ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA
LA DISCIPLINA DEGLI AIUTI DI STATO ALLE IMPRESE FRA
SVILUPPO REGIONALE E PRINCIPIO DI COESIONE
ECONOMICO SOCIALE
ELISA GIUDICE
INTRODUZIONE...........................................................................................................................3
1. La nozione di aiuto di Stato nel Trattato e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia della
Comunita’ Europea. ......................................................................................................................11
2. Gli elementi essenziali degli aiuti di Stato. ..............................................................................17
3. I soggetti....................................................................................................................................19
3.1 Il soggetto attivo: la provenienza dell’aiuto. Il carattere pubblico degli aiuti.....................19
3.1.1 Le nozioni di “Stato” e di aiuto erogato tramite “risorse statali”................................20
3.2 Il soggetto passivo: la destinazione dell’aiuto.....................................................................25
3.2.1 Gli aiuti ai privati. La nozione di impresa comunitaria................................................25
3.2.2 Gli aiuti concessi a favore “di talune imprese o talune produzioni”. Il requisito della
selettività. ..............................................................................................................................27
3.2.3 Gli aiuti alle imprese pubbliche: lo Stato imprenditore e il mercato comune..............32
4. L’oggetto dell’aiuto...................................................................................................................38
4.1 Aiuti sotto forma di erogazioni dirette. ....................................................................41
a) Aiuti sotto forma di sovvenzioni.......................................................................................41
b) Aiuti sotto forma di prestiti a tasso agevolato. .................................................................42
c) Aiuti mediante ripianamento di debiti...............................................................................42
4.2 Gli aiuti “negativi” o indiretti. ...................................................................................43
a) Aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali...........................................................................43
b) Aiuti mediante abbuono di interessi. ................................................................................45
c) Aiuti tramite rinuncia alla remunerazione del capitale investito. .....................................45
d) Aiuti tramite cessione di beni di proprieta’ pubblica a condizioni particolarmente
favorevoli. .............................................................................................................................46
4.3 Aiuti tramite assunzione di garanzia. ..................................................................................47
4.4 Aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale...................................48
a) Aiuti tramite la realizzazione di infrastrutture. .................................................................49
b) Aiuti tramite propaganda di prodotti nazionali.................................................................50
c) Aiuti tramite determinazione autoritativa di prezzi o tariffe.............................................51
5. Gli effetti degli aiuti ..................................................................................................................53
Conclusioni. Libera concorrenza e riequilibrio territoriale nella disciplina sugli aiuti di Stato alla
luce della “prospettiva comunitaria”: i diritti fondamentali e la costruzione del mercato comune
europeo. .........................................................................................................................................64
BIBLIOGRAFIA...........................................................................................................................71
INTRODUZIONE
La materia degli aiuti di Stato è disciplinata dal Titolo VI del Trattato istitutivo
della Comunità europea, contenente “Norme comuni sulla concorrenza, sulla
fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni”1.
Il Capo I, in particolare, è dedicato alle regole di concorrenza ed è diviso in due
sezioni: la prima riguarda le <<regole applicabili alle imprese>>, tutte quelle
norme, cioè, volte a vietare accordi, intese o pratiche che abbiano ad oggetto di
impedire, restringere o falsare la concorrenza e quelle che, in presenza di posizione
dominante sul mercato di una o più imprese, vietano lo sfruttamento abusivo di tale
posizione ovvero tutti quei comportamenti che danneggiano il mercato e i
consumatori (tramite l’imposizione, per esempio, da parte dell’impresa
monopolista, direttamente o indirettamente, di prezzi di acquisto, di vendita e di
altre condizioni non eque, limitando la produzione).
La sezione seconda, invece, riguarda gli <<aiuti concessi dagli Stati>> e sancisce
come principio generale il divieto di concessione di aiuti alle imprese da parte
degli Stati membri della Comunità europea in quanto tali aiuti <<favorendo talune
imprese o talune produzioni falsano o minacciano di falsare la concorrenza>>
(articolo 87 del Trattato).
L’analisi delle disposizioni sulla concorrenza, in particolare della normativa
sugli aiuti di Stato, che occupa il presente lavoro, non può prescindere da alcune
considerazioni complessive sul processo di integrazione europea e sul significato
che ha assunto l’obiettivo dell’instaurazione del mercato unico nel corso di questi
quarantasette anni di storia comunitaria.
E infatti, l’integrazione europea e’ un processo dinamico nel quale, attraverso i
diversi atti istitutivi della Comunità - dai trattati di Roma del 1957, all’Atto Unico
del 1986, al trattato di Maastricht del 1992 fino al trattato di Amsterdam del 1997l’integrazione fra gli Stati membri e gli obiettivi della Comunita’ si sono ampliati e
sono sempre piu’ cresciuti a dispetto degli “euroscetticismi” e degli ostacoli non
indifferenti di natura sia politica che economica.
Già l’Atto Unico Europeo, nel 1986, apportava un significativo contributo
all’instaurazione del mercato comune ma non rappresentava ancora una spinta
decisa verso un livello qualitativamente diverso di integrazione; certamente, con
l’adozione di tale Atto si colmavano vistose lacune presenti nei trattati istitutivi
che rendevano difficile la realizzazione del mercato comune, avanzando cosi’ nel
cammino dell’integrazione economica2.
1
Cosi’ nella nuova versione consolidata del Trattato, seguita al Trattato di Amsterdam; nel
Trattato di Maastricht la norme sulla concorrenza erano contenute nel Titolo V.
2
Sull’Atto Unico Europeo e sul dibattito sull’apporto al processo di integrazione europea vedi
EHLERMANN C.D., The internal market following the Single European Act, in Common
Market Law Review, 1987, p.361 e ss.; critico e’ PESCATORE, Some critical remarks on the
E’ invece con il Trattato di Maastricht che, seppure fra tante incertezze, si registra
un vero e proprio cambiamento di segno nel processo d’integrazione poiche’ si
prevede il passaggio dal mercato comune alla creazione di un’unione economica e
monetaria.
Si intensifica la collaborazione fra gli Sati membri al fine di coordinare le politiche
economiche. Nuove politiche si aggiungono a quelle originariamente di
competenza della Comunita’ - l’istruzione, la cultura, la sanita’, la protezione dei
consumatori, le reti transeuropee, l’industria - e si delineano la politica estera e di
sicurezza e la cooperazione negli affari interni e giudiziari come settori di comune
interesse. Le disposizioni sulla cittadinanza dell’Unione aprono un varco per
l‘approfondimento del’integrazione europea non soltanto sul piano strettamente
economico ma anche su quello politico.
L’evolversi del processo di integrazione ha ampi riflessi sul piano
dell’interpretazione delle norme del diritto comunitario, di rango sia primario che
secondario: la stessa norma, infatti, sarà interpretata diversamente dagli organi
comunitari a seconda dello stadio cui e’ giunta l’integrazione europea, poiche’
determinate disposizioni che vietano ovvero consentono certi comportamenti,
possono essere orientate nel modo che appare piu’ conforme al raggiungimento
degli scopi della Comunita’. Un aspetto significativo dell’evoluzione del processo
di integrazione comunitaria va riscontrato non soltanto nel progressivo aumento
delle materie di competenza europea (alcune in via esclusiva, altre in via di
coamministrazione con gli Stati membri) ma anche nel fatto che le istituzioni
comunitarie orientano le politiche esercitate dagli Stati verso il perseguimento
degli obiettivi comunitari piuttosto che verso gli obiettivi nazionali.
Va infatti osservato che le disposizioni del Trattato non solo necessitano di essere
integrate dal diritto secondario, ma lasciano ampi margini di liberta’ alle istituzioni
comunitarie deputate alla loro applicazione e/o interpretazione.
Quanto detto e’ tanto piu’ vero se si ha riguardo alle norme relative alla
concorrenza, trattandosi di un settore che, naturalmente, risente immediatamente di
qualsiasi mutamento intervenuto nella struttura della Comunita’ e del mercato
comune.
Nell’ambito di tali disposizioni, la disciplina sugli aiuti di Stato costituisce un
osservatorio particolarmente interessante del processo evolutivo del diritto
comunitario e della sua interpretazione, poiche’ tali norme sono disegnate per
determinati obiettivi –quali consentire lo sviluppo delle attivita’ d’impresa nelle
regioni o nei settori meno favoriti senza alterare la concorrenza ma, al contrario,
contribuendo al rafforzamento del mercato interno - il raggiungimento dei quali
puo’ richiedere diversi tipi di interventi, che cambiano nel corso del tempo a
seconda delle condizioni dell’economia e del mercato e, conseguentemente, un
“Single Europea Act”, in Common Market Law Review, 1987, p.9 e ss.; in senso positivo
sull’apporto dato dall’Atto Unico all’approfondimento del processo di integrazione BEUTLER,
Struttura della Comunita’, in L’Unione europea, a cura di Beutler ed altri, Il Mulino, 1998;
atteggiamento di maggiore o minore rigore da parte degli organi comunitari nella
valutazione dell’ammissibilita’ degli aiuti.
E’, fra l’altro, da sottolineare che gli articoli 87, 88 e 89 del Trattato3 sono
caratterizzati da una certa indeterminatezza, poiche’ individuano solo i principi
generali che regolano la materia, lasciando all’interprete il compito di riempire i
contenuti della disciplina: basti pensare che l’articolo 87 non da’ una definizione di
“aiuto”, e che tale nozione va quindi ricostruita attraverso un esame delle
fattispecie concrete alla luce delle pronunce della Corte di giustizia e degli atti
della Commissione.
L’articolo 89 del Trattato al riguardo prevede che il Consiglio, su proposta della
Commissione, possa adottare tutti i regolamenti utili al fine dell’applicazione degli
articoli 87 e 88, in particolare per l’attuazione delle norme relative alla procedura
di notifica degli aiuti alla Commissione di cui all’articolo 88 paragrafo 3 e per
fissare le categorie di aiuti dispensati da tale procedura in quanto irrilevanti ai fini
degli scambi comunitari. E tuttavia il Consiglio si è servito di tale possibilità per la
prima volta solo nel 1998, con l’emanazione del regolamento “delega” alla
Commissione per l’individuazione delle categorie di aiuti compatibili con il
mercato comune non soggette all’obbligo di notifica nell’ambito di quelle stabilite
dal regolamento stesso4, e nel 1999 con l’adozione del regolamento di procedura
relativo alla notifica degli aiuti5.
Va peraltro sottolineato che intercorrono altri tre anni fra la data di pubblicazione
del regolamento delega sopra citato e quella dei primi regolamenti di esenzione,
che dispensano dall’obbligo di notifica, a determinate condizioni, gli aiuti alla
formazione, gli aiuti c.d. de minimis, quelli alle piccole e medie imprese e, dal
2002, gli aiuti all’occupazione6. Tale ritardo è dovuto al fatto che la Commissione
è sempre stata restia ad effettuare questo tipo di elencazioni ritenendo che
incoraggerebbe gli Stati a concedere gli aiuti con maggiore facilita’, abusando
della possibilita’ di non notificarli.
L’interprete che debba applicare le norme sugli aiuti ha, dunque, non poche
difficoltà a orientarsi poiche’, a fronte di una disciplina che, come si e’ detto,
appronta solo alcune norme di carattere generale, si trova a dovere mettere ordine
in una materia estremamente complessa per la varietà di forma in cui si possono
3
Ex articoli 92, 93 e 94, nella versione precedente a quella consolidata del Trattato. Tenere
presente la vecchia numerazione degli articoli è importante poiché ad essa fanno riferimento
molti atti, decisioni e comunicazioni, della Commissione, sentenze della Corte di giustizia,
nonché contributi della dottrina presi in esame in questo lavoro, salvo quelli più recenti.
4
Regolamento CE n.994/1998 del Consiglio del 7 Maggio 1998, in GUCE L 142 del 14/5/1998.
5
Regolamento CE n.659/1999 del Consiglio del 22 Marzo 1999, in GUCE L 83/1 del
27/3/1999.
6
Rispettivamente regolamenti CE n. 68/2001, 69/2001 e 70/2001 della Commissione del 12
gennaio 2001, in GUCE L 10 del 13/1/2001 e regolamento CE n. 2204 /2002 della
Commissione del 12 dicembre 2002 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato
agli aiuti a favore dell’occupazione, in GUCE L 337 del 13 dicembre 2002.
presentare gli aiuti7, i quali peraltro sono spesso mascherati o comunque di difficile
individuazione.
La necessita’ di capire se un intervento costituisca o meno un aiuto non risponde
solo ad esigenze di carattere teorico ma ha soprattutto dei rilevantissimi risvolti sul
piano pratico: dalla classificazione di una disposizione come norma di aiuto
derivano infatti una serie di obblighi per le istituzioni nazionali - il Parlamento o le
assemblee legislative regionali, ovvero anche l’amministrazione attiva a seconda
dei casi - l’inadempimento dei quali comporta l’irrogazione di sanzioni da parte
della Comunita’. Ci si riferisce, innanzitutto, all’obbligo di notifica alla
Commissione europea delle norme che concedono aiuti, la violazione del quale
comporta l’iscrizione della norma nel registro degli aiuti non notificati con la
conseguenza che la Commissione non ha un termine entro il quale e’ tenuta a
pronunciarsi sulla compatibilita’ dell’aiuto con il mercato comune, lasciando in
sospeso l’efficacia della norma potenzialmente sine die.
Quanto appena detto offre lo spunto per sottolineare che la disciplina degli aiuti
costituisce un osservatorio privilegiato per cogliere certi aspetti dell’integrazione
europea che mettono in gioco alcune categorie fondamentali dello Stato nazione sovranita’, funzione legislativa - e inducono a qualche considerazione sulla
validita’ di tali categorie e sulla possibilita’ di continuare a utilizzarle.
Si e’ accennato al fatto che le norme che istituiscono aiuti di Stato vanno notificate
alla Commissione europea, l’articolo 88 paragrafo 3 del Trattato infatti stabilisce
che << alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perche’ presenti le sue
osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare aiuti >>. La disposizione
prescrive dunque un obbligo – quello di comunicare alla Commissione i progetti di
aiuto - ma non chiarisce ne’ le modalita’ con cui deve avvenire tale
comunicazione8 ne’ il momento in cui l’aiuto va comunicato9. Sia la Corte di
giustizia che la Commissione hanno poi precisato che non basta che l’aiuto in
qualche modo sia noto alla Commissione ma che e’ necessario che lo Stato proceda
ad una formale notifica10 e che la comunicazione deve avere carattere preventivo11.
L’aiuto va dunque notificato quando ancora la norma non e’ divenuta legge (così,
7
Un aiuto puo’ infatti essere erogato in forma di sovvenzione diretta, con prestiti di danaro a
tassi particolarmente bassi, ovvero anche indirettamente, sotto forma di garanzia dell’attivita’
d’inpresa da parte dell’ente pubblico, o ancora in altri modi meno trasparenti (sul punto si
tornera’ piu’ avanti).
8
Se sia sufficiente, per esempio, una comunicazione informale, o il fatto della notorieta’
dell’aiuto; v. al riguardo ORLANDI, “Aiuti di Stato mediante conferimento di capitale alle
imprese”, nota alla sentenza “Alfa Romeo”, in Giurisprudenza di merito, n.2, 1993, p.543.
9
Se durante il procedimento legislativo, ovvero prima che il disegno di legge venga inviato alle
Camere, ovvero ancora in un altro momento.
10
Cosi’ la Corte di giustizia nella sentenza “Lorenz” dell’11 dicembre 1973, in causa 120/73, in
Raccolta 1973, p.1471, punto 4 della motivazione; v. anche la sentenza “Boussac” del 14
febbraio 1990, in causa C 301/87, in Raccolta 1990-2, p.307.
11
La Commissione ha invitato esplicitamente gli Stati membri a notificare gli aiuti ancora allo
stadio di progetto nella lettera loro inviata il 4 marzo 1991, SG (91) 4576.
per esempio, se si tratta di un disegno di legge di iniziativa governativa, si potrebbe
stabilire che deve esso essere notificato dopo che è stato approvato dal Consiglio
dei Ministri, ovvero in un momento successivo, quale potrebbe essere quello
dell’approvazione definitiva del testo da parte della Commissione legislativa
competente12) al fine di consentire alla Commissione di esaminare la norma,
raccogliere tutte le informazioni necessarie e inviare le sue osservazioni allo Stato
per suggerire eventualmente la modifica o la soppressione della disposizione
qualora ritenga che l’aiuto non sia compatibile con il mercato comune13. Cio’ vuol
dire che la Commissione interviene attivamente nel procedimento legislativo con
un ruolo che non e’ affatto secondario, poiche’ i “suggerimenti” allo Stato si
profilano in punto di fatto (anche se non in diritto) obbligatori, in quanto il loro
mancato rispetto darebbe certamente luogo a censura da parte della Commissione
in un secondo momento.
E’ allora da chiedersi se il procedimento legislativo sia ancora quello delineato
dagli articoli 70 e seguenti della Costituzione o se invece non abbia subito dei
mutamenti profondi a seguito del processo di integrazione europea. E’ noto che la
ratifica dei Trattati di Roma ha comportato una cessione di sovranita’ da parte
degli Stati membri nei confronti delle istituzioni comunitarie, e tuttavia e’ da
chiedersi fino a che punto i mutamenti avvenuti a seguito dell’approfondimento del
processo di integrazione abbiano lasciato inalterata la struttura costituzionale dello
Stato e se sia ancora possibile continuare a utilizzare le categorie classiche che
danno conto dei poteri e delle funzioni dello Stato nazione14. << La funzione
legislativa e’ esercitata collettivamente dalle due Camere (art.70 Cost.) >> : si
puo’ ancora considerare questa disposizione rispondente a vero se, come si e’
visto, fra gli attori del procedimento legislativo entra a far parte a pieno titolo, in
una condizione quasi di supremazia, la Commissione europea15? Senza contare che
la Commissione e’ un organo non elettivo, poiche’ i suoi membri sono designati
dai Governi degli Stati, e dunque in qualche modo espressione dell’esecutivo,
sebbene sia un organo caratterizzato da assoluta indipendenza. Sembra cosi’
incrinarsi uno dei cardini dello Stato moderno, il nesso fra rappresentativita’ e
funzione legislativa, e puo’ affermarsi che di potesta’ legislativa in senso pieno si
puo’ ancora parlare soltanto per quelle materie non attratte dalla competenza della
12
L’individuazione, nell’ambito del procedimento legislativo, del momento in cui va notificato
l’aiuto è lasciata naturalmente alla disciplina interna degli Stati membri o delle autonomie
territoriali che concedono gli aiuti.
13
Vedi sentenze della Corte di giustizia 30 giugno 1992 in causa C 312/90 <<Royaume
d’Espagne contre Commission des Communautes europeennes>> , e 30 giugno 1992 in causa
C 47/91 << Republique italienne contre Commission des Communautes europeennes>>, in
Raccolta 1992.
14
Vedi in tal senso CASSESE S., Gli Stati nella rete internazionale dei poteri pubblici, in
Riv.trim.dir.pubbl., 1999.
15
Sempre più frequentemente infatti, prima dell’approvazione, ha luogo una vera e propria
negoziazione dei testi legislativi da parte dell’istituzione legislativa coinvolta e i funzionari della
Commissione, con una commistione fra l’esercizio del potere politico da parte dei rappresentanti
eletti dal popolo e lo svolgimento della funzione “di controllo” da parte dei tecnici.
Comunita’ europea. Non va trascurata al riguardo la capacita’ autoespansiva delle
competenze comunitarie, in virtu’ del carattere elastico di molte norme del Trattato
e di alcuni suoi principi (per esempio quello di sussidiarieta’) talche’ e’ stato detto
che “no core activity of state function could be seen any longer as still
constitutionally immune from Community action and also no sphere of the material
competence could be excluded from the Community acting under Article 235”16
E’ da dire, inoltre, che spesso il Parlamento approva le leggi che istituiscono aiuti
prima che la Commissione europea ne abbia completato l’esame. Si pone cosi’ il
problema di stabilire quale sia l’efficacia da attribuire alle norme che prevedono
regimi di aiuto: si tratta infatti di norme formalmente perfette e che pero’ non solo
non possono entrare in vigore finche’ la Commissione non abbia dato il suo
assenso, ma che espongono lo Stato a serie conseguenze per il fatto stesso della
loro approvazione. Infatti, anche se quest’ultimo non ha dato luogo all’erogazione
dell’aiuto, la Commissione ha il potere di attivarsi d’ufficio e iscrivere la norma
nel registro degli aiuti non notificati con la conseguenza che non e’ piu’ tenuta a
pronunciarsi entro un termine determinato sull’ammissibilita’ dell’aiuto,
sospendendo l’efficacia della norma indefinitamente17; la Corte di giustizia ha
inoltre condannato lo Stato italiano per non avere abrogato formalmente una legge
che istituiva alcuni aiuti anche se questi di fatto non erano stati versati “poiche’
rimarrebbe sempre il rischio che essi lo siano a posteriori”18: il mero esercizio
della funzione legislativa puo’ essere dunque fonte di responsabilita’ dello Stato di
fronte agli organi comunitari ed esporlo ad una condanna.
Sembra dunque di potere affermare che, a dispetto di ogni dibattito politico o
dottrinale sulle riforme istituzionali, l’avanzare del processo di integrazione ha gia’
apportato “silenziosamente” dei profondi cambiamenti all’assetto costituzionale,
senza il rispetto delle procedure di cui all’articolo 138 della Costituzione. Peraltro,
mentre i mutamenti introdotti dalle disposizioni del Trattato relative alle fonti del
diritto o agli organi comunitari sono di immediata percezione e sono stati oggetto
di negoziazione fra gli Stati e di conoscenza da parte dell’opinione pubblica, lo
stesso non puo’ dirsi per le implicazioni costituzionali di disposizioni, come quelle
sugli aiuti, che poco sembrano avere a che fare con il tema della struttura
istituzionale dello Stato, attenendo propriamente alla materia dei rapporti
economici. E’ stato osservato che la cessione di ampie quote della sovranita’
statale, sebbene sia avvenuta nei confronti della Comunità europea, in realta’ ha
trasferito ai Paesi piu’ forti il potere di incidere sulle scelte comunitarie, data la
loro maggiore capacita’ di influenza sul mercato comune, venendo meno sul piano
16
WEILER J., The transformation of Europe, 1991, in The Yale Law Journal.
Proprio per evitare l’iscrizione nel registro degli aiuti illegali, le norme di aiuto contengono la
c.d. clausola di salvaguardia, che sospende l’efficacia della disposizione fino a quando la
Commissione non abbia terminato il procedimento di controllo e autorizzato l’aiuto.
18
Sentenza 19 giugno 1973, in causa 77/72, <<Carmine Capolongo contro Azienda Agricola
Maya>>, in Raccolta 1973, p.611.
17
sostanziale quella reciprocita’ di cui all’articolo 11 della Costituzione, che
giustifica una simile perdita di poteri19.
Quanto detto ovviamente non vuol dire che il processo di integrazione europea
vada arrestato, o ridimensionato, ma serve a denunciare, ancora una volta, la
necessita’ di colmare il deficit democratico delle istituzioni comunitarie,
proseguendo in tal senso nel cammino tracciato con i trattati di Maastricht e di
Amsterdam, si da’ rendere pienamente efficace la disposizione secondo cui “la
sovranita’ emana dal popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”. Tale deficit va colmato non solo introducendo delle modifiche sul
piano strettamente istituzionale, ma ancor piu’ facendo in modo da realizzare gli
obiettivi dello sviluppo armonioso del mercato di cui all’articolo 2 TUE attraverso
il riequilibrio territoriale e la coesione economico - sociale, in modo da riportare
gli Stati membri in una situazione di sostanziale parita’ riguardo alla capacita’ di
influenza sul mercato e sulle scelte comuni .
Non a caso il rafforzamento della coesione economico - sociale della Comunita’
previsto dall’Atto Unico Europeo (art. 130 a 20) e’ stato promosso dal Trattato di
Maastricht fra gli obiettivi della Comunita’ (art. 2). Come ha evidenziato il
Rapporto affidato dalla Commissione al gruppo di lavoro guidato da PadoaSchioppa21, e’ necessario che le politiche comunitarie vadano oltre la mera
vigilanza sul corretto funzionamento del mercato poiche’ non e’ detto che i
benefici derivanti dall’apertura del mercato si distribuiscano con equita’. E’ in tale
prospettiva che vanno guardate le norme comunitarie sugli aiuti di Stato. E’ infatti
per tale motivo che gli aiuti statali alle imprese non sono stati vietati del tutto dai
Trattati, poiche’ ci si e’ resi conto di alcuni squilibri oggettivi esistenti fra
determinate regioni o fra certi settori produttivi.
E tuttavia non va trascurato il fatto che gli aiuti possono anche condurre a risultati
opposti, impedendo lo sviluppo armonioso della Comunita’ a causa del
mantenimento artificioso in vita di imprese che non sarebbero in grado di
sopravvivere da sole ne’ di contribuire a creare sviluppo nelle regioni in cui
operano.
Il presente lavoro prende quindi in esame la materia degli aiuti di Stato e la politica
attuata dalla Commissione europea alla luce dei principi della liberta’ di
concorrenza, dell’obiettivo della coesione economico sociale e del riequilibrio
territoriale, per verificare come essi si compongano nell’ambito del processo di
integrazione al fine di coniugare lo sviluppo del mercato con la tutela dei diritti
fondamentali della persona umana.
L’elasticita’ delle disposizioni del Trattato fa sì che la politica di concorrenza, di
cui fa parte la materia degli aiuti di Stato, costituisca una forte leva in mano agli
19
GUARINO G., Pubblico e privato nell’economia. La sovranita’ tra Costituzione ed istituzioni
comunitarie, in Quaderni Costituzionali, n.1, 1992, p.55.
20
Art. 130 a: << Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa
sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione
economico sociale >>.
21
PADOA-SCHIOPPA T. ed altri, Efficienza, stabilita’ ed equita’, 1987, il Mulino.
organi comunitari per la tutela di due diritti fondamentali: la liberta’ di impresa e il
diritto allo sviluppo territoriale. Quanto alla prima, gli aiuti possono contribuire sia
alla promozione della liberta’ di iniziativa economica (nella misura in cui
contribuiscano a compensare degli svantaggi oggettivi in cui si trovano alcune
imprese a causa della loro localizzazione) sia alla compressione della stessa,
qualora servano solo a mantenere in vita imprese inefficienti, alterando le
condizioni del mercato.
Quanto al secondo, va esaminato come la politica di concorrenza possa incidere
fortemente sul diritto allo sviluppo e, soprattutto, sul diritto alla gestione dello
sviluppo del territorio da parte delle autonomie territoriali. E’ di fondamentale
importanza che la politica di concorrenza non sia calata dall’alto ma venga
amministrata a piu’ livelli con una effettiva applicazione del principio di
sussidiarieta’, lasciando ai livelli piu’ alti di governo solo le questioni che non
possano essere gestite efficientemente a livello inferiore22.
Dopo Maastricht l’integrazione europea ha fatto un salto qualitativo poiche’
l’instaurazione del mercato comune e dell’unione economica e monetaria sono
strumenti per rafforzare all’interno dell’Europa la tutela dei diritti dell’uomo
promuovendo uno “sviluppo sostenibile” attraverso “una crescita sostenibile,un
elevato livello di protezione dell’ambiente e il miglioramento di quest’ultimo, un
elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento della
qualita’ della vita, la coesione economico-sociale e la solidarieta’ fra gli Stati
membri” (art.2 TUE).
