Lezioni di politica economica A.A. 2015-2016 Docente: Sergio Lodde Argomenti del corso Il corso si divide in due moduli e sei parti Modulo A • Prima parte: i fini della politica economica • Il concetto di giustizia sociale: utilitarismo, libertarismo, neocontrattualismo, approccio delle capacità • L’economia del benessere e la politica economica • Il criterio paretiano • L’analisi costi-benefici e i suoi limiti • Rawls e la giustizia equa • La giustizia procedurale secondo Nozick • L’approccio delle capacità di Sen • Misure alternative del benessere • Il ruolo dello Stato • Seconda parte: lo stato sociale e le politiche per il welfare • Modelli di Welfare State • Motivazioni di efficienza delle politiche sociali • Funzioni dello Stato sociale • I sistemi previdenziali • Le politiche sanitarie • Le politiche del lavoro • Le politiche assistenziali • Le politiche per l'istruzione • Globalizzazione e stato sociale • Terza parte: le politiche microeconomiche • Politiche antitrust • Politiche ambientali • L’efficienza della pubblica amministrazione • Quarta parte: La crescita economica nel lungo periodo • I fattori della crescita • Il modello di Solow Modulo B • La crescita economica può essere illimitata? • La crescita zero o la decrescita sono alternative possibili? • Quinta parte: le politiche fiscali e monetarie nel contesto europeo • Il debito pubblico • Il modello IS-LM • Il modello Mundel-Fleming dell'economia aperta • L’unione monetaria europea e il patto di stabilità • Problemi dell’economia europea • Sesta parte: la crisi attuale come ci siamo precipitati e come potremmo uscirne • Perché la crisi? • L'instabilità del sistema finanziario globale • Il debito sovrano e l'euro • La crisi è figlia della disuguaglianza? • Il dopo crisi: più stato o più mercato? Suddivisione del corso e pre-esame • Il corso è suddiviso in due moduli: A e B • il modulo A comprende le prime tre parti e quella sulla crescita (Solow) e durerà fino all'interruzione per gli esami di novembre • A novembre sarà possibile sostenere un pre-esame sugli argomenti trattati nel modulo A • il modulo B comprende l’analisi sui limiti della crescita (quarta parte) e gli argomenti dello quinta e sesta parte che saranno oggetto dell'esame finale • gli studenti che sostengono il pre-esame di novembre devono chiudere l'esame entro l’appello di febbraio • l'esame è scritto e consiste nel rispondere a quattro domande aperte su cinque Testi consigliati Modulo A 1. G. Mankiw, M.P. Taylor: Macroeconomia, cap. 7, 8 (esclusa appendice) 2. Dispensa: I fini della politica economica 3. Dispensa: Le politiche per il Welfare 4. Dispensa: le politiche microeconomiche 5. P. Cipollone, I. Visco: Il merito nella società della conoscenza Testi consigliati Modulo B 6. Dispensa: Crescita e ambiente 7. G. Mankiw, M.P. Taylor: Macroeconomia, cap. 10, 11, 12, 15, 16 8. O. Blanchard: La crisi economica globale 9. Dispensa: I mercati finanziari e la crisi 10.C. Reinhart, K. Rogoff: Growth in time of debt 11.P. Krugman: Fuori da questa crisi, adesso!, Garzanti I capitoli del Mankiw-Taylor sono reperibili in fotocopia in copisteria Gli altri testi possono essere scaricati dal sito della facoltà (materiale didattico del corso); il testo di Krugman deve essere acquistato Come trovare programma e materiale didattico • Andare sul sito della facoltà di Scienze economiche giuridiche e pol. • menù a tendina didattica - elenco docenti - Lodde Sergio - menù didattica • per trovare il programma: menù didattica - insegnamenti - politica economica Amministrazione e organizzazione • per trovare il materiale didattico: menù didattica - materiale didattico - politica economica Amministrazione e organizzazione Che cosa è la politica economica? • Ogni disciplina scientifica si propone non solo di analizzare e di comprendere meglio i fenomeni reali, ma anche di usare le conoscenze acquisite per offrire indicazioni utili all’azione. • La costruzione di teorie per spiegare la realtà così com’è rappresenta il contenuto positivo della scienza, laddove tutto ciò che riguarda la definizione di come la realtà dovrebbe essere e di come si dovrebbe agire per modificarla in tal senso è il suo contenuto normativo. • Anche nel campo economico è possibile distinguere due approcci: l’economia politica rappresenta il contenuto positivo della scienza economica e fornisce descrizioni e spiegazioni, la politica economica ha a che fare con quello normativo e definisce prescrizioni per l’azione. Definizione della politica economica • La politica economica studia le modalità e gli effetti degli interventi nell’economia decisi dai centri detentori del potere politico in base agli obiettivi che intendono perseguire. • In altri termini, mentre l’economia politica analizza i meccanismi di funzionamento dei mercati dandone descrizioni e spiegazioni, la politica economica studia come intervenire su di essi fornendo prescrizioni atte a orientarli verso il conseguimento di specifici obiettivi o a correggerne il cattivo funzionamento. L’approccio dell’economia politica e quello della politica economica Nel decennio 1994-2003, il prodotto interno lordo degli USA è cresciuto in media del 3,3% all’anno. Nello stesso periodo, nell’area dell’Euro la crescita è stata pari in media al 2%, in Italia all’1,7%. Grafico 1 Tasso di crescita del PIL negli USA e UE 5.0 4.5 4.0 3.5 3.0 USA 2.5 UE 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Di fronte a questi dati l’economia politica si domanda: quali fattori sono all’origine di queste differenze di comportamento? Il problema di politica economica è, invece: cosa si può fare per migliorare la performance europea e avvicinarla a quella degli USA? Gli ambiti della politica economica La politica economica ha diversi ambiti di intervento: • politiche macroeconomiche di stabilizzazione nel breve periodo • politiche microeconomiche di regolamentazione dei mercati • politiche macroeconomiche per la crescita e lo sviluppo • politiche regionali • politiche per il welfare Obiettivi e strumenti della politica economica • La politica economica si propone dunque di conseguire determinati fini definibili come obiettivi dell’azione pubblica. • Normalmente gli obiettivi più spesso enunciati sono di due tipi: di breve e di lungo periodo • breve periodo: piena occupazione, stabilità dei prezzi, pareggio della bilancia dei pagamenti • lungo periodo: crescita del PIL • Per far questo utilizza strumenti di intervento come quelli della politica fiscale e monetaria che possiamo definire come le leve sulle quali l’autorità di politica economica può agire per raggiungere gli obiettivi che si propone. Come si definiscono gli obiettivi della politica economica? Qualche domanda preliminare • Quali sono i principi generali che devono ispirare l’intervento pubblico? • La massimizzazione del benessere può essere considerata come il fine principale della politica economica? • Supponendo che lo sia, cosa intendiamo quando parliamo di benessere? • Possiamo definirlo indipendentemente da giudizi morali e di valore e da un preciso concetto di giustizia sociale? • In questo caso, quale forma di giustizia sociale è la più desiderabile? • In quale misura l’intervento pubblico nell’economia è giustificabile? Giustificazioni economiche dell’intervento pubblico • Se gli agenti economici sono liberi di scegliere, i mercati concorrenziali tendono verso un equilibrio in cui il benessere sociale è il massimo possibile • In alcuni casi il mercato non raggiunge tale equilibrio, ciò accade quando: - i mercati sono imperfetti (monopolio, oligopolio, concorrenza monopolistica) - esistono esternalità - si producono beni pubblici - gli agenti non sono pienamente informati - c’è incertezza, la domanda effettiva è al di sotto del livello ottimale e l’economia non raggiunge la piena occupazione In questi casi l’intervento pubblico è giustificato in quanto corregge malfunzionamenti del mercato e accresce l’efficienza dell’economia Che cosa intendiamo per benessere? • Questa concezione dei limiti dell'intervento dello stato riflette una specifica visione dei fini della politica economica secondo cui l'obiettivo fondamentale è rendere massima la produzione di beni e servizi utilizzando appieno le risorse disponibili in un certo momento del tempo, e la crescita di tale produzione nel tempo • L'idea sottostante, tipica della filosofia utilitarista, è che il benessere si identifichi con il consumo di beni e servizi, ma questa è solo una particolare concezione del benessere sociale • Il concetto di benessere è assai più complesso ed è stato oggetto di un ampio dibattito filosofico • Che cosa determina il benessere individuale? (problema del contenuto del benessere) • Chi, e con quali mezzi, può o deve mettere ciascuna persona nelle condizioni di ottenere ciò che e crea benessere? • Quali limiti possono essere imposti alla ricerca del benessere individuale? • Quale relazione esiste tra il benessere del singolo e quello della società? • Il perseguimento di questi fini non può essere ridotto a un puro calcolo di efficienza ma coinvolge giudizi etici e di valore che definiscono la qualità della vita umana insieme a una determinata visione della giustizia sociale Teoria economica e giudizi di valore • Molti economisti ritengono che la scienza economica debba limitarsi ad analizzare i fatti indipendentemente da giudizi di valore che sono di competenza dei politici • Le affermazioni che si basano soltanto sui fatti sono dette proposizioni positive ed esprimono giudizi su come la realtà è (come funziona il mercato, quali sono le condizioni della crescita ecc.) • Le affermazioni che si basano su giudizi di valore sono dette proposizioni normative e riguardano la realtà come dovrebbe essere (giudizi sulla libertà, sulla felicità, estetici ecc.) e la corrispondenza fra questa e la realtà effettiva • In questa divisione del lavoro il politico definisce gli obiettivi e l’economista fornisce le soluzioni più efficienti per conseguirli I giudizi di fatto e quelli di valore sono separabili? • Questa separazione fra analisi oggettiva o scientifica e giudizi di valore è difficilmente sostenibile perché la stessa teoria economica è permeata di giudizi di valore • Esempio: la semplificazione del consumatore rappresentativo implica che il livello aggregato del reddito è più importante nel valutare lo stato dell’economia rispetto alla distribuzione del reddito stesso • Se riteniamo che la tassazione sia un buon strumento per controllare l’inquinamento stiamo sostenendo che un certo tasso di inquinamento è socialmente e moralmente accettabile E' possibile separare efficienza e giudizio etico? Problema • un medico in un ospedale ha in dotazione 10 dosi di un siero salvavita • arrivano simultaneamente due gruppi di pazienti che ne hanno bisogno e, in mancanza di esso, morirebbero con certezza • gruppo A: pazienti che, se trattati, sopravvivrebbero con certezza • gruppo B: pazienti che, se trattati, hanno una probabilità di sopravvivenza del 50% Come bisognerebbe distribuire il siero fra di essi per ottenere un risultato efficiente? Ulteriore informazione: • i pazienti del gruppo A sono anziani di 80 anni • i pazienti del gruppo B sono bambini di 5 anni Come bisognerebbe distribuire il siero fra di essi per ottenere un risultato efficiente? La soluzione efficiente non può essere determinata semplicemente in base a un criterio di massimizzazione, essa implica necessariamente un giudizio etico • Supponiamo che il siero non sia in possesso del medico ma debba essere acquistato in farmacia che lo vende a chi paga di più • gruppo A: in quanto anziani hanno disponibilità finanziarie • gruppo B: i bambini non hanno disponibilità finanziarie • come pensate che il mercato allocherebbe il siero? • La soluzione efficiente implica che il siero dovrebbe essere venduto a chi è disposto a pagare il prezzo più alto. I bambini morirebbero tutti La soluzione efficiente dal punto di vista economico (che massimizza il benessere) non lo è necessariamente dal punto di vista sociale ed etico Se non definiamo innanzitutto quali sono i nostri fini ha poco senso porsi il problema di come ottenerli nel modo più efficiente Decisioni e dilemmi etici • La stragrande maggioranza delle decisioni implicano un trade off, uno scambio tra qualcosa e qualcos'altro • per ottenere l'obiettivo X è necessario rinunciare all'obiettivo Y, per esempio accrescere il benessere di alcuni spesso comporta una riduzione del benessere di altri • a meno che la preferibilità di X rispetto a Y non sia evidente, ogni qual volta questo accade si pone un dilemma etico: è giusto perseguire X a scapito di Y o è giusto il contrario • quasi tutte le decisioni di politica economica sono di questo tipo ergo quasi tutte le decisioni di politica economica implicano giudizi etici o di valore Conseguenzialismo e deontologia • I giudizi di valore sono impliciti persino nei fondamenti più generali della teoria economica • Nel momento stesso in cui diciamo che la massimizzazione del benessere sociale è il principale obiettivo da perseguire stiamo adottando una precisa logica di argomentazione etica: quella conseguenzialista e ponendo in secondo piano un’altra: quella deontologica o categorica • L’etica conseguenzialista consiste nel ritenere che ciò che conta per valutare le azioni come giuste o ingiuste sono le conseguenze che le azioni producono • L’etica deontologica afferma invece che un’azione è giusta o ingiusta in sé e per sé in base a principi inderogabili e indipendentemente dalle sue conseguenze Etica e giustizia sociale • L’approccio conseguenzialista e quello deontologico sono alla base di diverse teorie della giustizia sociale: • L’utilitarismo conseguenzialista sostiene che la giustizia coincide con il massimo benessere aggregato della società; giustifica l’adozione di politiche redistributive ma solo nella misura in cui accrescono il benessere totale inteso in senso edonistico • Le teorie libertarie, di ispirazione deontologica e anti conseguenzialista, sostengono che alcuni diritti fondamentali di libertà dell’individuo devono essere rispettati, solo in base a questo si può parlare di società giusta o ingiusta mentre la distribuzione della ricchezza non è rilevante • Le teorie liberal-democratiche (in parte conseguenzialiste in parte deontologiche) sostengono che deve essere garantita a tutti uguale disponibilità di alcuni beni primari e la possibilità di esprimere le proprie capacità Il benessere sociale secondo gli utilitaristi • In termini molto generali è plausibile affermare che le politiche pubbliche dovrebbero tendere ad accrescere il benessere sociale • Secondo gli utilitaristi esse possono essere quindi giudicate come giuste o ingiuste, migliori o peggiori in base alla loro capacità di rendere massimo il benessere sociale • Le basi etiche dell’utilitarismo hanno quindi una matrice conseguenzialista nel senso che ciò che conta è il risultato • Secondo la teoria utilitarista il benessere sociale non è altro che la somma del benessere di tutti gli individui che compongono la società • A sua volta il benessere (o utilità) individuale può essere definito come la differenza fra ciò che procura piacere e ciò che causa dolore o sofferenza La massimizzazione dell’utilità • La conclusione degli utilitaristi è che l’intervento pubblico dovrebbe mirare a rendere massima la differenza fra la somma dei piaceri di tutti gli individui considerati come aggregato e la somma delle loro sofferenze, ovvero massimizzare l’utilità (piacere) aggregata • Nelle parole di Bentham lo Stato dovrebbe promuovere il massimo bene per il più alto numero di individui • L’ingiustizia consiste nella realizzazione di una utilità aggregata minore di quella ottenibile. Una società ingiusta è quella in cui gli individui, nel loro insieme, sono meno felici di quanto potrebbero essere • Il concetto utilitarista di giustizia si basa solo su considerazioni relative all’utilità (welfarismo) escludendo qualunque altra considerazione morale (per esempio diritti inalienabili, il rispetto dei diritti è giusto per gli utilitaristi se essi contribuiscono ad accrescere l'utilità, non lo è in caso contrario) La giustizia secondo Bentham • Il criterio benthamiano può essere definito più precisamente nel seguente modo: Un’azione è giusta se e solo se la somma delle utilità totali prodotta da quell’azione è maggiore della somma delle utilità totali prodotta da qualunque altra azione che avrebbe potuto essere compiuta al suo posto Alcune implicazioni del principio di massimizzazione dell'utilità • Un'implicazione della logica utilitarista è che se fosse necessario sacrificare i diritti di pochi per massimizzare l'utilità di molti sarebbe giusto farlo • esempio 1: se la riduzione in schiavitù di un gruppo sociale (per esempio i lavoratori) facesse aumentare la produzione totale e l'utilità totale della società allora la schiavitù sarebbe socialmente desiderabile e giusta. • esempio 2: se il benessere sociale aumentasse in seguito alla introduzione della pena di morte perché i crimini diminuiscono grazie al suo effetto deterrente e si risparmiano i costi della detenzione in carcere, allora la pena di morte sarebbe giustificata Massimizzazione del benessere e distribuzione del reddito Ricchi Poveri Totale Società A 100 10 110 Società B 50 50 100 Se l’obiettivo è il massimo benessere complessivo, la società A che ha una distribuzione molto iniqua è preferibile alla società B perché il benessere totale è maggiore. Massimizzazione dell'utilità e distribuzione del reddito • L’utilitarismo non è contrario in linea di principio a politiche di ridistribuzione del reddito • Dal momento che l’utilità marginale del reddito è decrescente, si può migliorare il benessere sociale trasferendo reddito da coloro che hanno un reddito più alto (e quindi un’utilità marginale più bassa) a coloro che si trovano nella situazione opposta. • Fino a che le utilità marginali sono diverse l’utilità complessiva aumenta con la ridistribuzione, perché l’utilità marginale sottratta all’individuo più ricco è minore di quella aggiunta al più povero • Ciò che è rilevante non è però la distinzione ricco/povero quanto la capacità di produrre utilità. Se un ricco è capace di sviluppare un piacere più intenso dal fatto di possedere un’automobile di lusso rispetto a quello che un povero trae da una casa di uguale valore il reddito dovrebbe essere redistribuito a favore del ricco Utilità marginali e distribuzione del reddito Up Yp YpY1 = reddito poveri YrY1 = reddito dei ricchi YpY1 = YrY1 Ur Y2 Y1 Y3 Yr Ma non è sempre vero! perfetta uguaglianza Up Yp Ur Y1 Y* Yr Equità ed efficienza • Gli utilitaristi non hanno quindi una concezione egualitaria della distribuzione del reddito • La ridistribuzione è auspicabile nella misura in cui aumenta il benessere complessivo, ma non necessariamente da chi ha di più a chi ha di meno, inoltre deve essere compatibile con il mantenimento degli incentivi necessari a stimolare comportamenti efficienti da parte degli agenti • Esiste un trade off fra efficienza ed equità nel senso che una distribuzione troppo egualitaria può causare una riduzione del reddito totale • Gli utilitaristi dunque giustificano politiche ridistributive, non perché ritengano che tutti abbiano alcuni diritti irrinunciabili a una vita dignitosa e a un certo ammontare di risorse che consentano di esprimere la propria libertà ma solo perché è ingiusto non aumentare il benessere aggregato quando è possibile farlo Utilità cardinale e ordinale • Per massimizzare la somma del benessere o utilità di tutti gli individui è necessario misurarli in qualche modo. È possibile farlo? • È possibile affermare che l’individuo A ricava dal consumo di una pizza un’utilità doppia rispetto all’individuo B? • Secondo i critici il piacere (o utilità) è un’esperienza puramente soggettiva e, come tale, non comparabile da individuo a individuo. La somma delle utilità di individui diversi non è quindi definibile perché non è misurabile con la stessa unità di misura • Che senso ha allora la prescrizione di massimizzare la somma di qualcosa che non si può misurare? Il benessere come soddisfazione delle preferenze • Secondo gli utilitaristi il problema è superato se si rinuncia a una concezione cardinale dell’utilità a favore di una ordinale e si sostituisce una concezione sostantiva con una puramente formale • Nella visione ordinale ogni agente ha un preciso ordinamento preferenziale soggettivo delle diverse alternative che ha di fronte • Se abbiamo due alternative x e y, possiamo dire che, qualora l’agente preferisca x ad y, allora questo significa che per lui l’utilità di x è maggiore di quella di y anche se non possiamo dire di quanto • Il criterio della massimizzazione del benessere può essere allora riformulato nel senso che il massimo benessere si ottiene quando le preferenze degli agenti sono soddisfatte nella misura massima possibile Le preferenze rivelate • Come si può stabilire se le preferenze sono soddisfatte? Dopotutto non possiamo osservare quale è il grado di soddisfazione che un individuo trae dalle proprie scelte. Ma possiamo osservare come concretamente un individuo agisce • Se un individuo sceglie di consumare il bene A al posto di B, potendo scegliere uno qualunque dei due, evidentemente ritiene che A accresca il suo benessere (utilità) più di B • Le scelte effettive (cioè quelle concretamente attuate e, per questo motivo, osservabili nella realtà) di individui razionali rivelano le loro preferenze pertanto una politica che consenta ai cittadini di realizzare le loro scelte meglio di un’altra è senz’altro preferibile Le preferenze sono tutte ugualmente meritevoli di essere soddisfatte? • Un’implicazione di questa logica è che se il maggior numero di individui preferisce il grande fratello a un dramma di Shakespeare il governo dovrebbe sovvenzionare il primo piuttosto che il secondo • Se la gente ama molto fumare il governo dovrebbe astenersi dal tassare le sigarette? • La soddisfazione della preferenza per una vacanza ai Caraibi dovrebbe avere la stessa priorità di quella per la salute o per l'istruzione? • Le preferenze non sono tutte uguali alcune meritano di essere soddisfatte più di altre • Perché non sono uguali e in base a quali criteri dovrebbero essere differenziate? • E' possibile che un soggetto preferisca un’alternativa in conflitto con i suoi reali interessi, ovvero con la piena realizzazione di sé • Ciò può accadere perché: ‐ l'individuo non è adeguatamente informato sulle conseguenze che ne derivano (es. il fumo) ‐ l'individuo è condizionato dal contesto sociale e adatta le sue preferenze alle norme che esso esprime (minore ambizione delle donne nel lavoro, accettazione della propria condizione economica da parte dei meno abbienti) • Preferenze eccessivamente dispendiose • Preferenze illegittime. L’utilitarismo potrebbe portare a scelte sociali disumane laddove fosse eccessivo il peso sociale attribuito a individui con preferenze antisociali per esempio favorevoli alla tortura, alla violazione dei diritti umani, alla violenza sulle donne ecc. Preferenze informate e razionali • Se le preferenze sono distorte e non riflettono il vero benessere degli individui o illegittime, la loro soddisfazione non necessariamente conduce al massimo benessere sociale • A questa critica gli utilitaristi rispondono che il benessere consiste nella soddisfazione di preferenze ben informate e razionali • Secondo Harsanyi preferenze informate e razionali sarebbero quelle che l‘agente avrebbe in condizioni ideali di informazione e capacità di ragionamento razionale • Questa visione delle preferenze pone però un altro problema, apre la strada a una concezione paternalistica del benessere. Chi infatti dovrebbe stabilire quali preferenze sono bene informate e razionali e quali non lo sono? Il paradosso del voto • Supponendo di voler soddisfare nel miglior modo possibile preferenze informate e razionali come è possibile farlo tenendo conto che ogni individuo ha preferenze diverse? • Il modo più ovvio è quello di adottare il metodo democratico, mettere cioè ai voti preferenze contrastanti e soddisfare quelle che riscuotono la maggioranza fra i votanti • Questa soluzione funziona bene se si deve scegliere fra due alternative ma non quando le alternative sono più di due • Consideriamo una società composta da tre classi sociali (poveri, classe media e ricchi) le cui preferenze hanno un certo ordinamento rispetto a tre possibili schemi di tassazione A, B e C Preferenze su possibili schemi di tassazione A B C Poveri 15% 20% 25% Classe media 40% 30% 35% Ricchi 45% 50% 40% Preferenze Poveri: Classe media: Ricchi: A>B>C B>C>A C>A>B • se la scelta è fra A e B, A avrebbe la maggioranza in quanto preferita da Poveri e Classe media • dovendo scegliere fra A e C, C avrebbe la maggioranza in quanto preferita da Ricchi e Classe media • in caso di scelta fra B e C, sarebbe invece B ad avere la meglio perché preferita da Poveri e Classe media Nessuna delle tre alternative prevale chiaramente sulle altre due, è impossibile quindi stabilire quale di esse dovrebbe essere scelta Il criterio paretiano • Il criterio della soddisfazione delle preferenze non risolve ancora il seguente problema: • Se l’adozione della politica X modifica la situazione in modo che l’individuo A può soddisfare meglio le sue preferenze mentre l’individuo B le può soddisfare peggio di prima come possiamo essere sicuri che il benessere sociale sia aumentato? • La risposta è: non possiamo esserne sicuri, possiamo esserlo soltanto nel caso in cui uno dei due individui stia meglio di prima e la situazione dell’altro non peggiori a seguito dell’intervento • Quando questo accade possiamo parlare con sicurezza di un miglioramento del benessere sociale che viene denominato miglioramento paretiano L’ottimo paretiano • Si ha un miglioramento paretiano quando un intervento di politica economica permette di soddisfare meglio le preferenze di almeno un individuo (accrescerne l'utilità) senza ridurre la soddisfazione (utilità) di nessun altro • Quando non è possibile accrescere l’utilità di qualcuno senza ridurre quella di qualcun altro si può affermare che non è possibile ottenere alcun miglioramento paretiano • Ci troviamo quindi in una situazione non migliorabile, ovvero ottimale nel senso paretiano che viene chiamata ottimo paretiano • Questa è esattamente la situazione che si viene a creare quando un mercato concorrenziale è in equilibrio • Il primo teorema dell’economia del benessere afferma che: ogni equilibrio di un mercato competitivo è anche un ottimo paretiano Abbiamo trovato la bussola? • L’ottimo paretiano è una situazione efficiente nel senso che non è possibile modificare l’allocazione delle risorse in modo tale da accrescere il benessere generale • In sostanza in una situazione di ottimo paretiano non ci sono sprechi • Sappiamo inoltre che se lasciamo funzionare liberamente il mercato esso trova un equilibrio che è anche un ottimo paretiano • L’ottimo paretiano viene raggiunto attraverso meccanismi di mercato, sulla base di scambi volontari, in quanto tali moralmente legittimi • Inoltre si può ipotizzare che chi effettua uno scambio volontario lo fa perché ritiene di ricevere una giusta compensazione, il risultato finale di questi scambi è quindi giusto dal punto di vista sociale • Il criterio paretiano è quindi importante per orientare l’azione in direzione dell’efficienza ma presenta problemi tali da essere poco utilizzabile nella realtà concreta La torta paretiana Nella figura a sinistra una parte della torta non viene assegnata a nessuno. La situazione non è Pareto efficiente perché è possibile un miglioramento paretiano. Assegnando la fetta mancante a B la sua utilità aumenta mentre quella di A rimane inalterata. A questo punto tutta la torta è utilizzata, nessun miglioramento paretiano è possibile. 