Lezioni di politica economica
A.A. 2012-2013
Docente: Sergio Lodde
Argomenti del corso
Il corso si divide in cinque parti
• Prima parte: i fini della politica economica
• Il concetto di giustizia sociale: utilitarismo, libertarismo,
neocontrattualismo, approccio delle capacità
• L’economia del benessere e la politica economica
• Il criterio paretiano
• L’analisi costi-benefici e i suoi limiti
• Rawls e la giustizia equa
• La giustizia procedurale secondo Nozick
• L’approccio delle capacità di Sen
• Misure alternative del benessere
• Il ruolo dello Stato
• Seconda parte: lo stato sociale e le politiche per il welfare
• Modelli di Welfare State
• Motivazioni di efficienza delle politiche sociali
• Funzioni dello Stato sociale
• I sistemi previdenziali
• Le politiche sanitarie
• Le politiche del lavoro
• Le politiche assistenziali
• Le politiche per l'istruzione
• Globalizzazione e stato sociale
• Terza parte: La crescita economica nel lungo periodo
• I fattori della crescita
• Il modello di Solow
• La crescita economica può essere illimitata?
• La crescita zero o la decrescita sono alternative possibili?
• Quarta parte: le politiche fiscali e monetarie nel contesto europeo
• Il debito pubblico
• Il modello IS-LM
• Il modello Mundel-Fleming dell'economia aperta
• L’unione monetaria europea e il patto di stabilità
• Problemi dell’economia europea
• Quinta parte: la crisi attuale come ci siamo precipitati e come
potremmo uscirne
• Perché la crisi?
• L'instabilità del sistema finanziario globale
• Il debito sovrano e l'euro
• La crisi è figlia della disuguaglianza?
• Il dopo crisi: più stato o più mercato?
Suddivisione del corso e pre-esame
• Il corso è suddiviso in due moduli: A e B
• il modulo A comprende le prime tre parti e durerà fino
all'interruzione per gli esami di aprile
• ad aprile sarà possibile sostenere un pre-esame sugli argomenti
trattati nel modulo A
• il modulo B comprende gli argomenti della quarta e quinta parte
che saranno oggetto dell'esame finale a giugno-luglio
Testi consigliati
Modulo A
1. Dispensa: I fini della politica economica
2. Dispensa: Le politiche per il Welfare
3. P. Cipollone, I. Visco: Il merito nella società della conoscenza
4. G. Mankiw, M.P. Taylor: Macroeconomia, cap. 7, 8 (esclusa
appendice)
Testi consigliati
Modulo B
6. Dispensa: Crescita e ambiente
7. G. Mankiw, M.P. Taylor: Macroeconomia, cap. 10, 11, 12, 15, 16
8. O. Blanchard: La crisi economica globale
9. Dispensa: I mercati finanziari e la crisi
10.P. Krugman: Fuori da questa crisi, adesso!
11.C. Reinhart, K. Rogoff: Growth in time of debt
I capitoli del Mankiw-Taylor sono reperibili in fotocopia in copisteria
Gli altri testi possono essere scaricati dal sito della facoltà (materiale
didattico del corso); il testo di Krugman deve essere acquistato
Come trovare programma e materiale didattico
• Andare sul sito della facoltà di Scienze economiche giuridiche e pol.
• menù a tendina didattica
- elenco docenti
- Lodde Sergio
- menù didattica
• per trovare il programma e il materiale didattico: menù didattica insegnamenti - politica economica scienze politiche
oppure: menù didattica - materiale didattico - politica economica
scienze politiche
Che cosa è la politica economica?
• Ogni disciplina scientifica si propone non solo di analizzare e di
comprendere meglio i fenomeni reali, ma anche di usare le
conoscenze acquisite per offrire indicazioni utili all’azione.
• La costruzione di teorie per spiegare la realtà così com’è rappresenta
il contenuto positivo della scienza, laddove tutto ciò che riguarda la
definizione di come la realtà dovrebbe essere e di come si dovrebbe
agire per modificarla in tal senso è il suo contenuto normativo.
• Anche nel campo economico è possibile distinguere due approcci:
l’economia politica rappresenta il contenuto positivo della scienza
economica e fornisce descrizioni e spiegazioni, la politica economica
ha a che fare con quello normativo e definisce prescrizioni per
l’azione.
Definizione della politica economica
• La politica economica studia le modalità e gli effetti degli
interventi nell’economia decisi dai centri detentori del potere
politico in base agli obiettivi che intendono perseguire.
• In altri termini, mentre l’economia politica analizza i
meccanismi di
funzionamento dei mercati dandone
descrizioni e spiegazioni, la politica economica studia come
intervenire su di essi fornendo prescrizioni atte a orientarli
verso il conseguimento di specifici obiettivi o a correggerne il
cattivo funzionamento.
L’approccio dell’economia politica e
quello della politica economica
Nel decennio 1994-2003, il prodotto interno lordo degli USA è cresciuto in
media del 3,3% all’anno. Nello stesso periodo, nell’area dell’Euro la crescita è
stata pari in media al 2%, in Italia all’1,7%.
Grafico 1 Tasso di crescita del PIL negli USA e UE
5.0
4.5
4.0
3.5
3.0
USA
2.5
UE
2.0
1.5
1.0
0.5
0.0
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Di fronte a questi dati l’economia politica si domanda:
quali fattori sono all’origine di queste differenze di comportamento?
Il problema di politica economica è, invece:
cosa si può fare per migliorare la performance europea e avvicinarla a quella degli USA?
Gli ambiti della politica economica
La politica economica ha diversi ambiti di intervento:
• politiche macroeconomiche di stabilizzazione nel breve
periodo
• politiche microeconomiche di regolazione dei mercati
• politiche macroeconomiche per la crescita e lo sviluppo
• politiche regionali
• politiche per il welfare
Obiettivi e strumenti della politica economica
• La politica economica si propone dunque di conseguire
determinati fini definibili come obiettivi dell’azione pubblica.
• Normalmente gli obiettivi più spesso enunciati sono di due
tipi: di breve e di lungo periodo
• breve periodo: piena occupazione, stabilità dei prezzi,
pareggio della bilancia dei pagamenti
• lungo periodo: crescita del PIL
• Per far questo utilizza strumenti di intervento come quelli
della politica fiscale e monetaria che possiamo definire come
le leve sulle quali l’autorità di politica economica può agire per
raggiungere gli obiettivi che si propone.
Come si definiscono gli obiettivi della politica economica?
Qualche domanda preliminare
• Come si possono trasformare le scelte individuali in scelte
collettive che riflettano e rispettino le preferenze dei singoli?
• La massimizzazione del benessere può essere considerata come
il fine principale della politica economica?
• Supponendo che lo sia, cosa intendiamo quando parliamo di
benessere?
• Possiamo definirlo indipendentemente da giudizi morali e di
valore e da un preciso concetto di giustizia sociale?
• In questo caso, quale forma di giustizia sociale è la più
desiderabile?
• In quale misura l’intervento pubblico nell’economia è
giustificabile
Giustificazioni economiche dell’intervento pubblico
• Se gli agenti economici sono liberi di scegliere, i mercati
concorrenziali tendono verso un equilibrio in cui il benessere
sociale è il massimo possibile
• In alcuni casi il mercato non raggiunge tale equilibrio, ciò accade
quando:
- i mercati sono imperfetti (monopolio, oligopolio, concorrenza
monopolistica)
- esistono esternalità
- si producono beni pubblici
- gli agenti non sono pienamente informati
- c’è incertezza, la domanda effettiva è al di sotto del livello
ottimale e l’economia non raggiunge la piena occupazione
In questi casi l’intervento pubblico è giustificato in quanto corregge
malfunzionamenti del mercato e accresce l’efficienza dell’economia
Che cosa intendiamo per benessere?
• Questa concezione dei limiti dell'intervento dello stato riflette una
specifica visione dei fini della politica economica secondo cui
l'obiettivo fondamentale è rendere massima la produzione di beni
e servizi utilizzando appieno le risorse disponibili in un certo
momento del tempo, e la crescita di tale produzione nel tempo
• L'idea sottostante, tipica della filosofia utilitarista, è che il
benessere si identifichi con il consumo di beni e servizi, ma questa
è solo una particolare concezione del benessere sociale
• Il concetto di benessere è assai più complesso ed è stato oggetto di
un ampio dibattito filosofico
• Che cosa determina il benessere individuale? (problema del
contenuto del benessere)
• Chi, e con quali mezzi, può o deve mettere ciascuna persona nelle
condizioni di ottenere ciò che e crea benessere?
• Quali limiti possono essere imposti alla ricerca del benessere
individuale?
• Quale relazione esiste tra il benessere del singolo e quello della
società?
• Il perseguimento di questi fini non può essere ridotto a un puro
calcolo di efficienza ma coinvolge giudizi etici e di valore che
definiscono la qualità della vita umana insieme a una determinata
visione della giustizia sociale
Teoria economica e giudizi di valore
• Molti economisti ritengono che la scienza economica debba limitarsi ad
analizzare i fatti indipendentemente da giudizi di valore che sono di
competenza dei politici
• Le affermazioni che si basano soltanto sui fatti sono dette proposizioni
positive ed esprimono giudizi su come la realtà è (come funziona il
mercato, quali sono le condizioni della crescita ecc.)
• Le affermazioni che si basano su giudizi di valore sono dette
proposizioni normative e riguardano la realtà come dovrebbe essere
(giudizi sulla libertà, sulla felicità, estetici ecc.) e la corrispondenza fra
questa e la realtà effettiva
• In questa divisione del lavoro il politico definisce gli obiettivi e
l’economista fornisce le soluzioni più efficienti per conseguirli
I giudizi di fatto e quelli di valore sono separabili?
• Questa separazione fra analisi oggettiva o scientifica e giudizi di
valore è difficilmente sostenibile perché la stessa teoria economica
è permeata di giudizi di valore
• Esempio: la semplificazione del consumatore rappresentativo
implica che il livello aggregato del reddito è più importante nel
valutare lo stato dell’economia rispetto alla distribuzione del
reddito stesso
• La crescita del reddito aggregato è più importante della sua
distribuzione?
• Se riteniamo che la tassazione sia un buon strumento per
controllare l’inquinamento stiamo sostenendo che un certo tasso di
inquinamento è socialmente e moralmente accettabile
E' possibile separare efficienza e giudizio etico?
Problema
• un medico in un ospedale ha in dotazione 10 dosi di un siero salvavita
• arrivano simultaneamente due gruppi di pazienti che ne hanno bisogno
e, in mancanza di esso, morirebbero con certezza
• gruppo A: pazienti che, se trattati, sopravvivrebbero con certezza
• gruppo B: pazienti che, se trattati, hanno una probabilità di
sopravvivenza del 50%
Come bisognerebbe distribuire il siero fra di essi per ottenere un risultato
efficiente?
Ulteriore informazione:
• i pazienti del gruppo A sono anziani di 80 anni
• i pazienti del gruppo B sono bambini di 5 anni
Come bisognerebbe distribuire il siero fra di essi per ottenere un
risultato efficiente?
La soluzione efficiente non può essere determinata semplicemente in
base a un criterio di massimizzazione, essa implica necessariamente
un giudizio etico
• Supponiamo che il siero non sia in possesso del medico ma debba
essere acquistato in farmacia che lo vende a chi paga di più
• gruppo A: in quanto anziani hanno disponibilità finanziarie
• gruppo B: i bambini non hanno disponibilità finanziarie
• come pensate che il mercato allocherebbe il siero?
• La soluzione efficiente implica che il siero dovrebbe essere venduto
a chi è disposto a pagare il prezzo più alto. I bambini morirebbero
tutti
La soluzione efficiente dal punto di vista economico (che massimizza
il benessere) non lo è necessariamente dal punto di vista sociale ed
etico
Se non definiamo innanzitutto quali sono i nostri fini ha poco senso
porsi il problema di come ottenerli nel modo più efficiente
Decisioni e dilemmi etici
• La stragrande maggioranza delle decisioni implicano un trade off,
uno scambio tra qualcosa e qualcos'altro
• per ottenere l'obiettivo X è necessario rinunciare all'obiettivo Y, per
esempio accrescere il benessere di alcuni spesso comporta una
riduzione del benessere di altri
• a meno che la preferibilità di X rispetto a Y non sia evidente, ogni
qual volta questo accade si pone un dilemma etico: è giusto
perseguire X a scapito di Y o è giusto il contrario
• quasi tutte le decisioni di politica economica sono di questo tipo
ergo
quasi tutte le decisioni di politica economica implicano giudizi
etici o di valore
Conseguenzialismo e deontologia
• I giudizi di valore sono impliciti proprio nei fondamenti più generali
della teoria economica
• Nel momento stesso in cui diciamo che la massimizzazione del
benessere sociale è il principale obiettivo da perseguire stiamo
adottando una precisa logica di argomentazione etica: quella
conseguenzialista e ponendo in secondo piano un’altra: quella
deontologica o categorica
• L’etica conseguenzialista consiste nel ritenere che ciò che conta per
valutare le azioni come giuste o ingiuste sono le conseguenze che le
azioni producono
• L’etica deontologica afferma invece che un’azione è giusta o
ingiusta in sé e per sé in base a principi inderogabili e indipendentemente dalle sue conseguenze
Etica e giustizia sociale
• L’approccio conseguenzialista e quello deontologico sono alla base di
diverse teorie della giustizia sociale:
• L’utilitarismo conseguenzialista sostiene che la giustizia coincide con il
massimo benessere aggregato della società; giustifica l’adozione di
politiche redistributive ma solo nella misura in cui accrescono il
benessere totale inteso in senso edonistico
• Le teorie libertarie, di ispirazione deontologica e anti conseguenzialista,
sostengono che alcuni diritti fondamentali di libertà dell’individuo
devono essere rispettati, solo in base a questo si può parlare di società
giusta o ingiusta mentre la distribuzione della ricchezza non è rilevante
• Le teorie liberal-democratiche (in parte conseguenzialiste in parte
deontologiche) sostengono che deve essere garantita a tutti uguale
disponibilità di alcuni beni primari e la possibilità di esprimere le
proprie capacità
Il benessere sociale secondo gli utilitaristi
• In termini molto generali è plausibile affermare che le politiche
pubbliche dovrebbero tendere ad accrescere il benessere sociale
• Secondo gli utilitaristi esse possono essere quindi giudicate come
giuste o ingiuste, migliori o peggiori in base alla loro capacità di
rendere massimo il benessere sociale
• Le basi etiche dell’utilitarismo hanno quindi una matrice
conseguenzialista nel senso che ciò che conta è il risultato
• Il benessere (o utilità) individuale può essere definito come la
differenza fra ciò che procura piacere e ciò che causa dolore o
sofferenza
• Secondo la teoria utilitarista il benessere sociale non è altro che la
somma del benessere di tutti gli individui che compongono la società
• Per gli utilitaristi il benessere di un cittadino equivale a quello di
qualunque altro. Non esistono cittadini di serie A e B.
La massimizzazione dell’utilità
• La conclusione degli utilitaristi è che l’intervento pubblico dovrebbe
mirare a rendere massima la differenza fra la somma dei piaceri di
tutti gli individui considerati come aggregato e la somma delle loro
sofferenze, ovvero massimizzare l’utilità (piacere) aggregata
• Nelle parole di Bentham lo Stato dovrebbe promuovere il massimo
bene per il più alto numero di individui
• L’ingiustizia consiste nella realizzazione di una utilità aggregata minore
di quella ottenibile. Una società ingiusta è quella in cui gli individui,
nel loro insieme, sono meno felici di quanto potrebbero essere
• Il concetto utilitarista di giustizia si basa solo su considerazioni relative
all’utilità (welfarismo) escludendo qualunque altra considerazione
morale (per esempio diritti inalienabili, il rispetto dei diritti è giusto
per gli utilitaristi se essi contribuiscono ad accrescere l'utilità, non lo è
in caso contrario)
La giustizia secondo Bentham
• Il criterio benthamiano può essere definito più precisamente nel
seguente modo:
Un’azione è giusta se e solo se la somma delle utilità totali prodotta
da quell’azione è maggiore della somma delle utilità totali prodotta
da qualunque altra azione che avrebbe potuto essere compiuta al
suo posto
Alcune implicazioni del principio
di massimizzazione dell'utilità
• Un'implicazione della logica utilitarista è che se fosse necessario
sacrificare i diritti di pochi per massimizzare l'utilità di molti
sarebbe giusto farlo
• esempio 1: se la riduzione in schiavitù di un gruppo sociale (per
esempio i lavoratori) facesse aumentare la produzione totale e
l'utilità totale della società allora la schiavitù sarebbe socialmente
desiderabile e giusta.
• esempio 2: se il benessere sociale aumentasse in seguito alla
introduzione della pena di morte perché i crimini diminuiscono
grazie al suo effetto deterrente e si risparmiano i costi della
detenzione in carcere, allora la pena di morte sarebbe giustificata
Massimizzazione del benessere e distribuzione del reddito
Ricchi
Poveri
Totale
Società A
100
10
110
Società B
50
50
100
Se l’obiettivo è il massimo benessere complessivo, la società A che ha
una distribuzione molto iniqua è preferibile alla società B perché il
benessere totale è maggiore.
Massimizzazione dell'utilità e distribuzione del reddito
• L’utilitarismo non è contrario in linea di principio a politiche di
ridistribuzione del reddito
• Dal momento che l’utilità marginale del reddito è decrescente, si
può migliorare il benessere sociale trasferendo reddito da coloro
che hanno un reddito più alto (e quindi un’utilità marginale più
bassa) a coloro che si trovano nella situazione opposta.
• Fino a che le utilità marginali sono diverse l’utilità complessiva
aumenta con la ridistribuzione, perché l’utilità marginale sottratta
all’individuo più ricco è minore di quella aggiunta al più povero
• Ciò che è rilevante non è però la distinzione ricco/povero quanto la
capacità di produrre utilità. Se un ricco è capace di sviluppare un
piacere più intenso dal fatto di possedere un’automobile di lusso
rispetto a quello che un povero trae da una casa di uguale valore il
reddito dovrebbe essere redistribuito a favore del ricco
Utilità marginali e distribuzione del reddito
Up
Yp
YpY1 = reddito poveri
YrY1 = reddito dei ricchi
YpY1 = YrY1
Ur
Y2
Y1
Y3
Yr
Ma non è sempre vero!
perfetta uguaglianza
Up
Yp
Ur
Y2
Y1 Y*
Yr
Equità ed efficienza
• Gli utilitaristi non hanno quindi una concezione egualitaria della
distribuzione del reddito
• La ridistribuzione è auspicabile nella misura in cui aumenta il
benessere complessivo, ma non necessariamente da chi ha di più a
chi ha di meno, inoltre deve essere compatibile con il
mantenimento degli incentivi necessari a stimolare comportamenti
efficienti da parte degli agenti
• Esiste un trade off fra efficienza ed equità nel senso che una
distribuzione troppo egualitaria può causare una riduzione del
reddito totale
• Gli utilitaristi dunque giustificano politiche ridistributive, non
perché ritengano che tutti abbiano alcuni diritti irrinunciabili a una
vita dignitosa e a un certo ammontare di risorse che consentano di
esprimere la propria libertà ma solo perché è ingiusto non
aumentare il benessere aggregato quando è possibile farlo
Utilità cardinale e ordinale
• Per massimizzare la somma del benessere o utilità di tutti gli
individui è necessario misurarli in qualche modo. È possibile farlo?
• È possibile affermare che l’individuo A ricava dal consumo di una
pizza un’utilità doppia rispetto all’individuo B?
• Secondo i critici il piacere (o utilità) è un’esperienza puramente
soggettiva e, come tale, non comparabile da individuo a individuo.
La somma delle utilità di individui diversi non è quindi definibile
perché non è misurabile con la stessa unità di misura
• Che senso ha allora la prescrizione di massimizzare la somma di
qualcosa che non si può misurare?
Il benessere come soddisfazione delle preferenze
• Secondo gli utilitaristi il problema è superato se si rinuncia a una
concezione cardinale dell’utilità a favore di una ordinale e si
sostituisce una concezione sostantiva con una puramente formale
• Nella visione ordinale ogni agente ha un preciso ordinamento
preferenziale soggettivo delle diverse alternative che ha di fronte
• Se abbiamo due possibilità x e y, possiamo dire che, qualora
l’agente preferisca x ad y, allora questo significa che per lui l’utilità
di x è maggiore di quella di y anche se non possiamo dire di quanto
• Il criterio della massimizzazione del benessere può essere allora
riformulato nel senso che il massimo benessere si ottiene quando
le preferenze degli agenti sono soddisfatte nella misura massima
possibile
Le preferenze rivelate
• Come si può stabilire se le preferenze sono soddisfatte? Dopotutto
non possiamo osservare quale è il grado di soddisfazione che un
individuo trae dalle proprie scelte. Ma possiamo osservare come
concretamente un individuo agisce
• Se un individuo sceglie di consumare il bene A al posto di B,
potendo scegliere uno qualunque dei due, evidentemente ritiene
che A accresca il suo benessere (utilità) più di B
• Le scelte effettive (cioè quelle concretamente attuate e, per questo
motivo, osservabili nella realtà) di individui razionali rivelano le loro
preferenze pertanto una politica che consenta ai cittadini di
realizzare le loro scelte meglio di un’altra è senz’altro preferibile
Le preferenze sono tutte ugualmente
meritevoli di essere soddisfatte?
• Un’implicazione di questa logica è che se il maggior numero di
individui preferisce il grande fratello a un dramma di Shakespeare il
governo dovrebbe sovvenzionare il primo piuttosto che il secondo
• Se la gente ama molto fumare il governo dovrebbe astenersi dal
tassare le sigarette?