22
Opportunita’ segnalata varie volte da piu’ parti, v. in tal senso PADOA-SCHIOPPA T. ed
altri, Efficienza, stabilita’ ed equita’, cit.
1. La nozione di aiuto di Stato nel Trattato e nella giurisprudenza della Corte
di Giustizia della Comunita’ Europea.
L’articolo 87 del Trattato non da’ una definizione di aiuto di Stato, ma si limita a
sancirne l’incompatibilita’, a determinate condizioni, con il mercato comune.
L’art. 87 par.1 TUE stabilisce infatti che:
<< Salvo deroghe contemplate dal presente Trattato, sono incompatibili con il
mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi fra gli Stati membri, gli
aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che
favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la
concorrenza.>>.
Trovare una definizione di aiuto che possa ricomprendere l’ampia varieta’ di
misure ricadenti nell’ambito dell’articolo 87 del Trattato non e’ facile, in quanto le
condizioni richieste affinche’ un intervento possa essere qualificato come aiuto
sono talmente generiche che qualsiasi vantaggio/beneficio apportato ad un’impresa
tramite risorse statali, sotto qualsiasi forma, potrebbe ricadere nelle previsioni della
norma23.
Non e’ d’ausilio in tal senso neanche la legislazione secondaria, poiche’ la
Commissione non ha mai elaborato una definizione di aiuto di Stato, preferendo,
volta per volta, rintracciare nella fattispecie concreta gli elementi per sussumerla
nell’articolo 87 TUE. Nelle comunicazioni della Commissione, dunque, si trovano
facilmente elencazioni di casi concreti che integrano la fattispecie dell’aiuto, ma di
quest’ultimo non viene mai puntualizzata la nozione.24
Il Consiglio, d’altra parte, servendosi del potere conferitogli dall’articolo 94 del
Trattato - ai sensi del quale << puo’ stabilire tutti i regolamenti utili ai fini
dell’applicazione degli artt. 87 e 93 >> ha emanato solo nel marzo del 1999 il
regolamento di procedura relativo alla notifica degli aiuti25. L’emanazione di tale
regolamento avrebbe costituito finalmente una buona occasione per fornire una
definizione di aiuto, eppure nè il Consiglio nè la Commissione (su cui proposta il
regolamento viene emanato) hanno voluto cogliere quest’opportunita’: l’articolo 1
del regolamento infatti recita <<si intende per “aiuti” qualsiasi misura rispondente
ai criteri stabiliti dall’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato>>, nulla aggiungendo a
quanto non fosse gia’ stabilito. Tale scelta conferma la politica seguita dalla
Commissione orientata, come si e’ detto, piuttosto alla qualificazione dei casi
23
Cfr. MOLINA J., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in
Riv.it.dir.pubbl.com., 3-4, 1998, p.561 e ss; v. anche CASPARI, “State aids in the EEC”, in
HAWK (ed.) Antitrust and Trade Policies of the EEC, Fordham Corporate Law Institute, New
York, 1984.
24
Cosi’ la Commissione in una comunicazione del 1963 ha inquadrato nella categoria degli aiuti
le sovvenzioni vere e proprie, sotto forma di contributi in danaro da non restituire; le coperture di
perdite; le esenzioni fiscali.
25
Regolamento CE n.659/1999 del 22 Marzo 1999, in GUCE L 83/1 del 27/3/1999, cit.
concreti come compatibili o meno con il mercato comune, a seconda della
ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 87.
D’altra parte e’ stato osservato che una definizione di aiuto nel Trattato “non
sarebbe ne’ possibile ne’ utile, poiche’ definizioni precise potrebbero risolversi in
una restrizione della nozione di aiuto”, ed è stata sottolineata invece l’opportunita’
di dare una definizione piu’ ampia <<affinche’ l’art.87 del Trattato possa
efficacemente contribuire a tutelare la concorrenza all’interno del mercato
comune>>26.
La delimitazione della nozione di aiuto tuttavia e’ necessaria, non tanto a scopi
meramente accademici, quanto perche’ tale concetto definisce i confini della
giurisdizione comunitaria sulle misure adottate dagli Stati membri: tutte le misure
qualificabili come aiuti, infatti, devono passare al preventivo vaglio della
Commissione ed, eventualmente, a quello successivo della Corte.
Vanno, fra l’altro, distinti gli aiuti da altre misure analoghe. Il caso piu’ evidente
e’ quello delle misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative alle
importazioni, che ricadono nell’ambito di altre previsioni del Trattato, e sono fonte
di precise responsabilita’ da parte degli Stati nei confronti delle istituzioni
comunitarie27.
In dottrina sono state date diverse definizioni di aiuto, ognuna delle quali pone
l’accento su uno o piu’ aspetti caratterizzanti, ritenuti decisivi ai fini qualificatori.
E’ stato sottolineato, così, il vantaggio o beneficio che l’impresa riceve28.
Costituiscono cioe’ aiuti tutte le forme di sussidi o stimoli alla produzione o alla
distribuzione dei beni29.
E tuttavia, se il beneficio economico - finanziario a vantaggio dell’impresa e’
senz’altro un’aspetto fondamentale del concetto di aiuto, esso non puo’ da solo
26
Cosi’ l’avvocato generale Lenz nelle conclusioni alla sentenza 10 luglio 1986, in causa
234/84. SCHINA D., State aids under the EEC Teraty Articles 92 to 94, ESC, Oxford, 1987,
rileva che se gli Stati membri fossero a conoscenza di una precisa e ben definita nozione di aiuto,
presto sarebbero in grado di approntare misure con caratteri tali da sfuggire a tale nozione.
27
Gli aiuti di Stato hanno, normalmente, incidenza sugli scambi fra gli Stati membri. Essi
dunque possono provocare sul commercio internazionale effetti simili a quelli dei dazi doganali,
ovvero a quelli di restrizioni quantitative alle importazioni, entrambi banditi dal Trattato.
L’articolo 13 infatti dispone che << I dazi doganali all’importazione, in vigore tra gli Stati
membri, sono progressivamente aboliti..>>; l’articolo 30 sancisce che <<sono vietate fra gli Stati
membri le restrizioni quantitative all’importazione nonche’ qualsiasi misura di effetto
equivalente>>.
Come chiarito dalla Corte di Giustizia tutte le norme relative alle barriere fiscali, nonche’ quelle
sugli aiuti, “perseguono un obiettivo comune, quello di garantire la libera circolazione delle
merci tra Stati membri in condizioni di concorrenza normali” (sentenza 7 maggio 1985, in causa
18/84, “Commissione delle Comunita’ europee contro Repubblica francese”, in Raccolta 1985 4, p.133).
28
ORLANDI M., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, p.129. Nello stesso
senso anche MATTERA RICIGLIANO A., Il Mercato unico Europeo, Torino, 1990;
FRIGNANI A. e WAELBROECK M., Disciplina della concorrenza nella CEE, Jovene, 1996.
29
Cosi’ LEANZA, Commento all’articolo 92 del Trattato, in Commentario CEE, Giuffre’, 1965;
bastare ai fini dell’applicazione corretta dell’articolo 87, poiche’ altri elementi
sono necessari.
Alcuni hanno posto l’accento, per esempio, sul carattere della gratuita’ dell’aiuto30,
altri invece hanno considerato decisiva la selettivita’ della misura. A quest’ultimo
proposito va osservato che la selettivita’ implica che l’aiuto sia rivolto a favorire
“talune imprese o talune produzioni” poiche’, qualora si tratti di un intervento
volto a migliorare l’economia nel suo complesso, esso non ricade nelle previsioni
dell’articolo 87 e potrebbe costituire, per esempio, una misura di carattere
generale.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla definizione di aiuto di Stato è,
ovviamente, copiosa e riguarda anch’essa, volta per volta, i singoli aspetti che
caratterizzano gli aiuti, che la Corte ha precisato in relazione al caso concreto.
La pronuncia piu’ famosa e’ forse quella con cui la Corte ha tracciato la distinzione
fra la nozione di aiuto e quella di sovvenzione. Quest’ultima e’ stata definita come
una <<prestazione in denaro o natura concessa per sostenere un’impresa
indipendentemente da quanto i clienti di questa pagano per i beni o servizi da essa
prodotti>>. Secondo la Corte, la sovvenzione costituisce solo una delle modalita’
in cui si puo’ esplicare un aiuto, poiche’ questo ricomprende <<non soltanto delle
prestazioni positive e del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche degli interventi
i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di
un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne
hanno la stessa natura e producono identici effetti>>31.
Riguardo al carattere della selettivita’ dell’aiuto, la Corte ha avuto modo di
precisare che l’espressione “talune imprese o produzioni” di cui all’articolo 87 si
riferisce sia al fatto che destinatarie dell’aiuto siano imprese private, sia all’ipotesi
in cui beneficiarie dovessero essere imprese pubbliche, compresi gli enti pubblici
senza scopo di lucro. Cio’, infatti, non farebbe venir meno la qualificazione
dell’intervento come norma di aiuto, soggetta pertanto al giudizio di compatibilita’
con il mercato comune da parte della Commissione32.
Uno degli elementi costitutivi della nozione di aiuto, come si e’ detto, e’ la
gratuita’. Nella sentenza “Denkavit” la Corte ha ribadito tale carattere, affermando
che l’aiuto per essere tale deve essere privo di contropartita33. Così, per esempio, la
30
SCHINA D., op. cit., sottolinea che un elemento decisivo e’ il fatto che, per chi eroga l’aiuto,
non vi sia un ritorno.
31
Sentenza “De Gezamenlijke Steenkolenmijnen” 23 febbraio 1961, in causa 30/59, in Raccolta
1961, p.3. Tale sentenza in realta’ si riferiva alle disposizioni del Trattato CECA, ma e’ stata in
seguito piu’ volte richiamata dalla Corte in relazione alle disposizioni dell’articolo 87 del
Trattato CEE.
32
Sentenza “Steineke und Weinlig” 22 marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1977, p.595. Sul
punto si tornera’ piu’ avanti.
33
Cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Reischl alla sentenza “Amministrazione delle
finanze dello Stato contro Denkavit italiana s.r.l.”, 27 marzo 1980, in Raccolta 1980, p.1205.
Quanto alla gratuita’, la Corte ha affermato che e’ da considerare gratuito anche un intervento
fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un’impresa pubblica alle
sue controllate di diritto privato senza controprestazione configura un aiuto ai sensi
dell’articolo 8734.
Un altro elemento necessario affinché si possa dire di essere in presenza di un aiuto
è il fatto che il beneficio sia erogato dallo Stato o tramite risorse statali.
Quest’ultima espressione, in particolare, ha consentito alla Corte di affermare che
nella previsione dell’articolo 87 rientrano tutti i contributi o le agevolazioni
concesse dallo Stato sia direttamente che indirettamente, anche tramite societa’
private da esso controllate35.
La nozione di aiuto e’ stata, dunque, nel tempo definita dalla Corte con una
precisione sempre maggiore per cio’ che concerne i suoi singoli aspetti, ma non e’
mai stata data una definizione esaustiva che ricomprendesse tali aspetti
unitariamente. Cio’, si ritiene, è avvenuto per due ordini di ragioni.
Innanzitutto hanno giocato al riguardo considerazioni di opportunita’. Come si è
detto, infatti, la Corte ha ritenuto che una delimitazione del concetto di aiuto si
presterebbe a successive evasioni della disciplina di controllo da parte degli Stati36.
In secondo luogo, e’ nella natura stessa della materia l’impossibilita’ di
racchiudere in una definizione unitaria tutte le misure riconducibili agli aiuti alle
imprese, poiche’ questi possono essere erogati nelle forme piu’ disparate, non
tipizzabili a priori.
E’ per questo che il criterio adottato dalla Corte e dalla Commissione e’
sostanzialmente quello funzionale, in virtù del quale rilevano, ai fini della
valutazione di compatibilita’ con il mercato comune, essenzialmente gli effetti
della misura sottoposta al giudizio degli organi comunitari, cioe’ l’idoneita’ della
stessa ad incidere sugli scambi e ad alterare la libera concorrenza.
Nella sentenza “Deufil” la Corte espressamente afferma:
<<l’articolo 92 ha lo scopo di evitare che gli scambi fra Stati membri siano
pregiudicati da vantaggi consentiti dalle pubbliche autorita’ i quali, sotto varie
forme, alterino o minaccino di alterare la concorrenza favorendo talune imprese o
che sia finanziato, in tutto o in parte, da contributi imposti dalla stessa autorita’ alle imprese;
sent. “Steineke”, cit.
34
Sentenza 11 luglio 1996 “Syndacat francais de l’Express international (SFEI) e altri c/ La
Poste e altri”, in causa C –39/94. in Raccolta 1996.
35
Ancora nella sentenza “Steinike”, cit., la Corte ha affermato che “il divieto di cui all’articolo
92, paragrafo 1, riguarda il complesso degli aiuti concessi dagli Stati o mediante risorse statali,
prescindendo dalla distinzione tra l’aiuto concesso direttamente dallo Stato e quello concesso da
enti pubblici o privati che esso istituisce o designa al fine della gestione”. Sul requisito della
provenienza delle risorse dallo Stato si tornera’ piu’ diffusamente in seguito. Si vedra’, infatti,
come la Corte abbia interpretato con larghezza tale requisito, tant’e che e’ stato detto che “anche
la statalita’ di secondo grado” integra il requisito dell’aiuto vietato, cfr.
CAPUTI
JAMBRENGHI V., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario vivente, in Riv.it.dirpubbl.com., 6,
1998, p.1259.
36
Cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Lenz alla sentenza 10 luglio 1986, cit.
determinati prodotti. Questo articolo non distingue quindi a seconda delle cause o
degli scopi degli interventi, bensi’ li definisce in relazione ai loro effetti>>37.
Il criterio funzionale, sebbene di fondamentale importanza, non e’ tuttavia
sufficiente ad orientare del tutto l’attivita’ dell’interprete che si trovi ad applicare
le disposizioni di cui agli articoli 87 e 88 del Trattato38.
Si e’ accennato al fatto che gli aiuti possono avere effetti analoghi a quelli
derivanti da altre misure, per esempio le restrizioni quantitative alle importazioni.
Vi sono poi altri interventi che possono provocare alterazioni al mercato
concorrenziale e che tuttavia non sono qualificabili come aiuti perche’ mancano di
alcuni elementi caratterizzanti ai sensi dell’articolo 87 TUE.39 Non sempre, quindi,
l’analisi degli effetti di una misura puo’ essere sufficiente ad inquadrare la
fattispecie concreta nell’ambito degli articoli 87 e 88, essendovi situazioni che
hanno identici o analoghi effetti e che pero’ ricadono sotto altre previsioni del
Trattato. Il problema del corretto inquadramento di una fattispecie nell’una o
nell’altra norma del Trattato non e’ di secondaria importanza poiche’ da esso
derivano precisi e differenti obblighi per gli Stati che erogano le misure,
l’inadempimento dei quali e’ fonte di responsabilita’ nei confronti delle istituzioni
comunitarie40.
Il punto di vista della Commissione e’ essenzialmente quello di chi deve valutare
la compatibilita’ di una misura con il mercato comune, essendo l’organo
istituzionalmente deputato ad evitare che il mercato possa subire pregiudizi a causa
di azioni degli Stati che alterino la concorrenza. La Commissione e’ dunque
chiamata a compiere due tipi di operazioni:
37
Sentenza “Deufil c. Commissione”, 24 febbraio 1987, in causa 310/85, in Raccolta, 1987,
p.901; cfr. anche la sentenza 2 luglio 1974, in causa 173/73, in Raccolta, 1974, p.709.
38
E’ importante sottolineare che l’interprete deputato all’applicazione degli articoli del Trattato
non e’ solo il funzionario dell’amministrazione attiva, o il magistrato nell’ambito di eventuali
controversie sorte sull’erogazione di aiuti alle imprese, ma e’ innanzitutto il legislatore.
Quest’ultimo infatti e’ chiamato a confrontarsi con tali disposizioni nell’esercizio della funzione
legislativa poiche’ esse costituiscono un limite alla funzione stessa, non potendo quest'ultima
esplicarsi nell’emanazione di norme contrastanti con le previsioni del Trattato.
39
E’ il caso delle misure generali, di cui si e’ detto sopra, che mancano del carattere della
selettivita’.
40
Si ponga il caso che l’interprete qualifichi una misura di carattere generale, e dunque non
rientrante nell’ambito di applicazione degli articoli 87 e 88 TUE. Cio’ comportera’ che questi
non procedera’ alla notifica della misura alla Commissione. Qualora quest’ultima, venuta a
conoscenza della misura, decida di qualificarla come intervento di aiuto, iscrivera’ la stessa nel
registro degli aiuti non notificati, con la conseguenza che non sara’ piu’ tenuta a pronunciarsi
sulla compatibilita’ della misura entro il termine di due mesi. In alcune ipotesi la Commissione
ha addirittura ritenuto che la mancata notifica possa essere causa sufficiente per dichiarare l’aiuto
incompatibile, senza necessita’ di entrare nel merito della valutazione dell’aiuto. Al riguardo
tuttavia la Corte di Giustizia ha stabilito che i vizi procedurali, ossia la mancata notifica, non
comportano automaticamente l’illegittimità dell’aiuto e che la Commissione è tenuta a
esaminarlo sulla base degli elementi in suo possesso, cfr. la sentenza “Boussac”, in causa
C301/87 del 14/2/1990.
- la qualificazione giuridica della fattispecie concreta come aiuto di Stato, che
comporta la verifica se un dato provvedimento posto in essere da uno Stato
membro presenti tutti gli elementi necessari ai sensi dell’articolo 87 TUE;
- la valutazione, in un secondo momento, dell’aiuto stesso; tale operazione e’ di
carattere in parte giuridico, ma soprattutto politico poiché consiste nel soppesare il
grado di compatibilita’ dell’aiuto con il mercato e la politica di concorrenza
comunitaria.
E’ soprattutto questo il compito della Commissione, quello di portare avanti gli
obiettivi della politica di concorrenza e di evitare che questi possano essere
vanificati dall’azione degli Stati. E’ chiaro che, in questa prospettiva, cio’ che piu’
interessa sono gli effetti di una misura.
In un’analisi di tipo teorico, invece, che voglia contribuire a orientare l’interprete
chiamato ad applicare le norme del Trattato, il criterio funzionale puo’ ben essere
utilizzato ma non e’ sufficiente, poiche’ per qualificare una misura come “aiuto” ai
sensi dell’articolo 87 TUE, come si è osservato, al di la’ degli effetti, e’ necessario
che siano presenti alcuni elementi individuati, seppure in maniera generica, dalla
norma stessa.
Si e’ cercato, quindi, nel prosieguo della trattazione di dare una sistematizzazione
alla materia che consenta di focalizzare gli elementi essenziali nell’ambito della
nozione di aiuto di Stato. Ciò al fine di superare le difficolta’ legate al fatto che gli
aiuti possono essere erogati sotto forme diverse, con provvedimenti la cui finalita’
non e’ sempre chiara o trasparente, e di disporre di strumenti classificatori che
consentano di orientarsi al fine di inquadrare correttamente la fattispecie.
Una volta stabilito che una misura puo’ essere qualificata come aiuto è necessario
valutare il grado di compatibilita’ della stessa con il mercato concorrenziale.
Sebbene infatti tale giudizio spetti alla Commissione, risponde a criteri di
economicità ed efficienza, da parte di uno Stato membro che voglia adottare una
misura agevolativa, cercare di configurare tale misura in modo tale da soddisfare le
condizioni di compatibilità comunitaria e potere quindi ottenere la relativa
autorizzazione da parte della Comunità europea.
Nel corso dell’analisi si vedrà come, nel giudizio di compatibilità entrino in gioco
sia considerazioni di carattere giuridico, poiche’ il Trattato individua alcune
condizioni di ammissibilita’ degli aiuti, ma soprattutto valutazioni di carattere
politico. E’ la stessa Corte di Giustizia ad affermare che <<l’accertamento della
compatibilità o dell’incompatibilità con il mercato comune di un aiuto statale
solleva problemi che implicano la valutazione di fatti e circostanze complesse atte
a modificarsi rapidamente>>41. Tale accertamento, quindi, pur essendo ancorato a
criteri individuati sia dal Trattato che dalla Commissione e dalla Corte, e’ soggetto
a mutamenti nel corso del tempo e rende difficile stabilire con certezza a priori se
41
Sentenza 11 luglio 1996 “Syndacat francais de l’Express international (SFEI) e altri c/ La
Poste e altri”, cit.
un aiuto sara’ considerato dalle istituzioni comunitarie compatibile o meno con il
mercato comune.
2. Gli elementi essenziali degli aiuti di Stato.
Costituiscono elementi essenziali della nozione di aiuto di Stato quelli che possono
essere individuati come i caratteri qualificativi della fattispecie alla luce del dettato
dell’articolo 87 TUE e di cio’ che e’ stato precisato, nel tempo, dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia e dagli atti della Commissione.
Di fronte ad una misura agevolativa posta in essere da uno Stato la prima cosa da
fare e’, dunque, verificare se in essa siano presenti tutti gli elementi costitutivi,
poiche’ la mancanza di uno solo di essi impedisce che tale misura possa essere
qualificata come “aiuto” ai sensi dell’articolo 87 del Trattato ed essa non andrà,
dunque, notificata alla Commissione europea.
Va dunque accertato che vi sia:
a) un beneficio o vantaggio di carattere economico ;
b) che tale beneficio sia erogato dallo Stato o tramite risorse statali;
c) che esso sia selettivo e cioè favorisca una o più imprese (<<talune imprese o
talune produzioni>> art. 87 TUE);
d) che sia di natura tale da alterare gli scambi fra gli Stati membri e falsare,
anche potenzialmente, la concorrenza.
Tali elementi possono essere ricondotti sostanzialmente a tre:
1) i soggetti, attivi e passivi;
2) l’oggetto;
3) gli effetti.
Riguardo al primo degli elementi costitutivi, e’ necessario che nella fattispecie
siano presenti un soggetto attivo, erogatore dell’aiuto, e un soggetto passivo,
beneficiario.
L’articolo 87 dispone che sono incompatibili con il Trattato “gli aiuti concessi
dagli Stati ovvero mediante risorse statali”. Si precisera’ meglio in seguito come
vada intesa tale espressione, per ora basti rilevare che in ogni caso e’ necessario, ai
fini della qualificazione dell’intervento come aiuto, che esso sia riconducibile,
direttamente o indirettamente, a risorse pubbliche.
Quanto al soggetto passivo, perche’ una misura possa rientrare nell’ambito di
applicazione dell’articolo 87 piuttosto che in quello di altre disposizioni del
Trattato e’ necessario che presenti il carattere della selettivita’ e cioe’ che siano
individuabili uno o piu’ destinatari determinati, o soggetti passivi della fattispecie.
Il secondo elemento e’ dato dall’oggetto o contenuto della fattispecie di aiuto, e
cioe’ dalla presenza di un beneficio o vantaggio a favore di alcuni soggetti. Si sono
individuati alcuni contenuti tipici, in base alle diverse tipologie in cui si manifesta
l’intervento pubblico 42. Si è scelto di raggruppare tali contenuti in quattro
categorie - aiuti sotto forma di erogazione diretta, aiuti negativi o indiretti, aiuti
tramite prestazione di garanzia, aiuti sotto forma di misure atte a favorire la
produzione nazionale - a seconda che richiedano interventi attivi da parte dello
Stato, ovvero rinunce o altri tipi di prestazioni.
Il terzo degli elementi costitutivi della fattispecie dell’aiuto consiste negli effetti
che questa produce o e’ suscettibile di produrre.
In particolare va analizzato se essa, oltre che apportare alterazioni alla libera
concorrenza negli scambi infra-comunitari fra gli Stati membri, non abbia altri
effetti e non rientri quindi nel campo di applicazione di altre norme del Trattato.
Si e’ scelto di porre gli effetti dell’aiuto fra gli elementi essenziali che lo
costituiscono per agevolare l’identificazione della fattispecie, rendendo
immediatamente chiari tutti gli aspetti che giocano un ruolo determinante
nell’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato. E’ stato pero’ discusso se gli
effetti possano essere considerati fra gli elementi costitutivi degli aiuti43,
probabilmente essi andrebbero piu’ correttamente posti al livello di interpretazione
che attiene alla valutazione del grado di compatibilita’ con il mercato comune. In
verita’, la valutazione degli effetti fa da cerniera fra i due momenti che fanno parte
dell’attivita’ di interpretazione - applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato
poiche’, se e’ vero che essa attiene alla fase in cui va stabilito il grado di
compatibilita’ degli aiuti, e’ vero anche che un primo giudizio va formulato da
parte dello Stato che predispone la misura, poiche’ vi sono dei casi in cui e’ palese
che essa non ha nulla a che fare con gli scambi infra-comunitari, ovvero che, pur
riguardando il commercio fra gli Stati, produce effetti irrilevanti e non va quindi
notificata alla Commissione44.
42
La piu’ nota e facilmente riconoscibile e’ la sovvenzione. Altre tipologie sono costituite, per
esempio, dai prestiti a tasso agevolato, oppure dalle esenzioni fiscali, ecc.
43
Li considera tali GILLIAMS H. M., “Aids granted by member States”, in SMIT and
HERZOG (ed.), The Law of European Economic Community, New York, 1992.
44
A causa, per esempio, della sua modesta entita’. E’ la regola del “de minimis”, su cui v. infra.
3. I soggetti.
3.1 Il soggetto attivo: la provenienza dell’aiuto. Il carattere pubblico degli aiuti.
Il soggetto erogatore dell’aiuto e’ il primo degli elementi da esaminare al fine di
stabilire se si sia in presenza di un aiuto ai sensi dell’art. 87 del Trattato.
Tale disposizione infatti recita: sono incompatibili con il mercato comune <<gli
aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali sotto qualsiasi forma>>.
Cio’ vuol dire che e’ fondamentale che l’aiuto abbia una provenienza pubblica.
Sia il concetto di Stato che quello di risorse statali possono essere interpretati piu’
o meno estensivamente e vanno dunque ricostruiti alla luce delle decisioni della
Commissione e delle pronunce della Corte di Giustizia.
Va innanzitutto stabilito se nell’ambito della nozione di “Stato” debbano rientrare
solo le amministrazioni centrali ovvero anche gli enti territoriali e le
amministrazioni locali. E’ inoltre da chiedersi se vi rientrino altri enti pubblici, per
esempio gli enti di gestione delle partecipazioni statali. Come si vedrà, puo’ anche
ritenersi che sia indifferente la natura pubblica o privata dell’ente che eroga gli
aiuti purche’ esso sia collegato in qualche modo allo Stato45.
Qualunque sia la fattispecie concreta, appare indubitabile, per gli scopi
dell’articolo 87, la necessita’ che il beneficio erogato all’impresa comporti un
onere finanziario a carico dello Stato, e cio’ nonostante vi siano talune pronunce
della Corte di Giustizia che, a prima vista, sembrano indicare il contrario.
Al fine di una corretta interpretazione delle sentenze in questione non va
dimenticato quanto detto all’inizio del presente lavoro e cioe’ il fatto che le norme
del Trattato, come tutto il diritto comunitario, presentano un alto grado di
elasticita’, e che tali norme vengono interpretate dagli organi comunitari
diversamente nel corso del tempo, in modo da perseguire efficacemente gli
obiettivi della Comunita’. E’ stato giustamente rilevato che, nozioni come quella di
“Stato” o di “pubblica amministrazione”, non hanno una configurazione unitaria
nell’ambito del diritto comunitario, ma che esistono piuttosto diverse nozioni
elaborate dalla Commissione o dalla Corte in funzione degli obiettivi delle norme
del Trattato che, volta per volta, vengono in considerazione46.
