Dicembre 2015
www.uils.it
Editoriale
Anno II - n. 12
Le cause: cronico eccesso di offerta di risparmio sulla domanda di
investimenti
Secular stagnation
Le soluzioni: una miscela virtuosa tra riforme strutturali e politiche di rilancio
degli investimenti
S
Antonino Gasparo, presidente UILS
Di fronte ai terribili avvenimenti
che nelle ultime settimane hanno
sconvolto l’Europa e il mondo intero, in cui ancora una volta a pagare
il prezzo della follia disumana sono
state delle vittime innocenti, appare
inevitabile una riflessione sulle dinamiche economiche, politiche, sociali,
che hanno condotto il mondo a questa terribile condizione.
Inevitabile, ancora una volta constatare come dietro tutto questo si
celi fondamentalmente la mancata
applicazione del principio di giustizia sociale, e di come la follia umana
peschi a piene mani nel mare della
disperazione.
Ci sono dei poteri superiori, politici,
economici, che fanno capo a privatissimi interessi personali, che per
troppo tempo hanno abusato, e continuano ad abusare, delle difficoltà
o delle incapacità di altri soggetti
di sfruttare le proprie risorse, e che
hanno convogliato l’interesse del potere capitalistico proprio in quei territori, portandoli a stipulare accordi
e compromessi. Ma la storia è sempre pronta a chiedere il conto delle
scelte sconsiderate, che molto spesso
si traducono in politiche di distruzione e a pagarne il prezzo, purtroppo,
sono sempre delle vittime innocenti,
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e ne è parlato a Lima, in ottobre,
alle riunioni del Fondo monetario
internazionale. Del grave problema
di crescita che continua ad affliggere
il pianeta. Non un malanno ciclico.
Non
il
riflesso
dell’ennesima
crisi finanziaria. Qualcosa di più
profondo, che lima al ribasso le
progressioni di incremento dei
volumi come dei prezzi. Qualche
numero. Tra il 2000 e il 2007 il
mondo cresceva del nove per cento,
crescita reale più inflazione. Negli
anni di ripresa compresi tra il 2010
e il 2014 il nove è diventato otto. Nel
2015 potrebbe scendere intorno al sei
per cento, con tre punti di crescita
reale e altrettanti di inflazione. Nei
vent’anni finali dello scorso secolo la
somma tra crescita reale e inflazione
del mondo viaggiava stabilmente su
incrementi annui a due cifre. Più di
altri, la sindrome decelerativa affligge
l’Europa dell’euro. Tra il 2000 e il
2007 crescevamo di oltre quattro
punti l’anno. Nel quinquennio
2010-14 siamo scesi sotto il tre per
cento. Quest’anno andremo sotto i
due punti, affossati da un’inflazione
che non riesce ancora a risollevarsi
dallo zero. Tra il 1997 e il 2007 il
valore corrente del PIL dell’eurozona
crebbe da sei ai nove trilioni di
euro. Dal 2010 ad oggi procediamo
lentamente nell’intorno dei dieci
trilioni. Più che altre parti del mondo,
l’Europa della moneta unica può
essere vista come il laboratorio di
elezione di quello che gli economisti
definiscono come un caso di “secular
stagnation”, di stagnazione a lungo
termine. Il riferimento è al modello
interpretativo elaborato nel 1939
da Alvin Hansen che individua
nel formarsi di un cronico eccesso
dell’offerta di risparmio sulla
domanda di investimenti la causa
della stagnazione. Quando viene
meno la spinta ad investire tutto
il risparmio disponibile, il futuro
dell’economia, sostiene Hansen,
rischia di divenire una successione
di “incerte riprese che muoiono
nella loro infanzia e di depressioni
che si avvitano su se stesse”. Per
sciogliere il nodo della stagnazione
servirebbe risparmiare un po’ meno,
e, soprattutto, investire molto di più.
Non è cosa semplice. Specie quando
gli arsenali, convenzionali e non,
delle politiche monetarie sono stati
già largamente e da tempo utilizzati,
i tassi nominali di interesse sono al
limite zero della loro escursione e
le spinte deflattive impediscono un
calo dei rendimenti reali. Ricucire il
nesso tra risparmio e investimenti
non è facile in un mondo dove il
costo del denaro è dappertutto
basso, ma il costo del capitale rimane
talvolta elevato, specie per le piccole
imprese. In un mondo dove continua
ad affermarsi una sproporzione
dimensionale tra i mille trilioni di
dollari della finanza globale e i meno
di cento trilioni del PIL del pianeta.
La sproporzione di una finanza così
abbondante e così mobile rispetto
alle assai meno numerose occasioni
di investimento produttivo genera
volatilità e incertezze che alimentano
nuovo risparmio precauzionale e,
quindi, nuovi rischi di stagnazione.
Per rompere il circolo vizioso occorre
a pag.2
Proposte UILS
2
da pag.1
vittime della follia, vittime del fanatismo religioso, vittime di una disperazione che viene strumentalizzata
dalle menti deviate e organizzate del
terrorismo e nell’ambito della quale,
fanno proseliti. Molto spesso, infatti, quella della disperazione è l’unica
arma per attirare l’attenzione mondiale.
Indice
Primo piano
1-2 Editoriale
1-2 Secular stagnation
Analisi
3 Occupazione, crescita e aiuti alle
imprese con il piano Junker
Politica internazionale
4-5 Combattere ISIS sul terreno della
tecnologia: il ruolo fondamentale dei
giovani
Politica economica
6 Crediti Risk Regulation: PMI in
pericolo
Lavoro e welfare
7 Tutti pazzi per il Servizio Civile
8 Il Caso Garanzia Giovani dopo un
anno di flop
Scuola e formazione
9-10 A scuola con il carrello della
spesa
Ambiente e territorio
10 Arriva l’agricoltura sociale
Sanità e salute pubblica
10-11 Autismo, 106 Sportelli in aiuto
delle scuole
11 Pronto il software anti-ludopatia
Turismo
12 Lotta a colpi di Fund raising
13 Intervista a Geppy Gleijeses, direttore
artistico del teatro Quirino Vittorio
Gassman
Recensioni
Editoriale
La UILS si unisce al cordoglio e nella ferma condanna di atti di terrore
che minano la sicurezza, la libertà
e il quieto vivere delle popolazioni
inermi, ma al tempo stesso, si schiera contro gli interventi armati di
qualsiasi genere, che non risolvono i
problemi, e non fanno che aumentare la violenza in un escalation verso
la distruzione totale.
Quello che dovrebbe prevalere, in
questi casi è il buon senso, la saggezza umana, affinchè si prenda atto
della situazione e ci si impegni, tutti,
verso la realizzazione di una maggiore giustizia sociale, sia a livello
locale che a livello mondiale.
Deve prevalere l’interesse morale, bisogna mettere da parte odio,
dissensi personali, in favore del
bene comune al fine di conservare
il precario equilibrio che è alla base
dell’interesse e della sicurezza di tutti.
E’ questa la grande responsabilità
delle Istituzioni in generale e dell’uomo politico in particolare: sono i politici, i nostri rappresentanti, quelli
che per mandato costituzionale esercitano il potere e che, per far fronte
a questo mandato, devono schierarsi
in prima linea a favore di una maggiore e diffusa giustizia sociale, dando il buon esempio, come il buon padre di famiglia. Se non lo fanno, sono
i primi colpevoli, i soli responsabili.
Come affermava Bettino Craxi che la
UILS intende ricordare, “Quando la
politica perde di vista i problemi reali diventa politicante” .
scavare a fondo. Per uscire dalla
trappola della stagnazione serve
agire sulle determinanti di fondo
dello sviluppo che si chiamano
demografia, innovazione, ambiente.
Oltre alle pagine di Hansen si
potrebbe rileggere quanto Stanley
Jevons teorizzava esattamente 150
anni fa a proposito del carattere
paradossale di un modello che ha
funzionato per un secolo e mezzo.
Nel paradosso di Jevons, a quadrare
il cerchio tra risparmi e investimenti
e a garantire la crescita è l’apporto
virtuoso delle nuove tecnologie.
Tecnologie che creano più di quanto
distruggono, in termini di consumi
come di lavoro, e che riescono a
superare i limiti nel prelevamento
di risorse dalla demografia e
dall’ambiente. Oggi il paradosso
jevonsiano della crescita sembra
aver perso smalto. La rivoluzione del
digitale prefigura dei contraccolpi
importanti sui mercati del lavoro.
L’invecchiamento delle popolazioni
e il cambiamento del clima stringono
limiti, di offerta e di domanda, prima
molto più laschi. Per rimetterci in
moto serve una miscela virtuosa
tra riforme strutturali e politiche di
rilancio degli investimenti. Da sole,
né le une né le altre sono sufficienti.
Insieme, riforme strutturali e
politiche di rilancio sono necessarie
per evitare l’insopportabile spreco di
un eccesso di risparmio che nell’area
euro ogni anno ammonta a più di 200
miliardi di euro, il 2% del PIL. Il dato
è contenuto nel recente rapporto
del governo francese coordinato
da Francois Villeroy de Galhau.
Canalizzare queste risorse preziose
a investimenti amici del lavoro
come dell’ambiente è un passo da
non mancare nella stagione appena
aperta dei budget 2016 delle finanze
pubbliche europee.
da pag.1
Massimo Filippo Marciano
Analisi
Occupazione, crescita e aiuti
alle imprese con il piano
Junker
Luglio 2015 è una data da ricordare:
per la prima volta dall’inizio del 2012 i
prestiti al settore privato nell’area euro
sono risultati in crescita oltre l’1%. Il
dato, di per sé non particolarmente
alto, è però un’ulteriore conferma
della ripresa del credito che, pur a
piccoli passi, sembra avviata verso
un percorso di crescita stabile.
Assumendo
come
riferimento
l’inizio del 2009, nel luglio scorso
l’ammontare dei prestiti era ancora al
Proposte UILS
Analisi
3
di sotto dell’anno base, fatta eccezione
per il settore famiglie: i prestiti alle
società non finanziarie sono più bassi
di circa 570 miliardi a fronte dei 365
miliardi in più accordati alle famiglie.
