Analisi e confronto sulle proposte di attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione1 .
1
A cura di Luca Manieri Elia e Federica Busillo, 18 aprile 2003
1
INDICE
Premessa……………………………………………………………………………………….3
Schema per l’identificazione di alcune variabili critiche
in tema di meccanismi di finanziamento delle funzioni devolute e principi di perequazione…7
Scheda 1 – Proposta di legge Enti Locali …………………………………………………..13
Scheda 2 – Documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni ……………………...16
Scheda 3 – Proposta di legge Deputati Lega Nord ………………...………………………...18
Scheda 4 .- Disegno di legge Villone, Mancino ………………………………………….….20
Scheda 5 – Proposta Giarda ………………………………………………………………….24
Scheda 6 – Giannola………………………………………………………………………….29
Scheda 7 – Commissione tecnica spesa pubblica ……………………………………………31
Scheda 8 – Zanardi ………………………………………………………………………...…34
Scheda 9 – Rapporto ISAE ……………………………………………………………….….37
Appendice I – Alcune considerazioni sullo Schema di disegno di legge costituzionale
di modifica al titolo V art.117 della Costituzione……………………………………………54
Appendice II – Confronti internazionali …………………………………………………….62
2
Premessa
L’attuazione della riforma del titolo V della Costituzione pone importanti
questioni sulla attribuzione delle competenze tra Stato e autonomie locali e
soprattutto sul sistema di finanziamento delle competenze devolute agli Enti
territoriali; questo ultimo aspetto è stato finora trascurato e il dibattito politico si è
prevalentemente concentrato sulla redistribuzione delle funzioni (a partire dalla
recente proposta di revisione costituzionale dell’art. 117). Le scelte che verranno
effettuate
sul
fronte
del
finanziamento
delle
competenze
attribuite,
nell’implementazione di un modello a federalismo fiscale, saranno decisive e
condizioneranno profondamente le politiche territoriali e di sviluppo; in particolare i
territori con un livello di reddito inferiore alla media e quindi con minore capacità di
autofinanziamento potrebbero essere più svantaggiati rispetto alla struttura attuale
del finanziamento. A tal proposito si impone l’esigenza
di un’analisi ed un
monitoraggio costante delle proposte e delle soluzioni legislative in via di adozione
per una valutazione del loro impatto sulle politiche di sviluppo nelle aree
sottoutilizzate.
Il lavoro presenta, a questo proposito, una prima ricognizione sulle proposte di
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, che definisce il nuovo modello di
finanziamento degli enti decentrati previsto dalla legge di riforma del Titolo V (legge
18 ottobre 2001 n° 3).
Attualmente le proposte operative sono molto poche; quelle che si sono
esaminate (nove in tutto), che comprendono anche solo valutazioni non strutturate in
senso applicativo sono abbastanza eterogenee tra loro e provengono sia da soggetti
istituzionali che da studiosi della materia. Due di esse sono disegni di legge già
all’esame del Parlamento2 . Negli altri casi si tratta di schemi di disegni di legge non
formalizzati in atti parlamentari o governativi (proposte Autonomie locali e Giarda),
di documenti di indirizzo (Conferenza dei Presidenti delle Regioni), di analisi e
proposte non strutturate in articolati di legge, che si concentrano solo su alcune delle
questioni che derivano dall’attuazione del 119 (Isae, Commissione tecnica spesa
2
Entrambi i disegni di legge sono di iniziativa parlamentare, il primo presentato al Senato dagli onorevoli
Villone, Mancino e altri, il secondo alla Camera da un gruppo di deputati della Lega.
3
pubblica, Giannola, Zanardi). Molte proposte non hanno ancora un approccio
operativo, ma si limitano a segnalare linee di indirizzo. Più complete da questo
punto di vista sono le ipotesi di Giarda, che però al momento rappresentano soltanto
un esercizio di studio - benché da esse derivi l’impostazione di altre proposte
presentate e in via di presentazione - e il Disegno di legge Villone-Mancino (che
tuttavia riguarda esclusivamente il finanziamento delle Regioni).
Per ciascuna proposta sono state predisposte schede di sintesi che illustrano le
diverse posizioni sulle questioni che sollevano i maggiori dubbi interpretativi e che,
proprio per questo motivo, sono state maggiormente oggetto del dibattito di questi
mesi. In particolare, le schede analizzano i meccanismi di finanziamento del
decentramento delle funzioni e i sistemi ipotizzati di perequazione (ai sensi del
comma 3 e 5 dell’art.119). Si tratta di questioni molto delicate che possono incidere in
maniera significativa nella scelta tra un modello di relazioni tra i livelli di governo di
tipo cooperativo e solidale e uno concorrenziale e competitivo.
Gli aspetti più critici dell’attuazione del 119 hanno sicuramente a che fare con i
principi e i criteri di funzionamento del Fondo perequativo e con l’attribuzione delle
compartecipazioni al gettito di tributi erariali. Questi aspetti, assieme ad altri punti
critici, sono stati sintetizzati in una matrice che mette a confronto le diverse ipotesi di
soluzione con l’obiettivo di individuare i punti di contatto e le discordanze tra le
proposte.
Una lettura trasversale delle soluzioni proposte permette di fare alcune brevi
considerazioni.
1. Anzitutto, si segnala che esiste condivisione attorno ad un importante
principio sancito dalla Costituzione: il rispetto dei livelli essenziali per le
prestazioni connesse all’esercizio dei diritti di cittadinanza (art.117, c.2 lettera
m) che è garantito attraverso la finanza ordinaria degli enti territoriali e, per i
territori con minore capacità fiscale, attraverso il fondo perequativo. Tra quelle
esaminate, solo la proposta della Lega, che risulta essere la più vicina ad un
modello di “federalismo fiscale” di tipo competitivo, non fa un richiamo
esplicito alle modalità di finanziamento dei livelli essenziali.
4
2. Relativamente al Fondo perequativo, la maggior parte delle proposte, eccetto
quella della Lega, si orienta su un modello verticale in cui lo Stato centrale,
oltre a definire i criteri da adottare per la riallocazione delle risorse sul
territorio, mantiene la gestione del fondo nel proprio bilancio. Sui criteri di
perequazione non vi è una interpretazione molto rigida del testo
costituzionale, che richiama unicamente il principio di capacità fiscale. Si
rileva, al contrario, una sensibilità, in alcune proposte più presente in altre
meno, sulla necessità di far riferimento a schemi di perequazione che
contemplino la copertura dei fabbisogni di spesa connessi all’esercizio delle
funzioni attribuite agli enti territoriali (che includono il rispetto dei livelli
essenziali), anche per i territori con “minore” capacità fiscale e con maggiori
carenze strutturali. La stessa proposta della Lega (che tuttavia non prevede
l’attuazione del co. 5 dell’art. 119) inserisce tra i criteri di perequazione
indicatori sulle caratteristiche territoriali e demografiche.
3. Relativamente all’obiettivo della progressiva omogeneizzazione della capacità
fiscale, è interessante la proposta Villone, Mancino che introduce un incentivo
allo sforzo fiscale per le regioni con minore capacità fiscale. Inoltre, tutte le
proposte che analizzano questo aspetto concordano sull’obiettivo di riduzione
del 90% dei differenziali di capacità fiscale.
4. Per l’attribuzione delle compartecipazioni (nella maggior parte dei casi si
tratta della compartecipazione all’IVA) si segue il principio di territorialità
delle imposte (così come previsto dal comma 2 dell’articolo 119). L’ipotesi più
comune è l’attribuzione dell’IVA in base ai consumi regionali, ipotesi che
tuttavia solleva non pochi problemi sia per le difficoltà di individuazione del
luogo effettivo del consumo, sia per gli effetti redistributivi che questo criterio
comporta, dal momento che il consumo sarà inevitabilmente più alto nelle
regioni a maggior reddito. Una soluzione più equa sul piano degli effetti
redistributivi è quella avanzata nel disegno di legge Villone-Mancino, che
utilizza come criterio per la distribuzione territoriale della compartecipazione
un indicatore riferito alla popolazione residente.
5. Per finire, c’è condivisione sulle finalità del comma 5 del 119: riduzione delle
disparità strutturali dei territori e in particolare delle carenze infrastrutturali.
5
Sugli strumenti attuativi del comma 5 si segnala la soluzione di destinare
“all’effettivo esercizio dei diritti della persona” una parte delle risorse del
Fondo perequativo (di cui al comma 3 art.119) mentre per le altre
finalizzazione del comma 5 è individuata una fonte di finanziamento (con o
senza vincolo di destinazione) anche rappresentata da contributi di scopo, da
assegnare sulla base dei “bisogni” (Giarda); si evidenzia, inoltre la proposta di
istituzione di un fondo speciale per gli investimenti pubblici istituito con legge
dello Stato (Autonomie locali).
E’ chiaro che le proposte finora analizzate non risolvono le molte questioni
lasciate aperte dalla riforma del Titolo V. Come già evidenziato, nella maggior parte
delle analisi non trovano soluzione tutte le variabili critiche evidenziate. In diversi
casi si tratta di enunciazione di principi o di linee di indirizzo. Anche per le proposte
più operative manca, inoltre, un allegato tecnico che traduca con sufficiente dettaglio
le soluzioni in simulazioni degli effettivi risultati finanziari.
In effetti, vi è ancora un dibattito abbastanza vivace sulle questioni evidenziate
nel documento e probabilmente si potrà pervenire a proposte più operative dopo che
l’Alta commissione di studio per l’individuazione dei principi generali di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, prevista dalla
Finanziaria 2003 e recentemente insediata, avrà fornito i sui indirizzi per l’attuazione
del provvedimento.
Nell’appendice sono allegate alcune prime considerazioni sulla recente
proposta di modifica costituzionale dell’attribuzione delle competenze tra Stato e
Regioni (di cui all’art. 117), approvata in Consiglio dei Ministri. Il confronto con
l’impostazione vigente della distribuzione delle materie evidenzia alcuni
cambiamenti che potrebbero comportare significative implicazioni finanziarie
nell’attuazione del decentramento. Sono inoltre allegate due schede sulle esperienze
estere di decentramento fiscale e di federalismo applicato al fine di fornire un quadro
comparativo internazionale.
6
Schema per l’identificazione di alcune variabili critiche in tema di meccanismi
di finanziamento delle funzioni devolute e principi di perequazione.
Legenda
Regioni = R; RSO = Regioni a Statuto Ordinario
Enti Locali = E.L. = Comuni, Province, Città metropolitane
Enti Territoriali: E.T. = E.L. + R
P.S.I.= Patto di Stabilità Interno
F.P. = Fondo di perequazione
A ciascuna proposta inserita nella matrice è associato un numero progressivo che corrisponde al
numero identificativo della relativa scheda di sintesi riportata nel dossier.
7
Proposte provenienti da Istituzioni
SOLUZIONI
PROPOSTE
(1) Enti Locali
(2) Conferenza dei
Presidenti delle Regioni
(3) Deputati Lega
(Disegno di legge)
Giusto equilibrio tra autonomia, efficienza e
solidarietà
Implementazione dei principi di
concorrenzialità tra enti,
responsabilizzazione e autosufficienza degli
E.T.
Abolizione dei trasferimenti erariali e
sostituzione con la compartecipazione alle
imposte dirette e indirette
1. Attribuzione diretta delle somme riscosse
sui tributi propri con abolizione
dell’obbligo di versamento in Tesoreria
Unica
2. Divieto di doppia imposizione giuridica
VARIABILI CRITICHE
Obiettivo generale
Meccanismi di finanziamento
Principi generali
Tributi propri
Compartecipazione ai tributi
erariali
Attribuzione diretta di compartecipazioni
agli E.T. in sostituzione dei trasferimenti
erariali; corrispondenza tra responsabilità
di entrata e di spesa.
Criterio di attribuzione del gettito
da compartecipare su base
territoriale
Imposte sul consumo: luogo del
consumo; imposte sul patrimonio:
localizzazione dei cespiti; imposte sul
valore della produzione: luogo di
prestazione del lavoro; imposte sul
reddito: luogo di residenza e
produzione del reddito
Sulla base del gettito riferibile al territorio
degli E.T. (principio di capacità fiscale)
Criterio di determinazione
dell’aliquota di
compartecipazione
E’ fissata, nell’anno iniziale, in modo da
assicurare, assieme al gettito dei tributi
propri, valutato utilizzando un’aliquota
standard, l’integrale finanziamento
delle funzioni attribuite agli E.T.
E’ tale da assicurare l a copertura dei
trasferimenti aboliti al complesso degli E.T.
Obiettivo e principi di
funzionamento del Fondo di
perequazione
Perequazione
Le R. possono stabilire tributi regionali
e prevedere gli ambiti oggettivi e
soggettivi dei tributi locali. I tributi così
definiti hanno “natura commutativa”,
servono cioè ad assicurare lo
svolgimento di politiche autonome
degli E.T. e sono stabilmente connessi
con il territorio (tributi di scopo e
tributi in controprestazione)
Sono stabilite con legge dello Stato e le
quote di compartecipazione sono
riviste ogni 5 anni
I livelli essenziali delle prestazioni sono
stabiliti con legge dello Stato e finanziati
integralmente
La legge regionale istituisce i tributi locali,
definendo presupposti oggettivi e
soggettivi e aliquota massima. Agli E.L.
spetta la determinazione dell’aliquota e la
disciplina del procedimento tributario.
Fonti di alimentazione del Fondo
perequativo nazionale
Modello di perequazione:
verticale/orizzontale
Accesso al Fondo perequativo
1. Copertura integrale dei fabbisogni di
spesa necessari a garantire i livelli
essenziali per le prestazioni relative ai
diritti civili e sociali;
2. Per le altre spese, riduzione delle
differenze interregionali nelle capacità
fiscali per abitante rispetto alla capacità
fiscale media.
Compartecipazioni ai tributi erariali
1. Finanziamento integrale del fabbisogno
di spesa necessario a garantire i livelli
essenziali per le prestazioni relative ai
diritti civili e sociali, e del fabbisogno
connesso al normale esercizio delle funzioni
attribuite agli enti decentrati
2. Incentivo all’esercizio virtuoso delle
potestà tributarie.
1. Riduzione delle differenze interregionali
nella capacità fiscale per abitante;
2. Si tiene conto della capacità di recupero
dell’evasione
fiscale
e
dell’efficienza
nell’erogazione dei servizi
3. Si tiene conto delle caratteristiche
territoriali e demografiche
Compartecipazioni ai tributi erariali
Fondo Statale (modello verticale)
Modello orizzontale implicito (capacità
fiscale teorica)
Tutte le R. con capacità fiscale inferiore
alla media nazionale
Riduzione delle differenze di
gettito attraverso la perequazione
Fondo perequativo per gli Enti
Locali
E’ alimentato con compartecipazioni ai
tributi erariali e con quote ricevute
dalle R. I criteri di perequazione sono
definiti dallo Stato
Alle R. spetta la delega per la ripartizione
del F.P. destinato agli E.L.
Fondo speciale per gli investimenti
pubblici istituito con legge dello Stato
per promuovere lo sviluppo territoriale
e rimuovere gli squilibri economici
Riduzione delle disparità strutturali dei
territori: differenze di opportunità;
arretratezza del sistema economico-sociale.
5° c.
Determinazione dei fabbisogni
standard
Finalità e strumenti attuativi d el
5° comma del 119
Dimensione finanziaria del
decentramento
Non devono generarsi oneri aggiuntivi per
il bilancio dello Stato e degli E.T.; il
provvedimento deve essere coordinato con
gli obiettivi del P.S.I.
Altro
Clausola di salvaguardia
Periodo transitorio
Nel periodo transitorio prima dell’entrata a
regime della riforma, devono essere
garantire alle R. risorse in maniera congrua,
tempestiva e trasparente.
La perequazione può effettuarsi anche in
funzione della spesa storica per un periodo
non superiore a tre anni.
Ricorso all’indebitamento per
spese di investimento.
8
Proposte provenienti da Istituzioni
SOLUZIONI
PROPOSTE
Meccanismi di finanziamento
VARIABILI CRITICHE
Obiettivo generale
Un modello di federalismo fiscale “cooperativo e
solidale”.
Principi generali
I tributi propri, le tariffe, le compartecipazioni e il
fondo perequativo assicurano la copertura
integrale delle funzioni pubbliche attribuite agli
E.T., secondo i criteri di determinazione dei
fabbisogni standard specificati nei successivi
campi.
Tributi propri
Il 75% delle imposte proprie e delle addizionali
regionali contribuisce alla copertura del
fabbisogno netto regionale per la sanità
Compartecipazione ai tributi erariali
Compartecipazione all’IVA (il 20% il primo anno
che alimenta un fondo statale).
Criterio di attribuzione del gettito da
compartecipare o da condividere su base
territoriale
Il gettito viene attribuito in base ad un indicatore
riferito alla popolazione residente.
Criterio di determinazione dell’aliquota
di compartecipazione
Perequazione
(4) Disegno di legge Villone, Mancino e altri/
Regione Campania Commissione sul
federalismo
L’aliquota di compartecipazione è quella che
assicura la copertura integrale del fabbisogno di
spesa nella regione con maggiore capacità fiscale.
Proposte non provenienti da Istituzioni
(5) Giarda
Un modello cooperativo in cui
l’autonomia degli enti territoriali è
subordinata alla salvaguardia dei diritti
civili e sociali.
Le R. ricche dovrebbero finanziarsi
solo con entrate proprie (autonomia
di prelievo); le altre anche con
compartecipazioni (minore
autonomia) e con la perequazione.
E’ fissata dallo Stato ed è uniforme
per tutte le R. La sua misura è tale da
compensare la differenza tra il gettito
dei tributi propri e la spesa
complessiva nella R. in cui tale
differenza è minima (la Regione più
ricca).
1. Copertura integrale dei fabbisogni
di spesa necessari a garantire i livelli
essenziali
di
servizio
(sanità,
assistenza, istruzione) in base a costi
non storici.
2.
Riduzione
delle
differenze
interregionali nel gettito delle entrate
tributarie per abitante.
3. Nel primo triennio le quote del
fondo perequativo possono essere
assistite da vincolo di destinazione.
4. Per le competenze esclusive la
perequazione
dovrebbe
essere
parziale; per le concorrenti pervasiva.
Obiettivi e principi di funzionamento
del Fondo di perequazione
Fonti di alimentazione del Fondo
perequativo nazionale
Compartecipazione all’IVA
Compartecipazione all’IVA.
Modello di perequazione:
verticale/orizzontale
Fondo statale (modello verticale)
Fondo Statale (modello verticale)
Accesso al Fondo perequativo
Per la parte relativa alla compensazione dello
sforzo fiscale, accedono al fondo tutte le Regioni
la cui capacità fiscale risulti di almeno il 10%
inferiore rispetto al valore medio nazionale.
Tutte le R. la cui capacità fiscale per
abitante non supera del 20% la media
nazionale.
Riduzione delle differenze di gettito
attraverso la perequazione
Riduzione del 90% dei differenziali di gettito
derivanti da sforzo fiscale
Determinazione del fabbisogno standard
1. Finanziamento della sanità: i fabbisogni di
spesa sono determinati sulla base di standard di
assistenza ponderati con indicatori di natura
sanitaria e indicatori che esprimono la situazione
economico-sociale dei territori. 2. Finanziamento
delle altre materie devolute alle Regioni: il
fabbisogno di spesa è determinato in funzione dei
differenziali nei costi di produzione dei servizi
nelle diverse realtà regionali. 3. In entrambi i casi
i fabbisogni di spesa determinati ai punti
precedenti
coprono
integralmente
il
finanziamento delle competenze che rientrano dei
livelli essenziali.
