Dicembre 2015 www.uils.it Editoriale Anno II - n. 12 Le cause: cronico eccesso di offerta di risparmio sulla domanda di investimenti Secular stagnation Le soluzioni: una miscela virtuosa tra riforme strutturali e politiche di rilancio degli investimenti S Antonino Gasparo, presidente UILS Di fronte ai terribili avvenimenti che nelle ultime settimane hanno sconvolto l’Europa e il mondo intero, in cui ancora una volta a pagare il prezzo della follia disumana sono state delle vittime innocenti, appare inevitabile una riflessione sulle dinamiche economiche, politiche, sociali, che hanno condotto il mondo a questa terribile condizione. Inevitabile, ancora una volta constatare come dietro tutto questo si celi fondamentalmente la mancata applicazione del principio di giustizia sociale, e di come la follia umana peschi a piene mani nel mare della disperazione. Ci sono dei poteri superiori, politici, economici, che fanno capo a privatissimi interessi personali, che per troppo tempo hanno abusato, e continuano ad abusare, delle difficoltà o delle incapacità di altri soggetti di sfruttare le proprie risorse, e che hanno convogliato l’interesse del potere capitalistico proprio in quei territori, portandoli a stipulare accordi e compromessi. Ma la storia è sempre pronta a chiedere il conto delle scelte sconsiderate, che molto spesso si traducono in politiche di distruzione e a pagarne il prezzo, purtroppo, sono sempre delle vittime innocenti, a pag.2 e ne è parlato a Lima, in ottobre, alle riunioni del Fondo monetario internazionale. Del grave problema di crescita che continua ad affliggere il pianeta. Non un malanno ciclico. Non il riflesso dell’ennesima crisi finanziaria. Qualcosa di più profondo, che lima al ribasso le progressioni di incremento dei volumi come dei prezzi. Qualche numero. Tra il 2000 e il 2007 il mondo cresceva del nove per cento, crescita reale più inflazione. Negli anni di ripresa compresi tra il 2010 e il 2014 il nove è diventato otto. Nel 2015 potrebbe scendere intorno al sei per cento, con tre punti di crescita reale e altrettanti di inflazione. Nei vent’anni finali dello scorso secolo la somma tra crescita reale e inflazione del mondo viaggiava stabilmente su incrementi annui a due cifre. Più di altri, la sindrome decelerativa affligge l’Europa dell’euro. Tra il 2000 e il 2007 crescevamo di oltre quattro punti l’anno. Nel quinquennio 2010-14 siamo scesi sotto il tre per cento. Quest’anno andremo sotto i due punti, affossati da un’inflazione che non riesce ancora a risollevarsi dallo zero. Tra il 1997 e il 2007 il valore corrente del PIL dell’eurozona crebbe da sei ai nove trilioni di euro. Dal 2010 ad oggi procediamo lentamente nell’intorno dei dieci trilioni. Più che altre parti del mondo, l’Europa della moneta unica può essere vista come il laboratorio di elezione di quello che gli economisti definiscono come un caso di “secular stagnation”, di stagnazione a lungo termine. Il riferimento è al modello interpretativo elaborato nel 1939 da Alvin Hansen che individua nel formarsi di un cronico eccesso dell’offerta di risparmio sulla domanda di investimenti la causa della stagnazione. Quando viene meno la spinta ad investire tutto il risparmio disponibile, il futuro dell’economia, sostiene Hansen, rischia di divenire una successione di “incerte riprese che muoiono nella loro infanzia e di depressioni che si avvitano su se stesse”. Per sciogliere il nodo della stagnazione servirebbe risparmiare un po’ meno, e, soprattutto, investire molto di più. Non è cosa semplice. Specie quando gli arsenali, convenzionali e non, delle politiche monetarie sono stati già largamente e da tempo utilizzati, i tassi nominali di interesse sono al limite zero della loro escursione e le spinte deflattive impediscono un calo dei rendimenti reali. Ricucire il nesso tra risparmio e investimenti non è facile in un mondo dove il costo del denaro è dappertutto basso, ma il costo del capitale rimane talvolta elevato, specie per le piccole imprese. In un mondo dove continua ad affermarsi una sproporzione dimensionale tra i mille trilioni di dollari della finanza globale e i meno di cento trilioni del PIL del pianeta. La sproporzione di una finanza così abbondante e così mobile rispetto alle assai meno numerose occasioni di investimento produttivo genera volatilità e incertezze che alimentano nuovo risparmio precauzionale e, quindi, nuovi rischi di stagnazione. Per rompere il circolo vizioso occorre a pag.2 Proposte UILS 2 da pag.1 vittime della follia, vittime del fanatismo religioso, vittime di una disperazione che viene strumentalizzata dalle menti deviate e organizzate del terrorismo e nell’ambito della quale, fanno proseliti. Molto spesso, infatti, quella della disperazione è l’unica arma per attirare l’attenzione mondiale. Indice Primo piano 1-2 Editoriale 1-2 Secular stagnation Analisi 3 Occupazione, crescita e aiuti alle imprese con il piano Junker Politica internazionale 4-5 Combattere ISIS sul terreno della tecnologia: il ruolo fondamentale dei giovani Politica economica 6 Crediti Risk Regulation: PMI in pericolo Lavoro e welfare 7 Tutti pazzi per il Servizio Civile 8 Il Caso Garanzia Giovani dopo un anno di flop Scuola e formazione 9-10 A scuola con il carrello della spesa Ambiente e territorio 10 Arriva l’agricoltura sociale Sanità e salute pubblica 10-11 Autismo, 106 Sportelli in aiuto delle scuole 11 Pronto il software anti-ludopatia Turismo 12 Lotta a colpi di Fund raising 13 Intervista a Geppy Gleijeses, direttore artistico del teatro Quirino Vittorio Gassman Recensioni Editoriale La UILS si unisce al cordoglio e nella ferma condanna di atti di terrore che minano la sicurezza, la libertà e il quieto vivere delle popolazioni inermi, ma al tempo stesso, si schiera contro gli interventi armati di qualsiasi genere, che non risolvono i problemi, e non fanno che aumentare la violenza in un escalation verso la distruzione totale. Quello che dovrebbe prevalere, in questi casi è il buon senso, la saggezza umana, affinchè si prenda atto della situazione e ci si impegni, tutti, verso la realizzazione di una maggiore giustizia sociale, sia a livello locale che a livello mondiale. Deve prevalere l’interesse morale, bisogna mettere da parte odio, dissensi personali, in favore del bene comune al fine di conservare il precario equilibrio che è alla base dell’interesse e della sicurezza di tutti. E’ questa la grande responsabilità delle Istituzioni in generale e dell’uomo politico in particolare: sono i politici, i nostri rappresentanti, quelli che per mandato costituzionale esercitano il potere e che, per far fronte a questo mandato, devono schierarsi in prima linea a favore di una maggiore e diffusa giustizia sociale, dando il buon esempio, come il buon padre di famiglia. Se non lo fanno, sono i primi colpevoli, i soli responsabili. Come affermava Bettino Craxi che la UILS intende ricordare, “Quando la politica perde di vista i problemi reali diventa politicante” . scavare a fondo. Per uscire dalla trappola della stagnazione serve agire sulle determinanti di fondo dello sviluppo che si chiamano demografia, innovazione, ambiente. Oltre alle pagine di Hansen si potrebbe rileggere quanto Stanley Jevons teorizzava esattamente 150 anni fa a proposito del carattere paradossale di un modello che ha funzionato per un secolo e mezzo. Nel paradosso di Jevons, a quadrare il cerchio tra risparmi e investimenti e a garantire la crescita è l’apporto virtuoso delle nuove tecnologie. Tecnologie che creano più di quanto distruggono, in termini di consumi come di lavoro, e che riescono a superare i limiti nel prelevamento di risorse dalla demografia e dall’ambiente. Oggi il paradosso jevonsiano della crescita sembra aver perso smalto. La rivoluzione del digitale prefigura dei contraccolpi importanti sui mercati del lavoro. L’invecchiamento delle popolazioni e il cambiamento del clima stringono limiti, di offerta e di domanda, prima molto più laschi. Per rimetterci in moto serve una miscela virtuosa tra riforme strutturali e politiche di rilancio degli investimenti. Da sole, né le une né le altre sono sufficienti. Insieme, riforme strutturali e politiche di rilancio sono necessarie per evitare l’insopportabile spreco di un eccesso di risparmio che nell’area euro ogni anno ammonta a più di 200 miliardi di euro, il 2% del PIL. Il dato è contenuto nel recente rapporto del governo francese coordinato da Francois Villeroy de Galhau. Canalizzare queste risorse preziose a investimenti amici del lavoro come dell’ambiente è un passo da non mancare nella stagione appena aperta dei budget 2016 delle finanze pubbliche europee. da pag.1 Massimo Filippo Marciano Analisi Occupazione, crescita e aiuti alle imprese con il piano Junker Luglio 2015 è una data da ricordare: per la prima volta dall’inizio del 2012 i prestiti al settore privato nell’area euro sono risultati in crescita oltre l’1%. Il dato, di per sé non particolarmente alto, è però un’ulteriore conferma della ripresa del credito che, pur a piccoli passi, sembra avviata verso un percorso di crescita stabile. Assumendo come riferimento l’inizio del 2009, nel luglio scorso l’ammontare dei prestiti era ancora al Proposte UILS Analisi 3 di sotto dell’anno base, fatta eccezione per il settore famiglie: i prestiti alle società non finanziarie sono più bassi di circa 570 miliardi a fronte dei 365 miliardi in più accordati alle famiglie. L’ultimo Bollettino Economico della Bce conferma l’andamento favorevole dei fattori di domanda e di offerta che, nel complesso, hanno determinato un miglioramento delle condizioni del credito. Sull’offerta ha inciso una più accesa concorrenza tra gli istituti di credito, con