Non e’ da stupirsi quindi se, a fronte delle numerose sentenze in cui la Corte ha
ribadito il principio che i vantaggi debbono essere concessi direttamente o
45
A tal fine si puo’ utilizzare il criterio del collegamento organico, e cioe’ dell’appartenenza
dell’ente all’apparato organizzativo dello Stato; si puo’ anche verificare se vi siano altri tipi di
connessione, per esempio il fatto che lo Stato nomini i componenti del consiglio di
amministrazione, o sia azionista di maggioranza dell’ente. Questo, vedremo, e’ l’orientamento
della Corte di Giustizia.
46
MORENO MOLINA J., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in
Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 3-4, 1998, p.586, secondo cui “la Corte cerca
sempre di dare al concetto di Stato un effetto utile” e cioe’ “il contenuto piu’ adeguato per il
conseguimento hic et nunc degli obiettivi della normativa di cui si tratti”.
indirettamente mediante risorse statali47, vi sono dei casi in cui essa ha affermato,
al contrario, che <<una sovvenzione non deve essere necessariamente finanziata
col denaro dello Stato perche’ si tratti di un aiuto statale>>48. Queste e altre
pronunce analoghe infatti si riferiscono a fattispecie complesse, nelle quali si e’ in
presenza di aiuti non trasparenti perche’ erogati a mezzo di finanziarie private
controllate a loro volta da holding pubbliche, ovvero perche’ attribuiti sotto forma
di vantaggi indiretti, diversi da una sovvenzione vera e propria, per esempio
tramite rinuncia da parte dello Stato alla percezione di utili societari o di contributi
fiscali.
In tutti i casi, comunque, si vedra’ che la contraddizione e’ solo apparente e che il
nesso fra l’aiuto e la finanza pubblica e’, in verita’, ritenuto imprescindibile dalla
Corte la quale, nelle sentenze in questione, si serve del concetto di “aiuto erogato
tramite risorse statali” per giustificare l’applicazione estensiva dell’articolo 87 a
fattispecie che prima facie sembrerebbero non rientrare nell’ambito della norma.
3.1.1 Le nozioni di “Stato” e di aiuto erogato tramite “risorse statali”.
La prima puntualizzazione che va fatta relativamente alla nozione di “Stato”, ai
sensi dell’articolo 87 TUE, riguarda la possibilita’ di includere in essa, oltre le
amministrazioni centrali dell’apparato statale, anche le autonomie locali in cui
l’ordinamento statale eventualmente si articoli.
In proposito va sottolineato che l’ordinamento comunitario e’ generalmente
indifferente alla strutturazione interna degli Stati membri e alla relativa
distribuzione delle competenze: sia che uno Stato membro si configuri come uno
Stato federale sia che si tratti di uno Stato a decentramento regionale, cio’ che
conta e’ che le disposizioni del diritto comunitario siano osservate e che i fini della
Comunita’ siano perseguiti.
Quanto detto vale sia sul piano generale dei rapporti fra ordinamento comunitario e
ordinamento degli Stati membri che sul piano delle disposizioni relative agli aiuti
di Stato. Il raggiungimento delle finalita’ dell’articolo 87 TUE non e’ legato
all’imputazione delle competenze all’interno degli Stati membri in capo ad
un’unica autorita’ centrale, una simile soluzione infatti equivarrebbe a frustrare lo
scopo della norma o, in alternativa, dovrebbe comportare un’alterazione del
normale riparto di competenze nell’ambito degli Stati, i quali sarebbero costretti a
sottrarre alle autonomie territoriali la potesta’ legislativa tutte le volte in cui questa
riguardasse l’erogazione di aiuti alle imprese49.
47
Sentenza 24 Gennaio 1978, in causa 82/77, “Pubblico Ministero olandese / Van Tieggele”, in
Raccolta 1978, p. 25 e ss.
48
Sentenza 7 Giugno 1988, in causa 57/86, “Grecia c/ Commissione”, in Raccolta, 1988, p.2855
e ss; v. anche la sentenza “Steineke und Weinlig c/ Repubblica Federale di Germania” , del 22
Marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1977, p.595.
49
Soluzione, naturalmente, inaccettabile poiche’ finirebbe per stravolgere l’assetto
costituzionale degli Stati membri; si pensi al riparto delle competenze legislative fra Stato e
La Corte di Giustizia, nella sentenza 248/84, ha espressamente stabilito che il fatto
che un programma di aiuto sia stato adottato da uno degli Stati federati o da
un’autorita’ regionale piuttosto che dall’autorita’ federale o centrale non preclude
l’applicazione delle norme del Trattato, se le altre condizioni sono soddisfatte,
poiche’ nel riferirsi ad “ogni aiuto erogato dallo Stato o tramite risorse statali
l’articolo 87 e’ diretto a tutti gli aiuti finanziati con risorse pubbliche” e dunque
“gli aiuti attribuiti da enti regionali o locali degli Stati membri, indipendentemente
dal loro statuto e dalla loro denominazione, ricadono sotto detta disposizione”50.
Una volta chiarito che nella nozione di Stato, ai sensi dell’art. 87, rientrano non
solo le amministrazioni centrali ma anche gli enti locali territoriali, rimane da
risolvere un’altra questione e cioe’ se in tale nozione possano ricomprendersi
anche altri enti pubblici, quali gli enti di gestione delle partecipazioni statali ed in
generale enti, pubblici o privati, che amministrino risorse pubbliche.
Al riguardo va precisato che la Commissione e la Corte, al fine di allargare
l’ambito di applicazione dell’articolo 87, si servono sia del concetto di “Stato”,
inteso in un’accezione ampia, che, soprattutto, del concetto di “risorse statali”, nel
quale fanno confluire tutte quelle fattispecie in cui gli aiuti possono essere
ricondotti, sia pure indirettamente, a fondi pubblici, pur se non si puo’ dire che essi
siano erogati dallo “Stato”.
Puo’ dunque innanzitutto affermarsi che nel campo di applicazione dell’articolo 87
rientrano tutti gli enti pubblici, qualora costituiscano lo strumento attraverso il
quale lo Stato attribuisce un vantaggio economico alle imprese51.
Nella sentenza 290/83 ”Sovvenzione agli agricoltori finanziate con le eccedenze di
gestione di una cassa nazionale di credito agricolo”52 l’avvocato generale Mancini
regioni nell’ordinamento italiano, ove la maggior parte delle materie di competenza regionale,
come l’agricoltura o l’artigianato, ha spesso ad oggetto norme che dispongono l’erogazione di
aiuti alle imprese. La Corte Costituzionale ha piu’ volte rimarcato che la partecipazione
dell’Italia al processo d’integrazione europea e agli obblighi che ne derivano non modifica
l’assetto costituzionale delle competenze e che anzi “l’attuazione negli Stati membri delle norme
comunitarie deve tener conto della struttura (accentrata, decentrata, federale) di ciascuno di essi,
cosicche’ l’Italia e’ abilitata, oltre che tenuta dal suo stesso diritto costituzionale, a rispettare il
suo fondamentale impianto regionale” (sent.126/1996).
50
Sentenza del 14 Ottobre 1987, in causa 248/84, “Repubblica federale di Germania c/
Commissione delle Comunita’ europee”, in Raccolta, 1987, p.4013. V. anche la Prima relazione
sulla politica di concorrenza della Commissione europea, riferita al 1971, in cui la Commissione
afferma “the local authorities can often grant such aid, which is also State aid within the
meaning of Article 92 of the EEC Treaty”. Sottolinea il fatto che nel disposto della norma
rientrano anche le sovvenzioni somministrate dalle istituzioni pubbliche a carattere locale
SALBERINI F., Disciplina comunitaria della concorrenza e intervento statale nella economia,
Milano, 1969.
51
Ricomprende fra gli aiuti tutti quelli concessi da enti od istituti di diritto pubblico in base a
norme statali o regionali LEANZA U., Commento all’articolo 92, in Commentario CEE,
Giuffre’, 1965.
52
Corte di Giustizia, sentenza 30 Gennaio 1985, in Raccolta 1985, p.439.
qualifico’ come aiuto di Stato un sussidio di solidarieta’ erogato dalla Cassa
nazionale del credito agricolo - ente pubblico - agli agricoltori che versavano in
condizioni economiche disagiate. Nonostante infatti la presenza dello Stato nel
consiglio di amministrazione della Cassa fosse minoritaria, le delibere dello stesso
consiglio non divenivano definitive se non dopo essere state congiuntamente
approvate dal Ministero delle finanze e dagli altri ministri interessati; non poteva
dunque ritenersi che la Cassa godesse di autonomia ma la funzione da essa svolta
era solo quella “di un relais dello Stato o, se si preferisce, di un veicolo a cui lo
Stato ricorse per intervenire a sostegno dell’agricoltura francese”53.
Nella sentenza 173/73 “Assegni familiari per i lavoratori dell’industria tessile” la
Corte di Giustizia ha ritenuto che anche le agevolazioni attribuite tramite gli enti di
previdenza sociale potessero essere ricomprese fra gli aiuti di “Stato” ai sensi
dell’art. 87. Nel caso di specie venivano alleviati gli oneri sociali gravanti
abitualmente sui datori di lavoro del settore tessile ponendone il costo a carico
degli enti di previdenza sociale, i cui fondi erano alimentati mediante contributi
obbligatori imposti dalla legge, corrisposti dalle imprese, e gestiti e ripartiti in
conformita’ alla legislazione statale: tali contributi, quindi, sono stati considerati
“risorse statali” anche se “amministrati da enti distinti dagli organi statali”54.
Anche le sovvenzioni erogate per il tramite di enti di gestione ricadono nel
disposto dell’articolo 87. Nel caso “Alfa Romeo”55 la Corte di Giustizia ha
condannato lo Stato italiano per avere concesso aiuti all’Alfa Romeo attraverso le
societa’ finanziarie IRI e Finmeccanica con somme provenienti dai fondi di
dotazione dei suddetti enti (si trattava in particolare di somme reperite dall’IRI
tramite la contrazione di prestiti obbligazionari con interessi a carico dello Stato).
La Corte osservo’, innanzitutto, che gli apporti di capitale conferiti all’Alfa Romeo
dall’IRI e dalla Finmeccanica erano stati effettuati sostanzialmente con fondi
pubblici. Inoltre, come nel caso delle sovvenzioni concesse dalla Cassa nazionale
del credito agricolo francese, sopra citato, la Corte rilevo’ la sostanziale mancanza
di autonomia dell’IRI rispetto allo Stato italiano. Quest’ultimo infatti nominava i
membri del consiglio di amministrazione dell’IRI, che a sua volta designava i
membri dell’organo direttivo della Finmeccanica, ed entrambe le societa’
operavano sotto le direttive del CIPE.
Gli aiuti concessi dalle holdings pubbliche sono stati dunque considerati a tutti gli
effetti aiuti di “Stato”.
53
Conclusioni dell’avv.gen. Mancini alla sentenza 290/83 cit.
Corte di Giustizia, sentenza 2 Luglio 1974, in causa 173/73, in Raccolta 1974, p.709. Per delle
fattispecie analoghe v. anche la decisione della Commissione 89/296 del 30 Marzo 1989,
relativamente ad alcune misure finanziarie adottate dal governo tedesco, in GUCE del 28/4/1989,
n. L 116, p.52.
55
Sentenza 21 Marzo 1991, “Repubblica italiana c/ Commissione delle Comunita’ europee” ,
“Alfa Romeo”, in causa C-305/89, in Giurisprudenza di merito, n.2, 1993, p.543, con nota di
ORLANDI, Aiuto di Stato mediante conferimento di capitale alle imprese.
54
Oltre le sovvenzioni erogate tramite enti pubblici, nella nozione di aiuto di Stato
possono essere ricomprese anche le agevolazioni finanziarie attribuite da enti di
natura privata dei quali lo Stato detenga una parte del capitale.
Nel caso “Van der Kooy” la Corte ritenne che le tariffe preferenziali applicate dalla
societa’ di distribuzione del gas “Gasunie” a determinate categorie di imprese
fossero aiuti di “Stato” nonostante la societa’ in questione avesse natura privata, e
cio’ in considerazione del fatto che il governo olandese deteneva il 50% delle
azioni e, soprattutto, esercitava un potere di controllo e approvazione delle tariffe
applicate dalla Gasunie56.
Si puo’ dire, insomma, che il concetto di Stato ai sensi dell’articolo 87 nella
giurisprudenza della Corte e nella prassi della Commissione e’ sufficientemente
ampio da ricomprendere tutti gli enti, indipendentemente dalla loro natura pubblica
o privata, che siano collegati in qualche modo allo Stato, o perche’ questo e’
presente nel consiglio di amministrazione, o perche’ detiene una parte del capitale
dell’ente o ancora perche’ esercita su di esso un potere di vigilanza: il divieto di cui
all’articolo 87 infatti “riguarda il complesso degli aiuti concessi dagli Stati o
mediante risorse statali, prescindendo dalla distinzione tra l’aiuto concesso
direttamente dallo Stato e quello concesso da enti pubblici o privati che esso
istituisce o designa al fine della gestione”57.
La formula dell’articolo 87, insomma, e’ “ampia e flessibile”58 e anche quando non
si possa ritenere che un aiuto sia concesso dallo Stato, sia pure nella sua accezione
piu’ larga, soccorre il concetto di aiuto erogato tramite “risorse statali”, che e’ stato
utilizzato dalle istituzioni comunitarie come concetto residuale, in cui
ricomprendere tutte le fattispecie che non possano essere ricondotte all’ipotesi
precedente.
A tal fine, la Commissione e la Corte utilizzano il criterio sostanziale della
riferibilita’ allo Stato, anche indiretta, dei mezzi finanziari di cui dispone l’ente in
questione59. E’ alla luce di questa considerazione che si spiegano alcune pronunce
56
Sentenza 2 Febbraio 1988, in cause riunite 67, 68 e 70/85 “Kwekerij Gebroeders Van der
Kooy BV ed altri c/ Commissione delle Comunita’ europee, in Raccolta 1988, p.219. V., in
dottrina, SCHINA D., State aids under the EEC Treaty Articles 92 to 94”, ESC, Oxford, 1987, la
quale osserva che spesso gli Stati Membri utilizzano il tramite di enti privati per aggirare il
sistema di controllo sugli aiuti.
57
Corte di Giustizia, sentenza “Steineke und Weinlig c/ Repubblica Federale di Germania”, del
22 Marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1977, p.595.
58
Cosi’ l’avv.gen. Mancini nelle conclusioni alla sentenza 290/93, cit.
59
E’ stato detto che “anche la statalita’ di secondo grado integra il requisito dell’aiuto vietato”,
cosi’ CAPUTI JAMBRENGHI V., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario vivente”, in
Riv.it.dir.pubbl.com., 1998, 6, p.1264, in riferimento alla sentenza 290/83, “Sovvenzioni agli
agricoltori finanziate con le eccedenze di gestione di una cassa nazionale di credito agricolo”, cit.
In quel caso, come osservato, si trattava di sovvenzioni erogate dalla Cassa nazionale del credito
agricolo francese con eccedenze di utili propri di gestione, e dunque non con fondi pubblici, che
pero’ erano stati conseguiti grazie ad esenzioni fiscali concesse dallo Stato negli anni precedenti.
della Corte di giustizia in cui essa ha affermato che “la sovvenzione non deve
essere necessariamente finanziata col denaro dello Stato perche’ si tratti di un aiuto
statale”60. Questo non significa che non e’ necessario che il costo dell’aiuto gravi
sull’erario pubblico, tale affermazione va invece letta nel senso che una
sovvenzione puo’ ben essere qualificata come aiuto anche se non attribuita con
risorse proprie dello Stato ma di altri enti (si veda il caso della Cassa nazionale del
credito agricolo francese sopra esaminato), se essa costituisce un onere per la
finanza pubblica, anche indirettamente.
Cio’ che conta e’ che il comportamento dell’ente che concede le sovvenzioni sia
imputabile allo Stato, che esso cioe’ non sia del tutto autonomo nel prendere la
decisione di erogare gli aiuti: si e’ visto come la Corte di Giustizia sottolinei la
mancanza di autonomia degli enti nei confronti dello Stato, poiche’ gli atti da essi
emanati sono soggetti a controllo e, in definitiva, all’approvazione statale61.
60
Sentenza 290/83, “Sovvenzioni”, cit.
In verita’ il requisito dell’imputabilita’ allo Stato del comportamento non e’ del tutto pacifico
in dottrina. Secondo alcuni infatti lo Stato sarebbe comunque responsabile dell’erogazione
effettuata dall’ente purche’ questa comporti un costo per l’erario pubblico, cosi’ BLUMANN C.,
Regime des aides d’Etat: jurisprudence recente de la Cour de Justice (1989 -1992), in Revue du
Marche’ commun et de l’Union europeenne, 1992; contra v. ORLANDI, Gli aiuti di Stato nel
diritto comunitario, Napoli, 1995. In effetti la Corte di Giustizia nella sentenza “Alfa Romeo”,
cit., sembra confermare l’importanza della riferibilita’ del comportamento dell’ente allo Stato
quando afferma che <<i conferimenti di capitale di cui trattasi costituiscono il risultato di un
comportamento imputabile allo Stato italiano e possono pertanto rientrare nella nozione di aiuti
concessi dagli Stati ai sensi dell’art. 92 n.1 del Trattato>>.
61
3.2 Il soggetto passivo: la destinazione dell’aiuto.
3.2.1 Gli aiuti ai privati. La nozione di impresa comunitaria.
Nell’ambito soggettivo, l’altra componente necessaria della nozione di aiuto e’
costituita dal destinatario del beneficio.
Perche’ una data misura possa rilevare ai fini dell’articolo 87 del Trattato e’ infatti
necessario che essa sia diretta a favorire <<talune imprese o talune produzioni>>.
Per individuare l’esatta portata di questa espressione vengono in considerazione
due elementi: la nozione di impresa comunitaria e il carattere di selettivita’
dell’aiuto, vale a dire il fatto che esso sia volto a favorire talune produzioni (e cioe’
determinati settori produttivi) e non ricada invece sull’intera economia della
nazione, senza effetti selettivi su particolari imprese.
Riguardo al primo elemento, la nozione di impresa comunitaria, va detto subito che
il Trattato CE non contiene una definizione di impresa, pur facendo riferimento a
tale concetto in diverse disposizioni62.
Si potrebbe pensare che essa sia contenuta nel diritto secondario, tuttavia, sebbene
le istituzioni comunitarie abbiano, nel corso del tempo, elaborato delle definizioni
di impresa, ne’ il Consiglio, ne’ la Commissione, ne’ la Corte di Giustizia hanno
voluto fissare una nozione di impresa comunitaria valida in assoluto63.
Poiche’ il Trattato fa riferimento al concetto di impresa in diverse situazioni, nelle
quali viene in considerazione secondo prospettive differenti - per esempio sotto il
profilo fiscale, oppure sotto quello strettamente commerciale - le istituzioni
comunitarie, hanno preferito utilizzare una nozione funzionale di impresa,
rinunciando a costruire una definizione unitaria a scopi classificatori. Si e’
preferito, cioe’, mettere in evidenza i diversi caratteri che compongono tale
nozione e che sono stati ritenuti rilevanti per la qualificazione della fattispecie
concreta nel quadro delle differenti disposizioni comunitarie e delle loro finalita’64.
62
Cfr. innanzitutto gli articoli del Trattato CE da 81 a 86 (ex 85 a 90) sulla concorrenza. V.
inoltre gli articoli 43, sulla disciplina del diritto di stabilimento; 132, sugli aiuti alle esportazioni
ai paesi terzi. Il Trattato CECA contiene una definizione di impresa ma e’ riferita soltanto alle
imprese che operano nel settore del carbone e dell’acciaio, non puo’ dunque essere utilmente
adoperata ai fini di individuare correttamente la nozione di impresa relativa alla disciplina sugli
aiuti. Si vedra’ come tale nozione vada interpretata diversamente a seconda delle disposizioni del
Trattato che vengono in rilievo. Per un’analisi dei diversi articoli che si riferiscono al concetto di
impresa v. GRISOLI, Impresa comunitaria, voce dell’Enciclopedia Giuridica Treccani.
63
Cfr. AFFERNI, La nozione di impresa comunitaria, in Trattato di diritto commerciale e di
diritto pubblico dell’economia diretto da Galgano, II, p.134. Contra v. SCUDIERO L., La
nozione di impresa nella giurisprudenza della Corte di Giustizia,nota alla sentenza della Corte
di Giustizia del 17 Febbraio 1993, “Poucet”, in cause riunite C- 159/91 e C- 160/91, in Foro
italiano, IV, 1994, p.114.
64
AFFERNI, La nozione di impresa comunitaria, cit., p.134, rileva che non e’ possibile
individuare una nozione unitaria di impresa comunitaria ma che questa e’ un “dato variabile la
In ogni caso, e’ l’aspetto economico dell’attivita’ di impresa che assume rilievo ai
fini comunitari, piuttosto che la sua configurazione giuridica65. Nella sentenza
“Hofner” la Corte di Giustizia ha affermato che <<nel contesto del diritto della
concorrenza la qualifica di impresa si applica a qualsiasi entita’ che esercita
un’attivita’ economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalita’
di finanziamento>>66.
Questo vuol dire che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del Trattato sulla
concorrenza, e segnatamente di quelle sugli aiuti di Stato, non rileva il carattere
pubblico o privato del soggetto che esercita l’attivita’ imprenditoriale poiche’ tali
norme si applicano a qualsiasi impresa, in virtu’ del principio di non
discriminazione fra imprese pubbliche e private contenuto nell’articolo 295 (ex
222) TUE.
Il presupposto fondamentale per la qualificazione dell’attivita’ d’impresa e’,
dunque, l’esercizio di un’attivita’ economica, intesa nel senso di attivita’ diretta
alla produzione o scambio di beni o servizi, a prescindere dallo scopo di lucro.
Nella sentenza “Hofner”, citata, la Corte ha considerato attivita’ d’impresa
l’attivita’ di collocamento svolta, senza alcuna finalita’ lucrativa, in regime di
monopolio, dall’Ufficio federale del lavoro tedesco67.
Anche se la Corte in questa specifica ipotesi ha attribuito forse una portata
eccessivamente ampia alla nozione di impresa, e’ interessante sottolineare il fatto
che le istituzioni comunitarie, per valutare l’applicabilita’ delle norme sulla
concorrenza, non guardano tanto ai caratteri dell’attivita’ economica - se abbia o
meno scopo di lucro o se possieda i requisiti dell’organizzazione stabile e
cui identita’ dipende ed e’ strettamente collegata al contesto normativo di cui, nelle varie
fattispecie, costituisce uno degli elementi qualificanti”.
Non e’ un dato nuovo che gli organismi comunitari preferiscano evitare di formulare delle
definizioni a scopo classificatorio, mettendo in rilievo, di uno stesso concetto, i caratteri che,
volta per volta, meglio rispondono al raggiungimento delle finalita’ del Trattato. Si e’ visto, per
esempio, quale sia l’atteggiamento della Commissione e della Corte nei confronti della nozione
di “aiuto” o di quella di “Stato” rilevanti ai sensi dell’articolo 87 del Trattato.
65
Cfr.FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della concorrenza nella CEE, Utet, 1996.
66
Sentenza 23 Aprile 1991, in causa C - 41/90, in Raccolta, 1991, p.1979; v. anche SLOT P.J.,
Nota alla sentenza “Hofner”, in Common Market Law Review, 1991, p.964; l’irrilevanza della
forma giuridica assunta dall’impresa e’ sottolineata dalla Corte ancora nella sentenza del 12
Luglio 1984, in causa 170/83, “Hydrotherm”, in Raccolta, 1984, in cui afferma che <<l’impresa
sussiste quando vi e’ un’unita’ economica dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo, anche se
sotto il profilo giuridico quest’unita’ economica e’ costituita da piu’ persone, fisiche o
giuridiche>>.
67
La sentenza e’ stata criticata in dottrina perche’ si e’ ritenuto che allargasse troppo la nozione
di impresa, SCUDIERO, La nozione di impresa, cit. . In effetti la Corte, nella sentenza “Poucet”,
cit., ha poi ridimensionato tale concetto, escludendo che l’attivita’ svolta dagli enti incaricati
della gestione di regimi assicurativi di natura previdenziale possa essere considerata attivita’
imprenditoriale poiche’ assolve ad una funzione di carattere essenzialmente sociale, e’ ispirata al
principio di solidarieta’ ed e’ priva di qualsiasi scopo di lucro
professionale68 - quanto, piuttosto, agli effetti che essa provoca sugli scambi
infracomunitari.
E’ stato giustamente rilevato che, per stabilire se un’attivita’ economica rientri
nell’ambito di applicazione degli articoli da 81 a 89 del Trattato (e, si puo’
aggiungere, degli articoli da 87 a 89, sugli aiuti di Stato), bisogna fare riferimento
al mercato nel quale il soggetto in questione opera concretamente, in condizioni,
attualmente o potenzialmente, di concorrenza69.
A prescindere dalle finalita’ dell’impresa, che possono anche essere di carattere
sociale o culturale, contano dunque le concrete modalita’ di svolgimento
dell’attivita’ economica: volta per volta vengono rilevati quegli elementi di
imprenditorialita’ che sono necessari a far si’ che le fattispecie siano regolate dalla
disciplina sulla concorrenza, sia per gli interessi in gioco sia per i conflitti che
possono provocare70.
La nozione di impresa comunitaria assume dunque carattere di relativita’ ed e’
funzionale alle disposizioni del Trattato da applicare, in particolare, trattandosi
delle norme sulla concorrenza, vengono in considerazione gli effetti dell’attivita’
esercitata e il fatto che tale attivita’ sia suscettibile di assumere una posizione
concorrenziale rispetto a quella svolta da altri soggetti che operano sul mercato
comune71.
3.2.2 Gli aiuti concessi a favore “di talune imprese o talune produzioni”. Il
requisito della selettività.
68
L’interprete che abbia a che fare con la nozione di impresa comunitaria non deve cercare di
individuare in essa tutti i caratteri che tradizionalmente si ritrovano in tale nozione. Come
osservato da TRABUCCHI, Il codice civile di fronte alla normativa comunitaria, in Riv. dir.
civ., 1993, I, p.714 , la nozione di impresa “ha un significato secondo il codice civile, come
attivita’ organizzata, come somma di piu’ atti per il complesso delle regole da osservare,
rapportato sempre al suo titolare, e un altro e’ invece il significato della stessa nozione di
impresa nella prassi comunitaria, per l’aspetto precipuamente funzionale dell’attivita’ economica
comune da chiunque organizzata”.
69
DI VIA L., Brevi note, cit., afferma che in tal modo il contesto all’interno di cui opera
l’impresa “finisce di essere elemento esogeno rispetto alla struttura dell’agente (...) per
influenzare in modo determinante la caratterizzazione del soggetto”.
70
Nella Decisione “Aiuti per la produzione di film greci”, del 21 Dicembre 1988,
n.89/441/CEE, la Commissione ha precisato che le regole di concorrenza si applicano a
<<qualsiasi attivita’ remunerata, sia essa di carattere economico, culturale, sociale o di altro
carattere>>.
