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Le mattonelle maioliche
del Castello di Buda
e le loro origini italiane
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QUATTROCENTO I PAVIMENTI DI MAIOLICA ERANO FAVORITI IN ITALIA.1
Mattia Corvino che chiamò artigani e maestri italiani alla ricostruzione del castello di Buda (fig. 1), seguiva la moda italiana anche nella pavimentazione. Ne fa testimonianza anche Antonio Bonfini, secondo la cui descrizione nel suo libro Rerum
Hungaricarum Decades cito «...tesselata vermiculataque ubique pavimenta teruntur, nonulla encaustica sunt.»2 L’ esistenza dei pavimenti di maiolica è giustificata
anche dalle mattonelle le quali furono ritrovate negli scavi del Castello di Buda.
In Italia Alfonso il Magnanimo, il re di Napoli, il nonno di Beatrice d’Aragona,
la moglie di Mattia Corvino portò nella moda il pavimento ispano-moresco. Secondo
le fonti storiche fra il 1446 e il 1447, nel 1449 e nel 1456 lui ordinò piastrelle smaltate e dipinte al ceramista valenzano di origine araba, Joan Almurcì per lavori di ricostruzione del Castel Nuovo di Napoli. In base alle mattonelle le quali furono ritrovate lì e nell’altro castello, nel Castel dell’Oro, sappiamo che le mattonelle sono
esagonali allungate e quadrate su cui erano dipinti gli stemmi Aragona-Sicilia ed
Aragona-Napoli e le imprese alfonsine del «libro aperto», del «miglio» e del «trono
periglioso». Queste mattonelle erano caratterizzate dalla rigorosa bicromia data dall’azzuro di cobalto sullo smalto stannifero.3
Questa moda della decorazione della pavimentazione fu seguita subito a Napoli: così nel palazzo di Diomede Carafa, nella chiesa di San Giovanni a Carbonara
(nella cappella di Sergianni Caracciolo), nella chiesa Santa Maria Donnaregina, nella cappella Crocifisso della chiesa San Pietro a Maiella, nella cappella Brancaccio
della chiesa di San Angelo a Nilo, nel convento San Lorenzo Maggiore e nella cappella San Tommaso.4 In questi casi la pavimentazione veniva eseguita secondo le
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1. fig. Il castello di Buda alla fine del XV. sec.
(Hartmann Schedel: Liber cronicarum. 1493)
pavimentazioni valenzane. Un modulo ottagonale era composto da quattro esagoni allungati attorno ad un tozzetto quadrangolare centrale. Tutte le mattonelle formavano una unità decorata autonoma. I motivi caratteristici erano il tralcio fiorito
di origine ispano-moresca, la foglia gotica la quale si era sviluppata nell’ arte ceramica italiana, il motivo cosiddetto occhio di penna di pavone di origine orientale,
la palmetta persiana e la rosetta. Le mattonelle erano decorate spesso con motivi
araldici, figurazione di animali e di persone. Il colore dominante è l’azzurro di cobalto e gli altri colori caratteristici erano su base bianca : il giallo, il verde, il bruno,
e il viola.5 La stessa struttura e lo stesso repertorio si diffusero presto anche nell’altra parte dell’Italia, per esempio nella cappella Mazzatosa della chiesa Santa Maria
della Verità a Viterbo intorno al 1470, nelle cappelle laterali della Certosa di Pavia, e
nella cappella Bichi in Sant’ Agostino di Siena del 1488. Si ritrovano lo stesso stile e
lo stesso schema della pavimentazione, ma di spiccato gusto iberico, nel Castel Sant’
Angelo a Roma e nella cappella Giustiniano nella chiesa di Sant’Elena a Venezia. Un
esempio tardivo di questo stile delle pavimentazioni è nei territori d’Oltraalpe la pavimentazione della Abbazia di Herkenrode del 1532.6
La maggior parte delle mattonelle di Buda corrisponde allo stesso tipo, benchè formino più gruppi in base ai loro motivi decorativi. Una parte delle mattonelle è senza bordatura, in cornice blu, con il tralcio di stile cosiddetto italo-moresco
(fig. 2). Sui tralci ci sono dei fiori e bocci dipinti con i colori giallo, verde, bruno e
violetto. Ci sono pezzi bicolori, in blu e in bianco. Ci sono pezzi sui quali i colori sono dipinti posteriormente dopo la cottura. In base alla qualità, ai colori e allo stile
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classifico delle piastrelle con figure di animali in questo gruppo (fig. 2). Queste mattonelle sono di ottima qualità, con lo smalto grasso e luminoso. I motivi sono dipinti con i colori ocra, bruno chiaro ed azzurro con i contorni blu. Le figure sono
disegnate da mano sicura, e corrispondono alla fisiognomia degli animali, intorno
a loro la terra e i vegetali sono segnalati dai tratti di pennello.