I tributi propri, le compartecipazioni e le
quote del F.P. finanziano integralmente
le funzioni pubbliche attribuite a ciascun
Ente
a) Tributi ed entrate proprie; b)
aliquote riservate dall’ordinamento
vigente all’autonomia regionale; c)
tributi applicati autonomamente su
basi imponibili regionali; d) nuovi
tributi regionali che risulteranno dalla
ripartizione tra Stato e Regioni delle
aliquote IRPEF e IRPEG
Imposta sul valore aggiunto destinata
ad alimentare il fondo perequativo
1. Finanziamento integrale dei fabbisogni di spesa
determinati in base a standard di assistenza 2.
Incentivo allo sforzo fiscale per le regioni con
minore capacità fiscale. 3. Finanziamento degli
obiettivi di riequilibrio territoriale per un importo
non superiore al 10% delle risorse assegnate al
fondo perequativo o in misura doppia qualora il
maggior gettito derivante dallo sforzo fiscale sia
destinato al finanziamento di programmi di
investimento.
Fondo perequativo per gli Enti Locali
(6) Giannola
La dimensione della compartecipazione
in ciascuna Regione non dovrebbe
eccedere quanto necessario per il
soddisfacimento del fabbisogno standard
Il F.P., assieme ai tributi propri e alle
compartecipazioni, deve finanziare le
funzioni pubbliche attribuite a ciascun
Ente, secondo i criteri di determinazione
del fabbisogno specificati
successivamente.
Fondo statale (modello verticale). Il
modello orizzontale può lasciare troppo
spazio ai rapporti contrattuali tra le
regioni.
Riduzione del 90% delle differenze
interregionali nel totale delle entrate
regionali per abitante (tributi propri e
compartecipazioni).
1. E’ assegnato dallo Stato agli E.L.
2.Perequazione della capacità fiscale:
20% delle risorse assegnate al fondo;
Fabbisogni standard: 70% delle
risorse; .Sostegno alle spese di
investimento: 10% delle risorse.
5. Delega alle Regioni per particolari
criteri di riparto.
Quota uniforme per abitante pesata
con indicatori che tengono conto delle
caratteristiche demografiche, sociali
ed economiche dei territori (F.P. E. L).
Quello scaturente dall’esercizio a un
livello normale delle funzioni attribuite a
ciascun Ente Locale E’ coperto il
fabbisogno di spesa necessario a
garantire i livelli essenziali.
9
Proposte provenienti da Istituzioni
SOLUZIONI
PROPOSTE
Proposte non provenienti da Istituzioni
(4) Disegno di legge Villone,
Mancino e altri/Regione Campania
Commissione sul federalismo
(5) Giarda
(6) Giannola
5° c.
VARIABILI CRITICHE
Perequazione sulla base di indicatori di
fabbisogno che evidenziano il gap
infrastrutturale, e contributi di scopo.
La parte dei diritti alla persona può
essere finanziata con il c° 3
Finalità e strumenti attuativi del 5° comma del
119
Le risorse aggiuntive non
devono essere impiegate per il
finanziamento delle funzioni
che gli E.T. devono svolgere in
via ordinaria.
Dimensione fina nziaria del decentramento
L’attuazione del 119 non deve
comportare un aumento della spesa
pubblica e della pressione tributaria
Clausola di salvaguardia
Altro
complessiva .
Periodo transitorio
Ricorso all’indebitamento per spese di
investimento.
E’ prevista gradualità
dell’applicazione
I criteri di calcolo del Fondo perequativo
si applicano a regime dopo una fase
transitoria in cui viene assicurata la
copertura della spesa storica.
Lo Stato e le R. assegnano annualmente
plafonds di ricorso al debito
rispettivamente alle R. e agli E.L. I
plafonds possono essere scambiati tra gli
enti nell’ambito delle compatibilità dei
vincoli di bilancio complessivi.
10
Proposte non provenienti da Istituzioni
SOLUZIONI
PROPOSTE
(7) Commissione tecnica
spesa pubblica
(8) Zanardi
(9) ISAE
VARIABILI CRITICHE
Un modello di federalismo cooperativo
in cui il F.P. è alimentato in misura
consistente, al fine di compensare la
minore capacità fiscale e il maggior
fabbisogno di spesa del Sud rispetto al
Centro-Nord.
Obiettivo generale
Devono essere identificati con precisione
i livelli essenziali delle prestazioni
relative ai diritti civili e sociali poiché in
funzione di essi è definita la dimensione
dei mezzi finanziari e, in particolare, del
F.P.
Imposte indirette (spiriti, birra, GPL,
Energia, elettrica, tabacchi, lotto e
lotterie, giochi di abilità e pronostici)
Meccanismi di finanziamento
Principi generali
Tributi propri
Tributi da assegnare agli E.L.: riserva totale del
gettito ICI, tasse sui veicoli, tasse sull’ener gia
(elettricità, gasoli, riscaldamento).
Compartecipazione ai tributi
erariali
Proposte: 1. aumento della quota compartecipata
dell’IVA per le seguenti ragioni: a) distribuzione
sul territorio del gettito pro capite
sufficientemente omogenea; b) maggiore
corrispondenza tra gettito e spesa finanziata
(principio del beneficio); c) limitata possibilità di
spostamento della base imponibile. 2.
ridimensionamento dell’Irpef e dell’Irap, a causa
di una distribuzione territoriale dei gettiti pro
capite delle due imposte fortemente squilibrata a
favore delle R. del Nord.
Due ipotesi di finanziamento delle
competenze regionali: ipotesi 1 utilizzo IRPEF con incremento
dell’addizionale dallo 0,9% attuale al
10,37 %; ipotesi 2 – utilizzo IVA con
incremento della compartecipazione
dal 38,55% al 96,5%.
Criterio di attribuzione del gettito
da compartecipare o da
condividere su base territoriale
Criterio di determinazione
dell’aliquota di compartecipazione
Perequazione
Obiettivo e principi di
funzionamento del Fondo di
perequazione
Distribuzione regionale dei consumi
1. Fondo perequativo calcolato sul
criterio di finanziamento della spesa
storica. Nell’ipotesi 1 (utilizzo Irpef)
la dimensione del F.P. è pari a 8
miliardi di euro; nell’ipotesi 2
(utilizzo IVA) la dimensione del F.P.
è apri a 6 miliardi di euro
2. I criteri di perequazione saranno
individuati in funzione delle
competenze finanziata: capacità
fiscale per le materie di competenza
esclusiva regionale; capacità fiscale e
fabbisogni di spesa per le materie di
competenza concorrente
Fonti di alimentazione del Fondo
perequativo nazionale
Modello di perequazione:
verticale/orizzontale
Accesso al Fondo perequativo
5.
1. La dimensione del F.P. è calcolata nelle
2 ipotesi: 1. perequazione secondo il
criterio della spesa storica (ammontare
stimato: 27 miliardi di euro); 2.
perequazione secondo il criterio della
capacità fiscale (v. successivo punto
riduzione della capacità fiscale);
2. E’ auspicabile l’introduzione di criteri
di
condizionalità
e
premialità
nell’utilizzo del F.P.
Fondo statale (modello verticale)
1. Perequazione capacità fiscale al 90%
(ammontare stimato del fondo: 17
miliardi di euro); 2. Perequazione
capacità fiscale al 100% (ammontare
stimato del fondo: 18 miliardi di euro).
Riduzione delle differenze di
gettito attraverso la perequazione
Fondo perequativo per gli Enti
Locali
Determinazione del fabbisogno
standard
Finalità e strumenti attuativi del 5°
comma del 119
Dimensione finanziaria del
decentramento
Altro
Tra le ipotesi simulate quella più
ragionevole potrebbe essere: il 90% del
gettito IVA e il 2 7% del gettito IRPEF
41 miliardi di euro per le RSO
110 miliardi di euro, di cui 96 riferiti alle
RSO (35 miliardi di euro per il
Mezzogiorno e 61 miliardi di euro per il
Centro Nord)
Clausola di salvaguardia
Il decentramento non deve comportare
oneri aggiuntivi per il complesso della
PA
Periodo transitorio
Per i primi anni vanno garantiti agli E.T.
i livelli di spesa raggiunti negli ultimi
anni
Ricorso all’indebitamento per
spese di investimento.
11
SCHEDA 1
Proposta di legge Enti locali3
MECCANISMO DI FINANZIAMENTO
Principi generali
Il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali è assicurato dalle
quote delle compartecipazioni fissate nell’anno iniziale assieme al gettito dei tributi propri
valutato ad aliquota standard.
Una parte delle compartecipazioni spettanti agli enti territoriali, dotati di capacità fiscale
superiore alla media nazionale, viene destinato al finanziamento dei fondi perequativi, in
funzione del divario della capacità fiscale rispetto alla media.
Compartecipazioni
La legge statale determina i criteri di riparto e le quote dei tributi il cui gettito è compartecipato
dagli enti territoriali.
I criteri di riferimento per la scelta dei tributi da compartecipare sono: l’accuratezza della
distribuzione, la chiarezza, la semplicità amministrativa, l’evoluzione del gettito.
La scelta inoltre viene effettuata in base al: consumo (luogo di consumo), patrimonio
(localizzazione dei cespiti), valore della produzione (luogo di prestazione del lavoro), redditi
(luogo di residenza o di produzione del reddito) (art. 5, co. 2).
Le quote di compartecipazione vengono riviste ogni cinque anni in relazione all’andamento
complessivo, agli obiettivi del patto di stabilità, alle modifiche normative che comportino
variazioni di gettito).
Tributi e entrate proprie
E’ vietata l’istituzione di tributi regionali (e locali) sul reddito e sul patrimonio, che abbiano
natura di sovrimposte o che comunque duplichino quelle già vigenti erariali (in coerenza con il
principio di esclusività statale fissato dall’art. 117, co. 2, lett. e) della Costituzione.
Le Regioni d’altro canto, esercitando la loro potestà legislativa, possono stabilire tributi regionali
e prevedere tributi locali (ovvero “tributi commutativi”) collegati alle funzioni attribuite alle
3
Proposta di Anci, Upi, Uncem e Legautonomie per l’attuazione dell’articolo 119 della costituzione – Testo non
definitivo (24 febbraio 2003)
13
regioni e agli enti locali (ex art. 117), stabilmente connessi con il territorio (non necessariamente
retti dal principio del beneficio), tributi di scopo e tributi-controprestazione.
Gli Enti locali stabiliscono tributi propri con atti regolamentari nell’ambito delle aree determinate
dalle leggi regionali (spese facoltative o integrative).
La legge statale autorizza l’ambito in cui gli enti territoriali possono determinare le addizionali e
le sovrimposte ai tributi erariali a loro favore sono determinate (in coerenza con il principio
fissato dall’art. 117, co. 2, lett. e) della Costituzione).
Per i tributi già istituiti e regolati dallo Stato il cui gettito e stato attribuito agli enti territoriali
(Irap), detti enti determinano le aliquote nei limiti stabiliti da legge statale.
FONDO PEREQUATIVO (art. 6)
Obiettivo generale
Vengono istituiti i fondi perequativi per integrare le risorse degli enti territoriali dotati di capacità
fiscale inferiore alla media nazionale e per far fronte agli oneri per la copertura dei livelli
essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale (art. 117, co. 2, lett. m della
Costituzione)
Principi del funzionamento
I F. P. sono istituiti separatamente per Comuni, Province, Città metropolitane e per Regioni con i
seguenti criteri: in funzione dei “bisogni” (“spesa standardizzata per la produzione dei servizi”)
per le spese riferite al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, co. 2, lett.
m della Costituzione); in funzione dei differenziali di capacità fiscale rispetto alla media
nazionale per le altre spese (“i territori più ricchi contribuiscono maggiormente”).
Fonti di alimentazione
La perequazione statale (funzioni attribuite dallo stato) viene finanziata con compartecipazioni a
tributi erariali o con quote ricevute dalle regioni
Fondo perequativo per gli Enti Locali
La
perequazione
regionale
(funzioni
delegate
dalle
regioni)
viene
finanziata
con
compartecipazioni a tributi regionali o con quote ricevute dalle regioni.
La legge statale fissa i criteri per la perequazione regionale per le funzioni amministrative
delegate dalla regione agli enti locali.
La legge regionale può istituire fondi perequativi regionali, d’intesa con i consigli delle
autonomie locali
14
Strumenti attuativi del 5° comma (fondo per gli investimenti pubblici)
La legge dello stato istituisce un fondo speciale per gli investimenti pubblici destinato a colmare
(divari territoriali nella dotazione o il fabbisogno)
di infrastrutture degli enti territoriali allo
scopo di promuovere lo sviluppo territoriale e a rimuovere gli squilibri economici (ai sensi
dell’art. 119 co. 5 della Costituzione).
15
SCHEDA 2
Documento della Conferenza dei Presidenti delle Regioni4
MECCANISMI DI FINANZIAMENTO
Obiettivo generale
Il federalismo fiscale deve coniugare i meccanismi di redistribuzione delle risorse esistenti con
strumenti in grado di assicurare lo sviluppo socioeconomico sul territorio per realizzare
autonomia, efficienza e solidarietà (punto 1).
Principi generali
I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, co. 2, lett. m)
sono determinati dallo Stato e finanziati integralmente (art. 119, co. 4).(2)
Il sistema di finanziamento costituito da tributi propri e dalle compartecipazioni deve garantire il
principio della trasparenza, della semplificazione, della responsabilizzazione e non deve
determinare un arretramento dell’attuale livello di autonomia impositiva e flessibilità fiscale(3).
L’esercizio dell’autonomia impositiva di Regioni ed E. locali deve essere accompagnata al
principio di responsabilizzazione finanziaria per assicurare la correlazione tra prelievo e
beneficio (6).
Competenze in materia tributaria
Le Regioni hanno competenza esclusiva in materia di coordinamento dei sistemi tributari delle
Regioni e degli Enti Locali. La legge Regionale istituisce i tributi locali, delineando i principi
generali, lasciando agli Enti locali la facoltà di applicarli, la determinazione delle aliquote e il
procedimento tributario(5).
Esigenze delle Regioni
L’impostazione dell’attuazione del federalismo e della politica economico-finanziaria nazionale
deve essere sviluppata con preventiva intesa in sede di Conferenze Stato-Regioni e Unificata (2).
L’attuazione
del federalismo richiede la trasformazione delle Agenzie regionali delle entrate in
Centri di servizio per la gestione organica dei tributi erariali, regionali e degli enti (8).
4
Documento di Ravello sul federalismo fiscale delle Regioni e delle Province Autonome; Conferenza dei Presidenti
delle Regioni e delle Province Autonome (Ravello 31marzo - 1 aprile)
16
Il federalismo fiscale deve essere sviluppato “in parallelo” alla riforma del sistema fiscale
statale e non in “progressione” per evitare il rischio di adattamenti successivi5 .
Istituzione del Senato delle Regioni.
FONDO PEREQUATIVO
Obiettivo generale
La perequazione delle differenti capacità fiscale deve garantire il normale esercizio delle funzioni
attribuite sul territorio nell’obiettivo di un riequilibrio economico-finanziario attraverso
l’esercizio virtuoso delle potestà tributarie di ciascuna regione (4).
Fondo perequativo Enti locali
Nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica, alle Regioni deve essere attribuita la
delega delle funzioni amministrative (esercitate con il concorso delle Autonomie) di ripartizione
del fondo prequativo destinato agli enti locali (5),
Interventi co. 5 dell’art. 119
Gli interventi dovranno indirizzarsi a colmare le disparità strutturali (differenze di opportunità –
arretratezza del sistema economico e sociale) delle singole realtà regionali(4);
Periodo transitorio
E’ previsto un periodo transitorio di attuazione della riforma costituzionale, prima dell’entrata a
regime, in cui occorre assicurare la messa a disposizione delle risorse per l’esercizio delle
competenze spettanti alle Regioni alla luce delle nuove funzioni in maniera congrua, tempestiva e
trasparente(7);
5
Le regioni a tal proposito chiedono di essere preventivamente coinvolte nella predisposizione dei decreti legislativi
di attuazione della delega fiscale; in particolare esprimono forte preoccupazione per la graduale “eliminazione
dell’Irap con la prioritaria esclusione della base imponibile del costo del lavoro”. Occorre garantire la sostituzione
con un tributo che fornisca lo stesso gettito (30 mld di euro) e la stessa manovrabilità.
17
SCHEDA 3
Proposta di legge Deputati Lega nord6
MECCANISMO DI FINANZIAMENTO
Obiettivo generale 7
Costruzione di un sistema fiscale da cui “possa scaturire una benefica concorrenzialità tra enti,
attraverso la corrispondenza tra responsabilità delle entrate e delle spese e mirando alla
tendenziale autosufficienza dei diversi livelli di governo rispetto alle funzioni loro attribuite”.
Principi generali
Abolizione dei vigenti trasferimenti erariali (co. 1, lett. b) con contestuale attribuzione diretta
(con l’abolizione dell’obbligo di riversamento in Tesoreria Unica) e sostituzione di essi con la
compartecipazione alle imposte erariali dirette e indirette vigenti (co. 1, lett. c).
Estensione di questi meccanismi alla copertura degli oneri per lo svolgimento delle funzioni e dei
compiti trasferiti secondo criteri di autosufficienza finanziaria dei diversi livelli di Governo
rispetto alle funzioni loro attribuite (co. 1, lett. i)
Determinazione delle aliquote delle compartecipazioni
La misura esatta delle aliquote è quella che assicura la copertura dei trasferimenti aboliti al
complesso delle Regioni e degli Enti locali (co. 1, lett. d) .
Criterio di attribuzione delle compartecipazioni sul territorio
L’attribuzione alle Regioni e degli Enti locali avviene sulla base del gettito di tributi erariali
riferibili al loro territorio (principio della capacità fiscale) (co. 1, lett. e)
6
Proposta di legge “Delega al Governo in materia di autonomia finanziaria dei comuni, delle province delle città
metropolitane e delle regioni in attuazione delle norme costituzionali sul federalismo fiscale di cui all’art. 119 della
Costituzione”; Deputati Cè, Giorgetti ed altri – Atto Camera
7
Relazione introduttiva
18
FONDO PEREQUATIVO (co. 1, lett. h)
Finanziamento
E’
finanziato
direttamente
con
le
compartecipazioni
che
sostituiscono
i
trasferimenti
(perequazione orizzontale)
Principi del funzionamento
Si basa sulla capacità fiscale teorica, capacità di recupero della evasione fiscale, efficienza di
erogazione dei servizi pubblici. Deve inoltre tenere conto delle caratteristiche territoriali e
demografiche.
Periodo transitorio
La perequazione può essere effettuata anche in funzione della spesa storica per un periodo non
superiore a tre anni
Clausola di salvaguardia
L’attuazione del provvedimento non deve comportare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e
per i bilanci degli enti decentrati e deve essere coordinata con gli obiettivi di finanza pubblica
relativi al patto di stabilità interno (co. 2).
19
SCHEDA 4
Disegno di legge Villone, Mancino e altri (su proposta Regione Campania Commissione su
Federalismo e Mezzogiorno)8 .
MECCANISMI DI FINANZIAMENTO
Obiettivo generale
Implementazione di un modello di federalismo fiscale cooperativo e solidale in cui è assicurato il
finanziamento integrale dei fabbisogni di spesa connessi all’esercizio “normale” delle funzioni
attribuite alle Regioni (non sono trattati i modelli per gli altri Enti).
Principi generali
Tributi propri, tariffe, compartecipazioni e fondo perequativo coprono il fabbisogno per il
“normale esercizio delle funzioni”.
Tributi propri
Il 75% delle imposte proprie e delle addizionali regionali9 contribuisce alla copertura del
fabbisogno netto di spesa delle Regioni in materia sanitaria (Fabbisogno meno tariffe per la
partecipazione degli utenti al servizio).
Criterio di attribuzione del gettito da compartecipare
Il gettito IVA è attribuito a ciascuna Regione non in base ai consumi delle famiglie10 , ma sulla
base di un indicatore riferito alla popolazione residente.
