero esercizio della funzione legislativa puo’ essere dunque fonte di responsabilita’ dello Stato di fronte agli organi comunitari ed esporlo ad una condanna. Sembra dunque di potere affermare che, a dispetto di ogni dibattito politico o dottrinale sulle riforme istituzionali, l’avanzare del processo di integrazione ha gia’ apportato “silenziosamente” dei profondi cambiamenti all’assetto costituzionale, senza il rispetto delle procedure di cui all’articolo 138 della Costituzione. Peraltro, mentre i mutamenti introdotti dalle disposizioni del Trattato relative alle fonti del diritto o agli organi comunitari sono di immediata percezione e sono stati oggetto di negoziazione fra gli Stati e di conoscenza da parte dell’opinione pubblica, lo stesso non puo’ dirsi per le implicazioni costituzionali di disposizioni, come quelle sugli aiuti, che poco sembrano avere a che fare con il tema della struttura istituzionale dello Stato, attenendo propriamente alla materia dei rapporti economici. E’ stato osservato che la cessione di ampie quote della sovranita’ statale, sebbene sia avvenuta nei confronti della Comunità europea, in realta’ ha trasferito ai Paesi piu’ forti il potere di incidere sulle scelte comunitarie, data la loro maggiore capacita’ di influenza sul mercato comune, venendo meno sul piano 16 WEILER J., The transformation of Europe, 1991, in The Yale Law Journal. Proprio per evitare l’iscrizione nel registro degli aiuti illegali, le norme di aiuto contengono la c.d. clausola di salvaguardia, che sospende l’efficacia della disposizione fino a quando la Commissione non abbia terminato il procedimento di controllo e autorizzato l’aiuto. 18 Sentenza 19 giugno 1973, in causa 77/72, <<Carmine Capolongo contro Azienda Agricola Maya>>, in Raccolta 1973, p.611. 17 sostanziale quella reciprocita’ di cui all’articolo 11 della Costituzione, che giustifica una simile perdita di poteri19. Quanto detto ovviamente non vuol dire che il processo di integrazione europea vada arrestato, o ridimensionato, ma serve a denunciare, ancora una volta, la necessita’ di colmare il deficit democratico delle istituzioni comunitarie, proseguendo in tal senso nel cammino tracciato con i trattati di Maastricht e di Amsterdam, si da’ rendere pienamente efficace la disposizione secondo cui “la sovranita’ emana dal popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Tale deficit va colmato non solo introducendo delle modifiche sul piano strettamente istituzionale, ma ancor piu’ facendo in modo da realizzare gli obiettivi dello sviluppo armonioso del mercato di cui all’articolo 2 TUE attraverso il riequilibrio territoriale e la coesione economico - sociale, in modo da riportare gli Stati membri in una situazione di sostanziale parita’ riguardo alla capacita’ di influenza sul mercato e sulle scelte comuni . Non a caso il rafforzamento della coesione economico - sociale della Comunita’ previsto dall’Atto Unico Europeo (art. 130 a 20) e’ stato promosso dal Trattato di Maastricht fra gli obiettivi della Comunita’ (art. 2). Come ha evidenziato il Rapporto affidato dalla Commissione al gruppo di lavoro guidato da PadoaSchioppa21, e’ necessario che le politiche comunitarie vadano oltre la mera vigilanza sul corretto funzionamento del mercato poiche’ non e’ detto che i benefici derivanti dall’apertura del mercato si distribuiscano con equita’. E’ in tale prospettiva che vanno guardate le norme comunitarie sugli aiuti di Stato. E’ infatti per tale motivo che gli aiuti statali alle imprese non sono stati vietati del tutto dai Trattati, poiche’ ci si e’ resi conto di alcuni squilibri oggettivi esistenti fra determinate regioni o fra certi settori produttivi. E tuttavia non va trascurato il fatto che gli aiuti possono anche condurre a risultati opposti, impedendo lo sviluppo armonioso della Comunita’ a causa del mantenimento artificioso in vita di imprese che non sarebbero in grado di sopravvivere da sole ne’ di contribuire a creare sviluppo nelle regioni in cui operano. Il presente lavoro prende quindi in esame la materia degli aiuti di Stato e la politica attuata dalla Commissione europea alla luce dei principi della liberta’ di concorrenza, dell’obiettivo della coesione economico sociale e del riequilibrio territoriale, per verificare come essi si compongano nell’ambito del processo di integrazione al fine di coniugare lo sviluppo del mercato con la tutela dei diritti fondamentali della persona umana. L’elasticita’ delle disposizioni del Trattato fa sì che la politica di concorrenza, di cui fa parte la materia degli aiuti di Stato, costituisca una forte leva in mano agli 19 GUARINO G., Pubblico e privato nell’economia. La sovranita’ tra Costituzione ed istituzioni comunitarie, in Quaderni Costituzionali, n.1, 1992, p.55. 20 Art. 130 a: << Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economico sociale >>. 21 PADOA-SCHIOPPA T. ed altri, Efficienza, stabilita’ ed equita’, 1987, il Mulino. organi comunitari per la tutela di due diritti fondamentali: la liberta’ di impresa e il diritto allo sviluppo territoriale. Quanto alla prima, gli aiuti possono contribuire sia alla promozione della liberta’ di iniziativa economica (nella misura in cui contribuiscano a compensare degli svantaggi oggettivi in cui si trovano alcune imprese a causa della loro localizzazione) sia alla compressione della stessa, qualora servano solo a mantenere in vita imprese inefficienti, alterando le condizioni del mercato. Quanto al secondo, va esaminato come la politica di concorrenza possa incidere fortemente sul diritto allo sviluppo e, soprattutto, sul diritto alla gestione dello sviluppo del territorio da parte delle autonomie territoriali. E’ di fondamentale importanza che la politica di concorrenza non sia calata dall’alto ma venga amministrata a piu’ livelli con una effettiva applicazione del principio di sussidiarieta’, lasciando ai livelli piu’ alti di governo solo le questioni che non possano essere gestite efficientemente a livello inferiore22. Dopo Maastricht l’integrazione europea ha fatto un salto qualitativo poiche’ l’instaurazione del mercato comune e dell’unione economica e monetaria sono strumenti per rafforzare all’interno dell’Europa la tutela dei diritti dell’uomo promuovendo uno “sviluppo sostenibile” attraverso “una crescita sostenibile,un elevato livello di protezione dell’ambiente e il miglioramento di quest’ultimo, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento della qualita’ della vita, la coesione economico-sociale e la solidarieta’ fra gli Stati membri” (art.2 TUE). 22 Opportunita’ segnalata varie volte da piu’ parti, v. in tal senso PADOA-SCHIOPPA T. ed altri, Efficienza, stabilita’ ed equita’, cit. 1. La nozione di aiuto di Stato nel Trattato e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunita’ Europea. L’articolo 87 del Trattato non da’ una definizione di aiuto di Stato, ma si limita a sancirne l’incompatibilita’, a determinate condizioni, con il mercato comune. L’art. 87 par.1 TUE stabilisce infatti che: << Salvo deroghe contemplate dal presente Trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi fra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.>>. Trovare una definizione di aiuto che possa ricomprendere l’ampia varieta’ di misure ricadenti nell’ambito dell’articolo 87 del Trattato non e’ facile, in quanto le condizioni richieste affinche’ un intervento possa essere qualificato come aiuto sono talmente generiche che qualsiasi vantaggio/beneficio apportato ad un’impresa tramite risorse statali, sotto qualsiasi forma, potrebbe ricadere nelle previsioni della norma23. Non e’ d’ausilio in tal senso neanche la legislazione secondaria, poiche’ la Commissione non ha mai elaborato una definizione di aiuto di Stato, preferendo, volta per volta, rintracciare nella fattispecie concreta gli elementi per sussumerla nell’articolo 87 TUE. Nelle comunicazioni della Commissione, dunque, si trovano facilmente elencazioni di casi concreti che integrano la fattispecie dell’aiuto, ma di quest’ultimo non viene mai puntualizzata la nozione.24 Il Consiglio, d’altra parte, servendosi del potere conferitogli dall’articolo 94 del Trattato - ai sensi del quale << puo’ stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dell’applicazione degli artt. 87 e 93 >> ha emanato solo nel marzo del 1999 il regolamento di procedura relativo alla notifica degli aiuti25. L’emanazione di tale regolamento avrebbe costituito finalmente una buona occasione per fornire una definizione di aiuto, eppure nè il Consiglio nè la Commissione (su cui proposta il regolamento viene emanato) hanno voluto cogliere quest’opportunita’: l’articolo 1 del regolamento infatti recita <<si intende per “aiuti” qualsiasi misura rispondente ai criteri stabiliti dall’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato>>, nulla aggiungendo a quanto non fosse gia’ stabilito. Tale scelta conferma la politica seguita dalla Commissione orientata, come si e’ detto, piuttosto alla qualificazione dei casi 23 Cfr. MOLINA J., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in Riv.it.dir.pubbl.com., 3-4, 1998, p.561 e ss; v. anche CASPARI, “State aids in the EEC”, in HAWK (ed.) Antitrust and Trade Policies of the EEC, Fordham Corporate Law Institute, New York, 1984. 24 Cosi’ la Commissione in una comunicazione del 1963 ha inquadrato nella categoria degli aiuti le sovvenzioni vere e proprie, sotto forma di contributi in danaro da non restituire; le coperture di perdite; le esenzioni fiscali. 25 Regolamento CE n.659/1999 del 22 Marzo 1999, in GUCE L 83/1 del 27/3/1999, cit. concreti come compatibili o meno con il mercato comune, a seconda della ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 87. D’altra parte e’ stato osservato che una definizione di aiuto nel Trattato “non sarebbe ne’ possibile ne’ utile, poiche’ definizioni precise potrebbero risolversi in una restrizione della nozione di aiuto”, ed è stata sottolineata invece l’opportunita’ di dare una definizione piu’ ampia <<affinche’ l’art.87 del Trattato possa efficacemente contribuire a tutelare la concorrenza all’interno del mercato comune>>26. La delimitazione della nozione di aiuto tuttavia e’ necessaria, non tanto a scopi meramente accademici, quanto perche’ tale concetto definisce i confini della giurisdizione comunitaria sulle misure adottate dagli Stati membri: tutte le misure qualificabili come aiuti, infatti, devono passare al preventivo vaglio della Commissione ed, eventualmente, a quello successivo della Corte. Vanno, fra l’altro, distinti gli aiuti da altre misure analoghe. Il caso piu’ evidente e’ quello delle misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative alle importazioni, che ricadono nell’ambito di altre previsioni del Trattato, e sono fonte di precise responsabilita’ da parte degli Stati nei confronti delle istituzioni comunitarie27. In dottrina sono state date diverse definizioni di aiuto, ognuna delle quali pone l’accento su uno o piu’ aspetti caratterizzanti, ritenuti decisivi ai fini qualificatori. E’ stato sottolineato, così, il vantaggio o beneficio che l’impresa riceve28. Costituiscono cioe’ aiuti tutte le forme di sussidi o stimoli alla produzione o alla distribuzione dei beni29. E tuttavia, se il beneficio economico - finanziario a vantaggio dell’impresa e’ senz’altro un’aspetto fondamentale del concetto di aiuto, esso non puo’ da solo 26 Cosi’ l’avvocato generale Lenz nelle conclusioni alla sentenza 10 luglio 1986, in causa 234/84. SCHINA D., State aids under the EEC Teraty Articles 92 to 94, ESC, Oxford, 1987, rileva che se gli Stati membri fossero a conoscenza di una precisa e ben definita nozione di aiuto, presto sarebbero in grado di approntare misure con caratteri tali da sfuggire a tale nozione. 27 Gli aiuti di Stato hanno, normalmente, incidenza sugli scambi fra gli Stati membri. Essi dunque possono provocare sul commercio internazionale effetti simili a quelli dei dazi doganali, ovvero a quelli di restrizioni quantitative alle importazioni, entrambi banditi dal Trattato. L’articolo 13 infatti dispone che << I dazi doganali all’importazione, in vigore tra gli Stati membri, sono progressivamente aboliti..>>; l’articolo 30 sancisce che <<sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonche’ qualsiasi misura di effetto equivalente>>. Come chiarito dalla Corte di Giustizia tutte le norme relative alle barriere fiscali, nonche’ quelle sugli aiuti, “perseguono un obiettivo comune, quello di garantire la libera circolazione delle merci tra Stati membri in condizioni di concorrenza normali” (sentenza 7 maggio 1985, in causa 18/84, “Commissione delle Comunita’ europee contro Repubblica francese”, in Raccolta 1985 4, p.133). 28 ORLANDI M., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, p.129. Nello stesso senso anche MATTERA RICIGLIANO A., Il Mercato unico Europeo, Torino, 1990; FRIGNANI A. e WAELBROECK M., Disciplina della concorrenza nella CEE, Jovene, 1996. 29 Cosi’ LEANZA, Commento all’articolo 92 del Trattato, in Commentario CEE, Giuffre’, 1965; bastare ai fini dell’applicazione corretta dell’articolo 87, poiche’ altri elementi sono necessari. Alcuni hanno posto l’accento, per esempio, sul carattere della gratuita’ dell’aiuto30, altri invece hanno considerato decisiva la selettivita’ della misura. A quest’ultimo proposito va osservato che la selettivita’ implica che l’aiuto sia rivolto a favorire “talune imprese o talune produzioni” poiche’, qualora si tratti di un intervento volto a migliorare l’economia nel suo complesso, esso non ricade nelle previsioni dell’articolo 87 e potrebbe costituire, per esempio, una misura di carattere generale. La giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla definizione di aiuto di Stato è, ovviamente, copiosa e riguarda anch’essa, volta per volta, i singoli aspetti che caratterizzano gli aiuti, che la Corte ha precisato in relazione al caso concreto. La pronuncia piu’ famosa e’ forse quella con cui la Corte ha tracciato la distinzione fra la nozione di aiuto e quella di sovvenzione. Quest’ultima e’ stata definita come una <<prestazione in denaro o natura concessa per sostenere un’impresa indipendentemente da quanto i clienti di questa pagano per i beni o servizi da essa prodotti>>. Secondo la Corte, la sovvenzione costituisce solo una delle modalita’ in cui si puo’ esplicare un aiuto, poiche’ questo ricomprende <<non soltanto delle prestazioni positive e del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti>>31. Riguardo al carattere della selettivita’ dell’aiuto, la Corte ha avuto modo di precisare che l’espressione “talune imprese o produzioni” di cui all’articolo 87 si riferisce sia al fatto che destinatarie dell’aiuto siano imprese private, sia all’ipotesi in cui beneficiarie dovessero essere imprese pubbliche, compresi gli enti pubblici senza scopo di lucro. Cio’, infatti, non farebbe venir meno la qualificazione dell’intervento come norma di aiuto, soggetta pertanto al giudizio di compatibilita’ con il mercato comune da parte della Commissione32. Uno degli elementi costitutivi della nozione di aiuto, come si e’ detto, e’ la gratuita’. Nella sentenza “Denkavit” la Corte ha ribadito tale carattere, affermando che l’aiuto per essere tale deve essere privo di contropartita33. Così, per esempio, la 30 SCHINA D., op. cit., sottolinea che un elemento decisivo e’ il fatto che, per chi eroga l’aiuto, non vi sia un ritorno. 31 Sentenza “De Gezamenlijke Steenkolenmijnen” 23 febbraio 1961, in causa 30/59, in Raccolta 1961, p.3. Tale sentenza in realta’ si riferiva alle disposizioni del Trattato CECA, ma e’ stata in seguito piu’ volte richiamata dalla Corte in relazione alle disposizioni dell’articolo 87 del Trattato CEE. 32 Sentenza “Steineke und Weinlig” 22 marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1977, p.595. Sul punto si tornera’ piu’ avanti. 33 Cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Reischl alla sentenza “Amministrazione delle finanze dello Stato contro Denkavit italiana s.r.l.”, 27 marzo 1980, in Raccolta 1980, p.1205. Quanto alla gratuita’, la Corte ha affermato che e’ da considerare gratuito anche un intervento fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un’impresa pubblica alle sue controllate di diritto privato senza controprestazione configura un aiuto ai sensi dell’articolo 8734. Un altro elemento necessario affinché si possa dire di essere in presenza di un aiuto è il fatto che il beneficio sia erogato dallo Stato o tramite risorse statali. Quest’ultima espressione, in particolare, ha consentito alla Corte di affermare che nella previsione dell’articolo 87 rientrano tutti i contributi o le agevolazioni concesse dallo Stato sia direttamente che indirettamente, anche tramite societa’ private da esso controllate35. La nozione di aiuto e’ stata, dunque, nel tempo definita dalla Corte con una precisione sempre maggiore per cio’ che concerne i suoi singoli aspetti, ma non e’ mai stata data una definizione esaustiva che ricomprendesse tali aspetti unitariamente. Cio’, si ritiene, è avvenuto per due ordini di ragioni. Innanzitutto hanno giocato al riguardo considerazioni di opportunita’. Come si è detto, infatti, la Corte ha ritenuto che una delimitazione del concetto di aiuto si presterebbe a successive evasioni della disciplina di controllo da parte degli Stati36. In secondo luogo, e’ nella natura stessa della materia l’impossibilita’ di racchiudere in una definizione unitaria tutte le misure riconducibili agli aiuti alle imprese, poiche’ questi possono essere erogati nelle forme piu’ disparate, non tipizzabili a priori. E’ per questo che il criterio adottato dalla Corte e dalla Commissione e’ sostanzialmente quello funzionale, in virtù del quale rilevano, ai fini della valutazione di compatibilita’ con il mercato comune, essenzialmente gli effetti della misura sottoposta al giudizio degli organi comunitari, cioe’ l’idoneita’ della stessa ad incidere sugli scambi e ad alterare la libera concorrenza. Nella sentenza “Deufil” la Corte espressamente afferma: <<l’articolo 92 ha lo scopo di evitare che gli scambi fra Stati membri siano pregiudicati da vantaggi consentiti dalle pubbliche autorita’ i quali, sotto varie forme, alterino o minaccino di alterare la concorrenza favorendo talune imprese o che sia finanziato, in tutto o in parte, da contributi imposti dalla stessa autorita’ alle imprese; sent. “Steineke”, cit. 34 Sentenza 11 luglio 1996 “Syndacat francais de l’Express international (SFEI) e altri c/ La Poste e altri”, in causa C –39/94. in Raccolta 1996. 35 Ancora nella sentenza “Steinike”, cit., la Corte ha affermato che “il divieto di cui all’articolo 92, paragrafo 1, riguarda il complesso degli aiuti concessi dagli Stati o mediante risorse statali, prescindendo dalla distinzione tra l’aiuto concesso direttamente dallo Stato e quello concesso da enti pubblici o privati che esso istituisce o designa al fine della gestione”. Sul requisito della provenienza delle risorse dallo Stato si tornera’ piu’ diffusamente in seguito. Si vedra’, infatti, come la Corte abbia interpretato con larghezza tale requisito, tant’e che e’ stato detto che “anche la statalita’ di secondo grado” integra il requisito dell’aiuto vietato, cfr. CAPUTI JAMBRENGHI V., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario vivente, in Riv.it.dirpubbl.com., 6, 1998, p.1259. 36 Cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Lenz alla sentenza 10 luglio 1986, cit. determinati prodotti. Questo articolo non distingue quindi a seconda delle cause o degli scopi degli interventi, bensi’ li definisce in relazione ai loro effetti>>37. Il criterio funzionale, sebbene di fondamentale importanza, non e’ tuttavia sufficiente ad orientare del tutto l’attivita’ dell’interprete che si trovi ad applicare le disposizioni di cui agli articoli 87 e 88 del Trattato38. Si e’ accennato al fatto che gli aiuti possono avere effetti analoghi a quelli derivanti da altre misure, per esempio le restrizioni quantitative alle importazioni. Vi sono poi altri interventi che possono provocare alterazioni al mercato concorrenziale e che tuttavia non sono qualificabili come aiuti perche’ mancano di alcuni elementi caratterizzanti ai sensi dell’articolo 87 TUE.39 Non sempre, quindi, l’analisi degli effetti di una misura puo’ essere sufficiente ad inquadrare la fattispecie concreta nell’ambito degli articoli 87 e 88, essendovi situazioni che hanno identici o analoghi effetti e che pero’ ricadono sotto altre previsioni del Trattato. Il problema del corretto inquadramento di una fattispecie nell’una o nell’altra norma del Trattato non e’ di secondaria importanza poiche’ da esso derivano precisi e differenti obblighi per gli Stati che erogano le misure, l’inadempimento dei quali e’ fonte di responsabilita’ nei confronti delle istituzioni comunitarie40. Il punto di vista della Commissione e’ essenzialmente quello di chi deve valutare la compatibilita’ di una misura con il mercato comune, essendo l’organo istituzionalmente deputato ad evitare che il mercato possa subire pregiudizi a causa di azioni degli Stati che alterino la concorrenza. La Commissione e’ dunque chiamata a compiere due tipi di operazioni: 37 Sentenza “Deufil c. Commissione”, 24 febbraio 1987, in causa 310/85, in Raccolta, 1987, p.901; cfr. anche la sentenza 2 luglio 1974, in causa 173/73, in Raccolta, 1974, p.709. 38 E’ importante sottolineare che l’interprete deputato all’applicazione degli articoli del Trattato non e’ solo il funzionario dell’amministrazione attiva, o il magistrato nell’ambito di eventuali controversie sorte sull’erogazione di aiuti alle imprese, ma e’ innanzitutto il legislatore. Quest’ultimo infatti e’ chiamato a confrontarsi con tali disposizioni nell’esercizio della funzione legislativa poiche’ esse costituiscono un limite alla funzione stessa, non potendo quest'ultima esplicarsi nell’emanazione di norme contrastanti con le previsioni del Trattato. 39 E’ il caso delle misure generali, di cui si e’ detto sopra, che mancano del carattere della selettivita’. 40 Si ponga il caso che l’interprete qualifichi una misura di carattere generale, e dunque non rientrante nell’ambito di applicazione degli articoli 87 e 88 TUE. Cio’ comportera’ che questi non procedera’ alla notifica della misura alla Commissione. Qualora quest’ultima, venuta a conoscenza della misura, decida di qualificarla come intervento di aiuto, iscrivera’ la stessa nel registro degli aiuti non notificati, con la conseguenza che non sara’ piu’ tenuta a pronunciarsi sulla compatibilita’ della misura entro il termine di due mesi. In alcune ipotesi la Commissione ha addirittura ritenuto che la mancata notifica possa essere causa sufficiente per dichiarare l’aiuto incompatibile, senza necessita’ di entrare nel merito della valutazione dell’aiuto. Al riguardo tuttavia la Corte di Giustizia ha stabilito che i vizi procedurali, ossia la mancata notifica, non comportano automaticamente l’illegittimità dell’aiuto e che la Commissione è tenuta a esaminarlo sulla base degli elementi in suo possesso, cfr. la sentenza “Boussac”, in causa C301/87 del 14/2/1990. - la qualificazione giuridica della fattispecie concreta come aiuto di Stato, che comporta la verifica se un dato provvedimento posto in essere da uno Stato membro presenti tutti gli elementi necessari ai sensi dell’articolo 87 TUE; - la valutazione, in un secondo momento, dell’aiuto stesso; tale operazione e’ di carattere in parte giuridico, ma soprattutto politico poiché consiste nel soppesare il grado di compatibilita’ dell’aiuto con il mercato e la politica di concorrenza comunitaria. E’ soprattutto questo il compito della Commissione, quello di portare avanti gli obiettivi della politica di concorrenza e di evitare che questi possano essere vanificati dall’azione degli Stati. E’ chiaro che, in questa prospettiva, cio’ che piu’ interessa sono gli effetti di una misura. In un’analisi di tipo teorico, invece, che voglia contribuire a orientare l’interprete chiamato ad applicare le norme del Trattato, il criterio funzionale puo’ ben essere utilizzato ma non e’ sufficiente, poiche’ per qualificare una misura come “aiuto” ai sensi dell’articolo 87 TUE, come si è osservato, al di la’ degli effetti, e’ necessario che siano presenti alcuni elementi individuati, seppure in maniera generica, dalla norma stessa. Si e’ cercato, quindi, nel prosieguo della trattazione di dare una sistematizzazione alla materia che consenta di focalizzare gli elementi essenziali nell’ambito della nozione di aiuto di Stato. Ciò al fine di superare le difficolta’ legate al fatto che gli aiuti possono essere erogati sotto forme diverse, con provvedimenti la cui finalita’ non e’ sempre chiara o trasparente, e di disporre di strumenti classificatori che consentano di orientarsi al fine di inquadrare correttamente la fattispecie. Una volta stabilito che una misura puo’ essere qualificata come aiuto è necessario valutare il grado di compatibilita’ della stessa con il mercato concorrenziale. Sebbene infatti tale giudizio spetti alla Commissione, risponde a criteri di economicità ed efficienza, da parte di uno Stato membro che voglia adottare una misura agevolativa, cercare di configurare tale misura in modo tale da soddisfare le condizioni di compatibilità comunitaria e potere quindi ottenere la relativa autorizzazione da parte della Comunità europea. Nel corso dell’analisi si vedrà come, nel giudizio di compatibilità entrino in gioco sia considerazioni di carattere giuridico, poiche’ il Trattato individua alcune condizioni di ammissibilita’ degli aiuti, ma soprattutto valutazioni di carattere politico. E’ la stessa Corte di Giustizia ad affermare che <<l’accertamento della compatibilità o dell’incompatibilità con il mercato comune di un aiuto statale solleva problemi che implicano la valutazione di fatti e circostanze complesse atte a modificarsi rapidamente>>41. Tale accertamento, quindi, pur essendo ancorato a criteri individuati sia dal Trattato che dalla Commissione e dalla Corte, e’ soggetto a mutamenti nel corso del tempo e rende difficile stabilire con certezza a priori se 41 Sentenza 11 luglio 1996 “Syndacat francais de l’Express international (SFEI) e altri c/ La Poste e altri”, cit. un aiuto sara’ considerato dalle istituzioni comunitarie compatibile o meno con il mercato comune. 