L’ultimo Bollettino Economico della
Bce conferma l’andamento favorevole
dei fattori di domanda e di offerta che,
nel complesso, hanno determinato un
miglioramento delle condizioni del
credito. Sull’offerta ha inciso una più
accesa concorrenza tra gli istituti di
credito, con restrizioni dei margini;
parallelamente si è registrato un
incremento della domanda netta da
parte delle imprese.
Il miglioramento dei prestiti alle
imprese rilevato negli ultimi mesi
nelle principali economie Uem
compensa solo in parte la contrazione
accumulata da inizio 2009A luglio
scorso, rispetto a gennaio di sei
anni fa, i numeri indici segnalavano
ancora uno scarto di -6, -44 e -7
punti percentuali rispettivamente
per Germania, Spagna e Italia; fa
eccezione la Francia dove i prestiti
alle imprese sono aumentati del +7%
nell’intero periodo.
Un recente studio della Bce attraverso
l’analisi di indicatori di bilancio delle
società non finanziarie integrati con
i risultati delle indagini sull’accesso
al credito ha evidenziato come la
posizione finanziaria della imprese e
la disponibilità di finanziamenti siano
stati fattori determinanti nell’influire
sulle decisioni di investimento e di
conseguenza sulla capacità di generare
reddito e valore aggiunto. Questa
fragilità finanziaria delle imprese
europee (e in particolare italiane) ha
esacerbato gli effetti negativi della
crisi. Particolarmente importante è
risultato il livello di indebitamento
delle imprese che, tra i paesi dell’area
euro, si conferma elevato soprattutto
nei confronti del sistema bancario,
anche se in riduzione.
L’attestato legame tra l’andamento dei
finanziamenti, degli investimenti e del
ciclo economico si è manifestato con
maggiore evidenza nella scorsa crisi
economica. Negli anni di recessione
un’ampia parte del contributo
negativo alla crescita è venuto proprio
dagli investimenti penalizzati, oltre
che da una domanda moderata e
bassi livelli di utilizzo della capacità
produttiva, anche dalla necessità delle
imprese di attuare un processo di
riequilibrio finanziario.
I riflessi sfavorevoli sull’economia dei
mancati investimenti delle imprese
hanno sollecitato numerose analisi
e spinto le istituzioni nazionali e
sovranazionali alla ricerca di misure in
grado di riavviare il ciclo su un trend
di crescita robusto. A livello europeo il
Fondo strategico per gli investimenti
(EFSI), istituito nell’ambito del piano
Juncker, inizierà a essere operativo il
prossimo ottobre con il finanziamento
di cinque progetti
Sempre nell’ambito del piano Juncker
è stato inoltre avviato ad inizio anno
il progetto di unione dei mercati dei
capitali tra i 28 stati membri da rendere
pienamente funzionante dal 2019. Le
finalità sono molteplici: oltre quella
di favorire occupazione e crescita,
Proposte UILS
4
Analisi
risulta essenziale aiutare le imprese,
soprattutto le Pmi, a diversificare le
fonti di capitale consentendo loro di
raccogliere fondi in qualsiasi paese
europeo. La possibilità di poter
ampliare le fonti di finanziamento
delle imprese, infatti, è un tema che
la recente crisi economica ha fatto
emergere in tutta la sua importanza.
In Italia il miglioramento del credito
si sta manifestando in misura più
attenuata rispetto all’area euro: a
luglio l’andamento dei prestiti al
settore privato depurato dell’effetto
delle cartolarizzazioni è risultato
marginalmente negativo (-0,6%) con
i finanziamenti alle imprese ancora
in flessione (-1,1%) anche se in
misura più contenuta rispetto ai mesi
precedenti e una crescita pressoché
nulla (+0,3%) di quelli alle famiglie. A
luglio lo stock dei prestiti alle imprese
residenti in Italia era pari a 810 mld,
21 in meno rispetto allo stesso periodo
dello scorso anno.
Soprattutto per i prestiti alle imprese,
diverse istituzioni attendono una
ripresa più sostenuta nei prossimi
mesi pur senza tornare agli incrementi
sperimentati nel passato. Per il
momento, le rilevazioni della Banca
d’Italia segnalano un aumento delle
erogazioni: nei 12 mesi terminanti a
luglio la somma cumulata dei flussi
mensili dei nuovi prestiti è cresciuta
del 13% a/a. In particolare la crescita
è stata trainata dai finanziamenti
oltre €1 milione (+18%), ma anche
quelli al di sotto di questa soglia
hanno registrato un buon incremento
(+5,8%). Relativamente ai prestiti
destinati
agli
investimenti
in
attrezzature e macchinari si rileva
quantomeno un arrestarsi della
caduta che aveva caratterizzato il
recente passato: nei quattro trimestri
terminanti a marzo 2015 le erogazioni
a lungo termine sono state 31 mld
contro i 29 mld di un anno prima.
Numerosi gli interventi a favore del
comparto produttivo anche nel nostro
paese per supportare le famiglie ma
soprattutto le imprese nella recente
difficile fase congiunturale. L’accordo
sul credito, il rafforzamento del
Fondo di Garanzia, la progressiva
estinzione dei debiti della PA, la
promozione del Codice italiano
pagamenti responsabili, l’emissione
dei minibond, l’Aiuto alla Crescita
Economica, i benefici fiscali per chi
investe in fondi di venture capital
sono solo alcuni dei provvedimenti
presi. È stato inoltre consentito
erogare credito alle imprese anche
alle assicurazioni (con l’esclusione
delle
microimprese)
pur
in
compartecipazione con una banca
o con un intermediario finanziario
autorizzato; sono stati poi istituiti i
“fondi di credito” che in qualità di
organismi di investimento collettivo
del risparmio possono destinare i
fondi raccolti all’erogazione diretta
del credito.
L’accordo sul credito 2013, scaduto a
marzo scorso e rinnovato fino a fine
2017, nel periodo di operatività ha
consentito alle imprese di beneficiare
di 1,8 mld di liquidità sospendendo
il pagamento delle rate a debiti
contratti per 14,6 mld. A giugno le
domande accolte dal Fondo Centrale
di garanzia hanno sfiorato le 50mila
unità, in aumento del 17% su base
annua, i finanziamenti sono stati pari
a €7,3 mld (+22,8%) mentre l’importo
garantito è salito a €4,9 mld (+32,1%).
Massimo Filippo Marciano
Politica internazionale
Sicurezza nazionale e terrorismo islamico
Combattere ISIS sul terreno della tecnologia: il
ruolo fondamentale dei giovani
Strategie peer-to-peer, interattività e abbandono dell’approccio verticale a favore di quello
orizzontale, tipico di Twitter e Facebook: questa l’essenza della contro-propaganda ISIS
Che i gruppi estremisti utilizzino da
molti anni internet come strumento
di propaganda non è più una novità.
Indubbiamente, però, la capacità di
reclutamento on line di seguaci da
parte di ISIS (oggi semplicemente IS,
Stato Islamico) non ha precedenti.
Il gruppo terroristico che fa capo ad
al-Baghdadi, infatti, è finora l’unico
gruppo islamico che è riuscito ad attrarre 25mila stranieri, provenienti
da oltre 100 paesi diversi, per combattere la jihad in Siria e Iraq.
Il ruolo di internet nella radicalizzazione
Secondo uno studio condotto dalle
autorità tedesche su 670 casi di jihadisti che hanno lasciato la Germania alla volta della Siria o dell’Iraq a
giugno del 2015, nel 30 per cento dei
casi internet ha giocato un ruolo de-
terminante nel processo di radicalizzazione. Per gli analisti dell’agenzia
di sicurezza federale per la protezione
della Costituzione, dell’ufficio federale anti-crimine e del centro di informazione e competenza dell’Assia
contro l’estremismo, infatti, il tanto
temuto reclutamento nelle prigioni è
avvenuto solo in nove casi.
Anche Amarnath Amarasingam, ricercatore dell’Università di Waterloo
che co-dirige uno studio sui combattenti occidentali in Siria, conferma
il rischio: “Ci sono Foreign Fighters
provenienti da Paesi molto diversi
tra loro. La campagna di Isis sui social media si è rivelata lo strumento
più efficace per mobilitare le persone
e farle aderire alla loro causa estremista”.
Le grandi aziende come Google questo lo sanno. Ma purtroppo, dichiara
Victoria Grand, Direttore area Comunicazione e Policy di Youtube: “Impedire agli estremisti l’utilizzo dei social media è impossibile”.
Scrive, infatti, David Talbot su Technology Review: Si possono chiudere gli account ed eliminare i video
cruenti diffusi dai terroristi; condividere con le Forze dell’Ordine informazioni utili a fermarli; finanziare
le agenzie governative che investono
nella sensibilizzazione delle comunità musulmane attraverso i socialnetwork. Oppure promuovere i siti
web di quelle ONG che confutano i
messaggi di Isis con l’aiuto di leader
religiosi che mettono in luce le interpretazioni pacifiche del Corano. Ma
tutto ciò non è sufficiente. Manca, ancora un impegno concreto per creare
un contatto on line one-to-one con
quei soggetti che più rischiano di essere persuasi dai messaggi di ISIS. E
i messaggi di sensibilizzazione messi
in atto dai governi, di solito, non solo
non sono attraenti e sexy come quelli
dell’ISIS, ma non sono neppure interattivi”.
In che senso la contro-propaganda per essere efficace deve
essere interattiva?
Un buon esempio arriva dall’Institute
for Strategic Dialogue, un think tank
di Londra che, utilizzando quella che
viene definita strategia peer-to-peer,
è recentemente riuscito ad evitare
che 160 persone a rischio di radicalizzazione su Facebook cedessero alla
tentazione di arruolarsi nell’esercito
dello Stato Islamico.
La strategia messa in atto dall’istituto londinese prevede, tra gli altri
progetti, Extreme Dialogue (Dialogo
Estremo). Si tratta di una campagna
che, attraverso serie televisive, cortometraggi e altre risorse educative,
disponibili su internet e in particolare
sui social, punta a a ridurre il fascino che l’estremismo esercita su molti
giovani, e a promuovere la discussione attiva sulle sfide con le quali ISIS ci
costringe a confrontarci.
