Opinioni Diritto comunitario Scommesse on line e regolazione del mercato Alea iacta est. La disciplina delle scommesse on-line ed il dialogo istituzionale sulla libertà di concorrenza e la regolazione del mercato di Francesca Maschio L’attuale disciplina nazionale delle scommesse on-line - in Italia, come nell’assoluta maggioranza degli Stati membri dell’Unione Europea - è caratterizzata da una sostanziale non conformità rispetto alle previsioni applicabili di diritto comunitario. La questione cruciale è l’individuazione della legge applicabile e del foro competente, per le attività in Internet: le norme nazionali sono valutate inadeguate a fornire una protezione idonea ai soggetti interessati ed al mercato. La soluzione adottata per detta questione nel diritto dei consumatori è l’applicazione obbligatoria della legge nazionale e del foro nazionale dell’utente/consumatore: in attuazione delle direttive comunitarie in materia di servizi, di diritto dei consumatori ed attraverso il crescente sistema sanzionatorio europeo, penale ed amministrativo, finalizzato alla repressione degli illeciti in Internet. Le scommesse on-line, tuttavia, sono un servizio assolutamente peculiare rispetto alle menzionate misure: un servizio oggetto di monopolio, che ciascuno Stato membro intende mantenere sotto il controllo esclusivo nazionale. Il Parlamento Europeo e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea hanno recentemente denunciato la violazione del diritto comunitario. Si intende offrire il panorama del regime giuridico in via di mutazione, con dettaglio sulla giurisprudenza recente, che ha affrontato questioni rilevanti quali lo stabilimento, la fornitura ed il brokering delle scommesse in Internet: campo di confronto tra le istituzioni domestiche e le istituzioni comunitarie, in cui si ricerca il bilanciamento tra libertà di iniziativa economica e regolazione del mercato. La scommessa: breve analisi giuridica La scommessa costituisce un tipico contratto aleatorio, che collega all’esatta previsione di un evento futuro ed incerto, alla vittoria o all’avverarsi di un esito, la promessa della corresponsione di denaro o di altro bene (1). La disciplina contenuta nel codice civile, agli artt. 1933 ss., è strutturata nella c.d. tripartizione classica, che distingue i) giochi e scommesse tutelati; ii) giochi e scommesse proibiti; iii) giochi e scommesse tollerati (2). Il debito di giuoco o di scommessa costituisce una tradizionale ipotesi di obbligo sociale e non di obbligazione giuridica (3) - come previsto espressamente dal nostro codice civile, all’art. 1933 (4). Diversa considerazione e disciplina è riservata Note: (1) Le prime trattazioni sistematiche sulla disciplina giuridica del- 126 le scommesse in Italia risalgono a Buttaro Del giuoco e della scommessa, in Comm. Scialoja e Branca (Art. 1933-1935), 1959; Valsecchi, Il giuoco e la scommessa, Milano, 1954; Valsecchi, voce Giuochi e scommesse (diritto civile), in Enc. dir., XIX, 49; Ascarelli, Contratto plurilaterale e totalizzatore, in Studi in tema di contratti, Milano, 1952, 169; si confrontino anche Buttaro, voce Giuoco e scommessa (diritto civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989, vol. XV, 2; Riccio, Il gioco e la scommessa, in Di Giandomenico e Riccio, I contratti aleatori, in Trattato di dir. priv. diretto da Bessone, Torino, 2005, 121. (2) Sacco, Il contratto, in Trattato di dir. civ., diretto da Vassalli, vol. VI, tomo II, Torino, 1975, 608: «la collocazione dell’art. 1933, e del capo XXI, possono ragionevolmente far concludere che gioco e scommessa costituiscono un vero contratto nominato». (3) La regola è l’opposto del caso, anche se proprio il caso può essere eletto a regola e rafforzare così il suo essere immanente in ogni momento dell’esistenza. Così Rodotà, “La vita e le regole”, Milano, 2006, 136. (4) Si rammenta la didascalica spiegazione di Bianca: “le regole del gioco non sono giuridiche in sé e possono al più rilevare come presupposti di fatto per l’applicazione di regole giuridiche. Il (segue) il Corriere giuridico 1/2011 Opinioni Diritto comunitario dal codice alle competizioni sportive, il cui esito può costituire oggetto di scommesse giuridicamente vincolanti, ex art. 1934 c.c.: in tale ipotesi, la norma avrebbe la ratio di favorire l’interesse pubblico per le attività sportive. A tale proposito, il codice prevede che l’autorità giudiziaria può rigettare la domanda o ridurre l’ammontare della somma giocata. Si distingue in dottrina tra scommesse bilaterali e scommesse plurilaterali, quali scommesse di gruppo con organizzazione e gestione esterna ai partecipanti scommettitori. Questa seconda struttura, ad oggi assolutamente prevalente per rilevanza economica (5), ha la ratio di lasciare l’organizzazione del rapporto economico-giuridico ad un soggetto diverso dai partecipanti al rapporto di scommessa, con una funzione mediatrice delle scommesse altrui, ma soprattutto di ravvisare nell’ente gestore il soggetto responsabile e tenuto in proprio a pagare la vincita, secondo una regolamentazione del rapporto che somma caratteri di natura privatistica e di natura pubblicistica (6). Legittimità della raccolta di scommesse e fondamento del controllo pubblico Nel disciplinare la scommessa, il legislatore ha dunque abdicato al divieto assoluto: considerando il desiderio di giocare innato nell’uomo (7), si è ritenuto molto più saggio canalizzare tale desiderio, nell’interesse dell’individuo e della società (8). La legittimazione della raccolta di scommesse persegue obiettivi di ordine pubblico: si previene che l’attività venga gestita illegalmente, come rilevato in Stati in cui vige un divieto assoluto e, nel contempo, si consente allo Stato di mantenere la possibilità di vigilare sulle scommesse gestite legalmente, atteso che tale vigilanza deve perseguire l’obiettivo principale della tutela del singolo giocatore. Non meno pregnante è l’aspetto fiscale: lo Stato ha interesse a conseguire le maggiori entrate possibili dal monopolio su giochi, scommesse e lotterie. Il legislatore deve, quindi, nell’adozione di norme sulle scommesse, contemperare l’obiettivo di disciplina e mirare a che detto monopolio sia gestito in modo tale da fargli conseguire i maggiori introiti possibili. Ecco giustificato il monopolio di Stato, in Italia come nell’assoluta maggioranza degli Stati membri dell’Unione Europea: l’autorizzazione amministrativa è condizione di liceità della gestione delle scommesse sportive e delle lotterie, nella forma organizzata da un gestore professionale (distinguendo, quindi, dalla mera scommessa occasionale tra privati) (9). il Corriere giuridico 