2. Gli elementi essenziali degli aiuti di Stato. Costituiscono elementi essenziali della nozione di aiuto di Stato quelli che possono essere individuati come i caratteri qualificativi della fattispecie alla luce del dettato dell’articolo 87 TUE e di cio’ che e’ stato precisato, nel tempo, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e dagli atti della Commissione. Di fronte ad una misura agevolativa posta in essere da uno Stato la prima cosa da fare e’, dunque, verificare se in essa siano presenti tutti gli elementi costitutivi, poiche’ la mancanza di uno solo di essi impedisce che tale misura possa essere qualificata come “aiuto” ai sensi dell’articolo 87 del Trattato ed essa non andrà, dunque, notificata alla Commissione europea. Va dunque accertato che vi sia: a) un beneficio o vantaggio di carattere economico ; b) che tale beneficio sia erogato dallo Stato o tramite risorse statali; c) che esso sia selettivo e cioè favorisca una o più imprese (<<talune imprese o talune produzioni>> art. 87 TUE); d) che sia di natura tale da alterare gli scambi fra gli Stati membri e falsare, anche potenzialmente, la concorrenza. Tali elementi possono essere ricondotti sostanzialmente a tre: 1) i soggetti, attivi e passivi; 2) l’oggetto; 3) gli effetti. Riguardo al primo degli elementi costitutivi, e’ necessario che nella fattispecie siano presenti un soggetto attivo, erogatore dell’aiuto, e un soggetto passivo, beneficiario. L’articolo 87 dispone che sono incompatibili con il Trattato “gli aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali”. Si precisera’ meglio in seguito come vada intesa tale espressione, per ora basti rilevare che in ogni caso e’ necessario, ai fini della qualificazione dell’intervento come aiuto, che esso sia riconducibile, direttamente o indirettamente, a risorse pubbliche. Quanto al soggetto passivo, perche’ una misura possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 87 piuttosto che in quello di altre disposizioni del Trattato e’ necessario che presenti il carattere della selettivita’ e cioe’ che siano individuabili uno o piu’ destinatari determinati, o soggetti passivi della fattispecie. Il secondo elemento e’ dato dall’oggetto o contenuto della fattispecie di aiuto, e cioe’ dalla presenza di un beneficio o vantaggio a favore di alcuni soggetti. Si sono individuati alcuni contenuti tipici, in base alle diverse tipologie in cui si manifesta l’intervento pubblico 42. Si è scelto di raggruppare tali contenuti in quattro categorie - aiuti sotto forma di erogazione diretta, aiuti negativi o indiretti, aiuti tramite prestazione di garanzia, aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale - a seconda che richiedano interventi attivi da parte dello Stato, ovvero rinunce o altri tipi di prestazioni. Il terzo degli elementi costitutivi della fattispecie dell’aiuto consiste negli effetti che questa produce o e’ suscettibile di produrre. In particolare va analizzato se essa, oltre che apportare alterazioni alla libera concorrenza negli scambi infra-comunitari fra gli Stati membri, non abbia altri effetti e non rientri quindi nel campo di applicazione di altre norme del Trattato. Si e’ scelto di porre gli effetti dell’aiuto fra gli elementi essenziali che lo costituiscono per agevolare l’identificazione della fattispecie, rendendo immediatamente chiari tutti gli aspetti che giocano un ruolo determinante nell’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato. E’ stato pero’ discusso se gli effetti possano essere considerati fra gli elementi costitutivi degli aiuti43, probabilmente essi andrebbero piu’ correttamente posti al livello di interpretazione che attiene alla valutazione del grado di compatibilita’ con il mercato comune. In verita’, la valutazione degli effetti fa da cerniera fra i due momenti che fanno parte dell’attivita’ di interpretazione - applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato poiche’, se e’ vero che essa attiene alla fase in cui va stabilito il grado di compatibilita’ degli aiuti, e’ vero anche che un primo giudizio va formulato da parte dello Stato che predispone la misura, poiche’ vi sono dei casi in cui e’ palese che essa non ha nulla a che fare con gli scambi infra-comunitari, ovvero che, pur riguardando il commercio fra gli Stati, produce effetti irrilevanti e non va quindi notificata alla Commissione44. 42 La piu’ nota e facilmente riconoscibile e’ la sovvenzione. Altre tipologie sono costituite, per esempio, dai prestiti a tasso agevolato, oppure dalle esenzioni fiscali, ecc. 43 Li considera tali GILLIAMS H. M., “Aids granted by member States”, in SMIT and HERZOG (ed.), The Law of European Economic Community, New York, 1992. 44 A causa, per esempio, della sua modesta entita’. E’ la regola del “de minimis”, su cui v. infra. 3. I soggetti. 3.1 Il soggetto attivo: la provenienza dell’aiuto. Il carattere pubblico degli aiuti. Il soggetto erogatore dell’aiuto e’ il primo degli elementi da esaminare al fine di stabilire se si sia in presenza di un aiuto ai sensi dell’art. 87 del Trattato. Tale disposizione infatti recita: sono incompatibili con il mercato comune <<gli aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali sotto qualsiasi forma>>. Cio’ vuol dire che e’ fondamentale che l’aiuto abbia una provenienza pubblica. Sia il concetto di Stato che quello di risorse statali possono essere interpretati piu’ o meno estensivamente e vanno dunque ricostruiti alla luce delle decisioni della Commissione e delle pronunce della Corte di Giustizia. Va innanzitutto stabilito se nell’ambito della nozione di “Stato” debbano rientrare solo le amministrazioni centrali ovvero anche gli enti territoriali e le amministrazioni locali. E’ inoltre da chiedersi se vi rientrino altri enti pubblici, per esempio gli enti di gestione delle partecipazioni statali. Come si vedrà, puo’ anche ritenersi che sia indifferente la natura pubblica o privata dell’ente che eroga gli aiuti purche’ esso sia collegato in qualche modo allo Stato45. Qualunque sia la fattispecie concreta, appare indubitabile, per gli scopi dell’articolo 87, la necessita’ che il beneficio erogato all’impresa comporti un onere finanziario a carico dello Stato, e cio’ nonostante vi siano talune pronunce della Corte di Giustizia che, a prima vista, sembrano indicare il contrario. Al fine di una corretta interpretazione delle sentenze in questione non va dimenticato quanto detto all’inizio del presente lavoro e cioe’ il fatto che le norme del Trattato, come tutto il diritto comunitario, presentano un alto grado di elasticita’, e che tali norme vengono interpretate dagli organi comunitari diversamente nel corso del tempo, in modo da perseguire efficacemente gli obiettivi della Comunita’. E’ stato giustamente rilevato che, nozioni come quella di “Stato” o di “pubblica amministrazione”, non hanno una configurazione unitaria nell’ambito del diritto comunitario, ma che esistono piuttosto diverse nozioni elaborate dalla Commissione o dalla Corte in funzione degli obiettivi delle norme del Trattato che, volta per volta, vengono in considerazione46. Non e’ da stupirsi quindi se, a fronte delle numerose sentenze in cui la Corte ha ribadito il principio che i vantaggi debbono essere concessi direttamente o 45 A tal fine si puo’ utilizzare il criterio del collegamento organico, e cioe’ dell’appartenenza dell’ente all’apparato organizzativo dello Stato; si puo’ anche verificare se vi siano altri tipi di connessione, per esempio il fatto che lo Stato nomini i componenti del consiglio di amministrazione, o sia azionista di maggioranza dell’ente. Questo, vedremo, e’ l’orientamento della Corte di Giustizia. 46 MORENO MOLINA J., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 3-4, 1998, p.586, secondo cui “la Corte cerca sempre di dare al concetto di Stato un effetto utile” e cioe’ “il contenuto piu’ adeguato per il conseguimento hic et nunc degli obiettivi della normativa di cui si tratti”. indirettamente mediante risorse statali47, vi sono dei casi in cui essa ha affermato, al contrario, che <<una sovvenzione non deve essere necessariamente finanziata col denaro dello Stato perche’ si tratti di un aiuto statale>>48. Queste e altre pronunce analoghe infatti si riferiscono a fattispecie complesse, nelle quali si e’ in presenza di aiuti non trasparenti perche’ erogati a mezzo di finanziarie private controllate a loro volta da holding pubbliche, ovvero perche’ attribuiti sotto forma di vantaggi indiretti, diversi da una sovvenzione vera e propria, per esempio tramite rinuncia da parte dello Stato alla percezione di utili societari o di contributi fiscali. In tutti i casi, comunque, si vedra’ che la contraddizione e’ solo apparente e che il nesso fra l’aiuto e la finanza pubblica e’, in verita’, ritenuto imprescindibile dalla Corte la quale, nelle sentenze in questione, si serve del concetto di “aiuto erogato tramite risorse statali” per giustificare l’applicazione estensiva dell’articolo 87 a fattispecie che prima facie sembrerebbero non rientrare nell’ambito della norma. 3.1.1 Le nozioni di “Stato” e di aiuto erogato tramite “risorse statali”. La prima puntualizzazione che va fatta relativamente alla nozione di “Stato”, ai sensi dell’articolo 87 TUE, riguarda la possibilita’ di includere in essa, oltre le amministrazioni centrali dell’apparato statale, anche le autonomie locali in cui l’ordinamento statale eventualmente si articoli. In proposito va sottolineato che l’ordinamento comunitario e’ generalmente indifferente alla strutturazione interna degli Stati membri e alla relativa distribuzione delle competenze: sia che uno Stato membro si configuri come uno Stato federale sia che si tratti di uno Stato a decentramento regionale, cio’ che conta e’ che le disposizioni del diritto comunitario siano osservate e che i fini della Comunita’ siano perseguiti. Quanto detto vale sia sul piano generale dei rapporti fra ordinamento comunitario e ordinamento degli Stati membri che sul piano delle disposizioni relative agli aiuti di Stato. Il raggiungimento delle finalita’ dell’articolo 87 TUE non e’ legato all’imputazione delle competenze all’interno degli Stati membri in capo ad un’unica autorita’ centrale, una simile soluzione infatti equivarrebbe a frustrare lo scopo della norma o, in alternativa, dovrebbe comportare un’alterazione del normale riparto di competenze nell’ambito degli Stati, i quali sarebbero costretti a sottrarre alle autonomie territoriali la potesta’ legislativa tutte le volte in cui questa riguardasse l’erogazione di aiuti alle imprese49. 47 Sentenza 24 Gennaio 1978, in causa 82/77, “Pubblico Ministero olandese / Van Tieggele”, in Raccolta 1978, p. 25 e ss. 48 Sentenza 7 Giugno 1988, in causa 57/86, “Grecia c/ Commissione”, in Raccolta, 1988, p.2855 e ss; v. anche la sentenza “Steineke und Weinlig c/ Repubblica Federale di Germania” , del 22 Marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1977, p.595. 49 Soluzione, naturalmente, inaccettabile poiche’ finirebbe per stravolgere l’assetto costituzionale degli Stati membri; si pensi al riparto delle competenze legislative fra Stato e La Corte di Giustizia, nella sentenza 248/84, ha espressamente stabilito che il fatto che un programma di aiuto sia stato adottato da uno degli Stati federati o da un’autorita’ regionale piuttosto che dall’autorita’ federale o centrale non preclude l’applicazione delle norme del Trattato, se le altre condizioni sono soddisfatte, poiche’ nel riferirsi ad “ogni aiuto erogato dallo Stato o tramite risorse statali l’articolo 87 e’ diretto a tutti gli aiuti finanziati con risorse pubbliche” e dunque “gli aiuti attribuiti da enti regionali o locali degli Stati membri, indipendentemente dal loro statuto e dalla loro denominazione, ricadono sotto detta disposizione”50. Una volta chiarito che nella nozione di Stato, ai sensi dell’art. 87, rientrano non solo le amministrazioni centrali ma anche gli enti locali territoriali, rimane da risolvere un’altra questione e cioe’ se in tale nozione possano ricomprendersi anche altri enti pubblici, quali gli enti di gestione delle partecipazioni statali ed in generale enti, pubblici o privati, che amministrino risorse pubbliche. Al riguardo va precisato che la Commissione e la Corte, al fine di allargare l’ambito di applicazione dell’articolo 87, si servono sia del concetto di “Stato”, inteso in un’accezione ampia, che, soprattutto, del concetto di “risorse statali”, nel quale fanno confluire tutte quelle fattispecie in cui gli aiuti possono essere ricondotti, sia pure indirettamente, a fondi pubblici, pur se non si puo’ dire che essi siano erogati dallo “Stato”. Puo’ dunque innanzitutto affermarsi che nel campo di applicazione dell’articolo 87 rientrano tutti gli enti pubblici, qualora costituiscano lo strumento attraverso il quale lo Stato attribuisce un vantaggio economico alle imprese51. Nella sentenza 290/83 ”Sovvenzione agli agricoltori finanziate con le eccedenze di gestione di una cassa nazionale di credito agricolo”52 l’avvocato generale Mancini regioni nell’ordinamento italiano, ove la maggior parte delle materie di competenza regionale, come l’agricoltura o l’artigianato, ha spesso ad oggetto norme che dispongono l’erogazione di aiuti alle imprese. La Corte Costituzionale ha piu’ volte rimarcato che la partecipazione dell’Italia al processo d’integrazione europea e agli obblighi che ne derivano non modifica l’assetto costituzionale delle competenze e che anzi “l’attuazione negli Stati membri delle norme comunitarie deve tener conto della struttura (accentrata, decentrata, federale) di ciascuno di essi, cosicche’ l’Italia e’ abilitata, oltre che tenuta dal suo stesso diritto costituzionale, a rispettare il suo fondamentale impianto regionale” (sent.126/1996). 50 Sentenza del 14 Ottobre 1987, in causa 248/84, “Repubblica federale di Germania c/ Commissione delle Comunita’ europee”, in Raccolta, 1987, p.4013. V. anche la Prima relazione sulla politica di concorrenza della Commissione europea, riferita al 1971, in cui la Commissione afferma “the local authorities can often grant such aid, which is also State aid within the meaning of Article 92 of the EEC Treaty”. Sottolinea il fatto che nel disposto della norma rientrano anche le sovvenzioni somministrate dalle istituzioni pubbliche a carattere locale SALBERINI F., Disciplina comunitaria della concorrenza e intervento statale nella economia, Milano, 1969. 51 Ricomprende fra gli aiuti tutti quelli concessi da enti od istituti di diritto pubblico in base a norme statali o regionali LEANZA U., Commento all’articolo 92, in Commentario CEE, Giuffre’, 1965. 52 Corte di Giustizia, sentenza 30 Gennaio 1985, in Raccolta 1985, p.439. qualifico’ come aiuto di Stato un sussidio di solidarieta’ erogato dalla Cassa nazionale del credito agricolo - ente pubblico - agli agricoltori che versavano in condizioni economiche disagiate. Nonostante infatti la presenza dello Stato nel consiglio di amministrazione della Cassa fosse minoritaria, le delibere dello stesso consiglio non divenivano definitive se non dopo essere state congiuntamente approvate dal Ministero delle finanze e dagli altri ministri interessati; non poteva dunque ritenersi che la Cassa godesse di autonomia ma la funzione da essa svolta era solo quella “di un relais dello Stato o, se si preferisce, di un veicolo a cui lo Stato ricorse per intervenire a sostegno dell’agricoltura francese”53. Nella sentenza 173/73 “Assegni familiari per i lavoratori dell’industria tessile” la Corte di Giustizia ha ritenuto che anche le agevolazioni attribuite tramite gli enti di previdenza sociale potessero essere ricomprese fra gli aiuti di “Stato” ai sensi dell’art. 87. Nel caso di specie venivano alleviati gli oneri sociali gravanti abitualmente sui datori di lavoro del settore tessile ponendone il costo a carico degli enti di previdenza sociale, i cui fondi erano alimentati mediante contributi obbligatori imposti dalla legge, corrisposti dalle imprese, e gestiti e ripartiti in conformita’ alla legislazione statale: tali contributi, quindi, sono stati considerati “risorse statali” anche se “amministrati da enti distinti dagli organi statali”54. Anche le sovvenzioni erogate per il tramite di enti di gestione ricadono nel disposto dell’articolo 87. Nel caso “Alfa Romeo”55 la Corte di Giustizia ha condannato lo Stato italiano per avere concesso aiuti all’Alfa Romeo attraverso le societa’ finanziarie IRI e Finmeccanica con somme provenienti dai fondi di dotazione dei suddetti enti (si trattava in particolare di somme reperite dall’IRI tramite la contrazione di prestiti obbligazionari con interessi a carico dello Stato). La Corte osservo’, innanzitutto, che gli apporti di capitale conferiti all’Alfa Romeo dall’IRI e dalla Finmeccanica erano stati effettuati sostanzialmente con fondi pubblici. Inoltre, come nel caso delle sovvenzioni concesse dalla Cassa nazionale del credito agricolo francese, sopra citato, la Corte rilevo’ la sostanziale mancanza di autonomia dell’IRI rispetto allo Stato italiano. Quest’ultimo infatti nominava i membri del consiglio di amministrazione dell’IRI, che a sua volta designava i membri dell’organo direttivo della Finmeccanica, ed entrambe le societa’ operavano sotto le direttive del CIPE. Gli aiuti concessi dalle holdings pubbliche sono stati dunque considerati a tutti gli effetti aiuti di “Stato”. 53 Conclusioni dell’avv.gen. Mancini alla sentenza 290/83 cit. Corte di Giustizia, sentenza 2 Luglio 1974, in causa 173/73, in Raccolta 1974, p.709. Per delle fattispecie analoghe v. anche la decisione della Commissione 89/296 del 30 Marzo 1989, relativamente ad alcune misure finanziarie adottate dal governo tedesco, in GUCE del 28/4/1989, n. L 116, p.52. 55 Sentenza 21 Marzo 1991, “Repubblica italiana c/ Commissione delle Comunita’ europee” , “Alfa Romeo”, in causa C-305/89, in Giurisprudenza di merito, n.2, 1993, p.543, con nota di ORLANDI, Aiuto di Stato mediante conferimento di capitale alle imprese. 54 Oltre le sovvenzioni erogate tramite enti pubblici, nella nozione di aiuto di Stato possono essere ricomprese anche le agevolazioni finanziarie attribuite da enti di natura privata dei quali lo Stato detenga una parte del capitale. Nel caso “Van der Kooy” la Corte ritenne che le tariffe preferenziali applicate dalla societa’ di distribuzione del gas “Gasunie” a determinate categorie di imprese fossero aiuti di “Stato” nonostante la societa’ in questione avesse natura privata, e cio’ in considerazione del fatto che il governo olandese deteneva il 50% delle azioni e, soprattutto, esercitava un potere di controllo e approvazione delle tariffe applicate dalla Gasunie56. Si puo’ dire, insomma, che il concetto di Stato ai sensi dell’articolo 87 nella giurisprudenza della Corte e nella prassi della Commissione e’ sufficientemente ampio da ricomprendere tutti gli enti, indipendentemente dalla loro natura pubblica o privata, che siano collegati in qualche modo allo Stato, o perche’ questo e’ presente nel consiglio di amministrazione, o perche’ detiene una parte del capitale dell’ente o ancora perche’ esercita su di esso un potere di vigilanza: il divieto di cui all’articolo 87 infatti “riguarda il complesso degli aiuti concessi dagli Stati o mediante risorse statali, prescindendo dalla distinzione tra l’aiuto concesso direttamente dallo Stato e quello concesso da enti pubblici o privati che esso istituisce o designa al fine della gestione”57. La formula dell’articolo 87, insomma, e’ “ampia e flessibile”58 e anche quando non si possa ritenere che un aiuto sia concesso dallo Stato, sia pure nella sua accezione piu’ larga, soccorre il concetto di aiuto erogato tramite “risorse statali”, che e’ stato utilizzato dalle istituzioni comunitarie come concetto residuale, in cui ricomprendere tutte le fattispecie che non possano essere ricondotte all’ipotesi precedente. A tal fine, la Commissione e la Corte utilizzano il criterio sostanziale della riferibilita’ allo Stato, anche indiretta, dei mezzi finanziari di cui dispone l’ente in questione59. E’ alla luce di questa considerazione che si spiegano alcune pronunce 56 Sentenza 2 Febbraio 1988, in cause riunite 67, 68 e 70/85 “Kwekerij Gebroeders Van der Kooy BV ed altri c/ Commissione delle Comunita’ europee, in Raccolta 1988, p.219. V., in dottrina, SCHINA D., State aids under the EEC Treaty Articles 92 to 94”, ESC, Oxford, 1987, la quale osserva che spesso gli Stati Membri utilizzano il tramite di enti privati per aggirare il sistema di controllo sugli aiuti. 57 Corte di Giustizia, sentenza “Steineke und Weinlig c/ Repubblica Federale di Germania”, del 22 Marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1977, p.595. 58 Cosi’ l’avv.gen. Mancini nelle conclusioni alla sentenza 290/93, cit. 59 E’ stato detto che “anche la statalita’ di secondo grado integra il requisito dell’aiuto vietato”, cosi’ CAPUTI JAMBRENGHI V., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario vivente”, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1998, 6, p.1264, in riferimento alla sentenza 290/83, “Sovvenzioni agli agricoltori finanziate con le eccedenze di gestione di una cassa nazionale di credito agricolo”, cit. In quel caso, come osservato, si trattava di sovvenzioni erogate dalla Cassa nazionale del credito agricolo francese con eccedenze di utili propri di gestione, e dunque non con fondi pubblici, che pero’ erano stati conseguiti grazie ad esenzioni fiscali concesse dallo Stato negli anni precedenti. della Corte di giustizia in cui essa ha affermato che “la sovvenzione non deve essere necessariamente finanziata col denaro dello Stato perche’ si tratti di un aiuto statale”60. Questo non significa che non e’ necessario che il costo dell’aiuto gravi sull’erario pubblico, tale affermazione va invece letta nel senso che una sovvenzione puo’ ben essere qualificata come aiuto anche se non attribuita con risorse proprie dello Stato ma di altri enti (si veda il caso della Cassa nazionale del credito agricolo francese sopra esaminato), se essa costituisce un onere per la finanza pubblica, anche indirettamente. Cio’ che conta e’ che il comportamento dell’ente che concede le sovvenzioni sia imputabile allo Stato, che esso cioe’ non sia del tutto autonomo nel prendere la decisione di erogare gli aiuti: si e’ visto come la Corte di Giustizia sottolinei la mancanza di autonomia degli enti nei confronti dello Stato, poiche’ gli atti da essi emanati sono soggetti a controllo e, in definitiva, all’approvazione statale61. 