Avv. Carlo Fiumanò - Patrocinante in Cassazione
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Dott.ssa Chiara Barbera
Dott. Francesco Fiumanò
Pistoia, 9 marzo 2015
Anatocismo bancario e decorrenza del termine di prescrizione per la ripetizione
dell’indebito: Cass. S.U. sent. n. 24418/2010.
1.
Il rapporto tra anatocismo bancario e prescrizione ha da sempre occupato una
posizione di rilievo nelle controversie relative ai contratti di conto corrente.
2.
E’ ben nota la titolarità di un diritto, in capo al cliente, di ripetizione di quanto
indebitamente versato in caso di sussistenza di interessi anatocistici capitalizzati con
cadenza trimestrale. Se però è vero che l’azione per l’accertamento della nullità di una
clausola contrattuale è imprescrittibile, altrettanto non può dirsi per le azioni di ripetizione
dell’indebito, come chiaramente disposto dall’art. 1422 c.c.
Da qui la necessità di individuare il dies a quo del termine di prescrizione decennale
applicabile alla ripetizione dell’indebito.
3.
Questa complessa quanto centrale problematica è stata al centro di accesi dibattiti,
i quali hanno visto contrapporsi due orientamenti.
a)
Parte di giurisprudenza e dottrina, facendo leva sull’unitarietà del rapporto di
conto corrente bancario, riteneva che il dies a quo del termine di prescrizione dovesse
essere necessariamente quello del momento di chiusura del conto corrente. Si tratterebbe
infatti di un rapporto unitario, idoneo a dar luogo ad un solo rapporto giuridico, sebbene
articolato in una pluralità di atti esecutivi: sicché sarebbe soltanto con la chiusura del
conto che si stabilirebbero definitivamente i crediti e i debiti delle parti tra loro (Cass. civ.
9 aprile 1984, n. 2262, in Rep. Foro it., 1984, voce Contratti bancari, n. 24).
b)
Di diverso avviso erano invece coloro i quali ritenevano che la decorrenza del
termine decennale di prescrizione vi fosse a partire dalle singole operazioni di addebito
illegittimo delle somme sul conto corrente. In questo senso si veda, ex multis, il Tribunale
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di Mantova, che con Sent. 2 febbraio 2009 aveva disposto la necessità di far “decorrere
dalla singola operazione di addebito illegittimo il termine prescrizionale per l’esercizio
del diritto alla ripetizione, a nulla rilevando l’ignoranza del relativo diritto, così come il
mutamento di precedenti giurisprudenziali, o dubbi di interpretazione di norme,
trattandosi questi di impedimenti fattuali e non legali all’esercizio del diritto” (Trib.
Mantova 02/02/2009).
4.
Pietra miliare nella materia de qua è stata la sentenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, datata 02/12/2010, n. 24418.
In tale pronuncia la Cassazione, pur non ritenendo infondato il rilievo della Banca, ha
statuito come “l’unitarietà del rapporto giuridico derivante dal contatto di conto corrente
non è, di per sé solo, elemento decisivo al fine di individuare nella chiusura del conto il
momento da cui debba decorrere il termine di prescrizione del diritto alla ripetizione
d’indebito”.
5.
Indispensabile per comprendere a pieno il ragionamento della Corte,
valorizzandone così la portata innovativa e garantista, è la distinzione tra rimesse
solutorie e ripristinatorie.
Le diverse e successive rimesse compiute dal cliente sul conto corrente non possono
infatti essere tutte automaticamente considerate pagamenti in senso proprio del termine,
ovvero “adempimenti” di un debito verso la banca. Non è cioè detto che ogni versamento
eseguito dal cliente rappresenti atto solutorio di un’obbligazione pecuniaria, ripetibile se
indebito.
6.
Tale versamento risulterà invece indebito solo qualora costituisca solutio
compiuta in adempimento della clausola anatocistica.