1 2 Nella situazione 2 B ottiene una fetta più grande ma questo può avvenire solo a spese di A la cui fetta diminuisce. La situazione 2 non è un miglioramento paretiano rispetto alla 1. Nessun miglioramento è possibile quando la torta è interamente distribuita. Entrambe le situazioni sono quindi ottimi paretiani La frontiera delle utilità Bianchi Utilità dei Ub2 bianchi Ub1 Utilità dei bianchi 2 ottimo paretiano F D G B A ottimo paretiano E C punto Pareto inefficiente Un Un2 1 Utilità dei neri Utilità dei neri 2 Neri Il criterio paretiano offre indicazioni utili se dobbiamo spostarci da A a B o a E o a D ma non se ci muoviamo da B a C e nemmeno da A a C La maggioranza dei casi reali implicano un movimento da A a C, il criterio paretiano è utile in un numero molto limitato di casi Limiti del criterio paretiano • Due difetti principali: • I punti di ottimo sono molti, tutti ugualmente efficienti ma diversi sul piano della distribuzione delle risorse: il criterio paretiano non consente di scegliere fra di essi, non offre quindi alcuna indicazione sotto il profilo distributivo • Il criterio paretiano può fornire indicazioni utili all’azione se quest’ultima accresce il benessere di qualcuno senza ridurre quello di nessun altro ma è completamente inutilizzabile se alcuni sono beneficiati e altri danneggiati La stragrande maggioranza delle situazioni reali sono di quest’ultimo tipo Criterio paretiano e giudizi di valore • Sostenere che l’ottimo paretiano è la bussola che deve orientare le decisioni di politica economica significa accettare come moralmente giusta qualunque distribuzione del reddito • Come possono essere gli economisti convinti di questo? • La spiegazione sta nel secondo teorema dell’economia del benessere il quale afferma che: un qualunque ottimo paretiano può essere ottenuto attraverso il funzionamento di un libero mercato competitivo se si parte da una certa distribuzione delle dotazioni iniziali degli agenti • Ciò implica che, definendo una adeguata distribuzione iniziale, il mercato può raggiungere un ottimo paretiano che sia anche equo dal punto di vista distributivo • Il problema è che questa idea è in contraddizione con lo stesso principio paretiano perché per redistribuire le dotazioni iniziali bisognerebbe togliere qualcosa a qualcuno e questo comporterebbe un peggioramento paretiano Il principio di compensazione Bianchi N1-N2 > B1-B2 B1 C A B B2 N1 N3 N2 Neri Passando da A a C i neri potrebbero compensare la perdita dei bianchi cedendo loro N2-N3 = B1-B2. Ora i bianchi tornerebbero al punto di partenza (B1) e i neri avrebbero N1-N3 in più rispetto a prima. Ciò equivarrebbe a un miglioramento paretiano Qualche problema nel principio di compensazione Bianchi F A' S B C B' A F' S' Neri Non è possibile stabilire quale è la tecnologia migliore prescindendo dalla distribuzione L'efficienza non può prescindere dalla distribuzione • Giorgio ha due biglietti per un concerto rock che valuta 100 euro • Anna è una ricca ereditiera disposta ad acquistarli per 200 euro. • l’attuale allocazione non è efficiente, se Anna acquistasse i biglietti per 150 euro li pagherebbe 50 euro in meno di quanto li valuta, Giorgio otterrebbe 50 euro in più di quanto valuta i biglietti. • attraverso lo scambio il benessere totale potrebbe aumentare, si realizzerebbe un miglioramento paretiano • supponiamo che Giorgio sia l’erede e abbia i biglietti mentre Anna non dispone di nulla. In questo caso l’allocazione esistente sarebbe efficiente perché non è possibile aumentare il benessere (Anna valuta di più i biglietti ma non può acquistarli). • conclusione: la definizione di allocazione efficiente (ottimo paretiano) dipende dalla distribuzione del reddito. L’analisi costi-benefici • Il principio di compensazione permette di confrontare la desiderabilità di due situazioni anche quando il passaggio dall’una all’altra favorisce alcuni e danneggia altri • Su questo principio si fonda l’analisi costi-benefici il principale strumento di analisi delle decisioni di politica economica • Se una decisione del governo genera più benefici (che favoriscono alcuni) che costi (che danneggiano altri) essa migliora il benessere sociale • Ciò accade perché, se i fruitori dei benefici cedessero parte di essi ai danneggiati compensando le loro perdite e mantenessero per sé ciò che rimane, saremmo di fronte ad un miglioramento paretiano in base al principio di compensazione Come si misurano benefici e costi? • L’analisi costi-benefici valuta benefici e costi in base alle preferenze degli individui • I benefici equivalgono a quanto i beneficiari sono disposti a pagare per ottenerli. Se l’investimento consiste nell’apertura di un parcheggio a pagamento i benefici sono dati dalla spesa dei fruitori • I costi sono rappresentati dalle risorse necessarie per la costruzione e il funzionamento del parcheggio, risorse che potrebbero essere impiegate in altro modo per esempio per la costruzione di un museo • I costi (opportunità) possono essere quindi valutati misurando i benefici ai quali devono rinunciare i potenziali fruitori dell’investimento alternativo (museo). La misura dei benefici perduti è data da quanto sarebbero disposti a pagare i fruitori del museo Benefici e costi di un parcheggio a pagamento • Beneficiari: coloro che usufruiscono del parcheggio • Danneggiati: coloro che avrebbero potuto usufruire di un museo se non fosse stato sostituito dal parcheggio • Benefici: tariffa di parcheggio unitaria x numero di macchine parcheggiate • Costi: misurabili chiedendo ai potenziali frequentatori del museo quanto sarebbero disposti a pagare per fruirne • Se il valore monetario della spesa complessiva per i parcheggi supera quella per la fruizione del museo la realizzazione del parcheggio aumenta il benessere della collettività Il memorandum di Summers • Trasferire produzioni inquinanti dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo accresce il benessere generale? • I costi dell’inquinamento dipendono dai redditi perduti a causa delle malattie e della mortalità che ne derivano • Tali redditi sono uguali ai salari percepiti, pertanto i costi in termini di reddito perduto sono minori laddove i salari sono minori • Trasferire produzioni inquinanti dai paesi con salari più elevati verso paesi con salari più bassi aumenta il benessere complessivo in quanto le perdite di reddito dovute all’aumento dell’inquinamento nei paesi con bassi salari sono più che compensate dai guadagni derivanti dal ridotto inquinamento nei paesi ricchi La logica dell’argomentazione di Summers • Gli agenti razionali nei paesi poveri sarebbero disposti ad accettare un maggiore inquinamento in cambio di un indennizzo minore di quello richiesto nei paesi ricchi • Qualunque cosa gli individui preferiscano migliora il loro benessere • Spostare l’inquinamento nei paesi poveri pagando un indennizzo migliora il benessere di tutti • E’ giusto adottare politiche che migliorino il benessere complessivo • E’ giusto adottare politiche che favoriscano lo spostamento dell’inquinamento nei paesi poveri Il caso della Ford Pinto • La Ford Pinto è una utilitaria che fu immessa sul mercato dalla Ford negli anni 70 • L’auto aveva un difetto conosciuto dalla Ford: il serbatoio della benzina poteva esplodere in caso di urto violento causando la morte dei passeggeri • Il problema poteva essere risolto rinforzando il serbatoio con un costo di 11$ per auto • La Ford effettuò un’analisi costi benefici con i seguenti risultati Costi e benefici della messa in sicurezza Costi $ 11 per auto X 12,5 milioni di auto = ___________________ $ 137 milioni Benefici -180 morti x $ 200.000 + -180 feriti x $ 67.000 + -Riparaz. veicoli x $ 700 = _______________________ Totale $ 49,5 milioni Conclusione La messa in sicurezza avrebbe diminuito il benessere generale! Analisi costi benefici e giudizi di valore Molti economisti ritengono che l'analisi costi benefici sia neutrale rispetto a giudizi di valore, ossia consenta di prendere decisioni razionali ed efficienti sulla base di considerazioni oggettive e fattuali a prescindere da valutazioni etiche. Siete d'accordo? Il welfarismo • Qualunque giudizio morale sul benessere sociale dipende solo dall'utilità che gli individui conseguono (welfarismo) • Una società giusta è una società in cui è massimizzato il benessere del più alto numero di cittadini • Il benessere corrisponde alla soddisfazione delle preferenze • Le preferenze si manifestano nelle decisioni relative al consumo dei beni e possono essere misurate in termini di disponibilità a pagare • Il benessere coincide quindi con il valore monetario dei beni che i consumatori acquistano e consumano • L’obiettivo delle politiche pubbliche deve quindi essere quello di massimizzare il reddito o il consumo • Il benessere può aumentare anche trasferendo reddito dai più abbienti ai meno abbienti a condizione che non vengano meno gli incentivi all’efficienza • La visione utilitarista è fortemente conseguenzialista La giustizia sociale secondo Rawls • Il filosofo americano John Rawls critica l'utilitarismo in quanto sacrifica sull'altare della massimizzazione dell'utilità sociale complessiva i diritti delle minoranze • Secondo Rawls: "Ogni persona possiede un'inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri " ("Una teoria della giustizia") • L'obiettivo della giustizia distributiva deve essere inoltre quello di compensare la sfortuna di alcuni membri della società. Alcuni hanno la fortuna di possedere talento o di nascere in famiglie agiate), altri sono sfortunati per motivi opposti. E’ responsabilità della società modificare in modo più equo la distribuzione dei beni e dei mali determinata dalla lotteria della vita. Le regole del contratto sociale • Rawls parte da un’idea molto semplice: chiunque debba esprimere un giudizio sulla giustizia e il benessere sociale è necessariamente influenzato dalla posizione che occupa nella gerarchia sociale. Possono quindi essere formulati molti criteri diversi, tutti ugualmente plausibili, ma condizionati e non sufficientemente obiettivi. • Una teoria della giustizia deve fondarsi su alcuni principi di ragionevolezza e di equità condivisi da tutti i membri della società per questo tali principi devono essere definiti in modo obiettivo prescindendo dagli interessi personali e di gruppo. • Per formulare tali criteri è necessario prescindere dalla propria condizione sociale ed elaborare le proprie argomentazioni senza sapere quale posizione si occuperà nella società quando quei criteri verranno applicati. Il velo di ignoranza • Come argomenterebbe un individuo che, coperto da un velo di ignoranza, non sa se sarà ricco o povero una volta stabilite le regole di giustizia sociale? • Secondo Rawls si preoccuperebbe soprattutto di minimizzare le conseguenze negative derivanti dal fatto di trovarsi in una condizione di debolezza e povertà; in altri termini, cercherebbe di fare in modo che il cittadino più povero sia tutelato dalla società e sia il meno povero possibile. • Un criterio che soddisfa questa esigenza è quello del massiminimo, secondo il quale una redistribuzione del reddito fa aumentare il benessere sociale solo se migliora la condizione del più povero. I principi di giustizia Partendo da queste premesse Rawls formula due principi di giustizia sociale: 1. principio di libertà: tutti hanno un uguale diritto a un sistema il più esteso possibile di libertà fondamentali (personale, di pensiero, di parola, di voto ecc.) compatibile con le stesse libertà per gli altri 2. principio di differenza: Le disuguaglianze sociali devono soddisfare due condizioni: a) devono essere collegate a incarichi o posizioni aperte a tutti in condizioni di uguaglianza di opportunità di accesso; b) sono accettabili solo se contribuiscono al miglioramento delle condizioni dei membri della società più svantaggiati Il principio di libertà ha priorità su quello di differenza e la prima parte del principio di differenza ha priorità sulla seconda I beni primari • Il principio di differenza implica che un cambiamento della situazione sociale costituisce un miglioramento se accresce la dotazione di beni primari detenuti da coloro che si trovano in condizioni più disagiate. sono definiti da Rawls come: cui si presume ogni •I beni Perprimari beni primari si intendono le cosequelle di cuicose ognidiindividuo razionale individuo razionale abbia bisogno qualunque il suo di vita. si presume abbia bisogno per condurresiauna vitaprogramma libera e dignitosa. Essi sono mezzi polivalenti necessari a sviluppare la capacità di perseguire il •bene Secondo Rawlsdelle essipersone sono ladotate base su cui fondare la valutazione e la giustizia di valori morali, compresi i diritti della e le giustizia sociale la libertà di scelta, le opportunità, il reddito e la ricchezza libertà fondamentali, e le basi sociali dell'autostima • Rawls distingue due tipi di beni primari: 1. beni primari sociali che includono: a) libertà di base: di pensiero, di coscienza, di associazione, diritto all'integrità della persona, libertà politiche b) libertà di movimento e di scelta dell'occupazione in base a un ventaglio di opportunità c) il potere e le prerogative che derivano da incarichi e posizioni di responsabilità nella società e in particolare nelle istituzioni politiche d) reddito e ricchezza e) essere rispettato da gli altri ed essere quindi nelle condizioni di avere autostima 2. beni primari naturali: intelligenza e talento, immaginazione, salute Condizioni di giustizia • tutti gli individui devono avere una uguale dotazione di base dei beni primari sociali di cui ai punti a) e b) • tutti gli individui devono avere uguali opportunità di accesso agli incarichi (punto c) • l'effettivo ottenimento delle cariche a seguito di una competizione con uguali opportunità per tutti dipende dal talento e dall'impegno dei singoli • pertanto per quest'ultimo aspetto e per gli altri beni primari (d ed e) si applica il principio di differenza: una distribuzione diseguale si giustifica solo se contribuisce ad accrescere la dotazione di beni primari dei più svantaggiati. Beni primari naturali e giustizia sociale • I beni primari naturali sono distribuiti casualmente dalla natura e non possono essere trasferiti, pertanto una diversa dotazione da individuo a individuo non è né giusta né ingiusta • Rawls ritiene che le differenze di retribuzione non possano essere determinate interamente dal merito perché il merito è influenzato da fattori come il talento naturale o posizioni sociali che permettono di sfruttare meglio il talento naturale • Nessuno dovrebbe essere considerato meritevole o immeritevole in base a fattori che sono al di fuori del suo controllo, sui quali non può fare nulla • Per questo motivo le disuguaglianze sociali devono avere una giustificazione ulteriore cioè devono andare a vantaggio dei più disagiati che presumibilmente sono anche coloro che hanno svantaggi nel concretizzare i loro meriti Il criterio del massiminimo • il criterio del massiminimo (massimo dei minimi) prescrive che, dovendo scegliere fra diverse alternative, la regola decisionale consiste nel classificare prima le alternative secondo il loro peggior risultato possibile, quindi adottare l'alternativa il cui peggior risultato è superiore ai peggiori risultati delle altre. Principio del massiminimo Società Rossi Azzurri Verdi Reddito medio A 100 100 100 100 B 150 100 50 100 C 600 600 99 433 D 1096 102 101 433 Il principio di differenza non implica necessariamente una distribuzione ugualitaria. La società D è più giusta di A perché i più svantaggiati (Verdi) stanno meglio pur essendo la distribuzione del reddito molto più disuguale Implicazioni distributive della teoria di Rawls • Focalizzando sui più disagiati la teoria di Rawls presenta aspetti ugualitari ma assai più sotto il profilo delle opportunità che dei risultati con qualche correzione in termini dei secondi • Rawls ritiene giusto uguagliare le opportunità di accesso all'istruzione, scoraggiare l'accumulazione di fortune ereditarie e ridurre l'influenza della ricchezza nelle decisioni politiche • Ma sostiene che si dovrebbe ricorrere il meno possibile a politiche redistributive attraverso la tassazione • La diseguaglianza nei risultati si giustifica perché l'impegno, la capacità di intrapresa, l'assunzione del rischio e lo stesso talento naturale devono essere remunerati e incentivati in quanto possono andare a beneficio anche dei più svantaggiati La distribuzione giusta secondo Rawls e gli utilitaristi Distribuzione egualitaria A Distribuzione giusta secondo il criterio del massiminimo Punto di massima utilità totale D A1 A2 A1 C R E C U F 45° B3 B2 B1 B2 B1 L B A1 - A2 = B1 - B2 A A3 A2 Punto di massima utilità totale E C D A1 U -45° B2 B3 B1 L B La critica di Harsanyi Harsanyi difende l’utilitarismo sostenendo che il criterio del massiminimo può condurre ad esiti paradossali l’aereo precipita l’aereo arriva a destinazione Cagliari lavoro pessimo ma vivi lavoro pessimo ma vivi New York lavoro ottimo ma morti lavoro ottimo e vivi Il libertarismo e lo stato minimo • Il filosofo americano R. Nozick afferma che una certa distribuzione dei beni è giusta se è il risultato di un libero scambio partendo da una situazione giusta, anche se il processo è all’origine di disuguaglianze • non si può definire uno stato delle cose come giusto o ingiusto osservandolo al momento attuale, occorre capire come si è venuto a creare. Ciò che conta è soltanto la legittimità delle azioni che hanno condotto a quello stato. • La legittimità si basa su tre principi fondamentali: • Principio di giustizia nell’acquisizione: legittimità dell’acquisizione originaria dei beni • Principio di giustizia nel trasferimento: legittimità dei modi in cui i beni sono trasferiti dall’uno all’altro • Principio di rettifica delle ingiustizie passate La definizione di ciò che è giusto o ingiusto è esclusivamente procedurale e storica • Se tali principi sono stati rispettati il diritto di proprietà è inviolabile e costituisce un fondamento essenziale della libertà individuale. Il rispetto della libertà individuale è preminente rispetto a qualunque altra cosa. • Il libero mercato, inteso come luogo in cui gli individui interagiscono liberamente, è la migliore forma di organizzazione economica in quanto rispetta i diritti fondamentali di libertà individuale genera opportunità e crea benefici economici. • Esso può dar luogo a forti differenze nei risultati finali ma non è per questo ingiusto. • Qualunque intervento volto a perseguire l’uguaglianza distributiva (es. tassazione), se viola diritti di proprietà legittimamente acquisiti, distrugge la libertà ed è non solo ingiusto ma anche dannoso perché riduce gli incentivi a comportamenti efficienti • Per questi motivi i libertari sono fortemente critici nei confronti del Welfare State Mercato e merito • La ricchezza ottenuta attraverso il gioco del mercato è legittima anche perché rispecchia i meriti, le capacità e i talenti individuali. Secondo i libertari i meccanismi di mercato fanno sì che gli individui ottengano esattamente ciò che meritano • Secondo la teoria della produttività marginale, in un mercato concorrenziale, ogni fattore di produzione è pagato in misura uguale al suo prodotto marginale ossia al contributo che fornisce alla produzione. Se le imprese massimizzano i profitti allora i lavoratori ricevono un salario uguale al prodotto marginale Individui e società • Rifacendosi all’imperativo categorico kantiano secondo cui gli individui devono essere considerati come fini e non come mezzi, Nozick sostiene che: «Non si può sacrificarli o usarli per conseguire altri fini senza il loro consenso. Gli individui sono inviolabili» • non si possono infrangere i diritti di alcune persone anche se così facendo si ottiene un bene sociale maggiore, perché la categoria entità sociale non esiste: vi sono solo individui, ciascuno distinto dall’altro. • questo non impedisce che si possa perseguire un benessere sociale maggiore ma ciò può avvenire soltanto nell'assoluto rispetto dei diritti inviolabili dell'individuo • Il pensiero di Nozick è fortemente deontologico e anti conseguenzialista, anti utilitarista e anti Rawlsiano. Il ruolo dello stato • Il ruolo dello Stato deve essere limitato: 1) alla protezione delle libertà individuali 2) al mantenimento della legge e dell’ordine 3) ad assicurare il rispetto dei contratti • lo Stato deve essere minimo sul piano delle funzioni e degli interventi nella società • Non c’è spazio per il ruolo ridistribuivo • Le tasse si giustificano solo se sono il prezzo di questi servizi o se sono volontariamente accettate da chi le subisce, altrimenti sono un furto ed una forma di schiavitù Una critica conseguenzialista al libertarismo • Sen nella sua analisi delle carestie sostiene che la maggior parte di esse è dovuta non a scarsità effettiva di cibo ma, piuttosto a meccanismi di mercato di allocazione delle risorse, in particolare aumenti dei prezzi dei beni agricoli • Per esempio la grande carestia che ha colpito l’Asia meridionale nella 2a guerra mondiale nacque dal fatto che lo sforzo bellico provocò un aumento della domanda di cibo per i soldati facendone aumentare i prezzi. Il cibo veniva quindi esportato dalle regioni produttrici lasciando le popolazioni locali in una situazione di carestia. • Sen si chiede se i diritti di proprietà possano avere un’assoluta priorità sulla vita e la morte di milioni di persone L’approccio delle capacità di Sen • L’approccio utilitarista pone una forte enfasi sulla massimizzazione dell’utilità individuale e sociale, il benessere sociale è pressoché identificato con il consumo di beni e servizi • Trascura la dimensione dei diritti considerandoli solo come un mezzo in funzione della massimizzazione del benessere totale • Le teorie libertarie enfatizzano l’importanza dei diritti individuali, in particolare quello di proprietà, ma rifiutano qualunque concetto di giustizia sociale che comporti una loro violazione sia pur minima • Sen propone di andare oltre con un approccio che, pur mantenendo un impianto conseguenzialista, presta particolare attenzione ai diritti di libertà e, soprattutto, alle effettive opportunità di esercitarli come precondizioni necessarie per il perseguimento di un’idea di benessere o qualità della vita più ampia rispetto al puro consumo di beni I criteri di giudizio del benessere • In comune con Rawls, Sen rifiuta l'idea che il benessere possa essere identificato con la soddisfazione delle preferenze intese come puri stati mentali perché le preferenze possono non riflettere correttamente i desideri e le aspirazioni • spesso gli individui adattano le loro preferenze al contesto in cui vivono (preferenze adattive) al fine di evitare frustrazioni o delusioni • Il benessere deve avere un fondamento oggettivo, collettivamente riconoscibile come misura del bene • Il benessere non dipende dal possesso di beni, o dall’utilità che ne deriva, ma da cosa l’individuo riesce a fare con essi date le proprie caratteristiche, quelle dei beni o risorse di cui dispone e le circostanze esterne. • Sen ammette l’importanza dei beni materiali nella valutazione del benessere e, in particolare, dei beni primari di Rawls ma ritiene che: • i criteri di giustizia appropriati non sono né quello delle utilità (come sostengono gli utilitaristi) né quello dei beni primari (come afferma Rawls), né quello delle libertà negative (libertà da vincoli come sostengono i libertari) ma