Socialnetwork, nuove generazioni e uso di una corretta contro-narrativa
D’altro canto, proprio i giovani sono,
per la presidente Rai Monica Maggioni, presente ad una Conferenza che
Proposte Uils ha seguito, la chiave
per contrastare efficacemente la propaganda estremista: “Oramai anche
i grandi eventi avvengono nei socialnetwork, prima che nei grandi
discorsi ufficiali. ISIS, in particolare, ci sorprende utilizzando due modalità comunicative agli antipodi.
Si organizza, si struttura e si attiva
nella dimensione web, molto più che
in quella reale. Ma poi dentro i territori controllati dallo Stato Islamico
si muove con i pizzini. Ha, cioè, capito che i grandi messaggi devono
essere veicolati su scala globale, ma
che se sul terreno si comunica con i
telefonini il rischio di essere controllati, e quindi ostacolati, aumenta
esponenzialmente. Ecco che allora
diventa importante costruire bene la
nostra contro-propaganda online. In
questo, l’aiuto che ci possono dare le
giovani generazioni e la loro innata
familiarità con le nuove tecnologie
gioca un ruolo determinante”.
Studiare a fondo la comunicazione di
ISIS appare il modo più efficace per
contrastarla, utilizzando i loro stessi
strumenti tecnologici.
“La caratteristica dominante la comunicazione di IS – scrivono Marco
Arnaboldi e Lorenzo Vidino nell’e-book “Twitter e Jihad” – è l’abbandono della logica verticale a favore di
un approccio orizzontale dal basso
verso il basso in grado di creare un
ambiente comunicativo nel quale
ogni destinatario e consumatore è
un potenziale mittente e produttore
di materiale. (…) Seppure siano state
aperte delle pagine web ufficiali (soprattutto blog) per alcuni dei gruppi
Sharia4 (uno dei network che rende
possibile il collegamento fra individui europei e cellule jihadiste in loco,
nda) e quindi si sia conservata una
certa quota di verticalità comunicativa, con il tempo i vari membri dei
raggruppamenti hanno iniziato a
operare in maniera autonoma tramite account personali su Twitter e
Facebook. Il materiale condiviso ha
quindi preso a circolare in forma
decentralizzata, definendo in questo
modo un aumento vertiginoso di potenziali destinatari e di know-how
creativo”.
Stessa cosa dovrebbe fare, dunque,
l’Occidente secondo Paolo Magri,
Vide Presidente di ISPI: “È necessario stroncare sul nascere il tentativo
di farsi cassa si risonanza. Dobbiamo lavorare sui contro-messaggi di
de-radicalizzazione, per fare in modo
che parole di pace passino attraverso gli stessi mezzi su cui ora, invece,
passano parole di morte”.
E una delle prime cose da fare, avverte Magri, sarebbe evitare di utilizzare le parole che loro ci impongono. A
partire dal marchio, Stato Islamico,
che il ministro degli Esteri francese
Laurent Fabius, è stato uno dei primi a rifiutare. Sarebbe più corretto,
invece abituarci ad “adottare una
contro-narrativa che chiami l’IS Daesh, acronimo che significa “colui che
calpesta gli altri” e che ha un significato ben diverso rispetto a quello di
Stato”.
Luciana Coluccello
Proposte UILS
Politica internazionale
5
Proposte UILS
Politica economica
Proposte rigide dell’EBA, che rischiano di affossare l’imprenditoria italianapiù fragili
Crediti Risk Regulation: PMI in pericolo
Soglia di materialità al 2 per cento e quella assoluta obbligatoria. Ma l’EBF frena
L
6
’ultimo “Global Financial Stability Report”, il periodico rapporto
a cura del Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità finanziaria globale, ha evidenziato come il Governo
italiano debba, in tutta immediatezza,
intervenire su un pesante fardello:
quello del credito deteriorato, ovvero
quel credito che le banche difficilmente riscuoteranno dai debitori, e che
impedisce di drenare risorse verso le
imprese nostrane. Su 350 miliardi di
credito che gli istituti vantano nei confronti di privati e attività commerciali,
quasi 200 sono sofferenze, cioè fondi
che le banche non incasseranno a causa dello stato di insolvenza del debitore. Per evitare problemi perciò, gli
istituti di credito accantonano riserve
apposite in proporzione al credito a rischio e alla sua condizione: in virtù di
ciò, maggiore è la somma destinata a
questi accantonamenti, e minore è la
percentuale di finanziamenti dati in
concessione alle imprese. Un labirinto
senza vie di fuga, che taglia le gambe
a chiunque voglia creare valore in Italia. Come se ciò non bastasse, l’EBA,
la European Banking Authority, e il
Comitato di Basilea, l’organizzazione
internazionale per la vigilanza bancaria istituito dalle Banche Centrali dei
Paesi del G10, hanno al vaglio nuove
regole di controllo, che, soprattutto
per il caso italiano, potrebbero generare ulteriore credito deteriorato,
e quindi ulteriori accantonamenti in
capo alle banche. La proposta presentata dall’EBA va proprio nella direzione di una maggiore rigidità e
uniformità in tema, per esempio, dei
cosiddetti “sconfinamenti continuativi oltre i novanta giorni”, di privati ed
imprese, in gergo tecnico detti “past
due”, che riguardano anche le esposizioni scadute e non rinnovate. Uno
sconfinamento continuativo si verifica
qualora il cliente di una banca, titolare di un’apertura di credito in conto
corrente, utilizza in via temporanea
un importo superiore a quello stabilito come ammontare massimo di fido;
un tema delicatissimo questo degli
sconfinamenti, perché essi costituiscono la strada principale per l’entrata delle PMI nel drammatico vortice
del default. Uno sconfinamento conti-
nuativo oltre i novanta giorni diventa
credito deteriorato solo quando il surplus di credito usato dal correntista
eccede una certa percentuale calcolata
sull’intero importo dell’esposizione
complessiva verso la banca. In Europa
questa percentuale, chiamata soglia
di materialità, varia da Stato in Stato,
dal 2 per cento al 5 per cento, come
nel caso italiano. Il progetto dell’Autorità Europea è quello di far attestare
tutte le nazioni sulla soglia più bassa, quella del 2, e inoltre, di applicare una seconda soglia, detta assoluta
e oggi facoltativa, di 500 euro per le
imprese. In base a queste proposte,
sarebbero da catalogare come “crediti
deteriorati” o “non performing”, tutti
quegli sconfinamenti da oltre novanta
giorni che non rispettino anche una
sola delle due soglie prese in esame.
Se queste indicazioni diventassero
obbligatorie, anche un’azienda a cui
fosse stato concesso un finanziamento totale di 3 milioni di euro, con
uno sconfinamento di soli 530 euro,
vedrebbe interamente catalogata la
sua esposizione verso la banca, come
credito deteriorato; se una tale soglia venisse applicata perciò, anche il
minimo sforamento, pur causato da
problematiche tecniche insignificanti
o transitorie, verrebbe punito, andando ad inficiare i meriti creditizi delle
attività virtuose, peraltro senza denotare un reale stato di sofferenza delle
stesse. C’è un’altra criticità in queste
proposte però: è sempre colpa delle
imprese il mancato rinnovo degli affidamenti, o del sistema bancario che
non provvede per tempo? Inoltre, il
“past due” denota sempre una oggettiva difficoltà finanziaria dell’impresa
oppure può essere causato dai ritardi
nei pagamenti legati alle transazioni
commerciali? Se queste riforme do-
vessero passare purtroppo, le attività
commerciali potrebbero anche trovarsi nella beffarda posizione di dover
pagare colpe non proprie: il “past due”
non sempre è dovuto a inadempienze
delle imprese, e in questi casi, al di là
della percentuale di sconfinamento,
le aziende potrebbero subire danni
incalcolabili a causa di terzi. Sarebbe
pertanto opportuno che tutta la materia dei “past due” venisse riconsiderata. La Federazione Bancaria Europea
(EBF), grazie alle mediazione dell’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana,
ha firmato invece una controproposta
più equilibrata, in cui la soglia di materialità è del 4 per cento, e lo sconfinamento continuativo diventa credito
deteriorato solo in presenza del superamento di entrambi i limiti ipotizzati
in precedenza; un piano sicuramente
più idoneo alla situazione in cui versano le piccole e medie imprese italiane. L’impatto della visione rigorista
avrebbe le ripercussioni più forti proprio nel nostro Paese, dove il tessuto
imprenditoriale è formato principalmente da micro, piccole e medie attività, le più soggette a finanziamenti; in
cui si applica la soglia del 5 per cento a
proposito degli sconfinamenti, e dove
quella assoluta non è contemplata; ciò
si tradurrebbe con una decurtazione
quasi totale delle già poche risorse
destinate alle PMI, con le banche concentrate ad accumulare capitali di ammortamento per far fronte ai debitori
insolventi, cioè imprese e privati, che
quindi, non avendo accesso al credito,
non potrebbero né produrre valore e
né, pertanto, rientrare delle somme
concessegli in fido. Un gioco in cui il
banco, o meglio, la banca, vince sempre.
Michele Santoro
Nuove risorse dal governo Renzi e boom di domande nel 2015
Tutti pazzi per il Servizio civile
Proposte UILS
Lavoro e welfare
A metà tra frontiera dell’impegno civico e ancora di salvezza per giovani disoccupati
È
stato riconfermato anche per
il 2015 e ha subito registrato
un boom di domande. Si parla del
programma Servizio civile rivolto
ai giovani, che il governo ha deciso
di rifinanziare e di promuovere con
rinnovato vigore. Risultato, più di
150 mila domande arrivate alle segreterie, a fronte delle 93 mila dello
scorso anno.
A metà ottobre l’annuncio del premier Renzi di aumentare lo stanziamento di fondi in legge di stabilità
per il prossimo anno. Cento milioni
di euro in più, a cui si è aggiunta la
decisione di trasformare il progetto in Universale, ora con l’apertura
delle domande ai giovani stranieri
residenti in Italia e, via via, rendendolo accessibile a tutti i giovani che
ne facciano richiesta. Il governo auspica addirittura che le richieste salgano a 160-180 mila.
E in più il plauso di Confindustria
giovani, che, in un’intervista rilasciata dal vicepresidente Vincenzo
Caputo, esprime tutta la soddisfazione per l’approccio del governo e
la decisione di puntare di nuovo su
questo programma, che poco tempo
fa sembra dovesse essere destinato a
tirare le cuoia.
