Sei Tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché Mi hai fatto come un prodigio; Sono stupende le tue opere, Tu mi conosci fino in fondo. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel Tuo libro; i miei giorni erano fissati,quando ancora non ne esisteva uno. Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio! Se li conto sono più della sabbia, Se li credo finiti, con te sono ancora. Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen testimonianza Guardiamo a una donna … Annalena Tonelli Conosciamola … Religiosa nell’intimo, senza vestire un abito. Medico e madre. Dolcissima e forte. Forlì, 2 aprile 1943 – Borama (Somalia), 5 ottobre 2003 Annalena era arrivata in Africa nel 1970 dopo avere conseguito una laurea in giurisprudenza. Si ritrova nel nordest del Kenya, presso la missione di Wajir tra tribù nomadi, rigidamente musulmane ad insegnare ai bambini e curare i malati. Si trova per la prima volta di fronte alle vittime della tubercolosi, allontanate dalle famiglie, abbandonate da tutti per la paura del contagio, condannate ad una fine lenta. «In quel momento mi sono innamorata di loro …» Li accoglie,li veste, regala loro piccole cose e la felicità di essere curati. Apre una piccola struttura di cura fatta di capanne: prima 40, poi 100, 200… Qui inizia a sperimentare un nuovo metodo di cura contro la TBC, poi adottato dall’Oms con la sigla Dots e ancora oggi applicato in tutto il mondo. Viene espulsa dopo 17 anni di volontariato per avere denunciato l’eccidio dell’etnia dei Degodia, in cui in governo keniota era coinvolto. Rientra in Italia in tempo per assistere suo padre malato sino alla fine. Ma nella sua città natale, Forlì, sente che l’Africa le manca, la chiama. L’anno dopo riparte per la Somalia. La sua giornata Era una piccola donna tutta pelle e ossa ma piena di energia, infaticabile. La sua giornata in ospedale cominciava alle 7,30 con la riunione con i medici con cui aveva ideato e attuava un progetto sanitario innovativo, il DOTS (Directly Observed Therapy),ovvero l’attenta osservazione dei malati di Tubercolosi provenienti da tribù di nomadi o seminomadi. Poi si fermava con gli ammalati, accanto ai letti per parlare con ognuno. Eppure Annalena era felice. Diceva: «Nella mia vita non c’è rinuncia, non c’è sacrificio. Rido di chi la pensa così. La mia è pura felicità. Chi altro al mondo ha una vita così bella?». “Volevo seguire Gesù e scelsi di essere per i poveri” Da allora vivo al servizio dei poveri. Per Lui feci una scelta radicale, anche se povera come un vero povero Io non potrò mai esserlo. Vivo il mio servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza versamenti di contributi per quando sarò vecchia». I suoi preferiti … “Perdo la testa per i brandelli di umanità ferita: più sono feriti, maltrattati, disprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. E questo amore è tenerezza, comprensione, tolleranza,assenza di paura, audacia». “È una vita che combatto per essere buona e veritiera, mai violenta, nei pensieri, nell’azione, nella parola. Ed è una vita che combatto perché gli uomini siano una cosa sola. Dobbiamo imparare a perdonare.” … ciò che conta è solo amare … La mia vita ha conosciuto tanti e tanti pericoli, ho rischiato la morte tante volte. E ne sono uscita con la convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare. Ed è allora che la vita diventa degna di essere vissuta. Lei, missionaria laica, forlivese di nascita, Somala per scelta, questo servizio l’aveva scelto per amore, e la preghiera la riconfermava ogni giorno in questa dimensione. Ascoltiamo le sue parole … Partii decisa a "gridare il vangelo con la mia vita" sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatre anni dopo, grido il vangelo con la sola vita e brucio dal desiderio di farlo fino alla fine. Questa la mia motivazione di fondo, insieme a una passione da sempre invincibile per l'uomo ferito e diminuito senza averlo meritato, al di là della razza, della cultura e della fede. All'inizio tutto mi era contro. Ero giovane, dunque non degna né di ascolto né di rispetto. Ero bianca, dunque disprezzata da quella razza che si considera superiore a tutte. Ero cristiana, dunque oltraggiata, rifiutata, temuta. E poi non ero sposata: un assurdo in quel mondo in cui il celibato non esiste e non è un valore, anzi è un disvalore. Solo chi mi conosce bene dice e ripete che io sono somala come loro e sono madre autentica di tutti quelli che ho salvato. E poi ringraziava Dio per il dono più grande che aveva ricevuto nella sua vita: «I miei nomadi del deserto. Musulmani, loro mi hanno insegnato la fede, l’abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico ma è rocciosa e arroccata in Dio. I miei nomadi mi hanno insegnato a fare tutto in nome di Dio». Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho esperimentato... la cattiveria dell’uomo... E ne sono uscita con una convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare. Se anche Dio non ci fosse, solo l’amore ha un senso, solo l’amore libera l’uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in particolare solo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla... Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta. Ed è allora che la nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione. Ed è allora che la nostra vita diventa felicità anche nella sofferenza... A Wajir eravamo una comunità di sette donne, tutte avevamo sete di Dio, e capivamo che quando perdevamo o stavamo per perdere il senso del nostro servizio e la capacità di amare, potevamo ritrovare i beni perduti solo ai piedi del Signore. Per questo, avevamo costruito un eremo e là andavamo per periodi anche lunghi di silenzio ai piedi di Dio. Là ritrovavamo equilibrio, quiete, lungimiranza, saggezza, speranza, forza... Alcuni suoi “amici” … Poi, ci sono stati altri eremi, altri silenzi, la parola di Dio, i grandi libri, i grandi amici..., che hanno ispirato la mia vita, soprattutto nella fede cattolica: i padri del deserto, i grandi monaci, Francesco di Assisi, Chiara, Teresa di Lisieux, Teresa d’Avila, Charles De Foucauld, P. Voillaume, Sorella Maria, G. Vannucci, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Gandhi, Vinoba... Ma al centro sempre Dio e Gesù Cristo. Nulla mi importa veramente al di fuori di Dio, al di fuori di Gesù Cristo... I piccoli sì, i sofferenti, io impazzisco, perdo la testa per i brandelli di umanità ferita: più sono feriti, più sono maltrattati, disprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. E questo amore è tenerezza, comprensione, tolleranza, assenza di paura, audacia. Questo non è un merito. È una esigenza della mia natura. Ma è certo che in loro io vedo Lui... Il valore del silenzio C’è Dio nella celletta della nostra anima che ci chiama. Tuttavia la sua è una piccola, silenziosa voce. Noi dobbiamo metterci in ascolto, fare silenzio, crearci un luogo di quiete, separato... Poi la vita mi ha insegnato che la mia fede senza l’amore è inutile, che la mia religione cristiana non ha tanti comandamenti, ma ne ha uno solo, che non serve costruire cattedrali o moschee, né cerimonie, né pellegrinaggi..., che quell’Eucaristia che scandalizza gli atei e le altre fedi racchiude un messaggio rivoluzionario: "Questo è il mio corpo fatto pane perché anche tu ti faccia pane sulla mensa degli uomini, perché, se tu non ti fai pane, non mangi un pane che ti salva, mangi la tua condanna!". L’Eucaristia ci dice che la nostra religione è inutile senza il sacramento della misericordia, che è nella misericordia che il cielo incontra la terra... Vorrei aggiungere che i piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d’acqua nell’oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre... I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all’immaginazione di ciascuno di noi. Inventiamo... e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita! Grazie a tutti Ma chi l’avrebbe detto mai, com’è passato il tempo, la vita passa e va così ti affianca e ti sorpassa e tu che tiri dritto, che sembra sempre di andar piano, invece insegui la tua strada e sei arrivato fino a qui, … ma chi l’avrebbe detto mai … Grazie a tutti Con il cuore a tutti quanti A chi mi vuole bene A chi mi ha insegnato a guardare avanti Ed anche a chi mi ha fatto male, mi è servito per capire Grazie a chi mi ha detto no A un sorriso sconosciuto A una donna A un amico A quella porta chiusa in faccia A chi non mi ha tradito quella volta E' una questione d' ironia, se vuoi sdrammatizzare e quando pensi di sapere hai ancora da imparare, se corri arrivi più veloce ma forse perdi delle cose e quando credi sia finita un'occasione nuova avrai, ma chi l'avrebbe detto mai. Grazie a tutti, con il cuore, a tutti quanti, a chi mi vuole bene, a chi mi ha insegnato ad andare avanti ed anche a chi mi ha fatto male, mi e' servito ad imparare, grazie a chi mi ha detto no, al sorriso di un bambino, a una donna, alla mia sposa. Grazie a tutti, che date vita alla mia vita, in questa favola infinita, che mi ha insegnato a guardare avanti anche se ferito al cuore, mi e' servito per capire, grazie a chi mi ha detto no, alle sfide, alle salite ed alle mani di mio padre e a quella porta chiusa in faccia, a chi non mi ha tradito quella volta, per quanto ho dato e quanto ho avuto, per quanto ho riso, pianto, sperato, per ogni giorno che ho ricominciato, per ogni istante regalato, voglio dire: grazie a tutti!