quello delle libertà sostanziali, o capacità, di scegliersi e vivere una vita a cui si attribuisce valore (libertà positive) • i beni (anche quelli primari) sono solo un mezzo per il raggiungimento del benessere. E' necessario spostare l’attenzione dai mezzi o risorse ai risultati effettivi perché questi ultimi possono essere diversi a parità di mezzi Capacità e funzionamenti • L'idea centrale è che l'obiettivo dello sviluppo è migliorare la vita umana e ciò significa ampliare la gamma di cose che una persona può fare o essere (ad esempio essere sano e ben nutrito, essere informato, partecipare alla vita di una comunità). Da questo punto di vista, lo sviluppo è la rimozione degli ostacoli a tutto ciò che una persona può fare nella vita, come analfabetismo, cattiva salute, mancato accesso alle risorse o mancanza di libertà civili e politiche. • Sen definisce capacità (capabilities) le effettive opportunità che gli individui hanno di essere e di fare ciò a cui attribuiscono valore per valide ragioni • Le opportunità disponibili consentono di ottenere realizzazioni o risultati concreti (come essere in buone condizioni di salute, avere un buon grado di istruzione, essere rispettati ecc.) che Sen chiama funzionamenti (functionings) • Il funzionamento è il raggiungimento concreto di una certa condizione di essere e di fare e, come tale, è una misura importante del benessere di una persona • Sen sottolinea però che più importante è la libertà di fare ciò che è necessario per raggiungere quella condizione. Questa libertà positiva si identifica con la capacità di essere e di fare • Una società giusta deve garantire a tutti uguali capacità, i risultati ottenuti (funzionamenti) dipenderanno dalle scelte di cui ciascuno è pienamente responsabile • La distinzione fra funzionamenti e capacità è esattamente quella fra la condizione che si è concretamente raggiunta e quella che si ha effettivamente la possibilità di raggiungere, ossia fra risultati effettivi e libertà (nel senso di opportunità) di conseguirli • Capacità e funzionamenti si differenziano dalle preferenze, perché riflettono non i desideri soggettivi degli individui ma il benessere come costituito da componenti socialmente condivise e sostanziali. I fattori di conversione • La relazione fra beni/risorse e capacità/funzionamenti è influenzata da fattori di conversione che condizionano il modo in cui gli individui possono trasformare beni e risorse in capacità e funzionamenti. Si possono classificare in tre categorie: • personali (condizioni fisiche e di salute, sesso, intelligenza ecc.) • sociali (politiche pubbliche, norme sociali, pratiche discriminatorie, relazioni di potere) • ambientali (clima, localizzazione geografica) • I fattori di conversione sono diversi da individuo a individuo e a seconda delle situazioni sociali Per questi motivi i beni e il reddito, che ne misura il valore monetario, non sono una misura corretta del benessere Beni primari e capacità • Sen critica il concetto di beni primari di Rawls come criterio di misura di una base essenziale di giustizia perché non tiene conto adeguatamente delle differenze fra gli individui • la stessa dotazione di beni primari non necessariamente permette di ottenere gli stessi risultati in termini di funzionamenti se i fattori di conversione operano in modo diverso da individuo a individuo • per esempio una persona disabile non ha titolo a ricevere una dotazione compensativa di beni primari nella concezione di Rawls anche se ha meno possibilità di ottenere risultati a partire da essa rispetto a individui normali • Sen ritiene pertanto che il criterio adeguato di misurazione della giustizia siano le capacità e non i beni primari. Una teoria della giustizia deve avere come fine quello di rendere uguali le capacità, le opportunità dei soggetti, non semplicemente quello di attribuire a ciascuno uguali risorse. Beni e risorse disponibili Fattori di conversione Capacità o funzionamenti potenziali Scelte individuali Funzionamenti conseguiti Quali capacità sono fondamentali? Le capacità sono innumerevoli quali di esse sono veramente essenziali per garantire il benessere e la libertà degli individui? Quali hanno priorità in presenza di risorse scarse? Martha Nussbaum ha stilato il seguente elenco: 1. Vita: essere capaci di vivere fino alla fine una vita normale e di una durata normale; 2. Salute fisica: essere capaci di avere una buona salute, un adeguato nutrimento e riparo; 3. Integrità fisica: avere la possibilità di libera circolazione, di considerare il proprio corpo inviolabile da nessun tipo di violenza e di scegliere e godere della propria sessualità; 4. Sensi, immaginazione e pensieri: aver la possibilità di usare i propri sensi per immaginare pensare e ragionare in modo “veramente umano” sulla base di una istruzione adeguata e delle esperienze che si sarà liberi di fare; 5. Emozioni: essere capaci di provare attaccamento verso le cose e le persone al di fuori di noi stessi; Le capacità fondamentali della Nussbaum 6. Ragione pratica: essere capaci di formarsi un'idea di ciò che è giusto o sbagliato e riflettere criticamente sulla pianificazione della propria vita; 7. Appartenenza: a) poter vivere con gli altri e per gli altri serenamente, b) avere le basi del rispetto di se stessi; 8. Altre specie: essere capaci di vivere non solo con gli essere umani ma anche in sintonia con vegetali ed animali; 9. Gioco: essere capaci di ridere, giocare, divertirsi, e godere di attività ricreative; 10. Controllo del proprio ambiente: a) politico: aver diritto e possibilità di partecipazione alla vita politica della propria comunità. b) Materiale: aver diritto al possesso e a godere dei diritti di proprietà. Valutare le politiche pubbliche • • • • • Le politiche pubbliche devono essere valutate in base al loro impatto sulle capacità dei cittadini e non alla quantità di beni che permettono di produrre o alla loro distribuzione. Le domande da porsi nella valutazione sono: Migliorano la salute delle persone? Mettono a disposizione le risorse necessarie (acqua pulita, l'accesso a servizi sanitari, protezione da infezioni, conoscenze mediche) Garantiscono un livello di nutrizione sufficiente alla popolazione, permettono l’accesso a una formazione di alta qualità, alla partecipazione politica reale, alle attività comunitarie ecc... Per alcuni funzionamenti, l'input principale sono beni e risorse finanziarie, per altri possono essere pratiche politiche, come garantire la tutela della libertà di pensiero, religione o partecipazione politica o pratiche sociali o culturali, strutture sociali, istituzioni sociali, beni pubblici, norme sociali I beni e le risorse finanziarie sono mezzi o input per il raggiungimento di capacità e funzionamenti che sono i veri fini delle politiche pubbliche Due concetti di povertà • Approccio utilitaristico: il benessere è misurato sulla base del consumo totale valutato in termini monetari e la povertà è definita come il fatto di avere un reddito inferiore ad un livello minimo che è chiamato linea della povertà • Approccio delle capacità: la povertà è un concetto multidimensionale, il reddito è solo una delle dimensioni possibili della povertà. La povertà è essenzialmente mancanza di capacità di base. Il possesso di beni, o l’utilità che da essi deriva, non forniscono ad un individuo il benessere. Piuttosto esso dipende da cosa l’individuo riesce a fare con questi beni date le caratteristiche individuali e intrinseche ai beni stessi, le opportunità che ha a disposizione e le circostanze esterne in cui si trova a operare. La valutazione del benessere • L’approccio delle capacità richiede nuovi e diversi modi di misurare e valutare il benessere che vadano oltre le misure fondate sul reddito usate dagli utilitaristi. • L’uso del reddito esclude informazioni non utilitarie come, per esempio, le esigenze aggiuntive di individui soggetti a limitazioni fisiche, oppure giudizi morali come il principio deontologico di pagare lo stesso salario a uomini e donne. • Le critiche rivolte al reddito come misura del benessere hanno spinto alla ricerca di misure alternative L’indice di sviluppo umano Ispirandosi all’approccio delle capacità l’O.N.U. ha costruito una misura del benessere denominata Indice di Sviluppo Umano o ISU (Human Development Index o HDI) che include, oltre al reddito, fattori come aspettative di vita e livelli di istruzione ed è calcolato come media aritmetica di tre indici: - indice di aspettativa di vita - indice di istruzione - indice del PIL ISU HDI e PIL descrivono quadri diversi Vietnam Bolivia Gibuti Angola Angola Vietnam Bolivia Gibuti HDI PIL 0,377 0,688 0,672 0,462 2000 $ 2000 $ 2300 $ 2300 $ I paradossi dell’India I ricchi sono più felici dei poveri? La commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi • Recentemente il presidente francese Sarkozy ha nominato una commissione di lavoro presieduta da J. Stiglitz di cui fanno parte 5 premi Nobel per l’economia al fine di formulare raccomandazioni utili alla costruzione di nuove misure del benessere. Le raccomandazioni sono sintetizzabili nelle seguenti: - invece che concentrarsi sul PIL, si deve privilegiare la misura del benessere delle persone - non esiste una misura singola che possa dar conto di tutte le varie dimensioni del benessere - non potendo avere un unico indicatore, ci si deve concentrare sulle dimensioni rilevanti per il benessere degli individui • Le più importanti sono otto: lo stato psicofisico delle persone, la conoscenza e la capacità di comprendere il mondo in cui viviamo, il lavoro, il benessere materiale, l’ambiente, i rapporti interpersonali e la partecipazione alla vita della società. • Bisogna guardare alla distribuzione di tutte le dimensioni del benessere (equità) • la sostenibilità non è solamente un fenomeno ambientale, ma comprende elementi di carattere economico e sociale e può essere misurata solamente guardando agli stock di capitale che la generazione attuale lascia in dote a quelle successive (stock di capitale prodotto, di capitale naturale, di capitale sociale e di capitale umano) Genuine progress indicator (GPI) • Misura l’aumento del PIL nel tempo con una serie di aggiustamenti • aggiunge: il contributo economico stimato di tutti i servizi familiari gratuiti e del volontariato • sottrae: le spese dovute all'inquinamento, danni ambientali, riduzione delle risorse non rinnovabili, disoccupazione, criminalità, attività militari • tiene conto: dell'equità distributiva, delle infrastrutture, della disponibilità di tempo libero PIL e GPI negli USA 35000 30000 PIL 25000 20000 15000 GPI: Genuine Progress Indicator 10000 5000 1950 55 60 65 70 75 80 85 90 95 00 Possiamo fare a meno del PIL? • Pur con tutti i suoi limiti il PIL rimane un concetto utile e una misura, sia pure parziale, del benessere di cui non possiamo fare a meno per diversi motivi: • In primo luogo è indubbiamente un indicatore abbastanza esauriente di una dimensione importante del benessere, quella economica • Da una misura delle capacità di spesa in alcuni settori importanti per il benessere come l'istruzione, la sanità Ricapitolando • Utilitaristi: la giustizia consiste nella massima soddisfazione della somma delle preferenze individuali; il giudizio sulla soddisfazione delle preferenze è assolutamente soggettivo e individuale, il consumatore è sovrano ovvero unico giudice del proprio benessere (concezione edonistica) • Rawls: la giustizia deve essere definita in base a criteri oggettivi; è giusta una società che distribuisce in modo uguale i beni primari sociali; qualunque disuguaglianza è giustificata solo se avvantaggia i più disagiati • Libertari: la giustizia è un concetto procedurale, è giusta una società in cui ciascuno ha acquisito la propria ricchezza in modo legittimo rispettando le regole vigenti; la distribuzione della ricchezza non ha importanza • Approccio delle capacità: una società giusta offre a tutti le stesse opportunità in termini di capacità intese come possibilità di ottenere ciò a cui si attribuisce valore; il benessere non può essere valutato in termini di soddisfazione di preferenze soggettive (utilità) ma in base a risultati oggettivamente definiti Quali implicazioni per il ruolo dello Stato? • Utilitaristi - Lo stato è legittimato ad intervenire solo se le sue azioni accrescono l'efficienza e il benessere sociale - Il benessere consiste nella soddisfazione delle preferenze, lo Stato non può sostituirsi ai cittadini stabilendo paternalisticamente quali preferenze devono avere priorità. - può intervenire per correggere le imperfezioni del mercato (monopolio, esternalità, beni pubblici ecc.) - Non condannano a priori qualunque politica ridistributiva, anzi la ritengono corretta se aumenta il benessere totale, ma questo può accadere solo se la ridistribuzione non riduce gli incentivi a comportamenti efficienti. - La ridistribuzione non è invocata in nome di diritti e principi di equità ma solo in quanto aumenta l’efficienza e il benessere totale. - Nella versione paretiana qualunque azione che generi benefici per alcuni e danneggi altri non sarebbe valutabile, tuttavia in base al principio di compensazione si può affermare che un'azione pubblica è giusta se genera benefici superiori ai costi - Lo strumento di valutazione della correttezza delle decisioni pubbliche è l'analisi costi-benefici • Libertari - I diritti di proprietà sono inviolabili. Il mercato, in quanto luogo in cui si esprimono libere scelte, conduce ad esiti giusti oltreché efficienti. - Lo stato deve avere funzioni minime di tutela della libertà e della proprietà - Qualunque tassazione a fini ridistributivi è ingiustificata a meno che non abbia il consenso di coloro che la subiscono • Liberal-democratici (Rawls) - L'obiettivo dell'azione pubblica non può essere la massimizzazione del benessere del maggior numero di cittadini perché questo potrebbe violare i diritti di libertà delle minoranze - L'equità è un aspetto essenziale della giustizia sociale (per gli utilitaristi è solo un sottoprodotto, per i libertari non lo è affatto) - I meccanismi di mercato danno luogo ad esiti ingiusti perché le condizioni di partenza e le opportunità non sono uguali. - L'equità si misura in termini di beni primari sociali - Anche in caso di pari opportunità è necessario tener conto che alcuni sono ingiustamente svantaggiati perché meno naturalmente dotati - Lo Stato ha un ruolo fondamentale nel giustificare eticamente la disuguaglianza agendo in modo da far sì che quest'ultima vada a beneficio dei più disagiati. - Lo Stato deve garantire una effettiva parità di accesso al sistema educativo per persone con simili capacità e motivazioni - Deve assicurare pari opportunità iniziali nelle attività economiche e nella scelta dell’occupazione - Deve garantire un minimo sociale alle famiglie più bisognose attraverso un sistema di servizi sociali o di sussidi al reddito - Al fine di perseguire questi obiettivi sono giustificate politiche ridistributive mediante la tassazione, tenendo conto della necessità di non compromettere le motivazioni all'iniziativa imprenditoriale e la remunerazione del merito - In generale le politiche sociali dovrebbero mirare ad accrescere la dotazione di beni primari sociali dei più disagiati piuttosto che accrescerne direttamente il reddito. Il reddito rimane un aspetto importante ma solo nella misura in cui condiziona la disponibilità di beni primari sociali • Liberal-democratici (Sen) - Il benessere non può essere ridotto alla soddisfazione delle preferenze soggettive perché non corrispondono ai reali desideri delle persone (preferenze adattive) - Il benessere è un concetto multidimensionale di cui il consumo di beni è solo un aspetto - Vi deve essere una concezione socialmente condivisa del benessere sociale che va al di là delle preferenze individuali - Il benessere si misura in termini di capacità e funzionamenti, ciò che conta sono le opportunità effettive di realizzare la vita che si desidera - Non è sufficiente per garantire equità che le risorse siano distribuite equamente perché individui diversi hanno diverse possibilità di sfruttarle (fattori di conversione) - Le politiche pubbliche devono essere valutate in base al loro impatto sulle capacità dei cittadini e non solo alla quantità di beni che permettono di produrre o alla loro distribuzione - Lo Stato deve intervenire attraverso la tassazione e i servizi sociali per correggere le iniquità nella distribuzione delle capacità e assicurare un'equa distribuzione di capacità di base - In alcuni casi gli input necessari per conseguire questi obiettivi sono risorse materiali, in altri sono strutture e norme sociali o istituzioni capaci di garantire la partecipazione politica, di tutelare la libertà - In questo quadro la povertà non è definibile come scarsità di beni ma come mancanza di capacità Giustificazioni dell’intervento dello stato Libertari • politiche keynesiane di stabilizzazione: contrari perché fanno uso della tassazione • Welfare State: contrari perché violano i diritti di proprietà Utilitaristi • politiche keynesiane di stabilizzazione: favorevoli solo se accrescono l'utilità totale • Welfare State: in linea di massima contrari perché riducono gli incentivi all'efficienza; moderatamente favorevoli ad alcune forme di intervento che aumentano l'utilità totale Le politiche per il welfare Ambiti di intervento dello Stato Possiamo distinguere tre ambiti di intervento dello Stato nell’economia: • Politiche macroeconomiche: hanno come obiettivo quello di garantire la piena occupazione, massimizzare la crescita economica e contenere l’inflazione • Politiche microeconomiche: si propongono di regolare i mercati al fine di mantenere un certo grado di concorrenza e correggere alcuni fallimenti del mercato • Politiche sociali: si propongono fini ridistributivi mirando a garantire a tutti i cittadini condizioni di vita adeguate e a correggere le iniquità generate dall’economia di mercato Nei primi due casi l’obiettivo fondamentale è quello di accrescere l’efficienza, nel terzo quello di ristabilire condizioni di equità distributiva e correggere alcuni difetti di funzionamento del mercato Giustificazioni economiche delle politiche sociali • Sarebbe errato tuttavia pensare che lo stato sociale si fondi unicamente su principi di equità. In molti casi esistono ragioni economiche ben precise a giustificazione delle politiche sociali. Ciò accade ogniqualvolta si manifestano fallimenti del mercato sotto forma di esternalità o difetti di informazione che causano inefficienza nell’allocazione delle risorse. • Da qui la necessità di specifiche politiche volte ad attenuare e correggere le conseguenze indesiderabili dell’attività economica anche quando i mercati funzionano in modo apparentemente efficiente. • Tali politiche possono assumere varie forme: dalla tutela del lavoro alla previdenza e assistenza alle persone in condizioni disagiate, dalla sanità all’istruzione. • Questi problemi sono molto frequenti pertanto, anche fra gli economisti, il dibattito sui limiti dello Stato sociale è molto acceso. Nascita e motivazioni del Welfare State • Il Welfare State si è affermato, sia pure con forme e intensità diverse, in quasi tutti i paesi industrializzati a partire dalla seconda metà del secolo XIX quando, soprattutto per iniziativa dei lavoratori e delle loro organizzazioni, comincia a porsi il problema della tutela di alcuni diritti e bisogni. • Esso nasce nel momento in cui alcuni rischi, a cui può andare incontro un individuo o una famiglia, vengono riconosciuti come rischi sociali. Il rischio principale è la perdita del posto di lavoro, tanto che i sistemi di Welfare si sono sviluppati soprattutto a partire dalla grande depressione degli anni ’30 con l’introduzione del sussidio di disoccupazione. • Successivamente, con la crescita del reddito e i mutamenti delle ideologie politiche in direzione di una maggiore equità sociale e solidarismo, le forme di tutela si sono ampliate e sono state estese al di là del gruppo dei lavoratori dipendenti, fino a diventare una delle componenti principali della spesa pubblica degli stati contemporanei. Modelli di Welfare State Due sistemi fondamentali: 1) sistema universalistico 2) sistema occupazionale All’interno di queste due forme generali possiamo distinguere tre modelli principali e una variante: a) socialdemocratico b) corporativo c) liberale d) mediterraneo (variante del modello corporativo) Modello socialdemocratico • Il modello socialdemocratico (o scandinavo) riflette i valori delle ideologie socialdemocratiche e si caratterizza per: • l’universalismo, per cui i programmi di spesa sociale sono concepiti come diritti del cittadino ed estesi a tutti • il preponderante intervento pubblico, con una elevata offerta di servizi nel campo della salute e in quello della cura dei figli e degli anziani • il prevalere di una idea di equità che prescinde da eventuali responsabilità dei cittadini nel determinare il loro stato di bisogno • il finanziamento della spesa sociale prevalentemente mediante le imposte generali. I modelli corporativo e liberale • Il modello corporativo, tipicamente tedesco ma presente anche in Francia, rimane più collegato al mondo del lavoro. Il titolare dei diritti è il cittadino in quanto lavoratore. I programmi di spesa sono più frammentati e differenziati per categorie sociali, con particolari privilegi per i dipendenti pubblici. Il finanziamento della spesa ha una base fondamentalmente contributiva. • Il modello liberale, prevalente nel mondo anglo-sassone, parte da una visione più restrittiva del concetto di equità che limita la tutela a forme molto gravi di disagio sociale come la povertà estrema, e condiziona l’erogazione dei sussidi alla preventiva verifica delle condizioni di bisogno e dei mezzi di cui il beneficiario dispone. Inoltre considera favorevolmente e incentiva forme private di previdenza e assistenza. Le modalità di finanziamento sono miste, in parte mediante il prelievo fiscale in parte mediante contributi sociali. Il modello mediterraneo • Alcuni studiosi hanno individuato un quarto modello: quello mediterraneo che rappresenta una variante del modello corporativo, cui somiglia soprattutto sotto il profilo della frammentazione dei programmi, ma dal quale si discosta per una minore pervasività dell’intervento pubblico e un ruolo più rilevante della famiglia come ammortizzatore sociale. • Manca una adeguata rete di protezione minima di base (i sussidi di disoccupazione non sono estesi a tutti e le politiche di assistenza hanno un’estensione limitata). • Si caratterizzano per un sistema sanitario di tipo universalistico • mercati del lavoro caratterizzati da estesa “economia sommersa” • modello di famiglia solidaristico, incline a funzionare come “ammortizzatore sociale" che spesso sostituisce lo stato • trasferimenti di reddito (pensioni, sussidi, indennità disoccupazione) molto generosi per le categorie centrali del mercato del lavoro e modesto per quelle periferiche, che porta a creare un sistema di protezione dualistico e polarizzato • il divario di protezione fra le categorie occupazionali è elevato e divide la popolazione in garantiti (dipendenti pubblici e grandi imprese), semi garantiti (lavoratori atipici, autonomi, piccole imprese, edilizia e agricoltura) e non garantiti (lavoratori della economia sommersa) • bassa capacità di attenuare le differenze sociali. Ragioni economiche delle politiche sociali • Le politiche sociali non si fondano sulle teorie dell’economia del benessere. Nella maggioranza dei casi le prestazioni offerte dallo Stato sociale non sono beni pubblici, e potrebbero essere forniti dal mercato. • Una giustificazione dell’intervento pubblico è che, per alcuni beni, i cittadini non sono in grado di prendere decisioni razionali. Lo Stato quindi si sovrappone alle preferenze dei cittadini e, secondo una logica paternalistica, decide quale sia il modo migliore per soddisfarle. • I beni di questo tipo sono denominati beni di merito. Motivazioni delle politiche sociali • Laddove esistono problemi informativi per cui i consumatori non sono in grado di valutare correttamente il valore, la qualità e gli effetti dei beni che consumano, l’intervento dello stato migliora il funzionamento del mercato e ne corregge i limiti • Nell’ambito delle politiche sociali questo problema è particolarmente rilevante per la previdenza, la sanità, il lavoro e l’istruzione • Il mercato soddisfa le preferenze in quanto si esprimono in una domanda pagante (disponibilità a pagare un prezzo), gli altri bisogni non hanno voce e rimangono insoddisfatti • In un’ottica utilitaristica tali preferenze non avrebbero rilevanza nel calcolo del benessere perché inespresse • Per soddisfarle è necessario considerarle come diritti che devono essere riconosciuti indipendentemente da considerazioni di efficienza Conseguenze dell’informazione imperfetta • La difficoltà di decidere razionalmente il consumo di tali beni si spiega con il fatto che i cittadini dispongono di informazioni limitate o distorte circa le loro caratteristiche. L’insufficienza o l’asimmetria dell’informazione (con quest’ultima si intende il fatto che, fra due contraenti, uno è più informato dell’altro) può dare luogo a distorsioni che non solo riducono il benessere dei cittadini ma anche l’efficienza del mercato. • Possiamo distinguere due casi: a)quando il problema informativo si manifesta prima che una transazione sia effettuata, tende a verificarsi una distorsione denominata selezione avversa; b)quando esso si manifesta dopo che sono stati concordati i termini di una transazione, si parla di azzardo o rischio morale Selezione avversa • Il fenomeno della selezione avversa si ha quando i beni di qualità superiore escono dal mercato e restano solo quelli di qualità inferiore. • Esempio: mercato delle auto usate • i venditori conoscono meglio dei compratori le caratteristiche delle automobili che sono di qualità diversa: alcune più affidabili, altre più logorate. • I compratori non sono in grado di distinguerle, non saranno quindi disposti a pagare prezzi differenziati. Il prezzo sarà quindi unico e pari a una media del valore attribuibile a ciascuna auto • A questo prezzo i venditori di auto di qualità superiore non hanno convenienza a vendere (perché il valore supera il prezzo) ed escono dal mercato. Il contrario accade per i venditori che sanno di avere un’auto di valore inferiore al prezzo. • I compratori sanno che questo fenomeno si verifica e molti di loro decideranno di non acquistare “bidoni” (auto di bassa qualità). In questo modo le transazioni potrebbero annullarsi e il mercato scomparire. Azzardo morale • L’azzardo morale è un comportamento distorto originato dal fatto che un contraente (denominato principale) non è in grado di controllare il comportamento dell’altro (agente). Il contraente non controllabile ha interesse a comportarsi in modo opportunistico • Rapporto di lavoro: il lavoratore a salario fisso può avere convenienza a lavorare meno se il suo comportamento non è controllabile • Contratti assicurativi: un individuo che ha stipulato un’assicurazione antincendio può non prendere tutte le precauzioni necessarie per evitare che l’incendio si verifichi, poiché sa che il danno è indennizzato dall’assicurazione • In entrambi i casi il prezzo risulta distorto e l’equilibrio di mercato non è ottimale. Il datore di lavoro paga un salario uguale alla media del rendimento dei lavoratori, ma pagherebbe di più un lavoratore efficiente e meno uno inefficiente. L’assicurazione fa pagare un premio più alto per coprire il rischio di comportamenti opportunistici Effetti sul mercato • La conseguenza è che la presenza di azzardo morale produce effetti di selezione avversa • Nel mercato assicurativo il premio troppo alto scoraggia dall’assicurarsi coloro che hanno meno probabilità di avere incidenti. • I peggiori clienti si assicurano, i migliori escono dal mercato. • Il costo medio di assicurazione cresce perché la probabilità di eventi dannosi aumenta, l’assicurazione deve aumentare il premio • Il fenomeno di selezione avversa può accentuarsi fino a far scomparire il mercato • Molte prestazioni tipiche delle politiche sociali hanno carattere assicurativo, pertanto l'azzardo morale e la selezione avversa influiscono molto sull'efficiente funzionamento di questi mercati Le critiche al Welfare State • Negli ultimi decenni la spesa sociale è stata oggetto di forti critiche per ragioni di principio e motivi di efficienza • le critiche di principio, di matrice liberista e libertaria, negano la legittimità delle politiche sociali e redistributive in quanto violano la libertà individuale. La redistribuzione del reddito è legittima solo se gode del consenso esplicito di chi subisce un danno. • I critici in nome dell'efficienza sostengono che la crescita economica è più importante delle politiche sociali al fine di aumentare il benessere dei cittadini. • La crescita dipende dalla protezione dei diritti di proprietà e dal funzionamento efficiente del mercato, grazie a una corretta struttura degli incentivi. Le politiche sociali provocano distorsioni, riducendo gli incentivi individuali a sforzarsi di migliorare la propria condizione. Esse favoriscono atteggiamenti di dipendenza e, in definitiva, intrappolano la popolazione povera nel suo stato di povertà. Ricchi A B C Y1 Y2 Poveri • La spesa sociale ha provocato un forte aumento del debito pubblico che fa aumentare i tassi di interesse scoraggiando gli investimenti produttivi (crowding out) e riducendo la crescita economica • La crescita della spesa sociale dipende da distorsioni nelle scelte pubbliche in particolare della classe politica. I benefici sono tangibili (es. pensioni) i costi sono meno visibili, e facilmente occultabili, questo crea una spinta ad aumentare la spesa. • I politici, il cui obiettivo è farsi rieleggere, hanno interesse ad elargire risorse con modalità clientelari che garantiscono un ritorno elettorale • Dal lato dei costi la spesa è finanziata solo in parte con il prelievo fiscale (che ha un costo elettorale), in parte va ad accrescere il debito pubblico che scarica il peso della restituzione su governi successivi • L'efficacia della spesa è dubbia perché spesso i beneficiari sono diversi dai destinatari originari Efficienza ed equità sono sempre incompatibili? • Secondo alcuni una distribuzione più equa può favorire la crescita. La redistribuzione trasferisce reddito da chi risparmia di più (ricchi) a chi spende di più (poveri) facendo crescere la domanda aggregata e contribuendo a sostenere la crescita. • Inoltre una distribuzione molto favorevole ai ricchi (come quella che si è venuta a creare negli ultimi decenni nei paesi industrializzati) da luogo a un eccesso di risparmio che non necessariamente si traduce in investimenti produttivi, bensì in speculazioni finanziarie che sono all'origine di crisi come quella che stiamo vivendo. Il ridimensionamento dello stato sociale • Anche se in misura diversa, il problema del ridimensionamento dello Stato sociale e dei suoi aspetti deteriori, come l’assistenzialismo, ha interessato tutti i paesi industrializzati. Questo processo di revisione è stato stimolato anche da alcuni cambiamenti, come l’aumentata partecipazione femminile al mercato del lavoro che modifica il ruolo della famiglia, e la globalizzazione dell’economia che impone vincoli di competitività più stringenti alle economie industrializzate. • E’ cresciuta la consapevolezza che la dinamica della spesa sociale è divenuta insostenibile in economie che presentano oggi tassi di crescita inferiori al passato. Anche nelle forze politiche favorevoli allo stato sociale si è quindi fatta strada l’idea che alcune delle critiche liberiste abbiano qualche fondamento, e che una eccessiva espansione della spesa sociale finisca per influire negativamente sulla crescita dell’economia e sul benessere dei cittadini disagiati. Le funzioni dello Stato sociale Nell’ambito delle politiche sociali lo Stato svolge quattro funzioni: 1. Funzione di regolamentazione: disciplina i comportamenti dei cittadini orientandoli in certe direzioni (es. obbligo scolastico, obblighi di sicurezza), incentiva certi comportamenti attraverso tasse e sussidi (incentivi alla previdenza integrativa, disincentivi al fumo ecc.) 2. Funzione ridistributiva: ridistribuisce risorse e opportunità fra i cittadini assicurando condizioni di vita dignitose e alcuni servizi di base (istruzione, sanità) sia attraverso prestazioni monetarie (pensioni sociali, buoni acquisto) sia attraverso la fornitura diretta di beni e servizi (istruzione, sanità) 3. Funzione assicurativa: corregge i difetti del mercato dovuti ad asimmetrie informative finanziando schemi assicurativi obbligatori contro rischi gravi (salute, lavoro, vecchiaia) attraverso la fiscalità generale 4. Funzione produttiva: si sostituisce alla produzione privata o la integra in presenza di esternalità o asimmetrie informative molto forti producendo ed erogando direttamente alcuni beni e servizi (es. istruzione, sanità) Tipologie di spesa sociale Possiamo distinguere cinque tipologie generali di spesa sociale: 1. Pensioni previdenziali: hanno lo scopo di garantire un reddito a lavoratori dipendenti o autonomi (oppure ai loro familiari in caso di decesso del lavoratore) nel periodo successivo al termine dell’attività lavorativa. 2. Sanità: include tutte le prestazioni mirate ad assicurare a tutti i soggetti della collettività condizioni di salute adeguata. La spesa si articola in medicina di base, spesa farmaceutica ed assistenza ospedaliera. 3. Ammortizzatori sociali: forme di assicurazione contro i rischi connessi al rapporto di lavoro. Le più rilevanti sono quelle che riguardano il rischio di sospensione o perdita del posto di lavoro dipendente 4. Assistenza: riguarda prestazioni che coprono i rischi di povertà, non autosufficienza e handicap e hanno carattere gratuito perché sono rivolte ad individui in condizioni di particolare disagio. 5. Istruzione: l’istruzione è offerta in larga misura dal settore pubblico. In molti paesi l’istruzione obbligatoria ha una finalità sociale ed è gratuita. Le principali prestazioni del Welfare State in Italia Pensioni previdenziali Sanità Ammortizzatori sociali Assistenza Istruzione Pensioni di vecchiaia Assistenza di base Cassa integrazione Assegni per i figli Istruzione obbligatoria Pensioni di anzianità Spesa farmaceutica Indennità di disoccupazione Pensione sociale Istruzione secondaria Pensioni per i superstiti Assistenza specialistica ed ospedaliera Assicurazione infortuni sul lavoro Pensioni e rendite per portatori di handicap Istruzione universitaria Assicurazione malattia Pensioni per gli invalidi civili Assicurazione maternità I costi del Welfare State Spesa sociale in Italia 1990, 2003. Milioni di euro 2003 Tipo di spesa Pensioni previdenziali Sanità Ammortizzatori sociali Assistenza Totale 2003 % PIL 1990 % PIL var. % 1990-2003 186.882 14,0 138.423 11,8 35,0 78.481 5,9 68.301 5,8 14,9 8.154 0,6 6.717 0,6 21,4 30.478 2,3 28.241 2,4 7,9 303.995 22,8 241.682 20,6 25,8 I costi del Welfare State EU28 Italia 2008 26.8 27.7 2009 29.7 29.9 2010 29.4 29.9 2011 29.1 29.7 Spesa pro, capite 2011 EU28=100 100 101 Vecchiaia 45.7 61.3 Malattia e disabilità 37.1 30.6 8 4.8 Disoccupazione 5.6 2.9 Casa 3.6 0.3 Famiglia I sistemi previdenziali Le pensioni Possiamo distinguere cinque tipi di pensioni: • pensioni di vecchiaia: ne godono persone che hanno raggiunto un’età avanzata e si sono ritirate dal mondo del lavoro; • pensioni di anzianità: riguardano soggetti che hanno deciso di ritirarsi dal lavoro prima dell’età prevista dalla legge, ma hanno il minimo di contribuzione richiesto; • pensioni di reversibilità per i superstiti: a favore del coniuge o dei figli superstiti di lavoratori deceduti; • pensioni di invalidità: sono trasferimenti a favore di lavoratori che per motivi civili o di lavoro non sono più in grado di fornire una normale prestazione lavorativa; • pensioni sociali: a favore di soggetti che hanno raggiunto una certa età e sono privi di mezzi di sostentamento, indipendentemente dal fatto di aver svolto un lavoro. Sistemi pensionistici • Le pensioni di vecchiaia ed anzianità hanno carattere previdenziale in quanto costituiscono il corrispettivo assicurativo dei contributi versati durante l’attività lavorativa. Le altre forme di pensione hanno invece una valenza prevalentemente assistenziale. • Esistono due tipi fondamentali di sistemi pensionistici: a) sistema a capitalizzazione; b) sistema a ripartizione. • Il sistema a capitalizzazione funziona come un’assicurazione privata. Durante il periodo lavorativo, dalla retribuzione del lavoratore vengono effettuate trattenute (obbligatorie o volontarie) che sono poi investite nel mercato finanziario dai fondi pensionistici. Il valore capitalizzato di tali investimenti finanzierà le pensioni degli stessi lavoratori nel momento in cui lasceranno l’attività lavorativa. • Il sistema a ripartizione si fonda su un patto intergenerazionale. I lavoratori oggi in attività risparmiano forzatamente (pagando contributi obbligatori) parte del loro reddito. Il risparmio viene utilizzato per pagare le pensioni di coloro che, nello stesso periodo, hanno abbandonato il lavoro per ragioni di età. • Nel primo caso ogni lavoratore finanzia la propria pensione che percepirà in un momento futuro. Nel secondo ogni lavoratore finanzia la pensione di un altro ex lavoratore in quel momento in stato di quiescenza. Sistemi retributivi e contributivi • Nell’ambito del sistema a ripartizione possiamo distinguere due tipologie che si differenziano per il metodo di calcolo della pensione: • sistemi di tipo retributivo; • sistemi di tipo contributivo. • Nel primo caso il calcolo della pensione si basa sul salario del lavoratore (ultima retribuzione o una media delle retribuzioni lungo tutta la vita lavorativa). • Nel secondo la pensione dipende dai contributi versati ma, a differenza dei sistemi a capitalizzazione, il rendimento applicato nel calcolo non è il tasso di interesse di mercato bensì un valore fissato dalla legge. Capitalizzazione o ripartizione? • Quale dei due sistemi funziona meglio? • Quale dei due assicura una pensione pro capite più elevata? Dipende dal rendimento del risparmio, ossia dal tasso di interesse e dal tasso di crescita dell’economia. Due periodi t : i lavoratori (Nt) lavorano, percepiscono il salario wt e pagano contributi pari a una quota s del salario t+1: i lavoratori non lavorano e percepiscono la pensione risparmio totale al tempo t: St = swtNt Sistema a capitalizzazione Pensione pro capitet+1 = swtNt (1+r)/ Nt = swt(1+r) Capitalizzazione • Capitalizzare una somma significa aggiungere alla somma iniziale l’interesse maturato in un certo periodo • Se il tasso di interesse corrente sul mercato è il 10%, una somma S pari a 1.000 oggi, alla fine del primo anno diventerà: • S + S x 10% = S (1+0,1) = 1.000 x 1,1 = 1.100 • Se il prestito viene prolungato di un altro anno, la somma maturata alla fine del primo anno, sarà ancora aumentata dell’interesse: • S (1+0,1) + S (1+0,1) x 0,1 = 1.100 + 1.100 x 0,1 = 1.210 • S (1+0,1) x (1+0,1) = 1.100 x 1,1 = 1.210 • S (1+0,1)2 = 1.000 x (1,1)2 = 1.210 Ripartizione Nel sistema a ripartizione le risorse disponibili al tempo t+1 sono pari al risparmio dei lavoratori attivi in quel periodo. Se la popolazione cresce a un tasso n, essi saranno Nt+1 = Nt(1+n). Il risparmio sarà quindi: St+1 = swt+1Nt+1 = swt+1Nt(1+n) Ipotizziamo che i salari siano stabili pertanto: wt+1 = wt Pensione pro capitet+1 (ripartizione) = swtNt(1+n)/Nt = swt(1+n) Pensione pro capitet+1 (capitalizzazione): = swt(1+r) In questo semplice caso quindi le risorse disponibili sono maggiori con il sistema a capitalizzazione se r>n. In caso contrario il sistema a ripartizione sarebbe preferibile. Sostenibilità del sistema a ripartizione • Se la produttività del lavoro cresce ad un tasso p i salari crescono in linea con essa nel secondo periodo il salario sarà wt+1 = wt(1+p). • il tasso di crescita del reddito nazionale dipende dai tassi di crescita della produttività e della popolazione, più precisamente è uguale alla loro somma: g = DY/Y = (n+p). Le risorse generate dai lavoratori attivi nel periodo t+1 saranno pari a: St+1 = swt+1Nt+1= swt(1+p) · Nt(1+n) (1+Risparmio p)(1+n) = per 1+ nlavoratore +p +pn Numero dei lavoratori Pensione pro capitet+1 = swt(1+p)Nt(1+n)/Nt = swt(1+p)(1+n) = swt(1+g) Pensione pro capitet+1 (capitalizzazione): = swt(1+r) • la disponibilità di risorse dipende da r nel sistema a capitalizzazione e da g in quello a ripartizione. Se g>r il sistema a ripartizione genera più risorse di quello a capitalizzazione, e viceversa se r>g. Esempio numerico tasso di crescita di un prodotto • il tasso di crescita di un prodotto è approssimativamente uguale alla somma dei tassi di crescita dei fattori • P =100; • Q = 10 • Spesa = P x Q = 10 x 100 = 1000 • di quanto cresce la spesa se P cresce del 2% e Q del 3%? • in base alla regola del prodotto la spesa cresce approssimativamente del 5%, ovvero sarà: • 1000 x 1,05 = 1050 • infatti: • P2 = 100 x (1+0,02) = 100 x 1,02 = 102; • Q2 = 10 x 1,03 = 10,3 • Spesa = 102 x 10,3 = 1050,6 Possiamo ancora permetterci un sistema a ripartizione? • Il sistema a ripartizione funziona bene quando popolazione e produttività crescono a tassi elevati. Questo accadeva dopo la seconda guerra mondiale e spiega perché in molti paesi sono stati adottati sistemi a ripartizione. • Per gli stessi motivi, la caduta della produttività e della natalità negli anni ‘70 del secolo scorso spiega perché questi sistemi sono diventati insostenibili negli anni recenti. • Ciononostante il passaggio al sistema a capitalizzazione non è ancora completo in molti paesi perché è socialmente molto costoso. • Una generazione sarebbe costretta a pagare due volte i contributi: una volta per finanziare le pensioni dei lavoratori della generazione precedente ora in pensione, e un’altra per finanziare le proprie pensioni nel periodo successivo Rapporto pensionati/lavoratori in attività in Italia. Dal 2025 più pensionati che lavoratori Fra circa dieci anni il numero dei pensionati supererà quello dei lavoratori in attività! Previsioni degli indici di dipendenza degli anziani nell’area dell’euro (popolazione > 64 / popolazione 15-64) 1991 2000 2020 2040 Belgio 23,8 25,4 32,6 45,5 Germania 22,5 23,3 31,9 48,2 Spagna 22,2 24,4 29,8 49,2 Francia 22,9 24,9 32,6 45,6 Irlanda 18,0 17,4 24,5 34,8 Italia 24,0 26,5 35,5 56,9 Lussemburgo 20,6 21,5 27,9 39,3 Paesi Bassi 19,3 20,1 29,8 44,0 Austria 22,4 22,6 28,5 45,3 Portogallo 21,4 22,5 27,3 39,2 Finlandia 21,1 21,9 35,0 42,1 Area dell’euro 22,6 24,0 32,0 47,0 Il costo delle pensioni in Italia 70.0 60.0 Unione europea 50.0 40.0 30.0 20.0 10.0 0.0 Italia Ricapitolando • Sistema a ripartizione - Pensione pro capitet+1 = swt(1+g) • Sistema a capitalizzazione - Pensione pro capitet+1 = swt(1+r) • meglio il sistema a ripartizione se g > r • meglio il sistema a capitalizzazione se r > g I problemi del sistema pensionistico italiano • All’inizio degli anni ‘90 il sistema pensionistico italiano presentava molti squilibri e iniquità • debito previdenziale molto alto (oltre 2 miliardi di euro nel 1992); • forti sperequazioni tra categorie e settori, con situazioni di privilegio nel settore agricolo e nel pubblico impiego; • abnorme estensione della pensione di anzianità, ottenibile dopo un periodo di contribuzione molto breve (pensionati baby) che grava per un lungo periodo sul bilancio pubblico; • alcuni tipi di pensioni, come quelle di invalidità, sono usate per perseguire finalità improprie di tipo assistenziale; • il sistema pensionistico pubblico si fa carico di problemi del mercato del lavoro (pensionamenti anticipati in caso di crisi aziendale o settoriale). Le riforme degli anni 90 • Riforma Amato (1992): aumenta l’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, introduce elementi contributivi, la pensione è proporzionale al numero di anni di contribuzione ma continua a dipendere dalla retribuzione e non dai contributi versati • Riforma Dini (1995): il metodo contributivo si afferma come il principale sistema di calcolo delle pensioni. La pensione è determinata in modo tale che il valore attuale, al momento del pensionamento, del flusso dei redditi pensionistici durante la vita restante (calcolata in base alla speranza di vita) sia uguale all’ammontare dei contributi capitalizzati • La riforma Dini crea un sistema finanziariamente sostenibile nel lungo periodo, nel senso che il rapporto spesa pensionistica/PIL tende a rimanere costante nel tempo. Riforme recenti • Negli anni recenti altre riforme si sono succedute (Prodi, Maroni, Fornero) sempre con l'obiettivo di ridurre la dinamica della spesa pensionistica. I metodi per ottenere questo risultato sono essenzialmente due: l'aumento dell'età pensionistica in linea con l'aumento della speranza di vita, e l'estensione del sistema contributivo al maggior numero possibile di lavoratori compatibilmente con i diritti acquisiti. Dove stavamo andando e dove andremo La spesa pensionistica in rapporto al PIL in Italia : 1995-2045 L’Italia è un paese per vecchi • Negli ultimi trent'anni la condizione degli anziani è molto migliorata. Quella dei più giovani è andata sempre più deteriorandosi. Il motivo non è solo la diversa situazione del mercato del lavoro rispetto a qualche decennio fa, ma gli squilibri della spesa per welfare, e di quella previdenziale in particolare • L’attuale sistema favorisce considerevolmente gli anziani a scapito dei giovani creando fra essi un conflitto distributivo. • Il rapporto tra spesa per anziani e spesa per giovani è pari a 3,5 in Italia, contro una media di 1,7 nei paesi dell’Europa continentale, di 1,2 nei paesi anglo-sassoni e di 0,8 in quelli scandinavi. • Come se non bastasse, le generazioni future dovranno accollarsi il peso di un enorme debito pubblico. Il conflitto fra generazioni Dalla fine degli anni ‘70 ad oggi aumenta il reddito relativo delle famiglie con genitori tra i 51 e i 65 anni; migliorano le condizioni degli ultra sessantacinquenni, forte peggioramento della posizione delle famiglie con genitori sotto i 30 anni. media generale La sanità Peculiarità dei servizi sanitari • Alcuni servizi sono caratterizzati da esternalità positive (es. programmi di vaccinazione che tutelano dai rischi di epidemie e contagi). In questo caso il mercato genera una domanda insufficiente del servizio. • Il mercato sanitario ha carattere assicurativo, la presenza di problemi di informazione genera distorsioni. - I malati non hanno conoscenze adeguate sulle cure a cui vengono sottoposti ed i loro possibili effetti. Inoltre, spesso, non sono in grado di valutare la qualità del servizio. - le assicurazioni private non conoscono perfettamente le condizioni di salute degli assicurati • Sono molto probabili fenomeni di azzardo morale e selezione avversa. Selezione avversa • La selezione avversa deriva dal fatto che l'assicurato ha interesse a nascondere le proprie patologie se deve stipulare un'assicurazione, si crea una asimmetria di informazione • non riuscendo a discriminare correttamente fra individui meno rischiosi e più rischiosi, l'assicurazione fa pagare un premio medio troppo alto per i primi che escono dal mercato mentre rimangono quelli più rischiosi • il rischio malattia nel gruppo degli assicurati aumenta, l'assicurazione reagisce aumentando il premio ma questo, a sua volta, spinge fuori dal mercato i soggetti meno a rischio e fa aumentare i costi complessivi e così via Azzardo morale • L'azzardo morale può manifestarsi nel comportamento del paziente o del medico curante a danno del sistema sanitario. Per quanto riguarda il paziente può manifestarsi in due modi: - il fatto di essere assicurato può indurre l'individuo a ridurre l'attività di prevenzione della malattia (evento negativo); - l’assicurato può essere indotto ad aumentare le prestazioni richieste o a scegliere cure più costose • Nel caso del medico l'azzardo morale origina da scarso senso di responsabilità o da un interesse personale. Spesso i medici non sono abbastanza attenti ai costi delle cure che prescrivono (oppure lo fanno per un specifico interesse, esempio: omaggi delle case farmaceutiche), causando un eccessivo ed ingiustificato uso delle risorse. Conseguenze • E’ necessario offrire garanzie sul livello professionale dei medici attraverso esami pubblici, albi professionali, certificazioni. • La domanda deve essere filtrata da intermediari esperti perché la capacità di scelta dei fruitori è molto ridotta. • Se l’assicurazione sanitaria copre interamente il costo del trattamento, si riducono gli incentivi ad utilizzare trattamenti meno costosi o a limitarne il consumo (azzardo morale) • Gli individui che hanno più probabilità di ammalarsi tendono ad assicurarsi perché pagano un prezzo inferiore al valore della prestazione ricevuta. Il contrario accade per quelli con probabilità minore (selezione avversa). Rischi non assicurabili • Un rischio è assicurabile se la probabilità che un evento si verifichi in un determinato momento o luogo è indipendente da quella che lo stesso evento si verifichi in un altro momento o luogo. • Non lo è nel caso contrario, quando la probabilità che gli eventi dannosi si verifichino insieme è molto elevata • La probabilità dell’evento dannoso può essere vicina all’unità. Se un individuo ha malattie ereditarie o congenite incontra difficoltà a stipulare una polizza assicurativa sulla salute. Esempio di rischio non assicurabile • • • • • • • Esborso dell'assicurazione per evento dannoso = 10 € 100 assicurati probabilità evento dannoso = 20% premio = 3 € per assicurato costo per l'assicurazione = 100 x 10 x 20% = 200 € ricavo dell'assicurazione = 300 € se gli eventi sono tutti collegati (esempio: malattia contagiosa, se si ammala uno si ammalano tutti) • costo per l'assicurazione = 100 x 10 = 1000 € • ogni assicurato dovrebbe pagare 10 € = costo della terapia • nessuno ha convenienza ad assicurarsi Distorsioni dal lato dell’offerta • Comportamenti diretti a catturare solo la parte migliore del mercato (cream skimming o scrematura dei rischi) • Problemi di copertura territoriale. Un’adeguata diffusione territoriale di ospedali e presidi sanitari causa diseconomie di scala che il settore privato non può accollarsi Queste motivazioni dell’intervento pubblico discendono non da principi di equità quanto, piuttosto, da considerazioni di efficienza. Modelli organizzativi • Modello pubblico o del servizio sanitario nazionale: • criterio universalistico, tutti i cittadini hanno diritto ai servizi sanitari indipendentemente dalla loro disponibilità a pagare. • Il servizio è finanziato mediante la fiscalità generale e da contributi sociali all’interno di schemi di assicurazione obbligatoria. I servizi sono offerti dallo Stato nell’ambito di strutture pubbliche, con una limitata libertà di scelta per il cittadino. • Modello privato o delle assicurazioni private: • l’intervento pubblico è assente. L’offerta sanitaria è gestita interamente da privati in base a criteri di mercato. • I cittadini si affidano a forme di assicurazione privata volontaria e possono scegliere liberamente le strutture a cui rivolgersi. I premi assicurativi sono commisurati al