8
“Modifiche al decreto legislativo 56/00 e attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo
fiscale”. La proposta elaborata dalla Commissione su Federalismo e Mezzogiorno della Regione Campania è
confluita nel disegno di legge Villone, Mancino e altri - Atto Senato n° 2130 . Il Disegno di legge adegua la
disciplina prevista dal d.lgs 56/200 in materia di finanza regionale alle norme contenute nell’articolo 119 della
Costituzione. In particolare, per le funzioni in materia sanitaria, il disegno di legge definisce il fabbisogno di spesa e i
meccanismi di finanziamento di tale fabbisogno, per le materie diverse dalla sanità il disegno di legge contiene una
delega al governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi e i principi cui tale delega deve ispirarsi.
9
Irap, addizionale Irpef e accisa sulle benzine.
10
Criterio previsto dal d.lgs 56/00.
20
Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione
L’aliquota di compartecipazione all’IVA, uniforme per tutte le Regioni, è quella che assicura la
copertura integrale del fabbisogno della Regione con maggiore capacità fiscale (attualmente la
Lombardia) .
FONDO PEREQUATIVO
I territori con minore capacità fiscale ricevono contributi perequativi da un Fondo istituito nel
bilancio dello Stato.
L’ammontare del Fondo perequativo per il primo anno è pari al 20% del gettito IVA e può essere
rideterminato, ove occorra11 .
Per gli anni successivi la percentuale di Iva da attribuire al Fondo è indicata nella Legge
Finanziaria annuale. Il Fondo perequativo deve essere determinato in misura tale da:
− assicurare la copertura del fabbisogno di spesa calcolato secondo il “normale esercizio
delle funzioni”;
− compensare lo sforzo fiscale delle Regioni con minore capacità fiscale;
− finanziare gli obiettivi di riequilibrio territoriale per un importo non superiore al 10%
delle risorse occorrenti.
Compensazione dello sforzo fiscale delle Regioni con minore capacità fiscale
Una parte del Fondo perequativo serve a compensare lo sforzo fiscale delle Regioni con minore
capacità fiscale per abitante. L’obiettivo è di ridurre del 90% la differenza tra: a) il maggior
gettito derivante dall’incremento medio delle aliquote per le Regioni la cui capacità fiscale supera
il valore medio nazionale ridotto del 10% ; b) il maggior gettito derivante da incrementi di
aliquote, rispetto all’aliquota base per le Regioni la cui capacità fiscale risulti di almeno il 10%
più bassa del valore medio nazionale.
Obiettivi di riequilibrio territoriale
Qualora il maggior gettito prodotto dallo sforzo fiscale sia destinato al finanziamento di
programmi di investimento per il potenziamento delle strutture sanitarie che siano in linea con gli
11
La rideterminazione avviene su proposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze, previa intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
21
obiettivi di riequilibrio definiti a livello nazionale o in sede di Unione Europea, il contributo del
fondo perequativo necessario a compensare lo sforzo fiscale è assegnato in misura doppia.
Fabbisogni di spesa delle Regioni in materia sanitaria.
1. Lo Stato definisce i fabbisogni di spesa di ciascuna Regione per le funzioni attribuite in
materia sanitaria in base agli “standard di assistenza riferiti al normale esercizio”, al fine di
determinare l’ammontare delle risorse necessarie a finanziare integralmente dette funzioni
(principio di sufficienza delle risorse, art.119, comma 4).
I fabbisogni di spesa sono determinati sulla base di “standard di assistenza” che tengono conto
della popolazione residente in ciascuna Regione. Il calcolo degli standards si ottiene: a)
determinando una unità di base di popolazione e ponderando tale unità con un indice complesso
basato su indicatori di natura sanitaria e indicatori che esprimono la situazione economico-sociale
della Regione; b) moltiplicando l’unità di base per il numero dei residenti; c) nel calcolo del
fabbisogno è compreso il costo derivante dall’acquisizione delle “strutture” sanitarie necessarie
all’espletamento delle funzioni normali; d) il fabbisogno netto è determinato come differenza tra
il fabbisogno standard, determinato secondo i criteri indicati ai punti precedenti, e le tariffe base
eventualmente stabilite per la partecipazione degli utenti alla spesa.
2. Il fabbisogno di spesa determinato secondo i criteri indicati al punto precedente, copre
interamente il finanziamento delle prestazioni sanitarie che rientrano nei livelli essenziali di
assistenza.
3. Per i primi tre anni successivi al 2003 il fabbisogno di spesa di ciascuna Regione è ottenuto
rideterminando, sulla base del criterio appena visto, la spesa sostenuta dalle Regioni per la
competenza 2001 e applicando per ciascun anno il tasso di inflazione programmato.
Per gli anni successivi al 2006 il fabbisogno è determinato annualmente.
Delega per i meccanismi di finanziamento in materie diverse dalla sanità
1. Nella determinazione dei fabbisogni di spesa si tiene conto della necessità di garantire la
copertura integrale dei livelli essenziali dei servizi.
22
2. Il fabbisogno di spesa per le funzioni diverse dalla sanità è determinato facendo riferimento al
criterio della dimensione geografica, che incide sulla determinazione dei differenziali nei costi di
produzione dei servizi nelle diverse realtà regionali, cosi come previsto dall’allegato A, punto 2
lett.d del d.lgs 56/0012 .
3. Il fabbisogno di spesa determinato secondo i criteri indicati al punto precedente è finanziato: a)
con le tariffe a carico degli utenti; b) con il 15% delle imposte proprie e delle addizionali; c) con i
contributi perequativi e con le compartecipazioni secondo i criteri indicati per il finanziamento
della sanità, nella misura che è determinata in ogni triennio dalla legge finanziaria.
12
La spesa pro capite standardizzata delle regioni è stimata mediante un modello statistico di regressione del valore
medio pro capite delle spese correnti di ciascuna regione relative a funzioni diverse dalla sanità, con la dimensione
geografica, utilizzando come regressore il logaritmo della popolazione residente.
23
SCHEDA 5
Proposta Giarda 13
MECCANISMO DI FINANZIAMENTO
Tributi propri
Alle Regioni sono assegnati tributi propri
in grado di finanziare quote significative delle spese
derivanti dall’esercizio delle funzioni nelle materie a competenza esclusiva e concorrente. Per
tributi propri si intendono:
a) i tributi regionali previsti dall’ordinamento vigente ( l’IRAP, la tassa di circolazione, ecc).
b) le aliquote riservate dall’ordinamento vigente all’autonomia regionale (addizionale regionale
IRPEF, accisa regionale sulla benzina);
c) i tributi applicati su basi imponibili autonomamente determinate dalle Regioni.
d) i nuovi tributi regionali costruiti sulla condivisione delle basi imponibili dei tributi erariali (in
particolare la riserva di aliquota sull'imposta personale sui redditi e sull’imposta sul reddito delle
società);
Il gettito tributario principale da attribuire alle regioni per il finanziamento delle nuove
competenze legislative proverrà da d) che avrà una base imponibile condivisa tra Stato e Regioni
il cui gettito iniziale dovrà essere uguale al gettito statale pre-viggente (ad es.
IRE=IRES+IRER); successivamente potranno autonomamente essere mutate le aliquote dai due
soggetti.
Le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali
Vengono assegnate dopo la definizione dei tributi propri regionali. Data l’aliquota di
compartecipazione (ad. es. IVA), i relativi proventi dovrebbero affluire direttamente ai bilanci
delle regioni dove il gettito è prodotto o si realizza.
L’aliquota è fissata rigidamente dallo Stato allo stesso livello per tutte le Regioni (il gettito non è
espressione di autonomia tributaria, ed ha una forte correlazione con i livelli di attività economica
regionale)
13
“Quale modello di federalismo fiscale nella nuova Costituzione italiana ?” - Relazione presentata alla XLIII
Riunione Scientifica della Società Italiana degli Economisti, Ferrara 25 ottobre 2002. (versione 17-3-2003)
24
Criterio di determinazione dell’aliquota di compartecipazione
Se l’attuazione della riforma, nel trasferimento delle competenze attribuite dallo Stato alle
Regioni, non deve comportare un aumento di spesa pubblica e in nessuna regione la spesa statale
può ridursi inizialmente, allora in nessuna regione la somma di tributi propri e compartecipazioni
deve superare il livello di spesa storica trasferito (per le nuove funzioni).
Se ne deduce che la scelta dei tributi (basi imponibili e aliquote) e delle aliquote di
compartecipazione da assegnare alle Regioni dovrà essere determinata in modo che in ciascuna
regione il gettito sia minore o al massimo uguale alla spesa storica; ovvero quando quel mix
consente di coprire il livello di spesa storica della Regione più ricca (la Lombardia).
La differenza tra spesa storica e gettito determinato con il mix sopra descritto per ciascuna
regione
verrà
coperto
integralmente
con
il
fondo
perequativo
(alimentato
dalla
compartecipazione regionale al gettito IVA) 14 .
FONDO PEREQUATIVO
Obiettivi e principi di funzionamento del fondo perequativo nazionale 15
La determinazione delle spettanze di ciascuna Regione sul fondo perequativo (di tipo verticale)
deve tener conto:
14
Nella scelta del mix ideale tra entrate proprie e compartecipazioni si considera che:.. “Nell’ipotesi che si proceda
con la spaccatura di uno o più dei grandi tributi erariali attuali (per esempio l’IRPEF e/o l’IRPEG) in uno o più
tributi statali e tributi regionali, la soluzione più appropriata è forse quella di escludere le compartecipazioni dalle
fonti di finanziamento delle singole Regioni….. La scelta di finanziare le Regioni più ricche solo con entrate
tributarie proprie si giustifica in vista dell’obiettivo di realizzare, in tutti i casi ove ciò è tecnicamente possibile, il
collegamento politico tra decisioni di spesa e decisioni di prelievo: non ci sono ragioni per mischiare, anche nel
bilancio delle Regioni più ricche, entrate proprie (caratterizzate da autonomia di prelievo) e compartecipazioni (per le
quali non c’è autonomia).”
Inoltre vengono evidenziati alcuni punti derivanti dalla teoria economica “……….il primo è che in un ordinato
sistema di federalismo fiscale non si può pensare che tutte le regioni ricevano quote del fondo perequativo. Il
secondo è che il gettito delle entrate proprie dovrebbe essere il più elevato possibile. Il terzo è che la somma di
entrate proprie e di quote del fondo perequativo deve, nel complesso, distanziarsi il meno possibile dal volume della
spesa storica. Il quarto, infine, che le regole di solidarietà devono applicarsi, in uno schema di perequazione verticale,
solo a favore di un numero limitato di regioni”. Nella proposta vengono considerati parametri che tendono ad
escludere le cinque grandi regioni del centro-nord dall’accesso al fondo perequativo.
15 L’intensità della perequazione deve essere collegata alla tipologia di competenza esclusiva o concorrente: “ In
presenza di poteri e responsabilità esclusive, l’uniformità dei risultati non dovrebbe essere considerata come un
elemento costitutivo del patto sociale e quindi nemmeno un requisito delle regole di solidarietà. Quindi per le materie
assegnate alla competenza legislativa esclusiva, la perequazione a favore delle Regioni più povere potrebbe essere
anche non completa (o parziale), nel senso di non portare al livellamento delle risorse per abitante”.
All’opposto nelle materie riservate alla competenza legislativa concorrente la perequazione deve essere di maggiore
intensità (o pervasiva) poiché “… in essa sono stati rilevati interessi che necessitano di tutela da parte di un livello di
governo superiore al governo regionale”.
25
1. del costo dei livelli essenziali delle prestazioni (lett. m del secondo comma dell’art. 117)
definiti in relazione alle spese in materia di sanità, assistenza e istruzione (in base ai costi
efficienti non storici); nel primo triennio, le quote del fondo perequativo possono essere
assistite da vincolo di destinazione.
2. di indicatori regionali di bisogno propri di ciascuna finalizzazione o anche in base ad
indicatori generali degli squilibri economici e sociali, per le spese rientranti nelle
finalizzazioni di cui al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione16 ;
3. Per le spese diverse dai primi due punti, il riparto avverrà in base ai seguenti specifici
criteri:
a) le Regioni nelle quali il gettito per abitante dei tributi propri supera per più del 20 per
cento la media nazionale dei gettiti regionali per abitante non partecipano alla ripartizione
del fondo perequativo 17 ;
b) il riparto tra le altre Regioni avverrà in relazione all’obiettivo di ridurre di almeno il 90
per cento le differenze interregionali nel gettito delle entrate tributarie regionali per
abitante18 ;
c) nel computo delle quote spettanti alle singole Regioni, si dovrà fare riferimento a
indicatori di capacità fiscale che non considerino il maggiore o minore gettito rispetto ai
16
Le finalizzazioni indicate dal comma 5 dell’art. 119 possono essere classificate in due gruppi e finanziate con due
modalità:
- il primo riguarda la promozione della coesione e solidarietà sociale e l’accesso all’effettivo esercizio dei diritti
della persona. “…Se non si vuole definire come ridondante, la disposizione del comma 5 dell’articolo 119,
implica che le risorse che saranno messe a disposizione per la perequazione non potranno essere interamente
assorbite dalle quote definite in applicazione del comma 3 e della lettera m): una parte di queste risorse deve
rientrare nella applicazione del comma 5 dell’art. 119”.
- Il secondo riguarda la promozione dello sviluppo economico e la rimozione degli squilibri economici e sociali. Il
finanziamento di questo gruppo deve effettuarsi con “… una quarta fonte di entrata degli enti decentrati che si
aggiunge, in via strutturale, a entrate proprie, compartecipazioni e quote del fondo perequativo. Si tratta dei
contributi di scopo (con o senza vincolo di destinazione, con o senza obbligo di cofinanziamento), una fonte di
finanziamento, comunemente individuata nelle applicazioni della teoria del federalismo fiscale, da assegnare
sulla base di formule o di valutazioni basate in prevalenza su una qualche nozione di “bisogno”.
17
Le argomentazioni della fissazione di una soglia per l’accesso alla perequazione sono: “….Non ci sono ragioni
economiche o etiche per estendere le regole della solidarietà alle Regioni con reddito inferiore al reddito della
Regione più ricca ma notevolmente superiore alla media nazionale. Le quote di perequazione dovrebbero essere
garantite solo a quelle Regioni nelle quali la capacità fiscale per abitante è inferiore a qualche livello-soglia, il cui
valore è da definire con espressa scelta politica. Le Regioni con reddito superiore ai valori medi o al valore soglia
che intendono mantenere i livelli di spesa ereditati dalla gestione statale, potranno raccogliere le risorse con aumenti
delle aliquote dei tributi propri. Le Regioni con reddito inferiore accederanno al fondo perequativo”.
18
Le regole di perequazione non devono eliminare ma solo ridurre le conseguenze delle differenze nelle capacità
fiscali per abitante nelle diverse regioni. Il maggiore decentramento richiede un “ragionevole grado di
differenziazione” dell’offerta pubblica sul territorio nazionale. “Non ci sarebbe stata ragione di decentrare se poi la
struttura formale dell’offerta pubblica dovesse ispirarsi a criteri di uniformità di trattamento su tutto il territorio”
26
valori medi o standard nazionali derivante dall’esercizio dell’autonomia tributaria
regionale.
Fondo perequativo per gli Enti locali
Fino alla assegnazione delle funzioni amministrative ai sensi dell’articolo 118 della costituzione,
lo Stato concorre al finanziamento delle attività di Province, Comuni e Città Metropolitane
attraverso un fondo perequativo il cui importo è fissato inizialmente in misura pari alla somma di
tutti i trasferimenti a favore degli enti locali come risultano dal bilancio di previsione dello Stato
per il ……. La legge finanziaria determina l’entità del fondo perequativo per gli anni successivi.
La distribuzione delle risorse del fondo perequativo agli Enti locali, in relazione alla natura dei
compiti svolti dagli enti locali, avviene in base a tre distinti criteri19 :
a) la perequazione delle capacità fiscali (misurata con riferimento al gettito che i tributi
locali genererebbero in applicazione di un ordinamento tributario nazionale di riferimento
uniforme per tutti i Comuni) con peso pari al 20 per cento;
b) i fabbisogni standard connessi alle funzioni svolte (valutati in relazione ad una quota
uniforme
per
abitante
corretta
per
tenere
conto
delle
caratteristiche
territoriali,
demografiche, sociali ed economiche dei diversi enti), con peso pari al 70 per cento;
c) il concorso finanziario alle spese per investimento (commisurato a una valutazione del
gap di infrastrutture nei settori di intervento degli Enti locali, ad esempio, della viabilità,
acquedotti, scuole e fognature ecc), con peso pari al 10 per cento.
La legge regionale può dettare particolari criteri per il riparto delle risorse finanziarie del fondo
perequativo che lo Stato ha complessivamente assegnato agli enti locali stessi (nel territorio
regionale). Può precisare i criteri di determinazione dei fabbisogni standard (lett. b) e i criteri da
utilizzare per il sostegno degli investimenti (lett. c). Non può modificare i pesi indicati e i criteri
per la misurazione della capacità fiscale. In mancanza della legge regionale il riparto avviene
sulla base di legge nazionale.
Il trasferimento delle risorse finanziarie a favore degli enti locali è attuato dagli uffici statali,
anche nel caso che le assegnazioni siano definite sulla base di criteri fissati dal legislatore
regionale.
19
Data la frammentazione delle basi imponibili e l’impossibilità di costruire un buon indicatore della capacità fiscale
a livello comunale, “ ..E’ evidente che il sistema di perequazione degli enti locali non potrà che basarsi sull’utilizzo
prevalente di indicatori di fabbisogno di spesa o di spesa storica standardizzata, con qualche modesto rilievo da
attribuire alla vera e propria perequazione delle capacità fiscali”.
27
La fase transitoria
I criteri di computo delle quote del fondo perequativo nazionale si applicano dopo l’esaurirsi di
una fase di transizione diretta a garantire il passaggio graduale dai trasferimenti finanziari iniziali
basati sulla spesa storica sostenuta dallo Stato nelle singole Regioni ai trasferimenti determinati
in base al costo dei livelli essenziali delle prestazioni o alla perequazione della capacità fiscale.
Ricorso all’indebitamento per spese di investimento
Al fine di garantire che le decisioni dei singoli enti siano compatibili con gli obiettivi finanziari
assegnati a ciascun livello di governo (nell’osservanza del patto di stabilità e crescita), lo Stato e
le Regioni assegnano annualmente plafonds di ricorso al debito rispettivamente alle singole
Regioni o ai singoli enti locali del territorio regionale. Tali plafonds possono essere scambiati
(mediante un mercato dei diritti all’indebitamento) tra i singoli enti per assicurare flessibilità
nelle decisioni relative alle spese in conto capitale e alle spese per infrastrutture nell’ambito
delle compatibilità dei vicoli di bilancio complessivi. Ogni singolo ente deve poter riacquistare la
disponibilità dei plafonds ceduti entro il secondo anno dopo la cessione.
28
SCHEDA 6
Giannola20
Obiettivo generale
Realizzazione di un modello cooperativo in cui l’autonomia degli enti territoriali è rigidamente
subordinata alla salvaguardia dei diritti civili e sociali.
Il principio di sufficienza delle risorse
Il sistema finanziario deve essere costruito in modo tale che ciascun Ente sia posto nelle
condizioni di offrire un livello appropriato di servizi, dove per “livello appropriato” s’intende
quello che scaturisce: a) dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali (art.117 comma 2, lett. m); b) dalla definizione delle funzioni fondamentali
di comuni, province, città metropolitane, regioni. A tal fine si rende necessario:
i) definire un fabbisogno finanziario standard, quello cioè scaturente dall’esercizio, a un livello
normale (o medio), delle funzioni attribuite a ciascun ente territoriale;
ii) adeguare a tale fabbisogno le risorse, ovvero i tributi e le entrate proprie (applicando
l’aliquota standard dei tributi e il livello standard delle tariffe), le compartecipazioni e il fondo
perequativo.