restrizioni dei margini; parallelamente si è registrato un incremento della domanda netta da parte delle imprese. Il miglioramento dei prestiti alle imprese rilevato negli ultimi mesi nelle principali economie Uem compensa solo in parte la contrazione accumulata da inizio 2009A luglio scorso, rispetto a gennaio di sei anni fa, i numeri indici segnalavano ancora uno scarto di -6, -44 e -7 punti percentuali rispettivamente per Germania, Spagna e Italia; fa eccezione la Francia dove i prestiti alle imprese sono aumentati del +7% nell’intero periodo. Un recente studio della Bce attraverso l’analisi di indicatori di bilancio delle società non finanziarie integrati con i risultati delle indagini sull’accesso al credito ha evidenziato come la posizione finanziaria della imprese e la disponibilità di finanziamenti siano stati fattori determinanti nell’influire sulle decisioni di investimento e di conseguenza sulla capacità di generare reddito e valore aggiunto. Questa fragilità finanziaria delle imprese europee (e in particolare italiane) ha esacerbato gli effetti negativi della crisi. Particolarmente importante è risultato il livello di indebitamento delle imprese che, tra i paesi dell’area euro, si conferma elevato soprattutto nei confronti del sistema bancario, anche se in riduzione. L’attestato legame tra l’andamento dei finanziamenti, degli investimenti e del ciclo economico si è manifestato con maggiore evidenza nella scorsa crisi economica. Negli anni di recessione un’ampia parte del contributo negativo alla crescita è venuto proprio dagli investimenti penalizzati, oltre che da una domanda moderata e bassi livelli di utilizzo della capacità produttiva, anche dalla necessità delle imprese di attuare un processo di riequilibrio finanziario. I riflessi sfavorevoli sull’economia dei mancati investimenti delle imprese hanno sollecitato numerose analisi e spinto le istituzioni nazionali e sovranazionali alla ricerca di misure in grado di riavviare il ciclo su un trend di crescita robusto. A livello europeo il Fondo strategico per gli investimenti (EFSI), istituito nell’ambito del piano Juncker, inizierà a essere operativo il prossimo ottobre con il finanziamento di cinque progetti Sempre nell’ambito del piano Juncker è stato inoltre avviato ad inizio anno il progetto di unione dei mercati dei capitali tra i 28 stati membri da rendere pienamente funzionante dal 2019. Le finalità sono molteplici: oltre quella di favorire occupazione e crescita, Proposte UILS 4 Analisi risulta essenziale aiutare le imprese, soprattutto le Pmi, a diversificare le fonti di capitale consentendo loro di raccogliere fondi in qualsiasi paese europeo. La possibilità di poter ampliare le fonti di finanziamento delle imprese, infatti, è un tema che la recente crisi economica ha fatto emergere in tutta la sua importanza. In Italia il miglioramento del credito si sta manifestando in misura più attenuata rispetto all’area euro: a luglio l’andamento dei prestiti al settore privato depurato dell’effetto delle cartolarizzazioni è risultato marginalmente negativo (-0,6%) con i finanziamenti alle imprese ancora in flessione (-1,1%) anche se in misura più contenuta rispetto ai mesi precedenti e una crescita pressoché nulla (+0,3%) di quelli alle famiglie. A luglio lo stock dei prestiti alle imprese residenti in Italia era pari a 810 mld, 21 in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Soprattutto per i prestiti alle imprese, diverse istituzioni attendono una ripresa più sostenuta nei prossimi mesi pur senza tornare agli incrementi sperimentati nel passato. Per il momento, le rilevazioni della Banca d’Italia segnalano un aumento delle erogazioni: nei 12 mesi terminanti a luglio la somma cumulata dei flussi mensili dei nuovi prestiti è cresciuta del 13% a/a. In particolare la crescita è stata trainata dai finanziamenti oltre €1 milione (+18%), ma anche quelli al di sotto di questa soglia hanno registrato un buon incremento (+5,8%). Relativamente ai prestiti destinati agli investimenti in attrezzature e macchinari si rileva quantomeno un arrestarsi della caduta che aveva caratterizzato il recente passato: nei quattro trimestri terminanti a marzo 2015 le erogazioni a lungo termine sono state 31 mld contro i 29 mld di un anno prima. Numerosi gli interventi a favore del comparto produttivo anche nel nostro paese per supportare le famiglie ma soprattutto le imprese nella recente difficile fase congiunturale. L’accordo sul credito, il rafforzamento del Fondo di Garanzia, la progressiva estinzione dei debiti della PA, la promozione del Codice italiano pagamenti responsabili, l’emissione dei minibond, l’Aiuto alla Crescita Economica, i benefici fiscali per chi investe in fondi di venture capital sono solo alcuni dei provvedimenti presi. È stato inoltre consentito erogare credito alle imprese anche alle assicurazioni (con l’esclusione delle microimprese) pur in compartecipazione con una banca o con un intermediario finanziario autorizzato; sono stati poi istituiti i “fondi di credito” che in qualità di organismi di investimento collettivo del risparmio possono destinare i fondi raccolti all’erogazione diretta del credito. L’accordo sul credito 2013, scaduto a marzo scorso e rinnovato fino a fine 2017, nel periodo di operatività ha consentito alle imprese di beneficiare di 1,8 mld di liquidità sospendendo il pagamento delle rate a debiti contratti per 14,6 mld. A giugno le domande accolte dal Fondo Centrale di garanzia hanno sfiorato le 50mila unità, in aumento del 17% su base annua, i finanziamenti sono stati pari a €7,3 mld (+22,8%) mentre l’importo garantito è salito a €4,9 mld (+32,1%). Massimo Filippo Marciano Politica internazionale Sicurezza nazionale e terrorismo islamico Combattere ISIS sul terreno della tecnologia: il ruolo fondamentale dei giovani Strategie peer-to-peer, interattività e abbandono dell’approccio verticale a favore di quello orizzontale, tipico di Twitter e Facebook: questa l’essenza della contro-propaganda ISIS Che i gruppi estremisti utilizzino da molti anni internet come strumento di propaganda non è più una novità. Indubbiamente, però, la capacità di reclutamento on line di seguaci da parte di ISIS (oggi semplicemente IS, Stato Islamico) non ha precedenti. Il gruppo terroristico che fa capo ad al-Baghdadi, infatti, è finora l’unico gruppo islamico che è riuscito ad attrarre 25mila stranieri, provenienti da oltre 100 paesi diversi, per combattere la jihad in Siria e Iraq. Il ruolo di internet nella radicalizzazione Secondo uno studio condotto dalle autorità tedesche su 670 casi di jihadisti che hanno lasciato la Germania alla volta della Siria o dell’Iraq a giugno del 2015, nel 30 per cento dei casi internet ha giocato un ruolo de- terminante nel processo di radicalizzazione. Per gli analisti dell’agenzia di sicurezza federale per la protezione della Costituzione, dell’ufficio federale anti-crimine e del centro di informazione e competenza dell’Assia contro l’estremismo, infatti, il tanto temuto reclutamento nelle prigioni è avvenuto solo in nove casi. Anche Amarnath Amarasingam, ricercatore dell’Università di Waterloo che co-dirige uno studio sui combattenti occidentali in Siria, conferma il rischio: “Ci sono Foreign Fighters provenienti da Paesi molto diversi tra loro. La campagna di Isis sui social media si è rivelata lo strumento più efficace per mobilitare le persone e farle aderire alla loro causa estremista”. Le grandi aziende come Google questo lo sanno. Ma purtroppo, dichiara Victoria Grand, Direttore area Comunicazione e Policy di Youtube: “Impedire agli estremisti l’utilizzo dei social media è impossibile”. Scrive, infatti, David Talbot su Technology Review: Si possono chiudere gli account ed eliminare i video cruenti diffusi dai terroristi; condividere con le Forze dell’Ordine informazioni utili a fermarli; finanziare le agenzie governative che investono nella sensibilizzazione delle comunità musulmane attraverso i socialnetwork. Oppure promuovere i siti web di quelle ONG che confutano i messaggi di Isis con l’aiuto di leader religiosi che mettono in luce le interpretazioni pacifiche del Corano. Ma tutto ciò non è sufficiente. Manca, ancora un impegno concreto per creare un contatto on line one-to-one con quei soggetti che più rischiano di essere persuasi dai messaggi di ISIS. E i messaggi di sensibilizzazione messi in atto dai governi, di solito, non solo non sono attraenti e sexy come quelli dell’ISIS, ma non sono neppure interattivi”. In che senso la contro-propaganda per essere efficace deve essere interattiva? Un buon esempio arriva dall’Institute for Strategic Dialogue, un think tank di Londra che, utilizzando quella che viene definita strategia peer-to-peer, è recentemente riuscito ad evitare che 160 persone a rischio di radicalizzazione su Facebook cedessero alla tentazione di arruolarsi nell’esercito dello Stato Islamico. La strategia messa in atto dall’istituto londinese prevede, tra gli altri progetti, Extreme Dialogue (Dialogo Estremo). Si tratta di una campagna che, attraverso serie televisive, cortometraggi e altre risorse educative, disponibili su internet e in particolare sui social, punta a a ridurre il fascino che l’estremismo esercita su molti giovani, e a promuovere la discussione attiva sulle sfide con le quali ISIS ci costringe a confrontarci. Socialnetwork, nuove generazioni e uso di una corretta contro-narrativa D’altro canto, proprio i giovani sono, per la presidente Rai Monica Maggioni, presente ad una Conferenza che Proposte Uils ha seguito, la chiave per contrastare efficacemente la propaganda estremista: “Oramai anche i grandi eventi avvengono nei socialnetwork, prima che nei grandi