rischio. • Modello misto: • presenta elementi di entrambi i modelli precedenti, l’offerta di servizi proviene sia dal settore pubblico che da quello privato. • L’assicurazione sanitaria è obbligatoria. • Il finanziamento della spesa avviene in parte mediante la fiscalità generale, in parte mediante contributi, in parte ancora mediante pagamenti diretti da parte degli utenti (ticket). • In alcuni paesi (Germania, Francia) il sistema è di tipo mutualistico, e si avvale di fondi e casse di malattia organizzati per settori, e finanziati attraverso contributi dei lavoratori del settore. • Dati i problemi di informazione, le decisioni di domanda e la scelta del fornitore di servizi è filtrata da un medico di base che svolge una funzione vicaria. Problemi e linee di riforma • Negli ultimi decenni si è verificato un forte aumento della spesa a causa di: • aumento della domanda di cure legato all'invecchiamento della popolazione • forte aumento della medicalizzazione della salute e aumento dei consumi grazie alle maggiori disponibilità economiche • aumento dei consumi indotti dai medici • i costi aumentano anche perché, contrariamente ad altri settori, il progresso tecnico non produce un abbattimento dei costi a causa dell'introduzione di tecnologie molto costose (TAC, risonanza magnetica) • Se chi definisce le prestazioni (beneficiario, ospedale o medico di base) non ne sopporta i costi, possono verificarsi notevoli sprechi. Incidenza della spesa pubblica sul totale della spesa sanitaria e della spesa sanitaria sul PIL. Anno 2000. Paese Francia Danimarca Germania Italia Paesi bassi Regno Unito Svezia U.S.A. spesa pubblica/ spesa sanitaria % 75,8 82,5 75,0 73,4 63,4 80,9 85,0 44,2 spesa sanitaria/PIL % 9,3 8,3 10,6 8,2 8,6 7,3 8,4 15,1 Linee di riforma • ridurre l’intervento diretto dello Stato; • aumentare la concorrenza fra i fornitori pubblici e privati favorendo lo sviluppo di istituzioni sanitarie dotate di autonomia gestionale • accrescere le possibilità di scelta del paziente attraverso l’assegnazione di voucher sanitari In Italia: • autonomia gestionale degli ospedali; • il rimborso ROD (Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi) per le prestazioni ospedaliere; • la compartecipazione dei pazienti al costo (ticket sanitari). Le politiche del lavoro Ambiti di intervento Le politiche del lavoro sono l’insieme degli interventi pubblici a tutela dell’interesse collettivo dell’occupazione. Tre sono i principali ambiti di intervento: 1. Regolamentazione del mercato del lavoro (disciplina dei rapporti di lavoro, norme sulla sicurezza e salute, norme anti discriminazione ecc.) 2. Promozione dell’occupazione (misure per l’inserimento professionale, incentivi all’occupazione ecc.) 3. Garanzia del reddito contro il rischio di disoccupazione o sospensione temporanea del rapporto di lavoro Politiche attive e passive • Politiche passive del lavoro: consistono in prestazioni monetarie a favore del disoccupato, in genere non discrezionali ma automatiche (ammortizzatori sociali) • Politiche attive del lavoro: mirano a incidere sulla struttura del mercato del lavoro creando condizioni favorevoli alla crescita dell’occupazione e mediante misure atte a prevenire la disoccupazione Politiche passive Le politiche passive, che coincidono essenzialmente con gli ammortizzatori sociali, hanno lo scopo di attenuare gli effetti negativi della disoccupazione compensando in parte la perdita di reddito che ne deriva. La copertura del rischio di disoccupazione può assumere varie forme che dipendono anche dalla natura della disoccupazione. • tutela del lavoratore in caso di disoccupazione temporanea; in questo caso la prestazione è limitata e, in genere, decrescente nel tempo • tutela in caso di disoccupazione definitiva (nel senso che il rapporto con il datore di lavoro si è concluso) che mira ad affrontare forme di disoccupazione di più lunga durata • forme di protezione di ultima istanza per coloro che non hanno lavoro e sono in condizioni di particolare bisogno. Politiche attive • sussidi all’occupazione: mirano a stimolare l’occupazione riducendo il costo del lavoro per le imprese • creazione diretta di posti di lavoro • formazione professionale: favorisce l’inserimento nel lavoro e attenua i problemi di mismatching attraverso la creazione di competenze • sostegno finanziario all’imprenditorialità • servizi per l’orientamento e il collocamento Gli ammortizzatori sociali in Italia In Italia i principali istituti di tutela di questo tipo sono: • la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO): riguarda il settore industriale in caso di difficoltà aziendali derivanti da situazioni temporanee di crisi. Ha una durata limitata a 3 mesi, estendibile fino a 12. Durante il periodo di godimento il lavoratore non può svolgere altri lavori. • la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS): copre rischi di maggiore gravità e durata, (ristrutturazioni, riorganizzazioni, riconversioni industriali, crisi aziendali e fallimento). Ha una durata non superiore a 36 mesi. Rientrano fra questi tipi di tutela anche l’Assicurazione per infortuni sul lavoro, l’Assicurazione per malattia e l’Assicurazione per maternità • In caso di risoluzione definitiva del rapporto di lavoro, forme di tutela simili al caso precedente, ma con maggiore durata e il lavoratore deve dimostrare di essere in cerca di una nuova occupazione, e/o deve partecipare a programmi pubblici di formazione o lavoro. • I principali strumenti di tutela sono: • l’indennità di mobilità: copre il rischio di disoccupazione nel caso di licenziamenti collettivi ed ha una durata fino a 48 mesi, variabile in base all’età e alla zona territoriale (più alta all’aumentare dell’età e nel Sud); la prestazione diminuisce dopo i primi 12 mesi; • l’indennità di disoccupazione: è lo strumento più importante di tutela nel caso di licenziamenti individuali e prevede una prestazione pari al 40% della retribuzione lorda per un periodo massimo di 6 mesi • Per godere di queste tutele bisogna essere stati occupati a tempo indeterminato I motivi dell’intervento pubblico • Il rischio di disoccupazione potrebbe essere coperto dal mercato assicurativo privato ma il mercato è inefficiente per problemi di informazione e per la non indipendenza dei rischi assicurati. • Il deficit di informazione da luogo a fenomeni di: • selezione avversa, tendono ad assicurarsi i lavoratori che hanno più probabilità di rimanere disoccupati (lavoratori meno qualificati o che lavorano in imprese più esposte al rischio di fallimento); • azzardo morale, la copertura del rischio riduce gli incentivi a ricercare un nuovo posto di lavoro e ad evitarne la perdita, di conseguenza le compagnie assicuratrici dovrebbero sostenere costi elevati per effettuare i controlli. • Per entrambi i motivi i premi assicurativi tendono quindi ad essere troppo alti. • La seconda ragione è che spesso il rischio di disoccupazione non è assicurabile perché, in caso di crisi economiche generali, le probabilità che i singoli lavoratori perdano il lavoro sono collegate fra loro. • Un ulteriore motivo sta nel fatto che gli ammortizzatori sociali sono fonte di esternalità positive. Nella misura in cui attenuano i conflitti tra imprese e lavoratori, creano un ambiente favorevole agli investimenti privati e all’aumento della produttività. Da questo punto di vista, il grado di tutela generato da un mercato assicurativo privato tende ad essere inferiore a quello socialmente ottimale. Le critiche agli ammortizzatori sociali • I sussidi di disoccupazione sono stati oggetto di forti critiche da parte degli avversari del Welfare State perché introducono distorsioni nel mercato del lavoro e finiscono per accentuare il problema della disoccupazione, infatti: • riducono gli incentivi alla ricerca di un posto di lavoro contribuendo ad allungare la durata della disoccupazione • riducono le motivazioni del lavoratore a fornire una prestazione efficiente e possono influire negativamente sulla produttività. Le linee di riforma • Le proposte di riforma mirano a stimolare l’operosità del lavoratore, condizionando la concessione del sussidio alla partecipazione a programmi di riqualificazione o a lavori socialmente utili, e riducendo la durata delle prestazioni. • Alcuni programmi (Earned income tax credit negli U.S.A.) al posto del sussidio a chi è disoccupato, offrono una integrazione del salario a chi ha un lavoro ma guadagna poco, sotto forma di credito di imposta e per un periodo di tempo limitato. Due effetti: • la riduzione fiscale contribuisce a contenere i salari dei lavoratori e stimola la domanda di lavoro da parte delle imprese; • il lavoratore è incentivato a cercare lavoro, perché un’occupazione poco remunerata diventa più conveniente rispetto al sussidio di disoccupazione. La riforma Fornero • Punta a superare il dualismo fra lavoratori protetti e non protetti estendendo la platea dei beneficiari delle indennità di disoccupazione. • Le forme di tutela devono riguardare non il posto di lavoro ma il lavoratore nei suoi percorsi all'interno del mercato del lavoro. • Lo strumento principale è l'ASPI (Assicurazione sociale per l'impiego) destinata ad assorbire tutti gli altri ammortizzatori sociali oggi in vigore ad eccezione della cassa integrazione ordinaria. • L'Aspi è applicabile ai lavoratori dipendenti anche con contratto non a tempo indeterminato, nonché apprendisti e artisti dipendenti. Può accedervi chi ha almeno due anni di anzianità assicurativa. • Ha una durata di 12 mesi, prorogabili a 18 nel caso in cui il lavoratore interessato abbia più di 55 anni. L'indennità viene decurtata del 15% dopo i primi 6 mesi, e di un altro 15% dopo gli altri 6 mesi. La flessibilità del lavoro • Negli anni 90 la crescita della disoccupazione in Europa induce un mutamento di approccio alle politiche del lavoro. Si passa dalla tutela passiva della disoccupazione a politiche attive volte a promuovere l’inserimento professionale. Si sviluppa un processo di coordinamento delle politiche del lavoro degli stati membri noto come strategia europea per l’occupazione, che si articola nei seguenti punti: • aumentare l’occupabilità attraverso la formazione professionale e servizi di assistenza ai disoccupati • sviluppare l’imprenditorialità mediante la semplificazione degli espletamenti amministrativi, lo sviluppo del mercato dei capitali di rischio • accrescere la flessibilità nell’organizzazione delle imprese e del lavoro • rafforzare le pari opportunità La legge Biagi In Italia vengono introdotti numerosi provvedimenti volti ad accrescere la flessibilità: • lavoro interinale (pacchetto Treu, 1996): fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo da parte di agenzie private • la legge Biagi introduce nuove tipologie di contratti di lavoro: - lavoro a progetto - lavoro ripartito (job sharing) - lavoro a chiamata - apprendistato - contratto di inserimento - part time Nuove soluzioni: la flexsecurity • La flexsecurity cerca di combinare flessibilità e sicurezza sociale attraverso uno scambio fra maggiori tutele ai lavoratori disoccupati e maggiore libertà di licenziamento per i datori di lavoro • le imprese possono licenziare senza controllo giudiziale (salvo il caso di licenziamento discriminatorio) • tranne pochi casi in cui è ammesso il contratto a termine, i nuovi dipendenti sono tutti assunti con contratto a tempo indeterminato e un periodo di prova di massimo sei mesi • il lavoratore ha diritto a un preavviso convertibile in indennità di licenziamento pari a un mese se ha un anno di anzianità • in caso di anzianità superiore ad un anno, oltre al preavviso, il lavoratore ha diritto al trattamento di riallocazione Il contratto di riallocazione • Le imprese si consorziano per creare un'agenzia che gestisce l’assicurazione contro la disoccupazione. L’agenzia: - paga al lavoratore licenziato il 90% dell'ultima retribuzione per il primo anno di disoccupazione, l'80% e il 70% nei due anni successivi - lo obbliga a partecipare a tempo pieno a tutte le iniziative di riqualificazione e ricerca della nuova occupazione attivate per lui - può recedere dal contratto in caso di inadempimento del lavoratore • Il costo per l’azienda è molto ridotto per il primo anno successivo al licenziamento, in cui già operano sussidi già esistenti (trattamento ordinario e speciale di disoccupazione) ma aumenta molto nei due anni successivi • questo crea un forte incentivo a ricollocare il lavoratore entro un anno dal licenziamento La flessibilità funziona? A giudicare dal tasso di disoccupazione sembrerebbe di sì, ma… Il tasso di occupazione giovanile è diminuito in Italia mentre è aumentato nel resto d'Europa. Fra gli under 35, l'incidenza delle occupazioni precarie è aumentata dal 20% al 39% fra il 2004 e il 2011. A tutto questo bisogna aggiungere che: • i salari dei lavoratori giovani precari sono inferiori del 20/30% rispetto a quelli dei lavoratori con contratti standard • I giovani non godevano di alcuna rete di protezione in caso di scadenza del contratto prima della riforma Fornero • i contributi previdenziali sono più bassi e questo significa pensioni più basse in futuro • La crisi ha colpito soprattutto questa fascia di lavoratori perché le imprese non rinnovano i contratti in scadenza • Il capitale umano dei lavoratori non cresce perché le imprese non hanno interesse a investire nella formazione di lavoratori che lasceranno l'impresa in breve tempo La crisi colpisce soprattutto i giovani La flessibilità aiuta a trovare un lavoro stabile? • L'assunto principale che giustifica la flessibilità è che un lavoro precario è meglio di nessun lavoro perché è una porta di ingresso nel mercato del lavoro e un trampolino verso un lavoro stabile • Per alcuni questo è vero ma per molti altri (in aumento) è una trappola dalla quale è difficile uscire • Su 100 lavoratori atipici del 2008, 37 hanno trovato un impiego stabile nel 2010 (nel 2006-08 erano 46), 43 sono rimasti atipici e 20 sono senza lavoro • Nel 2007 a tre anni dal compimento degli studi avevano un'occupazione stabile: • diplomati: 55,9% • laureati triennali: 55,2% • laureati quadriennali: 62,9% Condizione occupazionale dei laureati triennali (2007) a tre anni dalla laurea Ma tra 25 e 64 anni i laureati guadagnano in media il 55% in più Il tasso di occupazione è il 77% contro il 66% dei diplomati La flessibilità aiuta la crescita? • Dipende dal tipo di flessibilità: la diffusione dei contratti a termine privi di qualunque tutela ha avuto un effetto negativo sulla produttività dei fattori dovuto al fatto che riduce l'incentivo ad accumulare capitale umano Variazione media annua dei lavoratori con contratti a termine- 1995-2007 Evoluzione della produttività totale dei fattori in Europa. 1995-2007. 1995 = 100 L'Italia che ha avuto la maggiore diffusione dei contratti a termine registra anche un tasso di crescita della produttività negativo! Le politiche assistenziali Finalità e criteri • La finalità fondamentale della spesa per l’assistenza sociale è quella di combattere la povertà e di attenuare forme di disagio personale (dovute ad handicap o mancanza di autosufficienza) e sociale (riconducibili ad emarginazione, tossicodipendenze ecc.). • Le politiche per l’assistenza attuano una redistribuzione del reddito, sia sotto forma di trasferimenti monetari che di offerta di beni e servizi, a favore dei gruppi sociali più poveri e disagiati. • Due impostazioni generali delle politiche di assistenza: - impostazione selettiva: riserva i programmi di assistenza a individui e gruppi che si trovino in condizioni di particolare disagio che devono pertanto essere sottoposte ad accertamento; - impostazione universalistica: è propria dei programmi che erogano prestazioni a tutti i cittadini, indipendentemente da qualunque accertamento dello stato di bisogno o del rispetto di altre condizioni. La disuguaglianza • La disuguaglianza può essere misurata utilizzando vari indicatori statistici di dispersione che misurano di quanto i valori di una data distribuzione si discostano dalla media. • La varianza o la deviazione standard sono indicatori di questo tipo. • Non necessariamente deve trattarsi di un indicatore sintetico (consistente in un unico valore numerico), una misura largamente usata, che non rientra in questa categoria, è la curva di Lorenz. La curva di Lorenz 100% % cumulata del reddito 80% 60% F B 40% 35% 20% 10% E A D C 20% 40% 60% 80% 100% % cumulata della popolazione Indice di Gini = area beige/area triangolo rosso La disuguaglianza in alcuni paesi avanzati Indice di Gini in alcuni paesi industrializzati (2005) Le misure della povertà • La povertà viene misurata fissando una linea di demarcazione, detta linea della povertà, che fa da spartiacque fra chi è povero e chi non lo è. Coloro che hanno un livello di reddito inferiore a quello stabilito dalla linea sono identificati come poveri. • Il concetto di povertà può essere definito in senso relativo o assoluto. • E’ relativamente povero chi ha meno degli altri. La povertà relativa viene misurata con riferimento alla media o alla mediana della distribuzione del reddito. • La povertà assoluta si ha quando il potere d’acquisto è inferiore a quello necessario per acquistare un paniere capace di soddisfare bisogni minimi. La misura adottata dall’ONU identifica il povero in colui che dispone di meno di un dollaro al giorno (Africa e Asia) o meno di due dollari al giorno (America Latina) Le politiche contro la povertà • I programmi possono avere carattere selettivo o universale. I programmi a carattere selettivo trasferiscono in genere un sussidio a coloro che hanno un reddito al di sotto della soglia della povertà. Il sussidio è uguale alla differenza fra il reddito soglia e quello effettivo (es.: reddito minimo garantito). Questo tipo di programmi consentono di ridurre la povertà a costi molto minori rispetto a quelli a carattere universale ma presentano alcuni inconvenienti: • eliminano l’incentivo a produrre reddito perché ogni euro di reddito prodotto in più è esattamente compensato da una riduzione del sussidio, questo effetto è denominato trappola della povertà; • la concessione del sussidio è subordinata a un controllo dei mezzi che comporta costi psicologici per i beneficiari, e costi amministrativi di controllo elevati Programmi a carattere universale • I più noti programmi a carattere universale sono il dividendo sociale e l’imposta negativa sul reddito. • Il dividendo sociale consiste in un sussidio a carattere universale non sottoposto a tassazione. Il sussidio si aggiunge al reddito disponibile: 1) Yd = Y - T 2) T = tY 3) Yd = Y - tY • aggiungendo il sussidio S il reddito disponibile diventa: 4) Yd = Y - T + S = Y - tY + S • Se il reddito di un individuo è pari a zero percepirà comunque un reddito pari a S. Se S fosse pari alla soglia di povertà questo programma avrebbe l’effetto di eliminare la povertà stessa. Dividendo sociale Yd = Y Yd, S Yd + S B Yd Yd S Yd1 0 Y < Y* → Y > Y* → Yd > Y Yd < Y A E D C 45° Y2 Y* Y1 Y Il reddito di cittadinanza • Il reddito di cittadinanza è un programma di contrasto alla povertà di tipo universalistico in cui la concessione del sussidio non è subordinata a un accertamento delle condizioni economiche del beneficiario. • Ha il vantaggio di non avere effetti distorsivi sulla decisione di lavorare. • Ma ha anche il grosso svantaggio che, proprio perché tutti ne hanno diritto, il costo economico è altissimo (in Italia è stato stimato in 300 miliardi di euro ipotizzando un sussidio di 1000 euro mensili) Il reddito minimo garantito • Il reddito minimo garantito (Rmg) è un programma universale e selettivo al tempo stesso, nel senso che non è limitato ad alcune categorie di beneficiari (es. lavoratori) ma subordina la concessione del sussidio ad accertamenti su reddito e patrimonio • Questo schema esiste oggi , in forme molto diverse, in tutti i paesi dell’Unione Europea a 15 (e in diversi nuovi stati membri). • Ha il vantaggio che sostituirebbe un insieme di programmi frammentati con un’unica misura • Comporta costi amministrativi di accertamento notevoli e potrebbe dar luogo a forti distorsioni a causa dell’evasione fiscale • In Italia il costo complessivo di un Rmg di 500 euro è stato stimato in 8-10 miliardi di euro Imposta negativa sul reddito • L’imposta negativa sul reddito consiste nel dedurre dal reddito imponibile un certo ammontare prima di calcolare l’imposta. Il reddito dedotto può essere, per esempio, uguale alla soglia della povertà. Coloro che hanno un reddito inferiore a tale ammontare pagheranno un’imposta negativa, ossia riceveranno un sussidio equivalente. • In questo caso l’imposta è data da: 1) T = t(Y - Y*) rielaborando: T = tY - tY* dove Y* è l’ammontare di reddito che viene dedotto. • Il reddito disponibile è: 2) Yd = Y - T = Y - tY + tY* Tassa negativa sul reddito T = tY - tY* Esempio t = 30% Y* = 10.000 Y = 30.000 T = 0,3x30.000-0,3x10.000 = 6.000 T 0 Y=0 T = 0,3x0-0,3x10.000 = -3.000 Y* Y -tY* Y = Y* = 10.000 T = 0,3x10.000-0,3x10.000 = 0 Y > Y* Y < Y* T = tY - tY* > 0 T = tY - tY* < 0 La povertà in Italia Le politiche per l'istruzione Perché l'istruzione è importante? Dal punto di vista sociale: • è un fattore importante di mobilità sociale, i figli dei più disagiati possono raggiungere posizioni più elevate, accresce l'equità distributiva e la giustizia sociale • trasmette valori e capacità sociali importanti: la tolleranza, il civismo, la partecipazione politica, la capacità di prendere decisioni più consapevoli, crea coesione sociale favorendo la condivisione di valori Dal punto di vista economico: • trasmette le conoscenze scientifiche e tecnologiche necessarie per usare in modo efficiente le tecnologie esistenti e introdurne di nuove • genera esternalità: i rendimenti sociali sono superiori alla somma di quelli privati • svolge una funzione selettiva e informativa segnalando i più meritevoli ai datori di lavoro Perché finanziare l’istruzione? • Nonostante l’istruzione possa essere considerata come un investimento privato, che offre un ritorno in termini di maggior reddito, in tutti i paesi sviluppati l’offerta di istruzione è in gran parte pubblica • Il capitale umano genera esternalità perché se più individui investono in esso cresce il rendimento dello stesso investimento per altri • Tanto maggiore è il numero di ingegneri e di ricercatori, tanto più rapida è la produzione di conoscenze tecnologiche e tanto più importante diventa acquisire tali conoscenze con l’istruzione e l’apprendimento per ottenere una più elevata remunerazione • Ma chi decide quante risorse investire in istruzione non considera minimamente i benefici che non lo riguardano direttamente, pertanto investe meno di quanto sarebbe socialmente desiderabile. Scuola pubblica e privata • La scuola deve perseguire due finalità non sempre conciliabili: - essere efficiente sotto il profilo della qualità - garantire a tutti uguali opportunità di accesso • le finalità menzionate sono complementari fra loro e possono essere ottenute mediante le stesse politiche oppure no? • se non lo sono quali devono avere priorità e in quale misura possono essere riconciliate? • il dibattito si concentra sul ruolo della scuola pubblica e di quella privata e sulle politiche di finanziamento dell'istruzione • tutti sono d'accordo che la scuola debba essere sostenuta dallo Stato altrimenti, a causa delle esternalità, vi sarebbe un investimento troppo basso in istruzione • lo Stato dovrebbe finanziare solo la scuola pubblica o anche quella privata? I voucher • Secondo alcuni economisti liberisti (Friedman) lo stato dovrebbe finanziare la scuola privata mediante un programma di voucher • I voucher sono sussidi che le famiglie possono spendere per pagare l'istruzione in qualunque istituzione scolastica • Argomenti a favore: • maggiori opportunità di scelta • maggiore competizione, le scuole dovrebbero migliorarsi in termini di qualità e prezzi per attrarre studenti, quelle di qualità più bassa sparirebbero • anche la scuola pubblica risentirebbe positivamente della competizione • in generale maggiore efficienza e qualità in rapporto alle risorse investite Argomenti contro • maggiore disuguaglianza alcuni riceverebbero un'istruzione migliore di altri, l'espansione della scuola privata che comporta costi riduce le opportunità di accesso all'istruzione per le famiglie indigenti, questo favorirebbe la perpetuazione dello status sociale di partenza • costi amministrativi, le scuole dovrebbero essere sottoposte a controlli di qualità • verrebbero sottratte risorse alla scuola pubblica • non esiste alcuna evidenza empirica che la scuola privata sia qualitativamente migliore di quella pubblica • minore possibilità di controllo e rischio che non sia pienamente garantita l'acquisizione di competenze di base Il finanziamento dell’università • Trattandosi di un livello di istruzione non di base, molti ritengono che l'obiettivo della qualità sia più importante rispetto a quello dell'equità di accesso. • Uno strumento di finanziamento molto diffuso è il prestito d’onore. Lo Stato anticipa allo studente le risorse di cui ha bisogno per studiare. Lo studente deve restituire il debito da quando comincia a percepire un reddito. • Data l’incertezza che caratterizza i redditi futuri, spesso il piano di restituzione del prestito tiene conto del reddito effettivamente guadagnato (prestiti condizionati al reddito o income contingent), nel senso che possono essere richiesti pagamenti più alti nei periodi di maggiore guadagno e viceversa. • In Italia i costi sono finanziati dal prelievo fiscale. I fruitori contribuiscono in parte con specifiche tasse. L’istruzione è veramente un fattore di mobilità sociale? Poniamoci due domande: • il grado di istruzione dei figli dipende da quello dei genitori? • lo status sociale e il reddito raggiunti dai figli dipendono dal grado di istruzione o dallo status e dal reddito dei genitori? • perché ci sia mobilità sociale: - il grado di istruzione dei figli non deve dipendere da quello dei genitori - lo status sociale e il reddito raggiunti dai figli devono dipendere dal grado di istruzione e dalle proprie capacità (non facilmente misurabili) non dallo status e dal reddito dei genitori La mobilità sociale in Italia Probabilità di passaggio da una fascia sociale alla successiva in % Danimarca Irlanda Spagna Stati Uniti Portogallo Olanda Grecia Regno Unito Austria Francia Belgio Australia Germania Italia Finlandia Da primo a secondo quartile Da secondo a terzo quartile 24,8 24,5 24,7 20,6 23,9 16,8 23,1 24,0 22,9 23,7 22,9 21,0 22,6 23,6 22,4 21,2 21,8 16,1 21,7 20,8 21,7 23,3 21,5 23,5 20,8 26,7 17,6 15,9 16,8 13,7 Percentuale di iscritti all’università per istruzione dei genitori In Italia la probabilità di un giovane con padre laureato di laurearsi a sua volta è 25 volte superiore a quella di un giovane con padre senza laurea. Negli Stati Uniti è solo 6 volte superiore. 