La posizione espressa da Giannola è coerente con l’obiettivo di tutela dei diritti civili e sociali su
tutto il territorio nazionale. Tale obiettivo verrebbe messo in discussione nel caso in cui, come
sostengono autorevoli studiosi della materia, il principio di sufficienza delle risorse fosse riferito
non al singolo Ente, ma al livello aggregato degli enti (Giarda, Gallo). In tal caso le risorse
potrebbero essere sufficienti a salvaguardare il fabbisogno complessivo degli enti, ma la
ripartizione di tali risorse tra i territori non garantirebbe ovunque il rispetto dei diritti di
cittadinanza.
Il modello di perequazione
Si ribadisce la centralità del ruolo dello Stato nell’attuazione di un modello federale che
garantisca condizioni di uguaglianza ai cittadini ovunque risiedano. Le differenziazioni che il
modello federale tende a generare possono essere accettate se si tiene conto delle diverse
situazioni di partenza dei territori. Di qui la necessità di investire risorse nelle politiche di
20
“Federalismo e dualismo. Ieri, oggi, domani”, relazione presentata al Convegno di studi tenutosi il 5 ottobre 2001
dell’Università di Salerno su “Economisti, giuristi, meridionalisti dallo Stato Corporativo all’assemblea costituente.
29
convergenza e di favorire la scelta di un modello verticale di perequazione , in cui lo Stato possa
esercitare un ruolo di indirizzo e controllo, piuttosto che di un modello orizzontale che lascia
troppo spazio ai rapporti contrattuali tra le regioni (“il rischio è quello di legittimare nelle regioni
più forti la pretesa di considerarsi le finanziatrici delle regioni deboli”). In quest’ottica la
perequazione non trova tanto giustificazione in un rapporto “solidale” tra regioni donanti e
regioni beneficiare, quanto piuttosto nella tutela di diritti di cittadinanza costituzionalmente
garantiti.
Il criterio di attribuzione del gettito da compartecipare
Il principio di territorialità delle imposte previsto per le compartecipazioni deve essere costruito
con molta cautela per evitare che la pretesa delle regioni “ricche” di trattenere le risorse raccolte
sul proprio territorio possa incidere sui diritti costituzionali di altre regioni21 . In quest’ottica, la
dimensione
della
compartecipazione
non
dovrebbe
eccedere
quanto
necessario
per
il
soddisfacimento del fabbisogno “standard” definito esogenamente dallo Stato.
Finalità del comma 5
E’ riservato allo Stato il compito di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la
solidarietà sociale tra i territori. Le risorse aggiuntive destinate a tale finalità “sono estranee alla
logica di finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali”. Esse si
aggiungono, ma di certo non sostituiscono, quanto è previsto a salvaguardia dei diritti
fondamentali garantiti dai precedenti commi (tributi ed entrate proprie, compartecipazione e
fondo perequativo).
21
L’esempio illustrato da Giannola mostra che nel caso in cui la regione Lombarda avesse attuato la devolution (il
disegno di legge costituzionale presentato dall’On. Bossi che estende le competenze esclusive delle Regioni in
materia di sanità, istruzione e polizia locale) trattenendo nel proprio bilancio una quota pari al 70% dell’IVA
raccolta sul proprio territorio, il contributo di questa regione al fondo perequativo si sarebbe ridotto al 30%. Dati i
vincoli derivanti dal Patto di stabilità e crescita, lo Stato non potrebbe compensare ogni anno la riduzione del fondo
perequativo e quindi graverebbe sulle Regioni l’onere di comp ensare, con risorse proprie, il deficit. In particolare la
riduzione del contributo perequativo ricadrebbe per il 38% sulla regione Campania, per il 25% sulla regione Puglia e
per il 15% sulla regione Calabria.
30
SCHEDA 7
Commissione tecnica spesa pubblica22
Analisi dei principali tributi e compartecipazioni assegnati ai governi locali e proposte per il
futuro della finanza regionale e locale.
Uno dei punti centrali del dibattito sul federalismo fiscale riguarda l’assegnazione al livello locale
di cespiti fiscali. Tra i criteri alla base di questa assegnazione vi è il rispetto del principio del
beneficio23 , che va ad affiancarsi a quello più generale della capacità contributiva. Più
precisamente, nella scelta dei cespiti da allocare ai diversi livelli di governo, la teoria economica
raccomanda, per il livello di governo superiore, il rispetto del principio di capacità contributiva e
quello ad esso collegato di progressività mentre per il livello di governo inferiore suggerisce
l’applicazione del principio del beneficio.
Nella presente scheda sono posti a confronto i principali tributi locali (Ici, Irap, Irpef e IVA), al
fine evidenziarne alcuni aspetti e di individuare quelli che maggiormente si adattano alla finanza
decentrata.
Imposizione locale (Ici e Irap) e criterio del beneficio
L’Ici sembra rispettare il principio del beneficio, anche se soltanto parzialmente, poiché non
esiste una precisa corrispondenza tra gettito derivante dalla tassazione degli immobili e spese per
il patrimonio immobiliare.
Per l’Irap la corrispondenza tra imposizione locale e criterio del beneficio è del tutto assente.
L’imposta è infatti pagata in prevalenza dalle imprese, ma va a finanziare spese per i cittadini
(principalmente la sanità). Oltre a non rispettare il principio del beneficio, l’imposta rappresenta
un disincentivo per l’occupazione poiché colpisce non solo i profitti netti, ma il costo del lavoro
per intero. Discrimina, inoltre, le piccole imprese rispetto alla grande impresa poiché, oltre a
tassare il reddito da lavoro, colpisce gli interessi che nelle piccole imprese rappresentano una
quota di costo rilevante.
22
Commissione Tecnica Spesa Pubblica, audizione in Commissione Bilancio, 5 novembre 2002.
L’applicazione del principio del beneficio implica che esiste una perfetta corrispondenza tra il contributo che
ciascun cittadino dà alla spesa pubblica attraverso il pagamento delle imposte e i benefici che lo stesso cittadino
riceve in termini di beni e servizi pubblici offerti dalla pubblica amministrazione locale.
23
31
Effetti redistributivi territoriali (Irpef, Irap)
L’attuale sistema di redistribuzione territoriale dei gettiti pro-capite delle due imposte evidenzia
uno squilibrio a favore delle Regioni del Nord (tabella 1). In particolare, il gettito Irpef al Nord è
circa il doppio di quello del Sud sia per le Regioni a Statuto Ordinario che per le Regioni a
Statuto Speciale. Inoltre, il gettito Irap delle Regioni del Nord supera di circa quattro volte quello
del Sud. L’Irap pubblica rappresenta, invece, un correttivo poiché il suo ammontare medio al Sud
tende a superare quello delle Regioni del Nord.
Proposte
1. Aumento della quota compartecipata dell’IVA per le seguenti ragioni: a) la distribuzione del
gettito pro-capite si presenta meno sperequata sul territorio rispetto alla distribuzione del valore
aggiunto prodotto dalle imprese (Irap) e del reddito (Irpef); b) esiste una maggiore
corrispondenza tra gettito e spese finanziate (sanità, trasporti, scuola); c) la possibilità di
spostamento della base imponibile in caso di divergenza delle aliquote territoriali è più limitata.
2. Ridimensionamento dell’Irpef e dell’Irap24 ;
3. A livello comunale: a) riserva totale del gettito sugli immobili ai Comuni (Ici) e individuazione
di una destinazione di scopo del gettito (prevalentemente a copertura delle spese che riguardano
gli immobili); b) assegnazione delle tasse sui veicoli, in particolare quelle connesse alla loro
esistenza e alla occupazione dello spazio anche da fermi (bollo auto); c) assegnazione delle tasse
sull’energia consumate dalle famiglie (elettricità, metano, gasolio da riscaldamento).
24
La legge delega sulla riforma fiscale ha previsto la graduale soppressione dell’Irap. In una prima fase è prevista
l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile e, successivamente, la progressiva cancellazione dell’imposta.
32
Tabella 1 - Stime dei gettiti regionali pro-capite in base a incassi ’99
Irpef unitaria
85,0
Irap privata
unitaria
642,0
Irap pubblica
unitaria
223,4
Piemonte
Lombardia
Veneto
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Marche
Umbria
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
100,3
110,1
95,5
94,1
108,9
92,7
83,1
79,6
89,3
65,3
55,5
48,9
51,1
50,6
43,9
768,9
1.081,9
775,1
493,9
858,2
631,6
566,3
460,8
704,9
408,3
247,0
225,1
228,8
214,7
194,6
206,1
173,4
201,6
249,0
211,0
220,9
229,4
252,5
340,5
215,8
256,6
224,4
205,7
246,0
243,0
975,0
1.255,3
976,7
742,9
1.069,2
852,5
795,7
713,3
1.045,4
624,1
503,6
449,5
434,5
460,7
437,6
1.014,2
1.113,8
966,2
952,4
1.101,4
937,4
841,0
805,5
903,6
660,7
561,6
494,6
517,1
512,1
443,6
Regioni a Statuto speciale
Valle D'Aosta
Friuli
Trentino Alto Adige
Sicilia
Sardegna
64,0
103,5
99,9
101,8
49,8
57,9
349,3
628,4
678,9
782,7
213,5
271,1
268,2
404,7
255,5
362,7
243,6
290,8
617,5
1.033,1
934,4
1.145,4
457,1
561,9
646,9
1.047,0
1.010,7
1.030,0
503,8
586,0
81,7
596,2
203,4
799,6
826,0
Regioni
Regioni a statuto ordianrio
Totale
Irap unitaria Irpef=Irap*
865,4
859,9
* Gettito dell'Irpef nell'ipotesi di pareggiamento su base nazionale del suo ammontare con quello dell'Irap complessiva al
fine di rendere trasparente il confronto tra le due distribuzioni territoriali.
33
SCHEDA 8
Zanardi25
Impatto del decentramento e ipotesi di finanziamento
Zanardi presenta due alternative di finanziamento delle nuove spese devolute alle Regioni in
seguito all’attuazione del Titolo V della Costituzione, nell’ipotesi di approvazione dell’ulteriore
modifica costituzionale derivante dal disegno di legge sulla devolution presentato dall’On.
Bossi26 .
Per l’insieme delle Regioni a Statuto Ordinario il totale delle risorse da devolvere è stimato in
circa 41 miliardi di euro27 (tabella 1).
Tab. 1 - Modalità alternative di finanziamento del progetto di devoluzione Bossi (val. assoluti in milioni di
euro)
Addizionale IRPEF
Aliquota: 10,37%
Compartecipazione IVA
Aliquota 96,5%
Fabbisogni totali
Entrate
Residuo fiscale
Entrate
Piemonte
3.020
4.304
-1.284
3.892
-872
Lombardia
5.942
9.867
-3.925
8.812
-2.870
Veneto
3.122
4.255
-1.133
4.151
-1.029
Liguria
1.362
1.553
-191
1.610
-248
Emilia-Romagna
2.980
4.292
-1.312
3.955
-975
Toscana
3.170
3.277
-107
3.240
-70
Marche
1.222
1.210
12
1.249
-27
Umbria
827
665
162
683
144
Lazio
Totale Centro- Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Basilicata
Residuo fiscale
6.271
4.659
1.612
4.675
1.596
27.916
34.082
-6.166
32.267
-4.351
1.143
831
312
949
194
320
183
137
220
100
5.793
2.837
2.956
3.494
2.299
620
320
300
357
263
Puglia
3.368
2.091
1.277
2.660
708
Calabria
2.101
917
1.184
1.314
787
6.166
8.994
4.351
Totale Mezzogiorno
13.345
7.179
Totale
41.261
41.261
Somma dei residui positivi
41.261
7.952
6.091
25
Zanardi, Riforma fiscale, devoluzione e federalismo, Politica economica, a. XVIII, n.3, dicembre 2002.
Il disegno di legge costituzionale prevede l’attribuzione alla competenza esclusiva regionale della potestà
legislativa in materia di sanità, istruzione e polizia locale.
27
L’esercizio di stima delle risorse da devolvere è tratto da Arachi Zanardi (2001) “La devoluzione nel paese del
dualismo”.
26
34
Le alternative di finanziamento sono le seguenti:
a) utilizzazione dell’IRPEF, con incremento dell’aliquota dell’addizionale dallo 0,9 per cento
attuale al 10,37 per cento;
b) utilizzazione della compartecipazione all’IVA, la cui aliquota passerebbe dall’attuale 38,55%
cento al 96,5%. Si avrebbe pertanto una quasi totale regionalizzazione dell’IVA
La ripartizione, per regioni, dei residui fiscali nelle due alternative è riportata nella tabella 1. Il
Mezzogiorno sarebbe destinatario di 6.166 milioni di euro nell’ipotesi a) e 4.351 milioni di euro
nell’ipotesi b).
L’autonomia differenziata (art. 116 comma 3)28
Ulteriori complicazioni al sistema di finanziamento delle Regioni deriverebbero dall’attivazione
in alcune Regioni dell’autonomia differenziata. Ciò è vero almeno da due punti di vista: a) in
primo luogo è ragionevole supporre che le Regioni che richiedono l’accesso all’autonomia
rafforzata debbano tendere a finanziare le materie soggette a tale disciplina con tributi propri
anziché con compartecipazioni. La stessa materia imponibile potrà quindi essere soggetta a
regimi di tassazione differenti; b) anche il sistema di perequazione dovrebbe essere
differenziato.
La logica, in questo caso, sarebbe di attivare la perequazione con il solo criterio
della capacità fiscale per tutte le materie di competenza esclusiva regionale, facendo valere tale
criterio anche per le Regioni che chiedono di estendere la propria autonomia. Le materie di
competenza concorrente dovrebbero, invece, essere perequate bilanciando il criterio della
capacità fiscale con fattori che tengano conto dei fabbisogni di spesa.
La legge delega sulla riforma fiscale e la riforma del titolo V
La legge delega sulla riforma fiscale, Zanardi pone in evidenza che tale legge pur avendo
formalmente come oggetto il solo sistema erariale delle imposte, ha importanti ricadute sulla
finanza decentrata, specialmente a causa della prevista soppressione dell’Irap, delle cui
conseguenze in termini di riduzione del gettito non si occupa adeguatamente. La cancellazione
28
L’art. 116, comma 3 della Costituzione introduce la possibilità per le Regioni a Statuto Ordinario di accedere a
forme e condizioni ulteriori di autonomia, rispetto a quanto già disposto dall’articolo 117, nelle materie di cui al terzo
comma dello stesso articolo e nelle materie indicate al secondo comma limitatamente all’organizzazione della
giustizia di pace, alle norme generali sull’istruzione e alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali. L’autonomia
differenziata viene autorizzata con legge dello Stato, sentite le Regioni interessate.
35
dell’imposte è graduale, essendo prevista, in una prima fase, l’esclusione del costo del lavoro
dalla base imponibile e, successivamente, la progressiva cancellazione.
Nella prima fase, l’effetto della esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile
comporterebbe una contrazione del gettito Irap di circa 20.000 milioni di euro. Già questa
modifica determinerebbe una forte riduzione del grado di autonomia fiscale disponibile per le
Regioni. In caso di cancellazione totale dell’imposta si genererebbe, inoltre, una perdita di gettito
pari a 29.000 milioni di euro.
In entrambi i casi la legge delega non specifica con quali strumenti bisognerà compensare la
perdita di gettito, chiarisce però che le modalità di compensazione non dovranno essere in
contrasto con l’avvio del federalismo fiscale.
Su questo punto, l’ipotesi che viene portata avanti di sostituire il tributo regionale con una
compartecipazione al gettito dell’Irpeg, solleva una serie di considerazioni: a) sarebbe necessario
devolvere interamente l’Irpeg alle Regioni, essendo i due tributi, quello sostituito e quello di
nuova devoluzione, equivalenti in termini di gettito; b) la base imponibile dell’Irpeg è molto
variabile perché sensibile al ciclo economico; c) infine, la distribuzione del gettito di questa
imposta tra le regioni è alquanto disomogenea. Anche nel caso in cui si volesse distribuire
territorialmente il gettito IRPEG utilizzando un criterio diverso da quello relativo alla
localizzazione della sede legale del soggetto passivo, risulterebbe, comunque, una sperequazione
nella distribuzione del gettito che penalizzerebbe le regioni meridionali.
Alla luce di queste considerazioni e sulla base degli orientamenti che dovrebbero venire
dall’attuazione del Titolo V, potrebbe essere utile riflettere sull’opportunità di sostituire l’Irap,
non con l’Irpeg, ma con un nuovo tributo regionale.
36
SCHEDA 9
NOTA SUL RAPPORTO ISAE SULL’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO29
In questo appunto si fa una breve sintesi del primo Rapporto annuale sull’attuazione del
federalismo presentato dall’ISAE lo scorso 6 febbraio 2003; si allegano due schede di
approfondimento.
1. Considerazioni generali
Il rapporto monografico dell’ISAE affronta alcune tematiche importanti legate al
processo di attuazione del federalismo in Italia, concentrandosi in particolare sulle conseguenze
finanziarie del decentramento in attuazione della riforma del titolo V della Costituzione.
L’ISAE individua nel percorso di decentramento compiuto fin qui una coerenza di fondo e
concorda sull’inevitabilità di una riforma in senso federalista; d’altra parte considera anche un
salto notevole con gli assetti istituzionali precedenti tra i diversi livelli di governo, non solo di
carattere finanziario, portando il Paese “accanto (e forse persino oltre) agli assetti istituzionali
degli Stati a federalismo compiuto”. La numerosità e la consistenza delle competenze devolute
interamente e parzialmente alle regioni dall’attuale titolo V, comporta infatti, a regime, un
spostamento assai ingente delle entrate dallo Stato alle autonomie locali.
L’Istituto inquadra i principali problemi e costruisce stime in grado di fornire elementi
sull’ammontare complessivo dell’impatto finanziario del decentramento e delle grandezze della
perequazione conseguente alla soppressione dei trasferimenti; emergono alcuni risultati a seconda
delle ipotesi alternative considerate.
2. La dimensione finanziaria del decentramento
Secondo le stime elaborate dall’Istituto30 se, in base ai conti pubblici del 2000, si
ipotizzasse
l’integrale attuazione della riforma del titolo V e il decentramento delle “leggi
Bassanini”, a regime la dimensione finanziaria del decentramento fiscale (ovvero l’entità delle
29
A cura di Luca Manieri Elia e Federica Busillo, 26 febbraio 2003.
Le stime sono elaborate con una serie di ipotesi semplificatrici tra le quali: a) al decentramento delle potestà
legislative si accompagna un parallelo trasferimento delle funzioni amministrative; b) si ipotizza di dare piena
attuazione al principio di sussidiarietà quindi si considera il passaggio di funzioni non alle sole amministrazioni
regionali, ma all’insieme delle autonomie locali. Si ipotizzano inoltre percentuali di devoluzione sulle competenze
concorrenti delle Regioni che sono ovviamente tuttora da determinare. Infine in tutte le simulazioni si ipotizza un
“costo zero” della riforma.
30
37
entrate locali che dovranno essere reperite per coprire le nuove funzioni assegnate e sostituire i
trasferimenti dello Stato che finanziano competenze passate alle amministrazioni locali)
raggiungerebbe i 110 miliardi di euro31
portando il rapporto entrate tributarie locali sul totale
della Pubblica Amministrazione a circa il 52 per cento, dall’attuale 21 per cento. Le simulazioni
svolte, che si basano su ipotesi di decentramento della spesa corrente ed in conto capitale 32 ,
fanno emergere profonde differenze finanziarie tra le diverse aree del Paese evidenziando gli
squilibri tra Nord e Sud, sia in termini di distribuzione di spesa pubblica pro capite sia rispetto al
PIL (vedi scheda 1 allegata).
