Analisi e confronto sulle proposte di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione1 . 1 A cura di Luca Manieri Elia e Federica Busillo, 18 aprile 2003 1 INDICE Premessa……………………………………………………………………………………….3 Schema per l’identificazione di alcune variabili critiche in tema di meccanismi di finanziamento delle funzioni devolute e principi di perequazione…7 Scheda 1 – Proposta di legge Enti Locali …………………………………………………..13 Scheda 2 – Documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni ……………………...16 Scheda 3 – Proposta di legge Deputati Lega Nord ………………...………………………...18 Scheda 4 .- Disegno di legge Villone, Mancino ………………………………………….….20 Scheda 5 – Proposta Giarda ………………………………………………………………….24 Scheda 6 – Giannola………………………………………………………………………….29 Scheda 7 – Commissione tecnica spesa pubblica ……………………………………………31 Scheda 8 – Zanardi ………………………………………………………………………...…34 Scheda 9 – Rapporto ISAE ……………………………………………………………….….37 Appendice I – Alcune considerazioni sullo Schema di disegno di legge costituzionale di modifica al titolo V art.117 della Costituzione……………………………………………54 Appendice II – Confronti internazionali …………………………………………………….62 2 Premessa L’attuazione della riforma del titolo V della Costituzione pone importanti questioni sulla attribuzione delle competenze tra Stato e autonomie locali e soprattutto sul sistema di finanziamento delle competenze devolute agli Enti territoriali; questo ultimo aspetto è stato finora trascurato e il dibattito politico si è prevalentemente concentrato sulla redistribuzione delle funzioni (a partire dalla recente proposta di revisione costituzionale dell’art. 117). Le scelte che verranno effettuate sul fronte del finanziamento delle competenze attribuite, nell’implementazione di un modello a federalismo fiscale, saranno decisive e condizioneranno profondamente le politiche territoriali e di sviluppo; in particolare i territori con un livello di reddito inferiore alla media e quindi con minore capacità di autofinanziamento potrebbero essere più svantaggiati rispetto alla struttura attuale del finanziamento. A tal proposito si impone l’esigenza di un’analisi ed un monitoraggio costante delle proposte e delle soluzioni legislative in via di adozione per una valutazione del loro impatto sulle politiche di sviluppo nelle aree sottoutilizzate. Il lavoro presenta, a questo proposito, una prima ricognizione sulle proposte di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, che definisce il nuovo modello di finanziamento degli enti decentrati previsto dalla legge di riforma del Titolo V (legge 18 ottobre 2001 n° 3). Attualmente le proposte operative sono molto poche; quelle che si sono esaminate (nove in tutto), che comprendono anche solo valutazioni non strutturate in senso applicativo sono abbastanza eterogenee tra loro e provengono sia da soggetti istituzionali che da studiosi della materia. Due di esse sono disegni di legge già all’esame del Parlamento2 . Negli altri casi si tratta di schemi di disegni di legge non formalizzati in atti parlamentari o governativi (proposte Autonomie locali e Giarda), di documenti di indirizzo (Conferenza dei Presidenti delle Regioni), di analisi e proposte non strutturate in articolati di legge, che si concentrano solo su alcune delle questioni che derivano dall’attuazione del 119 (Isae, Commissione tecnica spesa 2 Entrambi i disegni di legge sono di iniziativa parlamentare, il primo presentato al Senato dagli onorevoli Villone, Mancino e altri, il secondo alla Camera da un gruppo di deputati della Lega. 3 pubblica, Giannola, Zanardi). Molte proposte non hanno ancora un approccio operativo, ma si limitano a segnalare linee di indirizzo. Più complete da questo punto di vista sono le ipotesi di Giarda, che però al momento rappresentano soltanto un esercizio di studio - benché da esse derivi l’impostazione di altre proposte presentate e in via di presentazione - e il Disegno di legge Villone-Mancino (che tuttavia riguarda esclusivamente il finanziamento delle Regioni). Per ciascuna proposta sono state predisposte schede di sintesi che illustrano le diverse posizioni sulle questioni che sollevano i maggiori dubbi interpretativi e che, proprio per questo motivo, sono state maggiormente oggetto del dibattito di questi mesi. In particolare, le schede analizzano i meccanismi di finanziamento del decentramento delle funzioni e i sistemi ipotizzati di perequazione (ai sensi del comma 3 e 5 dell’art.119). Si tratta di questioni molto delicate che possono incidere in maniera significativa nella scelta tra un modello di relazioni tra i livelli di governo di tipo cooperativo e solidale e uno concorrenziale e competitivo. Gli aspetti più critici dell’attuazione del 119 hanno sicuramente a che fare con i principi e i criteri di funzionamento del Fondo perequativo e con l’attribuzione delle compartecipazioni al gettito di tributi erariali. Questi aspetti, assieme ad altri punti critici, sono stati sintetizzati in una matrice che mette a confronto le diverse ipotesi di soluzione con l’obiettivo di individuare i punti di contatto e le discordanze tra le proposte. Una lettura trasversale delle soluzioni proposte permette di fare alcune brevi considerazioni. 1. Anzitutto, si segnala che esiste condivisione attorno ad un importante principio sancito dalla Costituzione: il rispetto dei livelli essenziali per le prestazioni connesse all’esercizio dei diritti di cittadinanza (art.117, c.2 lettera m) che è garantito attraverso la finanza ordinaria degli enti territoriali e, per i territori con minore capacità fiscale, attraverso il fondo perequativo. Tra quelle esaminate, solo la proposta della Lega, che risulta essere la più vicina ad un modello di “federalismo fiscale” di tipo competitivo, non fa un richiamo esplicito alle modalità di finanziamento dei livelli essenziali. 4 2. Relativamente al Fondo perequativo, la maggior parte delle proposte, eccetto quella della Lega, si orienta su un modello verticale in cui lo Stato centrale, oltre a definire i criteri da adottare per la riallocazione delle risorse sul territorio, mantiene la gestione del fondo nel proprio bilancio. Sui criteri di perequazione non vi è una interpretazione molto rigida del testo costituzionale, che richiama unicamente il principio di capacità fiscale. Si rileva, al contrario, una sensibilità, in alcune proposte più presente in altre meno, sulla necessità di far riferimento a schemi di perequazione che contemplino la copertura dei fabbisogni di spesa connessi all’esercizio delle funzioni attribuite agli enti territoriali (che includono il rispetto dei livelli essenziali), anche per i territori con “minore” capacità fiscale e con maggiori carenze strutturali. La stessa proposta della Lega (che tuttavia non prevede l’attuazione del co. 5 dell’art. 119) inserisce tra i criteri di perequazione indicatori sulle caratteristiche territoriali e demografiche. 3. Relativamente all’obiettivo della progressiva omogeneizzazione della capacità fiscale, è interessante la proposta Villone, Mancino che introduce un incentivo allo sforzo fiscale per le regioni con minore capacità fiscale. Inoltre, tutte le proposte che analizzano questo aspetto concordano sull’obiettivo di riduzione del 90% dei differenziali di capacità fiscale. 4. Per l’attribuzione delle compartecipazioni (nella maggior parte dei casi si tratta della compartecipazione all’IVA) si segue il principio di territorialità delle imposte (così come previsto dal comma 2 dell’articolo 119). L’ipotesi più comune è l’attribuzione dell’IVA in base ai consumi regionali, ipotesi che tuttavia solleva non pochi problemi sia per le difficoltà di individuazione del luogo effettivo del consumo, sia per gli effetti redistributivi che questo criterio comporta, dal momento che il consumo sarà inevitabilmente più alto nelle regioni a maggior reddito. Una soluzione più equa sul piano degli effetti redistributivi è quella avanzata nel disegno di legge Villone-Mancino, che utilizza come criterio per la distribuzione territoriale della compartecipazione un indicatore riferito alla popolazione residente. 5. Per finire, c’è condivisione sulle finalità del comma 5 del 119: riduzione delle disparità strutturali dei territori e in particolare delle carenze infrastrutturali. 5 Sugli strumenti attuativi del comma 5 si segnala la soluzione di destinare “all’effettivo esercizio dei diritti della persona” una parte delle risorse del Fondo perequativo (di cui al comma 3 art.119) mentre per le altre finalizzazione del comma 5 è individuata una fonte di finanziamento (con o senza vincolo di destinazione) anche rappresentata da contributi di scopo, da assegnare sulla base dei “bisogni” (Giarda); si evidenzia, inoltre la proposta di istituzione di un fondo speciale per gli investimenti pubblici istituito con legge dello Stato (Autonomie locali). E’ chiaro che le proposte finora analizzate non risolvono le molte questioni lasciate aperte dalla riforma del Titolo V. Come già evidenziato, nella maggior parte delle analisi non trovano soluzione tutte le variabili critiche evidenziate. In diversi casi si tratta di enunciazione di principi o di linee di indirizzo. Anche per le proposte più operative manca, inoltre, un allegato tecnico che traduca con sufficiente dettaglio le soluzioni in simulazioni degli effettivi risultati finanziari. In effetti, vi è ancora un dibattito abbastanza vivace sulle questioni evidenziate nel documento e probabilmente si potrà pervenire a proposte più operative dopo che l’Alta commissione di studio per l’individuazione dei principi generali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, prevista dalla Finanziaria 2003 e recentemente insediata, avrà fornito i sui indirizzi per l’attuazione del provvedimento. Nell’appendice sono allegate alcune prime considerazioni sulla recente proposta di modifica costituzionale dell’attribuzione delle competenze tra Stato e Regioni (di cui all’art. 117), approvata in Consiglio dei Ministri. Il confronto con l’impostazione vigente della distribuzione delle materie evidenzia alcuni cambiamenti che potrebbero comportare significative implicazioni finanziarie nell’attuazione del decentramento. Sono inoltre allegate due schede sulle esperienze estere di decentramento fiscale e di federalismo applicato al fine di fornire un quadro comparativo internazionale. 6 Schema per l’identificazione di alcune variabili critiche in tema di meccanismi di finanziamento delle funzioni devolute e principi di perequazione. Legenda Regioni = R; RSO = Regioni a Statuto Ordinario Enti Locali = E.L. = Comuni, Province, Città metropolitane Enti Territoriali: E.T. = E.L. + R P.S.I.= Patto di Stabilità Interno F.P. = Fondo di perequazione A ciascuna proposta inserita nella matrice è associato un numero progressivo che corrisponde al numero identificativo della relativa scheda di sintesi riportata nel dossier. 7 Proposte provenienti da Istituzioni SOLUZIONI PROPOSTE (1) Enti Locali (2) Conferenza dei Presidenti delle Regioni (3) Deputati Lega (Disegno di legge) Giusto equilibrio tra autonomia, efficienza e solidarietà Implementazione dei principi di concorrenzialità tra enti, responsabilizzazione e autosufficienza degli E.T. Abolizione dei trasferimenti erariali e sostituzione con la compartecipazione alle imposte dirette e indirette 1. Attribuzione diretta delle somme riscosse sui tributi propri con abolizione dell’obbligo di versamento in Tesoreria Unica 2. Divieto di doppia imposizione giuridica VARIABILI CRITICHE Obiettivo generale Meccanismi di finanziamento Principi generali Tributi propri Compartecipazione ai tributi erariali Attribuzione diretta di compartecipazioni agli E.T. in sostituzione dei trasferimenti erariali; corrispondenza tra responsabilità di entrata e di spesa. Criterio di attribuzione del gettito da compartecipare su base territoriale Imposte sul consumo: luogo del consumo; imposte sul patrimonio: localizzazione dei cespiti; imposte sul valore della produzione: luogo di prestazione del lavoro; imposte sul reddito: luogo di residenza e produzione del reddito Sulla base del gettito riferibile al territorio degli E.T. (principio di capacità fiscale) Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione E’ fissata, nell’anno iniziale, in modo da assicurare, assieme al gettito dei tributi propri, valutato utilizzando un’aliquota standard, l’integrale finanziamento delle funzioni attribuite agli E.T. E’ tale da assicurare l a copertura dei trasferimenti aboliti al complesso degli E.T. Obiettivo e principi di funzionamento del Fondo di perequazione Perequazione Le R. possono stabilire tributi regionali e prevedere gli ambiti oggettivi e soggettivi dei tributi locali. I tributi così definiti hanno “natura commutativa”, servono cioè ad assicurare lo svolgimento di politiche autonome degli E.T. e sono stabilmente connessi con il territorio (tributi di scopo e tributi in controprestazione) Sono stabilite con legge dello Stato e le quote di compartecipazione sono riviste ogni 5 anni I livelli essenziali delle prestazioni sono stabiliti con legge dello Stato e finanziati integralmente La legge regionale istituisce i tributi locali, definendo presupposti oggettivi e soggettivi e aliquota massima. Agli E.L. spetta la determinazione dell’aliquota e la disciplina del procedimento tributario. Fonti di alimentazione del Fondo perequativo nazionale Modello di perequazione: verticale/orizzontale Accesso al Fondo perequativo 1. Copertura integrale dei fabbisogni di spesa necessari a garantire i livelli essenziali per le prestazioni relative ai diritti civili e sociali; 2. Per le altre spese, riduzione delle differenze interregionali nelle capacità fiscali per abitante rispetto alla capacità fiscale media. Compartecipazioni ai tributi erariali 1. Finanziamento integrale del fabbisogno di spesa necessario a garantire i livelli essenziali per le prestazioni relative ai diritti civili e sociali, e del fabbisogno connesso al normale esercizio delle funzioni attribuite agli enti decentrati 2. Incentivo all’esercizio virtuoso delle potestà tributarie. 1. Riduzione delle differenze interregionali nella capacità fiscale per abitante; 2. Si tiene conto della capacità di recupero dell’evasione fiscale e dell’efficienza nell’erogazione dei servizi 3. Si tiene conto delle caratteristiche territoriali e demografiche Compartecipazioni ai tributi erariali Fondo Statale (modello verticale) Modello orizzontale implicito (capacità fiscale teorica) Tutte le R. con capacità fiscale inferiore alla media nazionale Riduzione delle differenze di gettito attraverso la perequazione Fondo perequativo per gli Enti Locali E’ alimentato con compartecipazioni ai tributi erariali e con quote ricevute dalle R. I criteri di perequazione sono definiti dallo Stato Alle R. spetta la delega per la ripartizione del F.P. destinato agli E.L. Fondo speciale per gli investimenti pubblici istituito con legge dello Stato per promuovere lo sviluppo territoriale e rimuovere gli squilibri economici Riduzione delle disparità strutturali dei territori: differenze di opportunità; arretratezza del sistema economico-sociale. 5° c. Determinazione dei fabbisogni standard Finalità e strumenti attuativi d el 5° comma del 119 Dimensione finanziaria del decentramento Non devono generarsi oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e degli E.T.; il provvedimento deve essere coordinato con gli obiettivi del P.S.I. Altro Clausola di salvaguardia Periodo transitorio Nel periodo transitorio prima dell’entrata a regime della riforma, devono essere garantire alle R. risorse in maniera congrua, tempestiva e trasparente. La perequazione può effettuarsi anche in funzione della spesa storica per un periodo non superiore a tre anni. Ricorso all’indebitamento per spese di investimento. 8 Proposte provenienti da Istituzioni SOLUZIONI PROPOSTE Meccanismi di finanziamento VARIABILI CRITICHE Obiettivo generale Un modello di federalismo fiscale “cooperativo e solidale”. Principi generali I tributi propri, le tariffe, le compartecipazioni e il fondo perequativo assicurano la copertura integrale delle funzioni pubbliche attribuite agli E.T., secondo i criteri di determinazione dei fabbisogni standard specificati nei successivi campi. Tributi propri Il 75% delle imposte proprie e delle addizionali regionali contribuisce alla copertura del fabbisogno netto regionale per la sanità Compartecipazione ai tributi erariali Compartecipazione all’IVA (il 20% il primo anno che alimenta un fondo statale). Criterio di attribuzione del gettito da compartecipare o da condividere su base territoriale Il gettito viene attribuito in base ad un indicatore riferito alla popolazione residente. Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione Perequazione (4) Disegno di legge Villone, Mancino e altri/ Regione Campania Commissione sul federalismo L’aliquota di compartecipazione è quella che assicura la copertura integrale del fabbisogno di spesa nella regione con maggiore capacità fiscale. Proposte non provenienti da Istituzioni (5) Giarda Un modello cooperativo in cui l’autonomia degli enti territoriali è subordinata alla salvaguardia dei diritti civili e sociali. Le R. ricche dovrebbero finanziarsi solo con entrate proprie (autonomia di prelievo); le altre anche con compartecipazioni (minore autonomia) e con la perequazione. E’ fissata dallo Stato ed è uniforme per tutte le R. La sua misura è tale da compensare la differenza tra il gettito dei tributi propri e la spesa complessiva nella R. in cui tale differenza è minima (la Regione più ricca). 1. Copertura integrale dei fabbisogni di spesa necessari a garantire i livelli essenziali di servizio (sanità, assistenza, istruzione) in base a costi non storici. 2. Riduzione delle differenze interregionali nel gettito delle entrate tributarie per abitante. 3. Nel primo triennio le quote del fondo perequativo possono essere assistite da vincolo di destinazione. 4. Per le competenze esclusive la perequazione dovrebbe essere parziale; per le concorrenti pervasiva. Obiettivi e principi di funzionamento del Fondo di perequazione Fonti di alimentazione del Fondo perequativo nazionale Compartecipazione all’IVA Compartecipazione all’IVA. Modello di perequazione: verticale/orizzontale Fondo statale (modello verticale) Fondo Statale (modello verticale) Accesso al Fondo perequativo Per la parte relativa alla compensazione dello sforzo fiscale, accedono al fondo tutte le Regioni la cui capacità fiscale risulti di almeno il 10% inferiore rispetto al valore medio nazionale. Tutte le R. la cui capacità fiscale per abitante non supera del 20% la media nazionale. Riduzione delle differenze di gettito attraverso la perequazione Riduzione del 90% dei differenziali di gettito derivanti da sforzo fiscale Determinazione del fabbisogno standard 1. Finanziamento della sanità: i fabbisogni di spesa sono determinati sulla base di standard di assistenza ponderati con indicatori di natura sanitaria e indicatori che esprimono la situazione economico-sociale dei territori. 2. Finanziamento delle altre materie devolute alle Regioni: il fabbisogno di spesa è determinato in funzione dei differenziali nei costi di produzione dei servizi nelle diverse realtà regionali. 