• La soddisfazione della preferenza per una vacanza ai Caraibi
dovrebbe avere la stessa priorità di quella per la salute o per
l'istruzione?
• Le preferenze non sono tutte uguali alcune meritano di essere
soddisfatte più di altre
• Perché non sono uguali e in base a quali criteri dovrebbero essere
differenziate?
• E' possibile che un soggetto preferisca un’alternativa in conflitto con
i suoi reali interessi, ovvero con la piena realizzazione di sé
• Ciò può accadere perché:
‐ l'individuo non è adeguatamente informato sulle conseguenze che
ne derivano (es. il fumo)
‐ l'individuo è condizionato dal contesto sociale e adatta le sue
preferenze alle norme che esso esprime (minore ambizione delle
donne nel lavoro, accettazione della propria condizione economica
da parte dei meno abbienti)
• Preferenze eccessivamente dispendiose
• Preferenze illegittime. L’utilitarismo potrebbe portare a scelte sociali
disumane laddove fosse eccessivo il peso sociale attribuito a
individui con preferenze antisociali per esempio favorevoli alla
tortura, alla violazione dei diritti umani, alla violenza sulle donne ecc.
Preferenze informate e razionali
• Se le preferenze sono distorte e non riflettono il vero benessere
degli individui o illegittime, la loro soddisfazione non
necessariamente conduce al massimo benessere sociale
• A questa critica gli utilitaristi rispondono che il benessere consiste
nella soddisfazione di preferenze ben informate e razionali
• Secondo Harsanyi preferenze informate e razionali sarebbero quelle
che l‘agente avrebbe in condizioni ideali di informazione e capacità
di ragionamento razionale
• Questa visione delle preferenze pone però un altro problema, apre
la strada a una concezione paternalistica del benessere. Chi infatti
dovrebbe stabilire quali preferenze sono bene informate e razionali
e quali non lo sono?
Il paradosso del voto
• Supponendo di voler soddisfare nel miglior modo possibile
preferenze informate e razionali come è possibile farlo tenendo
conto che ogni individuo ha preferenze diverse?
• Il modo più ovvio è quello di adottare il metodo democratico,
mettere cioè ai voti preferenze contrastanti e soddisfare quelle che
riscuotono la maggioranza fra i votanti
• Questa soluzione funziona bene se si deve scegliere fra due
alternative ma non quando le alternative sono più di due
• Consideriamo una società composta da tre gruppi sociali: poveri
classe media e ricchi le cui preferenze hanno un certo ordinamento
rispetto a tre possibili schemi di tassazione che influiscono sulla loro
ricchezza
Preferenze su possibili schemi di tassazione
A
B
C
Poveri
25%
27%
30%
Classe media
32%
27%
30%
Ricchi
33%
36%
30%
Preferenze
Poveri:
Classe media:
Ricchi:
A>B>C
B>C>A
C>A>B
• scelta fra A e B, A avrebbe la maggioranza perché preferita da Poveri e Ricchi
• scelta fra A e C, C avrebbe la maggioranza in quanto preferita da Ricchi e Classe
media
• scelta fra B e C, sarebbe B ad avere la meglio perché preferita da Poveri e
Classe media
Nessuna delle tre alternative prevale chiaramente sulle altre due, è
impossibile quindi stabilire quale di esse dovrebbe essere scelta
Il criterio paretiano
• Il criterio della soddisfazione delle preferenze non risolve ancora il
seguente problema:
• Se l’adozione della politica X modifica la situazione in modo che
l’individuo A può soddisfare meglio le sue preferenze mentre
l’individuo B le può soddisfare peggio di prima come possiamo
essere sicuri che il benessere sociale sia aumentato?
• La risposta è: non possiamo esserne sicuri, possiamo esserlo
soltanto nel caso in cui uno dei due individui stia meglio di prima e
la situazione dell’altro non peggiori a seguito dell’intervento
• Quando questo accade possiamo parlare con sicurezza di un
miglioramento del benessere sociale che viene denominato
miglioramento paretiano
L’ottimo paretiano
• Si ha un miglioramento paretiano quando un intervento di politica
economica permette di soddisfare meglio le preferenze di almeno un
individuo (accrescerne l'utilità) senza ridurre la soddisfazione
(utilità) di nessun altro
• Quando non è possibile accrescere l’utilità di qualcuno senza ridurre
quella di qualcun altro si può affermare che non è possibile ottenere
alcun miglioramento paretiano
• Ci troviamo quindi in una situazione non migliorabile, ovvero
ottimale nel senso paretiano che viene chiamata ottimo paretiano
• Questa è esattamente la situazione che si viene a creare quando un
mercato concorrenziale è in equilibrio
• Il primo teorema dell’economia del benessere afferma che: ogni
equilibrio di un mercato competitivo è anche un ottimo paretiano
Abbiamo trovato la bussola?
• L’ottimo paretiano è una situazione efficiente nel senso che non è
possibile modificare l’allocazione delle risorse in modo tale da
accrescere il benessere generale
• In sostanza in una situazione di ottimo paretiano non ci sono sprechi
• Sappiamo inoltre che se lasciamo funzionare liberamente il mercato
esso trova un equilibrio che è anche un ottimo paretiano
• L’ottimo paretiano viene raggiunto attraverso meccanismi di mercato,
sulla base di scambi volontari, in quanto tali moralmente legittimi
• Inoltre si può ipotizzare che chi effettua uno scambio volontario lo fa
perché ritiene di ricevere una giusta compensazione, il risultato finale
d questi scambi è quindi giusto dal punto di vista sociale
• Il criterio paretiano è quindi importante per orientare l’azione in
direzione dell’efficienza ma presenta problemi tali da essere poco
utilizzabile nella realtà concreta
La frontiera delle utilità
Bianchi
Utilità dei
Ub2
bianchi
Ub1
Utilità dei
bianchi 2
ottimo
paretiano
F
D
B
A
G
ottimo
paretiano
E
C
punto Pareto
inefficiente
Un
Un2
1
Utilità
dei neri
Utilità dei
neri 2
Neri
Il criterio paretiano offre indicazioni utili se dobbiamo spostarci da A a B o
a E o a D ma non se ci muoviamo da B a C e nemmeno da A a C
La maggioranza dei casi reali implicano un movimento da A a C, il criterio
paretiano è utile in un numero molto limitato di casi
Limiti del criterio paretiano
• Due difetti principali:
• I punti di ottimo sono molti, tutti ugualmente efficienti ma diversi
sul piano della distribuzione delle risorse: il criterio paretiano non
consente di scegliere fra di essi, non offre quindi alcuna
indicazione sotto il profilo distributivo
• Il criterio paretiano può fornire indicazioni utili all’azione se
quest’ultima accresce il benessere di qualcuno senza ridurre quello
di nessun altro ma è completamente inutilizzabile se alcuni sono
beneficiati e altri danneggiati
La stragrande maggioranza delle situazioni reali sono di quest’ultimo
tipo
Criterio paretiano e giudizi di valore
• Sostenere che l’ottimo paretiano è la bussola che deve orientare le
decisioni di politica economica significa accettare come moralmente
giusta qualunque distribuzione dell’utilità a condizione che le
risorse esistenti siano pienamente utilizzate
• Come possono gli economisti essere convinti di questo?
• La spiegazione sta nel secondo teorema dell’economia del
benessere il quale afferma che: un qualunque ottimo paretiano
può essere ottenuto attraverso il funzionamento di un libero
mercato competitivo se si parte da una certa distribuzione delle
dotazioni iniziali degli agenti
• Ciò implica che, definendo una adeguata distribuzione delle
dotazioni iniziali, il mercato può raggiungere un ottimo paretiano
che sia anche equo dal punto di vista distributivo
• Il problema è che questa idea è in contraddizione con lo stesso
principio paretiano perché per redistribuire le dotazioni iniziali
bisognerebbe togliere qualcosa a qualcuno e questo
comporterebbe un peggioramento paretiano
Il principio di compensazione
Bianchi
N1-N2 > B1-B2
B1
C
A
B
B2
N1
N3
N2
Neri
Passando da A a C i neri potrebbero compensare la perdita dei bianchi
cedendo loro N2-N3 = B1-B2. Ora i bianchi tornerebbero al punto di
partenza (B1) e i neri avrebbero N1-N3 in più rispetto a prima. Ciò
equivarrebbe a un miglioramento paretiano
Qualche problema nel principio di compensazione
Bianchi
F
A'
S
B
C
B'
A
F'
S'
Neri
Non è possibile stabilire quale è la tecnologia migliore prescindendo
dalla distribuzione
L'efficienza non può prescindere dalla distribuzione
• Giorgio ha due biglietti per un concerto rock che valuta 100 euro
• Anna è una ricca ereditiera disposta ad acquistarli per 200 euro.
• l’attuale allocazione non è efficiente, se Anna acquistasse i biglietti
per 150 euro li pagherebbe 50 euro in meno di quanto li valuta,
Giorgio otterrebbe 50 euro in più di quanto valuta i biglietti.
• attraverso lo scambio il benessere totale potrebbe aumentare, si
realizzerebbe un miglioramento paretiano
• supponiamo che Giorgio sia l’erede e abbia i biglietti mentre Anna
non dispone di nulla. In questo caso l’allocazione esistente sarebbe
efficiente perché non è possibile aumentare il benessere (Anna
valuta di più i biglietti ma non può acquistarli).
• conclusione: la definizione di allocazione efficiente (ottimo
paretiano) dipende dalla distribuzione del reddito.
L’analisi costi-benefici
• Il principio di compensazione permette di confrontare la
desiderabilità di due situazioni anche quando il passaggio dall’una
all’altra favorisce alcuni e danneggia altri
• Su questo principio si fonda l’analisi costi-benefici il principale
strumento di analisi delle decisioni di politica economica
• Se una decisione del governo genera più benefici (che favoriscono
alcuni) che costi (che danneggiano altri) essa migliora il benessere
sociale
• Ciò accade perché, se i fruitori dei benefici cedessero parte di essi ai
danneggiati compensando le loro perdite e mantenessero per sé ciò
che rimane, saremmo di fronte ad un miglioramento paretiano in
base al principio di compensazione
Come si misurano benefici e costi?
• L’analisi costi-benefici valuta benefici e costi in base alle preferenze
degli individui
• I benefici equivalgono a quanto i beneficiari sono disposti a pagare
per ottenerli. Se l’investimento consiste nell’apertura di un
parcheggio a pagamento i benefici sono dati dalla spesa dei fruitori
• I costi sono rappresentati dalle risorse necessarie per il
funzionamento del parcheggio, risorse che potrebbero essere
impiegate in altro modo per esempio per la costruzione di un museo
• I costi (opportunità) possono essere quindi valutati misurando i
benefici ai quali devono rinunciare i potenziali fruitori
dell’investimento alternativo (museo). La misura dei benefici perduti
è data da quanto sarebbero disposti a pagare i fruitori del museo
Benefici e costi di un parcheggio a pagamento
• Beneficiari: coloro che usufruiscono del parcheggio
• Danneggiati: coloro che avrebbero potuto usufruire di un museo se
non fosse stato sostituito dal parcheggio
• Benefici: tariffa di parcheggio unitaria x numero di macchine
parcheggiate
• Costi: misurabili chiedendo ai potenziali frequentatori del museo
quanto sarebbero disposti a pagare per fruirne
• Se il valore monetario della spesa complessiva per i parcheggi
supera quella per la fruizione del museo la realizzazione del
parcheggio aumenta il benessere della collettività
Il memorandum di Summers
• Trasferire produzioni inquinanti dai paesi sviluppati a quelli in via di
sviluppo accresce il benessere generale?
• I costi dell’inquinamento dipendono dai redditi perduti a causa
delle malattie e della mortalità che ne derivano
• Tali redditi sono uguali ai salari percepiti, pertanto i costi in termini
di reddito perduto sono minori laddove i salari sono minori
• Trasferire produzioni inquinanti dai paesi con salari più elevati verso
paesi con salari più bassi aumenta il benessere complessivo in
quanto le perdite di reddito dovute all’aumento dell’inquinamento
nei paesi con bassi salari sono più che compensate dai guadagni
derivanti dal ridotto inquinamento nei paesi ricchi
La logica dell’argomentazione di Summers
• Gli agenti razionali nei paesi poveri sarebbero disposti ad accettare
un maggiore inquinamento in cambio di un indennizzo minore di
quello richiesto nei paesi ricchi
• Qualunque cosa gli individui preferiscano migliora il loro benessere
• Spostare l’inquinamento nei paesi poveri pagando un indennizzo
migliora il benessere di tutti
• E’ giusto adottare politiche che migliorino il benessere complessivo
• E’ giusto adottare politiche che favoriscano lo spostamento
dell’inquinamento nei paesi poveri
Il caso della Ford Pinto
• La Ford Pinto è una utilitaria che fu immessa sul mercato dalla Ford
negli anni 70
• L’auto aveva un difetto conosciuto dalla Ford: il serbatoio della
benzina poteva esplodere in caso di urto violento causando la
morte dei passeggeri
• Il problema poteva essere risolto rinforzando il serbatoio con un
costo di 11$ per auto
• La Ford effettuò un’analisi costi benefici con i seguenti risultati
Costi e benefici della messa in sicurezza
Costi
$ 11 per auto
X 12,5 milioni di auto =
___________________
$ 137 milioni
Benefici
-180 morti
x $ 200.000 +
-180 feriti
x $ 67.000 +
-Riparaz. veicoli x $
700 =
_______________________
Totale
$ 49,5 milioni
Conclusione
La messa in sicurezza avrebbe diminuito il benessere generale!
Analisi costi benefici e giudizi di valore
Molti economisti ritengono che l'analisi costi benefici sia neutrale
rispetto a giudizi di valore, ossia consenta di prendere decisioni
razionali ed efficienti sulla base di considerazioni oggettive e di fatto a
prescindere da valutazioni etiche.
Siete d'accordo?
Il welfarismo
• Qualunque giudizio morale sul benessere sociale dipende solo
dall'utilità che gli individui conseguono (welfarismo)
• Una società giusta è una società in cui è massimizzato il benessere
del più alto numero di cittadini
• Il benessere corrisponde alla soddisfazione delle preferenze
• Le preferenze si manifestano nelle decisioni relative al consumo dei
beni e possono essere misurate in termini di disponibilità a pagare
• Il benessere coincide quindi con il valore monetario dei beni che i
consumatori acquistano e consumano
• L’obiettivo delle politiche pubbliche deve quindi essere quello di
massimizzare il reddito o il consumo
• Il benessere può aumentare anche trasferendo reddito dai più
abbienti ai meno abbienti a condizione che non vengano meno gli
incentivi all’efficienza
• La visione utilitarista è fortemente conseguenzialista
La giustizia sociale secondo Rawls
• Il filosofo americano John Rawls critica l'utilitarismo in quanto
sacrifica sull'altare della massimizzazione dell'utilità sociale
complessiva i diritti delle minoranze
• Secondo Rawls: "Ogni persona possiede un'inviolabilità fondata
sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo
complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la
perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da
maggiori benefici goduti da altri " ("Una teoria della giustizia")
• L'obiettivo della giustizia distributiva deve essere inoltre quello di
compensare la sfortuna di alcuni membri della società. Alcuni
hanno la fortuna di possedere talento o di nascere in famiglie
agiate), altri sono sfortunati per motivi opposti. E’ responsabilità
della società modificare in modo più equo la distribuzione dei beni
e dei mali determinata dalla lotteria della vita.
Le regole del contratto sociale
• Rawls parte da un’idea molto semplice: chiunque debba esprimere
un giudizio sulla giustizia e il benessere sociale è necessariamente
influenzato dalla posizione che occupa nella gerarchia sociale.
Possono quindi essere formulati molti criteri diversi, tutti
ugualmente plausibili, ma condizionati e non sufficientemente
obiettivi.
• Una teoria della giustizia deve fondarsi su alcuni principi di
ragionevolezza e di equità condivisi da tutti i membri della società
per questo tali principi devono essere definiti in modo obiettivo
prescindendo dagli interessi personali e di gruppo.
• Per formulare tali criteri è necessario prescindere dalla propria
condizione sociale ed elaborare le proprie argomentazioni senza
sapere quale posizione si occuperà nella società quando quei
criteri verranno applicati.
Il velo di ignoranza
• Come argomenterebbe un individuo che, coperto da un velo di
ignoranza, non sa se sarà ricco o povero una volta stabilite le regole
di giustizia sociale?
• Secondo Rawls si preoccuperebbe soprattutto di minimizzare le
conseguenze negative derivanti dal fatto di trovarsi in una
condizione di debolezza e povertà; in altri termini, cercherebbe di
fare in modo che il cittadino più povero sia tutelato dalla società e
sia il meno povero possibile.
• Un criterio che soddisfa questa esigenza è quello del massiminimo,
secondo il quale una redistribuzione del reddito fa aumentare il
benessere sociale solo se migliora la condizione del più povero.
I principi di giustizia
Partendo da queste premesse Rawls formula due principi di giustizia
sociale:
1. principio di libertà: tutti hanno un uguale diritto a un sistema il più
esteso possibile di libertà fondamentali (personale, di pensiero, di
parola, di voto ecc.) compatibile con le stesse libertà per gli altri
2. principio di differenza: Le disuguaglianze sociali devono soddisfare
due condizioni: a) devono essere collegate a incarichi o posizioni
aperte a tutti in condizioni di uguaglianza di opportunità di
accesso; b) sono accettabili solo se contribuiscono al
miglioramento delle condizioni dei membri della società più
svantaggiati
Il principio di libertà ha priorità su quello di differenza e la prima parte
del principio di differenza ha priorità sulla seconda
I beni primari
• Il principio di differenza implica che un cambiamento della
situazione sociale costituisce un miglioramento se accresce la
dotazione di beni primari detenuti da coloro che si trovano in
condizioni più disagiate.
sono definiti
da Rawls come:
cui si presume
ogni
•I beni
Perprimari
beni primari
si intendono
le cosequelle
di cuicose
ognidiindividuo
razionale
individuo
razionale
abbia
bisogno
qualunque
il suo
di vita.
si presume
abbia
bisogno
per
condurresiauna
vitaprogramma
libera e dignitosa.
Essi sono mezzi polivalenti necessari a sviluppare la capacità di perseguire il
•bene
Secondo
Rawlsdelle
essipersone
sono ladotate
base su
cui fondare
la valutazione
e la giustizia
di valori
morali, compresi
i diritti della
e le
giustizia
sociale la libertà di scelta, le opportunità, il reddito e la ricchezza
libertà
fondamentali,
e le basi sociali dell'autostima
• Rawls distingue due tipi di beni primari:
1. beni primari sociali che includono:
a) libertà di base: di pensiero, di coscienza, di associazione, diritto
all'integrità della persona, libertà politiche
b) libertà di movimento e di scelta dell'occupazione in base a un
ventaglio di opportunità
c) il potere e le prerogative che derivano da incarichi e posizioni di
responsabilità nella società e in particolare nelle istituzioni
politiche
d) reddito e ricchezza
e) essere rispettato da gli altri ed essere quindi nelle condizioni di
avere autostima
2. beni primari naturali: intelligenza e talento, immaginazione,
salute
Condizioni di giustizia
• tutti gli individui devono avere una uguale dotazione di base dei
beni primari sociali di cui ai punti a) e b)
• tutti gli individui devono avere uguali opportunità sostanziali di
accesso agli incarichi (punto c)
• l'effettivo ottenimento delle cariche a seguito di una competizione
con uguali opportunità per tutti dipende dal talento e dall'impegno
dei singoli
• pertanto per quest'ultimo aspetto e per gli altri beni primari (d ed
e) si applica il principio di differenza: una distribuzione diseguale si
giustifica solo se contribuisce ad accrescere la dotazione di beni
primari dei più svantaggiati.
Beni primari naturali e giustizia sociale
• I beni primari naturali sono distribuiti casualmente dalla natura e
non possono essere trasferiti, pertanto una diversa dotazione da
individuo a individuo non è né giusta né ingiusta
• Rawls ritiene che le differenze di retribuzione non possano essere
determinate interamente dal merito perché il merito è influenzato
da fattori come il talento naturale o posizioni sociali che
permettono di sfruttare meglio il talento naturale
• Nessuno dovrebbe essere considerato meritevole o immeritevole in
base a fattori che sono al di fuori del suo controllo, sui quali non
può fare nulla
• Per questo motivo le disuguaglianze sociali devono avere una
giustificazione ulteriore cioè andare a vantaggio dei più disagiati
che presumibilmente sono anche coloro che hanno svantaggi nel
concretizzare i loro meriti
La distribuzione dei beni primari
beni economici: reddito, ricchezza (2° principio a)
beni sociali: prestigio, potere (2° principio a)
basi sociali dell'autostima (2° principio a)
uguaglianza di opportunità (2° principio b)
libertà e diritti fondamentali (1° principio)
svantaggiati
avvantaggiati
Il criterio del massiminimo
• il criterio del massiminimo (massimo dei minimi) prescrive che,
dovendo scegliere fra diverse alternative, la regola decisionale
consiste nel classificare prima le alternative secondo il loro peggior
risultato possibile, quindi adottare l'alternativa il cui peggior
risultato è superiore ai peggiori risultati delle altre.