Sebbene il percorso per giungere all’effettiva realizzazione del disegno complessivo in
senso federale della riforma sarà lungo e complesso, si può fin d’ora stabilire che il potenziale del
decentramento, se pienamente realizzato, porterebbe l’Italia su livelli elevati di autonomia vicini
a quelli dei più importanti Stati federali; l’indice di decentramento fiscale33 a regime giungerebbe
ad oltre il 35 per cento (dal 9 per cento del 1999) oltre i livelli europei e vicino ai valori di Stati
Uniti, Svizzera registrati attualmente (vedi tavola successiva)
31
Il dato è al netto delle regolazioni contabili di tributi erariali e delle devoluzioni d’imposta delle le Regioni a
statuto speciale poiché tali valori (circa 17 miliardi di euro nel 2000) figurano già come entrate proprie di questi enti
e pertanto non incidono sulla dimensione finanziaria aggiuntiva del decentramento.
32
Nelle ipotesi ISAE la spesa in conto capitale decentrata è di circa 11 mld. di euro, di cui oltre 10 contributi agli
investimenti; da una verifica diretta riguardo alle spese specifiche per le aree sottoutilizzate, sono stati inclusi gli
incentivi alle imprese (ex L. 488), sono stati esclusi gli altri fondi ex aree depresse e i fondi di rotazione politiche
comunitarie.
33
rapporto di entrate tributarie e contributi sociali degli enti decentrati sul totale delle stesse entrate della PA.
38
TAVOLA A - INDICE DI DECENTRAMENTO FISCALE (1)
1975
1985
1999
a regime (2)
Italia
0,9
2,3
9,4
Belgio (paese federale)
4,7
5,0
28,3
29,8
28,4
31,9
7,6
8,7
10,2
Germania (paese federale)
31,3
30,9
30,0
Regno unito
11,1
10,3
4,1
Spagna
4,3
11,2
17,0
Svezia
29,2
30,4
30,6
Svizzera (paese federale)
43,8
39,5
35,1
Stati Uniti (paese federale)
34,2
32,8
31,1
Canada (paese federale)
42,4
45,3
45,1
Danimarca
Francia
35,0
Giappone
25,6
26,0
26,1
(1) Entate fiscali (tributarie e contributi sociali) degli enti decentrati sul totale delle entrate fiscali PA
(2) Stima ISAE a valori 2000 a costituzione pienamente realizzata (post decentramento)
Fonte: OCSE, Revenue statistic 1965-2000, 2001
L’applicazione del decentramento di così rilevante entità, necessita di un processo di
adeguamento graduale delle capacità gestionali ed organizzative delle amministrazioni locali
per adempiere alle nuove funzioni; di conseguenza anche l’implementazione legislativa della
riforma dovrà essere opportunamente modulata nel tempo.
Rispetto delle modifiche costituzionali e agli effetti delle leggi “Bassanini”, il disegno di
legge “Bossi” mostra un impatto finanziario marginale (quantificato in circa 2 miliardi di euro) in
quanto la sanità e l’istruzione, materie a competenza concorrente, sono nelle ipotesi ISAE già
quasi interamente decentrate.
2. Il fondo perequativo
La perequazione, che dovrebbe essere senza vincoli di destinazione e di tipo verticale con
funzione gerarchica dello Stato (art. 117, c. 2, lett. e), pone problemi di interpretazione e di
quantificazione dei principi enunciati. Il concetto di perequazione nel nuovo titolo V (art. 119, co.
3) cambia rispetto a quello previsto dal vecchio testo costituzionale introducendo il criterio della
“capacità fiscale per abitante” in sostituzione di quello, più generico e più vantaggioso per le
regioni meno sviluppate, della soddisfazione dei fabbisogni individuati dalla spesa storica
39
(“bisogni delle Regioni per …..adempiere alle normali funzioni”). Sono possibili
differenti
quantificazioni e percorsi, più o meno vantaggiosi per le regioni meridionali a seconda della
scelta effettuata di un criterio rispetto ad un altro.
L’ISAE, una volta stabilita la grandezza delle finanziamento autonomo nell’ordine dei
110 miliardi di euro (o alternativamente 126 miliardi con le devoluzioni e regolazioni delle
Regioni a Statuto Speciale), effettua alcune simulazioni con scenari alternativi (a seconda delle
imposte da compartecipare) per verificare l’entità della perequazione tra le Regioni; a seconda
della scelta tra il criterio della spesa storica e quello della capacità fiscale sarebbe necessario un
fondo perequativo dell’ammontare che oscilla tra i
27 e i 16 miliardi di euro, per le
compensazioni interregionali (vedi scheda 2). L’entità di queste somme (ovviamente più
contenute se si utilizza il principio della capacità fiscale), mettono in evidenzia la portata della
redistribuzione delle risorse tra Nord e Sud; nella maggior parte delle simulazioni le regioni del
Centro-Nord risultano contribuenti nette a beneficio delle regioni del Sud, sollevando
preoccupazioni sulla possibilità di un’ordinata implementazione della riforma.
L’entità dei flussi delle compensazioni interregionali risultante dalle diverse simulazioni
appare all’Istituto preoccupante sotto il profilo dell’accettabilità politica del trasferimento di
ricchezza da parte delle Regioni più ricche, nella logica di un modello di federalismo
cooperativo; nondimeno la consistenza elevata del flusso perequativo non è altro che la
rappresentazione della situazione attuale del livello di redistribuzione della ricchezza che avviene
attraverso i trasferimenti dal bilancio dello Stato verso quello degli enti territoriali.
In relazione ai criteri di accesso al fondo perequativo inoltre l’ISAE osserva che:
•
per i primi anni vanno garantite alle Autonomie locali, in via transitoria, i livelli di spesa
raggiunti negli ultimi anni;
•
devono essere definiti con precisione i livelli essenziali riferiti alle prestazioni della
Pubblica Amministrazione (art.117, co. 2, lett. m), per poter assegnare le risorse
perequative secondo tali criteri;
•
è auspicabile l’introduzione di criteri di condizionalità e premialità per l’utilizzo del
finanziamento perequativo allo scopo di sviluppare comportamenti virtuosi degli enti
locali sul fronte della gestione dei propri bilanci;
•
la perequazione appare indicata per le materie a competenza concorrente mentre per
quelle esclusive potrebbe essere auspicabile il ricorso solo per alcune Regioni.
40
3. I costi aggiuntivi che possono derivare dal trasferimento di competenze
Le quantificazioni elaborate ipotizzano che il trasferimento delle competenze avvenga a
“costo zero” ma lo stesso ISAE ammette che l’attuazione della riforma comporta oneri aggiuntivi
sui
bilanci
dello
Stato
e
delle
Autonomie
locali,
anche
in
relazione
all’esperienza
dell’applicazione delle “leggi Bassanini “ che non sono state realizzate a parità di costi; i motivi
della formazione di maggiori costi aggiuntivi del decentramento di funzioni soprattutto inerenti al
personale, sono da individuare principalmente:
-
nel forte rischio di sovrapposizione di funzioni tra Stato e Autonomie locali, soprattutto
nelle materie di legislazione concorrente;
-
nella necessità di riconversione e adeguamento delle professionalità verso maggiore
specializzazione territoriale che comporta costi di formazione o aumento di organici;
-
nelle
progressioni
retributive
più
dinamiche
e
livelli
retributivi
più
alti
delle
amministrazioni regionali rispetto a quelle statali;
-
nelle difficoltà e nei costi della riallocazione del personale notoriamente avverso alla
mobilità territoriale;
-
nella riduzione delle economie di scala presenti nella gestione centralizzata e la
moltiplicazione per ciascuna regione di uffici con la stessa funzione (si pensi alla gestione
degli incentivi alle imprese, agli acquisti centralizzati per la PA, ecc.);
-
infine nella possibilità di una maggiore propensione delle gestioni locali a soddisfare la
domanda di maggiori servizi in seguito all’avvicinamento della gestione agli elettori.
41
Segue SCHEDA 9
Rapporto ISAE - La dimensione finanziaria del decentramento fiscale
Obiettivo:
la
quantificazione
della
dimensione
dei
mezzi
finanziari
da
trasferire
alle
amministrazioni regionali e locali.
Fonte dei dati utilizzati per la stima: serie territoriali delle spese sostenute dallo Stato e da altri
enti dell’amministrazione centrale elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato34 .
Anni di riferimento della stima: la dimensione finanziaria del decentramento viene stimata con
dati all’anno 2000 (anno per il quale si dispone dei dati aggiornati della RGS). E’ stata, inoltre,
effettuata una proiezione degli stessi dati all’anno 2001. Quest’ultima tiene conto degli effetti
prodotti
sulla
finanza
regionale
dal
d.lgs
56/00,
in
particolare
dall’introduzione
della
compartecipazione regionale all’IVA.
Ipotesi di lavoro: le principali riguardano: a) al decentramento delle potestà legislative si
accompagna un parallelo trasferimento delle funzioni amministrative; b) si ipotizza di dare piena
attuazione al principio di sussidiarietà quindi si considera il passaggio di funzioni non alle sole
amministrazioni regionali, ma all’insieme delle autonomie locali; c) per la maggior parte delle
materie di competenza concorrente si ipotizza una percentuale di decentramento degli oneri
finanziari attualmente sostenuti dallo Stato, per lo svolgimento delle funzioni amministrative, pari
al 90 per cento35 ; d) il decentramento avviene a costo zero.
Principali risultati
Con riferimento all’anno 2000, la “dimensione finanziaria complessiva del decentramento” è
stata stimata in circa 110 miliardi di euro, di cui 96 sono riferiti alle Regioni a Statuto
Ordinario e 14 alle Regioni a statuto speciale 36 . Si tratta dell’aumento netto delle risorse
34
Come criterio per l’attribuzione territoriale si sceglie quello del luogo di destinazione effettiva della spesa.
Le uniche eccezioni riguardano: il commercio con l’estero (20%); i rapporti internazionali e con l’Unione Europea
(5%); la valorizzazione dei beni culturali e ambientali (70%).
36
Per le Regioni a Statuto Speciale il dato è al netto delle regolazioni contabili di tributi erariali (alla Sicilia e alla
Sardegna) e delle devoluzioni d’imposta alle altre Regioni Statuto Speciale, poiché tali valori figurano già come
35
42
autonome che consente alle Regioni e alle amministrazioni locali di finanziare le spese per le
competenze aggiuntive derivanti dalla devoluzione e la quota delle vecchie spese già finanziata
con trasferimenti statali. In particolare, la spesa aggiuntiva per servizi e prestazioni finali del
complesso delle autonomie locali (Regioni, Comuni, Province, Asl, Università, etc) è pari
all’incirca a 50 miliardi di euro.
L’impatto del decentramento può essere osservato considerando il conto economico della
pubblica amministrazione locale elaborato dall’Istat sulla base dei dati di contabilità nazionale,
nella situazione ante e post decentramento.
Il prospetto è ricavato aggiungendo le spese per
nuove competenze (49.844 milioni di euro) e rimodulando, in funzione di esse, il valore
complessivo delle entrate e la composizione tra trasferimenti ed entrate proprie (cfr. tab 1).
Tab.1 – Conto economico della Pubblica Amministrazione locale* nella situazione ante e post decentramento anno 2000 (valori in miliardi di euro)
Ante decentramento
Nuove spese
Nuove entrate Post decentramento **
Spese correnti
Spese in c/capitale
Totale spese
138
29
167
44
6
50
182
34
216
Entrate correnti, di cui:
Imposte dirette e indirette (comprese
compartecipazioni)
Trasferimenti da amministrazioni
pubbliche***
152
57
209
72
110
182
56
-53
2
14
-7
7
166
50
216
14
59
13
0
28
59
Entrate in c/capitale***
Totale entrate
Risparmio lordo
Accreditamento
Fonte: Istat
*I dati si riferiscono alle Regioni a Statuto Ordinario e a quelle a Statuto Speciale.
** I valori post decentramento sono ottenuti considerando una spesa aggiuntiva pari a circa 49.844 milioni di euro da coprire
con entrate aggiuntive (nuovi tributi locali e compartecipazioni al gettito di tributi erariali pari a 110.327 milioni di euro).
*** Dalle voci trasferimenti da amministrazioni pubbliche e entrate in c/capitale sono sottratti i trasferimenti che a seguito del
decentramento devono essere sostituite da entrate tributarie autonome.
entrate proprie di questi enti e pertanto non incidono sulla dimensione finanziaria del decentramento. Se si
abbandona, invece, l’ipotesi di considerare le devoluzioni e regolazioni d’imposta nella titolarità delle RSS, la
dimensione finanziaria del decentramento viene misurata in circa 126 miliardi di euro.
43
Per l’anno 2001, l’ISAE effettua una stima partendo dai dati sulla spesa regionalizzata relativi
all’anno 2000 e applicando a tali dati i tassi di variazione 2001/2000 delle spese del bilancio dello
Stato. I risultati che si ottengono sono lievemente inferiori rispetto a quelli ottenuti per il 2000,
poiché nel 2001 sono entrati in vigore la compartecipazione IVA e il fondo perequativo (d.lgs
56/2000), per un ammontare di 25 miliardi di euro. Il decentramento risulterebbe pari
complessivamente a 102 miliardi di euro di cui 88 vanno riferiti alle Regioni a Statuto Ordinario
e 14 a quelle a Statuto Speciale.
I dati sulla distribuzione regionale della spesa da decentrare per le Regioni a Statuto Ordinario
(cfr. tab.2) sono sufficientemente esplicativi del fatto che il Mezzogiorno, che presenta valori di
spesa pro-capite più elevati, avrà bisogno di un flusso di risorse addizionali maggiore di quello
medio per finanziare standard di servizio che siano rispondenti ai bisogni della collettività. Sarà
quindi necessario integrare adeguatamente la capacità fiscale di questa area territoriale, tenendo
conto anche del fatto che i differenziali di spesa non deriveranno soltanto da inefficienze, ma
piuttosto da fattori di tipo strutturale (maggiori tassi di scolarità, interventi a favore dello
sviluppo, interventi di carattere assistenziale).
Considerando le stime relative all’anno 2000, la spesa da decentrare a carico delle Regioni a
statuto ordinario del Mezzogiorno è pari a 35 miliardi di euro a fronte dei 61 miliardi del CentroNord37 .
In termini di valore pro-capite il dato è ancora più interessante: si tratta di finanziare nel
Mezzogiorno 2500 euro per abitante contro i 1760 nel Centro Nord. Per tutte le Regioni del Sud
la spesa pro-capite si colloca abbondantemente sopra il valore medio pro-capite nazionale (circa
2000 euro): i valori più elevati si riscontrano in Basilicata e Calabria (2800 euro) e in Molise e
Campania (2600 euro). Lombardia, Piemonte e Veneto mostrano, invece, i valori pro-capite più
bassi (tra i 1500 e i 1600 euro).
E’ interessante anche evidenziare la distribuzione della spesa regionale in rapporto al PIL,
aggregato che può essere considerato una buona proxy della capacità fiscale locale. Fra le
Regioni a Statuto Ordinario, quelle del Centro-Nord mostrano valori di spesa in percentuale del
PIL sensibilmente inferiori a quelli che si registrano nel Mezzogiorno (la spesa da finanziare
rappresenta il 18,4% del PIL del Mezzogiorno e il 7,4% del PIL dell’Italia centro-settentrionale).
37
Si considera la spesa sostenuta dal complesso delle autonomie locali operanti sul territorio regionale nell’ipotesi
che il trasferimento di funzioni avvenga dal livello statale al livello locale, senza specificazione di quale livello sia
effettivamente interessato dal decentramento.
44
Tab. 2 – Dimensione finanziaria del decentramento - Distribuzione regionale della spesa da decentrare per le
Regioni a Statuto Ordinario (anno 2000).
Regioni
valori assoluti
(milioni di euro)
valori pro capite
in percentuale del
PIL
Piemonte
Lombardia
Veneto
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Marche
Umbria
Lazio
Centro-Nord
6.702
13.847
7.157
3.556
6.708
6.630
2.691
2.020
11.521
60.832
1.583
1.523
1.581
2.190
1.679
1.872
1.837
2.411
2.181
1.755
6,6
5,8
6,7
10,2
6,5
8,3
9,0
12,3
9,9
7,4
Abruzzo
Molise
Campania
Basilicata
Puglia
Calabria
Mezzogiorno
3.022
845
14.837
1.710
9.122
5.726
35.262
2.361
2.579
2.566
2.824
2.233
2.797
2.496
14,0
16,5
19,6
19,6
16,6
22,5
18,4
Sub-totale Regioni a statuto
ordinario
96.094
1.970
9,5
Sub-totale Regioni a Statuto
Speciale
14.222
Totale Regioni
110.316
La distribuzione funzionale pro capite della spesa da decentrare evidenzia il peso che andranno ad
assumere nel Mezzogiorno funzioni come istruzione e sanità (cfr. tab 3).
45
Tab.3 – Dimensione finanziaria del decentramento - Distribuzione funzionale della spesa da decentrare per
macroarea per le Regioni a Statuto Ordinario – anno 2000 (valori assoluti in milioni di euro – valori pro
capite)
Mezzogiorno
Centro Nord
Servizi generali di amministrazione pubblica
Difesa
Ordine Pubblico e sicurezza
Affari economici
Protezione ambiente
Assetto del territorio
Sanità
Attività ricreative, culturali e di culto
Istruzione
Protezione sociale
6.742
0
63
2.408
575
493
10.904
432
13231
398
Valori pro
capite
447
1
4
170
41
35
772
31
937
28
Totale spesa
35.262
2.496
Valori assoluti
8.550
41
141
4.795
1.024
1.214
19.320
1.151
24.178
419
Valori pro
capite
247
1
4
138
30
35
557
33
698
12
60.832
1.755
Valori assoluti
Infine, la distribuzione per voce economica della spesa da decentrare (tab. 4) mostra la
consistenza delle spese per il personale e dei trasferimenti alle amministrazioni locali
(prevalentemente contributi alla sanità), che dovranno essere sostituti interamente con tributi
propri, compartecipazioni e flussi perequativi.
La distribuzione per voce-economica della spesa da decentrare (tab. 4) evidenzia anche l’impatto
del decentramento sulla spesa in c/capitale necessaria a sostenere le nuove competenze attribuite
ai governi sub-nazionali. Per le Regioni a Statuto Ordinario, la spesa in c/capitale per competenze
aggiuntive risulta pari a 11,404 milioni di euro che, nei bilanci delle amministrazioni regionali e
locali dovrebbe essere compensata con l’incremento dei tributi propri e delle compartecipazioni o
con le quote del fondo perequativo. In termini di valori pro capite, nel Mezzogiorno sarà
necessario finanziare una spesa per abitante pari a 294 euro a fronte dei 210 euro del CentroNord.
Si segnala che i dati sulla spesa in c/capitale includono solo una parte delle risorse per le aree
sottoutilizzate e le risorse ammesse al cofinanziamento comunitario (quelle relative agli incentivi
alle imprese, in particolare quelli della L. 488/’92); gli altri fondi rimangono sul bilancio dello
Stato (secondo quanto previsto dal 5° comma art.119).
46
Tab. 4 - Dimensione finanziaria del decentramento - Distribuzione per voce economica della spesa da
decentrare per macroarea per le Regioni a Statuto Ordinario – anno 2000.