3. In entrambi i casi i fabbisogni di spesa determinati ai punti precedenti coprono integralmente il finanziamento delle competenze che rientrano dei livelli essenziali. I tributi propri, le compartecipazioni e le quote del F.P. finanziano integralmente le funzioni pubbliche attribuite a ciascun Ente a) Tributi ed entrate proprie; b) aliquote riservate dall’ordinamento vigente all’autonomia regionale; c) tributi applicati autonomamente su basi imponibili regionali; d) nuovi tributi regionali che risulteranno dalla ripartizione tra Stato e Regioni delle aliquote IRPEF e IRPEG Imposta sul valore aggiunto destinata ad alimentare il fondo perequativo 1. Finanziamento integrale dei fabbisogni di spesa determinati in base a standard di assistenza 2. Incentivo allo sforzo fiscale per le regioni con minore capacità fiscale. 3. Finanziamento degli obiettivi di riequilibrio territoriale per un importo non superiore al 10% delle risorse assegnate al fondo perequativo o in misura doppia qualora il maggior gettito derivante dallo sforzo fiscale sia destinato al finanziamento di programmi di investimento. Fondo perequativo per gli Enti Locali (6) Giannola La dimensione della compartecipazione in ciascuna Regione non dovrebbe eccedere quanto necessario per il soddisfacimento del fabbisogno standard Il F.P., assieme ai tributi propri e alle compartecipazioni, deve finanziare le funzioni pubbliche attribuite a ciascun Ente, secondo i criteri di determinazione del fabbisogno specificati successivamente. Fondo statale (modello verticale). Il modello orizzontale può lasciare troppo spazio ai rapporti contrattuali tra le regioni. Riduzione del 90% delle differenze interregionali nel totale delle entrate regionali per abitante (tributi propri e compartecipazioni). 1. E’ assegnato dallo Stato agli E.L. 2.Perequazione della capacità fiscale: 20% delle risorse assegnate al fondo; Fabbisogni standard: 70% delle risorse; .Sostegno alle spese di investimento: 10% delle risorse. 5. Delega alle Regioni per particolari criteri di riparto. Quota uniforme per abitante pesata con indicatori che tengono conto delle caratteristiche demografiche, sociali ed economiche dei territori (F.P. E. L). Quello scaturente dall’esercizio a un livello normale delle funzioni attribuite a ciascun Ente Locale E’ coperto il fabbisogno di spesa necessario a garantire i livelli essenziali. 9 Proposte provenienti da Istituzioni SOLUZIONI PROPOSTE Proposte non provenienti da Istituzioni (4) Disegno di legge Villone, Mancino e altri/Regione Campania Commissione sul federalismo (5) Giarda (6) Giannola 5° c. VARIABILI CRITICHE Perequazione sulla base di indicatori di fabbisogno che evidenziano il gap infrastrutturale, e contributi di scopo. La parte dei diritti alla persona può essere finanziata con il c° 3 Finalità e strumenti attuativi del 5° comma del 119 Le risorse aggiuntive non devono essere impiegate per il finanziamento delle funzioni che gli E.T. devono svolgere in via ordinaria. Dimensione fina nziaria del decentramento L’attuazione del 119 non deve comportare un aumento della spesa pubblica e della pressione tributaria Clausola di salvaguardia Altro complessiva . Periodo transitorio Ricorso all’indebitamento per spese di investimento. E’ prevista gradualità dell’applicazione I criteri di calcolo del Fondo perequativo si applicano a regime dopo una fase transitoria in cui viene assicurata la copertura della spesa storica. Lo Stato e le R. assegnano annualmente plafonds di ricorso al debito rispettivamente alle R. e agli E.L. I plafonds possono essere scambiati tra gli enti nell’ambito delle compatibilità dei vincoli di bilancio complessivi. 10 Proposte non provenienti da Istituzioni SOLUZIONI PROPOSTE (7) Commissione tecnica spesa pubblica (8) Zanardi (9) ISAE VARIABILI CRITICHE Un modello di federalismo cooperativo in cui il F.P. è alimentato in misura consistente, al fine di compensare la minore capacità fiscale e il maggior fabbisogno di spesa del Sud rispetto al Centro-Nord. Obiettivo generale Devono essere identificati con precisione i livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali poiché in funzione di essi è definita la dimensione dei mezzi finanziari e, in particolare, del F.P. Imposte indirette (spiriti, birra, GPL, Energia, elettrica, tabacchi, lotto e lotterie, giochi di abilità e pronostici) Meccanismi di finanziamento Principi generali Tributi propri Tributi da assegnare agli E.L.: riserva totale del gettito ICI, tasse sui veicoli, tasse sull’ener gia (elettricità, gasoli, riscaldamento). Compartecipazione ai tributi erariali Proposte: 1. aumento della quota compartecipata dell’IVA per le seguenti ragioni: a) distribuzione sul territorio del gettito pro capite sufficientemente omogenea; b) maggiore corrispondenza tra gettito e spesa finanziata (principio del beneficio); c) limitata possibilità di spostamento della base imponibile. 2. ridimensionamento dell’Irpef e dell’Irap, a causa di una distribuzione territoriale dei gettiti pro capite delle due imposte fortemente squilibrata a favore delle R. del Nord. Due ipotesi di finanziamento delle competenze regionali: ipotesi 1 utilizzo IRPEF con incremento dell’addizionale dallo 0,9% attuale al 10,37 %; ipotesi 2 – utilizzo IVA con incremento della compartecipazione dal 38,55% al 96,5%. Criterio di attribuzione del gettito da compartecipare o da condividere su base territoriale Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione Perequazione Obiettivo e principi di funzionamento del Fondo di perequazione Distribuzione regionale dei consumi 1. Fondo perequativo calcolato sul criterio di finanziamento della spesa storica. Nell’ipotesi 1 (utilizzo Irpef) la dimensione del F.P. è pari a 8 miliardi di euro; nell’ipotesi 2 (utilizzo IVA) la dimensione del F.P. è apri a 6 miliardi di euro 2. I criteri di perequazione saranno individuati in funzione delle competenze finanziata: capacità fiscale per le materie di competenza esclusiva regionale; capacità fiscale e fabbisogni di spesa per le materie di competenza concorrente Fonti di alimentazione del Fondo perequativo nazionale Modello di perequazione: verticale/orizzontale Accesso al Fondo perequativo 5. 1. La dimensione del F.P. è calcolata nelle 2 ipotesi: 1. perequazione secondo il criterio della spesa storica (ammontare stimato: 27 miliardi di euro); 2. perequazione secondo il criterio della capacità fiscale (v. successivo punto riduzione della capacità fiscale); 2. E’ auspicabile l’introduzione di criteri di condizionalità e premialità nell’utilizzo del F.P. Fondo statale (modello verticale) 1. Perequazione capacità fiscale al 90% (ammontare stimato del fondo: 17 miliardi di euro); 2. Perequazione capacità fiscale al 100% (ammontare stimato del fondo: 18 miliardi di euro). Riduzione delle differenze di gettito attraverso la perequazione Fondo perequativo per gli Enti Locali Determinazione del fabbisogno standard Finalità e strumenti attuativi del 5° comma del 119 Dimensione finanziaria del decentramento Altro Tra le ipotesi simulate quella più ragionevole potrebbe essere: il 90% del gettito IVA e il 2 7% del gettito IRPEF 41 miliardi di euro per le RSO 110 miliardi di euro, di cui 96 riferiti alle RSO (35 miliardi di euro per il Mezzogiorno e 61 miliardi di euro per il Centro Nord) Clausola di salvaguardia Il decentramento non deve comportare oneri aggiuntivi per il complesso della PA Periodo transitorio Per i primi anni vanno garantiti agli E.T. i livelli di spesa raggiunti negli ultimi anni Ricorso all’indebitamento per spese di investimento. 11 SCHEDA 1 Proposta di legge Enti locali3 MECCANISMO DI FINANZIAMENTO Principi generali Il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali è assicurato dalle quote delle compartecipazioni fissate nell’anno iniziale assieme al gettito dei tributi propri valutato ad aliquota standard. Una parte delle compartecipazioni spettanti agli enti territoriali, dotati di capacità fiscale superiore alla media nazionale, viene destinato al finanziamento dei fondi perequativi, in funzione del divario della capacità fiscale rispetto alla media. Compartecipazioni La legge statale determina i criteri di riparto e le quote dei tributi il cui gettito è compartecipato dagli enti territoriali. I criteri di riferimento per la scelta dei tributi da compartecipare sono: l’accuratezza della distribuzione, la chiarezza, la semplicità amministrativa, l’evoluzione del gettito. La scelta inoltre viene effettuata in base al: consumo (luogo di consumo), patrimonio (localizzazione dei cespiti), valore della produzione (luogo di prestazione del lavoro), redditi (luogo di residenza o di produzione del reddito) (art. 5, co. 2). Le quote di compartecipazione vengono riviste ogni cinque anni in relazione all’andamento complessivo, agli obiettivi del patto di stabilità, alle modifiche normative che comportino variazioni di gettito). Tributi e entrate proprie E’ vietata l’istituzione di tributi regionali (e locali) sul reddito e sul patrimonio, che abbiano natura di sovrimposte o che comunque duplichino quelle già vigenti erariali (in coerenza con il principio di esclusività statale fissato dall’art. 117, co. 2, lett. e) della Costituzione. Le Regioni d’altro canto, esercitando la loro potestà legislativa, possono stabilire tributi regionali e prevedere tributi locali (ovvero “tributi commutativi”) collegati alle funzioni attribuite alle 3 Proposta di Anci, Upi, Uncem e Legautonomie per l’attuazione dell’articolo 119 della costituzione – Testo non definitivo (24 febbraio 2003) 13 regioni e agli enti locali (ex art. 117), stabilmente connessi con il territorio (non necessariamente retti dal principio del beneficio), tributi di scopo e tributi-controprestazione. Gli Enti locali stabiliscono tributi propri con atti regolamentari nell’ambito delle aree determinate dalle leggi regionali (spese facoltative o integrative). La legge statale autorizza l’ambito in cui gli enti territoriali possono determinare le addizionali e le sovrimposte ai tributi erariali a loro favore sono determinate (in coerenza con il principio fissato dall’art. 117, co. 2, lett. e) della Costituzione). Per i tributi già istituiti e regolati dallo Stato il cui gettito e stato attribuito agli enti territoriali (Irap), detti enti determinano le aliquote nei limiti stabiliti da legge statale. FONDO PEREQUATIVO (art. 6) Obiettivo generale Vengono istituiti i fondi perequativi per integrare le risorse degli enti territoriali dotati di capacità fiscale inferiore alla media nazionale e per far fronte agli oneri per la copertura dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale (art. 117, co. 2, lett. m della Costituzione) Principi del funzionamento I F. P. sono istituiti separatamente per Comuni, Province, Città metropolitane e per Regioni con i seguenti criteri: in funzione dei “bisogni” (“spesa standardizzata per la produzione dei servizi”) per le spese riferite al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, co. 2, lett. m della Costituzione); in funzione dei differenziali di capacità fiscale rispetto alla media nazionale per le altre spese (“i territori più ricchi contribuiscono maggiormente”). Fonti di alimentazione La perequazione statale (funzioni attribuite dallo stato) viene finanziata con compartecipazioni a tributi erariali o con quote ricevute dalle regioni Fondo perequativo per gli Enti Locali La perequazione regionale (funzioni delegate dalle regioni) viene finanziata con compartecipazioni a tributi regionali o con quote ricevute dalle regioni. La legge statale fissa i criteri per la perequazione regionale per le funzioni amministrative delegate dalla regione agli enti locali. La legge regionale può istituire fondi perequativi regionali, d’intesa con i consigli delle autonomie locali 14 Strumenti attuativi del 5° comma (fondo per gli investimenti pubblici) La legge dello stato istituisce un fondo speciale per gli investimenti pubblici destinato a colmare (divari territoriali nella dotazione o il fabbisogno) di infrastrutture degli enti territoriali allo scopo di promuovere lo sviluppo territoriale e a rimuovere gli squilibri economici (ai sensi dell’art. 119 co. 5 della Costituzione). 15 SCHEDA 2 Documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni4 MECCANISMI DI FINANZIAMENTO Obiettivo generale Il federalismo fiscale deve coniugare i meccanismi di redistribuzione delle risorse esistenti con strumenti in grado di assicurare lo sviluppo socioeconomico sul territorio per realizzare autonomia, efficienza e solidarietà (punto 1). Principi generali I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, co. 2, lett. m) sono determinati dallo Stato e finanziati integralmente (art. 119, co. 4).(2) Il sistema di finanziamento costituito da tributi propri e dalle compartecipazioni deve garantire il principio della trasparenza, della semplificazione, della responsabilizzazione e non deve determinare un arretramento dell’attuale livello di autonomia impositiva e flessibilità fiscale(3). L’esercizio dell’autonomia impositiva di Regioni ed E. locali deve essere accompagnata al principio di responsabilizzazione finanziaria per assicurare la correlazione tra prelievo e beneficio (6). Competenze in materia tributaria Le Regioni hanno competenza esclusiva in materia di coordinamento dei sistemi tributari delle Regioni e degli Enti Locali. La legge Regionale istituisce i tributi locali, delineando i principi generali, lasciando agli Enti locali la facoltà di applicarli, la determinazione delle aliquote e il procedimento tributario(5). Esigenze delle Regioni L’impostazione dell’attuazione del federalismo e della politica economico-finanziaria nazionale deve essere sviluppata con preventiva intesa in sede di Conferenze Stato-Regioni e Unificata (2). L’attuazione del federalismo richiede la trasformazione delle Agenzie regionali delle entrate in Centri di servizio per la gestione organica dei tributi erariali, regionali e degli enti (8). 4 Documento di Ravello sul federalismo fiscale delle Regioni e delle Province Autonome; Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome (Ravello 31marzo - 1 aprile) 16 Il federalismo fiscale deve essere sviluppato “in parallelo” alla riforma del sistema fiscale statale e non in “progressione” per evitare il rischio di adattamenti successivi5 . Istituzione del Senato delle Regioni. FONDO PEREQUATIVO Obiettivo generale La perequazione delle differenti capacità fiscale deve garantire il normale esercizio delle funzioni attribuite sul territorio nell’obiettivo di un riequilibrio economico-finanziario attraverso l’esercizio virtuoso delle potestà tributarie di ciascuna regione (4). Fondo perequativo Enti locali Nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica, alle Regioni deve essere attribuita la delega delle funzioni amministrative (esercitate con il concorso delle Autonomie) di ripartizione del fondo prequativo destinato agli enti locali (5), Interventi co. 5 dell’art. 119 Gli interventi dovranno indirizzarsi a colmare le disparità strutturali (differenze di opportunità – arretratezza del sistema economico e sociale) delle singole realtà regionali(4); Periodo transitorio E’ previsto un periodo transitorio di attuazione della riforma costituzionale, prima dell’entrata a regime, in cui occorre assicurare la messa a disposizione delle risorse per l’esercizio delle competenze spettanti alle Regioni alla luce delle nuove funzioni in maniera congrua, tempestiva e trasparente(7); 5 Le regioni a tal proposito chiedono di essere preventivamente coinvolte nella predisposizione dei decreti legislativi di attuazione della delega fiscale; in particolare esprimono forte preoccupazione per la graduale “eliminazione dell’Irap con la prioritaria esclusione della base imponibile del costo del lavoro”. Occorre garantire la sostituzione con un tributo che fornisca lo stesso gettito (30 mld di euro) e la stessa manovrabilità. 17 SCHEDA 3 Proposta di legge Deputati Lega nord6 MECCANISMO DI FINANZIAMENTO Obiettivo generale 7 Costruzione di un sistema fiscale da cui “possa scaturire una benefica concorrenzialità tra enti, attraverso la corrispondenza tra responsabilità delle entrate e delle spese e mirando alla tendenziale autosufficienza dei diversi livelli di governo rispetto alle funzioni loro attribuite”. Principi generali Abolizione dei vigenti trasferimenti erariali (co. 1, lett. b) con contestuale attribuzione diretta (con l’abolizione dell’obbligo di riversamento in Tesoreria Unica) e sostituzione di essi con la compartecipazione alle imposte erariali dirette e indirette vigenti (co. 1, lett. c). Estensione di questi meccanismi alla copertura degli oneri per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti trasferiti secondo criteri di autosufficienza finanziaria dei diversi livelli di Governo rispetto alle funzioni loro attribuite (co. 1, lett. i) Determinazione delle aliquote delle compartecipazioni La misura esatta delle aliquote è quella che assicura la copertura dei trasferimenti aboliti al complesso delle Regioni e degli Enti locali (co. 1, lett. d) . Criterio di attribuzione delle compartecipazioni sul territorio L’attribuzione alle Regioni e degli Enti locali avviene sulla base del gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio (principio della capacità fiscale) (co. 1, lett. e) 6 Proposta di legge “Delega al Governo in materia di autonomia finanziaria dei comuni, delle province delle città metropolitane e delle regioni in attuazione delle norme costituzionali sul federalismo fiscale di cui all’art. 119 della Costituzione”; Deputati Cè, Giorgetti ed altri – Atto Camera 7 Relazione introduttiva 18 FONDO PEREQUATIVO (co. 1, lett. h) Finanziamento E’ finanziato direttamente con le compartecipazioni che sostituiscono i trasferimenti (perequazione orizzontale) Principi del funzionamento Si basa sulla capacità fiscale teorica, capacità di recupero della evasione fiscale, efficienza di erogazione dei servizi pubblici. Deve inoltre tenere conto delle caratteristiche territoriali e demografiche. Periodo transitorio La perequazione può essere effettuata anche in funzione della spesa storica per un periodo non superiore a tre anni Clausola di salvaguardia L’attuazione del provvedimento non deve comportare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e per i bilanci degli enti decentrati e deve essere coordinata con gli obiettivi di finanza pubblica relativi al patto di stabilità interno (co. 2). 19 SCHEDA 4 Disegno di legge Villone, Mancino e altri (su proposta Regione Campania Commissione su Federalismo e Mezzogiorno)8 . MECCANISMI DI FINANZIAMENTO Obiettivo generale Implementazione di un modello di federalismo fiscale cooperativo e solidale in cui è assicurato il finanziamento integrale dei fabbisogni di spesa connessi all’esercizio “normale” delle funzioni attribuite alle Regioni (non sono trattati i modelli per gli altri Enti). Principi generali Tributi propri, tariffe, compartecipazioni e fondo perequativo coprono il fabbisogno per il “normale esercizio delle funzioni”. Tributi propri Il 75% delle imposte proprie e delle addizionali regionali9 contribuisce alla copertura del fabbisogno netto di spesa delle Regioni in materia sanitaria (Fabbisogno meno tariffe per la partecipazione degli utenti al servizio). Criterio di attribuzione del gettito da compartecipare Il gettito IVA è attribuito a ciascuna Regione non in base ai consumi delle famiglie10 , ma sulla base di un indicatore riferito alla popolazione residente. 