Tutti pazzi per il Servizio civile, in-
somma. Da più parti cresce la soddisfazione pubblica per i nostri ‘ragazzi italiani’ sempre più sensibili
all’impegno civico e al volontariato,
desiderosi di mettersi a disposizione
della comunità, per un intero anno.
E i giovani tornano ad aderire. Le
oltre 150 mila domande lo dimostrano, a fronte dei 50 mila posti disponibili nei progetti dei vari enti e
associazioni aderenti, tra assistenza
socio-sanitaria, ambiente, protezione civile, tutela patrimonio artistico
e culturale, educazione.
Quanto si tratti di senso civico e
quanto invece di disperazione sociale, solo il tempo lo dirà. O forse ce lo
sta già dicendo. Basti pensare alla catastrofica percentuale di disoccupazione giovanile registrata dall’Istat a
giugno 2015, a pochi mesi dall’apertura delle domande per il servizio. Il
42 per cento di giovani senza lavoro,
disoccupati. A cui si deve aggiungere
la percentuale di quelli che si sono
arresi e hanno smesso di studiare
e di cercare lavoro: la generazione Neet, il 26 per cento degli under
30, secondo l’ultimo rapporto Ocse.
E poi ci sono quelli che il futuro in
Italia proprio non lo vedono, ma non
vogliono arrendersi, e quindi emigrano in paesi con una struttura so-
cio-economia più stabile.
E tra chi cerca di inserirsi nel contesto italiano, affidandosi ad agenzie
interinali e portali web di offerte lavoro, da cui sempre più raramente
si viene ricontattati, e chi si arrende alla politica dello stage ripetuto
all’infinito, ci sono anche i progetti
istituzionali, tra cui ad esempio il
fallimentare Garanzia Giovani e,
appunto il Servizio civile nazionale,
visti forse come ultima di ancora di
salvezza. Lo avrà capito il Governo?
Che pur di ridurre al minimo i danni
dovuti al fallimento delle politiche
sociali e del lavoro, mette mano al
portafoglio, costringendo i giovani a
elemosinare dal piatto assistenzialista. Come un padre che dà al figlio
i mezzi per realizzarsi professionalmente, ma lo accontenta con una
paghetta settimanale. Come se la
politica fosse consapevole del proprio fallimento e cercasse di mettere
una pezza, mascherando il tutto dietro programmi eccellenti di impegno
civico giovanile, col quale scopo il
Servizio civile realmente anni fa era
nato. E tale sarebbe dovuto restare.
Ma, in mancanza di futuro, 433 euro
al mese per un anno, permettono di
galleggiare.
Chiara Arroi
7
Proposte UILS
Lavoro e Welfare
Disillusi, arrabbiati, abbandonati i giovani che hanno aderito al programma Garanzia Giovani si sfogano
sui Social e nelle community
Il Caso Garanzia Giovani dopo un anno di flop
Dopo un anno dal suo debutto, Garanzia Giovani ha generato ritardi nei pagamenti e il mancato
abbattimento della disoccupazione giovanile
C
8
laudia M. sta svolgendo il proprio
stage in una gioielleria a Roma in
via Cola di Rienzo. Racconta di aver
iniziato la propria esperienza, nel
programma Garanzia Giovani, a giugno. Sono passati cinque mesi, e la
Regione tramite Inps avrebbe dovuto
già accreditarle i soldi che le spettano. Ma, ad oggi, dice «non mi hanno
ancora pagata». Il motivo? «A luglio
ho ricevuto una telefonata, mi hanno
spiegato che c’era un errore nella documentazione che avevo consegnato.
Strano, che se ne siano accorti dopo
un mese». Ma non è tutto. «A fine
luglio mi rivolgo all’Inps per sapere
la situazione dei miei pagamenti. Ovviamente l’Inps fa orecchie da mercante, e mi suggerisce di rivolgermi
alla Regione. La quale a sua volta,
ha risposto che i soldi li avevano già
mandati all’Inps, e che loro in questa
storia non c’entravano nulla. Non ci
sto all’ennesima beffa, quella di un
lavoro non retribuito». Insomma:
una vera e propria presa in giro. La
storia di Claudia è la storia di tanti
giovani che hanno aderito al piano
europeo di lotta alla disoccupazione
giovanile partito il 1° maggio 2014,
ma che in Italia, nonostante gli 1,5
miliardi di euro stanziati da Bruxelles, si sta dimostrando un autentico
fallimento. La vicenda di Claudia,
non rimane una testimonianza isolata, ma richiama la delusione di decine e decine di giovani stagisti e tirocinanti in Italia. Tanti si sfogano sui
Social e nelle community. Su Facebook, per esempio, sono nati numerosi
gruppi nei quali i ragazzi si ritrovano
per raccontare le loro storie e trovare manforte. Fra queste comunità,
quella di “Garanzia Giovani Sicilia”,
riporta in un post del 16 ottobre,
«43.306 il numero definitivo dei tirocini attivati con Garanzia Giovani in
Sicilia», un utente commenta: «Inutile che Garanzia Giovani dà questi
numeri in segno di fierezza perché
in realtà sono 46.306 ragazzi che da
mesi pagano di tasca loro per lavorare. Grazie regione Sicilia, abbiamo
capito per l’ennesima volta che il lavoro è un lusso». Troviamo anche lo
sfogo di Maria S. dalla provincia di
Caltanissetta, che spiega brevemente nella community i motivi della sua
indignazione: lavora da quattro mesi
e mezzo e non ha visto accreditarsi
neanche un centesimo. Il centro per
l’impiego sostiene di aver consegnato i suoi dati all’azienda, i dipendenti
del call center Inps (con uffici in Romania) non sanno neanche dov’è ubicata Caltanissetta e la rimandano alla
Regione. E la Regione cosa risponde?
Quello che è stato rifilato a Claudia
M. E’ un continuo incolparsi a vicenda. Le cose non stanno andando male
solo nel Lazio, ma anche nelle regioni
del Sud, in Sicilia è un vero flop, nonostante la Regione inizialmente con
più iscritti (20.038) con il 17% del totale. Ad un anno di distanza, il risultato è che oggi la Garanzia Giovani ha
moltissimi iscritti, la comunicazione
ha funzionato, ma i risultati scarseggiano. Più che garantire, ha generato
molte illusioni. I giovani iniziano a
perdere speranze e a gettare la spugna. Altro che “garanzia”, le disavventure di questo esercito di giovani- stagisti e tirocinanti- dimostrano
che questa è di sicuro una bella presa
in giro. Aspettando i rimborsi di Garanzia Giovani, forse arriverà prima
Godot.
Marianna Naclerio
L’istruzione al giorno d’oggi
A scuola con il carrello della spesa
Proposte UILS
Scuola e formazione
Come sopperire alla mancanza di materiale didattico grazie alla raccolta punti del supermercato.
Il parere di Massimo Coen Cagli, fondatore della Scuola di Fundraising
U
n tempo la raccolta punti del
supermercato serviva per fare
un set di pentole nuovo, o per sostituire bicchieri e posate, e perché no, anche per accaparrarsi un
borsone sportivo firmato. Oggi le
cose sono molto cambiate e i bollini adesivi servono soprattutto per
rimpiazzare un vecchio computer
nell’aula di informatica, o addirittura a comperare penne e pastelli.
La “buona scuola”, grazie anche ai
numerosi tagli, va avanti con l’aiuto delle raccolte premi e alla volontà dei genitori di non far mancare
nulla ai propri figli, preferendo la
cancelleria alle stoviglie per la casa.
Funziona così: facendo un tot. di
spesa in uno dei supermercati aderenti all’iniziativa (Esselunga, Coop,
Lidl, Famila, Super Elite, ecc.) si
accumulano bollini che il consumatore può destinare a una scuola, di
norma quella in cui vanno i figli. A
questo punto l’istituto, se aderente
anch’esso alla proposta, può avere
accesso a un catalogo dove scegliere materiale informatico, didattico,
cartoleria o materiale di pulizia.
Nel contempo, la scuola ospita al
suo interno materiale pubblicitario
del supermercato. Già da un anno,
in Piemonte, Liguria e Lombardia,
è boom di iscrizioni al catalogo, ben
4mila le scuole aderenti e 40milioni i bollini tramutati in attrezzature
scolastiche. E il fenomeno non sembra arrestarsi, già in Toscana e in
Emilia Romagna è iniziata la corsa
ai punti, arrivando da settembre a
6mila istituti complessivi che collezionano tagliandi. L’aumento non
riguarda soltanto le scuole, ma anche le polemiche da parte di genitori e insegnanti e soprattutto esperti
di fundraising. Massimo Coen Cagli, fondatore della Scuola di Fundraising e professore all’Università
LUMSA di Roma, ha espresso il suo
punto di vista in merito a questo
crescente fenomeno.
Cosa ne pensa di questa iniziativa che porta il supermercato
all’interno delle scuole?
Penso che sia il segno di una accresciuta attenzione della comunità
in tutte le sue componenti verso la
causa sociale della educazione scolare e della istruzione. Infatti in
questi giorni anche altre aziende si
stanno muovendo sullo stesso solco
tracciato dai marchi della grande distribuzione. Tuttavia sotto il profilo
del fundraising, ossia della raccolta
fondi, noto che l’iniziativa è stata
concepita male, se l’obiettivo deve
essere quello di un significativo apporto economico per migliorare la
qualità delle scuole. Da questo punto di vista il risultato per le scuole,
rispetto alla portata delle attività
promozionali , di comunicazione e
di filantropia delle aziende e della
mobilitazione dei genitori è veramente poca cosa. Insomma come
fundraiser di una organizzazione
io l’avrei bocciata innanzitutto per
motivi prettamente tecnici ed economici. Ma anche dal punto di vista
delle aziende, direi che ci sono modi
migliori e più efficaci per esprimere
una propria responsabilità sociale
d’impresa. La mia impressione è
che nel complesso queste campagne
rafforzino l’idea che per la scuola
bisogna fare la carità piuttosto che
operare intelligentemente degli investimenti strategici per la sua crescita.