Il caso di specie, oggetto della controversia giunta dinanzi alle Sezioni Unite, riguardava
nello specifico un’apertura di credito bancario, disciplinata dall’art. 1842 c.c. Tale
contratto permette al cliente di utilizzare, in tutto o in parte, la somma versata, come anche
di ripristinarla con successivi versamenti. “Questi ultimi potranno essere considerati alla
stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti),
in quanto abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore
della banca”. Questo accadrà:
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-
“Qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili
situazioni si preferisce dire "scoperto") cui non accede alcuna apertura di credito
a favore del correntista”;
-
“O quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti
dell'accreditamento”.
Nel caso di pagamenti solutori, così come sopra definiti dalle Sezioni Unite, si hanno
dunque pagamenti in senso proprio e cioè adempimenti: con decorso del termine
decennale dell’azione di ripetizione dell’indebito a partire dal giorno del versamento
stesso.
7.
Rimane ferma la natura di eccezione in senso stretto della prescrizione: e dunque
l’avvenuta prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito delle operazioni solutorie
non è un evento che si verifica automaticamente, né può essere rilevato d’ufficio dal
giudice, ma deve piuttosto essere specificamente allegato dalla parte (banca) nella
memoria di costituzione e risposta (cfr. Cass. n. 16326 del 2009).
La banca che eccepisca l’avvenuta prescrizione del termine di dieci anni relativamente
all’azione di ripetizione dell’indebito promossa dal correntista, dovrà (cfr. Trib. Napoli,
sez. III, sent. n. 1083 del 01/02/2011):
-
provare che l’operazione sia avvenuta al di là del limite dell’affidamento previsto
nel contratto, e dunque extrafido;
-
provare in modo dettagliato, elencandoli, i singoli versamenti avvenuti extrafido
(e dunque aventi natura solutoria);
-
allegare gli estratti conto comprovanti il superamento del limite dell’affidamento,
con specifica indicazione della data (che dovrà essere anteriore di almeno 10 anni
alla domanda giudiziale, o alla preventiva richiesta stragiudiziale di ripetizione
dell’indebito).
Siffatto onere probatorio a carico della banca di produzione degli e/c per l’intero periodo
di durata del rapporto contrattuale è stato ribadito recentemente anche da Cass. 19.9.2013,
n. 21466. Secondo la Suprema Corte: “[…]una volta esclusa la validità della clausola in
base alla quale sono stati calcolati gl'interessi, soltanto la produzione degli estratti conto
a partire dalla data di apertura del conto corrente consente di pervenire, attraverso
l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, alla
determinazione del credito della banca, sempre che la stessa non risulti addirittura
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debitrice, una volta depurato il conto dagl'interessi non dovuti. Allo stesso risultato non
si può pervenire sulla base del saldo registrato alla data di chiusura del conto e della
documentazione relativa all'ultimo periodo del rapporto, dal momento che quest'ultima
non consente di verificare gli importi addebitati nei periodi precedenti per operazioni
passive e quelli relativi agl'interessi, la cui iscrizione nel conto ha condotto alla
determinazione dell'importo che costituisce la base di computo per il periodo successivo”
(Cass. 19.9.2013, n. 21466).
8.
“Non è così, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo
il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da
atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a
godere” (Cass. 02/12/2010, n. 24418): il dies a quo della prescrizione decennale per la
ripetizione dell’indebito decorrerà perciò dal giorno della chiusura del rapporto di conto
corrente bancario solo relativamente alle rimesse ripristinatorie, non qualificabili come
pagamenti in senso proprio.
Un versamento eseguito dal correntista nei casi in cui il passivo sia inferiore al limite
dell’affidamento concesso al cliente ha infatti lo scopo di ampliare o ripristinare la facoltà
d’indebitamento del correntista, e non quello di soddisfare la pretesa della banca di
ottenere la restituzione del denaro dato a mutuo.
9.
Un singolo versamento, considerato isolatamente, è dunque un atto a causa neutra
o variabile, e sarà necessario procedere con una valutazione caso per caso per discernere
le rimesse del correntista ripetibili da quelle che tali non sono.
10.
Sulla base delle sopra esposte considerazioni, la Corte ha concluso statuendo che:
“Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto
corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la
corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato
indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di
ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza
del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui
è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati
registrati”.
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