8 “Modifiche al decreto legislativo 56/00 e attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale”. La proposta elaborata dalla Commissione su Federalismo e Mezzogiorno della Regione Campania è confluita nel disegno di legge Villone, Mancino e altri - Atto Senato n° 2130 . Il Disegno di legge adegua la disciplina prevista dal d.lgs 56/200 in materia di finanza regionale alle norme contenute nell’articolo 119 della Costituzione. In particolare, per le funzioni in materia sanitaria, il disegno di legge definisce il fabbisogno di spesa e i meccanismi di finanziamento di tale fabbisogno, per le materie diverse dalla sanità il disegno di legge contiene una delega al governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi e i principi cui tale delega deve ispirarsi. 9 Irap, addizionale Irpef e accisa sulle benzine. 10 Criterio previsto dal d.lgs 56/00. 20 Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione L’aliquota di compartecipazione all’IVA, uniforme per tutte le Regioni, è quella che assicura la copertura integrale del fabbisogno della Regione con maggiore capacità fiscale (attualmente la Lombardia) . FONDO PEREQUATIVO I territori con minore capacità fiscale ricevono contributi perequativi da un Fondo istituito nel bilancio dello Stato. L’ammontare del Fondo perequativo per il primo anno è pari al 20% del gettito IVA e può essere rideterminato, ove occorra11 . Per gli anni successivi la percentuale di Iva da attribuire al Fondo è indicata nella Legge Finanziaria annuale. Il Fondo perequativo deve essere determinato in misura tale da: − assicurare la copertura del fabbisogno di spesa calcolato secondo il “normale esercizio delle funzioni”; − compensare lo sforzo fiscale delle Regioni con minore capacità fiscale; − finanziare gli obiettivi di riequilibrio territoriale per un importo non superiore al 10% delle risorse occorrenti. Compensazione dello sforzo fiscale delle Regioni con minore capacità fiscale Una parte del Fondo perequativo serve a compensare lo sforzo fiscale delle Regioni con minore capacità fiscale per abitante. L’obiettivo è di ridurre del 90% la differenza tra: a) il maggior gettito derivante dall’incremento medio delle aliquote per le Regioni la cui capacità fiscale supera il valore medio nazionale ridotto del 10% ; b) il maggior gettito derivante da incrementi di aliquote, rispetto all’aliquota base per le Regioni la cui capacità fiscale risulti di almeno il 10% più bassa del valore medio nazionale. Obiettivi di riequilibrio territoriale Qualora il maggior gettito prodotto dallo sforzo fiscale sia destinato al finanziamento di programmi di investimento per il potenziamento delle strutture sanitarie che siano in linea con gli 11 La rideterminazione avviene su proposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. 21 obiettivi di riequilibrio definiti a livello nazionale o in sede di Unione Europea, il contributo del fondo perequativo necessario a compensare lo sforzo fiscale è assegnato in misura doppia. Fabbisogni di spesa delle Regioni in materia sanitaria. 1. Lo Stato definisce i fabbisogni di spesa di ciascuna Regione per le funzioni attribuite in materia sanitaria in base agli “standard di assistenza riferiti al normale esercizio”, al fine di determinare l’ammontare delle risorse necessarie a finanziare integralmente dette funzioni (principio di sufficienza delle risorse, art.119, comma 4). I fabbisogni di spesa sono determinati sulla base di “standard di assistenza” che tengono conto della popolazione residente in ciascuna Regione. Il calcolo degli standards si ottiene: a) determinando una unità di base di popolazione e ponderando tale unità con un indice complesso basato su indicatori di natura sanitaria e indicatori che esprimono la situazione economico-sociale della Regione; b) moltiplicando l’unità di base per il numero dei residenti; c) nel calcolo del fabbisogno è compreso il costo derivante dall’acquisizione delle “strutture” sanitarie necessarie all’espletamento delle funzioni normali; d) il fabbisogno netto è determinato come differenza tra il fabbisogno standard, determinato secondo i criteri indicati ai punti precedenti, e le tariffe base eventualmente stabilite per la partecipazione degli utenti alla spesa. 2. Il fabbisogno di spesa determinato secondo i criteri indicati al punto precedente, copre interamente il finanziamento delle prestazioni sanitarie che rientrano nei livelli essenziali di assistenza. 3. Per i primi tre anni successivi al 2003 il fabbisogno di spesa di ciascuna Regione è ottenuto rideterminando, sulla base del criterio appena visto, la spesa sostenuta dalle Regioni per la competenza 2001 e applicando per ciascun anno il tasso di inflazione programmato. Per gli anni successivi al 2006 il fabbisogno è determinato annualmente. Delega per i meccanismi di finanziamento in materie diverse dalla sanità 1. Nella determinazione dei fabbisogni di spesa si tiene conto della necessità di garantire la copertura integrale dei livelli essenziali dei servizi. 22 2. Il fabbisogno di spesa per le funzioni diverse dalla sanità è determinato facendo riferimento al criterio della dimensione geografica, che incide sulla determinazione dei differenziali nei costi di produzione dei servizi nelle diverse realtà regionali, cosi come previsto dall’allegato A, punto 2 lett.d del d.lgs 56/0012 . 3. Il fabbisogno di spesa determinato secondo i criteri indicati al punto precedente è finanziato: a) con le tariffe a carico degli utenti; b) con il 15% delle imposte proprie e delle addizionali; c) con i contributi perequativi e con le compartecipazioni secondo i criteri indicati per il finanziamento della sanità, nella misura che è determinata in ogni triennio dalla legge finanziaria. 12 La spesa pro capite standardizzata delle regioni è stimata mediante un modello statistico di regressione del valore medio pro capite delle spese correnti di ciascuna regione relative a funzioni diverse dalla sanità, con la dimensione geografica, utilizzando come regressore il logaritmo della popolazione residente. 23 SCHEDA 5 Proposta Giarda 13 MECCANISMO DI FINANZIAMENTO Tributi propri Alle Regioni sono assegnati tributi propri in grado di finanziare quote significative delle spese derivanti dall’esercizio delle funzioni nelle materie a competenza esclusiva e concorrente. Per tributi propri si intendono: a) i tributi regionali previsti dall’ordinamento vigente ( l’IRAP, la tassa di circolazione, ecc). b) le aliquote riservate dall’ordinamento vigente all’autonomia regionale (addizionale regionale IRPEF, accisa regionale sulla benzina); c) i tributi applicati su basi imponibili autonomamente determinate dalle Regioni. d) i nuovi tributi regionali costruiti sulla condivisione delle basi imponibili dei tributi erariali (in particolare la riserva di aliquota sull'imposta personale sui redditi e sull’imposta sul reddito delle società); Il gettito tributario principale da attribuire alle regioni per il finanziamento delle nuove competenze legislative proverrà da d) che avrà una base imponibile condivisa tra Stato e Regioni il cui gettito iniziale dovrà essere uguale al gettito statale pre-viggente (ad es. IRE=IRES+IRER); successivamente potranno autonomamente essere mutate le aliquote dai due soggetti. Le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali Vengono assegnate dopo la definizione dei tributi propri regionali. Data l’aliquota di compartecipazione (ad. es. IVA), i relativi proventi dovrebbero affluire direttamente ai bilanci delle regioni dove il gettito è prodotto o si realizza. L’aliquota è fissata rigidamente dallo Stato allo stesso livello per tutte le Regioni (il gettito non è espressione di autonomia tributaria, ed ha una forte correlazione con i livelli di attività economica regionale) 13 “Quale modello di federalismo fiscale nella nuova Costituzione italiana ?” - Relazione presentata alla XLIII Riunione Scientifica della Società Italiana degli Economisti, Ferrara 25 ottobre 2002. (versione 17-3-2003) 24 Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione Se l’attuazione della riforma, nel trasferimento delle competenze attribuite dallo Stato alle Regioni, non deve comportare un aumento di spesa pubblica e in nessuna regione la spesa statale può ridursi inizialmente, allora in nessuna regione la somma di tributi propri e compartecipazioni deve superare il livello di spesa storica trasferito (per le nuove funzioni). Se ne deduce che la scelta dei tributi (basi imponibili e aliquote) e delle aliquote di compartecipazione da assegnare alle Regioni dovrà essere determinata in modo che in ciascuna regione il gettito sia minore o al massimo uguale alla spesa storica; ovvero quando quel mix consente di coprire il livello di spesa storica della Regione più ricca (la Lombardia). La differenza tra spesa storica e gettito determinato con il mix sopra descritto per ciascuna regione verrà coperto integralmente con il fondo perequativo (alimentato dalla compartecipazione regionale al gettito IVA) 14 . FONDO PEREQUATIVO Obiettivi e principi di funzionamento del fondo perequativo nazionale 15 La determinazione delle spettanze di ciascuna Regione sul fondo perequativo (di tipo verticale) deve tener conto: 14 Nella scelta del mix ideale tra entrate proprie e compartecipazioni si considera che:.. “Nell’ipotesi che si proceda con la spaccatura di uno o più dei grandi tributi erariali attuali (per esempio l’IRPEF e/o l’IRPEG) in uno o più tributi statali e tributi regionali, la soluzione più appropriata è forse quella di escludere le compartecipazioni dalle fonti di finanziamento delle singole Regioni….. La scelta di finanziare le Regioni più ricche solo con entrate tributarie proprie si giustifica in vista dell’obiettivo di realizzare, in tutti i casi ove ciò è tecnicamente possibile, il collegamento politico tra decisioni di spesa e decisioni di prelievo: non ci sono ragioni per mischiare, anche nel bilancio delle Regioni più ricche, entrate proprie (caratterizzate da autonomia di prelievo) e compartecipazioni (per le quali non c’è autonomia).” Inoltre vengono evidenziati alcuni punti derivanti dalla teoria economica “……….il primo è che in un ordinato sistema di federalismo fiscale non si può pensare che tutte le regioni ricevano quote del fondo perequativo. Il secondo è che il gettito delle entrate proprie dovrebbe essere il più elevato possibile. Il terzo è che la somma di entrate proprie e di quote del fondo perequativo deve, nel complesso, distanziarsi il meno possibile dal volume della spesa storica. Il quarto, infine, che le regole di solidarietà devono applicarsi, in uno schema di perequazione verticale, solo a favore di un numero limitato di regioni”. Nella proposta vengono considerati parametri che tendono ad escludere le cinque grandi regioni del centro-nord dall’accesso al fondo perequativo. 15 L’intensità della perequazione deve essere collegata alla tipologia di competenza esclusiva o concorrente: “ In presenza di poteri e responsabilità esclusive, l’uniformità dei risultati non dovrebbe essere considerata come un elemento costitutivo del patto sociale e quindi nemmeno un requisito delle regole di solidarietà. Quindi per le materie assegnate alla competenza legislativa esclusiva, la perequazione a favore delle Regioni più povere potrebbe essere anche non completa (o parziale), nel senso di non portare al livellamento delle risorse per abitante”. All’opposto nelle materie riservate alla competenza legislativa concorrente la perequazione deve essere di maggiore intensità (o pervasiva) poiché “… in essa sono stati rilevati interessi che necessitano di tutela da parte di un livello di governo superiore al governo regionale”. 25 1. del costo dei livelli essenziali delle prestazioni (lett. m del secondo comma dell’art. 117) definiti in relazione alle spese in materia di sanità, assistenza e istruzione (in base ai costi efficienti non storici); nel primo triennio, le quote del fondo perequativo possono essere assistite da vincolo di destinazione. 2. di indicatori regionali di bisogno propri di ciascuna finalizzazione o anche in base ad indicatori generali degli squilibri economici e sociali, per le spese rientranti nelle finalizzazioni di cui al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione16 ; 3. Per le spese diverse dai primi due punti, il riparto avverrà in base ai seguenti specifici criteri: a) le Regioni nelle quali il gettito per abitante dei tributi propri supera per più del 20 per cento la media nazionale dei gettiti regionali per abitante non partecipano alla ripartizione del fondo perequativo 17 ; b) il riparto tra le altre Regioni avverrà in relazione all’obiettivo di ridurre di almeno il 90 per cento le differenze interregionali nel gettito delle entrate tributarie regionali per abitante18 ; c) nel computo delle quote spettanti alle singole Regioni, si dovrà fare riferimento a indicatori di capacità fiscale che non considerino il maggiore o minore gettito rispetto ai 16 Le finalizzazioni indicate dal comma 5 dell’art. 119 possono essere classificate in due gruppi e finanziate con due modalità: - il primo riguarda la promozione della coesione e solidarietà sociale e l’accesso all’effettivo esercizio dei diritti della persona. “…Se non si vuole definire come ridondante, la disposizione del comma 5 dell’articolo 119, implica che le risorse che saranno messe a disposizione per la perequazione non potranno essere interamente assorbite dalle quote definite in applicazione del comma 3 e della lettera m): una parte di queste risorse deve rientrare nella applicazione del comma 5 dell’art. 119”. - Il secondo riguarda la promozione dello sviluppo economico e la rimozione degli squilibri economici e sociali. Il finanziamento di questo gruppo deve effettuarsi con “… una quarta fonte di entrata degli enti decentrati che si aggiunge, in via strutturale, a entrate proprie, compartecipazioni e quote del fondo perequativo. Si tratta dei contributi di scopo (con o senza vincolo di destinazione, con o senza obbligo di cofinanziamento), una fonte di finanziamento, comunemente individuata nelle applicazioni della teoria del federalismo fiscale, da assegnare sulla base di formule o di valutazioni basate in prevalenza su una qualche nozione di “bisogno”. 17 Le argomentazioni della fissazione di una soglia per l’accesso alla perequazione sono: “….Non ci sono ragioni economiche o etiche per estendere le regole della solidarietà alle Regioni con reddito inferiore al reddito della Regione più ricca ma notevolmente superiore alla media nazionale. Le quote di perequazione dovrebbero essere garantite solo a quelle Regioni nelle quali la capacità fiscale per abitante è inferiore a qualche livello-soglia, il cui valore è da definire con espressa scelta politica. Le Regioni con reddito superiore ai valori medi o al valore soglia che intendono mantenere i livelli di spesa ereditati dalla gestione statale, potranno raccogliere le risorse con aumenti delle aliquote dei tributi propri. Le Regioni con reddito inferiore accederanno al fondo perequativo”. 18 Le regole di perequazione non devono eliminare ma solo ridurre le conseguenze delle differenze nelle capacità fiscali per abitante nelle diverse regioni. Il maggiore decentramento richiede un “ragionevole grado di differenziazione” dell’offerta pubblica sul territorio nazionale. “Non ci sarebbe stata ragione di decentrare se poi la struttura formale dell’offerta pubblica dovesse ispirarsi a criteri di uniformità di trattamento su tutto il territorio” 26 valori medi o standard nazionali derivante dall’esercizio dell’autonomia tributaria regionale. Fondo perequativo per gli Enti locali Fino alla assegnazione delle funzioni amministrative ai sensi dell’articolo 118 della costituzione, lo Stato concorre al finanziamento delle attività di Province, Comuni e Città Metropolitane attraverso un fondo perequativo il cui importo è fissato inizialmente in misura pari alla somma di tutti i trasferimenti a favore degli enti locali come risultano dal bilancio di previsione dello Stato per il ……. La legge finanziaria determina l’entità del fondo perequativo per gli anni successivi. La distribuzione delle risorse del fondo perequativo agli Enti locali, in relazione alla natura dei compiti svolti dagli enti locali, avviene in base a tre distinti criteri19 : a) la perequazione delle capacità fiscali (misurata con riferimento al gettito che i tributi locali genererebbero in applicazione di un ordinamento tributario nazionale di riferimento uniforme per tutti i Comuni) con peso pari al 20 per cento; b) i fabbisogni standard connessi alle funzioni svolte (valutati in relazione ad una quota uniforme per abitante corretta per tenere conto delle caratteristiche territoriali, demografiche, sociali ed economiche dei diversi enti), con peso pari al 70 per cento; c) il concorso finanziario alle spese per investimento (commisurato a una valutazione del gap di infrastrutture nei settori di intervento degli Enti locali, ad esempio, della viabilità, acquedotti, scuole e fognature ecc), con peso pari al 10 per cento. La legge regionale può dettare particolari criteri per il riparto delle risorse finanziarie del fondo perequativo che lo Stato ha complessivamente assegnato agli enti locali stessi (nel territorio regionale). Può precisare i criteri di determinazione dei fabbisogni standard (lett. b) e i criteri da utilizzare per il sostegno degli investimenti (lett. c). Non può modificare i pesi indicati e i criteri per la misurazione della capacità fiscale. In mancanza della legge regionale il riparto avviene sulla base di legge nazionale. Il trasferimento delle risorse finanziarie a favore degli enti locali è attuato dagli uffici statali, anche nel caso che le assegnazioni siano definite sulla base di criteri fissati dal legislatore regionale. 19 Data la frammentazione delle basi imponibili e l’impossibilità di costruire un buon indicatore della capacità fiscale a livello comunale, “ ..E’ evidente che il sistema di perequazione degli enti locali non potrà che basarsi sull’utilizzo prevalente di indicatori di fabbisogno di spesa o di spesa storica standardizzata, con qualche modesto rilievo da attribuire alla vera e propria perequazione delle capacità fiscali”. 27 La fase transitoria I criteri di computo delle quote del fondo perequativo nazionale si applicano dopo l’esaurirsi di una fase di transizione diretta a garantire il passaggio graduale dai trasferimenti finanziari iniziali basati sulla spesa storica sostenuta dallo Stato nelle singole Regioni ai trasferimenti determinati in base al costo dei livelli essenziali delle prestazioni o alla perequazione della capacità fiscale. Ricorso all’indebitamento per spese di investimento Al fine di garantire che le decisioni dei singoli enti siano compatibili con gli obiettivi finanziari assegnati a ciascun livello di governo (nell’osservanza del patto di stabilità e crescita), lo Stato e le Regioni assegnano annualmente plafonds di ricorso al debito rispettivamente alle singole Regioni o ai singoli enti locali del territorio regionale. Tali plafonds possono essere scambiati (mediante un mercato dei diritti all’indebitamento) tra i singoli enti per assicurare flessibilità nelle decisioni relative alle spese in conto capitale e alle spese per infrastrutture nell’ambito delle compatibilità dei vicoli di bilancio complessivi. Ogni singolo ente deve poter riacquistare la disponibilità dei plafonds ceduti entro il secondo anno dopo la cessione. 