Chi trae beneficio da un’iniziativa simile? Ecco, è esattamente
questo il punto critico: che nella
grande mobilitazione generale per
realizzare questa iniziativa il bilancio tra costi e ricavi non è equo per
tutti. L’azienda è il soggetto che ne
guadagna di più. Mi spiego. Per ottenere premi regalati dall’azienda
alla scuola i genitori e i professori
devono fare una spesa acquisendo
punti da destinare a questa operazione. Ma il rapporto tra euro spesi
al supermercato e valore dei premi
destinati è dell’ordine di 100 euro a
1 o al massimo 2 euro. Ora se i genitori di una scuola, diciamo 200 famiglie, volessero regalare alla scuola il mappamondo (del valore di 289
euro) offerto da LIDL potrebbero
tranquillamente autotassarsi per
1,50 euro e averlo a prezzo vantaggioso subito (invece di fare 49.000
euro di spesa). Se invece optassero
per una tastiera Yamaha (del valore di 90 euro) offerta da Coop basterebbero 50 famiglie che si autotassino per meno di 2 euro a testa
(invece di fare 15.000 euro di spesa.
Inoltre potrebbero decidere insieme alla Scuola ciò che veramente
è utile e innovativo senza rimanere
bloccati ad un catalogo che evidentemente non tiene conto dei reali
bisogni della scuola. Quindi a fronte della loro donazione non acquisiscono nessuno status importante
in merito alla gestione della scuola,
ma il solito status di utente passivo
e consumatore. Quindi i maggiori
vantaggi li ha l’azienda in termini di
aumento del fatturato, acquisizione
di nuovi clienti e fidelizzazione di
clienti acquisiti a costo bassissimo.
Inoltre ottiene una rete promozionale a costo zero diffusa sul territorio e tramite contatto diretto (Si
tenga conto che la sola Esselunga ha
ottenuto l’adesione di 6.800 scuole) e un ritorno di immagine per via
che appare un suo impegno sociale.
Certo la scuola ha il vantaggio di ricevere materiale gratis, ma si deve
dare molto da fare nel promuovere
la campagna. Insomma tanta energia umana e professionale che potrebbe essere spesa meglio per altre
attività di fundraising più fruttuose
sotto il profilo economico e sotto
quello del miglioramento del rapporto con la comunità. Penso che
il principale responsabile di questi
errori sia stato proprio il COGE del
Ministero della Pubblica Istruzione
che ha “regalato” alla grande distribuzione una cosa che ha un valore
(anche commerciale) enorme alle
aziende senza essersi fatto remunerare adeguatamente. Ricordo che la
filantropia è ben altra cosa: un imprenditore giapponese ha restaurato la Piramide Cestia di Roma senza
chiedere nulla in cambio. Questo
per dire che si potevano trovare ac-
9
Proposte UILS
10
Scuola e formazione
cordi più favorevoli.
Comperare materiale didattico attraverso una raccolta
punti non è forse uno schiaffo
morale verso tutti quei genitori, in primis contribuenti, che
pagano le tasse per mandare i
propri figli a scuola? Non penso sia questo il punto. La mia non è
un critica morale all’iniziativa (anche se su questo si potrebbe discutere legittimamente). La mia è una
critica sotto il profilo politico e di
fundraising. Io credo che sia giusto
per un cittadino avere la possibilità di sostenere la scuola ma non
come mero donatore (che poi deve
legare il suo comportamento al
consumo di prodotti di una azienda) ma come protagonista al pari
degli altri del governo della scuola
e quindi garantendo che il proprio
contributo sia finalizzato ad un miglioramento generale della Scuola. Da questo punto di vista credo
che anzi vada favorito il fundraising
per la scuola come in tutti gli altri
paesi del mondo. Ma a patto che il
donatore possa svolgere un ruolo
attivo nella gestione del principale
bene comune che abbiamo: la scuola pubblica. Invece tutte le forme di
contribuzione assumono l’identità
di una “sovrattassa” o di un gesto
caritatevole in cui il donatore resta
sempre un “terzo incomodo”. Quale
potrebbe essere, secondo Lei, una
valida alternativa a questo metodo? Le scuole già si muovono nel
fare fundraising. Magari lo fanno
male e in modo episodico, ma la
voglia di farlo c’è. E i genitori e la
comunità (anche le piccole aziende)
rispondono positivamente. Sono
tanti i modi: eventi, raccolta di donazioni, sponsorizzazioni di attività
collaterali, lo stesso 5 per 1000 per
la scuola se studiato bene può essere un ottimo strumento e le grandi
donazioni filantropiche sul modello
di quelle che vengono incentivate
a favore delle grandi opere d’arte e
dei monumenti. Ma per fare bene
queste cose il Ministero invece di
regalare iniziative facili alle aziende della GDO dovrebbe investire
in formazione al fundraising del
personale scolastico e di assistenza
allo sviluppo di attività efficaci al livello dei singoli istituti, dando così
strumenti concreti ai dirigenti. Non
è un caso che molti dirigenti scolastici ci chiedono di fare formazione
per gli operatori scolastici. Ma poi è
difficile trovare nei ristretti bilanci
delle scuole i fondi necessari per realizzare questi corsi. Insomma: non
si possono fare le nozze con i fichi
secchi. Ossia: non si può raccogliere
donazioni e sponsorizzazioni senza
investire qualcosa.
Sabrina Spagnoli
Ambiente e Territorio
Finanziamenti, beni confiscati e lotti incolti per le imprese agricole sociali
Arriva l’agricoltura sociale
Un margine di fatturato troppo alto per rientrare nella normativa
L
’agricoltura sociale diventa legge. Le Camere hanno approvato
la normativa che la regolarizza, da
tempo si aspettava una definizione di una realtà che già esisteva e
prosperava da anni. Ma cosa si intende per agricoltura sociale? Le
attività dirette da imprenditori o da
cooperative sociali che attraverso
la produzione agricola permettono
l’inserimento lavorativo di persone
svantaggiate, disabili. Affiancando
così il lavoro agricolo alla terapia
psicologica, medica e riabilitativa.
Rientrano, in questa definizione, anche le fattorie didattiche, gli agri-nido e gli agri-silo. La legge emanata
parla esplicitamente di:
1)l’inserimento socio-lavorativo di
lavoratori con disabilità e lavoratori
svantaggiati, persone svantaggiate
e minori in età lavorativa inseriti in
progetti di riabilitazione sociale;
2) prestazioni e attività sociali e di
servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura;
3) prestazioni e servizi terapeutici
anche attraverso l’ausilio di animali
e la coltivazione delle piante;
4) iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della
biodiversità animale, anche attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche.
Tutte le imprese riconosciute come
agricoltura sociale potranno ricevere contributi dalla Regione, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale.
Possono essere scelte con priorità
dagli Enti pubblici, come fornitori per le mense. I Comuni possono
valorizzare e aiutare la pubblicizzazione di questi prodotti. Tutti gli
Enti pubblici possono privilegiare le
imprese di agricoltura sociale per la
lottizzazione dei terreni incolti, e cedere i beni confiscati alla criminalità organizzata. Infine viene istituito
l’Osservatorio sull’agricoltura sociale. È chiamato a definire le linee guida in materia di agricoltura sociale
e assume funzioni di monitoraggio,
iniziativa finalizzata al coordinamento delle iniziative a fini di coordinamento con le politiche rurali e
agricoltura sociale. Possono essere considerate tali, sono quelle che
avranno il 30per cento del fatturato derivante dall’agricoltura, sono
escluse, quindi tutte le attività sociali che nonostante svolgano lavoro
di recupero, non arrivano a questo
margine. È stato fatto un passo im-
portante, e di apertura, verso tutte
queste realtà che lavorano duramente per aiutare le persone più emarginate, ma manca ancora qualche
passo per permettere una completa
innovazione del sociale in Italia.
Proposte UILS
comunicazione.
Le cooperative sociali, da un lato
sono soddisfatte per l’arrivo, finalmente, di una normativa che va in
aiuto di un mondo già così delicato
e difficile da gestire, dall’altro sono
deluse dall’inserimento di una soglia, per rientrare tra le imprese di
Claudia Annunziata
Sanità e salute pubblica
Scuola e disabilità: una nuova sfida per il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone
Autismo, 106 Sportelli in aiuto delle scuole
1 milione di euro per finanziare 106 Centri per l’autismo, uno per ogni provincia
L
a scuola, dopo la famiglia, rappresenta l’ambiente educativo e formativo più importante per lo sviluppo
del bambino. Tre le parole d’ordine
che la descrivono al meglio: interazione, integrazione e apprendimento. Tre
princìpi che devono valere per ogni
alunno, senza fare nessun tipo di distinzione. Ecco perché quando si parla
di autismo e disabilità le scuole devono
essere pronte a saper gestire e risolvere problemi di integrazione e inclusione degli alunni con autismo. Bisogna
conoscere bene la disabilità e le varie
difficoltà che produce in modo tale da
applicare ad essa strategie educative e
pedagogiche. Ogni ambiente scolastico deve essere sostenuto da appositi
Sportelli di supporto alle disabilità in
modo tale da far collaborare nella maniera più corretta e giusta possibile tra
loro insegnanti e familiari.
A farsi carico di questo compito è il
sottosegretario all’Istruzione e Presidente della Fondazione Italiana per
Autistici Davide Faraone. L’obiettivo è
quello di far aprire all’interno di ogni
Centro territoriale di supporto (CTS),
in totale 106, distribuiti a livello nazionale, un Centro per l’autismo. Tanti i
risultati che si vogliono raggiungere
con questo progetto: dare assistenza
e consulenza agli insegnanti sulle tecniche più efficaci da usare con alunni
autistici, favorire l’inclusione e l’integrazione scolastica di quest’ultimi,
incoraggiare la condivisione delle conoscenze e delle corrette pratiche da
utilizzare in materia di autismo. Insomma una scommessa da parte del
governo e soprattutto un aiuto per non
lasciare in balìa di loro stesse e delle
loro paure intere famiglie con a carico
un soggetto autistico.