25-64 anni: 25-34 anni: 55-64 anni: Italia 11% 15% 7% OCSE 25% 31% 18% divario -14% -16% -11% Occupati tra 25-55 anni per professione e background familiare • background familiare Occupati di 25-55 anni laureati per professione e background familiare Le ragioni dell'anomalia italiana • In Italia l'istruzione non è una fonte di uguaglianza delle opportunità perché non promuove la mobilità sociale • paradossalmente, nonostante gli studi universitari siano meno costosi della media dei paesi industrializzati, il numero di laureati è più basso soprattutto a causa degli abbandoni (60%) • ciò accade perché il merito e la qualità dell'istruzione non sono adeguatamente valorizzati • i lavoratori istruiti non ricevono una remunerazione corrispondente alle loro qualifiche • gli incentivi ad investire in capitale umano sono minori che in altri paesi • Quali sono le ragioni di tutto questo? Istruzione e livelli retributivi • In Italia i differenziali retributivi per livelli di istruzione sono prossimi a quelli medi dei paesi dell’OCSE per quanto riguarda il rapporto tra diplomati di scuola secondaria e di scuola media • sono inferiori a quelli degli altri principali paesi nel confronto tra laureati e diplomati di scuola secondaria: • maggiore retribuzione media dei laureati rispetto ai diplomati Stati Uniti 81% Regno Unito 74% Francia 67% Germania 61% Italia 38% Istruzione e rischio di disoccupazione • inoltre il rischio di disoccupazione per i laureati si riduce meno di quanto accade negli altri paesi industrializzati • per la classe d’età 15-39, il passaggio dall’istruzione inferiore alla laurea riduce il tasso di disoccupazione dal 14,3% all’11,2%, mentre la riduzione media europea è dal 14,4% al 5,9% • dal punto di vista della logica economica tutto ciò è paradossale perché, in base alla legge della domanda e offerta, un fattore scarso (i laureati in Italia) dovrebbe avere una remunerazione più alta Il circolo vizioso • i bassi rendimenti dell’istruzione scoraggiano gli investimenti in capitale umano e impediscono il raggiungimento del livello dello stock prevalente nei paesi più avanzati • la scarsa dotazione di capitale umano a sua volta non favorisce la capacità dell’economia di innovare e adottare quelle tecnologie che, grazie alla complementarità con il capitale umano, ne accrescono la domanda e i rendimenti • la domanda di laureati è bassa perché la struttura del nostro sistema industriale non richiede lavoratori particolarmente qualificati: - le imprese sono in gran parte piccole con un'organizzazione che non necessita di elevate abilità manageriali - la specializzazione settoriale non privilegia i settori a tecnologie avanzate e ad alta intensità di lavoro qualificato La qualità dell'istruzione • La qualità dell'istruzione ha un'importanza cruciale in tutto questo • nei test internazionali (per esempio PISA) gli studenti italiani raggiungono risultati fra i peggiori nel gruppo dei paesi industrializzati • se la qualità dell’istruzione è bassa, l’investimento in capitale umano da parte delle famiglie e la domanda di lavoratori istruiti da parte delle imprese ne sono scoraggiate, inibendo l’innesco del meccanismo di interazione virtuosa tra domanda e accumulazione • il grado di istruzione non è più un indicatore affidabile per decidere l’allocazione delle posizioni migliori, questo rafforza la dipendenza dei redditi dalle condizioni della famiglia di origine piuttosto che dal grado di istruzione L'istruzione come le auto usate • Il mercato del lavoro qualificato funziona esattamente come un mercato con asimmetria informativa: i datori di lavoro non sono in grado di identificare la qualità dei lavoratori e abbassano la retribuzione scontando il rischio di bassa qualità • la bassa retribuzione scoraggia l'investimento in capitale umano e genera una selezione avversa: i più dotati e istruiti abbandonano il mercato (vanno all'estero) o cercano di affermarsi con altri mezzi (raccomandazioni, legami familiari) Possibili soluzioni • E' necessario attivare meccanismi che favoriscano un miglioramento della qualità dell'istruzione e della sua capacità di premiare il merito: - premiando la qualità attraverso l'assegnazione di maggiori risorse alle istituzioni capaci di ottenere migliori risultati - estendendo la libertà di scelta dei giovani e delle famiglie riguardo ai percorsi educativi • ciò significa introdurre elementi di competizione nel mercato dell'istruzione: le istituzioni scolastiche competono per richiamare studenti attraverso una migliore qualità dell'istruzione, questa competizione è resa possibile e incentivata dalle famiglie che possono scegliere le scuole ritenute migliori • questo tipo di soluzione accresce l'efficienza complessiva del sistema educativo ma pone problemi di equità Proposte per l’Università Alcuni propongono di: • aumentare le tasse universitarie, in linea con i costi del servizio e finanziare gli studenti più meritevoli con borse di studio • finanziare la spesa per tasse mediante prestiti agli studenti che devono essere restituiti condizionatamente ai guadagni futuri (o borse di studio ai più meritevoli) • differenziare le università sulla base della loro qualità nell’assegnazione dei fondi di ricerca e nella possibilità di offrire corsi specialistici • accrescere l’autonomia degli atenei nelle politiche di assunzione e retribuzione del personale, fino ad abolire il valore legale del titolo di studio e il ruolo pubblico dei docenti Vantaggi • L'aumento delle tasse redistribuisce il carico verso chi più usufruisce dell'università (i figli delle famiglie più agiate) e incentiva una domanda di qualità • l'allocazione dei fondi in base ai risultati della ricerca promuove la qualità della ricerca e della didattica e la competizione fra università spingendole ad assumere i docenti più capaci • la privatizzazione del ruolo dei docenti e la differenziazione delle remunerazioni crea incentivi a migliorare la ricerca • l'abolizione del valore legale del titolo di studio fa sì che i percorsi formativi siano valutati in base alla loro qualità e spinge gli studenti a scegliere le università che garantiscono un'elevata qualità Problemi • l'investimento in istruzione universitaria è rischioso, un costo più elevato scoraggerebbe molti studenti soprattutto delle famiglie meno in grado di sostenere i costi • viene meno la finalità dell'istruzione di creare opportunità per tutti • con gli attuali livelli di disoccupazione giovanile e precarietà del lavoro molti studenti non sarebbero in grado di restituire i prestiti dando luogo a una "bolla universitaria" • non è facile misurare i risultati della ricerca e della didattica, esempi di indicatori sono i brevetti e la percentuale di studenti che si laureano o che trovano lavoro entro un certo lasso di tempo • l'uso di indicatori di questo tipo convoglierebbe le risorse verso studi più funzionali alle esigenze del sistema produttivo ma penalizzerebbe alcuni percorsi di ricerca e di studio (discipline umanistiche) attenuando il ruolo di coscienza critica della ricerca universitaria La globalizzazione • Delle 100 più grandi economie 35 sono multinazionali e 65 sono stati nazionali • 1/3 del commercio mondiale transita all’interno di imprese multinazionali • Transazioni giornaliere sui mercati valutari - 2007: 3.200 miliardi di dollari - 2007 (valore annuale): circa 800.000 miliardi di dollari • PIL mondiale 2007: 54.620 miliardi di dollari • Il valore delle transazioni finanziarie internazionali è circa 15 volte il PIL mondiale • Esportazioni mondiali = 70.000 miliardi di dollari all’anno, circa 1,3 del PIL mondiale Globalizzazione e stato sociale La globalizzazione implica una riduzione delle barriere commerciali e una maggiore competizione internazionale. Questo fatto ha varie implicazioni, fra le quali: • i consumatori hanno più libertà di scelta fra beni prodotti all'interno e beni importati, aumenti delle tasse o forme di regolamentazione o accordi fra le parti sociali fanno crescere il prezzo relativo dei beni interni rispetto a quelli importati, riducendo la competitività; • le imprese possono scegliere liberamente fra diverse localizzazioni, aumenti delle tasse o forme di regolamentazione o accordi fra le parti sociali che aumentano i costi di produzione all’interno, possono spingerle a localizzarsi altrove, causando la perdita di posti di lavoro. • La globalizzazione fa entrare in competizione paesi che sostengono ingenti spese per sostenere lo Stato sociale, finanziandole con il prelievo fiscale, e introducono vincoli alla libertà d’azione delle imprese, con altri che non sostengono tali spese e possono mantenere un prelievo fiscale e un costo del lavoro più bassi. • Nel passato i paesi industrializzati erano competitivi nonostante il più alto costo del lavoro grazie alle tecnologie più avanzate che aumentano la produttività. • La globalizzazione ha eroso questi margini di competitività. I paesi industrializzati sono costretti a competere in termini di tassazione, regolamentazione e salari per difendere le proprie quote nel mercato mondiale e attrarre investimenti. • Maggiori vincoli al prelievo fiscale, quindi alla possibilità di accrescere la spesa sociale e di introdurre regole a tutela dei lavoratori. La crescita economica nel lungo periodo “Now, here, you see, it takes all the running you can do, to keep in the same place, if you want to get somewhere else, you must run at least twice as fast as that!”, “Qui, vedi, ci vuole tutta la velocità di cui si dispone se si vuole rimanere nello stesso posto. Se si vuole andare da qualche parte, si deve correre almeno due volte più veloce di così!” Lewis Carroll: Attraverso lo specchio Domande • Quali sono i fattori che determinano la crescita delle economie di mercato? • E' possibile influire sulla crescita con opportune politiche? • Esistono limiti alla crescita? cosa si intende per crescita sostenibile? • Possiamo fare a meno della crescita economica? Crescita e ciclo economico Y tempo Y= Prodotto interno Lordo (PIL) La crescita economica nel lunghissimo periodo Reddito pro capite in alcuni paesi 1950-2008 numero indice 1950 = 100 1,600 1,400 1,200 1,000 Europa occ. USA 800 Cina India 600 Giappone 400 200 2007 2004 2001 1998 1995 1992 1989 1986 1983 1980 1977 1974 1971 1968 1965 1962 1959 1956 1953 1950 0 La crescita dell’economia nel lungo periodo • Perché un’economia cresca è necessario che aumentino i fattori produttivi e le risorse impiegati nella produzione • oppure che l’efficienza produttiva dei fattori aumenti • oppure entrambe le cose • i fattori produttivi possono aumentare per motivi non economici (popolazione) o perché l’economia destina risorse alla loro accumulazione (capitale) • l’efficienza produttiva dipende dal progresso tecnico • dopo il 1500 la popolazione cresce a causa della fine delle pestilenze • la produttività cresce ancora di più e le risorse in eccesso possono essere destinate all’investimento • i progressi della scienza fanno aumentare il tasso di progresso tecnico I dati della crescita • Dopo le guerre napoleoniche Europa e USA entrano in un periodo di rapida crescita che continua fino ad oggi • tasso di crescita medio 1820-1995 = 2.7% = otto volte quello del periodo proto-capitalistico • la produttività del lavoro aumenta a un tasso crescente • 1780-1820: UK 0,5% • 1820-1890: UK 1,4% • 1890-1970: USA 2,3% • Tra il 1950 e il 1973 si registrano i tassi di crescita più alti (golden age) • Italia: 5.0% • Giappone: 8.0% • dopo il 73 la crescita si riduce nei paesi industrializzati ma aumenta nei paesi asiatici (Corea, Singapore, Cina, India ecc.) Fattori che influenzano la crescita • ASPETTI ISTITUZIONALI: ‐ fiducia nella capacità dell'uomo di controllare la natura e piegarla ai propri bisogni grazie alla scienza e tecnologia ‐ cadono i vincoli feudali all'acquisto e vendita della proprietà, diritti di proprietà protetti ‐ sistema fiscale meno arbitrario e più prevedibile ‐ sviluppo di istituzioni finanziarie e assicurative che garantiscono il credito e attenuano il rischio ‐ nascita degli stati nazionali e ampliamento dei mercati, interscambio non solo commerciale ma anche intellettuale, quindi maggiore competizione e innovazione. • RISORSE NATURALI: più importanti nell'800, meno oggi perché le risorse esauribili vengono sostituite con altre più produttive (carbone con petrolio, energia elettrica etc.) e in parte riproducibili • POPOLAZIONE: comincia a crescere nel 600 esplode dall'inizio dell'800. Effetti: ‐ cresce la forza lavoro ‐ cresce il mercato dei consumatori ‐ una crescita eccessiva riduce l'accumulazione di capitale • CAPITALE UMANO: i livelli di istruzione crescono da 2 anni a 11 tra il 1820 e i nostri giorni. Effetti: ‐ stimola la crescita delle conoscenze e delle invenzioni ‐ rende possibile l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche • CAPITALE FISICO: l'aumento del reddito pro-capite consente un maggiore risparmio. Il risparmio viene utilizzato per finanziare gli investimenti. L'accumulazione del capitale accresce la capacità produttiva e consente l'introduzione di nuove tecnologie • PROGRESSO TECNICO: accresce la produttività delle risorse naturali, del capitale umano, introduce nuovi prodotti, trasforma i processi produttivi • CAMBIAMENTO STRUTTURALE: la struttura della produzione si trasforma, cresce il peso di settori più produttivi (industria), diminuisce quello dei settori meno produttivi (agricoltura) • COMMERCIO INTERNAZIONALE: fino all'ottocento qualcuno guadagna qualcun altro perde. Dal 1820 il commercio è cresciuto più della produzione migliorando l'allocazione delle risorse e la produttività grazie alla specializzazione ed alle economie di scala. Parti del Mankiw da saltare • Capitolo 7: - pag. 166-69 - pag. 173-75 - pag. 194-96 - appendice cap. 7 Il modello di Solow Y = F(K,L) funzione di produzione aggregata lY = F(lK, lL) rendimenti costanti di scala se poniamo l = 1/L Y/L = F(K/L,1) funzione di produzione per lavoratore Y/L = F(K/L) Y/L = y; K/L = k y = f(k) Funzione di produzione Y F Y=f(K,L) D C Y2 A Y1 1 E EF < BC all'aumentare del capitale un'uguale aggiunta di capitale fa crescere di meno il prodotto la produttività marginale del capitale è decrescente PMK a 1 K1 B K2 PMK = DY/DK = f(K+1,L) – f(K,L) K BC/AB = Tg a = PMK Funzione di produzione per lavoratore Prodotto per lavoratore Y = F(K,L) lY = F(lK, lL) y F y=f(k) D C A a 1 1 Y/L = F(K/L) E Y/L = y K/L = k PMK B y = f(k) k PMK = Dy/Dk DY/L :DK/L = DY/L x L/DK = DY/DK l = 1/L Capitale per lavoratore Impieghi dei beni prodotti Y=C+S destinazioni del reddito = consumi + risparmi Y=C+I impieghi del reddito = consumi + investimenti Y-C=S Y-C=I da cui S=I Y/L = C/L + I/L impieghi per lavoratore C/L = cY/L = cy consumo per lavoratore I/L = i investimento per lavoratore S/L = sY/L = sy risparmio per lavoratore y = cy + sy y = cy + i y – cy = sy y - cy= i da cui sy = i ricordando che y = f(k) i = sf(k) Gli investimenti e i risparmi per lavoratore sono uguali Non ci sono importazioni né esportazioni l’economia è chiusa Funzione di produzione e del risparmio/investimento y y=f(k) B y1 consumi per lavoratore i=sf(k) A i1 risparmi = investimenti per lavoratore k1 k k1A = risparmio e investimento per lavoratore AB = consumo per lavoratore Ammortamento, crescita e stato stazionario y,dk tga = d A = dk Dk = i – dk Dk = sf(k) – dk k aumenta perché i1 > dk1 y* y=f(k) dk k diminuisce perché i2 < dk2 dk2 i2 i* i1 dk1 A i=sf(k) E k non varia perché i* = dk* a k1 k* k2 k Nel punto E k è stazionario quindi anche y lo è. E è definito stato stazionario Se cambia solo il capitale l'economia tende verso questo equilibrio nel lungo periodo L'economia cresce temporaneamente y, dk B y2 y=f(k) dk A y1 i=sf(k) i* i1 dk1 E k1 k* Dy = y2 –y1 = crescita temporanea k Perché l'economia tende verso lo stato stazionario? • Il motivo fondamentale per cui un'economia la cui crescita si basa sull'accumulazione di capitale non può crescere indefinitamente è che il capitale ha rendimenti decrescenti • via via che si investe e K cresce, K/L aumenta nel tempo e la produttività marginale del capitale si riduce • la PMK è la remunerazione del capitale, equivale cioè al tasso di profitto • se il profitto si riduce, diminuisce anche l'incentivo a investire fino a che gli investimenti non sono appena sufficienti a sostituire il capitale logorato • il capitale rimane costante così come il lavoro, e il reddito pro capite non può più crescere Risparmio e crescita dk, y y2 y1 E2 dk i=s2f(k) i=sf(k) E k*1 k*2 k Un aumento della propensione al risparmio fa aumentare gli investimenti e lo stock di capitale per lavoratore spingendo l'economia verso un nuovo stato stazionario. L'aumento del risparmio fa crescere l'economia ma solo temporaneamente. L’effetto è di livello: ad un s più elevato corrisponde un y più elevato La regola aurea dk, y y= f(k) A y* B y*1 dk a i=sf(k) E i* i1=sf(k) i*1 C a k*1 k* k Il consumo massimo si ha quando l'aumento di prodotto dovuto all'impiego di un'unità aggiuntiva di k (PMK) è uguale al tasso di ammortamento PMK = d A B C Stagnazione o crescita? • Se L cresce perché cresce la popolazione. Cosa cambia? • Anche la crescita della forza lavoro, esattamente come l'ammortamento, tende a ridurre il capitale per lavoratore. • Se K è costante e L aumenta a un tasso n allora K/L diminuisce allo stesso tasso ovvero diminuisce di nK/L = nk • Per mantere costante K/L è necessario sostituire il capitale logorato ed equipaggiare i nuovi lavoratori con illotasso stesso capitaledidei di crescita un rapporto è uguale alla differenza fra il tasso di precedenti crescita del numeratore e quello del i = dk + nk = (d+n)k • Dk = i - (d+n)k • Se i > (d+n)k allora • Se i = (d+n)k allora Dk = i – (d+n)k = 0 denominatore Se K è stabile e L cresce al 3%, K/L cresce di 0%-3%=-3%. k cresce e diminuisce in caso contrario Se K/L=10 diminuirà di n x K/L=3% x 10= 0,3 stato stazionario Lo stato stazionario y, dk y=f(k) (n+d)k y* dk i=sf(k) E A k* k Crescita demografica e reddito pro capite y, dk y=f(k) y* n2+dk y*2 n+dk E2 k*2 i=sf(k) E k* k • I paesi con più alta crescita demografica hanno un reddito pro capite più basso Cosa fa crescere il reddito pro capite? • Il modello di Solow afferma che in stato stazionario il reddito cresce nella stessa misura della popolazione pertanto il reddito pro capite rimane costante • questo risultato è controfattuale, in realtà osserviamo che il reddito pro capite y cresce continuamente • cosa fa crescere quindi il reddito pro capite? La risposta è: il progresso tecnico • l'effetto del progresso tecnico è di fare aumentare nel tempo l'efficienza produttiva dei lavoratori I lavoratori effettivi • Come misuriamo l'efficienza produttiva? Lo possiamo fare in termini di lavoratori effettivi o unità di efficienza • Se una nuova tecnologia permette a un lavoratore di produrre il doppio di un lavoratore che utilizza una tecnologia tradizionale è come se i lavoratori effettivi fossero diventati due. Un solo lavoratore in termini fisici equivale a due lavoratori in termini di efficienza produttiva • Se il progresso tecnico fa aumentare la produttività del 5% ogni anno e ipotizzando che i lavoratori, intesi come persone fisiche, rimangano costanti a 100 e inizialmente ognuno produca una unità, dopo un anno la produzione sarà aumentata a 105; è come se stessimo impiegando 105 lavoratori con produttività immutata • Si può dire allora che i lavoratori effettivi sono diventati 105 • Questo tipo di progresso tecnico è definito labour augmenting perché fa crescere la forza lavoro in termini di efficienza produttiva pur rimanendo costante in termini di persone fisiche • se la produttività di ogni lavoratore cresce a un tasso g e la forza lavoro (in termini di unità fisiche) cresce al tasso n, allora la forza lavoro effettiva cresce (approssimativamente) a un tasso n + g • esempio: se n = 2% e g = 3%, allora la forza lavoro effettiva (L x E) cresce del 2% + 3% = 5% (circa) Il modello di Solow con progresso tecnico • Possiamo riformulare il modello di Solow includendo il progresso tecnico, cioè misurando il lavoro in unità effettive o di efficienza • L x E = LE • Funzione di produzione: Y = F(K,L x E) = F(K,LE) • Il lavoro è misurato in unità effettive (LE, dove E sta per efficienza) • Prodotto per lavoratore effettivo: yE = Y / (LE) • Capitale per lavoratore effettivo: kE = K / (LE) • Funzione di produzione per lavoratore effettivo: yE = f(kE) • risparmio per lavoratore effettivo: syE = sf(kE) = iE Stato stazionario con progresso tecnico • La dinamica del capitale per unità di lavoro effettivo (kE) è data dalla solita formula alla quale bisogna aggiungere l'aumento del capitale necessario ad equipaggiare le unità aggiuntive di lavoratori effettivi che crescono a un tasso n + g (d+n+g)kE = investimento necessario per mantenere costante K/(LE) = kE DkE = iE - dkE - nkE - gkE = iE - (d+n+g)kE DkE = iE – (d+n+g)kE = 0 stato stazionario Stato stazionario con progresso tecnico yE, dkE crescita della variabili yE=f(kE) yE* (n+d +g)kE A i=sf(kE) kE* DE = g DL = n DLE = n+g DkE = 0 DyE = 0 DK = n+g DY = n+g Dk = n + g - n = g Dy = n + g - n = g kE In equilibrio di stato stazionario yE e kE sono costanti ma y e k stanno crescendo ad un tasso g. Il reddito per lavoratore (fisico) sta quindi crescendo costantemente al tasso g Morale della favola: da cosa dipende la crescita? Conclusioni del modello di Solow: • in assenza di crescita dei lavoratori in senso fisico o in termini di efficienza (grazie al progresso tecnico) l'economia approda, nel lungo periodo, ad uno stato stazionario in cui il reddito e il capitale sono costanti • se cresce la popolazione il reddito e il capitale crescono allo stesso tasso ma il reddito e il capitale per lavoratore rimangono costanti • il progresso tecnico è la causa della crescita del reddito e del capitale per lavoratore • in definitiva la crescita del reddito pro capite che è una caratteristica normale delle economie industriali dipende da fattori extra economici Crescita endogena • Nel modello di Solow l'economia raggiunge lo stato stazionario perché il capitale ha rendimenti decrescenti. La crescita continua del reddito pro capite non dipende da meccanismi interni all'economia ma da fattori esogeni come il PT che, a sua volta, dipende dalla crescita delle conoscenze scientifiche e tecnologiche • Recentemente nuove teorie hanno cercato di spiegare la crescita partendo dall'idea che il PT dipenda da meccanismi endogeni all'economia da cui la denominazione di teoria della crescita endogena Progresso tecnico e capitale umano • L'aumento della produttività del capitale dipende da due meccanismi: • l'introduzione delle nuove tecnologie nei processi produttivi avviene attraverso gli investimenti in nuove macchine e gli investimenti in ricerca e sviluppo che sono decisi dalle imprese • i progressi nella ricerca e sviluppo e la capacità di utilizzare in modo efficiente le tecnologie adottate dipendono dal capitale umano incorporato nella forza lavoro (ricercatori, ingegneri, tecnici, operai) e dalle risorse destinate alla ricerca • In entrambi i casi l'aumento dell'efficienza dovuto al PT (che dipende da scelte delle imprese o dei lavoratori) può compensare i rendimenti decrescenti di K facendo aumentare Y/L nella stessa misura di K/L Crescita continua con progresso tecnico y y2=f(k) y2 y=f(k) y1 n+dk i2=sf(k) i=sf(k) k1 k2 k Il capitale umano è diverso da quello fisico? • Il capitale umano può essere definito come il patrimonio di abilità, capacità tecniche e conoscenze di cui sono dotati gli individui, includendo la forza fisica, la resistenza alla fatica, l’abilità manuale, la capacità di comunicare • secondo alcuni, a differenza del capitale fisico, l'accumulazione di capitale umano non è soggetta a rendimenti decrescenti • il capitale umano genera esternalità positive nel senso che l’investimento in capitale umano di un individuo aumenta la produttività di altri individui • inoltre l'investimento in capitale umano di un individuo accresce la redditività dello stesso tipo di investimento per altri • in questo modo il capitale umano, interagendo con l’evoluzione delle conoscenze tecnologiche, diviene il motore di una crescita inesauribile nel tempo • Nel lungo periodo l’effetto complessivo di un anno in più di istruzione per la media dei lavoratori viene stimato in un prodotto pro capite più elevato di cinque punti percentuali • questo non è vero