discorsi ufficiali. ISIS, in particolare, ci sorprende utilizzando due modalità comunicative agli antipodi. Si organizza, si struttura e si attiva nella dimensione web, molto più che in quella reale. Ma poi dentro i territori controllati dallo Stato Islamico si muove con i pizzini. Ha, cioè, capito che i grandi messaggi devono essere veicolati su scala globale, ma che se sul terreno si comunica con i telefonini il rischio di essere controllati, e quindi ostacolati, aumenta esponenzialmente. Ecco che allora diventa importante costruire bene la nostra contro-propaganda online. In questo, l’aiuto che ci possono dare le giovani generazioni e la loro innata familiarità con le nuove tecnologie gioca un ruolo determinante”. Studiare a fondo la comunicazione di ISIS appare il modo più efficace per contrastarla, utilizzando i loro stessi strumenti tecnologici. “La caratteristica dominante la comunicazione di IS – scrivono Marco Arnaboldi e Lorenzo Vidino nell’e-book “Twitter e Jihad” – è l’abbandono della logica verticale a favore di un approccio orizzontale dal basso verso il basso in grado di creare un ambiente comunicativo nel quale ogni destinatario e consumatore è un potenziale mittente e produttore di materiale. (…) Seppure siano state aperte delle pagine web ufficiali (soprattutto blog) per alcuni dei gruppi Sharia4 (uno dei network che rende possibile il collegamento fra individui europei e cellule jihadiste in loco, nda) e quindi si sia conservata una certa quota di verticalità comunicativa, con il tempo i vari membri dei raggruppamenti hanno iniziato a operare in maniera autonoma tramite account personali su Twitter e Facebook. Il materiale condiviso ha quindi preso a circolare in forma decentralizzata, definendo in questo modo un aumento vertiginoso di potenziali destinatari e di know-how creativo”. Stessa cosa dovrebbe fare, dunque, l’Occidente secondo Paolo Magri, Vide Presidente di ISPI: “È necessario stroncare sul nascere il tentativo di farsi cassa si risonanza. Dobbiamo lavorare sui contro-messaggi di de-radicalizzazione, per fare in modo che parole di pace passino attraverso gli stessi mezzi su cui ora, invece, passano parole di morte”. E una delle prime cose da fare, avverte Magri, sarebbe evitare di utilizzare le parole che loro ci impongono. A partire dal marchio, Stato Islamico, che il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, è stato uno dei primi a rifiutare. Sarebbe più corretto, invece abituarci ad “adottare una contro-narrativa che chiami l’IS Daesh, acronimo che significa “colui che calpesta gli altri” e che ha un significato ben diverso rispetto a quello di Stato”. Luciana Coluccello Proposte UILS Politica internazionale 5 Proposte UILS Politica economica Proposte rigide dell’EBA, che rischiano di affossare l’imprenditoria italianapiù fragili Crediti Risk Regulation: PMI in pericolo Soglia di materialità al 2 per cento e quella assoluta obbligatoria. Ma l’EBF frena L 6 ’ultimo “Global Financial Stability Report”, il periodico rapporto a cura del Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità finanziaria globale, ha evidenziato come il Governo italiano debba, in tutta immediatezza, intervenire su un pesante fardello: quello del credito deteriorato, ovvero quel credito che le banche difficilmente riscuoteranno dai debitori, e che impedisce di drenare risorse verso le imprese nostrane. Su 350 miliardi di credito che gli istituti vantano nei confronti di privati e attività commerciali, quasi 200 sono sofferenze, cioè fondi che le banche non incasseranno a causa dello stato di insolvenza del debitore. Per evitare problemi perciò, gli istituti di credito accantonano riserve apposite in proporzione al credito a rischio e alla sua condizione: in virtù di ciò, maggiore è la somma destinata a questi accantonamenti, e minore è la percentuale di finanziamenti dati in concessione alle imprese. Un labirinto senza vie di fuga, che taglia le gambe a chiunque voglia creare valore in Italia. Come se ciò non bastasse, l’EBA, la European Banking Authority, e il Comitato di Basilea, l’organizzazione internazionale per la vigilanza bancaria istituito dalle Banche Centrali dei Paesi del G10, hanno al vaglio nuove regole di controllo, che, soprattutto per il caso italiano, potrebbero generare ulteriore credito deteriorato, e quindi ulteriori accantonamenti in capo alle banche. La proposta presentata dall’EBA va proprio nella direzione di una maggiore rigidità e uniformità in tema, per esempio, dei cosiddetti “sconfinamenti continuativi oltre i novanta giorni”, di privati ed imprese, in gergo tecnico detti “past due”, che riguardano anche le esposizioni scadute e non rinnovate. Uno sconfinamento continuativo si verifica qualora il cliente di una banca, titolare di un’apertura di credito in conto corrente, utilizza in via temporanea un importo superiore a quello stabilito come ammontare massimo di fido; un tema delicatissimo questo degli sconfinamenti, perché essi costituiscono la strada principale per l’entrata delle PMI nel drammatico vortice del default. Uno sconfinamento conti- nuativo oltre i novanta giorni diventa credito deteriorato solo quando il surplus di credito usato dal correntista eccede una certa percentuale calcolata sull’intero importo dell’esposizione complessiva verso la banca. In Europa questa percentuale, chiamata soglia di materialità, varia da Stato in Stato, dal 2 per cento al 5 per cento, come nel caso italiano. Il progetto dell’Autorità Europea è quello di far attestare tutte le nazioni sulla soglia più bassa, quella del 2, e inoltre, di applicare una seconda soglia, detta assoluta e oggi facoltativa, di 500 euro per le imprese. In base a queste proposte, sarebbero da catalogare come “crediti deteriorati” o “non performing”, tutti quegli sconfinamenti da oltre novanta giorni che non rispettino anche una sola delle due soglie prese in esame. Se queste indicazioni diventassero obbligatorie, anche un’azienda a cui fosse stato concesso un finanziamento totale di 3 milioni di euro, con uno sconfinamento di soli 530 euro, vedrebbe interamente catalogata la sua esposizione verso la banca, come credito deteriorato; se una tale soglia venisse applicata perciò, anche il minimo sforamento, pur causato da problematiche tecniche insignificanti o transitorie, verrebbe punito, andando ad inficiare i meriti creditizi delle attività virtuose, peraltro senza denotare un reale stato di sofferenza delle stesse. C’è un’altra criticità in queste proposte però: è sempre colpa delle imprese il mancato rinnovo degli affidamenti, o del sistema bancario che non provvede per tempo? Inoltre, il “past due” denota sempre una oggettiva difficoltà finanziaria dell’impresa oppure può essere causato dai ritardi nei pagamenti legati alle transazioni commerciali? Se queste riforme do- vessero passare purtroppo, le attività commerciali potrebbero anche trovarsi nella beffarda posizione di dover pagare colpe non proprie: il “past due” non sempre è dovuto a inadempienze delle imprese, e in questi casi, al di là della percentuale di sconfinamento, le aziende potrebbero subire danni incalcolabili a causa di terzi. Sarebbe pertanto opportuno che tutta la materia dei “past due” venisse riconsiderata. La Federazione Bancaria Europea (EBF), grazie alle mediazione dell’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, ha firmato invece una controproposta più equilibrata, in cui la soglia di materialità è del 4 per cento, e lo sconfinamento continuativo diventa credito deteriorato solo in presenza del superamento di entrambi i limiti ipotizzati in precedenza; un piano sicuramente più idoneo alla situazione in cui versano le piccole e medie imprese italiane. L’impatto della visione rigorista avrebbe le ripercussioni più forti proprio nel nostro Paese, dove il tessuto imprenditoriale è formato principalmente da micro, piccole e medie attività, le più soggette a finanziamenti; in cui si applica la soglia del 5 per cento a proposito degli sconfinamenti, e dove quella assoluta non è contemplata; ciò si tradurrebbe con una decurtazione quasi totale delle già poche risorse destinate alle PMI, con le banche concentrate ad accumulare capitali di ammortamento per far fronte ai debitori insolventi, cioè imprese e privati, che quindi, non avendo accesso al credito, non potrebbero né produrre valore e né, pertanto, rientrare delle somme concessegli in fido. Un gioco in cui il banco, o meglio, la banca, vince sempre. Michele Santoro Nuove risorse dal governo Renzi e boom di domande nel 2015 Tutti pazzi per il Servizio civile Proposte UILS Lavoro e welfare A metà tra frontiera dell’impegno civico e ancora di salvezza per giovani disoccupati È stato riconfermato anche per il 2015 e ha subito registrato un boom di domande. Si parla del programma Servizio civile rivolto ai giovani, che il governo ha deciso di rifinanziare e di promuovere con rinnovato vigore. Risultato, più di 150 mila domande arrivate alle segreterie, a fronte delle 93 mila dello scorso anno. A metà ottobre l’annuncio del premier Renzi di aumentare lo stanziamento di fondi in legge di stabilità per il prossimo anno. Cento milioni di euro in più, a cui si è aggiunta la decisione di trasformare il progetto in Universale, ora con l’apertura delle domande ai giovani stranieri residenti in Italia e, via via, rendendolo accessibile a tutti i giovani che ne facciano richiesta. Il governo auspica addirittura che le richieste salgano a 160-180 mila. E in più il plauso di Confindustria giovani, che, in un’intervista rilasciata dal vicepresidente Vincenzo Caputo, esprime tutta la soddisfazione per l’approccio del governo e la decisione di puntare di nuovo su questo