Voce economica
Redditi da lavoro dipendente
Consumi intermedi
Imposte pagate sulla produzione
Trasf. Correnti ad Amministrazioni
locali*
Trasf. Correnti a famiglie e istituzioni
sociali private
Trasf.correnti ad imprese
Altre uscite correnti
Totale spese correnti
Investimenti fissi lordi e acquisto
terreni
Contributi a investimenti ad
Amministrazioni locali*
Contributi agli investimenti a privati
Altri trasferimenti in c/capitale
Acquisizioni di attività finanziarie
Totale spesa in conto capitale
Totale spesa
Mezzogiorno
Valori
Valori pro
assoluti
capite
Centro-Nord
Valori
Valori pro
assoluti
capite
Valori
assoluti
Italia
Valori pro
capite
11.536
816
19.603
567
31.139
639
517
364
37
26
1.096
742,0
32
21
1.613
1.106
33
23
17.645
1.249
29.826
863
47.471
975
247
716
85
17
51
6
765
1.404
150
22
41
4
1.012
2.120
235
21
44
5
31.110
2.202
53.586
1.550
84.696
1.739
357
25
658
19
1.015
21
2.353
1.444
4
0
167
102
0
0
4.123
2.464
1
0
119
71
0
0
6.476
3.908
5
0
133
80
0
0
4.158
294
7.246
210
11.404
35.268
2.496
60.832
1.755
96.100
234
0
1.973
* Il dato comprende i trasferimenti a Regioni, Comuni e Province, Enti produttori di servizi sanitari, Enti produttori
di servizi economici, assistenziali e culturali, Enti di previdenza.
47
Segue SCHEDA 9
Rapporto ISAE - Finanziamento delle competenze e meccanismi di perequazione
Obiettivo: individuazione dell’entità complessiva delle risorse da devolvere, scelta dei criteri da
adottare per la perequazione e stima della dimensione della perequazione per ciascuna Regione.
Dati di base per la simulazione : si considera per l’anno 2000 un aumento netto di risorse
autonome necessario a finanziare la spesa da decentrare di circa 110 milioni di euro (al netto della
quota già finanziata con regolazioni e devoluzioni d’imposta alle Regioni a Statuto Speciale). Se
si abbandona, invece, l’ipotesi di considerare le devoluzioni e regolazioni d’imposta nella
titolarità delle RSS, la dimensione finanziaria del decentramento viene misurata in circa 126
miliardi di euro (cfr. scheda 1).
Ipotesi di lavoro: l’entità complessiva delle risorse da perequare alle autonomie locali è stimata
nelle due ipotesi di lavoro: a) completo finanziamento della spesa storica38 ; b) applicazione del
criterio della capacità fiscale.
Principali risultati
La riflessione sulle alternative di finanziamento e dunque di perequazione della spesa da
decentrare parte dall’esame delle imposte che si prestano maggiormente a essere devolute ai
governi locali. In generale, sono decentrabili quelle imposte che mostrano una distribuzione più
uniforme del gettito sul territorio, che presentano problemi di esportabilità del gettito limitati e
che rispondono al criterio del beneficio. Le imposte sui consumi e l’IVA regionalizzata in base ai
consumi regionali, sono quelle che si avvicinano maggiormente a questi criteri39 .
38
Questo stesso criterio è già stato adottato nel decreto legislativo 56/2000, attualmente in vigore. E’ ragionevole
supporre che anche nell’attuazione dell’impianto finanziario definito dal 119 sia mantenuto il finanziamento della
spesa storica almeno nei primi anni, al fine di evitare eccessivi shock sul lato dell’offerta.
39
Tra le imposte sui consumi quelle considerate potenzialmente decentrabili sono: l’accisa sugli oli minerali e
l’imposta di consumo sugli oli lubrificanti e sui bitumi di petrolio; l’accisa sul gas metano per combustione; l’accisa
sui gas petroliferi liquefatti; l’imposta erariale di consumo dell’energia elettrica; l’accisa sugli spiriti; l’accisa sulla
birra; l’imposta sul consumo dei tabacchi; l’imposta unica sui giuochi di abilità e pronostici; lotto, lotterie e altre
attività di giuoco.
48
Sono state effettuate simulazioni su diverse alternative di finanziamento. Nei casi esaminati
l’ammontare del fondo perequativo varia dai 16 miliardi di euro ai 27 miliardi di euro.
Il caso qui considerato (tab. 5) mostra una distribuzione dei residui fiscali non eccessivamente
variabile tra le regioni. La soluzione di finanziamento prevede la devoluzione delle seguenti
imposte:
− imposte indirette: Spiriti, Birra, GPL, Energia elettrica, tabacchi, lotto e lotterie, giochi di
abilità e pronostici;
− compartecipazioni: il 90% del gettito IVA e il 27 % del gettito IRPEF.
Si prevede, inoltre, l’azzeramento delle devoluzioni e regolazioni d’imposta alle Regioni a
Statuto Speciale che, in questo modo, sono finanziate con lo stesso sistema di tributi propri e
compartecipazioni proposto per le Regioni a Statuto Ordinario.
La distribuzione dei residui fiscali da coprire attraverso il fondo perequativo viene presentata
nelle due ipotesi di lavoro considerate: a) finanziamento della spesa storica; b) applicazione del
criterio della capacità fiscale. Quest’ultima ipotesi è stata, a sua volta, analizzata nei due sottocasi: b1) riduzione del 90 per cento dei differenziali di capacità fiscale; b2) azzeramento dei
differenziali di capacità fiscale.
Nell’ipotesi di finanziamento della spesa storica, l’ammontare complessivo del fondo
perequativo si attesta attorno ai 27 miliardi di euro. Il Centro-Nord contribuisce ad alimentare il
fondo di solidarietà per circa 23 miliardi di euro, la Lombardia per circa 10 miliardi. Il
Mezzogiorno riceve dalle Regioni in surplus circa 23 miliardi di euro. Risultano, tuttavia,
destinatarie di fondi per circa 4 miliardi di euro anche le Regioni a Statuto Speciale del Nord, che
figurano tra le aree più sviluppate del Paese.
Nell’ipotesi di applicazione del criterio della capacità fiscale 40 l’ammontare del fondo
perequativo si riduce a 16 miliardi di euro se si considera un livellamento delle capacità fiscali al
40
Si fa riferimento in questo caso al modello canadese di perequazione delle capacità fiscali. In base a questo
modello i differenziali di perequazione (positivi o negativi) da assegnare a ciascuna regione, per ciascun tributo, si
ottengono come differenza tra il gettito teorico regionale (dato dal prodotto tra la base imponibile pro capite standard,
cioè dalla media delle basi imponibili delle regioni il cui reddito pro-capite è più vicino alla media nazionale, e
49
90% e a 18 miliardi di euro se si preferisce, invece, il completo azzeramento dei differenziali di
capacità fiscale tra le regioni. In entrambi i casi, tutte le regioni del Nord (eccetto l’Umbria),
comprese le Regioni a Statuto Speciale, diventano contribuenti netti mentre tutte le Regioni del
Sud risultano beneficiarie.
l’aliquota media nazionale) e il gettito pro capite medio regionale (dato dal prodotto tra la base imponibile pro capite
effettiva e l’aliquota media nazionale). Questo sistema di calcolo tende a premiare lo sforzo fiscale delle regioni
riceventi. Infatti, a parità di base imponibile, ad aliquote più elevate corrispondono aliquote standard più alte e
dunque trasferimenti maggiori per le regioni povere.
50
Tab.5 – Ipotesi di finanziamento della spesa da decentrare –anno 2000 (valori in milioni di euro)
Piemonte
Lombardia
Imposte
indirette
Spesa attribuite alle
decentrata*
Regioni
6.702
2620
13.847
5922
Veneto
7.157
2786
Liguria
3.556
Emilia Romagna
Differenziale da
finanziare
4.082
Perequazione
Perequazione
Perequazione
secondo il criterio secondo il criterio secondo il criterio
della spesa storica
della capacità
della capacità
Compartecipazioni
(a) fiscale (90%) (b1) fiscale (100%) (b2)
8050
-3.968
-2.016
-2.240
Differenziale
capacità 90% spesa storica
Differenziale
capacità fiscale
100% - spesa
storica
1.952
1.728
7.925
18365
-10.440
-6.294
-6.994
4.146
3.446
4.371
8447
-4.076
-1.571
-1746
2.505
2.330
1111
2.445
2935
-490
-323
6.708
3059
3.649
8159
-4.510
-2.809
Toscana
6.630
2306
4.324
6380
-2.056
Marche
2.691
1003
1.688
2418
Umbria
2.020
527
1.493
1284
Lazio
11.521
3468
8.053
9158
Centro-Nord
60.832
22802
3.022
767
845
Campania
14.837
Basilicata
Puglia
Calabria
Abruzzo
38.030
65196
167
132
-3.120
-358
1.701
1.390
-843
-936
1.213
1.120
-730
-95
-105
635
625
209
38
43
-171
-166
-1.105
-1.569
-1.743
-464
-638
-27.166
-15.482
-17.199
11.684
9.967
559
507
-52
3
2.255
1696
156
689
389
300
231
2752
12.085
6265
5.820
4.904
1.710
269
1.441
620
821
548
9.122
1968
7.154
4596
2.558
3.294
5.726
884
4.842
2177
2.665
1.926
Mezzogiorno
35.262
6796
28.466
15743
12.723
Totale RSO
Valle d'Aosta
96.094
733
29.598
104
66.496
629
80939
272
5485
531
4.954
1924
3180
690
2.490
2166
324
-300
-333
-624
-657
15910
2670
13.240
5619
7.621
4.274
4.746
-3.347
-2.875
5.191
959
-2.248
-2.152
4.521
-10.371
-9.922
Molise
Trentino Alto Adige
Friuli Venezia Giulia
Sicilia
Sardegna
5498
307
30.806
4302
126.900
33.900
93.000
Centro Nord
70.230
24.127
Mezzogiorno
56.670
9.773
Totale RSS
Totale Regioni
2080
562
257
-69
-43
5.452
-916
-368
609
-273
-212
3.657
736
1.099
2.141
-739
-524
11.410
12.678
-1.313
-45
-14.443
-4.072
-4.521
10.371
9.922
357
-149
-166
-506
-523
3.030
-616
-685
-3.646
-3.715
3.111
863
14.443
4.072
93.000
0
0
0
0
0
46.103
69.558
-23.455
-16.547
-18.383
6.908
5.072
46.897
23.442
23.455
16.547
18.383
-6.908
-5.072
27.375
16.585
-10.790
-8.949
26.504
Perequazione complessiva**
12061
18.426
*La spesa è al lordo delle devoluzioni e regolazioni d'imposta alle Regioni a Statuto Speciale.
51
** L'importo complessivo della perequazione è ottenuto come somma dei residui positivi
52
APPENDICE
Si riporta di seguito una nota di commento al disegno di legge di riforma dell’articolo 117 della
Costituzione, recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri (Appendice I)
e due schede di sintesi che analizzano alcuni aspetti del federalismo fiscale
nel confronto internazionale (Appendice II).
53
APPENDICE I
54
Alcune considerazioni sullo Schema di disegno di legge costituzionale di modifica al
titolo V art. 117 della Costituzione41 .
Di seguito si fa una primo breve confronto tra le materie assegnate dalla proposta di riforma
dell’art. 117 con quelle già riformate con la legge costituzionale n. 3 del 2001.
Le proposte di modifica riguardano l’abolizione delle materie a competenza concorrente
(che ha generato conflitti di attribuzione di competenza) e la conseguente riattribuzione delle
materie tra Stato e Regioni secondo un criterio di adeguatezza e proporzionalità; la ripartizione è
stata effettuata considerando la dimensione nazionale di alcune materie (produzione e distribuzione
energia, grandi reti di trasporto, ordinamento della comunicazione ecc.), ricomprendendo alcune
materie dimenticate (opere pubbliche, procedimento amministrativo, industria ecc.), ricorrendo alla
legislazione ripartita quando la separazione di alcune materie ha richiesto l’attribuzione allo Stato
della parte ordinamentale e alle Regioni la parte territoriale (istruzione, beni culturali ecc.). In realtà
il problema della sovrapposizione delle competenze viene risolto in molti casi, in particolare nei
temi rilevanti per lo sviluppo (produzione, commercio, beni culturali, paesaggio, agricoltura,
turismo ecc.), dividendo la stessa materia tra “norme generali” attribuite allo Stato, e “norme di
interesse regionale o locale” attribuite alle Regioni
La prima impressione dal confronto tra le materie ripartite tra Stato e Regioni è che le
modifiche avvantaggiano in prevalenza lo Stato. A parte la clausola che impone alle Regioni il
rispetto dell’interesse nazionale nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva, che lascerebbe allo
Stato l’ultima parola rispetto all’esercizio dei poteri delle autonomie (che peraltro solleverà
probabilmente materia di contenzioso), le materie che passano in capo allo Stato sono numerose e
maggiori di quelle che vengono devolute alle Regioni (vedi confronto in allegato).
In particolare le materie nuove per lo Stato (ovvero che prima non erano menzionate tra le
competenze esclusive statali o concorrenti) e che per definizione, nel vigente titolo V,
sono di
competenza delle Regioni, che diverrebbero di competenza statale esclusiva, sarebbero (di cui
almeno le prime 5 a preminente interesse delle politiche di sviluppo):
-
opere pubbliche statali
-
norme generali sulle attività produttive
-
organizzazioni comuni dei mercati agricoli
-
norme generali concernenti la tutela del paesaggio
-
emittenza
nazionale
e
ultraregionale;
pluralismo
dell’informazione,
editoria
e
relativi
interventi statali di sostegno;
41
Bozza approvata in Consiglio dei Ministri l’11-4-2003
55
-
norme generali concernenti le attività di spettacolo
-
pesca in acque marine
-
scorte e stoccaggi strategici
-
sicurezza della circolazione e della navigazione
-
ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale
-
norme generali sul procedimento amministrativo
-
censimenti generali
-
giustizia contabile
Per quanto riguarda le materie che nel vigente titolo V sono di competenza concorrente e
che diverrebbero di competenza esclusiva dello Stato sarebbero (di cui almeno le prime 6 a
preminente interesse delle politiche di sviluppo):
-
grandi reti di trasporto e di navigazione
-
porti e aeroporti di rilievo nazionale o internazionale
-
produzione, trasporto
-
distribuzione nazionali dell’energia
-
norme generali sul commercio con l’estero
-
valorizzazione dei beni e attività culturali di interesse nazionale
-
calamità naturali ed emergenze nazionali ( ex protezione civile)
-
tutela e sicurezza del lavoro
-
norme generali sulla tutela della salute
-
norme generali sull’ordinamento sportivo
-
ordinamento della comunicazione
-
norme generali sull’alimentazione
Infine le materie che passerebbero alla competenza esclusiva regionale dall’attuale
competenza concorrente sarebbero (di cui almeno le prime 3 a preminente interesse delle politiche
di sviluppo):
-
ricerca scientifica e innovazione tecnologica a sostegno delle attività produttive di interesse
regionale e locale ;
-
valorizzazione
(del
paesaggio),
dei
beni
culturali
e
ambientali;
e
promozione
e
organizzazione di spettacoli e manifestazioni culturali e sportive, di attività culturali e di
spettacolo, di rilevanza regionale e locale
-
governo del territorio ;
56
-
assistenza e organizzazione sanitaria
-
organizzazione
scolastica,
gestione
degli
istituti
scolastici
e
di
formazione,
salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche (concorrente riformulata);
-
definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della
Regione (concorrente riformulata);
Alcune riflessioni sulle implicazioni finanziarie
Nella bozza di riforma, non vengono risolte le problematiche riguardo alle modalità e
meccanismi di finanziamento delle materie devolute che sono presenti nella costituzione vigente
(scelta dei tributi, meccanismi di perequazione, divisione degli oneri); in tal senso si perde una
preziosa occasione per determinare con maggiore chiarezza i principi generali per il
finanziamento del sistema di federalismo fiscale, che è il nodo fondamentale per l’operatività
della riforma.
L’entità finanziaria complessiva della devoluzione delle competenze alle Regioni potrebbe
probabilmente ridursi leggermente rispetto a quella incorporata nell’attuale formulazione della
Costituzione
una
volta
attuato
il
trasferimento
di
funzioni
(secondo
l’Isae
la
stima
ammonterebbe a circa 110 mld. euro comprese le quote finanziate con trasferimenti statali)
poiché molte materie ritornano di competenza statale.
Per molte materie rimane inoltre il problema di chi gestisce e chi paga, non c’è il legame con
la provenienza territoriale del finanziamento; si pensi alle competenze ripartite: lo Stato finanzia
la tutela dei beni culturali, le Regioni li valorizzano e li promuovono lucrando i rientri
finanziari; nelle opere pubbliche non sono previste quelle regionali (a meno di non
ricomprenderle nel “governo del territorio” o tra le “materie residuali”) con il rischio di
moltiplicare le difficoltà di individuazione dei confini delle competenze di finanziamento tra
centro e periferia. Inoltre la competenza esclusiva regionale del “governo del territorio”
potrebbe in teoria portare a difficoltose procedure concertative dello Stato (con l’utilizzo della
clausola dell’interesse nazionale) con gli enti territoriali nella politica di intervento territoriale.
Dal punto di vista della coerenza generale del sistema della ripartizione delle competenze
appare positiva l’attribuzione allo Stato delle “norme generali concernenti l’armonizzazione dei
bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” che
attualmente sono di competenza concorrente; ciò restituisce unitarietà ed omogeneità di governo
dei conti pubblici evitando il rischio di percorsi decentrati incompatibili con un ordinato sistema
finanziario nazionale.
57
Infine è considerata positivamente l’introduzione di un periodo di transizione tra la
normativa
vigente
e
l’entrata
in
vigore
delle
leggi
statali
e
regionali
conseguenti
all’introduzione della nuova riforma
58
CONFRONTO CON LE MATERIE DELLA DELL’ART. 117 VIGENTE
(nel corsivo tra parentesi è riportato il collocamento della materia a Costituzione vigente)
Materie in cui lo STATO esercita la potestà legislativa esclusiva:
a)
politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione
europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti
all’Unione europea,
b)
immigrazione ;
c)
rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d)
difesa e forze armate; sicurezza (interna e internazionale) della Repubblica (dello Stato),
armi, munizioni ed esplosivi;
protezione dei confini nazionali (riallocato);
e)
dogane e profilassi internazionale;
norme generali sul commercio con l’estero (concorrente);
f)
politica monetaria, moneta, attività finanziarie e assicurative, tutela del risparmio, del
credito e dei mercati; (attualmente: moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
tutela della concorrenza)
sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse
finanziarie;
norme generali sulle attività produttive (nuove);
g)
giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa e
contabile (nuova);
h)
organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento
europeo;
cittadinanza, stato civile, anagrafi (riallocato)
e censimenti generali (nuovo);
i)
ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
norme generali sul procedimento amministrativo (nuove);
l)
ordine pubblico e sicurezza,
ad esclusione della polizia amministrativa locale (nuovo);
calamità naturali ed emergenze nazionali (concorrente attualmente protezione civile);
m) norme generali sulla tutela della salute (concorrente);
59
tutela e sicurezza del lavoro (concorrente)
e previdenza sociale ;
n) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
o) ordinamento generale elettorale degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Città metropolitane
e loro unioni (nuovo);
ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale (nuovo);
p) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e
informatico dell’amministrazione statale, regionale e locale; brevetti e opere dell’ingegno;
q) tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; tutela dei beni culturali
e valorizzazione dei beni culturali di interesse nazionale (concorrente);
norme generali concernenti la tutela del paesaggio(nuovo),
la valorizzazione dei beni culturali, le attività culturali (concorrente)
e di spettacolo (nuovo), l’ordinamento sportivo (concorrente);
r) tutela della concorrenza (riallocato);
s) ordinamento della comunicazione (concorrente);
emittenza nazionale e ultraregionale; pluralismo dell’informazione, editoria e relativi
interventi statali di sostegno (nuovo);
t) grandi reti di trasporto e di navigazione (concorrente);
porti e aeroporti di rilievo nazionale o internazionale (concorrente);
opere pubbliche statali (nuovo);
sicurezza della circolazione e della navigazione (nuovo);
u) produzione, trasporto, (concorrente)
scorte e stoccaggi strategici (nuovo)
e distribuzione nazionali dell’energia (concorrente);
v) norme generali sull’alimentazione (concorrente);
pesca in acque marine (nuovo);
organizzazioni comuni dei mercati agricoli (nuovo);
w) norme generali sull’istruzione,
sulla formazione e sulla ricerca scientifica e innovazione tecnologica
(concorrente);
ordinamento delle professioni (concorrente);
z)
norme generali concernenti l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario (concorrente).