71
AFFERNI, La nozione di impresa, cit., p. 153, sottolinea che anche nel diritto anglosassone
ha finito per prevalere, nella selezione degli elementi rilevanti “il cosiddetto functional or
operational test rispetto al cosiddetto structural o managerial test”. Secondo l’Autore le norme
del diritto comunitario che prendono in considerazione l’impresa sono norme di competenza,
esse servono cioe’ ad individuare i criteri di collegamento che rendono rilevante l’attivita’
d’impresa ai fini comunitari. V. in tal senso AULETTA, voce Attivita’ (dir.priv), in Enc. del dir.
p.985, il quale osserva che la nozione di impresa assume piuttosto il valore di un concetto
riassuntivo che indica l’esistenza dei presupposti di applicabilita’ della normativa.
Ai sensi dell’articolo 87 del Trattato l’aiuto deve costituire un beneficio rivolto a
favore di determinate categorie di imprese o settori produttivi.
Ogni Stato membro puo’ adottare misure finalizzate a migliorare l’economia, per
esempio costruendo infrastrutture o altri servizi che favoriscano chiunque risieda
nel territorio72. Nella misura in cui tali benefici vadano ad incidere sull’economia
in generale e i vantaggi ricadano indistintamente su tutti i soggetti che vi
partecipano non si puo’ dire di essere in presenza di aiuti.
Nella Ventiduesima relazione sulla politica di concorrenza la Commissione ha
evidenziato che ai fini dell’applicabilita’ dell’articolo 87 e’ necessario che vi sia un
elemento di discriminazione o selezione in relazione al beneficiario. Tale relazione
non deve necessariamente essere specificata nel programma di aiuto, ne’ deve
essere identificabile a priori, ma e’ sufficiente che degli interventi possano
beneficiare alcune imprese in particolare, e che le autorita’ deputate
all’applicazione delle misure abbiano un certo margine di discrezionalita’ nel
selezionare i destinatari o nel decidere il livello di aiuto73.
Il requisito della selettivita’ non discende solo dall’articolo 87 ma dall’intero
sistema delle disposizioni del Trattato. Gli articoli 96 e 97 (ex articoli 101 e 102)
infatti sanciscono che ogni disparita’ esistente nelle disposizioni legislative,
regolamentari o amministrative degli Stati membri che falsi le condizioni di
concorrenza nel mercato comune e provochi per tale motivo una distorsione, deve
essere eliminata. A tale scopo il Consiglio ha il potere di emanare le direttive
necessarie al fine di armonizzare le legislazioni degli Stati.
Cio’ vuol dire che le disparita’ create a seguito di provvedimenti di carattere
generale, che riguardino cioe’ l’intero territorio statale ed indistintamente tutti i
soggetti che vi risiedano, ricadono nell’ambito di previsione degli articoli citati,
sempre che siano tali da provocare seri effetti sulla concorrenza all’interno del
mercato comune. Si tratta della distinzione fra aiuti e misure generali, non sempre
di facile individuazione nella pratica, ma di fondamentale importanza ai fini di una
corretta applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato.
Le misure generali sono state definite come “interventi di piu’ ampio respiro dei
pubblici poteri che si applicano in modo uniforme all’economia di un Paese nel
suo insieme”, quali gli interventi di politica monetaria, o di politica fiscale
72
E, stato sottolineato che le infrastrutture vanno intese nel senso piu’ ampio, includendo “non
solo quelle tradizionali e fisiche, ma anche le infrastrutture piu’ innovative”, DA EMPOLI A.,
Gli aiuti alle imprese nel mercato unico europeo, in Atti del convegno di Perugia 10 gennaio
1992, a cura di BOLDRINI, FARISELLI, MANTOVANI, Protagon, Perugia, 1992. Nella
sentenza “Matra”, del 15 giugno 1993, in Raccolta 1993, p.3203, la Corte di Giustizia si
pronuncio’ sulla possibilita’ che costitutisse un aiuto di Stato la realizzazione da parte del
governo portoghese di infrastrutture aventi ad oggetto la fornitura d’acqua e di energia elettrica a
favore di una joint venture cosituita dalla Ford e la Volkswagen per la produzione di automobili.
Il caso verra’ esaminato piu’ avanti.
73
Commissione della Comunita’ Europea, Ventiduesima relazione sulla politica di concorrenza,
1992.
ordinari74. La selettivita’ dunque comporta che la misura crei un vantaggio nei
confronti di una o di un gruppo di imprese determinate, ovvero di un settore
preciso dell’economia75 , o ancora di certe imprese selezionate in base a
caratteristiche comuni76. A volte l’individuazione di tali caratteri puo’ essere
immediata, mentre altre volte puo’ risultare estremamente difficile77, considerato
che anche in questo caso il Trattato non fornisce strumenti di ausilio, limitandosi a
dettare la disciplina di carattere generale. Neanche la Commissione ha mai
elaborato una distinzione teorica fra aiuti e misure generali, ne’ e’ facile dedurre
dalla prassi adottata un unico principio in materia, poiche’ la stessa Commissione
sembra piuttosto avere applicato principi differenti, a seconda della diversa
tipologia di misure in atto ricorrenti.
Una delle ipotesi piu’ rilevanti, in cui puo’ risultare difficile distinguere fra aiuti e
misure di carattere generale, e’ quella degli aiuti erogati tramite agevolazioni
fiscali.
Determinate misure di detassazione delle imprese poste in essere dal governo di
uno degli Stati membri facilmente possono rientrare nel campo degli aiuti, in
quanto attribuiscono un vantaggio ai destinatari tramite “risorse statali”, ossia
attraverso i minori introiti fiscali percepiti dallo Stato. Di contro, pero’, tali misure
potrebbero far parte della politica economica attuata dallo Stato membro ed essere,
74
MOAVERO MILANESI E., Partecipazione dello Stato nelle imprese pubbliche e disciplina
comunitaria degli aiuti di Stato, in Rivista di Diritto Europeo, n.3, 1990; la Commissione, nel
primo rapporto sugli aiuti di Stato, ha definito le misure generali come “interventi statali che si
applicano uniformemente all’economia e che non favoriscono certe imprese o settori”. Su tale
distinzione v. anche LEANZA, op. cit., secondo cui “gli aiuti a carattere generale, che in linea di
principio tornano a vantaggio di tutte le imprese e di tutti i rami di produzione, e favoriscono
quindi l’intera economia di uno Stato, considerata nel suo insieme, non sono sottoposti
all’articolo 92. Deve trattarsi dunque di regimi di aiuti che sia ratione personae sia ratione loci,
abbiano un campo di applicazione particolare”; secondo VANDAMME J., Les aides accordees
par les Etats, in COSTANTINESCO, Traite instituent la CEE. Commentaire article par article,
Paris, 1992, la selettivita’ e’ una condizione di incompatibilita’ dell’aiuto con il mercato comune
piuttosto che un elemento essenziale dell’aiuto stesso.
Sulla distinzione fra misure generali e aiuti v. anche FRIGNANI A., WAELBROECK M.,
Disciplina della Concorrenza nella CEE, Jovene, 1996; SCHINA D., op. cit., precisa che “ a
distinction is drawn between on the one hand measures of general economic policy which affect
the economy as a whole and therefore all undertakings, and on the other hand measures which
are especially intended to assist directly or indirectly certain undertakings or industries”.
75
Per esempio il settore tessile, o quello della cantieristica navale, ecc.
76
Come le piccole e medie imprese. Nella sentenza “Tasso di sconto preferenziale per le
esportazioni” 10 dicembre 1969, in cause riunite 6 e 11-69, in Raccolta 1969, p. 523, la Corte di
Giustizia ha chiarito che possono considerarsi selettivi anche dei regimi di aiuto di cui
beneficiano tutte le imprese nazionali che esportino un determinato prodotto, in quanto tale aiuto
non ricade sull’economia nel suo complesso, essendovi anche imprese che non ne beneficiano in
quanto producono per il mercato nazionale e non (o non solo) per le esportazioni.
77
La stessa Commissione, nel primo rapporto sugli aiuti di Stato, ha affermato che non e’
sempre evidente il fatto che certe misure fiscali o relative alla sicurezza sociale siano da
ricomprendere nell’ambito delle misure generali ovvero in quello degli aiuti di Stato.
dunque, necessarie per il funzionamento e l’efficacia del sistema fiscale
nell’ambito degli obiettivi macroeconomici perseguiti dal governo che ha posto in
essere le misure. In tal caso queste ultime sarebbero fuori dall’ambito di
applicazione degli articoli 87 - 88 del Trattato, potendo semmai ricadere nella
previsione degli articoli 96 e 97 sopra citati, qualora avessero carattere
discriminatorio e fossero il frutto di concorrenza fiscale dannosa per le imprese
degli altri Paesi.
Al fine di distinguere, anche in queste ipotesi, fra aiuti e misure generali cio’ che
rileva e’ il carattere selettivo degli interventi pubblici.
Nella “Comunicazione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle
misure di tassazione diretta alle imprese”78, la Commissione ha individuato una
serie di parametri utili a stabilire quando un’agevolazione fiscale configuri un aiuto
e quando invece una misura di carattere generale.
Le misure fiscali che vanno a favore di tutti gli agenti economici che operano sul
territorio dello Stato in linea di principio sono da considerarsi di carattere generale.
E’ necessario pero’ che siano effettivamente destinate a tutte le imprese
indistintamente e che non attribuscano selettivamente a “talune imprese o talune
produzioni” i vantaggi fiscali. A tal fine e’ rilevante anche l’eventuale margine di
discrezionalita’ attribuito alle autorita’ pubbliche che devono applicare i
provvedimenti fiscali: qualora infatti tale margine consenta di operare
differenziazioni fra i destinatari delle misure, queste ultime verranno considerate,
per cio’ stesso, selettive dagli organi comunitari, e dunque, potenzialmente, come
aiuti.
Si puo’ quindi ritenere che costituiscano aiuti tutte quelle misure fiscali che
abbiano per effetto principale quello di promuovere una o piu’ attivita’ economiche
settoriali79.
Discussa è, poi, la possibilità che anche le regioni possano adottare misure di
carattere generale aventi ad oggetto agevolazioni fiscali. In tale ipotesi, infatti, la
selettività sembrerebbe essere insita nel fatto che le misure adottate a livello
regionale riguardano solo una parte del territorio e dunque “talune imprese o talune
produzioni”.
La Comunicazione della Commissione sulle misure di tassazione diretta alle
imprese, citata, precisa che finora la prassi decisionale della Commissione è stata
nel senso di considerare misure a carattere generale solo quelle il cui ambito si
estende a tutto il territorio dello Stato80, tuttavia, continuando, la stessa
Commissione fa salvi i principi generali stabiliti al punto 16 della Comunicazione.
Qui viene espressamente affermato che una misura agevolativa è qualificabile
come misura a carattere generale qualora essa, rappresentando un’eccezione al
sistema tributario, sia giustificata <<dalla natura o dalla struttura del sistema
78
Comunicazione 98/C 384/03, in GUCE del 10/2/1998.
Cfr. la Decisione della Commissione 97/239/CE, del 4 Dicembre 1996, caso “Maribel
bis/ter”, in GUCE n.L 95 del 10/4/1997. V. anche la sentenza della Corte di Giustizia del 10
Dicembre 1969, in cause riunite 6 e 11/69, in Raccolta 1969, p.561.
80
Comunicazione 98/C 384/03, cit., punto 17.
79
stesso>> ossia discenda direttamente <<dai principi informatori o basilari del
sistema tributario dello Stato membro interessato>>81.
Qualora, quindi, si sia in presenza di un riparto di costituzionale di competenze che
attribuisca sia allo Stato che alle regioni interne la potestà tributaria, l’applicazione
di tali principi dovrebbe comportare la possibilità di emanare misure generali
anche a livello regionale.
La questione, in verità, è ancora ampiamente dibattuta e la Commissione ha finora
assunto un atteggiamento estremamente restrittivo, avallato dalla Corte di Giustizia
la quale ha affermato che, anche misure adottate in base a una legge federale, sono
inquadrabili nella fattispecie degli aiuti, poiché il fatto che le misure siano adottate
da enti territoriali non esclude l’imputabilità delle stesse allo Stato ai fini
dell’applicazione della normativa sugli aiuti82. L’Avvocato Generale Saggio, nelle
conclusioni alla sentenza Commissione c. Francia, ha ripreso le considerazioni
della Corte affermando che <<l’imputazione agli Stati delle misure di aiuto
adottate da enti territoriali si ricava invero dal sistema generale del Trattato, per cui
unico interlocutore della Commissione nella procedura di valutazione degli aiuti,
così come in ogni stadio successivo del sistema accentrato di valutazione di cui
all’art. 93, è esclusivamente lo Stato>>83. Tale affermazione appare alquanto
discutibile, soprattutto alla luce dell’allargamento dell’Unione europea che porterà
l’ingresso di nuovi Stati membri aventi un’estensione territoriale pari a quella di
alcune regioni europee.
Sul tema un’apertura si è registrata con una recente sentenza del Tribunale di
primo grado che, su un ricorso proposto dalla regione Paesi Baschi non ha escluso
la possibilità che le regioni europee possano adottare misure fiscali di carattere
generale, ove fondino tale potere su norme generali dell’ordinamento giuridico cui
appartengono84.
Va al riguardo segnalato che la Regione Siciliana, nella proposta di riforma dello
Statuto licenziata dalla Commissione speciale per la riforma dello Statuto il 17
marzo 2004, ha inserito la previsione che <<la Regione può adottare misure fiscali
generali ovvero aiuti di Stato di carattere fiscale di cui agli articoli 87 e 88 del
Trattato CE , nell’ambito dei tributi propri e dei tributi erariali di spettanza
regionale>>.
81
Comunicazione 98/C 384/03, cit., punto 16.
Corte di Giustizia, sentenza n. 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania c. Commissione, in
Raccolta p. 4013.
83
Conclusioni dell’Avv. Gen. Saggio a Corte di Giustizia, nella sentenza Commissione c.
Frangia, in cause riunite C-400/97, C-401/97 e C-402/97.
84
Tribunale di primo grado, sent. 23 ottobre 2002, in cause riunite T-269/99, T-271/99 e T272/99).
82
3.2.3 Gli aiuti alle imprese pubbliche: lo Stato imprenditore e il mercato
comune.
Destinatarie di aiuti, oltre le imprese private, possono essere le imprese pubbliche.
L’eventualita’ che l‘esercizio delle attivita’ economiche faccia capo, piuttosto che
ad imprenditori privati, allo Stato e’ contemplata espressamente dal Trattato che,
da un lato, consente che lo Stato partecipi come soggetto attivo dell’economia,
dall’altro pero’ si preoccupa di far si’ che l’equilibrio concorrenziale non sia
alterato dall’intervento pubblico nel mercato. Tale equilibrio, infatti, potrebbe
facilmente essere compromesso se lo Stato fosse lasciato libero di avvalersi della
propria posizione per influenzare l’economia, creando situazioni di monopolio,
ovvero in altra maniera, tramite le imprese su cui esercita il controllo.
La preoccupazione che si sovrappongano ”le motivazioni e le responsabilita’
tipiche dello Stato come potere pubblico e come imprenditore” e’ stata espressa
dalla Commissione nella Decima Relazione sulla politica di concorrenza e ripresa
piu’ volte dalla Corte di Giustizia, che in numerose pronunce ha ribadito che
l’intervento dello Stato in economia non deve tradursi in un privilegio per le
imprese operanti sotto il suo controllo, e che vanno distinte con chiarezza le ipotesi
in cui lo Stato agisce esercitando i pubblici poteri da quelle in cui svolge attivita’
industriali o commerciali85.
Per garantire tale chiarezza la Commissione ha emanato una direttiva che concerne
la trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le imprese pubbliche
che ha la finalita’, fra l’altro, di “permettere di distinguere chiaramente fra il ruolo
dello Stato in quanto potere pubblico ed in quanto proprietario”86.
La Corte, a sua volta, pronunciandosi sulla legittimita’ della direttiva sopra citata,
ha affermato che << la distinzione fra “poteri pubblici” e “impresa pubblica” (...)
deriva dalla considerazione che lo Stato puo’ agire vuoi esercitando i pubbici
poteri, vuoi svolgendo attivita’ di natura industriale o commerciale” e che per
potere applicare questa distinzione <<occorre accertare di volta in volta quale sia
l’attivita’ svolta dallo Stato e determinare a quale categoria essa appartenga>>87.
Ancora una volta, dunque, sia la Commissione che la Corte utilizzano un concetto
funzionale di Stato88 per stabilire quale disciplina applicare all’attivita’ svolta dalla
pubblica amministrazione, e cioe’ per determinare se essa sia da considerare
85
Cfr. sentenza 16 Giugno 1987, in causa 118/85, “Commissione c/ Italia” in Raccolta 1987,
p.2599.
86
Sesto considerando della direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 Giugno 1980, in
GUCE del 29 Luglio 1980, L 195, modificata da ultimo dalla direttiva 2000/52/CE (GU L 193
del 29.7.2000, pag. 75).
87
Sentenza 16 Giugno 1987, cit.
88
Si veda quanto detto supra, nel paragrafo relativo alla nozione di Stato; v. anche HANCHER,
The concept of the State in European Law, in Journal of Energy and Natural Resources Law,
1991, MORENO MOLINA A., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in
Riv.it.dir.pubbl.com., 1998, p.577.
attivita’ d’impresa, da assoggettare alle norme sulla concorrenza, ovvero
un’attivita’ volta esclusivamente al perseguimento di finalita’ pubbliche, avente
caratteri completamente diversi rispetto ad un’attivita’ imprenditoriale di tipo
privato e non suscettibile di porsi in posizione concorrenziale rispetto agli altri
soggetti che operano sul mercato.
Per distinguere tra le due ipotesi, infatti, la Corte non fa riferimento alla forma
giuridica assunta dall’ente che esercita l’attivita’ economica - se esso abbia
personalita’ giuridica distinta da quella dello Stato ovvero faccia parte
dell’organizzazione statale- che resta irrilevante a tal fine, ma al tipo di attivita’
svolta e alle modalita’ d’intervento operato sul mercato. Nella sentenza “Monopoli
di Stato”, la Corte di Giustizia rileva che <<l’esistenza di una personalita’ giuridica
distinta da quella dello Stato, attribuita dal diritto nazionale, e’ irrilevante quando
si tratta di stabilire se un organo che svolge attivita’ economiche di natura
industriale o commerciale possa essere considerato un’impresa pubblica>> e che
l’uniforme applicazione del Trattato sarebbe compromessa se <<la sua
applicazione dipendesse dal fatto che gli organi dello Stato possiedano una
personalita’ giuridica distinta da quella dello Stato stesso>>89.
Tale criterio funzionale e’ destinato probabilmente a prevalere anche
nell’ordinamento interno, nel quale e’ ancora vivace il dibattito sulla natura
giuridica degli enti tramite cui lo Stato esercita un’attivita’ economica (in
particolare delle societa’ per azioni derivanti dalla privatizzazione c.d. formale di
enti pubblici economici) e sulla disciplina alla quale essi devono essere sottoposti.
In questa sede interessa rilevare che l’orientamento comunitario e’ quello di
uniformare le discipline d’impresa, prescindendo dalla natura pubblica o privata
dell’ente che esercita l’attivita’ e assoggettando alla medesima normativa qualsiasi
soggetto che operi nel mercato90.
L’esercizio statale di un’attivita’ economica e’ stato disciplinato sia dal Trattato sia
da interventi di normazione secondaria ad opera delle istituzioni comunitarie, volti
proprio ad evitare che tale esercizio possa pregiudicare il mercato concorrenziale.
Il primo articolo cui bisogna fare riferimento e’ l’art. 295 (ex art. 222) TUE, il
quale recita : <<il presente Trattato lascia del tutto impregiudicato il regime di
proprieta’ esistente negli Stati membri>>. Cio’ vuol dire che la Comunita’ e’
voluta rimanere neutrale rispetto all’assetto economico scelto dagli Stati membri,
89
Sentenza 16 Giugno 1987, cit.
DI PLINIO G., Diritto pubblico dell’economia, Giuffre’, 1998, p.584, osserva che “la
circostanza che un soggetto pubblico sia azionista di una societa’ non puo’ giustificare qualsiasi
eccezione di disciplina, ma solo quella che sia razionalmente coerente con la natura pubblica del
titolare del pacchetto azionario” poiche’ la societa’ in mano pubblica “viene a costituire una
forma di iniziativa economica privata di pubblici poteri , come tale integralmente soggetta alla
normazione costituzionale e ordinaria attinente all’impresa in genere e alle societa’ per azioni in
specie, anche per effetto del principio di eguaglianza formale di cui all’art.3, primo comma,
Cost., letto alla luce del Trattato della Comunita’ europea”.
90
che restano liberi di mantenere un’economia mista91. D’altra parte difficilmente
avrebbe potuto essere adottata una soluzione diversa, ipotizzando l’armonizzazione
dei regimi proprietari degli Stati in seguito alla loro adesione alla Comunita’92.
Dunque, il principio contenuto nell’articolo 295 e’ quello di non discriminazione
fra proprieta’ privata o pubblica delle imprese93. Tale principio comporta
innanzitutto, come si e’ detto, la liberta’ per gli Stati di intervenire come soggetti
attivi dell’economia e implica anche che essi debbano partecipare ai processi
economici alla stregua di tutti gli altri soggetti, ponendosi con questi ultimi in
condizioni di assoluta parita’. E’ per questo che il complemento necessario
dell’articolo 295 TUE e’ costituito dalle norme del Trattato relative alla
concorrenza, le quali non si pongono come disciplina derogatoria del principio di
non discriminazione94 ma piuttosto come norme complementari che servono ad
attuare compiutamente tale principio contribuendo a precisarne l’esatta portata
nella prospettiva comunitaria95. Non va dimenticato, infatti, che l’obiettivo
primario della Comunita’ e’ l’instaurazione di un mercato comune, all’interno del
quale tutti gli attori economici, pubblici e privati, operino sullo stesso piano in un
regime di libera concorrenza. La coesistenza delle imprese pubbliche e private e’
cioe’ subordinata al rispetto del sistema che si vuole instaurare con il Trattato ed e’
garantita nella misura in cui non contrasti con tale sistema96.
Il principio di non discriminazione ha, quindi, una doppia valenza: consentire
l’intervento pubblico in economia e, al contempo, tutelare gli imprenditori privati
91
L’importanza del ruolo svolto dalle imprese pubbliche e’ stata anzi affermata dalla stessa
Commissione che ha
riconosciuto come tali imprese possano costituire strumenti
particolarmente validi per il raggiungimento di obiettivi di politica economica e sociale, cfr. la
sesta Relazione sulla politica di concorrenza.
92
V. la Ventunesima relazione sulla politica di concorrenza della Commissione, riferita al 1991;
in tal senso anche la comunicazione della Commissione in GUCE del 18/10/1991, C 273. In
dottrina CAMMELI M., Le imprese pubbliche in Europa: caratteri e problemi, in
Riv.dir.pubbl.com., 1993, p.1161. MOTZO G., Commento all’articolo 222, in Commentario
CEE, Giuffre’, 1965.
93
V. EHLERMANN C..D., Imprese pubbliche e controllo degli aiuti di Stato, in
Riv.it.dir.pubbl.com., 1993.
94
Cosi’ DE VERGOTTINI, Sistema delle partecipazioni statali e obblighi comunitari, in
Riv.dir.eur., 1990, p.477.
95
Cfr. EHLERMANN C..D., Imprese pubbliche, cit., p.417, secondo cui “l’osservanza di dette
norme costituisce il complemento indispensabile al patto fondamentale di neutralita’ sancito
dall’articolo 222 riguardo al regime della proprieta’”.
96
V. AMORELLI G., Le privatizzazioni nella prospettiva del Trattato istitutivo della Comnita’
economica europea, CEDAM, 1992, che sottolinea che <<gli Stati possono organizzare in
maniera prettamente discrezionale i diritti inerenti alla proprieta’ imprenditoriale purche’ non
violino le norme che disegnano il modello “strutturale” di mercato sotteso al raggiungimento
degli obiettivi primari del Trattato>>; CIRENEI M.T., Disciplina comunitaria degli aiuti alle
imprese e privatizzazioni, in Diritto del commercio internazionale, 1994, p. 318, osserva che
“nell’ordinamento comunitario il problema dei limiti all’iniziativa economica pubblica si
prospetta essenzialmente come problema di tutela della concorrenza in quanto situazione
oggettiva di mercato”.
dalla possibilita’ di ingerenza nel mercato da parte dello Stato al di la’ di cio’ che
sarebbe consentito ad un investitore privato97.
A conferma di quanto detto si osservi il dettato dell’articolo 86 (ex art. 90) TUE,
ai sensi del quale: << Gli Stati membri non emanano ne’ mantengono, nei
confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o
esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente Trattato, specialmente a
quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi>>. Il richiamo alle norme
sulla concorrenza e’ dunque esplicito e non ammette deroghe, se non quelle
previste dal Trattato per alcune ipotesi particolari da esso stesso disciplinate98.
97
La direttiva sulla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati e le imprese pubbliche,
cit., fa espresso richiamo al criterio del comportamento adottato da un comune investitore privato
al fine di valutare se l’azione dello Stato sia legittima alla luce delle norme sulla concorrenza
contenute nel Trattato.
98
Per esempio quella contenuta nel par. 2 dell’articolo 86, relativa alle imprese incaricate della
gestione di servizi d’interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale le quali
sono soggette alle norme sulla concorrenza contenute nel Trattato “nei limiti in cui
l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica
missione loro affidata”. Anche in questo caso pero’ la deroga e’ valida se non compromette gli
obiettivi del Trattato, infatti l’art. 86 aggiunge che “lo sviluppo degli scambi non deve essere
compromesso in misura contraria agli interessi della Comunita’”.
Nella sentenza Altmark Trans GmbH, del 24 luglio 2003, in causa C-280/00, la Corte di
giustizia delle Comunità europee ha precisato che le compensazioni degli obblighi di servizio
pubblico non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE se sono
rispettate le seguenti quattro condizioni: <<In primo luogo, l'impresa beneficiaria deve
essere effettivamente incaricata dell'assolvimento di obblighi di servizio pubblico e detti
obblighi devono essere definiti in modo chiaro. In secondo luogo, i parametri sulla base dei
quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e
trasparente, al fine di evitare che essa comporti un vantaggio economico atto a favorire
l'impresa beneficiaria rispetto a imprese concorrenti. Inoltre, la compensazione da parte
di uno Stato membro delle perdite subite da un'impresa, senza che siano stati
previamente stabiliti i parametri di detta compensazione, quando in un secondo tempo risulti che
l'esercizio di alcuni servizi nell'ambito dell'adempimento di obblighi di servizio pubblico
non è stato economicamente redditizio, costituisce un intervento finanziario che rientra nella
nozione di aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87, n. 1, del Trattato. In terzo luogo, la
compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi
originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto degli introiti
relativi agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole per l'adempimento di tali
obblighi. In quarto luogo, quando la scelta dell'impresa da incaricare dell'esecuzione di
obblighi di servizio pubblico, in un caso specifico, non venga effettuata nell'ambito di una
procedura di appalto pubblico che consenta di selezionare il candidato in grado di
fornire tali servizi al costo minore per la collettività, il livello della necessaria
compensazione deve essere determinato sulla base di un'analisi dei costi in cui un'impresa
media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi di trasporto al fine di poter
soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, sarebbe incorsa per adempiere tali
obblighi, tenendo conto degli introiti ad essi attinenti nonché di un margine di utile
ragionevole per l'adempimento di detti obblighi>>. Qualora queste quattro condizioni siano
soddisfatte le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato e
le disposizioni degli articoli 87 e 88 del trattato non sono applicabili. La disciplina dei servizi
Cio’ vuol dire che “no company, just as no individual, is above the law”99 , la
norma si rivolge sia alle imprese pubbiche, che sono tenute ad agire nel rispetto del
gioco della libera concorrenza, sia agli Stati, che non devono avvantaggiare le
imprese con cui hanno particolari relazioni in alcun modo, rafforzando la loro
posizione attraverso privilegi o tramite l’erogazione di aiuti100.