programma, che poco tempo fa sembra dovesse essere destinato a tirare le cuoia. Tutti pazzi per il Servizio civile, in- somma. Da più parti cresce la soddisfazione pubblica per i nostri ‘ragazzi italiani’ sempre più sensibili all’impegno civico e al volontariato, desiderosi di mettersi a disposizione della comunità, per un intero anno. E i giovani tornano ad aderire. Le oltre 150 mila domande lo dimostrano, a fronte dei 50 mila posti disponibili nei progetti dei vari enti e associazioni aderenti, tra assistenza socio-sanitaria, ambiente, protezione civile, tutela patrimonio artistico e culturale, educazione. Quanto si tratti di senso civico e quanto invece di disperazione sociale, solo il tempo lo dirà. O forse ce lo sta già dicendo. Basti pensare alla catastrofica percentuale di disoccupazione giovanile registrata dall’Istat a giugno 2015, a pochi mesi dall’apertura delle domande per il servizio. Il 42 per cento di giovani senza lavoro, disoccupati. A cui si deve aggiungere la percentuale di quelli che si sono arresi e hanno smesso di studiare e di cercare lavoro: la generazione Neet, il 26 per cento degli under 30, secondo l’ultimo rapporto Ocse. E poi ci sono quelli che il futuro in Italia proprio non lo vedono, ma non vogliono arrendersi, e quindi emigrano in paesi con una struttura so- cio-economia più stabile. E tra chi cerca di inserirsi nel contesto italiano, affidandosi ad agenzie interinali e portali web di offerte lavoro, da cui sempre più raramente si viene ricontattati, e chi si arrende alla politica dello stage ripetuto all’infinito, ci sono anche i progetti istituzionali, tra cui ad esempio il fallimentare Garanzia Giovani e, appunto il Servizio civile nazionale, visti forse come ultima di ancora di salvezza. Lo avrà capito il Governo? Che pur di ridurre al minimo i danni dovuti al fallimento delle politiche sociali e del lavoro, mette mano al portafoglio, costringendo i giovani a elemosinare dal piatto assistenzialista. Come un padre che dà al figlio i mezzi per realizzarsi professionalmente, ma lo accontenta con una paghetta settimanale. Come se la politica fosse consapevole del proprio fallimento e cercasse di mettere una pezza, mascherando il tutto dietro programmi eccellenti di impegno civico giovanile, col quale scopo il Servizio civile realmente anni fa era nato. E tale sarebbe dovuto restare. Ma, in mancanza di futuro, 433 euro al mese per un anno, permettono di galleggiare. Chiara Arroi 7 Proposte UILS Lavoro e Welfare Disillusi, arrabbiati, abbandonati i giovani che hanno aderito al programma Garanzia Giovani si sfogano sui Social e nelle community Il Caso Garanzia Giovani dopo un anno di flop Dopo un anno dal suo debutto, Garanzia Giovani ha generato ritardi nei pagamenti e il mancato abbattimento della disoccupazione giovanile C 8 laudia M. sta svolgendo il proprio stage in una gioielleria a Roma in via Cola di Rienzo. Racconta di aver iniziato la propria esperienza, nel programma Garanzia Giovani, a giugno. Sono passati cinque mesi, e la Regione tramite Inps avrebbe dovuto già accreditarle i soldi che le spettano. Ma, ad oggi, dice «non mi hanno ancora pagata». Il motivo? «A luglio ho ricevuto una telefonata, mi hanno spiegato che c’era un errore nella documentazione che avevo consegnato. Strano, che se ne siano accorti dopo un mese». Ma non è tutto. «A fine luglio mi rivolgo all’Inps per sapere la situazione dei miei pagamenti. Ovviamente l’Inps fa orecchie da mercante, e mi suggerisce di rivolgermi alla Regione. La quale a sua volta, ha risposto che i soldi li avevano già mandati all’Inps, e che loro in questa storia non c’entravano nulla. Non ci sto all’ennesima beffa, quella di un lavoro non retribuito». Insomma: una vera e propria presa in giro. La storia di Claudia è la storia di tanti giovani che hanno aderito al piano europeo di lotta alla disoccupazione giovanile partito il 1° maggio 2014, ma che in Italia, nonostante gli 1,5 miliardi di euro stanziati da Bruxelles, si sta dimostrando un autentico fallimento. La vicenda di Claudia, non rimane una testimonianza isolata, ma richiama la delusione di decine e decine di giovani stagisti e tirocinanti in Italia. Tanti si sfogano sui Social e nelle community. Su Facebook, per esempio, sono nati numerosi gruppi nei quali i ragazzi si ritrovano per raccontare le loro storie e trovare manforte. Fra queste comunità, quella di “Garanzia Giovani Sicilia”, riporta in un post del 16 ottobre, «43.306 il numero definitivo dei tirocini attivati con Garanzia Giovani in Sicilia», un utente commenta: «Inutile che Garanzia Giovani dà questi numeri in segno di fierezza perché in realtà sono 46.306 ragazzi che da mesi pagano di tasca loro per lavorare. Grazie regione Sicilia, abbiamo capito per l’ennesima volta che il lavoro è un lusso». Troviamo anche lo sfogo di Maria S. dalla provincia di Caltanissetta, che spiega brevemente nella community i motivi della sua indignazione: lavora da quattro mesi e mezzo e non ha visto accreditarsi neanche un centesimo. Il centro per l’impiego sostiene di aver consegnato i suoi dati all’azienda, i dipendenti del call center Inps (con uffici in Romania) non sanno neanche dov’è ubicata Caltanissetta e la rimandano alla Regione. E la Regione cosa risponde? Quello che è stato rifilato a Claudia M. E’ un continuo incolparsi a vicenda. Le cose non stanno andando male solo nel Lazio, ma anche nelle regioni del Sud, in Sicilia è un vero flop, nonostante la Regione inizialmente con più iscritti (20.038) con il 17% del totale. Ad un anno di distanza, il risultato è che oggi la Garanzia Giovani ha moltissimi iscritti, la comunicazione ha funzionato, ma i risultati scarseggiano. Più che garantire, ha generato molte illusioni. I giovani iniziano a perdere speranze e a gettare la spugna. Altro che “garanzia”, le disavventure di questo esercito di giovani- stagisti e tirocinanti- dimostrano che questa è di sicuro una bella presa in giro. Aspettando i rimborsi di Garanzia Giovani, forse arriverà prima Godot. Marianna Naclerio L’istruzione al giorno d’oggi A scuola con il carrello della spesa Proposte UILS Scuola e formazione Come sopperire alla mancanza di materiale didattico grazie alla raccolta punti del supermercato. Il parere di Massimo Coen Cagli, fondatore della Scuola di Fundraising U n tempo la raccolta punti del supermercato serviva per fare un set di pentole nuovo, o per sostituire bicchieri e posate, e perché no, anche per accaparrarsi un borsone sportivo firmato. Oggi le cose sono molto cambiate e i bollini adesivi servono soprattutto per rimpiazzare un vecchio computer nell’aula di informatica, o addirittura a comperare penne e pastelli. La “buona scuola”, grazie anche ai numerosi tagli, va avanti con l’aiuto delle raccolte premi e alla volontà dei genitori di non far mancare nulla ai propri figli, preferendo la cancelleria alle stoviglie per la casa. Funziona così: facendo un tot. di spesa in uno dei supermercati aderenti all’iniziativa (Esselunga, Coop, Lidl, Famila, Super Elite, ecc.) si accumulano bollini che il consumatore può destinare a una scuola, di norma quella in cui vanno i figli. A questo punto l’istituto, se aderente anch’esso alla proposta, può avere accesso a un catalogo dove scegliere materiale informatico, didattico, cartoleria o materiale di pulizia. Nel contempo, la scuola ospita al suo interno materiale pubblicitario del supermercato. Già da un anno, in Piemonte, Liguria e Lombardia, è boom di iscrizioni al catalogo, ben 4mila le scuole aderenti e 40milioni i bollini tramutati in attrezzature scolastiche. E il fenomeno non sembra arrestarsi, già in Toscana e in Emilia Romagna è iniziata la corsa ai punti, arrivando da settembre a 6mila istituti complessivi che collezionano tagliandi. L’aumento non riguarda soltanto le scuole, ma anche le polemiche da parte di genitori e insegnanti e soprattutto esperti di fundraising. Massimo Coen Cagli, fondatore della Scuola di Fundraising e professore all’Università LUMSA di Roma, ha espresso il suo punto di vista in merito a questo crescente fenomeno. Cosa ne pensa di questa iniziativa che porta il supermercato all’interno delle scuole? Penso che sia il segno di una accresciuta attenzione della comunità in tutte le sue componenti verso la causa sociale della educazione scolare e della istruzione. Infatti in questi giorni anche altre aziende si stanno muovendo sullo stesso solco tracciato dai marchi della grande distribuzione. Tuttavia sotto il profilo del fundraising, ossia della raccolta fondi, noto che l’iniziativa è stata concepita male, se l’obiettivo deve essere quello di un significativo apporto economico per migliorare la qualità delle scuole. Da questo punto di vista il risultato per le scuole, rispetto alla portata delle attività promozionali , di comunicazione e di filantropia delle aziende e della mobilitazione dei genitori è veramente poca cosa. Insomma come fundraiser di una organizzazione io l’avrei bocciata innanzitutto per motivi prettamente tecnici ed economici. Ma anche dal punto di vista delle aziende, direi che ci sono modi migliori e più efficaci per esprimere una propria responsabilità sociale d’impresa. La mia impressione è che nel complesso queste campagne rafforzino l’idea che per la scuola bisogna fare la carità piuttosto che operare intelligentemente degli investimenti strategici per la sua crescita. Chi trae beneficio da un’iniziativa simile? Ecco, è esattamente questo il punto critico: che nella grande mobilitazione generale per realizzare questa iniziativa il bilancio tra costi e ricavi non è equo per tutti. L’azienda è il soggetto che ne guadagna di più. Mi spiego. Per ottenere premi regalati dall’azienda alla scuola i genitori