60
Materie in cui le REGIONI esercitano la potestà legislativa esclusiva, nel rispetto
dell’interesse nazionale:
a)
assistenza e organizzazione sanitaria (concorrente);
b)
organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche (concorrente riformulata);
c)
definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della
Regione (concorrente riformulata);
d)
polizia locale;
e)
istruzione e formazione professionali;
f)
promozione della cooperazione a carattere di mutualità;
g)
artigianato;
h)
ricerca scientifica e innovazione tecnologica a sostegno delle attività produttive di
interesse regionale e locale (concorrente);
i)
l)
emittenza in ambito regionale;
valorizzazione (del paesaggio), dei beni culturali e ambientali; e promozione e
organizzazione di spettacoli e manifestazioni culturali e sportive, di attività culturali e di
spettacolo, di rilevanza regionale e locale (concorrente riformulata);
m)
industria in ambito regionale;
n)
commercio;
o)
turismo in ambito regionale;
p)
agricoltura in ambito regionale;
q)
governo del territorio (concorrente);
r)
ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
legenda:
(nuove) = materie precedentemente non citate, dunque di competenza regionale
(concorrenti) = da materie di competenza concorrente
(riallocate) = spostamenti all’interno delle competenze
61
APPENDICE II
62
LE ESPERIENZE DI DECENTRAMENTO NEI PAESI EUROPEI42
A partire dagli anni ’90 in molti Paesi europei sono stati avviati processi di riforma che hanno
gradualmente accresciuto le competenze e l’autonomia fiscale dei governi locali (v. appendice) e
che hanno assunto, peraltro, caratteristiche molto diversificate, risentendo della dimensione storica,
politica e culturale dei diversi contesti in cui tali esperienze sono maturate.
Nei 15 paesi dell’Unione sono oggi presenti tre modelli principali di governo locale:
a) il modello locale degli Stati federali (Germania, Austria e Belgio);
b) il modello locale degli Stati regionalizzati (Spagna e Italia);
c) il modello locale degli Stati unitari (Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Lussemburgo,
Irlanda, Olanda, Portogallo, Regno Unito e Svezia).
A seguito della recente riforma costituzionale in Italia e dell’importanza assunta da alcune regioni
autonome spagnole come la Catalogna o i Paesi Baschi, il modello degli Stati regionalizzati sta
assumendo caratteristiche sempre più vicine a quello degli Stati federali. La tendenza al
decentramento si è, inoltre, manifestata anche all’interno degli Stati unitari, dove accanto a Paesi
molto accentrati, come l’Irlanda e il Regno Unito, vi sono realtà in cui è progressivamente cresciuto
il peso degli enti locali (la tab.1 mostra che la spesa pubblica dei governi sub-nazionali in
Danimarca e in Svezia è maggiore di quella dei governi locali della Germania e dell’Austria).
La spesa dei governi locali
Le competenze dei governi locali nei Paesi che hanno avviato un processo di decentramento
spaziano in settori molto importanti della vita pubblica: ambiente, cultura, assetto del territorio,
istruzione, trasporti, attività sociali, servizi pubblici locali, sviluppo del territorio, etc. L’esercizio di
tali competenze fa sì che, a livello europeo, la spesa pubblica dei governi sub-nazionali dei 15 Paesi
UE, rappresenti una percentuale non trascurabile del PIL dell’Unione: circa l’11% nell’anno 2000.
Tabella 1 – La spesa pubblica dei governi sub-nazionali in percentuale del PIL – anno 2000.
Germania
Austria
Belgio
Danimarca
Spagna
Finlandia
Francia
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Regno Unito
Svezia
Unione Europea
Settore pubblico in
generale
46
51,7
49,8
52,3
39,9
48,6
52,8
45,8
31,3
46,1
41,2
45,3
44,3
38,3
60,5
45,9
Governi subnazionali*
21,2
19,7
19,8
30,6
14,3
17,3
9,8
2,2
11,7
13
5,7
5,2
5,7
9,5
23,9
11
Fonte: Elaborazioni su dati Dexia Crediop
*Stati federati (per Germania, Austria e Belgio), Regioni ed Enti locali
42
Le informazioni presentate nella scheda, ad eccezione di alcune tavole in appendice, sono tratte da Dexia Crediop,
“Le finanze locali nei quindici Paesi dell’Unione Europea”.
63
In molti dei Paesi europei vi sono spese non completamente controllabili da parte dei governi locali.
E’ il caso delle spese sanitarie, che hanno un peso rilevante nei bilanci dei governi locali (1/3 della
spesa dei comuni finlandesi, 2/3 della spesa delle regioni italiane, oltre il 70% della spesa delle
contee danesi, e più di 4/5 delle contee svedesi), sebbene tali enti non partecipino a importanti
decisioni, prese a livello centrale, che influiscono in modo determinante sull’andamento della spesa
(gli stipendi del personale ospedaliero o i prezzi dei medicinali)43 .
La spesa per investimenti dei governi sub-nazionali è altrettanto significativa. Essa si concentra
prevalentemente in settori come l’assetto del territorio (realizzazione di opere pubbliche, in
particolare infrastrutture di trasporto, manutenzione delle strade, costruzione di strutture per il
tempo libero e la cultura, recupero del patrimonio storico, etc.) e l’ambiente (sistemi idrici, raccolta
e smaltimento dei rifiuti, spazi verdi, lotta contro l’inquinamento atmosferico).
Tabella 2 – La spesa per investimenti fissi dei governi sub-nazionali in percentuale del PIL – anno 2000
Settore pubblico in
generale
Governi subnazionali*
1,8
1,7
1,8
1,7
3,3
2,6
3
4,4
3,8
2,4
4,4
3,1
3,8
1,2
2,5
2,3
1,4
1,3
1,5
1
2,3
1,6
2
0,9
2,7
1,8
1,9
2
2
0,7
1,4
1,4
Germania
Austria
Belgio
Danimarca
Spagna
Finlanda
Francia
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Regno Unito
Svezia
Unione Europea
Fonte: dati Dexia Crediop
*Stati federati (per Germania, Austria e Belgio), Regioni ed Enti locali
Le risorse finanziarie dei governi locali
I governi locali si finanziano con entrate fiscali, trasferimenti dal governo centrale, prestiti e proventi di gestione
(tariffe derivanti dalla gestione dei servizi pubblici locali e gestione del patrimonio).
Le imposte fondiarie, l’imposte sul reddito delle persone fisiche e le imposte sulle attività
economiche sono le principali imposte locali. Tali imposte possono essere distribuite o su base
condivisa, quando la base imponibile è comune a più livelli di governo, o attribuite in esclusiva a un
unico livello di governo (imposte specializzate).
Le principali imposte locali a base condivisa sono:
- l’imposta fondiaria (in Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Regno Unito);
- l’imposta sul reddito (in Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Italia e Svezia);
43
Per l’Italia, l’Accordo quadro sulla sanità stipulato tra le Regioni e lo Stato per il periodo 2002 – 2012 prevede il
coinvolgimento delle Regioni nel processo di rivalutazione degli stipendi del personale sanitario e nella determinazione
del costo dei medicinali.
64
- l’imposta sulle aziende (in Spagna, Francia e Portogallo).
Le principali imposte specializzate sono, invece:
- l’imposta fondiaria (in Germania, Austria, Spagna, Finlandia, Grecia, Italia, Lussemburgo,
Olanda e Portogallo)
- l’imposta sulle imprese (in Austria, Belgio e Lussemburgo, Italia)
- le tasse sui veicoli (in Spagna, Italia, Francia e Portogallo)
Non ricorrono a imposte specializzate l’Irlanda, il Regno Unito e la Svezia.
E’ interessante osservare che i governi locali dispongono di diversi strumenti per agire sulle entrate
fiscali: creare nuove imposte (come avviene in Spagna e in Belgio); prevedere abbattimenti o sgravi
dalla base imponibile per fasce di contribuenti; e soprattutto agire sulla struttura delle aliquote.
Anche nell’ultimo caso si hanno però diversi margini di autonomia. Vi sono paesi in cui i governi
locali possono scegliere liberamente l’aliquota, altri in cui è previsto un tetto massimo o minimo
entro il quale i governi locali hanno libertà di fissare l’aliquota. Nella tabella che segue si
descrivono le alternative di manovra sulle aliquote per alcuni Paesi UE, per le tre principali imposte
locali.
Tavola 1 - Il margine di manovra sulle aliquote nei Paesi UE.
Imposte fondiarie
Possibilità di manovra
con aliquota libera
Germania, Irlanda,
Belgio, Regno Unito
Imposta sul reddito delle persone Belgio, Danimarca,
fisiche
Finlandia Svezia
Imposta sulle imprese
Germania,
Lussemburgo, Irlanda
Possibilità di manovra con tetti Aliquota definita a
o massimali
livello centrale
Francia, Danimarca, Spagna,
Italia, Portogallo, Lussemburgo,
Finlandia, Svezia, Grecia,
Austria, Olanda
Spagna: le regione autonome
ricevono il 33% dell’imposta sul
reddito e possono fissare
l’aliquota su questo
stanziamento, in un limite pari
circa la 20% rispetto all’aliquota
applicata dallo Stato..
Italia: i tre livelli di enti locali
possono stabilire un’addizionale
rispetto all’aliquota stabilita
dallo Stato
Francia,
Danimarca,
Spagna, Italia,
Portogallo, Austria
L’altra parte consistente delle risorse dei governi locali proviene dai trasferimenti dal Governo
centrale. La gran parte dei trasferimenti sono di parte corrente, ma in alcuni Paesi anche i
trasferimenti in c/capitale sono significativi (Irlanda e Italia). In tutti i Paesi si trovano trasferimenti
liberi e vincolati.
I trasferimenti liberi sono, nella maggior parte dei casi, destinati al finanziamento delle spese di
funzionamento (è il caso delle dotazioni globali in Francia, Belgio, Danimarca e Svezia). In Irlanda
e in Grecia le dotazione globali vanno anche a finanziare una parte degli investimenti.
I trasferimenti vincolati vanno, invece, a finanziare settori specifici e progetti di investimento. Vi
sono, tuttavia, paesi come la Danimarca in cui i trasferimenti vincolati vengono utilizzati per coprire
65
le spese di funzionamento (in materia di istruzione, formazione professionale, settore sanitario e
sociale).
La tabella 3 mostra l’incidenza dei trasferimenti finanziari ricevuti dai governi locali sul complesso
delle entrate fiscali per l’anno 2000.
Tabella 3 - Incidenza dei trasferimenti finanziari nelle entrate locali (valori percentuali) – anno 2000
Germania*
Austria
Belgio*
Danimarca*
Spagna
Finlandia
Francia
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Regno Unito
Svezia
Trasferimenti
ricevuti/entrate fiscali
55
39
46
18
59
23
25
60
47
65
37
62
49
13
Fonte: dati Dexia Crediop
* Per la Germania, il Belgio e l’Austria, il dato comprende i trasferimenti ai livelli di governo inferiori a quello
corrispondente agli Stati federati.
La ripartizione dei trasferimenti non vincolati o “liberi” avviene sulla base del principio di
perequazione. Nella tavola in basso si riporta la descrizione dei criteri di perequazione adottati dai
diversi Paesi per l’assegnazione dei fondi agli enti locali.
Tavola 3 – Criteri di assegnazione dei trasferimenti non vincolati.
Denominazione del fondo
Dotazione globale
Criteri di ripartizione
Valutazione delle risorse fiscali e dei bisogni
finanziari (criteri: numero di abitanti,
infrastrutture, numero di disoccupati)
Belgio
Fondo dei Comuni
Fondo delle Province
Criteri diversi a seconda delle regioni
Danimarca
Dotazione generale
Imponibile
Finlandia
Dotazione generale
Numero di abitanti, dispersione geografica,
presenza di isole, spese dei trasporti pubblici,
bilinguismo
Germania
66
Francia
Grecia
Dotazione globale di
esercizio
Dotazione generale di
decentramento
Dotazione generale dei
comuni
Popolazione
Ripartizione in base agli oneri versati
Popolazione, clima, potenziale fiscale,
superficie, lunghezza della rete idrica e di
gestione delle acque di scolo, lunghezza della
rete stradale
Dotazione generale dei
dipartimenti
Numero di abitanti, dimensione della rete
stradale, livello dei servizi sociali
Lussemburgo
Fondo comunale
Numero di abitanti, densità
Olanda
Fondo comunale
Fondo provinciale
Capacità contributiva, differenze dei costi
strutturali (in base alla demografia, alla
struttura sociale e al numero di edifici).
Portogallo
Fondo generale municipale
Superficie, popolazione, quota dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche, numero di
parrocchie
Fondo di coesione
municipale
Squilibri sociali, differenze del gettito fiscale
Fondo di finanziamento
delle parrocchie
Superficie, numero di abitanti
Regno Unito
Revenue support grant
Valutazione dei bisogni di spesa di ogni ente
Svezia
Dotazione globale
Piramide dell’età (aiuto diversi in base alla
fascia di età), numero di abitanti.
67
Tavola 4 – Le tappe principali dei processi di riforma che hanno interessato i governi locali in Europa.
Belgio
1993: trasformazione in Stato federale
Spagna
1978: riconoscimento del diritto dell’autonomia locale alla creazione delle regioni autonome;
A partire dagli inizi degli anno ’90: aumento delle competenze assegnate alle regioni e aumento
delle risorse fiscali.
Finlandia
1994: creazione delle regioni (strutture intercomunali)
1995: eliminazione di alcuni controlli preventivi.
Francia
1982-84: leggi di decentramento che hanno previsto l’eliminazione dei controlli preventivi,
l’aumento delle competenze assegnate agli enti locali, la creazione delle regioni, il trasferimento
delle risorse finanziarie e delle risorse fiscali.
AnAnni ’ Anni ’90 : rafforzamento dei poteri regionali in materia di formazione professionale;
Gennaio 2 Gennaio 2002 le regioni diventano responsabili del trasporto ferroviario passeggeri sul territorio.
Grecia
1994: trasformazione delle prefetture in enti locali, eliminazione dei controlli preventivi e
rafforzamento delle ris orse fiscali comunali.
Irlanda
1991: conferimento agli enti locali di una competenza generale per gli affari locali;
1994: creazione delle regioni.
Italia
Olanda
Fine anni ’90 (leggi Bassanini): elezione dei sindaci a suffragio universale diretto, assegnazione di
nuove risorse fiscali ai comuni, alle province e alle regioni, estensione delle competenze regionali
(sanità e trasporti);
2000: elezione dei presidenti delle regioni a suffragio universale diretto;
2001: approvazione con referendum della legge costituzionale del marzo 2001 che conferma il
principio di autonomia finanziaria delle regioni.
Anni ’80 e ’90: aumento della quota dei trasferimenti finanziari dello Stato a destinazione non
vincolata.
Portogallo
1999: estensione delle competenze comunali, riforma del sistema degli stanziamenti
Regno Unito
Fino alla fine degli anni ’90. aumento dei poteri centrali dello Stato
Dalla fine degli anni ’90: progressi in materia di decentramento; indebolimento delle procedure di
controllo degli enti locali, creazione di esecutivi locali; assegnazione agli enti locali di una
competenza generale in materia di affari locali; creazione delle regioni in Scozia, Galles e Irlanda
del Nord.
Svezia
-
1999: ampliamento delle competenze comunali in materia di istruzione
1966-2002: sperimentazione per l’attuazione delle strutture regionali
Fonte: Dexia Crediop, “Le finanze locali nei quindici paesi dell’Unione Europea”
68
Tavole 5- Alcune regole per il ricorso al credito da parte dei governi locali nei Paesi UE
Paesi
Descrizione
Autorizzazione preliminare per il
ricorso al credito
Germania, Austria,
Danimarca, Spagna e
Irlanda, Lussemburgo.
L’autorizzazione
viene
concessa
dall’autorità di tutela dopo aver esaminato la
situazione finanziaria dell’ente locale.
L’autorizzazione è rilasciata dal Land in
Germania e Austria.
Tetto massimo di prestito annuo
Regno Unito
Nell’ambito della politica di controllo delle
spese e delle entrate locali, ad ogni ente è
assegnata una quota massima dei nuovi
prestiti.
Rispetto degli indici prudenziali
Danimarca, Portogallo,
Spagna
Danimarca: le contee possono ricorrere al
credito a condizione di non superare una
quota
fissata
nella
spesa
annua
d’investimento nelle costruzioni.
Portogallo: il livello consentito del servizio
del debito è limitato alle spese per
infrastrutture.
Spagna: il servizio annuo del debito di una
regione non deve superare una certa
percentuale delle entrate correnti.
Fonte: Dexia Crediop, “Le finanze locali nei quindici paesi dell’Unione Europea”
69
Table 6. Strategies for ensuring fiscal discipline a
Administrative
control b
Centrally imposed
rules
Formalised
co-operation
Greece, Ireland, Japan,
Brazil, Finland, France,
Korea, Luxembourg,
Hungary, Italy,c New
Turkey, United Kingdom Zealand, Norway, Poland,
Portugal, Slovak Republic,
Sweden
Australia, Austria,
Belgium, Denmark,
Germany, Iceland,
Netherlands, Spain
No institutional
co-ordination
d
Canada, Czech
Republic, Mexico,
d
Switzerland, United
States
a) This table emphasises the main co-ordination strategy in place in different countries. However, the relationship
between different government tiers is complex and the division of countries in this table is therefore not clear-cut.
b) Limited fiscal autonomy at the subnational level.
c) A domestic stability pact has been imposed by the central government, but the enforcement of the pact is left to a
co-operative institution.
d) Canada and Switzerland have loose and informal budget co-ordination mechanisms.
Source: Annex 2.
Table 7. The use of fiscal rules and sanctions in selected countries
Sanctions in case of non -compliance
No sanctions
Deficit target
a
b
Operating deficit target
Debt ceiling
c
Expenditure ceiling
Administrative sanctions
Financial sanctions
Finland, Sweden
Belgium, Spain
Austria
France, Italy, New Zealand,
Portugal
Norway
Slovak Republic
Hungary
Poland
Brazil, Portugal
Germany
Belgium
a) Usually take the form of a balanced budget requirement.
b) May also take the form of a "golden rule".
c) Limits on debt service, debt-to-revenue ratio or debt-to-GDP ratio.
Source: OECD Working Party N° 1 , marzo 2003
70
ALCUNE SIGNIFICATIVE ESPERIENZE DI FEDERALISMO FISCALE (Canada, Australia e Germania)
Si riporta di seguito un approfondimento sulle esperienze del Canada, dell’Australia e della
Germania, paesi che esprimono modelli di federalismo fiscale molto differenti sia per il tipo di
relazioni finanziarie esistenti tra i diversi livelli di governo che per il modello di perequazione
adottato.
Il Canada
Le caratteristiche del modello Canadese
Il Canada è organizzato come Stato federale con 10 Province (o Stati membri), due Territori federali
al Nord e circa 5.000 enti locali.