60 Sentenza 290/83, “Sovvenzioni”, cit. In verita’ il requisito dell’imputabilita’ allo Stato del comportamento non e’ del tutto pacifico in dottrina. Secondo alcuni infatti lo Stato sarebbe comunque responsabile dell’erogazione effettuata dall’ente purche’ questa comporti un costo per l’erario pubblico, cosi’ BLUMANN C., Regime des aides d’Etat: jurisprudence recente de la Cour de Justice (1989 -1992), in Revue du Marche’ commun et de l’Union europeenne, 1992; contra v. ORLANDI, Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995. In effetti la Corte di Giustizia nella sentenza “Alfa Romeo”, cit., sembra confermare l’importanza della riferibilita’ del comportamento dell’ente allo Stato quando afferma che <<i conferimenti di capitale di cui trattasi costituiscono il risultato di un comportamento imputabile allo Stato italiano e possono pertanto rientrare nella nozione di aiuti concessi dagli Stati ai sensi dell’art. 92 n.1 del Trattato>>. 61 3.2 Il soggetto passivo: la destinazione dell’aiuto. 3.2.1 Gli aiuti ai privati. La nozione di impresa comunitaria. Nell’ambito soggettivo, l’altra componente necessaria della nozione di aiuto e’ costituita dal destinatario del beneficio. Perche’ una data misura possa rilevare ai fini dell’articolo 87 del Trattato e’ infatti necessario che essa sia diretta a favorire <<talune imprese o talune produzioni>>. Per individuare l’esatta portata di questa espressione vengono in considerazione due elementi: la nozione di impresa comunitaria e il carattere di selettivita’ dell’aiuto, vale a dire il fatto che esso sia volto a favorire talune produzioni (e cioe’ determinati settori produttivi) e non ricada invece sull’intera economia della nazione, senza effetti selettivi su particolari imprese. Riguardo al primo elemento, la nozione di impresa comunitaria, va detto subito che il Trattato CE non contiene una definizione di impresa, pur facendo riferimento a tale concetto in diverse disposizioni62. Si potrebbe pensare che essa sia contenuta nel diritto secondario, tuttavia, sebbene le istituzioni comunitarie abbiano, nel corso del tempo, elaborato delle definizioni di impresa, ne’ il Consiglio, ne’ la Commissione, ne’ la Corte di Giustizia hanno voluto fissare una nozione di impresa comunitaria valida in assoluto63. Poiche’ il Trattato fa riferimento al concetto di impresa in diverse situazioni, nelle quali viene in considerazione secondo prospettive differenti - per esempio sotto il profilo fiscale, oppure sotto quello strettamente commerciale - le istituzioni comunitarie, hanno preferito utilizzare una nozione funzionale di impresa, rinunciando a costruire una definizione unitaria a scopi classificatori. Si e’ preferito, cioe’, mettere in evidenza i diversi caratteri che compongono tale nozione e che sono stati ritenuti rilevanti per la qualificazione della fattispecie concreta nel quadro delle differenti disposizioni comunitarie e delle loro finalita’64. 62 Cfr. innanzitutto gli articoli del Trattato CE da 81 a 86 (ex 85 a 90) sulla concorrenza. V. inoltre gli articoli 43, sulla disciplina del diritto di stabilimento; 132, sugli aiuti alle esportazioni ai paesi terzi. Il Trattato CECA contiene una definizione di impresa ma e’ riferita soltanto alle imprese che operano nel settore del carbone e dell’acciaio, non puo’ dunque essere utilmente adoperata ai fini di individuare correttamente la nozione di impresa relativa alla disciplina sugli aiuti. Si vedra’ come tale nozione vada interpretata diversamente a seconda delle disposizioni del Trattato che vengono in rilievo. Per un’analisi dei diversi articoli che si riferiscono al concetto di impresa v. GRISOLI, Impresa comunitaria, voce dell’Enciclopedia Giuridica Treccani. 63 Cfr. AFFERNI, La nozione di impresa comunitaria, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia diretto da Galgano, II, p.134. Contra v. SCUDIERO L., La nozione di impresa nella giurisprudenza della Corte di Giustizia,nota alla sentenza della Corte di Giustizia del 17 Febbraio 1993, “Poucet”, in cause riunite C- 159/91 e C- 160/91, in Foro italiano, IV, 1994, p.114. 64 AFFERNI, La nozione di impresa comunitaria, cit., p.134, rileva che non e’ possibile individuare una nozione unitaria di impresa comunitaria ma che questa e’ un “dato variabile la In ogni caso, e’ l’aspetto economico dell’attivita’ di impresa che assume rilievo ai fini comunitari, piuttosto che la sua configurazione giuridica65. Nella sentenza “Hofner” la Corte di Giustizia ha affermato che <<nel contesto del diritto della concorrenza la qualifica di impresa si applica a qualsiasi entita’ che esercita un’attivita’ economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalita’ di finanziamento>>66. Questo vuol dire che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del Trattato sulla concorrenza, e segnatamente di quelle sugli aiuti di Stato, non rileva il carattere pubblico o privato del soggetto che esercita l’attivita’ imprenditoriale poiche’ tali norme si applicano a qualsiasi impresa, in virtu’ del principio di non discriminazione fra imprese pubbliche e private contenuto nell’articolo 295 (ex 222) TUE. Il presupposto fondamentale per la qualificazione dell’attivita’ d’impresa e’, dunque, l’esercizio di un’attivita’ economica, intesa nel senso di attivita’ diretta alla produzione o scambio di beni o servizi, a prescindere dallo scopo di lucro. Nella sentenza “Hofner”, citata, la Corte ha considerato attivita’ d’impresa l’attivita’ di collocamento svolta, senza alcuna finalita’ lucrativa, in regime di monopolio, dall’Ufficio federale del lavoro tedesco67. Anche se la Corte in questa specifica ipotesi ha attribuito forse una portata eccessivamente ampia alla nozione di impresa, e’ interessante sottolineare il fatto che le istituzioni comunitarie, per valutare l’applicabilita’ delle norme sulla concorrenza, non guardano tanto ai caratteri dell’attivita’ economica - se abbia o meno scopo di lucro o se possieda i requisiti dell’organizzazione stabile e cui identita’ dipende ed e’ strettamente collegata al contesto normativo di cui, nelle varie fattispecie, costituisce uno degli elementi qualificanti”. Non e’ un dato nuovo che gli organismi comunitari preferiscano evitare di formulare delle definizioni a scopo classificatorio, mettendo in rilievo, di uno stesso concetto, i caratteri che, volta per volta, meglio rispondono al raggiungimento delle finalita’ del Trattato. Si e’ visto, per esempio, quale sia l’atteggiamento della Commissione e della Corte nei confronti della nozione di “aiuto” o di quella di “Stato” rilevanti ai sensi dell’articolo 87 del Trattato. 65 Cfr.FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della concorrenza nella CEE, Utet, 1996. 66 Sentenza 23 Aprile 1991, in causa C - 41/90, in Raccolta, 1991, p.1979; v. anche SLOT P.J., Nota alla sentenza “Hofner”, in Common Market Law Review, 1991, p.964; l’irrilevanza della forma giuridica assunta dall’impresa e’ sottolineata dalla Corte ancora nella sentenza del 12 Luglio 1984, in causa 170/83, “Hydrotherm”, in Raccolta, 1984, in cui afferma che <<l’impresa sussiste quando vi e’ un’unita’ economica dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo, anche se sotto il profilo giuridico quest’unita’ economica e’ costituita da piu’ persone, fisiche o giuridiche>>. 67 La sentenza e’ stata criticata in dottrina perche’ si e’ ritenuto che allargasse troppo la nozione di impresa, SCUDIERO, La nozione di impresa, cit. . In effetti la Corte, nella sentenza “Poucet”, cit., ha poi ridimensionato tale concetto, escludendo che l’attivita’ svolta dagli enti incaricati della gestione di regimi assicurativi di natura previdenziale possa essere considerata attivita’ imprenditoriale poiche’ assolve ad una funzione di carattere essenzialmente sociale, e’ ispirata al principio di solidarieta’ ed e’ priva di qualsiasi scopo di lucro professionale68 - quanto, piuttosto, agli effetti che essa provoca sugli scambi infracomunitari. E’ stato giustamente rilevato che, per stabilire se un’attivita’ economica rientri nell’ambito di applicazione degli articoli da 81 a 89 del Trattato (e, si puo’ aggiungere, degli articoli da 87 a 89, sugli aiuti di Stato), bisogna fare riferimento al mercato nel quale il soggetto in questione opera concretamente, in condizioni, attualmente o potenzialmente, di concorrenza69. A prescindere dalle finalita’ dell’impresa, che possono anche essere di carattere sociale o culturale, contano dunque le concrete modalita’ di svolgimento dell’attivita’ economica: volta per volta vengono rilevati quegli elementi di imprenditorialita’ che sono necessari a far si’ che le fattispecie siano regolate dalla disciplina sulla concorrenza, sia per gli interessi in gioco sia per i conflitti che possono provocare70. La nozione di impresa comunitaria assume dunque carattere di relativita’ ed e’ funzionale alle disposizioni del Trattato da applicare, in particolare, trattandosi delle norme sulla concorrenza, vengono in considerazione gli effetti dell’attivita’ esercitata e il fatto che tale attivita’ sia suscettibile di assumere una posizione concorrenziale rispetto a quella svolta da altri soggetti che operano sul mercato comune71. 3.2.2 Gli aiuti concessi a favore “di talune imprese o talune produzioni”. Il requisito della selettività. 68 L’interprete che abbia a che fare con la nozione di impresa comunitaria non deve cercare di individuare in essa tutti i caratteri che tradizionalmente si ritrovano in tale nozione. Come osservato da TRABUCCHI, Il codice civile di fronte alla normativa comunitaria, in Riv. dir. civ., 1993, I, p.714 , la nozione di impresa “ha un significato secondo il codice civile, come attivita’ organizzata, come somma di piu’ atti per il complesso delle regole da osservare, rapportato sempre al suo titolare, e un altro e’ invece il significato della stessa nozione di impresa nella prassi comunitaria, per l’aspetto precipuamente funzionale dell’attivita’ economica comune da chiunque organizzata”. 69 DI VIA L., Brevi note, cit., afferma che in tal modo il contesto all’interno di cui opera l’impresa “finisce di essere elemento esogeno rispetto alla struttura dell’agente (...) per influenzare in modo determinante la caratterizzazione del soggetto”. 70 Nella Decisione “Aiuti per la produzione di film greci”, del 21 Dicembre 1988, n.89/441/CEE, la Commissione ha precisato che le regole di concorrenza si applicano a <<qualsiasi attivita’ remunerata, sia essa di carattere economico, culturale, sociale o di altro carattere>>. 71 AFFERNI, La nozione di impresa, cit., p. 153, sottolinea che anche nel diritto anglosassone ha finito per prevalere, nella selezione degli elementi rilevanti “il cosiddetto functional or operational test rispetto al cosiddetto structural o managerial test”. Secondo l’Autore le norme del diritto comunitario che prendono in considerazione l’impresa sono norme di competenza, esse servono cioe’ ad individuare i criteri di collegamento che rendono rilevante l’attivita’ d’impresa ai fini comunitari. V. in tal senso AULETTA, voce Attivita’ (dir.priv), in Enc. del dir. p.985, il quale osserva che la nozione di impresa assume piuttosto il valore di un concetto riassuntivo che indica l’esistenza dei presupposti di applicabilita’ della normativa. Ai sensi dell’articolo 87 del Trattato l’aiuto deve costituire un beneficio rivolto a favore di determinate categorie di imprese o settori produttivi. Ogni Stato membro puo’ adottare misure finalizzate a migliorare l’economia, per esempio costruendo infrastrutture o altri servizi che favoriscano chiunque risieda nel territorio72. Nella misura in cui tali benefici vadano ad incidere sull’economia in generale e i vantaggi ricadano indistintamente su tutti i soggetti che vi partecipano non si puo’ dire di essere in presenza di aiuti. Nella Ventiduesima relazione sulla politica di concorrenza la Commissione ha evidenziato che ai fini dell’applicabilita’ dell’articolo 87 e’ necessario che vi sia un elemento di discriminazione o selezione in relazione al beneficiario. Tale relazione non deve necessariamente essere specificata nel programma di aiuto, ne’ deve essere identificabile a priori, ma e’ sufficiente che degli interventi possano beneficiare alcune imprese in particolare, e che le autorita’ deputate all’applicazione delle misure abbiano un certo margine di discrezionalita’ nel selezionare i destinatari o nel decidere il livello di aiuto73. Il requisito della selettivita’ non discende solo dall’articolo 87 ma dall’intero sistema delle disposizioni del Trattato. Gli articoli 96 e 97 (ex articoli 101 e 102) infatti sanciscono che ogni disparita’ esistente nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri che falsi le condizioni di concorrenza nel mercato comune e provochi per tale motivo una distorsione, deve essere eliminata. A tale scopo il Consiglio ha il potere di emanare le direttive necessarie al fine di armonizzare le legislazioni degli Stati. Cio’ vuol dire che le disparita’ create a seguito di provvedimenti di carattere generale, che riguardino cioe’ l’intero territorio statale ed indistintamente tutti i soggetti che vi risiedano, ricadono nell’ambito di previsione degli articoli citati, sempre che siano tali da provocare seri effetti sulla concorrenza all’interno del mercato comune. Si tratta della distinzione fra aiuti e misure generali, non sempre di facile individuazione nella pratica, ma di fondamentale importanza ai fini di una corretta applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato. Le misure generali sono state definite come “interventi di piu’ ampio respiro dei pubblici poteri che si applicano in modo uniforme all’economia di un Paese nel suo insieme”, quali gli interventi di politica monetaria, o di politica fiscale 72 E, stato sottolineato che le infrastrutture vanno intese nel senso piu’ ampio, includendo “non solo quelle tradizionali e fisiche, ma anche le infrastrutture piu’ innovative”, DA EMPOLI A., Gli aiuti alle imprese nel mercato unico europeo, in Atti del convegno di Perugia 10 gennaio 1992, a cura di BOLDRINI, FARISELLI, MANTOVANI, Protagon, Perugia, 1992. Nella sentenza “Matra”, del 15 giugno 1993, in Raccolta 1993, p.3203, la Corte di Giustizia si pronuncio’ sulla possibilita’ che costitutisse un aiuto di Stato la realizzazione da parte del governo portoghese di infrastrutture aventi ad oggetto la fornitura d’acqua e di energia elettrica a favore di una joint venture cosituita dalla Ford e la Volkswagen per la produzione di automobili. Il caso verra’ esaminato piu’ avanti. 73 Commissione della Comunita’ Europea, Ventiduesima relazione sulla politica di concorrenza, 1992. ordinari74. La selettivita’ dunque comporta che la misura crei un vantaggio nei confronti di una o di un gruppo di imprese determinate, ovvero di un settore preciso dell’economia75 , o ancora di certe imprese selezionate in base a caratteristiche comuni76. A volte l’individuazione di tali caratteri puo’ essere immediata, mentre altre volte puo’ risultare estremamente difficile77, considerato che anche in questo caso il Trattato non fornisce strumenti di ausilio, limitandosi a dettare la disciplina di carattere generale. Neanche la Commissione ha mai elaborato una distinzione teorica fra aiuti e misure generali, ne’ e’ facile dedurre dalla prassi adottata un unico principio in materia, poiche’ la stessa Commissione sembra piuttosto avere applicato principi differenti, a seconda della diversa tipologia di misure in atto ricorrenti. Una delle ipotesi piu’ rilevanti, in cui puo’ risultare difficile distinguere fra aiuti e misure di carattere generale, e’ quella degli aiuti erogati tramite agevolazioni fiscali. Determinate misure di detassazione delle imprese poste in essere dal governo di uno degli Stati membri facilmente possono rientrare nel campo degli aiuti, in quanto attribuiscono un vantaggio ai destinatari tramite “risorse statali”, ossia attraverso i minori introiti fiscali percepiti dallo Stato. Di contro, pero’, tali misure potrebbero far parte della politica economica attuata dallo Stato membro ed essere, 74 MOAVERO MILANESI E., Partecipazione dello Stato nelle imprese pubbliche e disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, in Rivista di Diritto Europeo, n.3, 1990; la Commissione, nel primo rapporto sugli aiuti di Stato, ha definito le misure generali come “interventi statali che si applicano uniformemente all’economia e che non favoriscono certe imprese o settori”. Su tale distinzione v. anche LEANZA, op. cit., secondo cui “gli aiuti a carattere generale, che in linea di principio tornano a vantaggio di tutte le imprese e di tutti i rami di produzione, e favoriscono quindi l’intera economia di uno Stato, considerata nel suo insieme, non sono sottoposti all’articolo 92. Deve trattarsi dunque di regimi di aiuti che sia ratione personae sia ratione loci, abbiano un campo di applicazione particolare”; secondo VANDAMME J., Les aides accordees par les Etats, in COSTANTINESCO, Traite instituent la CEE. Commentaire article par article, Paris, 1992, la selettivita’ e’ una condizione di incompatibilita’ dell’aiuto con il mercato comune piuttosto che un elemento essenziale dell’aiuto stesso. Sulla distinzione fra misure generali e aiuti v. anche FRIGNANI A., WAELBROECK M., Disciplina della Concorrenza nella CEE, Jovene, 1996; SCHINA D., op. cit., precisa che “ a distinction is drawn between on the one hand measures of general economic policy which affect the economy as a whole and therefore all undertakings, and on the other hand measures which are especially intended to assist directly or indirectly certain undertakings or industries”. 75 Per esempio il settore tessile, o quello della cantieristica navale, ecc. 76 Come le piccole e medie imprese. Nella sentenza “Tasso di sconto preferenziale per le esportazioni” 10 dicembre 1969, in cause riunite 6 e 11-69, in Raccolta 1969, p. 523, la Corte di Giustizia ha chiarito che possono considerarsi selettivi anche dei regimi di aiuto di cui beneficiano tutte le imprese nazionali che esportino un determinato prodotto, in quanto tale aiuto non ricade sull’economia nel suo complesso, essendovi anche imprese che non ne beneficiano in quanto producono per il mercato nazionale e non (o non solo) per le esportazioni. 77 La stessa Commissione, nel primo rapporto sugli aiuti di Stato, ha affermato che non e’ sempre evidente il fatto che certe misure fiscali o relative alla sicurezza sociale siano da ricomprendere nell’ambito delle misure generali ovvero in quello degli aiuti di Stato. dunque, necessarie per il funzionamento e l’efficacia del sistema fiscale nell’ambito degli obiettivi macroeconomici perseguiti dal governo che ha posto in essere le misure. In tal caso queste ultime sarebbero fuori dall’ambito di applicazione degli articoli 87 - 88 del Trattato, potendo semmai ricadere nella previsione degli articoli 96 e 97 sopra citati, qualora avessero carattere discriminatorio e fossero il frutto di concorrenza fiscale dannosa per le imprese degli altri Paesi. Al fine di distinguere, anche in queste ipotesi, fra aiuti e misure generali cio’ che rileva e’ il carattere selettivo degli interventi pubblici. Nella “Comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta alle imprese”78, la Commissione ha individuato una serie di parametri utili a stabilire quando un’agevolazione fiscale configuri un aiuto e quando invece una misura di carattere generale. Le misure fiscali che vanno a favore di tutti gli agenti economici che operano sul territorio dello Stato in linea di principio sono da considerarsi di carattere generale. E’ necessario pero’ che siano effettivamente destinate a tutte le imprese indistintamente e che non attribuscano selettivamente a “talune imprese o talune produzioni” i vantaggi fiscali. A tal fine e’ rilevante anche l’eventuale margine di discrezionalita’ attribuito alle autorita’ pubbliche che devono applicare i provvedimenti fiscali: qualora infatti tale margine consenta di operare differenziazioni fra i destinatari delle misure, queste ultime verranno considerate, per cio’ stesso, selettive dagli organi comunitari, e dunque, potenzialmente, come aiuti. Si puo’ quindi ritenere che costituiscano aiuti tutte quelle misure fiscali che abbiano per effetto principale quello di promuovere una o piu’ attivita’ economiche settoriali79. Discussa è, poi, la possibilità che anche le regioni possano adottare misure di carattere generale aventi ad oggetto agevolazioni fiscali. In tale ipotesi, infatti, la selettività sembrerebbe essere insita nel fatto che le misure adottate a livello regionale riguardano solo una parte del territorio e dunque “talune imprese o talune produzioni”. La Comunicazione della Commissione sulle misure di tassazione diretta alle imprese, citata, precisa che finora la prassi decisionale della Commissione è stata nel senso di considerare misure a carattere generale solo quelle il cui ambito si estende a tutto il territorio dello Stato80, tuttavia, continuando, la stessa Commissione fa salvi i principi generali stabiliti al punto 16 della Comunicazione. Qui viene espressamente affermato che una misura agevolativa è qualificabile come misura a carattere generale qualora essa, rappresentando un’eccezione al sistema tributario, sia giustificata <<dalla natura o dalla struttura del sistema 78 Comunicazione 98/C 384/03, in GUCE del 10/2/1998. Cfr. la Decisione della Commissione 97/239/CE, del 4 Dicembre 1996, caso “Maribel bis/ter”, in GUCE n.L 95 del 10/4/1997. V. anche la sentenza della Corte di Giustizia del 10 Dicembre 1969, in cause riunite 6 e 11/69, in Raccolta 1969, p.561. 80 Comunicazione 98/C 384/03, cit., punto 17. 79 stesso>> ossia discenda direttamente <<dai principi informatori o basilari del sistema tributario dello Stato membro interessato>>81. Qualora, quindi, si sia in presenza di un riparto di costituzionale di competenze che attribuisca sia allo Stato che alle regioni interne la potestà tributaria, l’applicazione di tali principi dovrebbe comportare la possibilità di emanare misure generali anche a livello regionale. La questione, in verità, è ancora ampiamente dibattuta e la Commissione ha finora assunto un atteggiamento estremamente restrittivo, avallato dalla Corte di Giustizia la quale ha affermato che, anche misure adottate in base a una legge federale, sono inquadrabili nella fattispecie degli aiuti, poiché il fatto che le misure siano adottate da enti territoriali non esclude l’imputabilità delle stesse allo Stato ai fini dell’applicazione della normativa sugli aiuti82. L’Avvocato Generale Saggio, nelle conclusioni alla sentenza Commissione c. Francia, ha ripreso le considerazioni della Corte affermando che <<l’imputazione agli Stati delle misure di aiuto adottate da enti territoriali si ricava invero dal sistema generale del Trattato, per cui unico interlocutore della Commissione nella procedura di valutazione degli aiuti, così come in ogni stadio successivo del sistema accentrato di valutazione di cui all’art. 93, è esclusivamente lo Stato>>83. Tale affermazione appare alquanto discutibile, soprattutto alla luce dell’allargamento dell’Unione europea che porterà l’ingresso di nuovi Stati membri aventi un’estensione territoriale pari a quella di alcune regioni europee. Sul tema un’apertura si è registrata con una recente sentenza del Tribunale di primo grado che, su un ricorso proposto dalla regione Paesi Baschi non ha escluso la possibilità che le regioni europee possano adottare misure fiscali di carattere generale, ove fondino tale potere su norme generali dell’ordinamento giuridico cui appartengono84. Va al riguardo segnalato che la Regione Siciliana, nella proposta di riforma dello Statuto licenziata dalla Commissione speciale per la riforma dello Statuto il 17 marzo 2004, ha inserito la previsione che <<la Regione può adottare misure fiscali generali ovvero aiuti di Stato di carattere fiscale di cui agli articoli 87 e 88 del Trattato CE , nell’ambito dei tributi propri e dei tributi erariali di spettanza regionale>>. 81 Comunicazione 98/C 384/03, cit., punto 16. Corte di Giustizia, sentenza n. 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania c. Commissione, in Raccolta p. 4013. 83 Conclusioni dell’Avv. Gen. Saggio a Corte di Giustizia, nella sentenza Commissione c. Frangia, in cause riunite C-400/97, C-401/97 e C-402/97. 