Principio del massiminimo
Società
Rossi
Azzurri
Verdi
Reddito
medio
A
100
100
100
100
B
150
100
50
100
C
600
600
99
433
D
1096
102
101
433
Il principio di differenza non implica necessariamente una distribuzione
ugualitaria. La società D è più giusta di A perché i più svantaggiati (Verdi)
stanno meglio pur essendo la distribuzione del reddito molto più disuguale
Implicazioni distributive della teoria di Rawls
• Focalizzando l’attenzione sui più disagiati la teoria di Rawls presenta
aspetti ugualitari ma assai più sotto il profilo delle opportunità che
dei risultati con qualche correzione in termini dei secondi
• Rawls ritiene giusto uguagliare le opportunità di accesso
all'istruzione, scoraggiare l'accumulazione di fortune ereditarie e
ridurre l'influenza della ricchezza nelle decisioni politiche
• Ma sostiene che si dovrebbe ricorrere il meno possibile a politiche
redistributive attraverso la tassazione
• La diseguaglianza nei risultati si giustifica perché l'impegno, la
capacità di intrapresa, l'assunzione del rischio e lo stesso talento
naturale devono essere remunerati e incentivati in quanto possono
andare a beneficio anche dei più svantaggiati
La distribuzione giusta secondo Rawls e gli utilitaristi
Distribuzione
egualitaria
A
Distribuzione giusta
secondo il principio di
differenza
Punto di massima
utilità totale
D
A1
A2
A1
C
R E
U
45°
B2
B1 B2
B1
L
B
A
A2
C
Punto di massima
utilità totale
E
D
A1
U
-45°
B2 B3
B1
L
B
La critica di Harsanyi
Harsanyi difende l’utilitarismo sostenendo che il criterio del
massiminimo può condurre ad esiti paradossali
l’aereo precipita
l’aereo arriva a destinazione
Cagliari
lavoro pessimo ma vivi
lavoro pessimo ma vivi
New York
lavoro ottimo ma morti
lavoro ottimo e vivi
Il libertarismo e lo stato minimo
• Il filosofo americano R. Nozick afferma che una certa distribuzione dei
beni è giusta se è il risultato di un libero scambio partendo da una
situazione giusta, anche se il processo è all’origine di disuguaglianze
• non si può definire uno stato delle cose come giusto o ingiusto
osservandolo al momento attuale, occorre capire come si è venuto a
creare. Ciò che conta è soltanto la legittimità delle azioni che hanno
condotto a quello stato.
• La legittimità si basa su tre principi fondamentali:
• Principio di giustizia nell’acquisizione: legittimità dell’acquisizione
originaria dei beni
• Principio di giustizia nel trasferimento: legittimità dei modi in cui i
beni sono trasferiti dall’uno all’altro
• Principio di rettifica delle ingiustizie passate
La definizione di ciò che è giusto o ingiusto è esclusivamente
procedurale e storica
• Se tali principi sono stati rispettati il diritto di proprietà è
inviolabile e costituisce un fondamento essenziale della libertà
individuale. Il rispetto della libertà individuale è preminente rispetto
a qualunque altra cosa.
• Il libero mercato, inteso come luogo in cui gli individui
interagiscono liberamente, è la migliore forma di organizzazione
economica in quanto rispetta i diritti fondamentali di libertà
individuale genera opportunità e crea benefici economici.
• Esso può dar luogo a forti differenze nei risultati finali ma non è per
questo ingiusto.
• Qualunque intervento volto a perseguire l’uguaglianza distributiva
(es. tassazione), se viola diritti di proprietà legittimamente acquisiti,
distrugge la libertà ed è non solo ingiusto ma anche dannoso
perché riduce gli incentivi a comportamenti efficienti
• Per questi motivi i libertari sono fortemente critici nei confronti del
Welfare State
Mercato e merito
• La ricchezza ottenuta attraverso il gioco del mercato è legittima
anche perché rispecchia i meriti, le capacità e i talenti individuali.
Secondo i libertari i meccanismi di mercato fanno sì che gli individui
ottengano esattamente ciò che meritano
• Secondo la teoria della produttività marginale, in un mercato
concorrenziale, ogni fattore di produzione è pagato in misura
uguale al suo prodotto marginale ossia al contributo che fornisce
alla produzione. Se le imprese massimizzano i profitti allora i
lavoratori ricevono un salario uguale al prodotto marginale
Individui e società
• Rifacendosi all’imperativo categorico kantiano secondo cui gli
individui devono essere considerati come fini e non come mezzi,
Nozick sostiene che: «Non si può sacrificarli o usarli per conseguire
altri fini senza il loro consenso. Gli individui sono inviolabili»
• non si possono infrangere i diritti di alcune persone anche se così
facendo si ottiene un bene sociale maggiore, perché la categoria
entità sociale non esiste: vi sono solo individui, ciascuno distinto
dall’altro.
• questo non impedisce che si possa perseguire un benessere sociale
maggiore ma ciò può avvenire soltanto nell'assoluto rispetto dei
diritti inviolabili dell'individuo
• Il pensiero di Nozick è fortemente deontologico e anti
conseguenzialista, anti utilitarista e anti Rawlsiano.
Il ruolo dello stato
• Il ruolo dello Stato deve essere limitato:
1) alla protezione delle libertà individuali
2) al mantenimento della legge e dell’ordine
3) ad assicurare il rispetto dei contratti
• lo Stato deve essere minimo sul piano delle funzioni e degli
interventi nella società
• Non c’è spazio per il ruolo ridistribuivo
• Le tasse si giustificano solo se sono il prezzo di questi servizi o se
sono volontariamente accettate da chi le subisce, altrimenti sono
un furto ed una forma di schiavitù
Una critica conseguenzialista al libertarismo
• Sen nella sua analisi delle carestie sostiene che la maggior parte di
esse è dovuta non a scarsità effettiva di cibo ma, piuttosto a
meccanismi di mercato di allocazione delle risorse, in particolare
aumenti dei prezzi dei beni agricoli
• Per esempio la grande carestia che ha colpito l’Asia meridionale
nella 2a guerra mondiale nacque dal fatto che lo sforzo bellico
provocò un aumento della domanda di cibo per i soldati facendone
aumentare i prezzi. Il cibo veniva quindi esportato dalle regioni
produttrici lasciando le popolazioni locali in una situazione di
carestia.
• Sen si chiede se i diritti di proprietà possano avere un’assoluta
priorità sulla vita e la morte di milioni di persone
L’approccio delle capacità di Sen
• L’approccio utilitarista pone una forte enfasi sulla massimizzazione
dell’utilità individuale e sociale, il benessere sociale è pressoché
identificato con il consumo di beni e servizi
• Trascura la dimensione dei diritti considerandoli solo come un
mezzo in funzione della massimizzazione del benessere totale
• Le teorie libertarie enfatizzano l’importanza dei diritti individuali, in
particolare quello di proprietà, ma rifiutano qualunque concetto di
giustizia sociale che comporti una loro violazione sia pur minima
• Sen propone di andare oltre con un approccio che, pur
mantenendo un impianto conseguenzialista, presta particolare
attenzione ai diritti di libertà e, soprattutto, alle effettive
opportunità di esercitarli come precondizioni necessarie per il
perseguimento di un’idea di benessere o qualità della vita più
ampia rispetto al puro consumo di beni
I criteri di giudizio del benessere
• Sen ammette l’importanza dei beni materiali nella valutazione del
benessere e, in particolare, dei beni primari di Rawls ma ritiene che:
• i criteri di giustizia appropriati non sono né quello delle utilità
(come sostengono gli utilitaristi) né quello dei beni primari (come
afferma Rawls), né quello delle libertà negative (libertà da vincoli
come sostengono i libertari) ma quello delle libertà sostanziali, o
capacità, di scegliersi e vivere una vita a cui si attribuisce valore
(libertà positive)
• i beni (anche quelli primari) sono solo un mezzo per il
raggiungimento del benessere. E' necessario spostare l’attenzione
dai mezzi o risorse ai risultati effettivi perché questi ultimi possono
essere diversi a parità di mezzi
• In comune con Rawls, Sen rifiuta l'idea che il benessere possa essere
identificato con la soddisfazione delle preferenze intese come puri
stati mentali perché le preferenze possono non riflettere
correttamente i desideri e le aspirazioni
• spesso gli individui adattano le loro preferenze al contesto in cui
vivono (preferenze adattive) al fine di evitare frustrazioni o
delusioni
• Il benessere deve avere un fondamento oggettivo, collettivamente
riconoscibile come misura del bene
• Il benessere non dipende dal possesso di beni, o dall’utilità che ne
deriva, ma da cosa l’individuo riesce a fare con essi date le proprie
caratteristiche, quelle dei beni o risorse di cui dispone e le
circostanze esterne.
Capacità e funzionamenti
• L'idea centrale è che l'obiettivo dello sviluppo è migliorare la vita
umana e ciò significa ampliare la gamma di cose che una persona
può fare o essere (ad esempio essere sano e ben nutrito, essere
informato, partecipare alla vita di una comunità). Da questo punto
di vista, lo sviluppo è la rimozione degli ostacoli a tutto ciò che una
persona può fare nella vita, come analfabetismo, cattiva salute,
mancato accesso alle risorse o mancanza di libertà civili e politiche.
• Sen definisce capacità (capabilities) le effettive opportunità che gli
individui hanno di essere e di fare ciò a cui attribuiscono valore per
valide ragioni
• Le opportunità disponibili consentono di ottenere realizzazioni o
risultati concreti (come essere in buone condizioni di salute, avere un
buon grado di istruzione, essere rispettati ecc.) che Sen chiama
funzionamenti (functionings)
• Il funzionamento è il raggiungimento concreto di una certa
condizione di essere e di fare e, come tale, è una misura importante
del benessere di una persona
• Sen sottolinea però che più importante è la libertà di fare ciò che è
necessario per raggiungere quella condizione. Questa libertà positiva
si identifica con la capacità di essere e di fare
• Una società giusta deve garantire a tutti uguali capacità, i risultati
ottenuti (funzionamenti) dipenderanno dalle scelte di cui ciascuno è
pienamente responsabile
• La distinzione fra funzionamenti e capacità è esattamente quella fra
la condizione che si è concretamente raggiunta e quella che si ha
effettivamente la possibilità di raggiungere, ossia fra risultati effettivi
e libertà (nel senso di opportunità) di conseguirli
• Capacità e funzionamenti si differenziano dalle preferenze, perché
riflettono non i desideri soggettivi degli individui ma il benessere
come costituito da componenti socialmente condivise e sostanziali.
I fattori di conversione
• La relazione fra beni/risorse e capacità/funzionamenti è influenzata
da fattori di conversione che condizionano il modo in cui gli individui
possono trasformare beni e risorse in capacità e funzionamenti. Si
possono classificare in tre categorie:
• personali (condizioni fisiche e di salute, sesso, intelligenza ecc.)
• sociali (politiche pubbliche, norme sociali, pratiche discriminatorie,
relazioni di potere)
• ambientali (clima, localizzazione geografica)
• I fattori di conversione sono diversi da individuo a individuo e a
seconda delle situazioni sociali
Per questi motivi i beni e il reddito, che ne misura il valore monetario,
non sono una misura corretta del benessere
Beni primari e capacità
• Sen critica il concetto di beni primari di Rawls come criterio di
misura di una base essenziale di giustizia perché non tiene conto
adeguatamente delle differenze fra gli individui
• la stessa dotazione di beni primari non necessariamente permette
di ottenere gli stessi risultati in termini di funzionamenti se i fattori
di conversione operano in modo diverso da individuo a individuo
• per esempio una persona disabile non ha titolo a ricevere una
dotazione compensativa di beni primari nella concezione di Rawls
anche se ha meno possibilità di ottenere risultati a partire da essa
rispetto a individui normali
• Sen ritiene pertanto che il criterio adeguato di misurazione della
giustizia siano le capacità e non i beni primari. Una teoria della
giustizia deve avere come fine quello di rendere uguali le capacità,
le opportunità dei soggetti, non semplicemente quello di attribuire
a ciascuno uguali risorse.
Beni e risorse disponibili
Fattori di conversione
Capacità o funzionamenti potenziali
Scelte individuali
Funzionamenti conseguiti
Quali capacità sono fondamentali?
Le capacità sono innumerevoli quali di esse sono veramente essenziali
per garantire il benessere e la libertà degli individui? Quali hanno priorità
in presenza di risorse scarse?
Martha Nussbaum ha stilato il seguente elenco:
1. Vita: essere capaci di vivere fino alla fine una vita normale e di una durata
normale;
2. Salute fisica: essere capaci di avere una buona salute, un adeguato
nutrimento e riparo;
3. Integrità fisica: avere la possibilità di libera circolazione, di considerare il
proprio corpo inviolabile da nessun tipo di violenza e di scegliere e godere della
propria sessualità;
4. Sensi, immaginazione e pensieri: aver la possibilità di usare i propri sensi per
immaginare pensare e ragionare in modo “veramente umano” sulla base di una
istruzione adeguata e delle esperienze che si sarà liberi di fare;
5. Emozioni: essere capaci di provare attaccamento verso le cose e le persone al
di fuori di noi stessi;
Le capacità fondamentali della Nussbaum
6. Ragione pratica: essere capaci di formarsi un'idea di ciò che è giusto o
sbagliato e riflettere criticamente sulla pianificazione della propria vita;
7. Appartenenza: a) poter vivere con gli altri e per gli altri serenamente, b)
avere le basi del rispetto di se stessi;
8. Altre specie: essere capaci di vivere non solo con gli essere umani ma
anche in sintonia con vegetali ed animali;
9. Gioco: essere capaci di ridere, giocare, divertirsi, e godere di attività
ricreative;
10. Controllo del proprio ambiente:
a) politico: aver diritto e possibilità di partecipazione alla vita politica della
propria comunità.
b) Materiale: aver diritto al possesso e a godere dei diritti di proprietà.
Valutare le politiche pubbliche
•
•
•
•
•
Le politiche pubbliche devono essere valutate in base al loro impatto sulle
capacità dei cittadini e non alla quantità di beni che permettono di produrre
o alla loro distribuzione. Le domande da porsi nella valutazione sono:
Migliorano la salute delle persone? Mettono a disposizione le risorse
necessarie (acqua pulita, l'accesso a servizi sanitari, protezione da infezioni,
conoscenze mediche)
Garantiscono un livello di nutrizione sufficiente alla popolazione, permettono
l’accesso a una formazione di alta qualità, alla partecipazione politica reale,
alle attività comunitarie ecc...
Per alcuni funzionamenti, l'input principale sono beni e risorse finanziarie,
per altri possono essere pratiche politiche, come garantire la tutela della
libertà di pensiero, religione o partecipazione politica o pratiche sociali o
culturali, strutture sociali, istituzioni sociali, beni pubblici, norme sociali
I beni e le risorse finanziarie sono mezzi o input per il raggiungimento di
capacità e funzionamenti che sono i veri fini delle politiche pubbliche
Due concetti di povertà
• Approccio utilitaristico: il benessere è misurato sulla base del
consumo totale valutato in termini monetari e la povertà è definita
come il fatto di avere un reddito inferiore ad un livello minimo che è
chiamato linea della povertà
• Approccio delle capacità: la povertà è un concetto multidimensionale,
il reddito è solo una delle dimensioni possibili della povertà. La
povertà è essenzialmente mancanza di capacità di base. Il possesso
di beni, o l’utilità che da essi deriva, non forniscono ad un individuo il
benessere. Piuttosto esso dipende da cosa l’individuo riesce a fare
con questi beni date le caratteristiche individuali e intrinseche ai beni
stessi, le opportunità che ha a disposizione e le circostanze esterne in
cui si trova a operare.
La valutazione del benessere
• L’approccio delle capacità richiede nuovi e diversi modi di misurare
e valutare il benessere che vadano oltre le misure fondate sul
reddito usate dagli utilitaristi.
• L’uso del reddito esclude informazioni non utilitarie come, per
esempio, le esigenze aggiuntive di individui soggetti a limitazioni
fisiche, oppure giudizi morali come il principio deontologico di
pagare lo stesso salario a uomini e donne.
• Le critiche rivolte al reddito come misura del benessere hanno
spinto alla ricerca di misure alternative
L’indice di sviluppo umano
Ispirandosi all’approccio delle capacità l’O.N.U. ha costruito una misura
del benessere denominata Indice di Sviluppo Umano o ISU (Human
Development Index o HDI) che include, oltre al reddito, fattori come
aspettative di vita e livelli di istruzione ed è calcolato come media
aritmetica di tre indici:
- indice di aspettativa di vita
- indice di istruzione
- indice del PIL
HDI e PIL descrivono quadri diversi
Vietnam
Bolivia
Gibuti
Angola
Angola
Vietnam
Bolivia
Gibuti
HDI
PIL
0,377
0,688
0,672
0,462
2000 $
2000 $
2300 $
2300 $
I paradossi dell’India
I ricchi sono più felici dei poveri?
La commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi
• Recentemente il presidente francese Sarkozy ha nominato una
commissione di lavoro presieduta da J. Stiglitz di cui fanno parte 5
premi Nobel per l’economia al fine di formulare raccomandazioni
utili alla costruzione di nuove misure del benessere. Le
raccomandazioni sono sintetizzabili nelle seguenti:
- invece che concentrarsi sul PIL, si deve privilegiare la misura del
benessere delle persone
- non esiste una misura singola che possa dar conto di tutte le varie
dimensioni del benessere
- non potendo avere un unico indicatore, ci si deve concentrare sulle
dimensioni rilevanti per il benessere degli individui
• Le più importanti sono otto: lo stato psicofisico delle persone, la
conoscenza e la capacità di comprendere il mondo in cui viviamo, il
lavoro, il benessere materiale, l’ambiente, i rapporti interpersonali e
la partecipazione alla vita della società.
• Bisogna guardare alla distribuzione di tutte le dimensioni del
benessere (equità)
• la sostenibilità non è solamente un fenomeno ambientale, ma
comprende elementi di carattere economico e sociale e può essere
misurata solamente guardando agli stock di capitale che la
generazione attuale lascia in dote a quelle successive (stock di
capitale prodotto, di capitale naturale, di capitale sociale e di
capitale umano)
Genuine progress indicator (GPI)
• Misura l’aumento del PIL nel tempo con una serie di aggiustamenti
• aggiunge: il contributo economico stimato di tutti i servizi familiari
gratuiti e del volontariato
• sottrae: le spese dovute all'inquinamento, danni ambientali,
riduzione delle risorse non rinnovabili, disoccupazione, criminalità,
attività militari
• tiene conto: dell'equità distributiva, delle infrastrutture, della
disponibilità di tempo libero
PIL e GPI negli USA
35000
30000
PIL
25000
20000
15000
GPI: Genuine Progress Indicator
10000
5000
1950
55
60
65
70
75
80
85
90
95
00
Possiamo fare a meno del PIL?
• Pur con tutti i suoi limiti il PIL rimane un concetto utile e una
misura, sia pure parziale, del benessere di cui non possiamo fare a
meno per diversi motivi:
• In primo luogo è indubbiamente un indicatore abbastanza
esauriente di una dimensione importante del benessere, quella
economica
• Da una misura delle capacità di spesa in alcuni settori importanti
per il benessere come l'istruzione, la sanità
Ricapitolando
• Utilitaristi: la giustizia consiste nella massima soddisfazione della somma
delle preferenze individuali; il giudizio sulla soddisfazione delle preferenze è
assolutamente soggettivo e individuale, il consumatore è sovrano ovvero
unico giudice del proprio benessere (concezione edonistica)
• Rawls: la giustizia deve essere definita in base a criteri oggettivi; è giusta una
società che distribuisce in modo uguale i beni primari sociali; qualunque
disuguaglianza è giustificata solo se avvantaggia i più disagiati
• Libertari: la giustizia è un concetto procedurale, è giusta una società in cui
ciascuno ha acquisito la propria ricchezza in modo legittimo rispettando le
regole vigenti; la distribuzione della ricchezza non ha importanza
• Approccio delle capacità: una società giusta offre a tutti le stesse opportunità
in termini di capacità intese come possibilità di ottenere ciò a cui
attribuiscono valore; il benessere non può essere valutato in termini di
soddisfazione di preferenze soggettive (utilità) ma in base a risultati
oggettivamente definiti
Quali implicazioni per il ruolo dello Stato?
• Utilitaristi
- Lo stato è legittimato ad intervenire solo se le sue azioni
accrescono l'efficienza e il benessere sociale
- Il benessere consiste nella soddisfazione delle preferenze, lo Stato
non può sostituirsi ai cittadini stabilendo paternalisticamente
quali preferenze devono avere priorità.
- può intervenire per correggere le imperfezioni del mercato
(monopolio, esternalità, beni pubblici ecc.)
- Non condannano a priori qualunque politica ridistributiva, anzi la
ritengono corretta se aumenta il benessere totale, ma questo può
accadere solo se la ridistribuzione non riduce gli incentivi a
comportamenti efficienti.
- La ridistribuzione non è invocata in nome di diritti e principi di
equità ma solo in quanto aumenta l’efficienza e il benessere
totale.
- Nella versione paretiana qualunque azione che generi benefici per
alcuni e danneggi altri non sarebbe valutabile, tuttavia in base al
principio di compensazione si può affermare che un'azione
pubblica è giusta se genera benefici superiori ai costi
- Lo strumento di valutazione della correttezza delle decisioni
pubbliche è l'analisi costi-benefici
• Libertari
- I diritti di proprietà sono inviolabili. Il mercato, in quanto luogo in
cui si esprimono libere scelte, conduce ad esiti giusti oltreché
efficienti.
- Lo stato deve avere funzioni minime di tutela della libertà e della
proprietà
- Qualunque tassazione a fini ridistributivi è ingiustificata a meno
che non abbia il consenso di coloro che la subiscono
• Liberal-democratici (Rawls)
- L'obiettivo dell'azione pubblica non può essere la massimizzazione
del benessere del maggior numero di cittadini perché questo
potrebbe violare i diritti di libertà delle minoranze
- L'equità è un aspetto essenziale della giustizia sociale (per gli
utilitaristi è solo un sottoprodotto, per i libertari non lo è affatto)
- I meccanismi di mercato danno luogo ad esiti ingiusti perché le
condizioni di partenza e le opportunità non sono uguali.