1/2011 Il regime delle concessioni in materia di organizzazione ed esercizio dei giochi, scommesse e concorsi pronostici In particolare, il decreto legge n. 138 del 2002, convertito in legge n. 178 del 2002, ha stabilito l’unificazione delle competenze in capo all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (“AAMS”), alla quale sono affidate in concessione tutte le funzioni in materia di organizzazione ed esercizio dei giochi, scommesse e concorsi pronostici (10), ferma Note: (segue nota 4) gioco e la scommessa costituiscono di massima un’attività ricreativa della persona e possono quindi soddisfare un interesse sociale apprezzabile; non è tuttavia socialmente apprezzabile la speculazione economica perseguita attraverso tali attività”. Bianca, Diritto civile, Le obbligazioni, Milano, 1993, 797. (5) Tra queste particolari forme di scommessa si considera anche la lotteria, quale partecipazione a pagamento all’estrazione di premi in denaro o altri beni. Anche le lotterie danno luogo ad azioni civili, quando siano legalmente autorizzate dalla pubblica autorità (art. 1935 c.c.): la lotteria non autorizzata, infatti, costituisce reato. (6) Le scommesse autorizzate e disponibili per via telematica in Italia sono le seguenti: scommesse sportive a quota fissa; scommesse ippiche; lotterie istantanee (“Gratta e vinci”); ippica nazionale e internazionale, operativa dal 4 marzo 2008; concorsi pronostici (“Totocalcio”, “il 9” e “Totogol”) e scommesse a totalizzatore (“Big Match” e “Big Race”) operativi dal 5 marzo 2008; giochi di abilità operativi dal 2 settembre 2008; “Superenalotto” e “Superstar”, operativi dal 2 luglio 2009; “Bingo”, operativo dal 23 dicembre 2009; “Win for life”, operativo dal 30 marzo 2010. Si confrontino i dati pubblicati dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, aggiornati al 31 luglio 2010. (7) Si invita a riflettere sulla correttezza di tale presunzione. Sul problema del gioco compulsivo e sul programma di recupero di giocatori anonimi, si legga la Relazione sull’integrità del gioco d’azzardo on line, di Schaldemose, adottata dal Parlamento Europeo, del 10 marzo 2009. In particolare, i governi degli Stati membri dovrebbero avere obiettivi comuni e cooperare per adottare misure contro la pubblicità aggressiva e l’offerta di giochi illegali […] tutelare i giovani dalla dipendenza dal gioco con controlli più efficaci e la limitazione della posta scommessa. (8) Moscati, Il giuoco e la scommessa, in Trattato Dir. Priv. diretto da P. Rescigno, vol. XIII, Utet, Torino, 1985, 135 (9) L’organizzatore può assumere un ruolo ed una funzione diversa secondo il ruolo che assume nella conclusione del contratto, come scommettitore o intermediario: nelle lotterie e nel gioco del lotto, ad esempio, l’alea del contratto tra organizzatore e giocatori ricade sul primo, il quale si obbliga a corrispondere al vincitore un importo predeterminato. Paradiso, Giuoco, scommessa, rendite, in Trattato di diritto civile. - I singoli contratti, Vol. VIII, Torino 2006, 89. (10) Si veda il sito istituzionale dell’AAMS in Internet (http://www.aams.gov.it), ove si afferma che l’azione di AAMS muove dalla considerazione del gioco quale fattore di promozione e sviluppo dell’integrazione sociale e della comunicazione tra gli individui. AAMS assolve al proprio ruolo disegnando le linee guida per il razionale e dinamico sviluppo del settore e verificando costantemente la regolarità del comportamento degli operatori. Inoltre, interviene nel contrasto di ogni fenomeno illegale ed agisce in garanzia della ottimizzazione del gettito erariale di competenza. 127 Opinioni Diritto comunitario restando la riserva a favore del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (“CONI”) sulle scommesse a totalizzatore e a quota fissa sulle competizioni sportive organizzate e svolte sotto il proprio controllo, ivi comprese le competizioni internazionali, i giochi mondiali, continentali, di area europea ed extraeuropea riguardanti gli sport olimpici (art. 6, legge n. 496 del 1948). Invero, la materia delle concessioni della raccolta di scommesse è soggetta a diversi provvedimenti: l’autorizzazione di pubblica sicurezza deve essere concessa dalla Questura, ai sensi dell’art. 88 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (“TULPS”), Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. La concessione di natura amministrativa è rilasciata agli operatori privati dall’AAMS, ai sensi dell’art. 4, legge n. 401 del 1989 (11); in proposito, è rilevante la novità introdotta dalla legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria per il 2008), all’art. 24, commi da 11 a 32: al fine di contrastare la diffusione di giochi e scommesse irregolari o illegali on-line, è prevista l’emanazione di regolamenti atti a disciplinare ex novo o ad ampliare la disciplina relativa all’esercizio e alla raccolta a distanza dei giochi. Duecento nuove concessioni della durata di 9 anni, dovranno essere assegnate, secondo specifici requisiti e condizioni, entro il 2011: i nuovi concessionari dovranno operare tramite il sistema centrale dell’AAMS, mentre il giocatore dovrà stipulare con il concessionario un apposito contratto di “conto di gioco”. Sono definite, altresì, le sanzioni penali e amministrative nonché i casi di sospensione della concessione (12). Da ultimo, il D.L. n. 40 del 2010 (convertito in l. n. 73/2010) «Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali nella forma dei cosiddetti “caroselli” e “cartiere”, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori» ha introdotto norme di riorganizzazione e potenziamento dell’AAMS: in particolare, la raccolta del gioco a distanza con vincita in denaro, effettuata da parte dei soggetti concessionari, è stata limitata esclusivamente alle sedi e con le modalità previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione quindi di qualsiasi altra sede, modalità o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica (art. 2, comma 2-bis). È stato previsto che la licenza per l’esercizio delle scommesse sia richiesta anche per la gestione delle sale ove si installano apparecchi idonei per il gioco lecito, facen- 128 ti parte della rete telematica (art. 2, comma 2-quater). Infine, è stato differito al 16 maggio 2011 il termine - in origine fissato al 15 settembre 2009 - per l’avvio delle procedure per un nuovo affidamento in concessione della rete per la gestione telematica del gioco lecito (art. 2, comma 2-sexies). La legislazione comunitaria sui servizi e la protezione dei consumatori Le istituzioni comunitarie sono intervenute nella disciplina delle scommesse on-line con norme dapprima