Italian way of doing industry e il lavoro della conoscenza Federico Butera, Presidente Fondazione Irso; Università di Milano Bicocca I punti chiave della presentazione Le immagini di impresa e di sistema industriale che continuiamo a proporre ai governi, alle istituzioni, alle università e alle scuole, ai media ai sindacati sono obsolete Sta emergendo una Italian way of doing industry che può consentire all’Italia di uscire dalla crisi economica e morale Le imprese che sanno competere sono quelle che sanno scegliere il loro mercato, hanno strategie di innovazione e qualità, sono imprese rete e reti di impresa organiche di nuova concezione, hanno un’anima e un robusto scrigno di esperienze Che cosa è Italia 2013: domande e ipotesi Il programma Italia 2013 è un programma di ricerca-intervento che studia significativi casi di imprese italiane che mantengono e rafforzano – anche nella crisi – la propria competitività Come fanno per competere? Come compensano e integrano le diseconomie esterne e gli handicap del Sistema Paese? Hanno peculiari capacità e riserva di potenza Emergono uno o più nuovi modelli socio-economici sia nel settore manifatturiero che nei servizi? Forse si, l’abbiamo chiamato l’Italian way of doing industry Come usciranno le imprese italiane dalla crisi? Si troveranno in una competizione più intensa da cui potranno uscire indenni solo se: le imprese acquisiranno maggiore consapevolezza delle loro qualità distintive e potenzieranno le loro capacità il Sistema Paese sarà capace di accompagnarle con beni comuni per la competitività e servizi appropriati. E’ destino soccombere davanti all’industria cinese? Come fanno per competere le imprese che operano in un mondo globale? NO, dipende da lo scrigno delle esperienze accumulate l’innovatività dell’offerta la qualità la capacità di miglioramento continuo l’efficienza produttiva la gestione della supply chain il design la customer orientation la capacità di internazionalizzazione la reputazione la qualità della vita di lavoro e soprattutto la scelta di collocarsi un punto della catena del valore dove far valere la propria competenza distintiva (Suzanne Berger, in uno studio MIT su 500 imprese in tutto il mondo) Esiste una best way of organizing nella globalizzazione? Imprese simili sugli stessi mercati adottano soluzioni macro organizzative diverse: per es rete versus verticalizzazione (S. Berger) La globalizzazione è il risultato delle decisioni quotidiane dei manager su come distribuire le attività fra le varie aree di innovazione, progettazione, produzione, vendita Le diverse tipologie di risposta che le diverse organizzazioni adottano sugli stessi mercati dimostrano che esistono diversi modi di affrontare le stesse sfide economiche Ma esiste un modello generale delle individualized corporations, che si distacca dall’organizzazione classica (Goshal e Bartlet) Puntare su opportunità e risultati Governare i processi Far leva sulle persone Le contraddizioni dell’economia italiana: + L’Italia è la settima potenza industriale del mondo Alcune aziende grandi e medie sono leader nel mondo in alcuni settori (automazione, abbigliamento, alimentazione, arredamento) Il mondo riconosce all’Italia un patrimonio artistico e culturale incomparabile Una qualità media della vita migliore di quasi tutti i paesi evoluti, tanto da fare della Italian way of life oggetto realistico o irrealistico di desiderio Le contraddizioni dell’economia italiana: La crescita del PIL italiano è il fanalino di coda dei paesi sviluppati La produttività da oltre un decennio non cresce La presenza nei settori high-tech è modesta L’Italia patisce profondi squilibri territoriali, sociali, di carenze di servizi, di estesi deficit di legalità. Il Nord Italia ha perfomance migliori dell’Italia nel suo complesso e costituisce una Global City Region ma anche il Nord è indietro ai paesi europei per produttività e innovazione Permane una forte instabilità politica e istituzionale L’economia criminale è una quota rilevante del sistema imprenditoriale italiano L’Italia non è attrattiva all’estero per investitori e risorse umane qualificate La forza del Sistema Italia è merito delle organizzazioni e dei lavori che creano valore: imprese che competono, Pubbliche Amministrazioni performanti; professioni e mestieri di punta. Ma queste portano come Atlante il peso delle le debolezze del Sistema Italia Il bivio a. Un declino che ci porta ad una crescente marginalità b. Un rilancio che ci porta a giocare un ruolo