- L'equità si misura in termini di beni primari sociali
- Anche in caso di pari opportunità è necessario tener conto che
alcuni sono ingiustamente svantaggiati perché meno
naturalmente dotati
- Lo Stato ha un ruolo fondamentale nel giustificare eticamente la
disuguaglianza agendo in modo da far sì che quest'ultima vada a
beneficio dei più disagiati.
- Lo Stato deve garantire una effettiva parità di accesso al sistema
educativo per persone con simili capacità e motivazioni
- Deve assicurare pari opportunità iniziali nelle attività economiche
e nella scelta dell’occupazione
- Deve garantire un minimo sociale alle famiglie più bisognose
attraverso un sistema di servizi sociali o di sussidi al reddito
- Al fine di perseguire questi obiettivi sono giustificate politiche
ridistributive mediante la tassazione, tenendo conto della
necessità di non compromettere le motivazioni all'iniziativa
imprenditoriale e la remunerazione del merito
- In generale e politiche sociali dovrebbero mirare ad accrescere la
dotazione di beni primari sociali dei più disagiati piuttosto che
accrescerne direttamente il reddito. Il reddito rimane un aspetto
importante ma solo nella misura in cui condiziona la disponibilità
di beni primari sociali
• Liberal-democratici (Sen)
- Il benessere non può essere ridotto alla soddisfazione delle
preferenze soggettive perché non corrispondono ai reali desideri
delle persone (preferenze adattive)
- Il benessere è un concetto multidimensionale di cui il consumo di
beni è solo un aspetto
- Vi deve essere una concezione socialmente condivisa del
benessere sociale che va al di là delle preferenze individuali
- Il benessere si misura in termini di capacità e funzionamenti, ciò
che conta sono le opportunità effettive di realizzare la vita che si
desidera
- Non è sufficiente per garantire equità che le risorse siano
distribuite equamente perché individui diversi hanno diverse
possibilità di sfruttarle (fattori di conversione)
- Le politiche pubbliche devono essere valutate in base al loro
impatto sulle capacità dei cittadini e non solo alla quantità di beni
che permettono di produrre o alla loro distribuzione
- Lo Stato deve intervenire attraverso la tassazione e i servizi sociali
per correggere le iniquità nella distribuzione delle capacità e
assicurare un'equa distribuzione di capacità di base
- In alcuni casi gli input necessari per conseguire questi obiettivi
sono risorse materiali, in altri sono strutture e norme sociali o
istituzioni capaci di garantire la partecipazione politica, di tutelare
la libertà
- In questo quadro la povertà non è definibile come scarsità di beni
ma come mancanza di capacità
Giustificazioni dell’intervento dello stato
Libertari
• politiche keynesiane di stabilizzazione: contrari perché fanno uso
della tassazione
• Welfare State: contrari perché violano i diritti di proprietà
Utilitaristi
• politiche keynesiane di stabilizzazione: favorevoli solo se accrescono
l'utilità totale
• Welfare State: in linea di massima contrari perché riducono gli
incentivi all'efficienza; moderatamente favorevoli ad alcune forme
di intervento che aumentano l'utilità totale
Rawls
• politiche keynesiane di stabilizzazione: favorevole se favoriscono la
crescita e migliorano le condizioni dei più disagiati
• Welfare State: favorevole perché accresce la dotazione di beni
primari sociali dei più disagiati
Approccio delle capacità
• politiche keynesiane di stabilizzazione: favorevoli
• Welfare State: favorevoli ma le politiche sociali non vanno intese
come una pura redistribuzione di risorse il focus deve spostarsi in
direzione delle capacità con una visione multidimensionale dei
problemi da affrontare
Le politiche per il welfare
Ambiti di intervento dello Stato
Possiamo distinguere tre ambiti di intervento dello Stato
nell’economia:
• Politiche macroeconomiche: hanno come obiettivo quello di
garantire la piena occupazione, massimizzare la crescita economica
e contenere l’inflazione
• Politiche microeconomiche: si propongono di regolare i mercati al
fine di mantenere un certo grado di concorrenza e correggere alcuni
fallimenti del mercato
• Politiche sociali: si propongono fini ridistributivi mirando a
garantire a tutti i cittadini condizioni di vita adeguate e a correggere
le iniquità generate dall’economia di mercato
Nei primi due casi l’obiettivo fondamentale è quello di accrescere
l’efficienza, nel terzo quello di ristabilire condizioni di equità
distributiva e correggere alcuni difetti di funzionamento del mercato
Giustificazioni economiche delle politiche sociali
• Sarebbe errato tuttavia pensare che lo stato sociale si fondi
unicamente su principi di equità. In molti casi esistono ragioni
economiche ben precise a giustificazione delle politiche sociali. Ciò
accade ogniqualvolta si manifestano fallimenti del mercato sotto
forma di esternalità o difetti di informazione che causano inefficienza
nell’allocazione delle risorse.
• Da qui la necessità di specifiche politiche volte ad attenuare e
correggere le conseguenze indesiderabili dell’attività economica anche
quando i mercati funzionano in modo apparentemente efficiente.
• Tali politiche possono assumere varie forme: dalla tutela del lavoro
alla previdenza e assistenza alle persone in condizioni disagiate, dalla
sanità all’istruzione.
• Questi problemi sono molto frequenti pertanto, anche fra gli
economisti, il dibattito sui limiti dello Stato sociale è molto acceso.
Nascita e motivazioni del Welfare State
• Il Welfare State si è affermato, sia pure con forme e intensità diverse, in
quasi tutti i paesi industrializzati a partire dalla seconda metà del secolo
XIX quando, soprattutto per iniziativa dei lavoratori e delle loro
organizzazioni, comincia a porsi il problema della tutela di alcuni diritti e
bisogni.
• Esso nasce nel momento in cui alcuni rischi, a cui può andare incontro un
individuo o una famiglia, vengono riconosciuti come rischi sociali. Il rischio
principale è la perdita del posto di lavoro, tanto che i sistemi di Welfare si
sono sviluppati soprattutto a partire dalla grande depressione degli anni
’30 con l’introduzione del sussidio di disoccupazione.
• Successivamente, con la crescita del reddito e i mutamenti delle ideologie
politiche in direzione di una maggiore equità sociale e solidarismo, le
forme di tutela si sono ampliate e sono state estese al di là del gruppo dei
lavoratori dipendenti, fino a diventare una delle componenti principali
della spesa pubblica degli stati contemporanei.
Modelli di Welfare State
Due sistemi fondamentali:
1) sistema universalistico
2) sistema occupazionale
All’interno di queste due forme generali possiamo
distinguere tre modelli principali e una variante:
a) socialdemocratico
b) corporativo
c) liberale
d) mediterraneo (variante del modello corporativo)
Modello socialdemocratico
• Il modello socialdemocratico (o scandinavo) riflette i valori delle
ideologie socialdemocratiche e si caratterizza per:
• l’universalismo, per cui i programmi di spesa sociale sono concepiti
come diritti del cittadino ed estesi a tutti
• il preponderante intervento pubblico, con una elevata offerta di
servizi nel campo della salute e in quello della cura dei figli e degli
anziani
• il prevalere di una idea di equità che prescinde da eventuali
responsabilità dei cittadini nel determinare il loro stato di bisogno
• il finanziamento della spesa sociale prevalentemente mediante le
imposte generali.
I modelli corporativo e liberale
• Il modello corporativo, tipicamente tedesco ma presente anche in
Francia, rimane più collegato al mondo del lavoro. Il titolare dei diritti
è il cittadino in quanto lavoratore. I programmi di spesa sono più
frammentati e differenziati per categorie sociali, con particolari
privilegi per i dipendenti pubblici. Il finanziamento della spesa ha una
base fondamentalmente contributiva.
• Il modello liberale, prevalente nel mondo anglo-sassone, parte da
una visione più restrittiva del concetto di equità che limita la tutela a
forme molto gravi di disagio sociale come la povertà estrema, e
condiziona l’erogazione dei sussidi alla preventiva verifica delle
condizioni di bisogno e dei mezzi di cui il beneficiario dispone. Inoltre
considera favorevolmente e incentiva forme private di previdenza e
assistenza. Le modalità di finanziamento sono miste, in parte
mediante il prelievo fiscale in parte mediante contributi sociali.
Il modello mediterraneo
• Alcuni studiosi hanno individuato un quarto modello: quello
mediterraneo che rappresenta una variante del modello
corporativo, cui somiglia soprattutto sotto il profilo della
frammentazione dei programmi, ma dal quale si discosta per una
minore pervasività dell’intervento pubblico e un ruolo più rilevante
della famiglia come ammortizzatore sociale.
• Manca una adeguata rete di protezione minima di base (i sussidi di
disoccupazione non sono estesi a tutti e le politiche di assistenza
hanno un’estensione limitata).
• Si caratterizzano per un sistema sanitario di tipo universalistico
• mercati del lavoro caratterizzati da estesa “economia sommersa”
• modello di famiglia solidaristico, incline a funzionare come
“ammortizzatore sociale" che spesso sostituisce lo stato
• trasferimenti di reddito (pensioni, sussidi, indennità
disoccupazione) molto generosi per le categorie centrali del
mercato del lavoro e modesto per quelle periferiche, che porta a
creare un sistema di protezione dualistico e polarizzato
• il divario di protezione fra le categorie occupazionali è elevato e
divide la popolazione in garantiti (dipendenti pubblici e grandi
imprese), semi garantiti (lavoratori atipici, autonomi, piccole
imprese, edilizia e agricoltura) e non garantiti (lavoratori della
economia sommersa)
• bassa capacità di attenuare le differenze sociali.
Ragioni economiche delle politiche sociali
• Le politiche sociali non si fondano sulle teorie dell’economia del
benessere. Nella maggioranza dei casi le prestazioni offerte dallo
Stato sociale non sono beni pubblici, e potrebbero essere forniti
dal mercato.
• Una giustificazione dell’intervento pubblico è che, per alcuni beni, i
cittadini non sono in grado di prendere decisioni razionali. Lo Stato
quindi si sovrappone alle preferenze dei cittadini e, secondo una
logica paternalistica, decide quale sia il modo migliore per
soddisfarle.
• I beni di questo tipo sono denominati beni di merito.
Conseguenze dell’informazione imperfetta
• La difficoltà di decidere razionalmente il consumo di tali beni si
spiega con il fatto che i cittadini dispongono di informazioni limitate
o distorte circa le loro caratteristiche. L’insufficienza o l’asimmetria
dell’informazione (con quest’ultima si intende il fatto che, fra due
contraenti, uno è più informato dell’altro) può dare luogo a
distorsioni che non solo riducono il benessere dei cittadini ma
anche l’efficienza del mercato.
• Possiamo distinguere due casi:
a)quando il problema informativo si manifesta prima che una
transazione sia effettuata, tende a verificarsi una distorsione
denominata selezione avversa;
b)quando esso si manifesta dopo che sono stati concordati i termini
di una transazione, si parla di azzardo o rischio morale
Selezione avversa
• Il fenomeno della selezione avversa si ha quando i beni di qualità superiore
escono dal mercato e restano solo quelli di qualità inferiore.
• Esempio: mercato delle auto usate
• i venditori conoscono meglio dei compratori le caratteristiche delle
automobili che sono di qualità diversa: alcune più affidabili, altre più logorate.
• I compratori non sono in grado di distinguerle, non saranno quindi disposti a
pagare prezzi differenziati. Il prezzo sarà quindi unico e pari a una media del
valore attribuibile a ciascuna auto
• A questo prezzo i venditori di auto di qualità superiore non hanno
convenienza a vendere (perché il valore supera il prezzo) ed escono dal
mercato. Il contrario accade per i venditori che sanno di avere un’auto di
valore inferiore al prezzo.
• I compratori sanno che questo fenomeno si verifica e molti di loro
decideranno di non acquistare “bidoni” (auto di bassa qualità). In questo
modo le transazioni potrebbero annullarsi e il mercato scomparire.
Azzardo morale
• L’azzardo morale è un comportamento distorto originato dal fatto che
un contraente (denominato principale) non è in grado di controllare il
comportamento dell’altro (agente). Il contraente non controllabile ha
interesse a comportarsi in modo opportunistico
• Rapporto di lavoro: Il lavoratore a salario fisso può avere convenienza
a lavorare meno se il suo comportamento non è controllabile
• Contratti assicurativi: un individuo che ha stipulato un’assicurazione
antincendio può non prendere tutte le precauzioni necessarie per
evitare che l’incendio si verifichi, poiché sa che il danno è
indennizzato dall’assicurazione
• In entrambi i casi il prezzo risulta distorto e l’equilibrio di mercato
non è ottimale. Il datore di lavoro paga un salario uguale alla media
del rendimento dei lavoratori, ma pagherebbe di più un lavoratore
efficiente e meno uno inefficiente. L’assicurazione fa pagare un
premio più alto per coprire il rischio di comportamenti opportunistici
Effetti sul mercato
• La conseguenza è che la presenza di azzardo morale produce effetti
di selezione avversa
• Nel mercato assicurativo il premio troppo alto scoraggia
dall’assicurarsi coloro che hanno meno probabilità di avere
incidenti.
• I peggiori clienti si assicurano, i migliori escono dal mercato.
• Il costo medio di assicurazione cresce perché la probabilità di eventi
dannosi aumenta, l’assicurazione deve aumentare il premio
• Il fenomeno di selezione avversa può accentuarsi fino a far
scomparire il mercato
Motivazioni delle politiche sociali
• Laddove esistono problemi informativi per cui i consumatori non sono
in grado di valutare correttamente il valore, la qualità e gli effetti dei beni
che consumano, l’intervento dello stato migliora il funzionamento del
mercato e ne corregge i limiti
• Nell’ambito delle politiche sociali questo problema è particolarmente
rilevante per la previdenza, la sanità e l’istruzione
• Il mercato soddisfa le preferenze in quanto si esprimono in una
domanda pagante (disponibilità a pagare un prezzo), gli altri bisogni non
hanno voce e rimangono insoddisfatti
• In un’ottica utilitaristica tali preferenze non avrebbero rilevanza nel
calcolo del benessere perché inespresse
• Per soddisfarle è necessario considerarle come diritti che devono essere
riconosciuti indipendentemente da considerazioni di efficienza
Le critiche al Welfare State
• Negli ultimi decenni la spesa sociale è stata oggetto di forti critiche per
ragioni di principio e motivi di efficienza
• le critiche di principio, di matrice liberista e libertaria, negano la
legittimità delle politiche sociali e redistributive in quanto violano la
libertà individuale. La redistribuzione del reddito è legittima solo se
gode del consenso esplicito di chi subisce un danno.
• I critici in nome dell'efficienza sostengono che la crescita economica è
più importante delle politiche sociali al fine di aumentare il benessere
dei cittadini.
• La crescita dipende dalla protezione dei diritti di proprietà e dal
funzionamento efficiente del mercato, grazie a una corretta struttura
degli incentivi. Le politiche sociali provocano distorsioni, riducendo gli
incentivi individuali a sforzarsi di migliorare la propria condizione. Esse
favoriscono atteggiamenti di dipendenza e, in definitiva, intrappolano
la popolazione povera nel suo stato di povertà.
Ricchi
A
B
C
Y1
Y2
Poveri
• La spesa sociale ha provocato un forte aumento del debito pubblico
che si ripercuote negativamente sulla crescita economica in quanto,
per finanziarlo, il governo è costretto a pagare tassi di interesse
elevati scoraggiando gli investimenti produttivi (crowding out)
• La lievitazione della spesa sociale dipende da distorsioni presenti
nelle scelte pubbliche in particolare della classe politica. I benefici
del welfare sono tangibili (es. pensioni a favore di certi gruppi sociali)
mentre i costi sono meno visibili, e facilmente occultabili, questo
crea una spinta ad aumentare la spesa.
• I politici, il cui obiettivo è farsi rieleggere, hanno interesse ad elargire
risorse con modalità clientelari che garantiscono un ritorno
elettorale
• Dal lato dei costi invece il finanziamento avviene solo in parte
mediante il prelievo fiscale (che ha un costo elettorale), in parte va
ad accrescere il debito pubblico che scarica il peso della restituzione
su governi successivi
Efficienza ed equità sono sempre incompatibili?
• Secondo alcuni una distribuzione più equa può favorire la crescita.
La redistribuzione trasferisce reddito da chi risparmia di più (ricchi)
a chi spende di più (poveri) facendo crescere la domanda aggregata
e contribuendo a sostenere la crescita.
• Inoltre una distribuzione molto favorevole ai ricchi (come quella che
si è venuta a creare negli ultimi decenni nei paesi industrializzati) da
luogo a un eccesso di risparmio che non necessariamente si traduce
in investimenti produttivi, bensì in speculazioni finanziarie che sono
all'origine di crisi come quella che stiamo vivendo.
Il ridimensionamento dello stato sociale
• Anche se in misura diversa, il problema del ridimensionamento dello
Stato sociale e dei suoi aspetti deteriori, come l’assistenzialismo, ha
interessato tutti i paesi industrializzati. Questo processo di revisione
è stato stimolato anche da alcuni cambiamenti, come l’aumentata
partecipazione femminile al mercato del lavoro che modifica il ruolo
della famiglia, e la globalizzazione dell’economia che impone vincoli
di competitività più stringenti alle economie industrializzate.
• E’ cresciuta la consapevolezza che la dinamica della spesa sociale è
divenuta insostenibile in economie che presentano oggi tassi di
crescita inferiori al passato. Anche nelle forze politiche favorevoli allo
stato sociale si è quindi fatta strada l’idea che alcune delle critiche
liberiste abbiano qualche fondamento, e che una eccessiva
espansione della spesa sociale finisca per influire negativamente
sulla crescita dell’economia e sul benessere dei cittadini disagiati.
Le funzioni dello Stato sociale
Nell’ambito delle politiche sociali lo Stato svolge quattro funzioni:
1. Funzione di regolamentazione: disciplina i comportamenti dei
cittadini orientandoli in certe direzioni (es. obbligo scolastico,
obblighi di sicurezza), incentiva certi comportamenti attraverso
tasse e sussidi (incentivi alla previdenza integrativa, disincentivi al
fumo ecc.)
2. Funzione ridistributiva: ridistribuisce risorse e opportunità fra i
cittadini assicurando condizioni di vita dignitose e alcuni servizi di
base (istruzione, sanità) sia attraverso prestazioni monetarie
(pensioni sociali, buoni acquisto) sia attraverso la fornitura diretta
di beni e servizi (istruzione, sanità)
3. Funzione assicurativa: corregge i difetti del mercato dovuti ad
asimmetrie informative finanziando schemi assicurativi obbligatori
contro rischi gravi (salute, lavoro, vecchiaia) attraverso la fiscalità
generale
4. Funzione produttiva: si sostituisce alla produzione privata o la
integra in presenza di esternalità o asimmetrie informative molto
forti producendo ed erogando direttamente alcuni beni e servizi
(es. istruzione, sanità)
Tipologie di spesa sociale
Possiamo distinguere cinque tipologie generali di spesa sociale:
1. Pensioni previdenziali: hanno lo scopo di garantire un reddito a lavoratori
dipendenti o autonomi (oppure ai loro familiari in caso di decesso del
lavoratore) nel periodo successivo al termine dell’attività lavorativa.
2. Sanità: include tutte le prestazioni mirate ad assicurare a tutti i soggetti
della collettività condizioni di salute adeguata. La spesa si articola in
medicina di base, spesa farmaceutica ed assistenza ospedaliera.
3. Ammortizzatori sociali: forme di assicurazione contro i rischi connessi al
rapporto di lavoro. Le più rilevanti sono quelle che riguardano il rischio di
sospensione o perdita del posto di lavoro dipendente
4. Assistenza: riguarda prestazioni che coprono i rischi di povertà, non
autosufficienza e handicap e hanno carattere gratuito perché sono rivolte
ad individui in condizioni di particolare disagio.
5. Istruzione: l’istruzione è offerta in larga misura dal settore pubblico. In
molti paesi l’istruzione obbligatoria ha una finalità sociale ed è gratuita.
Le principali prestazioni del Welfare State in Italia
Pensioni previdenziali
Sanità
Ammortizzatori
sociali
Assistenza
Istruzione
Pensioni di vecchiaia
Assistenza di base
Cassa integrazione
Assegni per i figli
Istruzione obbligatoria
Pensioni di anzianità
Spesa farmaceutica
Indennità di disoccupazione
Pensione sociale
Istruzione secondaria
Pensioni per i
superstiti
Assistenza specialistica
ed ospedaliera
Assicurazione infortuni
sul lavoro
Pensioni e rendite per
portatori di handicap
Istruzione universitaria
Assicurazione malattia
Pensioni per gli
invalidi civili
Assicurazione maternità
I costi del Welfare State
Spesa sociale in Italia 1990, 2003. Milioni di euro 2003
Tipo di spesa
Pensioni previdenziali
Sanità
Ammortizzatori sociali
Assistenza
Totale
2003
% PIL
1990
% PIL
var. % 1990-2003
186.882
14,0
138.423
11,8
35,0
78.481
5,9
68.301
5,8
14,9
8.154
0,6
6.717
0,6
21,4
30.478
2,3
28.241
2,4
7,9
303.995
22,8
241.682
20,6
25,8
Confronto con l'Europa
2008
2009
2010
2011
Spesa pro, capite 2011
EU28=100
Vecchiaia
Malattia e disabilità
Famiglia
Disoccupazione
Casa
EU28
Italia
26.8
27.7
29.7
29.9
29.4
29.9
29.1
29.7
100
45.7
37.1
8
5.6
3.6
101
61.3
30.6
4.8
2.9
0.3
I sistemi previdenziali
Le pensioni
Possiamo distinguere cinque tipi di pensioni:
• pensioni di vecchiaia: ne godono persone che hanno raggiunto
un’età avanzata e si sono ritirate dal mondo del lavoro;
• pensioni di anzianità: riguardano soggetti che hanno deciso di
ritirarsi dal lavoro prima dell’età prevista dalla legge, ma hanno il
minimo di contribuzione richiesto;
• pensioni di reversibilità per i superstiti: a favore del coniuge o dei
figli superstiti di lavoratori deceduti;
• pensioni di invalidità: sono trasferimenti a favore di lavoratori che
per motivi civili o di lavoro non sono più in grado di fornire una
normale prestazione lavorativa;
• pensioni sociali: a favore di soggetti che hanno raggiunto una certa
età e sono privi di mezzi di sostentamento, indipendentemente dal
fatto di aver svolto un lavoro.