84 Tribunale di primo grado, sent. 23 ottobre 2002, in cause riunite T-269/99, T-271/99 e T272/99). 82 3.2.3 Gli aiuti alle imprese pubbliche: lo Stato imprenditore e il mercato comune. Destinatarie di aiuti, oltre le imprese private, possono essere le imprese pubbliche. L’eventualita’ che l‘esercizio delle attivita’ economiche faccia capo, piuttosto che ad imprenditori privati, allo Stato e’ contemplata espressamente dal Trattato che, da un lato, consente che lo Stato partecipi come soggetto attivo dell’economia, dall’altro pero’ si preoccupa di far si’ che l’equilibrio concorrenziale non sia alterato dall’intervento pubblico nel mercato. Tale equilibrio, infatti, potrebbe facilmente essere compromesso se lo Stato fosse lasciato libero di avvalersi della propria posizione per influenzare l’economia, creando situazioni di monopolio, ovvero in altra maniera, tramite le imprese su cui esercita il controllo. La preoccupazione che si sovrappongano ”le motivazioni e le responsabilita’ tipiche dello Stato come potere pubblico e come imprenditore” e’ stata espressa dalla Commissione nella Decima Relazione sulla politica di concorrenza e ripresa piu’ volte dalla Corte di Giustizia, che in numerose pronunce ha ribadito che l’intervento dello Stato in economia non deve tradursi in un privilegio per le imprese operanti sotto il suo controllo, e che vanno distinte con chiarezza le ipotesi in cui lo Stato agisce esercitando i pubblici poteri da quelle in cui svolge attivita’ industriali o commerciali85. Per garantire tale chiarezza la Commissione ha emanato una direttiva che concerne la trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le imprese pubbliche che ha la finalita’, fra l’altro, di “permettere di distinguere chiaramente fra il ruolo dello Stato in quanto potere pubblico ed in quanto proprietario”86. La Corte, a sua volta, pronunciandosi sulla legittimita’ della direttiva sopra citata, ha affermato che << la distinzione fra “poteri pubblici” e “impresa pubblica” (...) deriva dalla considerazione che lo Stato puo’ agire vuoi esercitando i pubbici poteri, vuoi svolgendo attivita’ di natura industriale o commerciale” e che per potere applicare questa distinzione <<occorre accertare di volta in volta quale sia l’attivita’ svolta dallo Stato e determinare a quale categoria essa appartenga>>87. Ancora una volta, dunque, sia la Commissione che la Corte utilizzano un concetto funzionale di Stato88 per stabilire quale disciplina applicare all’attivita’ svolta dalla pubblica amministrazione, e cioe’ per determinare se essa sia da considerare 85 Cfr. sentenza 16 Giugno 1987, in causa 118/85, “Commissione c/ Italia” in Raccolta 1987, p.2599. 86 Sesto considerando della direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 Giugno 1980, in GUCE del 29 Luglio 1980, L 195, modificata da ultimo dalla direttiva 2000/52/CE (GU L 193 del 29.7.2000, pag. 75). 87 Sentenza 16 Giugno 1987, cit. 88 Si veda quanto detto supra, nel paragrafo relativo alla nozione di Stato; v. anche HANCHER, The concept of the State in European Law, in Journal of Energy and Natural Resources Law, 1991, MORENO MOLINA A., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1998, p.577. attivita’ d’impresa, da assoggettare alle norme sulla concorrenza, ovvero un’attivita’ volta esclusivamente al perseguimento di finalita’ pubbliche, avente caratteri completamente diversi rispetto ad un’attivita’ imprenditoriale di tipo privato e non suscettibile di porsi in posizione concorrenziale rispetto agli altri soggetti che operano sul mercato. Per distinguere tra le due ipotesi, infatti, la Corte non fa riferimento alla forma giuridica assunta dall’ente che esercita l’attivita’ economica - se esso abbia personalita’ giuridica distinta da quella dello Stato ovvero faccia parte dell’organizzazione statale- che resta irrilevante a tal fine, ma al tipo di attivita’ svolta e alle modalita’ d’intervento operato sul mercato. Nella sentenza “Monopoli di Stato”, la Corte di Giustizia rileva che <<l’esistenza di una personalita’ giuridica distinta da quella dello Stato, attribuita dal diritto nazionale, e’ irrilevante quando si tratta di stabilire se un organo che svolge attivita’ economiche di natura industriale o commerciale possa essere considerato un’impresa pubblica>> e che l’uniforme applicazione del Trattato sarebbe compromessa se <<la sua applicazione dipendesse dal fatto che gli organi dello Stato possiedano una personalita’ giuridica distinta da quella dello Stato stesso>>89. Tale criterio funzionale e’ destinato probabilmente a prevalere anche nell’ordinamento interno, nel quale e’ ancora vivace il dibattito sulla natura giuridica degli enti tramite cui lo Stato esercita un’attivita’ economica (in particolare delle societa’ per azioni derivanti dalla privatizzazione c.d. formale di enti pubblici economici) e sulla disciplina alla quale essi devono essere sottoposti. In questa sede interessa rilevare che l’orientamento comunitario e’ quello di uniformare le discipline d’impresa, prescindendo dalla natura pubblica o privata dell’ente che esercita l’attivita’ e assoggettando alla medesima normativa qualsiasi soggetto che operi nel mercato90. L’esercizio statale di un’attivita’ economica e’ stato disciplinato sia dal Trattato sia da interventi di normazione secondaria ad opera delle istituzioni comunitarie, volti proprio ad evitare che tale esercizio possa pregiudicare il mercato concorrenziale. Il primo articolo cui bisogna fare riferimento e’ l’art. 295 (ex art. 222) TUE, il quale recita : <<il presente Trattato lascia del tutto impregiudicato il regime di proprieta’ esistente negli Stati membri>>. Cio’ vuol dire che la Comunita’ e’ voluta rimanere neutrale rispetto all’assetto economico scelto dagli Stati membri, 89 Sentenza 16 Giugno 1987, cit. DI PLINIO G., Diritto pubblico dell’economia, Giuffre’, 1998, p.584, osserva che “la circostanza che un soggetto pubblico sia azionista di una societa’ non puo’ giustificare qualsiasi eccezione di disciplina, ma solo quella che sia razionalmente coerente con la natura pubblica del titolare del pacchetto azionario” poiche’ la societa’ in mano pubblica “viene a costituire una forma di iniziativa economica privata di pubblici poteri , come tale integralmente soggetta alla normazione costituzionale e ordinaria attinente all’impresa in genere e alle societa’ per azioni in specie, anche per effetto del principio di eguaglianza formale di cui all’art.3, primo comma, Cost., letto alla luce del Trattato della Comunita’ europea”. 90 che restano liberi di mantenere un’economia mista91. D’altra parte difficilmente avrebbe potuto essere adottata una soluzione diversa, ipotizzando l’armonizzazione dei regimi proprietari degli Stati in seguito alla loro adesione alla Comunita’92. Dunque, il principio contenuto nell’articolo 295 e’ quello di non discriminazione fra proprieta’ privata o pubblica delle imprese93. Tale principio comporta innanzitutto, come si e’ detto, la liberta’ per gli Stati di intervenire come soggetti attivi dell’economia e implica anche che essi debbano partecipare ai processi economici alla stregua di tutti gli altri soggetti, ponendosi con questi ultimi in condizioni di assoluta parita’. E’ per questo che il complemento necessario dell’articolo 295 TUE e’ costituito dalle norme del Trattato relative alla concorrenza, le quali non si pongono come disciplina derogatoria del principio di non discriminazione94 ma piuttosto come norme complementari che servono ad attuare compiutamente tale principio contribuendo a precisarne l’esatta portata nella prospettiva comunitaria95. Non va dimenticato, infatti, che l’obiettivo primario della Comunita’ e’ l’instaurazione di un mercato comune, all’interno del quale tutti gli attori economici, pubblici e privati, operino sullo stesso piano in un regime di libera concorrenza. La coesistenza delle imprese pubbliche e private e’ cioe’ subordinata al rispetto del sistema che si vuole instaurare con il Trattato ed e’ garantita nella misura in cui non contrasti con tale sistema96. Il principio di non discriminazione ha, quindi, una doppia valenza: consentire l’intervento pubblico in economia e, al contempo, tutelare gli imprenditori privati 91 L’importanza del ruolo svolto dalle imprese pubbliche e’ stata anzi affermata dalla stessa Commissione che ha riconosciuto come tali imprese possano costituire strumenti particolarmente validi per il raggiungimento di obiettivi di politica economica e sociale, cfr. la sesta Relazione sulla politica di concorrenza. 92 V. la Ventunesima relazione sulla politica di concorrenza della Commissione, riferita al 1991; in tal senso anche la comunicazione della Commissione in GUCE del 18/10/1991, C 273. In dottrina CAMMELI M., Le imprese pubbliche in Europa: caratteri e problemi, in Riv.dir.pubbl.com., 1993, p.1161. MOTZO G., Commento all’articolo 222, in Commentario CEE, Giuffre’, 1965. 93 V. EHLERMANN C..D., Imprese pubbliche e controllo degli aiuti di Stato, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1993. 94 Cosi’ DE VERGOTTINI, Sistema delle partecipazioni statali e obblighi comunitari, in Riv.dir.eur., 1990, p.477. 95 Cfr. EHLERMANN C..D., Imprese pubbliche, cit., p.417, secondo cui “l’osservanza di dette norme costituisce il complemento indispensabile al patto fondamentale di neutralita’ sancito dall’articolo 222 riguardo al regime della proprieta’”. 96 V. AMORELLI G., Le privatizzazioni nella prospettiva del Trattato istitutivo della Comnita’ economica europea, CEDAM, 1992, che sottolinea che <<gli Stati possono organizzare in maniera prettamente discrezionale i diritti inerenti alla proprieta’ imprenditoriale purche’ non violino le norme che disegnano il modello “strutturale” di mercato sotteso al raggiungimento degli obiettivi primari del Trattato>>; CIRENEI M.T., Disciplina comunitaria degli aiuti alle imprese e privatizzazioni, in Diritto del commercio internazionale, 1994, p. 318, osserva che “nell’ordinamento comunitario il problema dei limiti all’iniziativa economica pubblica si prospetta essenzialmente come problema di tutela della concorrenza in quanto situazione oggettiva di mercato”. dalla possibilita’ di ingerenza nel mercato da parte dello Stato al di la’ di cio’ che sarebbe consentito ad un investitore privato97. A conferma di quanto detto si osservi il dettato dell’articolo 86 (ex art. 90) TUE, ai sensi del quale: << Gli Stati membri non emanano ne’ mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente Trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi>>. Il richiamo alle norme sulla concorrenza e’ dunque esplicito e non ammette deroghe, se non quelle previste dal Trattato per alcune ipotesi particolari da esso stesso disciplinate98. 97 La direttiva sulla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati e le imprese pubbliche, cit., fa espresso richiamo al criterio del comportamento adottato da un comune investitore privato al fine di valutare se l’azione dello Stato sia legittima alla luce delle norme sulla concorrenza contenute nel Trattato. 98 Per esempio quella contenuta nel par. 2 dell’articolo 86, relativa alle imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale le quali sono soggette alle norme sulla concorrenza contenute nel Trattato “nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”. Anche in questo caso pero’ la deroga e’ valida se non compromette gli obiettivi del Trattato, infatti l’art. 86 aggiunge che “lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunita’”. Nella sentenza Altmark Trans GmbH, del 24 luglio 2003, in causa C-280/00, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha precisato che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE se sono rispettate le seguenti quattro condizioni: <<In primo luogo, l'impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell'assolvimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro. In secondo luogo, i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente, al fine di evitare che essa comporti un vantaggio economico atto a favorire l'impresa beneficiaria rispetto a imprese concorrenti. Inoltre, la compensazione da parte di uno Stato membro delle perdite subite da un'impresa, senza che siano stati previamente stabiliti i parametri di detta compensazione, quando in un secondo tempo risulti che l'esercizio di alcuni servizi nell'ambito dell'adempimento di obblighi di servizio pubblico non è stato economicamente redditizio, costituisce un intervento finanziario che rientra nella nozione di aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87, n. 1, del Trattato. In terzo luogo, la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto degli introiti relativi agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole per l'adempimento di tali obblighi. In quarto luogo, quando la scelta dell'impresa da incaricare dell'esecuzione di obblighi di servizio pubblico, in un caso specifico, non venga effettuata nell'ambito di una procedura di appalto pubblico che consenta di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività, il livello della necessaria compensazione deve essere determinato sulla base di un'analisi dei costi in cui un'impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi di trasporto al fine di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, sarebbe incorsa per adempiere tali obblighi, tenendo conto degli introiti ad essi attinenti nonché di un margine di utile ragionevole per l'adempimento di detti obblighi>>. Qualora queste quattro condizioni siano soddisfatte le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato e le disposizioni degli articoli 87 e 88 del trattato non sono applicabili. La disciplina dei servizi Cio’ vuol dire che “no company, just as no individual, is above the law”99 , la norma si rivolge sia alle imprese pubbiche, che sono tenute ad agire nel rispetto del gioco della libera concorrenza, sia agli Stati, che non devono avvantaggiare le imprese con cui hanno particolari relazioni in alcun modo, rafforzando la loro posizione attraverso privilegi o tramite l’erogazione di aiuti100. La relazione fra l’articolo 86 e gli articoli da 87 a 89 TUE sugli aiuti e’, a questo punto, chiara: lo Stato puo’ ben perseguire obiettivi particolari attraverso le imprese pubbliche, diversi dal mero raggiungimento di un profitto, per esempio il sostegno allo sviluppo o all’occupazione101, e tuttavia gli eventuali costi aggiuntivi che il perseguimento di tali obiettivi puo’ comportare non giustifica l’attribuzione di aiuti alle imprese in questione e non esime lo Stato dal rispetto delle relative norme. Come precisato dalla Commissione, il Trattato permette di considerare tali aspetti “quando trovino giustificazione nell’interesse della Comunita’” e tuttavia “salvo il caso di applicabilita’ delle deroghe previste dal Trattato, l’assegazione di detti obiettivi non commerciali non esonera le imprese pubbliche dall’osservanza delle regole di concorrenza”102. di interesse pubblico generale è in corso di revisione da parte della Commissione che ha avviato al riguardo la procedura di consultazione preventiva degli Stati membri. 99 SIR LEON BRITTAN, European competition policy.Keeping the playing-field level, London, 1992. 100 Cfr. FRIGNANI A. e WAELBROECK M., Disciplina della concorrenza nella CEE, Utet, 1996, i quali osservano che la portata dell’articolo 90 va ben oltre la mera conferma del fatto che le imprese pubbliche sono soggette alle norme sulla concorrenza, poiche’ essa “coinvolge altresi’ gli Stati membri facendo loro divieto di contravvenire alle regole del Trattato con le norme che essi applicano a queste imprese”. 101 La Commissione, nella comunicazione C 273, cit., osserva che in alcuni Stati membri le imprese pubbliche possono essere utilizzate “quali locomotive per l’economia in contesti antirecesssione, per la ristrutturazione di industrie in difficolta’ o per lo sviluppo regionale” e che tali obiettivi non commerciali hanno un costo che deve essere, alla fine, coperto dallo Stato. La diversa situazione in cui possono trovarsi le imprese pubbliche rispetto a quelle private e’ stata presa in esame anche dalla Corte di giustizia, che ha riconosciuto che <<le imprese private decidono, nei limiti fissati dalla legge cui sono soggette, la loro strategia industriale e commerciale in considerazione, soprattutto, delle esigenze di profitto. Le decisioni delle imprese pubbliche, invece, possono scontrarsi con fattori di diversa natura, nell’ambito del perseguimento, da parte delle pubbliche autorita’ che possono influire su dette decisioni, di scopi d’interesse generale.>> ( sent. 6 Luglio 1982, in cause riunite 188-190/80, “Repubblica francese, Repubblica italiana e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord c/ Commissione delle Comunita’ europee”, in Raccolta, 1982, 7, p.2545). Tuttavia cio’ non giustifica, agli occhi della Corte, la sottoposizione di dette imprese ad un regime speciale e l’attribuzione ad esse di particolari vantaggi, tant’e’ che e’ stata giudicata legittima la direttiva sulla trasparenza delle relazioni fra le imprese pubbliche e lo Stato, volta ad individuare con chiarezza di che natura siano tali rapporti e se essi comportino qualche forma di agevolazione, anche indiretta, per le imprese statali. 102 Comunicazione C 273, cit. Le imprese pubbliche, insomma, non godono di una disciplina speciale, che deroghi a quella cui sono soggette le altre imprese, ma sono sottoposte alla disciplina generale103. In particolare, la Commissione ha precisato che gli aiuti concessi a dette imprese devono essere trattati “alla stessa stregua di quelli alle imprese private” e vanno dunque notificati affinche’ essa esamini se rientrino nel disposto dell’articolo 87 ed, eventualmente, siano compatibili con il mercato comune104. 103 Vedi MORENO MOLINA A., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, cit. ORLANDI M., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, rileva che l’articolo 90, par.1, e’ anche suscettibile di un’autonoma utilizzazione in tema di aiuti, potendo esso servire nelle ipotesi in cui l’articolo 92 non e’ applicabile. Cio’, per esempio, puo’ avvenire a fronte di interventi dello Stato nel mercato che comportano una discriminazione a danno delle imprese private e favoriscono quelle pubbliche senza l’attribuzione a queste ultime di denaro pubblico o altre forme di finanziamento, mancando, quindi, l’utilizzazione di “risorse statali” necessaria per l’applicazione dell’articolo 92. In particolare l’autore cita la Decisione del 24/4/1985 della Commissione, n.85/276/CEE, con cui venne sanzionata l’incompatibilita’ con il mercato comune di alcune norme di una legge greca che obbligavano ad assicurare presso compagnie statali tutti i beni dello Stato, e sollecitavano le banche pubbliche e i contraenti di mutui ad assicurarsi presso una compagnia pubblica. 104 Comunicazione della Commissione agli Stati membri <<Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CE e dell’articolo 5 della Direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera>>, in GUCE n. C 273 del 18/10/1991. 4. L’oggetto dell’aiuto. Il secondo elemento essenziale per la qualificazione di una fattispecie come aiuto ai sensi dell’articolo 87 del Trattato e’ costituito dall’oggetto o contenuto. L’oggetto tipico dell’aiuto consiste in un vantaggio o un beneficio di carattere economico attribuito all’impresa. Alcuni pongono l’accento sul carattere finanziario del beneficio, altri preferiscono usare il termine vantaggio per indicare il fatto che si tratta di un beneficio di qualsiasi natura, diretto o indiretto, erogato dallo Stato. La Corte di Giustizia sembra usare indifferentemente i due termini, lo scopo dell’articolo 87 TUE e’ infatti quello di evitare che gli scambi fra gli Stati membri siano pregiudicati da “vantaggi concessi dalle pubbliche autorità”105 sotto qualsiasi forma. Caratteristica dell’aiuto e’ dunque il fatto di porre l’impresa in una condizione migliore rispetto a quella in cui si trovava perche’ le si attribuisce qualcosa che per essa ha un valore oggettivo.106 I benefici che lo Stato puo’ erogare alle imprese possono essere di svariati tipi: si va dalle sovvenzioni dirette, cioe’ dai contributi in danaro erogati a fondo perduto, all’attivita’ di prestazione di garanzia, ai prestiti, fino a forme indirette di attribuzione di benefici, tramite, per esempio, la rinuncia al rendimento del capitale investito in un’impresa107. Come si e’ gia’ avuto modo di precisare, proprio l’ampia varieta’ di misure di cui le pubbliche autorita’ possono servirsi per conferire aiuti alle imprese e il fatto che tali misure non siano tipizzabili a priori hanno reso inopportuna la formulazione di un’unica definizione di aiuto e indotto le istituzioni comunitarie a qualificare, 105 Sentenza 24 Febbraio 1987, in causa 310/85, “Deufil c/ Commissione”, in Raccolta p.901. Cfr. FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della Concorrenza nella CEE, Utet, 1996, sottolineano che l’impresa a seguito dell’aiuto riceve un vantaggio/beneficio; DONY BARTHOLME, La notion d’aide d’Etat, in Cahiers de driot europeen, 3-4, 1993, p.399. 107 Cfr. la risposta della Commissione all’interrogazione parlamentare dell’on.Burgbacher, in GUCE n.125/C del 17 Agosto 1963, e la risposta all’interrogazione dell’on.Welsh, in GUCE n.221/C del 25 Agosto 1982, in cui la Commissione procede ad un’elencazione delle misure che possono essere considerate aiuti, fra cui: le sovvenzioni non rimborsabili, le esenzioni da tasse parafiscali, le garanzie di prestiti a condizioni particolarmente favorevoli, le dilazioni per il pagamento di prestazioni di sicurezza sociale, le cessioni di edifici o di terreni a titolo gratuito o a condizioni particolarmente favorevoli, le forniture di beni o servizi a condizioni preferenziali, le coperture di perdite, ecc. Cfr. anche le diverse Relazioni sulla politica di concorrenza, fra cui la Seconda, riferita al 1972, punto 120; la Settima, riferita al 1977, punto 238; la Decima, riferita al 1980, punto 221. Nessuna elencazione fornita dalla Commissione ha comunque la pretesa di assumere carattere esaustivo. 106 pragmaticamente, le singole fattispecie da fare rientrare nell’applicazione degli articoli 87 e seguenti del Trattato108. Cio’ che rileva e’ il contenuto economico dell’aiuto a prescindere dalle modalita’ con cui puo’ essere erogato, come prescritto dall’articolo 87 TUE, il quale stabilisce che sono incompatibili con il Trattato “gli aiuti concessi sotto qualsiasi forma”. Come e’ stato piu’ volte affermato dalla Corte di Giustizia, quest’ultima espressione serve proprio a chiarire che <<l’articolo 92, n.1, del Trattato non fa alcuna distinzione fra i vari tipi di sovvenzioni>>109 e che <<indipendentemente dalla forma sotto la quale vengono concessi gli aiuti (...) la Commissione deve accertare se siffatti aiuti siano in contrasto con l’articolo 92, n.1, e valutare, in caso affermativo, se essi non possano eventualmente essere esonerati dal divieto in forza del n.3 dello stesso articolo, motivando in relazione a cio’ la propria decisione>>110. Dunque, costituiscono aiuti non soltanto le prestazioni positive, ma tutte le forme di intervento pubblico volte ad alleviare gli oneri che gravano normalmente sul bilancio di un’impresa111. Mentre nel caso delle sovvenzioni dirette il vantaggio attribuito al destinatario e’ immediatamente individuabile, in altri casi, per esempio nelle forme indirette di aiuto, puo’ non essere facile stabilire se si e’ in presenza di un beneficio, che potrebbe essere mascherato dietro operazioni finanziarie apparentemente “innocue”, ossia irrilevanti sotto il profilo dell’articolo 87 del Trattato. L’erogazione di un prestito o l’acquisizione di partecipazioni statali al capitale di un’impresa, per esempio, sono operazioni finanziarie in se’ lecite, a meno che non siano fatte a condizioni tali da attribuire particolari vantaggi al destinatario. Le modalita’ dell’operazione, le circostanze in cui essa si svolge, assumono carattere decisivo, in tal caso, al fine della qualificazione della fattispecie. Il parametro di riferimento per stabilire se l’impresa destinataria dell’intervento abbia ricevuto o meno un aiuto e’ dato dal mercato: ogni vantaggio percepito al di fuori di cio’ che il mercato avrebbe normalmente garantito costituisce un aiuto. Cosi’, per tornare agli esempi sopra citati, se i tassi di interesse cui e’ erogato il 108 DE VERGOTTINI, Sistema delle partecipazioni statali e obblighi comunitari, in Riv.dir.eur.,1990, p.478, sottolinea che il Trattato non si e’ preoccupato di definire meglio la nozione di aiuto per il semplice fatto che “l’obiettivo della normativa e’ dato dalla tutela della concorrenza negli scambi intracomunitari, per cui sono considerati implicitamente controllabili e sanzionabili tutte le misure, a prescindere dalla loro forma o definizione giuridica, atte a pregiudicare tale obiettivo”. 