28 SCHEDA 6 Giannola20 Obiettivo generale Realizzazione di un modello cooperativo in cui l’autonomia degli enti territoriali è rigidamente subordinata alla salvaguardia dei diritti civili e sociali. Il principio di sufficienza delle risorse Il sistema finanziario deve essere costruito in modo tale che ciascun Ente sia posto nelle condizioni di offrire un livello appropriato di servizi, dove per “livello appropriato” s’intende quello che scaturisce: a) dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art.117 comma 2, lett. m); b) dalla definizione delle funzioni fondamentali di comuni, province, città metropolitane, regioni. A tal fine si rende necessario: i) definire un fabbisogno finanziario standard, quello cioè scaturente dall’esercizio, a un livello normale (o medio), delle funzioni attribuite a ciascun ente territoriale; ii) adeguare a tale fabbisogno le risorse, ovvero i tributi e le entrate proprie (applicando l’aliquota standard dei tributi e il livello standard delle tariffe), le compartecipazioni e il fondo perequativo. La posizione espressa da Giannola è coerente con l’obiettivo di tutela dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale. Tale obiettivo verrebbe messo in discussione nel caso in cui, come sostengono autorevoli studiosi della materia, il principio di sufficienza delle risorse fosse riferito non al singolo Ente, ma al livello aggregato degli enti (Giarda, Gallo). In tal caso le risorse potrebbero essere sufficienti a salvaguardare il fabbisogno complessivo degli enti, ma la ripartizione di tali risorse tra i territori non garantirebbe ovunque il rispetto dei diritti di cittadinanza. Il modello di perequazione Si ribadisce la centralità del ruolo dello Stato nell’attuazione di un modello federale che garantisca condizioni di uguaglianza ai cittadini ovunque risiedano. Le differenziazioni che il modello federale tende a generare possono essere accettate se si tiene conto delle diverse situazioni di partenza dei territori. Di qui la necessità di investire risorse nelle politiche di 20 “Federalismo e dualismo. Ieri, oggi, domani”, relazione presentata al Convegno di studi tenutosi il 5 ottobre 2001 dell’Università di Salerno su “Economisti, giuristi, meridionalisti dallo Stato Corporativo all’assemblea costituente. 29 convergenza e di favorire la scelta di un modello verticale di perequazione , in cui lo Stato possa esercitare un ruolo di indirizzo e controllo, piuttosto che di un modello orizzontale che lascia troppo spazio ai rapporti contrattuali tra le regioni (“il rischio è quello di legittimare nelle regioni più forti la pretesa di considerarsi le finanziatrici delle regioni deboli”). In quest’ottica la perequazione non trova tanto giustificazione in un rapporto “solidale” tra regioni donanti e regioni beneficiare, quanto piuttosto nella tutela di diritti di cittadinanza costituzionalmente garantiti. Il criterio di attribuzione del gettito da compartecipare Il principio di territorialità delle imposte previsto per le compartecipazioni deve essere costruito con molta cautela per evitare che la pretesa delle regioni “ricche” di trattenere le risorse raccolte sul proprio territorio possa incidere sui diritti costituzionali di altre regioni21 . In quest’ottica, la dimensione della compartecipazione non dovrebbe eccedere quanto necessario per il soddisfacimento del fabbisogno “standard” definito esogenamente dallo Stato. Finalità del comma 5 E’ riservato allo Stato il compito di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale tra i territori. Le risorse aggiuntive destinate a tale finalità “sono estranee alla logica di finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali”. Esse si aggiungono, ma di certo non sostituiscono, quanto è previsto a salvaguardia dei diritti fondamentali garantiti dai precedenti commi (tributi ed entrate proprie, compartecipazione e fondo perequativo). 21 L’esempio illustrato da Giannola mostra che nel caso in cui la regione Lombarda avesse attuato la devolution (il disegno di legge costituzionale presentato dall’On. Bossi che estende le competenze esclusive delle Regioni in materia di sanità, istruzione e polizia locale) trattenendo nel proprio bilancio una quota pari al 70% dell’IVA raccolta sul proprio territorio, il contributo di questa regione al fondo perequativo si sarebbe ridotto al 30%. Dati i vincoli derivanti dal Patto di stabilità e crescita, lo Stato non potrebbe compensare ogni anno la riduzione del fondo perequativo e quindi graverebbe sulle Regioni l’onere di comp ensare, con risorse proprie, il deficit. In particolare la riduzione del contributo perequativo ricadrebbe per il 38% sulla regione Campania, per il 25% sulla regione Puglia e per il 15% sulla regione Calabria. 30 SCHEDA 7 Commissione tecnica spesa pubblica22 Analisi dei principali tributi e compartecipazioni assegnati ai governi locali e proposte per il futuro della finanza regionale e locale. Uno dei punti centrali del dibattito sul federalismo fiscale riguarda l’assegnazione al livello locale di cespiti fiscali. Tra i criteri alla base di questa assegnazione vi è il rispetto del principio del beneficio23 , che va ad affiancarsi a quello più generale della capacità contributiva. Più precisamente, nella scelta dei cespiti da allocare ai diversi livelli di governo, la teoria economica raccomanda, per il livello di governo superiore, il rispetto del principio di capacità contributiva e quello ad esso collegato di progressività mentre per il livello di governo inferiore suggerisce l’applicazione del principio del beneficio. Nella presente scheda sono posti a confronto i principali tributi locali (Ici, Irap, Irpef e IVA), al fine evidenziarne alcuni aspetti e di individuare quelli che maggiormente si adattano alla finanza decentrata. Imposizione locale (Ici e Irap) e criterio del beneficio L’Ici sembra rispettare il principio del beneficio, anche se soltanto parzialmente, poiché non esiste una precisa corrispondenza tra gettito derivante dalla tassazione degli immobili e spese per il patrimonio immobiliare. Per l’Irap la corrispondenza tra imposizione locale e criterio del beneficio è del tutto assente. L’imposta è infatti pagata in prevalenza dalle imprese, ma va a finanziare spese per i cittadini (principalmente la sanità). Oltre a non rispettare il principio del beneficio, l’imposta rappresenta un disincentivo per l’occupazione poiché colpisce non solo i profitti netti, ma il costo del lavoro per intero. Discrimina, inoltre, le piccole imprese rispetto alla grande impresa poiché, oltre a tassare il reddito da lavoro, colpisce gli interessi che nelle piccole imprese rappresentano una quota di costo rilevante. 22 Commissione Tecnica Spesa Pubblica, audizione in Commissione Bilancio, 5 novembre 2002. L’applicazione del principio del beneficio implica che esiste una perfetta corrispondenza tra il contributo che ciascun cittadino dà alla spesa pubblica attraverso il pagamento delle imposte e i benefici che lo stesso cittadino riceve in termini di beni e servizi pubblici offerti dalla pubblica amministrazione locale. 23 31 Effetti redistributivi territoriali (Irpef, Irap) L’attuale sistema di redistribuzione territoriale dei gettiti pro-capite delle due imposte evidenzia uno squilibrio a favore delle Regioni del Nord (tabella 1). In particolare, il gettito Irpef al Nord è circa il doppio di quello del Sud sia per le Regioni a Statuto Ordinario che per le Regioni a Statuto Speciale. Inoltre, il gettito Irap delle Regioni del Nord supera di circa quattro volte quello del Sud. L’Irap pubblica rappresenta, invece, un correttivo poiché il suo ammontare medio al Sud tende a superare quello delle Regioni del Nord. Proposte 1. Aumento della quota compartecipata dell’IVA per le seguenti ragioni: a) la distribuzione del gettito pro-capite si presenta meno sperequata sul territorio rispetto alla distribuzione del valore aggiunto prodotto dalle imprese (Irap) e del reddito (Irpef); b) esiste una maggiore corrispondenza tra gettito e spese finanziate (sanità, trasporti, scuola); c) la possibilità di spostamento della base imponibile in caso di divergenza delle aliquote territoriali è più limitata. 2. Ridimensionamento dell’Irpef e dell’Irap24 ; 3. A livello comunale: a) riserva totale del gettito sugli immobili ai Comuni (Ici) e individuazione di una destinazione di scopo del gettito (prevalentemente a copertura delle spese che riguardano gli immobili); b) assegnazione delle tasse sui veicoli, in particolare quelle connesse alla loro esistenza e alla occupazione dello spazio anche da fermi (bollo auto); c) assegnazione delle tasse sull’energia consumate dalle famiglie (elettricità, metano, gasolio da riscaldamento). 24 La legge delega sulla riforma fiscale ha previsto la graduale soppressione dell’Irap. In una prima fase è prevista l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile e, successivamente, la progressiva cancellazione dell’imposta. 32 Tabella 1 - Stime dei gettiti regionali pro-capite in base a incassi ’99 Irpef unitaria 85,0 Irap privata unitaria 642,0 Irap pubblica unitaria 223,4 Piemonte Lombardia Veneto Liguria Emilia Romagna Toscana Marche Umbria Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria 100,3 110,1 95,5 94,1 108,9 92,7 83,1 79,6 89,3 65,3 55,5 48,9 51,1 50,6 43,9 768,9 1.081,9 775,1 493,9 858,2 631,6 566,3 460,8 704,9 408,3 247,0 225,1 228,8 214,7 194,6 206,1 173,4 201,6 249,0 211,0 220,9 229,4 252,5 340,5 215,8 256,6 224,4 205,7 246,0 243,0 975,0 1.255,3 976,7 742,9 1.069,2 852,5 795,7 713,3 1.045,4 624,1 503,6 449,5 434,5 460,7 437,6 1.014,2 1.113,8 966,2 952,4 1.101,4 937,4 841,0 805,5 903,6 660,7 561,6 494,6 517,1 512,1 443,6 Regioni a Statuto speciale Valle D'Aosta Friuli Trentino Alto Adige Sicilia Sardegna 64,0 103,5 99,9 101,8 49,8 57,9 349,3 628,4 678,9 782,7 213,5 271,1 268,2 404,7 255,5 362,7 243,6 290,8 617,5 1.033,1 934,4 1.145,4 457,1 561,9 646,9 1.047,0 1.010,7 1.030,0 503,8 586,0 81,7 596,2 203,4 799,6 826,0 Regioni Regioni a statuto ordianrio Totale Irap unitaria Irpef=Irap* 865,4 859,9 * Gettito dell'Irpef nell'ipotesi di pareggiamento su base nazionale del suo ammontare con quello dell'Irap complessiva al fine di rendere trasparente il confronto tra le due distribuzioni territoriali. 33 SCHEDA 8 Zanardi25 Impatto del decentramento e ipotesi di finanziamento Zanardi presenta due alternative di finanziamento delle nuove spese devolute alle Regioni in seguito all’attuazione del Titolo V della Costituzione, nell’ipotesi di approvazione dell’ulteriore modifica costituzionale derivante dal disegno di legge sulla devolution presentato dall’On. Bossi26 . Per l’insieme delle Regioni a Statuto Ordinario il totale delle risorse da devolvere è stimato in circa 41 miliardi di euro27 (tabella 1). Tab. 1 - Modalità alternative di finanziamento del progetto di devoluzione Bossi (val. assoluti in milioni di euro) Addizionale IRPEF Aliquota: 10,37% Compartecipazione IVA Aliquota 96,5% Fabbisogni totali Entrate Residuo fiscale Entrate Piemonte 3.020 4.304 -1.284 3.892 -872 Lombardia 5.942 9.867 -3.925 8.812 -2.870 Veneto 3.122 4.255 -1.133 4.151 -1.029 Liguria 1.362 1.553 -191 1.610 -248 Emilia-Romagna 2.980 4.292 -1.312 3.955 -975 Toscana 3.170 3.277 -107 3.240 -70 Marche 1.222 1.210 12 1.249 -27 Umbria 827 665 162 683 144 Lazio Totale Centro- Nord Abruzzo Molise Campania Basilicata Residuo fiscale 6.271 4.659 1.612 4.675 1.596 27.916 34.082 -6.166 32.267 -4.351 1.143 831 312 949 194 320 183 137 220 100 5.793 2.837 2.956 3.494 2.299 620 320 300 357 263 Puglia 3.368 2.091 1.277 2.660 708 Calabria 2.101 917 1.184 1.314 787 6.166 8.994 4.351 Totale Mezzogiorno 13.345 7.179 Totale 41.261 41.261 Somma dei residui positivi 41.261 7.952 6.091 25 Zanardi, Riforma fiscale, devoluzione e federalismo, Politica economica, a. XVIII, n.3, dicembre 2002. Il disegno di legge costituzionale prevede l’attribuzione alla competenza esclusiva regionale della potestà legislativa in materia di sanità, istruzione e polizia locale. 27 L’esercizio di stima delle risorse da devolvere è tratto da Arachi Zanardi (2001) “La devoluzione nel paese del dualismo”. 26 34 Le alternative di finanziamento sono le seguenti: a) utilizzazione dell’IRPEF, con incremento dell’aliquota dell’addizionale dallo 0,9 per cento attuale al 10,37 per cento; b) utilizzazione della compartecipazione all’IVA, la cui aliquota passerebbe dall’attuale 38,55% cento al 96,5%. Si avrebbe pertanto una quasi totale regionalizzazione dell’IVA La ripartizione, per regioni, dei residui fiscali nelle due alternative è riportata nella tabella 1. Il Mezzogiorno sarebbe destinatario di 6.166 milioni di euro nell’ipotesi a) e 4.351 milioni di euro nell’ipotesi b). L’autonomia differenziata (art. 116 comma 3)28 Ulteriori complicazioni al sistema di finanziamento delle Regioni deriverebbero dall’attivazione in alcune Regioni dell’autonomia differenziata. Ciò è vero almeno da due punti di vista: a) in primo luogo è ragionevole supporre che le Regioni che richiedono l’accesso all’autonomia rafforzata debbano tendere a finanziare le materie soggette a tale disciplina con tributi propri anziché con compartecipazioni. La stessa materia imponibile potrà quindi essere soggetta a regimi di tassazione differenti; b) anche il sistema di perequazione dovrebbe essere differenziato. La logica, in questo caso, sarebbe di attivare la perequazione con il solo criterio della capacità fiscale per tutte le materie di competenza esclusiva regionale, facendo valere tale criterio anche per le Regioni che chiedono di estendere la propria autonomia. Le materie di competenza concorrente dovrebbero, invece, essere perequate bilanciando il criterio della capacità fiscale con fattori che tengano conto dei fabbisogni di spesa. La legge delega sulla riforma fiscale e la riforma del titolo V La legge delega sulla riforma fiscale, Zanardi pone in evidenza che tale legge pur avendo formalmente come oggetto il solo sistema erariale delle imposte, ha importanti ricadute sulla finanza decentrata, specialmente a causa della prevista soppressione dell’Irap, delle cui conseguenze in termini di riduzione del gettito non si occupa adeguatamente. La cancellazione 28 L’art. 116, comma 3 della Costituzione introduce la possibilità per le Regioni a Statuto Ordinario di accedere a forme e condizioni ulteriori di autonomia, rispetto a quanto già disposto dall’articolo 117, nelle materie di cui al terzo comma dello stesso articolo e nelle materie indicate al secondo comma limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, alle norme generali sull’istruzione e alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali. L’autonomia differenziata viene autorizzata con legge dello Stato, sentite le Regioni interessate. 35 dell’imposte è graduale, essendo prevista, in una prima fase, l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile e, successivamente, la progressiva cancellazione. Nella prima fase, l’effetto della esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile comporterebbe una contrazione del gettito Irap di circa 20.000 milioni di euro. Già questa modifica determinerebbe una forte riduzione del grado di autonomia fiscale disponibile per le Regioni. In caso di cancellazione totale dell’imposta si genererebbe, inoltre, una perdita di gettito pari a 29.000 milioni di euro. In entrambi i casi la legge delega non specifica con quali strumenti bisognerà compensare la perdita di gettito, chiarisce però che le modalità di compensazione non dovranno essere in contrasto con l’avvio del federalismo fiscale. Su questo punto, l’ipotesi che viene portata avanti di sostituire il tributo regionale con una compartecipazione al gettito dell’Irpeg, solleva una serie di considerazioni: a) sarebbe necessario devolvere interamente l’Irpeg alle Regioni, essendo i due tributi, quello sostituito e quello di nuova devoluzione, equivalenti in termini di gettito; b) la base imponibile dell’Irpeg è molto variabile perché sensibile al ciclo economico; c) infine, la distribuzione del gettito di questa imposta tra le regioni è alquanto disomogenea. Anche nel caso in cui si volesse distribuire territorialmente il gettito IRPEG utilizzando un criterio diverso da quello relativo alla localizzazione della sede legale del soggetto passivo, risulterebbe, comunque, una sperequazione nella distribuzione del gettito che penalizzerebbe le regioni meridionali. Alla luce di queste considerazioni e sulla base degli orientamenti che dovrebbero venire dall’attuazione del Titolo V, potrebbe essere utile riflettere sull’opportunità di sostituire l’Irap, non con l’Irpeg, ma con un nuovo tributo regionale. 36 SCHEDA 9 NOTA SUL RAPPORTO ISAE SULL’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO29 In questo appunto si fa una breve sintesi del primo Rapporto annuale sull’attuazione del federalismo presentato dall’ISAE lo scorso 6 febbraio 2003; si allegano due schede di approfondimento. 1. Considerazioni generali Il rapporto monografico dell’ISAE affronta alcune tematiche importanti legate al processo di attuazione del federalismo in Italia, concentrandosi in particolare sulle conseguenze finanziarie del decentramento in attuazione della riforma del titolo V della Costituzione. L’ISAE individua nel percorso di decentramento compiuto fin qui una coerenza di fondo e concorda sull’inevitabilità di una riforma in senso federalista; d’altra parte considera anche un salto notevole con gli assetti istituzionali precedenti tra i diversi livelli di governo, non solo di carattere finanziario, portando il Paese “accanto (e forse persino oltre) agli assetti istituzionali degli Stati a federalismo compiuto”. La numerosità e la consistenza delle competenze devolute interamente e parzialmente alle regioni dall’attuale titolo V, comporta infatti, a regime, un spostamento assai ingente delle entrate dallo Stato alle autonomie locali. L’Istituto inquadra i principali problemi e costruisce stime in grado di fornire elementi sull’ammontare complessivo dell’impatto finanziario del decentramento e delle grandezze della perequazione conseguente alla soppressione dei trasferimenti; emergono alcuni risultati a seconda delle ipotesi alternative considerate. 2. La dimensione finanziaria del decentramento Secondo le stime elaborate dall’Istituto30 se, in base ai conti pubblici del 2000, si ipotizzasse l’integrale attuazione della riforma del titolo V e il decentramento delle “leggi Bassanini”, a regime la dimensione finanziaria del decentramento fiscale (ovvero l’entità delle 29 A cura di Luca Manieri Elia e Federica Busillo, 26 febbraio 2003. Le stime sono elaborate con una serie di ipotesi semplificatrici tra le quali: a) al decentramento delle potestà legislative si accompagna un parallelo trasferimento delle funzioni amministrative; b) si ipotizza di dare piena attuazione al principio di sussidiarietà quindi si considera il passaggio di funzioni non alle sole amministrazioni regionali, ma all’insieme delle autonomie locali. Si ipotizzano inoltre percentuali di devoluzione sulle competenze concorrenti delle Regioni che sono ovviamente tuttora da determinare. Infine in tutte le simulazioni si ipotizza un “costo zero” della riforma. 