Un piccolo passo che, si spera, porterà
a qualcosa. Prima di ciò, purtroppo,
di sostanziale da parte del governo è
stato fatto ben poco. L’approvazione
della prima legge nazionale sull’autismo, la n. 134, è stata un buon incipit
nell’affrontare questa tematica delicata e sempre più presente nelle realtà di numerose famiglie italiane. Tale
legge prevede interventi finalizzati a
garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e
l’inserimento nella vita sociale delle
persone con disturbi autistici. Tre i
punti fondamentali: l’aggiornamento
delle Linee guida sul trattamento dello spettro autistico estendendolo non
solo alla vita del bambino ma anche
all’adolescente e all’adulto. L’inserimento dell’autismo nei Lea, livelli
essenziali di assistenza, per garantire
uniformità di trattamento nelle varie
Regioni. Per concludere, l’impegno del
ministero della Salute a promuovere la
ricerca biologica, genetica, riabilitativa
e sociale.
Tutti questi princìpi sono assolutamente giusti e necessari per far fronte a questa disabilità. Tuttavia vi è un
aspetto negativo di tale legge che è stato soggetto di aspre critiche: la clausola di invarianza finanza. Fondi da parte del governo per aiutare in maniera
concreta famiglie con a carico un soggetto autistico non vengono elargiti.
Forse, la missione del sottosegretario Davide Faraone potrà trasformare
questo sogno in una realtà concreta.
Tuttavia, per la realizzazione di tale
progetto, servono liquidi, e molti. La
sua attuazione avviene grazie ai fondi
provenienti dalla legge 440 la quale
finanzia l’autonomia scolastica, per
un totale di 1 milione di euro. In apparenza una somma soddisfacente, ma se
la si suddivide per i 106 Sportelli che
devono essere finanziati, ecco che il risultato, purtroppo, è ben misero. Poco
meno di 10mila euro per ogni Sportello.
In conclusione, non può che sorgere
una domanda: si riuscirà ad avviare
questo progetto con una somma di
denaro così magra? Bisogna aspettare e vedere cosa succederà. Una cosa
è certa. L’autismo è una realtà viva e
concreta in Italia, un fenomeno sempre più in crescita. Le famiglie devono
essere tutelate e aiutate, oltre che dalle
numerose associazioni che si occupano di tale tematica, anche dal governo.
Che questo progetto sia veramente il
passo giusto e concreto per il raggiungimento di un importante obiettivo e
un reale aiuto per tutti coloro che vivono questa difficile realtà.
Giulia Simeone
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Proposte UILS
Sanità e salute pubblica
La dipendenza dal gioco è una malattia
Pronto il software anti-ludopatia
Troppo vincolante e costoso il software che “spia” i comportamenti delle persone. Ma intanto non
si blocca il proliferare dell’”industria del gioco” che frutta allo Stato 80 miliardi
L
12
a ludopatia (il gioco d’azzardo patologico) è una malattia grave. Il
ministero della Salute mette in guardia: «Chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa
patologia condivide alcuni tratti del
disturbo ossessivo compulsivo, ma
rappresenta un’entità a sé. È una condizione molto seria che può arrivare a
distruggere la vita. Durante i periodi
di stress o depressione, l’urgenza di
dedicarsi al gioco d’azzardo, per le
persone che ne sono affette, può diventare completamente incontrollabile, esponendoli a gravi conseguenze,
personali e sociali. La ludopatia può
portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio,
alla perdita del lavoro, allo sviluppo di
dipendenza da droghe o da alcol fino
al suicidio». Non è un problema da
poco, anche se non esistono statistiche attendibili. Secondo alcune stime
americane la ludopatia può interessare il 2-4% della popolazione. Secondo
l’Ipsad (Italian population survey on
alcohol and other drugs) dell’istituto
di fisiologia clinica del CNR di Pisa,
«la percentuale di persone tra i 15 e
i 64 anni che ha puntato soldi su uno
dei tanti giochi presenti sul mercato è
passata dal 42 al 47 per cento, circa 19
milioni di scommettitori, di cui ben 3
milioni a rischio GAP (gioco d’azzardo patologico)». Dati, per di più, in
preoccupante aumento anche tra gli
adolescenti: «Su 45 mila studenti delle scuole superiori e 516 istituti scolastici di tutta Italia, in un anno il 45,3
per cento degli studenti ha puntato
somme di denaro».
Il DDL 158/2012 ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza
(Lea), con riferimento alle prestazioni
di prevenzione, cura e riabilitazione
rivolte alle persone affette da questa
patologia. Per fronteggiare il fenomeno da qualche anno si parla del
“GRSystem” il nuovo software per la
prevenzione della dipendenza da gioco. Si configura come uno strumento
diagnostico e di analisi epidemiologica, in grado di fornire al regolatore
e ai concessionari dati certi sull’evolversi delle dipendenze da gioco e,
contestualmente, di intervenire con
messaggi di prevenzione al fine di
rendere cosciente il giocatore stesso
del suo eventuale stato di dipendenza.
Il paradigma adottato, rivoluzionando i tradizionali approcci alle problematiche legate alle ludopatie, è in
grado di eseguire sul singolo utente
una serie di operazioni coordinate:
dall’individuazione del profilo comportamentale del giocatore e dei suoi
futuri comportamenti, fino all’interazione con il giocatore in base al suo
profilo comportamentale. Il tutto al
fine di raccogliere dati certi sugli atteggiamenti di gioco sia dei singoli
utenti, sia della popolazione nel suo
complesso. Il GRSystem dovrebbe
fornire al Sistema Sanitario Nazionale uno strumento informatico in grado di analizzare la dinamica di gioco
degli utenti e stabilire se sussiste una
ludopatia oppure no.
Pur essendo la lotta alla dipendenza
da gioco fondamentale, resta da capire come si possa entrare nella vita delle persone in modo così opprimente,
per giudicare se i comportamenti posti in essere siano patologici o meno.
E poi colpiscono i costi del software.
La legge di stabilità dell’anno scorso
aveva destinato, nell’ambito delle ri-
sorse per il finanziamento del Servizio
sanitario nazionale, a decorrere dal
2015, una quota pari a 50 milioni di
euro alla prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie connesse alla
dipendenza da gioco d’azzardo. Una
quota di tali risorse, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni
2015, 2016 e 2017, è destinata alla
sperimentazione di «modalità di controllo dei soggetti a rischio di patologia, mediante l’adozione di software
che consentono al giocatore di monitorare il proprio comportamento, generando, conseguentemente, appositi
messaggi di allerta».
Qualcuno si chiede invece perché non
venga varata un’altra semplice e non
costosa proposta di legge che pur ha
già raccolto più di 200 adesioni tra
i parlamentari, e prevede con molta semplicità di introdurre il divieto
assoluto di pubblicità dell’azzardo
in ogni sua forma e con ogni mezzo,
stabilendo una sanzione a carico dei
trasgressori che va da un minimo di
50mila a un massimo di 500mila
euro.
La verità è che lo Stato biscazziere
non rinuncia agli introiti del gioco
Con 80 miliardi di raccolta l’Italia è
il paese in Europa, dopo l’Inghilterra,
dove si gioca di più ed è al 5° posto
nel mondo. L’industria del gioco è seconda per volume di vendita ad Eni
e prima a Fiat: la raccolta ammonta
al 4% del PIL e al 5% della spesa di
consumo delle famiglie. Le entrate
erariali beneficiano di oltre 9 miliardi
di euro. Continueranno a proliferare
videolotterie, slot machine, senza dimenticare i «gratta e vinci».
Monica Menna
L’Italia punta sulla cultura con l’Art bonus
Lotta a colpi di Fund raising
Proposte UILS
Turismo e attività culturali
Tra sgravi fiscali e sponsorizzazioni si tenta di salvare il Bel Paese
D
opo tanti anni di tagli finalmente nuovi fondi per incoraggiare la promozione del patrimonio artistico e culturale italiano,
un settore che, in un Paese ancora
in balia della crisi, si rivela l’unico
porto sicuro. La Legge di stabilità
prevede diverse novità: nuove assunzioni, incentivi fiscali, finanziamenti e più tutele per i beni storico artistici, cui saranno destinati
150 milioni di euro nel 2016, 170
milioni di euro nel 2017. Stando ai
dati, il bilancio del Ministero dei
Beni culturali dovrebbe dunque
crescere dell’8% nel 2016 e del 10%
nel 2017. La manovra generale approvata dal Consiglio dei Ministri
oscilla tra i 26,5 e i 29,6 miliardi di
euro, ad esclusione dei 3,1 miliardi della Clausola migranti dell’Unione Europea. Intervento straordinario e di grande portata per la
cultura e il turismo è il decreto n.
83 Art bonus, voluto dal ministro
del MiBACT Dario Franceschini,
passato con 159 voti favorevoli e
90contrari, decreto che riempie un
vuoto normativo, prima non esisteva nessun incentivo per chi volesse recuperare un bene culturale.
Nello specifico si tratta dell’agevolazione fiscale per le erogazioni liberali a sostegno della cultura, che
riconosce un credito d’imposta del
65% in tre anni dell’importo donato per il finanziamento d’interventi di conservazione, salvaguardia e
restauro di beni culturali pubblici,
per il supporto a organismi e luoghi della cultura pubblici e per la
realizzazione, la ristrutturazione
e l’incremento di strutture di enti
e istituzioni pubbliche dello spettacolo. Tutto ciò apre un capitolo
controverso nella storia culturale
italiana, con alcune tinte positive quali la stabilizzazione al 65%
dell’Art Bonus all’articolo 21, che
aiuta fiscalmente i donatori che
vogliono sostenere i beni culturali pubblici, finora 790 tra Enti,
imprese e privati cittadini hanno
ricevuto 34 milioni di euro per
adoperarsi con 272 interventi sul
patrimonio artistico. O ancora l’ar-
13
ticolo 24, che smaltisce la burocrazia, alzando a 15.000 euro il limite
entro il quale le donazioni di beni
effettuate da aziende non debbano
più seguire l’articolato iter che prevedeva una comunicazione scritta
all’amministrazione finanziaria e
alla Guardia di Finanza. Sul sito
http://artbonus.gov.it/ si legge
“Chiamata alle arti: Mecenati di
oggi per l’Italia di domani” con
l’invito “Diventa mecenate anche
tu”, che monitorizza le donazioni
e l’utilizzo dei soldi assicurando
a tutti la trasparenza. Nonostante tutto questo ad oggi i risultati
di città in città non sono di certo
stati trai migliori, a Roma è flop
ad esempio con il Teatro dell’Opera che ha raccolto solo 500.000
euro a fronte dei 37 milioni che si
era prefissato. La risposta a questa
“chiamata” è stata solo da parte di
quelle aziende con forti introiti per
i quali l’agevolazione era effettivamente utile, e che hanno potuto
attraverso le sponsorizzazioni fare
del mecenatismo una bacheca mediatica, rafforzando la propria immagine sul territorio, e arrivando
a una clientela nuova attraverso
l’iniziativa sponsorizzata, com’è
ovvio che sia. Oggi l’Art bonus for-
se proprio per il fallimento si apre
alla novità, chiamando all’appello
enti no-profit, cooperative o associazioni, il terzo settore, un mondo
vitale che anima in modo omogeneo il territorio nazionale, che entra nel grande girone del mecenatismo culturale, col rischio che se ne
dimentichino altri. E questo genera un ulteriore gioco fatto di squilibri e di rivalità sleali tra tutti i soggetti che fanno fund raising, usato
per incentivare le donazioni. Ales
(Arte lavoro e servizi spa) assimilerà Arcos (Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello
spettacolo spa) per “assicurare al
meglio l’erogazione di servizi culturali, la valorizzazione del patrimonio e le attività di Fund raising
(Art Bonus e sponsorizzazioni)”.