La relazione fra l’articolo 86 e gli articoli da 87 a 89 TUE sugli aiuti e’, a questo
punto, chiara: lo Stato puo’ ben perseguire obiettivi particolari attraverso le
imprese pubbliche, diversi dal mero raggiungimento di un profitto, per esempio il
sostegno allo sviluppo o all’occupazione101, e tuttavia gli eventuali costi aggiuntivi
che il perseguimento di tali obiettivi puo’ comportare non giustifica l’attribuzione
di aiuti alle imprese in questione e non esime lo Stato dal rispetto delle relative
norme. Come precisato dalla Commissione, il Trattato permette di considerare tali
aspetti “quando trovino giustificazione nell’interesse della Comunita’” e tuttavia
“salvo il caso di applicabilita’ delle deroghe previste dal Trattato, l’assegazione di
detti obiettivi non commerciali non esonera le imprese pubbliche dall’osservanza
delle regole di concorrenza”102.
di interesse pubblico generale è in corso di revisione da parte della Commissione che ha avviato
al riguardo la procedura di consultazione preventiva degli Stati membri.
99
SIR LEON BRITTAN, European competition policy.Keeping the playing-field level, London,
1992.
100
Cfr. FRIGNANI A. e WAELBROECK M., Disciplina della concorrenza nella CEE, Utet,
1996, i quali osservano che la portata dell’articolo 90 va ben oltre la mera conferma del fatto che
le imprese pubbliche sono soggette alle norme sulla concorrenza, poiche’ essa “coinvolge altresi’
gli Stati membri facendo loro divieto di contravvenire alle regole del Trattato con le norme che
essi applicano a queste imprese”.
101
La Commissione, nella comunicazione C 273, cit., osserva che in alcuni Stati membri le
imprese pubbliche possono essere utilizzate “quali locomotive per l’economia in contesti antirecesssione, per la ristrutturazione di industrie in difficolta’ o per lo sviluppo regionale” e che
tali obiettivi non commerciali hanno un costo che deve essere, alla fine, coperto dallo Stato.
La diversa situazione in cui possono trovarsi le imprese pubbliche rispetto a quelle private e’
stata presa in esame anche dalla Corte di giustizia, che ha riconosciuto che <<le imprese private
decidono, nei limiti fissati dalla legge cui sono soggette, la loro strategia industriale e
commerciale in considerazione, soprattutto, delle esigenze di profitto. Le decisioni delle imprese
pubbliche, invece, possono scontrarsi con fattori di diversa natura, nell’ambito del
perseguimento, da parte delle pubbliche autorita’ che possono influire su dette decisioni, di scopi
d’interesse generale.>> ( sent. 6 Luglio 1982, in cause riunite 188-190/80, “Repubblica francese,
Repubblica italiana e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord c/ Commissione delle
Comunita’ europee”, in Raccolta, 1982, 7, p.2545). Tuttavia cio’ non giustifica, agli occhi della
Corte, la sottoposizione di dette imprese ad un regime speciale e l’attribuzione ad esse di
particolari vantaggi, tant’e’ che e’ stata giudicata legittima la direttiva sulla trasparenza delle
relazioni fra le imprese pubbliche e lo Stato, volta ad individuare con chiarezza di che natura
siano tali rapporti e se essi comportino qualche forma di agevolazione, anche indiretta, per le
imprese statali.
102
Comunicazione C 273, cit.
Le imprese pubbliche, insomma, non godono di una disciplina speciale, che
deroghi a quella cui sono soggette le altre imprese, ma sono sottoposte alla
disciplina generale103.
In particolare, la Commissione ha precisato che gli aiuti concessi a dette imprese
devono essere trattati “alla stessa stregua di quelli alle imprese private” e vanno
dunque notificati affinche’ essa esamini se rientrino nel disposto dell’articolo 87
ed, eventualmente, siano compatibili con il mercato comune104.
103
Vedi MORENO MOLINA A., Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione,
cit. ORLANDI M., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, rileva che l’articolo
90, par.1, e’ anche suscettibile di un’autonoma utilizzazione in tema di aiuti, potendo esso
servire nelle ipotesi in cui l’articolo 92 non e’ applicabile. Cio’, per esempio, puo’ avvenire a
fronte di interventi dello Stato nel mercato che comportano una discriminazione a danno delle
imprese private e favoriscono quelle pubbliche senza l’attribuzione a queste ultime di denaro
pubblico o altre forme di finanziamento, mancando, quindi, l’utilizzazione di “risorse statali”
necessaria per l’applicazione dell’articolo 92. In particolare l’autore cita la Decisione del
24/4/1985 della Commissione, n.85/276/CEE, con cui venne sanzionata l’incompatibilita’ con il
mercato comune di alcune norme di una legge greca che obbligavano ad assicurare presso
compagnie statali tutti i beni dello Stato, e sollecitavano le banche pubbliche e i contraenti di
mutui ad assicurarsi presso una compagnia pubblica.
104
Comunicazione della Commissione agli Stati membri <<Applicazione degli articoli 92 e 93
del Trattato CE e dell’articolo 5 della Direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese
pubbliche dell’industria manifatturiera>>, in GUCE n. C 273 del 18/10/1991.
4. L’oggetto dell’aiuto.
Il secondo elemento essenziale per la qualificazione di una fattispecie come aiuto
ai sensi dell’articolo 87 del Trattato e’ costituito dall’oggetto o contenuto.
L’oggetto tipico dell’aiuto consiste in un vantaggio o un beneficio di carattere
economico attribuito all’impresa. Alcuni pongono l’accento sul carattere
finanziario del beneficio, altri preferiscono usare il termine vantaggio per indicare
il fatto che si tratta di un beneficio di qualsiasi natura, diretto o indiretto, erogato
dallo Stato.
La Corte di Giustizia sembra usare indifferentemente i due termini, lo scopo
dell’articolo 87 TUE e’ infatti quello di evitare che gli scambi fra gli Stati membri
siano pregiudicati da “vantaggi concessi dalle pubbliche autorità”105 sotto qualsiasi
forma.
Caratteristica dell’aiuto e’ dunque il fatto di porre l’impresa in una condizione
migliore rispetto a quella in cui si trovava perche’ le si attribuisce qualcosa che per
essa ha un valore oggettivo.106
I benefici che lo Stato puo’ erogare alle imprese possono essere di svariati tipi: si
va dalle sovvenzioni dirette, cioe’ dai contributi in danaro erogati a fondo perduto,
all’attivita’ di prestazione di garanzia, ai prestiti, fino a forme indirette di
attribuzione di benefici, tramite, per esempio, la rinuncia al rendimento del capitale
investito in un’impresa107.
Come si e’ gia’ avuto modo di precisare, proprio l’ampia varieta’ di misure di cui
le pubbliche autorita’ possono servirsi per conferire aiuti alle imprese e il fatto che
tali misure non siano tipizzabili a priori hanno reso inopportuna la formulazione di
un’unica definizione di aiuto e indotto le istituzioni comunitarie a qualificare,
105
Sentenza 24 Febbraio 1987, in causa 310/85, “Deufil c/ Commissione”, in Raccolta p.901.
Cfr. FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della Concorrenza nella CEE, Utet, 1996,
sottolineano che l’impresa a seguito dell’aiuto riceve un vantaggio/beneficio; DONY BARTHOLME, La notion d’aide d’Etat, in Cahiers de driot europeen, 3-4, 1993, p.399.
107
Cfr. la risposta della Commissione all’interrogazione parlamentare dell’on.Burgbacher, in
GUCE n.125/C del 17 Agosto 1963, e la risposta all’interrogazione dell’on.Welsh, in GUCE
n.221/C del 25 Agosto 1982, in cui la Commissione procede ad un’elencazione delle misure che
possono essere considerate aiuti, fra cui: le sovvenzioni non rimborsabili, le esenzioni da tasse
parafiscali, le garanzie di prestiti a condizioni particolarmente favorevoli, le dilazioni per il
pagamento di prestazioni di sicurezza sociale, le cessioni di edifici o di terreni a titolo gratuito o
a condizioni particolarmente favorevoli, le forniture di beni o servizi a condizioni preferenziali,
le coperture di perdite, ecc. Cfr. anche le diverse Relazioni sulla politica di concorrenza, fra cui
la Seconda, riferita al 1972, punto 120; la Settima, riferita al 1977, punto 238; la Decima, riferita
al 1980, punto 221. Nessuna elencazione fornita dalla Commissione ha comunque la pretesa di
assumere carattere esaustivo.
106
pragmaticamente, le singole fattispecie da fare rientrare nell’applicazione degli
articoli 87 e seguenti del Trattato108.
Cio’ che rileva e’ il contenuto economico dell’aiuto a prescindere dalle modalita’
con cui puo’ essere erogato, come prescritto dall’articolo 87 TUE, il quale
stabilisce che sono incompatibili con il Trattato “gli aiuti concessi sotto qualsiasi
forma”. Come e’ stato piu’ volte affermato dalla Corte di Giustizia, quest’ultima
espressione serve proprio a chiarire che <<l’articolo 92, n.1, del Trattato non fa
alcuna distinzione fra i vari tipi di sovvenzioni>>109 e che <<indipendentemente
dalla forma sotto la quale vengono concessi gli aiuti (...) la Commissione deve
accertare se siffatti aiuti siano in contrasto con l’articolo 92, n.1, e valutare, in caso
affermativo, se essi non possano eventualmente essere esonerati dal divieto in
forza del n.3 dello stesso articolo, motivando in relazione a cio’ la propria
decisione>>110.
Dunque, costituiscono aiuti non soltanto le prestazioni positive, ma tutte le forme
di intervento pubblico volte ad alleviare gli oneri che gravano normalmente sul
bilancio di un’impresa111.
Mentre nel caso delle sovvenzioni dirette il vantaggio attribuito al destinatario e’
immediatamente individuabile, in altri casi, per esempio nelle forme indirette di
aiuto, puo’ non essere facile stabilire se si e’ in presenza di un beneficio, che
potrebbe essere mascherato dietro operazioni finanziarie apparentemente
“innocue”, ossia irrilevanti sotto il profilo dell’articolo 87 del Trattato.
L’erogazione di un prestito o l’acquisizione di partecipazioni statali al capitale di
un’impresa, per esempio, sono operazioni finanziarie in se’ lecite, a meno che non
siano fatte a condizioni tali da attribuire particolari vantaggi al destinatario. Le
modalita’ dell’operazione, le circostanze in cui essa si svolge, assumono carattere
decisivo, in tal caso, al fine della qualificazione della fattispecie.
Il parametro di riferimento per stabilire se l’impresa destinataria dell’intervento
abbia ricevuto o meno un aiuto e’ dato dal mercato: ogni vantaggio percepito al di
fuori di cio’ che il mercato avrebbe normalmente garantito costituisce un aiuto.
Cosi’, per tornare agli esempi sopra citati, se i tassi di interesse cui e’ erogato il
108
DE VERGOTTINI, Sistema delle partecipazioni statali e obblighi comunitari, in
Riv.dir.eur.,1990, p.478, sottolinea che il Trattato non si e’ preoccupato di definire meglio la
nozione di aiuto per il semplice fatto che “l’obiettivo della normativa e’ dato dalla tutela della
concorrenza negli scambi intracomunitari, per cui sono considerati implicitamente controllabili e
sanzionabili tutte le misure, a prescindere dalla loro forma o definizione giuridica, atte a
pregiudicare tale obiettivo”.
109
Corte di Giustizia CE, sentenza 14 Ottobre 1987, in causa 248/84, “Germania c/
Commissione, in Raccolta p.4013.
110
Corte di Giustizia CE, sentenza 14 Novembre 1984, in causa 323/82, “Intermills
c/Commissione”, in Raccolta p.3809.
111
Cfr. ancora la Corte di Giustizia CEE, sentenza 23 Febbraio 1961, in causa 30/59, “De
Gezamenlijke Steenkolenmijnen”, in Raccolta, VII, 1961, p.3. LEANZA U., Commento
all’articolo 92, in Commentario CEE 1965, afferma che l’aiuto comprende “tutte le forme in cui
puo’ esplicarsi l’intervento dello stato per sussidiare e stimolare in tutte le sue fasi sia la
produzione che la distribuzione dei beni”.
prestito sono decisamente piu’ bassi di quelli praticati dal mercato, o se
l’assunzione delle partecipazioni avviene in un momento in cui l’impresa e’ in
difficolta’ tali da non rendere possibile il reperimento di capitali altrimenti, allora
si e’ sicuramente in presenza di un aiuto.
Il mercato, dunque, costituisce sempre il parametro cui rapportare l’intervento
pubblico per determinarne la rilevanza ai fini dell’articolo 87 del Trattato112, d’altra
parte l’adozione di tale criterio e’ coerente ai principi che informano il diritto
comunitario e alla ratio delle norme sulla concorrenza, in particolare di quelle sugli
aiuti di Stato.
L’aiuto deve consistere quindi in una “agevolazione discriminatoria”113 che
pregiudichi la parita’ di trattamento fra le imprese che operano sul mercato
comune, alterando in tal modo il normale assetto concorrenziale. Ecco perche’, se
la forma dell’aiuto e’ irrilevante, le modalita’ invece assumono carattere decisivo:
la durata del periodo in cui e’ corrisposto il beneficio, la sua intensita’, le finalita’
per le quali e’ concesso (per esempio la ristrutturazione di un settore produttivo),
sono tutte circostanze determinanti per la valutazione dell’ammissibilita’ dell’aiuto
e della possibilita’ che esso fruisca di una delle deroghe di cui all’articolo 87,
paragrafo 3, del Trattato114.
112
Cfr. FARR S., State aids, in FREEMAN P. - WISH R. (eds), Butterworths Competition Law,
vol. 2, London, 1992; QUIGLEY, The notion of State Aid in the EEC, in European Law Review,
1988; cfr, anche le conclusioni dell’Avvocato Generale Slynn alla sentenza “Germania c/
Commissione, in causa 84/82, in Raccolta 1984, p.1501.
La Commissione ha utilizzato il criterio del mercato sin dalle prime Relazioni sulla politica di
concorrenza, cfr. la Seconda relazione riferita al 1972, punti 122-125, e la Terza relazione,
riferita al 1973, punti 118-119.
Il Consiglio ha adottato tale criterio nel codice degli aiuti alle costruzioni navali del 1981,
Direttiva 81/363/CEE, 28 Aprile 1981, in GUCE 23 Maggio 1981, n. L 137, p.39; nel codice
degli aiuti all’industria siderurgica (Decisione della Commissione n.322/89/CECA del 1/2/1989,
in GU n. L 38 del 10 Febbraio 1989). Il medesimo criterio informa la Decisione della
Commissione 2320/81/CECA del 13 Agosto 1981, in GUCE n. L 228, del 7 Agosto 1981,
approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata; cfr. anche la Direttiva del Consiglio
90/684/CEE del 21/12/1990, in GU n. L 380 del 31/12/1990. Anche la Corte di Giustizia ha piu’
volte confermato il criterio esaminato.
113
DE VERGOTTINI, Sistema delle partecipazioni statali, cit.
114
In alcuni casi, addirittura, la modalita’ dell’aiuto e’ influente al punto da determinare
l’incompatibilita’ dell’aiuto ex se, a prescindere da ogni altra considerazione; cosi’, gli aiuti
istituiti sotto forma di discriminazione fiscale, da parte di uno Stato membro, nei confronti dei
prodotti originari di altri Stati non possono essere autorizzati in nessun caso. Nella sentenza 25
Giugno 1970, in causa 47/69, “Imposta parafiscale applicata ai prodotti tessili in Francia”, in
Raccolta 1970, p.487, la Corte ha affermato che<<un aiuto propriamente detto (...) puo’ essere
considerato lecito purche’ il suo effetto perturbatore non sia aggravato da un sistema di
finanziamento che renda il tutto incompatibile con il mercato unico e col comune interesse>> e
che <<la Commissione deve considerare tutti gli aspetti diretti e indiretti delle misure di cui
trattasi, cioe’ non solo l’aiuto propriamente detto alle attivita’ nazionali destinatarie, ma anche
l’aiuto indiretto che puo’ derivare dal sistema di finanziamento e dallo stretto nesso tra il volume
del primo e il rendimento del secondo.>> sicche’ la Corte conclude che <<la valutazione di un
aiuto non puo’ quindi essere separata dalla valutazione degli effetti del suo finanziamento>>.
Nella consapevolezza che nessuna elencazione puo’ avere carattere esaustivo, si
sono distinte quattro categorie di aiuti, a seconda dell’attivita’ svolta dallo Stato
nel porre in essere i diversi tipi di intervento.
Le categorie sono state cosi’ individuate:
- aiuti sotto forma di erogazioni dirette;
- aiuti negativi” o indiretti;
- aiuti tramite prestazione di garanzia;
- aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale.
All’interno di ciascuna categoria sono contenute diverse fattispecie, si procedera’
quindi all’esame di quelle principali, illustrando alcuni casi che sono stati portati
all’attenzione della Commissione e della Corte di Giustizia, per rendere chiari i
meccanismi di cui gli Stati generalmente si servono per l’erogazione di aiuti alle
imprese.
4.1 Aiuti sotto forma di erogazioni dirette.
La prima categoria e’ costituita da tutti quegli aiuti consistenti nell’attribuzione di
un contributo in danaro diretto, sotto forma di sovvenzione vera e propria - e cioe’
di contributo a fondo perduto o di apporto di capitale – o tramite la concessione di
un prestito a tasso agevolato ovvero in forma di ripianamento di passivita’
dell’impresa o di rimborso di alcuni costi di produzione.
a) Aiuti sotto forma di sovvenzioni.
L’individuazione di questo tipo di aiuti, generalmente, non presenta particolari
problemi, poiche’ l’erogazione di un contributo un danaro e’ la forma piu’
“trasparente” che l’intervento dello Stato puo’ assumere.
Va precisato che il carattere di aiuto, in questi casi, non viene meno neanche
qualora le sovvenzioni siano finanziate con somme provenienti, in tutto o in parte,
dalle stesse imprese private tramite contributi imposti dallo Stato. La Corte di
Giustizia, infatti, ha stabilito che un provvedimento della pubbica autorita’ che
favorisca determinate imprese o determinati prodotti <<non perde il suo carattere
di vantaggio gratuito per il fatto di venire in tutto o in parte finanziato da contributi
imposti dalla stessa autorita’ alle imprese considerate>>, poiche’ rilevano gli
Cfr. anche la sentenza 27 Maggio 1981, in cause riunite 142 e 143/80, “Amministrazione delle
finanze dello Stato c/ Essevi e Salengo, in Raccolta 1981, p.1413.
La Commissione ha fissato dei parametri in relazione ad alcuni tipi di aiuto, ponendo per
esempio dei massimali d’intensita’, che indicano la soglia al di sopra della quale un aiuto e’ da
considerarsi sicuramente inammissibile. Cfr. la Prima Relazione sulla politica di concorrenza,
punto 19, in cui la Commissione sottolinea che gli effetti degli aiuti dipendono dal loro volume e
da altre circostanze.
effetti che l’aiuto produce nei confronti delle imprese beneficiarie e <<non gia’ la
situazione degli enti che distribuiscono o gestiscono l’aiuto>>115.
b) Aiuti sotto forma di prestiti a tasso agevolato.
Riguardo ai prestiti a tasso agevolato, la Commissione ha stabilito una serie di
parametri che individuano quando la misura dell’agevolazione e’ tale da costituire
un aiuto116.
Il punto di riferimento e’ costituito, come sempre, dal mercato e in particolare dal
rischio che un investitore privato normalmente assume nel momento in cui decide
di concedere un prestito. Secondo la Commissione il rischio inerente ad un prestito
trova riflesso in due parametri: il tasso d’interesse applicato; le garanzie richieste a
copertura del prestito. Per valutare se la concessione del prestito da parte delle
autorita’ pubbliche ad un’impresa sia, in realta’, un aiuto mascherato bisognera’
dunque fare riferimento ai suddetti criteri. In particolare, se il finanziatore decide
di concedere il prestito a condizioni che nella normale prassi bancaria non
sarebbero normalmente praticate, allora l’operazione conterra’ un elemento d’aiuto
che va quantificato in rapporto alla differenza fra il tasso d’interesse che l’impresa
dovrebbe pagare e quello effettivamente pagato. Inoltre, nel caso in cui il prestito
sia erogato senza garanzie, ad una societa’ che in circostanze normali non sarebbe
in grado di ottenere alcun credito, esso equivarra’ di fatto ad una vera e propria
sovvenzione117.
c) Aiuti mediante ripianamento di debiti.
Un’altra forma diretta di erogazione di aiuti e’ quella del ripianamento delle
passivita’ di un’impresa, in questo caso il vantaggio attribuito al destinatario e’
infatti evidente e di immediata individuazione. Tuttavia possono darsi delle ipotesi
in cui il ripianamento dei debiti di una societa’ non vada, apparentemente, a
115
Sentenza “Steineke und Weinlig”, 22 Marzo 1977, in causa 78/76, in Raccolta 1978, p.557.
Nella specie si trattava di un contributo di 20000 DM imposto ad alcune aziende tedesche
operanti nei settori dell’agricoltura, silvicoltura e dell’industria alimentare, confluente in un
Fondo Centrale della repubblica Federale Tedesca istituito al fine di incrementare l’agricoltura,
la silvicoltura e l’industria alimentare. Cfr. PERICU, G., Le sovvenzioni come strumento di
azione amministrativa, Milano, 1967.
116
Cfr. la Comunicazione agli stati membri 93/C 307/03, in GUCE . L 254 del 12 Ottobre 1993,
“Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CE e dell’articolo 5 della Direttiva della
Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera”.
117
Cosi’ la Commissione nella Comunicazione 93/C 307/03 citata. Le considerazioni svolte si
riferiscono sia all’ipotesi in cui il prestito sia stato concesso direttamente dalle autorita’
pubbliche, sia a quella in cui sia stato erogato da enti o istituti di credito obbligati a farlo perche’
direttamente o indirettamente controllati dallo Stato. Cfr. quanto detto nel paragrafo sulla
nozione di Stato e di aiuto “erogato tramite risorse statali”.
beneficio della stessa. Nel caso “EFIM” lo Stato italiano procedette al pagamento
dei debiti dellla societa’ EFIM e delle sue filiali poste in liquidazione. Alle
obiezioni mosse dalla Commissione, che sosteneva che il pagamento dei debiti
configurava un aiuto, il governo italiano replico’ che, dato che le societa’ in
questione erano state poste in liquidazione, esse non avrebbero potuto beneficiare
del pagamento che sarebbe andato, invece, a vantaggio esclusivo dei creditori. La
Commissione tuttavia rilevo’ che, di fatto, erano state poste in liquidazione solo
quattro societa’ finanziarie del gruppo, mentre tutte le altre continuavano ad
operare: il ripianamento dei debiti, dunque, ben poteva essere considerato un aiuto
dato che aveva per effetto <<l’eliminazione dei debiti corrispondenti all’interno del
gruppo e la conseguente continuazione dell’attivita’ da parte delle societa’
operative>>118.
4.2 Gli aiuti “negativi” o indiretti.
Come aiuti “negativi” si sono definite tutte quelle forme di aiuti ottenute tramite
rinuncia, da parte delle autorita’ pubbliche, alla percezione di somme dovute dalle
imprese. Cio’ puo’ avvenire tramite la mancata riscossione di tasse, contributi,
oneri sociali, proventi fiscali in genere, o attraverso la mancata remunerazione del
capitale precedentemente investito dallo Stato, in seguito a rinuncia ai dividendi
spettantigli come azionista di una societa’ o ad abbuono di interessi dovutigli per
un prestito erogato all’impresa.
Gli aiuti indiretti, in particolare, si realizzano tramite l’attribuzione di un vantaggio
senza l’erogazione di una somma di denaro al beneficiario, ma attraverso altri
meccanismi, quali per esempio la cessione di beni (come terreni o fabbricati) a
prezzi particolarmente favorevoli all’acquirente.
a) Aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali.
Nella causa 290/83, “Sovvenzioni agli agricoltori disagiati”, e’ stato portato
all’attenzione della Corte un sussidio di solidarieta’ corrisposto ad alcuni
agricoltori francesi che si trovavano in condizioni economiche disagiate, attribuito
sotto forma di una sovvezione a forfait a tutti gli imprenditori aventi un fatturato
inferiore ad una certa misura, finanziato con le eccedenze di gestione della Cassa
Nazionale del Credito Agricolo. L’aiuto venne considerato tale anche se non
erogato direttamente dallo Stato ma tramite fondi risultanti dal prodotto finanziario
di una gestione bancaria di risparmio di origine privata cui, a detta dello Stato, non
avevano in alcun modo concorso i fondi pubblici.
118
Comunicazione della Commissione ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 2, del Trattato CE e
indirizzata agli altri Stati membri e ai terzi interessati in merito ad aiuti concessi dall’Italia a
favore di EFIM, 93/C 349/02.
L’avvocato Generale Mancini rilevo’ che le eccedenze di gestione con cui erano
stati finanziati gli aiuti si erano formate nel corso di alcuni anni in cui la Cassa
Nazionale del Credito Agricolo aveva beneficiato di agevolazioni fiscali (in
particolare non era stata assoggettata all’imposta sulla societa’): le eccedenze,
dunque, erano state realizzate <<au cours des exercices non fiscalises ou fiscalises
partiellement>>119
Nella sentenza “Assegni familiari per i lavoratori dell’industria tessile”, la Corte
esamino’ il caso di alcuni aiuti concessi sotto forma di sgravi fiscali mediante
l’assunzione, da parte dello Stato italiano, di una parte degli oneri sociali che
gravavano sui datori di lavoro nel settore dell’industria tessile. La Corte dichiaro’
tali aiuti incompatibili con il mercato comune poiche’ avevano l’effetto di ridurre il
costo della manodopera alterando la concorrenza fra le industrie tessili italiane e le
imprese dello stesso settore degli altri Stati membri120.
Sugli aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali la Commissione ha adottato una
Comunicazione, in considerazione della complessita’ della materia e della sua
importanza, divenuta maggiore in seguito alla realizzazione dell’Unione
economica e monetaria e ai conseguenti impegni di risanamento dei bilanci
nazionali assunti dagli Stati, <<tenuto conto delle notevoli ripercussioni che
possono avere determinati aiuti fiscali per il gettito degli altri Stati membri>>121.
Dopo avere ribadito che il principio di incompatibilita’ di cui all’articolo 87 del
Trattato, con le relative deroghe, si applica agli aiuti sotto qualsiasi forma
<<comprese determinate misure fiscali>>, nella comunicazione indicata la
Commissione procede all’elenco delle modalita’ attraverso le quali possono essere
attribuiti vantaggi alle imprese tramite riduzione degli oneri fiscali.
Tali aiuti possono avere la forma di:
- una riduzione della base imponibile (deduzione derogatoria, ammortamento
straordinario o accelerato, iscrizione di riserve in bilancio, ecc.);
- una riduzione totale o parziale dell’ammontare dell’imposta (esenzione, credito
d’imposta, ecc.);
119
Sentenza 30 Gennaio 1985, causa 290/83, in Raccolta 1985, p. 442.