Sistemi pensionistici
• Le pensioni di vecchiaia ed anzianità hanno carattere previdenziale
in quanto costituiscono il corrispettivo assicurativo dei contributi
versati durante l’attività lavorativa. Le altre forme di pensione
hanno invece una valenza prevalentemente assistenziale.
• Esistono due tipi fondamentali di sistemi pensionistici:
a) sistema a capitalizzazione;
b) sistema a ripartizione.
• Il sistema a capitalizzazione funziona come un’assicurazione privata.
Durante il periodo lavorativo, dalla retribuzione del lavoratore
vengono effettuate trattenute (obbligatorie o volontarie) che sono poi
investite nel mercato finanziario dai fondi pensionistici. Il valore
capitalizzato di tali investimenti finanzierà le pensioni degli stessi
lavoratori nel momento in cui lasceranno l’attività lavorativa.
• Il sistema a ripartizione si fonda su un patto intergenerazionale. I
lavoratori oggi in attività risparmiano forzatamente (pagando
contributi obbligatori) parte del loro reddito. Il risparmio viene
utilizzato per pagare le pensioni di coloro che, nello stesso periodo,
hanno abbandonato il lavoro per ragioni di età.
• Nel primo caso ogni lavoratore finanzia la propria pensione che
percepirà in un momento futuro. Nel secondo ogni lavoratore finanzia
la pensione di un altro ex lavoratore in quel momento in stato di
quiescenza.
Sistemi retributivi e contributivi
• Nell’ambito del sistema a ripartizione possiamo distinguere
due tipologie che si differenziano per il metodo di calcolo
della pensione:
• sistemi di tipo retributivo;
• sistemi di tipo contributivo.
• Nel primo caso il calcolo della pensione si basa sul salario del
lavoratore (ultima retribuzione o una media delle retribuzioni
lungo tutta la vita lavorativa).
• Nel secondo la pensione dipende dai contributi versati ma, a
differenza dei sistemi a capitalizzazione, il rendimento
applicato nel calcolo non è il tasso di interesse di mercato
bensì un valore fissato dalla legge.
Capitalizzazione o ripartizione?
• Quale dei due sistemi funziona meglio?
• Quale dei due assicura una pensione pro capite più elevata?
Dipende dal rendimento del risparmio, ossia dal tasso di interesse e
dal tasso di crescita dell’economia.
Due periodi
t : i lavoratori (Nt) lavorano, percepiscono il salario wt e pagano
contributi pari a una quota s del salario
t+1: i lavoratori non lavorano e percepiscono la pensione
risparmio totale al tempo t: St = swtNt
Sistema a capitalizzazione
Pensione pro capitet+1 = swtNt (1+r)/ Nt = swt(1+r)
Capitalizzazione
• Capitalizzare una somma significa aggiungere alla somma iniziale
l’interesse maturato in un certo periodo
• Se il tasso di interesse corrente sul mercato è il 10%, una somma pari
a 1.000 oggi, alla fine del primo anno diventerà:
• S + S x 10% = S (1+0,1) = 1.000 x 1,1 = 1.100
• Se il prestito viene prolungato di un altro anno, la somma maturata
alla fine del primo anno, sarà ancora aumentata dell’interesse:
• S (1+0,1) + S (1+0,1) x 0,1 = 1.100 + 1.100 x 0,1 = 1.210
• S (1+0,1) x (1+0,1) = 1.100 x 1,1 = 1.210
• S (1+0,1)2 = 1.000 x (1,1)2 = 1.210
Ripartizione
Nel sistema a ripartizione le risorse disponibili al tempo t+1 sono pari
al risparmio dei lavoratori attivi in quel periodo. Se la popolazione
cresce a un tasso n, essi saranno Nt+1 = Nt(1+n). Il risparmio sarà quindi:
St+1 = swt+1Nt+1 = swt+1Nt(1+n)
Ipotizziamo che i salari siano stabili pertanto: wt+1 = wt
Pensione pro capitet+1 (ripartizione) = swtNt(1+n)/ Nt = swt(1+n)
Pensione pro capitet+1 (capitalizzazione): = swt(1+r)
In questo semplice caso quindi le risorse disponibili sono maggiori con
il sistema a capitalizzazione se r>n. In caso contrario il sistema a
ripartizione sarebbe preferibile.
Sostenibilità del sistema a ripartizione
• Se la produttività del lavoro cresce ad un tasso p i salari crescono in
linea con essa nel secondo periodo il salario sarà wt+1 = wt(1+p).
• il tasso di crescita del reddito nazionale dipende dai tassi di crescita
della produttività e della popolazione, più precisamente è uguale alla
loro somma: g = DY/Y = (n+p). Le risorse generate dai lavoratori attivi
nel periodo t+1 saranno pari a:
St+1 = swt+1Nt+1= swt(1+p) · Nt(1+n)
Risparmio per lavoratore
Numero dei lavoratori
Pensione pro capitet+1 = swt(1+p)Nt(1+n)/Nt = swt(1+p)(1+n) = swt(1+g)
Pensione pro capitet+1 (capitalizzazione): = swt(1+r)
• la disponibilità di risorse dipende da r nel sistema a capitalizzazione e
da g in quello a ripartizione. Se g>r il sistema a ripartizione genera
più risorse di quello a capitalizzazione, e viceversa se r>g.
Esempio numerico tasso di crescita di un prodotto
• il tasso di crescita di un prodotto è approssimativamente uguale alla
somma dei tassi di crescita dei fattori
• P =100;
• Q = 10
• Spesa = P x Q = 10 x 100 = 1000
• di quanto cresce la spesa se P cresce del 2% e Q del 3%?
• in base alla regola del prodotto la spesa cresce approssimativamente del 5%, ovvero sarà:
• 1000 x 1,05 = 1050
• infatti:
• P2 = 100 x (1+0,02) = 100 x 1,02 = 102;
• Q2 = 10 x 1,03 = 10,3
• Spesa = 102 x 10,3 = 1050,6
Possiamo ancora permetterci un sistema a ripartizione?
• Il sistema a ripartizione funziona bene quando popolazione e
produttività crescono a tassi elevati. Questo accadeva dopo la
seconda guerra mondiale e spiega perché in molti paesi sono stati
adottati sistemi a ripartizione.
• Per gli stessi motivi, la caduta della produttività e della natalità negli
anni ‘70 del secolo scorso spiega perché questi sistemi sono diventati
insostenibili negli anni recenti.
• Ciononostante il passaggio al sistema a capitalizzazione non è ancora
completo in molti paesi perché è socialmente molto costoso.
• Una generazione sarebbe costretta a pagare due volte i contributi:
una volta per finanziare le pensioni dei lavoratori della generazione
precedente ora in pensione, e un’altra per finanziare le proprie
pensioni nel periodo successivo
Rapporto pensionati/lavoratori
in attività in Italia.
Dal 2025 più
pensionati
che lavoratori
Fra circa dieci anni il numero dei pensionati supererà
quello dei lavoratori in attività!
Previsioni degli indici di dipendenza degli anziani nell’area dell’euro
(popolazione > 64 / popolazione 15-64)
1991
2000
2020
2040
Belgio
23,8
25,4
32,6
45,5
Germania
22,5
23,3
31,9
48,2
Spagna
22,2
24,4
29,8
49,2
Francia
22,9
24,9
32,6
45,6
Irlanda
18,0
17,4
24,5
34,8
Italia
24,0
26,5
35,5
56,9
Lussemburgo
20,6
21,5
27,9
39,3
Paesi Bassi
19,3
20,1
29,8
44,0
Austria
22,4
22,6
28,5
45,3
Portogallo
21,4
22,5
27,3
39,2
Finlandia
21,1
21,9
35,0
42,1
Area dell’euro
22,6
24,0
32,0
47,0
Il costo delle pensioni in Italia
70.0
60.0
Unione europea
50.0
40.0
30.0
20.0
10.0
0.0
Italia
Ricapitolando
• Sistema a ripartizione
- Pensione pro capitet+1 = swt(1+g)
• Sistema a capitalizzazione
- Pensione pro capitet+1 = swt(1+r)
• meglio sistema a ripartizione se g > r
• meglio sistema a capitalizzazione se r > g
I problemi del sistema pensionistico italiano
• All’inizio degli anni ‘90 il sistema pensionistico italiano presentava
molti squilibri e iniquità
• debito previdenziale molto alto (oltre 2 miliardi di euro nel 1992);
• forti sperequazioni tra categorie e settori, con situazioni di privilegio
nel settore agricolo e nel pubblico impiego;
• abnorme estensione della pensione di anzianità, ottenibile dopo un
periodo di contribuzione molto breve (pensionati baby) che grava
per un lungo periodo sul bilancio pubblico;
• alcuni tipi di pensioni, come quelle di invalidità, sono usate per
perseguire finalità improprie di tipo assistenziale;
• il sistema pensionistico pubblico si fa carico di problemi del mercato
del lavoro (pensionamenti anticipati in caso di crisi aziendale o
settoriale).
Le riforme degli anni 90
• Riforma Amato (1992): aumenta l’età pensionabile a 65 anni per gli
uomini e 60 per le donne, introduce elementi contributivi, la
pensione è proporzionale al numero di anni di contribuzione ma
continua a dipendere dalla retribuzione e non dai contributi versati
• Riforma Dini (1995): il metodo contributivo si afferma come il
principale sistema di calcolo delle pensioni. La pensione è
determinata in modo tale che il valore attuale, al momento del
pensionamento, del flusso dei redditi pensionistici durante la vita
restante (calcolata in base alla speranza di vita) sia uguale
all’ammontare dei contributi capitalizzati
• La riforma Dini crea un sistema finanziariamente sostenibile nel
lungo periodo, nel senso che il rapporto spesa pensionistica/PIL
tende a rimanere costante nel tempo.
Riforme recenti
• Negli anni recenti altre riforme si sono succedute (Prodi, Maroni,
Fornero) sempre con l'obiettivo di ridurre la dinamica della spesa
pensionistica. I metodi per ottenere questo risultato sono
essenzialmente due: l'aumento dell'età pensionistica in linea con
l'aumento della speranza di vita, e l'estensione del sistema
contributivo al maggior numero possibile di lavoratori
compatibilmente con i diritti acquisiti.
Dove stavamo andando e dove andremo
La spesa pensionistica in rapporto al PIL in Italia : 1995-2045
L’Italia è un paese per vecchi
• Negli ultimi trent'anni la condizione degli anziani è molto
migliorata. Quella dei più giovani è andata sempre più
deteriorandosi. Il motivo non è solo la diversa situazione del
mercato del lavoro rispetto a qualche decennio fa, ma gli squilibri
della spesa per welfare, e di quella previdenziale in particolare
• L’attuale sistema favorisce considerevolmente gli anziani a scapito
dei giovani creando fra essi un conflitto distributivo.
• Il rapporto tra spesa per anziani e spesa per giovani è pari a 3,5 in
Italia, contro una media di 1,7 nei paesi dell’Europa continentale, di
1,2 nei paesi anglo-sassoni e di 0,8 in quelli scandinavi.
• Come se non bastasse, le generazioni future dovranno accollarsi il
peso di un enorme debito pubblico.
Il conflitto fra generazioni
Dalla fine degli anni ‘70 ad oggi aumenta il reddito relativo delle
famiglie con genitori tra i 51 e i 65 anni; migliorano le condizioni degli
ultra sessantacinquenni, forte peggioramento della posizione delle
famiglie con genitori sotto i 30 anni.
La sanità
Peculiarità dei servizi sanitari
• Alcuni servizi sono caratterizzati da esternalità positive (es.
programmi di vaccinazione che tutelano dai rischi di epidemie e
contagi). In questo caso il mercato genera una domanda
insufficiente del servizio.
• Il mercato sanitario ha carattere assicurativo, la presenza di
problemi di informazione genera distorsioni.
- I malati non hanno conoscenze adeguate sulle cure a cui vengono
sottoposti ed i loro possibili effetti. Inoltre, spesso, non sono in
grado di valutare la qualità del servizio.
- le assicurazioni private non conoscono perfettamente le
condizioni di salute degli assicurati
• Sono molto probabili fenomeni di azzardo morale e selezione
avversa.
Selezione avversa
• La selezione avversa deriva dal fatto che l'assicurato ha interesse a
nascondere le proprie patologie se deve stipulare un'assicurazione,
si crea una asimmetria di informazione
• non riuscendo a discriminare correttamente fra individui meno
rischiosi e più rischiosi, l'assicurazione fa pagare un premio medio
troppo alto per i primi che escono dal mercato mentre rimangono
quelli più rischiosi
• il rischio malattia nel gruppo degli assicurati aumenta,
l'assicurazione reagisce aumentando il premio ma questo, a sua
volta, spinge fuori dal mercato i soggetti meno a rischio e fa
aumentare i costi complessivi e così via
Azzardo morale
• L'azzardo morale può manifestarsi nel comportamento del paziente
o del medico curante a danno del sistema sanitario. Per quanto
riguarda il paziente può manifestarsi in due modi:
- il fatto di essere assicurato può indurre l'individuo a ridurre
l'attività di prevenzione della malattia (evento negativo);
- l’assicurato può essere indotto ad aumentare le prestazioni
richieste o a scegliere cure più costose
• Nel caso del medico l'azzardo morale origina da scarso senso di
responsabilità o da un interesse personale. Spesso i medici non
sono abbastanza attenti ai costi delle cure che prescrivono (oppure
lo fanno per un specifico interesse, esempio: omaggi delle case
farmaceutiche), causando un eccessivo ed ingiustificato uso delle
risorse.
Conseguenze
• E’ necessario offrire garanzie sul livello professionale dei medici
attraverso esami pubblici, albi professionali, certificazioni.
• La domanda deve essere filtrata da intermediari esperti perché la
capacità di scelta dei fruitori è molto ridotta.
• Se l’assicurazione sanitaria copre interamente il costo del
trattamento, si riducono gli incentivi ad utilizzare trattamenti meno
costosi o a limitarne il consumo (azzardo morale)
• Gli individui che hanno più probabilità di ammalarsi tendono ad
assicurarsi perché pagano un prezzo inferiore al valore della
prestazione ricevuta. Il contrario accade per quelli con probabilità
minore (selezione avversa).
Rischi non assicurabili
• Un rischio è assicurabile se la probabilità che un evento si verifichi
in un determinato momento o luogo è indipendente da quella che
lo stesso evento si verifichi in un altro momento o luogo.
• Non lo è nel caso contrario, quando la probabilità che gli eventi
dannosi si verifichino insieme è molto elevata
• La probabilità dell’evento dannoso può essere vicina all’unità. Se
un individuo ha malattie ereditarie o congenite incontra difficoltà a
stipulare una polizza assicurativa sulla salute.
Esempio di rischio non assicurabile
•
•
•
•
•
•
•
Esborso dell'assicurazione per evento dannoso = 10 €
100 assicurati
probabilità evento dannoso = 20%
premio = 3 € per assicurato
costo per l'assicurazione = 100 x 10 x 20% = 200 €
ricavo dell'assicurazione = 300 €
se gli eventi sono tutti collegati (esempio: malattia contagiosa, se si
ammala uno si ammalano tutti)
• costo per l'assicurazione = 100 x 10 = 1000 €
• ogni assicurato dovrebbe pagare 10 € = costo della terapia
• nessuno ha convenienza ad assicurarsi
Distorsioni dal lato dell’offerta
• Comportamenti diretti a catturare solo la parte migliore del
mercato (cream skimming o scrematura dei rischi)
• Problemi di copertura territoriale. Un’adeguata diffusione
territoriale di ospedali e presidi sanitari causa diseconomie di scala
che il settore privato non può accollarsi
Queste motivazioni dell’intervento pubblico discendono non da
principi di equità quanto, piuttosto, da considerazioni di efficienza.
Modelli organizzativi
• Modello pubblico o del servizio sanitario nazionale:
• criterio universalistico, tutti i cittadini hanno diritto ai servizi
sanitari indipendentemente dalla loro disponibilità a pagare.
• Il servizio è finanziato mediante la fiscalità generale e da
contributi sociali all’interno di schemi di assicurazione obbligatoria.
I servizi sono offerti dallo Stato nell’ambito di strutture pubbliche,
con una limitata libertà di scelta per il cittadino.
• Modello privato o delle assicurazioni private:
• l’intervento pubblico è assente. L’offerta sanitaria è gestita
interamente da privati in base a criteri di mercato.
• I cittadini si affidano a forme di assicurazione privata volontaria e
possono scegliere liberamente le strutture a cui rivolgersi. I premi
assicurativi sono commisurati al rischio.
• Modello misto:
• presenta elementi di entrambi i modelli precedenti, l’offerta di
servizi proviene sia dal settore pubblico che da quello privato.
• L’assicurazione sanitaria è obbligatoria.
• Il finanziamento della spesa avviene in parte mediante la fiscalità
generale, in parte mediante contributi, in parte ancora mediante
pagamenti diretti da parte degli utenti (ticket).
• In alcuni paesi (Germania, Francia) il sistema è di tipo
mutualistico, e si avvale di fondi e casse di malattia organizzati
per settori, e finanziati attraverso contributi dei lavoratori del
settore.
• Dati i problemi di informazione, le decisioni di domanda e la scelta
del fornitore di servizi è filtrata da un medico di base che svolge
una funzione vicaria.
Problemi e linee di riforma
• Negli ultimi decenni si è verificato un forte aumento della spesa a
causa di:
• aumento della domanda di cure legato all'invecchiamento della
popolazione
• forte aumento della medicalizzazione della salute e aumento dei
consumi grazie alle maggiori disponibilità economiche
• aumento dei consumi indotti dai medici
• i costi aumentano anche perché, contrariamente ad altri settori, il
progresso tecnico non produce un abbattimento dei costi a causa
dell'introduzione di tecnologie molto costose (TAC, risonanza
magnetica)
• Se chi definisce le prestazioni (beneficiario, ospedale o medico di
base) non ne sopporta i costi, possono verificarsi notevoli sprechi.
Incidenza della spesa pubblica sul totale della spesa
sanitaria e della spesa sanitaria sul PIL. Anno 2000.
Paese
Francia
Danimarca
Germania
Italia
Paesi bassi
Regno Unito
Svezia
U.S.A.
spesa pubblica/ spesa
sanitaria %
75,8
82,5
75,0
73,4
63,4
80,9
85,0
44,2
spesa sanitaria/PIL %
9,3
8,3
10,6
8,2
8,6
7,3
8,4
15,1
Linee di riforma
• ridurre l’intervento diretto dello Stato;
• aumentare la concorrenza fra i fornitori pubblici e privati favorendo
lo sviluppo di istituzioni sanitarie dotate di autonomia gestionale
• accrescere le possibilità di scelta del paziente attraverso
l’assegnazione di voucher sanitari
In Italia:
• autonomia gestionale degli ospedali;
• il rimborso ROD (Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi) per le
prestazioni ospedaliere;
• la compartecipazione dei pazienti al costo (ticket sanitari).
Le politiche del lavoro
Ambiti di intervento
Le politiche del lavoro sono l’insieme degli interventi pubblici a tutela
dell’interesse collettivo dell’occupazione. Tre sono i principali ambiti di
intervento:
1. Regolamentazione del mercato del lavoro (disciplina dei rapporti di
lavoro, norme sulla sicurezza e salute, norme anti discriminazione
ecc.)
2. Promozione dell’occupazione (misure per l’inserimento
professionale, incentivi all’occupazione ecc.)
3. Garanzia del reddito contro il rischio di disoccupazione o
sospensione temporanea del rapporto di lavoro
Politiche attive e passive
• Politiche passive del lavoro: consistono in prestazioni monetarie a
favore del disoccupato, in genere non discrezionali ma automatiche
(ammortizzatori sociali)
• Politiche attive del lavoro: mirano a incidere sulla struttura del
mercato del lavoro creando condizioni favorevoli alla crescita
dell’occupazione e mediante misure atte a prevenire la
disoccupazione
Politiche passive
Le politiche passive, che coincidono essenzialmente con gli ammortizzatori sociali, hanno lo scopo di attenuare gli effetti negativi della
disoccupazione compensando in parte la perdita di reddito che ne
deriva. La copertura del rischio di disoccupazione può assumere varie
forme che dipendono anche dalla natura della disoccupazione.
• tutela del lavoratore in caso di disoccupazione temporanea; in
questo caso la prestazione è limitata e, in genere, decrescente nel
tempo
• tutela in caso di disoccupazione definitiva (nel senso che i rapporto
con il datore di lavoro si è concluso) che mira ad affrontare forme di
disoccupazione di più lunga durata
• forme di protezione di ultima istanza per coloro che non hanno
lavoro e sono in condizioni di particolare bisogno.