2. fig. 1. gruppo delle mattonelle del Castello di Buda
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Le piastrelle con figure di animali furono prodotte a metà del Quattrocento
per la chiesa San Giovanni a Carbonara di Napoli.7 Le raffigurazioni delle mattonelle di Buda somigliano a quelle del cosiddetto «Maestro della cappella Brancaccio di Napoli», ma le loro analoghe si trovano anche sulla pavimentazione della cappella Vaselli in San Petronio a Bologna.8 Con tali raffigurazioni sono decorate le piastrelle sparse nei musei di tutto il mondo, e che appartennero alla chiesa Santa Maria del Riposo di Fano. Figure di animali simili sono sulla pavimentazione della
cappella Lando della chiesa San Sebastiano a Venezia datata al 1510.9 Si possono
classificare in questo gruppo un frammento di Buda con la figura umana e due piccoli frammenti con la decorazione geometrica (fig. 2).
Nel centro di altre mattonelle di Mattia c’è un’impresa con intorno una bordatura. Su alcune mattonelle di questo gruppo ci sono anche figure di animali, ma
più semplici del tipo precedente, senza raffigurazione di muscoli e mantelli, senza
ombra. Sulla maggioranza di questo gruppo si possono vedere in parte le imprese
della famiglia Aragona (fig. 3): il trono periglioso, il libro aperto, il miglio, il monte
3. fig. 2. gruppo delle mattonelle del Castello di Buda
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di diamanti e il fascio di lancia. Altre sono decorate con le imprese di Mattia Corvino, con la clessidra e con il pozzo (fig. 3). L’origine del calderone sul rogo fiammante
non è determinata.10 I simboli aragonesi risalgono alla prefigurazione napoletana.
Le bordature sono decorate con l’occhio di penna di pavone caratteristico nel Quattrocento, con fascia che si avvolge intorno a una verga, con treccia conosciuta dall’arte romana, o con fascia piegata, la quale è anche presente sulla pavimentazione della cappella Vaselli di Bologna.
Un gruppo separato è formato dalle mattonelle sulle quali si possono osservare i motivi decorati adottati dall’arte romana, i motivi cosiddetti all’antica (fig. 4).
Intorno alle imprese d’Aragona si vedono le bianche ghirlande delicate, legate dai
nastrini di color arancione, i bianchi corni dell’abbondanza ed i bianchi larghi festoni di foglie sul fondo blu. Nel centro delle due mattonelle si vede un simmetrico
motivo vegetale. Questi motivi si trovano anche nel repertorio grottesco del pavimento della Cappella Vaselli di Bologna e sono, come i loro precursori della decorazione di maiolica, dell’epoca del Cinquecento la quale è diventata popolare particolarmente dopo il 1500 sull’ influsso dei monumenti ritrovati dell’ arte romana.
4. fig. I motivi cosiddetti all’antica sulle mattonelle del Castello di Buda
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Le mattonelle ottagonali e i piccoli quadrati costituiscono l’altro gruppo delle piastrelle di Buda (fig. 5). Il loro smalto stannifero è sfumato e sbiadito, è di qualità peggiore del tipo posteriore. Neanche la loro colorazione è fresca ed intensa. I
motivi erano disegnati dal pennello grosso sul fondo bianco sporco ed erano colorati con l’ocra, con il blu e con il bruno. Le piastrelle ottagonali hanno due variazioni. Secondo una delle variazioni nel circolo concernente i lati del poligono è disegnata la bordatura di parecchie fasce nel cui centro c’è una rosetta o l’animale di
stemma della famiglia Hunyadi, il corvo che tiene un anello in bocca. Nell’ altra variazione c’ è uno scudo con il quadro ottagonale nel quale si vede il corvo o il leone
con la corona. Il corvo decora anche le piccole mattonelle quadrate.