109 Corte di Giustizia CE, sentenza 14 Ottobre 1987, in causa 248/84, “Germania c/ Commissione, in Raccolta p.4013. 110 Corte di Giustizia CE, sentenza 14 Novembre 1984, in causa 323/82, “Intermills c/Commissione”, in Raccolta p.3809. 111 Cfr. ancora la Corte di Giustizia CEE, sentenza 23 Febbraio 1961, in causa 30/59, “De Gezamenlijke Steenkolenmijnen”, in Raccolta, VII, 1961, p.3. LEANZA U., Commento all’articolo 92, in Commentario CEE 1965, afferma che l’aiuto comprende “tutte le forme in cui puo’ esplicarsi l’intervento dello stato per sussidiare e stimolare in tutte le sue fasi sia la produzione che la distribuzione dei beni”. prestito sono decisamente piu’ bassi di quelli praticati dal mercato, o se l’assunzione delle partecipazioni avviene in un momento in cui l’impresa e’ in difficolta’ tali da non rendere possibile il reperimento di capitali altrimenti, allora si e’ sicuramente in presenza di un aiuto. Il mercato, dunque, costituisce sempre il parametro cui rapportare l’intervento pubblico per determinarne la rilevanza ai fini dell’articolo 87 del Trattato112, d’altra parte l’adozione di tale criterio e’ coerente ai principi che informano il diritto comunitario e alla ratio delle norme sulla concorrenza, in particolare di quelle sugli aiuti di Stato. L’aiuto deve consistere quindi in una “agevolazione discriminatoria”113 che pregiudichi la parita’ di trattamento fra le imprese che operano sul mercato comune, alterando in tal modo il normale assetto concorrenziale. Ecco perche’, se la forma dell’aiuto e’ irrilevante, le modalita’ invece assumono carattere decisivo: la durata del periodo in cui e’ corrisposto il beneficio, la sua intensita’, le finalita’ per le quali e’ concesso (per esempio la ristrutturazione di un settore produttivo), sono tutte circostanze determinanti per la valutazione dell’ammissibilita’ dell’aiuto e della possibilita’ che esso fruisca di una delle deroghe di cui all’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato114. 112 Cfr. FARR S., State aids, in FREEMAN P. - WISH R. (eds), Butterworths Competition Law, vol. 2, London, 1992; QUIGLEY, The notion of State Aid in the EEC, in European Law Review, 1988; cfr, anche le conclusioni dell’Avvocato Generale Slynn alla sentenza “Germania c/ Commissione, in causa 84/82, in Raccolta 1984, p.1501. La Commissione ha utilizzato il criterio del mercato sin dalle prime Relazioni sulla politica di concorrenza, cfr. la Seconda relazione riferita al 1972, punti 122-125, e la Terza relazione, riferita al 1973, punti 118-119. Il Consiglio ha adottato tale criterio nel codice degli aiuti alle costruzioni navali del 1981, Direttiva 81/363/CEE, 28 Aprile 1981, in GUCE 23 Maggio 1981, n. L 137, p.39; nel codice degli aiuti all’industria siderurgica (Decisione della Commissione n.322/89/CECA del 1/2/1989, in GU n. L 38 del 10 Febbraio 1989). Il medesimo criterio informa la Decisione della Commissione 2320/81/CECA del 13 Agosto 1981, in GUCE n. L 228, del 7 Agosto 1981, approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata; cfr. anche la Direttiva del Consiglio 90/684/CEE del 21/12/1990, in GU n. L 380 del 31/12/1990. Anche la Corte di Giustizia ha piu’ volte confermato il criterio esaminato. 113 DE VERGOTTINI, Sistema delle partecipazioni statali, cit. 114 In alcuni casi, addirittura, la modalita’ dell’aiuto e’ influente al punto da determinare l’incompatibilita’ dell’aiuto ex se, a prescindere da ogni altra considerazione; cosi’, gli aiuti istituiti sotto forma di discriminazione fiscale, da parte di uno Stato membro, nei confronti dei prodotti originari di altri Stati non possono essere autorizzati in nessun caso. Nella sentenza 25 Giugno 1970, in causa 47/69, “Imposta parafiscale applicata ai prodotti tessili in Francia”, in Raccolta 1970, p.487, la Corte ha affermato che<<un aiuto propriamente detto (...) puo’ essere considerato lecito purche’ il suo effetto perturbatore non sia aggravato da un sistema di finanziamento che renda il tutto incompatibile con il mercato unico e col comune interesse>> e che <<la Commissione deve considerare tutti gli aspetti diretti e indiretti delle misure di cui trattasi, cioe’ non solo l’aiuto propriamente detto alle attivita’ nazionali destinatarie, ma anche l’aiuto indiretto che puo’ derivare dal sistema di finanziamento e dallo stretto nesso tra il volume del primo e il rendimento del secondo.>> sicche’ la Corte conclude che <<la valutazione di un aiuto non puo’ quindi essere separata dalla valutazione degli effetti del suo finanziamento>>. Nella consapevolezza che nessuna elencazione puo’ avere carattere esaustivo, si sono distinte quattro categorie di aiuti, a seconda dell’attivita’ svolta dallo Stato nel porre in essere i diversi tipi di intervento. Le categorie sono state cosi’ individuate: - aiuti sotto forma di erogazioni dirette; - aiuti negativi” o indiretti; - aiuti tramite prestazione di garanzia; - aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale. All’interno di ciascuna categoria sono contenute diverse fattispecie, si procedera’ quindi all’esame di quelle principali, illustrando alcuni casi che sono stati portati all’attenzione della Commissione e della Corte di Giustizia, per rendere chiari i meccanismi di cui gli Stati generalmente si servono per l’erogazione di aiuti alle imprese. 4.1 Aiuti sotto forma di erogazioni dirette. La prima categoria e’ costituita da tutti quegli aiuti consistenti nell’attribuzione di un contributo in danaro diretto, sotto forma di sovvenzione vera e propria - e cioe’ di contributo a fondo perduto o di apporto di capitale – o tramite la concessione di un prestito a tasso agevolato ovvero in forma di ripianamento di passivita’ dell’impresa o di rimborso di alcuni costi di produzione. a) Aiuti sotto forma di sovvenzioni. L’individuazione di questo tipo di aiuti, generalmente, non presenta particolari problemi, poiche’ l’erogazione di un contributo un danaro e’ la forma piu’ “trasparente” che l’intervento dello Stato puo’ assumere. Va precisato che il carattere di aiuto, in questi casi, non viene meno neanche qualora le sovvenzioni siano finanziate con somme provenienti, in tutto o in parte, dalle stesse imprese private tramite contributi imposti dallo Stato. La Corte di Giustizia, infatti, ha stabilito che un provvedimento della pubbica autorita’ che favorisca determinate imprese o determinati prodotti <<non perde il suo carattere di vantaggio gratuito per il fatto di venire in tutto o in parte finanziato da contributi imposti dalla stessa autorita’ alle imprese considerate>>, poiche’ rilevano gli Cfr. anche la sentenza 27 Maggio 1981, in cause riunite 142 e 143/80, “Amministrazione delle finanze dello Stato c/ Essevi e Salengo, in Raccolta 1981, p.1413. La Commissione ha fissato dei parametri in relazione ad alcuni tipi di aiuto, ponendo per esempio dei massimali d’intensita’, che indicano la soglia al di sopra della quale un aiuto e’ da considerarsi sicuramente inammissibile. Cfr. la Prima Relazione sulla politica di concorrenza, punto 19, in cui la Commissione sottolinea che gli effetti degli aiuti dipendono dal loro volume e da altre circostanze. effetti che l’aiuto produce nei confronti delle imprese beneficiarie e <<non gia’ la situazione degli enti che distribuiscono o gestiscono l’aiuto>>115. b) Aiuti sotto forma di prestiti a tasso agevolato. Riguardo ai prestiti a tasso agevolato, la Commissione ha stabilito una serie di parametri che individuano quando la misura dell’agevolazione e’ tale da costituire un aiuto116. Il punto di riferimento e’ costituito, come sempre, dal mercato e in particolare dal rischio che un investitore privato normalmente assume nel momento in cui decide di concedere un prestito. Secondo la Commissione il rischio inerente ad un prestito trova riflesso in due parametri: il tasso d’interesse applicato; le garanzie richieste a copertura del prestito. Per valutare se la concessione del prestito da parte delle autorita’ pubbliche ad un’impresa sia, in realta’, un aiuto mascherato bisognera’ dunque fare riferimento ai suddetti criteri. In particolare, se il finanziatore decide di concedere il prestito a condizioni che nella normale prassi bancaria non sarebbero normalmente praticate, allora l’operazione conterra’ un elemento d’aiuto che va quantificato in rapporto alla differenza fra il tasso d’interesse che l’impresa dovrebbe pagare e quello effettivamente pagato. Inoltre, nel caso in cui il prestito sia erogato senza garanzie, ad una societa’ che in circostanze normali non sarebbe in grado di ottenere alcun credito, esso equivarra’ di fatto ad una vera e propria sovvenzione117. c) Aiuti mediante ripianamento di debiti. Un’altra forma diretta di erogazione di aiuti e’ quella del ripianamento delle passivita’ di un’impresa, in questo caso il vantaggio attribuito al destinatario e’ infatti evidente e di immediata individuazione. Tuttavia possono darsi delle ipotesi in cui il ripianamento dei debiti di una societa’ non vada, apparentemente, a 115 Sentenza “Steineke und Weinlig”, 22 Marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1978, p.557. Nella specie si trattava di un contributo di 20000 DM imposto ad alcune aziende tedesche operanti nei settori dell’agricoltura, silvicoltura e dell’industria alimentare, confluente in un Fondo Centrale della repubblica Federale Tedesca istituito al fine di incrementare l’agricoltura, la silvicoltura e l’industria alimentare. Cfr. PERICU, G., Le sovvenzioni come strumento di azione amministrativa, Milano, 1967. 116 Cfr. la Comunicazione agli stati membri 93/C 307/03, in GUCE . L 254 del 12 Ottobre 1993, “Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CE e dell’articolo 5 della Direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera”. 117 Cosi’ la Commissione nella Comunicazione 93/C 307/03 citata. Le considerazioni svolte si riferiscono sia all’ipotesi in cui il prestito sia stato concesso direttamente dalle autorita’ pubbliche, sia a quella in cui sia stato erogato da enti o istituti di credito obbligati a farlo perche’ direttamente o indirettamente controllati dallo Stato. Cfr. quanto detto nel paragrafo sulla nozione di Stato e di aiuto “erogato tramite risorse statali”. beneficio della stessa. Nel caso “EFIM” lo Stato italiano procedette al pagamento dei debiti dellla societa’ EFIM e delle sue filiali poste in liquidazione. Alle obiezioni mosse dalla Commissione, che sosteneva che il pagamento dei debiti configurava un aiuto, il governo italiano replico’ che, dato che le societa’ in questione erano state poste in liquidazione, esse non avrebbero potuto beneficiare del pagamento che sarebbe andato, invece, a vantaggio esclusivo dei creditori. La Commissione tuttavia rilevo’ che, di fatto, erano state poste in liquidazione solo quattro societa’ finanziarie del gruppo, mentre tutte le altre continuavano ad operare: il ripianamento dei debiti, dunque, ben poteva essere considerato un aiuto dato che aveva per effetto <<l’eliminazione dei debiti corrispondenti all’interno del gruppo e la conseguente continuazione dell’attivita’ da parte delle societa’ operative>>118. 4.2 Gli aiuti “negativi” o indiretti. Come aiuti “negativi” si sono definite tutte quelle forme di aiuti ottenute tramite rinuncia, da parte delle autorita’ pubbliche, alla percezione di somme dovute dalle imprese. Cio’ puo’ avvenire tramite la mancata riscossione di tasse, contributi, oneri sociali, proventi fiscali in genere, o attraverso la mancata remunerazione del capitale precedentemente investito dallo Stato, in seguito a rinuncia ai dividendi spettantigli come azionista di una societa’ o ad abbuono di interessi dovutigli per un prestito erogato all’impresa. Gli aiuti indiretti, in particolare, si realizzano tramite l’attribuzione di un vantaggio senza l’erogazione di una somma di denaro al beneficiario, ma attraverso altri meccanismi, quali per esempio la cessione di beni (come terreni o fabbricati) a prezzi particolarmente favorevoli all’acquirente. a) Aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali. Nella causa 290/83, “Sovvenzioni agli agricoltori disagiati”, e’ stato portato all’attenzione della Corte un sussidio di solidarieta’ corrisposto ad alcuni agricoltori francesi che si trovavano in condizioni economiche disagiate, attribuito sotto forma di una sovvezione a forfait a tutti gli imprenditori aventi un fatturato inferiore ad una certa misura, finanziato con le eccedenze di gestione della Cassa Nazionale del Credito Agricolo. L’aiuto venne considerato tale anche se non erogato direttamente dallo Stato ma tramite fondi risultanti dal prodotto finanziario di una gestione bancaria di risparmio di origine privata cui, a detta dello Stato, non avevano in alcun modo concorso i fondi pubblici. 118 Comunicazione della Commissione ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 2, del Trattato CE e indirizzata agli altri Stati membri e ai terzi interessati in merito ad aiuti concessi dall’Italia a favore di EFIM, 93/C 349/02. L’avvocato Generale Mancini rilevo’ che le eccedenze di gestione con cui erano stati finanziati gli aiuti si erano formate nel corso di alcuni anni in cui la Cassa Nazionale del Credito Agricolo aveva beneficiato di agevolazioni fiscali (in particolare non era stata assoggettata all’imposta sulla societa’): le eccedenze, dunque, erano state realizzate <<au cours des exercices non fiscalises ou fiscalises partiellement>>119 Nella sentenza “Assegni familiari per i lavoratori dell’industria tessile”, la Corte esamino’ il caso di alcuni aiuti concessi sotto forma di sgravi fiscali mediante l’assunzione, da parte dello Stato italiano, di una parte degli oneri sociali che gravavano sui datori di lavoro nel settore dell’industria tessile. La Corte dichiaro’ tali aiuti incompatibili con il mercato comune poiche’ avevano l’effetto di ridurre il costo della manodopera alterando la concorrenza fra le industrie tessili italiane e le imprese dello stesso settore degli altri Stati membri120. Sugli aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali la Commissione ha adottato una Comunicazione, in considerazione della complessita’ della materia e della sua importanza, divenuta maggiore in seguito alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria e ai conseguenti impegni di risanamento dei bilanci nazionali assunti dagli Stati, <<tenuto conto delle notevoli ripercussioni che possono avere determinati aiuti fiscali per il gettito degli altri Stati membri>>121. Dopo avere ribadito che il principio di incompatibilita’ di cui all’articolo 87 del Trattato, con le relative deroghe, si applica agli aiuti sotto qualsiasi forma <<comprese determinate misure fiscali>>, nella comunicazione indicata la Commissione procede all’elenco delle modalita’ attraverso le quali possono essere attribuiti vantaggi alle imprese tramite riduzione degli oneri fiscali. Tali aiuti possono avere la forma di: - una riduzione della base imponibile (deduzione derogatoria, ammortamento straordinario o accelerato, iscrizione di riserve in bilancio, ecc.); - una riduzione totale o parziale dell’ammontare dell’imposta (esenzione, credito d’imposta, ecc.); 119 Sentenza 30 Gennaio 1985, causa 290/83, in Raccolta 1985, p. 442. Sentenza “Assegni familiari per l’industria tessile”, 2 Luglio 1974, in causa 173/73, in Raccolta 1974, p.709. 121 Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese, 98/C 384/03, in GUCE del 10/12/1998. La comunicazione e’ nata a seguito del dibattito fra i vertici degli Stati membri sulla necessita’ di adottare un’azione coordinata a livello comunitario per lottare contro la concorrenza fiscale dannosa. In seguito a tale discussione il Consiglio dei Ministri dell’Economia e delle Finanze ha manifestato l’accordo sull’adozione di una risoluzione su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, volto a migliorare la trasparenza nel settore fiscale. La Commissione a sua volta si e’ impegnata ad elaborare gli orientamenti per l’applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato alle misure di tassazione diretta delle imprese, espressi nella Comunicazione in esame. 120 - un differimento oppure un annullamento, o anche una rinegoziazione eccezionale del debito fiscale. Naturalmente, l’elencazione non puo’ essere considerata di carattere esaustivo, rimanendo libere le istituzioni comunitarie di accertare altre forme di aiuti non rientranti nelle categorie descritte. Tutte le agevolazioni esaminate sono da considerarsi aiuti attribuiti tramite risorse statali (ovviamente anche nel caso in cui siano concesse da enti regionali o locali) poiche’ una perdita di gettito fiscale <<e’ equivalente al consumo di risorse statali sotto forma di spesa fiscale>>122. Il criterio utilizzato dalla Commissione per valutare se una data misura configuri un aiuto consiste dunque nel fatto che essa instauri a favore di determinate imprese un’eccezione all’applicazione del sistema tributario. A meno che tale eccezione non discenda dai principi informatori e non sia giustificata dalla natura del sistema stesso, si potra’ dire di trovarsi in presenza di un aiuto123. b) Aiuti mediante abbuono di interessi. Questa forma di aiuto si realizza quando lo Stato o altro ente pubblico assumono su di se’ parte degli interessi che un’impresa deve restituire in seguito ad un prestito, ovvero quando l’autorita’ pubblica rinunci a riscuotere gli interessi ad essa dovuti in seguito ad un credito erogato ad una societa’. Cosi’, nella causa 57/86, “Grecia c/ Commissione”, la Corte di Giustizia sanci’ l’incompatibilita’ con il Trattato di un aiuto concesso tramite abbuono degli interessi sui crediti all’esportazione poiche’ questo aveva l’effetto <<di attribuire alle imprese esportatrici un vantaggio economico mediante riduzione delle spese sostenute in occasione delle vendite sui mercati degli altri Stati membri>>. L’aiuto dunque incideva sugli scambi e falsava la concorrenza fra le imprese. c) Aiuti tramite rinuncia alla remunerazione del capitale investito. Come sottolineato dalla Commissione in una Comunicazione del 1993124, lo Stato, al pari di ogni altro investitore in economia di mercato, dovrebbe attendersi dai propri investimenti un rendimento normale, sotto forma di dividendi o di incremento del capitale. Vi sono casi in cui, pero’, tale rendimento viene meno perche’ lo Stato rinuncia a percepire i dividendi da una sua impresa o perche’ il capitale in essa investito ha un saggio di rendimento insufficiente. In tutti questi casi si configura un aiuto. 122 Cosi’ la Commissione nella Comunicazione citata. In dottrina v. ROCCATAGLIATA F. e MEDICI S., Normativa comunitaria in materia di aiuti concessi dallo Stato alle imprese sotto forma di agevolazioni fiscali, in Riv.it.dir.pubbl.com., 3-4, 1998, p.619. 123 Cfr. quanto osservato prima a proposito della selettività. 124 Comunicazione 93/C 307/03 citata. In presenza di un rendimento insufficiente, infatti, un’impresa privata prenderebbe gli opportuni provvedimenti per ristabilire la situazione, attraverso un piano dettagliato per migliorare la redditivita’. Qualora invece il rendimento normale di un’impresa pubblica venga a mancare per lungo tempo, oltre il breve periodo, e l’impresa non prenda alcun provvedimento al riguardo, allora si puo’ presumere che essa benefici indirettamente di un aiuto, dato che lo Stato rinuncia al profitto che un investitore in economia di mercato si attenderebbe da un investimento analogo. Lo stesso puo’ dirsi nel caso in cui lo Stato rinunci a percepire i dividendi da un’impresa pubblica e gli utili cosi’ trattenuti non diano un tasso di rendimento normale: in questo caso infatti l’impresa beneficiera’ di una sovvenzione indiretta, ottenendo di fatto capitali a un tasso inferiore a quello di mercato. d) Aiuti tramite cessione di beni di proprieta’ pubblica a condizioni particolarmente favorevoli. Sono stati portati all’attenzione della Commissione diversi casi di vendite di terreni e fabbricati di proprieta’ pubblica che, in ragione delle condizioni alle quali sono state effettuate, hanno configurato aiuti alle imprese. Qualora, infatti, i suddetti beni vengano ceduti ad un prezzo particolarmente basso, o comunque tramite procedure che non assicurino la partecipazione di tutti gli interessati all’acquisto in condizione di parita’, la vendita puo’ configurare forme di aiuti indiretti agli acquirenti, i quali si troveranno a beneficiare di vantaggi derivanti dalle condizioni di favore a cui e’ stata effettuata la cessione dei beni. La Commissione ha cosi’ emanato una serie di orientamenti volti ad individuare eventuali aiuti concessi agli acquirenti, e ad indicare agli Stati le procedure da seguire per trattare le vendite di terreni e fabbricati, in modo da escludere a priori elementi di aiuto. Sono dunque elencate alcune fattispecie che vanno certamente notificate per consentire di valutare se il negozio configura un aiuto (e la sua eventuale compatibilita’ con le norme del Trattato). In linea di massima, comunque, secondo l’istituzione comunitaria, la vendita praticata attraverso un’offerta aperta e incondizionata sufficientemente pubblicizzata, aggiudicata al migliore offerente, avviene per cio’ stesso al valore di mercato e pertanto non contiene aiuti.125 125 Cfr. la Comunicazione della Commissione relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorita’, 97/C 209/03. 