e i professori devono fare una spesa acquisendo punti da destinare a questa operazione. Ma il rapporto tra euro spesi al supermercato e valore dei premi destinati è dell’ordine di 100 euro a 1 o al massimo 2 euro. Ora se i genitori di una scuola, diciamo 200 famiglie, volessero regalare alla scuola il mappamondo (del valore di 289 euro) offerto da LIDL potrebbero tranquillamente autotassarsi per 1,50 euro e averlo a prezzo vantaggioso subito (invece di fare 49.000 euro di spesa). Se invece optassero per una tastiera Yamaha (del valore di 90 euro) offerta da Coop basterebbero 50 famiglie che si autotassino per meno di 2 euro a testa (invece di fare 15.000 euro di spesa. Inoltre potrebbero decidere insieme alla Scuola ciò che veramente è utile e innovativo senza rimanere bloccati ad un catalogo che evidentemente non tiene conto dei reali bisogni della scuola. Quindi a fronte della loro donazione non acquisiscono nessuno status importante in merito alla gestione della scuola, ma il solito status di utente passivo e consumatore. Quindi i maggiori vantaggi li ha l’azienda in termini di aumento del fatturato, acquisizione di nuovi clienti e fidelizzazione di clienti acquisiti a costo bassissimo. Inoltre ottiene una rete promozionale a costo zero diffusa sul territorio e tramite contatto diretto (Si tenga conto che la sola Esselunga ha ottenuto l’adesione di 6.800 scuole) e un ritorno di immagine per via che appare un suo impegno sociale. Certo la scuola ha il vantaggio di ricevere materiale gratis, ma si deve dare molto da fare nel promuovere la campagna. Insomma tanta energia umana e professionale che potrebbe essere spesa meglio per altre attività di fundraising più fruttuose sotto il profilo economico e sotto quello del miglioramento del rapporto con la comunità. Penso che il principale responsabile di questi errori sia stato proprio il COGE del Ministero della Pubblica Istruzione che ha “regalato” alla grande distribuzione una cosa che ha un valore (anche commerciale) enorme alle aziende senza essersi fatto remunerare adeguatamente. Ricordo che la filantropia è ben altra cosa: un imprenditore giapponese ha restaurato la Piramide Cestia di Roma senza chiedere nulla in cambio. Questo per dire che si potevano trovare ac- 9 Proposte UILS 10 Scuola e formazione cordi più favorevoli. Comperare materiale didattico attraverso una raccolta punti non è forse uno schiaffo morale verso tutti quei genitori, in primis contribuenti, che pagano le tasse per mandare i propri figli a scuola? Non penso sia questo il punto. La mia non è un critica morale all’iniziativa (anche se su questo si potrebbe discutere legittimamente). La mia è una critica sotto il profilo politico e di fundraising. Io credo che sia giusto per un cittadino avere la possibilità di sostenere la scuola ma non come mero donatore (che poi deve legare il suo comportamento al consumo di prodotti di una azienda) ma come protagonista al pari degli altri del governo della scuola e quindi garantendo che il proprio contributo sia finalizzato ad un miglioramento generale della Scuola. Da questo punto di vista credo che anzi vada favorito il fundraising per la scuola come in tutti gli altri paesi del mondo. Ma a patto che il donatore possa svolgere un ruolo attivo nella gestione del principale bene comune che abbiamo: la scuola pubblica. Invece tutte le forme di contribuzione assumono l’identità di una “sovrattassa” o di un gesto caritatevole in cui il donatore resta sempre un “terzo incomodo”. Quale potrebbe essere, secondo Lei, una valida alternativa a questo metodo? Le scuole già si muovono nel fare fundraising. Magari lo fanno male e in modo episodico, ma la voglia di farlo c’è. E i genitori e la comunità (anche le piccole aziende) rispondono positivamente. Sono tanti i modi: eventi, raccolta di donazioni, sponsorizzazioni di attività collaterali, lo stesso 5 per 1000 per la scuola se studiato bene può essere un ottimo strumento e le grandi donazioni filantropiche sul modello di quelle che vengono incentivate a favore delle grandi opere d’arte e dei monumenti. Ma per fare bene queste cose il Ministero invece di regalare iniziative facili alle aziende della GDO dovrebbe investire in formazione al fundraising del personale scolastico e di assistenza allo sviluppo di attività efficaci al livello dei singoli istituti, dando così strumenti concreti ai dirigenti. Non è un caso che molti dirigenti scolastici ci chiedono di fare formazione per gli operatori scolastici. Ma poi è difficile trovare nei ristretti bilanci delle scuole i fondi necessari per realizzare questi corsi. Insomma: non si possono fare le nozze con i fichi secchi. Ossia: non si può raccogliere donazioni e sponsorizzazioni senza investire qualcosa. Sabrina Spagnoli Ambiente e Territorio Finanziamenti, beni confiscati e lotti incolti per le imprese agricole sociali Arriva l’agricoltura sociale Un margine di fatturato troppo alto per rientrare nella normativa L ’agricoltura sociale diventa legge. Le Camere hanno approvato la normativa che la regolarizza, da tempo si aspettava una definizione di una realtà che già esisteva e prosperava da anni. Ma cosa si intende per agricoltura sociale? Le attività dirette da imprenditori o da cooperative sociali che attraverso la produzione agricola permettono l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, disabili. Affiancando così il lavoro agricolo alla terapia psicologica, medica e riabilitativa. Rientrano, in questa definizione, anche le fattorie didattiche, gli agri-nido e gli agri-silo. La legge emanata parla esplicitamente di: 1)l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati, persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale; 2) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura; 3) prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l’ausilio di animali e la coltivazione delle piante; 4) iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità animale, anche attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche. Tutte le imprese riconosciute come agricoltura sociale potranno ricevere contributi dalla Regione, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale. Possono essere scelte con priorità dagli Enti pubblici, come fornitori per le mense. I Comuni possono valorizzare e aiutare la pubblicizzazione di questi prodotti. Tutti gli Enti pubblici possono privilegiare le imprese di agricoltura sociale per la lottizzazione dei terreni incolti, e cedere i beni confiscati alla criminalità organizzata. Infine viene istituito l’Osservatorio sull’agricoltura sociale. È chiamato a definire le linee guida in materia di agricoltura sociale e assume funzioni di monitoraggio, iniziativa finalizzata al coordinamento delle iniziative a fini di coordinamento con le politiche rurali e agricoltura sociale. Possono essere considerate tali, sono quelle che avranno il 30per cento del fatturato derivante dall’agricoltura, sono escluse, quindi tutte le attività sociali che nonostante svolgano lavoro di recupero, non arrivano a questo margine. È stato fatto un passo im- portante, e di apertura, verso tutte queste realtà che lavorano duramente per aiutare le persone più emarginate, ma manca ancora qualche passo per permettere una completa innovazione del sociale in Italia. Proposte UILS comunicazione. Le cooperative sociali, da un lato sono soddisfatte per l’arrivo, finalmente, di una normativa che va in aiuto di un mondo già così delicato e difficile da gestire, dall’altro sono deluse dall’inserimento di una soglia, per rientrare tra le imprese di Claudia Annunziata Sanità e salute pubblica Scuola e disabilità: una nuova sfida per il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone Autismo, 106 Sportelli in aiuto delle scuole 1 milione di euro per finanziare 106 Centri per l’autismo, uno per ogni provincia L a scuola, dopo la famiglia, rappresenta l’ambiente educativo e formativo più importante per lo sviluppo del bambino. Tre le parole d’ordine che la descrivono al meglio: interazione, integrazione e apprendimento. Tre princìpi che devono valere per ogni alunno, senza fare nessun tipo di distinzione. Ecco perché quando si parla di autismo e disabilità le scuole devono essere pronte a saper gestire e risolvere problemi di integrazione e inclusione degli alunni con autismo. Bisogna conoscere bene la disabilità e le varie difficoltà che produce in modo tale da applicare ad essa strategie educative e pedagogiche. Ogni ambiente scolastico deve essere sostenuto da appositi Sportelli di supporto alle disabilità in modo tale da far collaborare nella maniera più corretta e giusta possibile tra loro insegnanti e familiari. A farsi carico di questo compito è il sottosegretario all’Istruzione e Presidente della Fondazione Italiana per Autistici Davide Faraone. L’obiettivo è quello di far aprire all’interno di ogni Centro territoriale di supporto (CTS), in totale 106, distribuiti a livello nazionale, un Centro per l’autismo. Tanti i risultati che si vogliono raggiungere con questo progetto: dare assistenza e consulenza agli insegnanti sulle tecniche più efficaci da usare con alunni autistici, favorire l’inclusione e l’integrazione scolastica di quest’ultimi, incoraggiare la condivisione delle conoscenze e delle corrette pratiche da utilizzare in materia di autismo. Insomma una scommessa da parte del governo e soprattutto un aiuto per non lasciare in balìa di loro stesse e delle loro paure intere famiglie con a carico un soggetto autistico. Un piccolo passo che, si spera, porterà a qualcosa. Prima di ciò, purtroppo, di sostanziale da parte del governo è stato fatto ben poco. L’approvazione della prima legge nazionale sull’autismo, la n. 