Politiche attive
• sussidi all’occupazione: mirano a stimolare l’occupazione riducendo
il costo del lavoro per le imprese
• creazione diretta di posti di lavoro
• formazione professionale: favorisce l’inserimento nel lavoro e
attenua i problemi di mismatching attraverso la creazione di
competenze
• sostegno finanziario all’imprenditorialità
• servizi per l’orientamento e il collocamento
Gli ammortizzatori sociali in Italia
In Italia i principali istituti di tutela di questo tipo sono:
• la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO): riguarda il settore
industriale in caso di difficoltà aziendali derivanti da situazioni
temporanee di crisi. Ha una durata limitata a 3 mesi, estendibile fino
a 12. Durante il periodo di godimento il lavoratore non può svolgere
altri lavori.
• la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS): copre rischi di
maggiore gravità e durata, (ristrutturazioni, riorganizzazioni,
riconversioni industriali, crisi aziendali e fallimento). Ha una durata
non superiore a 36 mesi.
Rientrano fra questi tipi di tutela anche l’Assicurazione per infortuni
sul lavoro, l’Assicurazione per malattia e l’Assicurazione per
maternità
• In caso di risoluzione definitiva del rapporto di lavoro, forme di tutela
simili al caso precedente, ma con maggiore durata e il lavoratore deve
dimostrare di essere in cerca di una nuova occupazione, e/o deve
partecipare a programmi pubblici di formazione o lavoro.
• I principali strumenti di tutela sono:
• l’indennità di mobilità: copre il rischio di disoccupazione nel caso di
licenziamenti collettivi ed ha una durata fino a 48 mesi, variabile in
base all’età e alla zona territoriale (più alta all’aumentare dell’età e
nel Sud); la prestazione diminuisce dopo i primi 12 mesi;
• l’indennità di disoccupazione: è lo strumento più importante di
tutela nel caso di licenziamenti individuali e prevede una prestazione
pari al 40% della retribuzione lorda per un periodo massimo di 6 mesi
• Per godere di queste tutele bisogna essere stati occupati a tempo
indeterminato
I motivi dell’intervento pubblico
• Il rischio di disoccupazione potrebbe essere coperto dal mercato
assicurativo privato ma il mercato è inefficiente per problemi di
informazione e per la non indipendenza dei rischi assicurati.
• Il deficit di informazione da luogo a fenomeni di:
• selezione avversa, tendono ad assicurarsi i lavoratori che hanno
più probabilità di rimanere disoccupati (lavoratori meno qualificati
o che lavorano in imprese più esposte al rischio di fallimento);
• azzardo morale, la copertura del rischio riduce gli incentivi a
ricercare un nuovo posto di lavoro e ad evitarne la perdita, di
conseguenza le compagnie assicuratrici dovrebbero sostenere
costi elevati per effettuare i controlli.
• Per entrambi i motivi i premi assicurativi tendono quindi ad essere
troppo alti.
• La seconda ragione è che spesso il rischio di disoccupazione non è
assicurabile perché, in caso di crisi economiche generali, le
probabilità che i singoli lavoratori perdano il lavoro sono collegate
fra loro.
• Un ulteriore motivo sta nel fatto che gli ammortizzatori sociali sono
fonte di esternalità positive. Nella misura in cui attenuano i
conflitti tra imprese e lavoratori, creano un ambiente favorevole
agli investimenti privati e all’aumento della produttività. In una
situazione di questo genere, il grado di tutela generato da un
mercato assicurativo privato tende ad essere inferiore a quello
socialmente ottimale.
Le critiche agli ammortizzatori sociali
• I sussidi di disoccupazione sono stati oggetto di forti critiche da
parte degli avversari del Welfare State perché introducono
distorsioni nel mercato del lavoro e finiscono per accentuare il
problema della disoccupazione, infatti:
• riducono gli incentivi alla ricerca di un posto di lavoro
contribuendo ad allungare la durata della disoccupazione
• riducono le motivazioni del lavoratore a fornire una prestazione
efficiente e possono influire negativamente sulla produttività.
Le linee di riforma
• Le proposte di riforma mirano a stimolare l’operosità del lavoratore,
condizionando la concessione del sussidio alla partecipazione a
programmi di riqualificazione o a lavori socialmente utili, e
riducendo la durata delle prestazioni.
• Alcuni programmi (Earned income tax credit negli U.S.A.) al posto del
sussidio a chi è disoccupato, offrono una integrazione del salario a
chi ha un lavoro ma guadagna poco, sotto forma di credito di
imposta e per un periodo di tempo limitato. Due effetti:
• la riduzione fiscale contribuisce a contenere i salari dei lavoratori e
stimola la domanda di lavoro da parte delle imprese;
• il lavoratore è incentivato a cercare lavoro, perché un’occupazione
poco remunerata diventa più conveniente rispetto al sussidio di
disoccupazione.
La riforma Fornero
• Punta a superare il dualismo fra lavoratori protetti e non protetti
estendendo la platea dei beneficiari delle indennità di disoccupazione.
• Le forme di tutela devono riguardare non il posto di lavoro ma il
lavoratore nei suoi percorsi all'interno del mercato del lavoro.
• Lo strumento principale è l'ASPI (Assicurazione sociale per l'impiego)
destinata ad assorbire tutti gli altri ammortizzatori sociali oggi in
vigore ad eccezione della cassa integrazione ordinaria.
• L'Aspi è applicabile ai lavoratori dipendenti anche con contratto non a
tempo indeterminato, nonché apprendisti e artisti dipendenti. Può
accedervi chi ha almeno due anni di anzianità assicurativa.
• Ha una durata di 12 mesi, prorogabili a 18 nel caso in cui il lavoratore
interessato abbia più di 55 anni. L'indennità viene decurtata del 15%
dopo i primi 6 mesi, e di un altro 15% dopo gli altri 6 mesi.
La flessibilità del lavoro
• Negli anni 90 la crescita della disoccupazione in Europa induce un
mutamento di approccio alle politiche del lavoro. Si passa dalla tutela
passiva della disoccupazione a politiche attive volte a promuovere
l’inserimento professionale. Si sviluppa un processo di coordinamento
delle politiche del lavoro degli stati membri noto come strategia
europea per l’occupazione, che si articola nei seguenti punti:
• aumentare l’occupabilità attraverso la formazione professionale e
servizi di assistenza ai disoccupati
• sviluppare l’imprenditorialità mediante la semplificazione degli
espletamenti amministrativi, lo sviluppo del mercato dei capitali di
rischio
• accrescere la flessibilità nell’organizzazione delle imprese e del lavoro
• rafforzare le pari opportunità
La legge Biagi
In Italia vengono introdotti numerosi provvedimenti volti ad accrescere
la flessibilità:
• lavoro interinale (pacchetto Treu, 1996): fornitura di prestazioni di
lavoro temporaneo da parte di agenzie private
• la legge Biagi introduce nuove tipologie di contratti di lavoro:
- lavoro a progetto
- lavoro ripartito (job sharing)
- lavoro a chiamata
- apprendistato
- contratto di inserimento
- part time
Nuove soluzioni: la flexsecurity
• La flexsecurity cerca di combinare flessibilità e sicurezza sociale
attraverso uno scambio fra maggiori tutele ai lavoratori disoccupati
e maggiore libertà di licenziamento per i datori di lavoro
• le imprese possono licenziare senza controllo giudiziale (salvo il
caso di licenziamento discriminatorio)
• tranne pochi casi in cui è ammesso il contratto a termine, i nuovi
dipendenti sono tutti assunti con contratto a tempo indeterminato
e un periodo di prova di massimo sei mesi
• il lavoratore ha diritto a un preavviso convertibile in indennità di
licenziamento pari a un mese se ha un anno di anzianità
• in caso di anzianità superiore ad un anno, oltre al preavviso, il
lavoratore ha diritto al trattamento di riallocazione
Il contratto di riallocazione
• Le imprese si consorziano per creare un'agenzia che gestisce
l’assicurazione contro la disoccupazione. L’agenzia:
- paga al lavoratore licenziato il 90% dell'ultima retribuzione per il
primo anno di disoccupazione, l'80% e il 70% nei due anni successivi
- lo obbliga a partecipare a tempo pieno a tutte le iniziative di
riqualificazione e ricerca della nuova occupazione attivate per lui
- può recedere dal contratto in caso di inadempimento del lavoratore
• Il costo per l’azienda è molto ridotto per il primo anno successivo al
licenziamento, in cui già operano sussidi già esistenti (trattamento
ordinario e speciale di disoccupazione) ma aumenta molto nei due
anni successivi
• questo crea un forte incentivo a ricollocare il lavoratore entro un anno
dal licenziamento
La flessibilità funziona?
A giudicare dal tasso di disoccupazione sembrerebbe di sì, ma…
Il tasso di occupazione giovanile è diminuito in Italia mentre è aumentato
nel resto d'Europa.
Fra gli under 35, l'incidenza delle occupazioni precarie è aumentata dal
20% al 39% fra il 2004 e il 2011.
A tutto questo bisogna aggiungere che:
• i salari dei lavoratori giovani precari sono inferiori del 20/30%
rispetto a quelli dei lavoratori con contratti standard
• I giovani non godevano di alcuna rete di protezione in caso di
scadenza del contratto prima della riforma Fornero
• i contributi previdenziali sono più bassi e questo significa pensioni
più basse in futuro
• La crisi ha colpito soprattutto questa fascia di lavoratori perché le
imprese non rinnovano i contratti in scadenza
• Il capitale umano dei lavoratori non cresce perché le imprese non
hanno interesse a investire nella formazione di lavoratori che
lasceranno l'impresa in breve tempo
La crisi colpisce soprattutto i giovani
La flessibilità aiuta a trovare un lavoro stabile?
• L'assunto principale che giustifica la flessibilità è che un lavoro
precario è meglio di nessun lavoro perché è una porta di ingresso
nel mercato del lavoro e un trampolino verso un lavoro stabile
• Per alcuni questo è vero ma per molti altri (in aumento) è una
trappola dalla quale è difficile uscire
• Su 100 lavoratori atipici del 2008, 37 hanno trovato un impiego
stabile nel 2010 (nel 2006-08 erano 46), 43 sono rimasti atipici e 20
sono senza lavoro
• Nel 2007 a tre anni dal compimento degli studi avevano
un'occupazione stabile:
• diplomati:
55,9%
• laureati triennali:
55,2%
• laureati quadriennali:
62,9%
Condizione occupazionale dei laureati triennali
(2007) a tre anni dalla laurea
Ma tra 25 e 64 anni i laureati guadagnano in media il 55% in più
Il tasso di occupazione è il 77% contro il 66% dei diplomati
La flessibilità aiuta la crescita?
• Dipende dal tipo di flessibilità: la diffusione dei contratti a termine
privi di qualunque tutela ha avuto un effetto negativo sulla
produttività dei fattori dovuto al fatto che riduce l'incentivo ad
accumulare capitale umano
Variazione media
annua dei lavoratori
con contratti a
termine- 1995-2007
Evoluzione della produttività totale dei fattori in Europa. 1995-2007.
1995 = 100
L'Italia che ha avuto la maggiore diffusione dei contratti a termine
registra anche un tasso di crescita della produttività negativo!
Le politiche assistenziali
Finalità e criteri
• La finalità fondamentale della spesa per l’assistenza sociale è quella di
combattere la povertà e di attenuare forme di disagio personale
(dovute ad handicap o mancanza di autosufficienza) e sociale
(riconducibili ad emarginazione, tossicodipendenze ecc.).
• Le politiche per l’assistenza attuano una redistribuzione del reddito, sia
sotto forma di trasferimenti monetari che di offerta di beni e servizi, a
favore dei gruppi sociali più poveri e disagiati.
• Due impostazioni generali delle politiche di assistenza:
- impostazione selettiva: riserva i programmi di assistenza a individui e
gruppi che si trovino in condizioni di particolare disagio che devono
pertanto essere sottoposte ad accertamento;
- impostazione universalistica: è propria dei programmi che erogano
prestazioni a tutti i cittadini, indipendentemente da qualunque
accertamento dello stato di bisogno o del rispetto di altre condizioni.
La disuguaglianza
• La disuguaglianza può essere misurata utilizzando vari indicatori
statistici di dispersione che misurano di quanto i valori di una data
distribuzione si discostano dalla media.
• La varianza o la deviazione standard sono indicatori di questo tipo.
• Non necessariamente deve trattarsi di un indicatore sintetico
(consistente in un unico valore numerico), una misura largamente
usata, che non rientra in questa categoria, è la curva di Lorenz.
La curva di Lorenz
100%
% cumulata del reddito
80%
60%
F
B
40%
35%
20%
10%
E
A
D
C
20%
40%
60%
80%
100%
% cumulata della popolazione
Indice di Gini = area beige/area triangolo rosso
La disuguaglianza in alcuni paesi avanzati
Indice di Gini in alcuni paesi industrializzati (2005)
Le misure della povertà
• La povertà viene misurata fissando una linea di demarcazione, detta
linea della povertà, che fa da spartiacque fra chi è povero e chi non lo
è. Coloro che hanno un livello di reddito inferiore a quello stabilito
dalla linea sono identificati come poveri.
• Il concetto di povertà può essere definito in senso relativo o assoluto.
• E’ relativamente povero chi ha meno degli altri. La povertà relativa
viene misurata con riferimento alla media o alla mediana della
distribuzione del reddito.
• La povertà assoluta si ha quando il potere d’acquisto è inferiore a
quello necessario per acquistare un paniere capace di soddisfare
bisogni minimi. La misura adottata dall’ONU identifica il povero in
colui che dispone di meno di un dollaro al giorno (Africa e Asia) o
meno di due dollari al giorno (America Latina)
Le politiche contro la povertà
• I programmi possono avere carattere selettivo o universale. I
programmi a carattere selettivo trasferiscono in genere un sussidio
a coloro che hanno un reddito al di sotto della soglia della povertà. Il
sussidio è uguale alla differenza fra il reddito soglia e quello
effettivo. Questo tipo di programmi consentono di ridurre la
povertà a costi molto minori rispetto a quelli a carattere universale
ma presentano alcuni inconvenienti:
• eliminano l’incentivo a produrre reddito perché ogni euro di
reddito prodotto in più è esattamente compensato da una riduzione
del sussidio, questo effetto è denominato trappola della povertà;
• la concessione del sussidio è subordinata a un controllo dei mezzi
che comporta costi psicologici per i beneficiari, e costi
amministrativi di controllo elevati
Programmi a carattere universale
• I più noti programmi a carattere universale sono il dividendo
sociale e l’imposta negativa sul reddito.
• Il dividendo sociale consiste in un sussidio a carattere universale
non sottoposto a tassazione. Il sussidio si aggiunge al reddito
disponibile:
1) Yd = Y - T
2) T = tY
3) Yd = Y - tY
• aggiungendo il sussidio S il reddito disponibile diventa:
4) Yd = Y - tY + S
• Se il reddito di un individuo è pari a zero percepirà comunque un
reddito pari a S. Se S fosse pari alla soglia di povertà questo
programma avrebbe l’effetto di eliminare la povertà stessa.
Dividendo sociale
Yd = Y
Yd, S
Yd + S
B
Yd
Yd
S
Yd1
0
Y < Y* →
Y > Y* →
Yd > Y
Yd < Y
A
E
D
C
45°
Y2 Y*
Y1
Y
Imposta negativa sul reddito
• L’imposta negativa sul reddito consiste nel dedurre dal reddito
imponibile un certo ammontare prima di calcolare l’imposta. Il
reddito dedotto può essere, per esempio, uguale alla soglia della
povertà. Coloro che hanno un reddito inferiore a tale ammontare
pagheranno un’imposta negativa, ossia riceveranno un sussidio
equivalente.
• In questo caso l’imposta è data da:
1) T = t(Y - Y*)
rielaborando: T = tY - tY*
dove Y* è l’ammontare di reddito che viene dedotto.
• Il reddito disponibile è:
2) Yd = Y - T = Y - tY + tY*
Tassa negativa sul reddito
T = tY - tY*
Esempio
t = 30%
Y* = 10.000
Y = 30.000
T = 0,3x30.000-0,3x10.000 = 6.000
T
0
Y=0
T = 0,3x0-0,3x10.000 = -3.000
Y*
Y
-tY*
Y = Y* = 10.000
T = 0,3x10.000-0,3x10.000 = 0
Y > Y*
Y < Y*
T = tY - tY* > 0
T = tY - tY* < 0
La povertà in Italia
Il reddito di cittadinanza
• Il reddito di cittadinanza è un programma di contrasto alla povertà
di tipo universalistico in cui la concessione del sussidio non è
subordinata a un accertamento delle condizioni economiche del
beneficiario.
• Ha il vantaggio di non avere effetti distorsivi sulla decisione di
lavorare.
• Ma ha anche il grosso svantaggio che, proprio perché tutti ne hanno
diritto, il costo economico è altissimo (in Italia è stato stimato in 300
miliardi di euro ipotizzando un sussidio di 1000 euro mensili)
Il reddito minimo garantito
• Il reddito minimo garantito (Rmg) è un programma universale e
selettivo al tempo stesso, nel senso che non è limitato ad alcune
categorie di beneficiari (es. lavoratori) ma subordina la concessione
del sussidio ad accertamenti su reddito e patrimonio
• Questo schema esiste oggi , in forme molto diverse, in tutti i paesi
dell’Unione Europea a 15 (e in diversi nuovi stati membri).
• Ha il vantaggio che sostituirebbe un insieme di programmi
frammentati con un’unica misura
• Comporta costi amministrativi di accertamento notevoli e potrebbe
dar luogo a forti distorsioni a causa dell’evasione fiscale
• In Italia il costo complessivo di un Rmg di 500 euro è stato stimato
in 8-10 miliardi di euro
Le politiche per l'istruzione
Perché l'istruzione è importante?
Dal punto di vista sociale:
• è un fattore importante di mobilità sociale, i figli dei più disagiati
possono raggiungere posizioni più elevate, accresce l'equità
distributiva e la giustizia sociale
• trasmette valori e capacità sociali importanti: la tolleranza, il civismo,
la partecipazione politica, la capacità di prendere decisioni più
consapevoli, crea coesione sociale favorendo la condivisione di valori
Dal punto di vista economico:
• trasmette le conoscenze scientifiche e tecnologiche necessarie per
usare in modo efficiente le tecnologie esistenti e introdurne di nuove
• genera esternalità: i rendimenti sociali sono superiori alla somma di
quelli privati
• svolge una funzione selettiva e informativa segnalando i più
meritevoli ai datori di lavoro
Perché finanziare l’istruzione?
• Nonostante l’istruzione possa essere considerata come un
investimento privato, che offre un ritorno in termini di maggior
reddito, in tutti i paesi sviluppati l’offerta di istruzione è in gran parte
pubblica
• Il capitale umano genera esternalità perché se più individui investono
in esso cresce il rendimento dello stesso investimento per altri
• Tanto maggiore è il numero di ingegneri e di ricercatori, tanto più
rapida è la produzione di conoscenze tecnologiche e tanto più
importante diventa acquisire tali conoscenze con l’istruzione e
l’apprendimento per ottenere una più elevata remunerazione
• Ma chi decide quante risorse investire in istruzione non considera
minimamente i benefici che non lo riguardano direttamente,
pertanto investe meno di quanto sarebbe socialmente desiderabile.
Scuola pubblica e privata
• La scuola deve perseguire due finalità non sempre conciliabili:
- essere efficiente sotto il profilo della qualità
- garantire a tutti uguali opportunità di accesso
• le finalità menzionate sono complementari fra loro e possono
essere ottenute mediante le stesse politiche oppure no?
• se non lo sono quali devono avere priorità e in quale misura
possono essere riconciliate?
• il dibattito si concentra sul ruolo della scuola pubblica e di quella
privata e sulle politiche di finanziamento dell'istruzione
• tutti sono d'accordo che la scuola debba essere sostenuta dallo
Stato altrimenti, a causa delle esternalità, vi sarebbe un
investimento troppo basso in istruzione
• lo stato dovrebbe finanziare solo la scuola pubblica o anche quella
privata?
I voucher
• Secondo alcuni economisti liberisti (Friedman) lo stato dovrebbe
finanziare la scuola privata mediante un programma di voucher
• I voucher sono sussidi che le famiglie possono spendere per pagare
l'istruzione in qualunque istituzione scolastica
• Argomenti a favore:
• maggiori opportunità di scelta
• maggiore competizione, le scuole dovrebbero migliorarsi in termini
di qualità e prezzi per attrarre studenti, quelle di qualità più bassa
sparirebbero
• anche la scuola pubblica risentirebbe positivamente della
competizione
• in generale maggiore efficienza e qualità in rapporto alle risorse
investite
Argomenti contro
• maggiore disuguaglianza alcuni riceverebbero un'istruzione
migliore di altri, l'espansione della scuola privata che comporta
costi riduce le opportunità di accesso all'istruzione per le famiglie
indigenti, questo favorirebbe la perpetuazione dello status sociale
di partenza
• costi amministrativi, le scuole dovrebbero essere sottoposte a
controlli di qualità
• verrebbero sottratte risorse alla scuola pubblica
• non esiste alcuna evidenza empirica che la scuola privata sia
qualitativamente migliore di quella pubblica
• minore possibilità di controllo e rischio che non sia pienamente
garantita l'acquisizione di competenze di base
Il finanziamento dell’università
• Trattandosi di un livello di istruzione non di base, molti ritengono
che l'obiettivo della qualità sia più importante rispetto a quello
dell'equità di accesso.
• Uno strumento di finanziamento molto diffuso è il prestito d’onore.
Lo Stato anticipa allo studente le risorse di cui ha bisogno per
studiare. Lo studente deve restituire il debito da quando il comincia
a percepire un reddito.
• Data l’incertezza che caratterizza i redditi futuri, spesso il piano di
restituzione del prestito tiene conto del reddito effettivamente
guadagnato (prestiti condizionati al reddito o income contingent),
nel senso che possono essere richiesti pagamenti più alti nei periodi
di maggiore guadagno e viceversa.