ovunque e in qualunque situazione (per esempio non lo è nel caso italiano) • molto dipende da come il capitale umano viene allocato fra le diverse attività produttive in particolare fra le attività innovative (es. R&S) che stimolano la crescita e quelle di ricerca della rendita che producono solo trasferimenti di ricchezza • la struttura istituzionale e produttiva di una società può creare incentivi in una direzione o nell'altra • se un avvocato che vince una causa (trasferendo ricchezza) o uno speculatore di borsa sono remunerati più di un manager d'azienda o di un ricercatore è conveniente impiegare il capitale umano in attività poco favorevoli alla crescita economica Crescita endogena La funzione di produzione può essere scritta come: y, dk y = Ak y=Ak i=sAk (n+d)k k L'investimento (i=sAk) è sempre maggiore del capitale da sostituire (n+d)k pertanto k e y possono crescere indefinitamente Perché le idee non hanno rendimenti decrescenti? • Per produrre beni materiali sono necessari fattori produttivi (capitale, lavoro, terra), materie prime ma, soprattutto idee • le idee o conoscenze tecnologiche sono le istruzioni necessarie per combinare insieme fattori produttivi e materie prime in modo da ottenere come prodotto un certo oggetto materiale (automobili, telefonini ecc.) • le idee si differenziano dagli oggetti materiali per due fondamentali caratteristiche tipiche dei beni pubblici: - le idee sono beni non rivali, la stessa idea può essere utilizzata un numero indefinito di volte senza bisogno di essere reinventata - le idee sono beni non escludibili nel senso che, in assenza di limiti legali, chiunque potrebbe appropriarsene pur non essendone l'autore • Per sviluppare una nuova idea è necessario sostenere dei costi (costi di R&S) anche molto elevati ma, una volta sviluppata, può essere usata un numero indefinito di volte senza costi aggiuntivi • nel processo produttivo le idee sono quindi costi fissi che vengono sostenuti una sola volta pertanto il loro peso nei costi complessivi si riduce all'aumentare della produzione (il costo medio diminuisce) • inoltre una stessa idea può essere usata in molti processi produttivi diversi senza costi aggiuntivi (o a costi molto bassi) • le idee sono quindi fonte di rendimenti crescenti sia a livello di singoli processi produttivi sia per l'economia nel suo insieme • la produzione di nuove idee non si riduce all'aumentare della produzione stessa, non esiste alcun riscontro empirico che vi sia stata una diminuzione nel ritmo di produzione di nuove idee, semmai l'evidenza sembrerebbe opposta Un esempio di rendimenti crescenti delle idee • Consideriamo la produzione di un nuovo antibiotico. La ricerca necessaria ha costi molto alti nell'ordine dei 7-800 milioni di dollari • una volta ottenuta la formula il costo marginale di produzione di ciascuna pillola è molto basso ed è costante. • costo marginale 100 pillole = 100 dollari (un dollaro per pillola) • costo marginale 200 pillole = 200 dollari (sempre un dollaro per pillola) • • • • ma i costi complessivi comprendono anche quelli della ricerca costo 100 pillole = 800+100 = 900 (9 dollari per pillola) costo 200 pillole = 800 + 200 = 1.000 (5 dollari per pillola) i costi medi si riducono all'aumentare della produzione! Politiche per la crescita • Gli economisti hanno individuato numerosi fattori da cui dipende la crescita dell'economia • accumulazione dei fattori produttivi: capitale (fisico e umano) e lavoro • progresso tecnologico • fattori istituzionali • come è possibile agire su questi fattori e cosa ci dicono in proposito i modelli che abbiamo analizzato? Politiche per la crescita: Solow • Secondo il modello di Solow nel lungo periodo il tasso di crescita dell'economia non dipende dall'accumulazione di capitale, accrescere il risparmio e gli investimenti non sarebbe una politica efficace • tuttavia, se l'obiettivo è rendere massimi i consumi, l'aumento del risparmio può essere utile qualora l'economia non si trovi nello stato stazionario di regola aurea • politiche che stimolano il progresso tecnico sono molto efficaci perché il tasso di crescita dipende dal progresso tecnico Risparmio e massimizzazione del consumo dk, y y= f(k) y* n+dk y1 E* i=sf(k*) i=sf(k) E1 k1 k* k Aumentando il risparmio si può spingere l'economia verso lo stato stazionario di regola aurea Politiche per la crescita: crescita endogena • Nel modello di crescita endogena, invece, un aumento del risparmio e degli investimenti fa aumentare il tasso di crescita dell'economia perché se k cresce più velocemente lo stesso vale per y (y = Ak) • politiche che stimolano il progresso tecnico sono efficaci in entrambi i modelli, perché in entrambi il tasso di crescita dipende dal progresso tecnico • politiche che stimolano l'accumulazione di capitale umano e la sua corretta allocazione fra le diverse attività sono efficaci nei modelli di crescita endogena Perché i livelli di reddito sono così diversi nel mondo? • Il reddito pro capite è molto diverso da paese a paese, il reddito in dollari di un cittadino norvegese è circa 400 volte quello di un abitante del Malawi • se questo è ciò che osserviamo nella realtà evidentemente, nel passato, i tassi di crescita nelle economie oggi più ricche devono essere stati molto più alti rispetto a quelle più povere • come si spiegano differenze così pronunciate e quali indicazioni offrono a questo proposito le teorie di Solow e della crescita endogena? • secondo il modello di Solow i divari nei tassi di crescita dovrebbero tendere ad attenuarsi nel tempo e le diverse economie dovrebbero convergere verso tassi di crescita e redditi pro capite simili • secondo la teoria della crescita endogena tassi di crescita molto diversi possono persistere anche nel lunghissimo periodo reddito pro capite in dollari e in PPP Luxembourg 80,288 Luxembourg 69,800 Norway 64,193 Norway 42,364 Iceland 52,764 United States 41,399 Switzerland 50,532 Ireland 40,610 Ireland 48,604 Iceland 35,115 Denmark 47,984 Denmark 34,740 Qatar 43,110 Canada 34,273 United States 42,000 Hong Kong, SAR 33,479 Sweden 39,694 Austria 33,432 Netherlands 38,618 Switzerland 32,571 Malawi 161 Malawi 596 Il meccanismo della convergenza dk, y y= f(k) y* yr n+dk E* i=sf(k*) yp kp yp-yr > yr-y* kr k* k Rendimenti decrescenti e tasso di crescita • il capitale ha rendimenti decrescenti e tende a muoversi verso le economie dove è più scarso • il progresso tecnico è esogeno, le conoscenze sono accessibili a tutti tasso di crescita paesi poveri gp paesi ricchi gr kp kr k Convergenza fra Stati USA Reddito pro capite nel 1880 Convergenza fra i paesi OCSE Convergenza nel mondo L’interpolazione non è statisticamente significativa • Se la produttività è più alta nei paesi ricchi la convergenza non si verifica • Motivi: - le nuove tecnologie non sono accessibili a tutti - la mancanza di capitale umano, di infrastrutture, l’instabilità politica rendono meno profittevole l’investimento nei paesi poveri tasso di crescita paesi poveri gr paesi ricchi gp kp kr k Convergenza o divergenza? • La convergenza si verifica ma solo fra alcuni paesi che hanno caratteristiche simili dal punto di vista storico, istituzionale e della dotazione di capitale umano • gli altri paesi sembrano allontanarsi come le galassie nell'universo in espansione • alcuni paesi inizialmente privi delle caratteristiche necessarie alla convergenza hanno in realtà fatto grandi passi avanti raggiungendo livelli di reddito simili a quelli dei paesi più ricchi • negli anni 70 e 80 ciò è accaduto in Corea, Singapore, Taiwan, Hong Kong, Malesia (Tigri asiatiche) • negli anni recenti si sono aggiunti Cina, India e Brasile (BRICs) • la convergenza dipende anche dall'imitazione delle tecnologie dei paesi più sviluppati (catching up) Risparmio insufficiente y, dk (n+d)k y=f(k) i=sf(k) k L'economia è talmente povera che la popolazione utilizza quasi tutto il reddito per i consumi di sussistenza, il risparmio e l'investimento sono troppo bassi. l'economia non può crescere Trappola della povertà PMK, i trappola della povertà produttività marginale del capitale stato stazionario costo del capitale i1 K soglia K* K Equilibrio o disequilibrio? Un solo equilibrio possibile il sistema converge necessariamente verso di esso Equilibrio instabile il sistema si allontana da esso in due direzioni possibili Equilibrio instabile il sistema si allontana da esso in molte direzioni possibili Meccanismi di riequilibrio e cumulativi Nell’economia operano due tipi generali di meccanismi: • meccanismi di riequilibrio • meccanismi cumulativi Nel primo caso, se il mercato si allontana dall’equilibrio, tende spontaneamente a farvi ritorno (esempio: determinazione del prezzo) I divari tendono a ridursi. • Se un’area cresce più di un’altra cresce anche la domanda di lavoratori e i salari, l’area meno sviluppata diviene più competitiva (vedi Cina) • Nelle aree più ricche e dotate di capitale i rendimenti degli investimenti diminuiscono, i capitali defluiscono verso aree meno dotate • Se imitare le innovazioni tecnologiche è più facile che svilupparle i paesi più arretrati potranno avere un progresso tecnico più rapido Circoli virtuosi e viziosi Nel secondo caso, se il mercato si allontana anche di poco dall’equilibrio, la distanza tende ad aumentare. Se in un’area la domanda è inizialmente maggiore, le imprese aumentano la produzione, si creano economie di scala e di apprendimento (più si produce e più si impara a produrre in modo più efficiente), cresce la produttività conseguenze: • crescita del reddito e della domanda; • ulteriori economie di scala e di apprendimento; Il circolo virtuoso tende ad autoalimentarsi. Nell’area in cui la domanda è minore si crea un circolo vizioso opposto Il commercio può amplificare questo meccanismo? • nel paese dinamico la produttività cresce e ciò rende le sue merci più competitive non solo sul mercato interno ma anche su quello del paese stagnante. • aumentano le esportazioni del paese dinamico e le importazioni di quello stagnante, le cui imprese sono spiazzate dalla concorrenza esterna. • nel primo la domanda che si rivolge alle imprese locali cresce ancora di più grazie alle esportazioni, nel secondo si contrae a causa delle importazioni. • il risultato è che il divario cresce progressivamente. • questo meccanismo prende il nome di causazione circolare cumulativa. Il meccanismo della causazione circolare cumulativa crescita della domanda crescita della produzione apprendimento Paese avanzato (circolo virtuoso) crescita del reddito maggiore competitività crescita della produttività esportazioni importazioni ristagno della produttività minore competitività ristagno del reddito Paese arretrato (circolo vizioso) scarso apprendimento ristagno della produzione ristagno della domanda Distribuzione percentuale del reddito mondiale, anni 0 - 2000 Africa America latina USA Europa or., Russia Europa occ. Paesi asiatici India Giappone Cina I limiti della crescita "Chiunque ritenga che una crescita esponenziale possa andare avanti indefinitamente in un mondo finito è un pazzo o un economista" Kenneth Boulding (economista inglese) Esistono limiti alla crescita? La visione di Malthus Le assunzioni del modello di Malthus • la quantità totale dei terreni disponibili per l'agricoltura (seminativi) è immutabilmente fissa; • la crescita della popolazione è limitata dalla quantità di cibo disponibile per la sussistenza; • la popolazione umana tende ad aumentare al crescere dei mezzi di sussistenza. • secondo Malthus la popolazione tende a crescere secondo una progressione geometrica (2,4,8,16, ecc.) mentre le risorse disponibili crescono secondo una progressione aritmetica (2,3,4 ecc.) prodotto pro cap. Q/L forza lavoro ottimale margine maltusiano Q*/L* L1 L2 L3 Lavoro Malthus è veramente superato? • secondo alcuni i limiti individuati da Malthus non sono superati grazie al progresso tecnico • oggi si manifestano non in termini di produzione agricola, bensì come sfruttamento di risorse non rinnovabili e quindi limitate e di inquinamento, soprattutto da combustibili fossili • secondo la teoria economica dominante anche questi non costituiscono veri limiti alla crescita perché le tecnologie inquinanti e fortemente utilizzatrici di risorse ambientali sono progressivamente sostituite da nuove tecnologie più sostenibili (energia nucleare, solare, eolica ecc.) • i critici ribattono che questa idea non trova riscontro nei dati storici e, se anche fosse possibile nel futuro, implicherebbe un drastico cambiamento del modello di crescita degli ultimi 150 anni Perché c’è incompatibilità? • Se i 9 miliardi di individui che vivranno sulla terra nel 2050 dovessero utilizzare risorse pro capite secondo gli standard attuali dei paesi ricchi, la produzione annuale di risorse dovrebbe essere 8 volte quella attuale • se ipotizziamo una crescita annua del 3%, la produzione dovrebbe essere 20 volte quella attuale • per nutrire la popolazione mondiale ai livelli attuali degli USA sarebbero necessari 4,5 miliardi di ettari coltivabili ma ne esistono solo 1,4 • la domanda di petrolio e gas agli attuali livelli di consumo negli USA sarebbe 5 volte quella attuale • per evitare che i livelli di CO2 nell’atmosfera diventino insostenibili le emissioni dovranno essere quasi annullate entro il 2050. Le tecnologie proposte (geosequestration) non sono in grado di raggiungere questo obiettivo Crescita del PIL 1870-2003 Emissioni di anidride carbonica 1870-2003 Stabilizzazione delle emissioni di anidride carbonica data la relazione oggi esistente fra crescita ed emissioni questo percorso implicherebbe forti vincoli alla crescita Crescita e ambiente sono compatibili? Due visioni fondamentali: • Neoclassica liberista (dominante): lo sfruttamento delle risorse crea scarsità e questo si riflette sui prezzi e sui consumi; il mercato crea incentivi allo sviluppo di tecnologie che risparmiano risorse ambientali. Nei casi di esternalità, è necessario intervenire con politiche correttive come la tassazione e i permessi negoziabili ecc. ma si tratta di piccole correzioni Capitale naturale e capitale prodotto dall'uomo sono sostituibili grazie al progresso tecnico. • Economia ecologica: non c'è alcuna tendenza spontanea del mercato a ridurre lo sfruttamento eccessivo delle risorse ambientali. Continuando agli attuali ritmi di crescita si verificherebbe con molta probabilità una catastrofe ambientale. L'economia umana è un sottoinsieme dell'ecosistema naturale dal quale trae risorse e nel quale immette rifiuti, ma la capacità dell'ambiente di generare risorse e riciclare i rifiuti è limitata. Le relazioni fra economia e ambiente sono regolate dalle leggi della termodinamica e non da quelle economiche. Economia stazionaria e decrescita Nell'ambito dell'economia ecologica si distinguono: • ecologisti moderati: la crescita è necessaria per pervenire a una maggiore giustizia sociale, ma deve essere resa compatibile con la salvaguardia dell'ambiente (sviluppo sostenibile). Sono necessari investimenti in tecnologie eco-compatibili e un cambiamento nei modelli di consumo. Solo l’intervento pubblico può orientare il mercato in questa direzione. • ecologisti radicali: crescita e ambiente sono incompatibili. In base alla seconda legge della termodinamica la trasformazione della materia e dell'energia che avviene nei processi produttivi genera entropia (aumenta la quantità di energia non più utilizzabile) E' necessario abbandonare l’idea stessa della crescita a favore di due alternative possibili: a) accettare una stabilizzazione dei consumi e dei livelli di vita attuali (economia stazionaria) b) imboccare la strada della riduzione dei consumi (decrescita). La visione neoclassica • il mercato è il migliore strumento di allocazione delle risorse; • la valutazione delle risorse dipende solo dalle preferenze degli agenti e dalle dotazioni iniziali che determinano i prezzi; • i prezzi di mercato sono misure corrette della scarsità delle risorse di proprietà privata; • le distorsioni dei prezzi derivanti da esternalità possono essere eliminate attraverso opportuni adattamenti istituzionali; • Il progresso tecnologico è in grado di annullare o attenuare fortemente i vincoli dovuti a scarsità di risorse; • il capitale umano (ad esempio macchine, edifici, strade, ecc.) e quello naturale (foreste, depositi di carbone, riserve di zone umide, deserto, ecc.) sono tra loro sostituibili. Sulla base di queste assunzioni gli economisti neoclassici sostengono che: • i problemi ambientali dovuti alla crescita sono in gran parte risolti spontaneamente dal mercato, poiché la scarsità delle risorse naturali si riflette sui prezzi riducendone il consumo • dove il mercato non opera correttamente si può intervenire con opportune politiche ambientali (tasse, permessi negoziabili) • la crescita non solo è perfettamente compatibile con la salvaguardia dell'ambiente ma, oltre un certo stadio, si accompagna ad un miglioramento della qualità ambientale • questa relazione trova una conferma empirica nella curva di Kuznets ambientale La curva di Kuznets Inquinamento Inversione Decadimento ambientale Miglioramento ambientale Reddito pro capite Effetti della crescita sull'ambiente • EFFETTO DI SCALA: un aumento della produzione richiede un maggiore impiego di fattori produttivi, e implica una maggiore utilizzo di risorse naturali e maggiore produzione di emissioni inquinanti e rifiuti. Il degrado ambientale aumenta • EFFETTO DI COMPOSIZIONE: la relazione fra crescita e qualità ambientale riflette una progressione naturale dello sviluppo economico: economie agrarie ‘pulite’, economie industriali inquinanti, economie di servizi ‘pulite’. Meccanismo facilitato dall’esportazione delle produzioni più inquinanti nei paesi in via di sviluppo. Il degrado prima aumenta poi diminuisce • EFFETTO TECNOLOGICO: la crescita economica rende possibile ricorrere a tecnologie produttive meno inquinanti e più efficienti in termini di utilizzo di risorse naturali. Il degrado diminuisce Perché una U rovesciata? • L’esistenza di una relazione a U rovesciata suggerisce che, quando il reddito pro capite diventa sufficientemente elevato, gli effetti positivi (tecnologia e composizione) tendono a più che compensare l’effetto di scala • Questo può essere dovuto a un insieme di fattori: ‐ oltre un certo livello di reddito pro-capite l’ambiente acquista importanza nelle preferenze dei cittadini, sia come consumatori che come elettori ‐ la progressiva scarsità di risorse naturali può attivare segnali di mercato (attraverso i prezzi) che inducono sostituzione e cambiamento tecnologico Quale è il messaggio? • In definitiva il messaggio che si deduce dalla curva di Kuznets ambientale è che la stessa crescita economica è il più importante fattore di miglioramento ambientale • se così è le politiche ambientali sono inutili o persino dannose nella misura in cui introducono vincoli e costi aggiuntivi che limitano la crescita (a parte i casi di esternalità che sono comunque limitati) La curva di Kuznets esiste veramente? Le critiche alla curva di Kuznets • La curva di Kuznets è contestata da molti gli studiosi che individuano contraddizioni nelle modalità di assunzione dei dati. • l'analisi fatta soltanto in un paese non è rappresentativa perché estrapola quel territorio dal contesto mondiale in cui sono localizzate attività produttive di cui beneficia • Negli ultimi 50 anni, nei paesi avanzati, le emissioni per unità di prodotto dei principali inquinanti atmosferici sono diminuite (circa 60%) ma l’attività economica è cresciuta di un fattore superiore a 8 • Molte dinamiche di degrado ambientale sono irreversibili (la perdita di biodiversità a livello globale, o la distruzione di habitat naturali a livello locale) pertanto per esse non si può arrivare al punto di inversione descritto dalla curva. natalità e mortalità La transizione demografica tasso di natalità tasso di mortalità Fase 1 pre industriale Fase 2 transizione Fase 3 industriale La crescita della popolazione dipende dalla differenza fra i tassi di natalità e mortalità. Il passaggio dall'agricoltura all'industria fa diminuire entrambi ma il divario cresce nella fase di transizione e si riduce nuovamente in quella industriale. I principi generali dell'economia ecologica • Capitale umano e naturale non sono sostituibili ma complementari, il problema dell'esaurimento delle risorse naturali non può essere risolto con la loro sostituzione • la scala, intesa come la dimensione del sottosistema economico umano rispetto all'ecosistema naturale, è importante e già oggi pone sotto stress la capacità dell'ambiente di sostenere l'attività economica • il sistema ecologico è complesso e caratterizzato da dinamiche non lineari, grandi cambiamenti possono essere innescati da piccole variazioni dell'equilibrio • l'incertezza sugli effetti di tali variazioni deve essere alla base dell'analisi delle relazioni economia-ambiente, aumenta il rischio di danni irreversibili pertanto è necessario adottare un approccio cautelativo (principio di precauzione) • la valutazione della performance economia non può basarsi solo sull'efficienza ma deve tener conto di aspetti etici di giustizia intergenerazionale L'economia come sistema aperto risorse materie prime energia economia rifiuti inquinamento energia degradata Leggi della termodinamica ed entropia • I limiti biofisici alla crescita continua derivano dalle due leggi della termodinamica: 1. materia ed energia non sono create né distrutte. In un sistema chiuso l’ammontare totale di energia e materia è costante 2. in ogni attività fisica (processo termodinamico) l’entropia del sistema può solo aumentare o restare costante • la prima legge afferma che ogni attività di produzione o consumo che implica l’uso di materia e l’immissione di rifiuti nel sistema non altera la quantità totale di materia e di energia. Quindi i rifiuti restano nel sistema e devono essere gestiti • la seconda legge implica che ogni attività che comporta l’uso di materia ed energia e la produzione di rifiuti genera anche un aumento dell’entropia cioè della disorganizzazione, o del disordine del sistema Interazione economia-ambiente: sistema chiuso economia risorse rinnovabili risorse non rinnovabili energia degradata rifiuti ambiente lo sfruttamento delle risorse, l'inquinamento e la produzione di energia degradata riducono la capacità dell'ambiente di generare risorse Implicazioni • In base alla seconda legge della termodinamica, è impossibile costruire una macchina industriale capace di autoalimentarsi. materia ed energia non possono mai essere completamente riciclate, esistono requisiti termodinamici minimi assoluti di energia e di materiali per produrre un'unità di output che non possono essere ridotti dal cambiamento tecnologico • le leggi della termodinamica pongono dei limiti alla sostituzione del capitale umano con il capitale naturale e, quindi, alla possibilità del cambiamento tecnologico di compensare l'esaurimento o la degradazione del capitale naturale. Nel lungo periodo, capitale naturale e capitale umano sono complementi perché quest'ultimo richiede materiali ed energia per la sua produzione e manutenzione. Capitale fisso - Imbarcazioni Lavoro - Pesca Imbarcazioni primitive Capitale naturale - Pesce Limitate quantità di pesce Imbarcazioni più grandi Aumento quantità pescato Aumento retribuzioni Aumento capacità di acquisto Attività di trasformazione Aumento raggio d’azione Tecniche di pesca più invasive Diminuzione attività, prodotti e trasformazione Scompare capitale fisso e lavoro Diminuzione disponibilità pesci Devastazione habitat naturale Scompare capitale naturale Economia stazionaria • Secondo Herman Daly il paradigma della crescita economica neoclassica non prende in considerazione gli aspetti morali e biofisici dell'attività economica e ignora i mezzi ultimi ,come la materia e l'energia a bassa entropia dell'ecosfera, che rendono possibile la crescita e sono risorse scarse in termini assoluti e vincolate da leggi naturali • gli economisti mainstream si concentrano sulla disponibilità di mezzi intermedi (lavoro, capitale e risorse naturali convenzionali) e trascurano il fatto che la disponibilità di mezzi intermedi dipende da quella di mezzi ultimi • discutono della relativa scarsità e dell'allocazione delle risorse ma trascurano del tutto i limiti biofisici e le considerazioni di equità intra e inter-generazionale ritenendo che un alto tasso di crescita sia la più efficace soluzione ad entrambi i problemi. L'economia è una nave troppo pesante • Secondo Daly l’obiettivo non può essere la massimizzazione dei consumi ma l’uso efficiente dello stock di capitale naturale da un punto di vista non economico ma termodinamico • l’analisi economica ortodossa ha prodotto teoremi che spiegano le condizioni dell’allocazione ottimale delle risorse nell’equilibrio concorrenziale ma non è capace di analizzare l’uso delle risorse naturali e l'immissione di rifiuti nell’ambiente • Il sistema economico descritto dalla teoria dominante è come una nave cargo che dispone di istruzioni molto precise su come allocare il carico nelle stive per stabilizzare la nave, ma affonda perché il carico, pur allocato in modo ottimale, è eccessivo rispetto alla capacità di trasporto della nave stessa La scala ottimale • Per evitare di affondare, il carico (emissioni inquinanti, sfruttamento di risorse naturali) deve essere adeguato alla capacità di galleggiamento (capacità di carico dell'ambiente). • Tutto ciò richiede un equilibrio fra il capitale prodotto dall'uomo e il capitale naturale. Questi due tipi di capitale sono complementari e non sostitutivi non si può quindi sostituire il secondo con