134, è stata un buon incipit nell’affrontare questa tematica delicata e sempre più presente nelle realtà di numerose famiglie italiane. Tale legge prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l’inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi autistici. Tre i punti fondamentali: l’aggiornamento delle Linee guida sul trattamento dello spettro autistico estendendolo non solo alla vita del bambino ma anche all’adolescente e all’adulto. L’inserimento dell’autismo nei Lea, livelli essenziali di assistenza, per garantire uniformità di trattamento nelle varie Regioni. Per concludere, l’impegno del ministero della Salute a promuovere la ricerca biologica, genetica, riabilitativa e sociale. Tutti questi princìpi sono assolutamente giusti e necessari per far fronte a questa disabilità. Tuttavia vi è un aspetto negativo di tale legge che è stato soggetto di aspre critiche: la clausola di invarianza finanza. Fondi da parte del governo per aiutare in maniera concreta famiglie con a carico un soggetto autistico non vengono elargiti. Forse, la missione del sottosegretario Davide Faraone potrà trasformare questo sogno in una realtà concreta. Tuttavia, per la realizzazione di tale progetto, servono liquidi, e molti. La sua attuazione avviene grazie ai fondi provenienti dalla legge 440 la quale finanzia l’autonomia scolastica, per un totale di 1 milione di euro. In apparenza una somma soddisfacente, ma se la si suddivide per i 106 Sportelli che devono essere finanziati, ecco che il risultato, purtroppo, è ben misero. Poco meno di 10mila euro per ogni Sportello. In conclusione, non può che sorgere una domanda: si riuscirà ad avviare questo progetto con una somma di denaro così magra? Bisogna aspettare e vedere cosa succederà. Una cosa è certa. L’autismo è una realtà viva e concreta in Italia, un fenomeno sempre più in crescita. Le famiglie devono essere tutelate e aiutate, oltre che dalle numerose associazioni che si occupano di tale tematica, anche dal governo. Che questo progetto sia veramente il passo giusto e concreto per il raggiungimento di un importante obiettivo e un reale aiuto per tutti coloro che vivono questa difficile realtà. Giulia Simeone 11 Proposte UILS Sanità e salute pubblica La dipendenza dal gioco è una malattia Pronto il software anti-ludopatia Troppo vincolante e costoso il software che “spia” i comportamenti delle persone. Ma intanto non si blocca il proliferare dell’”industria del gioco” che frutta allo Stato 80 miliardi L 12 a ludopatia (il gioco d’azzardo patologico) è una malattia grave. Il ministero della Salute mette in guardia: «Chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un’entità a sé. È una condizione molto seria che può arrivare a distruggere la vita. Durante i periodi di stress o depressione, l’urgenza di dedicarsi al gioco d’azzardo, per le persone che ne sono affette, può diventare completamente incontrollabile, esponendoli a gravi conseguenze, personali e sociali. La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio». Non è un problema da poco, anche se non esistono statistiche attendibili. Secondo alcune stime americane la ludopatia può interessare il 2-4% della popolazione. Secondo l’Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) dell’istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, «la percentuale di persone tra i 15 e i 64 anni che ha puntato soldi su uno dei tanti giochi presenti sul mercato è passata dal 42 al 47 per cento, circa 19 milioni di scommettitori, di cui ben 3 milioni a rischio GAP (gioco d’azzardo patologico)». Dati, per di più, in preoccupante aumento anche tra gli adolescenti: «Su 45 mila studenti delle scuole superiori e 516 istituti scolastici di tutta Italia, in un anno il 45,3 per cento degli studenti ha puntato somme di denaro». Il DDL 158/2012 ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia. Per fronteggiare il fenomeno da qualche anno si parla del “GRSystem” il nuovo software per la prevenzione della dipendenza da gioco. Si configura come uno strumento diagnostico e di analisi epidemiologica, in grado di fornire al regolatore e ai concessionari dati certi sull’evolversi delle dipendenze da gioco e, contestualmente, di intervenire con messaggi di prevenzione al fine di rendere cosciente il giocatore stesso del suo eventuale stato di dipendenza. Il paradigma adottato, rivoluzionando i tradizionali approcci alle problematiche legate alle ludopatie, è in grado di eseguire sul singolo utente una serie di operazioni coordinate: dall’individuazione del profilo comportamentale del giocatore e dei suoi futuri comportamenti, fino all’interazione con il giocatore in base al suo profilo comportamentale. Il tutto al fine di raccogliere dati certi sugli atteggiamenti di gioco sia dei singoli utenti, sia della popolazione nel suo complesso. Il GRSystem dovrebbe fornire al Sistema Sanitario Nazionale uno strumento informatico in grado di analizzare la dinamica di gioco degli utenti e stabilire se sussiste una ludopatia oppure no. Pur essendo la lotta alla dipendenza da gioco fondamentale, resta da capire come si possa entrare nella vita delle persone in modo così opprimente, per giudicare se i comportamenti posti in essere siano patologici o meno. E poi colpiscono i costi del software. La legge di stabilità dell’anno scorso aveva destinato, nell’ambito delle ri- sorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, a decorrere dal 2015, una quota pari a 50 milioni di euro alla prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo. Una quota di tali risorse, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, è destinata alla sperimentazione di «modalità di controllo dei soggetti a rischio di patologia, mediante l’adozione di software che consentono al giocatore di monitorare il proprio comportamento, generando, conseguentemente, appositi messaggi di allerta». Qualcuno si chiede invece perché non venga varata un’altra semplice e non costosa proposta di legge che pur ha già raccolto più di 200 adesioni tra i parlamentari, e prevede con molta semplicità di introdurre il divieto assoluto di pubblicità dell’azzardo in ogni sua forma e con ogni mezzo, stabilendo una sanzione a carico dei trasgressori che va da un minimo di 50mila a un massimo di 500mila euro. La verità è che lo Stato biscazziere non rinuncia agli introiti del gioco Con 80 miliardi di raccolta l’Italia è il paese in Europa, dopo l’Inghilterra, dove si gioca di più ed è al 5° posto nel mondo. L’industria del gioco è seconda per volume di vendita ad Eni e prima a Fiat: la raccolta ammonta al 4% del PIL e al 5% della spesa di consumo delle famiglie. Le entrate erariali beneficiano di oltre 9 miliardi di euro. Continueranno a proliferare videolotterie, slot machine, senza dimenticare i «gratta e vinci». Monica Menna L’Italia punta sulla cultura con l’Art bonus Lotta a colpi di Fund raising Proposte UILS Turismo e attività culturali Tra sgravi fiscali e sponsorizzazioni si tenta di salvare il Bel Paese D opo tanti anni di tagli finalmente nuovi fondi per incoraggiare la promozione del patrimonio artistico e culturale italiano, un settore che, in un Paese ancora in balia della crisi, si rivela l’unico porto sicuro. La Legge di stabilità prevede diverse novità: nuove assunzioni, incentivi fiscali, finanziamenti e più tutele per i beni storico artistici, cui saranno destinati 150 milioni di euro nel 2016, 170 milioni di euro nel 2017. Stando ai dati, il bilancio del Ministero dei Beni culturali dovrebbe dunque crescere dell’8% nel 2016 e del 10% nel 2017. La manovra generale approvata dal Consiglio dei Ministri oscilla tra i 26,5 e i 29,6 miliardi di euro, ad esclusione dei 3,1 miliardi della Clausola migranti dell’Unione Europea. Intervento straordinario e di grande portata per la cultura e il turismo è il decreto n. 83 Art bonus, voluto dal ministro del MiBACT Dario Franceschini, passato con 159 voti favorevoli e 90contrari, decreto che riempie un vuoto normativo, prima non esisteva nessun incentivo per chi volesse recuperare un bene culturale. Nello specifico si tratta dell’agevolazione fiscale per le erogazioni liberali a sostegno della cultura, che riconosce un credito d’imposta del 65% in tre anni dell’importo donato per il finanziamento d’interventi di conservazione, salvaguardia e restauro di beni culturali pubblici, per il supporto a organismi e luoghi della cultura pubblici e per la realizzazione, la ristrutturazione e l’incremento di strutture di enti e istituzioni pubbliche dello spettacolo. Tutto ciò apre un capitolo controverso nella storia culturale italiana, con alcune tinte positive quali la stabilizzazione al 65% dell’Art Bonus all’articolo 21, che aiuta fiscalmente i donatori che vogliono sostenere i beni culturali pubblici, finora 790 tra Enti, imprese e privati cittadini hanno ricevuto 34 milioni di euro per adoperarsi con 272 interventi sul patrimonio artistico. O ancora l’ar- 13 ticolo 24, che smaltisce la burocrazia, alzando a 15.000 euro il limite entro il quale le donazioni di beni effettuate da aziende non debbano più seguire l’articolato iter che prevedeva una comunicazione scritta all’amministrazione finanziaria e alla Guardia di Finanza. Sul sito http://artbonus.gov.it/ si legge “Chiamata alle arti: Mecenati di oggi per l’Italia di domani” con l’invito “Diventa mecenate anche tu”, che monitorizza le donazioni e l’utilizzo dei soldi assicurando a tutti la trasparenza. Nonostante tutto questo ad oggi i risultati di città in città non sono di certo stati trai migliori, a Roma è flop ad esempio con il Teatro dell’Opera che ha raccolto solo 500.000 euro a fronte dei 37 milioni che si era prefissato. La risposta a questa “chiamata” è