Sulle sponsorizzazioni si misurerà
dunque il destino della cultura, e
le motivazioni di quest’ultime dovrebbero essere più profonde della sola visibilità e dello sgravio
fiscale, per incentivarle occorre
altro, perché un ente dovrebbe investire nella cultura oggi in piena
crisi? Non si tratta di elemosinare
in vista di un’emergenza né di far
comprendere che la cultura porta
guadagni, sarebbe una concezione
della cultura funzionale e avvilente, ma credere fermamente che la
cultura porti benessere a livello
sociale e che non abbia solo carattere commerciale e pubblicitario. E
l’Art bonus è uno strumento ancora
troppo impreciso, che ripristina il
5 per mille ma indurisce le norme
per l’accesso a scuole e biblioteche,
moltiplica le tasse alle fondazioni
bancarie ma riduce la situazione
fiscale delle organizzazioni sociali,
e ciliegina sulla torta applica l’Iva
per gli interventi legati alle libere
Proposte UILS
14
Turismo e attività culturali
donazioni dei cittadini. Dulcis in
fundo chi donerà in cultura avrà
maggiori agevolazioni di chi donerà ai servizi socio assistenziali, alla scuola, in generale a tutti i
progetti di utilità sociale e per la
comunità. Ricordiamo che il Fund
raising, “raccogliere fondi“, deriva
dal verbo “to raise”, che in inglese
vuol dire anche far crescere, colti-
vare, sorgere, ossia incrementare i
fondi fondamentali a sostegno di
un’azione o di un progetto senza
scopo di lucro, perché valorizzazione non vuol dire speculazione, ma
questo a qualcuno sembra essere
sfuggito. Perché raccogliere fondi
per la cultura, oggi è ciò che fa risparmiare lo Stato, forse un giorno
toccherà alla sanità. Una politica la
nostra che punta dunque al risparmio e che non crea le condizioni
d’investimento, sensibilizzazione,
professionalizzazione e controllo
di qualità nel campo del fund raising, se lo facesse potrebbe risollevare non solo la cultura ma l’intero
welfare.
Maria Teresa Pontieri
La cultura in balia dell’algoritmo
Intervista a Geppy Gleijeses, direttore artistico
del teatro Quirino Vittorio Gassman
Il D.M del 1 luglio 2014 sta spazzando via moltissime realtà artistiche con modalità non proprio
trasparenti. Per questo è nato il Comitato della Difesa dello Spettacolo dal Vivo
S
embrerebbe proprio che il 2015
sia l’anno dell’algoritmo. Dopo
il terremoto nel comparto scuola,
dove il meccanismo incriminato ha
scatenato le polemiche di tutti gli
insegnanti costretti al trasferimento
per la cattedra, è arrivato lo tsunami
nel mondo dello spettacolo. Proprio
la cultura, che dovrebbe incarnare
quanto di più libero e creativo esista,
nel nostro Paese viene sottomessa a
conteggi automatici nel tentativo di
dare una spolverata ad alcuni fastidiosi problemi tutti all’italiana: disoccupazione, precariato, immobilismo ecc. Sotto i riflettori stavolta è
il D.M. del 1 luglio 2014, con cui la
Direzione Generale per lo Spettacolo
dal Vivo, che gestisce l’assegnazione e l’erogazione dei contributi FUS
(Fondo Unico per lo Spettacolo), ha
introdotto nuovi criteri di attribuzione. In parole povere, per richie-
dere il finanziamento, le imprese
culturali avrebbero dovuto presentare entro lo scorso gennaio un progetto triennale comprensivo di programmazione e budget: il 70% del
contributo assegnato sarebbe stato
affidato a criteri “automatici”, mentre solo il 30% alla decisione di una
commissione tecnica, che avrebbe
votato la qualità. La rivoluzione del
sistema delle contribuzioni doveva
essere imparziale e trasparente, e
gli operatori culturali erano davvero
fiduciosi. Il risultato è stato invece
l’esclusione di centinaia di imprese
artistiche dalla copertura economica, ritenute indegne secondo criteri
che MiBACT non ha voluto palesare.
Non è la prima volta che la cultura
fa da capro espiatorio in Italia, questo non è che l’ennesimo taglio mascherato da decreto. Fatto sta che di
fronte alla logica dell’algoritmo la
cultura non ci sta, e a Roma, presso
il teatro Quirino Vittorio Gassman, è
nato il Comitato per la Difesa dello
Spettacolo dal Vivo, un movimento
che vuole unire le voci delle imprese
e degli operatori culturali per denunciare pubblicamente il malfunzionamento del decreto. «Si è buttato
il bambino, non ancora lavato, con
l’acqua sporca!» afferma il direttore
artistico del teatro, Geppy Gleijeses.
«L’errore alla base del decreto è che
non dovremmo essere governati da
un algoritmo, da cui dipende il 70%
della nostra sovvenzione. È impossibile governare l’arte così. Il restante 30% di valutazione, che dovrebbe
essere qualitativa, vede l’amministrazione strumentalizzata dal Ministero: la commissione è stata privata
della sua funzione di giudicare. Non
è composta da gente che conosce le
nostre problematiche, come dimo-
strano scelte assolutamente inspiegabili.». Come esempio Gleijeses ci
porta Ugo Chiti, uno dei più grandi
drammaturghi italiani viventi, che
ha ricevuto 1 punto su 4 come direttore artistico di Arca Azzurra, un teatro che ha realizzato spettacoli davvero gloriosi. «La cosa più assurda»
– prosegue l’intervistato – «è che se
non ottieni 10 punti su 30 sei tagliato
fuori. E mi sembra improbabile che
compagnie storiche come la Molière
siano state bocciate per indegnità
con 9 punti. Le commissioni sono le
stesse dell’anno scorso. Com’è possibile che le programmazioni ritenute valide l’anno prima ora non lo
siano più? Per non menzionare le dimissioni dalla Commissione musica
della compositrice Silvia Colasanti
(unica musicista all’interno dell’organo) avvenute a lavoro non ancora
concluso, le cui ragioni potrebbero
essere facilmente ricondotte all’uso
distorto e non certamente tecnico
del giudizio di qualità della commissione stessa. Probabilmente non
c’erano risorse sufficienti per sostenere tutti gli operatori del settore
seguendo pedissequamente i criteri
matematici impostati dal D.M., perché evidentemente i totali dati dal
sistema erano troppo alti.». I conti,
insomma, proprio non tornano, e di
conseguenza le adesioni al comitato
sono state molte nella giornata della
prima manifestazione, lo scorso 26
ottobre. Gli operatori culturali sono
decisi a non essere nemici di nessuno, soprattutto perché la riforma era
necessaria: doveva portare al ricambio generazionale e alla ridistribuzione equa delle risorse con l’abolizione delle rendite di posizione. Il
punto è che qui lo Stato sembra voler
imporre una linea culturale distruttiva, elitaria, tirannica, che zittisce
la libertà di espressione, aggioga l’originalità italiana, imponendo una
non così latente forma di censura.
Alessia Pizzi
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Turismo e attività culturali
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Proposte UILS
Recensioni
musica
Chris Cornell ritorna solitsta
con Higher Truth
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Il 2009 non è certo stato un anno favorevole per Chris Cornell, dopo l’album
“Scream” in coppia con Timbaland,
che non ha ricevuto pareri positivi e
commenti entusiasti, il cantante degli
Audioslave e dei Soundgarden torna
con “Higher Truth” rilanciando la sua
carriera solista. Il nuovo album si colloca per certi versi alla fine di “Euphoria Mo(u)rning”, Cornell riparte dalle
origini con un suono migliorato seppur basato su chitarre non amplificate
. Lo stile è quello tipico del rock anni
90, con sfumature puramente grunge,
e il risultato è buono per gli amanti
del genere, anche se l’artista non disdegna l’utilizzo di beat e campionamenti elettronici che potrebbero far
supporre un futuro ritorno a sonorità
più moderne.
Sabrina Spagnoli
libri
“Ognuno potrebbe”
di Michele Serra
Feltrinelli, pagine 160, euro 14
Michele Serra nel suo nuovo libro analizza con un romanzo le generazione dei
trentenni italiani, l’apatia che li pervade, l’essere disadattati e l’immobilismo
che li attanaglia. “Ognuno potrebbe” è
il titolo di questo volume di 160 pagine,
edito da Feltrinelli (14 euro). Il protagonista è Giulio, ha 36 anni e vive ancora
a casa con la madre e non ha nessuna
intenzione di andare a vivere con la sua
fidanzata Agnese. Si sente sempre fuori
posto, non condivide lo stile di vita dei
suoi coetanei e il loro ego spropositato,
odia i cellulari. Ma allo stesso tempo è
svogliato, apatico e non ha nessuna intenzione di cambiare la sua vita e ciò
che non gli sta bene. La falegnameria
del padre che ha ereditato sta fallendo,
non avendo lui nessuna dote manuale, e
sta lì, immobile anch’essa, non si decide
a venderla né a farla diventare produttiva. È un libro malinconico ma allo stesso tempo con il suo sarcasmo vuole colpire l’apatia che ha colpito buona parte
di un’intera generazione.