4.3 Aiuti tramite assunzione di garanzia. L’assunzione della garanzia sui prestiti di un’impresa concessa dallo Stato, direttamente o indirettamente, puo’ rappresentare un aiuto qualora non sia effettuata alle stesse condizioni che un investitore privato operante sul mercato sarebbe disposto ad assumere. La Commissione ha adottato, nel 2000, un’apposita Comunicazione al riguardo, in cui individua i criteri per stabilire quando la concessione di una garanzia da parte dello Stato, o altro ente pubblico, configura un aiuto126. Negli orientamenti viene innanzitutto precisato che le garanzie statali rientrano in linea di massima pienamente nell'ambito d'applicazione dell'articolo 87 e che l'aiuto deve considerarsi concesso nel momento in cui viene prestata la garanzia e non quando la garanzia venga fatta valere o il garante provveda al pagamento. La garanzia statale, infatti, consente al beneficiario d'ottenere per il prestito condizioni migliori di quelle conseguibili in genere sui mercati finanziari, come la possibilità d'ottenere tassi ridotti o di offrire coperture minori. A volte, addirittura, senza la garanzia statale l’impresa non sarebbe in grado di trovare un istituto finanziario disposto a concederle un prestito ad alcuna condizione. Le garanzie pubbliche possono pertanto agevolare la creazione di nuove imprese e consentire alle imprese esistenti di ottenere i fondi necessari per svolgere nuove attività o per proseguire semplicemente quelle in corso, anziché essere eliminate o ristrutturate. Questo tipo d'aiuto provoca facilmente delle distorsioni della concorrenza. Non tutte le concessioni di garanzia però costituiscono un aiuto, per esempio nel caso in cui il mutuatario versi un adeguato corrispettivo allo Stato per la garanzia prestata. Il beneficio derivante dalla garanzia statale, infatti, risiede nel fatto che il relativo rischio viene assunto dallo Stato e tale assunzione del rischio dovrebbe in linea di principio essere remunerata con un adeguato corrispettivo. L'eventuale rinuncia al corrispettivo comporta una perdita di risorse per lo Stato e nel contempo un beneficio per l'impresa. La Commissione, dunque, ritiene che si possa parlare d'aiuto al mutuatario sotto forma di garanzia quando: lo Stato rinuncia al corrispettivo inteso a remunerare i rischi per il mancato pagamento della garanzia; il regime giuridico dell'impresa esclude il fallimento o altre procedure concorsuali oppure prevede esplicitamente la concessione di garanzie statali o il ripianamento delle perdite da parte dello Stato; vi è acquisizione da parte dello Stato di una partecipazione in un'impresa 126 Comunicazione della Commissione sull'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie, 2000/C 71/07. Tale Comunicazione sostituisce quanto già stabilito dalla Commissione nella lettera indirizzata agli Stati membri, SG (89) D/4328 del 5 Aprile 1989, nella lettera agli Stati membri SG (89) D/12772 del 12 Ottobre 1989 e nel punto 38 della Comunicazione agli Stati membri sull'applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato CE e dell'articolo 5 della direttiva 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell'industria manifatturiera, in GU C 307 del 13.11.1993, citata. con assunzione di responsabilità illimitata anziché della normale responsabilità limitata. Nel caso “EFIM”, gia’ accennato, lo Stato italiano assunse la garanzia illimitata di tutti i debiti della societa’ e delle altre filiali del gruppo, in qualita’ di azionista unico ai sensi dell’articolo 2362 del codice civile. La Commissione giudico’ che tale assunzione di garanzia configurasse un aiuto grazie alla disponibilita’ illimitata delle risorse statali messe a disposizione dell’impresa, che avrebbero consentito a quest’ultima di rimborsare con certezza i creditori in caso di liquidazione. Questo fatto aveva permesso all’impresa beneficiaria della garanzia <<di continuare la propria attivita’ nonostante l’aggravarsi del suo indebitamento, quando invece un’impresa privata, nelle stesse condizioni, sarebbe stata posta gia’ da tempo in liquidazione >>127. L’individuazione dell’esatta portata dell’aiuto presuppone, quindi, l’analisi della situazione finanziaria dell’impresa destinataria della garanzia. Al riguardo la Commissione precisa che i fattori da prendere in considerazione sono la durata e l'importo della garanzia e del prestito, il rischio dell'inadempimento, il corrispettivo pagato dal mutuatario per la garanzia, la natura delle coperture fornite dal medesimo, le modalità con cui lo Stato può essere chiamato a pagare il debito ed i mezzi (ad esempio procedura fallimentare) usati dallo Stato stesso, quando la garanzia sia stata fatta valere, per recuperare gli importi dovuti dal mutuatario. Il metodo principale per calcolare l’importo dell’aiuto è quello in base al quale si valuta il tasso d’interesse che gli istituti di credito avrebbero praticato all’impresa, in considerazione della sua posizione economica, della sua struttura e del tasso di mercato, e il tasso d’interesse effettivamente praticato in ragione della garanzia prestata dallo Stato: l’aiuto, infatti, equivarra’ alla differenza fra i due tassi, al netto del costo della garanzia stessa. 4.4 Aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale. In quest’ultima categoria si sono raggruppati quegli aiuti che, in qualsiasi modo, sono volti a favorire la produzione nell’ambito dello Stato membro. Cio’ puo’ avvenire mediante la realizzazione di infrastrutture che avvantaggino determinate imprese, oppure tramite la determinazione autoritativa di prezzi o tariffe che, a certe condizioni, vada a beneficio di alcuni settori produttivi; ancora, attraverso forme di propaganda di prodotti nazionali; infine, riservando alle imprese statali appalti di forniture pubbliche. Anche la riserva a favore di determinate imprese nazionali per la fornitura di beni o servizi allo Stato o ad altro ente pubblico puo’, infatti, configurare un aiuto, nella misura in cui comporti 127 Cosi’ la Commissione nella “Comunicazione ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 2, del Trattato CE indirizzata agli Stati membri e ai terzi interessati in merito ad aiuti decisi dall’Italia a favore di EFIM, 93/C 349/02”. l’applicazione di un regime preferenziale ai contratti stipulati con le imprese che vedano pattuite condizioni di favore per lo svolgimento delle prestazioni128. Molte di queste ipotesi potrebbero rientrare nell’ambito delle misure generali e dunque, mancando del carattere della selettivita’, non configurare aiuti ai sensi dell’articolo 87 del Trattato. Per distinguere le diverse fattispecie vanno quindi esaminate le circostanze concrete e va verificato se gli effetti degli aiuti ricadano indistintamente su tutte le imprese operanti sul territorio nazionale, ovvero vadano a beneficio di alcune in particolare. a) Aiuti tramite la realizzazione di infrastrutture. La costruzione di infrastrutture a servizio delle imprese e’ una tipica misura volta a favorire la produzione nel Paese. Nella Settima Relazione sulla politica di concorrenza, la Commissione ha chiarito che la costruzione di infrastrutture configura un aiuto qualora vada a vantaggio di determinate imprese individuabili con certezza. Gli interventi pubblici che non siano direttamente collegati ad alcune imprese in particolare, ricadendo i loro effetti a vantaggio di tutta la collettivita’ (di ogni operatore economico), non possono essere qualificati aiuti ma dovra’ ritenersi che si tratti di misure di carattere generale, non rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 87 e seguenti del Trattato. Nel caso “Matra” fu sottoposta all’attenzione della Corte di Giustizia la fattispecie in cui il Governo Portoghese aveva notificato una serie di aiuti accordati ad una joint venture costituita fra la Ford e la Volkswagen, comprendenti misure come agevolazioni fiscali e alcune sovvenzioni. Fra tali aiuti non erano stati ricompresi dalla Commissione, per la valutazione di compatibilita’ con l’articolo 87, i contributi erogati per il sostegno di un programma di addestramento dei lavoratori nel settore automobilistico e la costruzione di alcune infrastrutture realtive alle forniture d’acqua, di elettricita’ e allo smaltimento dei rifiuti129. La societa’ Matra, concorrente della joint venture, obietto’ che anche tali misure dovevano essere considerate aiuti, poiche’ costituivano vantaggi a favore delle societa’ in questione. La Corte di Giustizia, tuttavia, rilevo’ che gli interventi pubblici sarebbero andati a favore di tutta la produzione nazionale e non solo delle imprese indicate dalla ricorrente. In particolare l’addestramento dei lavoratori avrebbe contribuito ad alzare in via generale lo standard di specializzazione nel settore automobilistico, poiche’ il centro stesso di addestramento era separato dalle 128 Va segnalato che la riserva di appalti a favore di imprese nazionali puo’ comportare, oltre che un aiuto, una misura equivalente alle restrizioni quantitative alle importazioni ai sensi dell’articolo 28 del Trattato (ex articolo 30). 129 Sentenza 15 giugno 1993, “Matra c/ Commissione”, in Raccolta 1993, p.3203. Per un commento in dottrina v. HANCHER L., State aids and judicial control in the European Community, in European Competition Law Review, 1994, p.134. aziende e dunque avrebbe potuto essere utilizzato anche da altre compagnie produttrici di automobili130. b) Aiuti tramite propaganda di prodotti nazionali. Anche gli interventi volti a pubblicizzare prodotti nazionali possono costituire aiuti alle imprese se finanziati tramite risorse pubbliche. L’intervento dello Stato nel finanziamento di azioni pubblicitarie a favore di prodotti nazionali, in special modo di prodotti agricoli, e’ abbastanza frequente, si tratta allora di verificare se tali azioni abbiano carattere selettivo, favorendo alcune aziende o determinate produzioni. Nella sentenza “Steinike”131 la Corte di Giustizia valuto’ la compatibilita’ con il mercato comune di un contributo destinato ad incrementare un Fondo di promozione vendite di prodotti agricoli, forestali e alimentari, avente il compito di “promuovere dal centro la vendita e la messa in valore dei prodotti agricoli, forestali alimentari tedeschi, mediante la creazione e il mantenimento di sbocchi all’interno e all’estero con mezzi e metodi moderni”132. Poiche’ le attivita’ del Fondo erano finanziate con contributi pubblici e andavano a vantaggio dei prodotti alimentari tedeschi, la Corte ritenne che le ricerche di mercato e le attivita’ pubblicitarie potessero essere qualificate come aiuti, dato che comportavano comunque agevolazioni a favore delle imprese operanti in Germania ottenute tramite risorse statali. Una decisione analoga e’ stata assunta dalla Commissione nei confronti degli aiuti alle produzioni agrumicole siciliane tramite campagne di promozione attraverso mezzi di comunicazione di massa (stampa, radio, televisione, cartelli pubblicitari). La Commissione ha, infatti, censurato il contributo del 100% erogato dalla Regione siciliana a favore delle campagne pubblicitarie indicate133. Va sottolineato come le misure volte a pubblicizzare prodotti nazionali possano ricadere sia nell’ambito di applicazione dell’articolo 87 che in quello dell’articolo 28 del Trattato, potendo configurare misure equivalenti a restrizioni quantitative alle importazioni. 130 Nel campo delle misure volte a favorire la produzione regionale possono farsi rientrare le infrastrutture realizzate dai consorzi per le aree di sviluppo industriale, c.d. consorzi A.S.I., diffusi in molte regioni d’Italia e in Sicilia disciplinati dalla l.r. n. 1 del 1984 e successive modifiche e integrazioni, ora soggetta a riforma. Tali infrastrutture, infatti sono a disposizione di qualsiasi impresa voglia insediarsi, senza discriminazione. Potrebbe invece ritenersi che costituiscano aiuti i servizi (acqua, vigilanza, ecc.) erogati alle imprese già insediate a costo più basso di quello di mercato. 131 Sentenza “Steineke un Weinlig”, cit. 132 Articolo 2 della legge istitutiva del Fondo, legge federale 26 Giugno 1969. 133 Decisione della Commissione del 2 Luglio 1998, relativa agli aiuti di Stato nel settore della produzione agrumicola previsti dalla legge n.5/97 della Regione Sicilia. Data la rilevanza assunta dagli interventi degli Stati in materia di finanziamento di promozioni pubblicitarie dei prodotti agricoli, e’ stata adottata dalla Commissione una regolamentazione di tale tipo di aiuti134, nella quale viene preliminarmente chiarito che, nell’ipotesi in cui gli interventi pubblici ricadano nell’ambito di applicazione dell’articolo 28 TUE configurando restrizioni quantitative alle importazioni, l’aiuto non sarà in nessun caso considerato compatibile e dunque autorizzato. Per esempio, le campagne che invitino i consumatori ad acquistare determinati prodotti solo in ragione della loro origine nazionale ricadono sotto l’articolo 28 del Trattato, mentre le campagne pubblicitarie organizzate direttamente nel territorio di un altro Stato membro vengono disciplinate nel quadro dell’articolo 87 del Trattato. Negli Orientamenti sono precisati inoltre alcuni criteri, negativi e positivi, alla luce dei quali sara’ valutata la compatibilita’ degli aiuti con il mercato comune. Riguardo ai criteri “negativi”, va verificato il fatto che gli interventi pubblici non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune, e cioe’ che le azioni pubblicitarie non abbiano ad oggetto i prodotti di una o piu’ imprese determinate. Tali aiuti, infatti, comportano un rischio immediato di distorsione della concorrenza e soprattutto, a giudizio della Commissione, non producono un beneficio duraturo per lo sviluppo del settore nel suo insieme essendo considerati meri aiuti al funzionamento. La mancanza di elementi contrari all’interesse comune tuttavia non basta, essendo necessario che siano soddisfatte anche alcune condizioni positive. In particolare, per esempio, si ritiene che non alterino la concorrenza gli aiuti volti a pubblicizzare produzioni nuove, in quanto contribuiscono alla diversificazione della produzione, valorizzando cosi’ il potenziale agricolo della Comunita’ ed evitando il formarsi di eccedenze; sono considerati altresi’ ammissibili gli aiuti a favore della propaganda di prodotti tipici locali, poiche’ possono favorire lo sviluppo delle regioni produttrici, soprattutto se si tratta di regioni svantaggiate; infine, fra gli altri, vanno menzionati gli aiuti a favore delle piccole e medie imprese, che sono particolarmente giustificati in quanto avvantaggiano aziende che non disporrebbero di risorse sufficienti a pubblicizzare la propria produzione, o per le quali le spese di pubblicita’ sarebbero comunque superiori al vantaggio ricavato. c) Aiuti tramite determinazione autoritativa di prezzi o tariffe. Anche la determinazione autoritativa del prezzo di un prodotto o di determinate tariffe puo’ costituire un aiuto, se il costo economico dell’operazione sia sopportato dallo Stato e l’operazione vada a vantaggio di alcune imprese in particolare. Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato a favore ella pubblicità dei prodotti di cui all’allegato I del Trattato nonché di determinati prodotti non compresi in detto allegato, 2001/C 252/03, in GUCE C 252/5 del 12 settembre 2001. 134 Nel caso “Van der Kooy” la Corte ritenne che l’applicazione di tariffe preferenziali applicate ad alcune imprese dalla societa’ olandese di distribuzione del gas “Nederlandse Gasunie” configurasse un aiuto di Stato135. La societa’ Gasunie, infatti, era per il 50% in mano del Governo olandese e le tariffe applicate soggette all’approvazione del Ministro degli Affari Economici, il quale disponeva al riguardo di un vero e proprio potere di veto. Secondo il giudice comunitario, dunque, l’agevolazione alle imprese in questione poteva dirsi finanziata attraverso risorse pubbliche, poiché comportava per lo Stato, in qualita’ di azionista della societa’, un minore introito; inoltre, le decisioni adottate dalla societa’ di distribuzione del gas sulle tariffe da applicare potevano ritenersi imputabili al Governo olandese; infine, l’agevolazione era diretta a favorire talune imprese in particolare, possedendo cosi’ il carattere di selettivita’ previsto dall’articolo 87 del Trattato. Imputabilita’ allo Stato della decisione e del costo dell’operazione, selettivita’ a favore di imprese determinate sono dunque i criteri stabiliti dalla Corte per valutare se la fissazione dei prezzi o delle tariffe di un bene possano configurare un aiuto di Stato. Qualora manchino questi presupposti, l’intervento pubblico nella regolamentazione dei prezzi di mercato non ricade nell’ambito di applicazione degli articoli 87-89 del Trattato. Nella sentenza “Van Tieggele”, infatti, la Corte di Giustizia ritenne che non costituisse aiuto la fissazione di prezzi minimi al dettaglio, volta a favorire i distributori di un prodotto, il cui costo sarebbe andato esclusivamente a carico dei consumatori poiche’ <<i vantaggi che un simile intervento nel processo formativo dei prezzi comporta per i distributori del prodotto considerato non sono concessi, ne’ direttamente, ne’ indirettamente, tramite risorse statali ai sensi dell’articolo 87>>136. 135 Sentenza 2 Febbraio 1998, in cause riunite 67 68 e 70/85, in Raccolta 1988 -2, p.219. Sentenza 24 Gennaio 1978, in causa 82/77, “Pubblico ministero olandese c/ Van Tieggele”, in Raccolta 1978, p.25. 136 5. Gli effetti degli aiuti Ai sensi dell’articolo 87 “sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Gli effetti prodotti dagli aiuti costituiscono l’elemento piu’ importante nell’applicazione dell’articolo 87, la Corte e la Commissione, infatti, considerano decisiva la valutazione degli effetti ai fini del giudizio di compatibilita’ con il mercato comune delle misure sottoposte al loro esame137. Come si e’ gia’ accennato in precedenza, gli effetti, oltre che alla struttura interna della fattispecie di aiuto, attengono anche al momento della valutazione della sua ammissibilita’ alla luce dell’articolo 87 del Trattato138. Un esempio varra’ a chiarire quanto detto. Una sovvenzione d’importo tale da non avere effetti rilevanti sugli scambi infracomunitari potra’ essere ritenuta dalla Commissione compatibile con il mercato comune e tuttavia, pur in assenza degli effetti tipici, sara’ comunque considerata un aiuto139. Gli elementi essenziali di un aiuto sono dunque quelli finora esaminati e cioe’ i soggetti, attivi e passivi140, e l’oggetto, ossia l’attribuzione di un vantaggio/beneficio di carattere economico. La valutazione degli effetti fa, poi, da raccordo fra le due fasi fondamentali di cui si compone l’operazione di 137 Sentenza “Deufil c. Commissione”, 24 febbraio 1987, in causa 310/85, in Raccolta, 1987, p.901. 138 Cfr. supra, il paragrafo relativo alla nozione di aiuto. 139 Infatti gli aiuti di importanza minore, c.d. de minimis, pur se compatibili con il mercato comune in quanto non suscettibili di alterare la concorrenza, sono comunque considerati aiuti e ricadono nell’ambito di applicazione degli articoli 87-89 del Trattato. Secondo la definizione della Commissione, gli aiuti de minimis sono aiuti concessi da uno Stato membro ad un'impresa, il cui importo è da considerare di importanza minore. Di conseguenza, i suddetti aiuti sono esenti dall'applicazione delle regole di concorrenza. Il regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di importanza minore ("de minimis"), in Gazzetta ufficiale L 10 del 13.01.2001, ha quindi esentato tutti gli aiuti de minimis in grado di soddisfare le condizioni in esso previste dall’obbligo di notifica. Rimane tuttavia il monitoraggio e il controllo degli aiuti da parte della Commissione. Gli Stati membri, infatti, devono registrare tutte le informazioni riguardanti gli aiuti de minimis concessi; conservare tale tipo di informazione per un periodo di 10 anni; fornire alla Commissione, se richiesti, tutte le informazioni entro un termine di 20 giorni lavorativi. Il regolamento sugli aiuti de minimis si applica agli aiuti concessi alle imprese di tutti i settori, ad eccezione degli aiuti destinati al settore dei trasporti; connessi alle attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I del trattato CE; connessi all'esportazione; condizionati all'impiego preferenziale di prodotti nazionali piuttosto che prodotti importati. 140 Con tutte le caratteristiche descritte, e cioe’ provenienza pubblica delle risorse, dal lato attivo, e selettivita’ del destinatario, dal lato passivo. interpretazione/applicazione delle norme sugli aiuti. Essa attiene, in parte, alla fase di qualificazione della fattispecie (poiche’ lo Stato dovra’ comunque considerare le conseguenze prodotte dalla misura in questione per verificare se essa vada notificata, se appartenga alle misure di intensita’ minore o se sia, invece, assolutamente irrilevante sotto il profilo comunitario) ma soprattutto alla fase relativa al giudizio di ammissibilita’ dell’aiuto ai sensi dell’articolo 87 TUE, che spetta alla Commissione, la quale deve stabilire se l’aiuto rientri in una delle deroghe al divieto posto dal paragrafo 1 dell’articolo 87 e disciplinate dallo stesso articolo nei paragrafi successivi. L’articolo 87 del Trattato sancisce che sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti che “incidano sugli scambi fra gli Stati membri” e che favorendo talune imprese o produzioni “falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Due, quindi, sono le condizioni di incompatibilita’ previste dalla norma: l’influenza sugli scambi infracomunitari e l’alterazione della normale concorrenza fra le imprese. Le due condizioni, seppure distinte, sono interdipendenti fra loro, infatti se un aiuto incide sugli scambi, perche’ per esempio contribuisce ad abbassare i costi di produzione di un’impresa rendendone i prodotti piu’ competitivi rispetto agli altri, per cio’ stesso ha anche l’effetto di falsare la concorrenza fra le imprese141. Anche la Commissione e la Corte, abitualmente, prendono in considerazione le due circostanze in maniera unitaria. Innanzitutto, bisogna stabilire cosa vuol dire che un aiuto “falsi o minacci di falsare la concorrenza”. La norma, sancendo che sono incompatibili anche gli aiuti che minacciano di falsare la concorrenza, vieta tutte quelle misure che, per le loro caratteristiche, anche se non hanno modificato il normale assetto concorrenziale fra le imprese sono comunque suscettibili di farlo142. Cio’ non vuol dire pero’ che vi sia una presunzione in base alla quale qualsiasi aiuto automaticamente, poiche’ implica l’attribuzione di un vantaggio ad un’impresa, e’ incompatibile con il Trattato, senza che sia necessario provare che, nel caso concreto, esso abbia apportato delle alterazioni al normale assetto 141 Cfr. VANDAMME J., Les Aides accordees par les Etats, in COSTANTINESCO -KOVAR, Traite’ instituent la CEE, Commentaaire article par article; MATTERA RICIGLIANO A., Il Mercato Unico europeo, Utet, 1990, p. 69, sottolinea che “come risulta dalla giurisprudenza della Corte e dalla dottrina della Commissione esiste un nesso molto stretto fra questi due requisiti”. V. anche PESCATORE, Public and private aspects of Community Competition Law, in Fordham International Law Journal, 1987, p.373. 142 Si rammenti che gli Stati devono notificare alla Commissione << i progetti diretti a istituire o modificare aiuti>> (art. 93, par. 3, TUE), cioe’ gli aiuti nella fase in cui non sono ancora stati erogati, e’ logico, quindi, che la Commissione debba valutare se essi “minaccino di falsare” la concorrenza. LEANZA U., Commento all’articolo 92 del Trattato, in Commentario CEE, 1965, ritiene che “a differenza di quanto accade per le altre regole di concorrenza, nella norma in esame non si richiede un’astratta idoneita’ delle pratiche in questione a pregiudicare gli scambi, ma che un effettivo pregiudizio degli scambi stessi si determini”. concorrenziale. Assumendo una simile posizione basterebbe, da parte della Commissione, rilevare che l’aiuto esiste e che, in quanto tale, ha comportato un beneficio per il destinatario, rimanendo a carico di quest’ultimo dimostrare che di fatto non vi e’ stata alcuna distorsione della concorrenza, ne’ attuale ne’ potenziale143. La Corte di Giustizia ha invece chiarito che la Commissione ha il dovere di provare che, nel caso concreto, l’intervento pubblico a sostegno dell’impresa di fatto ha avuto o puo’ avere l’effetto di falsare la concorrenza144. Non esiste quindi una presunzione generale per cui qualsiasi aiuto, di per se’, falsa la concorrenza, del resto, se cosi’ fosse, gli aiuti sarebbero stati banditi del tutto dal Trattato, senza possibilita’ di eccezione145. I paragrafi 2 e 3 dell’articolo 87 elencano invece alcune categorie di aiuti che sono compatibili di diritto146 o che possono essere dichiarati compatibili ricorrendo determinate condizioni, secondo la valutazione discrezionale della Commissione147. 143 Cosi’ l’Avvocato Generale Capotorti nelle conclusioni alla sentenza “Philip Morris”, 17 Settembre 1980, in causa 730/79, in Raccolta 1980, p.2680, secondo cui la distorsione della concorrenza e’ “una conseguenza costante e necessaria del beneficio accordato mediante l’aiuto”. Quest’assunto e’ stato pero’ smentito dalla Corte nella giurisprudenza successiva. Assume la prospettiva citata SCHEUING, Les aides financieres publiques aux enterprises privees en droit francais et europeen, Paris, 1974. 144 Nella sentenza “Intermills c/ Commissione”, 14 Novembre 1984, in causa 323/82, in Raccolta 1984, p.3809, la Corte ha censurato la Commisione per non avere fornito << alcuna indicazione concreta circa la natura dell’asserito pregiudizio per la concorrenza >>. Cfr. anche la sentenza “Papierwarenfabriek”, 13 Marzo 1985, in cause riunite 296 e 318/82, in Raccolta 1985, p.809. 145 V. ORLANDI M., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, p.185. Esistono dei casi in cui la Corte considera incompatibile un aiuto a priori ma costituiscono, appunto, delle eccezioni alla regola secondo cui le potenzialita’ lesive dell’aiuto vanno verificate nel caso concreto. Si tratta degli aiuti concessi ad imprese che operano in un settore caratterizzato da sovraccapacita’ produttive. La Corte ha ritenuto che qualsiasi aiuto erogato in questo settore dalle autorita’ pubbliche << e’ idoneo ad incidere sugli scambi fra gli Stati membri ed a pregiudicare la concorrenza, in quanto la permanenza della stessa impresa sul mercato impedisce ai concorrenti di accrescere la propria quota di mercato e frena la loro possibilita’ di incrementare le esportazioni verso tale Stato membro >> , sentenza 21 Marzo 1991, in causa C305/89, “Italia c/ Commissione”, in Raccolta p.1603. 146 Se esistesse la presunzione di cui sopra tale previsione non avrebbe senso. 