stata solo da parte di quelle aziende con forti introiti per i quali l’agevolazione era effettivamente utile, e che hanno potuto attraverso le sponsorizzazioni fare del mecenatismo una bacheca mediatica, rafforzando la propria immagine sul territorio, e arrivando a una clientela nuova attraverso l’iniziativa sponsorizzata, com’è ovvio che sia. Oggi l’Art bonus for- se proprio per il fallimento si apre alla novità, chiamando all’appello enti no-profit, cooperative o associazioni, il terzo settore, un mondo vitale che anima in modo omogeneo il territorio nazionale, che entra nel grande girone del mecenatismo culturale, col rischio che se ne dimentichino altri. E questo genera un ulteriore gioco fatto di squilibri e di rivalità sleali tra tutti i soggetti che fanno fund raising, usato per incentivare le donazioni. Ales (Arte lavoro e servizi spa) assimilerà Arcos (Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo spa) per “assicurare al meglio l’erogazione di servizi culturali, la valorizzazione del patrimonio e le attività di Fund raising (Art Bonus e sponsorizzazioni)”. Sulle sponsorizzazioni si misurerà dunque il destino della cultura, e le motivazioni di quest’ultime dovrebbero essere più profonde della sola visibilità e dello sgravio fiscale, per incentivarle occorre altro, perché un ente dovrebbe investire nella cultura oggi in piena crisi? Non si tratta di elemosinare in vista di un’emergenza né di far comprendere che la cultura porta guadagni, sarebbe una concezione della cultura funzionale e avvilente, ma credere fermamente che la cultura porti benessere a livello sociale e che non abbia solo carattere commerciale e pubblicitario. E l’Art bonus è uno strumento ancora troppo impreciso, che ripristina il 5 per mille ma indurisce le norme per l’accesso a scuole e biblioteche, moltiplica le tasse alle fondazioni bancarie ma riduce la situazione fiscale delle organizzazioni sociali, e ciliegina sulla torta applica l’Iva per gli interventi legati alle libere Proposte UILS 14 Turismo e attività culturali donazioni dei cittadini. Dulcis in fundo chi donerà in cultura avrà maggiori agevolazioni di chi donerà ai servizi socio assistenziali, alla scuola, in generale a tutti i progetti di utilità sociale e per la comunità. Ricordiamo che il Fund raising, “raccogliere fondi“, deriva dal verbo “to raise”, che in inglese vuol dire anche far crescere, colti- vare, sorgere, ossia incrementare i fondi fondamentali a sostegno di un’azione o di un progetto senza scopo di lucro, perché valorizzazione non vuol dire speculazione, ma questo a qualcuno sembra essere sfuggito. Perché raccogliere fondi per la cultura, oggi è ciò che fa risparmiare lo Stato, forse un giorno toccherà alla sanità. Una politica la nostra che punta dunque al risparmio e che non crea le condizioni d’investimento, sensibilizzazione, professionalizzazione e controllo di qualità nel campo del fund raising, se lo facesse potrebbe risollevare non solo la cultura ma l’intero welfare. Maria Teresa Pontieri La cultura in balia dell’algoritmo Intervista a Geppy Gleijeses, direttore artistico del teatro Quirino Vittorio Gassman Il D.M del 1 luglio 2014 sta spazzando via moltissime realtà artistiche con modalità non proprio trasparenti. Per questo è nato il Comitato della Difesa dello Spettacolo dal Vivo S embrerebbe proprio che il 2015 sia l’anno dell’algoritmo. Dopo il terremoto nel comparto scuola, dove il meccanismo incriminato ha scatenato le polemiche di tutti gli insegnanti costretti al trasferimento per la cattedra, è arrivato lo tsunami nel mondo dello spettacolo. Proprio la cultura, che dovrebbe incarnare quanto di più libero e creativo esista, nel nostro Paese viene sottomessa a conteggi automatici nel tentativo di dare una spolverata ad alcuni fastidiosi problemi tutti all’italiana: disoccupazione, precariato, immobilismo ecc. Sotto i riflettori stavolta è il D.M. del 1 luglio 2014, con cui la Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo, che gestisce l’assegnazione e l’erogazione dei contributi FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), ha introdotto nuovi criteri di attribuzione. In parole povere, per richie- dere il finanziamento, le imprese culturali avrebbero dovuto presentare entro lo scorso gennaio un progetto triennale comprensivo di programmazione e budget: il 70% del contributo assegnato sarebbe stato affidato a criteri “automatici”, mentre solo il 30% alla decisione di una commissione tecnica, che avrebbe votato la qualità. La rivoluzione del sistema delle contribuzioni doveva essere imparziale e trasparente, e gli operatori culturali erano davvero fiduciosi. Il risultato è stato invece l’esclusione di centinaia di imprese artistiche dalla copertura economica, ritenute indegne secondo criteri che MiBACT non ha voluto palesare. Non è la prima volta che la cultura fa da capro espiatorio in Italia, questo non è che l’ennesimo taglio mascherato da decreto. Fatto sta che di fronte alla logica dell’algoritmo la cultura non ci sta, e a Roma, presso il teatro Quirino Vittorio Gassman, è nato il Comitato per la Difesa dello Spettacolo dal Vivo, un movimento che vuole unire le voci delle imprese e degli operatori culturali per denunciare pubblicamente il malfunzionamento del decreto. «Si è buttato il bambino, non ancora lavato, con l’acqua sporca!» afferma il direttore artistico del teatro, Geppy Gleijeses. «L’errore alla base del decreto è che non dovremmo essere governati da un algoritmo, da cui dipende il 70% della nostra sovvenzione. È impossibile governare l’arte così. Il restante 30% di valutazione, che dovrebbe essere qualitativa, vede l’amministrazione strumentalizzata dal Ministero: la commissione è stata privata della sua funzione di giudicare. Non è composta da gente che conosce le nostre problematiche, come dimo- strano scelte assolutamente inspiegabili.». Come esempio Gleijeses ci porta Ugo Chiti, uno dei più grandi drammaturghi italiani viventi, che ha ricevuto 1 punto su 4 come direttore artistico di Arca Azzurra, un teatro che ha realizzato spettacoli davvero gloriosi. «La cosa più assurda» – prosegue l’intervistato – «è che se non ottieni 10 punti su 30 sei tagliato fuori. E mi sembra improbabile che compagnie storiche come la Molière siano state bocciate per indegnità con 9 punti. Le commissioni sono le stesse dell’anno scorso. Com’è possibile che le programmazioni ritenute valide l’anno prima ora non lo siano più? Per non menzionare le dimissioni dalla Commissione musica della compositrice Silvia Colasanti (unica musicista all’interno dell’organo) avvenute a lavoro non ancora concluso, le cui ragioni potrebbero essere facilmente ricondotte all’uso distorto e non certamente tecnico del giudizio di qualità della commissione stessa. Probabilmente non c’erano risorse sufficienti per sostenere tutti gli operatori del settore seguendo pedissequamente i criteri matematici impostati dal D.M., perché evidentemente i totali dati dal sistema erano troppo alti.». I conti, insomma, proprio non tornano, e di conseguenza le adesioni al comitato sono state molte nella giornata della prima manifestazione, lo scorso 26 ottobre. Gli operatori culturali sono decisi a non essere nemici di nessuno, soprattutto perché la riforma era necessaria: doveva portare al ricambio generazionale e alla ridistribuzione equa delle risorse con l’abolizione delle rendite di posizione. Il punto è che qui lo Stato sembra voler imporre una linea culturale distruttiva, elitaria, tirannica, che zittisce la libertà di espressione, aggioga l’originalità italiana, imponendo una non così latente forma di censura. Alessia Pizzi Proposte UILS Turismo e attività culturali 15 Proposte UILS Recensioni musica Chris Cornell ritorna solitsta con Higher Truth 16 Il 2009 non è certo stato un anno favorevole per Chris Cornell, dopo l’album “Scream” in coppia con Timbaland, che non ha ricevuto pareri positivi e commenti entusiasti, il cantante degli Audioslave e dei Soundgarden torna con “Higher Truth” rilanciando la sua carriera solista. Il nuovo album si colloca per certi versi alla fine di “Euphoria Mo(u)rning”, Cornell riparte dalle origini con un suono migliorato seppur basato su chitarre non amplificate . Lo stile è quello tipico del rock anni 90, con sfumature puramente grunge, e il risultato è buono per gli amanti del genere, anche se l’artista non disdegna l’utilizzo di beat e campionamenti elettronici che potrebbero far supporre un futuro ritorno a sonorità più moderne. Sabrina Spagnoli libri “Ognuno potrebbe” di Michele Serra Feltrinelli, pagine 160, euro 14 Michele Serra nel suo nuovo libro analizza con un romanzo le generazione dei trentenni italiani, l’apatia che li pervade, l’essere disadattati e l’immobilismo che li attanaglia. “Ognuno potrebbe” è il titolo di questo volume di 160 pagine, edito da Feltrinelli (14 euro). Il protagonista è Giulio, ha 36 anni e vive ancora a casa con la madre e non ha nessuna intenzione di andare a vivere con la sua fidanzata Agnese. Si sente sempre fuori posto, non condivide lo stile di vita dei suoi coetanei e il loro ego spropositato, odia i cellulari. Ma allo stesso tempo è svogliato, apatico e non ha nessuna intenzione di cambiare la sua vita e ciò che non gli sta bene. La falegnameria del padre che ha ereditato sta fallendo, non avendo lui nessuna dote manuale, e sta lì, immobile anch’essa, non si decide a venderla né a farla diventare produttiva. È un libro malinconico ma allo stesso tempo con il suo sarcasmo vuole colpire l’apatia che ha colpito buona parte di un’intera generazione. Claudia Annunziata mostre I Lego si trasformano in Arte al Set, Spazio Eventi Tirso, nel cuore di Roma Chi da piccolo non ha