decisivo nel dopo crisi Vedremo che strada abbiamo preso all’uscita dalla crisi: Italia 2013 Cinquant’anni di industria italiana: la successione dei modelli Di fronte alle indivdualized companies, alla estrema varietà per settore, dimensione, localizzazione geografica, è legittimo parlare di un modello industriale italiano ? Si La grande impresa a partecipazione statale La grande impresa privata protetta I distretti industriali Il Made in Italy Il miracolo delle medie imprese e ora? L’Italian way of doing industry Il miracolo delle medie imprese: cosa le rende competitive (Gagliardi) specializzazione innovazione di prodotto design strategie di marchio flessibilità capacità di personalizzare l’offerta I punti di forza del made in Italy (Micelli) una capacità imprenditoriale che ha identificato strade originali di uscita dalla crisi in assenza di processi di pianificazione di tipo top down; una saldatura originale fra nuovi saperi scientifici e saper fare di tipo artigianale articolati all’interno di filiere complesse e flessibili; una particolare abilità nel arricchire il prodotto italiano di valori culturali che il mondo riconosce come particolarmente attuali flessibilità capacità di personalizzare l’offerta Come hanno fatto a crescere: 4 casi (Alberti) Alessi, fabbrica del design italiano, propone una vera e propria “Enciclopedia del design” attraverso i suoi oltre 2000 prodotti a catalogo e la sua rete di oltre 3000 designer: alta gamma, nicchia globale. sviluppa una strategia che i greci antichi chiamerebbero di “kalokagathia” (ovvero del bello inscindibile dal ben fatto). Illycaffè (nata nel 1933 a Trieste), Le innovazioni di Illy hanno cambiato l’industria del caffè a livello mondiale: macchina per espresso, la tecnica di pressurizzazione e i sistemi porzionati in cialde. Geox (1989) ha saputo combinare il saper fare del distretto della scarpa di Montebelluna con le tecnologie più sofisticate, sconvolgendo il settore calzaturiero mondiale, fino ad allora abituato a competere con una differenziazione fondata sul fattore moda e non su quello tecnico. Luxottica, ha radici nel distretto del Cadore, dove è nata nel 1961, ma una catena del valore che sa cogliere le opportunità di mercato, finanziarie e distributive su scala globale. Alberti F.G., Sciascia S., Tripodi C., Visconti F. (2008),Entrepreneurial growth in industrial districts. Four italian cases, Edward Elgar Publishing, Cheltenham (UK) Le capacità delle imprese distrettuali (Alberti) Esse hanno in comune alcune caratteristiche capacità di assorbire costantemente risorse e competenze dal contesto distrettuale locale ma anche dal più ampio ambiente esterno capacità di ricombinare sapientemente risorse e competenze prettamente tradizionali con prassi, tecnologie e asset provenienti da ambiti industriali e geografici distanti meccanismi di interconnessione organizzativa e processi strategici decentralizzati e partecipativi sono condizioni indispensabile perché ciò avvenga. Caratteri distintivi dell’Italian Way of doing Industry (De Michelis) una combinazione di prodotto e servizio che crea una relazione di intimacy con i propri clienti un governo delle imprese che coniuga gestione e innovazione (business design) e fa dell’innovazione il carattere distintivo dell’identità di impresa un radicamento nel territorio che non ostacola la proiezione internazionale delle imprese ma anzi li rende sinergici (Genius loci e internazionalizzazione) Cosa manca all’Italian Way of doing Industry (De Michelis) La coscienza di sé Servizi (pubblici e privati) alle imprese all’altezza della sfida Una politica industriale adatta alla nuova natura delle imprese Gli interventi proposti Agli imprenditori e al management: sostenere le imprese a sviluppare strategie innovative per operare sui mercati, adottando un repertorio di nuovi strumenti, soluzioni, modelli organizzativi e avvalendosi dello scrigno delle loro competenze. È l’area della strategia e dello sviluppo organizzativo Ai governi e alle associazioni: promuovere l’identità delle imprese e del modello, rafforzare i beni comuni per la competitività e i servizi, rispetto ai caratteri e ai bisogni peculiari delle organizzazioni italiane. È l’area delle politiche centrate su programmi e progetti dagli obiettivi e risultati misurabili Svelare e correlare gli elementi costitutivi delle imprese capaci di competere 1. Specificità delle imprese italiane nel posizionamento sul mercato Cresce l’export. Fra le 4A cresce la meccanica molto