Sentenza “Assegni familiari per l’industria tessile”, 2 Luglio 1974, in causa 173/73, in
Raccolta 1974, p.709.
121
Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato
alle misure di tassazione diretta delle imprese, 98/C 384/03, in GUCE del 10/12/1998. La
comunicazione e’ nata a seguito del dibattito fra i vertici degli Stati membri sulla necessita’ di
adottare un’azione coordinata a livello comunitario per lottare contro la concorrenza fiscale
dannosa. In seguito a tale discussione il Consiglio dei Ministri dell’Economia e delle Finanze ha
manifestato l’accordo sull’adozione di una risoluzione su un codice di condotta in materia di
tassazione delle imprese, volto a migliorare la trasparenza nel settore fiscale. La Commissione a
sua volta si e’ impegnata ad elaborare gli orientamenti per l’applicazione degli articoli 92 e 93
del Trattato alle misure di tassazione diretta delle imprese, espressi nella Comunicazione in
esame.
120
- un differimento oppure un annullamento, o anche una rinegoziazione eccezionale
del debito fiscale.
Naturalmente, l’elencazione non puo’ essere considerata di carattere esaustivo,
rimanendo libere le istituzioni comunitarie di accertare altre forme di aiuti non
rientranti nelle categorie descritte. Tutte le agevolazioni esaminate sono da
considerarsi aiuti attribuiti tramite risorse statali (ovviamente anche nel caso in cui
siano concesse da enti regionali o locali) poiche’ una perdita di gettito fiscale <<e’
equivalente al consumo di risorse statali sotto forma di spesa fiscale>>122.
Il criterio utilizzato dalla Commissione per valutare se una data misura configuri
un aiuto consiste dunque nel fatto che essa instauri a favore di determinate imprese
un’eccezione all’applicazione del sistema tributario. A meno che tale eccezione
non discenda dai principi informatori e non sia giustificata dalla natura del sistema
stesso, si potra’ dire di trovarsi in presenza di un aiuto123.
b) Aiuti mediante abbuono di interessi.
Questa forma di aiuto si realizza quando lo Stato o altro ente pubblico assumono su
di se’ parte degli interessi che un’impresa deve restituire in seguito ad un prestito,
ovvero quando l’autorita’ pubblica rinunci a riscuotere gli interessi ad essa dovuti
in seguito ad un credito erogato ad una societa’.
Cosi’, nella causa 57/86, “Grecia c/ Commissione”, la Corte di Giustizia sanci’
l’incompatibilita’ con il Trattato di un aiuto concesso tramite abbuono degli
interessi sui crediti all’esportazione poiche’ questo aveva l’effetto <<di attribuire
alle imprese esportatrici un vantaggio economico mediante riduzione delle spese
sostenute in occasione delle vendite sui mercati degli altri Stati membri>>. L’aiuto
dunque incideva sugli scambi e falsava la concorrenza fra le imprese.
c) Aiuti tramite rinuncia alla remunerazione del capitale investito.
Come sottolineato dalla Commissione in una Comunicazione del 1993124, lo Stato,
al pari di ogni altro investitore in economia di mercato, dovrebbe attendersi dai
propri investimenti un rendimento normale, sotto forma di dividendi o di
incremento del capitale. Vi sono casi in cui, pero’, tale rendimento viene meno
perche’ lo Stato rinuncia a percepire i dividendi da una sua impresa o perche’ il
capitale in essa investito ha un saggio di rendimento insufficiente. In tutti questi
casi si configura un aiuto.
122
Cosi’ la Commissione nella Comunicazione citata. In dottrina v. ROCCATAGLIATA F. e
MEDICI S., Normativa comunitaria in materia di aiuti concessi dallo Stato alle imprese sotto
forma di agevolazioni fiscali, in Riv.it.dir.pubbl.com., 3-4, 1998, p.619.
123
Cfr. quanto osservato prima a proposito della selettività.
124
Comunicazione 93/C 307/03 citata.
In presenza di un rendimento insufficiente, infatti, un’impresa privata prenderebbe
gli opportuni provvedimenti per ristabilire la situazione, attraverso un piano
dettagliato per migliorare la redditivita’. Qualora invece il rendimento normale di
un’impresa pubblica venga a mancare per lungo tempo, oltre il breve periodo, e
l’impresa non prenda alcun provvedimento al riguardo, allora si puo’ presumere
che essa benefici indirettamente di un aiuto, dato che lo Stato rinuncia al profitto
che un investitore in economia di mercato si attenderebbe da un investimento
analogo.
Lo stesso puo’ dirsi nel caso in cui lo Stato rinunci a percepire i dividendi da
un’impresa pubblica e gli utili cosi’ trattenuti non diano un tasso di rendimento
normale: in questo caso infatti l’impresa beneficiera’ di una sovvenzione indiretta,
ottenendo di fatto capitali a un tasso inferiore a quello di mercato.
d) Aiuti tramite cessione di beni di proprieta’ pubblica a condizioni particolarmente
favorevoli.
Sono stati portati all’attenzione della Commissione diversi casi di vendite di terreni
e fabbricati di proprieta’ pubblica che, in ragione delle condizioni alle quali sono
state effettuate, hanno configurato aiuti alle imprese.
Qualora, infatti, i suddetti beni vengano ceduti ad un prezzo particolarmente basso,
o comunque tramite procedure che non assicurino la partecipazione di tutti gli
interessati all’acquisto in condizione di parita’, la vendita puo’ configurare forme
di aiuti indiretti agli acquirenti, i quali si troveranno a beneficiare di vantaggi
derivanti dalle condizioni di favore a cui e’ stata effettuata la cessione dei beni.
La Commissione ha cosi’ emanato una serie di orientamenti volti ad individuare
eventuali aiuti concessi agli acquirenti, e ad indicare agli Stati le procedure da
seguire per trattare le vendite di terreni e fabbricati, in modo da escludere a priori
elementi di aiuto. Sono dunque elencate alcune fattispecie che vanno certamente
notificate per consentire di valutare se il negozio configura un aiuto (e la sua
eventuale compatibilita’ con le norme del Trattato). In linea di massima,
comunque, secondo l’istituzione comunitaria, la vendita praticata attraverso
un’offerta aperta e incondizionata sufficientemente pubblicizzata, aggiudicata al
migliore offerente, avviene per cio’ stesso al valore di mercato e pertanto non
contiene aiuti.125
125
Cfr. la Comunicazione della Commissione relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi
alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorita’, 97/C 209/03.
4.3 Aiuti tramite assunzione di garanzia.
L’assunzione della garanzia sui prestiti di un’impresa concessa dallo Stato,
direttamente o indirettamente, puo’ rappresentare un aiuto qualora non sia
effettuata alle stesse condizioni che un investitore privato operante sul mercato
sarebbe disposto ad assumere.
La Commissione ha adottato, nel 2000, un’apposita Comunicazione al riguardo, in
cui individua i criteri per stabilire quando la concessione di una garanzia da parte
dello Stato, o altro ente pubblico, configura un aiuto126.
Negli orientamenti viene innanzitutto precisato che le garanzie statali rientrano in
linea di massima pienamente nell'ambito d'applicazione dell'articolo 87 e che
l'aiuto deve considerarsi concesso nel momento in cui viene prestata la garanzia e
non quando la garanzia venga fatta valere o il garante provveda al pagamento. La
garanzia statale, infatti, consente al beneficiario d'ottenere per il prestito condizioni
migliori di quelle conseguibili in genere sui mercati finanziari, come la possibilità
d'ottenere tassi ridotti o di offrire coperture minori. A volte, addirittura, senza la
garanzia statale l’impresa non sarebbe in grado di trovare un istituto finanziario
disposto a concederle un prestito ad alcuna condizione. Le garanzie pubbliche
possono pertanto agevolare la creazione di nuove imprese e consentire alle imprese
esistenti di ottenere i fondi necessari per svolgere nuove attività o per proseguire
semplicemente quelle in corso, anziché essere eliminate o ristrutturate. Questo tipo
d'aiuto provoca facilmente delle distorsioni della concorrenza.
Non tutte le concessioni di garanzia però costituiscono un aiuto, per esempio nel
caso in cui il mutuatario versi un adeguato corrispettivo allo Stato per la garanzia
prestata. Il beneficio derivante dalla garanzia statale, infatti, risiede nel fatto che il
relativo rischio viene assunto dallo Stato e tale assunzione del rischio dovrebbe in
linea di principio essere remunerata con un adeguato corrispettivo. L'eventuale
rinuncia al corrispettivo comporta una perdita di risorse per lo Stato e nel
contempo un beneficio per l'impresa.
La Commissione, dunque, ritiene che si possa parlare d'aiuto al mutuatario sotto
forma di garanzia quando: lo Stato rinuncia al corrispettivo inteso a remunerare i
rischi per il mancato pagamento della garanzia; il regime giuridico dell'impresa
esclude il fallimento o altre procedure concorsuali oppure prevede esplicitamente
la concessione di garanzie statali o il ripianamento delle perdite da parte dello
Stato; vi è acquisizione da parte dello Stato di una partecipazione in un'impresa
126
Comunicazione della Commissione sull'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE
agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie, 2000/C 71/07. Tale Comunicazione
sostituisce quanto già stabilito dalla Commissione nella lettera indirizzata agli Stati membri, SG
(89) D/4328 del 5 Aprile 1989, nella lettera agli Stati membri SG (89) D/12772 del 12 Ottobre
1989 e nel punto 38 della Comunicazione agli Stati membri sull'applicazione degli articoli 92 e
93 del trattato CE e dell'articolo 5 della direttiva 80/723/CEE alle imprese pubbliche
dell'industria manifatturiera, in GU C 307 del 13.11.1993, citata.
con assunzione di responsabilità illimitata anziché della normale responsabilità
limitata.
Nel caso “EFIM”, gia’ accennato, lo Stato italiano assunse la garanzia illimitata di
tutti i debiti della societa’ e delle altre filiali del gruppo, in qualita’ di azionista
unico ai sensi dell’articolo 2362 del codice civile. La Commissione giudico’ che
tale assunzione di garanzia configurasse un aiuto grazie alla disponibilita’ illimitata
delle risorse statali messe a disposizione dell’impresa, che avrebbero consentito a
quest’ultima di rimborsare con certezza i creditori in caso di liquidazione. Questo
fatto aveva permesso all’impresa beneficiaria della garanzia <<di continuare la
propria attivita’ nonostante l’aggravarsi del suo indebitamento, quando invece
un’impresa privata, nelle stesse condizioni, sarebbe stata posta gia’ da tempo in
liquidazione >>127.
L’individuazione dell’esatta portata dell’aiuto presuppone, quindi, l’analisi della
situazione finanziaria dell’impresa destinataria della garanzia. Al riguardo la
Commissione precisa che i fattori da prendere in considerazione sono la durata e
l'importo della garanzia e del prestito, il rischio dell'inadempimento, il corrispettivo
pagato dal mutuatario per la garanzia, la natura delle coperture fornite dal
medesimo, le modalità con cui lo Stato può essere chiamato a pagare il debito ed i
mezzi (ad esempio procedura fallimentare) usati dallo Stato stesso, quando la
garanzia sia stata fatta valere, per recuperare gli importi dovuti dal mutuatario. Il
metodo principale per calcolare l’importo dell’aiuto è quello in base al quale si
valuta il tasso d’interesse che gli istituti di credito avrebbero praticato all’impresa,
in considerazione della sua posizione economica, della sua struttura e del tasso di
mercato, e il tasso d’interesse effettivamente praticato in ragione della garanzia
prestata dallo Stato: l’aiuto, infatti, equivarra’ alla differenza fra i due tassi, al netto
del costo della garanzia stessa.
4.4 Aiuti sotto forma di misure atte a favorire la produzione nazionale.
In quest’ultima categoria si sono raggruppati quegli aiuti che, in qualsiasi modo,
sono volti a favorire la produzione nell’ambito dello Stato membro.
Cio’ puo’ avvenire mediante la realizzazione di infrastrutture che avvantaggino
determinate imprese, oppure tramite la determinazione autoritativa di prezzi o
tariffe che, a certe condizioni, vada a beneficio di alcuni settori produttivi; ancora,
attraverso forme di propaganda di prodotti nazionali; infine, riservando alle
imprese statali appalti di forniture pubbliche. Anche la riserva a favore di
determinate imprese nazionali per la fornitura di beni o servizi allo Stato o ad altro
ente pubblico puo’, infatti, configurare un aiuto, nella misura in cui comporti
127
Cosi’ la Commissione nella “Comunicazione ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 2, del
Trattato CE indirizzata agli Stati membri e ai terzi interessati in merito ad aiuti decisi dall’Italia a
favore di EFIM, 93/C 349/02”.
l’applicazione di un regime preferenziale ai contratti stipulati con le imprese che
vedano pattuite condizioni di favore per lo svolgimento delle prestazioni128.
Molte di queste ipotesi potrebbero rientrare nell’ambito delle misure generali e
dunque, mancando del carattere della selettivita’, non configurare aiuti ai sensi
dell’articolo 87 del Trattato. Per distinguere le diverse fattispecie vanno quindi
esaminate le circostanze concrete e va verificato se gli effetti degli aiuti ricadano
indistintamente su tutte le imprese operanti sul territorio nazionale, ovvero vadano
a beneficio di alcune in particolare.
a) Aiuti tramite la realizzazione di infrastrutture.
La costruzione di infrastrutture a servizio delle imprese e’ una tipica misura volta a
favorire la produzione nel Paese.
Nella Settima Relazione sulla politica di concorrenza, la Commissione ha chiarito
che la costruzione di infrastrutture configura un aiuto qualora vada a vantaggio di
determinate imprese individuabili con certezza. Gli interventi pubblici che non
siano direttamente collegati ad alcune imprese in particolare, ricadendo i loro
effetti a vantaggio di tutta la collettivita’ (di ogni operatore economico), non
possono essere qualificati aiuti ma dovra’ ritenersi che si tratti di misure di
carattere generale, non rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 87 e
seguenti del Trattato.
Nel caso “Matra” fu sottoposta all’attenzione della Corte di Giustizia la fattispecie
in cui il Governo Portoghese aveva notificato una serie di aiuti accordati ad una
joint venture costituita fra la Ford e la Volkswagen, comprendenti misure come
agevolazioni fiscali e alcune sovvenzioni. Fra tali aiuti non erano stati ricompresi
dalla Commissione, per la valutazione di compatibilita’ con l’articolo 87, i
contributi erogati per il sostegno di un programma di addestramento dei lavoratori
nel settore automobilistico e la costruzione di alcune infrastrutture realtive alle
forniture d’acqua, di elettricita’ e allo smaltimento dei rifiuti129.
La societa’ Matra, concorrente della joint venture, obietto’ che anche tali misure
dovevano essere considerate aiuti, poiche’ costituivano vantaggi a favore delle
societa’ in questione. La Corte di Giustizia, tuttavia, rilevo’ che gli interventi
pubblici sarebbero andati a favore di tutta la produzione nazionale e non solo delle
imprese indicate dalla ricorrente. In particolare l’addestramento dei lavoratori
avrebbe contribuito ad alzare in via generale lo standard di specializzazione nel
settore automobilistico, poiche’ il centro stesso di addestramento era separato dalle
128
Va segnalato che la riserva di appalti a favore di imprese nazionali puo’ comportare, oltre che
un aiuto, una misura equivalente alle restrizioni quantitative alle importazioni ai sensi
dell’articolo 28 del Trattato (ex articolo 30).
129
Sentenza 15 giugno 1993, “Matra c/ Commissione”, in Raccolta 1993, p.3203. Per un
commento in dottrina v. HANCHER L., State aids and judicial control in the European
Community, in European Competition Law Review, 1994, p.134.
aziende e dunque avrebbe potuto essere utilizzato anche da altre compagnie
produttrici di automobili130.
b) Aiuti tramite propaganda di prodotti nazionali.
Anche gli interventi volti a pubblicizzare prodotti nazionali possono costituire aiuti
alle imprese se finanziati tramite risorse pubbliche.
L’intervento dello Stato nel finanziamento di azioni pubblicitarie a favore di
prodotti nazionali, in special modo di prodotti agricoli, e’ abbastanza frequente, si
tratta allora di verificare se tali azioni abbiano carattere selettivo, favorendo alcune
aziende o determinate produzioni.
Nella sentenza “Steinike”131 la Corte di Giustizia valuto’ la compatibilita’ con il
mercato comune di un contributo destinato ad incrementare un Fondo di
promozione vendite di prodotti agricoli, forestali e alimentari, avente il compito di
“promuovere dal centro la vendita e la messa in valore dei prodotti agricoli,
forestali alimentari tedeschi, mediante la creazione e il mantenimento di sbocchi
all’interno e all’estero con mezzi e metodi moderni”132. Poiche’ le attivita’ del
Fondo erano finanziate con contributi pubblici e andavano a vantaggio dei prodotti
alimentari tedeschi, la Corte ritenne che le ricerche di mercato e le attivita’
pubblicitarie potessero essere qualificate come aiuti, dato che comportavano
comunque agevolazioni a favore delle imprese operanti in Germania ottenute
tramite risorse statali.
Una decisione analoga e’ stata assunta dalla Commissione nei confronti degli aiuti
alle produzioni agrumicole siciliane tramite campagne di promozione attraverso
mezzi di comunicazione di massa (stampa, radio, televisione, cartelli pubblicitari).
La Commissione ha, infatti, censurato il contributo del 100% erogato dalla
Regione siciliana a favore delle campagne pubblicitarie indicate133.
Va sottolineato come le misure volte a pubblicizzare prodotti nazionali possano
ricadere sia nell’ambito di applicazione dell’articolo 87 che in quello dell’articolo
28 del Trattato, potendo configurare misure equivalenti a restrizioni quantitative
alle importazioni.
130
Nel campo delle misure volte a favorire la produzione regionale possono farsi rientrare le
infrastrutture realizzate dai consorzi per le aree di sviluppo industriale, c.d. consorzi A.S.I.,
diffusi in molte regioni d’Italia e in Sicilia disciplinati dalla l.r. n. 1 del 1984 e successive
modifiche e integrazioni, ora soggetta a riforma. Tali infrastrutture, infatti sono a disposizione di
qualsiasi impresa voglia insediarsi, senza discriminazione. Potrebbe invece ritenersi che
costituiscano aiuti i servizi (acqua, vigilanza, ecc.) erogati alle imprese già insediate a costo più
basso di quello di mercato.
131
Sentenza “Steineke un Weinlig”, cit.
132
Articolo 2 della legge istitutiva del Fondo, legge federale 26 Giugno 1969.
133
Decisione della Commissione del 2 Luglio 1998, relativa agli aiuti di Stato nel settore della
produzione agrumicola previsti dalla legge n.5/97 della Regione Sicilia.
Data la rilevanza assunta dagli interventi degli Stati in materia di finanziamento di
promozioni pubblicitarie dei prodotti agricoli, e’ stata adottata dalla Commissione
una regolamentazione di tale tipo di aiuti134, nella quale viene preliminarmente
chiarito che, nell’ipotesi in cui gli interventi pubblici ricadano nell’ambito di
applicazione dell’articolo 28 TUE configurando restrizioni quantitative alle
importazioni, l’aiuto non sarà in nessun caso considerato compatibile e dunque
autorizzato. Per esempio, le campagne che invitino i consumatori ad acquistare
determinati prodotti solo in ragione della loro origine nazionale ricadono sotto
l’articolo 28 del Trattato, mentre le campagne pubblicitarie organizzate
direttamente nel territorio di un altro Stato membro vengono disciplinate nel
quadro dell’articolo 87 del Trattato.
Negli Orientamenti sono precisati inoltre alcuni criteri, negativi e positivi, alla luce
dei quali sara’ valutata la compatibilita’ degli aiuti con il mercato comune.
Riguardo ai criteri “negativi”, va verificato il fatto che gli interventi pubblici non
alterino le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune, e cioe’
che le azioni pubblicitarie non abbiano ad oggetto i prodotti di una o piu’ imprese
determinate. Tali aiuti, infatti, comportano un rischio immediato di distorsione
della concorrenza e soprattutto, a giudizio della Commissione, non producono un
beneficio duraturo per lo sviluppo del settore nel suo insieme essendo considerati
meri aiuti al funzionamento.
La mancanza di elementi contrari all’interesse comune tuttavia non basta, essendo
necessario che siano soddisfatte anche alcune condizioni positive.
In particolare, per esempio, si ritiene che non alterino la concorrenza gli aiuti volti
a pubblicizzare produzioni nuove, in quanto contribuiscono alla diversificazione
della produzione, valorizzando cosi’ il potenziale agricolo della Comunita’ ed
evitando il formarsi di eccedenze; sono considerati altresi’ ammissibili gli aiuti a
favore della propaganda di prodotti tipici locali, poiche’ possono favorire lo
sviluppo delle regioni produttrici, soprattutto se si tratta di regioni svantaggiate;
infine, fra gli altri, vanno menzionati gli aiuti a favore delle piccole e medie
imprese, che sono particolarmente giustificati in quanto avvantaggiano aziende che
non disporrebbero di risorse sufficienti a pubblicizzare la propria produzione, o per
le quali le spese di pubblicita’ sarebbero comunque superiori al vantaggio ricavato.
c) Aiuti tramite determinazione autoritativa di prezzi o tariffe.
Anche la determinazione autoritativa del prezzo di un prodotto o di determinate
tariffe puo’ costituire un aiuto, se il costo economico dell’operazione sia
sopportato dallo Stato e l’operazione vada a vantaggio di alcune imprese in
particolare.
Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato a favore ella pubblicità dei prodotti di cui
all’allegato I del Trattato nonché di determinati prodotti non compresi in detto allegato, 2001/C
252/03, in GUCE C 252/5 del 12 settembre 2001.
134
Nel caso “Van der Kooy” la Corte ritenne che l’applicazione di tariffe preferenziali
applicate ad alcune imprese dalla societa’ olandese di distribuzione del gas
“Nederlandse Gasunie” configurasse un aiuto di Stato135. La societa’ Gasunie,
infatti, era per il 50% in mano del Governo olandese e le tariffe applicate soggette
all’approvazione del Ministro degli Affari Economici, il quale disponeva al
riguardo di un vero e proprio potere di veto. Secondo il giudice comunitario,
dunque, l’agevolazione alle imprese in questione poteva dirsi finanziata attraverso
risorse pubbliche, poiché comportava per lo Stato, in qualita’ di azionista della
societa’, un minore introito; inoltre, le decisioni adottate dalla societa’ di
distribuzione del gas sulle tariffe da applicare potevano ritenersi imputabili al
Governo olandese; infine, l’agevolazione era diretta a favorire talune imprese in
particolare, possedendo cosi’ il carattere di selettivita’ previsto dall’articolo 87 del
Trattato.
Imputabilita’ allo Stato della decisione e del costo dell’operazione, selettivita’ a
favore di imprese determinate sono dunque i criteri stabiliti dalla Corte per valutare
se la fissazione dei prezzi o delle tariffe di un bene possano configurare un aiuto di
Stato. Qualora manchino questi presupposti, l’intervento pubblico nella
regolamentazione dei prezzi di mercato non ricade nell’ambito di applicazione
degli articoli 87-89 del Trattato.
Nella sentenza “Van Tieggele”, infatti, la Corte di Giustizia ritenne che non
costituisse aiuto la fissazione di prezzi minimi al dettaglio, volta a favorire i
distributori di un prodotto, il cui costo sarebbe andato esclusivamente a carico dei
consumatori poiche’ <<i vantaggi che un simile intervento nel processo formativo
dei prezzi comporta per i distributori del prodotto considerato non sono concessi,
ne’ direttamente, ne’ indirettamente, tramite risorse statali ai sensi dell’articolo
87>>136.
135
Sentenza 2 Febbraio 1998, in cause riunite 67 68 e 70/85, in Raccolta 1988 -2, p.219.
Sentenza 24 Gennaio 1978, in causa 82/77, “Pubblico ministero olandese c/ Van Tieggele”,
in Raccolta 1978, p.25.
136
5. Gli effetti degli aiuti
Ai sensi dell’articolo 87 “sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti che,
favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la
concorrenza”.
Gli effetti prodotti dagli aiuti costituiscono l’elemento piu’ importante
nell’applicazione dell’articolo 87, la Corte e la Commissione, infatti, considerano
decisiva la valutazione degli effetti ai fini del giudizio di compatibilita’ con il
mercato comune delle misure sottoposte al loro esame137.
Come si e’ gia’ accennato in precedenza, gli effetti, oltre che alla struttura interna
della fattispecie di aiuto, attengono anche al momento della valutazione della sua
ammissibilita’ alla luce dell’articolo 87 del Trattato138.
Un esempio varra’ a chiarire quanto detto.
Una sovvenzione d’importo tale da non avere effetti rilevanti sugli scambi
infracomunitari potra’ essere ritenuta dalla Commissione compatibile con il
mercato comune e tuttavia, pur in assenza degli effetti tipici, sara’ comunque
considerata un aiuto139.
Gli elementi essenziali di un aiuto sono dunque quelli finora esaminati e cioe’ i
soggetti, attivi e passivi140, e l’oggetto, ossia l’attribuzione di un
vantaggio/beneficio di carattere economico. La valutazione degli effetti fa, poi, da
raccordo fra le due fasi fondamentali di cui si compone l’operazione di
137
Sentenza “Deufil c. Commissione”, 24 febbraio 1987, in causa 310/85, in Raccolta, 1987,
p.901.
138
Cfr. supra, il paragrafo relativo alla nozione di aiuto.
139
Infatti gli aiuti di importanza minore, c.d. de minimis, pur se compatibili con il mercato
comune in quanto non suscettibili di alterare la concorrenza, sono comunque considerati aiuti e
ricadono nell’ambito di applicazione degli articoli 87-89 del Trattato.
Secondo la definizione della Commissione, gli aiuti de minimis sono aiuti concessi da uno Stato
membro ad un'impresa, il cui importo è da considerare di importanza minore. Di conseguenza, i
suddetti aiuti sono esenti dall'applicazione delle regole di concorrenza. Il regolamento (CE) n.
69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88
del trattato CE agli aiuti di importanza minore ("de minimis"), in Gazzetta ufficiale L 10 del
13.01.2001, ha quindi esentato tutti gli aiuti de minimis in grado di soddisfare le condizioni in
esso previste dall’obbligo di notifica. Rimane tuttavia il monitoraggio e il controllo degli aiuti da
parte della Commissione. Gli Stati membri, infatti, devono registrare tutte le informazioni
riguardanti gli aiuti de minimis concessi; conservare tale tipo di informazione per un periodo di
10 anni; fornire alla Commissione, se richiesti, tutte le informazioni entro un termine di 20 giorni
lavorativi. Il regolamento sugli aiuti de minimis si applica agli aiuti concessi alle imprese di tutti
i settori, ad eccezione degli aiuti destinati al settore dei trasporti; connessi alle attività di
produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I del trattato
CE; connessi all'esportazione; condizionati all'impiego preferenziale di prodotti nazionali
piuttosto che prodotti importati.