mai giocato con Milo”, o addirittura in un dinosauro i Lego? lungo più di 7 metri. Inutile dire che Piccoli mattoncini colorati di plastica tutte, ovviamente, sono opere reache nelle mani dei più piccoli, con un lizzate esclusivamente con i Lego. pizzico di immaginazione e fantasia, Insomma, questo mattoncino diviesi trasformavano nel gioco più diverne una vero e proprio strumento per tente in assoluto. Ecco, i Lego sorcreare arte. Per chi non fosse ancora prendono ancora. Da piacevole svago convinto, basta dire che la Cnn ha si trasformano in vere e proprie opedefinito “The Art Of the Brick” una re d’arte. L’artista che è riuscito a fare delle dieci mostre da non perdere al ciò è Nathan Sawaya. La mostra dove mondo. Un’esposizione accessibile si può ammirare il suo straordinario, a tutti, bambini e adulti i quali, in fantasioso e creativo lavoro è “The questa occasione, potranno ritoccare Art of the Brick” e si tiene a Roma al con mano la loro infanzia e far riviveSet, Spazio Eventi Tirso, in via Tirso re per un giorno il fanciullo che vive nel quartiere Salario, dal 28 ottobre dentro loro. al 14 febbraio. Costo: Adulti € 15, 50 / Bambini € Sono 80 le opere che si possono am11,50 mirare, tutte creazioni in 3D, che traOrari: aperto tutti i giorni dalle 10.00 scinano lo spettatore in un mondo alle 20.00. Venerdì e sabato dalle fatto di immaginazione, colore, fan10.00 alle 23.00. Domenica dalle tasia e movimento. Durante il per10.00 alle 21.00 corso ci si può imbattere nella “Gioconda”, nell’ “Urlo”, nella “Venere di Giulia Simeone Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900-1940 Fino a domenica 17 gennaio 2016, il Palazzo delle Esposizioni di Roma, in collaborazione con il Musée d’Orsay di Parigi, ospiterà la mostra dal titolo “Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 19001940”, una rassegna che mette in vetrina l’evoluzione dello stile artistico italiano, dagli inizi del XX secolo fino al principio della seconda Guerra Mondiale. Per esplorare un simile contesto, l’esposizione procede attraverso un percorso cronologico composto da un centinaio di opere e basato su un dialogo continuo tra arti decorative e arti plastiche. Si parte dall’affermazione dell’Art Nouveau, noto in Italia come “stile Liberty” o “floreale”, con le opere di artisti come Carlo Bugatti, Galileo Chini, Eugenio Quarti, Ernesto Basile, Carlo Zen, grazie ai quali, la corrente divenne protagonista dei primi del ‘900. Per passare poi al “Futurismo”, con i manufatti di Giacomo Balla e Fortunato Depero, che delineano uno stile “antipassatista”, opposto al gusto Liberty, divenuto lo stile Como), a cui si avvicinano le opere astratte di Fontana, Melotti e Licini, che vengono ospitate in questa mostra. Infine, viene messo in scena lo stile razionalista, con le opere degli artisti Albini, Baldessari, Figini e Pollini, che segnano il passaggio verso la produzione industriale e il design nella sua accezione moderna. Michele Santoro INFORMAZIONI dominante della classe borghese. Gli anni del “Ritorno all’ordine” vengono rappresentati dal recupero della cultura classica, che assume in Italia diverse declinazioni nell’ambito delle arti plastiche e decorative. Tra le versioni più interessanti troviamo la “Metafisica” di De Chirico e di Savinio, e il “Realismo magico” il cui maggiore rappresentante fu Felice Casorati. Durante il Fascismo, il regime seppe tuttavia aprirsi agli esperimenti modernisti di artisti quali Giuseppe Terragni e Mario Radice (gli autori della famosa Casa del Fascio di Luogo: Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 Orario apertura: Domenica, martedì, mercoledì e giovedì dalle 10:00 alle 20:00. Venerdì e sabato dalle 10:00 alle 22:30 - lunedì chiuso Telefono: Costo: +39 06 39967500 Intero 12,50 € Ridotto 10,00 € Proposte UILS Recensioni 17 Proposte UILS 18 Recensioni eventi e mostre Balthus la retrospettiva e l’atelier, Scuderie del Quirinale / Villa Medici dal 24-10-2015 al 31-01-2016 biglietti : Intero 12 euro - Ridotto 9,50 euro Roma dedica all’’ultimo pittore’ che lasciava parlare i quadri, Balthus, pseudonimo di Balthasar Kłossowski de Rola, una grande mostra monografica divisa in due sedi, Scuderie del quirinale e Villa Medici. Circa duecento opere, tra quadri, disegni e fotografie, provenienti dai più importanti musei europei ed americani oltre che da prestigiose collezioni private, dividono la mostra in due viaggi intensi all’interno della vita dell’artista francese, interprete dello spirito romano del primo Rinascimento italiano. Fino al 31 gennaio 2016 è possibile visitare le Scuderie del Quirinale, con una completa retrospettiva organizzata intorno ai capolavori più noti; Villa Medici, invece, con un’esposizione che, attraverso le opere realizzate durante il soggiorno romano, mette in luce il metodo e il processo creativo di Balthus: la pratica di lavoro nell’atelier, l’uso dei modelli, le tecniche, il ricorso alla fotografia. Nelle sue opere sono anche presenti evidenti riferimenti allo stile di Giorgio de Chirico e al movimento surrealista di Andrè Breton. Balthus appartiene alla corrente dell’iperrealismo e dell’espressionismo, ha dipinto soprattutto figure umane (giovani e adolescenti) in un’epoca in cui l’arte figurativa è stata sostanzialmente ignorata e trascurata. Attualmente è riconosciuto dalla critica come uno dei più importanti artisti del XX secolo. La mostra sarà aperta da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00, venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30. Marianna Naclerio “Dal Musée d’Orsay IMPRESSIONISTI. Tête à Tête” Complesso del Vittoriano, Roma fino al 7 febbraio, si possono ammiFino al 7 febbraio 2016 rare nella capitale, al Complesso del Biglietti: 12 euro (intero) - 9 euro (ri- Vittoriano. Una rassegna di sessanta dotto) opere, tra quadri e sculture, in cui si L’impressione del pittore fissata sulla mette in luce la dolce vita parigina tela. Questa l’essenza del movimento della seconda metà ’800, attraverso Impressionista. Nato senza alcuna gli occhi dei pittori che quell’epoca regola, se non quella di rompere i ri- l’hanno vissuta, apprezzata e dipinta. gidi canoni imposti dall’Accademia, Ritratti di letterati, pensatori e artiper dipingere la vita moderna e reale, sti, immersi nella loro dimensione a diretto rapporto con la natura. Ri- personale e mondana. Uno spaccato trarre la contemporaneità delle cose. di società riconoscibile dai volti, daCon questo spirito dipingevano De- gli oggetti, dagli accessori, attraverso gas, Manet, Renoir, Rodin, Cezanne, una rivoluzione stilistica degli sguarPissarro, Morisot. Tutta la schiera di di di cui solo il movimento imprespittori che nel 1874, nello studio del sionista fu portavoce. fotografo francese Nadar, ha dato Chiara Arroi vita all’Impressionismo e che oggi, w “Raffaello, Parmigianino, Barocci - Metafore dello sguardo” Musei Capitolini, Piazza Del Campidoglio, 1, Roma Ingresso: €15,00 I Musei Capitolini ospitano fino al 10 gennaio 2016 una mostra senza precedenti: a confronto tre giganti dell’arte italiana; nella fattispecie Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (1503-1540), e Federico Barocci (1535-1612) vengono accostati all’antecedente Raffaello, di cui entrambi sono emulatori ed eredi. “Raffaello, Parmigianino, Barocci” è il nome del percorso espositivo che consente all’osservatore di riconoscere il lascito dell’Urbinate nelle opere esposte, per lo più disegni e stampe che immergono nel meticoloso lavoro di ricerca nascosto dietro questi capolavori cinquecenteschi. Non mancano all’appello anche dei dipinti selezionati, un valore aggiunto per comprendere a fondo la sintesi delle diverse tradizioni culturali: spicca su tutti il “Riposo durante la fuga in Egitto” di Barocci. “Metafore dello sguardo” è il sottotitolo dell’allestimento, un eloquente invito a comprendere lo sviluppo del genio raffaelliano e a coglierne le evoluzioni nei prodotti artistici di chi ha abbracciato pienamente i suoi insegnamenti. Alessia Pizzi onciliazione CILA è il nuovo organismo di mediazione civile e commerciale, costituito per trattare tutte le materie previste dalla normativa di conciliazione obbligatoria, iscritto nel Registro degli Organismi di Mediazione al numero 1035. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari deve rivolgersi obbligatoriamente ad un organismo di mediazione autorizzato dal Ministero di Giustizia, prima di iniziare un procedimento civile. Ci sono però anche altre possibilità di mediazione su diritti che rientrano nella disponibilità delle parti. La mediazione, introdotta con il d.lgs 4 marzo 2010 n.28, è un sistema di risoluzione delle controversie relative a diritti disponibili alternativo al processo civile. Comporta vantaggi so- prattutto in termini di celerità nella decisione e di costi molto vantaggiosi. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Per informazioni è possibile rivol- Proposte UILS C 19 gersi al numero 06 69923330 o scrivere una e-mail all’indirizzo: [email protected] www.uils.it www.uils.it www.uils.it www.uils.it Editore Unione Imprenditori Lavoratori Socialisti Direttore Editoriale: Massimo Filippo Marciano Direttore Responsabile Maurizio Gai Stampa: via Giulia, 71-00186 Roma presso ISPA Nazionale Gli articoli e le note firmati (da collaboratori esterni ovvero ottenuti previa autorizzazione) esprimono soltanto l’opinione dell’autore e non impegnano la UILS e/o la redazione del periodico. L’Editore declina ogni responsabilità per possibili errori od omissioni, nonché per eventuali danni derivanti dall’uso dell’informazione e dei messaggi pubblicitari contenuti nella rivista. 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