30 37 entrate locali che dovranno essere reperite per coprire le nuove funzioni assegnate e sostituire i trasferimenti dello Stato che finanziano competenze passate alle amministrazioni locali) raggiungerebbe i 110 miliardi di euro31 portando il rapporto entrate tributarie locali sul totale della Pubblica Amministrazione a circa il 52 per cento, dall’attuale 21 per cento. Le simulazioni svolte, che si basano su ipotesi di decentramento della spesa corrente ed in conto capitale 32 , fanno emergere profonde differenze finanziarie tra le diverse aree del Paese evidenziando gli squilibri tra Nord e Sud, sia in termini di distribuzione di spesa pubblica pro capite sia rispetto al PIL (vedi scheda 1 allegata). Sebbene il percorso per giungere all’effettiva realizzazione del disegno complessivo in senso federale della riforma sarà lungo e complesso, si può fin d’ora stabilire che il potenziale del decentramento, se pienamente realizzato, porterebbe l’Italia su livelli elevati di autonomia vicini a quelli dei più importanti Stati federali; l’indice di decentramento fiscale33 a regime giungerebbe ad oltre il 35 per cento (dal 9 per cento del 1999) oltre i livelli europei e vicino ai valori di Stati Uniti, Svizzera registrati attualmente (vedi tavola successiva) 31 Il dato è al netto delle regolazioni contabili di tributi erariali e delle devoluzioni d’imposta delle le Regioni a statuto speciale poiché tali valori (circa 17 miliardi di euro nel 2000) figurano già come entrate proprie di questi enti e pertanto non incidono sulla dimensione finanziaria aggiuntiva del decentramento. 32 Nelle ipotesi ISAE la spesa in conto capitale decentrata è di circa 11 mld. di euro, di cui oltre 10 contributi agli investimenti; da una verifica diretta riguardo alle spese specifiche per le aree sottoutilizzate, sono stati inclusi gli incentivi alle imprese (ex L. 488), sono stati esclusi gli altri fondi ex aree depresse e i fondi di rotazione politiche comunitarie. 33 rapporto di entrate tributarie e contributi sociali degli enti decentrati sul totale delle stesse entrate della PA. 38 TAVOLA A - INDICE DI DECENTRAMENTO FISCALE (1) 1975 1985 1999 a regime (2) Italia 0,9 2,3 9,4 Belgio (paese federale) 4,7 5,0 28,3 29,8 28,4 31,9 7,6 8,7 10,2 Germania (paese federale) 31,3 30,9 30,0 Regno unito 11,1 10,3 4,1 Spagna 4,3 11,2 17,0 Svezia 29,2 30,4 30,6 Svizzera (paese federale) 43,8 39,5 35,1 Stati Uniti (paese federale) 34,2 32,8 31,1 Canada (paese federale) 42,4 45,3 45,1 Danimarca Francia 35,0 Giappone 25,6 26,0 26,1 (1) Entate fiscali (tributarie e contributi sociali) degli enti decentrati sul totale delle entrate fiscali PA (2) Stima ISAE a valori 2000 a costituzione pienamente realizzata (post decentramento) Fonte: OCSE, Revenue statistic 1965-2000, 2001 L’applicazione del decentramento di così rilevante entità, necessita di un processo di adeguamento graduale delle capacità gestionali ed organizzative delle amministrazioni locali per adempiere alle nuove funzioni; di conseguenza anche l’implementazione legislativa della riforma dovrà essere opportunamente modulata nel tempo. Rispetto delle modifiche costituzionali e agli effetti delle leggi “Bassanini”, il disegno di legge “Bossi” mostra un impatto finanziario marginale (quantificato in circa 2 miliardi di euro) in quanto la sanità e l’istruzione, materie a competenza concorrente, sono nelle ipotesi ISAE già quasi interamente decentrate. 2. Il fondo perequativo La perequazione, che dovrebbe essere senza vincoli di destinazione e di tipo verticale con funzione gerarchica dello Stato (art. 117, c. 2, lett. e), pone problemi di interpretazione e di quantificazione dei principi enunciati. Il concetto di perequazione nel nuovo titolo V (art. 119, co. 3) cambia rispetto a quello previsto dal vecchio testo costituzionale introducendo il criterio della “capacità fiscale per abitante” in sostituzione di quello, più generico e più vantaggioso per le regioni meno sviluppate, della soddisfazione dei fabbisogni individuati dalla spesa storica 39 (“bisogni delle Regioni per …..adempiere alle normali funzioni”). Sono possibili differenti quantificazioni e percorsi, più o meno vantaggiosi per le regioni meridionali a seconda della scelta effettuata di un criterio rispetto ad un altro. L’ISAE, una volta stabilita la grandezza delle finanziamento autonomo nell’ordine dei 110 miliardi di euro (o alternativamente 126 miliardi con le devoluzioni e regolazioni delle Regioni a Statuto Speciale), effettua alcune simulazioni con scenari alternativi (a seconda delle imposte da compartecipare) per verificare l’entità della perequazione tra le Regioni; a seconda della scelta tra il criterio della spesa storica e quello della capacità fiscale sarebbe necessario un fondo perequativo dell’ammontare che oscilla tra i 27 e i 16 miliardi di euro, per le compensazioni interregionali (vedi scheda 2). L’entità di queste somme (ovviamente più contenute se si utilizza il principio della capacità fiscale), mettono in evidenzia la portata della redistribuzione delle risorse tra Nord e Sud; nella maggior parte delle simulazioni le regioni del Centro-Nord risultano contribuenti nette a beneficio delle regioni del Sud, sollevando preoccupazioni sulla possibilità di un’ordinata implementazione della riforma. L’entità dei flussi delle compensazioni interregionali risultante dalle diverse simulazioni appare all’Istituto preoccupante sotto il profilo dell’accettabilità politica del trasferimento di ricchezza da parte delle Regioni più ricche, nella logica di un modello di federalismo cooperativo; nondimeno la consistenza elevata del flusso perequativo non è altro che la rappresentazione della situazione attuale del livello di redistribuzione della ricchezza che avviene attraverso i trasferimenti dal bilancio dello Stato verso quello degli enti territoriali. In relazione ai criteri di accesso al fondo perequativo inoltre l’ISAE osserva che: • per i primi anni vanno garantite alle Autonomie locali, in via transitoria, i livelli di spesa raggiunti negli ultimi anni; • devono essere definiti con precisione i livelli essenziali riferiti alle prestazioni della Pubblica Amministrazione (art.117, co. 2, lett. m), per poter assegnare le risorse perequative secondo tali criteri; • è auspicabile l’introduzione di criteri di condizionalità e premialità per l’utilizzo del finanziamento perequativo allo scopo di sviluppare comportamenti virtuosi degli enti locali sul fronte della gestione dei propri bilanci; • la perequazione appare indicata per le materie a competenza concorrente mentre per quelle esclusive potrebbe essere auspicabile il ricorso solo per alcune Regioni. 40 3. I costi aggiuntivi che possono derivare dal trasferimento di competenze Le quantificazioni elaborate ipotizzano che il trasferimento delle competenze avvenga a “costo zero” ma lo stesso ISAE ammette che l’attuazione della riforma comporta oneri aggiuntivi sui bilanci dello Stato e delle Autonomie locali, anche in relazione all’esperienza dell’applicazione delle “leggi Bassanini “ che non sono state realizzate a parità di costi; i motivi della formazione di maggiori costi aggiuntivi del decentramento di funzioni soprattutto inerenti al personale, sono da individuare principalmente: - nel forte rischio di sovrapposizione di funzioni tra Stato e Autonomie locali, soprattutto nelle materie di legislazione concorrente; - nella necessità di riconversione e adeguamento delle professionalità verso maggiore specializzazione territoriale che comporta costi di formazione o aumento di organici; - nelle progressioni retributive più dinamiche e livelli retributivi più alti delle amministrazioni regionali rispetto a quelle statali; - nelle difficoltà e nei costi della riallocazione del personale notoriamente avverso alla mobilità territoriale; - nella riduzione delle economie di scala presenti nella gestione centralizzata e la moltiplicazione per ciascuna regione di uffici con la stessa funzione (si pensi alla gestione degli incentivi alle imprese, agli acquisti centralizzati per la PA, ecc.); - infine nella possibilità di una maggiore propensione delle gestioni locali a soddisfare la domanda di maggiori servizi in seguito all’avvicinamento della gestione agli elettori. 41 Segue SCHEDA 9 Rapporto ISAE - La dimensione finanziaria del decentramento fiscale Obiettivo: la quantificazione della dimensione dei mezzi finanziari da trasferire alle amministrazioni regionali e locali. Fonte dei dati utilizzati per la stima: serie territoriali delle spese sostenute dallo Stato e da altri enti dell’amministrazione centrale elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato34 . Anni di riferimento della stima: la dimensione finanziaria del decentramento viene stimata con dati all’anno 2000 (anno per il quale si dispone dei dati aggiornati della RGS). E’ stata, inoltre, effettuata una proiezione degli stessi dati all’anno 2001. Quest’ultima tiene conto degli effetti prodotti sulla finanza regionale dal d.lgs 56/00, in particolare dall’introduzione della compartecipazione regionale all’IVA. Ipotesi di lavoro: le principali riguardano: a) al decentramento delle potestà legislative si accompagna un parallelo trasferimento delle funzioni amministrative; b) si ipotizza di dare piena attuazione al principio di sussidiarietà quindi si considera il passaggio di funzioni non alle sole amministrazioni regionali, ma all’insieme delle autonomie locali; c) per la maggior parte delle materie di competenza concorrente si ipotizza una percentuale di decentramento degli oneri finanziari attualmente sostenuti dallo Stato, per lo svolgimento delle funzioni amministrative, pari al 90 per cento35 ; d) il decentramento avviene a costo zero. Principali risultati Con riferimento all’anno 2000, la “dimensione finanziaria complessiva del decentramento” è stata stimata in circa 110 miliardi di euro, di cui 96 sono riferiti alle Regioni a Statuto Ordinario e 14 alle Regioni a statuto speciale 36 . Si tratta dell’aumento netto delle risorse 34 Come criterio per l’attribuzione territoriale si sceglie quello del luogo di destinazione effettiva della spesa. Le uniche eccezioni riguardano: il commercio con l’estero (20%); i rapporti internazionali e con l’Unione Europea (5%); la valorizzazione dei beni culturali e ambientali (70%). 36 Per le Regioni a Statuto Speciale il dato è al netto delle regolazioni contabili di tributi erariali (alla Sicilia e alla Sardegna) e delle devoluzioni d’imposta alle altre Regioni Statuto Speciale, poiché tali valori figurano già come 35 42 autonome che consente alle Regioni e alle amministrazioni locali di finanziare le spese per le competenze aggiuntive derivanti dalla devoluzione e la quota delle vecchie spese già finanziata con trasferimenti statali. In particolare, la spesa aggiuntiva per servizi e prestazioni finali del complesso delle autonomie locali (Regioni, Comuni, Province, Asl, Università, etc) è pari all’incirca a 50 miliardi di euro. L’impatto del decentramento può essere osservato considerando il conto economico della pubblica amministrazione locale elaborato dall’Istat sulla base dei dati di contabilità nazionale, nella situazione ante e post decentramento. Il prospetto è ricavato aggiungendo le spese per nuove competenze (49.844 milioni di euro) e rimodulando, in funzione di esse, il valore complessivo delle entrate e la composizione tra trasferimenti ed entrate proprie (cfr. tab 1). Tab.1 – Conto economico della Pubblica Amministrazione locale* nella situazione ante e post decentramento anno 2000 (valori in miliardi di euro) Ante decentramento Nuove spese Nuove entrate Post decentramento ** Spese correnti Spese in c/capitale Totale spese 138 29 167 44 6 50 182 34 216 Entrate correnti, di cui: Imposte dirette e indirette (comprese compartecipazioni) Trasferimenti da amministrazioni pubbliche*** 152 57 209 72 110 182 56 -53 2 14 -7 7 166 50 216 14 59 13 0 28 59 Entrate in c/capitale*** Totale entrate Risparmio lordo Accreditamento Fonte: Istat *I dati si riferiscono alle Regioni a Statuto Ordinario e a quelle a Statuto Speciale. ** I valori post decentramento sono ottenuti considerando una spesa aggiuntiva pari a circa 49.844 milioni di euro da coprire con entrate aggiuntive (nuovi tributi locali e compartecipazioni al gettito di tributi erariali pari a 110.327 milioni di euro). *** Dalle voci trasferimenti da amministrazioni pubbliche e entrate in c/capitale sono sottratti i trasferimenti che a seguito del decentramento devono essere sostituite da entrate tributarie autonome. entrate proprie di questi enti e pertanto non incidono sulla dimensione finanziaria del decentramento. Se si abbandona, invece, l’ipotesi di considerare le devoluzioni e regolazioni d’imposta nella titolarità delle RSS, la dimensione finanziaria del decentramento viene misurata in circa 126 miliardi di euro. 43 Per l’anno 2001, l’ISAE effettua una stima partendo dai dati sulla spesa regionalizzata relativi all’anno 2000 e applicando a tali dati i tassi di variazione 2001/2000 delle spese del bilancio dello Stato. I risultati che si ottengono sono lievemente inferiori rispetto a quelli ottenuti per il 2000, poiché nel 2001 sono entrati in vigore la compartecipazione IVA e il fondo perequativo (d.lgs 56/2000), per un ammontare di 25 miliardi di euro. Il decentramento risulterebbe pari complessivamente a 102 miliardi di euro di cui 88 vanno riferiti alle Regioni a Statuto Ordinario e 14 a quelle a Statuto Speciale. I dati sulla distribuzione regionale della spesa da decentrare per le Regioni a Statuto Ordinario (cfr. tab.2) sono sufficientemente esplicativi del fatto che il Mezzogiorno, che presenta valori di spesa pro-capite più elevati, avrà bisogno di un flusso di risorse addizionali maggiore di quello medio per finanziare standard di servizio che siano rispondenti ai bisogni della collettività. Sarà quindi necessario integrare adeguatamente la capacità fiscale di questa area territoriale, tenendo conto anche del fatto che i differenziali di spesa non deriveranno soltanto da inefficienze, ma piuttosto da fattori di tipo strutturale (maggiori tassi di scolarità, interventi a favore dello sviluppo, interventi di carattere assistenziale). Considerando le stime relative all’anno 2000, la spesa da decentrare a carico delle Regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno è pari a 35 miliardi di euro a fronte dei 61 miliardi del CentroNord37 . In termini di valore pro-capite il dato è ancora più interessante: si tratta di finanziare nel Mezzogiorno 2500 euro per abitante contro i 1760 nel Centro Nord. Per tutte le Regioni del Sud la spesa pro-capite si colloca abbondantemente sopra il valore medio pro-capite nazionale (circa 2000 euro): i valori più elevati si riscontrano in Basilicata e Calabria (2800 euro) e in Molise e Campania (2600 euro). Lombardia, Piemonte e Veneto mostrano, invece, i valori pro-capite più bassi (tra i 1500 e i 1600 euro). E’ interessante anche evidenziare la distribuzione della spesa regionale in rapporto al PIL, aggregato che può essere considerato una buona proxy della capacità fiscale locale. Fra le Regioni a Statuto Ordinario, quelle del Centro-Nord mostrano valori di spesa in percentuale del PIL sensibilmente inferiori a quelli che si registrano nel Mezzogiorno (la spesa da finanziare rappresenta il 18,4% del PIL del Mezzogiorno e il 7,4% del PIL dell’Italia centro-settentrionale). 37 Si considera la spesa sostenuta dal complesso delle autonomie locali operanti sul territorio regionale nell’ipotesi che il trasferimento di funzioni avvenga dal livello statale al livello locale, senza specificazione di quale livello sia effettivamente interessato dal decentramento. 44 Tab. 2 – Dimensione finanziaria del decentramento - Distribuzione regionale della spesa da decentrare per le Regioni a Statuto Ordinario (anno 2000). Regioni valori assoluti (milioni di euro) valori pro capite in percentuale del PIL Piemonte Lombardia Veneto Liguria Emilia Romagna Toscana Marche Umbria Lazio Centro-Nord 6.702 13.847 7.157 3.556 6.708 6.630 2.691 2.020 11.521 60.832 1.583 1.523 1.581 2.190 1.679 1.872 1.837 2.411 2.181 1.755 6,6 5,8 6,7 10,2 6,5 8,3 9,0 12,3 9,9 7,4 Abruzzo Molise Campania Basilicata Puglia Calabria Mezzogiorno 3.022 845 14.837 1.710 9.122 5.726 35.262 2.361 2.579 2.566 2.824 2.233 2.797 2.496 14,0 16,5 19,6 19,6 16,6 22,5 18,4 Sub-totale Regioni a statuto ordinario 96.094 1.970 9,5 Sub-totale Regioni a Statuto Speciale 14.222 Totale Regioni 110.316 La distribuzione funzionale pro capite della spesa da decentrare evidenzia il peso che andranno ad assumere nel Mezzogiorno funzioni come istruzione e sanità (cfr. tab 3). 45 Tab.3 – Dimensione finanziaria del decentramento - Distribuzione funzionale della spesa da decentrare per macroarea per le Regioni a Statuto Ordinario – anno 2000 (valori assoluti in milioni di euro – valori pro capite) Mezzogiorno Centro Nord Servizi generali di amministrazione pubblica Difesa Ordine Pubblico e sicurezza Affari economici Protezione ambiente Assetto del territorio Sanità Attività ricreative, culturali e di culto Istruzione Protezione sociale 6.742 0 63 2.408 575 493 10.904 432 13231 398 Valori pro capite 447 1 4 170 41 35 772 31 937 28 Totale spesa 35.262 2.496 Valori assoluti 8.550 41 141 4.795 1.024 1.214 19.320 1.151 24.178 419 Valori pro capite 247 1 4 138 30 35 557 33 698 12 60.832 1.755 Valori assoluti Infine, la distribuzione per voce economica della spesa da decentrare (tab. 4) mostra la consistenza delle spese per il personale e dei trasferimenti alle amministrazioni locali (prevalentemente contributi alla sanità), che dovranno essere sostituti interamente con tributi propri, compartecipazioni e flussi perequativi. La distribuzione per voce-economica della spesa da decentrare (tab. 4) evidenzia anche l’impatto del decentramento sulla spesa in c/capitale necessaria a sostenere le nuove competenze attribuite ai governi sub-nazionali. Per le Regioni a Statuto Ordinario, la spesa in c/capitale per competenze aggiuntive risulta pari a 11,404 milioni di euro che, nei bilanci delle amministrazioni regionali e locali dovrebbe essere compensata con l’incremento dei tributi propri e delle compartecipazioni o con le quote del fondo perequativo. In termini di valori pro capite, nel Mezzogiorno sarà necessario finanziare una spesa per abitante pari a 294 euro a fronte dei 210 euro del CentroNord. Si segnala che i dati sulla spesa in c/capitale includono solo una parte delle risorse per le aree sottoutilizzate e le risorse ammesse al cofinanziamento comunitario (quelle relative agli incentivi alle imprese, in particolare quelli della L. 488/’92); gli altri fondi rimangono sul bilancio dello Stato (secondo quanto previsto dal 5° comma art.119). 