• In Italia i costi sono finanziati dal prelievo fiscale. I fruitori
contribuiscono in parte con specifiche tasse.
L’istruzione è veramente un fattore di mobilità sociale?
Poniamoci due domande:
• il grado di istruzione dei figli dipende da quello dei genitori?
• lo status sociale e il reddito raggiunti dai figli dipendono dal grado di
istruzione o dallo status e dal reddito dei genitori?
• perché ci sia mobilità sociale:
- il grado di istruzione dei figli non deve dipendere da quello dei
genitori
- lo status sociale e il reddito raggiunti dai figli devono dipendere
dal grado di istruzione e dalle proprie capacità (non facilmente
misurabili) non dallo status e dal reddito dei genitori
La mobilità sociale in Italia
Probabilità di passaggio da una fascia sociale alla successiva in %
Danimarca
Irlanda
Spagna
Stati Uniti
Portogallo
Olanda
Grecia
Regno Unito
Austria
Francia
Belgio
Australia
Germania
Italia
Finlandia
Da primo a secondo quartile Da secondo a terzo quartile
24,8
24,5
24,7
20,6
23,9
16,8
23,1
24,0
22,9
23,7
22,9
21,0
22,6
23,6
22,4
21,2
21,8
16,1
21,7
20,8
21,7
23,3
21,5
23,5
20,8
26,7
17,6
15,9
16,8
13,7
Percentuale di iscritti all’università per istruzione dei genitori
In Italia la probabilità di un
giovane con padre laureato di
laurearsi a sua volta è 25 volte
superiore a quella di un giovane
con padre senza laurea.
Negli Stati Uniti è solo 6 volte
superiore.
25-64 anni:
25-34 anni:
55-64 anni:
Italia
11%
15%
7%
OCSE
25%
31%
18%
divario
-14%
-16%
-11%
Percentuale dei laureati nella UE a 15; classe d'età 25-64.
Anno 2004; totale maschi e femmine.
Occupati tra 25-55 anni per professione e background familiare
• background familiare
Occupati di 25-55 anni laureati per professione e background familiare
Le ragioni dell'anomalia italiana
• In Italia l'istruzione non è una fonte di uguaglianza delle opportunità
perché non promuove la mobilità sociale
• paradossalmente, nonostante gli studi universitari siano meno
costosi della media dei paesi industrializzati, il numero di laureati è
più basso soprattutto a causa degli abbandoni (60%)
• ciò accade perché il merito e la qualità dell'istruzione non sono
adeguatamente valorizzati
• i lavoratori istruiti non ricevono una remunerazione corrispondente
alle loro qualifiche
• gli incentivi ad investire in capitale umano sono minori che in altri
paesi
• Quali sono le ragioni di tutto questo?
Istruzione e livelli retributivi
• In Italia i differenziali retributivi per livelli di istruzione sono
prossimi a quelli medi dei paesi dell’OCSE per quanto riguarda
il rapporto tra diplomati di scuola secondaria e di scuola media
• sono inferiori a quelli degli altri principali paesi nel confronto tra
laureati e diplomati di scuola secondaria:
• maggiore retribuzione media dei laureati rispetto ai diplomati
Stati Uniti
81%
Regno Unito
74%
Francia
67%
Germania
61%
Italia
38%
Istruzione e rischio di disoccupazione
• inoltre il rischio di disoccupazione per i laureati si riduce meno di
quanto accade negli altri paesi industrializzati
• per la classe d’età 15-39, il passaggio dall’istruzione inferiore alla
laurea riduce il tasso di disoccupazione dal 14,3% all’11,2%,
mentre la riduzione media europea è dal 14,4% al 5,9%
• dal punto di vista della logica economica tutto ciò è paradossale
perché, in base alla legge della domanda e offerta, un fattore scarso
(i laureati in Italia) dovrebbe avere una remunerazione più alta
Il circolo vizioso
• i bassi rendimenti dell’istruzione scoraggiano gli investimenti
in capitale umano e impediscono il raggiungimento del livello
dello stock prevalente nei paesi più avanzati
• la scarsa dotazione di capitale umano a sua volta non favorisce la
capacità dell’economia di innovare e adottare quelle tecnologie
che, grazie alla complementarità con il capitale umano, ne
accrescono la domanda e i rendimenti
• la domanda di laureati è bassa perché la struttura del nostro
sistema industriale non richiede lavoratori particolarmente
qualificati:
- le imprese sono in gran parte piccole con un'organizzazione che
non necessita di elevate abilità manageriali
- la specializzazione settoriale non privilegia i settori a tecnologie
avanzate e ad alta intensità di lavoro qualificato
La qualità dell'istruzione
• La qualità dell'istruzione ha un'importanza cruciale in tutto questo
• nei test internazionali (per esempio PISA) gli studenti italiani
raggiungono risultati fra i peggiori nel gruppo dei paesi
industrializzati
• se la qualità dell’istruzione è bassa, l’investimento in capitale
umano da parte delle famiglie e la domanda di lavoratori
istruiti da parte delle imprese ne sono scoraggiate, inibendo
l’innesco del meccanismo di interazione virtuosa tra
domanda e accumulazione
• il grado di istruzione non è più un indicatore affidabile per
decidere l’allocazione delle posizioni migliori, questo rafforza la
dipendenza dei redditi dalle condizioni della famiglia di origine
piuttosto che dal grado di istruzione
L'istruzione come le auto usate
• Il mercato del lavoro qualificato funziona esattamente come un
mercato con asimmetria informativa: i datori di lavoro non sono in
grado di identificare la qualità dei lavoratori e abbassano la
retribuzione scontando il rischio di bassa qualità
• la bassa retribuzione scoraggia l'investimento in capitale umano e
genera una selezione avversa: i più dotati e istruiti abbandonano il
mercato (vanno all'estero) o cercano di affermarsi con altri mezzi
(raccomandazioni, legami familiari)
Possibili soluzioni
• E' necessario attivare meccanismi che favoriscano un miglioramento
della qualità dell'istruzione e della sua capacità di premiare il
merito:
- premiando la qualità attraverso l'assegnazione di maggiori risorse
alle istituzioni capaci di ottenere migliori risultati
- estendendo la libertà di scelta dei giovani e delle famiglie
riguardo ai percorsi educativi
• ciò significa introdurre elementi di competizione nel mercato
dell'istruzione: le istituzioni scolastiche competono per richiamare
studenti attraverso una migliore qualità dell'istruzione, questa
competizione è resa possibile e incentivata dalle famiglie che
possono scegliere le scuole ritenute migliori
• questo tipo di soluzione accresce l'efficienza complessiva del
sistema educativo ma pone problemi di equità
Proposte per l’Università
Alcuni propongono di:
• aumentare le tasse universitarie, in linea con i costi del servizio e
finanziare gli studenti più meritevoli con borse di studio
• finanziare la spesa per tasse mediante prestiti agli studenti che
devono essere restituiti condizionatamente ai guadagni futuri (o
borse di studio ai più meritevoli)
• differenziare le università sulla base della loro qualità
nell’assegnazione dei fondi di ricerca e nella possibilità di
offrire corsi specialistici
• accrescere l’autonomia degli atenei nelle politiche di assunzione
e retribuzione del personale, fino ad abolire il valore legale del
titolo di studio e il ruolo pubblico dei docenti
Vantaggi
• L'aumento delle tasse redistribuisce il carico verso chi più
usufruisce dell'università (i figli delle famiglie più agiate) e incentiva
una domanda di qualità
• l'allocazione dei fondi in base ai risultati della ricerca promuove la
qualità della ricerca e della didattica e la competizione fra
università spingendole ad assumere i docenti più capaci
• la privatizzazione del ruolo dei docenti e la differenziazione delle
remunerazioni crea incentivi a migliorare la ricerca
• l'abolizione del valore legale del titolo di studio fa sì che i percorsi
formativi siano valutati in base alla loro qualità e spinge gli studenti
a scegliere le università che garantiscono un'elevata qualità
Problemi
• l'investimento in istruzione universitaria è rischioso, un costo più
elevato scoraggerebbe molti studenti soprattutto delle famiglie meno
in grado di sostenere i costi
• viene meno la finalità dell'istruzione di creare opportunità per tutti
• con gli attuali livelli di disoccupazione giovanile e precarietà del lavoro
molti studenti non sarebbero in grado di restituire i prestiti dando
luogo a una "bolla universitaria"
• non è facile misurare i risultati della ricerca e della didattica, esempi
di indicatori sono i brevetti e la percentuale di studenti che si laureano
o che trovano lavoro entro un certo lasso di tempo
• l'uso di indicatori di questo tipo convoglierebbe le risorse verso studi
più funzionali alle esigenze del sistema produttivo ma penalizzerebbe
alcuni percorsi di ricerca e di studio (discipline umanistiche)
attenuando il ruolo di coscienza critica della ricerca universitaria
La globalizzazione
• Delle 100 più grandi economie 35 sono multinazionali e 65 sono
stati nazionali
• 1/3 del commercio mondiale transita all’interno di imprese
multinazionali
• Transazioni giornaliere sui mercati valutari
- 2007: 3.200 miliardi di dollari
- 2007 (valore annuale): circa 800.000 miliardi di dollari
• PIL mondiale 2007: 54.620 miliardi di dollari
• Il valore delle transazioni finanziarie internazionali è circa 15 volte il
PIL mondiale
• Esportazioni mondiali = 70.000 miliardi di dollari all’anno, circa 1,3
del PIL mondiale
Globalizzazione e stato sociale
La globalizzazione implica una riduzione delle barriere commerciali e
una maggiore competizione internazionale. Questo fatto ha varie
implicazioni, fra le quali:
• i consumatori hanno più libertà di scelta fra beni prodotti all'interno
e beni importati, aumenti delle tasse o forme di regolamentazione o
accordi fra le parti sociali fanno crescere il prezzo relativo dei beni
interni rispetto a quelli importati, riducendo la competitività;
• le imprese possono scegliere liberamente fra diverse localizzazioni,
aumenti delle tasse o forme di regolamentazione o accordi fra le
parti sociali che aumentano i costi di produzione all’interno, possono
spingerle a localizzarsi altrove, causando la perdita di posti di lavoro.
• La globalizzazione fa entrare in competizione paesi che sostengono
ingenti spese per sostenere lo Stato sociale, finanziandole con il
prelievo fiscale, e introducono vincoli alla libertà d’azione delle
imprese, con altri che non sostengono tali spese e possono
mantenere un prelievo fiscale e un costo del lavoro più bassi.
• Nel passato i paesi industrializzati erano competitivi nonostante il più
alto costo del lavoro grazie alle tecnologie più avanzate che
aumentano la produttività.
• La globalizzazione ha eroso questi margini di competitività. I paesi
industrializzati sono costretti a competere in termini di tassazione,
regolamentazione e salari per difendere le proprie quote nel mercato
mondiale e attrarre investimenti.
• Maggiori vincoli al prelievo fiscale, quindi alla possibilità di accrescere
la spesa sociale e di introdurre regole a tutela dei lavoratori.
La crescita economica nel lungo periodo
“Now, here, you see, it takes all the running
you can do, to keep in the same place, if
you want to get somewhere else, you must
run at least twice as fast as that!”,
“Qui, vedi, ci vuole tutta la velocità di cui si
dispone se si vuole rimanere nello stesso
posto. Se si vuole andare da qualche parte,
si deve correre almeno due volte più veloce
di così!”
Lewis Carroll: Attraverso lo specchio
Domande
• Quali sono i fattori che determinano la crescita delle economie di
mercato?
• E' possibile influire sulla crescita con opportune politiche?
• Esistono limiti alla crescita? cosa si intende per crescita sostenibile?
• Possiamo fare a meno della crescita economica?
Crescita e ciclo economico
Y
tempo
Y= Prodotto interno Lordo (PIL)
La crescita economica nel lunghissimo periodo
Reddito pro capite in alcuni paesi 1950-2008
numero indice 1950 = 100
1,600
1,400
1,200
1,000
Europa occ.
USA
800
Cina
India
600
Giappone
400
200
2007
2004
2001
1998
1995
1992
1989
1986
1983
1980
1977
1974
1971
1968
1965
1962
1959
1956
1953
1950
0
Crescita della produttività del lavoro
La crescita dell’economia nel lungo periodo
• Perché un’economia cresca è necessario che aumentino i fattori
produttivi e le risorse impiegati nella produzione
• oppure che l’efficienza produttiva dei fattori aumenti
• oppure entrambe le cose
• i fattori produttivi possono aumentare per motivi non economici
(popolazione) o perché l’economia destina risorse alla loro
accumulazione (capitale)
• l’efficienza produttiva dipende dal progresso tecnico
• dopo il 1500 la popolazione cresce a causa della fine delle pestilenze
• la produttività cresce ancora di più e le risorse in eccesso possono
essere destinate all’investimento
• i progressi della scienza fanno aumentare il tasso di progresso tecnico
I dati della crescita
• Dopo le guerre napoleoniche Europa e USA entrano in un periodo di
rapida crescita che continua fino ad oggi
• tasso di crescita medio 1820-1995 = 2.7% = otto volte quello del
periodo proto-capitalistico
• la produttività del lavoro aumenta a un tasso crescente
• 1780-1820: UK
0,5%
• 1820-1890: UK
1,4%
• 1890-1970: USA
2,3%
• Tra il 1950 e il 1973 si registrano i tassi di crescita più alti (golden age)
• Italia:
5.0%
• Giappone:
8.0%
• dopo il 73 la crescita si riduce nei paesi industrializzati ma aumenta
nei paesi asiatici (Corea, Singapore, Cina, India ecc.)
Fattori che influenzano la crescita
• ASPETTI ISTITUZIONALI:
‐ fiducia nella capacità dell'uomo di controllare la natura e
piegarla ai propri bisogni grazie alla scienza e tecnologia
‐ cadono i vincoli feudali all'acquisto e vendita della proprietà,
diritti di proprietà protetti
‐ sistema fiscale meno arbitrario e più prevedibile
‐ sviluppo di istituzioni finanziarie e assicurative che garantiscono
il credito e attenuano il rischio
‐ nascita degli stati nazionali e ampliamento dei mercati,
interscambio non solo commerciale ma anche intellettuale,
quindi maggiore competizione e innovazione.
• RISORSE NATURALI: più importanti nell'800, meno oggi perché le
risorse esauribili vengono sostituite con altre più produttive
(carbone con petrolio, energia elettrica etc.) e in parte riproducibili
• POPOLAZIONE: comincia a crescere nel 600 esplode dall'inizio
dell'800. Effetti:
‐ cresce la forza lavoro
‐ cresce il mercato dei consumatori
‐ una crescita eccessiva riduce l'accumulazione di capitale
• CAPITALE UMANO: i livelli di istruzione crescono da 2 anni a 11 tra
il 1820 e i nostri giorni. Effetti:
‐ stimola la crescita delle conoscenze e delle invenzioni
‐ rende possibile l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche
• CAPITALE FISICO: l'aumento del reddito pro-capite consente un
maggiore risparmio. Il risparmio viene utilizzato per finanziare gli
investimenti. L'accumulazione del capitale accresce la capacità
produttiva e consente l'introduzione di nuove tecnologie
• PROGRESSO TECNICO: accresce la produttività delle risorse naturali,
del capitale umano, introduce nuovi prodotti, trasforma i processi
produttivi
• CAMBIAMENTO STRUTTURALE: la struttura della produzione si
trasforma, cresce il peso di settori più produttivi (industria),
diminuisce quello dei settori meno produttivi (agricoltura)
• COMMERCIO INTERNAZIONALE: fino all'ottocento qualcuno
guadagna qualcun altro perde. Dal 1820 il commercio è cresciuto
più della produzione migliorando l'allocazione delle risorse e la
produttività grazie alla specializzazione ed alle economie di scala.
Il modello di Solow
Y = F(K,L)
funzione di produzione aggregata
lY = F(lK, lL)
rendimenti costanti di scala
se poniamo l = 1/L
Y/L = F(K/L,1)
funzione di produzione per lavoratore
Y/L = F(K/L)
Y/L = y;
K/L = k
y = f(k)
Funzione di produzione
Y
F
Y=f(K,L)
D
C
Y2
A
Y1
1
E
EF < BC
all'aumentare del capitale
un'uguale aggiunta di capitale fa
crescere di meno il prodotto
la produttività marginale del
capitale è decrescente
PMK
a
1
K1
B
K2
PMK = DY/DK = f(K+1,L) – f(K,L)
K
BC/AB = Tg a = PMK
Funzione di produzione per lavoratore
Prodotto per
lavoratore
Y = F(K,L)
lY = F(lK, lL)
y
F
y=f(k)
D
C
A a
1
1
Y/L = F(K/L)
E
Y/L = y
K/L = k
PMK
B
y = f(k)
k
PMK = Dy/Dk = f(k+1) – f(k)
l = 1/L
Capitale per
lavoratore
Domanda di beni
Y = C+ I
domanda di beni = consumi + investimenti
Y/L = C/L + I/L
domanda per lavoratore
S/L = sy
risparmio per lavoratore
C/L = (1-s)y
consumo per lavoratore
I/L = i
y = (1-s)y + i
y = y –sy + i
sy = i
uguaglianza risparmi investimenti per lavoratore
ricordando che y = f(k)
i = sf(k)
la parte di reddito destinata agli investimenti è uguale al risparmio
Non ci sono importazioni né esportazioni l’economia è chiusa
Funzione di produzione e del risparmio/investimento
y
y=f(k)
B
y1
consumi per
lavoratore
i=sf(k)
A
i1
risparmi = investimenti
per lavoratore
k1
k
k1A = risparmio e investimento per lavoratore
AB = consumo per lavoratore
Ammortamento, crescita e stato stazionario
y,dk
tga = d
A = dk
Dk = i – dk
Dk = sf(k) – dk
k aumenta perché
i1 > dk1
y*
y=f(k)
dk
k diminuisce
perché i2 < dk2
dk2
i2
i*
i1
dk1
A
i=sf(k)
E
k non varia
perché i* = dk*
a
k1
k*
k2
k
Nel punto E k è stazionario quindi anche y lo è. E è definito stato stazionario
Se cambia solo il capitale l'economia tende verso questo equilibrio nel lungo
periodo
L'economia cresce temporaneamente
y, dk
B
y2
y=f(k)
dk
A
y1
i=sf(k)
i*
i1
dk1
E
k1
k*
Dy = y2 –y1 = crescita temporanea
k
Perché l'economia tende verso lo stato stazionario?
• Il motivo fondamentale per cui un'economia la cui crescita si basa
sull'accumulazione di capitale non può crescere indefinitamente è
che il capitale ha rendimenti decrescenti
• via via che si investe e K cresce, K/L aumenta nel tempo e la
produttività marginale del capitale si riduce
• la PMK è la remunerazione del capitale, equivale cioè al tasso di
profitto
• se il profitto si riduce, diminuisce anche l'incentivo a investire fino a
che gli investimenti non sono appena sufficienti a sostituire il
capitale logorato
• il capitale rimane costante così come il lavoro, e il reddito pro capite
non può più crescere
Risparmio e crescita
dk, y
y2
y1
E2
dk
i=s2f(k)
i=sf(k)
E
k*1
k*2
k
Un aumento della propensione al risparmio fa aumentare gli investimenti e lo stock
di capitale per lavoratore spingendo l'economia verso un nuovo stato stazionario.
L'aumento del risparmio fa crescere l'economia ma solo temporaneamente.
L’effetto è di livello: ad un s più elevato corrisponde un y più elevato
La regola aurea
dk, y
y= f(k)
A
y*
B
y*1
dk
a
i=sf(k)
E
i*
i1=sf(k)
i*1
C
a
k*1
k*
k
Il consumo massimo si ha quando l'aumento di prodotto dovuto all'impiego
di un'unità aggiuntiva di k (PMK) è uguale al tasso di ammortamento
PMK = d
A
B
C
Stagnazione o crescita?
• Se L cresce perché cresce la popolazione. Cosa cambia?
• Anche la crescita della forza lavoro, esattamente come
l'ammortamento, tende a ridurre il capitale per lavoratore.
• Se K è costante e L aumenta a un tasso n allora K/L diminuisce allo
stesso tasso ovvero diminuisce di nK/L = nk
• Per mantere costante K/L è necessario sostituire il capitale logorato
ed equipaggiare i nuovi lavoratori con illotasso
stesso
capitaledidei
di crescita
un rapporto è
uguale alla differenza fra il tasso di
precedenti
crescita del numeratore e quello del
i = dk + nk = (d+n)k
• Dk = i - (d+n)k
• Se i > (d+n)k allora
• Se i = (d+n)k allora
Dk = i – (d+n)k = 0
denominatore
Se K è stabile e L cresce al 3%, K/L
cresce di 0%-3%=-3%.
k cresce e diminuisce
in caso contrario
Se K/L=10 diminuirà di
n x K/L=3% x 10= 0,3
stato stazionario
Lo stato stazionario
y, dk
y=f(k)
n+dk
y*
E
k*
i=sf(k)
k
• Nello stato stazionario K/L e Y/L sono costanti ma Y cresce al tasso n
• L'economia quindi cresce allo stesso tasso della popolazione
Crescita demografica e reddito pro capite
y, dk
y=f(k)
y*
n2+dk
y*2
n+dk
E2
k*2
i=sf(k)
E
k*
k
• I paesi con più alta crescita demografica hanno un reddito pro capite
più basso
Cosa fa crescere il reddito pro capite?