indirette, in fonti quali la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (direttiva sui servizi), la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (direttiva sul commercio elettronico), la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Interventi ad hoc hanno investito le Note: (11) L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) regola il comparto del gioco pubblico in Italia attraverso una verifica costante dell’operato dei concessionari e una mirata azione di contrasto all’irregolarità. Inoltre esercita l’attività di controllo sulla produzione, distribuzione e vendita dei tabacchi lavorati e sulla riscossione e versamento delle imposte che vi gravano. Disposizioni di carattere fiscale sono contenute all’art. 12 del d.l. 39/2009 (decreto Abruzzo). Al fine di assicurare maggiori entrate da destinare alla copertura del decreto, l’AAMS è autorizzata ad adeguare il regolamento sui giochi di abilità a distanza con vincita in denaro (D.M. n. 186 del 2007), al fine di prevedervi la raccolta a distanza di giochi di sorte a quota fissa e la raccolta di giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo (aliquota del 20% delle somme non restituite al giocatore); prevedere poteri di controllo più penetranti da parte dei concessionari della rete telematica; prevedere la possibilità per i concessionari di personalizzare alcuni palinsesti di gioco; disporre l’attivazione di nuovi giochi di sorte legati al consumo. (12) Ai sensi della legge n. 401 del 1989, art. 4, comma 4-bis (testo introdotto dall’art. 37 l. 23 dicembre 2000, n. 388) si sanziona penalmente l’esercizio abusivo delle scommesse su competizioni sportive in via telematica; la norma è applicata a chiunque, privo di concessione e autorizzazione o licenza di pubblica sicurezza ex art. 88 T.U.L.P.S., svolga un’attività organizzata diretta ad accettare o raccogliere, anche per via telefonica o telematica, scommesse di qualsiasi genere gestite in Italia o all’estero. L’art. 4, comma 4-ter, applica dette sanzioni a chiunque effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione all’uso di tali mezzi. Si precisa così che per la gestione di scommesse pubbliche per via telefonica o telematica è necessaria, oltre alla concessione e all’autorizzazione di polizia, anche una specifica autorizzazione del Ministero delle Comunicazioni in relazione al mezzo impiegato. il Corriere giuridico 1/2011 Opinioni Diritto comunitario regole in vigore in tutti gli Stati membri sulla base del principio di sussidiarietà, con crescente attenzione al fine di proteggere i consumatori dalla dipendenza e dalla frode, di prevenire il riciclaggio di denaro sporco e altri crimini finanziari, come anche le partite dal risultato concordato, e di preservare l’ordine pubblico. Si deve citare la Risoluzione, dell’8 maggio 2008, sul Libro bianco sullo sport, quindi con l’interrogazione orale presentata alla Commissione il 16 ottobre 2006 dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori sul gioco d’azzardo e le scommesse sportive nel mercato interno (O-0118/2006), la successiva discussione del 14 novembre 2006 in seno alla Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e Risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2009 sull’integrità del gioco d’azzardo online (2008/2215(INI) (2010/C 87 E/08) (13). Se gli Stati membri hanno regolamentato i rispettivi mercati del gioco e della scommessa tradizionale al fine di proteggere i consumatori dalla dipendenza, dalla frode, dal riciclaggio di denaro e dalla prassi di concordare i risultati delle partite, le istituzioni comunitarie hanno dovuto affrontare la difficoltà di perseguire simili obiettivi politici on-line (14). Nell’ambito della Risoluzione del 10 marzo 2009, “sull’integrità del gioco d’azzardo on-line”, il Parlamento europeo ha proposto agli Stati membri un impegno volto a prevenire non soltanto la frode ed il crimine nelle attività di gioco e di scommessa, ma anche il gioco d’azzardo irregolare, la tutela dei minori, la legislazione in materia di tutela dei consumatori e il diritto penale e tutelando le competizioni sportive da qualsiasi influenza indebita legata alle scommesse sportive. Considerando che le scommesse sportive e gli altri giochi online si sono sviluppati rapidamente soprattutto per via transfrontaliera tramite Internet, nella Risoluzione si riconosce agli Stati membri il diritto di regolamentare e controllare i propri mercati del gioco e della scommessa conformemente alle proprie tradizioni e culture, al fine di proteggere i consumatori dalla dipendenza, dalla frode, dal riciclaggio di denaro sporco e dal fenomeno di concordare il risultato delle partite nello sport, nonché di tutelare le strutture di finanziamento tradizionali che finanziano le attività sportive e alcune altre cause sociali negli Stati membri (15). La Risoluzione ribadisce che gli operatori del gioco d’azzardo devono osservare la legislazione dello Stato membro in cui forniscono i propri servizi e in cui risiedono i consumatori e si sottolinea che i servizi di gioco d’azzardo devono essere considerati un’attività economica di natura molto speciale, per via de- il Corriere giuridico 1/2011 gli aspetti di ordine pubblico e sociale e di assistenza sanitaria ad essi correlati, per la quale la concorrenza non porterà ad una migliore ripartizione delle risorse, ragione per cui il gioco d’azzardo richiede un approccio multi-pilastro (16). A tale fine, si richiede ai legislatori ed agli operatori privati di cooperare con gli altri attori che operano nel settore del gioco d’azzardo on-line, quali ad esempio gli operatori del Note: (13) La dottrina rileva il crescente rapporto tra la disciplina dei rapporti di consumo e quella della concorrenza. Si veda, in particolare, G. Alpa, Introduzione al diritto dei consumatori, Bari, 2006. Accanto a una ricchissima disciplina sostanziale, formata negli ultimi venti anni su impulso comunitario, si è formata anche una articolata disciplina procedurale e processuale che individua sedi, forme e rimedi nuovi rispetto alle tradizionali azioni esperibili davanti al giudice ordinario, dai semplici reclami a procedure complesse come le class actions introdotte con la recentissima L. 18 giugno 2009, n. 69. Si veda V. Zeno Zencovich, Diritto processuale dei consumatori, EGEA, 2009. (14) Il Parlamento Europeo si è avvalso del “Documento informativo sul gioco d’azzardo online, incentrato sull’integrità e sul codice di condotta per il gioco d’azzardo”, presentato dalla Europe Economics Research Ltd, nonché dello “Studio sui servizi del gioco d’azzardo nel mercato interno dell’Unione europea”, del 14 giugno 