46 Tab. 4 - Dimensione finanziaria del decentramento - Distribuzione per voce economica della spesa da decentrare per macroarea per le Regioni a Statuto Ordinario – anno 2000. Voce economica Redditi da lavoro dipendente Consumi intermedi Imposte pagate sulla produzione Trasf. Correnti ad Amministrazioni locali* Trasf. Correnti a famiglie e istituzioni sociali private Trasf.correnti ad imprese Altre uscite correnti Totale spese correnti Investimenti fissi lordi e acquisto terreni Contributi a investimenti ad Amministrazioni locali* Contributi agli investimenti a privati Altri trasferimenti in c/capitale Acquisizioni di attività finanziarie Totale spesa in conto capitale Totale spesa Mezzogiorno Valori Valori pro assoluti capite Centro-Nord Valori Valori pro assoluti capite Valori assoluti Italia Valori pro capite 11.536 816 19.603 567 31.139 639 517 364 37 26 1.096 742,0 32 21 1.613 1.106 33 23 17.645 1.249 29.826 863 47.471 975 247 716 85 17 51 6 765 1.404 150 22 41 4 1.012 2.120 235 21 44 5 31.110 2.202 53.586 1.550 84.696 1.739 357 25 658 19 1.015 21 2.353 1.444 4 0 167 102 0 0 4.123 2.464 1 0 119 71 0 0 6.476 3.908 5 0 133 80 0 0 4.158 294 7.246 210 11.404 35.268 2.496 60.832 1.755 96.100 234 0 1.973 * Il dato comprende i trasferimenti a Regioni, Comuni e Province, Enti produttori di servizi sanitari, Enti produttori di servizi economici, assistenziali e culturali, Enti di previdenza. 47 Segue SCHEDA 9 Rapporto ISAE - Finanziamento delle competenze e meccanismi di perequazione Obiettivo: individuazione dell’entità complessiva delle risorse da devolvere, scelta dei criteri da adottare per la perequazione e stima della dimensione della perequazione per ciascuna Regione. Dati di base per la simulazione : si considera per l’anno 2000 un aumento netto di risorse autonome necessario a finanziare la spesa da decentrare di circa 110 milioni di euro (al netto della quota già finanziata con regolazioni e devoluzioni d’imposta alle Regioni a Statuto Speciale). Se si abbandona, invece, l’ipotesi di considerare le devoluzioni e regolazioni d’imposta nella titolarità delle RSS, la dimensione finanziaria del decentramento viene misurata in circa 126 miliardi di euro (cfr. scheda 1). Ipotesi di lavoro: l’entità complessiva delle risorse da perequare alle autonomie locali è stimata nelle due ipotesi di lavoro: a) completo finanziamento della spesa storica38 ; b) applicazione del criterio della capacità fiscale. Principali risultati La riflessione sulle alternative di finanziamento e dunque di perequazione della spesa da decentrare parte dall’esame delle imposte che si prestano maggiormente a essere devolute ai governi locali. In generale, sono decentrabili quelle imposte che mostrano una distribuzione più uniforme del gettito sul territorio, che presentano problemi di esportabilità del gettito limitati e che rispondono al criterio del beneficio. Le imposte sui consumi e l’IVA regionalizzata in base ai consumi regionali, sono quelle che si avvicinano maggiormente a questi criteri39 . 38 Questo stesso criterio è già stato adottato nel decreto legislativo 56/2000, attualmente in vigore. E’ ragionevole supporre che anche nell’attuazione dell’impianto finanziario definito dal 119 sia mantenuto il finanziamento della spesa storica almeno nei primi anni, al fine di evitare eccessivi shock sul lato dell’offerta. 39 Tra le imposte sui consumi quelle considerate potenzialmente decentrabili sono: l’accisa sugli oli minerali e l’imposta di consumo sugli oli lubrificanti e sui bitumi di petrolio; l’accisa sul gas metano per combustione; l’accisa sui gas petroliferi liquefatti; l’imposta erariale di consumo dell’energia elettrica; l’accisa sugli spiriti; l’accisa sulla birra; l’imposta sul consumo dei tabacchi; l’imposta unica sui giuochi di abilità e pronostici; lotto, lotterie e altre attività di giuoco. 48 Sono state effettuate simulazioni su diverse alternative di finanziamento. Nei casi esaminati l’ammontare del fondo perequativo varia dai 16 miliardi di euro ai 27 miliardi di euro. Il caso qui considerato (tab. 5) mostra una distribuzione dei residui fiscali non eccessivamente variabile tra le regioni. La soluzione di finanziamento prevede la devoluzione delle seguenti imposte: − imposte indirette: Spiriti, Birra, GPL, Energia elettrica, tabacchi, lotto e lotterie, giochi di abilità e pronostici; − compartecipazioni: il 90% del gettito IVA e il 27 % del gettito IRPEF. Si prevede, inoltre, l’azzeramento delle devoluzioni e regolazioni d’imposta alle Regioni a Statuto Speciale che, in questo modo, sono finanziate con lo stesso sistema di tributi propri e compartecipazioni proposto per le Regioni a Statuto Ordinario. La distribuzione dei residui fiscali da coprire attraverso il fondo perequativo viene presentata nelle due ipotesi di lavoro considerate: a) finanziamento della spesa storica; b) applicazione del criterio della capacità fiscale. Quest’ultima ipotesi è stata, a sua volta, analizzata nei due sottocasi: b1) riduzione del 90 per cento dei differenziali di capacità fiscale; b2) azzeramento dei differenziali di capacità fiscale. Nell’ipotesi di finanziamento della spesa storica, l’ammontare complessivo del fondo perequativo si attesta attorno ai 27 miliardi di euro. Il Centro-Nord contribuisce ad alimentare il fondo di solidarietà per circa 23 miliardi di euro, la Lombardia per circa 10 miliardi. Il Mezzogiorno riceve dalle Regioni in surplus circa 23 miliardi di euro. Risultano, tuttavia, destinatarie di fondi per circa 4 miliardi di euro anche le Regioni a Statuto Speciale del Nord, che figurano tra le aree più sviluppate del Paese. Nell’ipotesi di applicazione del criterio della capacità fiscale 40 l’ammontare del fondo perequativo si riduce a 16 miliardi di euro se si considera un livellamento delle capacità fiscali al 40 Si fa riferimento in questo caso al modello canadese di perequazione delle capacità fiscali. In base a questo modello i differenziali di perequazione (positivi o negativi) da assegnare a ciascuna regione, per ciascun tributo, si ottengono come differenza tra il gettito teorico regionale (dato dal prodotto tra la base imponibile pro capite standard, cioè dalla media delle basi imponibili delle regioni il cui reddito pro-capite è più vicino alla media nazionale, e 49 90% e a 18 miliardi di euro se si preferisce, invece, il completo azzeramento dei differenziali di capacità fiscale tra le regioni. In entrambi i casi, tutte le regioni del Nord (eccetto l’Umbria), comprese le Regioni a Statuto Speciale, diventano contribuenti netti mentre tutte le Regioni del Sud risultano beneficiarie. l’aliquota media nazionale) e il gettito pro capite medio regionale (dato dal prodotto tra la base imponibile pro capite effettiva e l’aliquota media nazionale). Questo sistema di calcolo tende a premiare lo sforzo fiscale delle regioni riceventi. Infatti, a parità di base imponibile, ad aliquote più elevate corrispondono aliquote standard più alte e dunque trasferimenti maggiori per le regioni povere. 50 Tab.5 – Ipotesi di finanziamento della spesa da decentrare –anno 2000 (valori in milioni di euro) Piemonte Lombardia Imposte indirette Spesa attribuite alle decentrata* Regioni 6.702 2620 13.847 5922 Veneto 7.157 2786 Liguria 3.556 Emilia Romagna Differenziale da finanziare 4.082 Perequazione Perequazione Perequazione secondo il criterio secondo il criterio secondo il criterio della spesa storica della capacità della capacità Compartecipazioni (a) fiscale (90%) (b1) fiscale (100%) (b2) 8050 -3.968 -2.016 -2.240 Differenziale capacità 90% spesa storica Differenziale capacità fiscale 100% - spesa storica 1.952 1.728 7.925 18365 -10.440 -6.294 -6.994 4.146 3.446 4.371 8447 -4.076 -1.571 -1746 2.505 2.330 1111 2.445 2935 -490 -323 6.708 3059 3.649 8159 -4.510 -2.809 Toscana 6.630 2306 4.324 6380 -2.056 Marche 2.691 1003 1.688 2418 Umbria 2.020 527 1.493 1284 Lazio 11.521 3468 8.053 9158 Centro-Nord 60.832 22802 3.022 767 845 Campania 14.837 Basilicata Puglia Calabria Abruzzo 38.030 65196 167 132 -3.120 -358 1.701 1.390 -843 -936 1.213 1.120 -730 -95 -105 635 625 209 38 43 -171 -166 -1.105 -1.569 -1.743 -464 -638 -27.166 -15.482 -17.199 11.684 9.967 559 507 -52 3 2.255 1696 156 689 389 300 231 2752 12.085 6265 5.820 4.904 1.710 269 1.441 620 821 548 9.122 1968 7.154 4596 2.558 3.294 5.726 884 4.842 2177 2.665 1.926 Mezzogiorno 35.262 6796 28.466 15743 12.723 Totale RSO Valle d'Aosta 96.094 733 29.598 104 66.496 629 80939 272 5485 531 4.954 1924 3180 690 2.490 2166 324 -300 -333 -624 -657 15910 2670 13.240 5619 7.621 4.274 4.746 -3.347 -2.875 5.191 959 -2.248 -2.152 4.521 -10.371 -9.922 Molise Trentino Alto Adige Friuli Venezia Giulia Sicilia Sardegna 5498 307 30.806 4302 126.900 33.900 93.000 Centro Nord 70.230 24.127 Mezzogiorno 56.670 9.773 Totale RSS Totale Regioni 2080 562 257 -69 -43 5.452 -916 -368 609 -273 -212 3.657 736 1.099 2.141 -739 -524 11.410 12.678 -1.313 -45 -14.443 -4.072 -4.521 10.371 9.922 357 -149 -166 -506 -523 3.030 -616 -685 -3.646 -3.715 3.111 863 14.443 4.072 93.000 0 0 0 0 0 46.103 69.558 -23.455 -16.547 -18.383 6.908 5.072 46.897 23.442 23.455 16.547 18.383 -6.908 -5.072 27.375 16.585 -10.790 -8.949 26.504 Perequazione complessiva** 12061 18.426 *La spesa è al lordo delle devoluzioni e regolazioni d'imposta alle Regioni a Statuto Speciale. 51 ** L'importo complessivo della perequazione è ottenuto come somma dei residui positivi 52 APPENDICE Si riporta di seguito una nota di commento al disegno di legge di riforma dell’articolo 117 della Costituzione, recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri (Appendice I) e due schede di sintesi che analizzano alcuni aspetti del federalismo fiscale nel confronto internazionale (Appendice II). 53 APPENDICE I 54 Alcune considerazioni sullo Schema di disegno di legge costituzionale di modifica al titolo V art. 117 della Costituzione41 . Di seguito si fa una primo breve confronto tra le materie assegnate dalla proposta di riforma dell’art. 117 con quelle già riformate con la legge costituzionale n. 3 del 2001. Le proposte di modifica riguardano l’abolizione delle materie a competenza concorrente (che ha generato conflitti di attribuzione di competenza) e la conseguente riattribuzione delle materie tra Stato e Regioni secondo un criterio di adeguatezza e proporzionalità; la ripartizione è stata effettuata considerando la dimensione nazionale di alcune materie (produzione e distribuzione energia, grandi reti di trasporto, ordinamento della comunicazione ecc.), ricomprendendo alcune materie dimenticate (opere pubbliche, procedimento amministrativo, industria ecc.), ricorrendo alla legislazione ripartita quando la separazione di alcune materie ha richiesto l’attribuzione allo Stato della parte ordinamentale e alle Regioni la parte territoriale (istruzione, beni culturali ecc.). In realtà il problema della sovrapposizione delle competenze viene risolto in molti casi, in particolare nei temi rilevanti per lo sviluppo (produzione, commercio, beni culturali, paesaggio, agricoltura, turismo ecc.), dividendo la stessa materia tra “norme generali” attribuite allo Stato, e “norme di interesse regionale o locale” attribuite alle Regioni La prima impressione dal confronto tra le materie ripartite tra Stato e Regioni è che le modifiche avvantaggiano in prevalenza lo Stato. A parte la clausola che impone alle Regioni il rispetto dell’interesse nazionale nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva, che lascerebbe allo Stato l’ultima parola rispetto all’esercizio dei poteri delle autonomie (che peraltro solleverà probabilmente materia di contenzioso), le materie che passano in capo allo Stato sono numerose e maggiori di quelle che vengono devolute alle Regioni (vedi confronto in allegato). In particolare le materie nuove per lo Stato (ovvero che prima non erano menzionate tra le competenze esclusive statali o concorrenti) e che per definizione, nel vigente titolo V, sono di competenza delle Regioni, che diverrebbero di competenza statale esclusiva, sarebbero (di cui almeno le prime 5 a preminente interesse delle politiche di sviluppo): - opere pubbliche statali - norme generali sulle attività produttive - organizzazioni comuni dei mercati agricoli - norme generali concernenti la tutela del paesaggio - emittenza nazionale e ultraregionale; pluralismo dell’informazione, editoria e relativi interventi statali di sostegno; 41 Bozza approvata in Consiglio dei Ministri l’11-4-2003 55 - norme generali concernenti le attività di spettacolo - pesca in acque marine - scorte e stoccaggi strategici - sicurezza della circolazione e della navigazione - ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale - norme generali sul procedimento amministrativo - censimenti generali - giustizia contabile Per quanto riguarda le materie che nel vigente titolo V sono di competenza concorrente e che diverrebbero di competenza esclusiva dello Stato sarebbero (di cui almeno le prime 6 a preminente interesse delle politiche di sviluppo): - grandi reti di trasporto e di navigazione - porti e aeroporti di rilievo nazionale o internazionale - produzione, trasporto - distribuzione nazionali dell’energia - norme generali sul commercio con l’estero - valorizzazione dei beni e attività culturali di interesse nazionale - calamità naturali ed emergenze nazionali ( ex protezione civile) - tutela e sicurezza del lavoro - norme generali sulla tutela della salute - norme generali sull’ordinamento sportivo - ordinamento della comunicazione - norme generali sull’alimentazione Infine le materie che passerebbero alla competenza esclusiva regionale dall’attuale competenza concorrente sarebbero (di cui almeno le prime 3 a preminente interesse delle politiche di sviluppo): - ricerca scientifica e innovazione tecnologica a sostegno delle attività produttive di interesse regionale e locale ; - valorizzazione (del paesaggio), dei beni culturali e ambientali; e promozione e organizzazione di spettacoli e manifestazioni culturali e sportive, di attività culturali e di spettacolo, di rilevanza regionale e locale - governo del territorio ; 56 - assistenza e organizzazione sanitaria - organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche (concorrente riformulata); - definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione (concorrente riformulata); Alcune riflessioni sulle implicazioni finanziarie Nella bozza di riforma, non vengono risolte le problematiche riguardo alle modalità e meccanismi di finanziamento delle materie devolute che sono presenti nella costituzione vigente (scelta dei tributi, meccanismi di perequazione, divisione degli oneri); in tal senso si perde una preziosa occasione per determinare con maggiore chiarezza i principi generali per il finanziamento del sistema di federalismo fiscale, che è il nodo fondamentale per l’operatività della riforma. L’entità finanziaria complessiva della devoluzione delle competenze alle Regioni potrebbe probabilmente ridursi leggermente rispetto a quella incorporata nell’attuale formulazione della Costituzione una volta attuato il trasferimento di funzioni (secondo l’Isae la stima ammonterebbe a circa 110 mld. euro comprese le quote finanziate con trasferimenti statali) poiché molte materie ritornano di competenza statale. Per molte materie rimane inoltre il problema di chi gestisce e chi paga, non c’è il legame con la provenienza territoriale del finanziamento; si pensi alle competenze ripartite: lo Stato finanzia la tutela dei beni culturali, le Regioni li valorizzano e li promuovono lucrando i rientri finanziari; nelle opere pubbliche non sono previste quelle regionali (a meno di non ricomprenderle nel “governo del territorio” o tra le “materie residuali”) con il rischio di moltiplicare le difficoltà di individuazione dei confini delle competenze di finanziamento tra centro e periferia. Inoltre la competenza esclusiva regionale del “governo del territorio” potrebbe in teoria portare a difficoltose procedure concertative dello Stato (con l’utilizzo della clausola dell’interesse nazionale) con gli enti territoriali nella politica di intervento territoriale. Dal punto di vista della coerenza generale del sistema della ripartizione delle competenze appare positiva l’attribuzione allo Stato delle “norme generali concernenti l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” che attualmente sono di competenza concorrente; ciò restituisce unitarietà ed omogeneità di governo dei conti pubblici evitando il rischio di percorsi decentrati incompatibili con un ordinato sistema finanziario nazionale. 57 Infine è considerata positivamente l’introduzione di un periodo di transizione tra la normativa vigente e l’entrata in vigore delle leggi statali e regionali conseguenti all’introduzione della nuova riforma 58 CONFRONTO CON LE MATERIE DELLA DELL’ART. 117 VIGENTE (nel corsivo tra parentesi è riportato il collocamento della materia a Costituzione vigente) Materie in cui lo STATO esercita la potestà legislativa esclusiva: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, b) immigrazione ; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e forze armate; sicurezza (interna e internazionale) della Repubblica (dello Stato), armi, munizioni ed esplosivi; protezione dei confini nazionali (riallocato); e) dogane e profilassi internazionale; norme generali sul commercio con l’estero (concorrente); f) politica monetaria, moneta, attività finanziarie e assicurative, tutela del risparmio, del credito e dei mercati; (attualmente: moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza) sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; norme generali sulle attività produttive (nuove); g) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa e contabile (nuova); h) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; cittadinanza, stato civile, anagrafi (riallocato) e censimenti generali (nuovo); i) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme generali sul procedimento amministrativo (nuove); l) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale (nuovo); calamità naturali ed emergenze nazionali (concorrente attualmente protezione civile); m) norme generali sulla tutela della salute (concorrente); 59 tutela e sicurezza del lavoro (concorrente) e previdenza sociale ; n) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; o) ordinamento generale elettorale degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane e loro unioni (nuovo); ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale (nuovo); p) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dell’amministrazione statale, regionale e locale; brevetti e opere dell’ingegno; q) tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; tutela dei beni culturali e valorizzazione dei beni culturali di interesse nazionale (concorrente); norme generali concernenti la tutela del paesaggio(nuovo), la valorizzazione dei beni culturali, le attività culturali (concorrente) e di spettacolo (nuovo), l’ordinamento sportivo (concorrente); r) tutela della concorrenza (riallocato); s) ordinamento della comunicazione (concorrente); emittenza nazionale e ultraregionale; pluralismo dell’informazione, editoria e relativi interventi statali di sostegno (nuovo); t) grandi reti di trasporto e di navigazione (concorrente); porti e aeroporti di rilievo nazionale o internazionale (concorrente); opere pubbliche statali (nuovo); sicurezza della circolazione e della navigazione (nuovo); u) produzione, trasporto, (concorrente) scorte e stoccaggi strategici (nuovo) e distribuzione nazionali dell’energia (concorrente); v) norme generali sull’alimentazione (concorrente); pesca in acque marine (nuovo); organizzazioni comuni dei mercati agricoli (nuovo); w) norme generali sull’istruzione, sulla formazione e sulla ricerca scientifica e innovazione tecnologica (concorrente); ordinamento delle professioni (concorrente); z) norme generali concernenti l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (concorrente). 