140
Con tutte le caratteristiche descritte, e cioe’ provenienza pubblica delle risorse, dal lato
attivo, e selettivita’ del destinatario, dal lato passivo.
interpretazione/applicazione delle norme sugli aiuti. Essa attiene, in parte, alla fase
di qualificazione della fattispecie (poiche’ lo Stato dovra’ comunque considerare le
conseguenze prodotte dalla misura in questione per verificare se essa vada
notificata, se appartenga alle misure di intensita’ minore o se sia, invece,
assolutamente irrilevante sotto il profilo comunitario) ma soprattutto alla fase
relativa al giudizio di ammissibilita’ dell’aiuto ai sensi dell’articolo 87 TUE, che
spetta alla Commissione, la quale deve stabilire se l’aiuto rientri in una delle
deroghe al divieto posto dal paragrafo 1 dell’articolo 87 e disciplinate dallo stesso
articolo nei paragrafi successivi.
L’articolo 87 del Trattato sancisce che sono incompatibili con il mercato comune
gli aiuti che “incidano sugli scambi fra gli Stati membri” e che favorendo talune
imprese o produzioni “falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
Due, quindi, sono le condizioni di incompatibilita’ previste dalla norma:
l’influenza sugli scambi infracomunitari e l’alterazione della normale concorrenza
fra le imprese.
Le due condizioni, seppure distinte, sono interdipendenti fra loro, infatti se un
aiuto incide sugli scambi, perche’ per esempio contribuisce ad abbassare i costi di
produzione di un’impresa rendendone i prodotti piu’ competitivi rispetto agli altri,
per cio’ stesso ha anche l’effetto di falsare la concorrenza fra le imprese141. Anche
la Commissione e la Corte, abitualmente, prendono in considerazione le due
circostanze in maniera unitaria.
Innanzitutto, bisogna stabilire cosa vuol dire che un aiuto “falsi o minacci di
falsare la concorrenza”. La norma, sancendo che sono incompatibili anche gli aiuti
che minacciano di falsare la concorrenza, vieta tutte quelle misure che, per le loro
caratteristiche, anche se non hanno modificato il normale assetto concorrenziale fra
le imprese sono comunque suscettibili di farlo142.
Cio’ non vuol dire pero’ che vi sia una presunzione in base alla quale qualsiasi
aiuto automaticamente, poiche’ implica l’attribuzione di un vantaggio ad
un’impresa, e’ incompatibile con il Trattato, senza che sia necessario provare che,
nel caso concreto, esso abbia apportato delle alterazioni al normale assetto
141
Cfr. VANDAMME J., Les Aides accordees par les Etats, in COSTANTINESCO -KOVAR,
Traite’ instituent la CEE, Commentaaire article par article; MATTERA RICIGLIANO A., Il
Mercato Unico europeo, Utet, 1990, p. 69, sottolinea che “come risulta dalla giurisprudenza della
Corte e dalla dottrina della Commissione esiste un nesso molto stretto fra questi due requisiti”.
V. anche PESCATORE, Public and private aspects of Community Competition Law, in Fordham
International Law Journal, 1987, p.373.
142
Si rammenti che gli Stati devono notificare alla Commissione << i progetti diretti a istituire o
modificare aiuti>> (art. 93, par. 3, TUE), cioe’ gli aiuti nella fase in cui non sono ancora stati
erogati, e’ logico, quindi, che la Commissione debba valutare se essi “minaccino di falsare” la
concorrenza. LEANZA U., Commento all’articolo 92 del Trattato, in Commentario CEE, 1965,
ritiene che “a differenza di quanto accade per le altre regole di concorrenza, nella norma in
esame non si richiede un’astratta idoneita’ delle pratiche in questione a pregiudicare gli scambi,
ma che un effettivo pregiudizio degli scambi stessi si determini”.
concorrenziale. Assumendo una simile posizione basterebbe, da parte della
Commissione, rilevare che l’aiuto esiste e che, in quanto tale, ha comportato un
beneficio per il destinatario, rimanendo a carico di quest’ultimo dimostrare che di
fatto non vi e’ stata alcuna distorsione della concorrenza, ne’ attuale ne’
potenziale143. La Corte di Giustizia ha invece chiarito che la Commissione ha il
dovere di provare che, nel caso concreto, l’intervento pubblico a sostegno
dell’impresa di fatto ha avuto o puo’ avere l’effetto di falsare la concorrenza144.
Non esiste quindi una presunzione generale per cui qualsiasi aiuto, di per se’, falsa
la concorrenza, del resto, se cosi’ fosse, gli aiuti sarebbero stati banditi del tutto dal
Trattato, senza possibilita’ di eccezione145. I paragrafi 2 e 3 dell’articolo 87
elencano invece alcune categorie di aiuti che sono compatibili di diritto146 o che
possono essere dichiarati compatibili ricorrendo determinate condizioni, secondo la
valutazione discrezionale della Commissione147.
143
Cosi’ l’Avvocato Generale Capotorti nelle conclusioni alla sentenza “Philip Morris”, 17
Settembre 1980, in causa 730/79, in Raccolta 1980, p.2680, secondo cui la distorsione della
concorrenza e’ “una conseguenza costante e necessaria del beneficio accordato mediante
l’aiuto”. Quest’assunto e’ stato pero’ smentito dalla Corte nella giurisprudenza successiva.
Assume la prospettiva citata SCHEUING, Les aides financieres publiques aux enterprises
privees en droit francais et europeen, Paris, 1974.
144
Nella sentenza “Intermills c/ Commissione”, 14 Novembre 1984, in causa 323/82, in
Raccolta 1984, p.3809, la Corte ha censurato la Commisione per non avere fornito << alcuna
indicazione concreta circa la natura dell’asserito pregiudizio per la concorrenza >>. Cfr. anche la
sentenza “Papierwarenfabriek”, 13 Marzo 1985, in cause riunite 296 e 318/82, in Raccolta 1985,
p.809.
145
V. ORLANDI M., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, p.185. Esistono dei
casi in cui la Corte considera incompatibile un aiuto a priori ma costituiscono, appunto, delle
eccezioni alla regola secondo cui le potenzialita’ lesive dell’aiuto vanno verificate nel caso
concreto. Si tratta degli aiuti concessi ad imprese che operano in un settore caratterizzato da
sovraccapacita’ produttive. La Corte ha ritenuto che qualsiasi aiuto erogato in questo settore
dalle autorita’ pubbliche << e’ idoneo ad incidere sugli scambi fra gli Stati membri ed a
pregiudicare la concorrenza, in quanto la permanenza della stessa impresa sul mercato impedisce
ai concorrenti di accrescere la propria quota di mercato e frena la loro possibilita’ di
incrementare le esportazioni verso tale Stato membro >> , sentenza 21 Marzo 1991, in causa C305/89, “Italia c/ Commissione”, in Raccolta p.1603.
146
Se esistesse la presunzione di cui sopra tale previsione non avrebbe senso.
147
L’articolo 92, paragrafo 2, stabilisce che sono compatibili con il mercato comune:
a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati
senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamita’ naturali oppure da latri eventi
eccezionali;
c) gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica Federale di Germania
che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli
svantaggi economici provocati da tale divisione.
L’articolo 92, paragrafo 3, invece stabilisce che possono considerarsi compatibili con il mercato
comune:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia
anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;
Quest’ultima previsione apre la strada ad alcune considerazioni.
Nella sentenza “Intermills” la Corte di Giustizia ha censurato l’operato della
Commissione poiche’ non solo essa non aveva provato che, di fatto, l’aiuto era
suscettibile di falsare la concorrenza ma anche perche’ non era stato dimostrato che
<<il comportamento della ricorrente sul mercato, dopo che, grazie alla concessione
dell’aiuto, essa aveva dato un nuovo orientamento alla sua produzione, potesse
alterare le condizioni degli scambi a tal punto che la scomparsa dell’impresa
sarebbe stata preferibile al suo salvataggio >>148.
Cio’ vuol dire che in alcuni casi non e’ sufficiente provare che l’aiuto incide sul
normale assetto concorrenziale ma e’ altresi’ necessario dimostrare che tale
influenza e’ grave al punto da non potere essere tollerata, nemmeno in vista del
perseguimento di altri obiettivi meritevoli di tutela dal punto di vista comunitario.
Nel caso di specie, si trattava di un aiuto concesso dallo Stato Belga ad
un’industria del settore cartario che, grazie all’aiuto, aveva riconvertito la propria
produzione abbandonando un settore non redditizio per un settore che offriva
migliori prospettive di redditivita’. Quest’ultima operazione, come ammesso dalla
stessa Commissione, corrispondeva ad un obiettivo economico meritevole <<di
essere perseguito nell’interesse della Comunita’>>, essendo in linea con la politica
di sviluppo dell’industria cartaria europea seguita dall’istituzione comunitaria. La
Corte ha quindi rilevato che, a fronte di quest’ultimo obiettivo non era stato
dimostrato che l’aiuto incideva a tal punto sulla concorrenza da rendere preferibile
la scomparsa dell’impresa al suo salvataggio. Il principio di tutela della libera
concorrenza, insomma, puo’ anche essere sacrificato, in alcune ipotesi, a favore di
altre finalita’ considerate rispondenti agli interessi della Comunita’149.
Non va dimenticato che, se la libera concorrenza e’ uno dei principi fondamentali
della Comunita’, essa non costituisce comunque un fine ma e’ uno strumento per il
raggiungimento degli obiettivi enunciati dall’articolo 2 del Trattato e cioe’
l’instaurazione di un mercato comune, di un’unione economica e monetaria e , in
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse
europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivita’ o talune regioni economiche
sempreche’ non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. (...)
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non
alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza in misura contraria all’interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione.
148
Il corsivo e’ nostro, sentenza “Intermills c/ Commissione”, cit.
149
Sebbene l’Avvocato Generale Van Themaat non abbia condiviso la posizione della Corte,
non ha comunque messo in discussione il fatto che la Commissione possa, nell’ambito del potere
discrezionale di cui gode, considerare gli aiuti ammissibili qualora l’alterazione della
concorrenza abbia una contropartita sul piano comunitario, proporzionale all’entita’ e
all’intensita’ degli aiuti.
generale, “di uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attivita’ economiche
nell’insieme della Comunita’”150.
La Commissione, dunque, nella valutazione degli aiuti opera un balancing test fra
il principio di libera concorrenza ed altri obiettivi della Comunita’, quali
potrebbero essere il raggiungimento di “un elevato livello di occupazione” o “la
coesione economica e sociale” (art. 2 TUE). Nell’effettuare tale operazione la
Commissione fa riferimento, fra gli altri, al c.d. “principio della giustificazione
compensatoria”, formulato nella Decima Relazione sulla politica di concorrenza,
in base al quale non verranno mosse obiezioni alla concessione di un aiuto se
questo << contiene una giustificazione che assume la forma di un contributo, da
parte del beneficiario dell’aiuto, che vada al di la’ degli effetti del normale gioco
delle forze di mercato per il raggiungimento degli obiettivi della Comunita’ quali
sono stabiliti nelle deroghe di cui all’articolo 92 paragrafo 3 del Trattato CEE>>151.
D’altra parte, si e’ gia’ avuto modo di osservare come, caratteristica delle norme
sulla concorrenza contenute nel Trattato, segnatamente di quelle sugli aiuti, sia
proprio quella di lasciare un ampio margine di discrezionalita’ alle istituzioni
comunitarie nella fase applicativa, in modo che esse possano interpretarle nella
maniera piu’ consona al raggiungimento degli scopi della Comunita’152.
150
EVANS A. e MARTIN S., Socially acceptable distortion of competition: Community policy
on State aid, in European Law Review, 2, 1991 p.79, osservano che “the idea runs throughout
the EEC Treaty that distortions or even restrictions of competition may be permitted, provided
that they are necessary to secure objectives compatible with Community values other than
maximisation of competition” . HORNSBY, Competition policy in the 80’s: more policy less
competition?, in European Law Review, 1987, ritiene che le istituzioni comunitarie utilizzino le
regole sulla concorrenza per il raggiungimento di obiettivi politici diversi da quelli che
tradizionalmente riguardano la concorrenza in senso stretto. V. anche VAN THEMAAT V.,
Competition and Planning in the EEC and the Member States, in Common Market Law Review,
1970.
151
Il principio e’ stato utilizzato anche dalla Corte di Giustizia per la prima volta nella sentenza
“Philip Morris”, cit. e fa parte di quei principi formulati dalla Commissione nell’esercizio
dell’autolimitazione della propria discrezionalita’, e dalla giurisprudenza della Corte. In dottrina
v. GARBAR C., Aides d’Etat: pratique decisionelle de la Commission della Communaute’
europeenne, in Revue du Marche commun et de l’Union europeenne, 1995; MORTELMANS
K., The compensatory justification criterion in the practice of the Commission in decisions on
State aids, in Common Market Law Review, 1984.
152
Cfr. quanto detto nell’Introduzione. V. FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della
Concorrenza nella CEE, Utet, 1996 osservano in relazione agli articoli 85 e 86 del Trattato, ma le
stesse considerazioni possono ritenersi valide anche per gli articoli 92 - 94 TUE, che “non si
tratta di regole statiche, ma di strumenti di una politica attiva, mediante la quale la Comunita’
cerca di influenzare il quadro nel quale si sviluppa l’attivita’ economica, allo scopo di permettere
il raggiungimento degli obiettivi enunciati nell’articolo 2”. V. anche HERMITTE M. A., Sur la
doctrine economique de la Commission de la CEE: d’une politique economique a une politique
industrielle, in Journal de Droit international, 1983..
Le stesse nozioni di “concorrenza” e “distorsione della concorrenza” non sono precisate dal
Trattato e hanno un carattere dinamico, che fa si’ che possano essere interpretate diversamente
nel corso del tempo. Tali nozioni inoltre non hanno un significato univoco, poiche’ possono
essere riguardate da diverse prospettive: da un punto di vista strettamente economico, o da un
Se, dunque, e’ vero che le finalita’ perseguite dagli Stati membri attraverso la
concessione degli aiuti sono irrilevanti nella valutazione dell’ammissibilita’ degli
aiuti stessi153, va pur detto che il perseguimento degli obiettivi statali potra’ essere
valutato positivamente dalle istituzioni comunitarie e compatibile con il mercato
comune qualora dette misure facciano parte di programmi che possano beneficiare
di una delle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato e la loro
attuazione coincida anche con gli interessi della Comunita’.
Il principio di libera concorrenza costituisce uno dei principi fondamentali della
Comunita’ ed e’ tutelato in quanto si ritiene che sia uno dei mezzi piu’ idonei al
raggiungimento degli obiettivi del Trattato. A volte, pero’, il perseguimento di tali
obiettivi puo’ rendere necessario sacrificare parzialmente tale principio, sicche’ le
istituzioni comunitarie ammettono che esso possa subire una deroga, purche’ il
sacrificio sia proporzionato agli scopi. Com’ è noto, il principio di proporzionalita’
e’ uno dei cardini dell’ordinamento comunitario. In materia di aiuti di Stato esso si
combina con quello della giustificazione compensatoria, sopra esaminato, talche’
una deroga al divieto posto dall’articolo 87, paragrafo 1, e’ consentita qualora gli
aiuti abbiano una “contropartita comunitaria” e alterino la concorrenza nella
punto di vista giuridico e, in ognuno di questi casi, se ne possono dare piu’ definizioni. Si puo’
assumere un concetto “negativo” di concorrenza, intendendo quest’ultima come assenza di
barriere agli scambi e al libero commercio, come assenza, cioe’, di discriminazioni fra i soggetti
che operano sul mercato. Si puo’ invece dare al termine “concorrenza” il significato di un
insieme di regole volte a disciplinare l’intervento sul mercato degli operatori economici per
conseguire obiettivi considerati desiderabili, quali l’efficiente allocazione delle risorse, il libero
accesso al mercato da parte di tutti i soggetti che vogliano entrarvi, ecc. Naturalmente anche il
concetto di “distorsione della concorrenza” e’ conseguente alla definizione adottata. Se si
interpreta la nozione di “distorsione della concorrenza” secondo il primo significato, allora
qualsiasi aiuto va considerato di per se’ lesivo della liberta’ di concorrenza poiche’ e’ chiaro che
esso comporta comunque una modifica nella situazione preesistente a favore dell’impresa
beneficiaria. Se invece si assume la seconda prospettiva, gli effetti degli aiuti andranno valutati
in relazione alle circostanze concrete poiche’ non e’ detto che essi influiscano sugli scambi in
misura tale da pregiudicare gli obiettivi che, tramite la tutela della concorrenza, si vogliono
perseguire. Le istituzioni comunitarie hanno assunto a volte la prima e altre volte la seconda
prospettiva: nella sentenza “Philip Morris”, cit., la Corte affermo’ che un aiuto, in quanto
rafforza la posizione di un’impresa, influenza di per se’ gli scambi. Tuttavia in altre occasioni la
Corte si e’ pronunciata diversamente, non ritenendo scontato che gli aiuti di per se’ comportino
un’alterazione della concorrenza e chiedendo alla Commissione di provare gli effetti distorsivi
che di fatto tali aiuti avevano avuto, cfr. la sentenza “Intermills”, cit.
In dottrina v. SNYDER F., New Directions in European Community Law, London, 1990, il
quale distingue due differenti prospettive da cui puo’ essere guardato il concetto di “distorsione
della concorrenza”. Secondo la prima, l’alterazione della concorrenza e’ definita come “a
restriction of free trade”; la seconda, invece, considera le distorsioni della concorrenza come
“non negotiated modification of existing structures”.
153
Come sottolinea la Corte di Giustizia, l’articolo 92 del Trattato, <<non distingue a seconda
delle cause o degli scopi degli interventi, bensi’ li definisce in relazione ai loro effetti >> e <<gli
scopi generali perseguiti dalla normativa nazionale (...) non bastano per escludere la normativa
stessa dal campo di applicazione dell’articolo 92>>, sentenza “Deufil”, cit.
misura strettamente necessaria al conseguimento degli scopi ritenuti meritevoli di
tutela da parte dell’ordinamento comunitario.
Ma quand’e’ che un aiuto puo’ incidere sugli scambi o falsare la concorrenza?
Nella sentenza “Philip Morris” la Corte di Giustizia affermo’ che <<allorche’ un
aiuto finanziario concesso dallo Stato rafforza la posizione di un’impresa nei
confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da
considerarsi influenzati dall’aiuto>>154.
Il ragionamento della Corte e’ chiaro: un aiuto puo’ incrementare il capitale di
un’impresa, o puo’ contribuire ad abbassare i costi di produzione, per esempio
tramite provvedimenti fiscali che incidano sul costo del lavoro, puo’, insomma, in
vari modi rafforzare la posizione del beneficiario, incidendo cosi’ positivamente
sulla sua capacita’ produttiva.
Nella fattispecie, il Governo olandese intendeva concedere una sovvenzione alla
societa’ Philip Morris Holland, sotto forma di “premio supplementare per grandi
progetti”, che l’avrebbe aiutata a concentrare e sviluppare la produzione di
sigarette chiudendo uno dei suoi due stabilimenti dei Paesi Bassi e aumentando la
capacita’ di produzione del secondo. L’aiuto in questione avrebbe avuto l’effetto
sia di falsare la concorrenza che di influenzare gli scambi. Infatti, incrementando la
capacita’ produttiva della societa’, avrebbe contribuito <<all’accrescimento della
sua capacita’ di alimentare le correnti di scambio, comprese quelle esistenti fra gli
Stati membri>> e, alleviando il costo della trasformazione degli impianti di
produzione, avrebbe procurato all’impresa <<un vantaggio concorrenziale nei
confronti dei fabbricanti che hanno ottenuto, o hanno intenzione di ottenere, a
proprie spese un aumento analogo delle possibilita’ di rendimento dei propri
impianti>>155.
La Commissione e la Corte, per verificare l’ammissibilita’ dell’aiuto, assunsero
anche in questo caso come parametro di riferimento il mercato. Esse infatti
stabilirono che per valutare l’applicabilita’ di una delle deroghe previste
dall’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato, e dunque la compatibilita’ della misura
con il mercato comune, andava verificato se gli obiettivi previsti nella norma
suddetta non avrebbero potuto essere raggiunti anche senza la concessione
dell’aiuto e cioe’ se <<il gioco delle leggi del mercato non consentirebbe di
ottenere, di per se’ solo, dalle imprese beneficiarie che esse adottino un
comportamento tale da contribuire alla realizzazione di uno degli obiettivi indicati
da dette disposizioni>>156.
Quanto detto prima a proposito della possibilita’ che il principio di tutela della
libera concorrenza subisca una deroga in vista del perseguimento di altre finalita’
ritenute meritevoli dall’ordinamento comunitario si completa con quanto appena
osservato: va infatti preliminarmente verificato se il sacrificio della libera
154
Sentenza “Philip Morris”, cit.
Sentenza “Philip Morris”, cit.
156
Sentenza “Philip Morris”, cit., punto 16 della decisione.
155
concorrenza sia necessario, ossia se gli obiettivi che si vogliono realizzare non
possano comunque essere raggiunti attraverso il libero gioco delle forze di
mercato.
A quest’ultimo proposito va fatta un’ulteriore considerazione.
Uno dei motivi di ricorso sollevati dalla societa’ Philip Morris Holland riguardava
la carenza di motivazione della decisione impugnata poiche’ la Commissione non
aveva precisato i criteri in base ai quali era stata rilevata la sussistenza di
restrizioni della concorrenza, in particolare non aveva delimitato il “mercato
rilevante” al fine di valutare in quale misura l’aiuto in questione avrebbe potuto
pregiudicare la concorrenza.
Sebbene nel caso in esame la Corte abbia rigettato, anche sotto questo profilo, il
ricorso della societa’ olandese, sembra interessante analizzare la nozione di
“mercato rilevante” poiche’ essa comunque gioca un ruolo importante nella
valutazione degli effetti degli aiuti, contribuendo ad individuare le circostanze
concrete in base alle quali valutare l’incidenza degli aiuti sugli scambi.
La definizione di “mercato rilevante” ai fini dell’applicazione delle norme sulla
concorrenza e’ stata formulata dalla Commissione in una comunicazione volta a
precisare le circostanze da valutare per la corretta interpretazione degli articoli 81 e
82 (ex articoli 85 e 86) del Trattato e di alcuni regolamenti del Consiglio relativi a
particolari settori (trasporti, agricoltura, ecc.)157. Scopo di tale definizione e’ quello
di individuare l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro.
La Commissione ha ritenuto opportuno adottare una precisa comunicazione al
riguardo, al fine di rendere piu’ trasparente i propri processi decisionali e la
politica seguita in materia di concorrenza, anche per cercare di prevenire il
contenzioso fra le istituzioni comunitarie e gli Stati membri, dato che per questi
ultimi dovrebbe essere piu’ agevole prevedere <<se esiste la possibilita’ che la
Commissione esprima delle obiezioni sotto il profilo della concorrenza in un
determinato caso>>158.
ll mercato viene definito sia sotto il profilo del prodotto che sotto il profilo
geografico, cosi’ da determinare quali siano i concorrenti effettivi delle imprese
beneficiarie di un aiuto e verificare se essi siano potenzialmente danneggiati dallo
stesso, poiché ne condiziona il comportamento o impedisce loro di operare in
modo indipendente da effettive pressioni concorrenziali.
In relazione al prodotto, dunque, la Commissione ha definito il mercato rilevante
come quello comprendente <<tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati
intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei
prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati>>.
In rapporto al territorio da prendere in considerazione, il mercato geografico
rilevante e’ quello che comprende <<l’area nella quale le imprese in causa
forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza
sono sufficientemente omogenee e che puo’ essere tenuta distinta dalle zone
157
158
Comunicazione della Commissione 97/C 372/03.
Cosi’ la Commissione nella Comunicazione 97/C 372/03 citata.
geografiche contigue perche’ in queste ultime le condizioni di concorrenza sono
sensibilmente diverse>>.
La Commissione ha, in sostanza, ritenuto che le imprese siano soggette a tre
principali fonti di pressioni concorrenziali: la sostituibilita’ dell’offerta, la
sostituibilita’ della domanda e la concorrenza potenziale.
Le definizioni formulate nella comunicazione in esame, sebbene siano riferite
all’applicazione di altre norme del Trattato, sono utili anche nell’interpretazione
delle disposizioni sugli aiuti ma non sono, in tale ipotesi, vincolanti. Nella sentenza
“Philip Morris”, infatti, la Corte ha rifiutato l’argomento secondo cui nell’applicare
l’articolo 87 del Trattato la Commissione doveva delimitare, fra le altre cose, il
mercato rilevante individuando tutti gli elementi sopra precisati. Secondo la Corte
di Giustizia, le circostanze di fatto prese in considerazione dall’istituzione
comunitaria nel caso di specie erano sufficienti a dimostrare l’incidenza dell’aiuto
sugli scambi159, non essendo la Commissione, nell’applicazione dell’articolo 87,
vincolata ad esaminare esaustivamente tutti i dati relativi alla definizione del
“mercato rilevante”.
Il fatto che le nozioni contenute nella Comunicazione citata non assumano
carattere cogente nelle decisioni degli organismi comunitari sull’ammissibilita’
degli aiuti non vuol dire pero’ che esse non abbiano alcuna importanza nel
ragionamento della Corte e della Commissione. Esse infatti stabiliscono comunque
dei criteri validi al fine di individuare le circostanze concrete che possono giocare
un ruolo nella posizione dell’impresa beneficiaria dell’aiuto, tant’e’ che in altre
occasioni la Corte di Giustizia ha espressamente indicato tali criteri fra quelli da
prendere in considerazione nell’effettuare la valutazione della compatibilita’ degli
aiuti con il mercato comune160.
Le nozioni esaminate, in particolare quelle relative alle tre fonti di pressione
concorrenziale cui sono sottoposte le imprese161, vengono in considerazone per
esempio quando si tratti di verificare l’incidenza sugli scambi di un aiuto concesso
ad un’impresa che operi soltanto sul mercato interno. L’esame della sostituibilita’
della domanda e dell’offerta, infatti, consente di rilevare che anche in questo caso
l’aiuto puo’ danneggiare la posizione delle imprese degli altri Stati. Come
sostenuto dalla Corte di Giustizia <<quando uno Stato membro concede un aiuto
ad un’impresa, la produzione interna puo’ risultare invariata od aumentare, con la
conseguenza che, nelle condizioni quali quelle accertate dalla Commissione, le
possibilita’ delle imprese con sede in altri Stati membri di esportare i loro prodotti
159
La Corte infatti ritenne sufficiente il fatto che, realizzati gli investimenti progettati, la
societa’ ricorrente avrebbe effettuato piu’ del 50% della produzione olandese di sigarette e che
avrebbe esportato negli altri Stati membri piu’ dell’80% della propria produzione.
160
Cfr. la sentenza “Papierwarenfabriek”, 13 Marzo 1985, in cause riunite 296 e 318/82, in
Raccolta 1985, p.849.
161
La sostituibilita’ dell’offerta, la sostituibilita’ della domanda e la concorrenza potenziale.
nel mercato di questo stato membro ne sono diminuite>>162 . D’altra parte, si e’
detto che, ai fini dell’articolo 87 TUE, viene in rilievo anche l’alterazione
potenziale della concorrenza, sicche’ si considera non solo l’eventuale erosione
delle quote di mercato possedute dalle imprese che non hanno beneficiato
dell’aiuto, ma anche la produzione che esse avrebbero potuto incrementare in
assenza dell’intervento pubblico a favore delle imprese concorrenti163.
Va infine precisato che le istituzioni comunitarie hanno ritenuto che un aiuto possa
avere effetti distorsivi della concorrenza anche qualora esso non comporti un
miglioramento in termini assoluti della posizione dell’impresa destinataria rispetto
a quella delle sue concorrenti e sia volto, invece, a riportare il beneficiario i
condizione di parita’ con le imprese operanti in altri Stati membri.