2006, elaborato per la Commissione dall’Istituto svizzero di diritto comparato (ISDC). In particolare, il Parlamento Europeo ha dovuto prendere atto che il reddito generato dalle attività di gioco d’azzardo, gestite o autorizzate dal governo, rappresenta di gran lunga la più importante fonte di reddito delle organizzazioni sportive in molti Stati membri. Detti documenti hanno mostrato che tutti gli Stati membri hanno differenziato le restrizioni sulla base del tipo di servizio on-line, come i giochi di casinò, le scommesse sportive, le lotterie o le scommesse sulle corse dei cavalli, evidenziando che la maggioranza degli Stati membri vieta lo svolgimento - compreso quello eseguito da operatori locali - dei giochi di di azzardo e dei casinò on-line e che un numero significativo di Stati vieta altresì le scommesse sportive e le lotterie online. (15) A sostegno della tesi che un sistema non controllato di scommesse on-line può diventare un rischio, si richiamano casi esemplari di degenerazione di alcuni eventi sportivi, con partite truccate e scommesse clandestine. Tristemente emblematica la vicenda del portiere della squadra inglese di calcio di Liverpool, Bruce Grobbelaar(16), colpevole di aver influenzato l’esito di una partita per alcune scommesse. Non essendo in grado di pagare la sanzione cui fu condannato, Grobbelaar fu dichiarato fallito..Lord Bingham of Cornhill commentò: «La fattispecie di reato di diffamazione protegge coloro la cui reputazione è stata illegalmente danneggiata. Protegge poco, o nulla, coloro che non hanno alcuna reputazione meritevole di tutela legale. Fino al 9 novembre 1994, quando il giornale pubblicò il primo articolo contro di lui, la reputazione del ricorrente in appello era specchiata. Ma questi ha poi agito in una maniera in cui nessun calciatore onesto agirebbe mai, in una maniera, oltretutto, che mina alle fondamenta l’integrità di un gioco che riscuote la lealtà e il sostegno di milioni di persone». (16) Un approccio multi-disciplinare nelle pagine di McLuhan: i giochi sono media di massa, “situazioni escogitate per permettere la partecipazione simultanea di molte persone a qualche schema significante delle loro vite collettive […] Il denaro, come magazzino di potere e d’abilità e come acceleratore degli scambi riesce ancora a portare molta gente a una trance di estrema serietà”. In detta interpretazione del sociologo McLuhan, dove collocare la scommessa, tra gioco e denaro? Si veda McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Milano, 1967, 260. 129 Opinioni Diritto comunitario settore, le organizzazioni dei consumatori, le organizzazioni sportive, le associazioni del settore e i media, che condividono la responsabilità di garantire l’integrità del gioco on-line e di informare i consumatori (17). Regime concessorio e principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la posizione delle Corti in Italia Come rilevato, il fondamento del controllo statale è ravvisato nelle ragioni di ordine pubblico e nelle esigenze imperative di interesse generale; invero, la legislazione italiana si propone non già di contrastare la domanda e l’offerta del gioco e delle scommesse on-line, ma di esercitare un controllo preventivo e successivo, al fine sia di prevenirne la possibile degenerazione criminale sia di massimizzare gli introiti fiscali da essi derivanti (18). La non conformità della normativa italiana in tema di scommesse on-line con i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi è stata affermata per la prima volta nella nota decisione della Corte di Giustizia 6 novembre 2003, n. C-243-01, Gambelli (19). La Corte di Giustizia ha affermato che la normativa nazionale, contenente divieti - penalmente sanzionati - di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi (20). Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, le restrizioni ai richiamati principi sono configurabili solo se vengano rispettati determinati criteri, quali la presenza di motivi imperativi di interesse generale, l’idoneità a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, in terzo luogo, la proporzionalità delle misure adottate per il raggiungimento di questo, dovendo in tal caso peraltro essere applicate in modo non discriminatorio. La Corte ha precisato che è in ogni caso da escludere che considerazioni di ordine fiscale, esplicitamente presenti in molti interventi legislativi e regolamentari dello Stato italiano, possano giustificare le restrizioni alla normativa comunitaria. Le restrizioni sono legittime, per contro, in base ad esigenze di carattere sociale o di contrasto del crimine, quali la tutela del consumatore, la prevenzione alla frode, il contenimento dei fenomeni di “ludopatia” (21). 130 Note: (17) Nella Risoluzione, il Parlamento europeo ha proposto alla Commissione di svolgere uno studio, in stretta collaborazione con i governi nazionali degli Stati membri, sugli effetti economici e non della fornitura di servizi di gioco d’azzardo on-line transfrontaliero, esortando la Commissione e gli Stati membri a specificare il luogo d’imposizione fiscale delle attività di gioco d’azzardo on-line. (18) Questa finalità è ben individuata nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare di indagine conoscitiva sul settore dei giochi e delle scommesse, 26 marzo 2003, ove si sottolinea che 1e esigenze di bilancio devono trovare un limite nella conferma dei compiti di tutela dell’ordine pubblico e della salute dei cittadini, che potrebbero essere messi in pericolo da una diffusione incontrollata, indiscriminata e senza regole di tipologie di giochi e scommesse (Senato, XIV Legislatura, Doc. XVII, 2003, 3). (19) Vedila segnalata in Osservatorio, in questa Rivista, 2004, 2, 252. (20) Si noti che, nella sentenza Gambelli, la Corte di Giustizia ha affermato che le restrizioni ammissibili devono perseguire in ogni caso l’intento di un’autentica riduzione delle opportunità di gioco, mentre il finanziamento di attività sociali attraverso un prelievo sugli introiti derivanti dai giochi autorizzati costituisce solo una conseguenza vantaggiosa accessoria e non la reale giustificazione della politica restrittiva attuata. In tal senso la Corte ha ritenuto che spetti al giudice del rinvio verificare se tale normativa (nella specie l’art. 4 della legge n. 401/1989) sia proporzionata e risponda realmente ad obiettivi di tutela del consumatore, di prevenzione delle frodi, e di tutela dall’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al giuoco, occorrendo che le restrizioni fondate su tali motivi e sulla necessità di prevenire turbative dell’ordine sociale siano idonee a garantire la realizzazione