60 Materie in cui le REGIONI esercitano la potestà legislativa esclusiva, nel rispetto dell’interesse nazionale: a) assistenza e organizzazione sanitaria (concorrente); b) organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche (concorrente riformulata); c) definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione (concorrente riformulata); d) polizia locale; e) istruzione e formazione professionali; f) promozione della cooperazione a carattere di mutualità; g) artigianato; h) ricerca scientifica e innovazione tecnologica a sostegno delle attività produttive di interesse regionale e locale (concorrente); i) l) emittenza in ambito regionale; valorizzazione (del paesaggio), dei beni culturali e ambientali; e promozione e organizzazione di spettacoli e manifestazioni culturali e sportive, di attività culturali e di spettacolo, di rilevanza regionale e locale (concorrente riformulata); m) industria in ambito regionale; n) commercio; o) turismo in ambito regionale; p) agricoltura in ambito regionale; q) governo del territorio (concorrente); r) ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. legenda: (nuove) = materie precedentemente non citate, dunque di competenza regionale (concorrenti) = da materie di competenza concorrente (riallocate) = spostamenti all’interno delle competenze 61 APPENDICE II 62 LE ESPERIENZE DI DECENTRAMENTO NEI PAESI EUROPEI42 A partire dagli anni ’90 in molti Paesi europei sono stati avviati processi di riforma che hanno gradualmente accresciuto le competenze e l’autonomia fiscale dei governi locali (v. appendice) e che hanno assunto, peraltro, caratteristiche molto diversificate, risentendo della dimensione storica, politica e culturale dei diversi contesti in cui tali esperienze sono maturate. Nei 15 paesi dell’Unione sono oggi presenti tre modelli principali di governo locale: a) il modello locale degli Stati federali (Germania, Austria e Belgio); b) il modello locale degli Stati regionalizzati (Spagna e Italia); c) il modello locale degli Stati unitari (Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Portogallo, Regno Unito e Svezia). A seguito della recente riforma costituzionale in Italia e dell’importanza assunta da alcune regioni autonome spagnole come la Catalogna o i Paesi Baschi, il modello degli Stati regionalizzati sta assumendo caratteristiche sempre più vicine a quello degli Stati federali. La tendenza al decentramento si è, inoltre, manifestata anche all’interno degli Stati unitari, dove accanto a Paesi molto accentrati, come l’Irlanda e il Regno Unito, vi sono realtà in cui è progressivamente cresciuto il peso degli enti locali (la tab.1 mostra che la spesa pubblica dei governi sub-nazionali in Danimarca e in Svezia è maggiore di quella dei governi locali della Germania e dell’Austria). La spesa dei governi locali Le competenze dei governi locali nei Paesi che hanno avviato un processo di decentramento spaziano in settori molto importanti della vita pubblica: ambiente, cultura, assetto del territorio, istruzione, trasporti, attività sociali, servizi pubblici locali, sviluppo del territorio, etc. L’esercizio di tali competenze fa sì che, a livello europeo, la spesa pubblica dei governi sub-nazionali dei 15 Paesi UE, rappresenti una percentuale non trascurabile del PIL dell’Unione: circa l’11% nell’anno 2000. Tabella 1 – La spesa pubblica dei governi sub-nazionali in percentuale del PIL – anno 2000. Germania Austria Belgio Danimarca Spagna Finlandia Francia Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Svezia Unione Europea Settore pubblico in generale 46 51,7 49,8 52,3 39,9 48,6 52,8 45,8 31,3 46,1 41,2 45,3 44,3 38,3 60,5 45,9 Governi subnazionali* 21,2 19,7 19,8 30,6 14,3 17,3 9,8 2,2 11,7 13 5,7 5,2 5,7 9,5 23,9 11 Fonte: Elaborazioni su dati Dexia Crediop *Stati federati (per Germania, Austria e Belgio), Regioni ed Enti locali 42 Le informazioni presentate nella scheda, ad eccezione di alcune tavole in appendice, sono tratte da Dexia Crediop, “Le finanze locali nei quindici Paesi dell’Unione Europea”. 63 In molti dei Paesi europei vi sono spese non completamente controllabili da parte dei governi locali. E’ il caso delle spese sanitarie, che hanno un peso rilevante nei bilanci dei governi locali (1/3 della spesa dei comuni finlandesi, 2/3 della spesa delle regioni italiane, oltre il 70% della spesa delle contee danesi, e più di 4/5 delle contee svedesi), sebbene tali enti non partecipino a importanti decisioni, prese a livello centrale, che influiscono in modo determinante sull’andamento della spesa (gli stipendi del personale ospedaliero o i prezzi dei medicinali)43 . La spesa per investimenti dei governi sub-nazionali è altrettanto significativa. Essa si concentra prevalentemente in settori come l’assetto del territorio (realizzazione di opere pubbliche, in particolare infrastrutture di trasporto, manutenzione delle strade, costruzione di strutture per il tempo libero e la cultura, recupero del patrimonio storico, etc.) e l’ambiente (sistemi idrici, raccolta e smaltimento dei rifiuti, spazi verdi, lotta contro l’inquinamento atmosferico). Tabella 2 – La spesa per investimenti fissi dei governi sub-nazionali in percentuale del PIL – anno 2000 Settore pubblico in generale Governi subnazionali* 1,8 1,7 1,8 1,7 3,3 2,6 3 4,4 3,8 2,4 4,4 3,1 3,8 1,2 2,5 2,3 1,4 1,3 1,5 1 2,3 1,6 2 0,9 2,7 1,8 1,9 2 2 0,7 1,4 1,4 Germania Austria Belgio Danimarca Spagna Finlanda Francia Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Svezia Unione Europea Fonte: dati Dexia Crediop *Stati federati (per Germania, Austria e Belgio), Regioni ed Enti locali Le risorse finanziarie dei governi locali I governi locali si finanziano con entrate fiscali, trasferimenti dal governo centrale, prestiti e proventi di gestione (tariffe derivanti dalla gestione dei servizi pubblici locali e gestione del patrimonio). Le imposte fondiarie, l’imposte sul reddito delle persone fisiche e le imposte sulle attività economiche sono le principali imposte locali. Tali imposte possono essere distribuite o su base condivisa, quando la base imponibile è comune a più livelli di governo, o attribuite in esclusiva a un unico livello di governo (imposte specializzate). Le principali imposte locali a base condivisa sono: - l’imposta fondiaria (in Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Regno Unito); - l’imposta sul reddito (in Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Italia e Svezia); 43 Per l’Italia, l’Accordo quadro sulla sanità stipulato tra le Regioni e lo Stato per il periodo 2002 – 2012 prevede il coinvolgimento delle Regioni nel processo di rivalutazione degli stipendi del personale sanitario e nella determinazione del costo dei medicinali. 64 - l’imposta sulle aziende (in Spagna, Francia e Portogallo). Le principali imposte specializzate sono, invece: - l’imposta fondiaria (in Germania, Austria, Spagna, Finlandia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Olanda e Portogallo) - l’imposta sulle imprese (in Austria, Belgio e Lussemburgo, Italia) - le tasse sui veicoli (in Spagna, Italia, Francia e Portogallo) Non ricorrono a imposte specializzate l’Irlanda, il Regno Unito e la Svezia. E’ interessante osservare che i governi locali dispongono di diversi strumenti per agire sulle entrate fiscali: creare nuove imposte (come avviene in Spagna e in Belgio); prevedere abbattimenti o sgravi dalla base imponibile per fasce di contribuenti; e soprattutto agire sulla struttura delle aliquote. Anche nell’ultimo caso si hanno però diversi margini di autonomia. Vi sono paesi in cui i governi locali possono scegliere liberamente l’aliquota, altri in cui è previsto un tetto massimo o minimo entro il quale i governi locali hanno libertà di fissare l’aliquota. Nella tabella che segue si descrivono le alternative di manovra sulle aliquote per alcuni Paesi UE, per le tre principali imposte locali. Tavola 1 - Il margine di manovra sulle aliquote nei Paesi UE. Imposte fondiarie Possibilità di manovra con aliquota libera Germania, Irlanda, Belgio, Regno Unito Imposta sul reddito delle persone Belgio, Danimarca, fisiche Finlandia Svezia Imposta sulle imprese Germania, Lussemburgo, Irlanda Possibilità di manovra con tetti Aliquota definita a o massimali livello centrale Francia, Danimarca, Spagna, Italia, Portogallo, Lussemburgo, Finlandia, Svezia, Grecia, Austria, Olanda Spagna: le regione autonome ricevono il 33% dell’imposta sul reddito e possono fissare l’aliquota su questo stanziamento, in un limite pari circa la 20% rispetto all’aliquota applicata dallo Stato.. Italia: i tre livelli di enti locali possono stabilire un’addizionale rispetto all’aliquota stabilita dallo Stato Francia, Danimarca, Spagna, Italia, Portogallo, Austria L’altra parte consistente delle risorse dei governi locali proviene dai trasferimenti dal Governo centrale. La gran parte dei trasferimenti sono di parte corrente, ma in alcuni Paesi anche i trasferimenti in c/capitale sono significativi (Irlanda e Italia). In tutti i Paesi si trovano trasferimenti liberi e vincolati. I trasferimenti liberi sono, nella maggior parte dei casi, destinati al finanziamento delle spese di funzionamento (è il caso delle dotazioni globali in Francia, Belgio, Danimarca e Svezia). In Irlanda e in Grecia le dotazione globali vanno anche a finanziare una parte degli investimenti. I trasferimenti vincolati vanno, invece, a finanziare settori specifici e progetti di investimento. Vi sono, tuttavia, paesi come la Danimarca in cui i trasferimenti vincolati vengono utilizzati per coprire 65 le spese di funzionamento (in materia di istruzione, formazione professionale, settore sanitario e sociale). La tabella 3 mostra l’incidenza dei trasferimenti finanziari ricevuti dai governi locali sul complesso delle entrate fiscali per l’anno 2000. Tabella 3 - Incidenza dei trasferimenti finanziari nelle entrate locali (valori percentuali) – anno 2000 Germania* Austria Belgio* Danimarca* Spagna Finlandia Francia Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Svezia Trasferimenti ricevuti/entrate fiscali 55 39 46 18 59 23 25 60 47 65 37 62 49 13 Fonte: dati Dexia Crediop * Per la Germania, il Belgio e l’Austria, il dato comprende i trasferimenti ai livelli di governo inferiori a quello corrispondente agli Stati federati. La ripartizione dei trasferimenti non vincolati o “liberi” avviene sulla base del principio di perequazione. Nella tavola in basso si riporta la descrizione dei criteri di perequazione adottati dai diversi Paesi per l’assegnazione dei fondi agli enti locali. Tavola 3 – Criteri di assegnazione dei trasferimenti non vincolati. Denominazione del fondo Dotazione globale Criteri di ripartizione Valutazione delle risorse fiscali e dei bisogni finanziari (criteri: numero di abitanti, infrastrutture, numero di disoccupati) Belgio Fondo dei Comuni Fondo delle Province Criteri diversi a seconda delle regioni Danimarca Dotazione generale Imponibile Finlandia Dotazione generale Numero di abitanti, dispersione geografica, presenza di isole, spese dei trasporti pubblici, bilinguismo Germania 66 Francia Grecia Dotazione globale di esercizio Dotazione generale di decentramento Dotazione generale dei comuni Popolazione Ripartizione in base agli oneri versati Popolazione, clima, potenziale fiscale, superficie, lunghezza della rete idrica e di gestione delle acque di scolo, lunghezza della rete stradale Dotazione generale dei dipartimenti Numero di abitanti, dimensione della rete stradale, livello dei servizi sociali Lussemburgo Fondo comunale Numero di abitanti, densità Olanda Fondo comunale Fondo provinciale Capacità contributiva, differenze dei costi strutturali (in base alla demografia, alla struttura sociale e al numero di edifici). Portogallo Fondo generale municipale Superficie, popolazione, quota dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, numero di parrocchie Fondo di coesione municipale Squilibri sociali, differenze del gettito fiscale Fondo di finanziamento delle parrocchie Superficie, numero di abitanti Regno Unito Revenue support grant Valutazione dei bisogni di spesa di ogni ente Svezia Dotazione globale Piramide dell’età (aiuto diversi in base alla fascia di età), numero di abitanti. 67 Tavola 4 – Le tappe principali dei processi di riforma che hanno interessato i governi locali in Europa. Belgio 1993: trasformazione in Stato federale Spagna 1978: riconoscimento del diritto dell’autonomia locale alla creazione delle regioni autonome; A partire dagli inizi degli anno ’90: aumento delle competenze assegnate alle regioni e aumento delle risorse fiscali. Finlandia 1994: creazione delle regioni (strutture intercomunali) 1995: eliminazione di alcuni controlli preventivi. Francia 1982-84: leggi di decentramento che hanno previsto l’eliminazione dei controlli preventivi, l’aumento delle competenze assegnate agli enti locali, la creazione delle regioni, il trasferimento delle risorse finanziarie e delle risorse fiscali. AnAnni ’ Anni ’90 : rafforzamento dei poteri regionali in materia di formazione professionale; Gennaio 2 Gennaio 2002 le regioni diventano responsabili del trasporto ferroviario passeggeri sul territorio. Grecia 1994: trasformazione delle prefetture in enti locali, eliminazione dei controlli preventivi e rafforzamento delle ris orse fiscali comunali. Irlanda 1991: conferimento agli enti locali di una competenza generale per gli affari locali; 1994: creazione delle regioni. Italia Olanda Fine anni ’90 (leggi Bassanini): elezione dei sindaci a suffragio universale diretto, assegnazione di nuove risorse fiscali ai comuni, alle province e alle regioni, estensione delle competenze regionali (sanità e trasporti); 2000: elezione dei presidenti delle regioni a suffragio universale diretto; 2001: approvazione con referendum della legge costituzionale del marzo 2001 che conferma il principio di autonomia finanziaria delle regioni. Anni ’80 e ’90: aumento della quota dei trasferimenti finanziari dello Stato a destinazione non vincolata. Portogallo 1999: estensione delle competenze comunali, riforma del sistema degli stanziamenti Regno Unito Fino alla fine degli anni ’90. aumento dei poteri centrali dello Stato Dalla fine degli anni ’90: progressi in materia di decentramento; indebolimento delle procedure di controllo degli enti locali, creazione di esecutivi locali; assegnazione agli enti locali di una competenza generale in materia di affari locali; creazione delle regioni in Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Svezia - 1999: ampliamento delle competenze comunali in materia di istruzione 1966-2002: sperimentazione per l’attuazione delle strutture regionali Fonte: Dexia Crediop, “Le finanze locali nei quindici paesi dell’Unione Europea” 68 Tavole 5- Alcune regole per il ricorso al credito da parte dei governi locali nei Paesi UE Paesi Descrizione Autorizzazione preliminare per il ricorso al credito Germania, Austria, Danimarca, Spagna e Irlanda, Lussemburgo. L’autorizzazione viene concessa dall’autorità di tutela dopo aver esaminato la situazione finanziaria dell’ente locale. L’autorizzazione è rilasciata dal Land in Germania e Austria. Tetto massimo di prestito annuo Regno Unito Nell’ambito della politica di controllo delle spese e delle entrate locali, ad ogni ente è assegnata una quota massima dei nuovi prestiti. Rispetto degli indici prudenziali Danimarca, Portogallo, Spagna Danimarca: le contee possono ricorrere al credito a condizione di non superare una quota fissata nella spesa annua d’investimento nelle costruzioni. Portogallo: il livello consentito del servizio del debito è limitato alle spese per infrastrutture. Spagna: il servizio annuo del debito di una regione non deve superare una certa percentuale delle entrate correnti. Fonte: Dexia Crediop, “Le finanze locali nei quindici paesi dell’Unione Europea” 69 Table 6. Strategies for ensuring fiscal discipline a Administrative control b Centrally imposed rules Formalised co-operation Greece, Ireland, Japan, Brazil, Finland, France, Korea, Luxembourg, Hungary, Italy,c New Turkey, United Kingdom Zealand, Norway, Poland, Portugal, Slovak Republic, Sweden Australia, Austria, Belgium, Denmark, Germany, Iceland, Netherlands, Spain No institutional co-ordination d Canada, Czech Republic, Mexico, d Switzerland, United States a) This table emphasises the main co-ordination strategy in place in different countries. However, the relationship between different government tiers is complex and the division of countries in this table is therefore not clear-cut. b) Limited fiscal autonomy at the subnational level. c) A domestic stability pact has been imposed by the central government, but the enforcement of the pact is left to a co-operative institution. d) Canada and Switzerland have loose and informal budget co-ordination mechanisms. Source: Annex 2. Table 7. The use of fiscal rules and sanctions in selected countries Sanctions in case of non -compliance No sanctions Deficit target a b Operating deficit target Debt ceiling c Expenditure ceiling Administrative sanctions Financial sanctions Finland, Sweden Belgium, Spain Austria France, Italy, New Zealand, Portugal Norway Slovak Republic Hungary Poland Brazil, Portugal Germany Belgium a) Usually take the form of a balanced budget requirement. b) May also take the form of a "golden rule". c) Limits on debt service, debt-to-revenue ratio or debt-to-GDP ratio. Source: OECD Working Party N° 1 , marzo 2003 70 ALCUNE SIGNIFICATIVE ESPERIENZE DI FEDERALISMO FISCALE (Canada, Australia e Germania) Si riporta di seguito un approfondimento sulle esperienze del Canada, dell’Australia e della Germania, paesi che esprimono modelli di federalismo fiscale molto differenti sia per il tipo di relazioni finanziarie esistenti tra i diversi livelli di governo che per il modello di perequazione adottato. Il Canada Le caratteristiche del modello Canadese Il Canada è organizzato come Stato federale con 10 Province (o Stati membri), due Territori federali al Nord e circa 5.000 enti locali. Il modello del Canada viene spesso indicato come modello competitivo di federalismo dal momento che le Province canadesi si finanziano quasi completamente con tributi propri e con compartecipazioni al gettito di tributi erariali (tax sharing) e godono di ampia autonomia di spesa (le competenze di spesa dei governi locali coprono circa il 60% della spesa pubblica). Le entrate proprie delle Province Canadesi La maggior parte delle entrate proprie deriva da compartecipazioni al gettito dell’imposta personale sul reddito e dell’imposta sulle società. L’amministrazione delle compartecipazioni è regolata da accordi sulla raccolta del gettito tra il Governo federale e le Province (fiscal agreements) che assegnano al Governo federale il compito di raccogliere il gettito e di amministrarlo, mentre le Province utilizzano la base imponibile e la struttura delle aliquote decisa a livello centrale, ma restano libere di decidere il livello delle aliquote44 . Oltre alle imposte sul reddito, le Province possono finanziare l’esercizio delle funzioni di propria competenza attraverso l’applicazione di imposte sulla proprietà e sulle risorse naturali esistenti nel proprio territorio. Su queste fonti di entrata si inasprisce maggiormente la concorrenza fiscale. I trasferimenti perequativi Le compartecipazioni e le imposte sulla proprietà non sono sufficienti a coprire totalmente le responsabilità di spesa che la Carta Costituzionale assegna alle Province canadesi e lo squilibrio tra fonti di entrata autonoma e competenze di spesa viene coperto dallo Stato federale con trasferimenti45 . Il Governo federale canadese interviene con diversi programmi di trasferimento che vanno dai sussidi condizionati per settori quali trasporti, istruzione e assistenza, ai sussidi incondizionati, ai matching grants. Questi ultimi, in particolare, servono a ripartire tra il Governo federale e le Province il costo di alcuni interventi, soprattutto nel campo dell’assistenza. Una buona parte dei programmi di trasferimento ha finalità perequative (Equalitation Payments) e serve a dare attuazione a quanto previsto nel Constitution Act del 1982 in tema di responsabilità congiunta del Governo centrale e delle Province nel perseguimento di obiettivi di equità nei 44 I dati relativi all’anno 1996-97 mostrano che il gettito dell’imposta personale sul reddito è andato per il 58% al Governo federale e per il 42% alle Province. Questa fonte di entrata ha rappresentato il 46,9% delle entrate complessive del Governo federale ed il 37,6% delle entrate complessive delle Province. Il gettito ottenuto dalla Corporate tax, invece, è stato attribuito per il 43% alle Province (9,6% del totale delle entrate delle Province) e per il 57% al Governo federale (12% delle entrate complessive). 