• Il modello di Solow afferma che in stato stazionario il reddito cresce
nella stessa misura della popolazione pertanto il reddito pro capite
rimane costante
• questo risultato è controfattuale, in realtà osserviamo che il reddito
pro capite y cresce continuamente
• cosa fa crescere quindi il reddito pro capite? La risposta è: il
progresso tecnico
• l'effetto del progresso tecnico è di fare aumentare nel tempo
l'efficienza produttiva dei lavoratori
I lavoratori effettivi
• Come misuriamo l'efficienza produttiva? Lo possiamo fare in termini di
lavoratori effettivi o unità di efficienza
• Se una nuova tecnologia permette a un lavoratore di produrre il
doppio di un lavoratore che utilizza una tecnologia tradizionale è come
se i lavoratori effettivi fossero diventati due. Un solo lavoratore in
termini fisici equivale a due lavoratori in termini di efficienza
produttiva
• Se il progresso tecnico fa aumentare la produttività del 5% ogni anno e
ipotizzando che i lavoratori intesi come persone fisiche rimangano
costanti a 100 e inizialmente ognuno produca una unità, dopo un anno
la produzione sarà aumentata a 105; è come se stessimo impiegando
105 lavoratori con produttività immutata
• Si può dire allora che i lavoratori effettivi sono diventati 105
• Questo tipo di progresso tecnico è definito labour augmenting
perché fa crescere la forza lavoro in termini di efficienza produttiva
pur rimanendo costante in termini di persone fisiche
• se la produttività di ogni lavoratore cresce a un tasso g e la forza
lavoro (in termini di unità fisiche) cresce al tasso n, allora la forza
lavoro effettiva cresce (approssimativamente) a un tasso n + g
• esempio: se n = 2% e g = 3%, allora la forza lavoro effettiva (L x E)
cresce del 2% + 3% = 5%
Il modello di Solow con progresso tecnico
• Possiamo riformulare il modello di Solow includendo il progresso
tecnico, cioè misurando il lavoro in unità effettive o di efficienza
• L x E = LE
• Funzione di produzione: Y = F(K,L x E) = F(K,LE)
• Il lavoro è misurato in unità effettive (LE, dove E sta per efficienza)
• Prodotto per lavoratore effettivo: yE = Y / (LE)
• Capitale per lavoratore effettivo: kE = K / (LE)
• Funzione di produzione per lavoratore effettivo: yE = f(kE)
• risparmio per lavoratore effettivo: syE = sf(kE) = iE
Stato stazionario con progresso tecnico
• La dinamica del capitale per unità di lavoro effettivo (kE) è data
dalla solita formula alla quale bisogna aggiungere l'aumento del
capitale necessario ad equipaggiare le unità aggiuntive di lavoratori
effettivi
DkE = iE - dkE - nkE - gkE = iE - (d+n+g)kE
(d+n+g)kE = investimento necessario per mantenere costante K/(LE) = kE
DkE = iE – (d+n+g)kE = 0
stato stazionario
Stato stazionario con progresso tecnico
yE, dkE
yE=f(kE)
yE*
(n+d +g)kE
A
i=sf(kE)
kE*
kE
In equilibrio di stato stazionario yE e kE sono costanti ma y e k stanno
crescendo ad un tasso g. Il reddito per lavoratore (fisico) sta quindi
crescendo costantemente al tasso g
Esempio numerico
al tempo t
L = 100
LE = 100
K = 200
K/L = K/LE = 2
Y = 200
Y/L = Y/LE = 2
g = 5%
n = 5%
d = 10%
i = (n+g+d) x K =
(0,05+0,05+0,1) x 200 = 40
al tempo t + 1
L = 105 = L x (1+0,05)
LE = 100 x (1+0,05+0,05) = 110
K = 220 (180+40)
K/LE = 2
K/L = 2,1
Y = 220
Y/LE = 2
Y/L = 2,1
DY/L / Y/L = 0,1/2 = 5% = g
DY/Y = 20/200 = 10% = n+g
DK/L / K/L = 0,1/2 = 5% = g
DK/K = 10% = n+g
DL/L = 10% = n+g
Morale della favola: da cosa dipende la crescita?
Conclusioni del modello di Solow:
• in assenza di crescita dei lavoratori in senso fisico o in termini di
efficienza (grazie al progresso tecnico) l'economia approda nel
lungo periodo ad uno stato stazionario in cui il reddito e il capitale
sono costanti
• se cresce la popolazione il reddito e il capitale crescono allo stesso
tasso ma il reddito e il capitale per lavoratore rimangono costanti
• il progresso tecnico è la causa della crescita del reddito e del
capitale per lavoratore
• in definitiva la crescita del reddito pro capite che è una
caratteristica normale delle economie industriali dipende da fattori
extra economici
Crescita endogena
• Nel modello di Solow l'economia raggiunge lo stato stazionario
perché il capitale ha rendimenti decrescenti. La crescita continua
del reddito pro capite non dipende da meccanismi interni
all'economia ma da fattori esogeni come il PT che, a sua volta,
dipende dalla crescita delle conoscenze scientifiche e tecnologiche
• Recentemente nuove teorie hanno cercato di spiegare la crescita
partendo dall'idea che il PT dipenda da meccanismi endogeni
all'economia da cui la denominazione di teoria della crescita
endogena
Progresso tecnico e capitale umano
• L'aumento della produttività del capitale dipende da due
meccanismi:
• l'introduzione delle nuove tecnologie nei processi produttivi
avviene attraverso gli investimenti in nuove macchine e gli
investimenti in ricerca e sviluppo che sono decisi dalle imprese
• i progressi nella ricerca e sviluppo e la capacità di utilizzare in modo
efficiente le tecnologie adottate dipendono dal capitale umano
incorporato nella forza lavoro (ricercatori, ingegneri, tecnici,
operai) e dalle risorse destinate alla ricerca
• In entrambi i casi l'aumento dell'efficienza dovuto al PT (che
dipende da scelte delle imprese o dei lavoratori) può compensare i
rendimenti decrescenti di K facendo aumentare Y/L nella stessa
misura di K/L
y
y2
y=f(k)
y1
n+dk
i=sf(k)
k1
k2
k
Il capitale umano è diverso da quello fisico?
• Il capitale umano può essere definito come il patrimonio di abilità,
capacità tecniche e conoscenze di cui sono dotati gli individui,
includendo la forza fisica, la resistenza alla fatica, l’abilità manuale,
la capacità di comunicare
• secondo alcuni, a differenza del capitale fisico, l'accumulazione di
capitale umano non è soggetta a rendimenti decrescenti
• il capitale umano genera esternalità positive nel senso che
l’investimento in capitale umano di un individuo aumenta la
produttività di altri individui
• inoltre l'investimento in capitale umano di un individuo accresce la
redditività dello stesso tipo di investimento per altri
• in questo modo il capitale umano, interagendo con l’evoluzione
delle conoscenze tecnologiche, diviene il motore di una crescita
inesauribile nel tempo
• Nel lungo periodo l’effetto complessivo di un anno in più di
istruzione per la media dei lavoratori viene stimato in un prodotto
pro capite più elevato di cinque punti percentuali
• questo non è vero ovunque e in qualunque situazione (per esempio
non lo è nel caso italiano)
• molto dipende da come il capitale umano viene allocato fra le
diverse attività produttive in particolare fra le attività innovative
(es. R&S) che stimolano la crescita e quelle di ricerca della rendita
che producono solo trasferimenti di ricchezza
• la struttura istituzionale e produttiva di una società può creare
incentivi in una direzione o nell'altra
• se un avvocato che vince una causa (trasferendo ricchezza) o uno
speculatore di borsa sono remunerati più di un manager d'azienda
o di un ricercatore è conveniente impiegare il capitale umano in
attività poco favorevoli alla crescita economica
Crescita endogena
La funzione di produzione può essere scritta come:
y, dk
y = Ak
y=Ak
i=sAk
(n+d)k
k
L'investimento (i=sAk) è sempre maggiore del capitale da sostituire
(n+d)k pertanto k e y possono crescere indefinitamente
Perché le idee non hanno rendimenti decrescenti?
• Per produrre beni materiali sono necessari fattori produttivi
(capitale, lavoro, terra), materie prime ma, soprattutto idee
• le idee o conoscenze tecnologiche sono le istruzioni necessarie per
combinare insieme fattori produttivi e materie prime in modo da
ottenere come prodotto un certo oggetto materiale (automobili,
telefonini ecc.)
• le idee si differenziano dagli oggetti materiali per due fondamentali
caratteristiche tipiche dei beni pubblici:
- le idee sono beni non rivali, la stessa idea può essere utilizzata un
numero indefinito di volte senza bisogno di essere reinventata
- le idee sono beni non escludibili nel senso che, in assenza di limiti
legali, chiunque potrebbe appropriarsene pur non essendone
l'autore
• Per sviluppare una nuova idea è necessario sostenere dei costi
(costi di R&S) anche molto elevati ma, una volta sviluppata, può
essere usata un numero indefinito di volte senza costi aggiuntivi
• nel processo produttivo le idee sono quindi costi fissi che vengono
sostenuti una sola volta pertanto il loro peso nei costi complessivi si
riduce all'aumentare della produzione (il costo medio diminuisce)
• inoltre una stessa idea può essere usata in molti processi produttivi
diversi senza costi aggiuntivi (o a costi molto bassi)
• le idee sono quindi fonte di rendimenti crescenti sia a livello di
singoli processi produttivi sia livello dell'economia nel suo insieme
• la produzione di nuove idee non si riduce all'aumentare della
produzione stessa, non esiste alcun riscontro empirico che vi sia
stata una diminuzione nel ritmo di produzione di nuove idee,
semmai l'evidenza sembrerebbe opposta
Un esempio di rendimenti crescenti delle idee
• Consideriamo la produzione di un nuovo antibiotico. La ricerca
necessaria ha costi molto alti nell'ordine dei 7-800 milioni di dollari
• una volta ottenuta la formula il costo marginale di produzione di
ciascuna pillola è molto basso ed è costante.
• costo marginale 100 pillole = 100 dollari (un dollaro per pillola)
• costo marginale 200 pillole = 200 dollari (sempre un dollaro per pillola)
•
•
•
•
ma i costi complessivi comprendono anche quelli della ricerca
costo 100 pillole = 800+100 = 900 (9 dollari per pillola)
costo 200 pillole = 800 + 200 = 1.000 (5 dollari per pillola)
i costi medi si riducono all'aumentare della produzione!
Politiche per la crescita
• Gli economisti hanno individuato numerosi fattori da cui dipende la
crescita dell'economia
• accumulazione dei fattori produttivi: capitale (fisico e umano) e
lavoro
• progresso tecnologico
• fattori istituzionali
• come è possibile agire su questi fattori e cosa ci dicono in proposito
i modelli che abbiamo analizzato?
Politiche per la crescita: Solow
• Secondo il modello di Solow nel lungo periodo il tasso di crescita
dell'economia non dipende dall'accumulazione di capitale,
accrescere il risparmio e gli investimenti non sarebbe una politica
efficace
• tuttavia, se l'obiettivo è rendere massimi i consumi, l'aumento del
risparmio può essere utile qualora l'economia non si trovi nello
stato stazionario di regola aurea
• politiche che stimolano il progresso tecnico sono molto efficaci
perché il tasso di crescita dipende dal progresso tecnico
Politiche per la crescita: crescita endogena
• Nel modello di crescita endogena, invece, un aumento del
risparmio e degli investimenti fa aumentare il tasso di crescita
dell'economia perché se k cresce più velocemente lo stesso vale per
y (y = Ak)
• politiche che stimolano il progresso tecnico sono efficaci in
entrambi i modelli perché in entrambi il tasso di crescita dipende
dal progresso tecnico
• politiche che stimolano l'accumulazione di capitale umano e la sua
corretta allocazione fra le diverse attività sono efficaci nei modelli
di crescita endogena
Perché i livelli di reddito sono così diversi nel mondo?
• Il reddito pro capite è molto diverso da paese a paese, il reddito in
dollari di un cittadino norvegese è circa 400 volte quello di un
abitante del Malawi
• se questo è ciò che osserviamo nella realtà evidentemente, nel
passato, i tassi di crescita nelle economie oggi più ricche devono
essere stati molto più alti rispetto a quelle più povere
• come si spiegano differenze così pronunciate e quali indicazioni
offrono a questo proposito le teorie di Solow e della crescita
endogena?
• secondo il modello di Solow i divari nei tassi di crescita dovrebbero
tendere ad attenuarsi nel tempo e le diverse economie dovrebbero
convergere verso tassi di crescita e redditi pro capite simili
• secondo la teoria della crescita endogena tassi di crescita molto
diversi possono persistere anche nel lunghissimo periodo
reddito pro capite in dollari e in PPP
Luxembourg
80,288
Luxembourg
69,800
Norway
64,193
Norway
42,364
Iceland
52,764
United States
41,399
Switzerland
50,532
Ireland
40,610
Ireland
48,604
Iceland
35,115
Denmark
47,984
Denmark
34,740
Qatar
43,110
Canada
34,273
United States
42,000
Hong Kong, SAR
33,479
Sweden
39,694
Austria
33,432
Netherlands
38,618
Switzerland
32,571
Malawi
161
Malawi
596
Il meccanismo della convergenza
dk, y
y= f(k)
y*
yr
n+dk
E*
i=sf(k*)
yp
kp
yp-yr > yr-y*
kr
k*
k
Rendimenti decrescenti e tasso di crescita
• il capitale ha rendimenti decrescenti e tende a muoversi verso le
economie dove è più scarso
• il progresso tecnico è esogeno, le conoscenze sono accessibili a tutti
tasso di
crescita
paesi poveri
gp
paesi ricchi
gr
kp
kr
k
• Se la produttività è più alta nei paesi ricchi la convergenza non si
verifica
• Motivi:
- le nuove tecnologie non sono accessibili a tutti
- la mancanza di capitale umano, di infrastrutture, l’instabilità
politica rendono meno profittevole l’investimento nei paesi poveri
tasso di
crescita
paesi poveri
gr
paesi ricchi
gp
kp
kr
k
Convergenza fra Stati USA
Reddito pro capite nel 1880
Convergenza fra i paesi OCSE
Convergenza nel mondo
L’interpolazione non è statisticamente significativa
Convergenza o divergenza?
• La convergenza si verifica ma solo fra alcuni paesi che hanno
caratteristiche simili dal punto di vista storico, istituzionale e della
dotazione di capitale umano
• gli altri paesi sembrano allontanarsi come le galassie nell'universo in
espansione
• alcuni paesi inizialmente privi delle caratteristiche necessarie alla
convergenza hanno in realtà fatto grandi passi avanti raggiungendo
livelli di reddito simili a quelli dei paesi più ricchi
• negli anni 70 e 80 ciò è accaduto in Corea, Singapore, Taiwan, Hong
Kong, Malesia (Tigri asiatiche)
• negli anni recenti si sono aggiunti Cina, India e Brasile (BRICs)
Risparmio insufficiente
y, dk
(n+d)k
y=f(k)
i=sf(k)
k
L'economia è talmente povera che la popolazione utilizza quasi tutto il reddito
per i consumi di sussistenza, il risparmio e l'investimento sono troppo bassi.
l'economia non può crescere
Trappola della povertà
produttività marginale
del capitale
PMK, i
stato stazionario
costo del capitale
i1
K soglia
K*
K
Equilibrio o disequilibrio?
Un solo equilibrio possibile
il sistema converge
necessariamente verso di
esso
Equilibrio instabile il
sistema si allontana da
esso in due direzioni
possibili
Equilibrio instabile il
sistema si allontana da
esso in molte direzioni
possibili
Meccanismi di riequilibrio e cumulativi
Nell’economia operano due tipi generali di meccanismi:
• meccanismi di riequilibrio
• meccanismi cumulativi
Nel primo caso, se il mercato si allontana dall’equilibrio, tende
spontaneamente a farvi ritorno (esempio: determinazione del prezzo)
I divari tendono a ridursi.
• Se un’area cresce più di un’altra cresce anche la domanda di
lavoratori e i salari, l’area meno sviluppata diviene più competitiva
(vedi Cina)
• Nelle aree più ricche e dotate di capitale i rendimenti degli
investimenti diminuiscono, i capitali defluiscono verso aree meno
dotate
Circoli virtuosi e viziosi
Nel secondo caso se il mercato si allontana anche di poco
dall’equilibrio, la distanza tende ad aumentare. Se in un’area la
domanda è inizialmente maggiore, le imprese aumentano la
produzione, si creano economie di scala e di apprendimento (più si
produce e più si impara a produrre in modo più efficiente), cresce la
produttività
conseguenze:
• crescita del reddito e della domanda;
• ulteriori economie di scala e di apprendimento;
Il circolo virtuoso tende ad autoalimentarsi.
Nell’area in cui la domanda è minore si crea un circolo vizioso opposto
Il commercio può amplificare questo meccanismo?
• nel paese dinamico la produttività cresce e ciò rende le sue
merci più competitive non solo sul mercato interno ma anche
su quello del paese stagnante.
• aumentano le esportazioni del paese dinamico e le
importazioni di quello stagnante, le cui imprese sono
spiazzate dalla concorrenza esterna.
• nel primo la domanda che si rivolge alle imprese locali cresce
ancora di più grazie alle esportazioni, nel secondo si contrae a
causa delle importazioni.
• il risultato è che il divario cresce progressivamente.
• questo meccanismo prende il nome di causazione circolare
cumulativa.
Il meccanismo della causazione circolare cumulativa
crescita della
domanda
crescita della produzione
apprendimento
Paese avanzato
(circolo virtuoso)
crescita del
reddito
maggiore competitività
crescita della
produttività
esportazioni
importazioni
ristagno della
produttività
minore competitività
ristagno del
reddito
Paese arretrato
(circolo vizioso)
scarso
apprendimento
ristagno della
produzione
ristagno della
domanda
Distribuzione percentuale del reddito mondiale, anni 0 - 2000
Africa
America latina
USA
Europa or., Russia
Europa occ.
Paesi asiatici
India
Giappone
Cina
Esempi di domande d'esame
1. Cosa si intende per stato minimo nella concezione libertaria?
2. Come è possibile secondo Rawls stabilire regole oggettive di
giustizia sociale e su quali principi dovrebbero basarsi?
3. Secondo gli utilitaristi se gli individui hanno curve di utilità
marginale diverse può essere giusto redistribuire il reddito a favore
dei più ricchi. Spiegate perché?
4. Perché il criterio paretiano può fornire indicazioni per le decisioni
di politica economica solo in un numero molto limitato di casi?
5. Descrivete le principali caratteristiche dei modelli di Stato sociale
che conoscete.
6. Che cosa è la selezione avversa? In che modo influenza il
funzionamento del mercato?
7. In quali condizioni i sistemi pensionistici a ripartizione funzionano
meglio di quelli a capitalizzazione?
8. Quali motivi economici giustificano gli interventi pubblici contro il
rischio di disoccupazione?
9. In che cosa consiste la flexsecurity?
10. Uno dei più gravi problemi dell'economia italiana è la scarsa
competitività e questo è dovuto in gran parte alla scarsa
qualificazione dei lavoratori. Perché in Italia si investe così poco in
capitale umano?
11. In che cosa consiste la differenza fra politiche selettive e universali
nel settore dell’assistenza sociale?
12. Che cosa è la tassa negativa sul reddito?
13. Mostrate graficamente un economia con rendimenti del capitale
decrescenti, crescita della popolazione e senza progresso tecnico.
Perché in un'economia di questo tipo il reddito per lavoratore non
può crescere indefinitamente nel tempo?
14. Le conoscenze scientifiche e tecnologiche non sono soggette a
rendimenti decrescenti bensì crescenti. Spiegate perché
15. Mostrate graficamente che, se gli individui hanno funzioni di utilità
uguali, la teoria utilitarista implica una distribuzione perfettamente
ugualitaria.
16. Che cosa afferma il principio di differenza di Rawls? Quali
giustificazioni adduce il filosofo a sostegno di questo principio?
17. Spiegate perché nel modello di Solow un aumento della
propensione a risparmiare ha un effetto solo temporaneo sulla
crescita economica.
18. Partendo da una situazione di equilibrio di stato stazionario
immaginate che il tasso di crescita della popolazione aumenti in
un’economia come quella descritta da Solow senza progresso
tecnico. Quali sarebbero gli effetti sul reddito pro capite e sul
rapporto K/L?
• Il pensiero di Rawls è considerato da alcuni eccessivamente ugualitario
e non abbastanza attento al ruolo del merito nella società. Discutete la
fondatezza di questa accusa.
• Secondo la teoria economica dominante l’intervento pubblico può
essere giustificato in presenza di beni di merito. Per quali motivi?
• Secondo la visione di Solow i livelli di reddito di diversi paesi
dovrebbero tendere a convergere nel lungo periodo ma questa ipotesi
non sembra corrispondere a quanto accade nel mondo reale. Spiegate
perché tale convergenza dovrebbe realizzarsi e perché, nella realtà,
questo non accade o accade solo in parte.
• Secondo gli utilitaristi le scelte di politica economica possono essere
valutate in base alla misura in cui soddisfano le preferenze individuali.
Discutete i probemi che derivano da questa impostazione.
• Quali erano i problemi del sistema pensionistico italiano all’inizi degli
anni 90? In che modo si è cercato di risolvere tali problemi con le
riforme dell’ultimo ventennio?
• Quali sono gli argomenti pro e contro il finanziamento pubblico
della scuola privata?
• In che cosa consiste il criterio del massiminimo? Per quali motivi
può essere criticabile?
• Descrivete le principali critiche alla spesa sociale.
• Alcune economie non crescono perché rimangono imprigionate in
una trappola della povertà. Cosa si intende con questo termine e da
che cosa dipende?
• In che cosa consiste il principio di compensazione?
• Spiegate la differenza fra i sistemi pensionistici a ripartizione e quelli
a capitalizzazione?
• Spiegate mediante una rappresentazione grafica il concetto di
regola aurea nel modello di Solow.
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Lezioni politica economica A