Claudia Annunziata
mostre
I Lego si trasformano in Arte al Set, Spazio Eventi Tirso, nel cuore di Roma
Chi da piccolo non ha mai giocato con
Milo”, o addirittura in un dinosauro
i Lego?
lungo più di 7 metri. Inutile dire che
Piccoli mattoncini colorati di plastica
tutte, ovviamente, sono opere reache nelle mani dei più piccoli, con un
lizzate esclusivamente con i Lego.
pizzico di immaginazione e fantasia,
Insomma, questo mattoncino diviesi trasformavano nel gioco più diverne una vero e proprio strumento per
tente in assoluto. Ecco, i Lego sorcreare arte. Per chi non fosse ancora
prendono ancora. Da piacevole svago
convinto, basta dire che la Cnn ha
si trasformano in vere e proprie opedefinito “The Art Of the Brick” una
re d’arte. L’artista che è riuscito a fare
delle dieci mostre da non perdere al
ciò è Nathan Sawaya. La mostra dove
mondo. Un’esposizione accessibile
si può ammirare il suo straordinario,
a tutti, bambini e adulti i quali, in
fantasioso e creativo lavoro è “The
questa occasione, potranno ritoccare
Art of the Brick” e si tiene a Roma al
con mano la loro infanzia e far riviveSet, Spazio Eventi Tirso, in via Tirso
re per un giorno il fanciullo che vive
nel quartiere Salario, dal 28 ottobre
dentro loro.
al 14 febbraio.
Costo: Adulti € 15, 50 / Bambini €
Sono 80 le opere che si possono am11,50
mirare, tutte creazioni in 3D, che traOrari: aperto tutti i giorni dalle 10.00
scinano lo spettatore in un mondo
alle 20.00. Venerdì e sabato dalle
fatto di immaginazione, colore, fan10.00 alle 23.00. Domenica dalle
tasia e movimento. Durante il per10.00 alle 21.00
corso ci si può imbattere nella “Gioconda”, nell’ “Urlo”, nella “Venere di
Giulia Simeone
Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900-1940
Fino a domenica 17 gennaio 2016, il
Palazzo delle Esposizioni di Roma,
in collaborazione con il Musée
d’Orsay di Parigi, ospiterà la mostra dal titolo “Una dolce vita? Dal
Liberty al design italiano. 19001940”, una rassegna che mette in
vetrina l’evoluzione dello stile artistico italiano, dagli inizi del XX secolo fino al principio della seconda
Guerra Mondiale. Per esplorare un
simile contesto, l’esposizione procede attraverso un percorso cronologico composto da un centinaio di opere e basato su un dialogo
continuo tra arti decorative e arti
plastiche. Si parte dall’affermazione dell’Art Nouveau, noto in Italia
come “stile Liberty” o “floreale”,
con le opere di artisti come Carlo Bugatti, Galileo Chini, Eugenio
Quarti, Ernesto Basile, Carlo Zen,
grazie ai quali, la corrente divenne protagonista dei primi del ‘900.
Per passare poi al “Futurismo”,
con i manufatti di Giacomo Balla
e Fortunato Depero, che delineano
uno stile “antipassatista”, opposto
al gusto Liberty, divenuto lo stile
Como), a cui si avvicinano le opere
astratte di Fontana, Melotti e Licini, che vengono ospitate in questa mostra. Infine, viene messo in
scena lo stile razionalista, con le
opere degli artisti Albini, Baldessari, Figini e Pollini, che segnano
il passaggio verso la produzione
industriale e il design nella sua accezione moderna.
Michele Santoro
INFORMAZIONI
dominante della classe borghese.
Gli anni del “Ritorno all’ordine”
vengono rappresentati dal recupero della cultura classica, che assume in Italia diverse declinazioni
nell’ambito delle arti plastiche e
decorative. Tra le versioni più interessanti troviamo la “Metafisica” di De Chirico e di Savinio, e il
“Realismo magico” il cui maggiore
rappresentante fu Felice Casorati.
Durante il Fascismo, il regime seppe tuttavia aprirsi agli esperimenti
modernisti di artisti quali Giuseppe Terragni e Mario Radice (gli autori della famosa Casa del Fascio di
Luogo: Palazzo delle Esposizioni, via
Nazionale 194
Orario apertura: Domenica, martedì,
mercoledì e giovedì dalle 10:00 alle
20:00. Venerdì e sabato dalle 10:00
alle 22:30 - lunedì chiuso
Telefono: Costo:
+39 06 39967500
Intero 12,50 €
Ridotto 10,00 €
Proposte UILS
Recensioni
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Proposte UILS
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Recensioni
eventi e mostre
Balthus la retrospettiva e l’atelier, Scuderie del Quirinale / Villa Medici dal 24-10-2015 al 31-01-2016
biglietti : Intero 12 euro - Ridotto 9,50 euro
Roma dedica all’’ultimo pittore’
che lasciava parlare i quadri, Balthus, pseudonimo di Balthasar
Kłossowski de Rola, una grande
mostra monografica divisa in due
sedi, Scuderie del quirinale e Villa
Medici. Circa duecento opere, tra
quadri, disegni e fotografie, provenienti dai più importanti musei
europei ed americani oltre che da
prestigiose collezioni private, dividono la mostra in due viaggi intensi all’interno della vita dell’artista
francese, interprete dello spirito
romano del primo Rinascimento
italiano. Fino al 31 gennaio 2016
è possibile visitare le Scuderie del
Quirinale, con una completa retrospettiva organizzata intorno ai
capolavori più noti; Villa Medici,
invece, con un’esposizione che, attraverso le opere realizzate durante
il soggiorno romano, mette in luce
il metodo e il processo creativo di
Balthus: la pratica di lavoro nell’atelier, l’uso dei modelli, le tecniche,
il ricorso alla fotografia. Nelle sue
opere sono anche presenti evidenti
riferimenti allo stile di Giorgio de
Chirico e al movimento surrealista
di Andrè Breton. Balthus appartiene alla corrente dell’iperrealismo e
dell’espressionismo, ha dipinto soprattutto figure umane (giovani e
adolescenti) in un’epoca in cui l’arte figurativa è stata sostanzialmente ignorata e trascurata. Attualmente è riconosciuto dalla critica
come uno dei più importanti artisti del XX secolo. La mostra sarà
aperta da domenica a giovedì dalle
10.00 alle 20.00, venerdì e sabato
dalle 10.00 alle 22.30.
Marianna Naclerio
“Dal Musée d’Orsay IMPRESSIONISTI. Tête à Tête”
Complesso del Vittoriano, Roma
fino al 7 febbraio, si possono ammiFino al 7 febbraio 2016
rare nella capitale, al Complesso del
Biglietti: 12 euro (intero) - 9 euro (ri- Vittoriano. Una rassegna di sessanta
dotto)
opere, tra quadri e sculture, in cui si
L’impressione del pittore fissata sulla mette in luce la dolce vita parigina
tela. Questa l’essenza del movimento della seconda metà ’800, attraverso
Impressionista. Nato senza alcuna gli occhi dei pittori che quell’epoca
regola, se non quella di rompere i ri- l’hanno vissuta, apprezzata e dipinta.
gidi canoni imposti dall’Accademia, Ritratti di letterati, pensatori e artiper dipingere la vita moderna e reale, sti, immersi nella loro dimensione
a diretto rapporto con la natura. Ri- personale e mondana. Uno spaccato
trarre la contemporaneità delle cose. di società riconoscibile dai volti, daCon questo spirito dipingevano De- gli oggetti, dagli accessori, attraverso
gas, Manet, Renoir, Rodin, Cezanne, una rivoluzione stilistica degli sguarPissarro, Morisot. Tutta la schiera di di di cui solo il movimento imprespittori che nel 1874, nello studio del sionista fu portavoce.
fotografo francese Nadar, ha dato
Chiara Arroi
vita all’Impressionismo e che oggi,
w
“Raffaello, Parmigianino, Barocci - Metafore dello sguardo”
Musei Capitolini, Piazza Del Campidoglio, 1, Roma
Ingresso: €15,00
I Musei Capitolini ospitano fino al
10 gennaio 2016 una mostra senza
precedenti: a confronto tre giganti dell’arte italiana; nella fattispecie
Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (1503-1540), e Federico Barocci (1535-1612) vengono accostati all’antecedente Raffaello, di cui
entrambi sono emulatori ed eredi.
“Raffaello, Parmigianino, Barocci” è
il nome del percorso espositivo che
consente all’osservatore di riconoscere il lascito dell’Urbinate nelle opere
esposte, per lo più disegni e stampe
che immergono nel meticoloso lavoro di ricerca nascosto dietro questi capolavori cinquecenteschi. Non
mancano all’appello anche dei dipinti selezionati, un valore aggiunto per
comprendere a fondo la sintesi delle
diverse tradizioni culturali: spicca
su tutti il “Riposo durante la fuga in
Egitto” di Barocci. “Metafore dello
sguardo” è il sottotitolo dell’allestimento, un eloquente invito a comprendere lo sviluppo del genio raffaelliano e a coglierne le evoluzioni nei
prodotti artistici di chi ha abbracciato pienamente i suoi insegnamenti.
Alessia Pizzi
onciliazione CILA è il nuovo organismo di mediazione
civile e commerciale, costituito
per trattare tutte le materie previste dalla normativa di conciliazione obbligatoria, iscritto
nel Registro degli Organismi
di Mediazione al numero 1035.
Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una
controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione,
successioni ereditarie, patti di
famiglia, locazione, comodato,
affitto di aziende, risarcimento
del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da
diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di
pubblicità, contratti assicurativi,
bancari e finanziari deve rivolgersi obbligatoriamente ad un organismo di mediazione autorizzato
dal Ministero di Giustizia, prima
di iniziare un procedimento civile. Ci sono però anche altre possibilità di mediazione su diritti
che rientrano nella disponibilità
delle parti. La mediazione, introdotta con il d.lgs 4 marzo 2010
n.28, è un sistema di risoluzione
delle controversie relative a diritti
disponibili alternativo al processo civile. Comporta vantaggi so-
prattutto in termini di celerità
nella decisione e di costi molto
vantaggiosi. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi
al procedimento di mediazione
sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto
di qualsiasi specie e natura. Per
informazioni è possibile rivol-
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