147 L’articolo 92, paragrafo 2, stabilisce che sono compatibili con il mercato comune: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti; b) gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamita’ naturali oppure da latri eventi eccezionali; c) gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica Federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. L’articolo 92, paragrafo 3, invece stabilisce che possono considerarsi compatibili con il mercato comune: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione; Quest’ultima previsione apre la strada ad alcune considerazioni. Nella sentenza “Intermills” la Corte di Giustizia ha censurato l’operato della Commissione poiche’ non solo essa non aveva provato che, di fatto, l’aiuto era suscettibile di falsare la concorrenza ma anche perche’ non era stato dimostrato che <<il comportamento della ricorrente sul mercato, dopo che, grazie alla concessione dell’aiuto, essa aveva dato un nuovo orientamento alla sua produzione, potesse alterare le condizioni degli scambi a tal punto che la scomparsa dell’impresa sarebbe stata preferibile al suo salvataggio >>148. Cio’ vuol dire che in alcuni casi non e’ sufficiente provare che l’aiuto incide sul normale assetto concorrenziale ma e’ altresi’ necessario dimostrare che tale influenza e’ grave al punto da non potere essere tollerata, nemmeno in vista del perseguimento di altri obiettivi meritevoli di tutela dal punto di vista comunitario. Nel caso di specie, si trattava di un aiuto concesso dallo Stato Belga ad un’industria del settore cartario che, grazie all’aiuto, aveva riconvertito la propria produzione abbandonando un settore non redditizio per un settore che offriva migliori prospettive di redditivita’. Quest’ultima operazione, come ammesso dalla stessa Commissione, corrispondeva ad un obiettivo economico meritevole <<di essere perseguito nell’interesse della Comunita’>>, essendo in linea con la politica di sviluppo dell’industria cartaria europea seguita dall’istituzione comunitaria. La Corte ha quindi rilevato che, a fronte di quest’ultimo obiettivo non era stato dimostrato che l’aiuto incideva a tal punto sulla concorrenza da rendere preferibile la scomparsa dell’impresa al suo salvataggio. Il principio di tutela della libera concorrenza, insomma, puo’ anche essere sacrificato, in alcune ipotesi, a favore di altre finalita’ considerate rispondenti agli interessi della Comunita’149. Non va dimenticato che, se la libera concorrenza e’ uno dei principi fondamentali della Comunita’, essa non costituisce comunque un fine ma e’ uno strumento per il raggiungimento degli obiettivi enunciati dall’articolo 2 del Trattato e cioe’ l’instaurazione di un mercato comune, di un’unione economica e monetaria e , in b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro; c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivita’ o talune regioni economiche sempreche’ non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. (...) d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza in misura contraria all’interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. 148 Il corsivo e’ nostro, sentenza “Intermills c/ Commissione”, cit. 149 Sebbene l’Avvocato Generale Van Themaat non abbia condiviso la posizione della Corte, non ha comunque messo in discussione il fatto che la Commissione possa, nell’ambito del potere discrezionale di cui gode, considerare gli aiuti ammissibili qualora l’alterazione della concorrenza abbia una contropartita sul piano comunitario, proporzionale all’entita’ e all’intensita’ degli aiuti. generale, “di uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attivita’ economiche nell’insieme della Comunita’”150. La Commissione, dunque, nella valutazione degli aiuti opera un balancing test fra il principio di libera concorrenza ed altri obiettivi della Comunita’, quali potrebbero essere il raggiungimento di “un elevato livello di occupazione” o “la coesione economica e sociale” (art. 2 TUE). Nell’effettuare tale operazione la Commissione fa riferimento, fra gli altri, al c.d. “principio della giustificazione compensatoria”, formulato nella Decima Relazione sulla politica di concorrenza, in base al quale non verranno mosse obiezioni alla concessione di un aiuto se questo << contiene una giustificazione che assume la forma di un contributo, da parte del beneficiario dell’aiuto, che vada al di la’ degli effetti del normale gioco delle forze di mercato per il raggiungimento degli obiettivi della Comunita’ quali sono stabiliti nelle deroghe di cui all’articolo 92 paragrafo 3 del Trattato CEE>>151. D’altra parte, si e’ gia’ avuto modo di osservare come, caratteristica delle norme sulla concorrenza contenute nel Trattato, segnatamente di quelle sugli aiuti, sia proprio quella di lasciare un ampio margine di discrezionalita’ alle istituzioni comunitarie nella fase applicativa, in modo che esse possano interpretarle nella maniera piu’ consona al raggiungimento degli scopi della Comunita’152. 150 EVANS A. e MARTIN S., Socially acceptable distortion of competition: Community policy on State aid, in European Law Review, 2, 1991 p.79, osservano che “the idea runs throughout the EEC Treaty that distortions or even restrictions of competition may be permitted, provided that they are necessary to secure objectives compatible with Community values other than maximisation of competition” . HORNSBY, Competition policy in the 80’s: more policy less competition?, in European Law Review, 1987, ritiene che le istituzioni comunitarie utilizzino le regole sulla concorrenza per il raggiungimento di obiettivi politici diversi da quelli che tradizionalmente riguardano la concorrenza in senso stretto. V. anche VAN THEMAAT V., Competition and Planning in the EEC and the Member States, in Common Market Law Review, 1970. 151 Il principio e’ stato utilizzato anche dalla Corte di Giustizia per la prima volta nella sentenza “Philip Morris”, cit. e fa parte di quei principi formulati dalla Commissione nell’esercizio dell’autolimitazione della propria discrezionalita’, e dalla giurisprudenza della Corte. In dottrina v. GARBAR C., Aides d’Etat: pratique decisionelle de la Commission della Communaute’ europeenne, in Revue du Marche commun et de l’Union europeenne, 1995; MORTELMANS K., The compensatory justification criterion in the practice of the Commission in decisions on State aids, in Common Market Law Review, 1984. 152 Cfr. quanto detto nell’Introduzione. V. FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della Concorrenza nella CEE, Utet, 1996 osservano in relazione agli articoli 85 e 86 del Trattato, ma le stesse considerazioni possono ritenersi valide anche per gli articoli 92 - 94 TUE, che “non si tratta di regole statiche, ma di strumenti di una politica attiva, mediante la quale la Comunita’ cerca di influenzare il quadro nel quale si sviluppa l’attivita’ economica, allo scopo di permettere il raggiungimento degli obiettivi enunciati nell’articolo 2”. V. anche HERMITTE M. A., Sur la doctrine economique de la Commission de la CEE: d’une politique economique a une politique industrielle, in Journal de Droit international, 1983.. Le stesse nozioni di “concorrenza” e “distorsione della concorrenza” non sono precisate dal Trattato e hanno un carattere dinamico, che fa si’ che possano essere interpretate diversamente nel corso del tempo. Tali nozioni inoltre non hanno un significato univoco, poiche’ possono essere riguardate da diverse prospettive: da un punto di vista strettamente economico, o da un Se, dunque, e’ vero che le finalita’ perseguite dagli Stati membri attraverso la concessione degli aiuti sono irrilevanti nella valutazione dell’ammissibilita’ degli aiuti stessi153, va pur detto che il perseguimento degli obiettivi statali potra’ essere valutato positivamente dalle istituzioni comunitarie e compatibile con il mercato comune qualora dette misure facciano parte di programmi che possano beneficiare di una delle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato e la loro attuazione coincida anche con gli interessi della Comunita’. Il principio di libera concorrenza costituisce uno dei principi fondamentali della Comunita’ ed e’ tutelato in quanto si ritiene che sia uno dei mezzi piu’ idonei al raggiungimento degli obiettivi del Trattato. A volte, pero’, il perseguimento di tali obiettivi puo’ rendere necessario sacrificare parzialmente tale principio, sicche’ le istituzioni comunitarie ammettono che esso possa subire una deroga, purche’ il sacrificio sia proporzionato agli scopi. Com’ è noto, il principio di proporzionalita’ e’ uno dei cardini dell’ordinamento comunitario. In materia di aiuti di Stato esso si combina con quello della giustificazione compensatoria, sopra esaminato, talche’ una deroga al divieto posto dall’articolo 87, paragrafo 1, e’ consentita qualora gli aiuti abbiano una “contropartita comunitaria” e alterino la concorrenza nella punto di vista giuridico e, in ognuno di questi casi, se ne possono dare piu’ definizioni. Si puo’ assumere un concetto “negativo” di concorrenza, intendendo quest’ultima come assenza di barriere agli scambi e al libero commercio, come assenza, cioe’, di discriminazioni fra i soggetti che operano sul mercato. Si puo’ invece dare al termine “concorrenza” il significato di un insieme di regole volte a disciplinare l’intervento sul mercato degli operatori economici per conseguire obiettivi considerati desiderabili, quali l’efficiente allocazione delle risorse, il libero accesso al mercato da parte di tutti i soggetti che vogliano entrarvi, ecc. Naturalmente anche il concetto di “distorsione della concorrenza” e’ conseguente alla definizione adottata. Se si interpreta la nozione di “distorsione della concorrenza” secondo il primo significato, allora qualsiasi aiuto va considerato di per se’ lesivo della liberta’ di concorrenza poiche’ e’ chiaro che esso comporta comunque una modifica nella situazione preesistente a favore dell’impresa beneficiaria. Se invece si assume la seconda prospettiva, gli effetti degli aiuti andranno valutati in relazione alle circostanze concrete poiche’ non e’ detto che essi influiscano sugli scambi in misura tale da pregiudicare gli obiettivi che, tramite la tutela della concorrenza, si vogliono perseguire. Le istituzioni comunitarie hanno assunto a volte la prima e altre volte la seconda prospettiva: nella sentenza “Philip Morris”, cit., la Corte affermo’ che un aiuto, in quanto rafforza la posizione di un’impresa, influenza di per se’ gli scambi. Tuttavia in altre occasioni la Corte si e’ pronunciata diversamente, non ritenendo scontato che gli aiuti di per se’ comportino un’alterazione della concorrenza e chiedendo alla Commissione di provare gli effetti distorsivi che di fatto tali aiuti avevano avuto, cfr. la sentenza “Intermills”, cit. In dottrina v. SNYDER F., New Directions in European Community Law, London, 1990, il quale distingue due differenti prospettive da cui puo’ essere guardato il concetto di “distorsione della concorrenza”. Secondo la prima, l’alterazione della concorrenza e’ definita come “a restriction of free trade”; la seconda, invece, considera le distorsioni della concorrenza come “non negotiated modification of existing structures”. 153 Come sottolinea la Corte di Giustizia, l’articolo 92 del Trattato, <<non distingue a seconda delle cause o degli scopi degli interventi, bensi’ li definisce in relazione ai loro effetti >> e <<gli scopi generali perseguiti dalla normativa nazionale (...) non bastano per escludere la normativa stessa dal campo di applicazione dell’articolo 92>>, sentenza “Deufil”, cit. misura strettamente necessaria al conseguimento degli scopi ritenuti meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento comunitario. Ma quand’e’ che un aiuto puo’ incidere sugli scambi o falsare la concorrenza? Nella sentenza “Philip Morris” la Corte di Giustizia affermo’ che <<allorche’ un aiuto finanziario concesso dallo Stato rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto>>154. Il ragionamento della Corte e’ chiaro: un aiuto puo’ incrementare il capitale di un’impresa, o puo’ contribuire ad abbassare i costi di produzione, per esempio tramite provvedimenti fiscali che incidano sul costo del lavoro, puo’, insomma, in vari modi rafforzare la posizione del beneficiario, incidendo cosi’ positivamente sulla sua capacita’ produttiva. Nella fattispecie, il Governo olandese intendeva concedere una sovvenzione alla societa’ Philip Morris Holland, sotto forma di “premio supplementare per grandi progetti”, che l’avrebbe aiutata a concentrare e sviluppare la produzione di sigarette chiudendo uno dei suoi due stabilimenti dei Paesi Bassi e aumentando la capacita’ di produzione del secondo. L’aiuto in questione avrebbe avuto l’effetto sia di falsare la concorrenza che di influenzare gli scambi. Infatti, incrementando la capacita’ produttiva della societa’, avrebbe contribuito <<all’accrescimento della sua capacita’ di alimentare le correnti di scambio, comprese quelle esistenti fra gli Stati membri>> e, alleviando il costo della trasformazione degli impianti di produzione, avrebbe procurato all’impresa <<un vantaggio concorrenziale nei confronti dei fabbricanti che hanno ottenuto, o hanno intenzione di ottenere, a proprie spese un aumento analogo delle possibilita’ di rendimento dei propri impianti>>155. La Commissione e la Corte, per verificare l’ammissibilita’ dell’aiuto, assunsero anche in questo caso come parametro di riferimento il mercato. Esse infatti stabilirono che per valutare l’applicabilita’ di una delle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato, e dunque la compatibilita’ della misura con il mercato comune, andava verificato se gli obiettivi previsti nella norma suddetta non avrebbero potuto essere raggiunti anche senza la concessione dell’aiuto e cioe’ se <<il gioco delle leggi del mercato non consentirebbe di ottenere, di per se’ solo, dalle imprese beneficiarie che esse adottino un comportamento tale da contribuire alla realizzazione di uno degli obiettivi indicati da dette disposizioni>>156. Quanto detto prima a proposito della possibilita’ che il principio di tutela della libera concorrenza subisca una deroga in vista del perseguimento di altre finalita’ ritenute meritevoli dall’ordinamento comunitario si completa con quanto appena osservato: va infatti preliminarmente verificato se il sacrificio della libera 154 Sentenza “Philip Morris”, cit. Sentenza “Philip Morris”, cit. 156 Sentenza “Philip Morris”, cit., punto 16 della decisione. 155 concorrenza sia necessario, ossia se gli obiettivi che si vogliono realizzare non possano comunque essere raggiunti attraverso il libero gioco delle forze di mercato. A quest’ultimo proposito va fatta un’ulteriore considerazione. Uno dei motivi di ricorso sollevati dalla societa’ Philip Morris Holland riguardava la carenza di motivazione della decisione impugnata poiche’ la Commissione non aveva precisato i criteri in base ai quali era stata rilevata la sussistenza di restrizioni della concorrenza, in particolare non aveva delimitato il “mercato rilevante” al fine di valutare in quale misura l’aiuto in questione avrebbe potuto pregiudicare la concorrenza. Sebbene nel caso in esame la Corte abbia rigettato, anche sotto questo profilo, il ricorso della societa’ olandese, sembra interessante analizzare la nozione di “mercato rilevante” poiche’ essa comunque gioca un ruolo importante nella valutazione degli effetti degli aiuti, contribuendo ad individuare le circostanze concrete in base alle quali valutare l’incidenza degli aiuti sugli scambi. La definizione di “mercato rilevante” ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza e’ stata formulata dalla Commissione in una comunicazione volta a precisare le circostanze da valutare per la corretta interpretazione degli articoli 81 e 82 (ex articoli 85 e 86) del Trattato e di alcuni regolamenti del Consiglio relativi a particolari settori (trasporti, agricoltura, ecc.)157. Scopo di tale definizione e’ quello di individuare l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro. La Commissione ha ritenuto opportuno adottare una precisa comunicazione al riguardo, al fine di rendere piu’ trasparente i propri processi decisionali e la politica seguita in materia di concorrenza, anche per cercare di prevenire il contenzioso fra le istituzioni comunitarie e gli Stati membri, dato che per questi ultimi dovrebbe essere piu’ agevole prevedere <<se esiste la possibilita’ che la Commissione esprima delle obiezioni sotto il profilo della concorrenza in un determinato caso>>158. ll mercato viene definito sia sotto il profilo del prodotto che sotto il profilo geografico, cosi’ da determinare quali siano i concorrenti effettivi delle imprese beneficiarie di un aiuto e verificare se essi siano potenzialmente danneggiati dallo stesso, poiché ne condiziona il comportamento o impedisce loro di operare in modo indipendente da effettive pressioni concorrenziali. In relazione al prodotto, dunque, la Commissione ha definito il mercato rilevante come quello comprendente <<tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati>>. In rapporto al territorio da prendere in considerazione, il mercato geografico rilevante e’ quello che comprende <<l’area nella quale le imprese in causa forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che puo’ essere tenuta distinta dalle zone 157 158 Comunicazione della Commissione 97/C 372/03. Cosi’ la Commissione nella Comunicazione 97/C 372/03 citata. geografiche contigue perche’ in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse>>. La Commissione ha, in sostanza, ritenuto che le imprese siano soggette a tre principali fonti di pressioni concorrenziali: la sostituibilita’ dell’offerta, la sostituibilita’ della domanda e la concorrenza potenziale. Le definizioni formulate nella comunicazione in esame, sebbene siano riferite all’applicazione di altre norme del Trattato, sono utili anche nell’interpretazione delle disposizioni sugli aiuti ma non sono, in tale ipotesi, vincolanti. Nella sentenza “Philip Morris”, infatti, la Corte ha rifiutato l’argomento secondo cui nell’applicare l’articolo 87 del Trattato la Commissione doveva delimitare, fra le altre cose, il mercato rilevante individuando tutti gli elementi sopra precisati. Secondo la Corte di Giustizia, le circostanze di fatto prese in considerazione dall’istituzione comunitaria nel caso di specie erano sufficienti a dimostrare l’incidenza dell’aiuto sugli scambi159, non essendo la Commissione, nell’applicazione dell’articolo 87, vincolata ad esaminare esaustivamente tutti i dati relativi alla definizione del “mercato rilevante”. Il fatto che le nozioni contenute nella Comunicazione citata non assumano carattere cogente nelle decisioni degli organismi comunitari sull’ammissibilita’ degli aiuti non vuol dire pero’ che esse non abbiano alcuna importanza nel ragionamento della Corte e della Commissione. Esse infatti stabiliscono comunque dei criteri validi al fine di individuare le circostanze concrete che possono giocare un ruolo nella posizione dell’impresa beneficiaria dell’aiuto, tant’e’ che in altre occasioni la Corte di Giustizia ha espressamente indicato tali criteri fra quelli da prendere in considerazione nell’effettuare la valutazione della compatibilita’ degli aiuti con il mercato comune160. Le nozioni esaminate, in particolare quelle relative alle tre fonti di pressione concorrenziale cui sono sottoposte le imprese161, vengono in considerazone per esempio quando si tratti di verificare l’incidenza sugli scambi di un aiuto concesso ad un’impresa che operi soltanto sul mercato interno. L’esame della sostituibilita’ della domanda e dell’offerta, infatti, consente di rilevare che anche in questo caso l’aiuto puo’ danneggiare la posizione delle imprese degli altri Stati. Come sostenuto dalla Corte di Giustizia <<quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, la produzione interna puo’ risultare invariata od aumentare, con la conseguenza che, nelle condizioni quali quelle accertate dalla Commissione, le possibilita’ delle imprese con sede in altri Stati membri di esportare i loro prodotti 159 La Corte infatti ritenne sufficiente il fatto che, realizzati gli investimenti progettati, la societa’ ricorrente avrebbe effettuato piu’ del 50% della produzione olandese di sigarette e che avrebbe esportato negli altri Stati membri piu’ dell’80% della propria produzione. 160 Cfr. la sentenza “Papierwarenfabriek”, 13 Marzo 1985, in cause riunite 296 e 318/82, in Raccolta 1985, p.849. 161 La sostituibilita’ dell’offerta, la sostituibilita’ della domanda e la concorrenza potenziale. nel mercato di questo stato membro ne sono diminuite>>162 . D’altra parte, si e’ detto che, ai fini dell’articolo 87 TUE, viene in rilievo anche l’alterazione potenziale della concorrenza, sicche’ si considera non solo l’eventuale erosione delle quote di mercato possedute dalle imprese che non hanno beneficiato dell’aiuto, ma anche la produzione che esse avrebbero potuto incrementare in assenza dell’intervento pubblico a favore delle imprese concorrenti163. Va infine precisato che le istituzioni comunitarie hanno ritenuto che un aiuto possa avere effetti distorsivi della concorrenza anche qualora esso non comporti un miglioramento in termini assoluti della posizione dell’impresa destinataria rispetto a quella delle sue concorrenti e sia volto, invece, a riportare il beneficiario i condizione di parita’ con le imprese operanti in altri Stati membri. Nella sentenza “Assegni familiari per i lavoratori dell’industria tessile”164 la Corte di giustizia ritenne inammissibile un aiuto volto a ridurre gli oneri sociali gravanti sui datori di lavoro nel settore dell’industria tessile, nonostante lo Stato italiano avesse rilevato che in tal modo l’impresa veniva messa in una condizione di parita’ rispetto alle concorrenti operanti in altri Stati membri, che non erano gravate da simili oneri. L’Avvocato Generale Warner, nelle conclusioni alla sentenza ritenne sufficiente il dato che la riduzione dei costi, ottenuta mediante lo sgravio fiscale, aumentava la competitivita’ dell’industria, falsando cosi’, a suo dire, la concorrenza165. 162 Sentenza 13 Luglio 1988, in causa 102/87, “Repubblica Francese c/ Commissione delle Comunita’ europee”, in Raccolta 1988, p.4067. In dottrina cfr. LEANZA U., op.cit., secondo cui “gli aiuti possono in concreto incidere sugli scambi fra gli Stati membri anche quando sono concessi soltanto a favore di una produzione interna, potendo in questo caso ridurre la competitivita’ degli analoghi prodotti esteri”. 163 Cfr. la decisione “Offshore”, n.79/496/CEE, in cui la Commissione dichiara che <<se non vi fosse stato l’aiuto la parte dei produttori degli altri Stati membri avrebbe potuto essere piu’ importante di quanto sia attualmente>>. In dottrina cfr. SCHINA D., State aids under the EEC Treaty. Articles 92 to 94, Oxford, 1987. HANCHER, OTTERVANGER, SLOT, EC State Aids, London, 1993. Va comunque precisato che qualora l’aiuto sia erogato a favore di un’impresa che abbia una produzione tipica dello Stato in questione, immettendo sul mercato prodotti esclusivamente locali, allora non puo’ essere considerato suscettibile di incidere sugli scambi infracomunitari. Anche in questo caso sembra potersi affermare che giocano un ruolo decisivo i fattori concorrenziali sopra descritti, i particolare il fatto che non e’ soddisfatta la condizione della sostituibilita’ dell’offerta. Cfr. la Ventesima Relazione sulla politica di concorrenza della Commissione, in cui si afferma che un aiuto puo’ essere ritenuto ammissibile “in considerazione del fatto che il mercato di detti materiali e’ quasi esclusivamente locale e che il pericolo di falsare la concorrenza e’ effettivamente remoto>>. 164 Sentenza 173/73, del 2 Luglio 1974, in Raccolta 1974, p.709. 165 In questo caso, dunque, la nozione di “distorsione della concorrenza” adottata dalla Corte e dall’Avvocato generale corrisponde a quella mera alterazione delle posizioni preesistenti delle imprese. Assumendo invece la prospettiva secondo cui distorsione della concorrenza e’ quella che pregiudichi gli obiettivi che attraverso la tutela del libero mercato si vogliono conseguire probabilmente la Corte nel caso di specie sarebbe giunta a conclusioni diverse. Cfr. quanto detto supra, nelle note precedenti. La decisione e’ stata giustamente criticata in dottrina poiche’ si e’ ritenuto che essa fosse frutto di un’applicazione miope della disciplina sugli aiuti, attenta alla lettera degli articoli 87 - 89 del Trattato piuttosto che alla loro ratio. La Corte non ha considerato infatti che la riduzione degli oneri sociali in questo caso avrebbe riportato le imprese in una condizione di sostanziale uguaglianza nei confronti delle altre e quindi, piuttosto che distorcere, avrebbe ripristinato la vera concorrenzialita’ fra le stesse166. 