più delle altre. Oltre le 4A, i mercati internazionali su cui le imprese italiane stanno rafforzando la presenza sono edilizia, aerospazio, farmaceutica, informatica, energia, nucleare, biotecnologia, chimico-farmaceutica,turismo, beni culturali e altre. Le imprese che competono si posizionano su segmenti della catena del valore e funzioni più adatte alle loro capabilities: nicchie di mercato (specializzazione); livelli alti di gamma; fasi alte della catena del valore (marchio, ricerca e sviluppo, produzione di qualità, vendite, servizio postvendita). Le imprese italiane incontrano ora i mercati bassospendenti dei bisogni primari della stragrande maggioranza dell’umanità (acqua, cibo, istruzione, sanità). Occorre innovare il posizionamento sui mercati maturi, rafforzare la specializzazione anche sui nuovi mercati, rispondere a bisogni primari di vastissime popolazioni 2. Le strategie più frequenti Le più frequenti strategie delle imprese italiane, spesso combinate fra loro, sono: focalizzazione e specializzazione; strategie di qualità (del prodotto, servizio, processo, immagine); strategie di customer orientation (personalizzazione, customer care, ascolto della customer experience); strategie di internazionalizzazione (reti commerciali, delocalizzazione della produzione, subforniture di parte della filiera, joint venture, alleanze, etc.). Le imprese italiane difficilmente possono competere sul costo ma possono farlo sul brand, sulla qualità, sulla personalizzazione, sulla internazionalizzazione 3. Un repertorio originale di nuovi modelli organizzativi (1) Il sistema industriale italiano ha sviluppato in modo pionieristico e continua a produrre un repertorio di nuove forme organizzative: questa è una caratteristica e una risorsa dell’Italian way of doing industry Filiere di imprese indipendenti La grande impresa che si articola in unità più autonome e che decentra e delocalizza, l’impresa rete I tradizionali distretti industriali o imprenditoriali furono una “invenzione organizzativa” tutta italiana: oggi si sviluppano nuovi distretti allungati, distretti tecnologici, consorzi, accordi di rete, fiere, programmi di internazionalizzazione, metadistretti Si sviluppano nuovi sistemi e piattaforme di imprese di dimensioni e settori diversi: il sistema moda, il sistema dell’aerospazio in settori Le nuove reti organizzative meticce combinano settori diversi (industria, servizi, commercio) e entità diverse (imprese, istituzioni, professioni) I nuovi modi di produzione sono dati dall’incrocio fra le reti di impresa e i processi economici e sociali di territori estesi: i territori sono crocevia di reti di impresa globali, si sviluppa un modo glocale di produzione 3. Un repertorio originale di nuovi modelli organizzativi (2) Modelli organici di organizzazione basati attivati da cooperazione spontanea, condivisione di conoscenze, comunicazione estesa, comunità di lavoro (4C) Forme di organizzazione centrate su processi Comunità di pratiche Interazione fra professionisti e imprese Microstrutture operative autoregolate, come isole, cellule di produzione, unità Integrate di produzione, team Nuovi modelli di lavoro e di professioni, broad profession dei knowledge workers Rilancio dei mestieri artigiani Bisogna mettere al centro dell’azione imprenditoriale, soprattutto nelle imprese piccole e medie, la progettazione e lo sviluppo dell’organizzazione e del lavoro 4. Una marcata personalità e un’anima dell’impresa Capacità dell’impresa di ottenere risultati e di cogliere opportunità, governare i processi e far leva sulle persone Core competence (Porter) Lo “scrigno di competenze” (Berger) Le “eredità dinamiche” (Ohmae) La cultura d’impresa (Schein) La corporate identity La brand identity I valori Il ruolo istituzionale nella società La storia Per competere occorre potenziare la personalità e l’anima dell’impresa (A. Olivetti) Chi deve fare che cosa Le imprese: attivare e guidare processi di innovazione e cambiamento imprenditoriale, con la consapevolezza di sé e l’orgoglio di stare costruendo un nuovo paradigma. Le Pubbliche Amministrazioni: realizzare politiche di sviluppo e organizzazioni efficaci ed efficienti al fine di costruire beni comuni per la competitività adeguati alle caratteristiche reticolari, internazionali, adattive delle imprese. Le organizzazioni di servizi pubbliche e private: predisporre e erogare servizi appropriati alle traiettorie e alle capacità delle imprese dell’Italian Way. La consulenza di direzione: formulare