di detti obiettivi nel senso che tali restrizioni debbono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico. Laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie ai giuochi d’azzardo, o alle scommesse, affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario le autorità di uno Stato membro non possono invocare l’ordine pubblico sociale, con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti restrittivi della predetta libertà di prestazione di servizi (p. 76, sentenza Gambelli). (21) La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha sempre confermato l’obbligo, per le amministrazioni e i giudici nazionali, di applicare pienamente il diritto dell’Unione Europea, nell’ambito della loro sfera di competenza e di tutelare i diritti conferiti da quest’ultimo ai cittadini (applicazione diretta del diritto dell’Unione), disapplicando qualsiasi contraria disposizione del diritto nazionale, sia essa precedente o successiva alla norma dell’Unione (supremazia del diritto dell’Unione sul diritto nazionale). Il principio della responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell’Unione costituisce, da un lato, un elemento volto a rafforzare in maniera decisiva la tutela dei diritti conferiti ai singoli dalle norme dell’Unione e, dall’altro, un fattore in grado di contribuire a un’applicazione più puntuale di tali norme da parte degli Stati membri. Le violazioni commesse da questi ultimi possono quindi dar luogo a obblighi di indennizzo. La Corte di cassazione, a sezioni unite, ha tentato di comporre il contrasto tra la normativa italiana e quella comunitaria, con la sentenza Cass. pen., S.U., 26 aprile 2004, n. 23271. Le Sezioni Unite hanno espresso il principio per cui, a fronte della finalità di tutela dell’ordine pubblico, ed in particolare della necessità di contrastare l’infiltrazione criminale nel settore dei giochi e delle scommesse, il regime sanzionatorio previsto dal citato art. 4, della legge n. 401/89 non è antitetico rispetto alle libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, previste rispettivamente dagli artt. 43 e 49 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea. Tuttavia, nella stessa sentenza si ammette che il legi(segue) il Corriere giuridico 1/2011 Opinioni Diritto comunitario Se il subordinare l’esercizio dell’attività di scommesse al preventivo rilascio della licenza di polizia potrebbe apparire giustificabile per finalità di tutela dell’ordine pubblico, il condizionare il rilascio della licenza al preventivo ottenimento della concessione o autorizzazione statale è circostanza difficilmente giustificabile sotto il profilo dell’ordine sociale, ed anzi evidentemente rappresentativa di un intento monopolistico. L’imposizione, da parte dell’ordinamento italiano, di una licenza di polizia vincolata al previo ottenimento di una concessione amministrativa, configurerebbe secondo la Corte di Giustizia un chiaro ostacolo ai due citati principi cardine del Trattato CE. Lo Stato italiano non ha modificato il regolamento delle concessioni per adeguarsi alla sentenza Gambelli (22). Nella sentenza della Corte di Giustizia 6 marzo 2007, relativa ai procedimenti riuniti C338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica (23), la Corte ha giudicato incompatibili con il diritto comunitario le sanzioni penali italiane, applicate alla raccolta di scommesse da parte di intermediari che operano per conto di società straniere, atteso che «uno Stato membro non può applicare una sanzione penale per il mancato espletamento di una formalità amministrativa, allorché l’adempimento di tale formalità viene rifiutato o è reso impossibile dallo Stato membro interessato in violazione del diritto comunitario» (p. n. 69 della sentenza). Per quanto concerne il problema della ritenuta discriminazione degli operatori esteri di scommesse nel mercato italiano, la Corte si è pronunciata sull’esclusione delle società di capitali dalle gare per l’attribuzione delle concessioni, definendola “sproporzionata” rispetto all’obiettivo di evitare che soggetti, che operano nel settore dei giochi d’azzardo, siano implicati in attività criminali o fraudolente. I giudici comunitari hanno pertanto chiamato lo Stato italiano a stabilire modalità procedurali tali da garantire la tutela dei diritti che spettano a tali operatori in virtù degli artt. 43 e 49 del Trattato CE (prevedendo, ad esempio, la revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni). La sentenza Placanica ha determinato un mutamento sostanziale nell’orientamento della Corte di cassazione: nella sentenza la Suprema Corte ha affermato che «è fuori dubbio che limiti ingiustificati sono esistenti nei confronti delle società quotate che hanno sede nei Paesi membri e che non hanno potuto partecipare alle gare per l’attribuzione delle licenze, sebbene fossero in possesso delle necessarie forme di autorizzazione, che il Paese ove sono stabi- il Corriere giuridico 1/2011 lite richiede per la gestione organizzata di scommesse in ambito nazionale ed europeo (24). Parimenti, limiti ingiustificati sono esistenti nei confronti delle persone operanti in Italia che sono escluse dal rilascio delle autorizzazioni ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 per il solo fatto di che la richiesta di autorizzazione sia finalizzata all’attività di raccolta delle scommesse per conto delle società quotate e prive di concessione” (25). Note: (segue nota 21) slatore italiano da vari anni persegue una politica di espansione del settore dei giochi e delle scommesse, essenzialmente per incrementare il gettito fiscale. La giurisprudenza di merito ha disatteso detto orientamento della Suprema Corte, risolvendo in modo contrastante con quest’ultima il conflitto insorto tra la fattispecie penale di cui all’articolo 4, Legge 401/89 - incriminante la raccolta abusiva di scommesse - ed i principi comunitari di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi rilevando una sostanziale assenza di finalità di ordine pubblico nella disciplina vigente e denunciando la discriminazione che la normativa italiana in materia di gioco e scommesse opera nei confronti degli operatori esteri di scommesse on - line. In questo modo, si crea infatti una situazione di monopolio che contrasta, oltre che con la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, anche con gli artt. 31 e 86 Trattato CE, i quali vietano qualsiasi discriminazione fra cittadini degli Stati membri, prescrivendo altresì la sottoposizione delle imprese monopoliste alle regole della concorrenza, in modo che lo sviluppo degli scambi non sia compromesso in modo contrario agli interessi della Comunità. (22) Si