Le mattonelle poligonali regolari apparivano nella pavimentazione della Cappella Gaetani del Duomo di Capua la quale fu fatta dopo 1466, probabilmente in
una bottega napoletana.11 Un esempio bellissimo per questo modo della decorazione della pavimentazione si trova nella Cappella Vaselli della Basilica di San Pe5. fig. 3. gruppo delle mattonelle del Castello di Buda
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tronio di Bologna che fu fatta verso il 1488 come un lavoro del maestro Pietro Andrea di Faenza e dei suoi compagni.12 Queste pavimentazioni erano costruite con
piastrelle esagonali regolari, ma il modo della loro costruzione era uguale alle piastrelle di Buda. Il motivo principale era disegnato nel circolo che tocca i lati del poligono o nella bordatura poligonale. La produzione delle mattonelle ottagonali con
motivi analoghi a Faenza alla fine del XV. secolo è giustificata da un frammento ritrovato insieme a scarti di forno.13 Le mattonelle ottagonali erano usate nel primo
Cinquecento a Mantova e nella cappella Lombardini-Monsignani della chiesa San
Francesco a Forlì.14
Le mattonelle di Buda si collocano bene negli ambiti dell’arte della maiolica
del Quattrocento. È difficile definire le loro prefigurazioni poiché i motivi trovavano larga diffusione generalmente nei centri italiani della produzione di maiolica nella seconda metà del Quindicesimo secolo. Eppure le piastrelle esagonali ed allungate e poi la costruzione della pavimentazione formata da queste e l’uso delle imprese aragonesi alludono a Napoli. All’arte della maiolica napoletana non è estra6. fig. Le mattonelle rovinate di Buda
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nea neanche la raffigurazione di animali, sebbene questi motivi si trovino anche sui
prodotti delle botteghe di altri centri dell’arte della maiolica, per esempio sulla pavimentazione della Cappella Vaselli della Basilica di San Petronio a Bologna, fra i cui
motivi si trovano anche i paralleli di altri motivi delle mattonelle di Buda. Nelle botteghe di Faenza la produzione delle piastrelle poligonali regolari con il quadro dell’immagine simile alle mattonelle di Buda è giustificata. D’altra parte, le analogie
dei motivi di alcune mattonelle di Buda si vedono anche sui piatti decorati con gli
stemmi di Mattia Corvino i quali sono definiti dalla ricerca nuova come prodotti di
Pesaro.15 Benché la letteratura speciale non consideri probabile che le mattonelle
fossero trasportate in Ungheria via terra dall’Italia, non si può escludere che una
parte delle mattonelle di Buda fosse ordinata in una bottega italiana. Sebbene di
botteghe di maiolica non se ne siano ancora trovate a Buda, i pezzi rovinati dimostrano la produzione locale (fig. 6). Si può anche immaginare, che un maestro italiano facesse le mattonelle a Buda con l’argilla locale ma le dipingesse con la materia di smalto portata dall’Italia. C’è un documento che dimostra la presenza di un
ceramista italiano a Buda secondo cui un membro di una famiglia vasaria importante pesarese, il De Figulis partì per l’Ungheria all’inizio del 1488.16
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NOTE
1 Sono grata alla Prof.ssa Júlia Nyerges che ha corretto il mio testo e al Sig. Bence Tihanyi che ha fat-
to le fotografie.
2 Antonius Bonfinius, Rerum Hungaricarum Decades. Posonii 1744, Libr. VII. 495.
3 MIDDIONE 1979. 71–74, tav. XXb; DONATONE 1994. 18-19, fig. 4d, e, f, tav. 93b.
4 DONATONE 1994. 19, fig. 5a, 20–21, 42, tav. 1, 5–8, 83–85a, 91, 92, 96a–b.
5 BALLARDINI 1933. 13; LIVERANI 1960. 18–24; RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 47; DONATONE 1994.
19-20; RAVANELLI GUIDOTTI 1998, 118–121, 131, 153, 169.
6 RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 47–48, tav. 1-5. Le mattonelle del Castel Sant’Angelo a Roma: MAZ-
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ZUCATO 1985. 16–18, tipo D fig. 1–3; tipo F. La pavimentazione della Abbazia di Herkenrode: DUMORTIER 2000. 101, fig. 3. In questo caso sorge la domanda se non era Maria von Habsburg, la
vedova di Lodovico II, del re d’Ungheria e da 1531 la governatrice dei Paesi Bassi, da ispirare la costruzione della pavimentazione. Maria von Habsburg potè vedere delle pavimentazioni simili nel
Castello di Buda.
7 DONATONE 1994. tav. 86a–c.
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Gli esempi napoletani: DONATONE 1994, tav. 5–8. Sulla pavimentazione della cappellaVaselli di
Bologna: RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 257–263, 276–278.
9 PAOLINELLI 2006. fig. 2, 12; LIVERANI 1962. tav. XLVI; CIARONI 2004. 70–72.
10 Le imprese aragoni: DONATONE 1994. 40, fig. 4 e, f, tav. 93b. DE MARINIS 1952, 131–133. I simboli di Mattia Corvino: BERTALANNÉ 1952. 188; ZENTAI 1973, 370.
11 DONATONE 1994. 22–23, tav. 87–88; RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 48, tav. 7a–c.
12 RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 25, tav. 1, 31, scheda 292.
13 RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 38, tav. 10b. Altri frammenti ottagonali da Faenza: 37–38, tav. 10a,
10c, nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza 37, tav. 8b.
14 OZZOLA 1953. 5, tav. 1; CIARONI 2004. 54-55; RAVANELLI GUIDOTTI 1988. 51, 16a–f; RACKHAM
1940. Pl. 47–48, No. 279.
15 BETTINI 1997. 170–172; CIARONI 2004. 74.
16 BETTINI 1997. 171–173.
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Nuova Corvina - Numero 20 (2008.)