offerte appropriate e entrare in relazione con i problemi e l’anima dell’impresa italiana. Gli enti di governo: sviluppare politiche pubbliche che tengano conto della nuova natura reticolare delle imprese italiane. Le associazioni imprenditoriali: offrire servizi di sviluppo. Le Università e i centri di ricerca: fare sinergie per condurre ricerche e attività formative al livello del mutamento e delle sfide. Alcune prime indicazioni di priorità Per le imprese Crescita dimensionale senza gigantismo Gestione della successione nelle imprese familiari Sviluppo di managerialità specifica alla Italian Way of doing Industry Potenziamento delle capacità di gestire e vivere in rete Potenziamento delle competenze Web 2.0 Per le politiche Potenziamento dei servizi Finanziamenti pubblici alle reti e credito alle Piccole Imprese Disponibilità di infrastrutture Beni comuni per la competitività Legalità Cantieri di collaborazione fra imprese, istituzioni, sindacati, comunità La crescita dei lavoratori della conoscenza La rilevanza quantitativa del fenomeno è data dalla stima della popolazione di lavoratori ad alta qualificazione che sono riconosciuti nelle statistiche internazionali, nelle imprese, nella Pubblica Amministrazione e nelle Professioni come scienziati, managers, professionals e technicians, e che noi nel 1995 avevamo denominato lavoratori della conoscenza adottando – con diversi contenuti - la celebre denominazione di Peter Drucker. Il libro di Butera, Bagnara, Cesaria, Di Guardo Knowledge Working. Lavoro, lavoratori, società della conoscenza riporta queste percentuali di managers, professional and technicians sulla popolazione lavorativa complessiva: 1995 2005 Italia 29% 41% Regno Unito 34% 52% Francia 38% 43% Stati Uniti d’America 34% 38% Non sono incluse quelle persone che hanno un alto titolo di studio che però non svolgono lavori qualificati. Questi dati sorprendono per la dimensione del fenomeno. La struttura stessa dell’apparato statistico internazionale adoperato rende le cifre indicate certamente inferiori alla realtà. I dati presentati escludono infatti tutti i lavori classificati nelle statistiche internazionali come sales, call centers, craft, automated systems operator. All’interno di queste categorie, infatti, vi sono quote non rilevate di lavoro ad alta qualificazione. Dalla rilevazione risulta inoltre che questa popolazione: rappresenta la quota principale dell’aumento dell’occupazione, compensando la diminuzione dei lavoratori ordinari; vede più rilevanti le medie qualificazioni rispetto alle alte; lavora in gran parte a tempo pieno; registra pari incrementi tra uomini e donne; è presente e cresce maggiormente soprattutto nei seguenti settori: Sanità, Istruzione, Immobiliare, ICT, Turismo, Pubblica Amministrazione e Difesa. Di chi parliamo 1. Lavoratori della conoscenza sono innanzitutto gli scienziati, i ricercatori, gli insegnanti di tutte le discipline, ossia le professioni intellettuali 2. Lavoratori della conoscenza sono coloro che svolgono funzioni di governance appartenenti alle elite: sono membri di governi centrali e locali, parlamentari, alti dirigenti pubblici, executives di imprese private, leader professionali, star del mondo dell’arte, dello spettacolo, dello sport etc. 3. Lavoratori della conoscenza sono gli imprenditori 4. Lavoratori della conoscenza sono quelle figure manageriali intermedie (dirigenti e quadri) 5. Lavoratori della conoscenza sono certamente i professionals (o “esperti dotti”) dotati di conoscenze teoriche strutturate e spesso certificate oltre che di significative esperienze e competenze applicative: computer scientists, esperti di marketing, figure tecnico-commerciali ad alta qualificazione, ricercatori, ingegneri, esperti di finanza, esperti legali e tributari, consulenti interni etc. 6. Lavoratori della conoscenza sono anche i tecnici o “esperti pratici”, ossia figure con formazione media ma elevata esperienza pratica: tecnici di progettazione, tecnici di prodotto, venditori qualificati, tecnici di assistenza cliente, programmatori, etc. 7. Forse sono lavoratori della conoscenza anche gli operativi qualificati, anche se non sono inclusi nelle statistiche : conduttori di impianti, operatori di processo, operatori di front-line, case manager, etc. Perché crescono e che caratteristiche comuni hanno i lavoratori della conoscenza I lavoratori della conoscenza sono quelli il cui in cui la conoscenza è il principale input e output di processi di lavori che impiegano diversi