noti che, con legge 23 dicembre 2005, n. 266 (c.d. legge finanziaria 2006), si è previsto espressamente, all’art. 1, commi 535-536, accanto ai poteri dell’autorità e della polizia giudiziaria ove il fatto costituisca reato, un potere dell’AAMS di imporre ai gestori della rete Internet l’oscuramento dei siti che offrono la possibilità di effettuare scommesse on-line con operatori esteri. (23) Vedila segnalata in Osservatorio, in questa Rivista, 2007, 4, 566 . (24) Ne consegue che è da ritenersi non più sussistente il reato di cui all’art. 4, commi 1 e 4 bis, della legge n. 401 del 1989 e, in ossequio al principio di legalità di cui all’art. 25 Cost., deve disporsi l’assoluzione con formula piena, nei confronti di quei soggetti che operano nel nostro Paese, per conto di società quotate, aventi sede legale in Stati membri dell’Unione Europea, ove tali società siano state escluse dalla partecipazione alla gara per l’aggiudicazione delle concessioni in Italia per la raccolta di scommesse, ed ove - per converso - esse siano autorizzate, per l’esercizio della medesima attività, nel rispettivo Paese di provenienza. Inoltre, deve escludersi la responsabilità penale in capo al soggetto che si limiti, tramite postazione Internet, a fornire il supporto tecnico per l’inoltro dei dati dallo scommettitore al concessionario, in tal modo rimanendo estraneo al rapporto di scommessa (par. 72 della sentenza). (25) Nella sentenza Placanica, la Corte non ha invece risolto la questione sollevata da operatori di scommesse on-line (in particolare, inglesi) in Paesi diversi: la legittimità dell’esercizio dell’attività di bookmaker, in forza della licenza ottenuta nel proprio Paese d’origine. Si tratta del principio di “home country control”, in virtù del quale le autorità dello Stato in cui sono offerti i servizi di scommessa dovrebbero prendere atto di una “garanzia di rettitudine” nel Paese d’origine, evitando il meccanismo del doppio controllo, potenzialmente discriminante. 131 Opinioni Diritto comunitario Primato del diritto comunitario e monopolio statale Tale posizione è stata espressamente richiamata nella pronuncia della Corte di Giustizia 8 settembre 2009, n. C-42/07: con la citata sentenza i giudici comunitari hanno ribadito la legittimità delle limitazioni alle attività di gioco e scommesse e hanno ritenuto che “la restrizione [possa] essere considerata, tenuto conto delle particolarità connesse all’offerta di giochi d’azzardo su Internet, giustificata dall’obiettivo di lotta contro la frode e la criminalità” (26). Nella fattispecie, la Corte è stata chiamata ad intervenire a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunale penale di prima istanza di Porto (Portogallo). Nel merito, la vicenda traeva origine da ammende, inflitte dalla direzione della Santa Casa (istituzione statale portoghese che gestisce, in via esclusiva, le scommesse ed i giochi d’azzardo) alla Liga (Lega Calcio Professionisti portoghese) e alla Bwin (operatore estero di scommesse) per il fatto di aver violato la normativa nazionale che disciplina l’offerta di taluni giochi d’azzardo su Internet. Ciò in quanto, non esistendo una uniforme disciplina comunitaria nel settore dei giochi d’azzardo, ogni Stato membro deve - ad oggi - ritenersi libero di fissare, alla luce della propria scala di valori, regole poste a tutela dei consumatori, contro i rischi di frode e di criminalità, con l’unico limite della proporzionalità di tali regole rispetto agli obiettivi stabiliti. La sentenza è stata oggetto di critiche, come revirement rispetto alla sentenza Placanica, ove veniva privilegiata una visione concorrenziale dell’attività di raccolta delle scommesse. Detta interpretazione critica, tuttavia, risulta fugata dalla ultima giurisprudenza della Corte. In particolare, la sentenza della Corte di Giustizia 8 settembre 2010, n. C-409/06, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, verte sull’interpretazione degli artt. 43 CE e 49 CE, nonché sulle conseguenze che discendono dal principio del primato del diritto comunitario (27). La Corte ha riaffermato che, per giurisprudenza costante, le attività che consistono nel permettere agli utilizzatori di partecipare, dietro corrispettivo, a un gioco d’azzardo costituiscono attività di servizi ai sensi dell’art. 49 CE (in particolare, come pronunciato nelle sentenze 24 marzo 1994, n. C-275/92, Schindler, in Racc. I-1039, p. 25, e 21 ottobre 1999, n. C-67/98, Zenatti, in Racc. I-7289, p. 24). Lo stes- 132 so vale per l’attività consistente nel pubblicizzare e collocare giochi d’azzardo, atteso che tale attività costituisce solo una modalità concreta di organizzazione e di funzionamento dei giochi ai quali si riferisce. La Corte ha pertanto ricondotto la raccolta di scommesse nell’ambito di applicazione dell’art. 49 CE, qualora, come nel caso in esame, almeno uno dei prestatori sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui viene offerto il servizio, salvo che si applichi l’art. 43 CE. Quanto all’art 43 CE, la Corte ha ricordato che tale disposizione vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, ivi comprese le restrizioni all’apertura di agenzie, di succursali o di filiali (sentenza Gambelli, p. n. 45) (28) che trova applicazione ad una situazione in cui un’impresa stabilita in uno Stato membro disponga, in un altro Stato membro, di una presenza che si concretizzi in acNote: (26) In particolare, per la Corte di Lussemburgo (come già affermato nelle sentenze Schindler, Laara, Zenatti e Gambelli), «un’autorizzazione limitata dei giochi in un ambito esclusivo presenta il vantaggio di incanalare la gestione dei giochi medesimi in un circuito controllato, e di prevenire il rischio che tale gestione sia diretta a scopi fraudolenti e criminosi» (p. 64 della sentenza). (27) Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Winner Wetten GmbH (in prosieguo: la «WW») e la Bürgermeisterin der Stadt Bergheim (sindaco della città di Bergheim) relativamente alla decisione di quest’ultima di vietare alla WW la prosecuzione della sua attività di offerta di scommesse sportive. Con sentenza 28 marzo 2006, il Bundesverfassungsgericht aveva dichiarato che il monopolio pubblico in materia di scommesse sportive esistente nel Land di Baviera violava l’art. 12, n. 1, della Costituzione tedesca, che garantisce la libertà di esercizio dell’attività economica. Detto giudice ha affermato, in particolare, che tale monopolio, dal momento che escludeva l’attività di organizzazione di scommesse da parte di operatori privati senza tuttavia essere accompagnato da un contesto normativo idoneo a garantire strutturalmente e sostanzialmente, sia