il primo. • In passato l'economia era piccola rispetto all'ambiente, si poteva consumare capitale naturale relativamente abbondante senza incontrare vincoli. Oggi il capitale naturale è il fattore limitante. • L'uso del capitale naturale dipende dalla scala dell'economia, per questo motivo la scala non può continuare a crescere. L'economia ha raggiunto (e superato) un punto in cui i costi della crescita (deterioramento dell'ambiente) superano i benefici (maggiori consumi). Cosa si intende per economia stazionaria? • “Un’economia di stato stazionario è definita da uno stock costante di ricchezza fisica e da una popolazione costante, mantenute ad un livello prescelto come desiderabile da un basso tasso di utilizzazione di materiali ed energia, cioè da un basso tasso di natalità uguale ad un basso tasso di mortalità e da bassi tassi di produzione di beni, uguali a bassi tassi di ammortamento degli stock, così che sia la longevità della popolazione che la durata degli stock fisici sono elevate." (H. Daly) • anche mantenendo costante lo stock di ricchezza e popolazione, è necessario un certo prelievo di risorse ambientali che deve essere minimizzato • la chiave per ottenere questo risultato è la riduzione del throughput Le condizioni di sostenibilità • per throughput si intende il flusso fisico di materia ed energia a bassa entropia che proviene dalla natura, per essere utilizzato nelle attività produttive e poi ritornare alla natura come scarto ad alta entropia • la minimizzazione del throughput può essere ottenuta in due modi: a) durata, ossia produrre beni materiali di lunga durata; b) intercambiabilità, produrre beni facilmente sostituibili o riciclabili. • il progresso tecnologico può contribuire al raggiungimento di questo obiettivo Prosperità senza crescita • La sostenibilità non può essere definita solo in termini di compatibilità biofisiche l'economia deve creare benessere attraverso l'efficienza allocativa, deve cioè utilizzare la minore quantità possibile di mezzi intermedi e soddisfare al meglio le preferenze sociali • la rinuncia alla crescita non significa rinuncia ad una maggiore prosperità, occorre costruire un modello di società fondato sulla prosperità senza crescita • per farlo occorre disaccoppiare l'aumento della prosperità dal consumo di risorse naturali e quindi dai beni materiali. La prosperità va misurata in termini di ricchezza sociale, culturale, estetica ecc. • inoltre deve essere perseguita l'efficienza distributiva nel senso che lo stock costante deve essere distribuito in modo tale che le preferenze voluttuarie non abbiano la precedenza sui bisogni fondamentali sia delle generazioni presenti che di quelle future Come ottenere questi risultati? • Come è possibile mantenere costanti lo stock di ricchezza e la popolazione e chi deve decidere quale è il livello ottimale? • se fosse lo stato e non il mercato questo sarebbe compatibile con il mantenimento della democrazia? • secondo Daly la scala ottimale deve essere stabilita dallo stato ma spetta al mercato definire l'allocazione delle risorse nell'economia stazionaria attraverso due strumenti: - quote di sfruttamento delle risorse, il governo mette all'asta diritti di sfruttamento delle risorse (ogni diritto consente l'utilizzo di un certo ammontare di risorse) che possono essere poi scambiati sul mercato ottenendo un'allocazione efficiente - licenze trasferibili di nascita che funzionerebbero allo stesso modo dei diritti di sfruttamento, lasciando alla flessibilità del mercato la determinazione di chi avrà o non avrà figli ma mantenendo costanti le nascite complessive. La decrescita • Secondo altri stabilizzare consumi e livelli di vita non è sufficiente, la scala attuale dell'economia è tale che i danni ambientali e il depauperamento delle risorse non rinnovabili continuerebbero a prodursi anche senza crescita • anche qualora venissero introdotte tecnologie più efficienti, l'effetto di rimbalzo tenderebbe a neutralizzare ogni potenziale risparmio di risorse • la tecnologia non è la soluzione ma è parte del problema • è necessaria quindi una riduzione della scala, ovvero la crescita deve divenire negativa. Si parla in questo caso di decrescita • la domanda di risorse rinnovabili, e quindi la produzione, devono essere abbassate a livelli che prevengano l'esaurimento e siano sostenibili per l'ambiente • Una volta raggiunta questa scala l’economia dovrebbe collocarsi in un equilibrio stazionario senza crescita né decrescita • per i sostenitori della decrescita questo è possibile soltanto rivoluzionando radicalmente i modelli e gli stili di vita • la decrescita non è un fine in sé ma un mezzo per la ricerca di una qualità di vita migliore che privilegia forme di ricchezza sociale diverse dal consumo di beni materiali come la salute degli ecosistemi, la qualità della giustizia, le buone relazioni tra i componenti di una società, il grado di uguaglianza, il carattere democratico delle istituzioni, e così via. • è inoltre uno strumento di giustizia sociale capace di avviare una distribuzione più equa delle risorse. I paesi ricchi dovrebbero ridurre i propri livelli di reddito lasciando spazio a quelli arretrati affinché possano raggiungere livelli di benessere simili La politica economica nell’economia in decrescita • Occupazione: - riduzione dell’orario di lavoro - promozione del lavoro part time - riforma fiscale che accresca il prelievo fiscale sulle risorse naturali riducendo quello sul lavoro • reddito minimo garantito: - permette di ridurre la diseguaglianza - facilita il processo di decrescita perché riduce la necessità di lavorare e produrre; inoltre per finanziarlo è necessario tassare i redditi più alti riducendo i profitti e gli incentivi a produrre di più • riduzione degli sprechi: i prodotti dovrebbero essere più eco compatibili e concepiti in modo da essere riutilizzabili (approccio circolare culla-culla e non culla-tomba); il circuito produzione consumo dovrebbe essere il più possibile locale Le critiche all'economia stazionaria e alla decrescita • Su piccola scala esperimenti di decrescita sono in corso nei cosiddetti villaggi ecologici ma è possibile una decrescita su scala globale o anche un'economia stazionaria? • secondo i critici la transizione ad un equilibrio stazionario ha diverse implicazioni: - la crescita è parte integrante del sistema economico capitalistico, non può essere rimossa lasciando il resto inalterato - la motivazione fondamentale che guida l'attuale economia è la ricerca del profitto o dell'aumento della propria ricchezza. Questa motivazione è alla base dell'iniziativa imprenditoriale e del rischio, del risparmio e dell'investimento, dell'innovazione tecnologica, del perseguimento dell'efficienza • Questi comportamenti sono motivati dall’arricchimento personale ma sono anche necessari per lo stesso funzionamento di un’economia di mercato • la competizione è il motore della crescita economica. I produttori non possono vendere il loro prodotto a qualunque prezzo perché devono competere con altri produttori • questo costringe i produttori ad accrescere continuamente l’efficienza e abbattere i costi per stare al passo con la concorrenza • per farlo essi devono reinvestire i profitti, introdurre innovazioni e aumentare la scala della produzione per godere di economie di scala • sarebbe necessario sostituire queste motivazioni con altre che garantiscano l'iniziativa imprenditoriale, l'innovazione e l'assunzione del rischio se tali azioni non assicurano un guadagno Il sistema finanziario scomparirebbe • in assenza di crescita non è possibile pagare un interesse sui prestiti, per pagarlo è necessario che il capitale cresca nel tempo • senza interessi un insieme di meccanismi economici attuali non potrebbero più esistere • l'intero settore finanziario, che si basa sul fatto che chi presta denaro riceve una remunerazione, scomparirebbe • se i risparmi non hanno un rendimento nel tempo è molto più difficile assicurare una pensione agli anziani • un'economia stazionaria non è di per sé un'economia ecologicamente più sostenibile Disoccupazione e disuguaglianza • Nella fase di transizione si avrebbe un lungo periodo di disoccupazione la crescita è necessaria per mantenere costante l’occupazione perché la produttività del lavoro aumenta a causa del progresso tecnico. Se la produzione rimane costante in un contesto di crescita delle conoscenze tecnologiche, la domanda di lavoro necessariamente diminuisce • il problema della disuguaglianza potrebbe divenire più acuto; in una economia che cresce la disuguaglianza è più accettabile perché l'aspettativa è che la marea sollevi tutte le barche • questo problema è ancora più acuto a livello internazionale, senza crescita i paesi poveri non potrebbero avvicinarsi ai livelli di vita attuali dei paesi ricchi. Per ridurre le disuguaglianze la decrescita nel mondo occidentale dovrebbe essere molto pronunciata • Il sistema capitalistico dovrebbe lasciare il posto a una qualche forma di socialismo o comunitarismo La terza via: lo sviluppo sostenibile • Lo ‘Sviluppo sostenibile’ è un modello di sviluppo che fa fronte alle necessità del presente, senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze (Rapporto Bruntland 1987) • principi generali dello sviluppo sostenibile: - l'attività economica è soggetta a limiti biofisici - lo sviluppo sostenibile non è un problema di efficienza bensì un problema etico e di equità intergenerazionale - la sostenibilità ecologica richiede un riesame dei sistemi di valori che sono alla base dell'organizzazione sociale e un'analisi attenta delle scelte tecnologiche - i processi decisionali che coinvolgono l'ambiente sono caratterizzati da una elevata incertezza - lo sfruttamento dell'ambiente può produrre danni irreversibili ma non sappiamo quando e come questo accadrà Equità intergenerazionale PIL generazioni future PILf B C A D PILp PIL generazione attuale Sostenibilità debole e forte • la capacità di soddisfare i bisogni dipende dalla disponibilità di capitale naturale (l'insieme delle risorse naturali) e di capitale prodotto dall'uomo (fisico e umano) • il nodo centrale del dibattito sullo sviluppo sostenibile è il seguente: per soddisfare i bisogni delle generazioni future è sufficiente un certo stock generico di capitale totale (umano + naturale), oppure esso deve avere una particolare composizione in termini di capitale naturale e umano? • da cui derivano due concetti di sostenibilità: - sostenibilità debole: capitale naturale e capitale prodotto dall'uomo sono sostituibili l'uno con l'altro è necessario mantenere costante la loro somma - sostenibilità forte: capitale naturale e capitale prodotto dall'uomo non sono sostituibili, il capitale naturale è il vincolo, è necessario mantenerlo costante Criteri generali di sostenibilità a) un livello non decrescente di benessere; b) livelli non decrescenti di consumo; c) stock non decrescenti di capitale naturale; d) stock costanti o crescenti di capitale complessivo, subordinatamente alla conservazione degli stock “critici” di capitale naturale. • la sostenibilità debole richiede il perseguimento degli obiettivi a), b) e d) • gli obiettivi irrinunciabili della sostenibilità forte sono invece a), b) e c) Sostenibilità debole • • • • la sostenibilità è definita in termini di mantenimento di un costante consumo reale (di beni e servizi) nel tempo tenendo conto dei vincoli imposti da una certa dotazione di risorse disponibili per ottenere questo è necessario che il consumo non riduca le risorse necessarie a mantenere costante il capitale, ovvero la capacità produttiva dell'economia nel tempo se il capitale prodotto dall'uomo e il capitale naturale sono sostituibili ciò che si richiede è il mantenimento di un certo stock di capitale totale umano e naturale, la sua composizione non è importante ma questo richiede un certo prelievo di risorse naturali, è quindi necessario tenere conto non solo del logoramento del capitale umano ma anche della riduzione di quello naturale cioè delle risorse esauribili La regola di Hartwick e Solow • in questo caso occorre applicare la regola di Hartwick e Solow: mantenere un livello costante di consumo di beni e servizi o di reddito reale è possibile anche in caso di riduzione di risorse esauribili, a condizione che le rendite derivanti da un uso intertemporale efficiente di queste risorse siano reinvestite in beni capitali rinnovabili. • questa regola implica che i prezzi di mercato riflettano correttamente il valore delle risorse naturali, ovvero le esternalità sono poco importanti • inoltre per valutare i consumi futuri bisogna applicare un tasso di sconto, il che equivale a dire che il consumo delle generazioni future ha un valore minore di quello delle generazioni attuali Perché scontare i consumi futuri? • Il principio dello sconto deriva dal fatto che una somma disponibile oggi è valutata diversamente dalla stessa somma che sarà disponibile in futuro • se presto 100 euro oggi per riaverli indietro fra un anno sto scambiando ciò che potrei consumare oggi con quella somma con il consumo che quella somma mi permetterà di ottenere fra un anno • se sono disposto a prestare 100 euro oggi solo se avrò indietro 110 euro fra un anno significa che ritengo le due somme equivalenti • per sapere quanto riceverò fra un anno da un prestito si capitalizza la somma prestata oggi: 100 x (1+0,1) = 110 • se voglio sapere quale è il valore che attribuisco oggi una somma di 110 euro che sarà disponibile fra un anno (valore attuale) si sconta la somma futura: 110 / (1+0,1) = 100 • Supponiamo che l'attività economica di oggi provochi fra un anno un danno ambientale valutabile in 1000 euro • quale somma saremmo disposti a spendere oggi per evitare che questo accada? • questa somma è uguale al valore attuale che attribuiamo al danno ambientale futuro e dipende dal tasso di sconto che applichiamo • se il tasso di sconto è il 10% allora: spesa attuale = 1000/ (1+0,1) = 909 • se il tasso di sconto è il 20% allora: spesa attuale = 1000/ (1+0,2) = 833 L'implicazione di questo principio è che il benessere dei nostri figli vale meno del nostro! Conviene salvaguardare l'ambiente? 1 W 2 politica di sfruttamento delle risorse 3 W W s C B s r C B C B politica di sviluppo sostenibile t1 t t1 • ss = politica di sviluppo sostenibile • sr = politica di sfruttamento delle risorse t t1 t Critiche alla sostenibilità debole • Capitale umano e naturale non sono sostituibili ma complementari • le esternalità sono molto diffuse, soprattutto in campo ambientale, e pregiudicano seriamente la possibilità che i prezzi di mercato siano corretti indicatori di scarsità delle risorse • l'attualizzazione del benessere delle generazioni future è eticamente molto discutibile, perché significa che i nostri discendenti hanno minori diritti al conseguimento del benessere • non è considerata esplicitamente la questione della scala • è completamente trascurato il problema dell'incertezza • è un criterio di sostenibilità economico che trascura il fatto che la sostenibilità economica possa essere influenzata dal sistema ecologico nel suo complesso. Sostenibilità forte • • • Un'economia non può funzionare senza capitale naturale, esiste una soglia oltre la quale questo non è più possibile e il capitale naturale diventa il fattore limitante il capitale umano non può sostituire senza limiti l'energia divenuta scarsa, perché è necessaria una certa quantità minima di energia in qualsiasi trasformazione della materia o del lavoro. Il capitale naturale è quindi il fattore chiave in qualsiasi concetto di sostenibilità e deve essere preservato in una certa quantità non decrescente per garantire la conservazione delle risorse naturali ed evitare danni ecologici irreversibili, il livello dello stock di capitale naturale deve essere coerente con la capacità dell'ecosistema di sopportare shock, cioè con la resilienza ecologica Criteri di sostenibilità 1. Il tasso di sfruttamento delle risorse rinnovabili non deve superare il tasso di rigenerazione 2. l'emissione di rifiuti biodegradabili deve essere tenuta al livello o al di sotto della capacità di assorbimento dell'ambiente. Per rifiuti persistenti (come il DDT, sostanze radioattive, ecc.) i tassi di scarico devono essere uguali a zero poiché gli ecosistemi non hanno la capacità di assorbirli 3. l'estrazione di risorse non rinnovabili (come il petrolio) deve essere compatibile con lo sviluppo di sostituti rinnovabili. Questo è equivalente alla regola di Hartwick e Solow 4. le misure convenzionali di contabilità del reddito nazionale dovrebbero tenere esplicitamente conto dell'ammortamento del capitale naturale Le politiche verdi • tasse verdi: spostano l'onere fiscale dal reddito e dalla tassazione del capitale all'uso di combustibili fossili e risorse; scoraggiano le attività economiche ad alta intensità di energia e di materiali, favorendo i servizi e le industrie verdi ad alta occupazione • eliminazione dei sussidi agricoli ed energetici, che favoriscono l'uso eccessivo di energia, fertilizzanti ecc.; sostituiti da incentivi al riciclo dei nutrienti, diversificazione delle colture, uso di antiparassitari naturali, riducendo al minimo l'uso di prodotti chimici e fertilizzanti • maggiore riciclaggio dei materiali ed uso di energia rinnovabile • sistemi di trasporto efficienti, sostituzione delle automobili con treni, trasporto pubblico, biciclette; riprogettazione delle città per ridurre al minimo le esigenze di trasporto; uso di automobili a minor consumo di carburante. Il ruolo dello stato • Nella realizzazione di queste politiche il ruolo dello stato è cruciale, perché è necessario sviluppare nuove tecnologie che presentano altissimi costi iniziali e soprattutto forte incertezza negli esiti • nessun imprenditore privato è in grado di sostenere i costi iniziali e il rischio, né la finanza privata è in grado di fornire le necessarie risorse perché ha obiettivi di ritorno a breve o medio termine • in questi casi è necessaria una "finanza paziente" in grado di aspettare rendimenti che possono arrivare dopo molti anni. Solo lo Stato possiede queste caratteristiche ed è in grado di accollarsi il rischio di tali innovazioni. • in tutti i paesi con elevati investimenti in tecnologie verdi, come la Korea e la Cina, l'intervento dello stato è stato fondamentale Un esempio da imitare: la Corea del Sud Lo standard minimo di sostenibilità • Enfatizza in modo particolare il problema dell'irreversibilità, al di là di una certa soglia (o zona critica), lo sfruttamento delle risorse naturali può portare a danni irreversibili • è importante prestare molta attenzione a non estendere l'uso delle risorse di là di un certo standard minimo sicuro • la regola fondamentale è: quando il livello di incertezza e il costo opportunità sociale sono alti come nel caso del riscaldamento globale, del buco nell'ozono o della protezione di ecosistemi in pericolo di estinzione, la scelta prudente è quella di privilegiare ciò che non si conosce (principio di precauzione) Dobbiamo rivedere la misurazione del PIL? • il mantenimento dello stock di capitale naturale presuppone che il consumo di capitale e l'ammortamento siano contabilizzati correttamente • normalmente nella contabilità nazionale: reddito nazionale netto = reddito nazionale lordo ammortamento capitale umano • questa formula tiene conto del consumo di capitale umano ma non di quello di risorse naturali • i costi in termini di risorse ambientali sono di due tipi: - costi monetari di degrado direttamente attribuibili all'attività economica; - spese di conservazione (attualmente sono parte del PIL) Una misura del reddito sostenibile • La misura corretta del reddito nazionale è la seguente: reddito nazionale sostenibile = reddito nazionale netto ammortamento capitale naturale - spese di conservazione • oppure: reddito nazionale sostenibile = reddito nazionale lordo ammortamento capitale umano - ammortamento capitale naturale - spese di conservazione • la Banca mondiale e le Nazioni unite hanno raccomandato l'introduzione di una contabilità ambientale nota sotto il nome di green accounting, attualmente applicata solo in pochi paesi Critiche allo sviluppo sostenibile • La sostenibilità produce effetti perversi, i vincoli imposti alle tecnologie e alle dinamiche dello sviluppo spingono i capitali a migrare verso il Sud del mondo senza ridurre il carico ambientale complessivo ma spostandone gli effetti negativi nell’aree povere • i progressi tecnologici sono neutralizzati dall'effetto rimbalzo: tecnologie più efficienti riducono i prezzi, i consumi aumentano neutralizzando il risparmio di risorse (esempio: un'automobile che consuma meno viene usata più di frequente) • le politiche per la sostenibilità sono inutili il “corso naturale delle cose” porterà a produrre beni e servizi sempre più dematerializzati garantendo la sostenibilità • lo sviluppo sostenibile, nel senso forte, potrebbe mettere a repentaglio il raggiungimento di una maggiore equità sociale e internazionale ottenibile attraverso la crescita Sviluppo sostenibile o economia stazionaria? • Secondo i sostenitori dell'economia stazionaria e della decrescita lo sviluppo sostenibile è un ossimoro, non esiste la possibilità di far crescere l'economia preservando il capitale naturale • secondo altri lo sviluppo sostenibile è la strada da percorrere ma per farlo è necessario modificare profondamente l'attuale struttura dei consumi e degli investimenti • nel 2008 è stato lanciato un appello per un Green New Deal globale che propone di superare la crisi attuale creando incentivi per un economia verde orientando gli investimenti verso tecnologie a basso impatto ambientale e a basso consumo energetico Esempi di domande d'esame 1. Cosa si intende per stato minimo nella concezione libertaria? 2. Come è possibile secondo Rawls stabilire regole oggettive di giustizia sociale e su quali principi dovrebbero basarsi? 3. Secondo gli utilitaristi se gli individui hanno curve di utilità marginale diverse può essere giusto redistribuire il reddito a favore dei più ricchi. Spiegate perché? 4. Perché il criterio paretiano può fornire indicazioni per le decisioni di politica economica solo in un numero molto limitato di casi? 5. Descrivete le principali caratteristiche dei modelli di Stato sociale che conoscete. 6. Che cosa è la selezione avversa? In che modo influenza il funzionamento del mercato? 7. In quali condizioni i sistemi pensionistici a ripartizione funzionano meglio di quelli a capitalizzazione? 8. Quali motivi economici giustificano gli interventi pubblici contro il rischio di disoccupazione? 9. In che cosa consiste la flexsecurity? Come può essere attuata? 10. Uno dei più gravi problemi dell'economia italiana è la scarsa competitività e questo è dovuto in gran parte alla scarsa qualificazione dei lavoratori. Perché in Italia si investe così poco in capitale umano? 11. Quali sono le differenze fra politiche assistenziali selettive e universali? Quali i vantaggi e svantaggi rispettivi? 12. Che cosa è la tassa negativa sul reddito? 13. Mostrate graficamente un economia con rendimenti del capitale decrescenti, crescita della popolazione e senza progresso tecnico. Perché in un'economia di questo tipo il reddito per lavoratore non può crescere indefinitamente nel tempo? 14. Le conoscenze scientifiche e tecnologiche non sono soggette a rendimenti decrescenti bensì crescenti. Spiegate perché 15. Mostrate graficamente che, se gli individui hanno funzioni di utilità uguali, la teoria utilitarista implica una distribuzione perfettamente ugualitaria. 16. Che cosa afferma il principio di differenza di Rawls? Quali giustificazioni adduce il filosofo a sostegno di questo principio? 17. Spiegate perché nel modello di Solow senza progresso tecnico un aumento della propensione a risparmiare ha un effetto solo temporaneo sulla crescita economica. 18. Partendo da una situazione di equilibrio di stato stazionario immaginate che il tasso di crescita della popolazione aumenti in un’economia senza progresso tecnico come quella descritta da Solow. Quali sarebbero gli effetti sul reddito pro capite e sul rapporto K/L? 19. Il pensiero di Rawls è considerato da alcuni eccessivamente ugualitario e non abbastanza attento al ruolo del merito nella società. Discutete la fondatezza di questa accusa. 20. Secondo la visione di Solow i livelli di reddito di diversi paesi dovrebbero tendere a convergere nel lungo periodo ma questa ipotesi non sembra corrispondere a quanto accade nel mondo reale. Spiegate perché tale convergenza dovrebbe realizzarsi e perché, nella realtà, questo non accade o accade solo in parte. 21. Secondo gli utilitaristi le scelte di politica economica possono essere valutate in base alla misura in cui soddisfano le preferenze individuali. Discutete i problemi che derivano da questa impostazione. 22. Quali erano i problemi del sistema pensionistico italiano all’inizio degli anni 90? In che modo si è cercato di risolvere tali problemi con le riforme dell’ultimo ventennio? 23. Quali sono gli argomenti pro e contro il finanziamento pubblico della scuola privata? 24. In che cosa consiste il criterio del massiminimo? Per quali motivi può essere criticabile? 25. Descrivete le principali critiche alla spesa sociale. 26. Alcune economie non crescono perché rimangono imprigionate in una trappola della povertà. Cosa si intende con questo termine e da che cosa dipende? 27. In che cosa consiste il principio di compensazione? 28. Spiegate la differenza fra i sistemi pensionistici a ripartizione e quelli a capitalizzazione? 29. Spiegate mediante una rappresentazione grafica il concetto di regola aurea nel modello di Solow.