tipi di conoscenza per svolgere il lavoro. Il processo di lavoro dei lavoratori della conoscenza cioè non riguarda materiali e puri dati ma conoscenze, quelli la cui personale conoscenza professionale (conoscenza esplicita/tacita, conoscenza esperta/operativa, conoscenza razionale/emotiva etc) trasformano input conoscitivi (dati, informazioni, immagini, concetti, segnali, simboli) in output di conoscenza di maggior valore (soluzione di problemi,orientamento degli eventi, dati e informazioni arricchite, innovazione etc). lavoratori della conoscenza producono conoscenza nuova, che diventerà prodotto o servizio dopo un lungo processo realizzativo. Essi producono conoscenza a mezzo di conoscenza, accrescendone il valore (un nuovo prodotto o servizio), il valore economico (creare reddito e patrimonio) e il valore in sé della conoscenza .Difficile formarli, definire i loro mestieri e professioni, valutarli, compensarli AD ESSI E’ AFFIDATO LO SVILUPPO DELLA ITLIAN WAY OF DOING INDUSTRY E’ utile una una categoria così vasta? I lavoratori della conoscenza hanno in comune: •le conoscenze/competenze e la responsabilità •il ruolo, il mestiere, la professione che in larga misura appartengono a chi lo svolge •il lavoro di questi lavoratori è quello dei knowledge integrator più che dei knowledge provider •il lavoro si svolge per lo più insieme con altri •il lavoro di questi lavoratori è un iceberg: la parte invisibile è il workplace within, ossia l’insieme delle potenzialità, conoscenze, abilità, energie, motivazioni delle persone •l’organizzazione del lavoro e la gestione di queste popolazioni comporta una nuova alleanza tra organizzazioni , sistemi di professioni “agite” e il workplace within. Professioni strategiche critiche • professioni critiche perché strategiche ma non ben rappresentate e ben gestite. • professioni critiche perchénon sono valorizzate o ben esercitate. Tipi di professioni critiche • professioni statiche, a contenuto specialistico; • professioni in bilico fra professionalizzazione e degrado come operatori di call center,; • professioni poco attrattive ma molto richieste e utili (artigiani, infermieri, manutentori, ecc.); • professioni in transizione : capi intermedi da controllori di persone a coach; • professioni di fatto importanti ma “liminali”, ad esempio consulenti, esperti di comunicazione, web designer, professionisti del design, operatori qualificati del turismo, ecc.); • professioni organizzative di “knowledge integrator”, con conoscenze interdisciplinari, sociali e di tipo organizzativo/gestionale (ricercatori, progettisti di prodotto e servizio, progettisti di processo, esperti finanziari, ecc). • professioni strategiche emergenti che affrontano problemi cruciali ma che sono ancora indefinite (innovation manager, esperti di sviluppo locale, risk manager, addetti a programmi di sostenibilità ambientale, esperti di internazionalizzazione delle imprese, ecc.). Il modello di analisi e progettazione del lavoro della Fondazione IRSO ldentità Professionale Sviluppo della Persona nel Ruolo Sviluppo di carriera entro e fuori l’organizzazione Sviluppo del Ruolo oltre la Persona © Fondazione Irso 2009 Definizioni Il Ruolo è l’insieme dei Processi di lavoro (attività e compiti), delle Conoscenze (competenze e capacità) delle Relazioni (con ruoli, organizzazioni, persone e tecnologie), degli Obiettivi e dei Risultati. Il ruolo ascritto o assegnato è ciò che viene richiesto ad una persona; il ruolo agito è il modo con cui una persona effettivamente svolge le attività, tiene relazioni e persegue e consegue risultati. La Professione è la modalità responsabile e socialmente riconosciuta con cui una persona esercita un ruolo (o una serie di ruoli omologhi) in vista della gestione e dell'innovazione di processi ). La professione richiede un insieme di teorie, tecniche entro un dominio specifico di conoscenze e competenze conseguite attraverso un curriculum di studi e di esperienze più o meno legittimate (professione come istituzione sociale). La professione infine ha un nome, una riconoscibilità sociale, un posizionamento sul mercato del lavoro (professione come fonte di identità). La Persona, ossia la irripetibile storia di ognuno fatta di caratteristiche, aspirazioni ed identità fisica, psicologica, cognitiva, professionale e sociale. Federico Butera Presidente Fondazione Irso Piazza Giovine Italia 3 20123 Milano Tel. 02 48016162 www.irso.it [email protected] Riferimenti del programma “Italia 2013” sul sito www.irso.it