166 Cosi’ FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della concorrenza nella CEE, cit., la cui posizione si ritiene di condividere, i quali osservano che “il fine degli articoli 92-94 e’ di realizzare una situazione di foot of equality non solo fra imprese dello stesso Stato, ma altresi’ (e soprattutto) fra imprese di Stati membri diversi” e che dunque “bisogna andare alla sostanza piu’ che arrestarsi alla forma (giudicare i risultati piu’ che i mezzi impiegati)” . Conclusioni. Libera concorrenza e riequilibrio territoriale nella disciplina sugli aiuti di Stato alla luce della “prospettiva comunitaria”: i diritti fondamentali e la costruzione del mercato comune europeo. L’analisi dei principali aspetti della disciplina sugli aiuti di Stato induce a svolgere alcune considerazioni sul ruolo assunto dalla politica di concorrenza della Commissione, in questo specifico settore, nell’ambito del processo di integrazione europea. Quali sono i diritti fondamentali in gioco quando si discute di aiuti di Stato, quali gli interessi in conflitto e come incidono sulla fisionomia dello spazio comune europeo, sono le domande cui si tentera’ di dare un risposta. E’ stato osservato che la materia degli aiuti ha svolto finora un ruolo decisamente importante nella “costituzione economica comunitaria”167. La Commissione europea, infatti, ha utilizzato i poteri di vigilanza e sanzione sugli aiuti per orientare le politiche economiche degli Stati membri e comporre la tensione fra obiettivi nazionali e obiettivi comunitari, fra la liberta’ di concorrenza e il diritto alla promozione dello sviluppo dei territori e dei settori piu’ svantaggiati, che sono i valori sostanzialmente messi in discussione dall’intervento pubblico a favore delle imprese. Analizzando lo spazio assegnato dal Trattato e dalle istituzioni comunitarie a tali valori si può rilevare che, forse, la costruzione del mercato comune europeo non e’ un’operazione vocata esclusivamente all’instaurazione di un’area di libero scambio ma e’ percorsa anche da altre esigenze che, soprattutto oggi, alla luce del progetto di una Costituzione europea, vanno assumendo sempre maggiore importanza. Ciò appare più evidente dall’analisi degli strumenti utilizzati dalla Commissione, grazie ai poteri a essa conferiti dagli articoli 87 e 88 del Trattato, per il perseguimento degli obiettivi comunitari, e del nesso fra la politica degli aiuti di Stato e la promozione dei valori fondamentali della Comunita’, in particolar modo del riequilibrio territoriale. Nel paragrafo relativo alla valutazione degli effetti degli aiuti si e’ visto come la Commissione operi un balancing test fra il principio di libera concorrenza e altri obiettivi contenuti nel Trattato. L’articolo 87, paragrafo 3, infatti, indica alcune ipotesi in cui la concessione di un aiuto da parte di uno Stato membro nei confronti di un’impresa puo’ essere dichiarata compatibile con il mercato comune, in quanto tale aiuto contribuisce al raggiungimento di alcune finalita’ ritenute “meritevoli di tutela” da parte dell’ordinamento comunitario. Fra tali ipotesi, particolare attenzione meritano le lettere a) e c) contenute nell’articolo 87, paragrafo 3, che, rispettivamente, prevedono << aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente 167 DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione nell’attuazione del diritto comunitario: il controllo sugli aiuti statali alle imprese, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1993, p.399 e ss. basso>> e <<aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivita’ o di talune regioni economiche, sempreche’ non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse>>. Si tratta degli aiuti a finalita’ regionale, erogati a favore delle imprese operanti in determinate regioni di cui si intende sostenere lo sviluppo al fine di eliminare le disparita’ esistenti fra i vari territori all’interno della Comunita’. Tali aiuti contribuiscono al raggiungimento di quella coesione economico-sociale che l’articolo 2 del Trattato indica fra gli obiettivi che la Comunita’ ha il compito di promuovere attraverso l’instaurazione del mercato comune e dell’unione economica e monetaria. L’articolo 87 del Trattato, come si e’ gia’ osservato, conferisce alla Commissione un ampio margine di discrezionalita’ nella valutazione della compatibilita’ degli aiuti, poiche’ i concetti di “distorsione della concorrenza” o “alterazione degli scambi”, che sono i parametri utilizzati dall’organo comunitario, possono essere variamente interpretati a seconda delle circostanze. La stessa Corte di Giustizia ha piu’ volte affermato che il giudizio di compatibilita’ degli aiuti coinvolge fatti e circostanze complesse atte a modificarsi rapidamente e che <<nella sfera di applicazione dell’articolo 87, n.3, del Trattato la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio implica valutazioni d’ordine economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario>>168. Naturalmente cio’ non vuol dire che la Commissione sia completamente arbitra di assumere le sue decisioni poiche’ queste, comunque, sono soggette al controllo della Corte di Giustizia. La giurisprudenza della Corte e la stessa Commissione hanno formulato nel corso del tempo alcuni principi che informano la valutazione degli aiuti, va inoltre detto che la Commissione tende ormai sempre piu’ frequentemente a pubblicare i propri orientamenti relativi a settori specifici di intervento degli Stati - per esempio riguardo agli aiuti alla ricerca e sviluppo o alle piccole e medie imprese ovvero agli aiuti a finalita’ regionale169 - in modo da rendere noti i criteri di giudizio che verranno utilizzati nell’esame delle agevolazioni concesse in tali ambiti170. Tali 168 Sentenza “Boussac”, 14 Febbraio 1990, in causa C - 301/87, Francia c/ Commissione, in Raccolta 1990, p. 307; v. anche la sentenza 11 Luglio 1996, in causa C-39/94, in Raccolta 1996. 169 Rispettivamente: Comunicazione 96/C 45/06, “Disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo”; Raccomandazione della Commissione relativa alla definizione delle piccole e medie imprese, 96/280/CE; Comunicazione della Commissione relativa ai “regimi generali di aiuti a finalita’ regionale” del 4 Novembre 1971, e Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalita’ regionale, 98/C 74/06. 170 Il problema dei limiti alla discrezionalita’ della Commissione e’ stato oggetto di diversi contributi in dottrina e in questa sede se ne puo’ solo accennare. E’ stato cosi’ osservato che il giudizio di compatibilita’ degli aiuti e’ sia di legittimita’ che di merito, poiche’ riguarda sia la ricorrenza dei presupposti indicati dall’articolo 87, paragrafi 2 e 3, che consentono in alcuni casi di derogare al divieto alla concessione di aiuti posto dal paragrafo 1 dello stesso articolo, sia la congruita’ delle misure adottate al raggiungimento degli scopi in relazione ai quali sono previste le deroghe, cfr. DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione, cit. I principi elaborati dalla Commissione sono quelli della “giustificazione compensatoria”, gia’ esaminato, quello di orientamenti non solo contengono i parametri di riferimento al fine del controllo di legittimita’ degli aiuti ma sono anche veri e propri atti di indirizzo nei confronti delle istituzioni nazionali dei Paesi membri, che dovranno conformare i propri interventi di politica economica alle indicazioni in essi contenute, a meno che non vogliano vedere censurate le misure adottate ad opera della Commissione171. Interessa rilevare a questo punto la particolare prospettiva assunta dalla Commissione nell’effettuare il bilanciamento tra gli obiettivi perseguiti dagli Stati tramite la concessione degli aiuti e la tutela della liberta’ di concorrenza fra le imprese nel mercato comune. Nella prima Relazione sulla politica di concorrenza la Commissione ha ribadito che l’azione comunitaria e’ volta all’instaurazione di un sistema in cui non vi siano distorsioni di concorrenza e che gli aiuti di Stato non devono pregiudicare lo scopo della libera circolazione dei beni o compromettere la distribuzione ottimale dei fattori di produzione. Immediatamente dopo, pero’, ha proporzionalita’, che si combina con il principio precedente; il principio di necessita’, in base al quale deve esservi un nesso di causalita’ fra l’aiuto da concedere e lo scopo legittimo cui e’ diretto e, soprattutto, deve essere accertato che, senza l’aiuto, il solo gioco delle forze di mercato non avrebbe consentito al destinatario di adottare un comportamento che contribuisse a raggiungere gli obiettivi previsti dalle deroghe di cui all’articolo 87, n.3, (cfr. il quarto considerando della Decisione della Commissione 82/295/CEE; la Decisione “Renault”, 88/454/CEE); il principio di non discriminazione, che comporta che gli aiuti non possano essere concessi solo alle imprese nazionali ma debbano essere accessibili a tutte le imprese; un ulteriore principio, infine, e’ quello della trasparenza, l’aiuto, cioe’, deve essere erogato con modalita’ tali da consentire agli organi comunitari la valutazione della sua intensita’ e di tutti i riflessi che puo’ avere sull’economia del settore cui si riferisce. I principi esposti sono stati formulati dalla Commissione nel corso del tempo in diversi atti, soprattutto nelle decisioni riferite ai casi sottoposti al suo esame, nelle comunicazioni riguardanti alcuni aiuti settoriali, e nelle Relazioni sulla politica di concorrenza annualmente presentate al Parlamento europeo. Tali principi, non va dimenticato, sono comunque espressione del potere della Commissione di autolimitazione della propria discrezionalita’, sicche’ la loro vincolativita’ e’ relativa e passa essenzialmente attraverso il vaglio della Corte di Giustizia, la quale li ha utilizzati in numerose pronunce. Critico sul ruolo svolto dalla Corte e’ DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione, cit., che sottolinea come “la discrezionalita’ di cui la Commissione dispone nell’esercizio dei suoi poteri e’ rafforzata dal self-restraint che contrassegna da tempo il controllo giurisdizionale svolto dalla Corte di Giustizia”. I contributi della dottrina in argomento sono numerosi, cfr. fra gli altri FLYNN, State aids.Recent case law of the European Court, in Common Market Law Review, 1987; HANCHER L, State aids and judicial control in the European Community, in European Competition Law Review, 1994; ANTONIOLI, Le comunicazioni della Commissione tra diritto comunitario e diritto interno, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1, 1995; LASOK, The Commission’s powers over illegal State Aids, in European Competition Law Review, 1990; SLOT P.J., Procedurals aspects of State aids: the guardian of competition versus the subsidy villains?, in Common Market Law Review, 1990. 171 Il fatto che tali orientamenti siano contenuti in delle comunicazioni, atti atipici e formalmente non vincolanti, ha sollevato dubbi di legittimita’ in dottrina. V. WELLENS e BORCHARDT, Soft Law in the European Community, in European Law Review, 1989; DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione, cit.; ORLANDI M., Le comunicazioni della Commissione: un atto normativo atipico, in Rivista amministrativa della Repubblica italiana, 5, 1994; CAPELLI F., Portata ed efficacia delle decisioni della Commissione CEE in materia di aiuti, in Dir.com.scambi int., 4, 1988. riconosciuto che gli interventi degli Stati rappresentano necessari strumenti di politica strutturale quando l’operativita’ del mercato, da sola non rende possibile raggiungere <<certain objectives of development justified for the sake of better quantitative or qualitative growth or when it leads to intolerable social tension>>. E’ questo il motivo per cui sono state previste delle deroghe al divieto di concessione di aiuti alle imprese, e dunque al principio di non intervento negli scambi, perche’ tali aiuti, piuttosto che pregiudicare, possono talvolta contribuire allo svolgimento dell’attivita’ economica in condizioni di effettiva parita’ fra gli investitori. In particolare, gli aiuti a finalita’ regionale servono a ripristinare le condizioni di parita’ fra le imprese, in qualsiasi regione della Comunita’ esse si trovino. Nel primo considerando della Risoluzione del Consiglio sugli aiuti regionali e’ espressamente affermato che tali aiuti <<quando sono adeguati e oculatamente applicati, costituiscono uno degli strumenti indispensabili dello sviluppo regionale e permettono agli Stati membri di effettuare una politica regionale intesa a favorire un’espansione piu’ equilibrata tra le varie regioni di uno stesso paese e della Comunita’>>172. Riequilibrio territoriale, da una parte, e libera concorrenza, dall’altra: entrambi vanno bilanciati tenendo in considerazione non tanto l’obiettivo che lo Stato intende raggiungere tramite l’aiuto all’interno del proprio paese ma nell’ottica della compatibilita’ degli aiuti nel contesto comunitario. La Commissione ha infatti piu’ volte affermato che interverra’ a bloccare l’erogazione degli aiuti quando questi non solo causano effetti dannosi nei confronti degli altri Stati membri ma lo fanno senza che vi sia un ritorno in termini di <<more active growth for the Community as a whole>>173. Gli aiuti, insomma, vengono valutati alla luce della “prospettiva comunitaria”. Reintrodurre tale prospettiva nell’ambito delle politiche adottate dai Paesi membri e’ la finalita’ principale del controllo operato dalla Commisione sugli interventi pubblici a favore delle imprese. Cio’ fa si’ che gli obiettivi perseguiti dagli Stati vengano “comunitarizzati”, si inseriscano cioe’ nel contesto di uno sviluppo armonioso della Comunita’ contribuendo a raggiungerlo174. 172 Risoluzione del Consiglio del 20 Ottobre 1971, in GUCE C 111 del 4 Novembre 1971; la concessione di aiuti regionali e’ soggetta, fra l’altro, ai criteri individuati dalla Commissione negli orientamenti emanati in materia (98/C 74/06) che forniscono alcuni elementi di giudizio di cui la Commissione terra’ conto nell’effettuare il balancing test fra i valori in gioco. La Commissione cosi’ precisa che comunque deve essere garantito <<un equlibrio fra le disorsioni della concorrenza che ne derivano e i vantaggi dell’aiuto in termini di sviluppo di una regione sfavorita>>. 173 E’ la c.d. contropartita comunitaria di cui si e’ parlato a proposito del principio della giustificazione compensatoria. 174 Cosi’, espressamente, la Commissione nella Prima Relazione sulla politica di concorrenza, riferita al 1971. Si potrebbe dire che si realizza in tal modo una sorta di “coamministrazione” fra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie degli aiuti al fine di realizzare gli obiettivi del riequilibrio territoriale e del raggiungimento della parita’ di condizioni dello svolgimento dell’attivita’ imprenditoriale fra le imprese. Per un ripensamento della distinzione fra La “doppia anima del Trattato” 175, dunque, trova un equilibrio nella disciplina degli aiuti di Stato alle imprese, attraverso il bilanciamento fra i contrapposti interessi che entrano in gioco nei casi sottoposti all’attenzione delle istituzioni comunitarie. Tale equilibrio e’ difficile e precario e, soprattutto, non puo’ essere definito una volta per tutte ma varia in ragione del mutare delle circostanze e del cammino percorso dall’integrazione comunitaria. E’ stato rilevato che la Comunita’ europea non e’ e non deve essere intesa solo come un’area di libero scambio, ma come una cornice per la formulazione di politiche comuni e che, se e’ vero che l’eliminazione delle barriere alla libera circolazione di beni, servizi, capitale e lavoro e’ stato un obiettivo chiave fin dalla nascita dell’Europa unita, tale scopo e’stato fin dall’inizio accompagnato dal tentativo di rafforzare la solidarieta’ fra gli Stati membri176. La libera concorrenza e l’abbattimento delle barriere di qualsiasi tipo alla liberta’ degli scambi costituiscono, dunque, indubbiamente i principi informatori del sistema comunitario e la via scelta dagli Stati per l’instaurazione del mercato comune e tuttavia, dopo Maastricht e soprattutto alla luce della redazione della Costituzione europea, l’approfondimento del processo di integrazione ha ormai ampliato i fini della Comunita’ e fra questi ve ne sono alcuni la cui realizzazione puo’ passare attraverso una limitazione di tali principi. E’ importante osservare che in numerosi rapporti commissionati dalle istituzioni comunitarie nel corso degli anni e’ stato evidenziato il fatto che l’apertura del mercato potrebbe avere un impatto negativo sulle regioni meno sviluppate, che potrebbero subire “shocks da integrazione”177 dovuti ad una perdita sia di capitale che di lavoro a causa dell’attrazione esercitata dalle regioni piu’ industrializzate, dotate di maggiori infrastrutture e specializzazione dei lavoratori178. E’ ormai un competenze comunitarie e nazionali v. KRISLOV, ELEHRMANN, WEILER, The Politic organs and the decision-making process in the United States and in the European Community, in CAPPELLETTI, SECCOMBE, WEILER, Integration Trough Law. The european and American Experience, Berlin-New York, 1986; DI PLINIO, I pubblici poteri e la distribuzione della sovranita’ economica, in Diritto Pubblico dell’economia, Giuffre’, 1998; MANZELLA A., Dopo Amsterdam. L’identita’ costituzionale dell’Unione europea, in Il Mulino, 5, 1997. 175 STAMMATI G., Disciplina degli aiuti, in STAMMATI, VALSECCHI, L’integrazione economica europea, Roma, 1960, che sottolinea la contrapposizione fra il principio della concorrenza e le “attivita’ ordinate a conseguire determinati fini di politica economica riconosciute in se’ lecite dall’ordinamento”. 176 MORTENSEN, Improving Economic and Social Cohesion in the EEC, London, 1994. 177 L’espressione e’ di MORTENSEN, Improving Economic and Social Cohesion in the EEC, cit., p.6, il quale rileva che la Comunita’, a paragone con altre economie integrate, come gli Stati Uniti, e’ una “highly - divergent trading zone” riguardo, per esempio, alla distribuzione della ricchezza e all’occupazione. 178 Il rischio e’ stato evidenziato gia’ nei lavori preparatori del Trattato e rimarcato nel Rapporto Spaak e in numerosi rapporti successivi alla creazione delle Comunita’ europee. Cfr. il Rapporto Werner, nel Supplemento 11 al Bollettino CE 19/70; il Rapporto redatto dal gruppo di lavoro guidato da T. Padoa -Schioppa, in Efficienza, stabilita’ ed equita’, Il Mulino, 1987; la Relazione Governativa al Disegno di legge relativo alla ratifica ed esecuzione dei Trattati istituenti la CEE e l’Euratom, in Atti Parlamentari del 27 Marzo 1957, n.2814. In dottrina cfr. LEANZA, dato pacifico che “i benefici derivanti dall’apertura del mercato sono elevati ma che l’equita’ della loro distribuzione non puo’ essere data per scontata”179. D’altra parte, il perseguimento di un alto livello di integrazione fra tutte le regioni comunitarie e’ un obiettivo dettato non solo da considerazioni attinenti alla promozione e alla tutela dei diritti fondamentali all’interno della Comunita’, ma anche da ragioni di carattere economico, legate all’efficiente utilizzazione di tutte le risorse, che verrebbe compromessa dal permanere di condizioni di sottosviluppo di alcune parti della Comunita’. A favore di tale obiettivo giocano, fra l’altro, considerazioni di natura politica, essendo plausibile che l’approfondimento del processo di integrazione, qualora dovesse riflettersi negativamente sulle condizioni di vita e di occupazione di grosse fette di “cittadini comunitari”, corra il rischio di venire accolto con entusiasmo sempre minore e di perdere consenso180. La materia degli aiuti di Stato costituisce un esempio importante di come la tutela della libera concorrenza e la coesione economico - sociale si compongano nell’ambito della politica di concorrenza della Commissione. L’esame delle decisioni adottate dagli organi comunitari in tale settore dimostra che il mercato comune, nel processo di integrazione europea, non solo non e’ un dato immutabile, un “locus naturalis” 181, ma costituisce una nozione dinamica, la cui fisionomia e’ Commento all’articolo 92 del Trattato, in Commentario CEE, Giuffre’, 1965, che osserva che le condizioni create dall’instaurazione del mercato comune e cioe’ la caduta delle barriere doganali, il costo minore della mano d’opera e la maggiore produttivita’ degli investimenti “non erano sufficienti ad assicurare automaticamente un piu’ rapido progresso nelle regioni inizialmente meno favorite e quindi un livellamento delle condizioni di vita tra regioni a sviluppo economico diseguale” e che “si sarebbe potuto verificare al contrario che la differenza di sviluppo tendesse ad aumentare complessivamente, ove le condizioni fondamentali per lo sviluppo non fossero state innanzitutto create dagli Stati in cui le regioni sottosviluppate sono situate”. 179 Cosi’ il Rapporto redatto dal gruppo di lavoro guidato da Padoa -Schioppa, in Efficienza, stabilita’ ed equita’, cit., che sottolinea che “e’ ampiamente provato che il processo di integrazione economica non puo’ fare affidamento sulla semplice fiducia nel benevolo operare della <<mano invisibile>> “. 180 Tali considerazioni diventano ancora più attuali e urgenti alla luce dell’ingresso nell’Unione dei paesi dell’Europa dell’Est. Cfr. MOLLE, Regional Disparity and Economic Development in the European Community, Saxon House, 1980; MORTENSEN, Improving economic and social cohesion, cit.; 181 IRTI N, Diritto e mercato, in AA.VV., Il dibattito sull’ordine giuridico del mercato, Laterza, 1999, il quale osserva che l’economia di mercato “lungi dal presentarsi come un ordine trovato in natura, e percio’ a rigore inviolabile e incontrovertibile, rivela la propria indole artificiale, politica e storica”, e che non c’e “un’economia di mercato” ma vi sono “le economie di mercato”, costituite e conformate dalle regole che le disciplinano. Tali considerazioni sono state al centro di un ampio dibattito sulla stampa, nelle universita’, nella dottrina in genere. Senza la pretesa di entrarvi nel merito, si ritiene che le considerazioni esposte possano essere riferite alla conformazione del mercato comune europeo, in particolare al fatto che tale nozione non puo’ essere intesa come qualcosa di oggettivamente dato, alla quale piegare ciecamente i diritti fondamentali ma, come dimostra la vicenda degli aiuti di Stato (e in generale la politica di concorrenza delle istituzioni comunitarie di cui tale vicenda e’ espressione), e’ “uno spazio disegnata, nel corso del tempo, dalle scelte politiche delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri. La conformazione del mercato comune europeo non puo’, quindi, essere intesa come qualcosa di oggettivamente dato, alla quale piegare ciecamente i diritti fondamentali ma, come dimostra la vicenda degli aiuti di Stato, e in generale la politica di concorrenza delle istituzioni comunitarie di cui tale vicenda e’ espressione, e’ “uno spazio comune” che va costruendosi nel corso dell’approfondimento del processo di integrazione europea. Tale processo e’ caratterizzato dalla tensione, al suo interno, fra diversi obiettivi che corrono parallelamente e sono necessari al raggiungimento di piu’ alti livelli di integrazione, a meno di non volere incrinare la base di consenso, per molti aspetti gia’ fragile, a fondamento della Comunita’. Il ruolo che ai diritti fondamentali vorra’ assegnarsi nell’ambito di questo spazio comune non e’ gia’ deciso dalle logiche economiche ma e’ frutto di scelte politiche ben precise che devono essere rese chiare a tutti i “cittadini europei” affinche’ siano espressione di decisioni democratiche prese nel legittimo esercizio della sovranita’ popolare. comune” che va costruendosi nel corso dell’approfondimento del processo di integrazione europea. 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