in diritto sia in fatto, che l’obiettivo di riduzione della passione per il gioco e di lotta contro l’assuefazione allo stesso fosse effettivamente perseguito, arrecava una lesione sproporzionata alla libertà di esercizio dell’attività economica così garantita. (28) Dalla giurisprudenza risulta, in proposito, che la nozione di stabilimento va intesa, in senso estremamente ampio, come implicante la possibilità per un cittadino comunitario di partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine e di trarne vantaggio (in particolare, sentenza 30 novembre 1995, n. C-55/94, Gebhard, in Racc. I-4165, p.25). Il mantenimento di una presenza permanente in uno Stato membro da parte di un’impresa stabilita in un altro Stato membro può quindi rientrare nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento anche se tale presenza non ha assunto la forma di una succursale o di una agenzia, ma si manifesta tramite un semplice ufficio gestito, eventualmente, tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa alla stessa stregua di un’agenzia. il Corriere giuridico 1/2011 Opinioni Diritto comunitario cordi commerciali conclusi con operatori ovvero intermediari, accordi relativi alla creazione di centri di trasmissione dati che mettono a disposizione degli utenti alcuni mezzi telematici, raccolgono e registrano le intenzioni degli scommettitori e le trasmettono all’impresa stessa (29). Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) ha dichiarato che, per effetto del primato del diritto dell’Unione direttamente applicabile, una normativa nazionale relativa a un monopolio pubblico sulle scommesse sportive non possa applicarsi se, secondo quanto accertato da un giudice nazionale, comporti restrizioni incompatibili con la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, non contribuendo dette restrizioni a limitare l’attività di scommesse in maniera coerente e sistematica. Nella recentissima sentenza del 9 settembre 2010, nel procedimento n. C-64/08, la Sezione IV della Corte di Giustizia ha precisato i requisiti degli operatori che intendono gestire case da gioco, affermando che l’obbligo di costituire società per azioni determina una restrizione della libertà di stabilimento, ai sensi dell’art. 43 CE. Tale requisito impedisce in particolare agli operatori che siano persone fisiche, nonché alle imprese che abbiano scelto, nel paese in cui hanno sede, un’altra forma sociale, di creare un centro di stabilimento secondario in Austria (v., in tal senso, sentenze 12 luglio 1984, n. C. 107/83, Klopp, in Racc. 2971, p. 19; 7 luglio 1988, n. C-143/87, Stanton e L’ètoile 1905, in Racc. 3877, p. 11, nonché 29 aprile 2004, n. C171/02, Commissione c. Portogallo, in Racc. I-5645, p. 42) (30). La Corte ha identificato tre restrizioni distinte: in primo luogo, la limitazione del numero di concessioni per la gestione delle scommesse; in secondo luogo, l’attribuzione di tali concessioni per una durata limitata (quindici anni in Austria); infine, il fatto che tale attribuzione abbia avuto luogo in modo non trasparente. A ciascuna di dette restrizioni, la Corte ha applicato i principi di proporzionalità e di trasparenza, derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE, nonché i principi di parità di trattamento e di non discriminazione a causa della nazionalità, che ostano all’attribuzione, senza alcuna apertura alla concorrenza, della totalità delle concessioni relative alla gestione delle scommesse nel territorio di uno Stato membro. Libertà di concorrenza, «utilità sociale» e clausole di bilanciamento di interessi diversi aventi rilievo costituzionale L’elaborazione della giurisprudenza comunitaria in il Corriere giuridico 1/2011 materia di libertà dell’iniziativa economica privata e della relativa articolazione fondamentale costituita dalla tutela della concorrenza, può essere utilmente accostata alla recente sentenza della Corte costituzionale, n. 270/2010 (redattore Giuseppe Tesauro), che offre una ricca sintesi delle posizioni elaborate sulla materia e che si ritiene utile qui richiamare per completezza del panorama, nonché per la portata dei temi affrontati (31). La Corte costituzionale, nelle più risalenti pronunce concernenti l’art. 41 Cost., ha sottolineato che Note: (29) Laddove un’impresa effettui un’attività di raccolta di scommesse con l’intermediazione di una siffatta organizzazione di agenzie situate in un altro Stato membro, le restrizioni imposte alle attività di tali agenzie costituiscono ostacoli alla libertà di stabilimento. Sul punto, la Corte ha richiamato le sentenze Gambelli e Placanica. (30) Il governo austriaco ha sostenuto in giudizio che l’obbligo posto ai titolari di concessioni per la gestione di scommesse, di avere la propria sede nel territorio nazionale, perseguirebbe lo scopo di consentire un controllo efficace di coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo, al fine di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti. Tale obbligo consentirebbe in particolare di esercitare un controllo sulle decisioni adottate dagli organi sociali grazie alla presenza, in seno ad organi quali il consiglio di vigilanza, di rappresentanti dello Stato. La Corte ha invece pronunciato che l’esclusione degli operatori aventi sede in un altro Stato membro risulta sproporzionata, perché eccede quanto necessario per combattere la criminalità, indicando diversi metodi per controllare i conti e le attività di tali operatori (v., in tal senso, sentenze 6 novembre 2003, n. C-243/01, Gambelli e a., in Racc. I13031, p. 74; 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a., in Racc. I-1891, p. 62, nonché Commissione c.Spagna, cit., p. 39), come imporre la tenuta di una contabilità separata per ogni casa da gioco dello stesso operatore, verificata da un contabile esterno; ottenere la comunicazione sistematica delle decisioni degli organi dei concessionari, nonché raccogliere informazioni in merito ai loro dirigenti o principali azionisti. Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, si possono effettuare controlli su qualsiasi impresa stabilita in uno Stato membro, e le si possono infliggere sanzioni a prescindere dal luogo di residenza dei suoi dirigenti. (31) Si tratta dell’interessante, densa pronuncia “Alitalia-CAI”, nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 4quinquies, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, introdotto dall’articolo 1, comma 10, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con tre ordinanze del 27 maggio 2009, rispettivamente iscritte ai nn. 223, 224 e 225 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2009. La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata per violazione dell’art. 3 Cost. e dell’art 41 Cost., fondamento della libertà di iniziativa economica privata. Vedila segnalata in Osservatorio, in questa Rivista, 2010, 11, 1521. 