Nella sentenza “Assegni familiari per i lavoratori dell’industria tessile”164 la Corte
di giustizia ritenne inammissibile un aiuto volto a ridurre gli oneri sociali gravanti
sui datori di lavoro nel settore dell’industria tessile, nonostante lo Stato italiano
avesse rilevato che in tal modo l’impresa veniva messa in una condizione di parita’
rispetto alle concorrenti operanti in altri Stati membri, che non erano gravate da
simili oneri. L’Avvocato Generale Warner, nelle conclusioni alla sentenza ritenne
sufficiente il dato che la riduzione dei costi, ottenuta mediante lo sgravio fiscale,
aumentava la competitivita’ dell’industria, falsando cosi’, a suo dire, la
concorrenza165.
162
Sentenza 13 Luglio 1988, in causa 102/87, “Repubblica Francese c/ Commissione delle
Comunita’ europee”, in Raccolta 1988, p.4067. In dottrina cfr. LEANZA U., op.cit., secondo cui
“gli aiuti possono in concreto incidere sugli scambi fra gli Stati membri anche quando sono
concessi soltanto a favore di una produzione interna, potendo in questo caso ridurre la
competitivita’ degli analoghi prodotti esteri”.
163
Cfr. la decisione “Offshore”, n.79/496/CEE, in cui la Commissione dichiara che <<se non vi
fosse stato l’aiuto la parte dei produttori degli altri Stati membri avrebbe potuto essere piu’
importante di quanto sia attualmente>>. In dottrina cfr. SCHINA D., State aids under the EEC
Treaty. Articles 92 to 94, Oxford, 1987. HANCHER, OTTERVANGER, SLOT, EC State Aids,
London, 1993. Va comunque precisato che qualora l’aiuto sia erogato a favore di un’impresa che
abbia una produzione tipica dello Stato in questione, immettendo sul mercato prodotti
esclusivamente locali, allora non puo’ essere considerato suscettibile di incidere sugli scambi
infracomunitari. Anche in questo caso sembra potersi affermare che giocano un ruolo decisivo i
fattori concorrenziali sopra descritti, i particolare il fatto che non e’ soddisfatta la condizione
della sostituibilita’ dell’offerta. Cfr. la Ventesima Relazione sulla politica di concorrenza della
Commissione, in cui si afferma che un aiuto puo’ essere ritenuto ammissibile “in considerazione
del fatto che il mercato di detti materiali e’ quasi esclusivamente locale e che il pericolo di
falsare la concorrenza e’ effettivamente remoto>>.
164
Sentenza 173/73, del 2 Luglio 1974, in Raccolta 1974, p.709.
165
In questo caso, dunque, la nozione di “distorsione della concorrenza” adottata dalla Corte e
dall’Avvocato generale corrisponde a quella mera alterazione delle posizioni preesistenti delle
imprese. Assumendo invece la prospettiva secondo cui distorsione della concorrenza e’ quella
che pregiudichi gli obiettivi che attraverso la tutela del libero mercato si vogliono conseguire
probabilmente la Corte nel caso di specie sarebbe giunta a conclusioni diverse. Cfr. quanto detto
supra, nelle note precedenti.
La decisione e’ stata giustamente criticata in dottrina poiche’ si e’ ritenuto che essa
fosse frutto di un’applicazione miope della disciplina sugli aiuti, attenta alla lettera
degli articoli 87 - 89 del Trattato piuttosto che alla loro ratio. La Corte non ha
considerato infatti che la riduzione degli oneri sociali in questo caso avrebbe
riportato le imprese in una condizione di sostanziale uguaglianza nei confronti
delle altre e quindi, piuttosto che distorcere, avrebbe ripristinato la vera
concorrenzialita’ fra le stesse166.
166
Cosi’ FRIGNANI - WAELBROECK, Disciplina della concorrenza nella CEE, cit., la cui
posizione si ritiene di condividere, i quali osservano che “il fine degli articoli 92-94 e’ di
realizzare una situazione di foot of equality non solo fra imprese dello stesso Stato, ma altresi’ (e
soprattutto) fra imprese di Stati membri diversi” e che dunque “bisogna andare alla sostanza piu’
che arrestarsi alla forma (giudicare i risultati piu’ che i mezzi impiegati)” .
Conclusioni. Libera concorrenza e riequilibrio territoriale nella disciplina
sugli aiuti di Stato alla luce della “prospettiva comunitaria”: i diritti
fondamentali e la costruzione del mercato comune europeo.
L’analisi dei principali aspetti della disciplina sugli aiuti di Stato induce a svolgere
alcune considerazioni sul ruolo assunto dalla politica di concorrenza della
Commissione, in questo specifico settore, nell’ambito del processo di integrazione
europea. Quali sono i diritti fondamentali in gioco quando si discute di aiuti di
Stato, quali gli interessi in conflitto e come incidono sulla fisionomia dello spazio
comune europeo, sono le domande cui si tentera’ di dare un risposta.
E’ stato osservato che la materia degli aiuti ha svolto finora un ruolo decisamente
importante nella “costituzione economica comunitaria”167. La Commissione
europea, infatti, ha utilizzato i poteri di vigilanza e sanzione sugli aiuti per
orientare le politiche economiche degli Stati membri e comporre la tensione fra
obiettivi nazionali e obiettivi comunitari, fra la liberta’ di concorrenza e il diritto
alla promozione dello sviluppo dei territori e dei settori piu’ svantaggiati, che sono
i valori sostanzialmente messi in discussione dall’intervento pubblico a favore
delle imprese. Analizzando lo spazio assegnato dal Trattato e dalle istituzioni
comunitarie a tali valori si può rilevare che, forse, la costruzione del mercato
comune europeo non e’ un’operazione vocata esclusivamente all’instaurazione di
un’area di libero scambio ma e’ percorsa anche da altre esigenze che, soprattutto
oggi, alla luce del progetto di una Costituzione europea, vanno assumendo sempre
maggiore importanza.
Ciò appare più evidente dall’analisi degli strumenti utilizzati dalla Commissione,
grazie ai poteri a essa conferiti dagli articoli 87 e 88 del Trattato, per il
perseguimento degli obiettivi comunitari, e del nesso fra la politica degli aiuti di
Stato e la promozione dei valori fondamentali della Comunita’, in particolar modo
del riequilibrio territoriale.
Nel paragrafo relativo alla valutazione degli effetti degli aiuti si e’ visto come la
Commissione operi un balancing test fra il principio di libera concorrenza e altri
obiettivi contenuti nel Trattato. L’articolo 87, paragrafo 3, infatti, indica alcune
ipotesi in cui la concessione di un aiuto da parte di uno Stato membro nei confronti
di un’impresa puo’ essere dichiarata compatibile con il mercato comune, in quanto
tale aiuto contribuisce al raggiungimento di alcune finalita’ ritenute “meritevoli di
tutela” da parte dell’ordinamento comunitario.
Fra tali ipotesi, particolare attenzione meritano le lettere a) e c) contenute
nell’articolo 87, paragrafo 3, che, rispettivamente, prevedono << aiuti destinati a
favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente
167
DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione nell’attuazione del diritto comunitario:
il controllo sugli aiuti statali alle imprese, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
1993, p.399 e ss.
basso>> e <<aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivita’ o di talune
regioni economiche, sempreche’ non alterino le condizioni degli scambi in misura
contraria al comune interesse>>. Si tratta degli aiuti a finalita’ regionale, erogati a
favore delle imprese operanti in determinate regioni di cui si intende sostenere lo
sviluppo al fine di eliminare le disparita’ esistenti fra i vari territori all’interno della
Comunita’.
Tali aiuti contribuiscono al raggiungimento di quella coesione economico-sociale
che l’articolo 2 del Trattato indica fra gli obiettivi che la Comunita’ ha il compito
di promuovere attraverso l’instaurazione del mercato comune e dell’unione
economica e monetaria.
L’articolo 87 del Trattato, come si e’ gia’ osservato, conferisce alla Commissione
un ampio margine di discrezionalita’ nella valutazione della compatibilita’ degli
aiuti, poiche’ i concetti di “distorsione della concorrenza” o “alterazione degli
scambi”, che sono i parametri utilizzati dall’organo comunitario, possono essere
variamente interpretati a seconda delle circostanze. La stessa Corte di Giustizia ha
piu’ volte affermato che il giudizio di compatibilita’ degli aiuti coinvolge fatti e
circostanze complesse atte a modificarsi rapidamente e che <<nella sfera di
applicazione dell’articolo 87, n.3, del Trattato la Commissione dispone di un
ampio potere discrezionale, il cui esercizio implica valutazioni d’ordine economico
e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario>>168.
Naturalmente cio’ non vuol dire che la Commissione sia completamente arbitra di
assumere le sue decisioni poiche’ queste, comunque, sono soggette al controllo
della Corte di Giustizia.
La giurisprudenza della Corte e la stessa Commissione hanno formulato nel corso
del tempo alcuni principi che informano la valutazione degli aiuti, va inoltre detto
che la Commissione tende ormai sempre piu’ frequentemente a pubblicare i propri
orientamenti relativi a settori specifici di intervento degli Stati - per esempio
riguardo agli aiuti alla ricerca e sviluppo o alle piccole e medie imprese ovvero agli
aiuti a finalita’ regionale169 - in modo da rendere noti i criteri di giudizio che
verranno utilizzati nell’esame delle agevolazioni concesse in tali ambiti170. Tali
168
Sentenza “Boussac”, 14 Febbraio 1990, in causa C - 301/87, Francia c/ Commissione, in
Raccolta 1990, p. 307; v. anche la sentenza 11 Luglio 1996, in causa C-39/94, in Raccolta 1996.
169
Rispettivamente: Comunicazione 96/C 45/06, “Disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato
alla ricerca e sviluppo”; Raccomandazione della Commissione relativa alla definizione delle
piccole e medie imprese, 96/280/CE; Comunicazione della Commissione relativa ai “regimi
generali di aiuti a finalita’ regionale” del 4 Novembre 1971, e Orientamenti in materia di aiuti di
Stato a finalita’ regionale, 98/C 74/06.
170
Il problema dei limiti alla discrezionalita’ della Commissione e’ stato oggetto di diversi
contributi in dottrina e in questa sede se ne puo’ solo accennare. E’ stato cosi’ osservato che il
giudizio di compatibilita’ degli aiuti e’ sia di legittimita’ che di merito, poiche’ riguarda sia la
ricorrenza dei presupposti indicati dall’articolo 87, paragrafi 2 e 3, che consentono in alcuni casi
di derogare al divieto alla concessione di aiuti posto dal paragrafo 1 dello stesso articolo, sia la
congruita’ delle misure adottate al raggiungimento degli scopi in relazione ai quali sono previste
le deroghe, cfr. DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione, cit. I principi elaborati
dalla Commissione sono quelli della “giustificazione compensatoria”, gia’ esaminato, quello di
orientamenti non solo contengono i parametri di riferimento al fine del controllo di
legittimita’ degli aiuti ma sono anche veri e propri atti di indirizzo nei confronti
delle istituzioni nazionali dei Paesi membri, che dovranno conformare i propri
interventi di politica economica alle indicazioni in essi contenute, a meno che non
vogliano vedere censurate le misure adottate ad opera della Commissione171.
Interessa rilevare a questo punto la particolare prospettiva assunta dalla
Commissione nell’effettuare il bilanciamento tra gli obiettivi perseguiti dagli Stati
tramite la concessione degli aiuti e la tutela della liberta’ di concorrenza fra le
imprese nel mercato comune. Nella prima Relazione sulla politica di concorrenza
la Commissione ha ribadito che l’azione comunitaria e’ volta all’instaurazione di
un sistema in cui non vi siano distorsioni di concorrenza e che gli aiuti di Stato non
devono pregiudicare lo scopo della libera circolazione dei beni o compromettere la
distribuzione ottimale dei fattori di produzione. Immediatamente dopo, pero’, ha
proporzionalita’, che si combina con il principio precedente; il principio di necessita’, in base al
quale deve esservi un nesso di causalita’ fra l’aiuto da concedere e lo scopo legittimo cui e’
diretto e, soprattutto, deve essere accertato che, senza l’aiuto, il solo gioco delle forze di mercato
non avrebbe consentito al destinatario di adottare un comportamento che contribuisse a
raggiungere gli obiettivi previsti dalle deroghe di cui all’articolo 87, n.3, (cfr. il quarto
considerando della Decisione della Commissione 82/295/CEE; la Decisione “Renault”,
88/454/CEE); il principio di non discriminazione, che comporta che gli aiuti non possano essere
concessi solo alle imprese nazionali ma debbano essere accessibili a tutte le imprese; un ulteriore
principio, infine, e’ quello della trasparenza, l’aiuto, cioe’, deve essere erogato con modalita’ tali
da consentire agli organi comunitari la valutazione della sua intensita’ e di tutti i riflessi che puo’
avere sull’economia del settore cui si riferisce. I principi esposti sono stati formulati dalla
Commissione nel corso del tempo in diversi atti, soprattutto nelle decisioni riferite ai casi
sottoposti al suo esame, nelle comunicazioni riguardanti alcuni aiuti settoriali, e nelle Relazioni
sulla politica di concorrenza annualmente presentate al Parlamento europeo. Tali principi, non va
dimenticato, sono comunque espressione del potere della Commissione di autolimitazione della
propria discrezionalita’, sicche’ la loro vincolativita’ e’ relativa e passa essenzialmente attraverso
il vaglio della Corte di Giustizia, la quale li ha utilizzati in numerose pronunce. Critico sul ruolo
svolto dalla Corte e’ DELLA CANANEA G., Il ruolo della Commissione, cit., che sottolinea
come “la discrezionalita’ di cui la Commissione dispone nell’esercizio dei suoi poteri e’
rafforzata dal self-restraint che contrassegna da tempo il controllo giurisdizionale svolto dalla
Corte di Giustizia”. I contributi della dottrina in argomento sono numerosi, cfr. fra gli altri
FLYNN, State aids.Recent case law of the European Court, in Common Market Law Review,
1987; HANCHER L, State aids and judicial control in the European Community, in European
Competition Law Review, 1994; ANTONIOLI, Le comunicazioni della Commissione tra diritto
comunitario e diritto interno, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1, 1995; LASOK, The Commission’s
powers over illegal State Aids, in European Competition Law Review, 1990; SLOT P.J.,
Procedurals aspects of State aids: the guardian of competition versus the subsidy villains?, in
Common Market Law Review, 1990.
171
Il fatto che tali orientamenti siano contenuti in delle comunicazioni, atti atipici e formalmente
non vincolanti, ha sollevato dubbi di legittimita’ in dottrina. V. WELLENS e BORCHARDT,
Soft Law in the European Community, in European Law Review, 1989; DELLA CANANEA G.,
Il ruolo della Commissione, cit.; ORLANDI M., Le comunicazioni della Commissione: un atto
normativo atipico, in Rivista amministrativa della Repubblica italiana, 5, 1994; CAPELLI F.,
Portata ed efficacia delle decisioni della Commissione CEE in materia di aiuti, in
Dir.com.scambi int., 4, 1988.
riconosciuto che gli interventi degli Stati rappresentano necessari strumenti di
politica strutturale quando l’operativita’ del mercato, da sola non rende possibile
raggiungere <<certain objectives of development justified for the sake of better
quantitative or qualitative growth or when it leads to intolerable social tension>>.
E’ questo il motivo per cui sono state previste delle deroghe al divieto di
concessione di aiuti alle imprese, e dunque al principio di non intervento negli
scambi, perche’ tali aiuti, piuttosto che pregiudicare, possono talvolta contribuire
allo svolgimento dell’attivita’ economica in condizioni di effettiva parita’ fra gli
investitori.
In particolare, gli aiuti a finalita’ regionale servono a ripristinare le condizioni di
parita’ fra le imprese, in qualsiasi regione della Comunita’ esse si trovino.
Nel primo considerando della Risoluzione del Consiglio sugli aiuti regionali e’
espressamente affermato che tali aiuti <<quando sono adeguati e oculatamente
applicati, costituiscono uno degli strumenti indispensabili dello sviluppo regionale
e permettono agli Stati membri di effettuare una politica regionale intesa a favorire
un’espansione piu’ equilibrata tra le varie regioni di uno stesso paese e della
Comunita’>>172.
Riequilibrio territoriale, da una parte, e libera concorrenza, dall’altra: entrambi
vanno bilanciati tenendo in considerazione non tanto l’obiettivo che lo Stato
intende raggiungere tramite l’aiuto all’interno del proprio paese ma nell’ottica
della compatibilita’ degli aiuti nel contesto comunitario. La Commissione ha infatti
piu’ volte affermato che interverra’ a bloccare l’erogazione degli aiuti quando
questi non solo causano effetti dannosi nei confronti degli altri Stati membri ma lo
fanno senza che vi sia un ritorno in termini di <<more active growth for the
Community as a whole>>173. Gli aiuti, insomma, vengono valutati alla luce della
“prospettiva comunitaria”. Reintrodurre tale prospettiva nell’ambito delle politiche
adottate dai Paesi membri e’ la finalita’ principale del controllo operato dalla
Commisione sugli interventi pubblici a favore delle imprese. Cio’ fa si’ che gli
obiettivi perseguiti dagli Stati vengano “comunitarizzati”, si inseriscano cioe’ nel
contesto di uno sviluppo armonioso della Comunita’ contribuendo a
raggiungerlo174.
172
Risoluzione del Consiglio del 20 Ottobre 1971, in GUCE C 111 del 4 Novembre 1971; la
concessione di aiuti regionali e’ soggetta, fra l’altro, ai criteri individuati dalla Commissione
negli orientamenti emanati in materia (98/C 74/06) che forniscono alcuni elementi di giudizio
di cui la Commissione terra’ conto nell’effettuare il balancing test fra i valori in gioco. La
Commissione cosi’ precisa che comunque deve essere garantito <<un equlibrio fra le disorsioni
della concorrenza che ne derivano e i vantaggi dell’aiuto in termini di sviluppo di una regione
sfavorita>>.
173
E’ la c.d. contropartita comunitaria di cui si e’ parlato a proposito del principio della
giustificazione compensatoria.
174
Cosi’, espressamente, la Commissione nella Prima Relazione sulla politica di concorrenza,
riferita al 1971. Si potrebbe dire che si realizza in tal modo una sorta di “coamministrazione” fra
gli Stati membri e le istituzioni comunitarie degli aiuti al fine di realizzare gli obiettivi del
riequilibrio territoriale e del raggiungimento della parita’ di condizioni dello svolgimento
dell’attivita’ imprenditoriale fra le imprese. Per un ripensamento della distinzione fra
La “doppia anima del Trattato” 175, dunque, trova un equilibrio nella disciplina
degli aiuti di Stato alle imprese, attraverso il bilanciamento fra i contrapposti
interessi che entrano in gioco nei casi sottoposti all’attenzione delle istituzioni
comunitarie. Tale equilibrio e’ difficile e precario e, soprattutto, non puo’ essere
definito una volta per tutte ma varia in ragione del mutare delle circostanze e del
cammino percorso dall’integrazione comunitaria.
E’ stato rilevato che la Comunita’ europea non e’ e non deve essere intesa solo
come un’area di libero scambio, ma come una cornice per la formulazione di
politiche comuni e che, se e’ vero che l’eliminazione delle barriere alla libera
circolazione di beni, servizi, capitale e lavoro e’ stato un obiettivo chiave fin dalla
nascita dell’Europa unita, tale scopo e’stato fin dall’inizio accompagnato dal
tentativo di rafforzare la solidarieta’ fra gli Stati membri176.
La libera concorrenza e l’abbattimento delle barriere di qualsiasi tipo alla liberta’
degli scambi costituiscono, dunque, indubbiamente i principi informatori del
sistema comunitario e la via scelta dagli Stati per l’instaurazione del mercato
comune e tuttavia, dopo Maastricht e soprattutto alla luce della redazione della
Costituzione europea, l’approfondimento del processo di integrazione ha ormai
ampliato i fini della Comunita’ e fra questi ve ne sono alcuni la cui realizzazione
puo’ passare attraverso una limitazione di tali principi.
E’ importante osservare che in numerosi rapporti commissionati dalle istituzioni
comunitarie nel corso degli anni e’ stato evidenziato il fatto che l’apertura del
mercato potrebbe avere un impatto negativo sulle regioni meno sviluppate, che
potrebbero subire “shocks da integrazione”177 dovuti ad una perdita sia di capitale
che di lavoro a causa dell’attrazione esercitata dalle regioni piu’ industrializzate,
dotate di maggiori infrastrutture e specializzazione dei lavoratori178. E’ ormai un
competenze comunitarie e nazionali v. KRISLOV, ELEHRMANN, WEILER, The Politic
organs and the decision-making process in the United States and in the European Community, in
CAPPELLETTI, SECCOMBE, WEILER, Integration Trough Law. The european and American
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Amsterdam. L’identita’ costituzionale dell’Unione europea, in Il Mulino, 5, 1997.
175
STAMMATI G., Disciplina degli aiuti, in STAMMATI, VALSECCHI, L’integrazione
economica europea, Roma, 1960, che sottolinea la contrapposizione fra il principio della
concorrenza e le “attivita’ ordinate a conseguire determinati fini di politica economica
riconosciute in se’ lecite dall’ordinamento”.
176
MORTENSEN, Improving Economic and Social Cohesion in the EEC, London, 1994.
177
L’espressione e’ di MORTENSEN, Improving Economic and Social Cohesion in the EEC,
cit., p.6, il quale rileva che la Comunita’, a paragone con altre economie integrate, come gli Stati
Uniti, e’ una “highly - divergent trading zone” riguardo, per esempio, alla distribuzione della
ricchezza e all’occupazione.
178
Il rischio e’ stato evidenziato gia’ nei lavori preparatori del Trattato e rimarcato nel Rapporto
Spaak e in numerosi rapporti successivi alla creazione delle Comunita’ europee. Cfr. il Rapporto
Werner, nel Supplemento 11 al Bollettino CE 19/70; il Rapporto redatto dal gruppo di lavoro
guidato da T. Padoa -Schioppa, in Efficienza, stabilita’ ed equita’, Il Mulino, 1987; la Relazione
Governativa al Disegno di legge relativo alla ratifica ed esecuzione dei Trattati istituenti la CEE
e l’Euratom, in Atti Parlamentari del 27 Marzo 1957, n.2814. In dottrina cfr. LEANZA,
dato pacifico che “i benefici derivanti dall’apertura del mercato sono elevati ma
che l’equita’ della loro distribuzione non puo’ essere data per scontata”179. D’altra
parte, il perseguimento di un alto livello di integrazione fra tutte le regioni
comunitarie e’ un obiettivo dettato non solo da considerazioni attinenti alla
promozione e alla tutela dei diritti fondamentali all’interno della Comunita’, ma
anche da ragioni di carattere economico, legate all’efficiente utilizzazione di tutte
le risorse, che verrebbe compromessa dal permanere di condizioni di sottosviluppo
di alcune parti della Comunita’. A favore di tale obiettivo giocano, fra l’altro,
considerazioni di natura politica, essendo plausibile che l’approfondimento del
processo di integrazione, qualora dovesse riflettersi negativamente sulle condizioni
di vita e di occupazione di grosse fette di “cittadini comunitari”, corra il rischio di
venire accolto con entusiasmo sempre minore e di perdere consenso180.
La materia degli aiuti di Stato costituisce un esempio importante di come la tutela
della libera concorrenza e la coesione economico - sociale si compongano
nell’ambito della politica di concorrenza della Commissione. L’esame delle
decisioni adottate dagli organi comunitari in tale settore dimostra che il mercato
comune, nel processo di integrazione europea, non solo non e’ un dato immutabile,
un “locus naturalis” 181, ma costituisce una nozione dinamica, la cui fisionomia e’
Commento all’articolo 92 del Trattato, in Commentario CEE, Giuffre’, 1965, che osserva che le
condizioni create dall’instaurazione del mercato comune e cioe’ la caduta delle barriere
doganali, il costo minore della mano d’opera e la maggiore produttivita’ degli investimenti “non
erano sufficienti ad assicurare automaticamente un piu’ rapido progresso nelle regioni
inizialmente meno favorite e quindi un livellamento delle condizioni di vita tra regioni a
sviluppo economico diseguale” e che “si sarebbe potuto verificare al contrario che la differenza
di sviluppo tendesse ad aumentare complessivamente, ove le condizioni fondamentali per lo
sviluppo non fossero state innanzitutto create dagli Stati in cui le regioni sottosviluppate sono
situate”.
179
Cosi’ il Rapporto redatto dal gruppo di lavoro guidato da Padoa -Schioppa, in Efficienza,
stabilita’ ed equita’, cit., che sottolinea che “e’ ampiamente provato che il processo di
integrazione economica non puo’ fare affidamento sulla semplice fiducia nel benevolo operare
della <<mano invisibile>> “.
180
Tali considerazioni diventano ancora più attuali e urgenti alla luce dell’ingresso nell’Unione
dei paesi dell’Europa dell’Est. Cfr. MOLLE, Regional Disparity and Economic Development in
the European Community, Saxon House, 1980; MORTENSEN, Improving economic and social
cohesion, cit.;
181
IRTI N, Diritto e mercato, in AA.VV., Il dibattito sull’ordine giuridico del mercato, Laterza,
1999, il quale osserva che l’economia di mercato “lungi dal presentarsi come un ordine trovato
in natura, e percio’ a rigore inviolabile e incontrovertibile, rivela la propria indole artificiale,
politica e storica”, e che non c’e “un’economia di mercato” ma vi sono “le economie di
mercato”, costituite e conformate dalle regole che le disciplinano. Tali considerazioni sono state
al centro di un ampio dibattito sulla stampa, nelle universita’, nella dottrina in genere. Senza la
pretesa di entrarvi nel merito, si ritiene che le considerazioni esposte possano essere riferite alla
conformazione del mercato comune europeo, in particolare al fatto che tale nozione non puo’
essere intesa come qualcosa di oggettivamente dato, alla quale piegare ciecamente i diritti
fondamentali ma, come dimostra la vicenda degli aiuti di Stato (e in generale la politica di
concorrenza delle istituzioni comunitarie di cui tale vicenda e’ espressione), e’ “uno spazio
disegnata, nel corso del tempo, dalle scelte politiche delle istituzioni comunitarie e
degli Stati membri. La conformazione del mercato comune europeo non puo’,
quindi, essere intesa come qualcosa di oggettivamente dato, alla quale piegare
ciecamente i diritti fondamentali ma, come dimostra la vicenda degli aiuti di Stato,
e in generale la politica di concorrenza delle istituzioni comunitarie di cui tale
vicenda e’ espressione, e’ “uno spazio comune” che va costruendosi nel corso
dell’approfondimento del processo di integrazione europea.
Tale processo e’ caratterizzato dalla tensione, al suo interno, fra diversi obiettivi
che corrono parallelamente e sono necessari al raggiungimento di piu’ alti livelli di
integrazione, a meno di non volere incrinare la base di consenso, per molti aspetti
gia’ fragile, a fondamento della Comunita’. Il ruolo che ai diritti fondamentali
vorra’ assegnarsi nell’ambito di questo spazio comune non e’ gia’ deciso dalle
logiche economiche ma e’ frutto di scelte politiche ben precise che devono essere
rese chiare a tutti i “cittadini europei” affinche’ siano espressione di decisioni
democratiche prese nel legittimo esercizio della sovranita’ popolare.
comune” che va costruendosi nel corso dell’approfondimento del processo di integrazione
europea.
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La materia degli aiuti di Stato è disciplinata dal Titolo VI del Trattato