45 I trasferimenti coprono circa il 43% delle entrate complessive delle Province meno ricche e circa il 15% di quelle più ricche. 71 programmi di spesa. Ciascuna Provincia deve essere in grado di fornire servizi pubblici essenziali “adeguati” (reasonable) e comparabili ai livelli forniti dalle altre Province. Il fondo di perequazione, il cui ammontare massimo è stabilito in percentuale del PNL (nel 1999 pari all’1,04%), va a finanziare le Province con minore capacità fiscale rispetto alla capacità fiscale media di 5 Province. I trasferimenti sono non vincolati e sono calcolati sulla base di una formula (Representative Tax System) che viene decisa nella legislazione federale ed è revisionata ogni 5 anni. La formula di perequazione La formula consente di stimare l’ammontare di entrate fiscali che ciascuna Provincia potrebbe ottenere applicando aliquote standard a una base imponibile standard (gettito teorico). Per ciascun tributo j viene quindi calcolata l’aliquota standard, tj , come media ponderata delle aliquote praticate in tutte le 10 Province Canadesi. La ponderazione viene fatta utilizzando le basi imponibili xj i presenti in ciascuna Provincia. Si calcola poi la base imponibile pro-capite standard xj come media delle basi imponibili delle Province il cui reddito pro-capite è più vicino alla media federale. Si ricavano, in tal modo, le entrate tributarie di cui ciascuna Provincia godrebbe applicando l’aliquota standard alla base imponibile standard, e si determina il deficit di entrata relativo al tributo j-esimo come differenza tra le entrate standard e quelle effettive a parità di aliquota, tj (xj _ xj i). La Germania Le caratteristiche del modello tedesco Nella Repubblica federale tedesca si ritrovano cinque diversi livelli di governo: il Governo federale centrale (Bund), i 16 Stati membri della federazione (Lander), i Dipartimenti amministrativi, le Province ed i Comuni. Il modello federale adottato in Germania, che ha oramai una tradizione secolare, è considerato da molti un esempio di modello cooperativo46 . Anche la Costituzione all’articolo 106 pone in evidenza questo aspetto laddove prevede che “il fabbisogno del Bund e quello dei Lander devono essere contemperati reciprocamente per mantenere l’uniformità delle condizioni di vita sul territorio”. La presenza di schemi cooperativi è riscontrabile nella previsione di forme di collaborazione tra Bund e Lander e nei principi che regolano il sistema fiscale47 . In materia fiscale, al principio di separazione delle fonti, che si sostanzia nell’attribuzione ai diversi livelli di Governo di un’autonomia più o meno vasta nel decidere l’aliquota da applicare e la base imponibile da colpire, si affianca quello dell’uniformità del sistema tributario, la cui applicazione ha fatto sì che il Governo centrale mantenesse, in misura prevalente, la competenza legislativa in materia di imposte, erodendo di fatto la possibilità dei Lander di modificare le aliquote o le basi imponibili. La sostanziale rilevanza delle imposte comuni fa sì che il sistema fiscale tedesco lasci pochi spazi ai meccanismi concorrenziali. 46 In un modello federale di tipo cooperativo sono pochi i tributi assegnati in via esclusiva ad un solo livello di governo mentre molto più rilevante è la ripartizone di quote di imposta riscosse in modo collettivo. Questa logica di finanziamento deriva dal fatto che un modello di questo tipo assegna poche funzioni esclusive ad un determinato livello mentre un gran numero di funzioni sono assegnate in modo concorrente. 47 Le forme di collaborazione tra Bund e Lander si ritrovano principalmente nell’attività esercitata dal Bunderstrat, l’organismo previsto dalla norma costituzionale nel quale sono rappresentati gli interessi degli Stati federali. Altre forme di collaborazione sono riscontrabili: nell’istituzione di commissioni di coordinamento in settori quali la politica congiunturale, la pianificazione finanziaria a medio termine, l’allocazione delle risorse; nella presenza di conferenze interministeriali formate da ministri federali e dai Lander; nell’esistenza di un numero rilevante di delegazioni regionali presso il Governo federale; nell’esistenza di procedure per l’istituzione di comitati d lavoro misti tra i due livelli di governo, nella programmazione e gestione delle opere pubbliche di rilevanza sovraregionale. Significativa è anche la fitta rete di accordi e di istituzioni comuni esistenti tra i Lander nei settori più diversi (gestione di risorse comuni; attuazione di politiche in campo culturale, scolastico e dell’informazione). 72 In realtà, il federalismo tedesco ha assunto negli anni un grado elevato di centralizzazione che, in parte, è stato assecondato dagli stessi Lander, laddove essi hanno permesso l’uso estensivo della legislazione concorrente e hanno sottoscritto accordi di cooperazione in materie che prima erano di competenza regionale. In campo fiscale, tuttavia, la forte centralizzazione rimane mitigata dal fatto il Bundesrat, l’organismo costituzionale nel quale sono rappresentati gli interessi dei Lander, approva le leggi tributarie e definisce le percentuali di divisione dell’imposta sugli scambi e i meccanismi perequativi48 . Le entrate proprie dei Lander tedeschi La rigida applicazione del principio di uniformità del sistema tributario non ha permesso il rafforzamento del peso dei tributi percepiti, in via esclusiva, dai Lander e dal sistema di governo comunale (tributi con base imponibile specializzata). La parte più rilevante delle entrate tributarie dai Lander è, infatti, distribuita sotto forma di compartecipazioni (tax sharing). Le compartecipazione hanno ad oggetto rilevanti fonti di imposta: l’imposta sul reddito delle persone fisiche; l’imposta sul reddito da lavoro dipendente; l’imposta sui redditi da capitale; l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e l’imposta sugli scambi. Tale ripartizione avviene in base a percentuali fisse determinate con legge costituzionale, con l’unica eccezione dell’imposta sugli scambi che, invece, viene rinegoziata di anno in anno, in funzione della variazione del rapporto tra spese obbligatorie ed entrate correnti. I trasferimenti perequativi Il sistema tedesco prevede meccanismi di perequazione sia orizzontali che verticali, finalizzati ad attenuare le disparità di sviluppo economico e di ricchezza fra gli Stati. Una prima forma di perequazione si produce con la ripartizione dell’IVA. Il 25% del gettito di questa imposta viene, infatti, assegnato ai Lander che hanno una capacità fiscale per abitante minore del 92% rispetto a quella media di tutti i Lander. Il rimanente 75% del gettito viene, invece, assegnato sulla base della popolazione residente. L’altra forma di perequazione, di natura orizzontale, si ha tra gli Stati federali e ha luogo con trasferimenti non vincolati di risorse da quelli più ricchi a quelli più poveri. L’obiettivo è di garantire un opportuno conguaglio della diversa capacità fiscale e quindi finanziaria dei Lander, senza prescindere del tutto dalle valutazioni su alcuni fattori di fabbisogno (il grado di urbanizzazione, la densità della popolazione e i fabbisogni per spese straordinarie). Il sistema di perequazione permette un continuo passaggio del Land dal ruolo di erogatore a quello di percettore, a causa dell’andamento della propria capacità tributaria 49 . Le differenze nelle capacità fiscali tra i Lander non devono essere coperte per intero, dal momento che anche la Costituzione stabilisce che la perequazione debba rendere “adeguata” la capacità fiscale degli Stati federali. Il principio è rispettato laddove, attraverso la perequazione, i Lander deboli raggiungono il 95% del valore medio del gettito di tutti gli Stati federali. Al sistema di trasferimenti orizzontali si accompagna un sistema di trasferimenti supplementari e di contributi specifici tra il Bund e i Lander e tra questi e i Gemeinden (Comuni). L’obiettivo di questa 48 Tutti i livelli di governo partecipano, inoltre, al Consiglio di programmazione finanziaria, organo presieduto dal Ministro delle Finanze, che si occupa di coordinare la politica finanziaria comune e di fornire al Governo centrale le informazioni necessarie a garantire la stabilità, ma le cui indicazioni non sono vincolanti. Uno dei compiti del Consiglio è, ad esempio, quello di negoziare il tetto di deficit per il governo federale e per i singoli Lander. A questo organo si affianca una Commissione per il debito pubblico che deve coordinare l’emissione del debito dei vari livelli di governo. Anche le decisioni della Commissione non sono vincolanti e lo Stato centrale non può imporre restrizioni all’indebitamento degli Stati. Una sorta di golden rule è prevista dagli statuti dei singoli Stati che vincolano l’indebitamento agli “investimenti programmati”. 49 Nel 1998 il numero di Lander contribuenti è salito dai tre degli anni precedenti a cinque. 73 seconda forma di perequazione è quello di livellare ulteriormente la capacità fiscale del Lander più deboli nonché di coprire fabbisogni finanziari specifici, come ad esempio, quelli per interventi infrastrutturali. I dati relativi al ‘98 mostrano un volume di trasferimenti perequativi orizzontali pari a 13,5 milioni di marchi, mentre quello dei trasferimenti integrativi era pari a 25,7 milioni di marchi. Il modello federale tedesco e, in particolare, gli aspetti relativi al sistema di finanziamento dei diversi livelli di governo e agli schemi perequativi, sono attualmente in discussione. Il meccanismo perequativo orizzontale è oggetto di aspre critiche da parte di alcuni Lander. I trasferimenti orizzontali sono visti, infatti, dai Lander ricchi come un disincentivo ad accrescere la propria capacità finanziaria. In molti casi si ritiene che la perequazione sarebbe punitiva per quegli Stati che riescono ad ottenere risorse tributarie addizionali. Questi motivi hanno spinto alcuni Stati federali a presentare un ricorso alla Corte Costituzionale nel 1999. La Corte ha deciso che la normativa attuale debba essere intesa come normativa transitoria, legata al superamento della fase post-unificazione, e ha demandato al legislatore federale la redazione di una nuova legge. La Corte ha, inoltre, imposto al legislatore una precisa scansione temporale ed ha fissato i criteri principali cui deve ispirarsi la nuova normativa, primo fra tutti quello di determinare la perequazione in funzione del gettito, lasciando minor spazio al criterio del fabbisogno. La normativa dovrebbe essere completata entro il 2004. La formula di perequazione Il contributo di ciascuno Stato al fondo perequativo si ottiene come differenza tra l’indice della capacità fiscale, I(CF)i , e l’indice di perequazione, I(PR)i , - S i = I(CF) i – I(PR) i - . L’indice della capacità fiscale si ottiene sommando il gettito delle entrate fiscali del Land e correggendo tale valore con fattori che tengono conto del grado di urbanizzazione, della densità di popolazione e dei fabbisogni per spese straordinarie. L’indice di perequazione di ogni Land è pari, invece, al prodotto tra la capacità di prelievo medio pro-capite di tutti gli Stati e la popolazione residente nel Land preso in esame. Esso esprime il valore del gettito che ogni Stato riceverebbe se vi fosse una sola aliquota fiscale in tutto il territorio nazionale. Anche in questo caso si tiene conto del fabbisogno e degli oneri straordinari. Infatti il gettito fiscale viene moltiplicato non per la popolazione reale, ma per il suo valore ponderato rispetto alla densità della popolazione e alla dimensione degli enti locali. La differenza tra questi due indici esprime l’ammontare dei trasferimenti che verrà erogato a titolo di perequazione orizzontale a favore di quei Lander per i quali l’indice della capacità fiscale risulti inferiore all’indice di perequazione. L’Australia Le caratteristiche del modello australiano L’Australia è una federazione composta da otto territori federali, di cui sei colonie preesistenti alla creazione del Commonwealth of Australia e confluite in esso con il Constitution Act del 1900, e due territori federali che si sono aggiunti nel 1989. Rispetto ai modelli esaminati in precedenza, quello australiano è senza dubbio il modello di federalismo più centralizzato. L’elevata centralizzazione del modello federale è riscontrabile sia sul lato delle responsabilità di spesa che sul lato della riscossione delle fonti di entrata. Le spese del Governo federale sono tra le più elevate nel contesto internazionale. Il Commonwealth preleva quasi ¾ del gettito e realizza oltre il 50% della spesa pubblica complessiva. Sul lato delle entrate, esiste una forte dipendenza finanziaria degli Stati federali dal Commonwealth e tale dipendenza si è accentuata nel corso degli anni. Il Commonwealth ha competenza esclusiva per le accise ed i dazi doganali, mentre tutte le altre materie impositive sono attribuite alla legislazione concorrente. Tuttavia, al di là del dettato costituzionale, lo Stato centrale riscuote interamente il gettito dell’imposta sul reddito e di quella sulle vendite, che costituiscono le principali fonti di imposta. Il processo di centralizzazione della potestà impositiva è stato enfatizzato proprio dagli Stati federali, che non hanno mai richiesto esplicitamente il ripristino di un proprio margine di tassazione. Si pensi che dal 1977 al 1989 gli 74 Stati hanno avuto il diritto di imporre un’addizionale o di offrire una riduzione dell’imposta sul reddito prelevata ai loro residenti, e non lo hanno di fatto mai esercitato. Le entrate proprie degli stati federali Agli Stati federali è attribuito il potere impositivo sui contributi sociali, sull’imposta di bollo e sull’imposta di circolazione degli autoveicoli, mentre agli enti locali fa capo l’imposta sulla proprietà. Tuttavia, nel corso degli anni, gli Stati federali hanno sostanzialmente incrementato la loro dipendenza di spesa dal gettito derivante dalle imposte erariali, eliminando alcune imposte di propria competenza, riducendo il gettito di altre imposte, come quelle sulla proprietà fondiaria, oppure erodendo la base imponibile dei contributi sociali. I trasferimenti perequativi La principale conseguenza dell’accentramento del potere fiscale è la rilevante quota dei trasferimenti che gli Stati ricevono dal Commonwealth. I trasferimenti sono generali e specifici. I trasferimenti a destinazione vincolata (specifici), dovrebbero ridurre i divari esistenti tra gli Stati in determinati settori, adeguandoli agli obiettivi prefissati dal governo federale, oppure soddisfare specifiche richieste di assistenza finanziaria da parte dei singoli Stati. Questi trasferimenti si concentrano nel settore della sanità, dei trasporti, delle abitazioni e influenzano sensibilmente le priorità di spesa degli Stati. I trasferimenti generici hanno, invece, finalità perequative e servono ad equilibrare i differenziali nel gettito pro-capite dei vari Stati che si riproducono in virtù del fatto che i territori presentano assetti socio-demografici e territoriali molto differenti e quindi basi imponibili disomogenee. Questa tipologia di trasferimenti mira quindi a porre ogni Stato nella condizione di poter fornire, senza dover ricorrere ad imposte e altri prelievi, servizi pubblici a standard non apprezzabilmente diversi dagli altri Stati, a parità di sforzo fiscale e presupponendo un livello medio di efficienza nella produzione dei servizi. La perequazione ha carattere verticale e viene effettuata mediante trasferimenti da un fondo centrale alimentato, in ciascun anno, dal 39,87% del totale delle entrate derivanti dall’imposta sul reddito dell’anno precedente. La gestione del fondo viene assicurata dalla Commonwealth Grants Commission, composta dai rappresentanti dei vari Stati. Il modello australiano permette di tener conto delle specifiche esigenze dello Stato sub-nazionale attraverso la definizione di un livello standard di entrata e di spesa. Inoltre, la formula premia lo sforzo fiscale in quanto se uno Stato applica aliquote superiori a quelle medie riceve risorse addizionali e non viene penalizzato con la riduzione dei trasferimenti a suo favore. Il meccanismo di perequazione garantisce, inoltre, stabilità e prevedibilità ai trasferimenti. La quota del gettito da destinare ai trasferimenti è, infatti, predeterminata e la base di calcolo dei valori standar presenti nella formula abbraccia un periodo di tempo quinquennale. La formula di perequazione Come nel modello tedesco, la formula di perequazione adottata dallo Stato Australiano tiene conto della capacità fiscale e dei fabbisogni di spesa. Rispetto al modello tedesco, tuttavia, la formula appare meno complessa e il richiamo al principio di copertura del fabbisogno è molto più esplicito. In questo caso, infatti, la perequazione tende a uniformare le capacità fiscali, tenuto conto delle differenze nei costi di spesa per la produzione dei servizi pubblici. Il trasferimento è determinato come differenza tra le spese e le entrate standardizzate di ciascuno Stato - Gi = Ei + Ti + G* - dove Ti esprime il differenziale tra il gettito pro-capite dello Stato i (Yi) ed il gettito pro-capite medio del Commonwealth (Yc), ottenuto applicando un’aliquota media pari a t, Ei esprime le necessità di spesa correlate ai diversi costi di fornitura dei servizi, G* rappresenta, invece, una quota di trasferimento minimo costante in tutti gli Stati. I valori standard vengono calcolati utilizzando una media ponderata di sei Stati. 75