133 Opinioni Diritto comunitario la «libertà di concorrenza» costituisce manifestazione della libertà d’iniziativa economica privata, che, ai sensi del secondo e del terzo comma di tale disposizione, è suscettibile di limitazioni giustificate da ragioni di «utilità sociale» e da «fini sociali» (sentenze n. 46 del 1963 e n. 97 del 1969). In successive pronunce, la Corte ha offerto una nozione più ampia della garanzia della libertà di concorrenza ed è stato osservato, in primo luogo, che essa ha «una duplice finalità: da un lato, integra la libertà di iniziativa economica che spetta nella stessa misura a tutti gli imprenditori e, dall’altro, è diretta alla protezione della collettività, in quanto l’esistenza di una pluralità di imprenditori, in concorrenza tra loro, giova a migliorare la qualità dei prodotti e a contenerne i prezzi» (sentenza n. 223 del 1982); in secondo luogo, che la concorrenza costituisce un «valore basilare della libertà di iniziativa economica […] funzionale alla protezione degli interessi dei consumatori» (sentenza n. 241 del 1990). Emerge in questa lettura dell’art. 41 Cost., particolarmente del primo comma, lo stretto collegamento logico-sistematico con l’art. 3 della Costituzione (32). Nell’interpretare le clausole generali «utilità sociale» e «fini sociali» contenute nell’art. 41, secondo e terzo comma, Cost., la Corte ha affermato che le esigenze di «utilità sociale» devono essere bilanciate con la concorrenza (sentenza n. 386 del 1996; analogamente, sentenza n. 241 del 1990) e la necessità che l’individuazione delle medesime «non appaia arbitraria» e che esse non siano perseguite dal legislatore mediante misure palesemente incongrue (sentenza n. 548 del 1990; nello stesso senso, sentenze n. 152 del 2010 e n. 167 del 2009). La necessità che dette misure siano ragionevoli e non realizzino una ingiustificata disparità di trattamento rende chiara la correlazione, ancora una volta, tra gli artt. 3 e 41 Cost. (33). In definitiva, la sfera di autonomia privata e la concorrenza non ricevono «dall’ordinamento una protezione assoluta» e possono, quindi, subire le limitazioni ed essere sottoposte al coordinamento necessario «a consentire il soddisfacimento contestuale di una pluralità di interessi costituzionalmente rilevanti» (sentenza n. 279 del 2006, ordinanza n. 162 del 2009). È chiaro che il parametro costituzionale in esame, stabilendo che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con «l’utilità sociale» ed in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, prevedendo che l’attività economica pubblica e privata può essere indirizzata 134 e coordinata a «fini sociali», consente una regolazione strumentale a garantire la tutela anche di interessi diversi rispetto a quelli correlati all’assetto concorrenziale del mercato garantito. In considerazione di quanto esposto, nella sentenza della Corte costituzionale n. 270/2010 si afferma che la coerenza con l’ordinamento comunitario, in particolare con il principio che «il mercato interno ai sensi dell’art. 3 del Trattato sull’Unione Europea comprende un sistema che assicura che la concorrenza non sia falsata» (Protocollo n. 27 sul mercato interno e la concorrenza, allegato al Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che Note: (32) Le più recenti decisioni della Corte, dopo la modifica dell’art. 117 Cost. ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) e la previsione della «tutela della concorrenza» come materia attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, hanno posto in luce che la nozione interna di concorrenza riflette «quella posta dall’ordinamento comunitario» (sentenze n. 45 del 2010, n. 430 del 2007 e n. 12 del 2004). In particolare, si è rilevato che detta locuzione «comprende, tra l’altro, interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali: le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che influiscono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche. In tale maniera, vengono perseguite finalità di ampliamento dell’area di libera scelta sia dei cittadini, sia delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi» (sentenze n. 430 e n. 401 del 2007). «Si tratta, in altri termini, dell’aspetto più precisamente di promozione della concorrenza, che è una delle leve della politica economica del Paese» (sentenze n. 80 del 2006, n. 242 del 2005, n. 175 del 2005 e n. 272 del 2004). A detta materia sono state, quindi, ricondotte, ad esempio, le misure volte a evitare che un operatore estenda la propria posizione dominante in altri mercati (sentenza n. 326 del 2008), ovvero a scongiurare «pratiche abusive a danno dei consumatori» (sentenza n. 51 del 2008), oppure a garantire la piena apertura del mercato (sentenza n. 320 del 2008), non quelle che «lo riducono o lo eliminano» (sentenza n. 430 del 2007; analogamente, sentenze n. 63 del 2008 e n. 431 del 2007). (33) Alle clausole generali in esame sono stati ricondotti anche interessi qualificati in vario modo e collegati alla sfera economica, quali, in particolare, quelli attinenti alla esigenza di protezione di una data produzione (sentenza n. 20 del 1980), ovvero a quella «di salvaguardare l’equilibrio di mercato tra domanda ed offerta» in un determinato settore (sentenza n. 63 del 1991), oppure strumentali a garantire i valori della concorrenzialità e competitività delle imprese (sentenza n. 439 del 1991), o anche «l’esigenza di interesse generale di riconoscimento e valorizzazione del ruolo» di imprese di determinate dimensioni (sentenza n. 64 del 2007). Sui vedano, G. Carriero, Scritti di diritto dell’economia, Milano, 2010; Olivieri G. e Zoppini A. (a cura di), Contratto e antitrust, Bari, 2008; G. Tesauro e M. D’Alberti, Regolazione e concorrenza, Bologna, 2000. il Corriere giuridico 1/2011 Opinioni Diritto comunitario conferma l’art. 3, lettera g, del Trattato CE), comporta il carattere derogatorio e per ciò stesso eccezionale di questa regolazione. In altri termini, occorre che siffatto intervento del legislatore costituisca la sola misura in grado di garantire al giusto la tutela di quegli interessi. il Corriere giuridico 1/2011 Si tratta di una valutazione che va al di là del controllo ex post sulla condotta delle imprese, tipico della funzione di garanzia: proprio in quanto si esercita ex ante, finisce per implicare scelte di bilanciamento e di confine tra tutela della concorrenza e regolazione del mercato. 135