Il modello del Canada viene spesso indicato come modello competitivo di federalismo dal
momento che le Province canadesi si finanziano quasi completamente con tributi propri e con
compartecipazioni al gettito di tributi erariali (tax sharing) e godono di ampia autonomia di spesa
(le competenze di spesa dei governi locali coprono circa il 60% della spesa pubblica).
Le entrate proprie delle Province Canadesi
La maggior parte delle entrate proprie deriva da compartecipazioni al gettito dell’imposta personale
sul reddito e dell’imposta sulle società.
L’amministrazione delle compartecipazioni è regolata da accordi sulla raccolta del gettito tra il
Governo federale e le Province (fiscal agreements) che assegnano al Governo federale il compito di
raccogliere il gettito e di amministrarlo, mentre le Province utilizzano la base imponibile e la
struttura delle aliquote decisa a livello centrale, ma restano libere di decidere il livello delle
aliquote44 .
Oltre alle imposte sul reddito, le Province possono finanziare l’esercizio delle funzioni di propria
competenza attraverso l’applicazione di imposte sulla proprietà e sulle risorse naturali esistenti nel
proprio territorio. Su queste fonti di entrata si inasprisce maggiormente la concorrenza fiscale.
I trasferimenti perequativi
Le compartecipazioni e le imposte sulla proprietà non sono sufficienti a coprire totalmente le
responsabilità di spesa che la Carta Costituzionale assegna alle Province canadesi e lo squilibrio tra
fonti di entrata autonoma e competenze di spesa viene coperto dallo Stato federale con
trasferimenti45 . Il Governo federale canadese interviene con diversi programmi di trasferimento che
vanno dai sussidi condizionati per settori quali trasporti, istruzione e assistenza, ai sussidi
incondizionati, ai matching grants. Questi ultimi, in particolare, servono a ripartire tra il Governo
federale e le Province il costo di alcuni interventi, soprattutto nel campo dell’assistenza.
Una buona parte dei programmi di trasferimento ha finalità perequative (Equalitation Payments) e
serve a dare attuazione a quanto previsto nel Constitution Act del 1982 in tema di responsabilità
congiunta del Governo centrale e delle Province nel perseguimento di obiettivi di equità nei
44
I dati relativi all’anno 1996-97 mostrano che il gettito dell’imposta personale sul reddito è andato per il 58% al
Governo federale e per il 42% alle Province. Questa fonte di entrata ha rappresentato il 46,9% delle entrate complessive
del Governo federale ed il 37,6% delle entrate complessive delle Province. Il gettito ottenuto dalla Corporate tax,
invece, è stato attribuito per il 43% alle Province (9,6% del totale delle entrate delle Province) e per il 57% al Governo
federale (12% delle entrate complessive).
45
I trasferimenti coprono circa il 43% delle entrate complessive delle Province meno ricche e circa il 15% di quelle più
ricche.
71
programmi di spesa. Ciascuna Provincia deve essere in grado di fornire servizi pubblici essenziali
“adeguati” (reasonable) e comparabili ai livelli forniti dalle altre Province.
Il fondo di perequazione, il cui ammontare massimo è stabilito in percentuale del PNL (nel 1999
pari all’1,04%), va a finanziare le Province con minore capacità fiscale rispetto alla capacità fiscale
media di 5 Province. I trasferimenti sono non vincolati e sono calcolati sulla base di una formula
(Representative Tax System) che viene decisa nella legislazione federale ed è revisionata ogni 5
anni.
La formula di perequazione
La formula consente di stimare l’ammontare di entrate fiscali che ciascuna Provincia potrebbe ottenere applicando
aliquote standard a una base imponibile standard (gettito teorico). Per ciascun tributo j viene quindi calcolata l’aliquota
standard, tj , come media ponderata delle aliquote praticate in tutte le 10 Province Canadesi. La ponderazione viene fatta
utilizzando le basi imponibili xj i presenti in ciascuna Provincia. Si calcola poi la base imponibile pro-capite standard xj
come media delle basi imponibili delle Province il cui reddito pro-capite è più vicino alla media federale. Si ricavano,
in tal modo, le entrate tributarie di cui ciascuna Provincia godrebbe applicando l’aliquota standard alla base imponibile
standard, e si determina il deficit di entrata relativo al tributo j-esimo come differenza tra le entrate standard e quelle
effettive a parità di aliquota, tj (xj _ xj i).
La Germania
Le caratteristiche del modello tedesco
Nella Repubblica federale tedesca si ritrovano cinque diversi livelli di governo: il Governo federale
centrale (Bund), i 16 Stati membri della federazione (Lander), i Dipartimenti amministrativi, le
Province ed i Comuni.
Il modello federale adottato in Germania, che ha oramai una tradizione secolare, è considerato da
molti un esempio di modello cooperativo46 . Anche la Costituzione all’articolo 106 pone in
evidenza questo aspetto laddove prevede che “il fabbisogno del Bund e quello dei Lander devono
essere contemperati reciprocamente per mantenere l’uniformità delle condizioni di vita sul
territorio”.
La presenza di schemi cooperativi è riscontrabile nella previsione di forme di collaborazione tra
Bund e Lander e nei principi che regolano il sistema fiscale47 .
In materia fiscale, al principio di separazione delle fonti, che si sostanzia nell’attribuzione ai diversi
livelli di Governo di un’autonomia più o meno vasta nel decidere l’aliquota da applicare e la base
imponibile da colpire, si affianca quello dell’uniformità del sistema tributario, la cui applicazione
ha fatto sì che il Governo centrale mantenesse, in misura prevalente, la competenza legislativa in
materia di imposte, erodendo di fatto la possibilità dei Lander di modificare le aliquote o le basi
imponibili. La sostanziale rilevanza delle imposte comuni fa sì che il sistema fiscale tedesco lasci
pochi spazi ai meccanismi concorrenziali.
46
In un modello federale di tipo cooperativo sono pochi i tributi assegnati in via esclusiva ad un solo livello di governo
mentre molto più rilevante è la ripartizone di quote di imposta riscosse in modo collettivo. Questa logica di
finanziamento deriva dal fatto che un modello di questo tipo assegna poche funzioni esclusive ad un determinato livello
mentre un gran numero di funzioni sono assegnate in modo concorrente.
47
Le forme di collaborazione tra Bund e Lander si ritrovano principalmente nell’attività esercitata dal Bunderstrat,
l’organismo previsto dalla norma costituzionale nel quale sono rappresentati gli interessi degli Stati federali. Altre
forme di collaborazione sono riscontrabili: nell’istituzione di commissioni di coordinamento in settori quali la politica
congiunturale, la pianificazione finanziaria a medio termine, l’allocazione delle risorse; nella presenza di conferenze
interministeriali formate da ministri federali e dai Lander; nell’esistenza di un numero rilevante di delegazioni regionali
presso il Governo federale; nell’esistenza di procedure per l’istituzione di comitati d lavoro misti tra i due livelli di
governo, nella programmazione e gestione delle opere pubbliche di rilevanza sovraregionale. Significativa è anche la
fitta rete di accordi e di istituzioni comuni esistenti tra i Lander nei settori più diversi (gestione di risorse comuni;
attuazione di politiche in campo culturale, scolastico e dell’informazione).
72
In realtà, il federalismo tedesco ha assunto negli anni un grado elevato di centralizzazione che, in
parte, è stato assecondato dagli stessi Lander, laddove essi hanno permesso l’uso estensivo della
legislazione concorrente e hanno sottoscritto accordi di cooperazione in materie che prima erano di
competenza regionale.
In campo fiscale, tuttavia, la forte centralizzazione rimane mitigata dal fatto il Bundesrat,
l’organismo costituzionale nel quale sono rappresentati gli interessi dei Lander, approva le leggi
tributarie e definisce le percentuali di divisione dell’imposta sugli scambi e i meccanismi
perequativi48 .
Le entrate proprie dei Lander tedeschi
La rigida applicazione del principio di uniformità del sistema tributario non ha permesso il
rafforzamento del peso dei tributi percepiti, in via esclusiva, dai Lander e dal sistema di governo
comunale (tributi con base imponibile specializzata). La parte più rilevante delle entrate tributarie
dai Lander è, infatti, distribuita sotto forma di compartecipazioni (tax sharing).
Le compartecipazione hanno ad oggetto rilevanti fonti di imposta: l’imposta sul reddito delle
persone fisiche; l’imposta sul reddito da lavoro dipendente; l’imposta sui redditi da capitale;
l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e l’imposta sugli scambi. Tale ripartizione avviene in
base a percentuali fisse determinate con legge costituzionale, con l’unica eccezione dell’imposta
sugli scambi che, invece, viene rinegoziata di anno in anno, in funzione della variazione del
rapporto tra spese obbligatorie ed entrate correnti.
I trasferimenti perequativi
Il sistema tedesco prevede meccanismi di perequazione sia orizzontali che verticali, finalizzati ad
attenuare le disparità di sviluppo economico e di ricchezza fra gli Stati.
Una prima forma di perequazione si produce con la ripartizione dell’IVA. Il 25% del gettito di
questa imposta viene, infatti, assegnato ai Lander che hanno una capacità fiscale per abitante minore
del 92% rispetto a quella media di tutti i Lander. Il rimanente 75% del gettito viene, invece,
assegnato sulla base della popolazione residente.
L’altra forma di perequazione, di natura orizzontale, si ha tra gli Stati federali e ha luogo con
trasferimenti non vincolati di risorse da quelli più ricchi a quelli più poveri. L’obiettivo è di
garantire un opportuno conguaglio della diversa capacità fiscale e quindi finanziaria dei Lander,
senza prescindere del tutto dalle valutazioni su alcuni fattori di fabbisogno (il grado di
urbanizzazione, la densità della popolazione e i fabbisogni per spese straordinarie).
Il sistema di perequazione permette un continuo passaggio del Land dal ruolo di erogatore a quello
di percettore, a causa dell’andamento della propria capacità tributaria 49 .
Le differenze nelle capacità fiscali tra i Lander non devono essere coperte per intero, dal momento
che anche la Costituzione stabilisce che la perequazione debba rendere “adeguata” la capacità
fiscale degli Stati federali. Il principio è rispettato laddove, attraverso la perequazione, i Lander
deboli raggiungono il 95% del valore medio del gettito di tutti gli Stati federali.
Al sistema di trasferimenti orizzontali si accompagna un sistema di trasferimenti supplementari e di
contributi specifici tra il Bund e i Lander e tra questi e i Gemeinden (Comuni). L’obiettivo di questa
48
Tutti i livelli di governo partecipano, inoltre, al Consiglio di programmazione finanziaria, organo presieduto dal
Ministro delle Finanze, che si occupa di coordinare la politica finanziaria comune e di fornire al Governo centrale le
informazioni necessarie a garantire la stabilità, ma le cui indicazioni non sono vincolanti. Uno dei compiti del Consiglio
è, ad esempio, quello di negoziare il tetto di deficit per il governo federale e per i singoli Lander. A questo organo si
affianca una Commissione per il debito pubblico che deve coordinare l’emissione del debito dei vari livelli di governo.
Anche le decisioni della Commissione non sono vincolanti e lo Stato centrale non può imporre restrizioni
all’indebitamento degli Stati. Una sorta di golden rule è prevista dagli statuti dei singoli Stati che vincolano
l’indebitamento agli “investimenti programmati”.
49
Nel 1998 il numero di Lander contribuenti è salito dai tre degli anni precedenti a cinque.
73
seconda forma di perequazione è quello di livellare ulteriormente la capacità fiscale del Lander più
deboli nonché di coprire fabbisogni finanziari specifici, come ad esempio, quelli per interventi
infrastrutturali.
I dati relativi al ‘98 mostrano un volume di trasferimenti perequativi orizzontali pari a 13,5 milioni
di marchi, mentre quello dei trasferimenti integrativi era pari a 25,7 milioni di marchi.
Il modello federale tedesco e, in particolare, gli aspetti relativi al sistema di finanziamento dei
diversi livelli di governo e agli schemi perequativi, sono attualmente in discussione.
Il meccanismo perequativo orizzontale è oggetto di aspre critiche da parte di alcuni Lander. I
trasferimenti orizzontali sono visti, infatti, dai Lander ricchi come un disincentivo ad accrescere la
propria capacità finanziaria. In molti casi si ritiene che la perequazione sarebbe punitiva per quegli
Stati che riescono ad ottenere risorse tributarie addizionali.
Questi motivi hanno spinto alcuni Stati federali a presentare un ricorso alla Corte Costituzionale nel
1999. La Corte ha deciso che la normativa attuale debba essere intesa come normativa transitoria,
legata al superamento della fase post-unificazione, e ha demandato al legislatore federale la
redazione di una nuova legge. La Corte ha, inoltre, imposto al legislatore una precisa scansione
temporale ed ha fissato i criteri principali cui deve ispirarsi la nuova normativa, primo fra tutti
quello di determinare la perequazione in funzione del gettito, lasciando minor spazio al criterio del
fabbisogno. La normativa dovrebbe essere completata entro il 2004.
La formula di perequazione
Il contributo di ciascuno Stato al fondo perequativo si ottiene come differenza tra l’indice della capacità fiscale, I(CF)i ,
e l’indice di perequazione, I(PR)i , - S i = I(CF) i – I(PR) i - . L’indice della capacità fiscale si ottiene sommando il gettito
delle entrate fiscali del Land e correggendo tale valore con fattori che tengono conto del grado di urbanizzazione, della
densità di popolazione e dei fabbisogni per spese straordinarie. L’indice di perequazione di ogni Land è pari, invece, al
prodotto tra la capacità di prelievo medio pro-capite di tutti gli Stati e la popolazione residente nel Land preso in esame.
Esso esprime il valore del gettito che ogni Stato riceverebbe se vi fosse una sola aliquota fiscale in tutto il territorio
nazionale. Anche in questo caso si tiene conto del fabbisogno e degli oneri straordinari. Infatti il gettito fiscale viene
moltiplicato non per la popolazione reale, ma per il suo valore ponderato rispetto alla densità della popolazione e alla
dimensione degli enti locali. La differenza tra questi due indici esprime l’ammontare dei trasferimenti che verrà erogato
a titolo di perequazione orizzontale a favore di quei Lander per i quali l’indice della capacità fiscale risulti inferiore
all’indice di perequazione.
L’Australia
Le caratteristiche del modello australiano
L’Australia è una federazione composta da otto territori federali, di cui sei colonie preesistenti alla
creazione del Commonwealth of Australia e confluite in esso con il Constitution Act del 1900, e due
territori federali che si sono aggiunti nel 1989.
Rispetto ai modelli esaminati in precedenza, quello australiano è senza dubbio il modello di
federalismo più centralizzato. L’elevata centralizzazione del modello federale è riscontrabile sia
sul lato delle responsabilità di spesa che sul lato della riscossione delle fonti di entrata.
Le spese del Governo federale sono tra le più elevate nel contesto internazionale. Il Commonwealth
preleva quasi ¾ del gettito e realizza oltre il 50% della spesa pubblica complessiva.
Sul lato delle entrate, esiste una forte dipendenza finanziaria degli Stati federali dal Commonwealth
e tale dipendenza si è accentuata nel corso degli anni.
Il Commonwealth ha competenza esclusiva per le accise ed i dazi doganali, mentre tutte le altre
materie impositive sono attribuite alla legislazione concorrente. Tuttavia, al di là del dettato
costituzionale, lo Stato centrale riscuote interamente il gettito dell’imposta sul reddito e di quella
sulle vendite, che costituiscono le principali fonti di imposta. Il processo di centralizzazione della
potestà impositiva è stato enfatizzato proprio dagli Stati federali, che non hanno mai richiesto
esplicitamente il ripristino di un proprio margine di tassazione. Si pensi che dal 1977 al 1989 gli
74
Stati hanno avuto il diritto di imporre un’addizionale o di offrire una riduzione dell’imposta sul
reddito prelevata ai loro residenti, e non lo hanno di fatto mai esercitato.
Le entrate proprie degli stati federali
Agli Stati federali è attribuito il potere impositivo sui contributi sociali, sull’imposta di bollo e
sull’imposta di circolazione degli autoveicoli, mentre agli enti locali fa capo l’imposta sulla
proprietà. Tuttavia, nel corso degli anni, gli Stati federali hanno sostanzialmente incrementato la
loro dipendenza di spesa dal gettito derivante dalle imposte erariali, eliminando alcune imposte di
propria competenza, riducendo il gettito di altre imposte, come quelle sulla proprietà fondiaria,
oppure erodendo la base imponibile dei contributi sociali.
I trasferimenti perequativi
La principale conseguenza dell’accentramento del potere fiscale è la rilevante quota dei
trasferimenti che gli Stati ricevono dal Commonwealth.
I trasferimenti sono generali e specifici. I trasferimenti a destinazione vincolata (specifici),
dovrebbero ridurre i divari esistenti tra gli Stati in determinati settori, adeguandoli agli obiettivi
prefissati dal governo federale, oppure soddisfare specifiche richieste di assistenza finanziaria da
parte dei singoli Stati. Questi trasferimenti si concentrano nel settore della sanità, dei trasporti, delle
abitazioni e influenzano sensibilmente le priorità di spesa degli Stati.
I trasferimenti generici hanno, invece, finalità perequative e servono ad equilibrare i differenziali
nel gettito pro-capite dei vari Stati che si riproducono in virtù del fatto che i territori presentano
assetti socio-demografici e territoriali molto differenti e quindi basi imponibili disomogenee. Questa
tipologia di trasferimenti mira quindi a porre ogni Stato nella condizione di poter fornire, senza
dover ricorrere ad imposte e altri prelievi, servizi pubblici a standard non apprezzabilmente diversi
dagli altri Stati, a parità di sforzo fiscale e presupponendo un livello medio di efficienza nella
produzione dei servizi.
La perequazione ha carattere verticale e viene effettuata mediante trasferimenti da un fondo
centrale alimentato, in ciascun anno, dal 39,87% del totale delle entrate derivanti dall’imposta sul
reddito dell’anno precedente. La gestione del fondo viene assicurata dalla Commonwealth Grants
Commission, composta dai rappresentanti dei vari Stati.
Il modello australiano permette di tener conto delle specifiche esigenze dello Stato sub-nazionale
attraverso la definizione di un livello standard di entrata e di spesa. Inoltre, la formula premia lo
sforzo fiscale in quanto se uno Stato applica aliquote superiori a quelle medie riceve risorse
addizionali e non viene penalizzato con la riduzione dei trasferimenti a suo favore.
Il meccanismo di perequazione garantisce, inoltre, stabilità e prevedibilità ai trasferimenti. La quota
del gettito da destinare ai trasferimenti è, infatti, predeterminata e la base di calcolo dei valori
standar presenti nella formula abbraccia un periodo di tempo quinquennale.
La formula di perequazione
Come nel modello tedesco, la formula di perequazione adottata dallo Stato Australiano tiene conto della capacità fiscale
e dei fabbisogni di spesa. Rispetto al modello tedesco, tuttavia, la formula appare meno complessa e il richiamo al
principio di copertura del fabbisogno è molto più esplicito. In questo caso, infatti, la perequazione tende a uniformare le
capacità fiscali, tenuto conto delle differenze nei costi di spesa per la produzione dei servizi pubblici. Il trasferimento è
determinato come differenza tra le spese e le entrate standardizzate di ciascuno Stato - Gi = Ei + Ti + G* - dove Ti
esprime il differenziale tra il gettito pro-capite dello Stato i (Yi) ed il gettito pro-capite medio del Commonwealth (Yc),
ottenuto applicando un’aliquota media pari a t, Ei esprime le necessità di spesa correlate ai diversi costi di fornitura dei
servizi, G* rappresenta, invece, una quota di trasferimento minimo costante in tutti gli Stati. I valori standard vengono
calcolati utilizzando una media ponderata di sei Stati.
75
Scarica

1 Analisi e confronto sulle proposte di attuazione dell`articolo 119